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Con questo titolo e col sottotitolo « tentativo di conciliazione » Saverio Merlino ha pubblicato nella Revue Socialiste di Parigi un articolo , che la Direzione di quella Rivista chiama una contribuzione alla sintesi delle dottrine socialiste . E contribuzione a detta sintesi lo sarà forse , poichè ogni studio delle varie dottrine rischiara l ’ argomento , tende a toglier di mezzo i dissensi che non hanno ragione di essere , e può menare alla conciliazione se arriva a stabilire che differenze sostanziali non ne esistono . Ma il fine pratico che Merlino si proponeva , quello cioè di dimostrare che le dottrine dei socialisti democratici e dei socialisti anarchici , lungi dall ’ essere inconciliabili , si correggono e si completano a vicenda , è certamente mancato , poiché egli mette male la questione , e confonde dottrine e partiti in un modo che fa davvero meraviglia in un uomo di mente così lucida e così bene informato come è Merlino . L ’ articolo si divide in due parti . Nella prima Merlino parla della differenza tra comunismo e collettivismo , pigliando queste parole nel senso , diremo così , classico che esse avevano per tutti al tempo dell ’ Internazionale : vale a dire , Comunismo , come il sistema , in cui tutto , strumenti e prodotti di lavoro , è a disposizione di tutti , senza tener calcolo del contributo di ciascuno all ’ opera collettiva , conforme alla formula « da ciascuno secondo le sue forze e a ciascuno secondo i suoi bisogni » ; Collettivismo , come il sistema in cui , stabilita l ’ eguaglianza di condizioni , garantito a tutti l ’ uso delle materie prime e degli strumenti di lavoro , ciascuno è padrone del prodotto del suo lavoro . Egli sostiene che tanto il Comunismo quanto il Collettivismo , se interpretati in un modo stretto , assoluto , sono l ’ uno e l ’ altro impossibili o non soddisfacenti , e fa molte osservazioni giuste , che abbiamo fatto anche noi in questo giornale o altrove . E conchiude che col contemperamento dell ’ un sistema coll ’ altro facendo distinzione tra relazioni sociali necessarie e fondamentali e rapporti volontari e variabili tra gl ’ individui si può arrivare ad « una buona organizzazione sociale che non soffochi l ’ energia dell ’ individuo levandogli ogni iniziativa ed ogni libertà d ’ azione , e che nello stesso tempo assicuri il funzionamento armonico delle attività individuali » , o , in altri termini , che concili la libertà individuale colla necessaria solidarietà sociale . La questione è molto interessante e può essere , ed è stata , oggetto di utile discussione ; ma non ha nulla a vedere colle differenze che dividono democratici e anarchici . Vi possono essere , e vi sono stati e vi sono , anarchici collettivisti e anarchici comunisti , al pari che democratici collettivisti e democratici comunisti . Negli ultimi anni i socialisti democratici , chiamandosi insistentemente collettivisti , sono riusciti ad identificare quasi il collettivismo colla democrazia socialista ; ma in questo senso il Collettivismo più che un sistema di distribuzione dei prodotti del lavoro , è il sistema della organizzazione socialista per opera dello Stato e non è più il Collettivismo di cui discute Merlino in paragone col Comunismo . Per gli anarchici , la sintesi e la conciliazione tra Collettivismo e Comunismo si può dire già un fatto compiuto , poiché nessuno più interpreta quei sistemi in un modo stretto e assoluto ; e lo prova il fatto che , almeno come partito militante , essi si denominano generalmente coll ’ appellativo comprensivo di socialisti anarchici , lasciando alle discussioni teoriche dell ’ oggi ed agli esperimenti pratici di domani la scelta tra i vari modi di organizzazione del lavoro e di distribuzione dei prodotti . Nella seconda parte del suo articolo Merlino parla della necessità di un ’ organizzazione permanente degli interessi collettivi , e delle forme che assumerà tale organizzazione ; ed arriva ad una conciliazione verbale , che in realtà lascia la questione al punto di prima . Egli parla dei grandi interessi sociali , che eccedono l ’ interesse e la vita stessa dell ’ individuo , ed a cui bisogna che provveda la collettività ; cerca qual ’ è la forma politica che può dare una più sincera espressione della volontà collettiva e meglio evitare ogni pericolo di oppressione , e conchiude : « Né governo centralizzato né amministrazione diretta . L ’ organizzazione politica della società socialista deve consistere nel riconoscimento dei diritti e libertà intangibili dell ’ individuo ( diritto all ’ uso degli strumenti collettivi del lavoro , diritto d ’ associazione , d ’ istruzione , libertà di pensiero , di parola , di stampa , di scelta di lavoro , ecc . ) e nell ’ organizzazione degli interessi collettivi per delegazione ad amministratori capaci , revocabili e responsabili , che agiscano sotto il sindacato diretto del popolo , gli sottomettano i loro atti più importanti ( referendum ) e restino separati ed indipendenti l ’ uno dall ’ altro , affinché non vi sia coalizione per l ’ esercizio di un ’ autorità simile all ’ autorità governativa attuale » . « L ’ essenza della democrazia sta nell ’ assenza di una tale coalizione , e nella ricerca delle forme di amministrazione che lasciano il meno possibile all ’ arbitrio degli amministratori . In questo senso non v ’ è differenza sostanziale tra democrazia e anarchia . Governo del popolo – niente oligarchia – significa in sostanza non governo . Il governo di tutti in generale ( democrazia ) equivale al governo di nessuno in particolare ( anarchia ) » . Ancora una volta Merlino è fuori della questione . Il modo di organizzare od amministrare gl ’ interessi collettivi è questione importantissima e troppo trascurata , come giustamente osserva il Merlino , dai socialisti di tutte le scuole . Ma se s ’ intende paragonare le soluzioni dei democratici a quelle degli anarchici , in vista di una possibile conciliazione , bisogna rimontare alla differenza sostanziale che divide le due scuole , e non già fermarsi a discutere sul valore relativo dei vari sistemi rappresentativi , del referendum , del diritto d ’ iniziativa , del governo diretto , del centralismo , del federalismo , ecc . E la differenza sostanziale è questa : autorità o libertà , coazione o consenso , obbligatorietà o ( ci si perdonino i neologismi ) volontarietà . È su questa questione fondamentale del supremo principio regolatore dei rapporti interumani che bisogna intendersi , o almeno discutere , tra democratici e anarchici ; poichè , se non vi è intesa su di essa , non vi può essere intesa sulle questioni speciali di organizzazione , e quand ’ anche si arrivasse ad un accordo a parole , come quello a cui arriverebbe Merlino , si scoprirebbe presto che l ’ accordo s ’ è fatto adoperando le stesse parole in sensi diversi . Scendiamo alla pratica . Supposto che domani il popolo fosse padrone di sè ( non si allarmi il Fisco , poichè si tratta di semplici supposizioni ) dovrà esso nominare un potere costituente , che decreterà una nuova costituzione , che farà la legge , che organizzerà la nuova società ? Oppure la nuova organizzazione sociale dovrà sorgere , dal basso all ’ alto , per opera di tutti gli uomini di buona volontà , senza che a nessun o sia dato il diritto di comandare e d ’ imporre ? In altri termini , per servirci della frase consacrata , bisogna conquistare , oppure abolire i pubblici poteri ? Si può parteggiare per l ’ uno o l ’ altro metodo , si può anche cercare qualche cosa d ’ intermedio , come pare desidererebbe Merlino , ma non si può , quando ci cerca di arrivare ad una conciliazione tra democratici ed anarchici , tacere quello che è il loro dissenso fondamentale . E per oggi basta . Ritorneremo sulle dottrine e sulle tendenze di Merlino , quando ci occuperemo , in uno dei prossimi numeri , del suo libro recente : « Pro e contro il socialismo » .
