StampaPeriodica ,
Da
alcuni
anni
in
ogni
luogo
di
Europa
,
ed
ormai
anche
del
mondo
intero
,
si
identificano
con
la
parola
«
Fascisti
»
certi
gruppi
politici
dai
colori
più
svariati
.
La
maggior
parte
di
tali
partiti
oltre
al
contenuto
nazionalistico
che
non
manca
mai
,
arrivano
anche
a
formulare
dei
programmi
sociali
abbastanza
elevati
in
cui
si
affacciano
delle
idee
collaborazionistiche
.
A
dare
a
tali
movimenti
il
nome
di
fascisti
non
siamo
certo
noi
che
anzi
spesso
accettiamo
tale
denominazione
,
senza
porre
precisazioni
pedanti
e
senza
fare
lunghe
ricerche
,
solo
per
scopi
contingenti
di
politica
e
sopratutto
in
vista
di
un
comune
programma
antibolscevico
.
Ciò
che
è
oltremodo
opportuno
mettere
in
evidenza
è
che
in
tutto
il
mondo
si
è
concordi
nell
'
usare
a
proposito
,
o
come
più
spesso
accade
,
a
sproposito
,
il
vocabolo
«
fascismo
»
.
Tale
etichetta
talvolta
viene
appiccicata
a
movimenti
sinceramente
e
fondamentalmente
evoluzionistici
,
talvolta
viene
invece
usata
ad
indicare
delle
pure
e
semplici
reazioni
.
Tutto
questo
può
essere
prova
della
confusione
di
lingue
che
regna
in
un
mondo
disorientato
alla
vana
ricerca
di
se
stesso
,
in
cui
la
belva
bolscevica
arriva
ad
atteggiarsi
a
pacifica
sostenitrice
delle
libertà
civili
e
della
mentalità
pigra
di
un
enorme
numero
di
persone
che
non
riescono
più
ad
adeguarsi
alla
realtà
e
non
possono
più
scorgere
nulla
al
di
fuori
di
schemi
logici
precostituiti
.
Ad
ogni
modo
con
il
fare
apparire
i
vocaboli
«
fascismo
»
e
«
fascisti
»
nelle
più
disparate
parti
del
mondo
si
viene
senza
dubbio
a
riconoscere
a
tali
movimenti
un
qualche
elemento
comune
,
in
cui
si
ravvisa
il
carattere
di
una
possibile
universalità
.
È
interessante
il
vedere
come
tutto
questo
avvenga
senza
nessuna
propaganda
e
senza
la
minima
attività
esportatrice
da
parte
del
Fascismo
italiano
e
senza
nessuna
organizzazione
sul
tipo
di
una
internazionale
vuoi
rosa
,
vuoi
rossa
.
Se
per
ora
pure
trovandoci
in
mezzo
a
tanta
confusione
si
è
d
'
accordo
nel
vedere
una
tendenza
all
'
universalità
ravvisando
ovunque
nei
movimenti
così
detti
fascisti
se
non
altro
la
volontà
di
mettere
un
ordine
,
la
tendenza
a
stabilire
un
'
autorità
e
una
disciplina
là
dove
non
ve
ne
è
,
cioè
alcuni
dei
sommi
elementi
costitutivi
della
dottrina
fascista
,
non
dubitiamo
che
in
un
avvenire
non
lontano
,
ancora
senza
il
minimo
bisogno
di
propaganda
,
ci
sarà
chi
comincerà
a
capire
e
ad
attuare
tutta
quanta
l
'
essenza
del
nostro
fascismo
.
Non
mancherà
più
allora
nel
mondo
la
possibilità
di
distinguere
i
fascismi
veri
da
quelli
falsi
;
questi
ultimi
vedranno
chiara
la
necessità
di
trasformarsi
per
evitare
l
'
ipotesi
di
perire
per
forza
di
cose
senza
rimpianti
.
A
questo
scopo
il
tempo
sarà
un
ottimo
lavoratore
.
È
indubbio
che
in
molti
casi
i
partiti
o
i
governi
che
si
dicono
o
vengono
detti
fascisti
non
sono
altro
che
le
vecchie
destre
nazionaliste
che
tirano
fuori
nuovi
strumenti
di
lotta
politica
.
Di
tali
destre
non
c
'
è
da
avere
,
almeno
per
ora
,
troppa
fiducia
e
ci
meravigliamo
davvero
che
certi
grandi
giornalisti
,
senza
attender
troppo
,
inneggino
e
brindino
ad
ogni
parola
o
ad
ogni
scritto
di
una
qualsiasi
personalità
di
uno
dei
gruppi
in
questione
.
Tali
giornalisti
danno
prova
di
avere
intorno
al
fascismo
delle
idee
piuttosto
indefinite
per
non
usare
altri
termini
.
Anche
quando
si
ha
da
fare
con
movimenti
aventi
un
programma
decisamente
innovatore
,
è
necessario
essere
molto
cauti
nel
giudicare
.
Occorre
come
primo
elemento
di
ogni
possibile
giudizio
porre
mente
alla
attuabilità
del
detto
programma
.
Il
primo
e
fondamentale
requisito
perché
un
governo
,
meglio
,
uno
stato
,
possa
proclamarsi
fascista
è
l
'
esistenza
di
un
uomo
oppure
di
un
ristretto
gruppo
che
,
non
solo
voglia
,
ma
anche
possa
,
non
soccombendo
dinanzi
alle
contingenze
,
dominare
tutte
quelle
forze
che
per
la
loro
stessa
composizione
non
possono
non
essere
tenacemente
conservatrici
e
cioè
il
capitalismo
,
la
borghesia
,
i
dottrinari
etc
.
Quanto
sopra
porta
con
sé
il
fatto
che
se
un
governo
ha
un
programma
sociale
e
fa
delle
riforme
sentite
ed
opportune
,
ciò
non
basta
certo
per
dare
a
tale
governo
la
qualifica
di
fascista
.
Tra
i
riformatori
e
gli
evoluzionisti
è
capitale
il
distinguere
coloro
che
fanno
il
minimo
possibile
di
innovazioni
verso
il
popolo
per
restare
radicati
al
potere
e
per
non
smentire
un
programma
precedentemente
sostenuto
e
coloro
che
invece
lottano
costantemente
,
usando
tutti
i
mezzi
politici
,
per
attuare
il
maggior
numero
possibile
di
riforme
,
cioè
tutte
quelle
riforme
che
non
siano
incompatibili
con
il
senso
comune
,
con
le
esigenze
concrete
delle
masse
,
con
i
dati
di
una
civiltà
,
in
una
parola
con
il
momento
storico
.
È
del
resto
evidente
che
una
valutazione
siffatta
,
massimamente
quando
si
tratta
di
paesi
stranieri
,
è
tutt
'
altro
che
facile
e
spesso
umanamente
impossibile
.
Anche
qui
è
necessario
lasciar
lavorare
il
tempo
e
la
storia
.
Quando
gli
stati
fascisti
o
fascistoidi
saranno
nel
mondo
la
regola
,
cosa
di
cui
i
fatti
non
ci
lasciano
dubitare
,
gli
uomini
di
stato
,
nel
perseguimento
della
politica
internazionale
,
avranno
dinanzi
a
sé
due
vie
.
Da
un
lato
potremo
avere
un
certo
numero
di
stati
portatori
di
sentimenti
nazionalistici
,
egoistici
ed
imperialistici
giunti
alla
esasperazione
o
per
causa
propria
o
per
causa
altrui
.
Si
avrà
allora
in
tali
casi
un
programma
collaborazionistico
e
sociale
solo
per
uso
interno
accompagnato
da
un
opposto
programma
di
egoismo
e
di
prepotenza
per
uso
esterno
.
In
questo
caso
il
mondo
avrebbe
fatto
un
ulteriore
passo
verso
la
catastrofe
ed
ogni
soluzione
dei
problemi
più
assillanti
per
l
'
umanità
verrebbe
rimandata
a
tempi
migliori
.
Dall
'
altro
lato
abbiamo
la
vera
soluzione
fascista
e
corporativa
consistente
nella
proiezione
anche
nel
campo
internazionale
dei
principii
già
affermati
ed
attuati
nella
organizzazione
interna
e
cioè
dei
principii
di
collaborazione
,
gerarchia
,
solidarietà
,
ordine
,
disciplina
.
Si
arriverebbe
fino
dagli
inizii
alla
rinunzia
di
tutti
quegli
egoismi
particolari
dannosi
alla
convivenza
comune
.
Ogni
stato
organizzerebbe
la
propria
politica
e
la
propria
economia
tenendo
conto
degli
interessi
superiori
e
imprescindibili
della
collettività
.
StampaPeriodica ,
Gli
ambienti
letterari
fascisti
italiani
hanno
fatto
la
congiura
del
silenzio
,
o
quasi
,
intorno
all
'
ultimo
romanzo
di
Alberto
Moravia
(
Le
ambizioni
sbagliate
,
Milano
,
Casa
Editrice
Mondadori
,
L
.
15
)
;
atteggiamento
stranamente
contrastante
con
il
favore
che
solo
un
anno
fa
aveva
accompagnato
la
pubblicazione
di
una
raccolta
di
novelle
dello
stesso
autore
(
La
bella
vita
,
Giuseppe
Carabba
,
Editore
)
e
salutato
l
'
annuncio
del
libro
in
preparazione
.
Al
di
là
e
al
di
sopra
di
tutte
le
vicissitudini
esterne
,
che
hanno
certo
il
loro
peso
ma
non
bastano
a
spiegare
questa
nuova
e
voluta
«
indifferenza
»
,
sarebbe
difficile
non
vedere
un
certo
sforzo
,
da
parte
della
società
fascista
,
per
separare
le
proprie
responsabilità
da
questo
giovane
e
forte
scrittore
,
nato
sul
suo
stesso
terreno
e
prodotto
`
dal
suo
stesso
clima
,
ch
'
essa
si
è
accorta
infine
di
portare
sulla
propria
pelle
come
il
sintomo
implacabile
di
una
malattia
organica
che
non
perdona
.
Le
autorità
ufficiali
e
i
censori
del
Sant
'
Ufficio
,
nella
loro
coerente
ipocrisia
,
si
sarebbero
probabilmente
accontentati
di
aver
fatto
sopprimere
qualche
dettaglio
di
anatomia
e
di
aver
trasformato
lo
sbocco
logico
del
romanzo
,
il
suicidio
,
in
una
risoluzione
altrettanto
scialba
quanto
imprevista
(
come
in
certi
film
moralizzanti
:
«
Visto
che
non
vuoi
fuggire
con
me
,
ora
che
ho
ucciso
e
rubato
,
andrò
a
consegnarmi
alla
polizia
»
...
)
.
Ma
l
'
istinto
di
classe
della
borghesia
fascista
,
vergognosa
di
un
male
che
la
mina
e
la
denuncia
in
modo
tanto
più
efficace
quanto
meno
diretto
,
ha
avuto
un
soprassalto
che
gli
stessi
tutelatori
d
'
ufficio
della
«
morale
»
pubblica
non
avevano
forse
previsto
.
È
tutta
l
'
opera
di
Alberto
Moravia
ch
'
essa
vorrebbe
oggi
gettar
lontano
da
sé
,
dopo
averla
in
un
primo
momento
celebrata
non
meno
istintivamente
,
perché
si
riconosceva
in
essa
.
È
il
ricordo
sferzante
delle
pagine
fredde
,
stridenti
,
mostruose
spesso
degli
Indifferenti
ch
'
essa
vorrebbe
oggi
soffocare
con
rabbia
,
quando
circonda
di
un
falso
velo
di
silenzio
la
lunga
vicenda
del
nuovo
romanzo
,
superiore
forse
al
primo
dal
punto
di
vista
stilistico
e
letterario
,
ma
infinitamente
meno
efficace
dal
punto
di
vista
umano
,
documentario
e
anche
artistico
.
Nessuno
scatto
di
collera
o
di
angoscia
,
nessuna
tardiva
velleità
di
sconfessione
potranno
mai
far
sì
che
gli
Indifferenti
non
siano
stati
scritti
e
non
siano
quello
che
sono
.
L
'
imitazione
di
altre
scuole
o
tendenze
letterarie
,
più
sensibile
nell
'
ultimo
romanzo
(
come
non
pensare
a
Dostoievski
,
a
certi
tormentosi
soliloqui
di
Raskolnikov
soprattutto
,
in
alcune
delle
pagine
più
drammatiche
di
Le
ambizioni
sbagliate
?
)
,
non
costituiva
là
che
un
elemento
molto
secondario
.
Che
dopo
anni
di
sbandierata
rivalorizzazione
di
tutti
i
principi
«
morali
»
,
sui
quali
la
società
fascista
edifica
la
propria
sovrastruttura
ideologica
(
onore
,
orgoglio
,
famiglia
,
religione
,
affetti
,
ecc
.
)
,
un
giovane
poco
più
che
ventenne
,
staccato
da
contatti
letterari
o
filosofici
troppo
pronunciati
,
ma
abbarbicato
al
suo
mondo
,
al
mondo
dell
'
Italia
fascista
abbia
soltanto
potuto
pensare
un
libro
come
quello
,
realizzato
con
quella
forza
artistica
,
creatrice
,
che
nessuno
può
sognarsi
di
negare
:
ecco
che
cosa
costituisce
essenzialmente
,
ai
nostri
occhi
,
il
«
caso
Moravia
»
.
Molti
sono
i
nostri
compagni
che
hanno
letto
gli
Indifferenti
e
ne
hanno
riportato
un
'
impressione
spesso
penosa
,
talora
di
disgusto
quasi
fisico
,
e
hanno
sentito
sorgere
in
sé
una
reazione
istintiva
e
profonda
.
È
bene
,
è
sano
che
sia
così
:
e
molti
altri
dovrebbero
fare
la
stessa
esperienza
.
Ricordate
quei
monaci
medioevali
che
obbligavano
il
novizio
a
passare
le
notti
accanto
a
un
cadavere
in
putrefazione
,
perché
meditasse
a
suo
agio
sulla
bruttura
della
carne
?
Noi
invece
,
che
amiamo
le
bellezze
della
vita
e
denunciamo
la
bruttura
di
un
mondo
sociale
che
vogliamo
distruggere
dalle
radici
,
il
mondo
dei
tristi
personaggi
di
Moravia
,
non
abbiamo
meditazioni
da
compiere
,
ma
conclusioni
di
azione
da
trarre
:
ecco
il
volto
ripugnante
dei
pretesi
moralizzatori
e
difensori
delle
tradizioni
italiane
,
ecco
i
profittatori
e
gli
sfruttatori
del
popolo
,
i
nemici
della
pace
e
della
patria
!
Senza
volerlo
,
Moravia
ha
lavorato
anche
per
noi
,
operai
,
contadini
,
rivoluzionari
italiani
,
che
lottiamo
per
spazzar
via
tutto
il
marciume
di
questa
società
in
putrefazione
,
di
questa
gente
che
non
ha
rossore
delle
più
sconcertanti
aberrazioni
psicologiche
e
morali
,
che
gioca
con
l
'
idea
del
vizio
e
del
delitto
,
ma
prova
«
un
senso
di
ripugnanza
,
di
umiliazione
»
quando
passa
attraverso
una
folla
di
scioperanti
in
lotta
per
il
pane
e
per
un
mondo
migliore
(
Gli
Indifferenti
,
Ed
.
Corbaccio
,
p
.
27
)
.
Bisogna
riconoscere
che
sotto
questo
aspetto
,
il
solo
sul
quale
per
il
momento
vogliamo
attirare
l
'
attenzione
dei
compagni
,
il
secondo
romanzo
di
Moravia
è
infinitamente
meno
rappresentativo
.
L
'
autore
,
in
virtù
stessa
della
sua
arte
,
si
è
ormai
staccato
idealmente
da
quegli
ambienti
che
gli
nascevano
lucidi
e
freddi
sotto
la
penna
quando
scriveva
il
suo
primo
libro
.
Oggi
,
che
egli
lo
voglia
o
no
,
non
c
'
è
più
soltanto
l
'
analisi
di
una
situazione
,
di
uno
stato
d
'
animo
,
di
un
pensiero
o
dell
'
assenza
di
un
pensiero
:
c
'
è
già
il
principio
di
un
giudizio
,
si
sente
già
affiorare
una
valutazione
di
carattere
filosofico
o
morale
.
Quella
spaventosa
assenza
di
volontà
,
di
reazione
sentimentale
o
morale
,
che
colpisce
fin
dalle
prime
pagine
degli
Indifferenti
e
si
sviluppa
metodica
ed
esasperante
fino
alla
chiusa
,
quasi
a
riflettere
la
suprema
indifferenza
degli
strati
decisivi
della
società
borghese
,
del
capitale
finanziario
,
del
regime
fascista
,
di
fronte
ai
problemi
del
dolore
,
del
lavoro
,
dell
'
elevazione
umana
,
cede
il
posto
nelle
Ambizioni
sbagliate
a
una
forma
di
introspezione
,
di
tormento
,
di
«
autocritica
»
,
ancora
ossessionante
ma
molto
meno
originale
e
significativa
.
Non
si
trasportano
a
piacere
in
una
determinata
atmosfera
sociale
le
esperienze
di
un
altro
ambiente
o
di
un
altro
momento
storico
.
L
'
indifferente
di
ieri
,
espressione
cruda
,
allucinante
,
di
uno
strato
notevole
della
gioventù
intellettuale
italiana
del
dopoguerra
,
cresciuta
all
'
ombra
del
fascismo
,
e
isterilita
dalla
sua
ideologia
,
incomincia
a
studiarsi
;
ma
invece
di
guardare
intorno
a
sé
,
nella
realtà
economica
e
sociale
che
lo
condiziona
,
si
è
messo
a
studiare
Proust
,
Dreiser
o
Dostoievski
(
per
non
citare
che
alcune
delle
influenze
più
appariscenti
)
.
Senza
ancora
condannarsi
,
si
vede
vivere
:
e
non
può
reprimere
un
movimento
di
disgusto
,
un
senso
di
vuoto
,
di
scoramento
,
di
noia
.
Siamo
già
sulla
soglia
di
un
nuovo
,
desolato
pessimismo
:
qualcosa
di
molto
diverso
dall
'
indifferenza
.
Quando
Leopardi
,
oltre
un
secolo
fa
,
ironizzava
nelle
Operette
morali
contro
gli
«
stupidi
»
progressi
della
scienza
e
dell
'
industria
(
trovatemi
una
macchina
che
ci
dia
un
vero
amico
,
una
donna
fedele
,
ecc
.
ecc
.
)
,
e
proclamava
l
'
infinita
vanità
del
tutto
,
non
ci
si
può
sottrarre
alla
sensazione
che
nel
suo
pessimismo
trovasse
sfogo
l
'
ansia
e
il
risentimento
della
vecchia
società
feudale
italiana
,
che
vedeva
avanzare
con
successo
sulla
scena
del
mondo
la
sua
antagonista
,
la
classe
borghese
.
Artisticamente
e
letterariamente
,
l
'
indifferenza
moraviana
(
i
due
termini
di
confronto
non
hanno
che
un
valore
di
indizio
,
si
capisce
)
poteva
forse
essere
l
'
equivalente
storico
di
certo
pessimismo
del
secolo
scorso
,
nella
nuova
situazione
in
cui
la
borghesia
fascista
vede
sorgere
e
giganteggiare
il
suo
antagonista
e
becchino
,
il
proletariato
.
Ma
la
confusa
ideologia
che
si
districa
dall
'
ultimo
romanzo
,
se
non
rappresenta
il
primo
passo
verso
una
decisa
presa
di
posizione
in
tutti
i
campi
contro
una
società
che
solo
vagamente
si
condanna
,
non
farà
che
straniare
Moravia
dalla
realtà
italiana
.
Solo
servendo
la
verità
,
ripeteva
ancora
recentemente
André
Gide
,
lo
scrittore
può
servire
lo
sviluppo
artistico
dell
'
umanità
,
e
quindi
la
rivoluzione
.
Moravia
non
è
certo
uno
scrittore
rivoluzionario
,
ma
si
stupirebbe
ancor
più
se
si
dovesse
negare
alla
sua
arte
un
carattere
umano
,
se
vogliamo
umanistico
.
I
tristi
eroi
degli
Indifferenti
ci
hanno
colpito
fin
dal
principio
come
qualcosa
di
repellente
,
come
dei
mostri
,
ma
dei
mostri
veri
,
viventi
,
scaturiti
dalla
fermentazione
di
tutta
un
'
epoca
;
e
finita
la
lettura
non
possiamo
fare
a
meno
di
sentirci
grati
al
giovane
romanziere
,
che
ci
ha
forgiato
un
'
arma
vera
per
la
nostra
lotta
,
per
la
lotta
contro
la
società
degli
istinti
più
biechi
e
dello
sfruttamento
più
avido
.
Ma
guai
se
l
'
arte
vigorosa
di
Alberto
Moravia
dovesse
cedere
il
posto
a
un
sottile
e
sterile
gioco
psicologico
,
come
talora
accade
nelle
Ambizioni
sbagliate
:
si
finirebbe
così
con
l
'
uscir
dal
vero
,
dall
'
umano
di
oggi
.
C
'
è
da
augurarsi
che
al
rude
contatto
con
la
realtà
l
'
arte
di
Alberto
Moravia
non
si
smarrisca
nell
'
artificio
e
sappia
trovare
infine
la
propria
strada
:
la
strada
di
coloro
che
sanno
maneggiare
lo
scalpello
non
soltanto
per
modellare
,
ma
anche
per
abbattere
.
StampaPeriodica ,
Le
corporazioni
fascisti
,
organizzazioni
della
guerra
e
della
dominazione
del
grande
capitalismo
.
Il
discorso
pronunciato
da
Mussolini
il
23
marzo
scorso
,
all
'
Assemblea
nazionale
delle
corporazioni
,
ha
evitato
scrupolosamente
di
fare
il
bilancio
riassuntivo
del
primo
anno
di
esistenza
del
regime
corporativo
.
Costituite
con
la
legge
del
6
febbraio
1934
,
le
22
corporazioni
,
che
abbracciano
l
'
insieme
dell
'
economia
del
paese
,
cominciarono
a
funzionare
verso
la
fine
del
1934
e
il
principio
del
1935
.
Ciascuna
di
esse
ha
discusso
le
questioni
giudicate
più
importanti
nella
rispettiva
sfera
d
'
azione
,
ed
ha
presentato
le
proprie
conclusioni
al
governo
,
al
quale
sono
riservate
tutte
le
decisioni
definitive
.
Era
legittimo
attendersi
e
la
stampa
fascista
lo
aveva
annunciato
che
Mussolini
,
alla
prima
Assemblea
generale
delle
corporazioni
,
avesse
tirato
le
somme
della
esperienza
del
primo
anno
di
vita
corporativa
.
La
ragione
della
volontaria
omissione
è
comprensibile
.
Avendo
esaltato
per
anni
il
futuro
regime
corporativo
come
un
evento
rivoluzionario
,
il
quale
avrebbe
iniziata
l
'
era
della
«
più
alta
giustizia
sociale
»
,
Mussolini
ha
sentito
che
gli
sarebbe
stato
estremamente
difficile
dire
che
cosa
si
sia
veramente
realizzato
sul
cammino
della
nuova
era
promessa
.
Al
contrario
.
Le
questioni
brucianti
delle
masse
lavoratrici
non
sono
mai
state
nemmeno
messe
all
'
ordine
del
giorno
delle
corporazioni
.
Tutta
l
'
attività
-
di
tutte
le
corporazioni
è
stata
diretta
verso
un
duplice
obbiettivo
fondamentale
:
rafforzare
il
monopolio
economico
e
politico
degli
strati
più
potenti
e
reazionari
del
grande
capitalismo
(
a
danno
del
popolo
,
delle
piccole
e
medie
aziende
e
anche
degli
strati
inferiori
della
borghesia
)
,
monopolizzare
e
asservire
tutta
l
'
economia
del
paese
ai
fini
della
guerra
e
del
soprapprofitto
del
grande
capitalismo
.
Il
nostro
partito
non
ha
atteso
né
il
recente
discorso
di
Mussolini
né
il
primo
anno
di
esistenza
del
regime
corporativo
,
per
dare
un
giudizio
esatto
delle
corporazioni
,
che
l
'
esperienza
ha
confermato
in
pieno
.
Già
nel
1933
in
un
appello
lanciato
al
popolo
italiano
,
in
risposta
all
'
ondata
di
demagogia
scatenata
dal
fascismo
sul
tema
del
corporativismo
,
il
nostro
partito
affermava
:
«
...
l
'
annuncio
delle
corporazioni
è
un
annuncio
di
guerra
.
La
corporazione
è
la
forma
organizzata
della
mobilitazione
industriale
e
della
organizzazione
dell
'
economia
in
vista
della
guerra
...
La
corporazione
è
l
'
organizzazione
di
un
più
grande
sfruttamento
del
proletariato
e
dei
lavoratori
da
parte
del
grande
capitale
,
di
una
più
grande
schiavitù
delle
masse
;
essa
è
una
preparazione
immediata
della
guerra
»
.
Se
potesse
sussistere
il
minimo
dubbio
sulla
scrupolosa
esattezza
dell
'
apprezzamento
dato
dal
nostro
partito
(
in
un
momento
in
cui
la
demagogia
di
Mussolini
aveva
assunto
una
tale
ampiezza
da
far
dire
persino
a
qualche
compagno
socialista
,
sulle
colonne
del
Nuovo
Avanti
,
che
nel
corporativismo
ci
poteva
essere
«
qualche
cosa
di
buono
!
»
)
,
il
piano
corporativo
annunciato
dallo
stesso
Mussolini
,
nel
suo
discorso
del
23
marzo
,
basterebbe
a
dissiparlo
.
In
che
cosa
consiste
realmente
questo
piano
corporativo
?
La
presentazione
che
ne
ha
fatto
il
suo
autore
non
lascia
alcun
dubbio
.
«
Questo
piano
ha
detto
Mussolini
è
dominato
da
una
premessa
:
la
ineluttabilità
che
la
nazione
sia
chiamata
al
cimento
bellico
.
Quando
?
Come
?
Nessuno
può
dirlo
,
ma
la
ruota
del
destino
corre
veloce
...
Questa
drammatica
eventualità
deve
guidare
tutta
la
nostra
azione
.
»
Si
tratta
,
dunque
,
in
primo
luogo
,
di
un
piano
di
guerra
,
di
un
piano
per
«
l
'
organizzazione
dell
'
economia
in
vista
della
guerra
»
.
Mussolini
non
ha
neppure
parlato
della
guerra
attuale
contro
l
'
Abissinia
,
che
viene
considerata
una
semplice
spedizione
coloniale
!
...
La
guerra
che
Mussolini
annuncia
come
prossima
è
la
guerra
europea
e
mondiale
,
la
guerra
per
una
nuova
divisione
del
mondo
,
la
cui
punta
principale
è
diretta
contro
l
'
URSS
e
di
cui
Hitler
e
Mussolini
sono
i
più
accaniti
fautori
.
E
per
sottolineare
,
a
un
tempo
,
l
'
ampiezza
della
subordinazione
alle
esigenze
della
guerra
,
dei
bisogni
economici
più
elementari
del
popolo
e
l
'
imminenza
della
nuova
carneficina
mondiale
,
Mussolini
ha
soggiunto
:
«
Andiamo
verso
un
periodo
durante
il
quale
le
grandi
industrie
non
avranno
né
tempo
né
possibilità
di
lavorare
per
il
consumo
privato
,
ma
dovranno
lavorare
esclusivamente
o
quasi
per
le
forze
armate
della
nazione
»
.
Tutta
l
'
economia
del
paese
,
tutte
le
magre
risorse
ricavate
dal
lavoro
del
popolo
italiano
vengono
monopolizzate
e
assorbite
per
la
guerra
e
...
per
i
soprapprofitti
del
grande
capitale
.
Uno
degli
aspetti
essenziali
del
«
piano
regolatore
e
enunciato
da
Mussolini
è
il
modo
con
il
quale
verrebbe
realizzata
l
'
organizzazione
dell
'
economia
del
paese
ai
fini
della
guerra
,
cioè
la
particolare
organizzazione
che
verrebbe
data
alla
grande
industria
,
e
più
specialmente
all
'
industria
di
guerra
.
Naturalmente
Mussolini
non
dimentica
mai
che
uno
degli
strumenti
più
efficaci
di
dominazione
della
dittatura
fascista
è
la
demagogia
.
Perciò
,
nel
presentare
il
suo
piano
corporativo
,
egli
si
è
preoccupato
di
dargli
un
'
apparenza
di
«
nazionalizzazione
»
delle
grandi
industrie
,
per
dare
una
soddisfazione
esteriore
alle
aspirazioni
anticapitalistiche
delle
masse
operaie
e
di
una
parte
importante
della
piccola
borghesia
,
illudendole
che
le
misure
ch
'
egli
vuole
adottare
siano
un
colpo
di
mazza
assestato
al
grande
capitalismo
,
a
quello
che
Mussolini
chiama
«
supercapitalismo
»
.
È
precisamente
del
contrario
che
si
tratta
,
come
possiamo
dimostrare
seguendo
con
senso
critico
lo
stesso
ragionamento
del
supremo
demagogo
.
«
Quanto
alla
grande
industria
che
lavora
direttamente
o
indirettamente
per
la
difesa
della
nazione
...
e
l
'
altra
industria
sviluppatasi
sino
a
diventare
capitalistica
o
supercapitalistica
ha
detto
Mussolini
-
essa
sarà
costituita
in
grandi
unità
corrispondenti
a
quelle
che
si
chiamano
le
industrie
-
chiavi
ed
assumerà
un
carattere
speciale
nell
'
orbita
dello
Stato
.
»
Alcuni
rami
di
queste
industrie
verrebbero
gestiti
direttamente
dallo
Stato
,
altre
sottoposte
a
«
efficiente
controllo
»
,
altre
formerebbero
delle
«
imprese
miste
»
,
nelle
quali
lo
Stato
e
i
privati
formano
il
capitale
e
organizzano
la
gestione
in
comune
.
Si
tratta
,
quindi
,
di
una
maggiore
concentrazione
delle
grandi
industrie
nelle
mani
di
gruppi
sempre
più
ristretti
di
grandi
capitalisti
,
che
sono
poi
coloro
stessi
che
determinano
la
politica
dello
Stato
fascista
.
Gli
strati
più
potenti
e
più
fascisti
del
capitale
finanziario
accentrano
nelle
proprie
mani
,
in
associazione
con
lo
Stato
che
è
pure
nelle
loro
mani
le
industrie
-
chiave
del
paese
,
per
assicurarsi
il
dominio
assoluto
dell
'
economia
nazionale
,
e
asservirla
ai
propri
fini
.
I
termini
giuridici
,
sui
quali
sarà
fondata
l
'
associazione
di
questi
gruppi
di
grandi
capitalisti
e
dello
Stato
,
hanno
importanza
nella
misura
in
cui
sanzionano
i
nuovi
mostruosi
privilegi
.
Una
pratica
corrente
da
parecchi
anni
nella
politica
del
governo
fascista
è
consistita
nell
'
addossare
allo
Stato
(
cioè
al
popolo
)
le
perdite
delle
principali
società
bancarie
e
industriali
.
Questa
pratica
avrà
,
ora
,
la
forza
di
legge
,
per
assicurare
ai
grandi
capitalisti
cointeressati
nelle
e
unità
industriali
un
profitto
sicuro
e
tranquillo
.
Le
industrie
alle
quali
si
riferisce
il
piano
Mussolini
,
infatti
,
sono
in
gran
parte
le
industrie
già
fortemente
sovvenzionate
dal
governo
fascista
,
e
per
somme
che
ammontano
a
parecchi
miliardi
,
come
lo
stesso
Mussolini
dichiarò
(
senz
'
altre
precisioni
)
nel
suo
discorso
del
maggio
1934
.
L
'
essenza
del
piano
Mussolini
consiste
nel
porre
ufficialmente
e
definitivamente
a
carico
dello
Stato
tutte
le
passività
delle
industrie
comprese
nel
piano
,
perpetuando
,
sotto
una
forma
più
diretta
e
più
spicciativa
,
il
saccheggio
del
popolo
da
parte
dei
grandi
pescicani
capitalisti
.
La
riforma
bancaria
che
il
governo
fascista
aveva
già
precedentemente
annunciata
costituisce
una
delle
premesse
essenziali
per
la
realizzazione
del
piano
corporativo
di
guerra
.
Le
piccole
e
medie
industrie
vengono
escluse
,
nel
piano
corporativo
,
da
ogni
forma
di
sovvenzione
e
anche
dai
vantaggi
che
sono
rappresentati
dalle
sempre
profittevoli
ordinazioni
dello
Stato
(
interamente
assorbite
dal
gigantesco
monopolio
capitalistico
creato
col
piano
corporativo
)
;
e
sono
chiamate
,
insieme
al
popolo
lavoratore
,
a
pagare
le
spese
del
festino
che
la
dittatura
fascista
offre
ai
gruppi
più
rapaci
del
capitale
finanziario
.
Col
piano
corporativo
,
l
'
obbiettivo
del
grande
capitale
di
assorbire
o
annientare
la
media
e
piccola
industria
diventa
più
concreto
e
più
immediato
.
La
politica
detta
di
«
autarchia
economica
»
che
pratica
il
governo
fascista
,
e
di
cui
le
corporazioni
sono
lo
strumento
,
viene
presentata
,
nel
discorso
recente
di
Mussolini
,
come
una
necessità
per
realizzare
il
massimo
di
indipendenza
economica
soprattutto
in
tempo
di
guerra
presupposto
della
indipendenza
politica
del
paese
.
Questa
utopia
soddisfa
le
illusioni
della
piccola
borghesia
fascista
.
Ma
il
capitale
monopolistico
,
che
non
insegue
delle
chimere
,
si
preoccupa
di
controllare
le
importazioni
allo
scopo
di
monopolizzare
il
mercato
interno
,
anche
con
dei
prodotti
scadenti
o
con
dei
surrogati
,
a
prezzi
d
'
imperio
,
onde
realizzare
altissimi
profitti
,
sfruttando
il
mercato
interno
e
riducendo
il
popolo
italiano
ad
una
colonia
.
D
'
altra
parte
,
il
piano
corporativo
di
Mussolini
,
che
assicura
un
più
stretto
regime
di
monopolio
e
di
soprapprofitti
agli
strati
più
privilegiati
del
grande
capitalismo
,
accentua
i
contrasti
interni
tra
i
gruppi
capitalisti
:
contrasti
fra
gli
strati
privilegiati
e
quelli
meno
favoriti
,
fra
la
grande
industria
monopolistica
e
la
piccola
e
media
industria
,
e
,
soprattutto
,
fra
il
gigantesco
monopolio
corporativo
della
grande
industria
e
l
'
agricoltura
.
Quest
'
ultima
è
chiamata
ad
accollarsi
una
larga
parte
delle
spese
dei
privilegi
che
si
assicurano
nel
piano
Mussolini
gli
strati
dominanti
del
capitale
finanziario
.
Mussolini
lo
ha
annunciato
nel
suo
discorso
,
in
una
forma
velata
,
ma
pure
abbastanza
chiara
.
«
Nessuna
innovazione
alle
forme
tradizionali
della
economia
agricola
italiana
.
Esse
rispondono
bene
allo
scopo
,
che
è
quello
di
assicurare
il
fabbisogno
alimentare
del
popolo
italiano
e
di
fornire
talune
materie
prime
all
'
industria
»
.
Nulla
di
nuovo
per
l
'
agricoltura
,
quindi
.
Tutti
i
privilegi
sono
riservati
al
capitale
finanziario
e
...
ai
grandi
capitalisti
terrieri
che
si
sono
inseriti
nella
banca
e
partecipano
al
monopolio
corporativo
.
I
maggiori
sforzi
della
dittatura
fascista
saranno
volti
a
far
ricadere
sui
piccoli
contadini
e
sui
ceti
medi
della
campagna
i
nuovi
carichi
che
Mussolini
addossa
all
'
agricoltura
.
L
'
affermazione
di
Mussolini
concernente
l
'
agricoltura
ci
interessa
sotto
l
'
aspetto
più
propriamente
sociale
.
Secondo
Mussolini
,
non
v
'
è
nulla
da
innovare
«
alle
forme
tradizionali
dell
'
economia
agricola
»
.
Si
potrebbe
pensare
che
tutto
vada
bene
alla
campagna
!
Ma
quale
è
la
situazione
nella
campagna
italiana
?
Essa
si
può
sintetizzare
press
'
a
poco
così
.
Qualche
migliaio
di
grandi
agrari
e
di
latifondisti
,
posseggono
più
della
metà
delle
terre
coltivabili
d
'
Italia
.
Per
contro
,
almeno
5
milioni
di
lavoratori
agricoli
(
fra
salariati
e
braccianti
,
mezzadri
e
piccoli
fittavoli
)
non
posseggono
neppure
un
metro
quadrato
di
terra
.
La
miseria
di
questa
massa
è
spaventosa
.
Milioni
di
braccianti
sono
disoccupati
semipermanenti
e
senza
sussidio
che
soffrono
letteralmente
la
fame
.
Centinaia
di
migliaia
di
mezzadri
e
di
piccoli
fittavoli
sono
indebitati
e
rovinati
.
Altrettanti
piccoli
proprietari
,
presi
alla
morsa
delle
imposte
schiaccianti
del
fascismo
e
dello
sfruttamento
spietato
dei
monopoli
industriali
,
della
banca
e
degli
usurai
,
sono
espropriati
e
ricacciati
nella
massa
dei
braccianti
affamati
.
A
questa
situazione
spaventosa
e
insopportabile
,
Mussolini
dice
che
non
vi
è
nulla
da
modificare
!
Anche
i
proprietari
fondiari
della
vecchia
Russia
erano
dello
stesso
parere
,
nei
riguardi
dei
mugik
.
Ma
i
mugik
trovarono
che
vi
era
«
qualcosa
»
da
modificare
...
e
trovarono
anche
il
partito
di
Lenin
che
indicò
loro
la
strada
per
realizzare
le
aspirazioni
che
vibravano
più
forte
nei
loro
cuori
:
la
terra
ai
contadini
che
la
lavorano
!
Questa
parola
d
'
ordine
è
divenuta
ormai
la
bandiera
dei
contadini
poveri
e
dei
braccianti
del
mondo
intero
.
