Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"StampaPeriodica"
NOI E IL MONDO ( DE'_COCCI DANILO , 1937 )
StampaPeriodica ,
Da alcuni anni in ogni luogo di Europa , ed ormai anche del mondo intero , si identificano con la parola « Fascisti » certi gruppi politici dai colori più svariati . La maggior parte di tali partiti oltre al contenuto nazionalistico che non manca mai , arrivano anche a formulare dei programmi sociali abbastanza elevati in cui si affacciano delle idee collaborazionistiche . A dare a tali movimenti il nome di fascisti non siamo certo noi che anzi spesso accettiamo tale denominazione , senza porre precisazioni pedanti e senza fare lunghe ricerche , solo per scopi contingenti di politica e sopratutto in vista di un comune programma antibolscevico . Ciò che è oltremodo opportuno mettere in evidenza è che in tutto il mondo si è concordi nell ' usare a proposito , o come più spesso accade , a sproposito , il vocabolo « fascismo » . Tale etichetta talvolta viene appiccicata a movimenti sinceramente e fondamentalmente evoluzionistici , talvolta viene invece usata ad indicare delle pure e semplici reazioni . Tutto questo può essere prova della confusione di lingue che regna in un mondo disorientato alla vana ricerca di se stesso , in cui la belva bolscevica arriva ad atteggiarsi a pacifica sostenitrice delle libertà civili e della mentalità pigra di un enorme numero di persone che non riescono più ad adeguarsi alla realtà e non possono più scorgere nulla al di fuori di schemi logici precostituiti . Ad ogni modo con il fare apparire i vocaboli « fascismo » e « fascisti » nelle più disparate parti del mondo si viene senza dubbio a riconoscere a tali movimenti un qualche elemento comune , in cui si ravvisa il carattere di una possibile universalità . È interessante il vedere come tutto questo avvenga senza nessuna propaganda e senza la minima attività esportatrice da parte del Fascismo italiano e senza nessuna organizzazione sul tipo di una internazionale vuoi rosa , vuoi rossa . Se per ora pure trovandoci in mezzo a tanta confusione si è d ' accordo nel vedere una tendenza all ' universalità ravvisando ovunque nei movimenti così detti fascisti se non altro la volontà di mettere un ordine , la tendenza a stabilire un ' autorità e una disciplina là dove non ve ne è , cioè alcuni dei sommi elementi costitutivi della dottrina fascista , non dubitiamo che in un avvenire non lontano , ancora senza il minimo bisogno di propaganda , ci sarà chi comincerà a capire e ad attuare tutta quanta l ' essenza del nostro fascismo . Non mancherà più allora nel mondo la possibilità di distinguere i fascismi veri da quelli falsi ; questi ultimi vedranno chiara la necessità di trasformarsi per evitare l ' ipotesi di perire per forza di cose senza rimpianti . A questo scopo il tempo sarà un ottimo lavoratore . È indubbio che in molti casi i partiti o i governi che si dicono o vengono detti fascisti non sono altro che le vecchie destre nazionaliste che tirano fuori nuovi strumenti di lotta politica . Di tali destre non c ' è da avere , almeno per ora , troppa fiducia e ci meravigliamo davvero che certi grandi giornalisti , senza attender troppo , inneggino e brindino ad ogni parola o ad ogni scritto di una qualsiasi personalità di uno dei gruppi in questione . Tali giornalisti danno prova di avere intorno al fascismo delle idee piuttosto indefinite per non usare altri termini . Anche quando si ha da fare con movimenti aventi un programma decisamente innovatore , è necessario essere molto cauti nel giudicare . Occorre come primo elemento di ogni possibile giudizio porre mente alla attuabilità del detto programma . Il primo e fondamentale requisito perché un governo , meglio , uno stato , possa proclamarsi fascista è l ' esistenza di un uomo oppure di un ristretto gruppo che , non solo voglia , ma anche possa , non soccombendo dinanzi alle contingenze , dominare tutte quelle forze che per la loro stessa composizione non possono non essere tenacemente conservatrici e cioè il capitalismo , la borghesia , i dottrinari etc . Quanto sopra porta con sé il fatto che se un governo ha un programma sociale e fa delle riforme sentite ed opportune , ciò non basta certo per dare a tale governo la qualifica di fascista . Tra i riformatori e gli evoluzionisti è capitale il distinguere coloro che fanno il minimo possibile di innovazioni verso il popolo per restare radicati al potere e per non smentire un programma precedentemente sostenuto e coloro che invece lottano costantemente , usando tutti i mezzi politici , per attuare il maggior numero possibile di riforme , cioè tutte quelle riforme che non siano incompatibili con il senso comune , con le esigenze concrete delle masse , con i dati di una civiltà , in una parola con il momento storico . È del resto evidente che una valutazione siffatta , massimamente quando si tratta di paesi stranieri , è tutt ' altro che facile e spesso umanamente impossibile . Anche qui è necessario lasciar lavorare il tempo e la storia . Quando gli stati fascisti o fascistoidi saranno nel mondo la regola , cosa di cui i fatti non ci lasciano dubitare , gli uomini di stato , nel perseguimento della politica internazionale , avranno dinanzi a sé due vie . Da un lato potremo avere un certo numero di stati portatori di sentimenti nazionalistici , egoistici ed imperialistici giunti alla esasperazione o per causa propria o per causa altrui . Si avrà allora in tali casi un programma collaborazionistico e sociale solo per uso interno accompagnato da un opposto programma di egoismo e di prepotenza per uso esterno . In questo caso il mondo avrebbe fatto un ulteriore passo verso la catastrofe ed ogni soluzione dei problemi più assillanti per l ' umanità verrebbe rimandata a tempi migliori . Dall ' altro lato abbiamo la vera soluzione fascista e corporativa consistente nella proiezione anche nel campo internazionale dei principii già affermati ed attuati nella organizzazione interna e cioè dei principii di collaborazione , gerarchia , solidarietà , ordine , disciplina . Si arriverebbe fino dagli inizii alla rinunzia di tutti quegli egoismi particolari dannosi alla convivenza comune . Ogni stato organizzerebbe la propria politica e la propria economia tenendo conto degli interessi superiori e imprescindibili della collettività .
IL NUOVO ROMANZO DI ALBERTO MORAVIA ( DONINI AMBROGIO , 1936 )
StampaPeriodica ,
Gli ambienti letterari fascisti italiani hanno fatto la congiura del silenzio , o quasi , intorno all ' ultimo romanzo di Alberto Moravia ( Le ambizioni sbagliate , Milano , Casa Editrice Mondadori , L . 15 ) ; atteggiamento stranamente contrastante con il favore che solo un anno fa aveva accompagnato la pubblicazione di una raccolta di novelle dello stesso autore ( La bella vita , Giuseppe Carabba , Editore ) e salutato l ' annuncio del libro in preparazione . Al di là e al di sopra di tutte le vicissitudini esterne , che hanno certo il loro peso ma non bastano a spiegare questa nuova e voluta « indifferenza » , sarebbe difficile non vedere un certo sforzo , da parte della società fascista , per separare le proprie responsabilità da questo giovane e forte scrittore , nato sul suo stesso terreno e prodotto ` dal suo stesso clima , ch ' essa si è accorta infine di portare sulla propria pelle come il sintomo implacabile di una malattia organica che non perdona . Le autorità ufficiali e i censori del Sant ' Ufficio , nella loro coerente ipocrisia , si sarebbero probabilmente accontentati di aver fatto sopprimere qualche dettaglio di anatomia e di aver trasformato lo sbocco logico del romanzo , il suicidio , in una risoluzione altrettanto scialba quanto imprevista ( come in certi film moralizzanti : « Visto che non vuoi fuggire con me , ora che ho ucciso e rubato , andrò a consegnarmi alla polizia » ... ) . Ma l ' istinto di classe della borghesia fascista , vergognosa di un male che la mina e la denuncia in modo tanto più efficace quanto meno diretto , ha avuto un soprassalto che gli stessi tutelatori d ' ufficio della « morale » pubblica non avevano forse previsto . È tutta l ' opera di Alberto Moravia ch ' essa vorrebbe oggi gettar lontano da sé , dopo averla in un primo momento celebrata non meno istintivamente , perché si riconosceva in essa . È il ricordo sferzante delle pagine fredde , stridenti , mostruose spesso degli Indifferenti ch ' essa vorrebbe oggi soffocare con rabbia , quando circonda di un falso velo di silenzio la lunga vicenda del nuovo romanzo , superiore forse al primo dal punto di vista stilistico e letterario , ma infinitamente meno efficace dal punto di vista umano , documentario e anche artistico . Nessuno scatto di collera o di angoscia , nessuna tardiva velleità di sconfessione potranno mai far sì che gli Indifferenti non siano stati scritti e non siano quello che sono . L ' imitazione di altre scuole o tendenze letterarie , più sensibile nell ' ultimo romanzo ( come non pensare a Dostoievski , a certi tormentosi soliloqui di Raskolnikov soprattutto , in alcune delle pagine più drammatiche di Le ambizioni sbagliate ? ) , non costituiva là che un elemento molto secondario . Che dopo anni di sbandierata rivalorizzazione di tutti i principi « morali » , sui quali la società fascista edifica la propria sovrastruttura ideologica ( onore , orgoglio , famiglia , religione , affetti , ecc . ) , un giovane poco più che ventenne , staccato da contatti letterari o filosofici troppo pronunciati , ma abbarbicato al suo mondo , al mondo dell ' Italia fascista abbia soltanto potuto pensare un libro come quello , realizzato con quella forza artistica , creatrice , che nessuno può sognarsi di negare : ecco che cosa costituisce essenzialmente , ai nostri occhi , il « caso Moravia » . Molti sono i nostri compagni che hanno letto gli Indifferenti e ne hanno riportato un ' impressione spesso penosa , talora di disgusto quasi fisico , e hanno sentito sorgere in sé una reazione istintiva e profonda . È bene , è sano che sia così : e molti altri dovrebbero fare la stessa esperienza . Ricordate quei monaci medioevali che obbligavano il novizio a passare le notti accanto a un cadavere in putrefazione , perché meditasse a suo agio sulla bruttura della carne ? Noi invece , che amiamo le bellezze della vita e denunciamo la bruttura di un mondo sociale che vogliamo distruggere dalle radici , il mondo dei tristi personaggi di Moravia , non abbiamo meditazioni da compiere , ma conclusioni di azione da trarre : ecco il volto ripugnante dei pretesi moralizzatori e difensori delle tradizioni italiane , ecco i profittatori e gli sfruttatori del popolo , i nemici della pace e della patria ! Senza volerlo , Moravia ha lavorato anche per noi , operai , contadini , rivoluzionari italiani , che lottiamo per spazzar via tutto il marciume di questa società in putrefazione , di questa gente che non ha rossore delle più sconcertanti aberrazioni psicologiche e morali , che gioca con l ' idea del vizio e del delitto , ma prova « un senso di ripugnanza , di umiliazione » quando passa attraverso una folla di scioperanti in lotta per il pane e per un mondo migliore ( Gli Indifferenti , Ed . Corbaccio , p . 27 ) . Bisogna riconoscere che sotto questo aspetto , il solo sul quale per il momento vogliamo attirare l ' attenzione dei compagni , il secondo romanzo di Moravia è infinitamente meno rappresentativo . L ' autore , in virtù stessa della sua arte , si è ormai staccato idealmente da quegli ambienti che gli nascevano lucidi e freddi sotto la penna quando scriveva il suo primo libro . Oggi , che egli lo voglia o no , non c ' è più soltanto l ' analisi di una situazione , di uno stato d ' animo , di un pensiero o dell ' assenza di un pensiero : c ' è già il principio di un giudizio , si sente già affiorare una valutazione di carattere filosofico o morale . Quella spaventosa assenza di volontà , di reazione sentimentale o morale , che colpisce fin dalle prime pagine degli Indifferenti e si sviluppa metodica ed esasperante fino alla chiusa , quasi a riflettere la suprema indifferenza degli strati decisivi della società borghese , del capitale finanziario , del regime fascista , di fronte ai problemi del dolore , del lavoro , dell ' elevazione umana , cede il posto nelle Ambizioni sbagliate a una forma di introspezione , di tormento , di « autocritica » , ancora ossessionante ma molto meno originale e significativa . Non si trasportano a piacere in una determinata atmosfera sociale le esperienze di un altro ambiente o di un altro momento storico . L ' indifferente di ieri , espressione cruda , allucinante , di uno strato notevole della gioventù intellettuale italiana del dopoguerra , cresciuta all ' ombra del fascismo , e isterilita dalla sua ideologia , incomincia a studiarsi ; ma invece di guardare intorno a sé , nella realtà economica e sociale che lo condiziona , si è messo a studiare Proust , Dreiser o Dostoievski ( per non citare che alcune delle influenze più appariscenti ) . Senza ancora condannarsi , si vede vivere : e non può reprimere un movimento di disgusto , un senso di vuoto , di scoramento , di noia . Siamo già sulla soglia di un nuovo , desolato pessimismo : qualcosa di molto diverso dall ' indifferenza . Quando Leopardi , oltre un secolo fa , ironizzava nelle Operette morali contro gli « stupidi » progressi della scienza e dell ' industria ( trovatemi una macchina che ci dia un vero amico , una donna fedele , ecc . ecc . ) , e proclamava l ' infinita vanità del tutto , non ci si può sottrarre alla sensazione che nel suo pessimismo trovasse sfogo l ' ansia e il risentimento della vecchia società feudale italiana , che vedeva avanzare con successo sulla scena del mondo la sua antagonista , la classe borghese . Artisticamente e letterariamente , l ' indifferenza moraviana ( i due termini di confronto non hanno che un valore di indizio , si capisce ) poteva forse essere l ' equivalente storico di certo pessimismo del secolo scorso , nella nuova situazione in cui la borghesia fascista vede sorgere e giganteggiare il suo antagonista e becchino , il proletariato . Ma la confusa ideologia che si districa dall ' ultimo romanzo , se non rappresenta il primo passo verso una decisa presa di posizione in tutti i campi contro una società che solo vagamente si condanna , non farà che straniare Moravia dalla realtà italiana . Solo servendo la verità , ripeteva ancora recentemente André Gide , lo scrittore può servire lo sviluppo artistico dell ' umanità , e quindi la rivoluzione . Moravia non è certo uno scrittore rivoluzionario , ma si stupirebbe ancor più se si dovesse negare alla sua arte un carattere umano , se vogliamo umanistico . I tristi eroi degli Indifferenti ci hanno colpito fin dal principio come qualcosa di repellente , come dei mostri , ma dei mostri veri , viventi , scaturiti dalla fermentazione di tutta un ' epoca ; e finita la lettura non possiamo fare a meno di sentirci grati al giovane romanziere , che ci ha forgiato un ' arma vera per la nostra lotta , per la lotta contro la società degli istinti più biechi e dello sfruttamento più avido . Ma guai se l ' arte vigorosa di Alberto Moravia dovesse cedere il posto a un sottile e sterile gioco psicologico , come talora accade nelle Ambizioni sbagliate : si finirebbe così con l ' uscir dal vero , dall ' umano di oggi . C ' è da augurarsi che al rude contatto con la realtà l ' arte di Alberto Moravia non si smarrisca nell ' artificio e sappia trovare infine la propria strada : la strada di coloro che sanno maneggiare lo scalpello non soltanto per modellare , ma anche per abbattere .
IL PIANO CORPORATIVO DI MUSSOLINI ( DI_VITTORIO GIUSEPPE , 1936 )
StampaPeriodica ,
Le corporazioni fascisti , organizzazioni della guerra e della dominazione del grande capitalismo . Il discorso pronunciato da Mussolini il 23 marzo scorso , all ' Assemblea nazionale delle corporazioni , ha evitato scrupolosamente di fare il bilancio riassuntivo del primo anno di esistenza del regime corporativo . Costituite con la legge del 6 febbraio 1934 , le 22 corporazioni , che abbracciano l ' insieme dell ' economia del paese , cominciarono a funzionare verso la fine del 1934 e il principio del 1935 . Ciascuna di esse ha discusso le questioni giudicate più importanti nella rispettiva sfera d ' azione , ed ha presentato le proprie conclusioni al governo , al quale sono riservate tutte le decisioni definitive . Era legittimo attendersi e la stampa fascista lo aveva annunciato che Mussolini , alla prima Assemblea generale delle corporazioni , avesse tirato le somme della esperienza del primo anno di vita corporativa . La ragione della volontaria omissione è comprensibile . Avendo esaltato per anni il futuro regime corporativo come un evento rivoluzionario , il quale avrebbe iniziata l ' era della « più alta giustizia sociale » , Mussolini ha sentito che gli sarebbe stato estremamente difficile dire che cosa si sia veramente realizzato sul cammino della nuova era promessa . Al contrario . Le questioni brucianti delle masse lavoratrici non sono mai state nemmeno messe all ' ordine del giorno delle corporazioni . Tutta l ' attività - di tutte le corporazioni è stata diretta verso un duplice obbiettivo fondamentale : rafforzare il monopolio economico e politico degli strati più potenti e reazionari del grande capitalismo ( a danno del popolo , delle piccole e medie aziende e anche degli strati inferiori della borghesia ) , monopolizzare e asservire tutta l ' economia del paese ai fini della guerra e del soprapprofitto del grande capitalismo . Il nostro partito non ha atteso né il recente discorso di Mussolini né il primo anno di esistenza del regime corporativo , per dare un giudizio esatto delle corporazioni , che l ' esperienza ha confermato in pieno . Già nel 1933 in un appello lanciato al popolo italiano , in risposta all ' ondata di demagogia scatenata dal fascismo sul tema del corporativismo , il nostro partito affermava : « ... l ' annuncio delle corporazioni è un annuncio di guerra . La corporazione è la forma organizzata della mobilitazione industriale e della organizzazione dell ' economia in vista della guerra ... La corporazione è l ' organizzazione di un più grande sfruttamento del proletariato e dei lavoratori da parte del grande capitale , di una più grande schiavitù delle masse ; essa è una preparazione immediata della guerra » . Se potesse sussistere il minimo dubbio sulla scrupolosa esattezza dell ' apprezzamento dato dal nostro partito ( in un momento in cui la demagogia di Mussolini aveva assunto una tale ampiezza da far dire persino a qualche compagno socialista , sulle colonne del Nuovo Avanti , che nel corporativismo ci poteva essere « qualche cosa di buono ! » ) , il piano corporativo annunciato dallo stesso Mussolini , nel suo discorso del 23 marzo , basterebbe a dissiparlo . In che cosa consiste realmente questo piano corporativo ? La presentazione che ne ha fatto il suo autore non lascia alcun dubbio . « Questo piano ha detto Mussolini è dominato da una premessa : la ineluttabilità che la nazione sia chiamata al cimento bellico . Quando ? Come ? Nessuno può dirlo , ma la ruota del destino corre veloce ... Questa drammatica eventualità deve guidare tutta la nostra azione . » Si tratta , dunque , in primo luogo , di un piano di guerra , di un piano per « l ' organizzazione dell ' economia in vista della guerra » . Mussolini non ha neppure parlato della guerra attuale contro l ' Abissinia , che viene considerata una semplice spedizione coloniale ! ... La guerra che Mussolini annuncia come prossima è la guerra europea e mondiale , la guerra per una nuova divisione del mondo , la cui punta principale è diretta contro l ' URSS e di cui Hitler e Mussolini sono i più accaniti fautori . E per sottolineare , a un tempo , l ' ampiezza della subordinazione alle esigenze della guerra , dei bisogni economici più elementari del popolo e l ' imminenza della nuova carneficina mondiale , Mussolini ha soggiunto : « Andiamo verso un periodo durante il quale le grandi industrie non avranno né tempo né possibilità di lavorare per il consumo privato , ma dovranno lavorare esclusivamente o quasi per le forze armate della nazione » . Tutta l ' economia del paese , tutte le magre risorse ricavate dal lavoro del popolo italiano vengono monopolizzate e assorbite per la guerra e ... per i soprapprofitti del grande capitale . Uno degli aspetti essenziali del « piano regolatore e enunciato da Mussolini è il modo con il quale verrebbe realizzata l ' organizzazione dell ' economia del paese ai fini della guerra , cioè la particolare organizzazione che verrebbe data alla grande industria , e più specialmente all ' industria di guerra . Naturalmente Mussolini non dimentica mai che uno degli strumenti più efficaci di dominazione della dittatura fascista è la demagogia . Perciò , nel presentare il suo piano corporativo , egli si è preoccupato di dargli un ' apparenza di « nazionalizzazione » delle grandi industrie , per dare una soddisfazione esteriore alle aspirazioni anticapitalistiche delle masse operaie e di una parte importante della piccola borghesia , illudendole che le misure ch ' egli vuole adottare siano un colpo di mazza assestato al grande capitalismo , a quello che Mussolini chiama « supercapitalismo » . È precisamente del contrario che si tratta , come possiamo dimostrare seguendo con senso critico lo stesso ragionamento del supremo demagogo . « Quanto alla grande industria che lavora direttamente o indirettamente per la difesa della nazione ... e l ' altra industria sviluppatasi sino a diventare capitalistica o supercapitalistica ha detto Mussolini - essa sarà costituita in grandi unità corrispondenti a quelle che si chiamano le industrie - chiavi ed assumerà un carattere speciale nell ' orbita dello Stato . » Alcuni rami di queste industrie verrebbero gestiti direttamente dallo Stato , altre sottoposte a « efficiente controllo » , altre formerebbero delle « imprese miste » , nelle quali lo Stato e i privati formano il capitale e organizzano la gestione in comune . Si tratta , quindi , di una maggiore concentrazione delle grandi industrie nelle mani di gruppi sempre più ristretti di grandi capitalisti , che sono poi coloro stessi che determinano la politica dello Stato fascista . Gli strati più potenti e più fascisti del capitale finanziario accentrano nelle proprie mani , in associazione con lo Stato che è pure nelle loro mani le industrie - chiave del paese , per assicurarsi il dominio assoluto dell ' economia nazionale , e asservirla ai propri fini . I termini giuridici , sui quali sarà fondata l ' associazione di questi gruppi di grandi capitalisti e dello Stato , hanno importanza nella misura in cui sanzionano i nuovi mostruosi privilegi . Una pratica corrente da parecchi anni nella politica del governo fascista è consistita nell ' addossare allo Stato ( cioè al popolo ) le perdite delle principali società bancarie e industriali . Questa pratica avrà , ora , la forza di legge , per assicurare ai grandi capitalisti cointeressati nelle e unità industriali un profitto sicuro e tranquillo . Le industrie alle quali si riferisce il piano Mussolini , infatti , sono in gran parte le industrie già fortemente sovvenzionate dal governo fascista , e per somme che ammontano a parecchi miliardi , come lo stesso Mussolini dichiarò ( senz ' altre precisioni ) nel suo discorso del maggio 1934 . L ' essenza del piano Mussolini consiste nel porre ufficialmente e definitivamente a carico dello Stato tutte le passività delle industrie comprese nel piano , perpetuando , sotto una forma più diretta e più spicciativa , il saccheggio del popolo da parte dei grandi pescicani capitalisti . La riforma bancaria che il governo fascista aveva già precedentemente annunciata costituisce una delle premesse essenziali per la realizzazione del piano corporativo di guerra . Le piccole e medie industrie vengono escluse , nel piano corporativo , da ogni forma di sovvenzione e anche dai vantaggi che sono rappresentati dalle sempre profittevoli ordinazioni dello Stato ( interamente assorbite dal gigantesco monopolio capitalistico creato col piano corporativo ) ; e sono chiamate , insieme al popolo lavoratore , a pagare le spese del festino che la dittatura fascista offre ai gruppi più rapaci del capitale finanziario . Col piano corporativo , l ' obbiettivo del grande capitale di assorbire o annientare la media e piccola industria diventa più concreto e più immediato . La politica detta di « autarchia economica » che pratica il governo fascista , e di cui le corporazioni sono lo strumento , viene presentata , nel discorso recente di Mussolini , come una necessità per realizzare il massimo di indipendenza economica soprattutto in tempo di guerra presupposto della indipendenza politica del paese . Questa utopia soddisfa le illusioni della piccola borghesia fascista . Ma il capitale monopolistico , che non insegue delle chimere , si preoccupa di controllare le importazioni allo scopo di monopolizzare il mercato interno , anche con dei prodotti scadenti o con dei surrogati , a prezzi d ' imperio , onde realizzare altissimi profitti , sfruttando il mercato interno e riducendo il popolo italiano ad una colonia . D ' altra parte , il piano corporativo di Mussolini , che assicura un più stretto regime di monopolio e di soprapprofitti agli strati più privilegiati del grande capitalismo , accentua i contrasti interni tra i gruppi capitalisti : contrasti fra gli strati privilegiati e quelli meno favoriti , fra la grande industria monopolistica e la piccola e media industria , e , soprattutto , fra il gigantesco monopolio corporativo della grande industria e l ' agricoltura . Quest ' ultima è chiamata ad accollarsi una larga parte delle spese dei privilegi che si assicurano nel piano Mussolini gli strati dominanti del capitale finanziario . Mussolini lo ha annunciato nel suo discorso , in una forma velata , ma pure abbastanza chiara . « Nessuna innovazione alle forme tradizionali della economia agricola italiana . Esse rispondono bene allo scopo , che è quello di assicurare il fabbisogno alimentare del popolo italiano e di fornire talune materie prime all ' industria » . Nulla di nuovo per l ' agricoltura , quindi . Tutti i privilegi sono riservati al capitale finanziario e ... ai grandi capitalisti terrieri che si sono inseriti nella banca e partecipano al monopolio corporativo . I maggiori sforzi della dittatura fascista saranno volti a far ricadere sui piccoli contadini e sui ceti medi della campagna i nuovi carichi che Mussolini addossa all ' agricoltura . L ' affermazione di Mussolini concernente l ' agricoltura ci interessa sotto l ' aspetto più propriamente sociale . Secondo Mussolini , non