StampaPeriodica ,
Caro
Direttore
,
ho
letto
nell
'
ultimo
numero
di
Rinascita
un
articolo
di
Nilde
Jotti
sulla
Questione
dei
fumetti
,
e
desidero
esprimere
la
mia
opinione
dicendo
subito
che
l
'
articolo
della
Jotti
non
mi
convince
.
Esso
prende
spunto
dal
dibattito
in
corso
alla
Camera
sulla
stampa
per
ragazzi
e
giustamente
respinge
come
«
reazionaria
e
inefficace
»
la
legge
proposta
dai
democristiani
,
non
soltanto
perché
contraria
al
principio
costituzionale
della
libertà
di
stampa
,
aut
perché
«
decadenza
,
corruzione
,
delinquenza
dei
giovani
e
dilagare
del
fumetto
sono
(...)
fatti
collegati
,
ma
non
come
l
'
effetto
e
la
causa
,
bensì
come
manifestazioni
diverse
di
una
realtà
unica
.
«
Bisogna
affrontare
e
risolvere
-
dice
giustamente
la
Jotti
-
tutta
la
questione
dell
'
orientamento
ideale
e
pratico
,
della
educazione
,
dello
sviluppo
intellettuale
e
monile
dei
giovani
.
Ma
non
lo
si
fa
se
non
si
mette
il
dito
sulla
piaga
,
che
è
di
ordine
economico
,
sociale
e
anche
politico
»
.
Questa
posizione
nei
confronti
della
legge
sui
fumetti
è
giusta
perché
fondata
sulla
realtà
,
sulla
pratica
,
e
non
su
ragionamenti
accademici
.
Altrettanto
giusta
è
l
'
attutita
che
la
Jotti
fa
del
fumetto
americano
,
figlio
dell
'
imperialista
e
fascista
Hearst
e
legittimo
,
cioè
basato
sui
fatti
,
il
giudizio
negativo
.
La
Jotti
,
però
,
estende
questo
giudizio
negativo
al
fumetto
come
genere
,
conte
snodo
di
raccontare
,
escludendo
implicitamente
la
possibilità
di
fare
«
fumetti
»
diversi
da
quelli
americani
,
con
forme
,
contenuti
,
spirito
e
intendimenti
diversi
.
Su
questo
punto
mi
sembra
che
la
Jotti
non
abbia
tenuto
conto
della
realtà
di
oggi
,
qui
,
in
Italia
,
e
perciò
abbia
fatto
dell
'
accademia
.
Per
quello
che
riguarda
la
stampa
dei
ragazzi
,
la
realtà
è
rappresentata
da
un
mercato
completamente
dominato
dai
«
fumetti
»
,
che
hanno
creato
,
conformando
il
gusto
dei
ragazzi
a
propria
immagine
e
somiglianza
,
una
«
domanda
»
di
fumetti
impressionante
:
e
ti
risparmio
le
cifre
perché
sono
note
.
Chi
voglia
parlare
ai
ragazzi
e
ai
giovanetti
,
deve
tener
conto
del
linguaggio
a
cui
sono
abituati
,
e
che
è
diventato
tino
dei
più
importanti
mezzi
per
comunicare
con
loro
:
e
se
farà
dei
«
fumetti
»
,
il
giudizio
su
questi
dovrà
essere
dato
non
già
in
base
alle
sue
intenzioni
,
ma
nemmeno
in
base
a
preconcetti
,
piuttosto
in
base
ai
risultati
.
Un
giudizio
teorico
totalmente
negativo
è
inesatto
,
o
per
lo
meno
equivoco
,
e
in
un
equivoco
è
caduta
la
Jotti
,
secondo
me
,
polemizzando
sulla
distinzione
tra
la
forma
del
fumetto
e
il
contenuto
del
racconto
a
fumetti
.
Questa
distinzione
-
ha
ragione
la
lotti
che
la
analizza
molto
brillantemente
-
è
impossibile
.
Ma
la
Jotti
ha
scambiato
In
«
forma
»
con
il
genere
,
o
il
mezzo
,
o
lo
strumento
,
o
come
lo
vogliamo
chiamare
,
rappresentato
dal
«
fumetto
»
.
Che
cos
'
è
il
fumetto
?
Risponde
la
Jotti
:
«
È
un
modo
di
raccontare
per
immagini
una
storia
rappresentata
nei
momenti
più
salienti
:
non
vi
è
commento
scritto
,
soltanto
poche
parole
che
escono
in
una
nuvoletta
di
fumo
dalla
bocca
dei
protagonisti
»
.
È
perché
non
sarebbe
legittimo
raccontare
in
questo
modo
?
Vi
sono
molti
modi
di
raccontare
:
con
la
parola
scritta
,
con
la
voce
,
con
l
'
immagine
ferma
o
con
l
'
immagine
in
movimento
(
cinema
,
disegni
animati
,
eccetera
)
.
Ognuno
ha
la
sua
funzione
.
Se
si
equivocasse
tra
la
funzione
del
fumetto
e
quella
della
lettura
,
avrebbe
ragione
la
Jotti
,
perché
evidentemente
non
sono
due
cose
sostituibili
,
sono
due
cose
diverse
.
Su
altro
piano
,
anche
il
cinema
e
la
lettura
sono
due
cose
diverse
,
hanno
funzioni
diverse
e
si
avrebbe
torto
di
chiedere
al
cinema
che
ci
insegni
a
leggere
(
a
parte
i
documentari
didattici
)
.
Da
questo
a
ritenere
il
«
fumetto
»
uno
strumento
ideale
evidentemente
ci
corre
.
Per
esempio
,
se
i
ragazzi
avessero
il
loro
cinema
,
-
il
cinema
dei
ragazzi
che
esiste
nell
'
Unione
Sovietica
-
,
credo
sarebbero
disposti
a
dimenticare
i
fumetti
da
un
giorno
all
'
altro
.
L
'
avvento
del
cinema
ha
creato
il
bisogno
di
«
vedere
»
:
è
a
questo
bisogno
,
probabilmente
,
che
i
ragazzi
cercano
soddisfazione
nel
«
futuro
»
.
Il
giorno
che
avranno
a
loro
disposizione
cinema
e
teatri
,
questo
bisogno
sarà
soddisfatto
.
Finita
la
guerra
,
siamo
tornati
tutti
al
caffè
e
nessuno
accetta
più
il
surrogato
.
E
ancora
,
il
«
fumetto
»
non
ci
deve
impedire
di
porci
il
problema
della
lettura
dei
ragazzi
,
che
è
un
grosso
problema
:
di
scrittori
,
di
artisti
,
di
mezzi
.
La
lettura
è
insostituibile
,
come
ben
dice
la
Jotti
,
come
«
educazione
al
ragionamento
e
alla
riflessione
»
,
«
preparazione
letteraria
»
,
«
educazione
dell
'
intelletto
»
,
«
disciplina
interiore
degli
istinti
primitivi
,
animaleschi
»
.
Anche
questo
della
lettura
è
un
problema
economico
,
sociale
e
politico
,
e
anche
qui
bisogna
guardare
alle
cose
non
con
occhio
accademico
,
ma
con
realismo
.