È
compito
nostro
di
farla
riecheggiare
nelle
campagne
italiane
,
per
affrettare
il
momento
in
cui
dai
tetri
casolari
e
dai
villaggi
resi
squallidi
e
tristi
dalla
miseria
,
la
fiumana
dei
lavoratori
agricoli
affamati
irromperà
e
farà
sentire
ai
padroni
attuali
della
terra
che
anche
nelle
campagne
italiane
vi
è
«
qualcosa
»
da
innovare
!
Per
comprendere
meglio
l
'
essenza
del
regime
corporativo
,
è
necessario
dare
uno
sguardo
all
'
attività
pratica
svolta
dalle
singole
corporazioni
nel
primo
anno
di
esistenza
,
per
vedere
quali
questioni
sono
state
discusse
,
quali
soluzioni
sono
state
proposte
e
nell
'
interesse
di
quali
classi
.
Troveremo
,
nell
'
esame
,
la
conferma
documentata
dell
'
apprezzamento
che
il
nostro
partito
ha
dato
del
corporativismo
.
Non
possiamo
esaminare
qui
l
'
attività
di
tutte
le
22
corporazioni
,
non
solamente
per
ragioni
di
spazio
,
ma
anche
per
evitare
una
eccessiva
monotonia
,
giacché
le
decisioni
delle
22
corporazioni
si
rassomigliano
tutte
,
ispirate
come
sono
ad
una
sola
direttiva
:
quella
di
realizzare
il
monopolio
degli
strati
più
ricchi
e
fascisti
del
capitalismo
nelle
diverse
branche
economiche
;
di
eliminare
ogni
possibilità
di
libera
concorrenza
per
imporre
prezzi
briganteschi
;
di
diminuire
le
imposte
ai
capitalisti
;
di
assicurare
le
migliori
condizioni
possibili
alla
«
produzione
»
,
cioè
ai
padroni
.
Nessuna
delle
22
corporazioni
ha
discusso
una
sola
questione
che
interessi
la
classe
operaia
ed
i
lavoratori
in
genere
(
rapporto
tra
i
salari
e
l
'
aumento
del
costo
della
vita
,
intensità
del
lavoro
,
sistemi
di
cottimi
,
durata
del
lavoro
e
disoccupazione
,
indebitamento
crescente
dei
piccoli
contadini
)
.
Secondo
la
stampa
fascista
vi
sarebbero
due
eccezioni
a
questa
regola
generale
:
l
'
estensione
ai
mezzadri
del
beneficio
dell
'
assicurazione
contro
la
...
tubercolosi
(
che
si
risolve
soprattutto
nell
'
imporre
ai
poveri
mezzadri
un
nuovo
contributo
)
,
ed
il
voto
espresso
da
alcune
corporazioni
a
favore
dell
'
apprendistato
(
non
già
beninteso
nel
senso
di
migliorare
le
condizioni
degli
apprendisti
,
ma
nel
senso
di
facilitare
la
formazione
di
nuove
maestranze
specializzate
,
di
cui
l
'
industria
di
guerra
ha
particolarmente
bisogno
)
.
La
Rivista
del
Lavoro
,
diretta
dal
gerarca
Cianetti
,
in
un
articolo
che
vorrebbe
essere
un
«
esame
dell
'
azione
svolta
dalle
corporazioni
»
dal
punto
di
vista
degli
interessi
dei
lavoratori
,
oltre
all
'
accennato
«
beneficio
»
concesso
ai
mezzadri
,
non
ha
potuto
indicare
nessun
'
altra
misura
presa
dalle
corporazioni
a
favore
dei
lavoratori
,
all
'
infuori
del
famigerato
accordo
interconfederale
del
novembre
1934
,
che
scaccia
dal
lavoro
il
maggior
numero
possibile
di
donne
e
di
giovani
,
per
occuparvi
un
certo
numero
di
disoccupati
adulti
,
con
dei
salari
dimezzati
...
Il
sottosegretario
di
Stato
alle
Corporazioni
,
parlando
alla
Camera
sul
bilancio
del
suo
dicastero
,
ha
saputo
scoprire
un
'
altra
misura
corporativa
a
favore
degli
operai
:
il
libretto
del
lavoro
.
Libretto
d
'
infamia
,
che
mira
a
stabilire
la
sorveglianza
speciale
sugli
operai
da
parte
dei
padroni
,
i
quali
avranno
una
nuova
arma
per
ricattare
i
propri
dipendenti
:
la
minaccia
di
una
cattiva
annotazione
sul
libretto
che
influenzerebbe
negativamente
su
tutta
la
vita
degli
operai
!
Come
si
vede
,
in
mancanza
di
misure
realmente
o
anche
solo
apparentemente
favorevoli
ai
lavoratori
,
i
gerarchi
fascisti
presentano
come
«
concessioni
»
del
regime
corporativo
delle
misure
che
sono
dirette
chiarissimamente
contro
i
lavoratori
!
Il
gerarca
Cianetti
,
in
un
articolo
pubblicato
nella
citata
Rivista
del
Lavoro
(
anno
V
,
n
.
1
,
gennaio
1936
)
,
è
costretto
a
riconoscere
a
denti
stretti
il
nulla
del
regime
corporativo
in
favore
del
lavoro
;
è
costretto
ad
ammettere
la
forte
delusione
che
il
primo
anno
di
vita
delle
corporazioni
suscita
tra
quei
lavoratori
che
avevano
creduto
alla
demagogia
corporativa
,
ma
se
la
prende
coi
«
critici
»
;
protesta
contro
gli
«
irresponsabili
della
strada
»
,
contro
gli
«
stati
d
'
animo
fondati
sul
pessimismo
»
e
se
ne
viene
fuori
con
questo
pietoso
lamento
:
«
Organizzare
una
società
(
quella
corporativa
)
in
un
mondo
di
egoismi
e
in
un
momento
in
cui
i
rapporti
tra
gli
uomini
e
la
morale
(
sic
!
)
subiscono
una
dura
prova
,
non
è
certo
facile
impresa
»
.
Ecco
,
secondo
gli
stessi
gerarchi
,
a
che
cosa
si
riduce
il
consuntivo
del
primo
anno
di
corporativismo
,
per
quanto
riguarda
il
lavoro
.
È
interessante
rilevare
l
'
urto
che
si
è
manifestato
in
seno
a
quasi
tutte
le
corporazioni
,
fra
la
preoccupazione
di
alcuni
gerarchi
i
quali
vorrebbero
delle
misure
illusorie
sulle
quali
appoggiare
la
propria
demagogia
,
mediante
l
'
apparenza
di
un
«
controllo
»
corporativo
sui
monopoli
industriali
ed
i
capitalisti
i
quali
vogliono
ben
coprire
i
monopoli
sotto
il
manto
della
corporazione
,
ma
sono
gelosissimi
della
loro
indipendenza
e
non
ammettono
neppure
l
'
apparenza
di
ingerenze
«
estranee
»
.
Questo
è
,
in
sostanza
,
il
senso
della
polemica
molto
istruttiva
che
si
è
svolta
fra
la
stampa
dei
gerarchi
e
quella
che
esprime
più
direttamente
gli
interessi
padronali
,
a
proposito
dei
consorzi
e
dei
comitati
corporativi
.
I
grandi
industriali
,
coscienti
che
la
corporazione
è
lo
strumento
per
rafforzare
i
propri
monopoli
,
si
sono
affrettati
a
costituire
in
ogni
branca
importante
dell
'
economia
il
proprio
consorzio
,
nel
quale
essi
decidono
i
prezzi
da
imporre
in
nome
della
corporazione
e
le
misure
più
severe
contro
i
possibili
concorrenti
,
esigono
leggi
speciali
per
impedire
il
sorgere
di
nuove
aziende
similari
e
per
stritolare
i
piccoli
e
medi
industriali
,
chiedono
che
sia
obbligatorio
il
consumo
dei
propri
prodotti
e
sottoprodotti
,
ecc
.
I
gerarchi
fascisti
ribattono
che
tutto
questo
è
legittimo
,
ma
che
le
decisioni
debbono
essere
prese
in
seno
a
un
comitato
corporativo
di
cui
essi
pure
facciano
parte
,
se
no
sarà
molto
difficile
far
passare
le
decisioni
prese
esclusivamente
da
consorzi
padronali
come
misure
corporative
prese
nel
nome
del
famosissimo
a
«
interesse
nazionale
»
.
Mussolini
ha
posto
fine
alla
polemica
,
con
una
decisione
tipicamente
fascista
,
che
serba
l
'
arrosto
agli
industriali
e
dà
un
po
'
di
fumo
ai
gerarchi
e
all
'
anticapitalismo
delle
masse
:
ha
deciso
che
i
comitati
corporativi
saranno
costituiti
in
tutte
le
branche
in
cui
«
risulteranno
necessari
»
,
ma
le
loro
conclusioni
non
avranno
valore
deliberativo
,
ma
semplicemente
di
«
voti
»
presentati
alle
rispettive
corporazioni
e
al
governo
.
I
consorzi
padronali
,
naturalmente
,
restano
e
continueranno
,
come
prima
,
ad
assolvere
alla
loro
funzione
di
saccheggiatori
del
popolo
.
Vediamo
,
ora
,
a
titolo
di
esempio
,
le
misure
prese
da
due
corporazioni
e
,
prima
di
tutto
da
quella
dello
zucchero
e
delle
bietole
,
nella
quale
il
«
regime
corporativo
»
,
cioè
il
più
perfetto
monopolio
,
vige
da
lunghi
anni
.
Esiste
un
consorzio
nazionale
che
comprende
le
24
fabbriche
di
zucchero
.
Questo
consorzio
impone
il
prezzo
di
vendita
del
prezioso
prodotto
,
la
quantità
e
la
qualità
di
barbabietole
da
coltivare
e
insieme
all
'
alleato
consorzio
dei
bieticultori
,
che
sono
degli
agrari
e
degli
stessi
zuccherieri
fissa
il
prezzo
da
pagare
ai
contadini
che
producono
le
barbabietole
.
I
profitti
che
realizzano
gli
zuccherieri
sono
assolutamente
scandalosi
.
Nel
1934
,
le
24
fabbriche
realizzarono
un
utile
netto
di
300
milioni
,
distribuendo
un
dividendo
di
L
.
11
per
ogni
azione
di
25
Lire
,
cioè
,
il
44
%
del
capitale
azionario
!
E
perché
questi
profitti
briganteschi
siano
possibili
,
il
prezzo
dello
zucchero
in
Italia
è
più
caro
che
in
tutta
l
'
Europa
,
il
doppio
di
quello
della
Francia
.
E
anche
per
questo
l
'
Italia
è
il
paese
che
consuma
meno
zucchero
in
Europa
.
Cosa
importa
agli
zuccherieri
se
milioni
di
bambini
poveri
d
'
Italia
si
può
dire
che
ignorano
lo
zucchero
?
Ebbene
,
anche
in
questa
branca
si
è
costituita
la
brava
corporazione
,
la
quale
dovrebbe
tutelare
i
famosi
«
interessi
generali
del
paese
»
e
preoccuparsi
della
sanità
della
«
razza
»
e
,
quindi
,
della
sua
alimentazione
,
ecc
.
Dopo
un
anno
di
esistenza
della
corporazione
,
non
solamente
non
si
è
discussa
la
possibilità
di
diminuire
gli
scandalosi
profitti
degli
industriali
,
per
far
diminuire
il
prezzo
proibitivo
dello
zucchero
,
non
solamente
non
si
è
nemmeno
accennato
alla
possibilità
di
spezzare
questo
consorzio
di
briganti
associati
contro
la
salute
del
popolo
italiano
e
,
in
particolare
,
dei
bambini
,
ma
si
è
stabilito
,
invece
,
di
regolamentare
per
legge
la
limitazione
della
coltura
delle
barbabietole
,
di
esigere
l
'
autorizzazione
per
tale
coltivazione
e
per
l
'
apertura
di
eventuali
nuove
fabbriche
,
di
rendere
obbligatorio
il
consumo
dell
'
alcool
derivante
dalle
barbabietole
in
miscela
con
altri
combustibili
,
ecc
.
Cioè
,
tutte
le
misure
che
il
monopolio
degli
zuccherieri
imponeva
prima
con
la
forza
e
coi
mezzi
propri
,
oggi
la
corporazione
le
fa
imporre
dalla
legge
!
La
corporazione
,
quindi
,
rafforza
il
monopolio
dei
più
odiosi
pescicani
italiani
e
pone
ufficialmente
lo
Stato
al
loro
servizio
!
Il
solo
provvedimento
proposto
in
favore
dei
consumatori
è
stato
quello
di
chiedere
al
governo
di
diminuire
di
due
Lire
al
chilogrammo
l
'
imposta
,
per
diminuire
di
due
Lire
e
non
di
più
il
prezzo
dello
zucchero
.
Si
chiede
,
dunque
,
di
far
pagare
al
popolo
stesso
,
sotto
forma
di
altre
imposte
,
la
riduzione
eventuale
del
prezzo
dello
zucchero
,
ma
senza
toccare
i
favolosi
profitti
degli
industriali
.
Anzi
,
nella
misura
in
cui
la
riduzione
dell
'
imposta
e
del
prezzo
di
vendita
determinasse
un
aumento
del
consumo
dello
zucchero
,
i
profitti
degli
zuccherieri
aumenterebbero
proporzionalmente
.
Quale
miglior
prova
che
la
corporazione
è
la
cuccagna
dei
grandi
capitalisti
?
Altro
esempio
caratteristico
è
stato
dato
dalla
corporazione
dell
'
elettricità
.
Alcuni
industriali
consumatori
di
energia
elettrica
hanno
condotto
una
campagna
contro
il
trust
dell
'
elettricità
,
esigendo
una
forte
riduzione
del
prezzo
dell
'
energia
.
L
'
ing
.
Pizzarda
,
su
La
Sera
di
Milano
,
ha
dimostrato
con
cifre
inconfutabili
che
il
grande
trust
dell
'
elettricità
poteva
diminuire
fortemente
il
prezzo
dell
'
energia
e
del
nolo
dei
contatori
,
assicurandosi
sempre
dei
«
ragionevoli
benefici
»
.
Particolarmente
suggestivo
è
il
confronto
fra
Milano
e
Torino
.
In
quest
'
ultima
città
,
l
'
Azienda
elettrica
comunale
distribuisce
energia
ad
un
prezzo
inferiore
della
metà
a
quello
che
il
trust
dell
'
elettricità
fa
pagare
ai
milanesi
.
Nella
corporazione
della
elettricità
,
il
deputato
Giarratana
ha
ripetuto
la
stessa
dimostrazione
ed
ha
rilevato
che
«
le
grandi
società
elettriche
mirano
ad
eliminare
le
concorrenze
che
si
manifestano
e
quei
controlli
che
,
pur
non
disturbando
...
le
iniziative
idroelettriche
,
possono
dare
garanzie
ad
alcune
categorie
di
utenti
»
.
Il
rappresentante
del
trust
dell
'
elettricità
non
è
riuscito
a
dimostrare
che
il
prezzo
dell
'
energia
e
dei
noli
non
si
poteva
diminuire
.
Sembrava
evidente
a
tutti
che
la
conclusione
della
corporazione
sarebbe
stata
quella
di
proporre
una
riduzione
,
anche
minima
.
No
.
Mussolini
in
persona
è
intervenuto
per
tagliar
corto
agli
attacchi
fondati
su
cifre
di
cui
erano
oggetto
i
magnati
della
elettricità
e
,
da
buon
prestigiatore
,
ha
annunciato
solennemente
:
«
Il
prezzo
dell
'
energia
elettrica
non
verrà
aumentato
!
»
.
L
'
indomani
tutti
i
giornali
della
penisola
annunciavano
questa
notizia
come
una
grande
«
concessione
»
fatta
agli
utenti
.
Tutti
hanno
finto
di
dimenticare
che
non
l
'
aumento
del
prezzo
era
in
discussione
,
poiché
gli
stessi
magnati
dell
'
elettricità
non
avevano
osato
neppure
chiederlo
,
ma
bensì
la
riduzione
!
...
Questa
è
stata
la
conclusione
dei
lavori
della
corporazione
,
insieme
ad
altre
misure
dirette
a
rafforzare
il
monopolio
del
grande
trust
(
obbligo
alle
piccole
aziende
di
sviluppare
i
propri
impianti
,
per
entrare
nella
categoria
trustificabile
,
o
di
scomparire
...
;
applicazione
di
tariffe
differenziate
,
ma
sempre
d
'
imperio
,
perché
non
vi
sia
alcuna
concorrenza
,
ecc
.
)
.
Una
delle
decisioni
ha
un
particolare
interesse
.
Rifiutando
la
diminuzione
del
prezzo
dell
'
energia
per
il
popolo
,
la
corporazione
ha
deciso
che
«
fra
le
Federazione
dei
produttori
di
energia
elettrica
e
i
rappresentanti
di
categorie
speciali
di
utenti
...
saranno
presi
accordi
,
nel
comune
interesse
»
.
Comprendete
?
La
riduzione
di
tariffa
ci
sarà
soltanto
per
i
grandi
industriali
consumatori
di
energia
,
mediante
Accordi
speciali
...
Quelli
che
hanno
condotto
la
campagna
contro
il
trust
dell
'
elettricità
vengono
tacitati
,
a
spese
del
popolo
che
non
può
parlare
e
deve
pagare
!
I
lavori
di
questa
corporazione
dimostrano
due
cose
interessanti
:
la
prima
è
la
manifestazione
aperta
dei
contrasti
fra
i
monopoli
capitalistici
delle
varie
branche
,
specialmente
fra
quelle
indipendenti
(
in
questo
caso
fra
metallurgici
e
produttori
elettrici
)
;
la
seconda
è
la
manifestazione
della
tendenza
dominante
di
cercare
di
risolvere
o
di
attenuare
questi
contrasti
fra
gruppi
di
capitalisti
monopolisti
,
a
spese
del
popolo
.
La
«
giustificazione
»
morale
che
il
fascismo
cerca
di
dare
dei
vani
aggi
incommensurabili
che
il
corporativismo
assicura
al
grande
capitalismo
è
quella
di
mantenere
nella
massima
efficienza
l
'
industria
per
i
bisogni
della
guerra
«
ineluttabile
»
!
L
'
esperienza
di
questo
primo
anno
di
esistenza
del
corporativismo
-
che
non
per
caso
è
anche
l
'
anno
in
cui
Mussolini
ha
scatenato
una
guerra
criminale
e
disastrosa
per
il
nostro
paese
costituisce
la
più
eloquente
prefazione
al
piano
corporativo
che
Mussolini
ha
esposto
nel
suo
discorso
del
23
marzo
,
il
quale
,
per
la
classe
operaia
e
per
la
grande
massa
del
popolo
che
lavora
e
che
pensa
,
si
riassume
in
poche
e
tragiche
espressioni
:
maggiore
sfruttamento
,
più
grande
miseria
,
più
soffocante
schiavitù
,
guerra
!
Tuttavia
,
nell
'
annunciare
un
piano
che
è
di
fame
e
di
guerra
,
Mussolini
non
ha
potuto
esimersi
dal
legare
a
questo
piano
le
false
promesse
che
,
imperturbabile
,
egli
ripete
sfacciatamente
al
popolo
italiano
da
14
anni
!
«
Il
triste
fenomeno
del
pescecanismo
ha
detto
Mussolini
non
si
verificherà
più
nell
'
Italia
fascista
»
,
mentre
tutte
le
società
anonime
,
bancarie
e
industriali
,
hanno
fortemente
aumentato
i
loro
profitti
,
a
causa
della
guerra
fascista
contro
l
'
Abissinia
,
nello
stesso
tempo
che
le
miserabili
condizioni
di
vita
dei
lavoratori
peggiorano
continuamente
!
«
Si
realizzerà
nell
'
economia
fascista
quella
più
alta
giustizia
sociale
che
,
dal
tempo
dei
tempi
,
è
l
'
anelito
delle
moltitudini
...
»
E
il
gerarca
Cianetti
traduce
alla
radio
:
«
Sapete
perché
Mussolini
ha
tanti
nemici
?
Perché
costoro
hanno
compreso
che
Mussolini
vuol
fare
la
rivoluzione
sul
serio
!
...
»
.
Queste
promesse
vengono
,
stavolta
,
subordinate
alla
realizzazione
degli
obbiettivi
militari
e
politici
dell
'
imperialismo
italiano
.
«
Noi
sentiamo
che
l
'
impresa
abissina
accelera
i
tempi
...
della
rivoluzione
sociale
...
Noi
sentiamo
che
la
più
alta
giustizia
sociale
,
promessa
dal
duce
agli
operai
di
Milano
,
si
realizzerà
domani
,
se
nel
segno
di
questa
guerra
,
punto
cruciale
della
rivoluzione
,
il
lavoro
inizia
il
ciclo
della
sua
potenza
...
»
(
Lavoro
Fascista
del
29
novembre
1935
)
.
La
rivista
Gerarchia
(
febbraio
1936
)
è
ancora
più
esplicita
:
«
Il
fascismo
...
per
un
complesso
di
cause
dipendenti
dalla
necessità
di
ambientare
numerosi
abitanti
nel
poco
e
non
tutto
fertile
suolo
,
non
ha
potuto
adattare
la
sua
dottrina
alla
pratica
ed
è
per
questo
mal
compreso
...
Fino
a
quando
non
ci
saranno
terre
da
colonizzare
,
materie
prime
da
lavorare
,
il
vero
compito
delle
corporazioni
non
può
cominciare
...
»
.
Il
miraggio
dell
'
«
alta
giustizia
sociale
»
era
dunque
riportato
nel
mese
di
febbraio
a
...
dopo
la
conquista
dell
'
Abissinia
!
Ma
Mussolini
non
parla
ormai
più
della
guerra
abissina
,
ma
della
«
vera
»
,
della
grande
guerra
europea
e
mondiale
.
Le
realizzazioni
delle
promesse
vengono
rinviate
all
'
«
altra
»
guerra
!
E
così
Mussolini
porta
il
nostro
paese
alla
catastrofe
.
Le
delusioni
sofferte
cominciano
a
rendere
le
masse
incredule
delle
promesse
mai
realizzate
di
Mussolini
.
Noi
dobbiamo
legarci
con
spirito
largo
con
queste
masse
e
unire
tutto
il
popolo
italiano
nella
lotta
contro
i
piani
corporativi
dei
magnati
del
capitale
,
contrapponendo
a
questi
piani
la
lotta
per
il
soddisfacimento
immediato
delle
rivendicazioni
brucianti
dei
lavoratori
.
Dobbiamo
ravvivare
e
sviluppare
la
lotta
per
il
pane
;
per
dei
salari
adeguati
al
crescente
costo
della
vita
;
per
il
sussidio
ai
disoccupati
;
per
il
diritto
al
lavoro
pei
giovani
e
per
le
donne
;
per
un
forte
sgravio
fiscale
ai
contadini
,
agli
artigiani
,
ai
piccoli
commercianti
rovinati
;
per
far
pagare
ai
capitalisti
le
spese
della
guerra
disastrosa
d
'
Abissinia
.
Dobbiamo
estendere
la
lotta
per
la
libertà
,
perché
il
popolo
possa
decidere
liberamente
dei
propri
destini
,
che
sono
quelli
del
nostro
paese
!
Dobbiamo
rendere
popolare
la
lotta
contro
la
guerra
e
per
la
pace
;
smentire
e
combattere
la
menzogna
di
Mussolini
sulla
«
ineluttabilità
»
della
guerra
.
Al
piano
corporativo
del
grande
capitale
che
saccheggia
il
popolo
italiano
e
rovina
il
paese
,
dobbiamo
contrapporre
la
volontà
di
pace
e
di
libertà
del
popolo
,
facendo
della
classe
operaia
l
'
avanguardia
e
la
guida
del
vasto
fronte
popolare
italiano
che
salverà
il
nostro
paese
dalla
dittatura
dei
pescicani
,
dalla
fame
e
dalla
guerra
!
StampaPeriodica ,
Addis
Abeba
è
stata
occupata
dalle
truppe
italiane
.
Il
Negus
ha
abbandonata
la
partita
.
Il
numero
,
la
tecnica
,
la
crudeltà
con
cui
è
stata
condotta
la
guerra
hanno
avuto
ragione
,
più
presto
di
quanto
non
si
prevedesse
,
delle
difficoltà
immense
del
terreno
,
del
clima
,
dell
'
eroismo
non
smentito
dei
difensori
abissini
,
che
sapevano
di
battersi
per
la
loro
terra
e
la
loro
indipendenza
.
Il
fascismo
ha
concentrato
mezzo
milione
di
uomini
contro
le
formazioni
abissine
,
in
maggioranza
raccogliticce
.
Li
ha
scagliati
,
armati
fino
ai
denti
,
contro
un
avversario
inferiore
per
numero
e
per
armi
.
Alle
tanks
,
alle
mitragliatrici
,
ai
cannoni
più
moderni
,
il
popolo
abissino
non
ha
potuto
opporre
che
scarsi
ed
antiquati
fucili
e
,
spesso
,
solo
le
armi
più
primitive
.
Nulla
questo
popolo
aveva
da
opporre
contro
gli
aeroplani
e
i
gas
.
E
il
fascismo
con
la
più
fredda
crudeltà
non
ha
mancato
di
trarre
da
questa
situazione
il
più
largo
e
il
più
cinico
vantaggio
.
Esso
aveva
preso
l
'
impegno
solenne
di
non
ricorrere
all
'
arma
dei
gas
,
di
rispettare
le
popolazioni
inermi
,
le
città
indifese
,
gli
ospedali
e
le
ambulanze
militari
.
Non
ha
mantenuto
quanto
aveva
promesso
.
Ha
avanzato
nell
'
onta
e
nel
sangue
,
moltiplicando
le
distruzioni
e
gli
orrori
.
Le
strade
di
Harrar
e
di
Addis
Abeba
sono
state
aperte
con
i
bombardamenti
aerei
di
pacifiche
ed
inermi
popolazioni
,
con
i
gas
tossici
,
con
l
'
yprite
che
acceca
e
scortica
vivi
i
contadini
,
con
il
massacro
delle
donne
e
dei
bimbi
lasciati
senza
difesa
nelle
campagne
e
nei
villaggi
abbandonati
.
I
difensori
abissini
sono
stati
spinti
dal
loro
ardore
ad
accettare
delle
battaglie
campali
contro
l
'
invasore
,
superiormente
armato
e
organizzato
.
In
queste
battaglie
all
'
Amba
Aradam
,
all
'
Amba
Alagi
,
al
lago
Ascianghi
l
'
eroismo
abissino
è
stato
schiacciato
dalla
superiorità
tecnica
italiana
.
Lo
sbandamento
delle
forze
battute
,
che
ne
seguiva
,
ha
permesso
all
'
invasore
di
avanzare
rapidamente
.
Così
,
mentre
nei
primi
tre
mesi
di
guerra
il
fascismo
non
era
riuscito
ad
avanzare
che
di
pochi
chilometri
e
tra
grandi
difficoltà
ed
alcuni
rovesci
locali
,
negli
ultimi
tre
mesi
ha
progredito
di
centinaia
di
chilometri
,
ha
supplito
,
con
l
'
aviazione
,
alle
difficoltà
dei
rifornimenti
,
ed
è
riuscito
ad
avvicinarsi
rapidamente
al
cuore
dell
'
Abissinia
.
Ma
i
popoli
dell
'
Abissinia
non
hanno
capitolato
,
e
non
capitoleranno
presto
e
facilmente
.
La
resistenza
di
questi
popoli
contro
l
'
invasore
si
riorganizzerà
contro
la
nuova
e
più
feroce
oppressione
dello
straniero
.
Se
la
guerra
propriamente
detta
è
finita
in
Abissinia
,
incomincia
da
oggi
l
'
opera
di
consolidazione
militare
della
conquista
,
opera
che
sarà
lunga
e
si
troverà
di
fronte
a
difficoltà
serie
di
clima
,
e
alla
opposizione
delle
popolazioni
che
non
subiranno
senza
reazioni
violente
la
dominazione
fascista
.
Il
problema
abissino
continuerà
a
pesare
sull
'
economia
e
sulla
vita
dell
'
Italia
,
ma
esso
aggraverà
pure
i
rapporti
fra
l
'
Italia
e
il
mondo
,
e
contribuirà
ad
accelerare
il
pericolo
di
una
catastrofe
internazionale
.
Per
l
'
umanità
e
per
il
nostro
paese
,
s
'
alzano
terribili
minacce
di
strage
e
di
distruzione
,
al
cui
confronto
gli
orrori
perpetrati
dai
«
civilizzatori
»
fascisti
in
Abissinia
appariranno
cosa
da
poco
.
Sono
i
fascisti
di
ogni
paese
che
soffiano
sul
fuoco
.
In
primo
luogo
sono
i
fascismi
di
Germania
e
del
Giappone
che
alimentano
pazientemente
due
terribili
focolai
di
guerra
.
Guardiamoci
attorno
.
Guardiamo
che
cosa
si
sta
preparando
.
In
Germania
Hitler
sta
riarmando
a
tutto
vapore
.
Il
bieco
Goering
,
nominato
dittatore
dell
'
economia
tedesca
,
ha
dichiarato
che
quel
che
conta
,
adesso
,
per
il
popolo
tedesco
,
non
è
l
'
avere
del
grasso
per
la
cucina
,
ma
dei
fucili
per
la
guerra
.
Nel
Giappone
impera
lo
stesso
principio
.
Non
si
mobilitano
tante
forze
,
non
si
accumulano
tante
armi
per
poi
starsene
,
con
le
mani
in
mano
,
alla
finestra
,
a
guardare
.
Già
il
Giappone
non
esita
a
carpire
,
un
pezzo
dopo
l
'
altro
,
tutta
la
Cina
del
nord
.
Striscia
,
minaccioso
,
lungo
le
frontiere
della
Unione
Sovietica
e
della
Repubblica
popolare
mongola
.
In
questi
ultimi
tempi
,
in
pochi
giorni
,
ha
provocato
decine
di
«
incidenti
»
di
frontiera
,
con
nutrite
sparatorie
,
bombardamenti
aerei
,
spostamenti
di
migliaia
di
soldati
.
Come
si
vede
,
si
tratta
di
«
incidenti
»
per
modo
di
dire
.
In
verità
,
si
tratta
di
azioni
preparatorie
dell
'
offensiva
generale
che
il
Giappone
prepara
in
Asia
.
Il
Giappone
non
è
sazio
degli
immensi
territori
rubati
alla
Cina
.
L
'
appetito
viene
mangiando
,
soprattutto
quando
nessuno
guasta
il
festino
.
L
'
impunità
con
cui
finora
il
Giappone
ha
potuto
realizzare
le
sue
rapine
l
'
incita
a
proseguire
.
Oggi
esso
guarda
già
oltre
la
Cina
.
Sta
all
'
agguato
delle
terre
e
delle
ricchezze
dell
'
Unione
Sovietica
,
accarezza
l
'
idea
di
scacciare
l
'
Inghilterra
dall
'
Asia
e
l
'
Asia
agli
asiatici
:
cioè
al
Giappone
agogna
all
'
egemonia
sul
Pacifico
.
È
la
guerra
contro
l
'
URSS
,
contro
l
'
Inghilterra
,
contro
gli
Stati
Uniti
:
con
le
sue
passeggiate
nella
Cina
del
nord
e
con
i
suoi
incidenti
di
frontiera
,
il
Giappone
prepara
una
conflagrazione
mondiale
.
Hitler
,
sull
'
esempio
giapponese
e
italiano
,
ha
stracciato
i
patti
e
gli
obblighi
internazionali
che
lo
legavano
;
ha
riarmato
,
ha
rioccupato
la
Renania
,
di
dove
sfida
la
Francia
e
il
Belgio
;
prepara
un
colpo
contro
la
Cecoslovacchia
,
l
'
Austria
,
la
Lituania
;
cerca
di
trascinare
,
al
suo
fianco
,
la
Polonia
,
per
farne
una
piazza
d
'
armi
per
l
'
attacco
contro
l
'
URSS
.
Ancora
non
sono
risolte
le
incognite
sollevate
dal
colpo
di
forza
di
Hitler
sul
Reno
,
e
,
in
questi
giorni
,
gli
animi
sono
sospesi
a
quel
che
Hitler
prepara
in
Austria
.
Delle
truppe
sono
ammassate
da
una
parte
e
dall
'
altra
della
frontiera
.
Hitler
vuol
rifare
il
blocco
austro
-
tedesco
come
al
tempo
della
guerra
mondiale
blocco
sottomesso
alla
sua
volontà
di
guerra
,
per
poi
,
sfidare
il
mondo
.
Ma
non
è
nemmeno
necessario
che
si
arrivi
a
tanto
:
basta
un
inizio
di
realizzazione
di
un
tale
blocco
,
perché
il
mondo
sprofondi
nella
catastrofe
di
una
nuova
guerra
.
Di
questa
situazione
approfitta
il
fascismo
italiano
,
per
ricattare
,
per
dare
soddisfazione
alle
sue
mire
di
rapina
,
per
minacciare
e
aggravare
ancora
più
la
situazione
,
sperando
di
poter
pescare
più
abbondantemente
nelle
acque
torbide
.
I
suoi
giornali
,
eccitati
dalle
vittorie
militari
in
Abissinia
,
minacciano
«
un
cataclisma
mondiale
nel
quale
sprofonderebbe
l
'
Europa
»
,
se
non
si
dà
soddisfazione
agli
appetiti
fascisti
.
Essi
avvertono
,
con
chiara
allusione
all
'
Inghilterra
,
che
«
le
forze
d
'
Africa
sono
già
in
buona
parte
disponibili
e
potrebbero
operare
in
tutte
le
direzioni
necessarie
»
.
Un
vento
di
follia
guerresca
soffia
da
tutti
i
paesi
fascisti
.
Le
provocazioni
degli
uni
favoriscono
e
stimolano
le
provocazioni
degli
altri
.
La
situazione
è
tale
,
oggi
,
che
la
guerra
può
scoppiare
da
un
momento
all
'
altro
.
La
scintilla
iniziale
può
sprizzare
dalle
fiamme
della
guerra
che
continua
in
Abissinia
;
può
essere
portata
dagli
incidenti
e
dalle
provocazioni
che
il
Giappone
trama
in
Asia
;
può
nascere
dall
'
Austria
,
dai
Balcani
.
Tanto
è
il
materiale
incendiario
accumulato
dai
fascismi
,
così
aperta
e
decisa
è
la
volontà
del
fascismo
hitleriano
e
del
militarismo
giapponese
di
ricorrere
alla
guerra
per
dare
soddisfazione
alle
loro
mire
di
rapina
,
che
,
dovunque
sprizzi
la
scintilla
di
guerra
,
essa
può
arrivare
,
in
qualche
settimana
,
in
qualche
giorno
,
ad
appiccare
il
fuoco
al
mondo
.
Ed
allora
sarà
il
terribile
risveglio
per
l
'
umanità
,
sotto
l
'
irrompere
delle
prime
ondate
di
aeroplani
,
apportatori
di
fuoco
,
di
gas
micidiali
sulle
nostre
città
e
sulle
nostre
popolazioni
.
Come
si
è
arrivati
a
una
situazione
tanto
tragica
?
Perché
i
focolai
di
guerra
mondiale
si
sono
,
in
questi
mesi
,
così
pericolosamente
avvivati
da
minacciare
,
da
un
giorno
all
'
altro
,
di
svilupparsi
in
un
grande
incendio
?
È
ancora
il
fascismo
italiano
che
si
trova
all
'
inizio
della
catena
di
avvenimenti
che
hanno
portato
alla
situazione
attuale
.
Il
fascismo
,
scatenando
la
sua
campagna
africana
,
ha
paralizzato
,
in
Europa
,
il
blocco
degli
Stati
borghesi
interessati
,
per
il
momento
,
al
mantenimento
della
pace
.
È
vero
che
l
'
interesse
di
questi
Stati
è
particolaristico
,
egoistico
,
limitato
.
L
'
Inghilterra
guarda
alla
conservazione
del
proprio
impero
e
della
propria
posizione
nel
mondo
.
La
Francia
guarda
alle
frontiere
del
Reno
,
si
preoccupa
della
minaccia
della
invasione
del
suo
territorio
e
della
conservazione
dei
suoi
alleati
.
L
'
aggressione
fascista
,
minacciando
le
posizioni
coloniali
dell
'
Inghilterra
,
ha
reso
questa
sensibilissima
alle
cose
africane
,
ma
ha
reso
ostile
e
resistente
la
Francia
ad
impegnarsi
in
misure
concrete
contro
l
'
aggressore
italiano
,
non
ricevendo
dall
'
Inghilterra
delle
concrete
garanzie
contro
ogni
eventuale
aggressione
hitleriana
.
È
questo
contrasto
tra
le
principali
potenze
borghesi
interessate
alla
pace
,
che
ha
reso
esitante
e
debole
tutto
il
fronte
degli
Stati
che
a
Ginevra
hanno
condannato
l
'
aggressore
fascista
.
Solo
l
'
Unione
Sovietica
ha
preso
una
decisa
posizione
per
un
'
azione
collettiva
e
severa
contro
l
'
aggressore
italiano
e
contro
ogni
aggressore
.
Ma
il
suo
esempio
e
il
suo
invito
all
'
azione
collettiva
non
sono
stati
seguiti
dall
'
insieme
della
Società
delle
nazioni
.
L
'
impunità
,
o
quasi
,
assicurata
al
fascismo
italiano
,
ha
reso
arditi
gli
altri
fascismi
,
che
si
sono
sentiti
incoraggiati
a
precipitare
le
loro
provocazioni
.
Sotto
la
protezione
del
conflitto
italo
-
inglese
e
del
contrasto
franco
-
inglese
,
la
Germania
hitleriana
ha
riarmato
,
ha
rioccupato
la
Renania
,
portando
così
nuova
esca
al
dissidio
tra
Francia
e
Inghilterra
e
alleggerendo
,
per
contraccolpo
,
la
pressione
contro
il
fascismo
italiano
.
Lo
stesso
ha
fatto
il
Giappone
.
Questo
,
vedendo
l
'
Inghilterra
fortemente
impegnata
contro
l
'
Italia
nel
Mediterraneo
e
in
Africa
,
ha
precipitato
la
realizzazione
dei
suoi
piani
di
conquista
in
Asia
.
La
divisione
delle
potenze
interessate
al
mantenimento
della
pace
ha
lasciato
campo
libero
agli
Stati
fascisti
fautori
di
guerra
.