v ' è nulla da innovare « alle forme tradizionali dell ' economia agricola » . Si potrebbe pensare che tutto vada bene alla campagna ! Ma quale è la situazione nella campagna italiana ? Essa si può sintetizzare press ' a poco così . Qualche migliaio di grandi agrari e di latifondisti , posseggono più della metà delle terre coltivabili d ' Italia . Per contro , almeno 5 milioni di lavoratori agricoli ( fra salariati e braccianti , mezzadri e piccoli fittavoli ) non posseggono neppure un metro quadrato di terra . La miseria di questa massa è spaventosa . Milioni di braccianti sono disoccupati semipermanenti e senza sussidio che soffrono letteralmente la fame . Centinaia di migliaia di mezzadri e di piccoli fittavoli sono indebitati e rovinati . Altrettanti piccoli proprietari , presi alla morsa delle imposte schiaccianti del fascismo e dello sfruttamento spietato dei monopoli industriali , della banca e degli usurai , sono espropriati e ricacciati nella massa dei braccianti affamati . A questa situazione spaventosa e insopportabile , Mussolini dice che non vi è nulla da modificare ! Anche i proprietari fondiari della vecchia Russia erano dello stesso parere , nei riguardi dei mugik . Ma i mugik trovarono che vi era « qualcosa » da modificare ... e trovarono anche il partito di Lenin che indicò loro la strada per realizzare le aspirazioni che vibravano più forte nei loro cuori : la terra ai contadini che la lavorano ! Questa parola d ' ordine è divenuta ormai la bandiera dei contadini poveri e dei braccianti del mondo intero . È compito nostro di farla riecheggiare nelle campagne italiane , per affrettare il momento in cui dai tetri casolari e dai villaggi resi squallidi e tristi dalla miseria , la fiumana dei lavoratori agricoli affamati irromperà e farà sentire ai padroni attuali della terra che anche nelle campagne italiane vi è « qualcosa » da innovare ! Per comprendere meglio l ' essenza del regime corporativo , è necessario dare uno sguardo all ' attività pratica svolta dalle singole corporazioni nel primo anno di esistenza , per vedere quali questioni sono state discusse , quali soluzioni sono state proposte e nell ' interesse di quali classi . Troveremo , nell ' esame , la conferma documentata dell ' apprezzamento che il nostro partito ha dato del corporativismo . Non possiamo esaminare qui l ' attività di tutte le 22 corporazioni , non solamente per ragioni di spazio , ma anche per evitare una eccessiva monotonia , giacché le decisioni delle 22 corporazioni si rassomigliano tutte , ispirate come sono ad una sola direttiva : quella di realizzare il monopolio degli strati più ricchi e fascisti del capitalismo nelle diverse branche economiche ; di eliminare ogni possibilità di libera concorrenza per imporre prezzi briganteschi ; di diminuire le imposte ai capitalisti ; di assicurare le migliori condizioni possibili alla « produzione » , cioè ai padroni . Nessuna delle 22 corporazioni ha discusso una sola questione che interessi la classe operaia ed i lavoratori in genere ( rapporto tra i salari e l ' aumento del costo della vita , intensità del lavoro , sistemi di cottimi , durata del lavoro e disoccupazione , indebitamento crescente dei piccoli contadini ) . Secondo la stampa fascista vi sarebbero due eccezioni a questa regola generale : l ' estensione ai mezzadri del beneficio dell ' assicurazione contro la ... tubercolosi ( che si risolve soprattutto nell ' imporre ai poveri mezzadri un nuovo contributo ) , ed il voto espresso da alcune corporazioni a favore dell ' apprendistato ( non già beninteso nel senso di migliorare le condizioni degli apprendisti , ma nel senso di facilitare la formazione di nuove maestranze specializzate , di cui l ' industria di guerra ha particolarmente bisogno ) . La Rivista del Lavoro , diretta dal gerarca Cianetti , in un articolo che vorrebbe essere un « esame dell ' azione svolta dalle corporazioni » dal punto di vista degli interessi dei lavoratori , oltre all ' accennato « beneficio » concesso ai mezzadri , non ha potuto indicare nessun ' altra misura presa dalle corporazioni a favore dei lavoratori , all ' infuori del famigerato accordo interconfederale del novembre 1934 , che scaccia dal lavoro il maggior numero possibile di donne e di giovani , per occuparvi un certo numero di disoccupati adulti , con dei salari dimezzati ... Il sottosegretario di Stato alle Corporazioni , parlando alla Camera sul bilancio del suo dicastero , ha saputo scoprire un ' altra misura corporativa a favore degli operai : il libretto del lavoro . Libretto d ' infamia , che mira a stabilire la sorveglianza speciale sugli operai da parte dei padroni , i quali avranno una nuova arma per ricattare i propri dipendenti : la minaccia di una cattiva annotazione sul libretto che influenzerebbe negativamente su tutta la vita degli operai ! Come si vede , in mancanza di misure realmente o anche solo apparentemente favorevoli ai lavoratori , i gerarchi fascisti presentano come « concessioni » del regime corporativo delle misure che sono dirette chiarissimamente contro i lavoratori ! Il gerarca Cianetti , in un articolo pubblicato nella citata Rivista del Lavoro ( anno V , n . 1 , gennaio 1936 ) , è costretto a riconoscere a denti stretti il nulla del regime corporativo in favore del lavoro ; è costretto ad ammettere la forte delusione che il primo anno di vita delle corporazioni suscita tra quei lavoratori che avevano creduto alla demagogia corporativa , ma se la prende coi « critici » ; protesta contro gli « irresponsabili della strada » , contro gli « stati d ' animo fondati sul pessimismo » e se ne viene fuori con questo pietoso lamento : « Organizzare una società ( quella corporativa ) in un mondo di egoismi e in un momento in cui i rapporti tra gli uomini e la morale ( sic ! ) subiscono una dura prova , non è certo facile impresa » . Ecco , secondo gli stessi gerarchi , a che cosa si riduce il consuntivo del primo anno di corporativismo , per quanto riguarda il lavoro . È interessante rilevare l ' urto che si è manifestato in seno a quasi tutte le corporazioni , fra la preoccupazione di alcuni gerarchi i quali vorrebbero delle misure illusorie sulle quali appoggiare la propria demagogia , mediante l ' apparenza di un « controllo » corporativo sui monopoli industriali ed i capitalisti i quali vogliono ben coprire i monopoli sotto il manto della corporazione , ma sono gelosissimi della loro indipendenza e non ammettono neppure l ' apparenza di ingerenze « estranee » . Questo è , in sostanza , il senso della polemica molto istruttiva che si è svolta fra la stampa dei gerarchi e quella che esprime più direttamente gli interessi padronali , a proposito dei consorzi e dei comitati corporativi . I grandi industriali , coscienti che la corporazione è lo strumento per rafforzare i propri monopoli , si sono affrettati a costituire in ogni branca importante dell ' economia il proprio consorzio , nel quale essi decidono i prezzi da imporre in nome della corporazione e le misure più severe contro i possibili concorrenti , esigono leggi speciali per impedire il sorgere di nuove aziende similari e per stritolare i piccoli e medi industriali , chiedono che sia obbligatorio il consumo dei propri prodotti e sottoprodotti , ecc . I gerarchi fascisti ribattono che tutto questo è legittimo , ma che le decisioni debbono essere prese in seno a un comitato corporativo di cui essi pure facciano parte , se no sarà molto difficile far passare le decisioni prese esclusivamente da consorzi padronali come misure corporative prese nel nome del famosissimo a « interesse nazionale » . Mussolini ha posto fine alla polemica , con una decisione tipicamente fascista , che serba l ' arrosto agli industriali e dà un po ' di fumo ai gerarchi e all ' anticapitalismo delle masse : ha deciso che i comitati corporativi saranno costituiti in tutte le branche in cui « risulteranno necessari » , ma le loro conclusioni non avranno valore deliberativo , ma semplicemente di « voti » presentati alle rispettive corporazioni e al governo . I consorzi padronali , naturalmente , restano e continueranno , come prima , ad assolvere alla loro funzione di saccheggiatori del popolo . Vediamo , ora , a titolo di esempio , le misure prese da due corporazioni e , prima di tutto da quella dello zucchero e delle bietole , nella quale il « regime corporativo » , cioè il più perfetto monopolio , vige da lunghi anni . Esiste un consorzio nazionale che comprende le 24 fabbriche di zucchero . Questo consorzio impone il prezzo di vendita del prezioso prodotto , la quantità e la qualità di barbabietole da coltivare e insieme all ' alleato consorzio dei bieticultori , che sono degli agrari e degli stessi zuccherieri fissa il prezzo da pagare ai contadini che producono le barbabietole . I profitti che realizzano gli zuccherieri sono assolutamente scandalosi . Nel 1934 , le 24 fabbriche realizzarono un utile netto di 300 milioni , distribuendo un dividendo di L . 11 per ogni azione di 25 Lire , cioè , il 44 % del capitale azionario ! E perché questi profitti briganteschi siano possibili , il prezzo dello zucchero in Italia è più caro che in tutta l ' Europa , il doppio di quello della Francia . E anche per questo l ' Italia è il paese che consuma meno zucchero in Europa . Cosa importa agli zuccherieri se milioni di bambini poveri d ' Italia si può dire che ignorano lo zucchero ? Ebbene , anche in questa branca si è costituita la brava corporazione , la quale dovrebbe tutelare i famosi « interessi generali del paese » e preoccuparsi della sanità della « razza » e , quindi , della sua alimentazione , ecc . Dopo un anno di esistenza della corporazione , non solamente non si è discussa la possibilità di diminuire gli scandalosi profitti degli industriali , per far diminuire il prezzo proibitivo dello zucchero , non solamente non si è nemmeno accennato alla possibilità di spezzare questo consorzio di briganti associati contro la salute del popolo italiano e , in particolare , dei bambini , ma si è stabilito , invece , di regolamentare per legge la limitazione della coltura delle barbabietole , di esigere l ' autorizzazione per tale coltivazione e per l ' apertura di eventuali nuove fabbriche , di rendere obbligatorio il consumo dell ' alcool derivante dalle barbabietole in miscela con altri combustibili , ecc . Cioè , tutte le misure che il monopolio degli zuccherieri imponeva prima con la forza e coi mezzi propri , oggi la corporazione le fa imporre dalla legge ! La corporazione , quindi , rafforza il monopolio dei più odiosi pescicani italiani e pone ufficialmente lo Stato al loro servizio ! Il solo provvedimento proposto in favore dei consumatori è stato quello di chiedere al governo di diminuire di due Lire al chilogrammo l ' imposta , per diminuire di due Lire e non di più il prezzo dello zucchero . Si chiede , dunque , di far pagare al popolo stesso , sotto forma di altre imposte , la riduzione eventuale del prezzo dello zucchero , ma senza toccare i favolosi profitti degli industriali . Anzi , nella misura in cui la riduzione dell ' imposta e del prezzo di vendita determinasse un aumento del consumo dello zucchero , i profitti degli zuccherieri aumenterebbero proporzionalmente . Quale miglior prova che la corporazione è la cuccagna dei grandi capitalisti ? Altro esempio caratteristico è stato dato dalla corporazione dell ' elettricità . Alcuni industriali consumatori di energia elettrica hanno condotto una campagna contro il trust dell ' elettricità , esigendo una forte riduzione del prezzo dell ' energia . L ' ing . Pizzarda , su La Sera di Milano , ha dimostrato con cifre inconfutabili che il grande trust dell ' elettricità poteva diminuire fortemente il prezzo dell ' energia e del nolo dei contatori , assicurandosi sempre dei « ragionevoli benefici » . Particolarmente suggestivo è il confronto fra Milano e Torino . In quest ' ultima città , l ' Azienda elettrica comunale distribuisce energia ad un prezzo inferiore della metà a quello che il trust dell ' elettricità fa pagare ai milanesi . Nella corporazione della elettricità , il deputato Giarratana ha ripetuto la stessa dimostrazione ed ha rilevato che « le grandi società elettriche mirano ad eliminare le concorrenze che si manifestano e quei controlli che , pur non disturbando ... le iniziative idroelettriche , possono dare garanzie ad alcune categorie di utenti » . Il rappresentante del trust dell ' elettricità non è riuscito a dimostrare che il prezzo dell ' energia e dei noli non si poteva diminuire . Sembrava evidente a tutti che la conclusione della corporazione sarebbe stata quella di proporre una riduzione , anche minima . No . Mussolini in persona è intervenuto per tagliar corto agli attacchi fondati su cifre di cui erano oggetto i magnati della elettricità e , da buon prestigiatore , ha annunciato solennemente : « Il prezzo dell ' energia elettrica non verrà aumentato ! » . L ' indomani tutti i giornali della penisola annunciavano questa notizia come una grande « concessione » fatta agli utenti . Tutti hanno finto di dimenticare che non l ' aumento del prezzo era in discussione , poiché gli stessi magnati dell ' elettricità non avevano osato neppure chiederlo , ma bensì la riduzione ! ... Questa è stata la conclusione dei lavori della corporazione , insieme ad altre misure dirette a rafforzare il monopolio del grande trust ( obbligo alle piccole aziende di sviluppare i propri impianti , per entrare nella categoria trustificabile , o di scomparire ... ; applicazione di tariffe differenziate , ma sempre d ' imperio , perché non vi sia alcuna concorrenza , ecc . ) . Una delle decisioni ha un particolare interesse . Rifiutando la diminuzione del prezzo dell ' energia per il popolo , la corporazione ha deciso che « fra le Federazione dei produttori di energia elettrica e i rappresentanti di categorie speciali di utenti ... saranno presi accordi , nel comune interesse » . Comprendete ? La riduzione di tariffa ci sarà soltanto per i grandi industriali consumatori di energia , mediante Accordi speciali ... Quelli che hanno condotto la campagna contro il trust dell ' elettricità vengono tacitati , a spese del popolo che non può parlare e deve pagare ! I lavori di questa corporazione dimostrano due cose interessanti : la prima è la manifestazione aperta dei contrasti fra i monopoli capitalistici delle varie branche , specialmente fra quelle indipendenti ( in questo caso fra metallurgici e produttori elettrici ) ; la seconda è la manifestazione della tendenza dominante di cercare di risolvere o di attenuare questi contrasti fra gruppi di capitalisti monopolisti , a spese del popolo . La « giustificazione » morale che il fascismo cerca di dare dei vani aggi incommensurabili che il corporativismo assicura al grande capitalismo è quella di mantenere nella massima efficienza l ' industria per i bisogni della guerra « ineluttabile » ! L ' esperienza di questo primo anno di esistenza del corporativismo - che non per caso è anche l ' anno in cui Mussolini ha scatenato una guerra criminale e disastrosa per il nostro paese costituisce la più eloquente prefazione al piano corporativo che Mussolini ha esposto nel suo discorso del 23 marzo , il quale , per la classe operaia e per la grande massa del popolo che lavora e che pensa , si riassume in poche e tragiche espressioni : maggiore sfruttamento , più grande miseria , più soffocante schiavitù , guerra ! Tuttavia , nell ' annunciare un piano che è di fame e di guerra , Mussolini non ha potuto esimersi dal legare a questo piano le false promesse che , imperturbabile , egli ripete sfacciatamente al popolo italiano da 14 anni ! « Il triste fenomeno del pescecanismo ha detto Mussolini non si verificherà più nell ' Italia fascista » , mentre tutte le società anonime , bancarie e industriali , hanno fortemente aumentato i loro profitti , a causa della guerra fascista contro l ' Abissinia , nello stesso tempo che le miserabili condizioni di vita dei lavoratori peggiorano continuamente ! « Si realizzerà nell ' economia fascista quella più alta giustizia sociale che , dal tempo dei tempi , è l ' anelito delle moltitudini ... » E il gerarca Cianetti traduce alla radio : « Sapete perché Mussolini ha tanti nemici ? Perché costoro hanno compreso che Mussolini vuol fare la rivoluzione sul serio ! ... » . Queste promesse vengono , stavolta , subordinate alla realizzazione degli obbiettivi militari e politici dell ' imperialismo italiano . « Noi sentiamo che l ' impresa abissina accelera i tempi ... della rivoluzione sociale ... Noi sentiamo che la più alta giustizia sociale , promessa dal duce agli operai di Milano , si realizzerà domani , se nel segno di questa guerra , punto cruciale della rivoluzione , il lavoro inizia il ciclo della sua potenza ... » ( Lavoro Fascista del 29 novembre 1935 ) . La rivista Gerarchia ( febbraio 1936 ) è ancora più esplicita : « Il fascismo ... per un complesso di cause dipendenti dalla necessità di ambientare numerosi abitanti nel poco e non tutto fertile suolo , non ha potuto adattare la sua dottrina alla pratica ed è per questo mal compreso ... Fino a quando non ci saranno terre da colonizzare , materie prime da lavorare , il vero compito delle corporazioni non può cominciare ... » . Il miraggio dell ' « alta giustizia sociale » era dunque riportato nel mese di febbraio a ... dopo la conquista dell ' Abissinia ! Ma Mussolini non parla ormai più della guerra abissina , ma della « vera » , della grande guerra europea e mondiale . Le realizzazioni delle promesse vengono rinviate all ' « altra » guerra ! E così Mussolini porta il nostro paese alla catastrofe . Le delusioni sofferte cominciano a rendere le masse incredule delle promesse mai realizzate di Mussolini . Noi dobbiamo legarci con spirito largo con queste masse e unire tutto il popolo italiano nella lotta contro i piani corporativi dei magnati del capitale , contrapponendo a questi piani la lotta per il soddisfacimento immediato delle rivendicazioni brucianti dei lavoratori . Dobbiamo ravvivare e sviluppare la lotta per il pane ; per dei salari adeguati al crescente costo della vita ; per il sussidio ai disoccupati ; per il diritto al lavoro pei giovani e per le donne ; per un forte sgravio fiscale ai contadini , agli artigiani , ai piccoli commercianti rovinati ; per far pagare ai capitalisti le spese della guerra disastrosa d ' Abissinia . Dobbiamo estendere la lotta per la libertà , perché il popolo possa decidere liberamente dei propri destini , che sono quelli del nostro paese ! Dobbiamo rendere popolare la lotta contro la guerra e per la pace ; smentire e combattere la menzogna di Mussolini sulla « ineluttabilità » della guerra . Al piano corporativo del grande capitale che saccheggia il popolo italiano e rovina il paese , dobbiamo contrapporre la volontà di pace e di libertà del popolo , facendo della classe operaia l ' avanguardia e la guida del vasto fronte popolare italiano che salverà il nostro paese dalla dittatura dei pescicani , dalla fame e dalla guerra !
StampaPeriodica ,
Addis Abeba è stata occupata dalle truppe italiane . Il Negus ha abbandonata la partita . Il numero , la tecnica , la crudeltà con cui è stata condotta la guerra hanno avuto ragione , più presto di quanto non si prevedesse , delle difficoltà immense del terreno , del clima , dell ' eroismo non smentito dei difensori abissini , che sapevano di battersi per la loro terra e la loro indipendenza . Il fascismo ha concentrato mezzo milione di uomini contro le formazioni abissine , in maggioranza raccogliticce . Li ha scagliati , armati fino ai denti , contro un avversario inferiore per numero e per armi . Alle tanks , alle mitragliatrici , ai cannoni più moderni , il popolo abissino non ha potuto opporre che scarsi ed antiquati fucili e , spesso , solo le armi più primitive . Nulla questo popolo aveva da opporre contro gli aeroplani e i gas . E il fascismo con la più fredda crudeltà non ha mancato di trarre da questa situazione il più largo e il più cinico vantaggio . Esso aveva preso l ' impegno solenne di non ricorrere all ' arma dei gas , di rispettare le popolazioni inermi , le città indifese , gli ospedali e le ambulanze militari . Non ha mantenuto quanto aveva promesso . Ha avanzato nell ' onta e nel sangue , moltiplicando le distruzioni e gli orrori . Le strade di Harrar e di Addis Abeba sono state aperte con i bombardamenti aerei di pacifiche ed inermi popolazioni , con i gas tossici , con l ' yprite che acceca e scortica vivi i contadini , con il massacro delle donne e dei bimbi lasciati senza difesa nelle campagne e nei villaggi abbandonati . I difensori abissini sono stati spinti dal loro ardore ad accettare delle battaglie campali contro l ' invasore , superiormente armato e organizzato . In queste battaglie all ' Amba Aradam , all ' Amba Alagi , al lago Ascianghi l ' eroismo abissino è stato schiacciato dalla superiorità tecnica italiana . Lo sbandamento delle forze battute , che ne seguiva , ha permesso all ' invasore di avanzare rapidamente . Così , mentre nei primi tre mesi di guerra il fascismo non era riuscito ad avanzare che di pochi chilometri e tra grandi difficoltà ed alcuni rovesci locali , negli ultimi tre mesi ha progredito di centinaia di chilometri , ha supplito , con l ' aviazione , alle difficoltà dei rifornimenti , ed è riuscito ad avvicinarsi rapidamente al cuore dell ' Abissinia . Ma i popoli dell ' Abissinia non hanno capitolato , e non capitoleranno presto e facilmente . La resistenza di questi popoli contro l ' invasore si riorganizzerà contro la nuova e più feroce oppressione dello straniero . Se la guerra propriamente detta è finita in Abissinia , incomincia da oggi l ' opera di consolidazione militare della conquista , opera che sarà lunga e si troverà di fronte a difficoltà serie di clima , e alla opposizione delle popolazioni che non subiranno senza reazioni violente la dominazione fascista . Il problema abissino continuerà a pesare sull ' economia e sulla vita dell ' Italia , ma esso aggraverà pure i rapporti fra l ' Italia e il mondo , e contribuirà ad accelerare il pericolo di una catastrofe internazionale . Per l ' umanità e per il nostro paese , s ' alzano terribili minacce di strage e di distruzione , al cui confronto gli orrori perpetrati dai « civilizzatori » fascisti in Abissinia appariranno cosa da poco . Sono i fascisti di ogni paese che soffiano sul fuoco . In primo luogo sono i fascismi di Germania e del Giappone che alimentano pazientemente due terribili focolai di guerra . Guardiamoci attorno . Guardiamo che cosa si sta preparando . In Germania Hitler sta riarmando a tutto vapore . Il bieco Goering , nominato dittatore dell ' economia tedesca , ha dichiarato che quel che conta , adesso , per il popolo tedesco , non è l ' avere del grasso per la cucina , ma dei fucili per la guerra . Nel Giappone impera lo stesso principio . Non si mobilitano tante forze , non si accumulano tante armi per poi starsene , con le mani in mano , alla finestra , a guardare . Già il Giappone non esita a carpire , un pezzo dopo l ' altro , tutta la Cina del nord . Striscia , minaccioso , lungo le frontiere della Unione Sovietica e della Repubblica popolare mongola . In questi ultimi tempi , in pochi giorni , ha provocato decine di « incidenti » di frontiera , con nutrite sparatorie , bombardamenti aerei , spostamenti di migliaia di soldati . Come si vede , si tratta di « incidenti » per modo di dire . In verità , si tratta di azioni preparatorie dell ' offensiva generale che il Giappone prepara in Asia . Il Giappone non è sazio degli immensi territori rubati alla Cina . L ' appetito viene mangiando , soprattutto quando nessuno guasta il festino . L ' impunità con cui finora il Giappone ha potuto realizzare le sue rapine l ' incita a proseguire . Oggi esso guarda già oltre la Cina . Sta all ' agguato delle terre e delle ricchezze dell ' Unione Sovietica , accarezza l ' idea di scacciare l ' Inghilterra dall ' Asia e l ' Asia agli asiatici : cioè al Giappone agogna all ' egemonia sul Pacifico . È la guerra contro l ' URSS , contro l ' Inghilterra , contro gli Stati Uniti : con le sue passeggiate nella Cina del nord e con i suoi incidenti di frontiera , il Giappone prepara una conflagrazione mondiale . Hitler , sull ' esempio giapponese e italiano , ha stracciato i patti e gli obblighi internazionali che lo legavano ; ha riarmato , ha rioccupato la Renania , di dove sfida la Francia e il Belgio ; prepara un colpo contro la Cecoslovacchia , l ' Austria , la Lituania ; cerca di trascinare , al suo fianco , la Polonia , per farne una piazza d ' armi per l ' attacco contro l ' URSS . Ancora non sono risolte le incognite sollevate dal colpo di forza di Hitler sul Reno , e , in questi giorni , gli animi sono sospesi a quel che Hitler prepara in Austria . Delle truppe sono ammassate da una parte e dall ' altra della frontiera . Hitler vuol rifare il blocco austro - tedesco come al tempo della guerra mondiale blocco sottomesso alla sua volontà di guerra , per poi , sfidare il mondo . Ma non è nemmeno necessario che si arrivi a tanto : basta un inizio di realizzazione di un tale blocco , perché il mondo sprofondi nella catastrofe di una nuova guerra . Di questa situazione approfitta il fascismo italiano , per ricattare , per dare soddisfazione alle sue mire di rapina , per minacciare e aggravare ancora più la situazione , sperando di poter pescare più abbondantemente nelle acque torbide . I suoi giornali , eccitati dalle vittorie militari in Abissinia , minacciano « un cataclisma mondiale nel quale sprofonderebbe l ' Europa » , se non si dà soddisfazione agli appetiti fascisti . Essi avvertono , con chiara allusione all ' Inghilterra , che « le forze d ' Africa sono già in buona parte disponibili e potrebbero operare in tutte le direzioni necessarie » . Un vento di follia guerresca soffia da tutti i paesi fascisti . Le provocazioni degli uni favoriscono e stimolano le provocazioni degli altri . La situazione è tale , oggi , che la guerra può scoppiare da un momento all ' altro . La scintilla iniziale può sprizzare dalle fiamme della guerra che continua in Abissinia ; può essere portata dagli incidenti e dalle provocazioni che il Giappone trama in Asia ; può nascere dall ' Austria , dai Balcani . Tanto è il materiale incendiario accumulato dai fascismi , così aperta e decisa è la volontà del fascismo hitleriano e del militarismo giapponese di ricorrere alla guerra per dare soddisfazione alle loro mire di rapina , che , dovunque sprizzi la scintilla di guerra , essa può arrivare , in qualche settimana , in qualche giorno , ad appiccare il fuoco al mondo . Ed allora sarà il terribile risveglio per l ' umanità , sotto l ' irrompere delle prime