In
quest
'
ultimo
mezzo
secolo
,
parallelamente
all
'
elevazione
politica
delle
masse
popolari
,
si
è
formata
una
nuova
,
immensa
domanda
di
cultura
.
I
giornali
e
le
riviste
popolari
hanno
raggiunto
tirature
altissime
.
Centinaia
di
migliaia
di
persone
che
non
leggono
nulla
chiedono
da
leggere
:
talora
vanno
a
cadere
nelle
pagine
di
Grand
Hotel
o
simili
,
e
tuttavia
anche
questo
è
un
sintomo
del
bisogno
di
cultura
.
Nel
secolo
scorso
i
giornali
e
i
libri
per
ragazzi
erano
destinati
a
ristrette
élites
,
rappresentate
dalle
famiglie
piccolo
-
borghesi
o
medio
-
borghesi
.
Oggi
essi
si
rivolgono
a
un
pubblico
enorme
e
anche
per
questo
ha
prevalso
,
nella
loro
impostazione
,
lo
spirito
commerciale
sui
princìpi
educativi
,
la
speculazione
sulla
cultura
.
I
«
fumetti
»
sono
stati
,
prima
di
lutto
,
un
enorme
affare
finanziario
.
Che
cosa
ci
può
aiutare
a
far
fronte
a
questa
situazione
?
Essenzialmente
la
nascita
di
una
nuova
letteratura
per
l
'
infanzia
,
capace
anche
con
i
suoi
mezzi
organizzativi
di
condurre
una
lotta
efficace
.
Ma
questo
richiede
anni
di
lavoro
,
e
richiede
per
il
suo
successo
definitivo
anche
il
realizzarsi
di
nuove
condizioni
sociali
e
politiche
.
Accanto
ai
libri
possono
i
«
fumetti
»
essere
uno
strumento
,
anche
secondario
,
in
questa
lotta
,
oggi
?
Se
non
possono
,
smettiamo
di
stamparli
.
Postilla
Non
ci
sentiamo
di
condividere
la
posizione
del
Rodari
,
anche
se
í
suoi
argomenti
sono
degni
di
discussione
.
Egli
accetta
,
ci
sembra
,
l
'
analisi
e
la
conclusione
circa
la
natura
non
educativa
e
antieducativa
del
fumetto
,
considerato
nella
unità
di
forma
e
contenuto
.
La
distinzione
tra
forma
e
strumento
o
genere
o
mezzo
,
non
ci
pare
che
regga
,
ed
è
da
respingere
l
'
affermazione
che
ci
troviamo
di
fronte
(
anche
in
questo
caso
!
)
a
una
specie
di
nuova
lingua
.
Quante
stramberie
e
assurdità
non
si
è
cercato
di
mettere
in
circolazione
con
questa
faccenda
delle
nuove
lingue
o
delle
«
ricerche
di
linguaggio
»
,
espressione
che
ha
un
valore
metaforico
,
ma
poco
più
,
perché
il
linguaggio
è
uno
e
lo
hanno
creato
e
lo
creano
i
popoli
con
tutta
la
loro
storia
e
le
famose
a
ricerche
»
non
hanno
spesso
con
esso
niente
a
che
fare
,
non
essendo
altro
che
tentativi
,
esperimenti
,
successi
o
insuccessi
nell
'
ambito
del
vecchio
rapporto
tra
la
forma
e
il
contenuto
della
espressione
.
Ammesso
il
carattere
antieducativo
dei
fumetti
,
dunque
,
si
propone
che
vengano
tradotte
ed
espresse
in
fumetti
storie
educative
.
Così
fanno
certi
giornaletti
clericali
,
dove
tra
poco
stamperanno
in
fumetti
la
storia
sacra
;
anzi
,
spiegheranno
in
fumetti
i
misteri
della
creazione
,
dell
'
incarnazione
,
della
redenzione
.
Non
ne
trarrà
certo
un
grande
giovamento
il
sentimento
religioso
!
Per
conto
nostro
,
non
metteremo
in
fumetti
la
storia
del
nostro
partito
o
della
rivoluzione
.
Il
fumetto
a
contenuto
educativo
,
poi
,
è
una
cosa
per
giunta
scipita
,
che
non
attira
.
Esiste
la
possibilità
di
contrapporre
al
fumetto
,
invece
,
una
narrazione
figurata
di
tipo
popolare
,
con
commenti
chiari
,
che
invitino
alla
lettura
,
piacciano
,
si
imprimano
nella
memoria
e
conservino
in
pari
tempo
una
dignità
letteraria
,
accoppiando
alla
visione
la
lettura
e
i
suoi
benefici
?
Senza
dubbio
questa
possibilità
esiste
e
si
riallaccia
tanto
a
creazioni
popolari
,
come
furono
le
famose
images
d
'
Epinal
,
come
sono
oggi
le
splendide
stampe
cinesi
,
quanto
a
esempi
di
ottime
cose
già
fatte
nel
passato
.
A
questo
compito
dunque
ci
si
cimenti
,
invece
di
correr
dietro
alle
forme
più
corruttrici
dell
'
americanismo
.
Ma
ci
sono
anche
giornali
di
sinistra
che
pubblicano
fumetti
!
Senza
dubbio
ci
sono
:
ci
permettiamo
però
di
fare
osservare
che
nessuno
di
questi
giornali
si
distribuiscono
attraverso
le
edicole
.
Si
distribuiscono
attraverso
reti
proprie
propagandistiche
e
di
diffusione
,
e
questo
vuoi
dire
che
non
è
che
siano
costretti
a
pubblicare
fumetti
per
superare
la
concorrenza
e
affermarsi
.
Lo
fanno
per
altri
motivi
,
che
non
occorre
qui
indagare
.
Nemmeno
accettiamo
l
'
affermazione
che
il
fumetto
sia
una
forma
nuova
di
cultura
popolare
.
No
!
Forse
la
odierna
diffusione
di
certi
giornali
dimostra
che
vi
è
una
ricerca
più
ampia
che
nel
passato
di
cose
da
leggere
,
da
vedere
;
il
fumetto
però
soffoca
,
strozza
nel
suo
sviluppo
ciò
che
potrebbe
venir
fuori
di
positivo
da
questa
ricerca
,
cioè
impedisce
che
da
essa
germogli
una
più
diffusa
cultura
del
popolo
.
O
vogliamo
chiamare
cultura
la
conoscenza
del
calibro
necessario
per
assassinare
a
sci
o
a
sessanta
metri
,
nel
modo
come
si
rincorrono
a
120
all
'
ora
ladri
e
poliziotti
,
delle
stolte
peripezie
della
vamp
e
così
via
.
Certo
,
il
fondo
della
questione
è
molto
complesso
perché
si
tratta
di
riuscire
a
creare
una
letteratura
e
una
pubblicistica
per
bambini
e
ragazzi
che
attirino
,
piacciano
,
educhino
,
e
non
ostante
i
buoni
tentativi
già
fatti
,
si
è
ancora
indietro
assai
.