Le
ripetute
provocazioni
di
questi
ultimi
,
invece
di
riformare
e
saldare
il
fronte
degli
Stati
pacifisti
,
ne
hanno
,
finora
,
solamente
accentuata
la
divisione
.
Oggi
la
situazione
è
questa
:
Germania
e
Giappone
minacciano
con
tutto
il
peso
della
loro
potenza
,
di
trarre
profitto
dalla
divisione
del
mondo
e
di
realizzare
i
loro
piani
di
conquista
.
Questi
due
paesi
fascisti
determinano
ed
influenzano
tutti
gli
altri
fattori
di
guerra
nel
mondo
.
Essi
sono
i
due
principali
focolai
di
guerra
,
nei
confronti
dei
quali
«
il
pericolo
rappresentato
dalla
guerra
italo
-
abissina
è
un
episodio
»
(
Stalin
)
.
Ma
un
episodio
che
,
come
tutti
i
fattori
minori
di
guerra
che
in
questi
tempi
agiscono
nel
mondo
,
può
influire
profondamente
sull
'
evoluzione
dei
principali
focolai
.
Infatti
,
non
vi
è
dubbio
che
la
guerra
d
'
Abissinia
ha
accelerato
questa
evoluzione
,
e
un
'
acutizzazione
del
conflitto
italo
-
inglese
o
una
rottura
aperta
tra
Francia
e
Inghilterra
precipiterebbe
il
conflitto
mondiale
,
mentre
tutto
ciò
prova
ancora
una
volta
che
la
politica
di
difesa
collettiva
della
pace
può
trionfare
solo
se
si
applica
contro
tutti
gli
aggressori
e
,
oggi
,
soprattutto
,
contro
l
'
aggressore
principale
in
Europa
:
Hitler
.
Questi
specula
arditamente
e
,
finora
,
fortunatamente
,
sulla
divisione
dei
governi
che
gli
potrebbero
resistere
.
In
questa
situazione
di
smarrimento
e
di
incertezza
si
inacerbiscono
tutti
gli
altri
fattori
minori
di
guerra
.
L
'
Austria
,
sollecitata
da
Mussolini
,
e
incoraggiata
dalla
passività
osservata
di
fronte
al
riarmo
tedesco
,
non
ha
esitato
a
riarmare
a
sua
volta
.
L
'
Ungheria
altra
cliente
del
fascismo
italiano
-
attende
il
momento
buono
per
fare
lo
stesso
.
Hitler
lavora
in
Grecia
,
per
minare
la
politica
dell
'
Intesa
balcanica
,
lavora
in
Rumenia
per
minare
la
piccola
Intesa
.
La
debolezza
e
la
divisione
contro
gli
aggressori
fascisti
hanno
provocato
lo
slancio
del
revisionismo
fascista
,
hanno
paralizzato
il
fronte
dei
governi
interessati
,
oggi
,
al
mantenimento
della
pace
,
minando
nello
stesso
tempo
tutti
gli
aggruppamenti
di
Stati
sorti
per
il
mantenimento
dello
statu
quo
e
,
perciò
,
della
pace
.
Mai
come
in
questi
giorni
è
apparso
così
chiaro
che
la
pace
è
indivisibile
,
che
ogni
indebolimento
del
fronte
degli
Stati
interessati
al
mantenimento
della
pace
è
un
incoraggiamento
per
i
fautori
e
i
provocatori
di
guerra
.
Ogni
debolezza
verso
gli
atti
concreti
di
provocazione
è
un
incoraggiamento
per
i
fautori
di
guerra
.
Ogni
premio
concesso
all
'
aggressore
è
la
certezza
che
la
guerra
rende
,
che
il
successo
legalizza
tutto
,
e
che
l
'
aggressione
può
essere
tentata
.
Ma
è
in
una
tale
atmosfera
che
si
preparano
le
più
spaventose
tempeste
.
Oggi
,
purtroppo
,
la
pace
è
come
un
castello
di
carte
,
sul
quale
soffiano
,
da
tutte
le
parti
,
i
fascismi
.
Basta
che
una
carta
si
sposti
e
tutto
il
castello
crollerà
,
Ma
può
essere
fatto
nulla
per
scongiurare
la
catastrofe
?
Sì
,
molto
può
essere
fatto
.
È
vero
,
la
guerra
minaccia
,
ma
può
essere
evitata
.
Sta
all
'
azione
dei
popoli
,
sta
alla
energia
del
proletariato
di
riuscire
ad
evitarla
.
I
popoli
non
vogliono
la
guerra
,
I
popoli
sono
per
una
politica
conseguente
di
pace
.
Uniti
e
attivi
,
essi
possono
imporre
ai
propri
governi
la
politica
di
difesa
collettiva
contro
tutti
i
provocatori
di
guerra
,
la
politica
che
propone
e
difende
l
'
URSS
.
Uniti
e
attivi
,
essi
possono
passare
ad
azioni
dirette
contro
i
provocatori
di
guerra
:
proteste
,
scioperi
,
boicottaggio
,
sanzioni
proletarie
.
Purtroppo
,
finora
,
quest
'
unità
d
'
azione
dei
popoli
non
si
è
ancora
ottenuta
,
perché
non
si
è
ancora
ottenuta
l
'
unità
d
'
azione
internazionale
del
proletariato
.
La
Seconda
Internazionale
,
finora
,
ha
respinto
ogni
proposta
di
unità
d
'
azione
fattale
dall
'
Internazionale
comunista
,
ha
respinto
ogni
azione
indipendente
delle
masse
contro
i
fautori
di
guerra
.
La
socialdemocrazia
ha
subordinato
e
subordina
tutta
la
sua
azione
contro
la
guerra
a
quella
della
Società
delle
nazioni
e
a
quella
dei
rispettivi
governi
nella
Società
delle
nazioni
.
Ma
i
governi
borghesi
,
nella
loro
politica
,
non
sono
guidati
che
dalle
loro
preoccupazioni
egoistiche
di
difesa
della
«
loro
»
pace
,
cioè
dei
loro
interessi
borghesi
e
imperialistici
.
Subordinare
l
'
azione
dei
popoli
a
quella
dei
rispettivi
governi
vuol
dire
far
fallire
ogni
azione
efficace
delle
masse
per
la
difesa
collettiva
dei
popoli
contro
i
provocatori
di
guerra
.
Solo
una
potente
,
larga
,
energica
azione
di
popolo
poteva
far
marciare
,
senza
riserve
,
il
governo
francese
contro
l
'
aggressore
italiano
.
Analogamente
,
solo
una
potente
,
larga
,
energica
azione
di
popolo
può
far
marciare
il
governo
inglese
contro
l
'
aggressore
Hitler
.
I
popoli
non
hanno
degli
interessi
particolari
,
egoistici
,
da
difendere
,
ma
hanno
da
difendere
l
'
interesse
generale
dell
'
umanità
che
vuole
la
pace
.
Solo
il
loro
intervento
indipendente
ed
energico
può
imporre
ad
ogni
governo
una
politica
conseguente
di
difesa
della
pace
su
tutti
i
fronti
e
contro
tutti
gli
aggressori
.
È
solo
una
tale
politica
che
,
facendo
l
'
unione
di
tutti
i
paesi
interessati
alla
pace
,
può
,
oggi
,
scoraggiare
gli
aggressori
e
obbligarli
a
rinunciare
ai
loro
piani
di
rapina
.
Ma
perché
i
popoli
riescano
a
svolgere
una
tale
azione
bisogna
che
il
proletariato
sia
unito
,
nazionalmente
e
internazionalmente
,
nella
lotta
contro
la
guerra
.
Bisogna
che
il
proletariato
francese
,
come
il
proletariato
inglese
,
come
il
proletariato
cecoslovacco
,
come
il
proletariato
dei
paesi
scandinavi
,
svolgano
tutti
uniti
la
stessa
azione
,
indipendente
ed
energica
,
contro
i
fautori
di
guerra
e
contro
i
propri
governi
che
esitano
o
resistono
a
seguire
una
politica
di
pace
.
In
questa
azione
essi
devono
trascinare
al
loro
seguito
le
grandi
masse
popolari
di
ogni
paese
.
Ma
come
possono
,
questi
proletariati
,
svolgere
efficacemente
una
tale
azione
di
organizzazione
e
di
direzione
delle
masse
popolari
,
se
essi
,
per
colpa
della
socialdemocrazia
,
sono
ancora
divisi
nel
maggior
numero
di
paesi
e
se
,
nei
paesi
dove
la
socialdemocrazia
è
forte
,
sono
nella
loro
maggioranza
invitati
a
rimettersi
a
quanto
fa
la
Società
delle
nazioni
e
a
quanto
fanno
i
propri
governi
in
seno
ad
essa
?
Ciò
dimostra
quale
e
quanta
responsabilità
si
assumono
quei
dirigenti
della
Seconda
Internazionale
che
si
oppongono
,
in
ogni
paese
e
internazionalmente
,
alla
realizzazione
dell
'
unità
d
'
azione
contro
la
guerra
.
Costoro
,
con
la
loro
azione
,
sabotano
ogni
attività
efficace
di
massa
in
difesa
della
pace
;
sabotano
l
'
unione
dei
popoli
contro
i
fautori
di
guerra
;
favoriscono
,
perciò
,
tutte
le
macchinazioni
dei
governi
fascisti
.
Solo
la
vigilanza
dei
popoli
può
ancora
salvare
la
pace
.
Ma
perché
questa
vigilanza
sia
efficace
,
bisogna
che
il
proletariato
si
unisca
nazionalmente
e
internazionalmente
.
Ecco
perché
la
lotta
per
l
'
unità
d
'
azione
internazionale
,
la
lotta
contro
quei
dirigenti
della
Seconda
Internazionale
che
si
oppongono
all
'
unità
d
'
azione
è
,
nel
momento
presente
,
la
più
importante
per
salvare
l
'
umanità
dalla
guerra
.
Il
nostro
popolo
,
come
tutti
i
popoli
,
vuole
la
pace
.
Lottando
per
imporre
anche
in
Italia
una
politica
di
pace
,
una
politica
che
schieri
il
nostro
paese
tra
i
fautori
e
i
difensori
della
pace
,
noi
lottiamo
come
sempre
-
per
i
veri
interessi
del
nostro
paese
.
È
Mussolini
che
ha
tradito
e
tradisce
gli
interessi
d
'
Italia
,
che
sacrifica
il
nostro
paese
alle
sue
ambizioni
e
ai
privilegi
di
un
pugno
di
sfruttatori
.
Gli
interessi
d
'
Italia
esigevano
il
rispetto
dell
'
integrità
e
dell
'
indipendenza
dell
'
Abissinia
.
Mussolini
ci
ha
gettati
nella
guerra
d
'
Africa
che
disonora
,
dissangua
e
immiserisce
l
'
Italia
.
Gli
interessi
dell
'
Italia
esigevano
l
'
organizzazione
,
in
Europa
,
di
una
salda
politica
di
pace
.
Mussolini
ha
sabotato
questa
politica
,
l
'
ha
rovinata
con
la
sua
aggressione
e
la
rovina
eccitando
e
favorendo
tutte
le
mire
fasciste
di
violenta
revisione
della
carta
del
mondo
.
Gli
interessi
d
'
Italia
esigono
che
falliscano
i
piani
di
Hitler
,
che
si
tenga
lontano
Hitler
dalle
frontiere
italiane
.
Mussolini
ha
riarmato
Hitler
,
l
'
ha
aiutato
ad
andare
al
potere
,
l
'
ha
spinto
al
colpo
di
forza
sul
Reno
,
ha
aggravato
enormemente
la
minaccia
hitleriana
contro
l
'
Austria
.
Gli
interessi
d
'
Italia
esigono
che
sia
preservata
la
pace
sul
Danubio
,
nei
Balcani
,
che
dei
rapporti
stretti
esistano
tra
gli
Stati
della
piccola
Intesa
e
dell
'
Intesa
balcanica
,
che
sono
interessati
al
mantenimento
dello
statu
quo
.
Mussolini
fa
di
tutto
per
turbare
la
pace
in
questa
parte
di
Europa
;
ha
spinto
l
'
Austria
al
riarmo
,
sollecita
l
'
Ungheria
a
far
lo
stesso
,
cerca
di
dislocare
la
piccola
Intesa
e
l
'
Intesa
balcanica
,
cioè
esaspera
tutti
i
contrasti
tra
le
potenze
.
Gli
interessi
d
'
Italia
esigono
che
sia
salvata
,
ad
ogni
costo
,
la
pace
mondiale
.
Perciò
la
classe
operaia
e
le
masse
popolari
del
nostro
paese
,
superando
ogni
dissenso
di
partito
,
in
una
fraternizzazione
che
stringa
fascisti
e
antifascisti
nell
'
interesse
superiore
dell
'
Italia
e
della
pace
,
debbono
difendere
ed
agitare
,
in
tutte
le
organizzazioni
fasciste
,
dovunque
e
comunque
,
la
politica
che
porti
il
popolo
italiano
a
diventare
uno
dei
fattori
più
attivi
della
organizzazione
della
pace
nel
mondo
.
StampaPeriodica ,
Nel
corso
della
nostra
trattazione
sulla
libertà
d
'
insegnamento
riportammo
alcune
parole
di
una
lettera
aperta
del
prof
.
Giovanni
Gentile
al
Ministro
Berenini
,
dalle
quali
deducemmo
in
buona
logica
alcune
conseguenze
.
Per
maggiore
chiarezza
ripetiamo
in
compendio
quello
che
dicemmo
allora
(
Quad
.
1633
,
del
6
luglio
1918
,
pag
.
51-53
)
.
Il
prof
.
Gentile
sostiene
che
,
per
restaurare
e
migliorare
la
scuola
dello
Stato
,
la
quale
al
presente
va
malissimo
,
com
'
egli
stesso
ripete
in
ogni
occasione
,
bisogna
diradarla
,
o
,
come
dicono
,
sfollarla
,
ammettendovi
solo
pochi
scelti
alunni
e
sceltissimi
professori
,
mediante
rigorosi
esami
di
concorso
,
e
lasciando
gli
altri
alla
scuola
privata
,
sia
pure
la
scuola
dei
preti
della
quale
lo
Stato
non
deve
avere
più
paura
,
anzi
deve
stimarla
come
un
aiuto
e
come
un
incentivo
di
gara
per
la
sua
scuola
.
Da
siffatta
proposta
noi
argomentavamo
,
che
non
potrà
mai
ottenersi
lo
sfollamento
della
scuola
dello
Stato
,
né
aver
luogo
la
gara
,
se
la
scuola
privata
non
sia
costituita
in
perfetta
uguaglianza
con
la
scuola
dello
Stato
;
uguaglianza
che
,
per
essere
reale
ed
effettiva
,
deve
avverarsi
sia
nella
parte
finanziaria
e
sia
nella
parte
morale
,
almeno
in
quanto
non
si
impongano
maggiori
pesi
alla
scuola
privata
.
Non
piacquero
al
prof
.
Gentile
le
nostre
deduzioni
,
e
ricusò
di
ammetterle
in
virtù
dei
suoi
principii
sostanzialmente
diversi
dai
nostri
;
stimò
quindi
opportuno
riprendere
la
parola
per
chiarire
la
sua
tesi
dopo
l
'
onore
fattomi
dice
egli
dagli
scrittori
della
Civiltà
cattolica
,
cui
non
dispiacque
di
riferire
una
parte
della
mia
lettera
per
invitarmi
quindi
a
giungere
,
senz
'
altro
,
a
certe
conseguenze
!
(
Libertà
d
'
insegnamento
e
Scuola
di
Stato
,
nell
'
Idea
Nazionale
,
Roma
,
30
agosto
1918
)
Anche
noi
,
compita
la
trattazione
sulla
libertà
d
'
insegnamento
,
stimiamo
opportuno
ritornarvi
sopra
,
per
meglio
chiarire
la
nostra
tesi
,
che
è
la
tesi
cattolica
fondata
sul
diritto
di
natura
,
in
particolare
confronto
con
quella
del
prof
.
Gentile
.
Discuteremo
dopo
la
sua
tesi
;
per
ora
notiamo
subito
che
,
dove
riferimmo
la
sua
lettera
,
non
facevamo
questione
dei
suoi
principii
,
i
quali
sappiamo
bene
quanto
siano
diversi
,
ma
argomentavamo
sulla
sua
proposta
pratica
,
deducendone
le
immediate
conseguenze
,
parimente
pratiche
.
Ora
queste
,
se
non
hanno
che
fare
con
i
suoi
principii
,
hanno
però
strettissima
attinenza
con
la
sua
proposta
,
in
quanto
ne
scaturiscono
necessariamente
.
Perché
se
ne
scorga
da
tutti
il
nesso
logico
evidente
,
ritorniamo
sulla
nostra
argomentazione
.
Non
è
possibile
diradare
la
scuola
pubblica
,
come
vuole
il
prof
.
Gentile
,
né
dar
luogo
alla
gara
o
cimento
di
cui
egli
parla
,
senza
dare
alle
scuole
private
l
'
uguaglianza
finanziaria
e
morale
con
la
scuola
dello
Stato
.
Primo
,
perché
gli
studenti
,
e
molto
più
i
loro
genitori
,
non
si
rassegneranno
mai
a
lasciarsi
sfollare
,
e
costringere
a
tripla
spesa
:
una
per
pagare
la
scuola
privata
,
le
altre
due
per
pagare
le
tasse
di
esame
dello
Stato
che
ammontano
a
più
del
doppio
per
i
candidati
di
scuola
privata
.
Questo
dal
lato
finanziario
;
e
dal
lato
morale
,
non
vorranno
certo
neanche
accomodarsi
alla
condizione
di
inferiorità
nella
quale
,
com
'
è
notorio
,
sono
tenuti
i
privatisti
dai
professori
della
scuola
di
Stato
.
Del
resto
,
escluderli
per
forza
dalla
scuola
di
Stato
,
la
quale
,
nell
'
ipotesi
del
Gentile
,
avrebbe
un
numero
determinato
e
ristretto
di
posti
,
ed
obbligarli
a
maggiori
spese
ed
a
condizioni
inferiori
,
è
evidentemente
ingiusto
.
Dunque
,
anche
tenendo
conto
della
sola
proposta
di
diradare
la
scuola
di
Stato
,
ne
viene
la
necessità
di
dare
alle
scuole
private
l
'
uguaglianza
finanziaria
e
morale
,
affinché
possano
essere
accettate
,
senza
danno
,
dai
padri
di
famiglia
.
Secondo
,
la
gara
,
di
natura
sua
,
non
può
sorgere
se
non
tra
persone
di
uguale
condizione
;
o
almeno
non
sarà
mai
un
vero
incentivo
di
miglioramento
,
se
una
parte
è
inferiore
all
'
altra
e
da
questa
deve
essere
giudicata
.
Crede
il
prof
.
Gentile
praticamente
,
dimenticando
per
un
momento
i
suoi
principii
,
alla
virtù
rinnovatrice
e
feconda
di
miglioramenti
che
ha
la
gara
?
Se
sì
,
bisogna
che
ammetta
la
necessità
di
dare
alla
scuola
privata
,
se
non
l
'
uguaglianza
finanziaria
,
almeno
quella
morale
con
la
scuola
di
Stato
.
Questa
era
la
nostra
argomentazione
,
e
,
se
il
prof
.
Gentile
non
vuol
riconoscerne
l
'
evidenza
immediata
,
è
segno
che
fece
la
sua
proposta
in
contraddizione
con
i
suoi
principi
,
oppure
che
la
vuoi
campata
in
aria
senza
che
dia
luogo
alle
necessarie
attuazioni
pratiche
,
le
quali
non
possono
essere
altre
da
quelle
indicate
.
In
ambedue
i
casi
c
'
è
difetto
di
logica
.
Se
dunque
vuole
essere
coerente
nei
suoi
ragionamenti
,
non
gli
resta
altro
partito
,
che
,
o
ritirare
la
sua
proposta
come
non
consentanea
con
i
suoi
principii
,
o
accettarne
tutte
le
conseguenze
,
nella
attuazione
della
riforma
scolastica
da
lui
caldeggiata
.
In
verità
,
appare
che
il
prof
.
Gentile
mostri
zelo
instancabile
e
buona
volontà
per
il
miglioramento
della
scuola
.
Quindi
potremmo
intenderci
con
lui
,
se
non
nei
principii
,
almeno
nelle
questioni
pratiche
che
richiedono
una
soluzione
urgente
.
Prescindiamo
anche
noi
per
ora
dai
nostri
principii
,
e
prendiamo
l
'
organamento
della
pubblica
istruzione
quale
è
in
Italia
nei
suoi
due
punti
principali
:
1
)
tutti
gli
insegnanti
,
anche
nelle
scuole
private
,
devono
essere
provvisti
delle
lauree
e
dei
diplomi
dello
Stato
;
2
)
chiunque
vuole
conseguire
titoli
legali
di
studio
deve
sottostare
agli
esami
dello
Stato
.
Dopo
esserci
così
messi
nello
stesso
terreno
,
passiamo
a
discutere
sull
'
attuazione
pratica
della
sua
proposta
,
se
egli
intende
mantenerla
.
Con
ciò
abbiamo
il
diritto
di
attenderci
dal
prof
.
Gentile
una
risposta
leale
,
spassionata
,
e
soprattutto
chiara
e
precisa
,
sul
minimo
di
larghezza
e
di
uguaglianza
da
dare
alla
scuola
privata
perché
possa
sussistere
,
accogliere
i
diradati
della
scuola
dello
Stato
,
ed
esporsi
alla
gara
o
cimento
,
come
,
per
somma
grazia
,
egli
le
concede
.
Or
bene
,
nelle
presenti
condizioni
,
tra
la
scuola
privata
e
la
scuola
di
Stato
,
non
vi
ha
nessuna
uguaglianza
,
ma
soltanto
sopraffazione
di
questa
su
quella
.
I
professori
della
scuola
privata
posseggono
gli
stessi
titoli
legali
d
'
insegnamento
che
quelli
della
scuola
di
Stato
,
eppure
questi
sono
costituiti
giudici
di
quelli
nei
loro
rispettivi
alunni
.
È
giusta
,
è
equa
tale
condizione
di
cose
?
Ma
,
anche
prescindendo
dalla
equità
e
dalla
giustizia
,
può
darsi
,
in
tale
stato
di
cose
,
la
gara
desiderata
dal
prof
.
Gentile
e
da
ogni
sincero
amatore
della
cultura
?
È
inutile
cercare
sotterfugi
ed
allegare
il
buon
senso
dei
professori
della
scuola
di
Stato
,
ecc
.
ecc
.
Sono
vane
parole
;
il
fatto
incontrastabile
in
psicologia
,
della
quale
deve
intendersi
il
prof
.
Gentile
,
è
che
non
può
darsi
mai
gara
sino
a
tanto
che
un
rivale
deve
essere
giudicato
dall
'
altro
rivale
privilegiato
;
anzi
,
non
può
sussistere
ed
operare
convenientemente
se
non
è
indipendente
dall
'
altro
ed
uguale
innanzi
al
giudizio
di
un
terzo
.
Ora
,
affinché
,
in
tutti
gli
esami
di
Stato
con
effetti
legali
,
si
rispetti
l
'
indipendenza
e
l
'
uguaglianza
di
tutte
le
scuole
,
non
vi
ha
se
non
due
modi
pratici
da
attuare
.
L
'
uno
,
che
le
commissioni
esaminatrici
siano
composte
in
parti
uguali
di
professori
delle
scuole
di
Stato
e
di
professori
delle
scuole
private
;
l
'
altro
,
ancor
migliore
e
più
facile
(
come
si
pratica
in
parte
nella
laicissima
Francia
)
,
che
le
commissioni
esaminatrici
siano
del
tutto
estranee
agli
alunni
delle
scuole
dello
Stato
,
come
a
quelli
delle
scuole
private
,
ed
ignorino
da
quale
delle
due
scuole
provengano
i
candidati
,
in
modo
da
giudicare
serenamente
e
senza
prevenzioni
della
sola
dottrina
.
Per
rispetto
all
'
uguaglianza
finanziaria
,
bisogna
che
i
genitori
,
i
quali
mandano
i
loro
figli
alla
scuola
privata
,
non
siano
obbligati
a
pagare
nessuna
tassa
scolastica
allo
Stato
,
posto
che
non
lo
incomodano
punto
per
la
scuola
.
Ecco
chiaramente
esposte
e
praticamente
determinate
quelle
certe
conseguenze
alle
quali
invitavamo
il
chiaro
professore
.
Nondimeno
,
questo
minimo
di
equità
e
di
larghezza
,
senza
di
cui
la
scuola
privata
,
nonché
esporsi
al
cimento
,
non
può
neanche
ragionevolmente
sussistere
,
è
ancor
meno
di
quello
che
le
si
concede
in
tutte
le
altre
nazioni
civili
,
perfino
lo
noti
bene
il
prof
.
Gentile
nella
laicissima
Francia
.
Ciò
fu
dichiarato
altra
volta
da
noi
,
giova
ripeterlo
anche
ora
.
In
fatti
,
in
questa
nazione
,
l
'
unico
esame
di
Stato
obbligatorio
per
l
'
istruzione
media
è
quello
del
baccalaureato
,
corrispondente
alla
nostra
licenza
liceale
;
ed
a
questo
esame
,
diretto
da
una
commissione
di
Stato
,
se
vogliono
essere
ammessi
all
'
università
,
devono
sottostare
,
quasi
in
pari
condizioni
,
non
solo
gli
alunni
delle
scuole
private
ma
anche
quelli
della
scuola
pubblica
.
Ma
havvi
di
più
.
Coloro
che
vogliono
i
gradi
accademici
non
sono
tenuti
a
frequentare
l
'
università
dello
Stato
,
ma
possono
compiere
gli
studi
o
privatamente
o
in
una
università
libera
,
e
presentarsi
alla
università
dello
Stato
soltanto
per
gli
esami
.
Inoltre
,
lo
Stato
non
richiede
colà
i
suoi
titoli
legali
di
studio
dai
singoli
insegnanti
,
ma
solo
dal
direttore
della
scuola
privata
,
sotto
la
cui
responsabilità
quelli
insegnano
.
Dunque
,
non
si
capisce
come
il
prof
.
Gentile
,
anche
salvi
i
suoi
principii
di
supremazia
dello
Stato
,
non
voglia
giungere
a
certe
conseguenze
pratiche
delle
sue
medesime
proposte
;
e
potrebbe
giungere
,
come
in
Francia
,
sino
al
punto
di
non
esigere
,
proprio
dai
singoli
insegnanti
,
la
laurea
di
Stato
,
ma
solo
dai
direttori
delle
scuole
!
E
rimanendo
ancora
nel
campo
pratico
della
questione
,
cioè
come
si
possa
dare
incremento
agli
studi
ed
alla
cultura
,
crede
il
prof
.
Gentile
che
sia
per
riuscire
di
grande
giovamento
alla
scuola
ed
alla
cultura
una
maggior
libertà
di
metodi
,
in
modo
che
,
nel
cimento
,
Si
vegga
chiaro
quale
sia
il
metodo
migliore
per
la
vera
istruzione
della
gioventù
?
Non
abbia
timore
l
'
egregio
professore
di
filosofia
di
dare
il
suo
assentimento
,
giacché
non
gli
tocchiamo
per
ora
la
sua
diletta
supremazia
dello
Stato
;
in
effetto
,
giudice
di
tale
gara
,
nel
terreno
in
cui
discutiamo
,
sarebbe
sempre
lo
Stato
,
mediante
una
commissione
di
esami
per
la
licenza
liceale
,
commissione
però
estranea
e
superiore
tanto
alle
scuole
dello
Stato
medesimo
quanto
alle
scuole
private
.
Or
bene
,
nella
libera
gara
dei
metodi
,
si
vedrebbe
chiaro
che
il
decadimento
della
scuola
media
in
Italia
deriva
da
causa
più
profonda
e
più
sostanziale
che
non
quella
dell
'
affollamento
deplorato
dal
Gentile
.
Ed
egli
,
che
si
pregia
della
professione
di
filosofo
,
avrebbe
dovuto
indagarla
e
scoprirla
da
gran
tempo
.
Questa
non
è
altra
se
non
il
metodo
della
molteplicità
;
vigente
nella
scuola
media
italiana
,
in
diretta
opposizione
col
metodo
veramente
ragionevole
e
conforme
allo
svolgimento
naturale
intellettivo
,
dell
'
unità
.
Il
metodo
della
molteplicità
si
stempera
nella
moltitudine
delle
cognizioni
e
si
riduce
in
effetto
alla
formula
di
tutto
un
poco
,
senza
che
si
apprenda
bene
nessuna
cosa
:
multa
,
non
multum
.
Per
tal
modo
,
nelle
scuole
medie
,
in
otto
anni
di
ginnasio
e
liceo
non
si
impara
mai
,
in
modo
da
possederlo
veramente
,
né
il
latino
,
né
il
greco
,
e
neanche
la
stessa
nostra
lingua
,
a
giudicarne
dall
'
imbarbarimento
nel
quale
va
decadendo
sul
giornalismo
e
nella
letteratura
corrente
.
E
delle
altre
materie
,
storia
,
geografia
,
scienze
naturali
,
e
principalmente
della
filosofia
si
apprende
tanto
,
quanto
basta
per
una
vernice
superficiale
,
che
si
dimentica
presto
,
lasciando
solo
la
pretensione
e
l
'
attitudine
a
spropositare
de
omnibus
rebus
et
de
quibusdam
aliis
!
Per
l
'
opposto
,
nel
metodo
dell
'
unità
,
troppo
leggermente
abbandonato
dai
moderni
,
secondo
il
graduale
svolgimento
dell
'
intelletto
umano
,
ed
il
rispettivo
principio
nonnisi
unum
uno
tempore
,
si
attendeva
bene
dapprima
,
durante
la
grammatica
,
umanità
e
retorica
,
corrispondente
al
ginnasio
,
alla
formazione
letteraria
,
la
quale
dirozza
,
educa
e
dispone
l
'
intelletto
alla
scienza
,
secondo
la
felicissima
sentenza
di
S
.
Agostino
:
Lo
studio
delle
arti
liberali
,
moderato
però
e
succoso
,
dà
agli
animi
maggior
vivacità
e
grazia
e
li
dispone
ad
abbracciare
la
verità
,
a
ricercarla
cioè
con
più
ardore
,
a
seguirla
con
maggior
costanza
,
e
ad
aderirvi
con
diletto
(
Eruditio
disciplinarum
liberalium
,
modesta
sane
atque
succincta
,
et
alacriores
et
perseverantiores
et
comtiores
exhibet
amatores
amplectendae
veritati
,
ut
et
ardentius
appetant
et
constantius
insequantur
,
et
inhaereant
postremo
dulcius
.
De
ordine
,
I
,
24
)
.
Pertanto
,
si
apprendeva
bene
il
latino
,
l
'
italiano
e
moderatamente
il
greco
con
poche
nozioni
di
storia
e
geografia
.
Dopo
di
che
,
durante
tre
anni
,
corrispondenti
al
liceo
,
si
attendeva
alla
formazione
scientifica
,
in
primo
luogo
,
con
la
filosofia
,
la
matematica
e
le
scienze
naturali
,
continuandosi
come
studio
secondario
,
più
sentito
però
e
meglio
compreso
dall
'
intelletto
disciplinato
,
l
'
esercizio
letterario
.
Per
tal
modo
,
le
potenze
intellettuali
si
svolgevano
convenientemente
e
si
perveniva
ad
un
grado
sufficiente
di
maturità
di
giudizio
,
la
quale
consiste
nel
comprendere
chiaramente
una
questione
,
svolgerla
nelle
sue
ragioni
,
esprimerla
correttamente
ed
efficacemente
.
Disciplinato
così
l
'
intelletto
,
ogni
altra
cognizione
ed
erudizione
secondaria
si
assimilava
,
quasi
da
sé
,
con
grande
agevolezza
,
in
poco
tempo
,
e
quel
che
più
conta
,
in
modo
proporzionato
e
vitalmente
posseduto
.
Ma
non
è
qui
il
luogo
di
esporre
più
largamente
questo
sistema
antico
dell
'
unità
,
convenientemente
adattato
alle
esigenze
moderne
,
e
rimandiamo
il
lettore
alla
trattazione
che
ne
facemmo
più
di
proposito
nell
'
anno
1916
sul
nostro
periodico
(
Scuola
che
non
istruisce
e
non
educa
.
Civ
.
catt
.
1916
,
voll
.
1-4
)
.
Basti
il
cenno
fattone
,
perché
si
comprenda
che
vi
sono
più
alte
e
profonde
ragioni
,
degne
dello
studio
di
un
filosofo
,
del
decadimento
della
scuola
media
,
lamentato
dal
prof
.
Gentile
.
Se
conviene
in
queste
conseguenze
o
per
meglio
dire
,
attuazioni
pratiche
dei
suoi
solleciti
disegni
di
riforma
,
cioè
,
per
essere
più
chiari
e
determinati
:
1°
nel
pareggiamento
delle
condizioni
morali
,
con
rispettiva
libertà
di
metodo
e
lealtà
di
gara
tra
la
scuola
dello
Stato
e
la
scuola
privata
,
giudice
restando
la
commissione
governativa
,
superiore
ad
entrambe
,
nel
solo
esame
di
licenza
liceale
,
ed
in
altri
esami
che
dallo
Stato
si
richiedano
per
suoi
impieghi
ed
ufficii
;
2°
nel
pareggiamento
delle
condizioni
finanziarie
,
almeno
in
quanto
chi
paga
la
scuola
privata
che
sceglie
(
o
della
quale
per
forza
deve
contentarsi
,
secondo
l
'
ipotesi
del
Gentile
)
non
sia
obbligato
a
pagare
la
scuola
dello
Stato
;
se
conviene
,
diciamo
,
egli
con
tutti
i
sostenitori
del
monopolio
scolastico
,
in
queste
certe
conseguenze
,
Si
sarà
fatto
qualche
passo
nella
discussione
e
nella
via
dell
'
accordo
per
attuare
la
tanto
desiderata
riforma
.
Potremmo
notare
,
in
buona
logica
,
che
essendo
correlativi
il
diradare
della
scuola
di
Stato
e
l
'
aumento
della
scuola
privata
;
cioè
,
che
,
posto
l
'
uno
dei
due
,
segue
necessariamente
l
'
altro
,
il
professore
Gentile
,
da
onesto
filosofo
,
avrebbe
potuto
trattare
con
più
rispetto
la
scuola
privata
.
In
effetto
,
secondo
il
suo
disegno
,
alla
scuola
privata
sarebbero
respinti
per
forza
i
rifiuti
della
scuola
di
Stato
;
in
altri
termini
,
egli
stabilisce
,
secondo
l
'
esito
del
concorso
,
due
categorie
di
alunni
;
le
aquile
,
da
accogliere
nelle
scuole
dello
Stato
;
le
oche
,
da
relegare
nelle
scuole
private
.
Nondimeno
,
per
eccesso
di
buona
volontà
,
e
purché
si
addivenga
al
pareggiamento
morale
e
finanziario
sopra
descritto
,
non
temiamo
di
dire
al
prof
.
Gentile
che
la
scuola
privata
,
specialmente
quella
dei
preti
,
si
contenterà
di
accogliere
gli
alunni
,
non
ammessi
alla
scuola
di
Stato
;
e
siamo
certi
,
noti
bene
la
nostra
sicurezza
li
presenterà
mutati
in
altrettante
aquile
all
'
esame
di
licenza
liceale
,
in
gara
con
quelli
dello
Stato
,
alla
condizione
giusta
e
doverosa
che
siano
giudicati
con
garanzie
di
assoluta
imparzialità
,
cioè
che
la
commissione
esaminatrice
sia
estranea
ad
ambedue
le
categorie
.
Allora
sì
che
si
potrà
parlare
sul
serio
di
gara
feconda
negli
studii
!
Chi
non
volesse
accettare
queste
condizioni
così
giuste
e
così
discrete
,
chiaro
segno
è
che
non
avrebbe
a
cuore
né
la
cultura
né
la
equità
,
ma
soltanto
il
bollo
dello
Stato
e
..
della
setta
!
Or
bene
,
di
questo
minimo
di
larghezza
,
conceduto
unicamente
per
l
'
istruzione
,
noi
,
nelle
scuole
dei
preti
ci
serviremo
anche
per
formare
l
'
animo
ed
il
cuore
dei
giovani
nella
fede
e
nella
costumatezza
dei
nostri
padri
,
che
è
la
fede
dei
nostri
grandi
italiani
;
ed
in
questo
intendimento
,
per
noi
di
prima
importanza
,
siamo
sicuri
di
avere
con
noi
la
maggioranza
dei
padri
di
famiglia
.
Ecco
chiara
la
ragione
per
cui
,
non
potendo
ottenere
dallo
Stato
il
riconoscimento
del
diritto
sacrosanto
ed
inalienabile
dei
genitori
a
scegliere
e
determinare
l
'
insegnamento
e
le
scuole
per
i
propri
figli
,
noi
ci
contentiamo
per
ora
di
queste
certe
conseguenze
pratiche
,
senza
molestare
il
prof
.
Gentile
nei
suoi
principii
.
Invece
di
essere
legati
,
mani
e
piedi
,
come
siamo
nella
presente
schiavitù
scolastica
,
che
è
la
più
grave
in
confronto
di
tutte
le
altre
nazioni
civili
,
a
tal
segno
da
giustificare
la
nostra
indignazione
e
la
veemenza
dello
stile
,
preferiamo
certo
un
po
'
più
di
libertà
,
e
perciò
salutavamo
con
un
respiro
quelle
parole
del
professor
Gentile
,
onde
sembrava
trasparisse
l
'
onesta
intenzione
di
sciogliere
qualche
laccio
del
nostro
aggrovigliatissimo
monopolio
,
o
per
meglio
dire
,
servaggio
scolastico
.
Se
poi
egli
intende
rinnegare
quella
sua
onesta
intenzione
e
vuole
ribadire
tutte
le
nostre
catene
,
non
abbiamo
altro
da
rispondergli
,
se
non
che
,
veda
egli
,
quale
professore
di
filosofia
,
come
mettersi
d
'
accordo
con
la
logica
,
e
quale
uomo
di
coscienza
,
esamini
se
stesso
,
se
più
che
non
lo
muova
l
'
amore
per
l
'
istruzione
,
non
lo
rattenga
,
per
avventura
,
maggior
timore
della
religione
cattolica
;
e
lo
dica
pure
,
schiettamente
e
lealmente
,
con
la
stessa
chiarezza
con
cui
noi
abbiamo
manifestato
i
nostri
intendimenti
nell
'
accettare
quel
poco
che
ci
veniva
concesso
di
favore
nelle
sue
proposte
.