ondate di aeroplani , apportatori di fuoco , di gas micidiali sulle nostre città e sulle nostre popolazioni . Come si è arrivati a una situazione tanto tragica ? Perché i focolai di guerra mondiale si sono , in questi mesi , così pericolosamente avvivati da minacciare , da un giorno all ' altro , di svilupparsi in un grande incendio ? È ancora il fascismo italiano che si trova all ' inizio della catena di avvenimenti che hanno portato alla situazione attuale . Il fascismo , scatenando la sua campagna africana , ha paralizzato , in Europa , il blocco degli Stati borghesi interessati , per il momento , al mantenimento della pace . È vero che l ' interesse di questi Stati è particolaristico , egoistico , limitato . L ' Inghilterra guarda alla conservazione del proprio impero e della propria posizione nel mondo . La Francia guarda alle frontiere del Reno , si preoccupa della minaccia della invasione del suo territorio e della conservazione dei suoi alleati . L ' aggressione fascista , minacciando le posizioni coloniali dell ' Inghilterra , ha reso questa sensibilissima alle cose africane , ma ha reso ostile e resistente la Francia ad impegnarsi in misure concrete contro l ' aggressore italiano , non ricevendo dall ' Inghilterra delle concrete garanzie contro ogni eventuale aggressione hitleriana . È questo contrasto tra le principali potenze borghesi interessate alla pace , che ha reso esitante e debole tutto il fronte degli Stati che a Ginevra hanno condannato l ' aggressore fascista . Solo l ' Unione Sovietica ha preso una decisa posizione per un ' azione collettiva e severa contro l ' aggressore italiano e contro ogni aggressore . Ma il suo esempio e il suo invito all ' azione collettiva non sono stati seguiti dall ' insieme della Società delle nazioni . L ' impunità , o quasi , assicurata al fascismo italiano , ha reso arditi gli altri fascismi , che si sono sentiti incoraggiati a precipitare le loro provocazioni . Sotto la protezione del conflitto italo - inglese e del contrasto franco - inglese , la Germania hitleriana ha riarmato , ha rioccupato la Renania , portando così nuova esca al dissidio tra Francia e Inghilterra e alleggerendo , per contraccolpo , la pressione contro il fascismo italiano . Lo stesso ha fatto il Giappone . Questo , vedendo l ' Inghilterra fortemente impegnata contro l ' Italia nel Mediterraneo e in Africa , ha precipitato la realizzazione dei suoi piani di conquista in Asia . La divisione delle potenze interessate al mantenimento della pace ha lasciato campo libero agli Stati fascisti fautori di guerra . Le ripetute provocazioni di questi ultimi , invece di riformare e saldare il fronte degli Stati pacifisti , ne hanno , finora , solamente accentuata la divisione . Oggi la situazione è questa : Germania e Giappone minacciano con tutto il peso della loro potenza , di trarre profitto dalla divisione del mondo e di realizzare i loro piani di conquista . Questi due paesi fascisti determinano ed influenzano tutti gli altri fattori di guerra nel mondo . Essi sono i due principali focolai di guerra , nei confronti dei quali « il pericolo rappresentato dalla guerra italo - abissina è un episodio » ( Stalin ) . Ma un episodio che , come tutti i fattori minori di guerra che in questi tempi agiscono nel mondo , può influire profondamente sull ' evoluzione dei principali focolai . Infatti , non vi è dubbio che la guerra d ' Abissinia ha accelerato questa evoluzione , e un ' acutizzazione del conflitto italo - inglese o una rottura aperta tra Francia e Inghilterra precipiterebbe il conflitto mondiale , mentre tutto ciò prova ancora una volta che la politica di difesa collettiva della pace può trionfare solo se si applica contro tutti gli aggressori e , oggi , soprattutto , contro l ' aggressore principale in Europa : Hitler . Questi specula arditamente e , finora , fortunatamente , sulla divisione dei governi che gli potrebbero resistere . In questa situazione di smarrimento e di incertezza si inacerbiscono tutti gli altri fattori minori di guerra . L ' Austria , sollecitata da Mussolini , e incoraggiata dalla passività osservata di fronte al riarmo tedesco , non ha esitato a riarmare a sua volta . L ' Ungheria altra cliente del fascismo italiano - attende il momento buono per fare lo stesso . Hitler lavora in Grecia , per minare la politica dell ' Intesa balcanica , lavora in Rumenia per minare la piccola Intesa . La debolezza e la divisione contro gli aggressori fascisti hanno provocato lo slancio del revisionismo fascista , hanno paralizzato il fronte dei governi interessati , oggi , al mantenimento della pace , minando nello stesso tempo tutti gli aggruppamenti di Stati sorti per il mantenimento dello statu quo e , perciò , della pace . Mai come in questi giorni è apparso così chiaro che la pace è indivisibile , che ogni indebolimento del fronte degli Stati interessati al mantenimento della pace è un incoraggiamento per i fautori e i provocatori di guerra . Ogni debolezza verso gli atti concreti di provocazione è un incoraggiamento per i fautori di guerra . Ogni premio concesso all ' aggressore è la certezza che la guerra rende , che il successo legalizza tutto , e che l ' aggressione può essere tentata . Ma è in una tale atmosfera che si preparano le più spaventose tempeste . Oggi , purtroppo , la pace è come un castello di carte , sul quale soffiano , da tutte le parti , i fascismi . Basta che una carta si sposti e tutto il castello crollerà , Ma può essere fatto nulla per scongiurare la catastrofe ? Sì , molto può essere fatto . È vero , la guerra minaccia , ma può essere evitata . Sta all ' azione dei popoli , sta alla energia del proletariato di riuscire ad evitarla . I popoli non vogliono la guerra , I popoli sono per una politica conseguente di pace . Uniti e attivi , essi possono imporre ai propri governi la politica di difesa collettiva contro tutti i provocatori di guerra , la politica che propone e difende l ' URSS . Uniti e attivi , essi possono passare ad azioni dirette contro i provocatori di guerra : proteste , scioperi , boicottaggio , sanzioni proletarie . Purtroppo , finora , quest ' unità d ' azione dei popoli non si è ancora ottenuta , perché non si è ancora ottenuta l ' unità d ' azione internazionale del proletariato . La Seconda Internazionale , finora , ha respinto ogni proposta di unità d ' azione fattale dall ' Internazionale comunista , ha respinto ogni azione indipendente delle masse contro i fautori di guerra . La socialdemocrazia ha subordinato e subordina tutta la sua azione contro la guerra a quella della Società delle nazioni e a quella dei rispettivi governi nella Società delle nazioni . Ma i governi borghesi , nella loro politica , non sono guidati che dalle loro preoccupazioni egoistiche di difesa della « loro » pace , cioè dei loro interessi borghesi e imperialistici . Subordinare l ' azione dei popoli a quella dei rispettivi governi vuol dire far fallire ogni azione efficace delle masse per la difesa collettiva dei popoli contro i provocatori di guerra . Solo una potente , larga , energica azione di popolo poteva far marciare , senza riserve , il governo francese contro l ' aggressore italiano . Analogamente , solo una potente , larga , energica azione di popolo può far marciare il governo inglese contro l ' aggressore Hitler . I popoli non hanno degli interessi particolari , egoistici , da difendere , ma hanno da difendere l ' interesse generale dell ' umanità che vuole la pace . Solo il loro intervento indipendente ed energico può imporre ad ogni governo una politica conseguente di difesa della pace su tutti i fronti e contro tutti gli aggressori . È solo una tale politica che , facendo l ' unione di tutti i paesi interessati alla pace , può , oggi , scoraggiare gli aggressori e obbligarli a rinunciare ai loro piani di rapina . Ma perché i popoli riescano a svolgere una tale azione bisogna che il proletariato sia unito , nazionalmente e internazionalmente , nella lotta contro la guerra . Bisogna che il proletariato francese , come il proletariato inglese , come il proletariato cecoslovacco , come il proletariato dei paesi scandinavi , svolgano tutti uniti la stessa azione , indipendente ed energica , contro i fautori di guerra e contro i propri governi che esitano o resistono a seguire una politica di pace . In questa azione essi devono trascinare al loro seguito le grandi masse popolari di ogni paese . Ma come possono , questi proletariati , svolgere efficacemente una tale azione di organizzazione e di direzione delle masse popolari , se essi , per colpa della socialdemocrazia , sono ancora divisi nel maggior numero di paesi e se , nei paesi dove la socialdemocrazia è forte , sono nella loro maggioranza invitati a rimettersi a quanto fa la Società delle nazioni e a quanto fanno i propri governi in seno ad essa ? Ciò dimostra quale e quanta responsabilità si assumono quei dirigenti della Seconda Internazionale che si oppongono , in ogni paese e internazionalmente , alla realizzazione dell ' unità d ' azione contro la guerra . Costoro , con la loro azione , sabotano ogni attività efficace di massa in difesa della pace ; sabotano l ' unione dei popoli contro i fautori di guerra ; favoriscono , perciò , tutte le macchinazioni dei governi fascisti . Solo la vigilanza dei popoli può ancora salvare la pace . Ma perché questa vigilanza sia efficace , bisogna che il proletariato si unisca nazionalmente e internazionalmente . Ecco perché la lotta per l ' unità d ' azione internazionale , la lotta contro quei dirigenti della Seconda Internazionale che si oppongono all ' unità d ' azione è , nel momento presente , la più importante per salvare l ' umanità dalla guerra . Il nostro popolo , come tutti i popoli , vuole la pace . Lottando per imporre anche in Italia una politica di pace , una politica che schieri il nostro paese tra i fautori e i difensori della pace , noi lottiamo come sempre - per i veri interessi del nostro paese . È Mussolini che ha tradito e tradisce gli interessi d ' Italia , che sacrifica il nostro paese alle sue ambizioni e ai privilegi di un pugno di sfruttatori . Gli interessi d ' Italia esigevano il rispetto dell ' integrità e dell ' indipendenza dell ' Abissinia . Mussolini ci ha gettati nella guerra d ' Africa che disonora , dissangua e immiserisce l ' Italia . Gli interessi dell ' Italia esigevano l ' organizzazione , in Europa , di una salda politica di pace . Mussolini ha sabotato questa politica , l ' ha rovinata con la sua aggressione e la rovina eccitando e favorendo tutte le mire fasciste di violenta revisione della carta del mondo . Gli interessi d ' Italia esigono che falliscano i piani di Hitler , che si tenga lontano Hitler dalle frontiere italiane . Mussolini ha riarmato Hitler , l ' ha aiutato ad andare al potere , l ' ha spinto al colpo di forza sul Reno , ha aggravato enormemente la minaccia hitleriana contro l ' Austria . Gli interessi d ' Italia esigono che sia preservata la pace sul Danubio , nei Balcani , che dei rapporti stretti esistano tra gli Stati della piccola Intesa e dell ' Intesa balcanica , che sono interessati al mantenimento dello statu quo . Mussolini fa di tutto per turbare la pace in questa parte di Europa ; ha spinto l ' Austria al riarmo , sollecita l ' Ungheria a far lo stesso , cerca di dislocare la piccola Intesa e l ' Intesa balcanica , cioè esaspera tutti i contrasti tra le potenze . Gli interessi d ' Italia esigono che sia salvata , ad ogni costo , la pace mondiale . Perciò la classe operaia e le masse popolari del nostro paese , superando ogni dissenso di partito , in una fraternizzazione che stringa fascisti e antifascisti nell ' interesse superiore dell ' Italia e della pace , debbono difendere ed agitare , in tutte le organizzazioni fasciste , dovunque e comunque , la politica che porti il popolo italiano a diventare uno dei fattori più attivi della organizzazione della pace nel mondo .
StampaPeriodica ,
Nel corso della nostra trattazione sulla libertà d ' insegnamento riportammo alcune parole di una lettera aperta del prof . Giovanni Gentile al Ministro Berenini , dalle quali deducemmo in buona logica alcune conseguenze . Per maggiore chiarezza ripetiamo in compendio quello che dicemmo allora ( Quad . 1633 , del 6 luglio 1918 , pag . 51-53 ) . Il prof . Gentile sostiene che , per restaurare e migliorare la scuola dello Stato , la quale al presente va malissimo , com ' egli stesso ripete in ogni occasione , bisogna diradarla , o , come dicono , “ sfollarla ” , ammettendovi solo pochi scelti alunni e sceltissimi professori , mediante rigorosi esami di concorso , e lasciando gli altri alla scuola privata , sia pure la “ scuola dei preti ” della quale lo Stato non deve avere più paura , anzi deve stimarla come un aiuto e come un incentivo di gara per la sua scuola . Da siffatta proposta noi argomentavamo , che non potrà mai ottenersi lo “ sfollamento ” della scuola dello Stato , né aver luogo la gara , se la scuola privata non sia costituita in perfetta uguaglianza con la scuola dello Stato ; uguaglianza che , per essere reale ed effettiva , deve avverarsi sia nella parte finanziaria e sia nella parte morale , almeno in quanto non si impongano maggiori pesi alla scuola privata . Non piacquero al prof . Gentile le nostre deduzioni , e ricusò di ammetterle in virtù dei suoi principii “ sostanzialmente ” diversi dai nostri ; stimò quindi opportuno riprendere la parola per chiarire la sua tesi “ dopo l ' onore fattomi dice egli dagli scrittori della Civiltà cattolica , cui non dispiacque di riferire una parte della mia lettera per invitarmi quindi a giungere , senz ' altro , a certe conseguenze ! ” ( Libertà d ' insegnamento e Scuola di Stato , nell ' Idea Nazionale , Roma , 30 agosto 1918 ) Anche noi , compita la trattazione sulla libertà d ' insegnamento , stimiamo opportuno ritornarvi sopra , per meglio chiarire la nostra tesi , che è la tesi cattolica fondata sul diritto di natura , in particolare confronto con quella del prof . Gentile . Discuteremo dopo la sua tesi ; per ora notiamo subito che , dove riferimmo la sua lettera , non facevamo questione dei suoi principii , i quali sappiamo bene quanto siano diversi , ma argomentavamo sulla sua proposta pratica , deducendone le immediate conseguenze , parimente pratiche . Ora queste , se non hanno che fare con i suoi principii , hanno però strettissima attinenza con la sua proposta , in quanto ne scaturiscono necessariamente . Perché se ne scorga da tutti il nesso logico evidente , ritorniamo sulla nostra argomentazione . Non è possibile diradare la scuola pubblica , come vuole il prof . Gentile , né dar luogo alla gara o “ cimento ” di cui egli parla , senza dare alle scuole private l ' uguaglianza finanziaria e morale con la scuola dello Stato . Primo , perché gli studenti , e molto più i loro genitori , non si rassegneranno mai a lasciarsi “ sfollare ” , e costringere a tripla spesa : una per pagare la scuola privata , le altre due per pagare le tasse di esame dello Stato che ammontano a più del doppio per i candidati di scuola privata . Questo dal lato finanziario ; e dal lato morale , non vorranno certo neanche accomodarsi alla condizione di inferiorità nella quale , com ' è notorio , sono tenuti i privatisti dai professori della scuola di Stato . Del resto , escluderli per forza dalla scuola di Stato , la quale , nell ' ipotesi del Gentile , avrebbe un numero determinato e ristretto di posti , ed obbligarli a maggiori spese ed a condizioni inferiori , è evidentemente ingiusto . Dunque , anche tenendo conto della sola proposta di diradare la scuola di Stato , ne viene la necessità di dare alle scuole private l ' uguaglianza finanziaria e morale , affinché possano essere accettate , senza danno , dai padri di famiglia . Secondo , la gara , di natura sua , non può sorgere se non tra persone di uguale condizione ; o almeno non sarà mai un vero incentivo di miglioramento , se una parte è inferiore all ' altra e da questa deve essere giudicata . Crede il prof . Gentile praticamente , dimenticando per un momento i suoi principii , alla virtù rinnovatrice e feconda di miglioramenti che ha la gara ? Se sì , bisogna che ammetta la necessità di dare alla scuola privata , se non l ' uguaglianza finanziaria , almeno quella morale con la scuola di Stato . Questa era la nostra argomentazione , e , se il prof . Gentile non vuol riconoscerne l ' evidenza immediata , è segno che fece la sua proposta in contraddizione con i suoi principi , oppure che la vuoi campata in aria senza che dia luogo alle necessarie attuazioni pratiche , le quali non possono essere altre da quelle indicate . In ambedue i casi c ' è difetto di logica . Se dunque vuole essere coerente nei suoi ragionamenti , non gli resta altro partito , che , o ritirare la sua proposta come non consentanea con i suoi principii , o accettarne tutte le conseguenze , nella attuazione della riforma scolastica da lui caldeggiata . In verità , appare che il prof . Gentile mostri zelo instancabile e buona volontà per il miglioramento della scuola . Quindi potremmo intenderci con lui , se non nei principii , almeno nelle questioni pratiche che richiedono una soluzione urgente . Prescindiamo anche noi per ora dai nostri principii , e prendiamo l ' organamento della pubblica istruzione quale è in Italia nei suoi due punti principali : 1 ) tutti gli insegnanti , anche nelle scuole private , devono essere provvisti delle lauree e dei diplomi dello Stato ; 2 ) chiunque vuole conseguire titoli legali di studio deve sottostare agli esami dello Stato . Dopo esserci così messi nello stesso terreno , passiamo a discutere sull ' attuazione pratica della sua proposta , se egli intende mantenerla . Con ciò abbiamo il diritto di attenderci dal prof . Gentile una risposta leale , spassionata , e soprattutto chiara e precisa , sul minimo di larghezza e di uguaglianza da dare alla scuola privata perché possa sussistere , accogliere i diradati della scuola dello Stato , ed esporsi alla gara o “ cimento ” , come , per somma grazia , egli le concede . Or bene , nelle presenti condizioni , tra la scuola privata e la scuola di Stato , non vi ha nessuna uguaglianza , ma soltanto sopraffazione di questa su quella . I professori della scuola privata posseggono gli stessi titoli legali d ' insegnamento che quelli della scuola di Stato , eppure questi sono costituiti giudici di quelli nei loro rispettivi alunni . È giusta , è equa tale condizione di cose ? Ma , anche prescindendo dalla equità e dalla giustizia , può darsi , in tale stato di cose , la gara desiderata dal prof . Gentile e da ogni sincero amatore della cultura ? È inutile cercare sotterfugi ed allegare il buon senso dei professori della scuola di Stato , ecc . ecc . Sono vane parole ; il fatto incontrastabile in psicologia , della quale deve intendersi il prof . Gentile , è che non può darsi mai gara sino a tanto che un rivale deve essere giudicato dall ' altro rivale privilegiato ; anzi , non può sussistere ed operare convenientemente se non è indipendente dall ' altro ed uguale innanzi al giudizio di un terzo . Ora , affinché , in tutti gli esami di Stato con effetti legali , si rispetti l ' indipendenza e l ' uguaglianza di tutte le scuole , non vi ha se non due modi pratici da attuare . L ' uno , che le commissioni esaminatrici siano composte in parti uguali di professori delle scuole di Stato e di professori delle scuole private ; l ' altro , ancor migliore e più facile ( come si pratica in parte nella laicissima Francia ) , che le commissioni esaminatrici siano del tutto estranee agli alunni delle scuole dello Stato , come a quelli delle scuole private , ed ignorino da quale delle due scuole provengano i candidati , in modo da giudicare serenamente e senza prevenzioni della sola dottrina . Per rispetto all ' uguaglianza finanziaria , bisogna che i genitori , i quali mandano i loro figli alla scuola privata , non siano obbligati a pagare nessuna tassa scolastica allo Stato , posto che non lo incomodano punto per la scuola . Ecco chiaramente esposte e praticamente determinate quelle “ certe conseguenze ” alle quali invitavamo il chiaro professore . Nondimeno , questo minimo di equità e di larghezza , senza di cui la scuola privata , nonché esporsi al cimento , non può neanche ragionevolmente sussistere , è ancor meno di quello che le si concede in tutte le altre nazioni civili , perfino lo noti bene il prof . Gentile nella laicissima Francia . Ciò fu dichiarato altra volta da noi , giova ripeterlo anche ora . In fatti , in questa nazione , l ' unico esame di Stato obbligatorio per l ' istruzione media è quello del baccalaureato , corrispondente alla nostra licenza liceale ; ed a questo esame , diretto da una commissione di Stato , se vogliono essere ammessi all ' università , devono sottostare , quasi in pari condizioni , non solo gli alunni delle scuole private ma anche quelli della scuola pubblica . Ma havvi di più . Coloro che vogliono i gradi accademici non sono tenuti a frequentare l ' università dello Stato , ma possono compiere gli studi o privatamente o in una università libera , e presentarsi alla università dello Stato soltanto per gli esami . Inoltre , lo Stato non richiede colà i suoi titoli legali di studio dai singoli insegnanti , ma solo dal direttore della scuola privata , sotto la cui responsabilità quelli insegnano . Dunque , non si capisce come il prof . Gentile , anche salvi i suoi principii di supremazia dello Stato , non voglia giungere a “ certe conseguenze ” pratiche delle sue medesime proposte ; e potrebbe giungere , come in Francia , sino al punto di non esigere , proprio dai singoli insegnanti , la laurea di Stato , ma solo dai direttori delle scuole ! E rimanendo ancora nel campo pratico della questione , cioè come si possa dare incremento agli studi ed alla cultura , crede il prof . Gentile che sia per riuscire di grande giovamento alla scuola ed alla cultura una maggior libertà di metodi , in modo che , nel “ cimento ” , Si vegga chiaro quale sia il metodo migliore per la vera istruzione della gioventù ? Non abbia timore l ' egregio professore di filosofia di dare il suo assentimento , giacché non gli tocchiamo per ora la sua diletta supremazia dello Stato ; in effetto , giudice di tale gara , nel terreno in cui discutiamo , sarebbe sempre lo Stato , mediante una commissione di esami per la licenza liceale , commissione però estranea e superiore tanto alle scuole dello Stato medesimo quanto alle scuole private . Or bene , nella libera gara dei metodi , si vedrebbe chiaro che il decadimento della scuola media in Italia deriva da causa più profonda e più sostanziale che non quella dell ' affollamento deplorato dal Gentile . Ed egli , che si pregia della professione di filosofo , avrebbe dovuto indagarla e scoprirla da gran tempo . Questa non è altra se non il metodo della molteplicità ; vigente nella scuola media italiana , in diretta opposizione col metodo veramente ragionevole e conforme allo svolgimento naturale intellettivo , dell ' unità . Il metodo della molteplicità si stempera nella moltitudine delle cognizioni e si riduce in effetto alla formula “ di tutto un poco ” , senza che si apprenda bene nessuna cosa : multa , non multum . Per tal modo , nelle scuole medie , in otto anni di ginnasio e liceo non si impara mai , in modo da possederlo veramente , né il latino , né il greco , e neanche la stessa nostra lingua , a giudicarne dall ' imbarbarimento nel quale va decadendo sul giornalismo e nella letteratura corrente . E delle altre materie , storia , geografia , scienze naturali , e principalmente della filosofia si apprende tanto , quanto basta per una vernice superficiale , che si dimentica presto , lasciando solo la pretensione e l ' attitudine a spropositare de omnibus rebus et de quibusdam aliis ! Per l ' opposto , nel metodo dell ' unità , troppo leggermente abbandonato dai moderni , secondo il graduale svolgimento dell ' intelletto umano , ed il rispettivo principio nonnisi unum uno tempore , si attendeva bene dapprima , durante la grammatica , umanità e retorica , corrispondente al ginnasio , alla formazione letteraria , la quale dirozza , educa e dispone l ' intelletto alla scienza , secondo la felicissima sentenza di S . Agostino : “ Lo studio delle arti liberali , moderato però e succoso , dà agli animi maggior vivacità e grazia e li dispone ad abbracciare la verità , a ricercarla cioè con più ardore , a seguirla con maggior costanza , e ad aderirvi con diletto ” ( “ Eruditio disciplinarum liberalium , modesta sane atque succincta , et alacriores et perseverantiores et comtiores exhibet amatores amplectendae veritati , ut et ardentius appetant et constantius insequantur , et inhaereant postremo dulcius ” . De ordine , I , 24 ) . Pertanto , si apprendeva bene il latino , l ' italiano e moderatamente il greco con poche nozioni di storia e geografia . Dopo di che , durante tre anni , corrispondenti al liceo , si attendeva alla formazione scientifica , in primo luogo , con la filosofia , la matematica e le scienze naturali , continuandosi come studio secondario , più sentito però e meglio compreso dall ' intelletto disciplinato , l ' esercizio letterario . Per tal modo , le potenze intellettuali si svolgevano convenientemente e si perveniva ad un grado sufficiente di maturità di giudizio , la quale consiste nel comprendere chiaramente una questione , svolgerla nelle sue ragioni , esprimerla correttamente ed efficacemente . Disciplinato così l ' intelletto , ogni altra cognizione ed erudizione secondaria si assimilava , quasi da sé , con grande agevolezza , in poco tempo , e quel che più conta , in modo proporzionato e vitalmente posseduto . Ma non è qui il luogo di esporre più largamente questo sistema antico dell ' unità , convenientemente adattato alle esigenze moderne , e rimandiamo il lettore alla trattazione che ne facemmo più di proposito nell ' anno 1916 sul nostro periodico ( Scuola che non istruisce e non educa . Civ . catt . 1916 , voll . 