StampaPeriodica ,
Mary
McGrory
,
pepata
opinion
columnist
del
Washington
post
,
ha
consigliato
al
candidato
presidenziale
George
W
.
Bush
di
"
farsi
un
giro
in
Europa
"
.
In
Gran
Bretagna
per
comprendere
la
necessità
di
una
dura
legislazione
sul
controllo
delle
armi
e
migliorare
l
'
inglese
.
In
Russia
per
confrontarsi
,
sulle
nuove
"
star
wars
"
.
A
Roma
per
farsi
perdonare
dal
Papa
la
visita
alla
famigerata
università
razzista
del
reverendo
Bob
Jones
.
Per
Mary
McGrory
,
il
giovane
Bush
è
un
po
'
troppo
localista
,
ha
un
tocco
isolazionista
e
ha
bisogno
di
avere
una
visione
più
globale
e
meno
texana
del
mondo
.
In
realtà
George
W
.
ha
tenuto
,
finora
,
pochi
discorsi
di
politica
estera
.
Al
contrario
del
suo
concorrente
Al
Gore
,
capace
di
giocare
con
esperienza
su
temi
come
la
globalizzazione
,
il
riscaldamento
dell
'
atmosfera
,
l
'
aids
nel
mondo
,
i
sistemi
antimissili
e
gli
stati
pronti
a
colpire
gli
Usa
a
tradimento
.
Gore
,
vicepresidente
da
otto
anni
,
ha
trattato
a
lungo
questi
argomenti
ed
è
stato
coinvolto
nel
day
-
by
-
day
degli
affari
internazionali
.
Il
giovane
Bush
invece
si
è
molto
occupato
di
condanne
a
morte
e
di
tolleranza
zero
contro
la
criminalità
.
Gore
parla
già
come
un
presidente
.
Bush
ha
ancora
l
'
aria
dello
sceriffo
,
non
compassionevole
ma
spietato
(
da
governatore
non
ha
mai
concesso
la
grazia
a
un
condannato
a
morte
)
.
Ma
al
contrario
di
Gore
,
che
si
avvale
della
collaborazione
dell
'
antipaticissimo
e
antieuropeo
Leon
Fuerth
,
Bush
dispone
di
un
impressionante
team
di
consiglieri
,
che
fanno
dimenticare
la
sua
incapacità
di
riconoscere
i
paesi
su
una
carta
geografica
mascherata
.
Vanno
dall
'
ambasciatore
Paul
Wolfowitz
a
Robert
Zoellick
,
uno
dei
principali
think
-
tanker
delle
presidenze
Reagan
e
Bush
,
al
supertecnico
della
Difesa
Richard
Perle
,
all
'
ex
ministro
della
Difesa
Dick
Cheney
,
al
grande
Brent
Scowcroft
,
al
supereconomista
Michael
Boskin
.
Coordina
il
team
un
'
intraprendente
dama
afroamericana
,
Condoleza
Rice
,
ex
rettore
della
università
di
Stanford
,
guru
dell
'
Hoover
institute
.
Scoperta
dal
segretario
di
stato
George
Shultz
ai
tempi
di
Ronald
Reagan
,
Rice
,
responsabile
del
dipartimento
Unione
Sovietica
ed
Est
Europa
al
Consiglio
per
la
sicurezza
nazionale
,
ha
gestito
nel
1989
il
crollo
del
comunismo
e
la
caduta
del
Muro
di
Berlino
,
esperienza
raccontata
in
un
bel
saggio
,
Germany
united
and
Europe
transformed
,
scritto
a
quattro
mani
con
Philip
Zelikov
.
Una
regola
non
scritta
della
campagna
elettorale
è
che
un
consigliere
non
debba
mai
mettere
in
ombra
il
capo
.
Rice
,
invece
,
risponde
in
prima
persona
agli
interventi
di
Gore
in
politica
estera
.
I
giornalisti
la
cercano
per
qualunque
tema
,
dalla
Cina
alla
Sierra
Leone
.
Il
New
York
Times
mette
la
sua
foto
accanto
a
quella
di
Gore
.
Rice
piace
perché
è
esotica
,
nera
,
donna
,
conservatrice
e
davvero
esperta
di
politica
internazionale
.
Le
sue
idee
le
ha
esposte
in
gennaio
su
Foreign
affairs
.
Sono
poche
ma
chiare
:
gli
Stati
Uniti
devono
perseguire
il
proprio
interesse
nazionale
più
che
far
prevalere
nell
'
azione
internazionale
gli
aspetti
umanitari
;
Cina
e
Russia
vanno
trattate
come
concorrenti
e
non
come
partner
.
Gli
stati
amici
debbono
essere
tenuti
in
alta
considerazione
e
non
umiliati
.
Gli
Stati
Uniti
non
possono
essere
un
'
arrogante
potenza
solitaria
ma
devono
favorire
le
potenze
regionali
alleate
,
come
Corea
del
Sud
e
Giappone
.
In
questa
prospettiva
il
ruolo
dell
'
Europa
diventa
ancora
più
forte
.
Rice
,
in
caso
di
vittoria
di
Bush
,
sarà
nominata
consigliere
per
la
sicurezza
nazionale
,
il
posto
chiave
della
strategia
presidenziale
.
La
professoressa
,
già
allieva
del
padre
di
Madeleine
Albright
,
è
amica
del
giovane
Bush
e
anche
facendo
jogging
gli
dà
i
suoi
preziosi
consigli
.
StampaPeriodica ,
Il
giornalismo
,
scriveva
anni
sono
Bianchi
Giovini
,
dovrebbe
cessare
dalle
parole
sterili
e
vuote
,
dalle
polemiche
inconcludenti
,
dalle
pericolose
compiacenze
delle
guerre
di
partiti
,
per
mettersi
sopra
una
via
più
dritta
e
più
efficace
,
per
toccare
dei
mali
del
paese
che
sono
molti
e
gravissimi
.
Potremmo
ripetere
oggi
queste
parole
colla
medesima
opportunità
,
anzi
con
un
opportunità
forse
maggiore
.
Sono
alcuni
giorni
che
è
comparsa
sui
giornali
francesi
una
relazione
della
Società
italiana
di
beneficenza
a
Parigi
sulla
questione
della
mendicità
dei
piccoli
italiani
nelle
città
principali
d
Europa
,
a
Londra
ed
a
Parigi
specialmente
;
relazione
che
mette
al
nudo
una
delle
piaghe
più
vergognose
del
nostro
paese
,
e
nessun
periodico
ne
ha
parlato
,
od
è
entrato
in
merito
della
questione
,
se
ne
escludiamo
la
Nazione
e
la
Gazzetta
Ufficiale
.
In
Italia
si
fa
mercato
di
fanciulli
;
pochi
lo
sanno
,
e
saranno
meravigliati
di
apprenderlo
dal
nostro
giornale
.
Ecco
in
qual
modo
principia
e
come
continua
un
traffico
che
si
basa
sull
umanità
nella
sua
forma
più
interessante
:
l
infanzia
!
Nell
Italia
meridionale
,
in
una
provincia
ricca
più
delle
altre
,
la
Basilicata
,
una
gran
parte
degli
abitanti
fanno
una
vera
industria
della
musica
e
del
vagabondaggio
.