Oh
certo
,
non
ne
abbiamo
mai
fatto
mistero
;
nel
domandare
la
libertà
d
'
insegnamento
,
noi
siamo
bensì
mossi
dall
'
amore
alla
cultura
,
che
è
cosa
lodevole
e
desiderabile
,
ma
principalmente
dalla
viva
sollecitudine
per
l
'
educazione
cristiana
della
gioventù
,
che
è
cosa
necessaria
più
della
cultura
,
e
voluta
dalla
maggioranza
dei
genitori
.
Eccoci
entrati
nella
discussione
dei
principii
.
Il
Gentile
crede
di
rovesciare
la
nostra
tesi
,
opponendo
la
supremazia
dello
Stato
sull
'
insegnamento
,
che
è
il
suo
principio
,
alla
chiesa
la
quale
vuole
che
l
'
insegnamento
sia
cattolico
,
quasi
fosse
questa
la
nostra
tesi
.
Noi
invece
opponiamo
,
semplicemente
,
alla
usurpazione
dello
Stato
il
diritto
inalienabile
ed
imprescrittibile
dei
genitori
;
il
quale
diritto
non
deriva
per
nulla
dalla
Chiesa
,
ma
dalla
natura
stessa
,
anteriore
alla
Chiesa
,
come
nell
'
individuo
e
nel
padre
di
famiglia
è
anteriore
allo
Stato
.
La
Chiesa
,
quando
prescrive
l
'
insegnamento
cattolico
,
non
crea
un
nuovo
comandamento
o
conferisce
un
nuovo
diritto
ai
padri
di
famiglia
,
ma
ribadisce
il
loro
diritto
di
natura
ed
il
loro
rispettivo
obbligo
di
educare
ed
istruire
i
loro
figli
;
il
quale
obbligo
,
essendo
i
padri
cattolici
,
è
di
educarli
cristianamente
.
Nulla
di
più
!
Tanto
vero
,
che
la
Chiesa
non
obbligò
mai
i
genitori
ebrei
o
infedeli
a
fare
educare
cattolicamente
i
loro
figli
;
e
proibisce
di
battezzare
i
loro
figli
,
se
questi
non
siano
in
grado
di
determinarsi
da
sé
,
quando
è
contraria
la
volontà
dei
genitori
(
in
Roma
fu
sempre
tutelata
dai
Papi
la
libertà
di
coscienza
degli
ebrei
,
i
quali
vi
dimoravano
più
tranquilli
che
in
qualsiasi
altra
parte
del
mondo
,
e
tenevano
proprie
scuole
per
i
loro
figli
.
Cfr
.
,
ad
es
.
,
MORONI
,
Dizionario
d
'
erudizione
:
Ebrei
)
.
Or
bene
,
quello
che
non
fa
la
Chiesa
,
calunniata
dallo
Stato
come
intollerante
se
non
peggio
,
osa
farlo
sempre
lo
Stato
laico
con
le
sue
scuole
elementari
laicizzate
,
positivamente
obbligatorie
per
legge
,
con
tutte
le
sue
scuole
medie
laiche
alle
quali
obbliga
moralmente
,
sotto
pena
di
esclusione
dei
vantaggi
legali
che
riserba
solo
ad
esse
.
Né
si
risponda
col
solito
sofisma
,
che
non
si
fa
violenza
alla
coscienza
dei
genitori
,
essendo
l
'
insegnamento
laico
e
neutro
,
che
perciò
prescinde
dall
'
educazione
religiosa
,
la
quale
può
essere
data
a
parte
in
famiglia
ed
in
chiesa
;
giacché
l
'
educazione
è
inseparabile
dall
'
insegnamento
,
e
l
'
insegnamento
neutro
non
esiste
,
ma
è
in
concreto
conforme
allo
spirito
ed
alle
idee
di
chi
insegna
,
e
si
riduce
spesso
ad
essere
irreligioso
,
come
è
provato
dall
'
esperienza
.
Dunque
lo
Stato
,
mediante
il
monopolio
,
con
la
sua
scuola
laica
,
fa
violenza
alla
libertà
dei
genitori
,
che
hanno
il
diritto
e
l
'
obbligo
di
educare
i
figli
secondo
la
propria
coscienza
(
Non
può
esistere
nessuna
scuola
neutra
,
diceva
Jules
Simon
perché
non
vi
è
professore
che
non
abbia
le
sue
opinioni
religiose
o
filosofiche
.
Se
non
ne
ha
,
egli
è
fuori
dell
'
umanità
:
o
idiota
o
mostro
.
Se
le
ha
e
le
occulta
,
è
il
peggiore
dei
codardi
.
E
meglio
ancora
il
Manzoni
:
«
È
evidente
che
non
si
può
prescindere
dal
Vangelo
nelle
questioni
morali
:
bisogna
o
rigettarlo
,
o
metterlo
per
fondamento
.
Non
possiamo
fare
un
passo
,
che
non
ci
si
para
davanti
:
si
può
far
le
viste
di
non
accorgersene
,
si
può
schivarlo
senza
urtarlo
di
fronte
;
non
essere
con
lui
,
senza
essere
contro
di
lui
;
si
può
,
dico
,
in
parole
,
ma
non
in
fatto
.
Così
quel
grande
genio
,
veramente
italiano
,
nel
cap
.
3
delle
Osservazioni
sulla
morale
cattolica
;
capitolo
,
che
vorremmo
fosse
letto
attentamente
dal
professore
hegeliano
;
libro
,
condannato
pur
troppo
all
'
oblio
nelle
scuole
d
'
Italia
,
che
invece
dovrebbe
primeggiare
tra
tutti
i
libri
di
studio
per
la
gioventù
)
.
Si
confuta
quindi
da
sé
l
'
asserzione
gratuita
del
Gentile
,
che
la
scuola
di
Stato
è
e
deve
essere
laica
,
cioè
di
libertà
;
essa
è
,
e
non
può
essere
se
non
scuola
di
tirannia
da
parte
dello
Stato
e
di
schiavitù
da
parte
dei
cittadini
.
Ed
è
vuota
di
senso
l
'
altra
sua
asserzione
parallela
,
che
la
scuola
privata
vuoi
dire
anche
essa
libertà
:
libertà
d
'
iniziativa
individuale
e
di
piena
espressione
di
energie
spirituali
,
perché
,
l
'
abbiamo
detto
cento
volte
,
la
scuola
privata
,
quale
è
in
Italia
,
che
deve
costare
ai
genitori
il
triplo
,
e
poi
deve
essere
in
tutto
dipendente
dai
capricci
della
scuola
dello
Stato
e
dei
suoi
insegnanti
,
non
significa
per
nulla
libertà
,
ma
avvilimento
e
servitù
;
e
se
ciò
non
ostante
essa
è
sostenuta
,
si
deve
,
non
alla
libertà
che
non
le
è
stata
mai
concessa
,
ma
alla
generosità
ed
al
sacrifizio
di
quei
genitori
cattolici
coerenti
,
che
,
in
quel
poco
che
si
può
,
vogliono
i
propri
figli
lontani
dalla
nefasta
scuola
laica
,
ed
educati
secondo
la
propria
coscienza
.
Ogni
volta
che
si
scende
alle
determinazioni
pratiche
e
concrete
,
si
vede
subito
la
vacuità
sonora
e
la
falsità
delle
parole
generiche
,
usate
dal
Gentile
e
dall
'
idealismo
liberale
.
È
la
medesima
vaghezza
generica
che
si
riscontra
in
tutti
coloro
che
,
al
pari
di
lui
,
propugnano
la
riforma
della
scuola
,
tenendosi
però
come
ostriche
allo
scoglio
del
monopolio
dello
Stato
;
vaghezza
che
fu
acutamente
rilevata
da
Filippo
Crispolti
,
in
un
articolo
di
Alfredo
Savaz
,
pubblicato
nella
Nuova
Antologia
del
16
agosto
scorso
(
Il
problema
della
scuola
,
nel
Corriere
d
'
Italia
del
10
settembre
1918
)
Parimenti
vaghe
ed
inconsistenti
sono
le
frasi
onde
il
Gentile
pretende
esporre
e
dichiarare
la
tesi
cattolica
,
la
quale
,
secondo
lui
consisterebbe
nell
'
insegnamento
cattolico
ad
ogni
costo
:
poiché
dice
egli
se
lo
Stato
fosse
cattolico
,
e
,
professando
esso
la
religione
cattolica
,
si
sottoponesse
alla
direzione
suprema
del
capo
della
cattolicità
,
è
chiaro
che
il
cattolico
alla
tesi
della
libertà
d
'
insegnamento
sostituirebbe
come
sostituì
,
sempre
che
si
avverò
questa
condizione
,
la
tesi
opposta
.
Il
principio
insomma
della
tesi
cattolica
,
è
che
l
'
insegnamento
deve
essere
cattolico
,
e
lo
Stato
non
deve
insegnare
perché
esso
non
ha
religione
.
Nulla
di
nulla
!
La
tesi
cattolica
è
,
come
si
è
detto
,
la
medesima
tesi
del
diritto
di
natura
:
i
genitori
hanno
il
diritto
inalienabile
,
imprescrittibile
,
ed
anteriore
a
qualsiasi
altro
diritto
,
di
educare
ed
istruire
i
proprii
figli
secondo
la
loro
coscienza
;
ad
essi
quindi
spetta
la
libertà
d
'
insegnamento
primieramente
e
per
sé
,
e
ad
ogni
altro
spetta
la
medesima
libertà
in
loro
aiuto
e
quando
non
sia
contraria
a
questo
loro
diritto
;
allo
Stato
spetta
l
'
obbligo
di
tutelare
questa
libertà
e
di
agevolarne
l
'
esercizio
,
come
per
gli
altri
diritti
primordiali
ed
inalienabili
di
ogni
individuo
.
È
chiaro
?
E
questa
tesi
non
varia
in
nessuna
ipotesi
,
sia
lo
Stato
cattolico
antico
,
sia
lo
Stato
laico
moderno
.
In
fatti
,
quando
si
avverava
la
condizione
che
lo
Stato
fosse
cattolico
,
non
era
punto
necessario
,
come
asserisce
il
Gentile
,
rincarando
eccessivamente
la
dose
,
che
si
sottoponesse
alla
direzione
suprema
del
capo
della
cattolicità
,
giacché
lo
Stato
nella
sua
cerchia
è
anche
supremo
ed
indipendente
,
ma
soltanto
si
accordava
con
la
Chiesa
nel
tutelare
il
diritto
dei
genitori
,
principalmente
dei
cattolici
,
e
nell
'
agevolare
loro
l
'
esercizio
del
diritto
e
l
'
adempimento
dell
'
obbligo
di
educare
ed
istruire
cristianamente
i
loro
figli
.
La
medesima
tesi
vale
rispetto
allo
Stato
laico
,
il
quale
non
può
sottrarsi
al
diritto
di
natura
,
ed
è
tenuto
a
tutelarlo
nei
genitori
ed
a
rispettare
la
libertà
della
loro
coscienza
nell
'
educazione
dei
loro
figli
.
Se
ci
fu
qualche
eccesso
in
qualche
Stato
cattolico
antico
,
esso
deve
attribuirsi
ad
errore
particolare
ed
a
zelo
indiscreto
,
non
mai
alla
tesi
cattolica
;
e
d
'
altronde
quell
'
eccesso
è
un
'
inezia
in
confronto
con
la
tirannide
odierna
dello
Stato
laico
,
il
quale
in
modo
giulianesco
,
cioè
indiretto
e
subdolo
,
sotto
pena
di
esclusione
dai
vantaggi
legali
,
obbliga
in
ogni
modo
i
genitori
cattolici
a
fare
educare
i
proprii
figli
contro
la
loro
coscienza
,
nella
scuola
laica
,
che
,
come
abbiamo
detto
e
l
'
esperienza
insegna
,
è
lo
stesso
che
scuola
irreligiosa
.
Innalzi
pure
,
a
suo
talento
,
il
Gentile
la
bandiera
dello
Stato
supremo
arbitro
dell
'
insegnamento
,
la
medesima
dello
Stato
pagano
,
che
considerava
i
figli
come
appartenenti
a
sé
e
non
ai
genitori
;
noi
,
per
l
'
opposto
,
secondo
la
tesi
cattolica
,
innalziamo
la
medesima
bandiera
che
ha
sventolato
nelle
nostre
mani
,
sin
dall
'
origine
del
Cristianesimo
,
la
bandiera
dei
diritti
dei
genitori
alla
piena
libertà
di
educazione
e
di
istruzione
dei
figli
secondo
la
loro
coscienza
,
contro
tutte
le
tirannidi
dello
Stato
,
sia
questo
Stato
quello
di
Nerone
,
di
Giuliano
l
'
Apostata
,
del
protestantesimo
,
del
giuseppinismo
,
della
rivoluzione
,
di
Napoleone
,
o
del
liberalismo
laico
presente
.
Ecco
nettamente
dichiarata
la
diversità
sostanziale
,
dei
suoi
principii
dai
nostri
,
la
quale
diversità
coincide
con
la
diversità
sostanziale
,
in
diretta
opposizione
,
tra
l
'
idea
dello
Stato
pagano
,
che
pretende
appartengano
ad
esso
i
figli
,
e
l
'
idea
dello
Stato
cristiano
che
riconosce
i
figli
appartenere
ai
genitori
.
Dalla
prima
scaturisce
la
schiavitù
,
dalla
seconda
la
libertà
di
coscienza
e
la
libertà
d
'
insegnamento
,
qual
è
propugnata
dalla
tesi
cattolica
.
Quindi
è
dottrina
di
libertà
vera
quella
dei
cattolici
,
i
quali
,
in
una
nazione
cattolica
quale
è
l
'
Italia
,
vogliono
,
non
come
tesi
assoluta
,
ma
come
corollario
al
diritto
di
natura
,
l
'
insegnamento
pubblico
cattolico
e
l
'
accordo
tra
la
Chiesa
e
lo
Stato
in
tutelare
ed
agevolare
l
'
esercizio
del
loro
diritto
e
l
'
adempimento
del
rispettivo
obbligo
di
educare
cristianamente
i
loro
figli
.
Ed
in
sostenere
questa
tesi
,
non
trascendono
la
ragione
e
la
volontà
umana
,
come
falsamente
attribuisce
loro
il
Gentile
e
pratica
invece
egli
stesso
,
ma
ragionano
a
rigore
di
logica
.
In
fatti
,
dal
diritto
che
hanno
i
genitori
e
dal
rispettivo
obbligo
dello
Stato
di
rispettare
questo
diritto
ed
agevolarne
l
'
esercizio
,
scaturisce
il
corollario
:
dunque
l
'
istruzione
pubblica
in
Italia
deve
essere
cattolica
.
La
conseguenza
è
evidente
,
perché
la
grande
maggioranza
dei
genitori
vuole
educati
i
figli
secondo
la
propria
coscienza
di
cattolici
.
E
non
c
'
è
bisogno
che
essi
manifestino
esplicitamente
la
loro
volontà
,
giacché
questa
è
sufficientemente
espressa
nel
fatto
stesso
del
battesimo
dei
propri
figli
.
Or
essendo
tutti
cattolici
gli
alunni
delle
scuole
pubbliche
,
l
'
insegnamento
deve
essere
conforme
alla
dottrina
cattolica
,
affinché
corrisponda
all
'
obbligo
di
coscienza
che
hanno
i
genitori
rispetto
all
'
educazione
dei
loro
figli
.
E
non
è
giusto
,
che
per
una
minima
parte
di
non
cattolici
(
appena
uno
ogni
cento
)
,
ai
quali
si
può
provvedere
con
esimerli
dall
'
istruzione
religiosa
,
si
contraddica
al
diritto
evidente
dei
genitori
cattolici
,
con
imporre
loro
la
scuola
laica
,
sedicente
neutra
,
ma
nel
fatto
irreligiosa
.
Del
resto
,
se
vi
sono
in
Italia
,
dei
genitori
snaturati
,
rari
ancora
per
buona
ventura
,
i
quali
pretendono
per
i
loro
figli
l
'
insegnamento
e
l
'
educazione
laica
,
il
merito
è
tutto
dello
Stato
laico
,
o
meglio
della
setta
che
si
è
impadronita
della
pubblica
istruzione
,
ed
ha
cercato
in
tutti
i
modi
di
strappare
dai
cuori
degli
italiani
la
fede
dei
loro
padri
,
scompaginando
la
loro
unità
religiosa
profondamente
nazionale
.
E
nondimeno
questi
laicisti
restano
sempre
una
sparutissima
minoranza
,
appena
calcolabile
,
i
quali
,
anche
ammessa
la
tirannia
brutale
del
numero
,
non
possono
giustificare
l
'
imposizione
della
scuola
laica
a
tutta
l
'
immensa
maggioranza
dei
genitori
italiani
!
Da
ciò
segue
l
'
obbligo
dello
Stato
di
regolare
l
'
insegnamento
,
in
quanto
riguarda
l
'
educazione
morale
e
l
'
istruzione
religiosa
,
d
'
accordo
con
l
'
autorità
ecclesiastica
,
che
è
la
sola
competente
in
siffatta
materia
;
non
per
sottoporsi
al
suo
servizio
,
come
esagera
il
Gentile
,
ma
per
tutelare
,
in
modo
efficace
insieme
e
soave
,
il
diritto
dei
genitori
e
la
loro
libertà
di
coscienza
.
Pertanto
,
sotto
ogni
aspetto
,
e
da
qualunque
lato
si
riguardi
la
questione
,
la
tesi
cattolica
della
libertà
d
'
insegnamento
ha
salde
radici
nel
diritto
naturale
dei
genitori
ed
è
quindi
immutabile
come
lo
stesso
diritto
di
natura
,
il
quale
sì
veramente
non
trascende
la
ragione
e
la
volontà
umana
,
ed
è
fondamento
alla
stessa
Chiesa
.
Giacché
la
Chiesa
con
la
sua
dottrina
rivelata
,
lo
intendano
una
buona
volta
il
Gentile
e
tutti
i
filosofi
che
parlano
senza
conoscerla
,
non
è
campata
sulle
nuvole
,
come
la
loro
filosofia
,
ma
suppone
la
ragione
ed
il
diritto
naturale
,
cui
la
rivelazione
non
toglie
di
mezzo
,
ma
anzi
rafferma
ed
illumina
,
chiarisce
e
conforta
nelle
menti
e
nei
cuori
degli
uomini
,
solleva
e
nobilita
nelle
loro
opere
.
Di
fronte
alla
tesi
cattolica
,
sul
diritto
dei
genitori
,
dal
quale
scaturisce
la
libertà
d
'
insegnamento
,
tesi
chiara
,
determinata
,
precisa
,
la
tesi
del
Gentile
sul
preteso
diritto
dello
Stato
ad
insegnare
,
appare
,
quale
è
,
confusa
,
vuota
di
senso
,
fluttuante
e
mutabile
,
e
pertanto
incomprensibile
dall
'
intelletto
ed
inattuabile
nell
'
opera
,
giacché
il
contraddittorio
non
si
può
condurre
in
atto
,
e
nell
'
atto
sarà
invece
quel
che
vorrà
il
capriccio
o
la
fantasia
mutevole
di
questo
e
di
quello
.
A
persuadersene
,
basta
leggere
quello
che
dice
il
Gentile
sulla
sua
tesi
:
Io
invece
sostengo
che
lo
Stato
deve
insegnare
non
perché
non
ha
una
religione
(
ché
in
tal
caso
starei
coi
cattolici
contro
la
sciocca
presunzione
del
laicismo
agnostico
)
,
anzi
perché
ha
qualche
cosa
di
più
e
di
meglio
di
una
religione
:
ha
una
filosofia
;
che
è
anch
'
essa
una
fede
,
ma
con
questa
differenza
dalla
religione
,
che
il
suo
oggetto
non
trascende
la
ragione
e
la
volontà
umana
.
Filosofia
che
può
non
essere
spiegata
nella
coscienza
di
quelli
che
sono
a
capo
dello
Stato
,
ma
non
perciò
è
assente
dalla
sostanza
spirituale
,
in
cui
è
il
valore
dello
Stato
;
e
che
non
è
realizzata
dai
suoi
dirigenti
,
ma
vive
in
tutto
l
'
organismo
delle
forze
politicamente
cooperanti
;
e
si
potrebbe
dire
definita
nella
legge
fondamentale
dello
Stato
,
se
questa
stessa
legge
non
vivesse
realmente
in
quella
coscienza
multanime
e
pure
storicamente
compatta
,
unica
,
e
come
tale
in
continuo
svolgimento
che
è
la
coscienza
del
popolo
.
Filosofia
,
che
è
un
concetto
,
un
principio
,
un
punto
di
vista
sintetico
;
da
cui
tutta
la
vita
dello
Stato
trae
ispirazione
costante
e
norma
di
orientamento
.
Così
lo
Stato
,
che
è
affermazione
del
proprio
valore
,
come
volontà
umana
,
indipendente
da
ogni
particolare
contenuto
di
fede
religiosa
,
e
non
può
rinunziare
ad
affermare
da
sé
come
suo
proprio
attributo
immanente
,
siffatto
valore
,
senza
abdicare
alla
proprio
autonomia
ed
assoggettarsi
come
nessuno
degli
Stati
moderni
è
disposto
a
fare
ad
un
principio
superiore
;
questo
Stato
ha
una
fede
,
ossia
un
concetto
,
a
cui
è
legata
la
sua
stessa
esistenza
.
E
questo
concetto
è
un
concetto
filosofico
:
che
cioè
la
volontà
anche
apparentemente
finita
,
sia
una
realtà
assoluta
;
senza
di
che
non
potrebbe
arrogarsi
valore
di
sorta
.
Chi
può
da
tutto
questo
groviglio
cavarne
nulla
di
determinato
?
Se
qualche
cosa
di
chiaro
vi
si
capisce
,
è
la
supremazia
assoluta
del
dio
-
Stato
sopra
ogni
verità
,
non
soltanto
rivelata
,
ma
anche
di
diritto
naturale
;
e
che
,
se
esiste
la
verità
,
essa
è
immanente
nello
Stato
o
nella
sua
filosofia
;
in
una
parola
,
non
avvi
altro
Dio
,
non
altra
natura
umana
,
se
non
lo
Stato
:
lo
Stato
è
Dio
,
è
la
natura
stessa
.
Affermazione
quanto
blasfema
,
altrettanto
insensata
ed
assurda
.
Quale
poi
sia
questa
filosofia
e
quali
i
termini
della
sua
verità
,
nessuno
può
comprenderlo
tra
le
interpretazioni
arbitrarie
del
Gentile
in
contraddizione
con
altre
,
parimente
arbitrarie
,
degli
adoratori
del
dio
-
Stato
,
appunto
perché
tutti
si
allontanano
dal
diritto
di
natura
,
al
quale
non
può
esser
soggetto
lo
Stato
,
e
dal
quale
non
può
essere
difforme
nessuna
filosofia
,
senza
sostituirsi
con
ciò
alla
stessa
umanità
.
Che
cosa
vale
una
siffatta
filosofia
in
confronto
con
la
ragionevole
,
chiara
e
soprattutto
concreta
tesi
cattolica
?
La
quale
,
ripetiamolo
per
la
centesima
volta
,
dice
allo
Stato
:
devi
assoggettarti
al
diritto
di
natura
nei
genitori
di
educare
i
figli
secondo
la
propria
coscienza
,
e
con
ciò
non
abdicherai
per
nulla
alla
tua
autonomia
,
né
più
né
meno
di
quello
che
fa
la
Chiesa
,
la
quale
si
conforma
al
medesimo
diritto
di
natura
,
senza
abdicare
alla
sua
autonomia
di
maestra
della
verità
rivelata
,
giacché
,
a
rigore
,
non
è
soggezione
quell
'
accordo
mirabile
che
è
tra
la
luce
e
la
luce
,
cioè
tra
la
luce
della
verità
soprannaturale
e
quella
delle
verità
naturali
e
conseguibili
dalla
sola
ragione
.
Dichiarando
il
medesimo
principio
con
un
caso
reale
e
pratico
:
vorrà
il
Gentile
dare
in
balia
dell
'
insegnamento
dello
Stato
un
suo
figlio
,
se
caso
mai
egli
si
trovasse
a
godere
gl
'
ineffabili
benefici
della
filosofia
dello
Stato
secondo
l
'
ultima
e
modernissima
evoluzione
dello
Stato
russo
,
lo
Stato
bolsceviko
?
In
virtù
di
quali
principii
,
potrebbe
egli
contendere
alla
barbarie
di
quella
filosofia
il
suo
figlio
,
suo
proprio
e
non
dello
Stato
?
Non
certo
in
nome
della
filosofia
dello
Stato
e
della
multanime
coscienza
del
popolo
;
ma
soltanto
in
virtù
dei
suoi
diritti
di
padre
!
Proponiamo
altresì
alla
coscienziosa
meditazione
del
prof
.
Gentile
il
chiaro
esempio
d
'
un
gentiluomo
cattolico
,
il
quale
non
volle
accomodarsi
,
in
forza
dei
suoi
diritti
di
padre
,
alla
filosofia
dello
Stato
,
quale
veniva
intesa
dal
primo
Napoleone
.
Si
legge
nelle
memorie
del
cardinale
Pacca
,
che
,
quando
egli
era
confinato
nella
fortezza
di
Fenestrelle
,
per
la
tirannide
della
medesima
filosofia
,
giunse
in
quella
prigione
,
il
28
dicembre
1811
,
il
marchese
Giovanni
Naro
Patrizi
,
reo
soltanto
di
non
aver
voluto
consegnare
due
suoi
figli
al
governo
francese
,
che
pretendeva
farli
educare
in
uno
dei
collegi
o
licei
di
Francia
,
temendo
per
essi
la
perdita
della
loro
innocenza
e
della
loro
religione
(
parte
II
,
cap
.
4
)
.
Per
chi
si
dichiarerà
il
prof
.
Gentile
:
per
la
tirannica
filosofia
dello
Stato
francese
,
o
per
la
filosofia
veramente
ragionevole
e
libera
dei
sacrosanti
diritti
di
quel
genitore
?
...
È
opportuno
però
prevenire
una
obbiezione
:
Se
lo
Stato
non
ha
diritto
d
'
insegnare
,
come
potrà
provvedere
soggetti
idonei
ai
proprii
uffici
,
alle
magistrature
,
alla
milizia
?
In
questa
obbiezione
,
come
nel
sistema
del
monopolio
,
vi
ha
in
fondo
un
equivoco
grossolano
.
Vi
si
confonde
insieme
l
'
insegnare
ed
il
provvedere
all
'
insegnamento
,
che
sono
cose
ben
distinte
e
diverse
.
Lo
Stato
non
ha
diritto
di
insegnare
,
appunto
perché
non
è
depositario
della
verità
,
non
è
fonte
di
dottrina
,
neanche
della
filosofia
che
gli
vuol
dare
in
prestito
il
prof
.
Gentile
o
qualsiasi
altro
,
secondo
le
sue
particolari
teorie
,
ma
ha
l
'
obbligo
di
conformarsi
alla
verità
,
attingendola
dalle
due
fonti
necessarie
:
la
naturale
e
razionale
,
patrimonio
comune
di
tutta
l
'
umanità
,
la
soprannaturale
e
rivelata
di
cui
è
depositaria
la
Chiesa
;
ed
ancorché
si
ostini
a
ricusare
questa
verità
rivelata
,
dicendosi
laico
ed
areligioso
,
non
può
sottrarsi
al
patrimonio
comune
delle
prime
ed
universali
verità
razionali
,
in
ispecie
del
diritto
di
natura
,
senza
mettersi
con
ciò
fuori
della
stessa
umanità
.
Invece
ha
l
'
obbligo
,
e
conseguentemente
il
diritto
,
di
provvedere
all
'
insegnamento
,
sempre
però
in
conformità
col
diritto
di
natura
,
e
quindi
non
mai
contro
la
libertà
di
coscienza
dei
genitori
.
Pertanto
,
non
solo
può
,
ma
anzi
deve
istituire
scuole
,
oltre
che
per
la
milizia
,
per
i
proprii
ufficii
,
ecc
.
,
anche
per
l
'
istruzione
elementare
,
media
,
professionale
,
dove
ce
n
'
è
il
bisogno
e
non
basta
l
'
opera
privata
;
ma
gli
corre
obbligo
di
non
violare
la
giustizia
a
danno
di
chiunque
non
volesse
frequentare
le
sue
scuole
e
preferisse
di
istruirsi
a
proprio
modo
,
come
è
stato
detto
sopra
e
non
è
necessario
ripetere
.
Non
è
in
questione
,
se
lo
Stato
possa
insegnare
in
questo
senso
relativo
,
cioè
istituire
scuole
,
ma
se
lo
possa
in
senso
assoluto
,
cioè
obbligando
i
cittadini
a
mandarvi
i
loro
figli
,
sia
col
metodo
spiccio
di
Napoleone
,
o
sia
col
metodo
giulianesco
odierno
di
esclusione
dai
vantaggi
legali
.
Il
diritto
naturale
nei
padri
di
famiglia
risponde
risolutamente
,
con
la
voce
stessa
della
natura
:
no
!
Provveda
dunque
lo
Stato
quanto
può
e
vuole
all
'
insegnamento
,
ma
non
ha
e
non
può
aver
nulla
da
insegnare
,
e
molto
meno
una
filosofia
da
imporre
nelle
sue
scuole
;
filosofia
che
è
una
chimera
e
non
può
esistere
come
propria
dello
Stato
,
ma
è
invece
,
secondo
i
varii
cervelli
che
gliela
attribuiscono
,
nuvolaglia
kantiana
o
hegeliana
,
confusione
bolscevika
,
tirannide
laicista
,
ecc
.
ecc
.
,
tutto
fuorché
la
filosofia
perenne
dell
'
umanità
,
in
una
parola
:
la
filosofia
(
perché
il
prof
.
Gentile
possa
meglio
vedere
e
toccare
con
mano
,
come
interpretino
la
filosofia
dello
Stato
,
contro
ogni
diritto
di
natura
,
certi
professori
della
scuola
laica
,
da
lui
detta
a
torto
di
libertà
,
gli
facciamo
parte
di
una
notizia
di
fonte
certissima
.
Fu
presentata
al
Ministero
della
P.I.
una
protesta
contro
il
Direttore
ed
un
professore
di
una
R
.
Scuola
tecnica
di
Roma
,
firmata
da
quattordici
padri
di
famiglia
,
i
quali
si
lamentavano
,
in
termini
troppo
miti
,
di
ingiusto
trattamento
fatto
ai
loro
figli
,
perché
provenienti
da
un
collegio
cattolico
,
negli
esami
della
scorsa
sessione
estiva
;
di
frasi
non
gentili
del
Direttore
,
di
frasi
troppo
volgari
del
professore
di
scienze
,
senza
rispetto
al
pudore
ed
ai
principii
religiosi
degli
alunni
,
a
proposito
dei
mammiferi
,
ecc
.
ecc
.
Quei
padri
di
famiglia
non
ebbero
nessuna
risposta
(
segno
che
pioveva
sul
bagnato
)
e
furono
costretti
a
mandare
i
loro
figli
nella
sessione
autunnale
,
per
essere
esaminati
dai
medesimi
professori
,
con
quella
equanimità
esteriore
,
ma
con
quell
'
esito
,
che
ognuno
può
supporre
.
Simili
casi
sono
frequenti
,
segnatamente
nelle
scuole
tecniche
e
normali
,
ma
non
tutti
possono
venire
alla
luce
,
perché
i
giudici
sono
insieme
parte
in
causa
,
e
le
vittime
temono
rappresaglie
...
)
.
Non
ostante
la
luminosa
evidenza
della
nostra
tesi
e
dei
nostri
principii
,
non
ci
illudiamo
che
il
prof
.
Gentile
voglia
abbandonare
le
sue
teorie
intorno
alla
supremazia
dello
Stato
sull
'
insegnamento
contro
il
diritto
e
la
coscienza
dei
genitori
.
Speravamo
soltanto
che
egli
addivenisse
in
alcune
pratiche
conclusioni
delle
sue
medesime
proposte
.
E
questa
nostra
speranza
potrà
non
andar
fallita
,
tanto
solo
che
egli
voglia
consultare
,
non
la
sua
filosofia
,
ma
il
buon
senso
e
la
sua
intima
coscienza
.
StampaPeriodica ,
Tra
le
ragioni
che
hanno
permesso
al
governo
di
riportare
la
vittoria
militare
in
Africa
,
ve
ne
sono
almeno
tre
che
debbono
richiamare
la
nostra
attenzione
,
giacché
esse
possono
determinare
,
in
gran
parte
,
gli
eventi
immediati
e
più
lontani
della
vita
interna
ed
internazionale
dell
'
Italia
.
La
prima
di
queste
ragioni
è
lo
sforzo
,
senza
eguali
nella
storia
delle
imprese
coloniali
,
che
è
stato
compiuto
per
la
conquista
dell
'
Abissinia
;
sforzo
economico
-
finanziario
e
militare
di
una
portata
tale
,
che
il
generale
Baistrocchi
lo
ha
paragonato
a
quello
imposto
al
nostro
paese
dalla
guerra
europea
del
1915-1918
.
Noi
comunisti
,
come
del
resto
quasi
tutti
gli
scrittori
politici
più
autorevoli
del
mondo
,
avevamo
visto
nelle
difficoltà
economico
-
militari
della
guerra
in
Abissinia
i
limiti
dell
'
impresa
.
Lo
stesso
governo
italiano
,
del
resto
,
previde
una
guerra
più
facile
;
e
la
prova
di
ciò
è
meno
nei
motivi
agitatori
dell
'
estate
scorsa
sulla
«
passeggiata
militare
»
quanto
nelle
vicende
militari
del
novembre
-
febbraio
,
che
videro
le
divisioni
italiane
sulla
difensiva
e
obbligarono
ai
più
grandi
sforzi
per
portare
il
corpo
di
spedizione
a
quasi
mezzo
milione
di
uomini
e
dotarlo
di
una
formidabile
quantità
di
armi
e
di
materiali
.
Il
prestigio
di
Mussolini
e
la
stessa
esistenza
del
regime
erano
impegnati
nella
guerra
:
tutto
,
perciò
,
fu
fatto
,
ed
a
qualunque
costo
,
per
assicurare
la
vittoria
militare
.
Appartiene
a
questo
periodo
critico
delle
operazioni
in
Abissinia
la
decisione
di
condurre
una
guerra
di
distruzione
,
la
guerra
totalitaria
,
con
i
bombardamenti
aerei
e
i
gas
mortali
.
La
seconda
fra
le
più
importanti
ragioni
che
han
permesso
la
vittoria
militare
è
nelle
complicità
che
il
governo
di
Mussolini
ha
trovato
,
non
solo
nei
governi
revisionisti
che
aspirano
e
si
preparano
alla
guerra
per
una
nuova
spartizione
del
mondo
,
ma
anche
in
alcuni
governi
(
Laval
,
per
esempio
)
del
gruppo
di
Stati
che
non
hanno
interesse
,
in
questo
momento
,
a
fare
la
guerra
,
come
pure
tra
gli
agenti
e
le
forze
di
guerra
che
si
trovano
in
tutti
i
paesi
pacifici
.
Queste
complicità
hanno
reso
inefficace
l
'
applicazione
delle
misure
decise
dalla
Società
delle
nazioni
contro
lo
Stato
aggressore
;
non
solo
,
ma
assicurando
l
'
impunità
al
governo
italiano
hanno
aggravato
la
situazione
internazionale
,
hanno
portato
un
serio
colpo
all
'
opera
della
organizzazione
della
pace
e
della
sicurezza
collettiva
tra
le
nazioni
,
hanno
eccitato
gli
imperialismi
più
aggressivi
,
hanno
avvicinato
enormemente
il
pericolo
di
una
guerra
mondiale
.
Il
colpo
di
Hitler
nella
zona
renana
è
il
frutto
di
queste
complicità
verso
Mussolini
,
il
quale
ne
ha
a
sua
volta
profittato
per
portare
a
compimento
la
sua
impresa
in
Africa
.
Il
proletariato
internazionale
non
si
è
ancora
unito
,
come
lo
chiedono
reiteratamente
i
comunisti
,
per
intervenire
,
con
una
larga
azione
e
con
misure
esecutive
,
indipendenti
dai
governi
borghesi
,
contro
tutti
gli
aggressori
,
e
per
premere
così
sui
governi
borghesi
e
sulla
Società
delle
nazioni
perché
la
pace
sia
difesa
,
perché
tutte
le
nazioni
(
e
in
primo
luogo
le
piccole
nazioni
bianche
o
di
colore
)
siano
difese
e
gli
aggressori
siano
impediti
dal
compiere
i
loro
misfatti
.
La
terza
ragione
del
successo
militare
in
Africa
è
la
scarsa
azione
delle
masse
contro
la
guerra
,
cioè
la
scarsa
azione
del
nostro
partito
per
mobilitare
le
masse
e
portarle
alla
lotta
.
Questa
constatazione
deve
essere
messa
in
relazione
-
ma
perché
sia
più
fortemente
sottolineata
con
la
preparazione
ideologica
della
guerra
in
generale
condotta
dal
fascismo
tra
le
nuove
generazioni
;
ed
in
particolare
con
le
promesse
di
risollevamento
materiale
per
le
masse
popolari
italiane
,
legate
alla
conquista
dell
'
Abissinia
.
Alcuni
motivi
della
propaganda
di
guerra
del
fascismo
,
sebbene
non
originali
,
hanno
esercitato
una
notevole
suggestione
tra
importanti
strati
popolari
,
specialmente
giovanili
,
perché
si
presentavano
sotto
la
veste
di
verità
ineccepibili
e
facili
a
comprendere
.
La
distinzione
tra
nazioni
ricche
e
povere
,
borghesi
e
proletarie
,
serve
alla
giustificazione
della
guerra
proletaria
,
delle
nazioni
povere
contro
le
nazioni
ricche
,
della
guerra
per
la
«
giustizia
sociale
fra
le
nazioni
»
,
che
divida
il
mondo
in
modo
più
ragionevole
di
quanto
non
lo
è
ora
,
e
dia
alle
nazioni
povere
una
parte
di
quanto
oggi
posseggono
le
nazioni
ricche
.