BASTARDI!... ( - , 1921 )
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Italia mia ! anche ingrati , coloro che ti rinnegarono e non pugnaron mai per te ! Ora che la patria è salvata , dagl ' italiani bastardi non si vuol più pensare a chi la salvò combattendo , non si vuoi più ricordare il martirio di coloro che sacrificarono le balde giovinezze per l ' amore di questa terra santa , di questa terra irradiata da sole magnifico , la quale diede al mondo pensatori , artisti , scopritori , inventori e poeti che offuscano l ' umanità intera . Belve infernali perché non si vuol ricordare il macello di Empoli che trascinò nella tomba nove eroi , strappandoli alle madri pietose che avevano seminato nei cuori dei loro figli sentimenti nobili d ' italianità . Non si vuoi rievocare con senso di dolore l ' eccidio di Modena e di Sarzana , il tradimento fatto al piccolo e caro Gambacciani mentre ritornava calmo e sereno alla casa paterna . Ma la ferita che ha lasciato nel nostro cuore la morte del fiero Italo , ci ricorda ogni momento come egli seppe difendere il suo gagliardetto davanti ai comunisti e come seppe morire da eroe , col nome d ' Italia sulle labbra , prima che negare la sua fede fascista . Nella nostra storia stà scritta la malevola imboscata del Porto di Mezzo che assassinò l ' atletico Saccardi : storia che non ci farà mai dimenticare tutto quello che il Saccardi fece per la sua , per la nostra bella patria , fino ad offrirle la vita . Non dimenticheremo nessun eroe , ogni martire sia per noi uno sprone che ci spinga ad amare sempre più il nostro bel paese : " sogno più bello fra tutti i sogni , desiderio più di tutti struggente ! " Fascisti ! nei vostri fasci regni sempre l ' amore e l ' unione . Le vostre giovinezze siano sempre unite e concordi , e non abbandonatevi a fatti che potrebbero chiamarvi violenti . I vostri cuori esultano di amor patriottico : accendeteli ogni giorno alla fiaccola della Patria e i destini d ' Italia raggiungerete . Un ' italiana
DALMAZIA ( LAZZARI ANTONIO , 1929 )
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Mai come in questo momento è stato vivo e palpitante il problema della Dalmazia , della sua italianità e dei sacrosanti diritti che l ' Italia ha su quella terra che è indiscutibilmente terra italiana geograficamente , linguisticamente , politicamente e sopratutto storicamente . In cento e cento città d ' Italia esistono o vanno sorgendo Comitati « Pro Dalmazia » organizzati a cura delle locali sezioni dell ' Associazione dei Volontari di Guerra ; in tutte le città universitarie , in seno ai G.U.F. sono sorti i Comitati Universitari « Pro Dalmazia Italiana » ; ovunque è un meraviglioso destarsi di una passione che anima e fa fremere al pensiero dei fratelli nostri che l ' ignavia e l ' ignominia di governi passati lasciarono al governo , più duro e più inumano di quanto non fosse quello dell ' Austria - Ungheria , di quell ' accozzaglia di popoli d ' ogni colore e senza vera e propria nazionalità che va sotto il nome di Regno S . C . S . Poiché anche Pisa ha ora il suo Comitato Universitario « Pro Dalmazia » , accanto a quello sorto a cura dei Volontari di Guerra , Comitato la cui opera si annunzia attivissima , mi sia dato di ricordare qui come spetti a Pisa , e più propriamente all ' Ateneo Pisano il vanto di avere , nel 1918 , iniziato quel movimento di Italianità purissima dal quale è poi scaturita la complessa organica azione che ora si va svolgendo a favore della Dalmazia Italiana . Durante la guerra già si erano avute delle manifestazioni per la Dalmazia Italiana ; ma tali manifestazioni , pur essendo l ' indice di quella che era l ' anima degli italiani , avevano sempre avuto un carattere spiccatamente personale ; numerose poi erano state le pubblicazioni fatte al fine di far conoscere a tutta la Nazione il problema dalmata e le giuste rivendicazioni dell ' Italia . Pisa , seguendo la meravigliosa tradizione di patriottismo per la quale aveva dato i suoi gloriosi Caduti a Curtatone e Montanara e per la quale avrebbe poi dato cinque purissimi Martiri alla causa della Rivoluzione Fascista , non poteva non essere anche in tale occasione attivo focolaio di un ideale così altamente patriottico . Era la fine del 1918 , il tempo in cui i nostri uomini di Stato , vigliacchi e rinunziatori , non osavano difendere i nostri secolari diritti ; il tempo in cui il più autorevole dei nostri giornali giungeva alla ignobiltà di affermare che la Dalmazia non era Italiana né geograficamente né storicamente . Stanchi e storditi dalla lunga lotta sostenuta gli italiani non avevano ancora saputo ritrovare il loro orientamento e poco o nulla si occupavano di difendere i diritti che la nostra vittoria aveva sanciti . La Dalmazia doveva essere terra italiana a quanto pretendevano alcuni che uno scrittore della rivista inglese « The New Europe » ebbe a chiamare facenti parte di « una minuscola e screditata combriccola » . Ma così non era ; gli Italiani , considerati nella loro parte migliore e intellettuale , sentivano che la Dalmazia doveva essere italiana . La « minuscola e screditata combriccola » fu dimostrato essere legione , legione seguita spiritualmente da tutto il popolo italiano che pur nulla poteva se i governi nostri del tempo a tutto rinunziavano . La scintilla partì dall ' Ateneo Pisano per opera del Prof . Italo Giglioli il quale già sin dal maggio 1918 aveva , tenendo pubbliche conferenze , agitato il problema della Dalmazia dimostrando la necessità della rivendicazione di tale terra all ' Italia . Egli era stato chiamato a collaborare alla succitata rivista inglese , e italianissimamente si accingeva ad esporre , con una serie di articoli , quali fossero le aspirazioni dell ' Italia nel nuovo assetto dell ' Europa : rivendicazione di tutta la Dalmazia , fino alle Bocche di Cattaro , oltre che del Trentino , dell ' Alto Adige , di Gorizia , Trieste e dell ' Istria con Fiume . Questo si accingeva a fare il prof . Giglioli quando la rivista inglese pubblicò l ' articolo in cui appartenenti a minuscola e screditata combriccola erano chiamati gli italiani che osavano parlare di rivendicazione Dalmata . Per dimostrare quanto fosse errato ciò che la rivista inglese diceva , il prof . Giglioli tenne immediatamente una magnifica conferenza vibrante di italianità e scrisse al Presidente Wilson l ' indirizzo che qui mi piace riportare : « I sottoscritti professori e studenti antica Università di Galileo in Pisa unanimi acclamando Presidente Wilson , vindice libertà con civiltà , ricordano millenaria indistruttibile italianità della Dalmazia , reclamano unione Dalmazia tutta all ' Italia , nella comunanza della lingua , delle arti , della civiltà » . Tale indirizzo fu firmato da 79 professori dell ' Università e delle Scuole Medie di Pisa e da ben 229 studenti universitari , vale a dire da tutti quelli che erano in Pisa poiché gli altri non erano ancora tornati dal servizio militare . Contemporaneamente , a cura del Circolo Universitario Pisano , fu pubblicato un Numero Unico dal titolo « La diana della Vittoria » nel quale erano alcuni scritti riferentisi alla Dalmazia , alla sua italianità e alle giuste rivendicazioni dell ' Italia . Importantissimo fra gli altri lo scritto « Fiume e Dalmazia » del prof . Giglioli ; scritto che fu poi stampato a parte in opuscoletto e diramato in tutti i centri Universitari d ' Italia , insieme all ' indirizzo inviato al Presidente Wilson , con l ' invito e la raccomandazione di agitare ovunque la questione Dalmata . L ' iniziativa ebbe il più largo successo sì che poco dopo , nel gennaio 1919 , il prof . Giglioli in una vibrante lettera di sdegno e di protesta indirizzata al Direttore della New Europe , rassegnando le dimissioni da collaboratore della Rivista , poté dimostrare che la « minuscola e screditata combriccola » era la più gran parte degli intellettuali d ' Italia . A questo proposito mi piace pure ricordare che a cura del Comitato Pisano della « Dante Alighieri » fu trasmesso un voto alle LL . EE . Orlando e Sonnino , voto firmato dalle più cospicue autorità cittadine , per ricordare quali fossero i sacri diritti dell ' Italia di Vittorio Veneto non ostante gli accordi del Trattato di Londra . Come già era avvenuto in altre occasioni Pisa e il suo Ateneo avevano gettato il buon seme ; i nostri rappresentanti nei congressi per la pace di nulla si curarono e l ' Italia del 1918 , vittoriosa come nessun ' altra Nazione , si ripresentò ai congressi internazionali , dove sarebbero dovuti essere proclamati e difesi i suoi diritti sacri ed intangibili , debole e mendicante come si era presentata a quelli che avevano preceduto la guerra . Nell ' attuale risvegliarsi di ogni più puro e santo sentimento d ' Italianità gli Universitari fascisti Pisani debbono fare quanto fecero , e più , i compagni che nel nostro glorioso Ateneo ci precedettero ; e tutto debbono fare per la Dalmazia Italiana avendo nell ' animo una certezza : quella che il Governo di Benito Mussolini saprà fare quanto gli altri governi non seppero o non vollero mai fare : ridare all ' Italia quella che Tommaseo , il più grande degli Italiani dalmati , chiamò la « seconda Italia » .