Di
là
sono
sempre
partiti
gli
stuoli
di
fanciulli
musicanti
,
grandi
e
piccoli
,
e
che
hanno
resa
la
loro
patria
così
singolarmente
celebre
in
tutta
Europa
e
perfino
in
America
.
Cinque
o
sei
comuni
si
distinguono
sopra
tutti
per
il
numero
considerevole
dei
loro
emigranti
.
Essi
sono
quelli
di
Marsicovetere
,
Corleto
,
Laurenzano
,
Calvello
,
Piccinisco
e
Viggiano
.
Questa
emigrazione
,
che
gli
antichi
governi
del
Regno
di
Napoli
agevolavano
nello
intendimento
evidente
di
sbarazzarsi
dal
soverchio
di
una
popolazione
turbolenta
,
continua
oggidì
colla
stessa
attività
.
E
come
i
poveri
montanari
della
Savoia
e
del
Piemonte
,
cacciati
dal
freddo
,
si
recano
nelle
grandi
città
in
cerca
di
un
ricovero
e
di
un
pane
lavorando
,
i
Calabresi
si
recano
da
lontano
a
cercare
la
loro
sussistenza
col
mezzo
di
una
vergognosa
mendicità
.
Il
costume
di
mendicare
da
città
in
città
col
mezzo
di
fanciulli
ha
creato
un
traffico
che
si
effettua
scopertamente
sotto
gli
occhi
e
colla
tolleranza
delle
autorità
di
tutti
i
paesi
.
Tutti
gli
anni
,
ad
epoche
determinate
,
partono
dai
loro
villaggi
centinaia
di
fanciulli
,
dei
due
sessi
,
a
brigate
da
due
a
dieci
,
sotto
la
condotta
di
individui
che
si
dichiarano
loro
genitori
o
parenti
.
Ma
in
realtà
costoro
sono
veri
padroni
di
schiavi
perché
questi
fanciulli
vengono
loro
affittati
,
venduti
o
confidati
in
forza
di
contratti
bilaterali
scritti
,
e
che
le
due
parti
probabilmente
suppongono
regolari
,
poiché
esse
reclamano
qualchevolta
all
estero
l
assistenza
dei
consoli
onde
far
eseguire
le
clausole
reciprocamente
pattuite
.
Questi
contratti
stipulano
di
solito
l
affitto
dei
fanciulli
per
un
tempo
determinato
,
mediante
il
pagamento
di
una
somma
annua
ovvero
di
una
somma
unica
pagata
in
anticipazione
per
tutta
la
durata
del
contratto
.
I
genitori
si
liberano
in
tal
modo
dei
loro
figliuoli
per
una
somma
di
denaro
,
senza
altrimenti
preoccuparsi
della
loro
sorte
,
se
non
allora
quando
credono
di
poter
trarre
un
partito
più
vantaggioso
da
queste
miserabili
e
deboli
creature
.
Queste
bande
di
fanciulli
,
appena
uscite
dai
loro
villaggi
,
cominciano
a
mendicare
per
conto
dei
loro
padroni
,
traversano
tutta
l
Italia
seguendo
il
littorale
del
Mediterraneo
,
e
per
la
Corniche
arrivano
a
Nizza
ed
a
Marsiglia
.
Rare
volte
giungono
in
Francia
per
la
via
di
mare
,
giacché
a
Marsiglia
lo
sbarco
di
questi
mendicanti
costituisce
oggetto
di
rigorosa
sorveglianza
.
Quando
non
sono
muniti
di
passaporti
regolari
passano
attraverso
alle
Alpi
per
Briançon
.
Alle
frontiere
comincia
la
vera
tratta
dei
bianchi
.
Là
i
conduttori
li
rivendono
spesso
ad
individui
abitanti
di
Parigi
e
delle
altre
grandi
città
di
Francia
o
d
altrove
.
Smerciato
il
loro
capitale
,
i
conduttori
tornano
nella
Basilicata
a
raccogliervi
altri
fanciulli
che
fanno
viaggiare
nello
stesso
modo
coi
documenti
che
hanno
servito
pel
convoglio
antecedente
.
Ed
ecco
in
qual
modo
comincia
questa
odiosa
industria
.
Ecco
ora
in
qual
modo
essa
si
pratichi
nella
più
bella
città
del
mondo
.
Giunti
a
Parigi
questi
poveri
fanciulli
vengono
installati
alla
rinfusa
,
bambine
e
bambini
,
con
una
promiscuità
indegna
,
in
certi
alloggi
vicini
alla
piazza
Maubert
ed
al
Panthéon
.
Ciascun
mattino
questi
miserabili
pezzenti
vengono
slanciati
in
tutte
le
direzioni
alla
ricerca
del
piccolo
soldo
.
Taluna
volta
i
padroni
li
seguono
e
li
sorvegliano
da
lungi
e
vengono
a
strappar
loro
di
mano
il
prodotto
dell
elemosina
non
appena
i
donatori
si
sono
allontanati
.
Ma
l
incasso
viene
quasi
sempre
affidato
al
più
avanzato
in
età
della
piccola
banda
.
Il
padrone
preferisce
passare
la
giornata
nelle
bettole
in
compagnia
dei
suoi
pari
aspettando
pazientemente
che
i
fanciulli
rientrino
.
I
più
piccoli
sono
i
migliori
strumenti
della
industria
perché
attraggono
meglio
la
pietà
dei
passanti
,
quindi
è
che
sono
più
ricercati
dai
trafficanti
.
Il
vagabondaggio
dura
da
mattina
a
sera
.
Questi
fanciulli
vivono
di
ciò
che
la
carità
pubblica
dona
loro
in
natura
:
il
numerario
devono
consegnarlo
tutto
.
Venuta
la
sera
tornano
nel
loro
antro
,
sull
imperiale
di
un
omnibus
,
che
serve
qualche
volta
di
teatro
alle
loro
questue
.
Chi
può
reggere
alle
contrazioni
,
alle
contorsioni
,
al
riso
,
alle
lagrime
di
questi
poveri
derelitti
?
Sovente
essi
terminano
la
giornata
raccogliendo
l
obolo
dell
operaio
.
Il
testo
della
relazione
che
abbiamo
sott
occhio
aggiunge
:
Vedendo
questi
cenci
umani
circolare
per
le
contrade
di
Parigi
,
si
è
costretti
a
domandarsi
quali
motivi
mai
facciano
tollerare
,
se
non
anche
proteggere
questa
vergognosa
speculazione
.
In
questa
città
,
nella
quale
il
più
piccolo
merciaio
ambulante
paga
la
patente
,
dove
il
commissionario
delle
strade
deve
avere
un
distintivo
,
dove
nulla
si
fa
senza
permesso
,
i
soli
industrianti
di
fanciulli
sembrano
essere
fuori
delle
leggi
.
Perché
questo
favore
?
Perché
in
un
paese
che
è
alla
testa
della
civiltà
,
in
un
paese
nel
quale
il
lavoro
è
in
così
grande
onore
si
ammette
che
questo
genere
di
mendicità
formi
una
vera
corporazione
?