1-4 ) . Basti il cenno fattone , perché si comprenda che vi sono più alte e profonde ragioni , degne dello studio di un filosofo , del decadimento della scuola media , lamentato dal prof . Gentile . Se conviene in queste “ conseguenze ” o per meglio dire , attuazioni pratiche dei suoi solleciti disegni di riforma , cioè , per essere più chiari e determinati : 1° nel pareggiamento delle condizioni morali , con rispettiva libertà di metodo e lealtà di gara tra la scuola dello Stato e la scuola privata , giudice restando la commissione governativa , superiore ad entrambe , nel solo esame di licenza liceale , ed in altri esami che dallo Stato si richiedano per suoi impieghi ed ufficii ; 2° nel pareggiamento delle condizioni finanziarie , almeno in quanto chi paga la scuola privata che sceglie ( o della quale per forza deve contentarsi , secondo l ' ipotesi del Gentile ) non sia obbligato a pagare la scuola dello Stato ; se conviene , diciamo , egli con tutti i sostenitori del monopolio scolastico , in queste “ certe conseguenze ” , Si sarà fatto qualche passo nella discussione e nella via dell ' accordo per attuare la tanto desiderata riforma . Potremmo notare , in buona logica , che essendo correlativi il diradare della scuola di Stato e l ' aumento della scuola privata ; cioè , che , posto l ' uno dei due , segue necessariamente l ' altro , il professore Gentile , da onesto filosofo , avrebbe potuto trattare con più rispetto la scuola privata . In effetto , secondo il suo disegno , alla scuola privata sarebbero respinti per forza i rifiuti della scuola di Stato ; in altri termini , egli stabilisce , secondo l ' esito del concorso , due categorie di alunni ; le aquile , da accogliere nelle scuole dello Stato ; le oche , da relegare nelle scuole private . Nondimeno , per eccesso di buona volontà , e purché si addivenga al pareggiamento morale e finanziario sopra descritto , non temiamo di dire al prof . Gentile che la scuola privata , specialmente quella dei preti , si contenterà di accogliere gli alunni , non ammessi alla scuola di Stato ; e siamo certi , noti bene la nostra sicurezza li presenterà mutati in altrettante aquile all ' esame di licenza liceale , in gara con quelli dello Stato , alla condizione giusta e doverosa che siano giudicati con garanzie di assoluta imparzialità , cioè che la commissione esaminatrice sia estranea ad ambedue le categorie . Allora sì che si potrà parlare sul serio di gara feconda negli studii ! Chi non volesse accettare queste condizioni così giuste e così discrete , chiaro segno è che non avrebbe a cuore né la cultura né la equità , ma soltanto il bollo dello Stato e .. della setta ! Or bene , di questo minimo di larghezza , conceduto unicamente per l ' istruzione , noi , nelle “ scuole dei preti ” ci serviremo anche per formare l ' animo ed il cuore dei giovani nella fede e nella costumatezza dei nostri padri , che è la fede dei nostri grandi italiani ; ed in questo intendimento , per noi di prima importanza , siamo sicuri di avere con noi la maggioranza dei padri di famiglia . Ecco chiara la ragione per cui , non potendo ottenere dallo Stato il riconoscimento del diritto sacrosanto ed inalienabile dei genitori a scegliere e determinare l ' insegnamento e le scuole per i propri figli , noi ci contentiamo per ora di queste “ certe conseguenze ” pratiche , senza molestare il prof . Gentile nei suoi principii . Invece di essere legati , mani e piedi , come siamo nella presente schiavitù scolastica , che è la più grave in confronto di tutte le altre nazioni civili , a tal segno da giustificare la nostra indignazione e la veemenza dello stile , preferiamo certo un po ' più di libertà , e perciò salutavamo con un respiro quelle parole del professor Gentile , onde sembrava trasparisse l ' onesta intenzione di sciogliere qualche laccio del nostro aggrovigliatissimo monopolio , o per meglio dire , servaggio scolastico . Se poi egli intende rinnegare quella sua onesta intenzione e vuole ribadire tutte le nostre catene , non abbiamo altro da rispondergli , se non che , veda egli , quale professore di filosofia , come mettersi d ' accordo con la logica , e quale uomo di coscienza , esamini se stesso , se più che non lo muova l ' amore per l ' istruzione , non lo rattenga , per avventura , maggior timore della religione cattolica ; e lo dica pure , schiettamente e lealmente , con la stessa chiarezza con cui noi abbiamo manifestato i nostri intendimenti nell ' accettare quel poco che ci veniva concesso di favore nelle sue proposte . Oh certo , non ne abbiamo mai fatto mistero ; nel domandare la libertà d ' insegnamento , noi siamo bensì mossi dall ' amore alla cultura , che è cosa lodevole e desiderabile , ma principalmente dalla viva sollecitudine per l ' educazione cristiana della gioventù , che è cosa necessaria più della cultura , e voluta dalla maggioranza dei genitori . Eccoci entrati nella discussione dei principii . Il Gentile crede di rovesciare la nostra tesi , opponendo la supremazia dello Stato sull ' insegnamento , che è il suo principio , alla chiesa la quale vuole che l ' insegnamento sia cattolico , quasi fosse questa la nostra tesi . Noi invece opponiamo , semplicemente , alla usurpazione dello Stato il diritto inalienabile ed imprescrittibile dei genitori ; il quale diritto non deriva per nulla dalla Chiesa , ma dalla natura stessa , anteriore alla Chiesa , come nell ' individuo e nel padre di famiglia è anteriore allo Stato . La Chiesa , quando prescrive l ' insegnamento cattolico , non crea un nuovo comandamento o conferisce un nuovo diritto ai padri di famiglia , ma ribadisce il loro diritto di natura ed il loro rispettivo obbligo di educare ed istruire i loro figli ; il quale obbligo , essendo i padri cattolici , è di educarli cristianamente . Nulla di più ! Tanto vero , che la Chiesa non obbligò mai i genitori ebrei o infedeli a fare educare cattolicamente i loro figli ; e proibisce di battezzare i loro figli , se questi non siano in grado di determinarsi da sé , quando è contraria la volontà dei genitori ( in Roma fu sempre tutelata dai Papi la libertà di coscienza degli ebrei , i quali vi dimoravano più tranquilli che in qualsiasi altra parte del mondo , e tenevano proprie scuole per i loro figli . Cfr . , ad es . , MORONI , Dizionario d ' erudizione : Ebrei ) . Or bene , quello che non fa la Chiesa , calunniata dallo Stato come intollerante se non peggio , osa farlo sempre lo Stato laico con le sue scuole elementari laicizzate , positivamente obbligatorie per legge , con tutte le sue scuole medie laiche alle quali obbliga moralmente , sotto pena di esclusione dei vantaggi legali che riserba solo ad esse . Né si risponda col solito sofisma , che non si fa violenza alla coscienza dei genitori , essendo l ' insegnamento laico e neutro , che perciò prescinde dall ' educazione religiosa , la quale può essere data a parte in famiglia ed in chiesa ; giacché l ' educazione è inseparabile dall ' insegnamento , e l ' insegnamento neutro non esiste , ma è in concreto conforme allo spirito ed alle idee di chi insegna , e si riduce spesso ad essere irreligioso , come è provato dall ' esperienza . Dunque lo Stato , mediante il monopolio , con la sua scuola laica , fa violenza alla libertà dei genitori , che hanno il diritto e l ' obbligo di educare i figli secondo la propria coscienza ( “ Non può esistere nessuna scuola neutra , diceva Jules Simon perché non vi è professore che non abbia le sue opinioni religiose o filosofiche . Se non ne ha , egli è fuori dell ' umanità : o idiota o mostro . Se le ha e le occulta , è il peggiore dei codardi ” . E meglio ancora il Manzoni : « È evidente che non si può prescindere dal Vangelo nelle questioni morali : bisogna o rigettarlo , o metterlo per fondamento . Non possiamo fare un passo , che non ci si para davanti : si può far le viste di non accorgersene , si può schivarlo senza urtarlo di fronte ; non essere con lui , senza essere contro di lui ; si può , dico , in parole , ma non in fatto ” . Così quel grande genio , veramente italiano , nel cap . 3 delle Osservazioni sulla morale cattolica ; capitolo , che vorremmo fosse letto attentamente dal professore hegeliano ; libro , condannato pur troppo all ' oblio nelle scuole d ' Italia , che invece dovrebbe primeggiare tra tutti i libri di studio per la gioventù ) . Si confuta quindi da sé l ' asserzione gratuita del Gentile , che “ la scuola di Stato è e deve essere laica , cioè di libertà ” ; essa è , e non può essere se non scuola di tirannia da parte dello Stato e di schiavitù da parte dei cittadini . Ed è vuota di senso l ' altra sua asserzione parallela , che “ la scuola privata vuoi dire anche essa libertà : libertà d ' iniziativa individuale e di piena espressione di energie spirituali ” , perché , l ' abbiamo detto cento volte , la scuola privata , quale è in Italia , che deve costare ai genitori il triplo , e poi deve essere in tutto dipendente dai capricci della scuola dello Stato e dei suoi insegnanti , non significa per nulla libertà , ma avvilimento e servitù ; e se ciò non ostante essa è sostenuta , si deve , non alla libertà che non le è stata mai concessa , ma alla generosità ed al sacrifizio di quei genitori cattolici coerenti , che , in quel poco che si può , vogliono i propri figli lontani dalla nefasta scuola laica , ed educati secondo la propria coscienza . Ogni volta che si scende alle determinazioni pratiche e concrete , si vede subito la vacuità sonora e la falsità delle parole generiche , usate dal Gentile e dall ' idealismo liberale . È la medesima vaghezza generica che si riscontra in tutti coloro che , al pari di lui , propugnano la riforma della scuola , tenendosi però come ostriche allo scoglio del monopolio dello Stato ; vaghezza che fu acutamente rilevata da Filippo Crispolti , in un articolo di Alfredo Savaz , pubblicato nella Nuova Antologia del 16 agosto scorso ( Il problema della scuola , nel Corriere d ' Italia del 10 settembre 1918 ) Parimenti vaghe ed inconsistenti sono le frasi onde il Gentile pretende esporre e dichiarare la “ tesi cattolica ” , la quale , secondo lui consisterebbe nell ' insegnamento cattolico ad ogni costo : “ poiché dice egli se lo Stato fosse cattolico , e , professando esso la religione cattolica , si sottoponesse alla direzione suprema del capo della cattolicità , è chiaro che il cattolico alla tesi della libertà d ' insegnamento sostituirebbe come sostituì , sempre che si avverò questa condizione , la tesi opposta . Il principio insomma della tesi cattolica , è che l ' insegnamento deve essere cattolico , e lo Stato non deve insegnare perché esso non ha religione ” . Nulla di nulla ! La tesi cattolica è , come si è detto , la medesima tesi del diritto di natura : i genitori hanno il diritto inalienabile , imprescrittibile , ed anteriore a qualsiasi altro diritto , di educare ed istruire i proprii figli secondo la loro coscienza ; ad essi quindi spetta la libertà d ' insegnamento primieramente e per sé , e ad ogni altro spetta la medesima libertà in loro aiuto e quando non sia contraria a questo loro diritto ; allo Stato spetta l ' obbligo di tutelare questa libertà e di agevolarne l ' esercizio , come per gli altri diritti primordiali ed inalienabili di ogni individuo . È chiaro ? E questa tesi non varia in nessuna ipotesi , sia lo Stato cattolico antico , sia lo Stato laico moderno . In fatti , quando si avverava la condizione che lo Stato fosse cattolico , non era punto necessario , come asserisce il Gentile , rincarando eccessivamente la dose , che si sottoponesse alla direzione suprema del capo della cattolicità , giacché lo Stato nella sua cerchia è anche supremo ed indipendente , ma soltanto si accordava con la Chiesa nel tutelare il diritto dei genitori , principalmente dei cattolici , e nell ' agevolare loro l ' esercizio del diritto e l ' adempimento dell ' obbligo di educare ed istruire cristianamente i loro figli . La medesima tesi vale rispetto allo Stato laico , il quale non può sottrarsi al diritto di natura , ed è tenuto a tutelarlo nei genitori ed a rispettare la libertà della loro coscienza nell ' educazione dei loro figli . Se ci fu qualche eccesso in qualche Stato cattolico antico , esso deve attribuirsi ad errore particolare ed a zelo indiscreto , non mai alla tesi cattolica ; e d ' altronde quell ' eccesso è un ' inezia in confronto con la tirannide odierna dello Stato laico , il quale in modo giulianesco , cioè indiretto e subdolo , sotto pena di esclusione dai vantaggi legali , obbliga in ogni modo i genitori cattolici a fare educare i proprii figli contro la loro coscienza , nella scuola laica , che , come abbiamo detto e l ' esperienza insegna , è lo stesso che scuola irreligiosa . Innalzi pure , a suo talento , il Gentile la bandiera dello Stato supremo arbitro dell ' insegnamento , la medesima dello Stato pagano , che considerava i figli come appartenenti a sé e non ai genitori ; noi , per l ' opposto , secondo la tesi cattolica , innalziamo la medesima bandiera che ha sventolato nelle nostre mani , sin dall ' origine del Cristianesimo , la bandiera dei diritti dei genitori alla piena libertà di educazione e di istruzione dei figli secondo la loro coscienza , contro tutte le tirannidi dello Stato , sia questo Stato quello di Nerone , di Giuliano l ' Apostata , del protestantesimo , del giuseppinismo , della rivoluzione , di Napoleone , o del liberalismo laico presente . Ecco nettamente dichiarata la diversità “ sostanziale ” , dei suoi principii dai nostri , la quale diversità coincide con la diversità sostanziale , in diretta opposizione , tra l ' idea dello Stato pagano , che pretende appartengano ad esso i figli , e l ' idea dello Stato cristiano che riconosce i figli appartenere ai genitori . Dalla prima scaturisce la schiavitù , dalla seconda la libertà di coscienza e la libertà d ' insegnamento , qual è propugnata dalla tesi cattolica . Quindi è dottrina di libertà vera quella dei cattolici , i quali , in una nazione cattolica quale è l ' Italia , vogliono , non come tesi assoluta , ma come corollario al diritto di natura , l ' insegnamento pubblico cattolico e l ' accordo tra la Chiesa e lo Stato in tutelare ed agevolare l ' esercizio del loro diritto e l ' adempimento del rispettivo obbligo di educare cristianamente i loro figli . Ed in sostenere questa tesi , non “ trascendono la ragione e la volontà umana ” , come falsamente attribuisce loro il Gentile e pratica invece egli stesso , ma ragionano a rigore di logica . In fatti , dal diritto che hanno i genitori e dal rispettivo obbligo dello Stato di rispettare questo diritto ed agevolarne l ' esercizio , scaturisce il corollario : dunque l ' istruzione pubblica in Italia deve essere cattolica . La conseguenza è evidente , perché la grande maggioranza dei genitori vuole educati i figli secondo la propria coscienza di cattolici . E non c ' è bisogno che essi manifestino esplicitamente la loro volontà , giacché questa è sufficientemente espressa nel fatto stesso del battesimo dei propri figli . Or essendo tutti cattolici gli alunni delle scuole pubbliche , l ' insegnamento deve essere conforme alla dottrina cattolica , affinché corrisponda all ' obbligo di coscienza che hanno i genitori rispetto all ' educazione dei loro figli . E non è giusto , che per una minima parte di non cattolici ( appena uno ogni cento ) , ai quali si può provvedere con esimerli dall ' istruzione religiosa , si contraddica al diritto evidente dei genitori cattolici , con imporre loro la scuola laica , sedicente neutra , ma nel fatto irreligiosa . Del resto , se vi sono in Italia , dei genitori snaturati , rari ancora per buona ventura , i quali pretendono per i loro figli l ' insegnamento e l ' educazione laica , il merito è tutto dello Stato laico , o meglio della setta che si è impadronita della pubblica istruzione , ed ha cercato in tutti i modi di strappare dai cuori degli italiani la fede dei loro padri , scompaginando la loro unità religiosa profondamente nazionale . E nondimeno questi laicisti restano sempre una sparutissima minoranza , appena calcolabile , i quali , anche ammessa la tirannia brutale del numero , non possono giustificare l ' imposizione della scuola laica a tutta l ' immensa maggioranza dei genitori italiani ! Da ciò segue l ' obbligo dello Stato di regolare l ' insegnamento , in quanto riguarda l ' educazione morale e l ' istruzione religiosa , d ' accordo con l ' autorità ecclesiastica , che è la sola competente in siffatta materia ; non per sottoporsi al suo servizio , come esagera il Gentile , ma per tutelare , in modo efficace insieme e soave , il diritto dei genitori e la loro libertà di coscienza . Pertanto , sotto ogni aspetto , e da qualunque lato si riguardi la questione , la tesi cattolica della libertà d ' insegnamento ha salde radici nel diritto naturale dei genitori ed è quindi immutabile come lo stesso diritto di natura , il quale sì veramente “ non trascende la ragione e la volontà umana ” , ed è fondamento alla stessa Chiesa . Giacché la Chiesa con la sua dottrina rivelata , lo intendano una buona volta il Gentile e tutti i filosofi che parlano senza conoscerla , non è campata sulle nuvole , come la loro filosofia , ma suppone la ragione ed il diritto naturale , cui la rivelazione non toglie di mezzo , ma anzi rafferma ed illumina , chiarisce e conforta nelle menti e nei cuori degli uomini , solleva e nobilita nelle loro opere . Di fronte alla tesi cattolica , sul diritto dei genitori , dal quale scaturisce la libertà d ' insegnamento , tesi chiara , determinata , precisa , la tesi del Gentile sul preteso diritto dello Stato ad insegnare , appare , quale è , confusa , vuota di senso , fluttuante e mutabile , e pertanto incomprensibile dall ' intelletto ed inattuabile nell ' opera , giacché il contraddittorio non si può condurre in atto , e nell ' atto sarà invece quel che vorrà il capriccio o la fantasia mutevole di questo e di quello . A persuadersene , basta leggere quello che dice il Gentile sulla sua tesi : “ Io invece sostengo che lo Stato deve insegnare non perché non ha una religione ( ché in tal caso starei coi cattolici contro la sciocca presunzione del laicismo agnostico ) , anzi perché ha qualche cosa di più e di meglio di una religione : ha una filosofia ; che è anch ' essa una fede , ma con questa differenza dalla religione , che il suo oggetto non trascende la ragione e la volontà umana . Filosofia che può non essere spiegata nella coscienza di quelli che sono a capo dello Stato , ma non perciò è assente dalla sostanza spirituale , in cui è il valore dello Stato ; e che non è realizzata dai suoi dirigenti , ma vive in tutto l ' organismo delle forze politicamente cooperanti ; e si potrebbe dire definita nella legge fondamentale dello Stato , se questa stessa legge non vivesse realmente in quella coscienza multanime e pure storicamente compatta , unica , e come tale in continuo svolgimento che è la coscienza del popolo . Filosofia , che è un concetto , un principio , un punto di vista sintetico ; da cui tutta la vita dello Stato trae ispirazione costante e norma di orientamento . Così lo Stato , che è affermazione del proprio valore , come volontà umana , indipendente da ogni particolare contenuto di fede religiosa , e non può rinunziare ad affermare da sé come suo proprio attributo immanente , siffatto valore , senza abdicare alla proprio autonomia ed assoggettarsi come nessuno degli Stati moderni è disposto a fare ad un principio superiore ; questo Stato ha una fede , ossia un concetto , a cui è legata la sua stessa esistenza . E questo concetto è un concetto filosofico : che cioè la volontà anche apparentemente finita , sia una realtà assoluta ; senza di che non potrebbe arrogarsi valore di sorta ” . Chi può da tutto questo groviglio cavarne nulla di determinato ? Se qualche cosa di chiaro vi si capisce , è la supremazia assoluta del dio - Stato sopra ogni verità , non soltanto rivelata , ma anche di diritto naturale ; e che , se esiste la verità , essa è immanente nello Stato o nella sua “ filosofia ” ; in una parola , non avvi altro Dio , non altra natura umana , se non lo Stato : lo Stato è Dio , è la natura stessa . Affermazione quanto blasfema , altrettanto insensata ed assurda . Quale poi sia questa “ filosofia ” e quali i termini della sua verità , nessuno può comprenderlo tra le interpretazioni arbitrarie del Gentile in contraddizione con altre , parimente arbitrarie , degli adoratori del dio - Stato , appunto perché tutti si allontanano dal diritto di natura , al quale non può esser soggetto lo Stato , e dal quale non può essere difforme nessuna filosofia , senza sostituirsi con ciò alla stessa umanità . Che cosa vale una siffatta “ filosofia ” in confronto con la ragionevole , chiara e soprattutto concreta tesi cattolica ? La quale , ripetiamolo per la centesima volta , dice allo Stato : devi assoggettarti al diritto di natura nei genitori di educare i figli secondo la propria coscienza , e con ciò non abdicherai per nulla alla tua autonomia , né più né meno di quello che fa la Chiesa , la quale si conforma al medesimo diritto di natura , senza abdicare alla sua autonomia di maestra della verità rivelata , giacché , a rigore , non è soggezione quell ' accordo mirabile che è tra la luce e la luce , cioè tra la luce della verità soprannaturale e quella delle verità naturali e conseguibili dalla sola ragione . Dichiarando il medesimo principio con un caso reale e pratico : vorrà il Gentile dare in balia dell ' insegnamento dello Stato un suo figlio , se caso mai egli si trovasse a godere gl ' ineffabili benefici della “ filosofia dello Stato ” secondo l ' ultima e modernissima evoluzione dello Stato russo , lo Stato bolsceviko ? In virtù di quali principii , potrebbe egli contendere alla barbarie di quella filosofia il suo figlio , suo proprio e non dello Stato ? Non certo in nome della “ filosofia dello Stato ” e della “ multanime coscienza ” del popolo ; ma soltanto in virtù dei suoi diritti di padre ! Proponiamo altresì alla coscienziosa meditazione del prof . Gentile il chiaro esempio d ' un gentiluomo cattolico , il quale non volle accomodarsi , in forza dei suoi diritti di padre , alla “ filosofia dello Stato ” , quale veniva intesa dal primo Napoleone . Si legge nelle memorie del cardinale Pacca , che , quando egli era confinato nella fortezza di Fenestrelle , per la tirannide della medesima “ filosofia ” , giunse in quella prigione , il 28 dicembre 1811 , il marchese Giovanni Naro Patrizi , reo soltanto di “ non aver voluto consegnare due suoi figli al governo francese , che pretendeva farli educare in uno dei collegi o licei di Francia , temendo per essi la perdita della loro innocenza e della loro religione ” ( parte II , cap . 4 ) . Per chi si dichiarerà il prof . Gentile : per la tirannica “ filosofia dello Stato ” francese , o per la filosofia veramente ragionevole e libera dei sacrosanti diritti di quel genitore ? ... È opportuno però prevenire una obbiezione : Se lo Stato non ha diritto d ' insegnare , come potrà provvedere soggetti idonei ai proprii uffici , alle magistrature , alla milizia ? In questa obbiezione , come nel sistema del monopolio , vi ha in fondo un equivoco grossolano . Vi si confonde insieme l ' insegnare ed il provvedere all ' insegnamento , che sono cose ben distinte e diverse . Lo Stato non ha diritto di insegnare , appunto perché non è depositario della verità , non è fonte di dottrina , neanche della “ filosofia ” che gli vuol dare in prestito il prof . Gentile o qualsiasi altro , secondo le sue particolari teorie , ma ha l ' obbligo di conformarsi alla verità , attingendola dalle due fonti necessarie : la naturale e razionale , patrimonio comune di tutta l ' umanità , la soprannaturale e rivelata di cui è depositaria la Chiesa ; ed ancorché si ostini a ricusare questa verità rivelata , dicendosi laico ed areligioso , non può sottrarsi al patrimonio comune delle prime ed universali verità razionali , in ispecie del diritto di natura , senza mettersi con ciò fuori della stessa umanità . Invece ha l ' obbligo , e conseguentemente il diritto , di provvedere all ' insegnamento , sempre però in conformità col diritto di natura , e quindi non mai contro la libertà di coscienza dei genitori . Pertanto , non solo può , ma anzi deve istituire scuole , oltre che per la milizia , per i proprii ufficii , ecc . , anche per l ' istruzione elementare , media , professionale , dove ce n ' è il bisogno e non basta l ' opera privata ; ma gli corre obbligo di non violare la giustizia a danno di chiunque non volesse frequentare le sue scuole e preferisse di istruirsi a proprio modo , come è stato detto sopra e non è necessario ripetere . Non è in questione , se lo Stato possa insegnare in questo senso relativo , cioè istituire scuole , ma se lo possa in senso assoluto , cioè obbligando i cittadini a mandarvi i loro figli , sia col metodo spiccio di Napoleone , o sia col metodo giulianesco odierno di esclusione dai vantaggi legali . Il diritto naturale nei padri di famiglia risponde risolutamente , con la voce stessa della natura : no ! Provveda dunque lo Stato quanto può e vuole all ' insegnamento , ma non ha e non può aver nulla da insegnare , e molto meno una “ filosofia ” da imporre nelle sue scuole ; “ filosofia ” che è una chimera e non può esistere come “ propria dello Stato ” , ma è invece , secondo i varii cervelli che gliela attribuiscono , nuvolaglia kantiana o hegeliana , confusione bolscevika , tirannide laicista , ecc . ecc . , tutto fuorché la filosofia perenne dell ' umanità , in una parola : la filosofia ( perché il prof . Gentile possa meglio vedere e toccare con mano , come interpretino la “ filosofia dello Stato ” , contro ogni diritto di natura , certi professori della scuola laica , da lui detta a torto “ di libertà ” , gli facciamo parte di una notizia di fonte certissima . Fu presentata al Ministero della P.I. una protesta contro il Direttore ed un professore di una R . Scuola tecnica di Roma , firmata da quattordici padri di famiglia , i quali si lamentavano , in termini troppo miti , di “ ingiusto trattamento ” fatto ai loro figli , “ perché provenienti da un collegio cattolico ” , negli esami della scorsa sessione estiva ; di “ frasi non gentili del Direttore ” , di “ frasi troppo volgari ” del professore di scienze , senza rispetto al “ pudore ” ed ai “ principii ” religiosi degli alunni , “ a proposito dei mammiferi ” , ecc . ecc . Quei padri di famiglia non ebbero nessuna risposta ( segno che pioveva sul bagnato ) e furono costretti a mandare i loro figli nella sessione autunnale , per essere esaminati dai medesimi professori , con quella equanimità esteriore , ma con quell ' esito , che ognuno può supporre . Simili casi sono frequenti , segnatamente nelle scuole tecniche e normali , ma non tutti possono venire alla luce , perché i giudici sono insieme parte in causa , e le vittime temono rappresaglie ... ) . Non ostante la luminosa evidenza della nostra tesi e dei nostri principii , non ci illudiamo che il prof . Gentile voglia abbandonare le sue teorie intorno alla supremazia dello Stato sull ' insegnamento contro il diritto e la coscienza dei genitori . Speravamo soltanto che egli addivenisse in alcune pratiche conclusioni delle sue medesime proposte . E questa nostra speranza potrà non andar fallita , tanto solo che egli voglia consultare , non la sua filosofia , ma il buon senso e la sua intima coscienza .