PER LA CONCILIAZIONE ( MERLINO SAVERIO , 1897 )
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Forse m ’ inganno , ma mi pare che voi vi sforziate , involontariamente , ad esagerare il vostro dissenso dai socialisti democratici , per paura che cessando il dissenso , cessi anche per voi ogni ragione di esistere come partito distinto . Ora , che esista o no il partito Anarchico , o qualsiasi altro partito , a me pare debba interessarci mediocremente . Tutto ciò che noi abbiamo il diritto e il dovere di desiderare è che quella parte di vero , che c ’ è nelle nostre dottrine , si faccia strada fra le moltitudini , e primieramente tra quelli che sono più vicini a noi , i socialisti militanti . Se domani i socialisti democratici accettassero la parte giusta delle nostre idee , noi potremmo anche rassegnarci a morire come partito . Avremmo compiuta la nostra missione . Al postutto , i partiti non sono destinati a durare eternamente ; pur troppo hanno una vita breve e precaria , servono ad affermare e divulgare certe idee , e per lo più scompaiono o si trasformano prima che quelle si attuino . Nel caso nostro , piuttosto che avere un partito che tira il socialismo da una parte , e un altro che lo tira dall ’ altra , facendolo a brani , esagerando entrambi e combattendosi talvolta ingiustamente , io preferirei un partito solo che rimanesse nella verità . Nè mi preoccupa quello che voi dite . Se domani i socialisti democratici , andando al potere volessero imporsi e tiranneggiare , là , dentro il partito socialista , non fuori voi dovreste combatterli . In tal modo avreste fatto meglio che prepararvi a combattere la tirannia socialista , l ’ avreste prevenuta e impedita . A me insomma non garba che noi regoliamo il nostro modo di pensare e la nostra propaganda in opposizione a quello che pensano o dicono – o diranno e faranno – i socialisti democratici ; mi parrebbe di fare come quei due individui che camminassero a braccetto , e di cui l ’ uno zoppicasse da una gamba e l ’ altro credesse , per fargli equilibrio , di dover zoppicare dall ’ altra . Lasciamo questi giuochi di equilibrio e andiamo diritti , perdio , alla nostra mèta . Dunque esaminiamo la questione della conciliazione fra collettivismo , comunismo , democrazia socialista ed anarchismo , senza il partito preso di non riescirvi . Voi dite che la « sintesi e conciliazione tra comunismo e collettivismo , per gli anarchici si può dire un fatto compiuto » , tanto vero che essi si chiamano oggi , in gran parte , anarchici socialisti . Dunque siamo d ’ accordo . Io però vi fo notare che molti anarchici si chiamano oggi socialisti e non comunisti nè collettivisti , non perchè siano convinti , come son convinto io , che comunismo e collettivismo non possono star da sè , ma devono completarsi a vicenda , ma piuttosto perchè o sono incerti , o pur essendo comunisti e collettivisti in pectore , non credono la questione tanto importante da doverne fare un casus belli . Per essi è una questione di tolleranza reciproca : io invece parto dalla critica del collettivismo e del comunismo per arrivare ad un terzo sistema , o sistema misto . Voi vedete la differenza . Ad ogni modo voi riconoscete che la discussione che io ho fatta in proposito nell ’ articolo della Revue Socialiste è interessante ed utile . Ma ecco che la preoccupazione di confondervi coi socialisti democratici vi assale , e voi soggiungete : « ma ( la questione ) non ha nulla a vedere colle differenze che dividono democratici ed anarchici » . Come se io nel mio articolo mi fossi proposto di trattare soltanto di queste divergenze ! Ma il collettivismo dei socialisti democratici – voi dite – più che un sistema di distribuzione dei prodotti del lavoro , è il sistema dell ’ organizzazione socialista per opera dello Stato . È un ’ asserzione , ne converrete con me , un po ’ troppo cruda , e che mette in un fascio i socialisti democratici coi socialisti di Stato . I socialisti democratici respingono e combattono il socialismo di stato , e bisogna tener loro conto , almeno della buona intenzione . Il collettivismo per essi non è il sistema dello Stato grande capitalista e grande anzi unico proprietario ; ma è il sistema in cui la società ( nella sua grande capacità collettiva ) amministra il patrimonio pubblico dei mezzi di produzione e forma il piano generale di produzione distribuendo i prodotti in ragione del lavoro di ciascuno . Che questo sistema possa menare , contro la volontà dei suoi sostenitori , ad una specie di socialismo di stato , è un ’ altra questione : dipende dalla modalità del sistema , dal modo con cui funziona questa società nella sua capacità collettiva , dal come sarà organizzata . Sarà organizzata a stato ? Sarà una semplice federazione di associazioni ? Quali saranno le attribuzioni e quale sarà la composizione dell ’ amministrazione collettiva ? Qui sta la questione , ma un ’ amministrazione generale degli interessi collettivi e indivisibili – voi ne avete convenuto altra volta – ci ha da essere . I socialisti democratici hanno il torto , secondo me , di accreditare il sospetto che essi vogliano nè più nè meno che un grande stato – come quando dimostrano la loro gioia per ogni nuovo acquisto od intrapresa che fa lo stato . Quando una rete di ferrovie , per es . passa da una società privata allo stato , essi battono le mani ; perchè dicono che dallo stato alla collettività socialistica è poi breve il varco . Ora questo può essere , come io ritengo , un errore , ma è tutt ’ altra cosa dal dire che lo stato debba organizzare esso definitivamente la produzione e attuare il socialismo . Siamo sempre lì . Voi vi sforzate ( involontariamente sempre ) di far apparire i socialisti democratici il più che potete reazionari , per accrescere la distanza tra essi e voi e poter dire che essi sono agli antipodi da voi , o almeno dovrebbero . Questo partito preso si vede anche più chiaramente nella confutazione che voi fate della seconda parte del mio articolo . Io sostenevo – e qui veramente si trattava di conciliare il socialismo democratico e l ’ anarchico – che insomma la libertà non può mai essere illimitata , e che un ’ organizzazione degli interessi collettivi ci vuole , e che in quest ’ organizzazione è insita sempre una certa coazione ; che bisogna fare in modo che la coazione sia minima e l ’ organizzazione sia la più libertaria e decentrata possibile , e che i socialisti democratici in ciò sono d ’ accordo con noi ; quindi una vera opposizione d ’ idee tra essi e noi non c ’ è , ma dobbiamo studiare insieme i modi pratici di conciliare gl ’ interessi generali e indivisibili della collettività con la libertà dell ’ individuo . Il referendum , il sindacato pubblico e la revocabilità degli amministratori , ecc . possono essere un modo di tenere gli amministratori soggetti agli amministrati , impedendo la formazione di un potere governante : studiamo dunque queste modalità e attuiamo , per così dire , l ’ anarchia per mezzo della democrazia . Voi anche questa volta non negate che la questione della modalità dell ’ organizzazione degl ’ interessi collettivi è importantissima e merita di essere approfondita ; ma ad un tratto rivive in voi il vecchio Adamo , l ’ anarchico che cerca a tutti i costi il socialista autoritario da combattere e voi dite che « bisogna rimontare alla differenza sostanziale che divide le due scuole … e questa è : autorità o libertà , coazione o consenso , obbligatorietà o volontarietà » . Ora io torno a quello che dissi altra volta , in certe cose d ’ interesse comune e indivisibile l ’ obbligatorietà è inevitabile . Volontarietà , libertà , consenso , sono principii incompleti , che non ci possono dare da sè soli , nè ora , nè per molti secoli avvenire , tutta l ’ organizzazione sociale . D ’ altra parte non è esatto che i socialisti democratici siano fautori di autorità , di coazione , di obbligatorietà su tutta la linea , che non riconoscano il gran valore del principio di libertà . Non è dunque vero che voi rappresentiate un principio e i socialisti democratici rappresentino il principio opposto : voi tutta la libertà , essi tutta l ’ autorità . La questione è di più e di meno , o piuttosto dei modi di applicazione ; ed ecco perchè io vorrei tirarvi giù dalle empiree sfere dei principii astratti ed indurvi a discutere le modalità dell ’ organizzazione sociale , sicuro come sono che su questo terreno tutti i socialisti tacitamente s ’ intenderebbero . Ma voi ricalcitrate , perchè , come ho detto fin da principio ritenete che la vostra missione è di combattere la futura tirannia socialistica , invece di prevenirla . Voi dite : supposto che il popolo domani abbia il sopravvento sul governo , i socialisti democratici vorranno fargli nominare un potere costituente che farà la legge e organizzerà le cose a suo talento . Noi , socialisti anarchici , dovremo , potendo , impedire tutto ciò e far sorgere la nuova organizzazione sociale « dal basso all ’ alto per opera di tutti gli uomini di buona volontà » . Ma anche per il periodo rivoluzionario vale la regola che ci vuole un ’ organizzazione , il più possibile libertaria , a base di volontà popolare , ma pur capace di dar corpo e vita all ’ ammasso informe di volontà , d ’ interessi e di desideri che si agiteranno sopratutto in tale momento . Un potere costituente dispotico non solo provocherebbe discordie e reazioni , ma neppure riuscirebbe ad organizzare la vasta e complicata economia sociale . Ma tanto meno vi riuscirebbe il popolo in massa , adunato casualmente nei clubs e per le strade . Possibile che non ci riesca di guardarci , da una parte e dall ’ altra , dalle esagerazioni ?