Sono
forse
le
leggi
che
mancano
in
simile
materia
?
Bisognerebbe
crearne
.
Ma
esse
non
mancano
.
Una
sola
basta
.
Il
disposto
del
prefetto
di
polizia
in
data
28
febbraio
1863
che
dice
all
articolo
10
:
È
espressamente
proibito
ai
saltimbanchi
,
suonatori
d
organo
,
musici
e
cantori
ambulanti
di
farsi
accompagnare
da
fanciulli
di
età
minori
di
16
anni
.
Quest
articolo
dice
tutto
,
ci
pare
,
e
noi
non
comprendiamo
come
vi
sia
ancora
a
Parigi
un
solo
fanciullo
che
chieda
l
elemosina
.
Forseché
l
amministrazione
ignora
i
fatti
di
cui
ci
occupiamo
?
No
.
Perché
essa
ha
un
servizio
speciale
di
polizia
che
si
occupa
di
questa
industria
,
e
i
nomi
dei
principali
trafficanti
le
sono
perfettamente
noti
.
I
motivi
della
tolleranza
dell
amministrazione
francese
sfuggono
dunque
compiutamente
alla
nostra
perspicacia
.
Allorquando
uno
di
questi
fanciulli
vagabondi
viene
arrestato
in
flagrante
di
vagabondaggio
,
viene
provvisoriamente
detenuto
e
ne
vien
dato
avviso
al
consolato
generale
d
Italia
.
Quasi
subito
dopo
arriva
il
padrone
che
lo
reclama
ed
al
quale
viene
immediatamente
consegnato
.
Il
momento
del
loro
arresto
è
il
più
doloroso
per
questi
fanciulli
.
Abbiamo
spesso
assistito
ad
una
vera
lotta
tra
l
astuzia
di
questi
fanciulli
e
la
forza
degli
agenti
che
ad
ogni
modo
li
trattano
con
dolcezza
.
Essi
cercano
tutti
i
mezzi
possibili
per
sfuggire
,
perché
il
loro
arresto
produce
a
carico
del
padrone
una
perdita
materiale
che
poi
bisogna
compensare
lavorando
di
più
,
oltre
ad
essere
severamente
puniti
.
Al
terzo
arresto
dello
stesso
fanciullo
,
viene
ordinata
la
sua
espulsione
dal
territorio
francese
,
e
del
suo
rimpatrio
viene
dato
avviso
al
Console
generale
italiano
che
rilascia
alla
prefettura
una
ricevuta
per
ciascun
fanciullo
.
L
espulsione
non
è
mai
seguita
da
effetto
reale
,
giacché
essi
possono
rientrare
da
un
altra
frontiera
accompagnati
da
altri
individui
,
senza
che
la
loro
identità
possa
essere
seriamente
constatata
.
Questi
mutamenti
di
nomi
e
di
padroni
si
spiegano
col
mutismo
in
cui
si
chiudono
questi
fanciulli
.
Li
abbiamo
interrogati
varie
volte
,
e
non
abbiamo
mai
potuto
averne
in
risposta
che
due
parole
:
Abito
in
piazza
Maubert
e
...
sono
di
Napoli
.
D
altronde
nulla
li
obbliga
a
tornare
a
Parigi
immediatamente
:
il
campo
della
industria
a
cui
servono
è
vasto
come
il
mondo
,
e
i
miserabili
che
se
ne
valgono
possono
scambiarli
,
rivenderli
,
o
spedirli
a
Londra
fra
le
bande
che
vi
formicolano
.
Tale
è
la
sorte
di
questa
meschina
popolazione
.
La
società
italiana
,
aiutata
in
ciò
possentemente
dal
Ministro
d
Italia
,
finirà
coll
ottenere
dal
Governo
francese
la
esecuzione
severa
delle
misure
adatte
a
reprimere
l
industria
nella
città
di
Parigi
e
nella
Francia
.
Ma
perché
il
male
sparisca
compiutamente
,
bisogna
colpirlo
alla
radice
,
cioè
là
dove
esso
germoglia
in
modo
incosciente
,
nello
spirito
degli
abitanti
della
Calabria
che
vendono
i
loro
fanciulli
come
vendono
i
prodotti
del
loro
suolo
.
È
in
Italia
che
deve
farsi
il
maggior
sforzo
per
sopprimere
una
industria
che
la
oltraggia
.
Bisogna
che
i
nostri
compatrioti
riconoscano
che
si
tratta
in
una
volta
di
una
quistione
d
umanità
e
di
amor
patrio
;
che
essi
sappiano
il
deplorabile
effetto
di
questi
cenci
all
estero
a
disonore
del
loro
paese
.
Non
vi
sono
piccole
cause
senza
effetto
.
I
piccoli
mendicanti
che
gironzano
per
l
Europa
perpetuano
il
pregiudizio
che
fa
dell
Italia
una
nazione
accidiosa
!
L
Italia
sa
che
per
ingrandire
nelle
opinioni
dei
popoli
essa
non
deve
trascurar
nulla
;
essa
pertanto
comprenderà
la
nostra
conchiusione
.
All
Italia
divisa
,
senza
libertà
,
senza
lavoro
,
molto
poteva
condonarsi
.
All
Italia
unita
,
che
tende
a
farsi
industriosa
,
che
ha
bisogno
di
sviluppare
le
ricchezze
del
suo
suolo
e
del
suo
genio
,
l
Europa
ha
diritto
di
dire
:
Provvedete
ai
vostri
poveri
,
se
ne
avete
!
Fatene
degli
uomini
.
Essi
non
vi
saranno
di
troppo
!
StampaPeriodica ,
Le
poesie
che
ora
studieremo
sono
da
paragonarsi
,
per
significazione
ideale
,
e
per
il
grado
di
bellezza
che
colgono
intero
,
a
quelle
esaminate
nel
capitolo
che
intitolammo
"
lirismo
colore
"
,
e
rappresentano
forse
il
supremo
vertice
della
lirica
digiacomiana
.
Sta
nel
bel
principio
,
a
mo
'
d
'
intonazione
,
il
sentimento
del
poeta
:
il
più
complicato
,
e
capace
di
reggere
e
collegare
tutte
le
strofe
dell
'
arietta
;
qui
fuggito
,
appena
emerso
dal
cuore
,
per
dar
posto
alla
rappresentazione
che
è
già
piena
,
e
vuole
erompere
;
lì
colto
a
uno
stato
di
maggiore
vibrazione
e
concitazione
,
e
con
un
senso
d
'
umanità
profondo
,
sebbene
non
vasto
,
nel
suo
limite
breve
e
senza
mistero
,
serio
eppur
senza
lacrima
,
smanioso
eppur
fuori
di
tormento
;
qui
più
concreto
,
e
cioè
con
una
particolare
situazione
e
determinazione
,
capace
d
'
imprimere
un
movimento
,
e
di
riapparire
ogni
tanto
,
per
fermare
certi
aspetti
,
per
creare
certe
pause
,
per
fissare
un
accordo
.