StampaPeriodica ,
Tra le ragioni che hanno permesso al governo di riportare la vittoria militare in Africa , ve ne sono almeno tre che debbono richiamare la nostra attenzione , giacché esse possono determinare , in gran parte , gli eventi immediati e più lontani della vita interna ed internazionale dell ' Italia . La prima di queste ragioni è lo sforzo , senza eguali nella storia delle imprese coloniali , che è stato compiuto per la conquista dell ' Abissinia ; sforzo economico - finanziario e militare di una portata tale , che il generale Baistrocchi lo ha paragonato a quello imposto al nostro paese dalla guerra europea del 1915-1918 . Noi comunisti , come del resto quasi tutti gli scrittori politici più autorevoli del mondo , avevamo visto nelle difficoltà economico - militari della guerra in Abissinia i limiti dell ' impresa . Lo stesso governo italiano , del resto , previde una guerra più facile ; e la prova di ciò è meno nei motivi agitatori dell ' estate scorsa sulla « passeggiata militare » quanto nelle vicende militari del novembre - febbraio , che videro le divisioni italiane sulla difensiva e obbligarono ai più grandi sforzi per portare il corpo di spedizione a quasi mezzo milione di uomini e dotarlo di una formidabile quantità di armi e di materiali . Il prestigio di Mussolini e la stessa esistenza del regime erano impegnati nella guerra : tutto , perciò , fu fatto , ed a qualunque costo , per assicurare la vittoria militare . Appartiene a questo periodo critico delle operazioni in Abissinia la decisione di condurre una guerra di distruzione , la guerra totalitaria , con i bombardamenti aerei e i gas mortali . La seconda fra le più importanti ragioni che han permesso la vittoria militare è nelle complicità che il governo di Mussolini ha trovato , non solo nei governi revisionisti che aspirano e si preparano alla guerra per una nuova spartizione del mondo , ma anche in alcuni governi ( Laval , per esempio ) del gruppo di Stati che non hanno interesse , in questo momento , a fare la guerra , come pure tra gli agenti e le forze di guerra che si trovano in tutti i paesi pacifici . Queste complicità hanno reso inefficace l ' applicazione delle misure decise dalla Società delle nazioni contro lo Stato aggressore ; non solo , ma assicurando l ' impunità al governo italiano hanno aggravato la situazione internazionale , hanno portato un serio colpo all ' opera della organizzazione della pace e della sicurezza collettiva tra le nazioni , hanno eccitato gli imperialismi più aggressivi , hanno avvicinato enormemente il pericolo di una guerra mondiale . Il colpo di Hitler nella zona renana è il frutto di queste complicità verso Mussolini , il quale ne ha a sua volta profittato per portare a compimento la sua impresa in Africa . Il proletariato internazionale non si è ancora unito , come lo chiedono reiteratamente i comunisti , per intervenire , con una larga azione e con misure esecutive , indipendenti dai governi borghesi , contro tutti gli aggressori , e per premere così sui governi borghesi e sulla Società delle nazioni perché la pace sia difesa , perché tutte le nazioni ( e in primo luogo le piccole nazioni bianche o di colore ) siano difese e gli aggressori siano impediti dal compiere i loro misfatti . La terza ragione del successo militare in Africa è la scarsa azione delle masse contro la guerra , cioè la scarsa azione del nostro partito per mobilitare le masse e portarle alla lotta . Questa constatazione deve essere messa in relazione - ma perché sia più fortemente sottolineata con la preparazione ideologica della guerra in generale condotta dal fascismo tra le nuove generazioni ; ed in particolare con le promesse di risollevamento materiale per le masse popolari italiane , legate alla conquista dell ' Abissinia . Alcuni motivi della propaganda di guerra del fascismo , sebbene non originali , hanno esercitato una notevole suggestione tra importanti strati popolari , specialmente giovanili , perché si presentavano sotto la veste di verità ineccepibili e facili a comprendere . La distinzione tra nazioni ricche e povere , borghesi e proletarie , serve alla giustificazione della guerra proletaria , delle nazioni povere contro le nazioni ricche , della guerra per la « giustizia sociale fra le nazioni » , che divida il mondo in modo più ragionevole di quanto non lo è ora , e dia alle nazioni povere una parte di quanto oggi posseggono le nazioni ricche . Questi motivi , che mascherano la vera causa delle miseria del popolo italiano e la vera causa della guerra , cioè il sistema capitalista , trovano una certa eco tra le masse che vivono nella miseria e senza domani , in particolare tra i giovani . Essi , poi , si intrecciano , specialmente tra la gioventù intellettuale , allo spirito d ' avventura e a tutte le deformazioni della coscienza della vita che sono uno dei segni più tragici della nostra epoca di decadenza della società capitalistica . Si pensi che ogni anno in Italia da 350 a 400 mila giovani si affacciano alla esistenza cosciente con un desiderio imperioso di vivere , e trovano sbarrate tutte le vie ! Noi sappiamo che non tutti i soldati e le camicie nere che hanno combattuto in Africa , e che hanno affrontato mille sacrifici e la morte , erano ostili all ' impresa . Molti tra di essi hanno creduto di combattere per il bene del popolo e del paese e contro l ' egoismo di certe grandi potenze imperialistiche . Questa illusione è stata pure un elemento della vittoria militare , ed ha riflesso un orientamento , più o meno netto , esistente nel paese ed ha ostacolato , in larga misura , e nella lenta maturazione degli elementi obbiettivi , una azione larga di popolo contro la guerra africana . Ma queste ragioni della vittoria militare diventano esse stesse , oggi , le cause dell ' aggravarsi della situazione nel paese , le cause di una acutizzazione di tutti i contrasti nel campo interno e nel campo dei rapporti internazionali . È impossibile , per ora , valutare lo sforzo fatto fino al momento in cui la capitale dell ' Abissinia cadde nelle mani dell ' esercito italiano . La spesa di 20 miliardi circa di Lire , che sembra sia costata la guerra sino a quel momento , non è la valutazione di tutto lo sforzo , che deve comprendere numerosi altri elementi , tra i quali c ' è pure da considerare quanto è stato perduto dall ' Italia nelle relazioni commerciali internazionali . E da oggi comincia il periodo delle spese per la consolidazione dell ' occupazione militare e per la valorizzazione della colonia . Si tratta di diecine e diecine di miliardi che dovranno essere , nel corso di parecchi anni , allontanati dagli investimenti produttivi nella metropoli , per un risultato ipotetico o comunque lontano . Più grande è stato lo sforzo per la conquista , il mantenimento e la valorizzazione della colonia , più grande è il peso che graverà sul popolo italiano , per molti e molti anni . Nel momento in cui scriviamo , nessuno può dire quali sono le Intenzioni del governo in Abissinia . Molto si scrive sulla stampa intorno alla futura colonizzazione , sebbene , da qualche tempo , con più grande prudenza di quanta non si adoperasse durante la preparazione e nel corso della guerra ; e se ne scrive tanto più in quanto il problema immediato non è la colonizzazione , ma la consolidazione politico - militare della conquista , e per nascondere le difficoltà di questa fase , che sarà lunga . Ma quello che si può dire , senza peccare di avventatezza , è che le conseguenze economiche dell ' impresa africana saranno dure , perché le spese della guerra d ' Africa e della consolidazione del possesso assorbiranno per molti anni le risorse del paese , e perché si vogliono far ricadere le spese della guerra sulle spalle del popolo , degli ex - combattenti d ' Africa e delle loro famiglie . Le difficoltà economiche , geografiche e militari della colonizzazione , da una parte ; e dall ' altra le conseguenze internazionali della occupazione abissina , fanno sì che la minaccia di una guerra mondiale pesi sulla testa del popolo italiano . Già Mussolini aveva detto , il 23 marzo , nel suo discorso del Campidoglio , che il piano regolatore dell ' economia italiana da lui annunciato è dominato dalla ineluttabilità della guerra , della più grande guerra , della guerra mondiale . Poiché nessuno Stato minaccia l ' Italia , è chiaro che Mussolini vede , nella concatenazione dei fatti provocati dalla guerra africana , una delle cause che possono affrettare la nuova conflagrazione . È vero che il 23 marzo le truppe italiane non erano ancora ad Addis Abeba . Ma la vittoria militare non ha attenuata la minaccia ; l ' ha , invece , aggravata . Le difficoltà economiche stesse della colonizzazione abissina spingono il governo di Mussolini a nuove aspirazioni coloniali , a realizzazioni espansioniste più rapide . Ed egli profitta dello scompiglio internazionale che ha contribuito ad aggravare per avanzare nuove pretese nel Mediterraneo , nell ' Europa centrale e nei Balcani . Il corpo di occupazione dell ' Abissinia non è smobilitato . In Italia un milione e duecentomila soldati sono alle armi . Le industrie che lavorano quasi a pieno rendimento sono quelle di guerra . Perché questa mobilitazione di forze ? Per difendere il nuovo possesso , si dice . Noi l ' avevamo previsto : la guerra d ' Africa a sarà l ' inizio di una nuova guerra mondiale , se il popolo italiano e tutti i popoli non interverranno per impedirla . È questa la terribile logica dello sviluppo delle aggressioni impunite . Una aggressione chiama l ' altra . Così , Mussolini minaccia il Sudan , per difendere il nuovo possesso ; si scontra con l ' Inghilterra nel Mediterraneo ; si allea ad Hitler e minaccia assieme a questi di accendere la guerra al centro dell ' Europa e all ' est , e nei Balcani ; complotta per riportare gli Asburgo sul trono austriaco , in omaggio alla memoria di Oberdan , di Battisti e dei seicentomila morti della guerra del 1915-1918 . L ' atmosfera della guerra imminente è diffusa in Italia ; e chi può farlo , già pensa a provvedersi di riserve alimentari . La guerra d ' Africa sta per provocare una guerra europea e mondiale . La delusione torna a conquistare molti di coloro che avevano creduto che lo sforzo africano ci porterebbe il pane e la pace . La disoccupazione aumenta , la miseria delle masse lavoratrici aumenta , il carovita aumenta , il pericolo della guerra aumenta , e i soldati d ' Africa non tornano , e il programma cento volte annunciato del pane assicurato , della « giustizia sociale » , della casa decorosa , è ancora una volta rinviato . C ' è l ' impero , ora ; ma la fame è più estesa . C ' è l ' impero ; ma senza la pace . La vittoria militare non risolve i problemi essenziali del nostro paese ; li rende più acuti . È stato detto alle masse popolari che noi siamo in troppi sulla nostra terra , e perciò non c ' è pane per tutti : bisogna andare a trovare altre terre , fuori e lontano d ' Italia . Ma non è vero che siamo in troppi , non è vero che l ' Italia non ha da dar da mangiare ai suoi figli . Lo sviluppo della capacità produttiva industriale raggiunto in Italia è tale che potrebbe provvedere al popolo italiano tutto ciò di cui ha bisogno . Invece si chiudono le fabbriche , si rallenta la produzione degli oggetti di consumo popolare , si gettano sul lastrico nuove migliaia di operai , si dedica l ' attività industriale alla produzione di guerra . Non è vero che in Italia non c ' è terra sufficiente per dar da mangiare al nostro popolo . La terra c ' è , ma è nelle mani dei signori , dei grandi proprietari fondiari . C ' è uno sviluppo industriale sufficiente a tutti i bisogni del paese , c ' è la terra , e la miseria è grande . Perché è così . La ragione sta in questo : che tutte le ricchezze del paese , create dal lavoro dei nostri lavoratori e dal genio italiano , sono nelle mani di un pugno di persone , di parassiti della nazione , dei Volpi , dei Donegani , dei Pirelli , dei Morpurgo e compagnia , e dei nobili grandi proprietari agrari e latifondisti , gli Spada , i Doria , i Torlonia , i Borghese , i Buffo , i Pavoncelli , e simili . Questa gente si preoccupa delle proprie rendite e dei propri profitti e non dei bisogni del popolo . E per assicurarsi e per aumentare le rendite e i profitti , questa gente spinge il paese alla guerra , perché nella guerra si arricchisce sempre più e perché la guerra le apre nuove possibilità di speculazione e le dà nuove terre e nuovi popoli da sfruttare . La soluzione del problema di allargare il mercato all ' industria italiana , e quindi di far fiorire l ' industria , è in Italia . È prima di tutto nella elevazione sociale ed economica delle masse lavoratrici rurali . Date la terra italiana ai contadini italiani , rompete i lacci che legano i contadini alla grande proprietà rurale , alleggerite le imposizioni fiscali inaudite che schiacciano i contadini , ed il mercato si animerà , e la disoccupazione scomparirà . La conquista dell ' Abissinia non può risolvere questi problemi . L ' Abissinia non può essere il mercato di cui ha bisogno la nostra industria , perché la condizione dello sfruttamento dell ' Abissinia è il basso costo di produzione in questo paese , inferiore a quello nazionale . Questa condizione costituisce un ostacolo insuperabile alla soluzione del problema del mercato che si dice di voler risolvere . D ' altra parte , lo sfruttamento degli abissini e dei contadini italiani che emigrassero in Abissinia non potrebbe avere come risultato di abbassare i costi di certe materie prime , se non fra una quarantina d ' anni , ammesso - per pura ipotesi che tutte le cose vadano lisce ; il che è escluso nel modo più certo . Il miraggio abissino è ingannevole , come tutti i miraggi . Esso è stato fatto balenare alle masse popolari , e ai giovani , dai ricchi , dai milionari , dai capitalisti , perché l ' impresa abissina è per questi un affare vantaggioso . La conquista abissina aumenta la miseria del popolo . Fin dall ' aprile dello scorso anno , nel Manifesto del Comitato centrale del partito comunista Salviamo il nostro paese dalla catastrofe ! noi dicemmo : « Non è vero che la eventuale conquista dell ' Abissinia risolverebbe il problema della disoccupazione e migliorerebbe le condizioni dei lavoratori italiani Anche se L ' Abissinia diventasse una colonia italiana , ciò non porterebbe nessun miglioramento ai lavoratori . Come avviene per le altre colonie , i profitti coloniali andrebbero alle banche , agli speculatori ed alle compagnie concessionarie , mentre le spese della colonizzazione costerebbero maggiori imposte per la popolazione lavoratrice » . Oggi noi confermiamo la facile previsione . La soluzione dei nostri problemi è in Italia e non in Africa o altrove . La soluzione dei nostri problemi esige , innanzi a tutto , che siano mantenute e non dilazionate le promesse che sono state fatte da quattordici anni al popolo italiano . Queste promesse consistono nel pane assicurato a tutti , nel lavoro quindi assicurato ai disoccupati , in un salario migliore , degno di un popolo civile , nella casa decorosa ai lavoratori , nella pace , in una politica che faccia largo ai giovani . Queste promesse non sono mantenute . I fatti dimostrano che esse non sono mantenute e che , anzi , si pretenderebbe che le masse popolari pagassero , ora , le spese della guerra e della colonizzazione . Noi pensiamo con un sincero spirito di fraternità a tutti quei nostri soldati e a quelle camicie nere che si sono battuti in Africa credendo di battersi per un ideale di giustizia . Questi combattenti , e le loro famiglie , e tutto il popolo italiano che soffre da quattordici anni , si domandano : « E adesso ? » . La guerra è finita in Africa . Perché si tengono laggiù cinquecentomila uomini , e se ne tiene più di un milione in Italia ? Perché non si smobilita ? Chi minaccia l ' Italia ? Chi si prepara ad invadere il nostro territorio ? Perché i disoccupati aumentano , nonostante che più di un milione e mezzo di uomini siano alle armi ? Perché non si dà il lavoro a tutti ? Perché non si aumentano i salari e gli stipendi ? Perché , in attesa della casa decorosa , non si diminuiscono gli sfratti dei lavoratori e degli impiegati , e non si vietano gli sfratti ? Perché non si diminuiscono le imposte ai contadini , a tutti i lavoratori , agli impiegati ? Perché non si apre subito un vasto campo di attività ai giovani lavoratori del braccio e del pensiero ? Gli è che i milionari e gli speculatori vogliono ancora la guerra , e non vogliono pagarne le spese ! I danari ci sono . Sia fatto un prelevamento proporzionale e progressivo su tutti i patrimoni superiori ad un milione ; siano confiscati tutti i soprapprofitti superiori al 6 per cento : allora i miliardi verranno fuori . Verranno fuori i soldi per continuare i lavori pubblici interrotti e per costruire scuole , ospedali , sanatori , campi sportivi per i nostri giovani , per alleggerire il peso delle imposte sulle masse popolari , per dare una indennità a tutti gli ex combattenti e per sussidiare , intanto , degnamente , le loro famiglie , verso le quali l ' obbligo del paese è pari a quello che il paese deve ai soldati d ' Africa . Sia fatta una politica di pace , quale la vuole il popolo italiano e quale è nel suo interesse . Se l ' Italia entra nel novero degli Stati che vogliono organizzare la pace , e lavora a costituire il più largo blocco di Stati pacifici , essa potrà alleggerire di molto il peso delle ingenti spese militari che dissanguano il paese , perché la difesa del territorio nazionale sarà affidata alla organizzazione della sicurezza collettiva . Altri miliardi potranno essere , così , destinati alle opere di pace , che elevino il benessere e la cultura del nostro popolo . I nostri giovani hanno mille volte ragione di far proprio l ' incitamento lanciato anni or sono dal fascismo largo ai giovani ! e di esigere la realizzazione di una politica che dia ai giovani la possibilità di mettere le loro energie a profitto dell ' elevamento materiale e culturale del paese . Lo spirito eroico della gioventù , dedicato alle grandi opere che aumentano il benessere del popolo , è tra le forze più preziose della nazione . È a questo spirito eroico della gioventù che noi dobbiamo fare appello , perché esso è capace di salvare il nostro paese dall ' umiliazione della miseria e di elevarne il prestigio ad una altezza mai raggiunta . Senza questo giovanile anelito verso le grandi opere della civiltà umana , senza la disciplina cosciente è impossibile salvare il nostro paese dall ' anarchia attuale , dalla disoccupazione permanente , dalla miseria , dalla decadenza dei costumi e della cultura . Largo ai giovani ! non può voler dire che questo : ogni giovane ha il diritto ad avere il suo posto nella vita e ad occuparlo degnamente . Questi obbiettivi non possono essere rinviati . Quale è l ' ostacolo al loro raggiungimento ? L ' ostacolo è costituito , innanzi tutto , dal prepotere di un gruppo di persone , di un pugno di famiglie che sono i veri padroni del paese , che hanno in mano tutte le leve dell ' economia del paese , e controllano tutto il paese , e fanno e disfanno della vita di 43 milioni di italiani . Questa gente , e coloro che li servono , hanno messo la museruola al popolo italiano , per poterlo meglio tosare . Hanno detto che i comunisti e tutti quanti combattono la loro dittatura sono i nemici della nazione , e vogliono che l ' attuale divisione del popolo , in fascisti e non fascisti , sia mantenuta ed approfondita , per meglio sfruttare il popolo ed opprimerlo . Essi hanno tutto l ' interesse a mantenere questo stato di cose , perché nella misura in cui il popolo italiano si riconcili con se stesso e scopra questa semplice verità che tra lavoratori fascisti e non fascisti non vi sono contrasti essenziali , ma v ' è una unità di intenti per fare forte , libero e felice il nostro paese , la loro potenza è compromessa , il loro dominio assolutistico è prossimo a crollare . Perciò essi temono che gli stessi fascisti dicano ciò che pensano . Questi padroni del paese , parassiti del lavoro nazionale , dicono che il sindacato è una bella cosa , ma che gli operai non devono esprimervi le loro opinioni , non devono eleggervi i loro dirigenti . Tutte le organizzazioni del regime sono , per questa gente , delle eccellenti iniziative , ma alla condizione che esse servano ai loro interessi , e che il popolo italiano subisca la loro dominazione . Sono questi magnati del capitale che non vogliono smilitarizzare le fabbriche ausiliarie , perché conviene loro la disciplina militare nelle aziende . Sono questi sfruttatori che minacciano quando un fascista esige il diritto di parlare nelle proprie organizzazioni o li critica timidamente nella stampa , e fanno sopprimere i giornali dei giovani . L ' oligarchia dei finanzieri , dei grandi industriali , dei grandi agrari è la causa delle nostre miserie , dell ' oppressione in cui viviamo , della politica di guerra . Questa oligarchia si oppone al mantenimento delle promesse fatte al popolo italiano , perché non vuole pagare . Ecco perché noi comunisti abbiamo detto e ripeteremo senza stancarci che la riconciliazione del popolo italiano , nella lotta contro questo pugno di parassiti , è la condizione per salvare il nostro paese da una catastrofe , e lavoreremo a tutti i costi per questa riconciliazione . Noi vogliamo che tutti gli operai e tutti i senza lavoro , che tutti i braccianti e tutti i contadini lavoratori , e i lavoratori manuali ed intellettuali di ogni categoria si diano la mano nelle fabbriche , nei sindacati , in tutte le associazioni , in tutti i quartieri cittadini , e lottino assieme perché le promesse fatte siano mantenute e perché i capitalisti paghino le conseguenze della crisi che travaglia duramente il paese . Noi vogliamo peri nostri giovani il diritto alla vita , all ' amore ed alla gioia operosa . Largo ai giovani , largo a tutti i giovani , ai giovani operai , ai giovani contadini , agli studenti . La promessa deve essere mantenuta . I ricchi paghino le spese necessarie a togliere la gioventù dall ' ozio e dalle angustie . Noi vogliamo che i combattenti d ' Africa siano smobilitati e trovino subito un lavoro civile e libero , che dia loro tranquillità e compensi le loro famiglie dei sacrifici sopportati . Che i capitalisti , i quali fecero affari d ' oro con la guerra , che i milionari paghino il debito della nazione verso gli ex combattenti . Noi vogliamo che i trovino subito un lavoro sicurezza dell ' avvenire e portati . Che i capitalisti , che i milionari paghino battenti . Noi vogliamo - assieme a tutto il popolo italiano che il nostro paese non sia più un elemento di turbolenza internazionale , e faccia una politica di pace , e prenda il suo posto a Ginevra fra gli Stati che vogliono organizzare la pace nel mondo ; stipuli un patto collettivo mediterraneo di sicurezza , si leghi con dei patti di assistenza mutua a tutti i suoi vicini ( con dei patti aperti a tutti gli Stati che vogliono parteciparvi ) ; cementi con la sua autorità la piccola Intesa e l ' Intesa balcanica ; difenda l ' indipendenza dell ' Austria , sulla base della restaurazione della libertà democratica in questo paese , sola garanzia per la sua indipendenza , e stringa con il governo della libera Austria un patto di assistenza mutua ; isoli l ' aggressore hitleriano che vuol fare la guerra e le cui aspirazioni espansionistiche minacciano l ' indipendenza territoriale del nostro paese ; riconosca la legge internazionale come la legge suprema di convivenza tra tutte le nazioni grandi e piccole . Il popolo italiano non vuole la guerra , vuole la pace . Noi tendiamo la mano ai fascisti , nostri fratelli di lavoro e di sofferenze , perché vogliamo combattere assieme ad essi la buona e santa battaglia del pane , del lavoro e della pace . Tutto quanto noi vogliamo , fascisti e non fascisti , possiamo ottenerlo unendoci e levando la nostra voce , che è la voce del popolo . Fascisti , ex combattenti d ' Africa , conquistate al popolo il diritto di parlare in tutte le organizzazioni . Fate che ogni organizzazione , ogni circolo , ogni sindacato diventi il cuore pulsante della nazione riconciliata , contro i suoi nemici che l ' affamano e l ' opprimono , contro il pugno di parassiti che domina il nostro bel paese . Noi comunisti vogliamo fare l ' Italia forte , libera e felice . La nostra aspirazione è pure la vostra , o fascisti , cattolici , uomini italiani di ogni opinione politica , d ' ogni fede religiosa . Uniamoci . Uniamoci in un solo cuore ed in una sola volontà . Uniamoci dovunque ed in ogni ora . Parliamo un linguaggio solo : quello degli interessi del popolo e del paese . Lottiamo uniti , per il nostro pane , per il nostro lavoro , per la nostra pace , perché l ' Italia sia strappata ai suoi nemici e restituita agli italiani , perché l ' Italia sia salvata dalla catastrofe .