POZZOLI, A NOI ( - , 1921 )
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Che cosa sei tu e che cosa rappresenti ? Te stesso . Nient ' altro . La prova delle urne ti ha dato la sensibile dimostrazione che né la tua frazione comunista né l ' altro socialismo massimalista , benché annacquato di bissolatismo all ' ultima ora , siete l ' espressione dell ' anima cremonese ! Contro di voi si è eretto il fascismo ! Ed il fascismo ha vinto meravigliosamente , splendidamente vinto ! ... Voi socialcomunistipussisti siete stati vinti , disfatti da noi ! Dunque non vi rimane che una via : andarvene ... Non ve ne vorrete andare ? Vi faremo andar via noi con metodi che ... sono persuasivi . Ed anzitutto vi avvertiamo : 1 . Che non vogliamo più vedere né nastri , né bandiere rosse , né simboli soviettisti . 2 . Che se non penserete a farli togliere , ci penseremo noi coi mezzi più efficaci , quei mezzi che fanno e faranno sempre ottima prova ! A noi dunque Pozzoli !
PENSARE ALLA CORSICA! ( DEL_ZANNA A. , 1929 )
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Nella breve prefazione al suo interessantissimo libro « La Corsica vista da un vagabondo » ( Ed . Giusti - Livorno ) , Minuto Grosso termina con questa frase : « Italiani , una dolcissima terra vi attende ! Italiani , andate in Corsica ! » . L ' invocazione giunge quanto mai opportuna . Gli Italiani ignorano la Corsica non solo materialmente , ma soprattutto moralmente . Da pochi anni soltanto e naturalmente per merito del fascismo sono sorti in Italia piccoli centri di propaganda Corsa : segnatamente a Livorno e a Milano . Ma la grande massa della popolazione ignora la Corsica ; non si interessa di questa « isola di bellezza » pur tanto vicina a noi e non sa che su questa terra vivono altri nostri fratelli che di noi hanno la stessa lingua armoniosa e di noi la stessa grande madre . Ora tutto ciò è un male . Bisogna che l ' Italia fascista e segnatamente le classi più intellettuali si sveglino da questo torpore vergognoso : bisogna che l ' Italia guardi con affetto a questa sua figlia ; bisogna che l ' Italia s ' interessi di un problema còrso , e di un irredentismo còrso così come s ' interessa di un problema Dalmata , e di un irredentismo Dalmata . Sembra quasi impossibile pensare che quella grande massa bruna che si erge sull ' orizzonte del mare della costa toscana sia francese ; è doloroso pensare che questo azzurro lago italiano che si chiama mare Tirreno abbia una soluzione di continuità proprio in quell ' isola che per tante ragioni è forse la più italiana di tutte le altre . E queste tante ragioni sono geografiche , sono geologiche , sono storiche , artistiche , linguistiche . Per andare da Livorno a Bastia non occorrono più di tre ore di navigazione ; la conformazione geologica della Corsica è del tutto simile a quella della Sardegna e di molte altre regioni italiane del versante tirrenico ; la Corsica in tutti i tempi è sempre stata al fianco dell ' Italia ; l ' arte Corsa ha i suoi più gloriosi monumenti nelle chiese della repubblica Pisana ; infine il dialetto Corso è il più italiano e vorrei dire il più toscano di tutti gli altri dialetti d ' Italia . Non è vero che i Corsi d ' oggi siano antiitaliani , ossia francesi . Vi è la classe degli impiegati importata dalla Francia e che per ragioni facili a comprendersi è fedelissima alla nostra graziosa cugina ; ma la grande maggioranza della popolazione è autonomista ; e le classi più intellettuali si orientano tutte decisamente verso la grande madre comune : Roma . I Corsi se hanno un malato in casa non lo mandano nelle cliniche di Marsiglia , ma in quelle di Livorno e di Pisa , e gli studenti Corsi frequentano più volentieri le nostre Università di quelle francesi . Come tutti sanno , la Francia tiene la Corsica in uno stato di completo abbandono come la meno redditizia delle sue colonie . La Francia si serve della Corsica come vivaio di uomini giovani e di soldati ; ma proibisce ai Corsi di parlare la lingua italiana , trascura i suoi bisogni , ignora le sue necessità . Malservita da lente linee di navigazione , povera di ferrovie e di strade , immiserita da vaste zone di malaria , mancante assolutamente di ogni industria e con una agricoltura ancora allo stato primitivo , la Corsica sente fiaccarsi le sue energie e morire le sue volontà in questo stato di abbandono in cui la tiene il governo di Parigi ; proprio quando ha davanti agli occhi l ' esempio luminoso della Sardegna che per virtù del fascismo , bonifica i suoi terreni , apre strade , canali , ferrovie , crea laghi artificiali , popola le sue campagne , si rinnova materialmente e spiritualmente in un fervore di vita che è un sicuro auspicio per l ' avvenire . Attraverso la stampa , abbiamo potuto conoscere anche noi il malcontento e la sorda ribellione che serpeggiano giustamente nell ' isola bella e dimenticata ; e il nostro cuore si è rivolto con più accorato affetto verso quei nostri fratelli disgraziati . Oggi la Francia , che vede sfuggirsi inesorabilmente l ' anima della Corsica , tenta la sua ultima carta ; e mentre proibisce la diffusione della lingua e dei giornali italiani nell ' isola , cerca di creare con una propaganda subdola e maligna una coscienza antiitaliana e antifascista nei Corsi , facendo loro credere in un ' Italia di mire imperialistiche su l ' isola medesima . Al tempo stesso essa arma le coste e fortifica i porti corsi contro di noi ; e manda a presidiare l ' isola i reggimenti dei Senegalesi . Tutto questo lascia , come sempre , perfettamente tranquilla l ' Italia fascista che non agogna grandi imperi come certe ... repubbliche democratiche , ma che però guarda con vigile amore ai suoi figli più infelici . « Pensare alla Corsica » ecco il nostro programma in risposta ai cannoni del bieco livore francese . « Pensare alla Corsica : amare la Corsica » . Col pensiero del fratello che sogna colui che è della sua stessa origine e che è lontano , coll ' amore del fratello che tende le braccia verso colui che parla il suo stesso dolcissimo idioma , e che a lui si rivolge con affetto nella speranza e nella certezza di un avvenire migliore .