C
'
è
insomma
,
dentro
,
tutto
quello
che
impedisce
a
queste
poesie
di
diventare
dei
semplici
quadretti
di
genere
,
frammenti
di
un
mondo
ideale
inespresso
,
e
sospeso
solo
su
alcuni
punti
dispersi
e
lontani
:
il
gesto
,
più
che
descritto
realisticamente
,
o
fatto
sottintendere
come
tale
,
è
colto
,
immerso
nell
'
anima
,
e
poi
colorito
,
semplicemente
:
l
'
immagine
sta
per
suggerire
,
anzi
per
far
"
vedere
"
-
,
perché
nulla
è
solo
abbozzato
,
e
capolavori
di
tal
fatta
non
chiedono
l
'
ausilio
del
lettore
se
non
per
interpretare
,
al
pari
d
'
ogni
altra
poesia
:
cioè
guardare
con
occhio
lungiveggente
nelle
creazioni
dell
'
arte
.
La
prima
delle
tre
"
ariette
"
da
esaminare
è
"
Marzo
"
,
d
'
un
naturalismo
così
vivo
e
immediato
che
solo
è
da
cercare
altri
esempi
ne
"
l
'
Alcione
"
dannunziano
e
in
qualche
pausa
della
poesia
carducciana
,
sebbene
qui
ci
sia
tanta
più
semplicità
ed
essenzialità
,
sì
che
ogni
parola
si
fa
intensa
di
vibrazioni
,
e
la
linea
è
d
'
una
purezza
estrema
.
Le
pause
ci
sono
,
e
le
spezzature
di
ritmo
;
eppure
non
si
avvértono
,
tanto
ciascuna
parte
del
verso
è
piena
di
una
sua
intima
armonia
,
che
suscitando
quasi
un
murmure
infinito
crea
l
'
illusione
di
innumerevoli
accordi
insieme
fusi
da
una
capacità
inaspettata
.
Vi
son
variazioni
come
non
è
possibile
nemmeno
immaginare
,
e
con
una
,
necessità
profonda
,
che
l
'
impressione
è
tra
le
più
nuove
che
la
poesia
possa
offrire
.
Marzo
:
nu
poco
chiove
e
n
'
ato
ppoco
stracqua
:
torna
a
chiòvere
,
schiove
,
ride
o
'
sole
cu
ll
'
acqua
.
Mo
nu
cielo
celeste
,
no
n
'
aria
cupa
e
nera
:
mo
d
'
'
o
vierno
'
e
tempeste
,
oro
n
'
aria
'
e
primmavera
.
N
'
auciello
freddigliuso
aspetta
ch
'
esce
'
o
sole
:
ncopp
'
'
o
tturreno
nfuso
suspìreno
'
e
vviole
....
Non
so
come
il
Di
Giacomo
abbia
osato
aggiungere
a
queste
tre
divine
strofette
un
'
altra
,
a
mo
'
di
conclusione
,
che
se
non
sciupa
la
poesia
urta
per
il
semplice
contatto
,
ed
è
cosa
di
cattivissimo
gusto
:
Catarì
!
...
Che
buo
'
cchiù
?
Ntiènneme
,
core
mio
!
Marzo
,
tu
'
o
ssaie
,
si
'
tu
,
e
st
'
auciello
songo
io
.
È
una
spiritosaggine
degna
di
Maldacea
;
e
non
ne
dico
di
più
.
Ma
l
'
arietta
nei
suoi
primi
dodici
versi
,
cioè
nella
sua
parte
essenzialissima
,
è
un
miracolo
.
Incomincia
con
un
accordo
improvviso
e
staccato
,
come
per
isolare
la
parola
"
marzo
"
e
ingrandirla
all
'
immaginazione
;
poi
il
tono
si
fa
più
lieve
,
e
quel
"
nu
poco
"
(
più
facile
a
pronunciarsi
di
"
un
poco
"
,
perché
"
un
"
richiede
un
'
elevazione
di
accento
,
e
"
nu
"
è
assai
più
riposante
)
,
che
quasi
si
ammorza
in
"
chiove
"
(
l
'
"
o
"
di
"
poco
"
si
fonde
nel
ritmo
col
"
c
"
di
"
chiove
"
)
dà
come
il
senso
della
pioggerellina
di
marzo
leggera
e
breve
.
Breve
,
perché
subito
spiove
;
e
l
'
impressione
è
resa
vivamente
dal
secondo
verso
:
e
n
'
ato
ppoco
stracqua
dove
il
verbo
esprime
,
davvero
,
e
con
evidenza
musicale
,
quegl
'
intervalli
pieni
di
silenzio
che
succedono
dopo
un
'
acquata
.
Pure
quella
"
e
"
a
principio
del
settenario
lo
distanzia
un
poco
dal
verso
precedente
,
ma
nello
stesso
tempo
fa
precipitare
il
ritmo
verso
l
'
ultima
parola
stracca
,
sì
che
s
'
ha
l
'
idea
di
qualcosa
d
'
improvviso
che
insieme
dura
.
Poi
ci
si
abitua
,
e
non
si
avvertono
quasi
più
le
differenze
tra
il
piovere
e
lo
spiovere
:
donde
una
maggiore
rapidità
di
passaggi
:
torna
a
chiòvere
,
schiove
,
con
quella
parola
sdrucciola
,
"
chiòvere
"
,
che
cerca
l
'
altra
piana
,
"
schiove
"
.
Tutto
è
ora
sullo
stesso
piano
,
e
la
elementarità
dell
'
espressione
e
della
sintassi
rende
pienamente
questo
naturalismo
semplice
e
immediato
.
-
Ma
finora
non
s
'
è
avuto
che
una
serie
di
ritmi
musicali
,
con
una
successione
di
pause
atte
a
moltiplicare
le
impressioni
armoniche
.
-
Ecco
improvvisamente
delle
immagini
pittoriche
:
ride
'
o
sole
cu
ll
'
acqua
.
Qui
c
'
è
più
lineatura
,
come
un
tratto
di
colore
,
una
pennellata
.
Dopo
tre
versi
,
vibranti
come
accordi
,
quel
"
ride
"
,
in
sé
,
è
cosa
squillante
,
ma
,
riferito
al
sole
,
che
brilla
nella
pioggia
che
cade
,
e
,
si
specchia
e
si
rinfrange
nell
'
acqua
che
bagna
la
terra
;
e
si
raccoglie
nelle
pozze
;
crea
un
'
emozione
nuova
,
e
prepara
l
'
anima
a
godere
in
tutta
la
sua
bellezza
la
strofe
seguente
:
Mo
nu
cielo
celeste
,
mo
n
'
aria
cupa
e
nera
:
mo
d
'
'
o
vierno
'
e
tempeste
,
mo
n
'
aria
'
e
primmavera
.
Quei
quattro
"
mo
"
,
a
principio
dei
quattro
versi
,
hanno
virtù
di
isolare
le
impressioni
,
di
staccarle
,
e
farle
risaltare
ciascuna
in
sé
,
oltre
a
creare
insieme
luci
e
ombre
.
Tra
il
piovere
e
lo
spiovere
c
'
è
meno
distacco
che
tra
questo
gioco
vivo
di
colori
;
e
la
precisione
con
cui
ogni
immagine
è
espressa
dà
il
senso
del
definitivo
.