Questi
motivi
,
che
mascherano
la
vera
causa
delle
miseria
del
popolo
italiano
e
la
vera
causa
della
guerra
,
cioè
il
sistema
capitalista
,
trovano
una
certa
eco
tra
le
masse
che
vivono
nella
miseria
e
senza
domani
,
in
particolare
tra
i
giovani
.
Essi
,
poi
,
si
intrecciano
,
specialmente
tra
la
gioventù
intellettuale
,
allo
spirito
d
'
avventura
e
a
tutte
le
deformazioni
della
coscienza
della
vita
che
sono
uno
dei
segni
più
tragici
della
nostra
epoca
di
decadenza
della
società
capitalistica
.
Si
pensi
che
ogni
anno
in
Italia
da
350
a
400
mila
giovani
si
affacciano
alla
esistenza
cosciente
con
un
desiderio
imperioso
di
vivere
,
e
trovano
sbarrate
tutte
le
vie
!
Noi
sappiamo
che
non
tutti
i
soldati
e
le
camicie
nere
che
hanno
combattuto
in
Africa
,
e
che
hanno
affrontato
mille
sacrifici
e
la
morte
,
erano
ostili
all
'
impresa
.
Molti
tra
di
essi
hanno
creduto
di
combattere
per
il
bene
del
popolo
e
del
paese
e
contro
l
'
egoismo
di
certe
grandi
potenze
imperialistiche
.
Questa
illusione
è
stata
pure
un
elemento
della
vittoria
militare
,
ed
ha
riflesso
un
orientamento
,
più
o
meno
netto
,
esistente
nel
paese
ed
ha
ostacolato
,
in
larga
misura
,
e
nella
lenta
maturazione
degli
elementi
obbiettivi
,
una
azione
larga
di
popolo
contro
la
guerra
africana
.
Ma
queste
ragioni
della
vittoria
militare
diventano
esse
stesse
,
oggi
,
le
cause
dell
'
aggravarsi
della
situazione
nel
paese
,
le
cause
di
una
acutizzazione
di
tutti
i
contrasti
nel
campo
interno
e
nel
campo
dei
rapporti
internazionali
.
È
impossibile
,
per
ora
,
valutare
lo
sforzo
fatto
fino
al
momento
in
cui
la
capitale
dell
'
Abissinia
cadde
nelle
mani
dell
'
esercito
italiano
.
La
spesa
di
20
miliardi
circa
di
Lire
,
che
sembra
sia
costata
la
guerra
sino
a
quel
momento
,
non
è
la
valutazione
di
tutto
lo
sforzo
,
che
deve
comprendere
numerosi
altri
elementi
,
tra
i
quali
c
'
è
pure
da
considerare
quanto
è
stato
perduto
dall
'
Italia
nelle
relazioni
commerciali
internazionali
.
E
da
oggi
comincia
il
periodo
delle
spese
per
la
consolidazione
dell
'
occupazione
militare
e
per
la
valorizzazione
della
colonia
.
Si
tratta
di
diecine
e
diecine
di
miliardi
che
dovranno
essere
,
nel
corso
di
parecchi
anni
,
allontanati
dagli
investimenti
produttivi
nella
metropoli
,
per
un
risultato
ipotetico
o
comunque
lontano
.
Più
grande
è
stato
lo
sforzo
per
la
conquista
,
il
mantenimento
e
la
valorizzazione
della
colonia
,
più
grande
è
il
peso
che
graverà
sul
popolo
italiano
,
per
molti
e
molti
anni
.
Nel
momento
in
cui
scriviamo
,
nessuno
può
dire
quali
sono
le
Intenzioni
del
governo
in
Abissinia
.
Molto
si
scrive
sulla
stampa
intorno
alla
futura
colonizzazione
,
sebbene
,
da
qualche
tempo
,
con
più
grande
prudenza
di
quanta
non
si
adoperasse
durante
la
preparazione
e
nel
corso
della
guerra
;
e
se
ne
scrive
tanto
più
in
quanto
il
problema
immediato
non
è
la
colonizzazione
,
ma
la
consolidazione
politico
-
militare
della
conquista
,
e
per
nascondere
le
difficoltà
di
questa
fase
,
che
sarà
lunga
.
Ma
quello
che
si
può
dire
,
senza
peccare
di
avventatezza
,
è
che
le
conseguenze
economiche
dell
'
impresa
africana
saranno
dure
,
perché
le
spese
della
guerra
d
'
Africa
e
della
consolidazione
del
possesso
assorbiranno
per
molti
anni
le
risorse
del
paese
,
e
perché
si
vogliono
far
ricadere
le
spese
della
guerra
sulle
spalle
del
popolo
,
degli
ex
-
combattenti
d
'
Africa
e
delle
loro
famiglie
.
Le
difficoltà
economiche
,
geografiche
e
militari
della
colonizzazione
,
da
una
parte
;
e
dall
'
altra
le
conseguenze
internazionali
della
occupazione
abissina
,
fanno
sì
che
la
minaccia
di
una
guerra
mondiale
pesi
sulla
testa
del
popolo
italiano
.
Già
Mussolini
aveva
detto
,
il
23
marzo
,
nel
suo
discorso
del
Campidoglio
,
che
il
piano
regolatore
dell
'
economia
italiana
da
lui
annunciato
è
dominato
dalla
ineluttabilità
della
guerra
,
della
più
grande
guerra
,
della
guerra
mondiale
.
Poiché
nessuno
Stato
minaccia
l
'
Italia
,
è
chiaro
che
Mussolini
vede
,
nella
concatenazione
dei
fatti
provocati
dalla
guerra
africana
,
una
delle
cause
che
possono
affrettare
la
nuova
conflagrazione
.
È
vero
che
il
23
marzo
le
truppe
italiane
non
erano
ancora
ad
Addis
Abeba
.
Ma
la
vittoria
militare
non
ha
attenuata
la
minaccia
;
l
'
ha
,
invece
,
aggravata
.
Le
difficoltà
economiche
stesse
della
colonizzazione
abissina
spingono
il
governo
di
Mussolini
a
nuove
aspirazioni
coloniali
,
a
realizzazioni
espansioniste
più
rapide
.
Ed
egli
profitta
dello
scompiglio
internazionale
che
ha
contribuito
ad
aggravare
per
avanzare
nuove
pretese
nel
Mediterraneo
,
nell
'
Europa
centrale
e
nei
Balcani
.
Il
corpo
di
occupazione
dell
'
Abissinia
non
è
smobilitato
.
In
Italia
un
milione
e
duecentomila
soldati
sono
alle
armi
.
Le
industrie
che
lavorano
quasi
a
pieno
rendimento
sono
quelle
di
guerra
.
Perché
questa
mobilitazione
di
forze
?
Per
difendere
il
nuovo
possesso
,
si
dice
.
Noi
l
'
avevamo
previsto
:
la
guerra
d
'
Africa
a
sarà
l
'
inizio
di
una
nuova
guerra
mondiale
,
se
il
popolo
italiano
e
tutti
i
popoli
non
interverranno
per
impedirla
.
È
questa
la
terribile
logica
dello
sviluppo
delle
aggressioni
impunite
.
Una
aggressione
chiama
l
'
altra
.
Così
,
Mussolini
minaccia
il
Sudan
,
per
difendere
il
nuovo
possesso
;
si
scontra
con
l
'
Inghilterra
nel
Mediterraneo
;
si
allea
ad
Hitler
e
minaccia
assieme
a
questi
di
accendere
la
guerra
al
centro
dell
'
Europa
e
all
'
est
,
e
nei
Balcani
;
complotta
per
riportare
gli
Asburgo
sul
trono
austriaco
,
in
omaggio
alla
memoria
di
Oberdan
,
di
Battisti
e
dei
seicentomila
morti
della
guerra
del
1915-1918
.
L
'
atmosfera
della
guerra
imminente
è
diffusa
in
Italia
;
e
chi
può
farlo
,
già
pensa
a
provvedersi
di
riserve
alimentari
.
La
guerra
d
'
Africa
sta
per
provocare
una
guerra
europea
e
mondiale
.
La
delusione
torna
a
conquistare
molti
di
coloro
che
avevano
creduto
che
lo
sforzo
africano
ci
porterebbe
il
pane
e
la
pace
.
La
disoccupazione
aumenta
,
la
miseria
delle
masse
lavoratrici
aumenta
,
il
carovita
aumenta
,
il
pericolo
della
guerra
aumenta
,
e
i
soldati
d
'
Africa
non
tornano
,
e
il
programma
cento
volte
annunciato
del
pane
assicurato
,
della
«
giustizia
sociale
»
,
della
casa
decorosa
,
è
ancora
una
volta
rinviato
.
C
'
è
l
'
impero
,
ora
;
ma
la
fame
è
più
estesa
.
C
'
è
l
'
impero
;
ma
senza
la
pace
.
La
vittoria
militare
non
risolve
i
problemi
essenziali
del
nostro
paese
;
li
rende
più
acuti
.
È
stato
detto
alle
masse
popolari
che
noi
siamo
in
troppi
sulla
nostra
terra
,
e
perciò
non
c
'
è
pane
per
tutti
:
bisogna
andare
a
trovare
altre
terre
,
fuori
e
lontano
d
'
Italia
.
Ma
non
è
vero
che
siamo
in
troppi
,
non
è
vero
che
l
'
Italia
non
ha
da
dar
da
mangiare
ai
suoi
figli
.
Lo
sviluppo
della
capacità
produttiva
industriale
raggiunto
in
Italia
è
tale
che
potrebbe
provvedere
al
popolo
italiano
tutto
ciò
di
cui
ha
bisogno
.
Invece
si
chiudono
le
fabbriche
,
si
rallenta
la
produzione
degli
oggetti
di
consumo
popolare
,
si
gettano
sul
lastrico
nuove
migliaia
di
operai
,
si
dedica
l
'
attività
industriale
alla
produzione
di
guerra
.
Non
è
vero
che
in
Italia
non
c
'
è
terra
sufficiente
per
dar
da
mangiare
al
nostro
popolo
.
La
terra
c
'
è
,
ma
è
nelle
mani
dei
signori
,
dei
grandi
proprietari
fondiari
.
C
'
è
uno
sviluppo
industriale
sufficiente
a
tutti
i
bisogni
del
paese
,
c
'
è
la
terra
,
e
la
miseria
è
grande
.
Perché
è
così
.
La
ragione
sta
in
questo
:
che
tutte
le
ricchezze
del
paese
,
create
dal
lavoro
dei
nostri
lavoratori
e
dal
genio
italiano
,
sono
nelle
mani
di
un
pugno
di
persone
,
di
parassiti
della
nazione
,
dei
Volpi
,
dei
Donegani
,
dei
Pirelli
,
dei
Morpurgo
e
compagnia
,
e
dei
nobili
grandi
proprietari
agrari
e
latifondisti
,
gli
Spada
,
i
Doria
,
i
Torlonia
,
i
Borghese
,
i
Buffo
,
i
Pavoncelli
,
e
simili
.
Questa
gente
si
preoccupa
delle
proprie
rendite
e
dei
propri
profitti
e
non
dei
bisogni
del
popolo
.
E
per
assicurarsi
e
per
aumentare
le
rendite
e
i
profitti
,
questa
gente
spinge
il
paese
alla
guerra
,
perché
nella
guerra
si
arricchisce
sempre
più
e
perché
la
guerra
le
apre
nuove
possibilità
di
speculazione
e
le
dà
nuove
terre
e
nuovi
popoli
da
sfruttare
.
La
soluzione
del
problema
di
allargare
il
mercato
all
'
industria
italiana
,
e
quindi
di
far
fiorire
l
'
industria
,
è
in
Italia
.
È
prima
di
tutto
nella
elevazione
sociale
ed
economica
delle
masse
lavoratrici
rurali
.
Date
la
terra
italiana
ai
contadini
italiani
,
rompete
i
lacci
che
legano
i
contadini
alla
grande
proprietà
rurale
,
alleggerite
le
imposizioni
fiscali
inaudite
che
schiacciano
i
contadini
,
ed
il
mercato
si
animerà
,
e
la
disoccupazione
scomparirà
.
La
conquista
dell
'
Abissinia
non
può
risolvere
questi
problemi
.
L
'
Abissinia
non
può
essere
il
mercato
di
cui
ha
bisogno
la
nostra
industria
,
perché
la
condizione
dello
sfruttamento
dell
'
Abissinia
è
il
basso
costo
di
produzione
in
questo
paese
,
inferiore
a
quello
nazionale
.
Questa
condizione
costituisce
un
ostacolo
insuperabile
alla
soluzione
del
problema
del
mercato
che
si
dice
di
voler
risolvere
.
D
'
altra
parte
,
lo
sfruttamento
degli
abissini
e
dei
contadini
italiani
che
emigrassero
in
Abissinia
non
potrebbe
avere
come
risultato
di
abbassare
i
costi
di
certe
materie
prime
,
se
non
fra
una
quarantina
d
'
anni
,
ammesso
-
per
pura
ipotesi
che
tutte
le
cose
vadano
lisce
;
il
che
è
escluso
nel
modo
più
certo
.
Il
miraggio
abissino
è
ingannevole
,
come
tutti
i
miraggi
.
Esso
è
stato
fatto
balenare
alle
masse
popolari
,
e
ai
giovani
,
dai
ricchi
,
dai
milionari
,
dai
capitalisti
,
perché
l
'
impresa
abissina
è
per
questi
un
affare
vantaggioso
.
La
conquista
abissina
aumenta
la
miseria
del
popolo
.
Fin
dall
'
aprile
dello
scorso
anno
,
nel
Manifesto
del
Comitato
centrale
del
partito
comunista
Salviamo
il
nostro
paese
dalla
catastrofe
!
noi
dicemmo
:
«
Non
è
vero
che
la
eventuale
conquista
dell
'
Abissinia
risolverebbe
il
problema
della
disoccupazione
e
migliorerebbe
le
condizioni
dei
lavoratori
italiani
Anche
se
L
'
Abissinia
diventasse
una
colonia
italiana
,
ciò
non
porterebbe
nessun
miglioramento
ai
lavoratori
.
Come
avviene
per
le
altre
colonie
,
i
profitti
coloniali
andrebbero
alle
banche
,
agli
speculatori
ed
alle
compagnie
concessionarie
,
mentre
le
spese
della
colonizzazione
costerebbero
maggiori
imposte
per
la
popolazione
lavoratrice
»
.
Oggi
noi
confermiamo
la
facile
previsione
.
La
soluzione
dei
nostri
problemi
è
in
Italia
e
non
in
Africa
o
altrove
.
La
soluzione
dei
nostri
problemi
esige
,
innanzi
a
tutto
,
che
siano
mantenute
e
non
dilazionate
le
promesse
che
sono
state
fatte
da
quattordici
anni
al
popolo
italiano
.
Queste
promesse
consistono
nel
pane
assicurato
a
tutti
,
nel
lavoro
quindi
assicurato
ai
disoccupati
,
in
un
salario
migliore
,
degno
di
un
popolo
civile
,
nella
casa
decorosa
ai
lavoratori
,
nella
pace
,
in
una
politica
che
faccia
largo
ai
giovani
.
Queste
promesse
non
sono
mantenute
.
I
fatti
dimostrano
che
esse
non
sono
mantenute
e
che
,
anzi
,
si
pretenderebbe
che
le
masse
popolari
pagassero
,
ora
,
le
spese
della
guerra
e
della
colonizzazione
.
Noi
pensiamo
con
un
sincero
spirito
di
fraternità
a
tutti
quei
nostri
soldati
e
a
quelle
camicie
nere
che
si
sono
battuti
in
Africa
credendo
di
battersi
per
un
ideale
di
giustizia
.
Questi
combattenti
,
e
le
loro
famiglie
,
e
tutto
il
popolo
italiano
che
soffre
da
quattordici
anni
,
si
domandano
:
«
E
adesso
?
»
.
La
guerra
è
finita
in
Africa
.
Perché
si
tengono
laggiù
cinquecentomila
uomini
,
e
se
ne
tiene
più
di
un
milione
in
Italia
?
Perché
non
si
smobilita
?
Chi
minaccia
l
'
Italia
?
Chi
si
prepara
ad
invadere
il
nostro
territorio
?
Perché
i
disoccupati
aumentano
,
nonostante
che
più
di
un
milione
e
mezzo
di
uomini
siano
alle
armi
?
Perché
non
si
dà
il
lavoro
a
tutti
?
Perché
non
si
aumentano
i
salari
e
gli
stipendi
?
Perché
,
in
attesa
della
casa
decorosa
,
non
si
diminuiscono
gli
sfratti
dei
lavoratori
e
degli
impiegati
,
e
non
si
vietano
gli
sfratti
?
Perché
non
si
diminuiscono
le
imposte
ai
contadini
,
a
tutti
i
lavoratori
,
agli
impiegati
?
Perché
non
si
apre
subito
un
vasto
campo
di
attività
ai
giovani
lavoratori
del
braccio
e
del
pensiero
?
Gli
è
che
i
milionari
e
gli
speculatori
vogliono
ancora
la
guerra
,
e
non
vogliono
pagarne
le
spese
!
I
danari
ci
sono
.
Sia
fatto
un
prelevamento
proporzionale
e
progressivo
su
tutti
i
patrimoni
superiori
ad
un
milione
;
siano
confiscati
tutti
i
soprapprofitti
superiori
al
6
per
cento
:
allora
i
miliardi
verranno
fuori
.
Verranno
fuori
i
soldi
per
continuare
i
lavori
pubblici
interrotti
e
per
costruire
scuole
,
ospedali
,
sanatori
,
campi
sportivi
per
i
nostri
giovani
,
per
alleggerire
il
peso
delle
imposte
sulle
masse
popolari
,
per
dare
una
indennità
a
tutti
gli
ex
combattenti
e
per
sussidiare
,
intanto
,
degnamente
,
le
loro
famiglie
,
verso
le
quali
l
'
obbligo
del
paese
è
pari
a
quello
che
il
paese
deve
ai
soldati
d
'
Africa
.
Sia
fatta
una
politica
di
pace
,
quale
la
vuole
il
popolo
italiano
e
quale
è
nel
suo
interesse
.
Se
l
'
Italia
entra
nel
novero
degli
Stati
che
vogliono
organizzare
la
pace
,
e
lavora
a
costituire
il
più
largo
blocco
di
Stati
pacifici
,
essa
potrà
alleggerire
di
molto
il
peso
delle
ingenti
spese
militari
che
dissanguano
il
paese
,
perché
la
difesa
del
territorio
nazionale
sarà
affidata
alla
organizzazione
della
sicurezza
collettiva
.
Altri
miliardi
potranno
essere
,
così
,
destinati
alle
opere
di
pace
,
che
elevino
il
benessere
e
la
cultura
del
nostro
popolo
.
I
nostri
giovani
hanno
mille
volte
ragione
di
far
proprio
l
'
incitamento
lanciato
anni
or
sono
dal
fascismo
largo
ai
giovani
!
e
di
esigere
la
realizzazione
di
una
politica
che
dia
ai
giovani
la
possibilità
di
mettere
le
loro
energie
a
profitto
dell
'
elevamento
materiale
e
culturale
del
paese
.
Lo
spirito
eroico
della
gioventù
,
dedicato
alle
grandi
opere
che
aumentano
il
benessere
del
popolo
,
è
tra
le
forze
più
preziose
della
nazione
.
È
a
questo
spirito
eroico
della
gioventù
che
noi
dobbiamo
fare
appello
,
perché
esso
è
capace
di
salvare
il
nostro
paese
dall
'
umiliazione
della
miseria
e
di
elevarne
il
prestigio
ad
una
altezza
mai
raggiunta
.
Senza
questo
giovanile
anelito
verso
le
grandi
opere
della
civiltà
umana
,
senza
la
disciplina
cosciente
è
impossibile
salvare
il
nostro
paese
dall
'
anarchia
attuale
,
dalla
disoccupazione
permanente
,
dalla
miseria
,
dalla
decadenza
dei
costumi
e
della
cultura
.
Largo
ai
giovani
!
non
può
voler
dire
che
questo
:
ogni
giovane
ha
il
diritto
ad
avere
il
suo
posto
nella
vita
e
ad
occuparlo
degnamente
.
Questi
obbiettivi
non
possono
essere
rinviati
.
Quale
è
l
'
ostacolo
al
loro
raggiungimento
?
L
'
ostacolo
è
costituito
,
innanzi
tutto
,
dal
prepotere
di
un
gruppo
di
persone
,
di
un
pugno
di
famiglie
che
sono
i
veri
padroni
del
paese
,
che
hanno
in
mano
tutte
le
leve
dell
'
economia
del
paese
,
e
controllano
tutto
il
paese
,
e
fanno
e
disfanno
della
vita
di
43
milioni
di
italiani
.
Questa
gente
,
e
coloro
che
li
servono
,
hanno
messo
la
museruola
al
popolo
italiano
,
per
poterlo
meglio
tosare
.
Hanno
detto
che
i
comunisti
e
tutti
quanti
combattono
la
loro
dittatura
sono
i
nemici
della
nazione
,
e
vogliono
che
l
'
attuale
divisione
del
popolo
,
in
fascisti
e
non
fascisti
,
sia
mantenuta
ed
approfondita
,
per
meglio
sfruttare
il
popolo
ed
opprimerlo
.
Essi
hanno
tutto
l
'
interesse
a
mantenere
questo
stato
di
cose
,
perché
nella
misura
in
cui
il
popolo
italiano
si
riconcili
con
se
stesso
e
scopra
questa
semplice
verità
che
tra
lavoratori
fascisti
e
non
fascisti
non
vi
sono
contrasti
essenziali
,
ma
v
'
è
una
unità
di
intenti
per
fare
forte
,
libero
e
felice
il
nostro
paese
,
la
loro
potenza
è
compromessa
,
il
loro
dominio
assolutistico
è
prossimo
a
crollare
.
Perciò
essi
temono
che
gli
stessi
fascisti
dicano
ciò
che
pensano
.
Questi
padroni
del
paese
,
parassiti
del
lavoro
nazionale
,
dicono
che
il
sindacato
è
una
bella
cosa
,
ma
che
gli
operai
non
devono
esprimervi
le
loro
opinioni
,
non
devono
eleggervi
i
loro
dirigenti
.
Tutte
le
organizzazioni
del
regime
sono
,
per
questa
gente
,
delle
eccellenti
iniziative
,
ma
alla
condizione
che
esse
servano
ai
loro
interessi
,
e
che
il
popolo
italiano
subisca
la
loro
dominazione
.
Sono
questi
magnati
del
capitale
che
non
vogliono
smilitarizzare
le
fabbriche
ausiliarie
,
perché
conviene
loro
la
disciplina
militare
nelle
aziende
.
Sono
questi
sfruttatori
che
minacciano
quando
un
fascista
esige
il
diritto
di
parlare
nelle
proprie
organizzazioni
o
li
critica
timidamente
nella
stampa
,
e
fanno
sopprimere
i
giornali
dei
giovani
.
L
'
oligarchia
dei
finanzieri
,
dei
grandi
industriali
,
dei
grandi
agrari
è
la
causa
delle
nostre
miserie
,
dell
'
oppressione
in
cui
viviamo
,
della
politica
di
guerra
.
Questa
oligarchia
si
oppone
al
mantenimento
delle
promesse
fatte
al
popolo
italiano
,
perché
non
vuole
pagare
.
Ecco
perché
noi
comunisti
abbiamo
detto
e
ripeteremo
senza
stancarci
che
la
riconciliazione
del
popolo
italiano
,
nella
lotta
contro
questo
pugno
di
parassiti
,
è
la
condizione
per
salvare
il
nostro
paese
da
una
catastrofe
,
e
lavoreremo
a
tutti
i
costi
per
questa
riconciliazione
.
Noi
vogliamo
che
tutti
gli
operai
e
tutti
i
senza
lavoro
,
che
tutti
i
braccianti
e
tutti
i
contadini
lavoratori
,
e
i
lavoratori
manuali
ed
intellettuali
di
ogni
categoria
si
diano
la
mano
nelle
fabbriche
,
nei
sindacati
,
in
tutte
le
associazioni
,
in
tutti
i
quartieri
cittadini
,
e
lottino
assieme
perché
le
promesse
fatte
siano
mantenute
e
perché
i
capitalisti
paghino
le
conseguenze
della
crisi
che
travaglia
duramente
il
paese
.
Noi
vogliamo
peri
nostri
giovani
il
diritto
alla
vita
,
all
'
amore
ed
alla
gioia
operosa
.
Largo
ai
giovani
,
largo
a
tutti
i
giovani
,
ai
giovani
operai
,
ai
giovani
contadini
,
agli
studenti
.
La
promessa
deve
essere
mantenuta
.
I
ricchi
paghino
le
spese
necessarie
a
togliere
la
gioventù
dall
'
ozio
e
dalle
angustie
.
Noi
vogliamo
che
i
combattenti
d
'
Africa
siano
smobilitati
e
trovino
subito
un
lavoro
civile
e
libero
,
che
dia
loro
tranquillità
e
compensi
le
loro
famiglie
dei
sacrifici
sopportati
.
Che
i
capitalisti
,
i
quali
fecero
affari
d
'
oro
con
la
guerra
,
che
i
milionari
paghino
il
debito
della
nazione
verso
gli
ex
combattenti
.
Noi
vogliamo
che
i
trovino
subito
un
lavoro
sicurezza
dell
'
avvenire
e
portati
.
Che
i
capitalisti
,
che
i
milionari
paghino
battenti
.
Noi
vogliamo
-
assieme
a
tutto
il
popolo
italiano
che
il
nostro
paese
non
sia
più
un
elemento
di
turbolenza
internazionale
,
e
faccia
una
politica
di
pace
,
e
prenda
il
suo
posto
a
Ginevra
fra
gli
Stati
che
vogliono
organizzare
la
pace
nel
mondo
;
stipuli
un
patto
collettivo
mediterraneo
di
sicurezza
,
si
leghi
con
dei
patti
di
assistenza
mutua
a
tutti
i
suoi
vicini
(
con
dei
patti
aperti
a
tutti
gli
Stati
che
vogliono
parteciparvi
)
;
cementi
con
la
sua
autorità
la
piccola
Intesa
e
l
'
Intesa
balcanica
;
difenda
l
'
indipendenza
dell
'
Austria
,
sulla
base
della
restaurazione
della
libertà
democratica
in
questo
paese
,
sola
garanzia
per
la
sua
indipendenza
,
e
stringa
con
il
governo
della
libera
Austria
un
patto
di
assistenza
mutua
;
isoli
l
'
aggressore
hitleriano
che
vuol
fare
la
guerra
e
le
cui
aspirazioni
espansionistiche
minacciano
l
'
indipendenza
territoriale
del
nostro
paese
;
riconosca
la
legge
internazionale
come
la
legge
suprema
di
convivenza
tra
tutte
le
nazioni
grandi
e
piccole
.
Il
popolo
italiano
non
vuole
la
guerra
,
vuole
la
pace
.
Noi
tendiamo
la
mano
ai
fascisti
,
nostri
fratelli
di
lavoro
e
di
sofferenze
,
perché
vogliamo
combattere
assieme
ad
essi
la
buona
e
santa
battaglia
del
pane
,
del
lavoro
e
della
pace
.
Tutto
quanto
noi
vogliamo
,
fascisti
e
non
fascisti
,
possiamo
ottenerlo
unendoci
e
levando
la
nostra
voce
,
che
è
la
voce
del
popolo
.
Fascisti
,
ex
combattenti
d
'
Africa
,
conquistate
al
popolo
il
diritto
di
parlare
in
tutte
le
organizzazioni
.
Fate
che
ogni
organizzazione
,
ogni
circolo
,
ogni
sindacato
diventi
il
cuore
pulsante
della
nazione
riconciliata
,
contro
i
suoi
nemici
che
l
'
affamano
e
l
'
opprimono
,
contro
il
pugno
di
parassiti
che
domina
il
nostro
bel
paese
.
Noi
comunisti
vogliamo
fare
l
'
Italia
forte
,
libera
e
felice
.
La
nostra
aspirazione
è
pure
la
vostra
,
o
fascisti
,
cattolici
,
uomini
italiani
di
ogni
opinione
politica
,
d
'
ogni
fede
religiosa
.
Uniamoci
.
Uniamoci
in
un
solo
cuore
ed
in
una
sola
volontà
.
Uniamoci
dovunque
ed
in
ogni
ora
.
Parliamo
un
linguaggio
solo
:
quello
degli
interessi
del
popolo
e
del
paese
.
Lottiamo
uniti
,
per
il
nostro
pane
,
per
il
nostro
lavoro
,
per
la
nostra
pace
,
perché
l
'
Italia
sia
strappata
ai
suoi
nemici
e
restituita
agli
italiani
,
perché
l
'
Italia
sia
salvata
dalla
catastrofe
.
StampaPeriodica ,
Chi
voglia
esaminare
,
dal
punto
di
vista
italiano
,
il
problema
dell
'
Adriatico
,
deve
partire
innanzitutto
da
una
considerazione
obiettiva
dei
fatti
più
generali
che
si
svolgono
al
di
là
del
mare
.
...
Al
di
là
del
mare
oggi
si
combatte
una
lotta
di
vita
o
di
morte
.
Da
una
parte
,
la
crisi
di
un
impero
secolare
,
che
ha
mutata
la
sua
missione
nel
mondo
,
ma
non
l
'
ha
ancora
forse
interamente
esaurita
,
e
che
si
dibatte
per
la
propria
esistenza
.
Dall
'
altra
la
crisi
di
un
popolo
,
che
giunto
al
pieno
sentimento
della
propria
nazionalità
,
si
divincola
per
raggiungere
un
assetto
politico
,
che
non
gli
arresti
ma
gli
faciliti
il
completo
dischiudersi
alla
vita
.
Fra
il
Quarnero
ed
Antivari
,
sulla
sponda
opposta
orientale
dell
'
Adriatico
,
di
fronte
alla
massa
compatta
di
italiani
della
sponda
occidentale
,
è
un
'
altra
massa
di
genti
,
sulle
quali
la
storia
ha
potuto
imprimere
differenze
esteriori
di
religioni
,
di
costumi
,
di
alfabeti
;
ma
non
ha
potuto
annientare
,
distruggere
le
stigmate
della
comune
origine
,
della
comune
favella
.
Sotto
la
varia
corteccia
degli
sloveni
,
dei
serbi
,
dobbiamo
riconoscere
uno
stesso
popolo
,
il
jugoslavo
.
Un
secolo
fa
,
quelle
popolazioni
,
prive
d
'
ogni
coscienza
unitaria
,
vivevano
divise
fra
il
dominio
turco
e
quello
austriaco
.
L
'
epopea
napoleonica
,
questa
grande
suscitatrice
di
nazionalità
,
dette
la
prima
spinta
al
movimento
nazionale
presso
le
popolazioni
slave
meridionali
dell
'
Austria
,
con
la
fondazione
del
Regno
dell
Illiria
,
cui
sopravvisse
a
lungo
,
ferocemente
combattuto
,
l
'
illirismo
letterario
e
politico
.
Presso
le
popolazioni
jugoslave
soggette
al
turco
,
invece
,
il
movimento
iniziale
,
culmina
soltanto
con
l
'
autonomia
conquistata
dalla
Serbia
(
1826
)
.
Per
tutto
il
secolo
XIX
,
lentamente
,
ma
tenacemente
,
costantemente
,
l
'
ascensione
nazionale
jugoslava
s
'
è
proseguita
dai
due
punti
d
'
origine
:
da
Nord
e
da
Sud
.
Da
Sud
la
piccola
Serbia
preme
affinché
il
movimento
nazionale
jugoslavo
sbocchi
ad
un
assetto
politico
,
che
riunisca
in
uno
stato
indipendente
le
sparse
membra
della
nazione
.
Da
nord
,
l
'
Austria
preme
affinché
il
movimento
sbocchi
ad
un
assetto
politico
,
che
conglobi
nell
'
impero
anche
i
tronchi
jugoslavi
già
soggetti
alla
Turchia
,
facilitando
così
all
'
Impero
anche
la
discesa
verso
l
Egeo
.
In
Austria
-
Ungheria
il
movimento
,
sempre
più
vivace
e
rigoglioso
,
non
poteva
non
differenziarsi
in
due
correnti
jugo
-
slave
politicamente
opposte
.
Da
una
parte
la
corrente
lealista
ed
autonomista
:
essa
culmina
prima
col
sogno
di
mons
.
Strossmayer
di
una
grande
Slavia
del
sud
sotto
lo
scettro
degli
Asburgo
,
che
avrebbero
dovuto
abbracciare
anche
la
Serbia
ed
il
Montenegro
,
e
poi
si
concreta
nella
più
modesta
dottrina
trialista
,
che
abbandoni
ogni
aspirazione
d
'
espansione
oltre
i
confini
assegnati
all
'
Impero
dal
trattato
di
Berlino
.
Da
un
'
altra
parte
la
corrente
irredentista
che
ha
centro
d
'
attrazione
la
Serbia
.
A
questa
corrente
irredentista
che
per
verità
,
fino
a
poco
tempo
fa
trovava
scarsi
seguaci
e
solo
fra
i
serbi
della
Bosnia
i
tedeschi
ed
i
magiari
predominanti
nel
vecchio
Impero
non
davano
gran
peso
:
era
troppo
poca
cosa
e
da
combattere
sopratutto
col
cercare
di
tenere
soggette
economicamente
e
col
mortificare
di
continuo
politicamente
la
piccola
Serbia
,
in
modo
che
non
potesse
esercitare
alcun
fascino
sui
sudditi
serbi
degli
Asburgo
.
Ma
allo
scoppiare
della
guerra
balcanica
del
1912
il
fremito
nazionale
,
che
scuote
e
pervade
a
un
tratto
le
popolazioni
jugoslave
dell
'
Impero
,
rivela
,
più
largo
e
diffuso
,
che
non
si
sospettasse
prima
,
il
movimento
irredentista
.
D
'
altra
parte
la
Serbia
,
uscendo
vittoriosa
ed
ingrandita
dalla
lotta
,
batte
in
breccia
tutta
la
politica
austriaca
dell
'
ultimo
trentennio
:
il
suo
fascino
sui
serbi
d
'
Austria
si
fa
sempre
più
vivo
.
Il
vecchio
impero
sente
in
tutta
la
sua
gravità
l
'
incalzare
del
problema
jugo
-
slavo
.
O
spegnere
d
'
un
colpo
,
bruscamente
,
fin
dal
suo
primo
divampare
il
fuoco
acceso
al
piccolo
regno
entro
i
confini
dell
'
Impero
;
o
,
come
l
'
incendio
nella
steppa
,
quel
fuoco
tutto
avvolgerà
,
distruggerà
.
L
'
uccisione
dell
'
arciduca
F
.
Ferdinando
è
l
'
indice
più
grave
dei
progressi
compiuti
dall
'
irredentismo
.
E
d
'
altra
parte
,
la
forma
stessa
dell
'
ultimatum
,
con
cui
l
'
Austria
chiese
entro
le
24
ore
risposte
tassative
a
domande
inaccettabili
da
parte
della
Serbia
,
e
la
dichiarazione
affrettata
di
guerra
,
seguita
senz
'
altro
alla
risposta
che
pure
conteneva
l
'
accettazione
delle
inaccettabili
richieste
,
danno
la
sicurezza
che
già
da
qualche
tempo
era
ferma
nel
governo
austriaco
la
volontà
di
schiacciare
alla
prima
occasione
il
regno
serbo
e
soffocare
così
la
prima
fonte
dell
'
irredentismo
jugo
-
slavo
.
L
'
Austria
potrà
perfino
annientare
il
Regno
di
Re
Pietro
;
ma
accoglierà
allora
nel
suo
seno
un
nuovo
fortissimo
nucleo
di
serbi
indomiti
,
adusi
all
'
indipendenza
,
che
fatalmente
contribuiranno
a
rafforzare
,
ingigantire
il
sentimento
nazionale
di
tutte
le
stirpi
jugoslave
.
È
questa
una
vera
fatalità
storica
,
che
né
abilità
di
statistica
,
né
crudeltà
poliziesche
,
né
strapotenza
di
vittorie
può
arrestare
.
IL
PROBLEMA
NAZIONALE
.
ITALIANO
.
Ciò
posto
,
in
che
cosa
consiste
il
problema
dell
'
Adriatico
dal
punto
di
vista
italiano
?
Esso
presenta
tre
aspetti
:
il
nazionale
,
il
militare
e
l
'
economico
,
intimamente
connessi
l
'
uno
all
'
altro
,
e
tutti
e
tre
di
grandissimo
valore
.
Abbiamo
parlato
finora
come
se
sulla
sponda
orientale
dell
'
Adriatico
non
si
svolgesse
che
una
sola
lotta
nazionale
:
quella
degli
slavi
.
Ma
accanto
agli
slavi
,
lungo
quella
sponda
,
più
o
meno
compatti
,
vivono
in
lotta
per
la
propria
conservazione
anche
circa
450
mila
italiani
.
La
soluzione
del
problema
nazionale
adriatico
non
presenta
il
carattere
relativamente
semplice
e
facile
che
presenta
quella
del
Trentino
,
dove
la
popolazione
italiana
costituisce
una
massa
compatta
e
serrata
,
tenuta
assieme
dalla
stessa
conformazione
del
territorio
.
Sulla
sponda
nord
-
est
dell
'
Adriatico
ci
troviamo
,
invece
,
in
presenza
d
'
uno
di
quei
rendez
-
vous
di
genti
,
la
cui
lotta
per
lo
spazio
fra
le
diverse
nazionalità
si
fa
palmo
a
palmo
,
in
cui
la
commistione
delle
genti
che
vi
si
trovano
di
fronte
raggiunge
il
massimo
grado
,
in
cui
non
esiste
in
altri
termini
un
netto
confine
etnografico
,
ma
una
larga
zona
di
confine
etnicamente
eterogenea
e
contestata
.
In
tali
condizioni
annettere
politicamente
tutta
questa
zona
all
'
una
o
all
'
altra
delle
nazioni
in
lotta
,
non
si
può
senza
sacrificare
più
o
meno
largamente
l
'
una
o
l
'
altra
nazionalità
.
E
,
d
'
altra
parte
,
poiché
non
è
possibile
che
il
confine
politico
sia
tracciato
esclusivamente
col
criterio
etnografico
l
'
unica
via
d
'
uscita
parrebbe
quella
di
trovare
un
confine
che
annettesse
ai
due
stati
confinanti
quegli
spazi
,
in
cui
la
rispettiva
nazionalità
ha
incontrastato
predominio
.