IMPOSSIBILITÀ DI UN ACCORDO ( MALATESTA ERRICO , 1897 )
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Abbiamo pubblicato qui sopra la risposta che Merlino ci ha mandato alla critica che noi facemmo di un suo articolo pubblicato nella Revue socialiste , perché i lettori possano più facilmente farsi un ’ opinione loro propria . Replicherò il più brevemente possibile , per non cominciare una nuova e lunga polemica , né per dar fondo ad argomenti sui quali dovremo ritornare continuamente , perché sono la materia della nostra propaganda , ma semplicemente per rimettere a posto quelle cose , che Merlino , secondo noi , ha spostato . Premettiamo un ’ osservazione . Noi non sappiamo bene se Merlino continui o no a chiamarsi anarchico . Il certo è , e ce ne duole , che se egli si dice ancora anarchico , non intende più l ’ anarchia come l ’ intendono gli anarchici , fra cui egli militava fino a non molto tempo fa . E , perciò , il noi ed il nostro , che Merlino adopera ancora , va accolto con riserva . Avevamo creduto che Merlino sarebbe riuscito a formare un terzo partito , intermedio tra i marxisti e noi – qualche cosa come gli Allemanisti francesi ; e ce ne saremmo rallegrati , poiché ciò avrebbe dato una organizzazione propria a quegli elementi che stanno a disagio nel Partito Socialista Italiano , ed avrebbe segnato un passo avanti nell ’ evoluzione del socialismo in Italia , mentre d ’ altra parte quegli anarchici che avessero potuto aderire al nuovo partito non sarebbero stati , in generale , che degl ’ individui già sul punto di abbandonarci e che avremmo in ogni modo perduti . Ma incominciamo a temere , per sintomi molteplici e vari , che anche questa era un ’ illusione . Merlino , quando avrà perduto ogni speranza di convertire gli anarchici e di far loro accettare , con delle attenuazioni che secondo noi non hanno alcun valore pratico , le idee ed il metodo dei socialisti democratici , passerà senz ’ altro nelle file di questi ultimi . Ed allora forse , subendo la suggestione del nuovo ambiente , dirà che gli anarchici non esistono . Vorremmo ingannarci . Ed ora rispondiamo a Merlino , cercando di seguire il suo scritto paragrafo per paragrafo . Merlino dice che noi ci sforziamo di esagerare il nostro dissenso coi socialisti democratici . L ’ accusa sarebbe ben altrimenti giusta se fosse invertita . Sono i socialisti democratici che continuamente – e disonestamente – si sforzano di travisare le nostre idee , per poter poi dire che noi non siamo socialisti , e negare la parentela intellettuale e morale che li unisce a noi . Ancora l ’ altro giorno l ’ Avanti ! negava ogni rapporto tra anarchismo e socialismo , e diceva di noi quello che avrebbe potuto dire di un partito di piccoli borghesi che si rivoltasse violentemente contro l ’ aumento delle tasse e la concorrenza dei grossi capitalisti : così che uno potrebbe prendere per anarchici i padroni macellai e fornai di Napoli e Palermo , quando protestano e resistono contro il calmiere municipale ! E l ’ Avanti ! è ancora uno degli organi meno intolleranti che vanta il partito socialista democratico ! Noi vogliamo essere un Partito separato , non per il piacere di distinguerci dagli altri , ma perché realmente abbiamo idee e metodi diversi dagli altri partiti esistenti . E respingiamo assolutamente la supposizione che noi esageriamo in un senso per fare equilibrio alle esagerazioni opposte degli altri . Noi sosteniamo quel che sosteniamo , perché crediamo che sia la verità , e non per altra ragione . Se ci accorgessimo che nel nostro programma v ’ è una parte d ’ errore , noi ci affretteremmo a sbarazzarcene ; e quando anche gli altri modificassero le loro idee in modo da incontrarsi con noi , allora ... noi e gli altri costituiremmo naturalmente un partito solo . Ora come ora , le idee sono differenti , ed è giusto e necessario che vi siano Partiti differenti . Noi non vogliamo soltanto resistere alla possibile tirannia dei socialisti al potere : noi vogliamo far si che il popolo si rifiuti a nominare o a riconoscere dei nuovi governanti , e pensi da se stesso ad organizzarsi localmente e federalisticamente , senza tener conto delle leggi e di decreti di un nuovo governo , e resistendo colla forza contro ciò che gli si volesse imporre per forza . E se , per mancanza di forza sufficiente , non potessimo raggiungere subito questo nostro scopo , allora in attesa di divenir più forti , eserciteremmo quell ’ azione , moderatrice o eccitatrice secondo i casi , che esercitano i partiti di opposizione quando non si lasciano corrompere ed assorbire . Il consiglio di Merlino , di entrare nel partito socialista democratico per poter prevenire la tirannia dei socialisti al potere equivale a quello di divenire , p . es . monarchici o repubblicani per evitare che la monarchia o la repubblica fossero troppo reazionarie . Quest ’ ultimo consiglio sarebbe giustificato , se dato a chi è disposto ad accomodarsi con la monarchia o la repubblica , come sarebbe giustificato quello di Merlino se noi accettassimo il principio di un governo socialista e ci dicessimo anarchici solo allo scopo di prevenire che quel governo fosse troppo autoritario . Ma quello non è il caso . Quel che dice Merlino che molti anarchici si dicono oggi genericamente socialisti e non già comunisti o collettivisti non perché vogliono un sistema misto quale lo desidera Merlino , ma perché , o sono incerti o non danno importanza alla questione , o non vogliono farne una ragione di divisione , è vero . Noi stessi siamo propriamente comunisti , alla sola condizione ( sottintesa , perché senza di essa non potrebbe esserci anarchia ) che il comunismo sia volontario ed organizzato in modo che ammetta la possibilità di vivere secondo altri sistemi . Ma siccome il collettivismo dei collettivisti anarchici è anch ’ esso ( necessariamente , se no non sarebbe anarchico ) sottoposto alla stessa condizione , la differenza si riduce ad una questione di organizzazione pratica che deve esser risolta mediante accordi , e non può dar luogo alla costituzione di due partiti separati ed avversi . Questo però , come dicemmo , non ha nulla da fare colle differenze tra anarchici e democratici , che sono quelle che qui c ’ interessano . Il « collettivismo » dei socialisti democratici , a differenza del collettivismo dell ’ Internazionale , non pregiudica la questione del modo di distribuzione dei prodotti , poiché vi sono molti democratici che si dicono collettivisti , e vogliono che detta distribuzione sia fatta in ragione dei bisogni . Merlino dice che noi confondiamo i socialisti democratici con i socialisti di Stato , e noi infatti crediamo che tali essi siano , quantunque non li confondiamo certo con quei borghesi che si chiamano anche socialisti di Stato e vogliono fare solamente un po ’ di « socialismo » a scopo fiscale , o a scopo di allontanare o scongiurare il pericolo del socialismo vero . I socialisti democratici combattono questa specie di falso socialismo ; e se , per evitare equivoci , respingono ( e non tutti ) il nome di socialisti di Stato , ciò non toglie che essi vogliono che la nuova società sia organizzata e diretta dallo Stato , vale a dire dal governo . Merlino ha un modo curioso di conciliare le opinioni . Esprime quello che dovremmo pensar noi e quello che dovrebbero pensare i socialisti democratici , ed arriva facilmente all ’ accordo , poiché in realtà egli dice ciò che pensa lui secondo che si piazza da differenti punti di vista , e non già quello che pensiamo noi o i democratici . Così egli dice che « i socialisti democratici hanno il torto di accreditare il sospetto che essi vogliono né più né meno che un grande Stato » , ecc .. Ma è proprio soltanto un sospetto ? Noi ameremmo sentirlo dire dai socialisti democratici autentici . È così pure , egli dice che noi non rappresentiamo il principio di libertà , perché egli ( Merlino ) crede che « volontarietà , libertà , consenso sono principii incompleti che non ci possono dare da sè soli , né ora né per molti secoli avvenire , tutta l ’ organizzazione sociale » . Fino a che egli dice che noi ci sbagliamo , sta bene ; ma dire che noi non pensiamo in quel dato modo , che noi non rappresentiamo le idee che difendiamo , perché egli le crede sbagliate , è di una logica singolare . Il fatto è che noi crediamo appunto che tutta l ’ organizzazione possa e debba – ora , non tra molti secoli – uscire dalla libertà , e che quindi la differenza tra noi ed i democratici resta intera , fino a quando Merlino non ci abbia persuasi che abbiamo torto , e fatto abbandonare il programma anarchico . Per ora la differenza