Nessuna
parola
è
forzata
,
anzi
ognuna
è
semplice
,
chiara
,
donde
la
sua
potenza
.
Son
di
fronte
"
celeste
"
e
"
nera
"
;
eppure
non
offendono
per
un
contrasto
troppo
vivo
e
voluto
.
C
'
è
forse
in
tutta
la
strofe
un
solo
residuo
letterario
,
nel
terzo
verso
,
con
una
inversione
del
resto
giustificata
dal
bisogno
di
accentuare
maggiormente
la
parola
"
tempeste
"
che
è
difatti
la
più
essenziale
.
I
primi
due
tratti
sono
più
propriamente
pittorici
,
gli
altri
due
"
emozionali
"
.
Ma
la
strofe
si
scinde
:
da
una
parte
quell
'
impressione
che
dà
il
marzo
piovoso
,
cupo
e
nero
,
come
forse
nemmeno
d
'
inverno
,
insieme
con
un
'
immagine
non
visiva
ma
grandiosa
:
"
mo
d
'
'
o
vierno
'
e
tempeste
"
;
dall
'
altra
una
serenità
di
cielo
vista
semplicemente
e
fortemente
,
col
sentimento
che
se
ne
genera
:
"
mo
n
'
aria
'
e
primmavera
"
.
E
come
i
due
versi
combacianti
(
"
mo
n
'
aria
cupa
e
nera
"
e
"
mo
d
'
'
o
vierno
'
e
tempeste
"
)
formano
il
centro
della
strofe
,
e
quasi
un
punto
nero
,
così
gli
altri
due
la
cingono
.
di
luce
e
d
'
aria
,
con
un
abbraccio
immateriale
.
La
conclusione
potrebbe
sembrare
convenzionale
,
e
non
è
;
-
e
se
la
visione
s
'
è
tanto
ridotta
,
la
poesia
guadagna
in
determinatezza
e
precisione
.
Perché
c
'
è
un
intimo
legame
tra
questo
marzo
ineguale
e
"
l
'
auciello
freddigliuso
"
,
e
le
violette
,
desiderose
di
sole
.
Hanno
sentito
la
primavera
ventare
improvvisamente
,
poi
di
nuovo
la
pioggia
,
e
il
freddo
,
e
l
'
inverno
.
A
noi
questa
instabilità
non
è
causa
di
così
forti
squilibri
,
o
forse
produce
effetti
più
strani
e
complicati
;
-
le
povere
piante
ne
patiscono
;
anche
gli
uccelli
;
che
hanno
aspettato
per
lunghi
mesi
il
sole
,
e
dopo
un
breve
e
tepido
raggio
se
ne
veggono
privi
ancora
.
Appunto
questa
immediatezza
,
questa
semplicità
ed
elementarità
di
modi
fa
la
bellezza
del
"
Marzo
"
digiacomiano
.
E
oltre
che
idealmente
,
la
fa
poeticamente
,
con
due
linee
più
vaste
e
ondulate
che
culminano
su
"
aspetta
"
e
"
suspireno
"
verso
cui
due
dei
settenari
salgono
ritmicamente
,
e
da
cui
gli
altri
discendono
.
-
Si
badi
un
poco
agli
accenti
rotti
di
"
aspetta
ch
'
ésce
'
o
sóle
"
,
e
si
sentirà
,
non
so
come
,
l
'
ansia
trepida
del
povero
uccellino
;
si
ponga
mente
al
"
suspìreno
"
,
che
fa
quasi
vaporare
l
'
altra
parte
del
verso
"
'
e
vviole
"
,
e
vedrete
le
violette
tremare
nell
'
attesa
,
e
perdersi
come
un
sospiro
.
-
Se
poi
si
vogliono
apprezzare
chiaramente
,
e
valutare
,
tutte
le
novità
ritmiche
,
bisognerà
trascrivere
i
versi
secondo
un
diverso
ordine
,
in
modo
che
si
veda
un
primo
accordo
"
puntuale
"
distendersi
ampiamente
e
pacificarsi
.
Marzo
:
nu
poco
chiove
e
n
'
ato
ppoco
stracqua
torna
a
chiòvere
,
schiove
,
ride
'
o
sole
cu
ll
'
acqua
.
Mo
nu
cielo
celeste
,
mo
n
'
aria.cupa
e
nera
;
mo
d
'
'
o
vierno
'
e
tempeste
,
mo
n
'
aria
'
e
primmavera
.
N
'.auciello
freddigliuso
aspetta
ch
'
esce
'
o
sole
:
ncopp
'
'
o
tturreno
nfuso
suspìreno
'
e
vviole
....
Questi
tratti
realistici
,
visti
ed
espressi
con
rudezza
,
certificano
nel
Di
Giacomo
una
forza
nuova
.
Ma
il
suo
temperamento
lirico
non
poteva
a
lungo
rimanere
in
questa
quasi
obbiettività
ferma
;
e
se
l
'
ultima
strofe
,
che
a
priori
escludemmo
dalla
poesia
e
che
per
buona
fortuna
non
aveva
turbato
la
parte
migliore
,
non
era
di
tale
capacità
espansiva
,
e
,
prima
di
tutto
,
non
aveva
in
sé
tanta
vibrazione
da
investire
quei
frammenti
di
realtà
miracolosi
,
in
"
Na
tavernella
"
corre
un
ricambio
tra
lirismo
e
realtà
,
e
c
'
è
un
progresso
di
ritmi
che
par
davvero
di
assistere
all
'
estrinsecazione
graduale
di
uno
stato
sentimentale
ricco
di
suggerimenti
.
Leggiamo
.
Maggio
.
Na
tavernella
ncopp
'
'
Antignano
:
'
addore
d
'
'
anèpeta
nuvella
;
'
o
cane
d
'
'
o
trattore
c
'
abbaia
:
'
o
fusto
'
e
vino
nnanz
'
'
a
porta
:
'
a
gallina
ca
strilla
'
o
pulicino
:
e
n
'
aria
fresca
e
ffina
ca
vene
'
a
copp
'
'
e
monte
,
ca
se
mmesca
c
'
'
o
viento
,
e
a
sti
capille
nfronte
nun
fa
truvà
cchiù
abbiento
....
Stammo
a
na
tavulella
tutte
e
dduie
.
Chiano
chiano
s
'
allonga
sta
manella
e
mm
'
accarezza
'
a
mano
....
Ma
'
o
bbì
ca
dint
'
'
o
piatto
se
fa
fredda
'
a
frettata
?
...
Comme
me
so
'
distratto
!
Comme
te
si
'
ncantata
!
...
Può
sembrare
che
il
primo
accordo
,
in
questa
poesia
,
non
sia
se
non
una
ripetizione
di
quel
"
marzo
"
,
posto
a
principio
dell
'
arietta
esaminata
innanzi
;
e
non
è
.
Lo
stato
d
'
animo
è
invece
assai
diverso
;
anzi
si
può
,
dire
che
uno
stato
d
'
animo
vero
e
proprio
non
si
verifichi
nelle
strofette
di
"
Marzo
"
,
che
paiono
create
da
una
forza
vergine
dimenticata
nell
'
atto
dell
'
espressione
.