IL PROBLEMA DELL'ADRIATICO ( MARANELLI CARLO , 1915 )
StampaPeriodica ,
Chi voglia esaminare , dal punto di vista italiano , il problema dell ' Adriatico , deve partire innanzitutto da una considerazione obiettiva dei fatti più generali che si svolgono al di là del mare . ... Al di là del mare oggi si combatte una lotta di vita o di morte . Da una parte , la crisi di un impero secolare , che ha mutata la sua missione nel mondo , ma non l ' ha ancora forse interamente esaurita , e che si dibatte per la propria esistenza . Dall ' altra la crisi di un popolo , che giunto al pieno sentimento della propria nazionalità , si divincola per raggiungere un assetto politico , che non gli arresti ma gli faciliti il completo dischiudersi alla vita . Fra il Quarnero ed Antivari , sulla sponda opposta orientale dell ' Adriatico , di fronte alla massa compatta di italiani della sponda occidentale , è un ' altra massa di genti , sulle quali la storia ha potuto imprimere differenze esteriori di religioni , di costumi , di alfabeti ; ma non ha potuto annientare , distruggere le stigmate della comune origine , della comune favella . Sotto la varia corteccia degli sloveni , dei serbi , dobbiamo riconoscere uno stesso popolo , il jugoslavo . Un secolo fa , quelle popolazioni , prive d ' ogni coscienza unitaria , vivevano divise fra il dominio turco e quello austriaco . L ' epopea napoleonica , questa grande suscitatrice di nazionalità , dette la prima spinta al movimento nazionale presso le popolazioni slave meridionali dell ' Austria , con la fondazione del Regno dell ’ Illiria , cui sopravvisse a lungo , ferocemente combattuto , l ' illirismo letterario e politico . Presso le popolazioni jugoslave soggette al turco , invece , il movimento iniziale , culmina soltanto con l ' autonomia conquistata dalla Serbia ( 1826 ) . Per tutto il secolo XIX , lentamente , ma tenacemente , costantemente , l ' ascensione nazionale jugoslava s ' è proseguita dai due punti d ' origine : da Nord e da Sud . Da Sud la piccola Serbia preme affinché il movimento nazionale jugoslavo sbocchi ad un assetto politico , che riunisca in uno stato indipendente le sparse membra della nazione . Da nord , l ' Austria preme affinché il movimento sbocchi ad un assetto politico , che conglobi nell ' impero anche i tronchi jugoslavi già soggetti alla Turchia , facilitando così all ' Impero anche la discesa verso l ’ Egeo . In Austria - Ungheria il movimento , sempre più vivace e rigoglioso , non poteva non differenziarsi in due correnti jugo - slave politicamente opposte . Da una parte la corrente lealista ed autonomista : essa culmina prima col sogno di mons . Strossmayer di una grande Slavia del sud sotto lo scettro degli Asburgo , che avrebbero dovuto abbracciare anche la Serbia ed il Montenegro , e poi si concreta nella più modesta dottrina trialista , che abbandoni ogni aspirazione d ' espansione oltre i confini assegnati all ' Impero dal trattato di Berlino . Da un ' altra parte la corrente irredentista che ha centro d ' attrazione la Serbia . A questa corrente irredentista che per verità , fino a poco tempo fa trovava scarsi seguaci e solo fra i serbi della Bosnia i tedeschi ed i magiari predominanti nel vecchio Impero non davano gran peso : era troppo poca cosa e da combattere sopratutto col cercare di tenere soggette economicamente e col mortificare di continuo politicamente la piccola Serbia , in modo che non potesse esercitare alcun fascino sui sudditi serbi degli Asburgo . Ma allo scoppiare della guerra balcanica del 1912 il fremito nazionale , che scuote e pervade a un tratto le popolazioni jugoslave dell ' Impero , rivela , più largo e diffuso , che non si sospettasse prima , il movimento irredentista . D ' altra parte la Serbia , uscendo vittoriosa ed ingrandita dalla lotta , batte in breccia tutta la politica austriaca dell ' ultimo trentennio : il suo fascino sui serbi d ' Austria si fa sempre più vivo . Il vecchio impero sente in tutta la sua gravità l ' incalzare del problema jugo - slavo . O spegnere d ' un colpo , bruscamente , fin dal suo primo divampare il fuoco acceso al piccolo regno entro i confini dell ' Impero ; o , come l ' incendio nella steppa , quel fuoco tutto avvolgerà , distruggerà . L ' uccisione dell ' arciduca F . Ferdinando è l ' indice più grave dei progressi compiuti dall ' irredentismo . E d ' altra parte , la forma stessa dell ' ultimatum , con cui l ' Austria chiese entro le 24 ore risposte tassative a domande inaccettabili da parte della Serbia , e la dichiarazione affrettata di guerra , seguita senz ' altro alla risposta che pure conteneva l ' accettazione delle inaccettabili richieste , danno la sicurezza che già da qualche tempo era ferma nel governo austriaco la volontà di schiacciare alla prima occasione il regno serbo e soffocare così la prima fonte dell ' irredentismo jugo - slavo . L ' Austria potrà perfino annientare il Regno di Re Pietro ; ma accoglierà allora nel suo seno un nuovo fortissimo nucleo di serbi indomiti , adusi all ' indipendenza , che fatalmente contribuiranno a rafforzare , ingigantire il sentimento nazionale di tutte le stirpi jugoslave . È questa una vera fatalità storica , che né abilità di statistica , né crudeltà poliziesche , né strapotenza di vittorie può arrestare . IL PROBLEMA NAZIONALE . ITALIANO . Ciò posto , in che cosa consiste il problema dell ' Adriatico dal punto di vista italiano ? Esso presenta tre aspetti : il nazionale , il militare e l ' economico , intimamente connessi l ' uno all ' altro , e tutti e tre di grandissimo valore . Abbiamo parlato finora come se sulla sponda orientale dell ' Adriatico non si svolgesse che una sola lotta nazionale : quella degli slavi . Ma accanto agli slavi , lungo quella sponda , più o meno compatti , vivono in lotta per la propria conservazione anche circa 450 mila italiani . La soluzione del problema nazionale adriatico non presenta il carattere relativamente semplice e facile che presenta quella del Trentino , dove la popolazione italiana costituisce una massa compatta e serrata , tenuta assieme dalla stessa conformazione del territorio . Sulla sponda nord - est dell ' Adriatico ci troviamo , invece , in presenza d ' uno di quei rendez - vous di genti , la cui lotta per lo spazio fra le diverse nazionalità si fa palmo a palmo , in cui la commistione delle genti che vi si trovano di fronte raggiunge il massimo grado , in cui non esiste in altri termini un netto confine etnografico , ma una larga zona di confine etnicamente eterogenea e contestata . In tali condizioni annettere politicamente tutta questa zona all ' una o all ' altra delle nazioni in lotta , non si può senza sacrificare più o meno largamente l ' una o l ' altra nazionalità . E , d ' altra parte , poiché non è possibile che il confine politico sia tracciato esclusivamente col criterio etnografico l ' unica via d ' uscita parrebbe quella di trovare un confine che annettesse ai due stati confinanti quegli spazi , in cui la rispettiva nazionalità ha incontrastato predominio . Ora a chi osserva come siano distribuiti gl ' Italiani oltre l ' attuale nostro confine orientale , appare subito evidente , come la loro compattezza vada gradatamente scemando , man mano che si procede da occidente verso oriente e da nord verso sud . Nel Friuli orientale , o Goriziano , su 250 mila abitanti , 93 mila sono italiani e 151 sloveni ; ma qui è ancora relativamente facile separare i due elementi , in quanto gli italiani occupano la pianura e gli sloveni il monte , e la lotta non esiste che al centro principale Gorizia e nel distretto di Cormons che comprende il territorio di Collio , misto di italiani e di sloveni . Segue Trieste col suo distretto , che forma il nucleo più forte e più compatto , il centro di irradiazione dell ' italianità d ' oltre confine ; in cui , per quanto sia accanita la lotta fra slavi ed italiani , questi rappresentano la grandissima maggioranza della popolazione : 141 mila sopra un totale di 188 mila abitanti . In Istria , intesa nella sua attuale costituzione amministrativa , 147 mila italiani si oppongono a 250 mila slavi ; ma in effetti nel versante orientale dell ' Istria che gravita verso il Quarnaro , la proporzione degli italiani diventa minima . Nei distretti di Castelnuovo e di Volosca con le annesse isole appena 13000 italiani stanno di contro ad 80 mila slavi . Ancora più in là , a sudest non troviamo più che scarsi e dispersi nuclei di italianità in mezzo all ' oceano slavo : i 24 mila italiani dell ' autonoma Fiume , in mezzo a 2.600.000 abitanti della Croazia - Slavonia ; i 18.000 secondo le statistiche ufficiali o mettiamo pure al massimo 50.00 italiani frazionati e dispersi nelle piccole cittadine costiere della Dalmazia , occupata dalla massa compatta di oltre 600.000 serbo - croati . È evidente che voler risolvere il problema nostro nazionale , annettendo all ’ Italia tutte o gran parte di queste genti , sarebbe contrario a quello stesso diritto di nazionalità , in nome del quale invochiamo la liberazione degli italiani irredenti . Non altrettanto si potrebbe dire se l ' annessione si limitasse a quella parte del territorio dove l ' italianità , pur frammista agli slavi , s ' è conservata relativamente compatta . Cioè : tutta la parte che resta al di qua del confine storico dell ' Istria ( Timavo , Agro triestino , Catena della Vena , Monte Maggiore , Punta Fianona , la Pax tecum dei romani ) . Con la prima soluzione , per salvare 450 mila italiani , dovremmo inghiottire entro i nostri confini oltre 1.000.000 di slavi al minimo ; con la seconda dovremmo rinunciare alle poche migliaia d ' italiani di Fiume e della Dalmazia , ma congloberemmo nel Regno soltanto 385 mila slavi al massimo . So bene che simile soluzione non può soddisfare la nuovissima scuola che vuole rispettato il principio della nazionalità , ma soltanto per la propria ; che vuole l ' espansione economi : a e politica , ma soltanto per sé . Per simili aberrazioni , che possono suscitare il fascino d ' un momento , il fascino della forza e del successo brutale , ma che preparano a non lunga scadenza difficoltà , e delusioni e dolori , non sarebbe possibile muovere alla guerra la grande maggioranza del popolo nostro , come non furono spinti da esse a lottare ed a soffrire gli uomini del nostro Risorgimento . E gli stessi propagandisti della conquista dalmata lo sentono così bene , che sono obbligati a deformare i fatti per dare alle loro idee un ' apparenza di diritto nazionale . IL PROBLEMA MILITARE . Veniamo ora all ' aspetto militare del problema . Il confine orientale dell ' Italia , con la zona aperta friulana al di qua dell ' Isonzo , è come un portone di casa completamente spalancato : esso è , insieme alla sua mancata annessione del Trentino , lo scotto di Custoza e di Lissa . Il confine orientale rappresenta il punto debole del nostro paese : questo si deve essenzialmente al fatto che l ' Austria possiede , oltre al Trentino , anche la costa occidentale dell ' Istria . Il Trentino , questo cuneo austriaco nel nostro territorio , questo saliente , come dicono i militari , rende ardua e difficile la difesa del confine orientale , soprattutto perché per gli eserciti da noi ammassati alla difesa del Friuli rappresenta la gravissima minaccia di esser presi alle spalle . Ora a questo saliente terrestre fa pendant in mare l ' altro saliente austriaco dell ' Istria con Pola , che impedisce , o quanto meno ostacola gravemente la difesa da mare del confine orientale . Se immaginiamo , invece , tolti all ' Austria quei due salienti minacciosi , la difesa del nostro paese non potrebbe davvero dirsi più in serio pericolo . Insomma le stesse necessità militari che , oltre al resto , giustificano le aspirazioni all ' annessione del Trentino , giustificano anche l ' altra aspirazione di togliere di mano all ' Austria il pericoloso saliente di Pola . Per la qual cosa sarebbe necessario e sufficiente che il confine nostro si spingesse press ' a poco al confine storico dell ' Istria . IL PROBLEMA ECONOMICO . Dal punto di vista economico , il problema italiano dell ' Adriatico si può sintetizzare in poche parole . È nostro vitale interesse che l ' Adriatico intensifichi quanto più è possibile i suoi traffici . L ' Italia soffre di una paralisi nel suo fianco orientale . Ad occidente i suoi maggiori centri , ad occidente i suoi maggiori porti , i suoi maggiori traffici ; ad oriente la vita pulsa più fiacca , più stentata . È un male antico , un male che ha profonde radici nei secoli . Con l ' apertura del canale di Suez , una nuova corrente è tornata a circolare vivificando questo esangue organismo , e le nostre regioni adriatiche han cominciato a risorgere , come ne fan fede i progressi marinari di Venezia , Ancona , Bari , Brindisi , il rinnovamento agricolo delle provincie adriatiche , l ' iniziata industrializzazione del Veneto e del Barese . Siamo però appena all ' inizio di questo rinnovamento . E la speranza che esso continui e si intensifichi dobbiamo riporla specialmente nel continuo incremento dei traffici dell ' Adriatico . ... Ora è nostro interesse economico promuovere quelle soluzioni politiche del problema adriatico , che meglio possano contribuire ad allargare la sfera di influenza di questo mare . Ciò posto , l ' affacciarsi della Serbia direttamente su questo mare , non può essere salutato da noi che con gioia , anche dal punto di vista commerciale . Una grande Serbia , che abbracciasse l ' antico regno e gli acquisti delle ultime guerre balcaniche , e la Bosnia Erzegovina e la Dalmazia , coopererebbero grandemente ad allargare 1' interland adriatico . Ostacolata verso sud , per la via dell ' Egeo , dal possesso greco di Salonicco , ostacolata verso oriente , per la via del Danubio , dalla Ungheria ; la Serbia sarebbe costretta dal proprio interesse a gravitare sull ' Adriatico . Oggi invece la Bosnia è attratta dall ' Ungheria verso il Danubio ; e tutta l ' attuale Serbia è costretta a gravitare interamente sull ' Egeo e sul Danubio , perché l ' Austria le chiude quel varco all ' Adriatico , che le fu sempre aperto fino a cinquant ' anni or sono attraverso Ragusa . Viceversa , qualunque soluzione , che togliesse all ' impero austro - ungarico dato che questo non sia distrutto ogni sbocco sull ' Adriatico , cioè proprio la soluzione che alcuni vagheggiano di una occupazione italiana estesa anche alla Dalmazia , dal punto di vista dei traffici dell ' Adriatico , non potrebbe essere che dannosa . È evidente che una barriera politica fra le coste italiane e l ' impero austro - ungarico , costituirebbe un notevole ostacolo a che i paesi interni preferissero l ' Adriatico alle altre vie commerciali . L ' AUTONOMIA TRIESTINO - ISTRIANA . A questa ultima soluzione del problema ( conquista italiana del1' Istria storica e costituzione di tutta la Jugoslavia in una grande Serbia indipendente ) noi dovremmo dunque aspirare con tutte le nostre forze .
LARGO AI GIOVANI! ( - , 1936 )
StampaPeriodica ,
Accade spesso che i rappresentanti della generazione dei militanti adulti e degli anziani non sanno avvicinare come conviene la gioventù che , per forza di cose , è obbligata ad accostarsi al socialismo in modo diverso , per un ' altra strada , in un ' altra forma , in circostanze diverse ... ( Lenin ) Il monito che Lenin dava a suo tempo ai militanti adulti ed agli anziani perché acquistassero la capacità di saldarsi con le nuove generazioni ha per noi un grandissimo significato politico e pratico attuale . Sentiamo spesso ripetere da militanti adulti del nostro partito e da elementi anziani della classe operaia che la gioventù cresciuta ed educata nell ' ambiente fascista sarebbe estranea alla comprensione della necessità della lotta per uscire dall ' attuale situazione in cui versano la classe operaia e tutto il popolo italiano . La scissione ideologica che il fascismo si sforza di operare tra le vecchie e le nuove generazioni sarebbe , dunque , inevitabile e definitiva . Se ciò fosse vero , ci sarebbe da disperare dell ' avvenire del nostro paese ! La verità è ben altra . Non siamo ancora riusciti ad avvicinare largamente e « come conviene » la gioventù d ' oggi ; abbiamo molto spesso subito passivamente la scissione che il fascismo crea , mantiene e cerca di approfondire tra le vecchie e le nuove generazioni , invece di reagire ad essa nelle forme « convenienti » ; non abbiamo ancora studiato a fondo quali sono i modi particolari , le vie , le forme che la nuova gioventù educata dal fascismo adotta e segue per cercare di mettere in evidenza i propri problemi . Insomma , non siamo ancora a contatto intimo con la gioventù d ' oggi , e questa non è una delle ragioni secondarie della relativa arretratezza del nostro lavoro politico , in generale . Dobbiamo dire a tutti i compagni , e a tutti gli anziani della classe operaia , che uno dei problemi fondamentali che sta dinanzi al nostro paese ( e dalla cui soluzione dipenderà , per buona parte , la vittoria del popolo italiano contro il pugno di grandi capitalisti e proprietari fondiari che lo affamano e l ' opprimono ) è quello di lavorare e saldare , nella lotta , le vecchie e le nuove generazioni . Per assolvere questo grande compito gli adulti debbono avvicinare la gioventù quale essa è , con i suoi sentimenti , con la sua mentalità , saperla comprendere , e marciare assieme ad essa , guidandola , ma senza presumere di imporle la direzione , e rispettando quanto di nuovo e di originale la gioventù porta con sé . Giacché la gioventù porta sempre con sé una propria esperienza , e la esperienza dei giovani , per quanto modesta , contiene sempre una critica ( un giudizio ) del passato , di cui gli anziani debbono tener conto . È un luogo comune , per parecchi nostri militanti adulti e per molti anziani della classe operaia ( e non solo della classe operaia ) , che la gioventù italiana d ' oggi non abbia delle aspirazioni , non pensi a cose serie , si occupi solo di sport e di futilità . Quale ingiusta caratteristica della gioventù italiana è mai questa ! Eppure in questi anni duri è proprio da questa gioventù che sono venuti nelle nostre file , nelle file dell ' avanguardia del proletariato , nelle file della Gioventù comunista , dei magnifici combattenti , i quali hanno arricchito il nostro partito di una grande esperienza , contribuendo a fargli rettificare alcuni aspetti della sua politica e ad introdurre nel suo lavoro delle forme più appropriate alla situazione , ciò che ha permesso al partito di estendere e di consolidare le sue relazioni con le masse . Se la gioventù italiana educata dal fascismo ( intendete bene ! ) cerca e trova il partito comunista , ciò significa che nella gioventù fermentano idee e propositi di redenzione , e volontà di lotta . Ma non è solo il reclutamento nelle nostre file e nelle file della Gioventù comunista che ci interessa . Il reclutamento , nella nostra situazione , sarà sempre limitato a gruppi ristretti di giovani . Il problema non è solo di reclutare delle migliaia di giovani nelle nostre file , ma è anche , e soprattutto , quello di mettere in movimento i milioni di giovani italiani che vogliono vivere . Questi milioni di giovani pensano . Il fascismo non ha saputo offrire alla gioventù alla « crisi della gioventù » , la quale è una delle caratteristiche più drammatiche della società capitalista in agonia altra soluzione che quella della guerra ; e perciò ha diffusa ed alimentata nei giovani una ideologia sciovinista mescolata con forti motivi demagogici . Sappiamo bene tutto ciò . L ' « Italia proletaria » dovrebbe conquistarsi il suo posto al sole e il benessere contro le nazioni « capitalistiche » , egoiste , ecc . Con questa propaganda il fascismo si sforza di nascondere quella che è la vera causa della miseria del popolo e delle angustie dei nostri giovani : la manomissione di tutta la ricchezza del paese da parte di un pugno di capitalisti , che sono gli effettivi padroni dell ' Italia . Ma i nostri giovani pensano ; e , sia pure tra incertezze ed oscillazioni , degli strati sempre più importanti di giovani incominciano a vedere che l ' ostacolo alla loro sistemazione nella vita ed al loro avvenire si trova nell ' Italia stessa , e non nell ' Inghilterra o nella Francia dove milioni di altri giovani combattono anch ' essi la loro battaglia per il diritto alla vita . L ' anticapitalismo della gioventù operaia e di una larga parte della gioventù intellettuale è un segno di questa « coscienza dell ' ostacolo » . L ' anticapitalismo dei giovani non è una finzione . Esso si rafforza nella lotta di classe , di fronte all ' ingordigia ed all ' egoismo dei grandi industriali , dei grandi magnati del capitale ; e quando udiamo dalla bocca di certi giovani dire che « Mussolini farà come in Russia » noi consideriamo , certo , l ' illusione che questa credenza esprime , ma non possiamo fare a meno di vedere in essa maturare la coscienza , ancora non bene precisa negli obbiettivi , del l ' ostacolo capitalista e la volontà ancor vaga , ma certa , di abbatterlo . Nella gioventù studiosa le correnti che si avvicinano alle nostre posizioni teoriche sono abbastanza importanti ; e , così come esistono in Italia gruppi di giovani corporativisti - collettivisti , ne esistono pure di comunisti - idealisti , la cui funzione potrà essere grande nello sviluppo degli avvenimenti per avvicinare al proletariato strati di nuovi intellettuali . I milioni di giovani pensano , anche se cercano qualche distrazione . Ci scandalizziamo perché i giovani vogliono divertirsi ? Forse c ' è tra di noi qualche vecchio decrepito il quale ha dimenticato che gioventù è gioia ? Non vi pare che dobbiamo , piuttosto , gettare l ' allarme perché la nostra gioventù sta perdendo l ' abitudine al sorriso ? Il fascismo ha sfruttato gli ideali più nobili che albergano nel cuore dei giovani , e li ha deformati . Lo spirito eroico della gioventù , l ' ambizione dei giovani alle grandi opere della vita , e la loro aspirazione a migliorare le sorti del proprio paese han servito agli educatori fascisti per dare alla gioventù una orientazione guerriera , nella quale gli elevati pensieri del benessere del popolo e del paese sono stati sfruttati per gli obbiettivi sordidi della difesa degli interessi dei capitalisti . Ma se noi accusassimo di ciò i giovani , e li trattassimo con dispetto perché essi si sono lasciati influenzare dall ' azione indefessa del fascismo , commetteremmo l ' errore di non comprendere l ' elemento positivo , dinamico , e il sano amore per il proprio paese che ha spinto molti giovani al fascismo o li ha convinti di alcuni motivi più popolari della campagna fascista , e saremmo , via ! , troppo indulgenti verso noi stessi , che non abbiamo fatto tutto il nostro dovere per aiutare i giovani a trovare la giusta via . I milioni di giovani italiani cercano la via , e cercano una guida . Ma , lo ripetiamo , cercano una guida che tenga conto dei loro sentimenti , della loro mentalità , delle loro aspirazioni . Se , come è nostro dovere , avviciniamo í giovani , se gli anziani , come è loro dovere , prendono la cura di parlare ai giovani , e col linguaggio dei giovani , se i militanti adulti e gli anziani della classe operaia dimostrano ai giovani che gli obbiettivi delle vecchie e delle nuove generazioni si completano a vicenda , che le vecchie , come le nuove generazioni , mirano a fare del popolo italiano il padrone dei propri destini , liberandolo dal parassitismo di un pugno di persone che oggi fa e disfà della vita di 43 milioni di italiani , se noi più anziani coltiviamo lo spirito generoso ed eroico della nostra gioventù , valorizziamo come merita la sua devozione agli interessi della nazione italiana , diamo un contenuto reale al suo sentimento di disciplina ( c ' è tanto bisogno di disciplina per uscire dall ' anarchia della società capitalistica , anche se essa è come si dice « corporativa » ) , avremo stabilito il primo contatto tra le vecchie e le nuove generazioni . E quindi ci sarà possibile guidare i giovani alla lotta per le loro conquiste immediate e per quelle più lontane . I giovani hanno creduto alla parola fascista che dice : Largo ai giovani ! I fatti hanno smentito e smentiscono la sincerità di chi ha lanciata questa grande parola . I giovani sono respinti indietro , trovano sbarrate tutte le porte . Dei giovani si parla sempre assieme alla guerra . Gioventù e guerra vanno a braccetto . Sì , ma alla morte . Dei giovani e della vita , si dice poco , salvo in qualche canzone . Ora , è proprio il problema della vita , in tutti i suoi aspetti , che il nostro largo ai giovani deve mettere innanzi . Noi comunisti , che costituiamo il vero partito della gioventù , perché lottiamo per dare alla gioventù il diritto di vivere , di lavorare , di amare , di istruirsi , di coltivare tutti i tesori in essa nascosti e di assicurarne il rigoglio , noi dobbiamo appoggiare coraggiosamente e contribuire , con intelligenza , a sviluppare i movimenti che si verificano nella gioventù italiana , e far sì che essi si affermino nella vita nazionale . Largo ai giovani vuol dire il diritto dei giovani ad avere un posto assicurato nella vita e nel proprio paese . Largo ai giovani vuol dire il diritto dei giovani a formarsi una famiglia , nella serena certezza di poterle assicurare i mezzi di esistenza . Largo ai giovani vuol dire una politica di pace . La politica di guerra è la negazione di ogni politica giovanile . Lo spirito di lotta della gioventù deve essere indirizzato verso i grandi ideali della liberazione del paese dai suoi nemici interni i capitalisti parassiti del lavoro nazionale verso la creazione di un ordine nuovo che assicuri a tutti il diritto di vivere e la possibilità di svilupparsi e di elevarsi . Largo ai giovani vuol dire il diritto riconosciuto ai giovani di partecipare alla vita politica , sindacale , culturale del paese nelle organizzazioni e nella stampa . Largo ai giovani vuol dire che le promesse fatte ai giovani , prima e durante la guerra d ' Africa , debbono essere mantenute , specialmente per quanto riguarda gli ex combattenti . Se i nostri militanti adulti , e gli operai anziani , e tutti gli anziani pensosi della sorte del paese , si daranno con passione alla mobilitazione di milioni di giovani , di tutti i giovani , maschi e femmine , dei giovani fascisti , cattolici , d ' ogni opinione politica o politicamente indifferenti , nelle fabbriche e nelle case operaie , nei circoli , nei fasci giovanili , nelle associazioni cattoliche , nelle campagne , nelle scuole , negli uffici , la parola Largo ai giovani , che è servita sino ad oggi come un motivo retorico , diventerà una direttiva di azione capace di unificare le vecchie e le nuove generazioni per tutte le rivendicazioni immediate della gioventù e per liberare l ' Italia dagli ostacoli che impediscono alla gioventù di marciare sorridente e felice verso l ' avvenire che è suo .