diminuisce solo fra Merlino ed i democratici , a misura che aumenta fra Merlino e noi . Bisogna che gl ’ interessi collettivi indivisibili siano collettivamente amministrati : siamo d ’ accordo . La questione sta nel modo come quest ’ amministrazione può esser condotta senza ledere il diritto eguale di ciascuno , e senza servire di pretesto e di occasione per costituire un potere che imponga a tutti la propria volontà . Per i democratici è la legge , fatta dai deputati eletti a suffragio universale , quella che deve provvedere alla necessaria amministrazione degl ’ interessi collettivi ; per noi è il libero patto tra gl ’ interessati , o , all ’ occasione , la libera acquiescenza alle iniziative che i fatti mostrano utili a tutti . Noi non solo non vogliamo , ma non crediamo possibile un metodo di ricostruzione sociale intermedio , che non sia né l ’ azione libera delle associazioni che si vanno man mano accordando e federando , né l ’ azione dittatoriale di un governo forte . Ma Merlino c ’ invita a scendere dalle « empiree sfere dei principii astratti » e discutere le modalità della organizzazione sociale . Noi non domandiamo di meglio , e perciò volevamo cominciare dall ’ assodare quale deve essere praticamente il punto di partenza della nuova organizzazione : l ’ elezione di una Costituente , o la negazione di ogni potere costituente delegato ? La « conquista dei pubblici poteri » , o la loro abolizione ? I socialisti democratici mirano ad un futuro Parlamento , o ad una futura dittatura , che abolisca le leggi esistenti e ne faccia delle nuove ; – e perciò sono logici quando abituano la gente a considerare il voto come un mezzo onnipotente di emancipazione . Noi invece miriamo all ’ abolizione dei Parlamenti e di ogni altra specie di potere legislativo , e perciò vogliamo , per gli scopi attuali e per i futuri , che il popolo si rifiuti di nominare e di riconoscere dei legislatori . Se Merlino riesce a metterci d ’ accordo avrà fatto una fatica d ’ Ercole ... ma noi crediamo ch ’ egli perda il tempo . L ’ accordo coi socialisti democratici , ed anche coi semplici repubblicani , lo vorremmo anche noi , ma non nel senso di rinunziare ciascuno ad una parte delle sue idee e fondere i vari programmi in un programma intermedio . Vorremmo l ’ accordo in quelle cose in cui i vari partiti possono agire insieme senza rinunziare alle loro idee particolari , quali sarebbero , nel caso concreto , l ’ organizzazione economica , la resistenza degli operai contro i capitalisti , la resistenza popolare contro il governo . Su questo terreno Merlino ha già reso dei servizi e , se rinunciasse alla fisima di convertirsi al parlamentarismo ( poiché , in fondo in fondo è sempre quella la questione ) potrebbe renderne di ben più grandi .
PARLIAMOCI CHIARO ( - , 1921 )
StampaPeriodica ,
Noi fascisti abbiamo vinto ! Nessuno lo può negare ... Non è più il tempo delle transazioni o delle accomodazioni . Noi fascisti ora diciamo agli agricoltori che già ci hanno fissato il perticato da distribuire ai lavoratori : non dimenticate perché noi ci ricordiamo . A quelli che ancora non si sono pronunciati : spicciatevi con le buone se non vorrete decidervi per forza ... Ricordate : come il bastone fascista ha saputo trionfare della bagordia pussista , così lo stesso bastone saprà far venire alla ragione anche gli agricoltori , o meglio i malpensanti .
DE ITALICA DALMATIA ( IGALO , 1929 )
StampaPeriodica ,
Tutti sanno che la Dalmazia è quella regione costiera della penisola Balcanica che scende dal sud - est di Fiume fino a poco più in giù delle Bocche di Cattaro , ma pochi sono quelli perfettamente convinti che quella terra è italianissima almeno quanto le altre regioni , che costituiscon presentemente il nostro Stato . La storia , l ' arte e il residuo martoriato di un popolo valoroso ma sottomesso da più di un secolo all ' avvizzimento delle sue più sacre aspirazioni ci dicono chiaramente che la Dalmazia è terra anch ' essa di passione di una nobile moltitudine di connazionali , che attende trepidante da più di un secolo la diana della nostra redenzione . Gli italiani che vivono una vita di sacrificio e di oscuro eroismo sull ' altra riva del nostro Adriatico , soffrono ancora gli insulti e le prepotenze degli stranieri burberi e insensibili , sono disprezzati e malmenati come una odiosa schiera di malati contagiosi e costretti a reprimere in singulti di dolorosa commozione il nome sacro della patria . Chi ha voglia di sincerarsi di questo esoso dato di fatto , legga i ricordi di Giulio Menini , comandante del nostro incrociatore « Puglia » , che per un anno stette ancorato nel porto di Spalato , nell ' immediato dopo guerra , a difesa degli italiani colà residenti , osservando però che quelle duecento e tante pagine di commovente narrazione , valgono per un anno solo e per una sola città , in un ' epoca in cui il prestigio dell ' Italia pareva essere all ' acme della situazione e il popolo avversario ancora sotto l ' incubo della immane sconfitta . Immaginatevi ora ciò che ne potrebbe venir fuori se si fosse in grado di raccogliere tutto quello che soffrirono i dalmatini in tanti anni di oppressione e in tutte le città dalmate . Il ricordo più commovente e più significante della preziosa opera del Menini , è quello dell ' assassinio del comandante Gulli e del motorista Rossi , figure eroiche di soldati sacrificati per la causa dalmatica . Quei pochi che sono al corrente di questi fatti si danno da fare alacremente per divulgare in mezzo al popolo italiano questa santa idea e fondano le associazioni Pro Dalmazia per raccogliere nel suo seno tutta la balda gioventù studiosa e non studiosa , allo scopo di mantenere sempre viva e accesa la fiaccola della fede e per assicurare i fratelli gementi dell ' altra sponda , esprimendo loro la solidarietà nel patimento , l ' aiuto e persino il sacrifizio della vita , se la necessità lo richiedesse , per il loro riscatto . E non è molto , in verità , se si pensa che essi solo per dirsi nostri fratelli sono esposti da oltre un secolo e in ogni momento al disprezzo e alle insolenze più inaudite , quando non sono addirittura malmenati e bastonati . E l ' unico loro conforto è quello di sapersi italiani ! E se per caso qualche patriota capita fra loro , quali feste , quali cure gli prodigano ! È cosa da non aversi idea . E vedere le lacrime amare che versano per la Patria perduta eppure tanto vicina è commovente davvero . E dire che noi appena appena ci ricordiamo di loro ! Questa è la macchia che deve scomparire fra noi ed è perciò necessario renderci pienamente coscienti e consapevoli di tutto quello che soffrono i nostri fratelli non solo , ma anche di mantenerci sempre pronti per difenderli , nel caso disgraziatamente non raro , con proteste e minacce all ' oppressore che deve intendere una buona volta che l ' italianità di quelle terre è finita per essere lettera morta e incompresa in Patria . La Dalmazia conserva la stessa toponomastica delle incantevoli terre d ' Italia e nel diretto confronto colla sua riva opposta nell ' Adriatico ha la prevalenza per il fatto che mentre la costa italiana si prolunga generalmente bassa , uniforme e pressoché importuosa , quella dalmatica invece è infinitamente più ricca di frastagliamenti che la rendono pittoresca e ammirata come e forse più delle coste settentrionali della Scandinavia . La Dalmazia è cinta in tutta la sua lunghezza da una collana di bellissime , numerose , lussureggianti isole , sicché svariato e magnifico è il colpo d ' occhio che dal monte aspro e scosceso scendente improvvisamente a picco del mare profondo , si porta alla collina ricca di vegetazione che degradando dolcemente s ' adagia dirimpetto nello stesso mare ; dall ' impetuoso ruscello che dopo diverse centinaia di metri s ' ingolfa gorgogliosamente in uno stretto canale , alla rumorosa cascata d ' acqua che uscendo da un antro nero del monte si getta nel laghetto sottostante ; e tutto questo completato da una cornice di vegetazione rigogliosa e abbondante e sotto un cielo non meno sereno , azzurro e scintillante del nostro . Ebbene questa nostra bella regione può essere visitata da tutti i popoli del mondo tranquillamente , fuorché da noi italiani . E il motivo è giustificato . Infatti gli jugoslavi temono maledettamente gli italiani e perciò vogliono che in Italia si continui a dimenticare che la Dalmazia è stata ed è tuttora terra prettamente italiana , unicamente per il timore che noi , freschi e ben coscienti degli eventi , un giorno possiamo giustamente pigliar possesso di un bene toltoci da loro con inganno e cacciarli nelle loro