Ora
a
chi
osserva
come
siano
distribuiti
gl
'
Italiani
oltre
l
'
attuale
nostro
confine
orientale
,
appare
subito
evidente
,
come
la
loro
compattezza
vada
gradatamente
scemando
,
man
mano
che
si
procede
da
occidente
verso
oriente
e
da
nord
verso
sud
.
Nel
Friuli
orientale
,
o
Goriziano
,
su
250
mila
abitanti
,
93
mila
sono
italiani
e
151
sloveni
;
ma
qui
è
ancora
relativamente
facile
separare
i
due
elementi
,
in
quanto
gli
italiani
occupano
la
pianura
e
gli
sloveni
il
monte
,
e
la
lotta
non
esiste
che
al
centro
principale
Gorizia
e
nel
distretto
di
Cormons
che
comprende
il
territorio
di
Collio
,
misto
di
italiani
e
di
sloveni
.
Segue
Trieste
col
suo
distretto
,
che
forma
il
nucleo
più
forte
e
più
compatto
,
il
centro
di
irradiazione
dell
'
italianità
d
'
oltre
confine
;
in
cui
,
per
quanto
sia
accanita
la
lotta
fra
slavi
ed
italiani
,
questi
rappresentano
la
grandissima
maggioranza
della
popolazione
:
141
mila
sopra
un
totale
di
188
mila
abitanti
.
In
Istria
,
intesa
nella
sua
attuale
costituzione
amministrativa
,
147
mila
italiani
si
oppongono
a
250
mila
slavi
;
ma
in
effetti
nel
versante
orientale
dell
'
Istria
che
gravita
verso
il
Quarnaro
,
la
proporzione
degli
italiani
diventa
minima
.
Nei
distretti
di
Castelnuovo
e
di
Volosca
con
le
annesse
isole
appena
13000
italiani
stanno
di
contro
ad
80
mila
slavi
.
Ancora
più
in
là
,
a
sudest
non
troviamo
più
che
scarsi
e
dispersi
nuclei
di
italianità
in
mezzo
all
'
oceano
slavo
:
i
24
mila
italiani
dell
'
autonoma
Fiume
,
in
mezzo
a
2.600.000
abitanti
della
Croazia
-
Slavonia
;
i
18.000
secondo
le
statistiche
ufficiali
o
mettiamo
pure
al
massimo
50.00
italiani
frazionati
e
dispersi
nelle
piccole
cittadine
costiere
della
Dalmazia
,
occupata
dalla
massa
compatta
di
oltre
600.000
serbo
-
croati
.
È
evidente
che
voler
risolvere
il
problema
nostro
nazionale
,
annettendo
all
Italia
tutte
o
gran
parte
di
queste
genti
,
sarebbe
contrario
a
quello
stesso
diritto
di
nazionalità
,
in
nome
del
quale
invochiamo
la
liberazione
degli
italiani
irredenti
.
Non
altrettanto
si
potrebbe
dire
se
l
'
annessione
si
limitasse
a
quella
parte
del
territorio
dove
l
'
italianità
,
pur
frammista
agli
slavi
,
s
'
è
conservata
relativamente
compatta
.
Cioè
:
tutta
la
parte
che
resta
al
di
qua
del
confine
storico
dell
'
Istria
(
Timavo
,
Agro
triestino
,
Catena
della
Vena
,
Monte
Maggiore
,
Punta
Fianona
,
la
Pax
tecum
dei
romani
)
.
Con
la
prima
soluzione
,
per
salvare
450
mila
italiani
,
dovremmo
inghiottire
entro
i
nostri
confini
oltre
1.000.000
di
slavi
al
minimo
;
con
la
seconda
dovremmo
rinunciare
alle
poche
migliaia
d
'
italiani
di
Fiume
e
della
Dalmazia
,
ma
congloberemmo
nel
Regno
soltanto
385
mila
slavi
al
massimo
.
So
bene
che
simile
soluzione
non
può
soddisfare
la
nuovissima
scuola
che
vuole
rispettato
il
principio
della
nazionalità
,
ma
soltanto
per
la
propria
;
che
vuole
l
'
espansione
economi
:
a
e
politica
,
ma
soltanto
per
sé
.
Per
simili
aberrazioni
,
che
possono
suscitare
il
fascino
d
'
un
momento
,
il
fascino
della
forza
e
del
successo
brutale
,
ma
che
preparano
a
non
lunga
scadenza
difficoltà
,
e
delusioni
e
dolori
,
non
sarebbe
possibile
muovere
alla
guerra
la
grande
maggioranza
del
popolo
nostro
,
come
non
furono
spinti
da
esse
a
lottare
ed
a
soffrire
gli
uomini
del
nostro
Risorgimento
.
E
gli
stessi
propagandisti
della
conquista
dalmata
lo
sentono
così
bene
,
che
sono
obbligati
a
deformare
i
fatti
per
dare
alle
loro
idee
un
'
apparenza
di
diritto
nazionale
.
IL
PROBLEMA
MILITARE
.
Veniamo
ora
all
'
aspetto
militare
del
problema
.
Il
confine
orientale
dell
'
Italia
,
con
la
zona
aperta
friulana
al
di
qua
dell
'
Isonzo
,
è
come
un
portone
di
casa
completamente
spalancato
:
esso
è
,
insieme
alla
sua
mancata
annessione
del
Trentino
,
lo
scotto
di
Custoza
e
di
Lissa
.
Il
confine
orientale
rappresenta
il
punto
debole
del
nostro
paese
:
questo
si
deve
essenzialmente
al
fatto
che
l
'
Austria
possiede
,
oltre
al
Trentino
,
anche
la
costa
occidentale
dell
'
Istria
.
Il
Trentino
,
questo
cuneo
austriaco
nel
nostro
territorio
,
questo
saliente
,
come
dicono
i
militari
,
rende
ardua
e
difficile
la
difesa
del
confine
orientale
,
soprattutto
perché
per
gli
eserciti
da
noi
ammassati
alla
difesa
del
Friuli
rappresenta
la
gravissima
minaccia
di
esser
presi
alle
spalle
.
Ora
a
questo
saliente
terrestre
fa
pendant
in
mare
l
'
altro
saliente
austriaco
dell
'
Istria
con
Pola
,
che
impedisce
,
o
quanto
meno
ostacola
gravemente
la
difesa
da
mare
del
confine
orientale
.
Se
immaginiamo
,
invece
,
tolti
all
'
Austria
quei
due
salienti
minacciosi
,
la
difesa
del
nostro
paese
non
potrebbe
davvero
dirsi
più
in
serio
pericolo
.
Insomma
le
stesse
necessità
militari
che
,
oltre
al
resto
,
giustificano
le
aspirazioni
all
'
annessione
del
Trentino
,
giustificano
anche
l
'
altra
aspirazione
di
togliere
di
mano
all
'
Austria
il
pericoloso
saliente
di
Pola
.
Per
la
qual
cosa
sarebbe
necessario
e
sufficiente
che
il
confine
nostro
si
spingesse
press
'
a
poco
al
confine
storico
dell
'
Istria
.
IL
PROBLEMA
ECONOMICO
.
Dal
punto
di
vista
economico
,
il
problema
italiano
dell
'
Adriatico
si
può
sintetizzare
in
poche
parole
.
È
nostro
vitale
interesse
che
l
'
Adriatico
intensifichi
quanto
più
è
possibile
i
suoi
traffici
.
L
'
Italia
soffre
di
una
paralisi
nel
suo
fianco
orientale
.
Ad
occidente
i
suoi
maggiori
centri
,
ad
occidente
i
suoi
maggiori
porti
,
i
suoi
maggiori
traffici
;
ad
oriente
la
vita
pulsa
più
fiacca
,
più
stentata
.
È
un
male
antico
,
un
male
che
ha
profonde
radici
nei
secoli
.
Con
l
'
apertura
del
canale
di
Suez
,
una
nuova
corrente
è
tornata
a
circolare
vivificando
questo
esangue
organismo
,
e
le
nostre
regioni
adriatiche
han
cominciato
a
risorgere
,
come
ne
fan
fede
i
progressi
marinari
di
Venezia
,
Ancona
,
Bari
,
Brindisi
,
il
rinnovamento
agricolo
delle
provincie
adriatiche
,
l
'
iniziata
industrializzazione
del
Veneto
e
del
Barese
.
Siamo
però
appena
all
'
inizio
di
questo
rinnovamento
.
E
la
speranza
che
esso
continui
e
si
intensifichi
dobbiamo
riporla
specialmente
nel
continuo
incremento
dei
traffici
dell
'
Adriatico
.
...
Ora
è
nostro
interesse
economico
promuovere
quelle
soluzioni
politiche
del
problema
adriatico
,
che
meglio
possano
contribuire
ad
allargare
la
sfera
di
influenza
di
questo
mare
.
Ciò
posto
,
l
'
affacciarsi
della
Serbia
direttamente
su
questo
mare
,
non
può
essere
salutato
da
noi
che
con
gioia
,
anche
dal
punto
di
vista
commerciale
.
Una
grande
Serbia
,
che
abbracciasse
l
'
antico
regno
e
gli
acquisti
delle
ultime
guerre
balcaniche
,
e
la
Bosnia
Erzegovina
e
la
Dalmazia
,
coopererebbero
grandemente
ad
allargare
1'
interland
adriatico
.
Ostacolata
verso
sud
,
per
la
via
dell
'
Egeo
,
dal
possesso
greco
di
Salonicco
,
ostacolata
verso
oriente
,
per
la
via
del
Danubio
,
dalla
Ungheria
;
la
Serbia
sarebbe
costretta
dal
proprio
interesse
a
gravitare
sull
'
Adriatico
.
Oggi
invece
la
Bosnia
è
attratta
dall
'
Ungheria
verso
il
Danubio
;
e
tutta
l
'
attuale
Serbia
è
costretta
a
gravitare
interamente
sull
'
Egeo
e
sul
Danubio
,
perché
l
'
Austria
le
chiude
quel
varco
all
'
Adriatico
,
che
le
fu
sempre
aperto
fino
a
cinquant
'
anni
or
sono
attraverso
Ragusa
.
Viceversa
,
qualunque
soluzione
,
che
togliesse
all
'
impero
austro
-
ungarico
dato
che
questo
non
sia
distrutto
ogni
sbocco
sull
'
Adriatico
,
cioè
proprio
la
soluzione
che
alcuni
vagheggiano
di
una
occupazione
italiana
estesa
anche
alla
Dalmazia
,
dal
punto
di
vista
dei
traffici
dell
'
Adriatico
,
non
potrebbe
essere
che
dannosa
.
È
evidente
che
una
barriera
politica
fra
le
coste
italiane
e
l
'
impero
austro
-
ungarico
,
costituirebbe
un
notevole
ostacolo
a
che
i
paesi
interni
preferissero
l
'
Adriatico
alle
altre
vie
commerciali
.
L
'
AUTONOMIA
TRIESTINO
-
ISTRIANA
.
A
questa
ultima
soluzione
del
problema
(
conquista
italiana
del1'
Istria
storica
e
costituzione
di
tutta
la
Jugoslavia
in
una
grande
Serbia
indipendente
)
noi
dovremmo
dunque
aspirare
con
tutte
le
nostre
forze
.
StampaPeriodica ,
Accade
spesso
che
i
rappresentanti
della
generazione
dei
militanti
adulti
e
degli
anziani
non
sanno
avvicinare
come
conviene
la
gioventù
che
,
per
forza
di
cose
,
è
obbligata
ad
accostarsi
al
socialismo
in
modo
diverso
,
per
un
'
altra
strada
,
in
un
'
altra
forma
,
in
circostanze
diverse
...
(
Lenin
)
Il
monito
che
Lenin
dava
a
suo
tempo
ai
militanti
adulti
ed
agli
anziani
perché
acquistassero
la
capacità
di
saldarsi
con
le
nuove
generazioni
ha
per
noi
un
grandissimo
significato
politico
e
pratico
attuale
.
Sentiamo
spesso
ripetere
da
militanti
adulti
del
nostro
partito
e
da
elementi
anziani
della
classe
operaia
che
la
gioventù
cresciuta
ed
educata
nell
'
ambiente
fascista
sarebbe
estranea
alla
comprensione
della
necessità
della
lotta
per
uscire
dall
'
attuale
situazione
in
cui
versano
la
classe
operaia
e
tutto
il
popolo
italiano
.
La
scissione
ideologica
che
il
fascismo
si
sforza
di
operare
tra
le
vecchie
e
le
nuove
generazioni
sarebbe
,
dunque
,
inevitabile
e
definitiva
.
Se
ciò
fosse
vero
,
ci
sarebbe
da
disperare
dell
'
avvenire
del
nostro
paese
!
La
verità
è
ben
altra
.
Non
siamo
ancora
riusciti
ad
avvicinare
largamente
e
«
come
conviene
»
la
gioventù
d
'
oggi
;
abbiamo
molto
spesso
subito
passivamente
la
scissione
che
il
fascismo
crea
,
mantiene
e
cerca
di
approfondire
tra
le
vecchie
e
le
nuove
generazioni
,
invece
di
reagire
ad
essa
nelle
forme
«
convenienti
»
;
non
abbiamo
ancora
studiato
a
fondo
quali
sono
i
modi
particolari
,
le
vie
,
le
forme
che
la
nuova
gioventù
educata
dal
fascismo
adotta
e
segue
per
cercare
di
mettere
in
evidenza
i
propri
problemi
.
Insomma
,
non
siamo
ancora
a
contatto
intimo
con
la
gioventù
d
'
oggi
,
e
questa
non
è
una
delle
ragioni
secondarie
della
relativa
arretratezza
del
nostro
lavoro
politico
,
in
generale
.
Dobbiamo
dire
a
tutti
i
compagni
,
e
a
tutti
gli
anziani
della
classe
operaia
,
che
uno
dei
problemi
fondamentali
che
sta
dinanzi
al
nostro
paese
(
e
dalla
cui
soluzione
dipenderà
,
per
buona
parte
,
la
vittoria
del
popolo
italiano
contro
il
pugno
di
grandi
capitalisti
e
proprietari
fondiari
che
lo
affamano
e
l
'
opprimono
)
è
quello
di
lavorare
e
saldare
,
nella
lotta
,
le
vecchie
e
le
nuove
generazioni
.
Per
assolvere
questo
grande
compito
gli
adulti
debbono
avvicinare
la
gioventù
quale
essa
è
,
con
i
suoi
sentimenti
,
con
la
sua
mentalità
,
saperla
comprendere
,
e
marciare
assieme
ad
essa
,
guidandola
,
ma
senza
presumere
di
imporle
la
direzione
,
e
rispettando
quanto
di
nuovo
e
di
originale
la
gioventù
porta
con
sé
.
Giacché
la
gioventù
porta
sempre
con
sé
una
propria
esperienza
,
e
la
esperienza
dei
giovani
,
per
quanto
modesta
,
contiene
sempre
una
critica
(
un
giudizio
)
del
passato
,
di
cui
gli
anziani
debbono
tener
conto
.
È
un
luogo
comune
,
per
parecchi
nostri
militanti
adulti
e
per
molti
anziani
della
classe
operaia
(
e
non
solo
della
classe
operaia
)
,
che
la
gioventù
italiana
d
'
oggi
non
abbia
delle
aspirazioni
,
non
pensi
a
cose
serie
,
si
occupi
solo
di
sport
e
di
futilità
.
Quale
ingiusta
caratteristica
della
gioventù
italiana
è
mai
questa
!
Eppure
in
questi
anni
duri
è
proprio
da
questa
gioventù
che
sono
venuti
nelle
nostre
file
,
nelle
file
dell
'
avanguardia
del
proletariato
,
nelle
file
della
Gioventù
comunista
,
dei
magnifici
combattenti
,
i
quali
hanno
arricchito
il
nostro
partito
di
una
grande
esperienza
,
contribuendo
a
fargli
rettificare
alcuni
aspetti
della
sua
politica
e
ad
introdurre
nel
suo
lavoro
delle
forme
più
appropriate
alla
situazione
,
ciò
che
ha
permesso
al
partito
di
estendere
e
di
consolidare
le
sue
relazioni
con
le
masse
.
Se
la
gioventù
italiana
educata
dal
fascismo
(
intendete
bene
!
)
cerca
e
trova
il
partito
comunista
,
ciò
significa
che
nella
gioventù
fermentano
idee
e
propositi
di
redenzione
,
e
volontà
di
lotta
.
Ma
non
è
solo
il
reclutamento
nelle
nostre
file
e
nelle
file
della
Gioventù
comunista
che
ci
interessa
.
Il
reclutamento
,
nella
nostra
situazione
,
sarà
sempre
limitato
a
gruppi
ristretti
di
giovani
.
Il
problema
non
è
solo
di
reclutare
delle
migliaia
di
giovani
nelle
nostre
file
,
ma
è
anche
,
e
soprattutto
,
quello
di
mettere
in
movimento
i
milioni
di
giovani
italiani
che
vogliono
vivere
.
Questi
milioni
di
giovani
pensano
.
Il
fascismo
non
ha
saputo
offrire
alla
gioventù
alla
«
crisi
della
gioventù
»
,
la
quale
è
una
delle
caratteristiche
più
drammatiche
della
società
capitalista
in
agonia
altra
soluzione
che
quella
della
guerra
;
e
perciò
ha
diffusa
ed
alimentata
nei
giovani
una
ideologia
sciovinista
mescolata
con
forti
motivi
demagogici
.
Sappiamo
bene
tutto
ciò
.
L
'
«
Italia
proletaria
»
dovrebbe
conquistarsi
il
suo
posto
al
sole
e
il
benessere
contro
le
nazioni
«
capitalistiche
»
,
egoiste
,
ecc
.
Con
questa
propaganda
il
fascismo
si
sforza
di
nascondere
quella
che
è
la
vera
causa
della
miseria
del
popolo
e
delle
angustie
dei
nostri
giovani
:
la
manomissione
di
tutta
la
ricchezza
del
paese
da
parte
di
un
pugno
di
capitalisti
,
che
sono
gli
effettivi
padroni
dell
'
Italia
.
Ma
i
nostri
giovani
pensano
;
e
,
sia
pure
tra
incertezze
ed
oscillazioni
,
degli
strati
sempre
più
importanti
di
giovani
incominciano
a
vedere
che
l
'
ostacolo
alla
loro
sistemazione
nella
vita
ed
al
loro
avvenire
si
trova
nell
'
Italia
stessa
,
e
non
nell
'
Inghilterra
o
nella
Francia
dove
milioni
di
altri
giovani
combattono
anch
'
essi
la
loro
battaglia
per
il
diritto
alla
vita
.
L
'
anticapitalismo
della
gioventù
operaia
e
di
una
larga
parte
della
gioventù
intellettuale
è
un
segno
di
questa
«
coscienza
dell
'
ostacolo
»
.
L
'
anticapitalismo
dei
giovani
non
è
una
finzione
.
Esso
si
rafforza
nella
lotta
di
classe
,
di
fronte
all
'
ingordigia
ed
all
'
egoismo
dei
grandi
industriali
,
dei
grandi
magnati
del
capitale
;
e
quando
udiamo
dalla
bocca
di
certi
giovani
dire
che
«
Mussolini
farà
come
in
Russia
»
noi
consideriamo
,
certo
,
l
'
illusione
che
questa
credenza
esprime
,
ma
non
possiamo
fare
a
meno
di
vedere
in
essa
maturare
la
coscienza
,
ancora
non
bene
precisa
negli
obbiettivi
,
del
l
'
ostacolo
capitalista
e
la
volontà
ancor
vaga
,
ma
certa
,
di
abbatterlo
.
Nella
gioventù
studiosa
le
correnti
che
si
avvicinano
alle
nostre
posizioni
teoriche
sono
abbastanza
importanti
;
e
,
così
come
esistono
in
Italia
gruppi
di
giovani
corporativisti
-
collettivisti
,
ne
esistono
pure
di
comunisti
-
idealisti
,
la
cui
funzione
potrà
essere
grande
nello
sviluppo
degli
avvenimenti
per
avvicinare
al
proletariato
strati
di
nuovi
intellettuali
.
I
milioni
di
giovani
pensano
,
anche
se
cercano
qualche
distrazione
.
Ci
scandalizziamo
perché
i
giovani
vogliono
divertirsi
?
Forse
c
'
è
tra
di
noi
qualche
vecchio
decrepito
il
quale
ha
dimenticato
che
gioventù
è
gioia
?
Non
vi
pare
che
dobbiamo
,
piuttosto
,
gettare
l
'
allarme
perché
la
nostra
gioventù
sta
perdendo
l
'
abitudine
al
sorriso
?
Il
fascismo
ha
sfruttato
gli
ideali
più
nobili
che
albergano
nel
cuore
dei
giovani
,
e
li
ha
deformati
.
Lo
spirito
eroico
della
gioventù
,
l
'
ambizione
dei
giovani
alle
grandi
opere
della
vita
,
e
la
loro
aspirazione
a
migliorare
le
sorti
del
proprio
paese
han
servito
agli
educatori
fascisti
per
dare
alla
gioventù
una
orientazione
guerriera
,
nella
quale
gli
elevati
pensieri
del
benessere
del
popolo
e
del
paese
sono
stati
sfruttati
per
gli
obbiettivi
sordidi
della
difesa
degli
interessi
dei
capitalisti
.
Ma
se
noi
accusassimo
di
ciò
i
giovani
,
e
li
trattassimo
con
dispetto
perché
essi
si
sono
lasciati
influenzare
dall
'
azione
indefessa
del
fascismo
,
commetteremmo
l
'
errore
di
non
comprendere
l
'
elemento
positivo
,
dinamico
,
e
il
sano
amore
per
il
proprio
paese
che
ha
spinto
molti
giovani
al
fascismo
o
li
ha
convinti
di
alcuni
motivi
più
popolari
della
campagna
fascista
,
e
saremmo
,
via
!
,
troppo
indulgenti
verso
noi
stessi
,
che
non
abbiamo
fatto
tutto
il
nostro
dovere
per
aiutare
i
giovani
a
trovare
la
giusta
via
.
I
milioni
di
giovani
italiani
cercano
la
via
,
e
cercano
una
guida
.
Ma
,
lo
ripetiamo
,
cercano
una
guida
che
tenga
conto
dei
loro
sentimenti
,
della
loro
mentalità
,
delle
loro
aspirazioni
.
Se
,
come
è
nostro
dovere
,
avviciniamo
í
giovani
,
se
gli
anziani
,
come
è
loro
dovere
,
prendono
la
cura
di
parlare
ai
giovani
,
e
col
linguaggio
dei
giovani
,
se
i
militanti
adulti
e
gli
anziani
della
classe
operaia
dimostrano
ai
giovani
che
gli
obbiettivi
delle
vecchie
e
delle
nuove
generazioni
si
completano
a
vicenda
,
che
le
vecchie
,
come
le
nuove
generazioni
,
mirano
a
fare
del
popolo
italiano
il
padrone
dei
propri
destini
,
liberandolo
dal
parassitismo
di
un
pugno
di
persone
che
oggi
fa
e
disfà
della
vita
di
43
milioni
di
italiani
,
se
noi
più
anziani
coltiviamo
lo
spirito
generoso
ed
eroico
della
nostra
gioventù
,
valorizziamo
come
merita
la
sua
devozione
agli
interessi
della
nazione
italiana
,
diamo
un
contenuto
reale
al
suo
sentimento
di
disciplina
(
c
'
è
tanto
bisogno
di
disciplina
per
uscire
dall
'
anarchia
della
società
capitalistica
,
anche
se
essa
è
come
si
dice
«
corporativa
»
)
,
avremo
stabilito
il
primo
contatto
tra
le
vecchie
e
le
nuove
generazioni
.
E
quindi
ci
sarà
possibile
guidare
i
giovani
alla
lotta
per
le
loro
conquiste
immediate
e
per
quelle
più
lontane
.
I
giovani
hanno
creduto
alla
parola
fascista
che
dice
:
Largo
ai
giovani
!
I
fatti
hanno
smentito
e
smentiscono
la
sincerità
di
chi
ha
lanciata
questa
grande
parola
.
I
giovani
sono
respinti
indietro
,
trovano
sbarrate
tutte
le
porte
.
Dei
giovani
si
parla
sempre
assieme
alla
guerra
.
Gioventù
e
guerra
vanno
a
braccetto
.
Sì
,
ma
alla
morte
.
Dei
giovani
e
della
vita
,
si
dice
poco
,
salvo
in
qualche
canzone
.
Ora
,
è
proprio
il
problema
della
vita
,
in
tutti
i
suoi
aspetti
,
che
il
nostro
largo
ai
giovani
deve
mettere
innanzi
.
Noi
comunisti
,
che
costituiamo
il
vero
partito
della
gioventù
,
perché
lottiamo
per
dare
alla
gioventù
il
diritto
di
vivere
,
di
lavorare
,
di
amare
,
di
istruirsi
,
di
coltivare
tutti
i
tesori
in
essa
nascosti
e
di
assicurarne
il
rigoglio
,
noi
dobbiamo
appoggiare
coraggiosamente
e
contribuire
,
con
intelligenza
,
a
sviluppare
i
movimenti
che
si
verificano
nella
gioventù
italiana
,
e
far
sì
che
essi
si
affermino
nella
vita
nazionale
.
Largo
ai
giovani
vuol
dire
il
diritto
dei
giovani
ad
avere
un
posto
assicurato
nella
vita
e
nel
proprio
paese
.
Largo
ai
giovani
vuol
dire
il
diritto
dei
giovani
a
formarsi
una
famiglia
,
nella
serena
certezza
di
poterle
assicurare
i
mezzi
di
esistenza
.
Largo
ai
giovani
vuol
dire
una
politica
di
pace
.
La
politica
di
guerra
è
la
negazione
di
ogni
politica
giovanile
.
Lo
spirito
di
lotta
della
gioventù
deve
essere
indirizzato
verso
i
grandi
ideali
della
liberazione
del
paese
dai
suoi
nemici
interni
i
capitalisti
parassiti
del
lavoro
nazionale
verso
la
creazione
di
un
ordine
nuovo
che
assicuri
a
tutti
il
diritto
di
vivere
e
la
possibilità
di
svilupparsi
e
di
elevarsi
.
Largo
ai
giovani
vuol
dire
il
diritto
riconosciuto
ai
giovani
di
partecipare
alla
vita
politica
,
sindacale
,
culturale
del
paese
nelle
organizzazioni
e
nella
stampa
.
Largo
ai
giovani
vuol
dire
che
le
promesse
fatte
ai
giovani
,
prima
e
durante
la
guerra
d
'
Africa
,
debbono
essere
mantenute
,
specialmente
per
quanto
riguarda
gli
ex
combattenti
.
Se
i
nostri
militanti
adulti
,
e
gli
operai
anziani
,
e
tutti
gli
anziani
pensosi
della
sorte
del
paese
,
si
daranno
con
passione
alla
mobilitazione
di
milioni
di
giovani
,
di
tutti
i
giovani
,
maschi
e
femmine
,
dei
giovani
fascisti
,
cattolici
,
d
'
ogni
opinione
politica
o
politicamente
indifferenti
,
nelle
fabbriche
e
nelle
case
operaie
,
nei
circoli
,
nei
fasci
giovanili
,
nelle
associazioni
cattoliche
,
nelle
campagne
,
nelle
scuole
,
negli
uffici
,
la
parola
Largo
ai
giovani
,
che
è
servita
sino
ad
oggi
come
un
motivo
retorico
,
diventerà
una
direttiva
di
azione
capace
di
unificare
le
vecchie
e
le
nuove
generazioni
per
tutte
le
rivendicazioni
immediate
della
gioventù
e
per
liberare
l
'
Italia
dagli
ostacoli
che
impediscono
alla
gioventù
di
marciare
sorridente
e
felice
verso
l
'
avvenire
che
è
suo
.
StampaPeriodica ,
Innanzi
che
la
salma
di
Emilio
Zola
fosse
resa
alla
terra
,
un
ministro
della
Repubblica
Francese
,
insieme
col
saluto
della
Francia
,
le
portò
quello
dell
'
Italia
,
patria
paterna
del
sommo
scrittore
.
Questo
riconoscimento
di
parentela
fra
i
due
popoli
,
rispetto
ad
un
uomo
che
aggiunse
tanta
gloria
alla
terra
nativa
,
liberalmente
confessato
nell
'
ora
dell
'
ultimo
distacco
,
quando
l
'
orgoglio
e
la
tenerezza
domestica
sogliono
farsi
più
gelosi
ed
esclusivi
,
fu
un
atto
di
grande
ed
ospitale
gentilezza
che
mosse
a
gratitudine
l
'
animo
degli
italiani
.
E
'
bello
che
un
ministro
d
'
Italia
abbia
in
quell
'
ora
rivendicato
al
nostro
paese
una
singolare
ragione
di
fraternità
colla
Francia
.
Ci
è
caro
che
un
tanto
uomo
portasse
un
nome
italiano
e
fosse
nato
di
sangue
nostro
;
ma
per
la
purezza
dell
'
omaggio
che
oggi
rendiamo
alla
sua
memoria
,
è
nostro
debito
affermare
che
nell
'
affetto
che
portammo
al
poeta
,
nel
dolore
dell
'
acerba
sua
morte
nella
meraviglia
ammirativa
che
desta
in
noi
la
sua
opera
innanzi
tempo
compiuta
,
non
intervenne
e
non
interviene
nessun
sentimento
di
orgoglio
e
di
tenerezza
patria
.
Nato
in
Francia
di
padre
francese
,
nato
in
quale
altro
paese
della
terra
,
di
parenti
che
ignorassero
pure
il
nome
d
'
Italia
,
Emilio
Zola
ci
avrebbe
oggi
ad
un
modo
ferventi
ammiratori
del
suo
genio
ed
affettuosi
cultori
della
sua
memoria
.
La
sola
patria
di
uno
scrittore
è
quella
che
gli
fornisce
l
'
argomento
e
lo
strumento
dell
'
opera
.
Anche
a
non
considerarne
la
nascita
,
ed
il
sangue
materno
e
le
lunghe
materne
cure
nella
misera
infanzia
e
nell
'
adolescenza
randagia
,
la
sostanza
di
vita
che
egli
raccolse
ed
animò
ne
suoi
romanzi
,
la
maravigliosa
padronanza
della
lingua
che
colà
conobbe
,
e
che
già
duttile
e
sottile
ancora
egli
seppe
piegare
e
costringere
ad
una
non
mai
prima
raggiunta
minutezza
di
significati
ed
arricchire
di
termini
tecnici
,
pure
serbandole
sapore
e
vigore
letterario
,
lo
stile
magniloquente
per
impeto
interiore
di
persuasione
e
di
passione
,
ma
chiaro
e
spedito
per
prontezza
e
frequenza
di
comunicazioni
,
la
coltura
non
guari
allargata
oltre
i
confini
della
patria
,
il
semplice
e
pratico
concetto
della
vita
e
dei
destini
umani
,
la
fantasia
fervida
e
concreta
.
l
'
acume
ed
il
metodo
dell
'
osservazione
,
raccolgono
nell
'
immensa
mole
dei
suoi
scritti
,
in
una
somma
quale
raro
s
'
incentra
,
i
caratteri
essenziali
del
genio
francese
.
Mancò
di
gaiezza
.
ma
il
suo
tempo
non
ne
espresse
che
agli
indifferenti
,
e
ne
difettarono
e
ne
difettano
quasi
tutti
gli
scrittori
degni
di
questo
nome
che
vennero
dopo
di
lui
.
Anche
gli
fu
rimproverato
che
mancasse
di
grazia
,
ma
lo
stesso
appunto
mosse
al
Vittor
Hugo
Enrico
Heine
che
se
ne
intendeva
,
e
concorde
al
Balzac
,
tutta
la
critica
sua
contemporanea
.
E
sarebbe
a
vedere
se
proprio
ne
mancasse
o
lo
sdegnasse
quale
mezzo
non
atto
ai
suoi
fini
.
Potrei
citare
ne
'
suoi
romanzi
mille
esempi
di
quella
sfiorante
precisione
nella
quale
appunto
consiste
la
grazia
.
Ma
a
voler
lumeggiare
in
breve
discorso
la
figura
di
uno
scrittore
,
non
conviene
insistere
sulle
qualità
formali
se
non
in
difetto
di
maggiori
.
A
chi
reca
in
mente
un
vasto
e
chiaro
mondo
,
è
poco
merito
saperlo
esprimere
nella
forma
che
più
gli
si
conviene
,
perché
le
cose
ben
possedute
,
nell
'
intelletto
vi
serbano
vivezza
e
calore
e
comandano
e
colorano
la
parola
.
Due
soli
fra
i
romanzieri
del
nostro
tempo
,
parlarono
così
alto
al
mondo
da
parere
la
loro
voce
fragore
di
moltitudine
:
Emilio
Zola
e
Leone
Tolstoi
.
Altri
furono
più
di
essi
cari
ai
raffinati
pregiatori
della
perfezione
artistica
,
altri
regnarono
con
più
esclusivo
impero
in
devoti
cenacoli
ed
ebbero
meno
numerosi
e
meno
acerbi
denigratori
Ma
nessun
altro
possedette
altrettanta
virtù
di
agitar
per
così
larga
cerchia
di
terre
remote
e
diverse
la
coscienza
delle
genti
,
a
quale
classe
,
a
quale
culto
,
a
quale
errore
,
a
quale
fede
appartenessero
,
quale
miseria
o
la
volontaria
cecità
gaudente
,
o
l
'
inopia
o
la
servitù
li
affliggesse
.
Di
agitarla
,
intendo
così
per
consenso
,
come
per
dissenso
,
due
moti
opposti
dell
'
animo
che
procedono
dallo
stesso
impulso
e
ne
attestano
del
pari
l
'
energia
Disparati
negli
aspetti
dell
'
arte
,
avversi
uno
all
altro
nell
'
idea
finale
del
bene
,
essi
s
'
incontrano
in
una
concezione
ottimista
,
benché
diversa
della
città
futura
ed
in
una
visione
pessimista
dell
odierna
società
.
E
il
loro
vasto
dominio
sugli
animi
,
non
procede
già
dagli
aspetti
del
bene
sognato
,
ma
dalla
spietata
confessione
del
male
presente
.
Perché
il
loro
non
è
già
il
pessimismo
filosofico
disperato
delle
sorti
umane
,
che
si
adagia
percosso
e
rassegnato
nell
impotenza
contro
un
cieco
destino
.
Ma
un
pessimismo
sperante
ed
operante
,
fatto
di
sdegno
pietoso
e
di
gagliardo
amore
.
Le
brutture
umane
non
si
riflettono
già
nell
animo
loro
come
in
uno
specchio
,
ma
sì
come
in
una
lama
brandita
per
estirparne
la
semenza
.
Solo
chi
arde
comunica
ardore
.
L
'
umanità
non
segue
che
gli
eroi
.
A
chiamare
eroe
lo
Zola
,
non
vorrei
che
la
vostra
mente
fosse
ora
ricondotta
a
quel
supremo
atto
d
'
eroismo
che
tenne
il
mondo
sospeso
al
suo
grido
di
giustizia
e
di
pietà
.
Mi
prosterno
alla
magnanima
grandezza
di
quell
'
atto
,
ma
la
virtù
eroica
dello
Zola
già
appariva
intera
.
nella
sua
opera
,
innanzi
che
egli
lo
compiesse
.
Quell
'
atto
appartiene
allo
spirito
animatore
dei
suoi
romanzi
come
lo
zampillo
alla
fonte
,
né
,
il
mondo
si
sarebbe
volto
a
quel
grido
se
egli
non
lo
avesse
gettato
dall
'
altezza
dell
'
opera
letteraria
.
Io
non
so
tacere
di
aver
provato
ì
giorni
andati
sia
senso
di
amarezza
e
quasi
di
scoramento
per
l
'
inanità
del
pensiero
,
nel
notare
come
troppi
articoli
necrologici
,
pure
ispirati
a
riverente
ammirazione
per
lo
scrittore
,
si
sbrigassero
di
questo
quasi
di
passata
ed
esaltassero
sovratutto
la
prodezza
della
magnifica
azione
.
Non
posso
a
meno
di
pensare
che
quarant
'
anni
di
lavoro
indefesso
e
tanto
splendore
di
bellezza
e
sapore
di
forte
pietà
e
la
creazione
e
l
'
animazione
di
oltre
mille
e
duecento
personaggi
di
stinti
ognuno
per
evidenza
e
precisione
di
caratteri
ed
operanti
ognuno
nel
suo
mezzo
ed
esprimenti
gli
innumerevoli
aspetti
della
vita
di
un
popolo
,
;
per
poco
non
parvero
eclissati
davanti
la
virtù
d
un
momento
già
rimunerata
col
maggior
premio
cui
possa
aspirare
l
'
eroismo
umano
:
la
persecuzione
per
la
verità
ed
il
trionfo
della
verità
.
So
bene
che
è
più
facile
disconoscere
dei
fatti
che
delle
idee
,
e
che
l
azione
può
sull
'
animo
nostro
assai
più
che
la
parola
.
Ma
l
opera
letteraria
dello
Zola
contenne
tutte
le
energie
ed
indusse
tutti
i
pericoli
dell
'
azione
.
Nessuno
dei
suoi
libri
passò
sereno
,
vestito
di
sola
bellezza
.
Tutti
levarono
clamori
di
trombe
o
mandarono
rombo
di
mine
sotterranee
.
E
nessun
'
altro
scrittore
ebbe
così
congiurati
al
silenzio
dapprima
,
e
di
poi
così
furibondi
avversari
i
dispensatori
di
fama
dall
'
alto
delle
grandi
riviste
o
dei
giornali
in
maggior
credito
.
Egli
bene
prevedeva
quelle
ire
,
e
quasi
si
godeva
di
incitarle
,
come
previde
e
pregustò
i
danni
e
gli
oltraggi
che
gli
avrebbe
fruttato
la
denunzia
dell
'
ultima
iniquità
.
Io
cercherò
Zola
nella
sua
opera
letteraria
.
Facciamo
di
richiamarcela
intera
alla
mente
.
Quale
edificio
!
Che
mole
immensa
!
Quando
la
costruzione
se
ne
andava
svolgendo
e
compiendo
noi
non
ne
vedevamo
via
via
che
le
parti
ultime
venute
.
E
ognuna
di
queste
ci
dava
sensazione
e
emozioni
,
ci
suggeriva
pensieri
e
giudizi
che
la
riflettevano
sola
.