StampaPeriodica ,
Innanzi che la salma di Emilio Zola fosse resa alla terra , un ministro della Repubblica Francese , insieme col saluto della Francia , le portò quello dell ' Italia , patria paterna del sommo scrittore . Questo riconoscimento di parentela fra i due popoli , rispetto ad un uomo che aggiunse tanta gloria alla terra nativa , liberalmente confessato nell ' ora dell ' ultimo distacco , quando l ' orgoglio e la tenerezza domestica sogliono farsi più gelosi ed esclusivi , fu un atto di grande ed ospitale gentilezza che mosse a gratitudine l ' animo degli italiani . E ' bello che un ministro d ' Italia abbia in quell ' ora rivendicato al nostro paese una singolare ragione di fraternità colla Francia . Ci è caro che un tanto uomo portasse un nome italiano e fosse nato di sangue nostro ; ma per la purezza dell ' omaggio che oggi rendiamo alla sua memoria , è nostro debito affermare che nell ' affetto che portammo al poeta , nel dolore dell ' acerba sua morte nella meraviglia ammirativa che desta in noi la sua opera innanzi tempo compiuta , non intervenne e non interviene nessun sentimento di orgoglio e di tenerezza patria . Nato in Francia di padre francese , nato in quale altro paese della terra , di parenti che ignorassero pure il nome d ' Italia , Emilio Zola ci avrebbe oggi ad un modo ferventi ammiratori del suo genio ed affettuosi cultori della sua memoria . La sola patria di uno scrittore è quella che gli fornisce l ' argomento e lo strumento dell ' opera . Anche a non considerarne la nascita , ed il sangue materno e le lunghe materne cure nella misera infanzia e nell ' adolescenza randagia , la sostanza di vita che egli raccolse ed animò ne ’ suoi romanzi , la maravigliosa padronanza della lingua che colà conobbe , e che già duttile e sottile ancora egli seppe piegare e costringere ad una non mai prima raggiunta minutezza di significati ed arricchire di termini tecnici , pure serbandole sapore e vigore letterario , lo stile magniloquente per impeto interiore di persuasione e di passione , ma chiaro e spedito per prontezza e frequenza di comunicazioni , la coltura non guari allargata oltre i confini della patria , il semplice e pratico concetto della vita e dei destini umani , la fantasia fervida e concreta . l ' acume ed il metodo dell ' osservazione , raccolgono nell ' immensa mole dei suoi scritti , in una somma quale raro s ' incentra , i caratteri essenziali del genio francese . Mancò di gaiezza . ma il suo tempo non ne espresse che agli indifferenti , e ne difettarono e ne difettano quasi tutti gli scrittori degni di questo nome che vennero dopo di lui . Anche gli fu rimproverato che mancasse di grazia , ma lo stesso appunto mosse al Vittor Hugo Enrico Heine che se ne intendeva , e concorde al Balzac , tutta la critica sua contemporanea . E sarebbe a vedere se proprio ne mancasse o lo sdegnasse quale mezzo non atto ai suoi fini . Potrei citare ne ' suoi romanzi mille esempi di quella sfiorante precisione nella quale appunto consiste la grazia . Ma a voler lumeggiare in breve discorso la figura di uno scrittore , non conviene insistere sulle qualità formali se non in difetto di maggiori . A chi reca in mente un vasto e chiaro mondo , è poco merito saperlo esprimere nella forma che più gli si conviene , perché le cose ben possedute , nell ' intelletto vi serbano vivezza e calore e comandano e colorano la parola . Due soli fra i romanzieri del nostro tempo , parlarono così alto al mondo da parere la loro voce fragore di moltitudine : Emilio Zola e Leone Tolstoi . Altri furono più di essi cari ai raffinati pregiatori della perfezione artistica , altri regnarono con più esclusivo impero in devoti cenacoli ed ebbero meno numerosi e meno acerbi denigratori Ma nessun altro possedette altrettanta virtù di agitar per così larga cerchia di terre remote e diverse la coscienza delle genti , a quale classe , a quale culto , a quale errore , a quale fede appartenessero , quale miseria o la volontaria cecità gaudente , o l ' inopia o la servitù li affliggesse . Di agitarla , intendo così per consenso , come per dissenso , due moti opposti dell ' animo che procedono dallo stesso impulso e ne attestano del pari l ' energia Disparati negli aspetti dell ' arte , avversi uno all ’ altro nell ' idea finale del bene , essi s ' incontrano in una concezione ottimista , benché diversa della città futura ed in una visione pessimista dell ’ odierna società . E il loro vasto dominio sugli animi , non procede già dagli aspetti del bene sognato , ma dalla spietata confessione del male presente . Perché il loro non è già il pessimismo filosofico disperato delle sorti umane , che si adagia percosso e rassegnato nell ’ impotenza contro un cieco destino . Ma un pessimismo sperante ed operante , fatto di sdegno pietoso e di gagliardo amore . Le brutture umane non si riflettono già nell ’ animo loro come in uno specchio , ma sì come in una lama brandita per estirparne la semenza . Solo chi arde comunica ardore . L ' umanità non segue che gli eroi . A chiamare eroe lo Zola , non vorrei che la vostra mente fosse ora ricondotta a quel supremo atto d ' eroismo che tenne il mondo sospeso al suo grido di giustizia e di pietà . Mi prosterno alla magnanima grandezza di quell ' atto , ma la virtù eroica dello Zola già appariva intera . nella sua opera , innanzi che egli lo compiesse . Quell ' atto appartiene allo spirito animatore dei suoi romanzi come lo zampillo alla fonte , né , il mondo si sarebbe volto a quel grido se egli non lo avesse gettato dall ' altezza dell ' opera letteraria . Io non so tacere di aver provato ì giorni andati sia senso di amarezza e quasi di scoramento per l ' inanità del pensiero , nel notare come troppi articoli necrologici , pure ispirati a riverente ammirazione per lo scrittore , si sbrigassero di questo quasi di passata ed esaltassero sovratutto la prodezza della magnifica azione . Non posso a meno di pensare che quarant ' anni di lavoro indefesso e tanto splendore di bellezza e sapore di forte pietà e la creazione e l ' animazione di oltre mille e duecento personaggi di stinti ognuno per evidenza e precisione di caratteri ed operanti ognuno nel suo mezzo ed esprimenti gli innumerevoli aspetti della vita di un popolo , ; per poco non parvero eclissati davanti la virtù d ’ un momento già rimunerata col maggior premio cui possa aspirare l ' eroismo umano : la persecuzione per la verità ed il trionfo della verità . So bene che è più facile disconoscere dei fatti che delle idee , e che l ’ azione può sull ' animo nostro assai più che la parola . Ma l ’ opera letteraria dello Zola contenne tutte le energie ed indusse tutti i pericoli dell ' azione . Nessuno dei suoi libri passò sereno , vestito di sola bellezza . Tutti levarono clamori di trombe o mandarono rombo di mine sotterranee . E nessun ' altro scrittore ebbe così congiurati al silenzio dapprima , e di poi così furibondi avversari i dispensatori di fama dall ' alto delle grandi riviste o dei giornali in maggior credito . Egli bene prevedeva quelle ire , e quasi si godeva di incitarle , come previde e pregustò i danni e gli oltraggi che gli avrebbe fruttato la denunzia dell ' ultima iniquità . Io cercherò Zola nella sua opera letteraria . Facciamo di richiamarcela intera alla mente . Quale edificio ! Che mole immensa ! Quando la costruzione se ne andava svolgendo e compiendo noi non ne vedevamo via via che le parti ultime venute . E ognuna di queste ci dava sensazione e emozioni , ci suggeriva pensieri e giudizi che la riflettevano sola . E ne andavamo esaminando , la singola struttura , il modo della lavorazione , ne pregiavamo le delicate finitezze di fattura , i vigorosi rilievi , e l ' armonia delle parti che s ' integravano nella parte . Ma non tutte s ' integravano , e certe sovrane linee ascendenti troncate a mezzo , certe membrature dispaiate , certi archi non sorretti o non chiusi , ci mettevano a disagio e quasi in sospetto di mancamenti o di pentimenti tardivi . E quando l ' opera fu compiuta , essa ci stava a ridosso , sì che non potevamo d ' uno sguardo abbracciarne la mole , e le si alzava intorno come polverìo per lo sgombero dei materiali il gran litigio offuscatore dei pareri sapienti e delle cupidigie rivali . E ancora l ' artefice infaticabile , impaziente di riposo , tentava altre imprese e ci chiamava a riguardarle , distraendoci dall ' opera maestra , Ma l ' artefice è morto e la morte allontana di colpo le cose , le colloca nel giusto prospetto e dissipa quelle nebbie . O se ancora qualche fumo stagna con insidia alle basi o qualche strappo di nuvoletta velenosa s ' avvolge intorno ai sommi pinnacoli , essi nulla appannano la veduta , e quasi le crescono maestà e vaghezza , così che il colosso ci appare armonico ed intero , serrato come una rupe , cupo nelle ombre meditate , robusto negli aggetti , corrusco e fiammante al sole . Chi più ricorda le diatribe intorno al naturalismo ed al romanzo sperimentale ? Che più ne resta ? Come si ragiona male dell ' arte nostra e di quella prossima a noi ! Quanto durano le dottrine artistiche bandita ognuna quale apportatrice dell ' ultima verità ? Delle opere nate sotto il loro dominio , la parte che più le rispecchia è la più caduca . Il naturalismo è morto . « Non giungerà al secolo XX » , prediceva il Goncourt . « Morrà con noi » , confessava lo Zola . E con ciò essi non rinnegavano già il principio animatore dell ’ arte loro ma riconoscevano che l ' arte è così grande cosa che non può capire nello stretto ambito di una teoria ; perché quanto l ' artista porta con sé dalla nascita è elemento incoercibile . e al movimento generale degli spiriti nel proprio tempo , non si sottrae volente o nolente nessuno , a quale scuola artistica egli appartenga . Già lo Zola si rideva di quelli che volevano fare del naturalismo una dottrina estetica e non si saziava di ripetere che esso era un metodo e nulla più . Ma quelle benedette parole in - ismo contengono una indeterminatezza che le predestina , ad ogni più cervellotica stiracchiatura - E neanche per metodo , esso non era cosa nuova . « Non ho inventato nulla , scriveva lo Zola , nemmeno la voce naturalismo , già usata dal Montaigne , nel senso stesso che le diamo noi . Essa , già corre in Russia da trent ' anni e la si trova in Francia negli scritti di venti critici almeno ed in particolare in quelli del Taine . E come non ho inventato la parola , così non ho inventato la cosa . : non sono un capo - scuola : ho trentasei mila padri prima del Diderot , e dal Diderot in poi riconosco molti illustri maestri . Lo Stendhal , il Balzac , il Flaubert , i due Goncourt . Non c ' è scuola , non ci sono scolari . Pigliatevela coi miei romanzi se vi spiacciono . Essi sono ripugnanti , odiosi , abbominevoli : il naturalismo , non ci ha nulla a vedere . Io romanziere non credo che nell ' ingegno . Siate uomini di genio , studiatevi di dire la verità del vostro secolo e l ' immortalità vi aspetta » . Mille volte lo Zola ritorna sull ' argomento e sempre ribadisce le stesse idee e per poco non colle stesse parole . Al suo spirito battagliero , educato a veder chiaro dentro di sé , nulla più coceva delle confusioni che gli facevano intorno gli insaccatori di nebbia . Ma nelle cose umana il torto non è mai da una parte sola e bisogna pur confessare che il primo tenue . filo di nebbia - e si sa che , le nebbie gonfiano e s ' allargano - l ' aveva proprio portato lui e proprio trovato di suo , coll ' uso illegittimo delle parole : Esperimento scientifico , e coll ' abuso di assimilare l ' arte alla scienza . Uso ed abuso che si riscontrano nella sua opera critica e assai meno nella creativa . Il Flaubert ha risolto la questione del romanzo sperimentale in due parole « Quale sia l ' ingegno speso in una data favola tolta ad esempio , sempre un ’ altra favola potrà fornire un esempio contrario , perché gli scioglimenti non sono conclusioni » . E ' verissimo . Il temperamento che lo Zola fa , con tanta ragione , intervenire nella genesi dell ' opera d ' arte è un coefficiente disturbatore dell ' esperimento scientifico . Le bilancie , le storte ed i provini non hanno temperamento . Quando lo Zola dice che un processo penale è un romanzo esperimentale svolto nel cospetto del pubblico , esprime con una imagine felice , benché solo approssimativa , un ' idea giustissima . Se non che il processo penale è un romanzo , senza romanziere . I fatti vi si compiono da sé , ogni elemento costitutivo vi fa la sua parte e non altra , e chi conchiude , né ideò il delitto , né formulò l ' imputazione , né condusse le prove , né fece testimonianza , né arringò per accusa o per difesa . Ma è inutile sfondare una porta aperta . Piuttosto gioverà cercare come la mente lucida e minuziosa dello Zola sia caduta in questa confusione di termini . Io sono persuaso che se i principi della scienza francese intorno alla metà del secolo XIX , invece di chiamarsi Claude Bernard e Pasteur si fossero chiamati Gay Lussac e Lavoisier , lo Zola sarebbe stato ad un modo schietto osservatore della realtà , perché così volevano la sua indole e il suo tempo , ma non avrebbe mai predicato s ’ avessero ad applicare all ’ arte i procedimenti dell ’ indagine scientifica . La ripercussione delle grandi scoperte scientifiche sulle menti dell ’ universale non ha sempre né la stessa prontezza né la stessa facoltà iniziatrice di movimenti intellettuali . Vi sono rami del sapere che si allacciano per una fitta rete di fili alle idee generali patrimonio di tutti gli uomini colti . Ve ne sono altri che c ' ispirano una fiduciosa riverenza e nulla più . La legge del rapporti ponderali fissi nelle reazioni chimiche , la legge della dilatazione dei gas , la legge della gravitazione universale , il computo delle distanze siderali ci colmano noi profani di maraviglia , ma non ci muovono ad induzioni , non svegliano in noi nessuna concreta ulteriore curiosità , disperati come siamo di poter penetrare oltre , senza il sussidio di una formidabile dottrina . Non così avviene delle scienze riflettenti certe funzioni della nostra vita . e certi modi di essa ; dei quali siamo spesso chiamati a testimoniare . Alcuni problemi : della scienza fisiologica , comportano l ' accertamento di fatti che cadono sotto gli occhi dei comuni mortali . L ' osservazione di tali fatti appartiene ad un modo allo scienziato , al romanziere , ed anche semplicemente all ' uomo esperto della vita . Quanti psichiatri interrogano intorno a fatti specifici il giudice istruttore , colla medesima serietà di propositi con cui un chimico interroga nel suo laboratorio le fiale ove seguono le combinazioni dei corpi ! E se il giudice istruttore avrà confidato i medesimi fatti al romanziere , saranno essi perciò meno veri e meno attendibili ? Qui lo scienziato ed il romanziere trattano spesso la medesima so - stanza e ne colgono i medesimi aspetti . Notiamo poi che queste recenti scienze della vita , adoperano un linguaggio prossimo a noi e non sdegnoso affatto delle vaghezze stilistiche . Molti poderosi trattati di psicologia sperimentale citano ad illustrazione dei più sottili fenomeni della psiche umana intere pagine di poeti . Quasi tutti i fisiologi sono eccellenti scrittori che dalle memorie accademiche volentieri scendono - o salgono , se meglio vi piace - agli articoli di rivista . Essi ci trasmettono il prodotto della ricerca scientifica col linguaggio dell ' opera letteraria . Conforme dunque la sostanza , e conforme il mezzo di comunicazione . Avvertite finalmente che l ' esperimento scientifico raggiunse verso la metà del secolo XIX , mercé il sussidio di maravigliosi istrumenti , un rigore di osservazione e di indagine non mai conseguito per l ' addietro , e che di tutti i metodi escogitati per la ricerca dei vero , esso è il più facilmente persuasivo , perché ognuno di noi lo adopera inconsapevole ad acquisto e verifica di ogni più usuale cognizione . Quale meraviglia che lo Zola giovane e fervente del vittorioso movimento scientifico del suo tempo , smanioso di strapparsi alla chimera romantica , assetato di certezza per necessità fisiologica del proprio ingegno che solo a contatto colla realtà saliva ad accendimenti poetici ed a fervore imaginativo . sedotto dalle conformità che ho detto , si illudesse di poter applicare alla preparazione della sostanza artistica i procedimenti dell ' osservazione sperimentale e ne vantasse l ' eccellenza ? Il Taine non aveva egli affermato che i vizi e le virtù sono dei prodotti allo stesso modo che l ' acido solforico e lo zucchero ? Ma non bisogna mai prendere alla lettera i ragionamenti critici di un artista , perché questi è inconsapevolmente inclinato a conformarli alle proprie attitudini ed essi vi si piegano compiacenti . Quali sono i protagonisti della maggiore opera zoliana ? Quale ne è l ' idea dominante ? I protagonisti sono forse quei Rougon - Macquart che le diedero nome ? Forse che l ' idea dominante è proprio quella dell ' eredità fisiologica ? Nel 1862 , giovane di 28 anni , lo Zola concepisce il proposito di scrivere una serie di romanzi legati insieme non per diretta continuità d ’ azione o di personaggi ; ma per la trama delle influenze ereditarie dipartite da un cognito protagonismo . Questo misterioso influsso atavico già adombrato forse nella legenda del peccato originale e circonfuso poi di sacra terribilità dai Greci che lo chiamarono Fato , affascinò in ogni tempo ed affascina le menti imaginose . Lo stesso Zola ne aveva fatto pochi anni addietro argomento di un dramma che allargò di poi nel romanzo intitolato Madelaine Ferat . Ma in quello egli era rimasto nel fantasioso , pago di derivare . dalle eredità naturali un contrasto drammatico di affetti . D ' altra parte un solo romanzo non poteva contenere ad un tempo la causa originaria dei fenomeni ereditari e le sue molteplici conseguenze che si manifestano col volgere degli anni e delle generazioni . Nel concetto iniziale la serie dei Rougon - Macquart doveva constare di dodici volumi , e furono venti di poi . Innanzi di mettersi al primo , La fortune des Rougan , lo Zola si diede a compulsare trattati e memorie , a interrogare medici , - a postillare statistiche , ad osservare intorno ed a notare con una diligenza fatta insieme di inestinguibile ardore e di probità impareggiabile . L ' albero genealogico dei Rougon - Macquart che egli pubblicò in capo al romanzo Una page d ' amour , l ' ottavo della serie , fu stabilito intero con tutte le sue annotazioni caratteristiche , durante quel periodo di studi preparatori . Ma questi lo indugiarono a segno , che La fortune des Rougon , incominciata a scrivere nel maggio 1869 , apparve in appendice solamente il giugno del 1870 ed in volume l ' inverno del '71 Nel tempo corso fra la concezione iniziale dell ' opera e la pubblicazione del primo volume , la Francia era caduta dal colmo della prosperità all ' estremo della miseria . La guerra Franco - Prussiana , l ' ecatombe di Sedan , il crollo dell ' Impero , la dedizione di Metz con un esercito di 100 mila uomini , lo sfacelo governativo , gli incerti comandi nell ' assedio di Parigi , erano passati su di essa come un torrente in piena che spazza via tutte le ragioni e tutti í segni della vita . E come alla rovina delle acque furenti , segue lo stagnare delle limacciose , che dissolvono coll ' occulto lavorio corroditore fin l ' ultime fondamenta degli edifizî crollati , così nei giorni stessi che si pubblicava , fra tanto squallore di morte , quel primo piccolo , male avventurato volume , bolliva sorda nei fondi popolari , più terribile e più minacciosa delle guerre aperte , la grande collera che divampò ben tosto sui due bracieri della Senna negli eccidi della Comune . A che si riduceva il caso di fisiologia sociale ideato e studiato dallo Zola , davanti a tanto sconvolgimento di uomini e di cose ? Potevano la sua mente , e la sua coscienza , appartarsi dai tragici eventi nella pacifica contemplazione di una così tenue realtà ? E poteva il soggetto così subitamente immiserito , contenere il bollore degli affetti e l ' enormezza delle immagini mosse da quella vista ? Lo Zola si era proposto di scrivere la storia naturale e sociale di una famiglia durante il Secondo Impero , Ma quando , ne aveva formato il divisamento ; il Secondo Impero trionfava sull ' istmo di Suez aperto da un francese care alla famiglia imperiale , ed accoglieva ospite riverente all ' Esposizione di Parigi quello stesso sovrano cui doveva in breve rimettere la spada di Sedan , il periodo del tempo assegnato all ' azione dei suoi romanzi , ne segnava il punto di partenza ma non quello di arrivo . Ed eccolo , quel periodo , chiuso di un colpo colle spranghe della morte . Il morbo ereditario preso ad osservare nella famiglia dei Rougon - Macquart , era quella nevrosi che esce dalle voglie sfrenate , dalle incontinenze carnali , dalle urgenti impazienze e dalle spietate fatiche . Ed ecco che quelle voglie , quelle incontinenze , quelle impazienze e quelle fatiche . avevano attossicato non una famiglia , ma un popolo , del quale parevano aver disgregato la compagine ed annullata fin la coscienza dell ' essere . Confessò lo Zola a sé stesso il repentino impicciolire della prima impresa ? O fu inconsapevolmente trascinato a sconfinarla ? Certo è che da quel punto il vero protagonista del suo poema fu il popolo di Francia e che l ' idea informatrice , di pseudo - scientifica che era da principio , divenne storica , con animazione di impeti lirici e di larghi compendi simbolici . Rimarrà inalterato il piano generale che è come l ' ossatura dell ' opera , rimarranno i personaggi già ideati , quali punti di richiamo sparsi tra la moltitudine , rimarrà la nevrosi quale uno fra i tanti aspetti del gran morbo sociale , ma altre innumerevoli infermità ne pulluleranno come schiuma da bollore di caldaia , ed una gente intera , dai campi , dai mercati , dalle officine , dai cunicoli delle miniere ; dalle sfrenate locomotive , dalle banche , dalle taverne , dalle alcove , dalle stamberghe , dagli ospedali urlerà le sue paure i suoi tripudi e le sue brutture con tal voce da coprire il gemito di una poca famiglia e da echeggiare fino agli estremi confini della terra . Tale mutamento nella sostanza dell ' opera si palesa fin dal secondo volume La Curée , scritto per l ' appunto sotto la percossa delle recenti sciagure . Mentre nella Fortune des Rougon la figura centenaria di Adelaide Fouque campeggia quale generatrice della malattia destinata a diramarsi ne ' suoi discendenti ed il caso particolare ci è di continuo presente . nella Curée , il titolo istesso ci solleva dal particolare al generale ed il precipuo personaggio , quella Renée che riempie tutto il romanzo della sua morbosa bellezza e dei suoi amori incestuosi , nulla appartiene ai Rougon - Macquart . Né dei due personaggi che vi appartengono , Aristide e Massimo , l ' Ippolito di quella Fedra , nessuno di noi rileva la tabe ereditaria , tanto essi ci appaiono quali spiriti di maleficio sociale , ideati a rappresentare le enormezze orgiache di un Basso Impero . Provatevi a ripensare i principali romanzi della serie : Le ventre de Paris , l ' Assommoir , Nana , Pot - Bouille , Au Bonheur des dames , Germinal , La Terre , La Bête humaine , l ' Argent , La Débâcle , e ditemi se nessuno di essi coi richiama alla mente il filo dell ' influenza atavica , se da nessuno di essi vedete emergere i rampolli dell ' inquinata famiglia . Che aggiunge all ' orrore ed alla nausea dell ’ Assommoir l ' essere Gervaise nata di padre beone ? Tra i fumi delle taverne e nella penombra delle gelide od afose soffitte non intravvediamo noi farse mille altri . piccoli esseri , generati nella foia del vin guasto , e dell ' assenzio e predestinati , alla miseria ed al delitto ? Non è forse la moltitudine suicida la grande anima paurosa del romanzo ? Chi mai può riconoscere in Etienne Lantier il protagonista dei Germinal ? E quando egli nelle tenebre della miniera inondata uccide il rivale chi mai può imputare l ' eccidio necessario « al veleno che dormiva ne ' suoi muscoli , all ’ alcool lentamente accumulato nella sua razza » ? Protagonista è la secolare miniera che stremò d forze intere successive generazioni , che impingua gli scrigni degli azionisti lontani ignari perfino del sue nome e del luogo ov ' essa s ' inabissa nella terra , che centuplicò nell ' ozio il magro peculio di un primo Grégoire e ne alimenta di padre in figlio l ' oziante beatitudine . Forse che l ' ultimo romanzo della serie è quel Docteur Pascal , di tutti il più artificioso , che sta fuor d ' opera tardo e meccanico richiamo al concepimento giovanile ? O non sentiamo noi tutti che la serie si chiude nella Débâcle , alla quale convergono come a fiumana devastatrice tutti i rivi fangosi gonfi della corruzione raccolta in ogni strato sociale ? A mano a mano che l ' autore penetra nei fondi depravati e doloranti , ogni romanzo si fa più irto di fatti , tanto egli accanisce nel gittare in faccia ai suoi contemporanei tutta intera la realtà che essi hanno creato e volentieri rifuggono dal contemplare . Via la polita discrezione tanto cara alle menti delicate ed agli artisti impeccabili . Non è tempo di reticenze né di omissioni compiacenti . L ' impressione che egli vuole indurre nei lettori , non è già quella di un deliziamento estetico . o di un fuggevole vellicamento sentimentale . « Basta , basta , gli gridano i lettori , e gli urlano i critici . a che insistere ? Lo sappiamo , è l ' eterna storia delle miserie e delle brutture umane » . No , non basta saperlo . Questa misera storia è eterna perché la sua conoscenza è sommaria ; le verità disgustose prese in blocco , si inghiottono e si digeriscono troppo facilmente . E ' troppo comoda cosa dire : « è così » , e voltarsi dall ' altra a più riposanti spettacoli . Bisogna sparnazzare in questo tritume di sozzure , e farne vaporare tutti i fetori ed esalare tutti i veleni , fino ai ribrezzo . fino alla nausea , finché in luogo di sclamare : « così è » , la coscienza ribellata comandi : « così non deve essere » . Per tal modo lo Zola , soverchiando i mezzi consueti dell ' arte , raggiunge un ' efficacia artistica così larga e poderosa che non ha altro riscontro moderno , se non in quella di Leone Tolstoi . E come al russo giovò l ' appartenere ad un popolo ultimo venuto nel concerto intellettuale dei mondo e , perché nuovo all ' arte , prossimo ancora alle ingenue fonti della vita , così giovarono allo Zola l ' infanzia selvaggia e l ' adolescenza e la giovinezza intristite , che lo chiusero in se stesso e gli serbarono nell ' anima i forti aromi della terra . Solo fra i grandi scrittori del suo tempo e del suo paese egli ritrova fino al limitare della vecchiaia , le pronte ingenue ire e le temerarie sincerità giovanili . Facit indignatio versus . Ma domato dal freno dell ' arte il suo sdegno . non inveisce né sermoneggia . Obbiettivo quanti altri mai nel raccogliere e nell ' ordinare i fatti e ne condurre via per la trama dei fatti i personaggi , assente in apparenzadai suoi romanzi , egli vi guida a ’ suoi fini senza prendervi per mano e senza additarvi la meta . I suoi libri hanno un ' occulta anima persuasiva . Poiché registrò a sazietà tutte le minuzie delle cose inerti e delle animate e vi immerse invano riluttanti nella realtà brutale , ecco levarsi di colpo da quella realtà una grande immagine ideale che pure le appartiene , che la continua , che ne serba la sodezza e l ' asprezza , ma che insieme la illumina e la commenta assorgendo ad immaterialità di simbolo Alle corse di Longchamp Nanà la prostituta empie il recinto del pesaggio della sta trionfale inverecondia . La prode bellezza le procacciò l ' alto onore di battezzare col suo nome una polledra iscritta a correre il gran premio . Via per gli steccati e nei palchi , tra la febbre e le trap pole del giuoco , tra i fumi dello champagne , sulla moltitudine ebbra di sé , dei colori , del fasto e del sole , sta sospesa una mordente ansietà patriottica . Gli oracoli profetizzano il premio ad una scuderia inglese . - Ecco il segnale . La piccola schiera si sferra nella pista . Due cavalli francesi contendono all ' inglese il trionfo . Un giro , due giri , lo eguagliano , lo sorpassano , riperdono terreno , l ' inglese urge primo al traguardo imminente , ma di un attimo Nanà la polledra saetta tra le informi groppe serrate colori di Francia e li porta vittoriosi alla meta . E allora dal prato immenso , dai palchi , dalla loggia imperiale , dall ' ultimo formicolio remoto ed indistinto , scroscia in un urlo trionfale il nome di Nana : di Nanà la polledra , di Nanà la prostituta , cui si tendono d ' ogni parte vicina le coppe , gli sguardi , le voci e le bramosie , in un sacrilego miscuglio di vanità patria e di concupiscenza carnale . Il poeta è rimasto fino all ' estremo nella realtà accettabile e quotidiana , ma dal cozzo delle cose reali come sprizza dai capi opposti dei fili conduttori la scintilla , è divampata un ' immensa fiamma ideale che illumina e rivela i reconditi nessi delle azioni umane . Al soffio dell ' arte , la realtà è salita d ’ un colpo d ' ala fino al simbolo . Quanto non fu deriso lo Zola per le sue famose inchieste ! Ad ogni nuovo romanzo , erano nuove accuse di indagini frettolose , condotte alla grossa , con animo parziale , a sola cura di vellicare le malsane curiosità ; e dove non mordeva l ' accusa , suppliva il dileggio , pure di fargli increduli i lettori . Quando egli pubblicò La Débâcle , fu uno scatenamento di ire feroci . che lo segnavano all ' abbominio della Francia , della quale a sentirli , egli aveva con supina ignoranza vilipeso l ' esercito ed insudiciata la bandiera . E ' certo che di tutti i suoi romanzi , La Débâcle era il più ardito a condurre con rigorosa osservanza del vero , perché il più estraneo alle sue inclinazioni ed alle condizioni della sua vita : ed il più molteplice negli aspetti , e perché la sua mattina era per diffidenze e gelosie di casta la più difficile a penetrare . Eppure se mai nella sua opera egli conseguì la precisione storica , fu in quello per l ' appunto . Udite la testimonianza che rendono i fratelli Margueritte , ai quali le glorie domestiche e gli assidui studi attribuirono in tale , soggetto un ' autorità incontestata . « Noi pure , dopo lo Zola , abbiamo voluto percorrere il sentiero sanguinoso di quella guerra seminato dei nostri morti Noi pure dopo di lui smovemmo quella triste terra arrossata , e pellegrinammo ai campi di battaglia , che videro il crollo di un Impero ed il barcollare di una nazione . E interrogando storie , fatti , episodi , ricordi e testimoni potemmo accertare quanta scrupolosa verità , quale esatta e severa autorità di documento il romanziere calunniato abbia raccolto nel doloroso e probo libro della Débâcle . Una sola volta la ricerca del vero gli riuscì manchevole , e fu nel libro di Roma . Ma qui non si palesa già la pochezza del suo lavoro indagatore , ma bensì l ' insufficienza di simili indagini quando le notizie positive accumulate per deliberato proposito non trovino nella mente che le accoglie e le registra quel largo corredo di notizie generali che sola può dare la lunga consuetudine delle cose e delle genti . Né l ' ingegno dello Zola , aperto a tutti gli aspetti della vita odierna , conscio dei suoi macchinosi congegni e innamorato dei suoi travagli , poteva afferrare e penetrare la grande Roma , dove il passato non sorge soltanto malinconico spettro dalle rovine , ma regge istituti millenari , crea consuetudini , modifica le condizioni degli animi , governa il sentimento della bellezza , franca gli spiriti dalle effimere adorazioni , rivive nella concisa familiarità del linguaggio popolare . Le cose non parlavano allo Zola se egli non conosceva gli uomini che vivono loro frammezzo . Io lo vidi a lungo , quando tornava da Roma e da Venezia che egli aveva visitato la prima volta e mi parve non ne avesse compresa intera la bellezza . E dico intera ad attenuazione riverente . Egli era sordo al passato e svogliato di penetrarne la tenebra . La vita , la vita d ' oggi . gli uomini d ' oggi , poderosi , accaniti , malvagi , angosciosi , infermi , violenti , ecco la sua sostanza d ' arte , ecco il solo mondo atto a movere il suo spirito a prodezze creatrici . Nessuno , che io sappia , cercò mai di proposito se nell ' arte o nell ' indole dello Zola si riscontri qualche vena di influenza italiana discesagli dal padre . L ' indagine sarebbe in special modo curiosa trattandosi di un uomo che attribuì tanta efficacia alla eredità fisiologica da farne argomento iniziale della sua maggior creazione : il Bonghi , riprovandone certe sconcezze , accennava , non so bene se a titolo di derivazione , ai novellieri italiani del ‘500 . Ma non mi pare che i novellieri , i cronisti e gli autori comici francesi fossero meno salaci e meno sboccati dei nostrani . Né il Brantôme , né il Rabelais , né il Saint - Simon , né il La Fontaine hanno nulla da invidiare all ' Aretino , al Bandello ed al cardinale Bibbiena . Invece io mi domando se dai sangue paterno non dovesse lo Zola riconoscere una qualità che si riverbera bensì negli scritti e ne diventa carattere distintivo , ma che appartiene direttamente all ' animo ed è un modo della coscienza . Voglio dire l ' assenza di pregiudizi intorno a tutti i fatti , a tutti gli aspetti del vivere sociale . Per pregiudizio non intendo già un giudizio errato . ma semplicemente un giudizio preventivo fisso ed immutabile che inibisce ogni ulteriore disanima . Mi par certo che gli altri popoli ed il francese in special modo , assai più di noi amano crearsi delle verità intangibili nelle quali riposano e che difenderebbero a prezzo di vita . L ' argomento di questa verità può variare a seconda degli individui : per gli uni sarà la credenza religiosa , per gli altri , la somma potestà politica , o la magistratura , o l ' esercito , o il cavillo cavalleresco , o saranno uomini eminenti , o le convenienze mondane , ma un ' arca santa e magari parecchie ce l ' hanno tutti . Ce ne abbiamo forse anche noi in Italia delle arche sante , ma la loro santità è piuttosto precaria tanto amiamo di smontarle per sedere come sono fatte , e come l ' abbiamo veduto , non c ' è rispetto umano che ci trattenga : la verità sbotta ad ogni costo . Se sia bene o male non importa qui di cercare , il fatto è che di tutti i popoli noi siamo , nella pratica , il meno impastoiato da preconcetti e da riverenze convenzionali . Lo siamo oggi e lo fummo nei secoli fino da quando Roma erigeva altari al Dio ignoto e riconosceva il diritto di cittadinanza agli Dei d ' ogni terra e d ' ogni tempo . Ricordiamo che il nostro paese fu il solo andato immune dalle guerre di religione , quantunque da noi procedessero i primi moti per la libertà religiosa . Che non introdusse scismi perché nelle cose dell ' anima ognuno qui fa il comodo suo senza che gli occorra di mettersi all ' ombra di una dottrina . Ricordiamo le verità con sapere di forte agrume che Dante non si peritò di gettare in faccia a tutti i potentati del suo tempo . Ricordiamo che il libro più spregiudicato di quanti sono al mondo è il Principe di Niccolò Machiavelli ; e pensiamo infine che il nostro patriottismo gagliardo amore di patria , ma non cecità patria e non ardore di soverchiare . Scetticismo ? Mancanza di convinzioni ? No . Ma uno spirito critico penetrato nell ' anima popolare , attraverso la maggiore continuità storica che i popoli moderni possono vantare ; un vedere largo e libero che prepara pronto ed oculato accoglimento ai successivi aspetti del vero Le verità invecchiando diventano errori . fa dire Enrico Ibsen al protagonista di una sua commedia . A quel modo che gli antichi simboleggiavano il tempo coll ' immagine di Saturno che divora i suoi figli , io vorrei suggerire ai moderni simbolisti di rappresentare il Vero coll ' immagine di un figlio che si divora i suoi padri . Ora lo Zola possedeva per l ' appunto ed in grado eminente onesto nostro spirito iconoclastico . Franco d ' ogni riverenza convenzionale , era in lui una sete inestinguibile di verità , ed un bisogno prepotente di confessarla . La massima francese pas tante verité n ' est bonne à dire non faceva per lui . La verità ad ogni costo : ecco la sua impresa . E non si resta di gridarla alto in ogni momento della vita . Dai primi saggi critici all ' ultimo romanzo rimasto abbozzato sullo scrittoio è sempre lo stesso ardore indomito di verità . Udite quel ch ' egli scrisse non ieri , non nel fervore dell ' ultima mischia , ma vent ' anni or sono nella prefazione del volume Une campaigne , : « Oh , provare la : continua ed irresistibile necessità di gridare alto quello che pensiamo e più quando siamo soli a pensarlo , a costo di avvelenarci la vita . Questa è la mia passione ; ne sono tutto insanguinato , ma l ’ adoro e nulla vorrei senza di essa » . E più sotto nello stesso libro : « Muoiano le - convenienze , i riguardi , i sentimenti , cadano i nostri orgogli e le nostre glorie , purché sia la verità » . Non squilla in queste parole tutta la diana risvegliatrice del J ' accuse ? Altri , altri molti ardono di verità ; ma che un idolo si frapponga fra essi ed il vero , ed il loro ardore li rode dentro e si tace . Lo Zola non conosce idoli o quello sol a cui si dà in continuo olocausto . Quando offerse la fama , la pace , la vita perché giustizia fosse resa ad un ignoto di là dei mari , egli fu nel naturale esercizio delle sue facoltà animatrici . Non contendiamo alla Francia il vanto di quel grande spirito veritiero . Ma se da noi gli venne di francarsi da ogni riverenza inibitrice di verità , teniamocene come di assai munifico dono . E ' bello noverare eroi per la verità . E ' più bello che non occorrano eroismi nel asserire il vero .