dimore che sono i monti e le steppe , abbastanza capaci di contenerli comodamente . Essi sanno che l ' Italia non ha terra sufficiente per permettersi più a lungo il lusso di dar loro dimora gratis nella sua casa e appunto perciò si dimenano e urlano come se fossero sui carboni accesi . Lo sanno bene perché , più fortunati di noi , la storia di quella regione l ' hanno sott ' occhio in ogni momento , guardando le mura , le chiese , le case e persino le fortezze con le quali ci minacciano . È noto che ci sono stati tanti e purtroppo ce ne sono ancora che hanno detto la Dalmazia non essere terra italiana . Ebbene costoro o sono delle persone ignorantissime educate attraverso le bambinesche corbellerie della scuola jugoslava , falsa e bugiarda più di quegli dei di dantesca memoria , o evidentemente sono dei politicanti francofili . Per entrambe queste categorie è superfluo ogni commento . Però a illustrare la volpesca sagacia della politica francese basta rammentare la metamorfosi completa nelle loro vedute da Napoleone , che il 19 febbraio 1806 faceva lanciare un proclama dal generale Dumas ai cittadini di Zara e che incominciava precisamente così : Dalmati ! L ' Imperatore Napoleone , Re d ' Italia , vostro Re , vi rende alla vostra patria . Egli vi ha fissato i vostri destini : il trattato di Presburgo garantisce la riunione della Dalmazia al Regno d ' Italia ; ai ministri francesi del 1920 che negavano ogni diritto di italianità in quella terra . Una spregiudicatezza così enorme per i francesi transeat , ma per quel famoso Salvemini ... non me la so capire . Vero è che i francesi si burlarono di lui e della sua ignoranza facendolo complice dei loro misfatti a nostro danno . Ed è per obbligo di riconoscenza che se lo tengono ospite in Francia ! Se Salvemini invece di occuparsi troppo della Francia e della sua Rivoluzione si fosse occupato della Dalmazia avrebbe saputo che il popolo dalmatino ebbe origine comune coi popoli italiani delle coste adriatiche e con questi ebbe vita comune durante e dopo l ' imperio romano nel mondo allora noto . Avrebbe saputo anche che il re barbaro Atalarico , riconoscendo lealmente la romanità della regione , emanò un editto scritto per mano di Cassiodoro e che cominciava : Universis Romanis per Italiam et Dalmatiam constitutis ; avrebbe saputo che i dalmati solevano esclamare : Ab ira Almissanorum libera nos , Domine ! , quando erano minacciati dalla feroce cupidigia dei barbari croati che avevano come loro sede Almissa , cittadina posta sul fiume Tizio ( Cetina ) ; avrebbe saputo che S . Girolamo , che negli scatti d ' ira esclamava : Parce mihi , quia Dalmata sum , Domine ! , e S . Marino , che fondò la nostra millenaria repubblica , erano non solo dalmati , ma anche più italiani di lui ; e infine avrebbe saputo della preghiera che il romano popolo di Salona scolpì sull ' architrave del tempio distrutto con la città dall ' orda barbara croata e ora rinvenuto negli scavi : Deus noster , propitius esto Reipublicae Romanorum ! . Quelli che pregavano così erano dalmatini che sentivano , come ancora ora , pieno e cosciente il sentimento della propria Patria . Le biblioteche dalmate contengono un ' infinità di documenti scritti esclusivamente in latino o in dialetto veneziano o in italiano , che testimoniano alla luce del sole l ' italianità della Dalmazia . Salvemini prima di vomitare tanti turpi sacrilegi contro di essa avrebbe dovuto consumare prima la sua vita a consultare tutti gli archivi delle biblioteche dalmate ! Le opere d ' arte della Dalmazia sono meravigliosi frutti di artisti autoctoni dalmati . Artisti di anima e di ingegno italiani . E l ' arte in Dalmazia ebbe il suo largo sviluppo quando questa nostra regione a modello delle regioni sorelle d ' Italia , si governò a comune libero e indipendente in ogni sua città . Gli architetti più insigni furono : Radovano , Buvina , Giorgio Orsini detto da Sebenico , Luciano Laurana , Giovanni da Traù detto il Dalmata , Andrea Alessi ed altri . Questi stessi per lo più , come suole , furono anche scultori , però quello che s ' elevò al disopra di tutti fu Francesco da Laurana , fratello di Luciano . Qualche toscano adornò colle sue opere la Dalmazia , e fra questi celebri sono : Niccolò Fiorentino e Michelozzo , e inoltre Onofrio di Giordano della Cava che però era del napoletano . Fra i pittori ricorderemo il Meldola , lo Squarcina , Francesco Salghetti Drioli ed altri . Chi volesse farsi una cultura completa dell ' opera d ' arte dalmatica non ha che da leggere la meravigliosa opera di Alessandro Dudan , ferventissimo patriota dalmata di vecchia data . Ma come se tutto questo non bastasse , la redenzione della Dalmazia ce la chiede anche il senso della nostra sicurezza nazionale . Poiché se vogliamo davvero che l ' Adriatico sia il mare nostrum per eccellenza , dobbiamo costantemente pensare a far nostra quella costa frastagliata e insidiosa costa al grado estremo per la nostra marina in caso di guerra . Le migliaia di isole , di canali , di porti e di nascondigli di ogni genere che sembrano fatti apposta dalla Natura per darci noia continuamente e nello stesso tempo per farci pensare sempre ad essa , rendono sicuro quel popolo , venutoci dall ' interno e che non ha avuto mai un mare , il quale suole ripetere che non ha bisogno di flotta per la sua difesa perché gli bastano le isole soltanto . E se la Jugoslavia ha la possibilità di costruirsi una flotta potente , come è suo desiderio , si viene alla sorprendente per quanto comica constatazione che il regno trino è veramente lo spauracchio dell ' obbrobrioso impero Austro - Ungarico , che torna a darci noia con immensa consolazione della nostra cosidetta sorella latina , e quel ch ' è peggio dopo aver sofferto la perdita di mezzo milione di uomini per toglierci quella seccatura di triste ricordo . E nel subdolo e raccapricciante intento di toglierci la Dalmazia non solo aderirono gli alleati dell ' intesa unanimemente , ma anche i famigerati componenti del governo rosso sostenuti dall ' assordante coro delle ubbriache bestialità che Salvemini e compagni andavano scrivendo sui vari giornali e predicando nelle varie città e che erano citate dagli jugoslavi prima e dagli alleati poi come vangelo di spontanea confessione rinunziatrice dell ' intero popolo d ' Italia . E il grido dei dalmati fu allora soffocato crudelmente ! E a Parigi ci privarono anche della Dalmazia , accordataci dal trattato di Londra del 1915 ! E così gli alleati stessi vennero a dare ragione a quel Cancelliere tedesco che prima di loro disse e considerò i trattati come altrettanti fogli di carta qualunque ! Invano una schiera di invitti eroi cercò di conservare la Dalmazia , ché la serie degli avvenimenti vergognosi di quell ' epoca si accavallarono l ' un dietro l ' altro come disposti da una mano perfida e implacabile , e si dovette lasciare l ' amata terra all ' odioso nemico che scontò la sua ira bestiale , perseguitando i nostri connazionali , singhiozzanti per l ' abbandono dei loro bramati fratelli . L ' ingiuria ignominiosa alla nostra stirpe e lo scempio alla nostra dignità di grande nazione era così perpetrato ignominiosamente . E appena a stento si riuscì a salvare Fiume la olocausta , l ' indomita Zara e l ' isola di Lagosta in cambio di Lissa ! E in Jugoslavia ebbero ferma convinzione della nostra debolezza e anche oggi credono e lo ripetono con un sorriso di scherno beffardo che noi siamo gli eroi di Caporetto , ignorando o fingendo di non conoscere la solenne pedata di Vittorio Veneto ! Ecco la falsa luce dalla quale siamo visti da quel popolo fanatico e megalomane , che ha la baldanza sfacciata di parlare abitualmente contro l ' Italia , e di attizzare il fuoco dell ' odio della sua gioventù striminzita , esortandola a liberare i croati irredenti dell ' Istria e della Venezia Giulia ! E naturalmente non sanno che l ' Italia del Duce , la nuova , la vera Italia , è stata formata dalla generosa coscienza del manipolo audace di eroi della marcia di Ronchi e della marcia su Roma , che seppero temerariamente sfidare le minacce di tutti e , quel ch ' è più , infondere il senso del terrore nei codardi croati della Dalmazia ! E non sanno i meschini che il fango , che un tempo li favoriva , dei rinnegati incoscienti e dei gretti calunniatori , è stato cacciato per sempre dalla nostra terra , e che al loro posto è stata sostituita la forte e sana gioventù italica di oggi che , udendo la voce possente e autoritaria della razza antica , si è proposta di lavare col valore e colla giustizia , l ' onta impressa dai nemici ai nostri più sacrosanti diritti .