E
ne
andavamo
esaminando
,
la
singola
struttura
,
il
modo
della
lavorazione
,
ne
pregiavamo
le
delicate
finitezze
di
fattura
,
i
vigorosi
rilievi
,
e
l
'
armonia
delle
parti
che
s
'
integravano
nella
parte
.
Ma
non
tutte
s
'
integravano
,
e
certe
sovrane
linee
ascendenti
troncate
a
mezzo
,
certe
membrature
dispaiate
,
certi
archi
non
sorretti
o
non
chiusi
,
ci
mettevano
a
disagio
e
quasi
in
sospetto
di
mancamenti
o
di
pentimenti
tardivi
.
E
quando
l
'
opera
fu
compiuta
,
essa
ci
stava
a
ridosso
,
sì
che
non
potevamo
d
'
uno
sguardo
abbracciarne
la
mole
,
e
le
si
alzava
intorno
come
polverìo
per
lo
sgombero
dei
materiali
il
gran
litigio
offuscatore
dei
pareri
sapienti
e
delle
cupidigie
rivali
.
E
ancora
l
'
artefice
infaticabile
,
impaziente
di
riposo
,
tentava
altre
imprese
e
ci
chiamava
a
riguardarle
,
distraendoci
dall
'
opera
maestra
,
Ma
l
'
artefice
è
morto
e
la
morte
allontana
di
colpo
le
cose
,
le
colloca
nel
giusto
prospetto
e
dissipa
quelle
nebbie
.
O
se
ancora
qualche
fumo
stagna
con
insidia
alle
basi
o
qualche
strappo
di
nuvoletta
velenosa
s
'
avvolge
intorno
ai
sommi
pinnacoli
,
essi
nulla
appannano
la
veduta
,
e
quasi
le
crescono
maestà
e
vaghezza
,
così
che
il
colosso
ci
appare
armonico
ed
intero
,
serrato
come
una
rupe
,
cupo
nelle
ombre
meditate
,
robusto
negli
aggetti
,
corrusco
e
fiammante
al
sole
.
Chi
più
ricorda
le
diatribe
intorno
al
naturalismo
ed
al
romanzo
sperimentale
?
Che
più
ne
resta
?
Come
si
ragiona
male
dell
'
arte
nostra
e
di
quella
prossima
a
noi
!
Quanto
durano
le
dottrine
artistiche
bandita
ognuna
quale
apportatrice
dell
'
ultima
verità
?
Delle
opere
nate
sotto
il
loro
dominio
,
la
parte
che
più
le
rispecchia
è
la
più
caduca
.
Il
naturalismo
è
morto
.
«
Non
giungerà
al
secolo
XX
»
,
prediceva
il
Goncourt
.
«
Morrà
con
noi
»
,
confessava
lo
Zola
.
E
con
ciò
essi
non
rinnegavano
già
il
principio
animatore
dell
arte
loro
ma
riconoscevano
che
l
'
arte
è
così
grande
cosa
che
non
può
capire
nello
stretto
ambito
di
una
teoria
;
perché
quanto
l
'
artista
porta
con
sé
dalla
nascita
è
elemento
incoercibile
.
e
al
movimento
generale
degli
spiriti
nel
proprio
tempo
,
non
si
sottrae
volente
o
nolente
nessuno
,
a
quale
scuola
artistica
egli
appartenga
.
Già
lo
Zola
si
rideva
di
quelli
che
volevano
fare
del
naturalismo
una
dottrina
estetica
e
non
si
saziava
di
ripetere
che
esso
era
un
metodo
e
nulla
più
.
Ma
quelle
benedette
parole
in
-
ismo
contengono
una
indeterminatezza
che
le
predestina
,
ad
ogni
più
cervellotica
stiracchiatura
-
E
neanche
per
metodo
,
esso
non
era
cosa
nuova
.
«
Non
ho
inventato
nulla
,
scriveva
lo
Zola
,
nemmeno
la
voce
naturalismo
,
già
usata
dal
Montaigne
,
nel
senso
stesso
che
le
diamo
noi
.
Essa
,
già
corre
in
Russia
da
trent
'
anni
e
la
si
trova
in
Francia
negli
scritti
di
venti
critici
almeno
ed
in
particolare
in
quelli
del
Taine
.
E
come
non
ho
inventato
la
parola
,
così
non
ho
inventato
la
cosa
.
:
non
sono
un
capo
-
scuola
:
ho
trentasei
mila
padri
prima
del
Diderot
,
e
dal
Diderot
in
poi
riconosco
molti
illustri
maestri
.
Lo
Stendhal
,
il
Balzac
,
il
Flaubert
,
i
due
Goncourt
.
Non
c
'
è
scuola
,
non
ci
sono
scolari
.
Pigliatevela
coi
miei
romanzi
se
vi
spiacciono
.
Essi
sono
ripugnanti
,
odiosi
,
abbominevoli
:
il
naturalismo
,
non
ci
ha
nulla
a
vedere
.
Io
romanziere
non
credo
che
nell
'
ingegno
.
Siate
uomini
di
genio
,
studiatevi
di
dire
la
verità
del
vostro
secolo
e
l
'
immortalità
vi
aspetta
»
.
Mille
volte
lo
Zola
ritorna
sull
'
argomento
e
sempre
ribadisce
le
stesse
idee
e
per
poco
non
colle
stesse
parole
.
Al
suo
spirito
battagliero
,
educato
a
veder
chiaro
dentro
di
sé
,
nulla
più
coceva
delle
confusioni
che
gli
facevano
intorno
gli
insaccatori
di
nebbia
.
Ma
nelle
cose
umana
il
torto
non
è
mai
da
una
parte
sola
e
bisogna
pur
confessare
che
il
primo
tenue
.
filo
di
nebbia
-
e
si
sa
che
,
le
nebbie
gonfiano
e
s
'
allargano
-
l
'
aveva
proprio
portato
lui
e
proprio
trovato
di
suo
,
coll
'
uso
illegittimo
delle
parole
:
Esperimento
scientifico
,
e
coll
'
abuso
di
assimilare
l
'
arte
alla
scienza
.
Uso
ed
abuso
che
si
riscontrano
nella
sua
opera
critica
e
assai
meno
nella
creativa
.
Il
Flaubert
ha
risolto
la
questione
del
romanzo
sperimentale
in
due
parole
«
Quale
sia
l
'
ingegno
speso
in
una
data
favola
tolta
ad
esempio
,
sempre
un
altra
favola
potrà
fornire
un
esempio
contrario
,
perché
gli
scioglimenti
non
sono
conclusioni
»
.
E
'
verissimo
.
Il
temperamento
che
lo
Zola
fa
,
con
tanta
ragione
,
intervenire
nella
genesi
dell
'
opera
d
'
arte
è
un
coefficiente
disturbatore
dell
'
esperimento
scientifico
.
Le
bilancie
,
le
storte
ed
i
provini
non
hanno
temperamento
.
Quando
lo
Zola
dice
che
un
processo
penale
è
un
romanzo
esperimentale
svolto
nel
cospetto
del
pubblico
,
esprime
con
una
imagine
felice
,
benché
solo
approssimativa
,
un
'
idea
giustissima
.
Se
non
che
il
processo
penale
è
un
romanzo
,
senza
romanziere
.
I
fatti
vi
si
compiono
da
sé
,
ogni
elemento
costitutivo
vi
fa
la
sua
parte
e
non
altra
,
e
chi
conchiude
,
né
ideò
il
delitto
,
né
formulò
l
'
imputazione
,
né
condusse
le
prove
,
né
fece
testimonianza
,
né
arringò
per
accusa
o
per
difesa
.
Ma
è
inutile
sfondare
una
porta
aperta
.
Piuttosto
gioverà
cercare
come
la
mente
lucida
e
minuziosa
dello
Zola
sia
caduta
in
questa
confusione
di
termini
.
Io
sono
persuaso
che
se
i
principi
della
scienza
francese
intorno
alla
metà
del
secolo
XIX
,
invece
di
chiamarsi
Claude
Bernard
e
Pasteur
si
fossero
chiamati
Gay
Lussac
e
Lavoisier
,
lo
Zola
sarebbe
stato
ad
un
modo
schietto
osservatore
della
realtà
,
perché
così
volevano
la
sua
indole
e
il
suo
tempo
,
ma
non
avrebbe
mai
predicato
s
avessero
ad
applicare
all
arte
i
procedimenti
dell
indagine
scientifica
.
La
ripercussione
delle
grandi
scoperte
scientifiche
sulle
menti
dell
universale
non
ha
sempre
né
la
stessa
prontezza
né
la
stessa
facoltà
iniziatrice
di
movimenti
intellettuali
.
Vi
sono
rami
del
sapere
che
si
allacciano
per
una
fitta
rete
di
fili
alle
idee
generali
patrimonio
di
tutti
gli
uomini
colti
.
Ve
ne
sono
altri
che
c
'
ispirano
una
fiduciosa
riverenza
e
nulla
più
.
La
legge
del
rapporti
ponderali
fissi
nelle
reazioni
chimiche
,
la
legge
della
dilatazione
dei
gas
,
la
legge
della
gravitazione
universale
,
il
computo
delle
distanze
siderali
ci
colmano
noi
profani
di
maraviglia
,
ma
non
ci
muovono
ad
induzioni
,
non
svegliano
in
noi
nessuna
concreta
ulteriore
curiosità
,
disperati
come
siamo
di
poter
penetrare
oltre
,
senza
il
sussidio
di
una
formidabile
dottrina
.
Non
così
avviene
delle
scienze
riflettenti
certe
funzioni
della
nostra
vita
.
e
certi
modi
di
essa
;
dei
quali
siamo
spesso
chiamati
a
testimoniare
.
Alcuni
problemi
:
della
scienza
fisiologica
,
comportano
l
'
accertamento
di
fatti
che
cadono
sotto
gli
occhi
dei
comuni
mortali
.
L
'
osservazione
di
tali
fatti
appartiene
ad
un
modo
allo
scienziato
,
al
romanziere
,
ed
anche
semplicemente
all
'
uomo
esperto
della
vita
.
Quanti
psichiatri
interrogano
intorno
a
fatti
specifici
il
giudice
istruttore
,
colla
medesima
serietà
di
propositi
con
cui
un
chimico
interroga
nel
suo
laboratorio
le
fiale
ove
seguono
le
combinazioni
dei
corpi
!
E
se
il
giudice
istruttore
avrà
confidato
i
medesimi
fatti
al
romanziere
,
saranno
essi
perciò
meno
veri
e
meno
attendibili
?
Qui
lo
scienziato
ed
il
romanziere
trattano
spesso
la
medesima
so
-
stanza
e
ne
colgono
i
medesimi
aspetti
.
Notiamo
poi
che
queste
recenti
scienze
della
vita
,
adoperano
un
linguaggio
prossimo
a
noi
e
non
sdegnoso
affatto
delle
vaghezze
stilistiche
.
Molti
poderosi
trattati
di
psicologia
sperimentale
citano
ad
illustrazione
dei
più
sottili
fenomeni
della
psiche
umana
intere
pagine
di
poeti
.
Quasi
tutti
i
fisiologi
sono
eccellenti
scrittori
che
dalle
memorie
accademiche
volentieri
scendono
-
o
salgono
,
se
meglio
vi
piace
-
agli
articoli
di
rivista
.
Essi
ci
trasmettono
il
prodotto
della
ricerca
scientifica
col
linguaggio
dell
'
opera
letteraria
.
Conforme
dunque
la
sostanza
,
e
conforme
il
mezzo
di
comunicazione
.
Avvertite
finalmente
che
l
'
esperimento
scientifico
raggiunse
verso
la
metà
del
secolo
XIX
,
mercé
il
sussidio
di
maravigliosi
istrumenti
,
un
rigore
di
osservazione
e
di
indagine
non
mai
conseguito
per
l
'
addietro
,
e
che
di
tutti
i
metodi
escogitati
per
la
ricerca
dei
vero
,
esso
è
il
più
facilmente
persuasivo
,
perché
ognuno
di
noi
lo
adopera
inconsapevole
ad
acquisto
e
verifica
di
ogni
più
usuale
cognizione
.
Quale
meraviglia
che
lo
Zola
giovane
e
fervente
del
vittorioso
movimento
scientifico
del
suo
tempo
,
smanioso
di
strapparsi
alla
chimera
romantica
,
assetato
di
certezza
per
necessità
fisiologica
del
proprio
ingegno
che
solo
a
contatto
colla
realtà
saliva
ad
accendimenti
poetici
ed
a
fervore
imaginativo
.
sedotto
dalle
conformità
che
ho
detto
,
si
illudesse
di
poter
applicare
alla
preparazione
della
sostanza
artistica
i
procedimenti
dell
'
osservazione
sperimentale
e
ne
vantasse
l
'
eccellenza
?
Il
Taine
non
aveva
egli
affermato
che
i
vizi
e
le
virtù
sono
dei
prodotti
allo
stesso
modo
che
l
'
acido
solforico
e
lo
zucchero
?
Ma
non
bisogna
mai
prendere
alla
lettera
i
ragionamenti
critici
di
un
artista
,
perché
questi
è
inconsapevolmente
inclinato
a
conformarli
alle
proprie
attitudini
ed
essi
vi
si
piegano
compiacenti
.
Quali
sono
i
protagonisti
della
maggiore
opera
zoliana
?
Quale
ne
è
l
'
idea
dominante
?
I
protagonisti
sono
forse
quei
Rougon
-
Macquart
che
le
diedero
nome
?
Forse
che
l
'
idea
dominante
è
proprio
quella
dell
'
eredità
fisiologica
?
Nel
1862
,
giovane
di
28
anni
,
lo
Zola
concepisce
il
proposito
di
scrivere
una
serie
di
romanzi
legati
insieme
non
per
diretta
continuità
d
azione
o
di
personaggi
;
ma
per
la
trama
delle
influenze
ereditarie
dipartite
da
un
cognito
protagonismo
.
Questo
misterioso
influsso
atavico
già
adombrato
forse
nella
legenda
del
peccato
originale
e
circonfuso
poi
di
sacra
terribilità
dai
Greci
che
lo
chiamarono
Fato
,
affascinò
in
ogni
tempo
ed
affascina
le
menti
imaginose
.
Lo
stesso
Zola
ne
aveva
fatto
pochi
anni
addietro
argomento
di
un
dramma
che
allargò
di
poi
nel
romanzo
intitolato
Madelaine
Ferat
.
Ma
in
quello
egli
era
rimasto
nel
fantasioso
,
pago
di
derivare
.
dalle
eredità
naturali
un
contrasto
drammatico
di
affetti
.
D
'
altra
parte
un
solo
romanzo
non
poteva
contenere
ad
un
tempo
la
causa
originaria
dei
fenomeni
ereditari
e
le
sue
molteplici
conseguenze
che
si
manifestano
col
volgere
degli
anni
e
delle
generazioni
.
Nel
concetto
iniziale
la
serie
dei
Rougon
-
Macquart
doveva
constare
di
dodici
volumi
,
e
furono
venti
di
poi
.
Innanzi
di
mettersi
al
primo
,
La
fortune
des
Rougan
,
lo
Zola
si
diede
a
compulsare
trattati
e
memorie
,
a
interrogare
medici
,
-
a
postillare
statistiche
,
ad
osservare
intorno
ed
a
notare
con
una
diligenza
fatta
insieme
di
inestinguibile
ardore
e
di
probità
impareggiabile
.
L
'
albero
genealogico
dei
Rougon
-
Macquart
che
egli
pubblicò
in
capo
al
romanzo
Una
page
d
'
amour
,
l
'
ottavo
della
serie
,
fu
stabilito
intero
con
tutte
le
sue
annotazioni
caratteristiche
,
durante
quel
periodo
di
studi
preparatori
.
Ma
questi
lo
indugiarono
a
segno
,
che
La
fortune
des
Rougon
,
incominciata
a
scrivere
nel
maggio
1869
,
apparve
in
appendice
solamente
il
giugno
del
1870
ed
in
volume
l
'
inverno
del
'71
Nel
tempo
corso
fra
la
concezione
iniziale
dell
'
opera
e
la
pubblicazione
del
primo
volume
,
la
Francia
era
caduta
dal
colmo
della
prosperità
all
'
estremo
della
miseria
.
La
guerra
Franco
-
Prussiana
,
l
'
ecatombe
di
Sedan
,
il
crollo
dell
'
Impero
,
la
dedizione
di
Metz
con
un
esercito
di
100
mila
uomini
,
lo
sfacelo
governativo
,
gli
incerti
comandi
nell
'
assedio
di
Parigi
,
erano
passati
su
di
essa
come
un
torrente
in
piena
che
spazza
via
tutte
le
ragioni
e
tutti
í
segni
della
vita
.
E
come
alla
rovina
delle
acque
furenti
,
segue
lo
stagnare
delle
limacciose
,
che
dissolvono
coll
'
occulto
lavorio
corroditore
fin
l
'
ultime
fondamenta
degli
edifizî
crollati
,
così
nei
giorni
stessi
che
si
pubblicava
,
fra
tanto
squallore
di
morte
,
quel
primo
piccolo
,
male
avventurato
volume
,
bolliva
sorda
nei
fondi
popolari
,
più
terribile
e
più
minacciosa
delle
guerre
aperte
,
la
grande
collera
che
divampò
ben
tosto
sui
due
bracieri
della
Senna
negli
eccidi
della
Comune
.
A
che
si
riduceva
il
caso
di
fisiologia
sociale
ideato
e
studiato
dallo
Zola
,
davanti
a
tanto
sconvolgimento
di
uomini
e
di
cose
?
Potevano
la
sua
mente
,
e
la
sua
coscienza
,
appartarsi
dai
tragici
eventi
nella
pacifica
contemplazione
di
una
così
tenue
realtà
?
E
poteva
il
soggetto
così
subitamente
immiserito
,
contenere
il
bollore
degli
affetti
e
l
'
enormezza
delle
immagini
mosse
da
quella
vista
?
Lo
Zola
si
era
proposto
di
scrivere
la
storia
naturale
e
sociale
di
una
famiglia
durante
il
Secondo
Impero
,
Ma
quando
,
ne
aveva
formato
il
divisamento
;
il
Secondo
Impero
trionfava
sull
'
istmo
di
Suez
aperto
da
un
francese
care
alla
famiglia
imperiale
,
ed
accoglieva
ospite
riverente
all
'
Esposizione
di
Parigi
quello
stesso
sovrano
cui
doveva
in
breve
rimettere
la
spada
di
Sedan
,
il
periodo
del
tempo
assegnato
all
'
azione
dei
suoi
romanzi
,
ne
segnava
il
punto
di
partenza
ma
non
quello
di
arrivo
.
Ed
eccolo
,
quel
periodo
,
chiuso
di
un
colpo
colle
spranghe
della
morte
.
Il
morbo
ereditario
preso
ad
osservare
nella
famiglia
dei
Rougon
-
Macquart
,
era
quella
nevrosi
che
esce
dalle
voglie
sfrenate
,
dalle
incontinenze
carnali
,
dalle
urgenti
impazienze
e
dalle
spietate
fatiche
.
Ed
ecco
che
quelle
voglie
,
quelle
incontinenze
,
quelle
impazienze
e
quelle
fatiche
.
avevano
attossicato
non
una
famiglia
,
ma
un
popolo
,
del
quale
parevano
aver
disgregato
la
compagine
ed
annullata
fin
la
coscienza
dell
'
essere
.
Confessò
lo
Zola
a
sé
stesso
il
repentino
impicciolire
della
prima
impresa
?
O
fu
inconsapevolmente
trascinato
a
sconfinarla
?
Certo
è
che
da
quel
punto
il
vero
protagonista
del
suo
poema
fu
il
popolo
di
Francia
e
che
l
'
idea
informatrice
,
di
pseudo
-
scientifica
che
era
da
principio
,
divenne
storica
,
con
animazione
di
impeti
lirici
e
di
larghi
compendi
simbolici
.
Rimarrà
inalterato
il
piano
generale
che
è
come
l
'
ossatura
dell
'
opera
,
rimarranno
i
personaggi
già
ideati
,
quali
punti
di
richiamo
sparsi
tra
la
moltitudine
,
rimarrà
la
nevrosi
quale
uno
fra
i
tanti
aspetti
del
gran
morbo
sociale
,
ma
altre
innumerevoli
infermità
ne
pulluleranno
come
schiuma
da
bollore
di
caldaia
,
ed
una
gente
intera
,
dai
campi
,
dai
mercati
,
dalle
officine
,
dai
cunicoli
delle
miniere
;
dalle
sfrenate
locomotive
,
dalle
banche
,
dalle
taverne
,
dalle
alcove
,
dalle
stamberghe
,
dagli
ospedali
urlerà
le
sue
paure
i
suoi
tripudi
e
le
sue
brutture
con
tal
voce
da
coprire
il
gemito
di
una
poca
famiglia
e
da
echeggiare
fino
agli
estremi
confini
della
terra
.
Tale
mutamento
nella
sostanza
dell
'
opera
si
palesa
fin
dal
secondo
volume
La
Curée
,
scritto
per
l
'
appunto
sotto
la
percossa
delle
recenti
sciagure
.
Mentre
nella
Fortune
des
Rougon
la
figura
centenaria
di
Adelaide
Fouque
campeggia
quale
generatrice
della
malattia
destinata
a
diramarsi
ne
'
suoi
discendenti
ed
il
caso
particolare
ci
è
di
continuo
presente
.
nella
Curée
,
il
titolo
istesso
ci
solleva
dal
particolare
al
generale
ed
il
precipuo
personaggio
,
quella
Renée
che
riempie
tutto
il
romanzo
della
sua
morbosa
bellezza
e
dei
suoi
amori
incestuosi
,
nulla
appartiene
ai
Rougon
-
Macquart
.
Né
dei
due
personaggi
che
vi
appartengono
,
Aristide
e
Massimo
,
l
'
Ippolito
di
quella
Fedra
,
nessuno
di
noi
rileva
la
tabe
ereditaria
,
tanto
essi
ci
appaiono
quali
spiriti
di
maleficio
sociale
,
ideati
a
rappresentare
le
enormezze
orgiache
di
un
Basso
Impero
.
Provatevi
a
ripensare
i
principali
romanzi
della
serie
:
Le
ventre
de
Paris
,
l
'
Assommoir
,
Nana
,
Pot
-
Bouille
,
Au
Bonheur
des
dames
,
Germinal
,
La
Terre
,
La
Bête
humaine
,
l
'
Argent
,
La
Débâcle
,
e
ditemi
se
nessuno
di
essi
coi
richiama
alla
mente
il
filo
dell
'
influenza
atavica
,
se
da
nessuno
di
essi
vedete
emergere
i
rampolli
dell
'
inquinata
famiglia
.
Che
aggiunge
all
'
orrore
ed
alla
nausea
dell
Assommoir
l
'
essere
Gervaise
nata
di
padre
beone
?
Tra
i
fumi
delle
taverne
e
nella
penombra
delle
gelide
od
afose
soffitte
non
intravvediamo
noi
farse
mille
altri
.
piccoli
esseri
,
generati
nella
foia
del
vin
guasto
,
e
dell
'
assenzio
e
predestinati
,
alla
miseria
ed
al
delitto
?
Non
è
forse
la
moltitudine
suicida
la
grande
anima
paurosa
del
romanzo
?
Chi
mai
può
riconoscere
in
Etienne
Lantier
il
protagonista
dei
Germinal
?
E
quando
egli
nelle
tenebre
della
miniera
inondata
uccide
il
rivale
chi
mai
può
imputare
l
'
eccidio
necessario
«
al
veleno
che
dormiva
ne
'
suoi
muscoli
,
all
alcool
lentamente
accumulato
nella
sua
razza
»
?
Protagonista
è
la
secolare
miniera
che
stremò
d
forze
intere
successive
generazioni
,
che
impingua
gli
scrigni
degli
azionisti
lontani
ignari
perfino
del
sue
nome
e
del
luogo
ov
'
essa
s
'
inabissa
nella
terra
,
che
centuplicò
nell
'
ozio
il
magro
peculio
di
un
primo
Grégoire
e
ne
alimenta
di
padre
in
figlio
l
'
oziante
beatitudine
.
Forse
che
l
'
ultimo
romanzo
della
serie
è
quel
Docteur
Pascal
,
di
tutti
il
più
artificioso
,
che
sta
fuor
d
'
opera
tardo
e
meccanico
richiamo
al
concepimento
giovanile
?
O
non
sentiamo
noi
tutti
che
la
serie
si
chiude
nella
Débâcle
,
alla
quale
convergono
come
a
fiumana
devastatrice
tutti
i
rivi
fangosi
gonfi
della
corruzione
raccolta
in
ogni
strato
sociale
?
A
mano
a
mano
che
l
'
autore
penetra
nei
fondi
depravati
e
doloranti
,
ogni
romanzo
si
fa
più
irto
di
fatti
,
tanto
egli
accanisce
nel
gittare
in
faccia
ai
suoi
contemporanei
tutta
intera
la
realtà
che
essi
hanno
creato
e
volentieri
rifuggono
dal
contemplare
.
Via
la
polita
discrezione
tanto
cara
alle
menti
delicate
ed
agli
artisti
impeccabili
.
Non
è
tempo
di
reticenze
né
di
omissioni
compiacenti
.
L
'
impressione
che
egli
vuole
indurre
nei
lettori
,
non
è
già
quella
di
un
deliziamento
estetico
.
o
di
un
fuggevole
vellicamento
sentimentale
.
«
Basta
,
basta
,
gli
gridano
i
lettori
,
e
gli
urlano
i
critici
.
a
che
insistere
?
Lo
sappiamo
,
è
l
'
eterna
storia
delle
miserie
e
delle
brutture
umane
»
.
No
,
non
basta
saperlo
.
Questa
misera
storia
è
eterna
perché
la
sua
conoscenza
è
sommaria
;
le
verità
disgustose
prese
in
blocco
,
si
inghiottono
e
si
digeriscono
troppo
facilmente
.
E
'
troppo
comoda
cosa
dire
:
«
è
così
»
,
e
voltarsi
dall
'
altra
a
più
riposanti
spettacoli
.
Bisogna
sparnazzare
in
questo
tritume
di
sozzure
,
e
farne
vaporare
tutti
i
fetori
ed
esalare
tutti
i
veleni
,
fino
ai
ribrezzo
.
fino
alla
nausea
,
finché
in
luogo
di
sclamare
:
«
così
è
»
,
la
coscienza
ribellata
comandi
:
«
così
non
deve
essere
»
.
Per
tal
modo
lo
Zola
,
soverchiando
i
mezzi
consueti
dell
'
arte
,
raggiunge
un
'
efficacia
artistica
così
larga
e
poderosa
che
non
ha
altro
riscontro
moderno
,
se
non
in
quella
di
Leone
Tolstoi
.
E
come
al
russo
giovò
l
'
appartenere
ad
un
popolo
ultimo
venuto
nel
concerto
intellettuale
dei
mondo
e
,
perché
nuovo
all
'
arte
,
prossimo
ancora
alle
ingenue
fonti
della
vita
,
così
giovarono
allo
Zola
l
'
infanzia
selvaggia
e
l
'
adolescenza
e
la
giovinezza
intristite
,
che
lo
chiusero
in
se
stesso
e
gli
serbarono
nell
'
anima
i
forti
aromi
della
terra
.
Solo
fra
i
grandi
scrittori
del
suo
tempo
e
del
suo
paese
egli
ritrova
fino
al
limitare
della
vecchiaia
,
le
pronte
ingenue
ire
e
le
temerarie
sincerità
giovanili
.
Facit
indignatio
versus
.
Ma
domato
dal
freno
dell
'
arte
il
suo
sdegno
.
non
inveisce
né
sermoneggia
.
Obbiettivo
quanti
altri
mai
nel
raccogliere
e
nell
'
ordinare
i
fatti
e
ne
condurre
via
per
la
trama
dei
fatti
i
personaggi
,
assente
in
apparenzadai
suoi
romanzi
,
egli
vi
guida
a
suoi
fini
senza
prendervi
per
mano
e
senza
additarvi
la
meta
.
I
suoi
libri
hanno
un
'
occulta
anima
persuasiva
.
Poiché
registrò
a
sazietà
tutte
le
minuzie
delle
cose
inerti
e
delle
animate
e
vi
immerse
invano
riluttanti
nella
realtà
brutale
,
ecco
levarsi
di
colpo
da
quella
realtà
una
grande
immagine
ideale
che
pure
le
appartiene
,
che
la
continua
,
che
ne
serba
la
sodezza
e
l
'
asprezza
,
ma
che
insieme
la
illumina
e
la
commenta
assorgendo
ad
immaterialità
di
simbolo
Alle
corse
di
Longchamp
Nanà
la
prostituta
empie
il
recinto
del
pesaggio
della
sta
trionfale
inverecondia
.
La
prode
bellezza
le
procacciò
l
'
alto
onore
di
battezzare
col
suo
nome
una
polledra
iscritta
a
correre
il
gran
premio
.
Via
per
gli
steccati
e
nei
palchi
,
tra
la
febbre
e
le
trap
pole
del
giuoco
,
tra
i
fumi
dello
champagne
,
sulla
moltitudine
ebbra
di
sé
,
dei
colori
,
del
fasto
e
del
sole
,
sta
sospesa
una
mordente
ansietà
patriottica
.
Gli
oracoli
profetizzano
il
premio
ad
una
scuderia
inglese
.
-
Ecco
il
segnale
.
La
piccola
schiera
si
sferra
nella
pista
.
Due
cavalli
francesi
contendono
all
'
inglese
il
trionfo
.
Un
giro
,
due
giri
,
lo
eguagliano
,
lo
sorpassano
,
riperdono
terreno
,
l
'
inglese
urge
primo
al
traguardo
imminente
,
ma
di
un
attimo
Nanà
la
polledra
saetta
tra
le
informi
groppe
serrate
colori
di
Francia
e
li
porta
vittoriosi
alla
meta
.
E
allora
dal
prato
immenso
,
dai
palchi
,
dalla
loggia
imperiale
,
dall
'
ultimo
formicolio
remoto
ed
indistinto
,
scroscia
in
un
urlo
trionfale
il
nome
di
Nana
:
di
Nanà
la
polledra
,
di
Nanà
la
prostituta
,
cui
si
tendono
d
'
ogni
parte
vicina
le
coppe
,
gli
sguardi
,
le
voci
e
le
bramosie
,
in
un
sacrilego
miscuglio
di
vanità
patria
e
di
concupiscenza
carnale
.
Il
poeta
è
rimasto
fino
all
'
estremo
nella
realtà
accettabile
e
quotidiana
,
ma
dal
cozzo
delle
cose
reali
come
sprizza
dai
capi
opposti
dei
fili
conduttori
la
scintilla
,
è
divampata
un
'
immensa
fiamma
ideale
che
illumina
e
rivela
i
reconditi
nessi
delle
azioni
umane
.
Al
soffio
dell
'
arte
,
la
realtà
è
salita
d
un
colpo
d
'
ala
fino
al
simbolo
.
Quanto
non
fu
deriso
lo
Zola
per
le
sue
famose
inchieste
!
Ad
ogni
nuovo
romanzo
,
erano
nuove
accuse
di
indagini
frettolose
,
condotte
alla
grossa
,
con
animo
parziale
,
a
sola
cura
di
vellicare
le
malsane
curiosità
;
e
dove
non
mordeva
l
'
accusa
,
suppliva
il
dileggio
,
pure
di
fargli
increduli
i
lettori
.
Quando
egli
pubblicò
La
Débâcle
,
fu
uno
scatenamento
di
ire
feroci
.
che
lo
segnavano
all
'
abbominio
della
Francia
,
della
quale
a
sentirli
,
egli
aveva
con
supina
ignoranza
vilipeso
l
'
esercito
ed
insudiciata
la
bandiera
.
E
'
certo
che
di
tutti
i
suoi
romanzi
,
La
Débâcle
era
il
più
ardito
a
condurre
con
rigorosa
osservanza
del
vero
,
perché
il
più
estraneo
alle
sue
inclinazioni
ed
alle
condizioni
della
sua
vita
:
ed
il
più
molteplice
negli
aspetti
,
e
perché
la
sua
mattina
era
per
diffidenze
e
gelosie
di
casta
la
più
difficile
a
penetrare
.
Eppure
se
mai
nella
sua
opera
egli
conseguì
la
precisione
storica
,
fu
in
quello
per
l
'
appunto
.
Udite
la
testimonianza
che
rendono
i
fratelli
Margueritte
,
ai
quali
le
glorie
domestiche
e
gli
assidui
studi
attribuirono
in
tale
,
soggetto
un
'
autorità
incontestata
.
«
Noi
pure
,
dopo
lo
Zola
,
abbiamo
voluto
percorrere
il
sentiero
sanguinoso
di
quella
guerra
seminato
dei
nostri
morti
Noi
pure
dopo
di
lui
smovemmo
quella
triste
terra
arrossata
,
e
pellegrinammo
ai
campi
di
battaglia
,
che
videro
il
crollo
di
un
Impero
ed
il
barcollare
di
una
nazione
.
E
interrogando
storie
,
fatti
,
episodi
,
ricordi
e
testimoni
potemmo
accertare
quanta
scrupolosa
verità
,
quale
esatta
e
severa
autorità
di
documento
il
romanziere
calunniato
abbia
raccolto
nel
doloroso
e
probo
libro
della
Débâcle
.
Una
sola
volta
la
ricerca
del
vero
gli
riuscì
manchevole
,
e
fu
nel
libro
di
Roma
.
Ma
qui
non
si
palesa
già
la
pochezza
del
suo
lavoro
indagatore
,
ma
bensì
l
'
insufficienza
di
simili
indagini
quando
le
notizie
positive
accumulate
per
deliberato
proposito
non
trovino
nella
mente
che
le
accoglie
e
le
registra
quel
largo
corredo
di
notizie
generali
che
sola
può
dare
la
lunga
consuetudine
delle
cose
e
delle
genti
.
Né
l
'
ingegno
dello
Zola
,
aperto
a
tutti
gli
aspetti
della
vita
odierna
,
conscio
dei
suoi
macchinosi
congegni
e
innamorato
dei
suoi
travagli
,
poteva
afferrare
e
penetrare
la
grande
Roma
,
dove
il
passato
non
sorge
soltanto
malinconico
spettro
dalle
rovine
,
ma
regge
istituti
millenari
,
crea
consuetudini
,
modifica
le
condizioni
degli
animi
,
governa
il
sentimento
della
bellezza
,
franca
gli
spiriti
dalle
effimere
adorazioni
,
rivive
nella
concisa
familiarità
del
linguaggio
popolare
.
Le
cose
non
parlavano
allo
Zola
se
egli
non
conosceva
gli
uomini
che
vivono
loro
frammezzo
.
Io
lo
vidi
a
lungo
,
quando
tornava
da
Roma
e
da
Venezia
che
egli
aveva
visitato
la
prima
volta
e
mi
parve
non
ne
avesse
compresa
intera
la
bellezza
.
E
dico
intera
ad
attenuazione
riverente
.
Egli
era
sordo
al
passato
e
svogliato
di
penetrarne
la
tenebra
.
La
vita
,
la
vita
d
'
oggi
.
gli
uomini
d
'
oggi
,
poderosi
,
accaniti
,
malvagi
,
angosciosi
,
infermi
,
violenti
,
ecco
la
sua
sostanza
d
'
arte
,
ecco
il
solo
mondo
atto
a
movere
il
suo
spirito
a
prodezze
creatrici
.
Nessuno
,
che
io
sappia
,
cercò
mai
di
proposito
se
nell
'
arte
o
nell
'
indole
dello
Zola
si
riscontri
qualche
vena
di
influenza
italiana
discesagli
dal
padre
.
L
'
indagine
sarebbe
in
special
modo
curiosa
trattandosi
di
un
uomo
che
attribuì
tanta
efficacia
alla
eredità
fisiologica
da
farne
argomento
iniziale
della
sua
maggior
creazione
:
il
Bonghi
,
riprovandone
certe
sconcezze
,
accennava
,
non
so
bene
se
a
titolo
di
derivazione
,
ai
novellieri
italiani
del
500
.
Ma
non
mi
pare
che
i
novellieri
,
i
cronisti
e
gli
autori
comici
francesi
fossero
meno
salaci
e
meno
sboccati
dei
nostrani
.
Né
il
Brantôme
,
né
il
Rabelais
,
né
il
Saint
-
Simon
,
né
il
La
Fontaine
hanno
nulla
da
invidiare
all
'
Aretino
,
al
Bandello
ed
al
cardinale
Bibbiena
.
Invece
io
mi
domando
se
dai
sangue
paterno
non
dovesse
lo
Zola
riconoscere
una
qualità
che
si
riverbera
bensì
negli
scritti
e
ne
diventa
carattere
distintivo
,
ma
che
appartiene
direttamente
all
'
animo
ed
è
un
modo
della
coscienza
.
Voglio
dire
l
'
assenza
di
pregiudizi
intorno
a
tutti
i
fatti
,
a
tutti
gli
aspetti
del
vivere
sociale
.
Per
pregiudizio
non
intendo
già
un
giudizio
errato
.
ma
semplicemente
un
giudizio
preventivo
fisso
ed
immutabile
che
inibisce
ogni
ulteriore
disanima
.
Mi
par
certo
che
gli
altri
popoli
ed
il
francese
in
special
modo
,
assai
più
di
noi
amano
crearsi
delle
verità
intangibili
nelle
quali
riposano
e
che
difenderebbero
a
prezzo
di
vita
.
L
'
argomento
di
questa
verità
può
variare
a
seconda
degli
individui
:
per
gli
uni
sarà
la
credenza
religiosa
,
per
gli
altri
,
la
somma
potestà
politica
,
o
la
magistratura
,
o
l
'
esercito
,
o
il
cavillo
cavalleresco
,
o
saranno
uomini
eminenti
,
o
le
convenienze
mondane
,
ma
un
'
arca
santa
e
magari
parecchie
ce
l
'
hanno
tutti
.
Ce
ne
abbiamo
forse
anche
noi
in
Italia
delle
arche
sante
,
ma
la
loro
santità
è
piuttosto
precaria
tanto
amiamo
di
smontarle
per
sedere
come
sono
fatte
,
e
come
l
'
abbiamo
veduto
,
non
c
'
è
rispetto
umano
che
ci
trattenga
:
la
verità
sbotta
ad
ogni
costo
.
Se
sia
bene
o
male
non
importa
qui
di
cercare
,
il
fatto
è
che
di
tutti
i
popoli
noi
siamo
,
nella
pratica
,
il
meno
impastoiato
da
preconcetti
e
da
riverenze
convenzionali
.