StampaPeriodica ,
Mi ha colpito , nelle vie del centro , l ' eleganza piuttosto equivoca delle donne . Molti ufficiali dell ' esercito e dalla milizia , molti preti dall ' aspetto azzimato e mondano . I caffè sono pieni . Non si ha , qui , l ' impressione di trovarsi in un paese « assediato » . La folla che passa sul Corso , per via del Tritone , in piazza Colonna è ben pasciuta , vestita elegantemente , sembra soddisfatta di sé . Anche i negozi , contrariamente a quel che ho potuto vedere altrove , sono relativamente affollati . Dopo un ' assenza di parecchi anni , ho l ' impressione di una Roma che , attraverso tutte le trasformazioni esteriori , ha conservato sostanzialmente la sua vecchia fisionomia di città papale , capitale dei preti e della burocrazia . Anche i numerosi ufficiali , che circolano al centro , non mutano questa fisionomia , non le conferiscono affatto un ' impronta marziale : gli ufficiali , come tutti gli altri , passeggiano o oziano nei caffè . Solo su , verso il piazzale della Stazione , l ' impressione cambia . Una colonna di reclute , ancora in borghese , strascina il passo verso la tettoia delle partenze . I giardinetti sono pieni di soldati con l ' elmetto coloniale . Molte coppie , molti occhi arrossati , pieni di lacrime . Ancora più su , verso San Lorenzo , i grandi e squallidi casermoni dei ferrovieri mi sembrano più tristi e più neri . Molti cantieri di costruzione fermi e vuoti . I bimbi che escono a frotte dalle scuole son pallidi , tristi e patiti ... È l ' altra Roma . Non posso più sfuggire a questa impressione di decadenza e di stagnazione , che mi ha colpito fin dal mio arrivo . Eppure la città si è senza dubbio abbellita esteriormente , le vie del centro sono più animate , le automobili circolano più numerose che per il passato . Ma c ' è nell ' atmosfera un veleno sottile , un sentore di putredine e di corruzione . In una sala da tè , vicino a piazza di Spagna , ascolto la conversazione di cinque o sei signore elegantissime . Si parla della guerra . Ognuna di esse ha il marito , il figlio o il fratello in AO . Vista da questo osservatorio , la guerra appare come un amabile diversivo per delle giovani signore che non sanno che fare del loro tempo e della loro vita . Un argomento nuovo di conversazione nei salotti , finalmente ! Si raccontano barzellette sugli abissini , si leggono brani di lettere dei combattenti , si parla di gradi e di promozioni . Con che tono ineffabile quella signora alta ed ossuta domanda alla sua graziosa vicina : « Ah , suo marito è ancora maggiore ? » . Sono i piccoli ripicchi , le piccole malignità delle signore eleganti , che oggi si esercitano sui gradi e sulle promozioni , come ieri si esercitavano sulle toilettes delle amiche . « Del pericolo tanto non ce n ' è per gli ufficiali bianchi ! » dice tutta sorridente la più giovane delle signore , che sembra quasi una bambina . Chissà perché , tutte le amiche scoppiano in una gran risata ; poi , a un tratto , smettono di ridere , e si guardano intorno un po ' imbarazzate . Davvero , ho l ' impressione che questa guerra non debba essere molto pericolosa per gli ufficiali bianchi che hanno un certo grado ! È difficile parlar con la gente di argomenti che non siano la guerra e le sanzioni . Tuttavia , è curioso notare che in fondo l ' interessamento per la guerra e per le vittorie è minore di quel che si potrebbe pensare . Quando escono i giornali con le recentissime notizie , che adesso son veramente favorevoli , nessuno si affretta a comprarli . Quando a piazza Colonna , in via Vittorio Veneto , al corso Umberto , si vanno ad ascoltare le conversazioni che la gente fa dopo aver letto il comunicato , si è colpiti dalla flemma del pubblico . Ne ho parlato nella famiglia presso la quale abito , e mi hanno risposto : « Abbiamo già l ' abitudine delle vittorie » . Questo tono di superiorità , di eroismo a buon mercato riecheggia molto spesso nei discorsi che sento intorno a me . In realtà , mi sembra che non si tratti tanto di « abitudine alle vittorie » , quanto di una certa stanchezza . In questa stessa famiglia , quando si sta a pranzo e la radio dà le ultime notizie militari , c ' è sempre qualcuno che , interrompendo la conversazione generale , propone di « stare a sentire cosa c ' è di nuovo » . Ma c ' è anche sempre qualcun altro che risponde : « È inutile , tanto è sempre la solita storia , saremo ancora di qualche chilometro più vicini ad Addis Abeba » . Ma quando la radio annunzia la partenza di altri 200 o 500 , o 1.000 operai per l ' AO , non v ' è bisogno di inviti o di esortazioni per far cessare il chiacchierio . L ' interessamento , ora , è vivo e spontaneo . « Vede dicono i miei ospiti come si ha già bisogno di lavoratori in Abissinia ? Non si può dire che la guerra si sia fatta per nulla . E dopo la guerra la richiesta di operai e di tecnici aumenterà ancora ! » Mi ha meravigliato questo interessamento per le possibilità di lavoro in AO in una città come Roma . A prima vista , mi era sembrato che , in questa città di rentiers , di impiegati , di professionisti , il pungolo della disoccupazione si dovesse far sentire meno che altrove . Non ho tardato a disingannarmi . Certo , la disoccupazione qui assume forme diverse da quelle che si manifestano a Milano o a Torino . Ma anche a Roma la crisi ha imperversato , e non soltanto tra gli operai : anche qui essa ha seminato rovine e disperazione in migliaia di famiglie della piccola borghesia . Mi sono potuto accorgere ben presto che è appunto nella disperazione che ha radice questo spirito di avventura malsano e decadente che ho trovato così diffuso tra i giovani ma che non ha nulla di giovanile , di fresco , di eroico . « Ogni italiano che è capace di imbracciare il moschetto dovrebbe andare laggiù » mi diceva l ' altro giorno un giovane ingegnere . È una frase , questa , che ho sentito ripetere molto spesso ; ma mai fino ad ora mi era parso che essa fosse pronunciata con tanta convinzione . Sapevo che questo giovane aveva fatto domanda per arruolarsi come volontario , sia pure come semplice soldato . Ma pian piano , via via che la conversazione si faceva più intima , i luoghi comuni della retorica fascista non riuscivano più a nascondere un senso di accoramento e di disperazione . Bruscamente , come se si fosse ad un tratto convinto della vanità di tutti i suoi sforzi , il mio interlocutore interruppe la sua perorazione . « E poi mi disse è inutile , non ho altro da fare . Sa , per noialtri tecnici , in questo periodo non c ' è abbastanza lavoro . Allora è meglio combattere per la patria ... » La maschera vana dell ' eroismo è caduta : ho di fronte a me un uomo , un povero uomo umiliato , disperato , impotente . E così sempre , dappertutto . In un ristorante , due donne sono sedute accanto a me . Una di esse è vestita a lutto , parla del marito che è caduto a Dessiè . « E non è stato necessario , dice ; dimmi un po ' tu se tutto questo è stato necessario ! Ma lui aveva sempre la fissazione di essere inutile ... Lavoro ? Sì , lavoro non ne aveva più da un anno . Stava lì senza poter far niente , niente . Era una situazione impossibile ; e poi , col suo temperamento ... Quando è voluto partire ho pianto tanto , gli dicevo che era meglio aspettare ancora , cercare di trovare lavoro , piuttosto che andare a morire laggiù . Lui non mi rispondeva , ma mi guardava in un modo ... Che potevo fare io ! Adesso posso dire che ho rispettato la sua volontà . » No , non ho trovato dell ' eroismo nei volontari , che pur partivano sapendo di andare incontro a una vita di stenti , alla morte forse , in una terra lontana . Ho trovata della disperazione , un bisogno frenetico di uscire in qualsiasi modo da sé stessi , dalla propria vita ; ho trovata una cupa rassegnazione all ' inevitabile , non l ' eroismo virile di chi è conscio del proprio destino . In un caffè , di nuovo , ho assistito ad una curiosa conversazione . È entrato un uomo di una quarantina d ' anni , un habitué del locale , evidentemente . « Non si è fatto vedere per una settimana ! » gli dice il cameriere . « Ho avuto un lutto in famiglia . Mio fratello è morto in AO . » « Anch ' io ho avuto un cugino che è morto per la patria . » « Eh già adesso si usa molto di morir per la patria , ma ormai basterebbe ... » Tutti e due hanno subito cambiato discorso . Ma mi ha colpito molto il tono con il quale erano state pronunciate quelle parole : « Ora si usa molto morire per la patria » . Era un tono ironico e disperato a un tempo , era la fredda e spietata constatazione della vanità di tanti sacrifici . No , non è così che un popolo piange i suoi eroi , gli uomini che gli aprono le porte dell ' avvenire . L ' ambiente che io per lo più frequento è quello medio e piccolo - borghese , così caratteristico a Roma e così differente da quello della maggior parte delle altre città d ' Italia . Impiegati , professionisti , qualche commerciante : sono queste le persone che ho più occasione di avvicinare . Le impressioni che riporto da questi incontri sono forse un po ' superficiali e limitate , ma credo che siano abbastanza tipiche ed atte ad illuminare lo stato d ' animo di larghi strati della popolazione di questa città . Nella famiglia presso la quale abito , dopo cena , sono venuti in visita vari amici e conoscenti . Come al solito , si parla di politica . Tutti i presenti hanno il distintivo all ' occhiello e , sebbene nessuno si proclami fascista al cento per cento , è facile constatare quanto sia profonda , su tutti , la influenza della propaganda fascista . Non si può dire , tuttavia , che della guerra si parli con molto entusiasmo . Questi impiegati , questi professionisti , son persone molto posate , anche i più giovani , son gente « arrivata » , che ha qualcosa da perdere . Attraverso le loro parole banali , si avverte , ogni qualvolta si tocca il problema della guerra e delle sanzioni , un certo malessere . Tutti sono d ' accordo qui che la guerra si poteva evitare , se gl ' inglesi « avessero lasciato il duce continuare le sue trattative » . È curioso però che , nonostante questo , essi avvertano la necessità di giustificarsi dell ' impresa abissina come di una colpa . Benché la vittoria militare del fascismo in Abissinia sia ora una realtà quasi compiuta , non è il sentimento della vittoria e della gloria quello che ispira e domina la conversazione , ma il senso della ineluttabilità di ciò che è avvenuto . Tutti i discorsi si aggirano intorno alla guerra , eppure tutti sembrano voler evitare di pronunciare questa parola . Sempre gli stessi motivi , le stesse frasi stereotipate : « Non ci lasciano vivere , ci manca perfino l ' aria per respirare . No , non si tratta di una guerra , ma di una dimostrazione della nostra potenza nazionale » . È evidente che questa gente , piuttosto sazia e ben pasciuta , sente di non aver molto da guadagnare dalla guerra . Non si tratta né di grandi industriali né di grandi commercianti , ma di benestanti che godono di un impiego o di una professione remunerativa , e che non hanno grandi aspirazioni . Non è ad essi che « manca l ' aria per respirare » , e questa frase vien sempre ripetuta soltanto perché si è letta sui giornali . Il timore delle conseguenze della guerra , e soprattutto il timore di una nuova guerra mondiale , è invece il motivo dominante , se pur segreto , della conversazione . Ma tutti si ribellano quando qualcuno , più incauto , esprime più apertamente questi suoi timori . No , di una guerra mondiale non se ne vuol neanche sentir parlare , in questo ambiente . Durante tutta la sera , ho ascoltato in silenzio la conversazione . Al momento di salutarmi l ' incauto guastafeste , un avvocato di quarant ' anni , quello che aveva parlato di guerra mondiale , mi dice , come se concludesse un discorso fatto tra sé e sé : « Certo , tutta la politica dell ' Europa è una pazzia : e forse , anche noi non costituiamo un ' eccezione . Ma ognuno spinge l ' altro giù per la china e , in un mondo dove ciascuno deve provvedere a se stesso , dobbiamo essere contenti di avere il governo che abbiamo . Anche con questa guerra , siamo stati tutti presi di sorpresa , non abbiamo avuto il tempo di riflettere . Ma quando tutto il mondo si è rivolto contro di noi , abbiamo naturalmente messa da parte ogni critica » . Scrivo molto disordinatamente , e non vorrei che da questo fossero falsate le linee e le proporzioni del quadro che vengo abbozzando sulla base delle mie impressioni . Non mi è accaduto di sentire molto spesso conversazioni sul tono di quelle dell ' altra sera . La ho notata soltanto perché essa mi è sembrata caratteristica per uno stato d ' animo diffuso in alcuni strati della popolazione che , sebbene non siano numericamente molto importanti , hanno un peso notevole nella vita della società romana . Ho rilevato delle preoccupazioni dello stesso genere nei discorsi di alcuni intellettuali e professionisti , coi quali ho avuto occasione di conversare . « Nessun italiano mi dice un ingegnere abbastanza anziano può capire perché in Italia si deve stare stretti come delle acciughe , mentre c ' è tanto posto in Africa . Certo , io personalmente avrei preferito che le cose si fossero fatte in un ' altra maniera . Quello che non mi piace è tutta questa propaganda di guerra . Gli scopi della impresa sono buoni ; ma perché parlare tanto di guerra , perché tutte queste minacce ? E poi , in fondo , non si tratta neanche di una guerra , ma di un ' impresa coloniale . » Più raramente ho sentito , anche in questi ambienti , critiche un po ' più aperte . Un altro professionista , ad esempio , esprimeva l ' altro giorno la sua opinione , che nel complesso il danno derivante all ' Italia dalla guerra e dalle sanzioni non è compensato dalle vittorie militari . Ma tutti i presenti protestavano . Ora che le vittorie fanno sperare che la guerra finisca prima della stagione delle piogge , il sentimento dominante è quello della soddisfazione e dell ' orgoglio . Quando mi sono trovato solo con il professionista , gli ho domandato se in generale la gente era contenta dell ' andamento della guerra . « Contenta mi ha detto sarebbe dir forse troppo . Il mese scorso , non c ' era molta gioia tra di noi , c ' era uno stato di depressione molto diffuso . Ma adesso è meglio , perché tutti son sicuri che la guerra finirà presto . C ' è come una ubriacatura in giro , ci sono aspettative e speranze fantastiche sulle possibilità di lavoro in AO ... No , non deve credere che io non voglia la gloria della mia patria , ha aggiunto come per scusarsi , ma credo che ci siano altri mezzi per ottenerla , all ' infuori della guerra . Littoria , Sabaudia , la ricostruzione di Roma antica , questa è la vera gloria del fascismo come la intendo io ! » L ' avversione alla guerra , comunque , è forse più diffusa anche in questi ambienti , di quel che possa sembrare a prima vista . Un altro ingegnere , niente affatto avversario del governo , mi esprimeva anche lui i suoi dubbi ed i suoi timori . « Non si è saputo cosa fare , con questa crisi . Ma anche se avremo un grande successo militare , sarà un rimedio solo per poco tempo . Ma chi sa , forse , quando questo tempo sarà trascorso , anche la crisi sarà superata , e noi potremo riprendere le relazioni con il resto del mondo . » Si vedeva che egli soffriva profondamente del distacco , della barriera che il fascismo ha creato tra l ' Italia ed il resto del mondo . « E poi , questa mentalità bellicosa che si è venuta diffondendo fa male al cuore di ogni persona che abbia conservato la mente sana . » Gli ho domandato se era molta la gente che aveva di fronte alla guerra lo stesso suo atteggiamento . « No , no , mi ha risposto , singoli casi , eccezioni . Quasi tutti ripetono le parole del duce : " Tireremo diritto ! " » . Non so però se l ' impressione di questo ingegnere sia giusta : mi pare piuttosto che è il fascismo che è riuscito , con tutta la sua politica , a creare quelle barriere che impediscono agli amici della pace di incontrarsi e di riconoscersi . Anche dopo le recenti vittorie , e nei più svariati ambienti , ho sentito relativamente spesso della gente parlare in tono accorato della guerra . Ma ci si arrende alla ineluttabilità della guerra perché ci si sente isolati , divisi , e perciò impotenti . Sono queste barriere che separano gli amici della pace , è questo senso della ineluttabilità della guerra che viene che bisogna vincere . Non si può dire , in genere , che la guerra e la propaganda sciovinista del fascismo siano riusciti a diffondere nelle larghe masse l ' odio contro gli abissini . Mi dicono che , nei primi tempi , era abbastanza diffusa l ' idea che la guerra non sarebbe stata sanguinosa , data la grande superiorità tecnica dell ' esercito italiani . Molti cattolici convinti , ad esempio , si rallegravano di questa spedizione , che avrebbe permesso ai missionari di portare la civiltà e la vera fede a questi popoli barbari . Se qualcuno diceva che non è con la guerra che si civilizza un paese , molto spesso si sentiva rispondere che questa guerra non avrebbe portato grandi perdite di vite umane , nemmeno tra gli abissini . Poi , a poco a poco , le cose sono mutate . I comunicati di Badoglio ed i film « Luce » hanno tolte molte illusioni . Mi sono trovato in un grande cinematografo durante la proiezione di un film « Luce » . Scene della guerra in Abissinia . Ho l ' impressione che la gente sia ben lieta di veder proiettare sullo schermo scene di vittoria . Un amico che è con me mi dice che , qualche tempo fa , l ' entusiasmo era forse maggiore . Comunque , quando sullo schermo appare Badoglio , gli applausi mi sembrano fragorosi e spontanei . Ancor più fragorosamente applaudita è una scena in cui si vedono gli infermieri italiani curare dei bambini abissini . Poco dopo , la scena muta . Ora sì è nel bel mezzo della battaglia . Bombardamenti , incendi . Si sente che tutto il pubblico , nella sala , è concentrato in se stesso , come ipnotizzato da questa scena di sangue . Un signore , seduto vicino a me , si è sollevato a metà sul suo sedile , appoggiato con le mani ai suoi braccioli , e tutto teso in uno sforzo di attenzione , ha lasciato spegnere la sigaretta tra le labbra . Il pubblico è muto . Ma quando un mucchio di cadaveri abissini appare sulla scena , un gruppetto di studenti ride e applaude . Tutta la sala , immediatamente , zittisce , ed una signora dice , tra il consenso generale : « Con questa guerra si perde ogni sentimento cristiano » . Non bisogna credere , tuttavia , che questa assenza di un odio diffuso contro il nemico abissino sia sempre il prodotto di sentimenti pacifici o cristiani . Anche in moltissimi dei giovani più infatuati della guerra ho trovata una certa indifferenza a questo riguardo . Qualcuno a cui ho domandato le ragioni di questa indifferenza , mi ha risposto che « questi poveri abissini sono nemici contro i quali non si può provare odio » . Eppure tutti riconoscono che essi si battono da leoni ! Ma è contro l ' Inghilterra che si concentra tutto l ' odio , è il nome dell ' Inghilterra che , appena pronunciato , risveglia tutte le passioni politiche . È questo forse il campo in cui la propaganda sciovinistica del fascismo ha ottenuto i più grandi risultati . La convinzione che è l ' Inghilterra la causa di tutto , della guerra , delle sanzioni , della miseria è estremamente diffusa , in tutti gli strati della popolazione . E l ' odio è accompagnato da un certo disprezzo . « Sì , è vero , mi dice un professore , a cui avevo obbiettato che anche i paesi che hanno grandi imperi coloniali soffrono della crisi e della disoccupazione , ma ciò dipende dal fatto che gli inglesi e i francesi non sanno sfruttare le loro colonie ; noialtri italiani mostreremo a tutto il mondo come si deve colonizzare un paese . Noi siamo i successori dell ' Inghilterra e della Francia ! » . Non vi è dubbio che la propaganda fascista contro l ' Inghilterra ha potuto avere un così largo successo anche perché la politica del governo inglese ha fornito ad essa abbondanti motivi polemici . La discriminazione tra l ' Italia e la Germania nell ' applicazione delle sanzioni , ad esempio , ha fornito alla stampa fascista molti argomenti per dimostrare alle masse italiane le ragioni imperialistiche della politica sanzionista del governo inglese , e sono le oscillazioni e le incertezze della politica societaria dell ' Inghilterra che hanno alimentato il disprezzo per il popolo inglese , che il fascismo è riuscito a diffondere largamente tra le masse . Incoscienza , esaltazione , volontà disperata di non guardare in faccia ai pericoli che si sentono imminenti : ciò è quanto ho potuto osservare nei miei interlocutori ogni volta che sono venuto a parlare di guerra e di sanzioni . Quasi tutti mi hanno affermato che le sanzioni non hanno portato alcun danno all ' Italia , che anzi : l ' hanno aiutata e spinta a produrre in casa propria quel che prima importava dall ' estero . Anche della gente colta , anche degli uomini di affari mi hanno ripetuto con calore queste affermazioni della stampa fascista . Se è vero che , politicamente , le sanzioni hanno potuto permettere al fascismo una certa speculazione patriottica , non mi posso spiegare delle affermazioni come quelle sulla « utilità economica » delle sanzioni altro che con una deliberata volontà di sfuggire , con l ' immaginazione , a una realtà che si sa dura , ostica , invincibile . Non di rado mi è capitato di sentir dire , da gente posata e colta , che « l ' Inghilterra ha ceduto e cederà , perché le sue navi non possono far nulla contro i raggi di Marconi » . E così per mille altre cose . Sì , incoscienza , esaltazione , volontà di non guardare in faccia il pericolo , e alla base di tutto questo una grande disperazione che , dopo le ultime vittorie , sembra tramutarsi in una fantastica attesa di giorni migliori , forse ancor più tragica e disperata . Tutti ora si vogliono convincere che , dopo la fine della guerra , « tutto andrà meglio » . Ho domandato se prima non si stava bene . « No , mi hanno risposto , prima non si stava bene per la disoccupazione , poi per le sanzioni . Ma quando avremo l ' Africa , avremo lavoro per i nostri operai e materie prime per l ' industria . » Ma non sempre si riesce a vincere il dubbio , lo scetticismo . Un negozio di vestiti in via Nazionale . Nella vetrina è esposto un mannequin con la divisa coloniale , attorniato da un paesaggio africano ove non manca nemmeno il leone . Nello sfondo , il tricolore . Molta gente è ferma dinanzi alla vetrina , e discute del clima , delle possibilità di colonizzazione . Mi stupisce di vedere quanto poco questi signori , per la maggior parte ben vestiti , sappiano di concreto sul paese che i soldati italiani stanno conquistando . Ma in genere i pareri non sono troppo entusiasti . « Di tutte le fotografie dell ' Abissinia che ho visto fino ad ora , dice uno , neanche una mostra , un bel paesaggio , rocce , rocce e ancora rocce . » Anche gli altri intorno esprimono dubbi e incertezze . L ' assembramento è ormai abbastanza numeroso , e si discute animatamente , finché non prende la parola un fascista in divisa , che parla come se recitasse un articolo di un giornale . Silenzio generale , poi il gruppo degli ascoltatori si disperde rapidamente ... È l ' ultima impressione che ho portata con me , mentre mi avvio alla stazione per partire da Roma .