CONCLUSIONE ( MALATESTA ERRICO , 1898 )
StampaPeriodica ,
Per una deferenza personale , che qualcuno ha voluto rimproverarci e di cui non ci pentiamo , e per l ’ onesto desiderio di far udire ai nostri lettori le due campane e metterli in grado di poter giudicare con piena cognizione , noi aprimmo a Merlino le nostre colonne . Egli preferì dichiararsi offeso della critica del Malatesta e troncar la polemica ... per andarci poi ad attaccare , incidentalmente , in nota ad un suo articolo pubblicato nella rivista del Colajanni . E questo è nel suo diritto . Egli può attaccarci e criticarci quando e dove gli pare ; ma però non dovrebbe credersi in diritto di falsare le nostre idee , che egli conosce , poiché non è ancora molto tempo che insieme a noi le professava e difendeva . Nella nota sopraccennata egli dice : « Solo qualche anarchico amorfista può dire con Malatesta : Noi anarchici vogliamo che il popolo conquisti la libertà e faccia quello che vuole » . Lasciamo stare , perché non importa alla questione , se si tratta di qualche o di molti o di tutti gli anarchici . Ma perché mai Merlino ci chiama amorfisti ? Storicamente , questa parola è stata adoperata o per indicare un modo speciale di concepire le relazioni tra uomini e donne , o , più comunemente , per distinguere i partigiani di certe concezioni individualistiche della vita sociale , che ebbero voga negli anni scorsi fra anarchici e che a noi sembrarono , d ’ accordo allora col Merlino , delle aberrazioni . E in quel senso l ’ appellativo di amorfisti , in bocca a Merlino e diretto a noi non è che un gratuito insulto . Etimologicamente poi , amorfista vuol dire che non ammette forme . Che cosa autorizza il Merlino a pensare che noi abbiam perduto il ben dell ’ intelletto al punto di creder possibile l ’ esistenza di una società , di una cosa qualunque , che non abbia una qualsiasi forma ? Amorfisti , perché vogliamo che le forme che assumerà la vita sociale siano il risultato della volontà popolare , della volontà di tutti gl ’ interessati ? Ma dunque il Merlino vuole che qualcuno le imponga al popolo contro o senza la volontà del popolo stesso ? E le conservi con la forza anche quando avran cessato di rispondere ai bisogni ed al volere degl ’ interessati ? Discutiamo fin da ora dei vari problemi che possono presentarsi nella vita sociale e delle varie soluzioni possibili ; facciam pure dei progetti sul modo di amministrare gl ’ interessi generali ed indivisibili del consorzio umano ; prepariamo nelle associazioni e federazioni operaie gli elementi della riorganizzazione futura : tutto questo è utile , è indispensabile , perché il popolo abbia una volontà illuminata e possa attuarla . Ma insistiamo perché la riorganizzazione sociale si faccia dal basso all ’ alto , per il concorso attivo di tutti gl ’ interessati , senza che nessuno , individuo o gruppo , minoranza o maggioranza , despota o rappresentante , possa imporre con la forza alla gente quello che la gente non vuole accettare . Merlino ci presenta una specie di schema di costituzione politica . « Bisogna distinguere » egli dice , « le faccende più importanti e di cui tutti più o meno s ’ intendono , e , queste farle decidere direttamente dal popolo nei Clubs o Associazioni , i cui delegati si riunirebbero , come nelle Convenzioni americane , unicamente per concretare la soluzione definitiva in conformità dei mandati ricevuti . Per faccende meno importanti e per quelle che richiedono speciali cognizioni , costituire Amministrazioni speciali – senza legame gerarchico tra loro – soggette al sindacato popolare » . « Avanti tutto il popolo deve concorrere alla nomina degli amministratori pubblici ; poi questi devono offrire guarentigie di capacità , inoltre vi devono essere regole di amministrazione che impediscano gli arbitrii e i favoritismi ; gli amministratori devono rimanere uguali a tutti gli altri cittadini e ricevere in compenso delle loro fatiche un trattamento approssimativamente uguale a quello che i cittadini tutti ricavano dal loro lavoro ; infine gl ’ interessati devono potersi opporre agli atti ingiusti degli amministratori pubblici e chiamare questi ultimi a render conto pubblicamente dell ’ opera loro » . « Bisogna , sulla base dell ’ uguaglianza delle condizioni economiche , elevare un sistema di amministrazione pubblica emanante direttamente dal popolo e non soggetto a nessun centro di governo » . Ma come si deve arrivare a questa e a qualsiasi altro modo di amministrazione degl ’ interessi collettivi ? Ecco per noi la questione importante . Deve la nuova costituzione sociale esser formulata di getto da una costituente nazionale o internazionale , ed imposta a tutti ? O deve essere il risultato graduale , sempre modificabile , della vita stessa di una società d ’ individui economicamente e politicamente eguali e liberi ? Deve il popolo , dopo abbattuto il governo , nominarne un altro , il qual poi dovrebbe , secondo l ’ utopia dei socialisti democratici , eliminare se stesso ; o deve distruggere completamente il meccanismo autoritario dello Stato e formare un regime libero per mezzo della libertà ? Questo Merlino non dice , e questo è il punto di divisione tra socialisti democratici e socialisti anarchici . Nella sua conferenza di domenica a Roma , Merlino avrebbe , secondo il resoconto dell ’ Avanti ! combattuto gli anarchici liberisti assoluti ( ecco ancora degli appellativi di sapore equivoco ) , « perché col loro sistema i prepotenti avrebbero modo di schiacciare i più deboli ed i più docili » . Dunque Merlino per mettere un freno ai prepotenti vorrebbe ... mandarli al potere ! O crede egli che al potere vi andrebbero i più deboli , ed i più docili ? O santa ingenuità !