Lo
siamo
oggi
e
lo
fummo
nei
secoli
fino
da
quando
Roma
erigeva
altari
al
Dio
ignoto
e
riconosceva
il
diritto
di
cittadinanza
agli
Dei
d
'
ogni
terra
e
d
'
ogni
tempo
.
Ricordiamo
che
il
nostro
paese
fu
il
solo
andato
immune
dalle
guerre
di
religione
,
quantunque
da
noi
procedessero
i
primi
moti
per
la
libertà
religiosa
.
Che
non
introdusse
scismi
perché
nelle
cose
dell
'
anima
ognuno
qui
fa
il
comodo
suo
senza
che
gli
occorra
di
mettersi
all
'
ombra
di
una
dottrina
.
Ricordiamo
le
verità
con
sapere
di
forte
agrume
che
Dante
non
si
peritò
di
gettare
in
faccia
a
tutti
i
potentati
del
suo
tempo
.
Ricordiamo
che
il
libro
più
spregiudicato
di
quanti
sono
al
mondo
è
il
Principe
di
Niccolò
Machiavelli
;
e
pensiamo
infine
che
il
nostro
patriottismo
gagliardo
amore
di
patria
,
ma
non
cecità
patria
e
non
ardore
di
soverchiare
.
Scetticismo
?
Mancanza
di
convinzioni
?
No
.
Ma
uno
spirito
critico
penetrato
nell
'
anima
popolare
,
attraverso
la
maggiore
continuità
storica
che
i
popoli
moderni
possono
vantare
;
un
vedere
largo
e
libero
che
prepara
pronto
ed
oculato
accoglimento
ai
successivi
aspetti
del
vero
Le
verità
invecchiando
diventano
errori
.
fa
dire
Enrico
Ibsen
al
protagonista
di
una
sua
commedia
.
A
quel
modo
che
gli
antichi
simboleggiavano
il
tempo
coll
'
immagine
di
Saturno
che
divora
i
suoi
figli
,
io
vorrei
suggerire
ai
moderni
simbolisti
di
rappresentare
il
Vero
coll
'
immagine
di
un
figlio
che
si
divora
i
suoi
padri
.
Ora
lo
Zola
possedeva
per
l
'
appunto
ed
in
grado
eminente
onesto
nostro
spirito
iconoclastico
.
Franco
d
'
ogni
riverenza
convenzionale
,
era
in
lui
una
sete
inestinguibile
di
verità
,
ed
un
bisogno
prepotente
di
confessarla
.
La
massima
francese
pas
tante
verité
n
'
est
bonne
à
dire
non
faceva
per
lui
.
La
verità
ad
ogni
costo
:
ecco
la
sua
impresa
.
E
non
si
resta
di
gridarla
alto
in
ogni
momento
della
vita
.
Dai
primi
saggi
critici
all
'
ultimo
romanzo
rimasto
abbozzato
sullo
scrittoio
è
sempre
lo
stesso
ardore
indomito
di
verità
.
Udite
quel
ch
'
egli
scrisse
non
ieri
,
non
nel
fervore
dell
'
ultima
mischia
,
ma
vent
'
anni
or
sono
nella
prefazione
del
volume
Une
campaigne
,
:
«
Oh
,
provare
la
:
continua
ed
irresistibile
necessità
di
gridare
alto
quello
che
pensiamo
e
più
quando
siamo
soli
a
pensarlo
,
a
costo
di
avvelenarci
la
vita
.
Questa
è
la
mia
passione
;
ne
sono
tutto
insanguinato
,
ma
l
adoro
e
nulla
vorrei
senza
di
essa
»
.
E
più
sotto
nello
stesso
libro
:
«
Muoiano
le
-
convenienze
,
i
riguardi
,
i
sentimenti
,
cadano
i
nostri
orgogli
e
le
nostre
glorie
,
purché
sia
la
verità
»
.
Non
squilla
in
queste
parole
tutta
la
diana
risvegliatrice
del
J
'
accuse
?
Altri
,
altri
molti
ardono
di
verità
;
ma
che
un
idolo
si
frapponga
fra
essi
ed
il
vero
,
ed
il
loro
ardore
li
rode
dentro
e
si
tace
.
Lo
Zola
non
conosce
idoli
o
quello
sol
a
cui
si
dà
in
continuo
olocausto
.
Quando
offerse
la
fama
,
la
pace
,
la
vita
perché
giustizia
fosse
resa
ad
un
ignoto
di
là
dei
mari
,
egli
fu
nel
naturale
esercizio
delle
sue
facoltà
animatrici
.
Non
contendiamo
alla
Francia
il
vanto
di
quel
grande
spirito
veritiero
.
Ma
se
da
noi
gli
venne
di
francarsi
da
ogni
riverenza
inibitrice
di
verità
,
teniamocene
come
di
assai
munifico
dono
.
E
'
bello
noverare
eroi
per
la
verità
.
E
'
più
bello
che
non
occorrano
eroismi
nel
asserire
il
vero
.
StampaPeriodica ,
Mi
ha
colpito
,
nelle
vie
del
centro
,
l
'
eleganza
piuttosto
equivoca
delle
donne
.
Molti
ufficiali
dell
'
esercito
e
dalla
milizia
,
molti
preti
dall
'
aspetto
azzimato
e
mondano
.
I
caffè
sono
pieni
.
Non
si
ha
,
qui
,
l
'
impressione
di
trovarsi
in
un
paese
«
assediato
»
.
La
folla
che
passa
sul
Corso
,
per
via
del
Tritone
,
in
piazza
Colonna
è
ben
pasciuta
,
vestita
elegantemente
,
sembra
soddisfatta
di
sé
.
Anche
i
negozi
,
contrariamente
a
quel
che
ho
potuto
vedere
altrove
,
sono
relativamente
affollati
.
Dopo
un
'
assenza
di
parecchi
anni
,
ho
l
'
impressione
di
una
Roma
che
,
attraverso
tutte
le
trasformazioni
esteriori
,
ha
conservato
sostanzialmente
la
sua
vecchia
fisionomia
di
città
papale
,
capitale
dei
preti
e
della
burocrazia
.
Anche
i
numerosi
ufficiali
,
che
circolano
al
centro
,
non
mutano
questa
fisionomia
,
non
le
conferiscono
affatto
un
'
impronta
marziale
:
gli
ufficiali
,
come
tutti
gli
altri
,
passeggiano
o
oziano
nei
caffè
.
Solo
su
,
verso
il
piazzale
della
Stazione
,
l
'
impressione
cambia
.
Una
colonna
di
reclute
,
ancora
in
borghese
,
strascina
il
passo
verso
la
tettoia
delle
partenze
.
I
giardinetti
sono
pieni
di
soldati
con
l
'
elmetto
coloniale
.
Molte
coppie
,
molti
occhi
arrossati
,
pieni
di
lacrime
.
Ancora
più
su
,
verso
San
Lorenzo
,
i
grandi
e
squallidi
casermoni
dei
ferrovieri
mi
sembrano
più
tristi
e
più
neri
.
Molti
cantieri
di
costruzione
fermi
e
vuoti
.
I
bimbi
che
escono
a
frotte
dalle
scuole
son
pallidi
,
tristi
e
patiti
...
È
l
'
altra
Roma
.
Non
posso
più
sfuggire
a
questa
impressione
di
decadenza
e
di
stagnazione
,
che
mi
ha
colpito
fin
dal
mio
arrivo
.
Eppure
la
città
si
è
senza
dubbio
abbellita
esteriormente
,
le
vie
del
centro
sono
più
animate
,
le
automobili
circolano
più
numerose
che
per
il
passato
.
Ma
c
'
è
nell
'
atmosfera
un
veleno
sottile
,
un
sentore
di
putredine
e
di
corruzione
.
In
una
sala
da
tè
,
vicino
a
piazza
di
Spagna
,
ascolto
la
conversazione
di
cinque
o
sei
signore
elegantissime
.
Si
parla
della
guerra
.
Ognuna
di
esse
ha
il
marito
,
il
figlio
o
il
fratello
in
AO
.
Vista
da
questo
osservatorio
,
la
guerra
appare
come
un
amabile
diversivo
per
delle
giovani
signore
che
non
sanno
che
fare
del
loro
tempo
e
della
loro
vita
.
Un
argomento
nuovo
di
conversazione
nei
salotti
,
finalmente
!
Si
raccontano
barzellette
sugli
abissini
,
si
leggono
brani
di
lettere
dei
combattenti
,
si
parla
di
gradi
e
di
promozioni
.
Con
che
tono
ineffabile
quella
signora
alta
ed
ossuta
domanda
alla
sua
graziosa
vicina
:
«
Ah
,
suo
marito
è
ancora
maggiore
?
»
.
Sono
i
piccoli
ripicchi
,
le
piccole
malignità
delle
signore
eleganti
,
che
oggi
si
esercitano
sui
gradi
e
sulle
promozioni
,
come
ieri
si
esercitavano
sulle
toilettes
delle
amiche
.
«
Del
pericolo
tanto
non
ce
n
'
è
per
gli
ufficiali
bianchi
!
»
dice
tutta
sorridente
la
più
giovane
delle
signore
,
che
sembra
quasi
una
bambina
.
Chissà
perché
,
tutte
le
amiche
scoppiano
in
una
gran
risata
;
poi
,
a
un
tratto
,
smettono
di
ridere
,
e
si
guardano
intorno
un
po
'
imbarazzate
.
Davvero
,
ho
l
'
impressione
che
questa
guerra
non
debba
essere
molto
pericolosa
per
gli
ufficiali
bianchi
che
hanno
un
certo
grado
!
È
difficile
parlar
con
la
gente
di
argomenti
che
non
siano
la
guerra
e
le
sanzioni
.
Tuttavia
,
è
curioso
notare
che
in
fondo
l
'
interessamento
per
la
guerra
e
per
le
vittorie
è
minore
di
quel
che
si
potrebbe
pensare
.
Quando
escono
i
giornali
con
le
recentissime
notizie
,
che
adesso
son
veramente
favorevoli
,
nessuno
si
affretta
a
comprarli
.
Quando
a
piazza
Colonna
,
in
via
Vittorio
Veneto
,
al
corso
Umberto
,
si
vanno
ad
ascoltare
le
conversazioni
che
la
gente
fa
dopo
aver
letto
il
comunicato
,
si
è
colpiti
dalla
flemma
del
pubblico
.
Ne
ho
parlato
nella
famiglia
presso
la
quale
abito
,
e
mi
hanno
risposto
:
«
Abbiamo
già
l
'
abitudine
delle
vittorie
»
.
Questo
tono
di
superiorità
,
di
eroismo
a
buon
mercato
riecheggia
molto
spesso
nei
discorsi
che
sento
intorno
a
me
.
In
realtà
,
mi
sembra
che
non
si
tratti
tanto
di
«
abitudine
alle
vittorie
»
,
quanto
di
una
certa
stanchezza
.
In
questa
stessa
famiglia
,
quando
si
sta
a
pranzo
e
la
radio
dà
le
ultime
notizie
militari
,
c
'
è
sempre
qualcuno
che
,
interrompendo
la
conversazione
generale
,
propone
di
«
stare
a
sentire
cosa
c
'
è
di
nuovo
»
.
Ma
c
'
è
anche
sempre
qualcun
altro
che
risponde
:
«
È
inutile
,
tanto
è
sempre
la
solita
storia
,
saremo
ancora
di
qualche
chilometro
più
vicini
ad
Addis
Abeba
»
.
Ma
quando
la
radio
annunzia
la
partenza
di
altri
200
o
500
,
o
1.000
operai
per
l
'
AO
,
non
v
'
è
bisogno
di
inviti
o
di
esortazioni
per
far
cessare
il
chiacchierio
.
L
'
interessamento
,
ora
,
è
vivo
e
spontaneo
.
«
Vede
dicono
i
miei
ospiti
come
si
ha
già
bisogno
di
lavoratori
in
Abissinia
?
Non
si
può
dire
che
la
guerra
si
sia
fatta
per
nulla
.
E
dopo
la
guerra
la
richiesta
di
operai
e
di
tecnici
aumenterà
ancora
!
»
Mi
ha
meravigliato
questo
interessamento
per
le
possibilità
di
lavoro
in
AO
in
una
città
come
Roma
.
A
prima
vista
,
mi
era
sembrato
che
,
in
questa
città
di
rentiers
,
di
impiegati
,
di
professionisti
,
il
pungolo
della
disoccupazione
si
dovesse
far
sentire
meno
che
altrove
.
Non
ho
tardato
a
disingannarmi
.
Certo
,
la
disoccupazione
qui
assume
forme
diverse
da
quelle
che
si
manifestano
a
Milano
o
a
Torino
.
Ma
anche
a
Roma
la
crisi
ha
imperversato
,
e
non
soltanto
tra
gli
operai
:
anche
qui
essa
ha
seminato
rovine
e
disperazione
in
migliaia
di
famiglie
della
piccola
borghesia
.
Mi
sono
potuto
accorgere
ben
presto
che
è
appunto
nella
disperazione
che
ha
radice
questo
spirito
di
avventura
malsano
e
decadente
che
ho
trovato
così
diffuso
tra
i
giovani
ma
che
non
ha
nulla
di
giovanile
,
di
fresco
,
di
eroico
.
«
Ogni
italiano
che
è
capace
di
imbracciare
il
moschetto
dovrebbe
andare
laggiù
»
mi
diceva
l
'
altro
giorno
un
giovane
ingegnere
.
È
una
frase
,
questa
,
che
ho
sentito
ripetere
molto
spesso
;
ma
mai
fino
ad
ora
mi
era
parso
che
essa
fosse
pronunciata
con
tanta
convinzione
.
Sapevo
che
questo
giovane
aveva
fatto
domanda
per
arruolarsi
come
volontario
,
sia
pure
come
semplice
soldato
.
Ma
pian
piano
,
via
via
che
la
conversazione
si
faceva
più
intima
,
i
luoghi
comuni
della
retorica
fascista
non
riuscivano
più
a
nascondere
un
senso
di
accoramento
e
di
disperazione
.
Bruscamente
,
come
se
si
fosse
ad
un
tratto
convinto
della
vanità
di
tutti
i
suoi
sforzi
,
il
mio
interlocutore
interruppe
la
sua
perorazione
.
«
E
poi
mi
disse
è
inutile
,
non
ho
altro
da
fare
.
Sa
,
per
noialtri
tecnici
,
in
questo
periodo
non
c
'
è
abbastanza
lavoro
.
Allora
è
meglio
combattere
per
la
patria
...
»
La
maschera
vana
dell
'
eroismo
è
caduta
:
ho
di
fronte
a
me
un
uomo
,
un
povero
uomo
umiliato
,
disperato
,
impotente
.
E
così
sempre
,
dappertutto
.
In
un
ristorante
,
due
donne
sono
sedute
accanto
a
me
.
Una
di
esse
è
vestita
a
lutto
,
parla
del
marito
che
è
caduto
a
Dessiè
.
«
E
non
è
stato
necessario
,
dice
;
dimmi
un
po
'
tu
se
tutto
questo
è
stato
necessario
!
Ma
lui
aveva
sempre
la
fissazione
di
essere
inutile
...
Lavoro
?
Sì
,
lavoro
non
ne
aveva
più
da
un
anno
.
Stava
lì
senza
poter
far
niente
,
niente
.
Era
una
situazione
impossibile
;
e
poi
,
col
suo
temperamento
...
Quando
è
voluto
partire
ho
pianto
tanto
,
gli
dicevo
che
era
meglio
aspettare
ancora
,
cercare
di
trovare
lavoro
,
piuttosto
che
andare
a
morire
laggiù
.
Lui
non
mi
rispondeva
,
ma
mi
guardava
in
un
modo
...
Che
potevo
fare
io
!
Adesso
posso
dire
che
ho
rispettato
la
sua
volontà
.
»
No
,
non
ho
trovato
dell
'
eroismo
nei
volontari
,
che
pur
partivano
sapendo
di
andare
incontro
a
una
vita
di
stenti
,
alla
morte
forse
,
in
una
terra
lontana
.
Ho
trovata
della
disperazione
,
un
bisogno
frenetico
di
uscire
in
qualsiasi
modo
da
sé
stessi
,
dalla
propria
vita
;
ho
trovata
una
cupa
rassegnazione
all
'
inevitabile
,
non
l
'
eroismo
virile
di
chi
è
conscio
del
proprio
destino
.
In
un
caffè
,
di
nuovo
,
ho
assistito
ad
una
curiosa
conversazione
.
È
entrato
un
uomo
di
una
quarantina
d
'
anni
,
un
habitué
del
locale
,
evidentemente
.
«
Non
si
è
fatto
vedere
per
una
settimana
!
»
gli
dice
il
cameriere
.
«
Ho
avuto
un
lutto
in
famiglia
.
Mio
fratello
è
morto
in
AO
.
»
«
Anch
'
io
ho
avuto
un
cugino
che
è
morto
per
la
patria
.
»
«
Eh
già
adesso
si
usa
molto
di
morir
per
la
patria
,
ma
ormai
basterebbe
...
»
Tutti
e
due
hanno
subito
cambiato
discorso
.
Ma
mi
ha
colpito
molto
il
tono
con
il
quale
erano
state
pronunciate
quelle
parole
:
«
Ora
si
usa
molto
morire
per
la
patria
»
.
Era
un
tono
ironico
e
disperato
a
un
tempo
,
era
la
fredda
e
spietata
constatazione
della
vanità
di
tanti
sacrifici
.
No
,
non
è
così
che
un
popolo
piange
i
suoi
eroi
,
gli
uomini
che
gli
aprono
le
porte
dell
'
avvenire
.
L
'
ambiente
che
io
per
lo
più
frequento
è
quello
medio
e
piccolo
-
borghese
,
così
caratteristico
a
Roma
e
così
differente
da
quello
della
maggior
parte
delle
altre
città
d
'
Italia
.
Impiegati
,
professionisti
,
qualche
commerciante
:
sono
queste
le
persone
che
ho
più
occasione
di
avvicinare
.
Le
impressioni
che
riporto
da
questi
incontri
sono
forse
un
po
'
superficiali
e
limitate
,
ma
credo
che
siano
abbastanza
tipiche
ed
atte
ad
illuminare
lo
stato
d
'
animo
di
larghi
strati
della
popolazione
di
questa
città
.
Nella
famiglia
presso
la
quale
abito
,
dopo
cena
,
sono
venuti
in
visita
vari
amici
e
conoscenti
.
Come
al
solito
,
si
parla
di
politica
.
Tutti
i
presenti
hanno
il
distintivo
all
'
occhiello
e
,
sebbene
nessuno
si
proclami
fascista
al
cento
per
cento
,
è
facile
constatare
quanto
sia
profonda
,
su
tutti
,
la
influenza
della
propaganda
fascista
.
Non
si
può
dire
,
tuttavia
,
che
della
guerra
si
parli
con
molto
entusiasmo
.
Questi
impiegati
,
questi
professionisti
,
son
persone
molto
posate
,
anche
i
più
giovani
,
son
gente
«
arrivata
»
,
che
ha
qualcosa
da
perdere
.
Attraverso
le
loro
parole
banali
,
si
avverte
,
ogni
qualvolta
si
tocca
il
problema
della
guerra
e
delle
sanzioni
,
un
certo
malessere
.
Tutti
sono
d
'
accordo
qui
che
la
guerra
si
poteva
evitare
,
se
gl
'
inglesi
«
avessero
lasciato
il
duce
continuare
le
sue
trattative
»
.
È
curioso
però
che
,
nonostante
questo
,
essi
avvertano
la
necessità
di
giustificarsi
dell
'
impresa
abissina
come
di
una
colpa
.
Benché
la
vittoria
militare
del
fascismo
in
Abissinia
sia
ora
una
realtà
quasi
compiuta
,
non
è
il
sentimento
della
vittoria
e
della
gloria
quello
che
ispira
e
domina
la
conversazione
,
ma
il
senso
della
ineluttabilità
di
ciò
che
è
avvenuto
.
Tutti
i
discorsi
si
aggirano
intorno
alla
guerra
,
eppure
tutti
sembrano
voler
evitare
di
pronunciare
questa
parola
.
Sempre
gli
stessi
motivi
,
le
stesse
frasi
stereotipate
:
«
Non
ci
lasciano
vivere
,
ci
manca
perfino
l
'
aria
per
respirare
.
No
,
non
si
tratta
di
una
guerra
,
ma
di
una
dimostrazione
della
nostra
potenza
nazionale
»
.
È
evidente
che
questa
gente
,
piuttosto
sazia
e
ben
pasciuta
,
sente
di
non
aver
molto
da
guadagnare
dalla
guerra
.
Non
si
tratta
né
di
grandi
industriali
né
di
grandi
commercianti
,
ma
di
benestanti
che
godono
di
un
impiego
o
di
una
professione
remunerativa
,
e
che
non
hanno
grandi
aspirazioni
.
Non
è
ad
essi
che
«
manca
l
'
aria
per
respirare
»
,
e
questa
frase
vien
sempre
ripetuta
soltanto
perché
si
è
letta
sui
giornali
.
Il
timore
delle
conseguenze
della
guerra
,
e
soprattutto
il
timore
di
una
nuova
guerra
mondiale
,
è
invece
il
motivo
dominante
,
se
pur
segreto
,
della
conversazione
.
Ma
tutti
si
ribellano
quando
qualcuno
,
più
incauto
,
esprime
più
apertamente
questi
suoi
timori
.
No
,
di
una
guerra
mondiale
non
se
ne
vuol
neanche
sentir
parlare
,
in
questo
ambiente
.
Durante
tutta
la
sera
,
ho
ascoltato
in
silenzio
la
conversazione
.
Al
momento
di
salutarmi
l
'
incauto
guastafeste
,
un
avvocato
di
quarant
'
anni
,
quello
che
aveva
parlato
di
guerra
mondiale
,
mi
dice
,
come
se
concludesse
un
discorso
fatto
tra
sé
e
sé
:
«
Certo
,
tutta
la
politica
dell
'
Europa
è
una
pazzia
:
e
forse
,
anche
noi
non
costituiamo
un
'
eccezione
.
Ma
ognuno
spinge
l
'
altro
giù
per
la
china
e
,
in
un
mondo
dove
ciascuno
deve
provvedere
a
se
stesso
,
dobbiamo
essere
contenti
di
avere
il
governo
che
abbiamo
.
Anche
con
questa
guerra
,
siamo
stati
tutti
presi
di
sorpresa
,
non
abbiamo
avuto
il
tempo
di
riflettere
.
Ma
quando
tutto
il
mondo
si
è
rivolto
contro
di
noi
,
abbiamo
naturalmente
messa
da
parte
ogni
critica
»
.
Scrivo
molto
disordinatamente
,
e
non
vorrei
che
da
questo
fossero
falsate
le
linee
e
le
proporzioni
del
quadro
che
vengo
abbozzando
sulla
base
delle
mie
impressioni
.
Non
mi
è
accaduto
di
sentire
molto
spesso
conversazioni
sul
tono
di
quelle
dell
'
altra
sera
.
La
ho
notata
soltanto
perché
essa
mi
è
sembrata
caratteristica
per
uno
stato
d
'
animo
diffuso
in
alcuni
strati
della
popolazione
che
,
sebbene
non
siano
numericamente
molto
importanti
,
hanno
un
peso
notevole
nella
vita
della
società
romana
.
Ho
rilevato
delle
preoccupazioni
dello
stesso
genere
nei
discorsi
di
alcuni
intellettuali
e
professionisti
,
coi
quali
ho
avuto
occasione
di
conversare
.
«
Nessun
italiano
mi
dice
un
ingegnere
abbastanza
anziano
può
capire
perché
in
Italia
si
deve
stare
stretti
come
delle
acciughe
,
mentre
c
'
è
tanto
posto
in
Africa
.
Certo
,
io
personalmente
avrei
preferito
che
le
cose
si
fossero
fatte
in
un
'
altra
maniera
.
Quello
che
non
mi
piace
è
tutta
questa
propaganda
di
guerra
.
Gli
scopi
della
impresa
sono
buoni
;
ma
perché
parlare
tanto
di
guerra
,
perché
tutte
queste
minacce
?
E
poi
,
in
fondo
,
non
si
tratta
neanche
di
una
guerra
,
ma
di
un
'
impresa
coloniale
.
»
Più
raramente
ho
sentito
,
anche
in
questi
ambienti
,
critiche
un
po
'
più
aperte
.
Un
altro
professionista
,
ad
esempio
,
esprimeva
l
'
altro
giorno
la
sua
opinione
,
che
nel
complesso
il
danno
derivante
all
'
Italia
dalla
guerra
e
dalle
sanzioni
non
è
compensato
dalle
vittorie
militari
.
Ma
tutti
i
presenti
protestavano
.
Ora
che
le
vittorie
fanno
sperare
che
la
guerra
finisca
prima
della
stagione
delle
piogge
,
il
sentimento
dominante
è
quello
della
soddisfazione
e
dell
'
orgoglio
.
Quando
mi
sono
trovato
solo
con
il
professionista
,
gli
ho
domandato
se
in
generale
la
gente
era
contenta
dell
'
andamento
della
guerra
.
«
Contenta
mi
ha
detto
sarebbe
dir
forse
troppo
.
Il
mese
scorso
,
non
c
'
era
molta
gioia
tra
di
noi
,
c
'
era
uno
stato
di
depressione
molto
diffuso
.
Ma
adesso
è
meglio
,
perché
tutti
son
sicuri
che
la
guerra
finirà
presto
.
C
'
è
come
una
ubriacatura
in
giro
,
ci
sono
aspettative
e
speranze
fantastiche
sulle
possibilità
di
lavoro
in
AO
...
No
,
non
deve
credere
che
io
non
voglia
la
gloria
della
mia
patria
,
ha
aggiunto
come
per
scusarsi
,
ma
credo
che
ci
siano
altri
mezzi
per
ottenerla
,
all
'
infuori
della
guerra
.
Littoria
,
Sabaudia
,
la
ricostruzione
di
Roma
antica
,
questa
è
la
vera
gloria
del
fascismo
come
la
intendo
io
!
»
L
'
avversione
alla
guerra
,
comunque
,
è
forse
più
diffusa
anche
in
questi
ambienti
,
di
quel
che
possa
sembrare
a
prima
vista
.
Un
altro
ingegnere
,
niente
affatto
avversario
del
governo
,
mi
esprimeva
anche
lui
i
suoi
dubbi
ed
i
suoi
timori
.
«
Non
si
è
saputo
cosa
fare
,
con
questa
crisi
.
Ma
anche
se
avremo
un
grande
successo
militare
,
sarà
un
rimedio
solo
per
poco
tempo
.
Ma
chi
sa
,
forse
,
quando
questo
tempo
sarà
trascorso
,
anche
la
crisi
sarà
superata
,
e
noi
potremo
riprendere
le
relazioni
con
il
resto
del
mondo
.
»
Si
vedeva
che
egli
soffriva
profondamente
del
distacco
,
della
barriera
che
il
fascismo
ha
creato
tra
l
'
Italia
ed
il
resto
del
mondo
.
«
E
poi
,
questa
mentalità
bellicosa
che
si
è
venuta
diffondendo
fa
male
al
cuore
di
ogni
persona
che
abbia
conservato
la
mente
sana
.
»
Gli
ho
domandato
se
era
molta
la
gente
che
aveva
di
fronte
alla
guerra
lo
stesso
suo
atteggiamento
.
«
No
,
no
,
mi
ha
risposto
,
singoli
casi
,
eccezioni
.
Quasi
tutti
ripetono
le
parole
del
duce
:
"
Tireremo
diritto
!
"
»
.
Non
so
però
se
l
'
impressione
di
questo
ingegnere
sia
giusta
:
mi
pare
piuttosto
che
è
il
fascismo
che
è
riuscito
,
con
tutta
la
sua
politica
,
a
creare
quelle
barriere
che
impediscono
agli
amici
della
pace
di
incontrarsi
e
di
riconoscersi
.
Anche
dopo
le
recenti
vittorie
,
e
nei
più
svariati
ambienti
,
ho
sentito
relativamente
spesso
della
gente
parlare
in
tono
accorato
della
guerra
.
Ma
ci
si
arrende
alla
ineluttabilità
della
guerra
perché
ci
si
sente
isolati
,
divisi
,
e
perciò
impotenti
.
Sono
queste
barriere
che
separano
gli
amici
della
pace
,
è
questo
senso
della
ineluttabilità
della
guerra
che
viene
che
bisogna
vincere
.
Non
si
può
dire
,
in
genere
,
che
la
guerra
e
la
propaganda
sciovinista
del
fascismo
siano
riusciti
a
diffondere
nelle
larghe
masse
l
'
odio
contro
gli
abissini
.
Mi
dicono
che
,
nei
primi
tempi
,
era
abbastanza
diffusa
l
'
idea
che
la
guerra
non
sarebbe
stata
sanguinosa
,
data
la
grande
superiorità
tecnica
dell
'
esercito
italiani
.
Molti
cattolici
convinti
,
ad
esempio
,
si
rallegravano
di
questa
spedizione
,
che
avrebbe
permesso
ai
missionari
di
portare
la
civiltà
e
la
vera
fede
a
questi
popoli
barbari
.
Se
qualcuno
diceva
che
non
è
con
la
guerra
che
si
civilizza
un
paese
,
molto
spesso
si
sentiva
rispondere
che
questa
guerra
non
avrebbe
portato
grandi
perdite
di
vite
umane
,
nemmeno
tra
gli
abissini
.
Poi
,
a
poco
a
poco
,
le
cose
sono
mutate
.
I
comunicati
di
Badoglio
ed
i
film
«
Luce
»
hanno
tolte
molte
illusioni
.
Mi
sono
trovato
in
un
grande
cinematografo
durante
la
proiezione
di
un
film
«
Luce
»
.
Scene
della
guerra
in
Abissinia
.
Ho
l
'
impressione
che
la
gente
sia
ben
lieta
di
veder
proiettare
sullo
schermo
scene
di
vittoria
.
Un
amico
che
è
con
me
mi
dice
che
,
qualche
tempo
fa
,
l
'
entusiasmo
era
forse
maggiore
.
Comunque
,
quando
sullo
schermo
appare
Badoglio
,
gli
applausi
mi
sembrano
fragorosi
e
spontanei
.
Ancor
più
fragorosamente
applaudita
è
una
scena
in
cui
si
vedono
gli
infermieri
italiani
curare
dei
bambini
abissini
.
Poco
dopo
,
la
scena
muta
.
Ora
sì
è
nel
bel
mezzo
della
battaglia
.
Bombardamenti
,
incendi
.
Si
sente
che
tutto
il
pubblico
,
nella
sala
,
è
concentrato
in
se
stesso
,
come
ipnotizzato
da
questa
scena
di
sangue
.
Un
signore
,
seduto
vicino
a
me
,
si
è
sollevato
a
metà
sul
suo
sedile
,
appoggiato
con
le
mani
ai
suoi
braccioli
,
e
tutto
teso
in
uno
sforzo
di
attenzione
,
ha
lasciato
spegnere
la
sigaretta
tra
le
labbra
.
Il
pubblico
è
muto
.
Ma
quando
un
mucchio
di
cadaveri
abissini
appare
sulla
scena
,
un
gruppetto
di
studenti
ride
e
applaude
.
Tutta
la
sala
,
immediatamente
,
zittisce
,
ed
una
signora
dice
,
tra
il
consenso
generale
:
«
Con
questa
guerra
si
perde
ogni
sentimento
cristiano
»
.
Non
bisogna
credere
,
tuttavia
,
che
questa
assenza
di
un
odio
diffuso
contro
il
nemico
abissino
sia
sempre
il
prodotto
di
sentimenti
pacifici
o
cristiani
.
Anche
in
moltissimi
dei
giovani
più
infatuati
della
guerra
ho
trovata
una
certa
indifferenza
a
questo
riguardo
.
Qualcuno
a
cui
ho
domandato
le
ragioni
di
questa
indifferenza
,
mi
ha
risposto
che
«
questi
poveri
abissini
sono
nemici
contro
i
quali
non
si
può
provare
odio
»
.
Eppure
tutti
riconoscono
che
essi
si
battono
da
leoni
!
Ma
è
contro
l
'
Inghilterra
che
si
concentra
tutto
l
'
odio
,
è
il
nome
dell
'
Inghilterra
che
,
appena
pronunciato
,
risveglia
tutte
le
passioni
politiche
.
È
questo
forse
il
campo
in
cui
la
propaganda
sciovinistica
del
fascismo
ha
ottenuto
i
più
grandi
risultati
.
La
convinzione
che
è
l
'
Inghilterra
la
causa
di
tutto
,
della
guerra
,
delle
sanzioni
,
della
miseria
è
estremamente
diffusa
,
in
tutti
gli
strati
della
popolazione
.
E
l
'
odio
è
accompagnato
da
un
certo
disprezzo
.
«
Sì
,
è
vero
,
mi
dice
un
professore
,
a
cui
avevo
obbiettato
che
anche
i
paesi
che
hanno
grandi
imperi
coloniali
soffrono
della
crisi
e
della
disoccupazione
,
ma
ciò
dipende
dal
fatto
che
gli
inglesi
e
i
francesi
non
sanno
sfruttare
le
loro
colonie
;
noialtri
italiani
mostreremo
a
tutto
il
mondo
come
si
deve
colonizzare
un
paese
.
Noi
siamo
i
successori
dell
'
Inghilterra
e
della
Francia
!
»
.
Non
vi
è
dubbio
che
la
propaganda
fascista
contro
l
'
Inghilterra
ha
potuto
avere
un
così
largo
successo
anche
perché
la
politica
del
governo
inglese
ha
fornito
ad
essa
abbondanti
motivi
polemici
.
La
discriminazione
tra
l
'
Italia
e
la
Germania
nell
'
applicazione
delle
sanzioni
,
ad
esempio
,
ha
fornito
alla
stampa
fascista
molti
argomenti
per
dimostrare
alle
masse
italiane
le
ragioni
imperialistiche
della
politica
sanzionista
del
governo
inglese
,
e
sono
le
oscillazioni
e
le
incertezze
della
politica
societaria
dell
'
Inghilterra
che
hanno
alimentato
il
disprezzo
per
il
popolo
inglese
,
che
il
fascismo
è
riuscito
a
diffondere
largamente
tra
le
masse
.
Incoscienza
,
esaltazione
,
volontà
disperata
di
non
guardare
in
faccia
ai
pericoli
che
si
sentono
imminenti
:
ciò
è
quanto
ho
potuto
osservare
nei
miei
interlocutori
ogni
volta
che
sono
venuto
a
parlare
di
guerra
e
di
sanzioni
.
Quasi
tutti
mi
hanno
affermato
che
le
sanzioni
non
hanno
portato
alcun
danno
all
'
Italia
,
che
anzi
:
l
'
hanno
aiutata
e
spinta
a
produrre
in
casa
propria
quel
che
prima
importava
dall
'
estero
.
Anche
della
gente
colta
,
anche
degli
uomini
di
affari
mi
hanno
ripetuto
con
calore
queste
affermazioni
della
stampa
fascista
.
Se
è
vero
che
,
politicamente
,
le
sanzioni
hanno
potuto
permettere
al
fascismo
una
certa
speculazione
patriottica
,
non
mi
posso
spiegare
delle
affermazioni
come
quelle
sulla
«
utilità
economica
»
delle
sanzioni
altro
che
con
una
deliberata
volontà
di
sfuggire
,
con
l
'
immaginazione
,
a
una
realtà
che
si
sa
dura
,
ostica
,
invincibile
.
Non
di
rado
mi
è
capitato
di
sentir
dire
,
da
gente
posata
e
colta
,
che
«
l
'
Inghilterra
ha
ceduto
e
cederà
,
perché
le
sue
navi
non
possono
far
nulla
contro
i
raggi
di
Marconi
»
.
E
così
per
mille
altre
cose
.
Sì
,
incoscienza
,
esaltazione
,
volontà
di
non
guardare
in
faccia
il
pericolo
,
e
alla
base
di
tutto
questo
una
grande
disperazione
che
,
dopo
le
ultime
vittorie
,
sembra
tramutarsi
in
una
fantastica
attesa
di
giorni
migliori
,
forse
ancor
più
tragica
e
disperata
.
Tutti
ora
si
vogliono
convincere
che
,
dopo
la
fine
della
guerra
,
«
tutto
andrà
meglio
»
.
Ho
domandato
se
prima
non
si
stava
bene
.
«
No
,
mi
hanno
risposto
,
prima
non
si
stava
bene
per
la
disoccupazione
,
poi
per
le
sanzioni
.
Ma
quando
avremo
l
'
Africa
,
avremo
lavoro
per
i
nostri
operai
e
materie
prime
per
l
'
industria
.
»
Ma
non
sempre
si
riesce
a
vincere
il
dubbio
,
lo
scetticismo
.
Un
negozio
di
vestiti
in
via
Nazionale
.
Nella
vetrina
è
esposto
un
mannequin
con
la
divisa
coloniale
,
attorniato
da
un
paesaggio
africano
ove
non
manca
nemmeno
il
leone
.
Nello
sfondo
,
il
tricolore
.
Molta
gente
è
ferma
dinanzi
alla
vetrina
,
e
discute
del
clima
,
delle
possibilità
di
colonizzazione
.
Mi
stupisce
di
vedere
quanto
poco
questi
signori
,
per
la
maggior
parte
ben
vestiti
,
sappiano
di
concreto
sul
paese
che
i
soldati
italiani
stanno
conquistando
.
Ma
in
genere
i
pareri
non
sono
troppo
entusiasti
.
«
Di
tutte
le
fotografie
dell
'
Abissinia
che
ho
visto
fino
ad
ora
,
dice
uno
,
neanche
una
mostra
,
un
bel
paesaggio
,
rocce
,
rocce
e
ancora
rocce
.
»
Anche
gli
altri
intorno
esprimono
dubbi
e
incertezze
.
L
'
assembramento
è
ormai
abbastanza
numeroso
,
e
si
discute
animatamente
,
finché
non
prende
la
parola
un
fascista
in
divisa
,
che
parla
come
se
recitasse
un
articolo
di
un
giornale
.
Silenzio
generale
,
poi
il
gruppo
degli
ascoltatori
si
disperde
rapidamente
...
È
l
'
ultima
impressione
che
ho
portata
con
me
,
mentre
mi
avvio
alla
stazione
per
partire
da
Roma
.