Qui
al
contrario
esiste
:
musicale
,
cioè
indefinito
,
distratto
,
fuori
quasi
della
realtà
,
pur
fra
tante
determinazioni
realistiche
.
Chi
canta
è
felice
;
semplicemente
;
beato
del
maggio
,
della
dolce
stagione
,
e
dell
'
amore
.
Sopra
Antignano
i
rumori
della
vita
noi
,
giungono
:
c
'
è
un
'
aria
di
cose
campestri
e
rusticane
:
donde
la
rozzezza
di
certe
espressioni
.
-
"
Maggio
"
:
a
questa
semplice
parola
si
prova
come
una
carezza
lieve
.
Noi
assistiamo
quasi
al
formarsi
di
uno
stato
d
'
animo
:
fuori
d
'
ogni
contingenza
.
La
realtà
prima
non
esisteva
:
ora
si
affaccia
a
poco
a
poco
a
questo
spirito
meravigliato
e
stupefatto
.
Nessuna
inquietudine
,
nessun
turbamento
.
Son
saliti
sul
colle
,
questi
due
amanti
,
dicendosi
chi
sa
mai
quante
cose
,
tra
un
turbine
di
sogni
:
ora
sono
un
po
'
stanchi
,
forse
,
per
la
corsa
e
per
il
fantasticare
;
e
riposano
.
È
maggio
:
ma
per
essi
il
bel
mese
resulta
di
due
sole
determinazioni
:
una
realistica
,
l
'
altra
musicale
;
ma
tutte
e
due
ancora
piene
di
poesia
,
e
di
parole
essenziali
e
dolci
.
Na
tavernella
ncopp
'
Antignano
:
È
un
decasillabo
soavissimo
,
fatto
di
due
quinarii
,
che
paiono
formati
di
sostanza
impalpabile
.
"
Ncoppa
"
ha
virtù
di
isolare
questa
"
tavernella
"
su
su
,
sopra
Antignano
,
una
verde
collina
,
di
cui
il
poeta
non
dice
altro
se
non
che
odora
"
d
'
anèpeta
nuvella
"
.
Un
particolare
assai
comune
;
ma
nella
sua
posizione
è
d
'
un
effetto
grande
.
Addore
d
'
'
anèpeta
novella
.
Lo
spirito
comincia
a
distrarsi
nella
gioia
,
donde
quella
breve
pausa
dopo
"
addore
"
,
che
lo
distacca
dal
verso
seguente
,
e
,
nella
sospensione
,
fa
pensare
a
uno
che
sogni
,
e
goda
del
suo
stato
.
Tutto
è
fresco
e
quasi
rorido
nel
settenario
che
segue
:
lo
sdrucciolo
dà
il
senso
di
qualcosa
d
'
inafferrabile
e
tenero
,
accresciuto
dall
'
aggettivo
ricco
di
suoni
dolci
;
direi
,
liquidi
.
Pure
il
verso
pare
detto
in
dimenticanza
.
,
sotto
l
'
impulso
della
parola
"
addore
"
,
piena
di
capacità
espansiva
.
Si
pensi
a
"
nuvella
"
col
suo
accento
su
"
e
"
lungo
,
protratto
,
come
di
chi
s
'
indugi
,
senz
'
avvedersene
,
su
cose
care
;
e
s
'
intenderà
tutta
la
bellezza
di
questa
situazione
.
Ma
quella
spezzatura
di
ritmo
,
avvertita
già
al
terzo
verso
della
strofe
,
si
farà
più
evidente
nei
quattro
versi
seguenti
,
con
tre
determinazioni
prosaiche
,
senz
'
armonia
,
quasi
ad
accentuare
la
distrazione
del
poeta
incapace
oramai
più
di
vedere
e
comprendere
,
che
accoglie
i
suoni
e
le
impressioni
passivamente
,
senza
badare
:
donde
la
rozzezza
urtante
delle
espressioni
che
oltre
a
rendere
con
aderenza
piena
alcuni
particolari
,
sono.psicologicamente
espressivi
.
Pensate
un
poco
a
questi
quattro
versi
;
che
sono
poi
settenari
per
sé
armoniosissimi
:
'
o
cane
d
'
'
o
trattore
c
'
abbaia
:
'
o
fusto
'
e
vino
nnanz
'
'
a
porta
:
'
a
gallina
ca
strilla
'
o
pulcino
....
e
riduceteli
e
divideteli
secondo
il
significato
delle
proposizioni
:
'
o
cane
d
'
'
o
trattore
c
'
abbaia
;
'
o
fusto
'
e
vino
nnanz
'
'
a
porta
;
'
a
gallina
ca
'
strilla
'
o
pulicino
;
non
hanno
più
ritmo
,
e
così
bisogna
leggerli
;
ma
sono
eminentemente
pittorici
;
sicché
va
guardato
alla
posizione
di
certe
parole
essenziali
come
"
e
'
abbaia
"
,
"
nnanz
'
'
a
porta
"
,
"
strilla
"
.
Le
espressioni
sono
violente
,
come
"
abbaiare
"
e
"
strillare
"
,
ma
s
'
impongono
per
una
loro
virtù
comunicativa
.
"
Nnanz
'
'
a
porta
"
,
sebbene
determinazione
di
altro
genere
,
è
anch
'
essa
rozza
,
per
quell
'
improvvisa
idea
d
'
ingombro
che
crea
.
-
Se
poi
considerate
un
poco
più
addentro
,
v
'
accorgete
che
nelle
prime
dite
proposizioni
i
termini
essenziali
si
trovano
in
fine
;
nell
'
ultima
,
in
mezzo
.
E
c
'
è
la
sua
ragione
.
"
'
O
cane
d
'
'
o
trattore
c
'
abbaia
"
,
"
'
o
fusto
'
e
vino
nnanz
'
'
a
porta
"
sono
,
per
così
dire
,
aritmiche
;
donde
quel
situare
in
posizione
di
per
sé
più
evidente
i
termini
su
cui
più
si
vuole
insistere
;
mentre
"
'
a
gallina
ca
strilla
'
o
pulicino
"
è
un
vero
e
proprio
endecasillabo
;
e
"
strilla
"
coincide
con
l
'
accento
sulla
sesta
;
sì
che
tutto
il
verso
è
pieno
di
stridi
.
-
Ora
la
violenza
di
queste
espressioni
,
che
è
poi
tutta
di
particolari
realistici
,
è
valsa
un
poco
a
correggere
la
distrazione
dell
'
amante
,
e
la
poesia
riprende
il
suo
corso
con
un
impeto
impensato
.
e
n
'
aria
fresca
e
ffina
ca
vene
'
a
copp
'
'
e
monte
,
ca
se
mmesca
c
'
'
o
viento
,
e
a
sti
capille
nfronte
nun
fa
truvà
cchiù
abbiento
....
Qui
il
ritmo
è
ristabilito
,
e
si
ricollega
a
quell
'
"
addore
d
'
'
anèpeta
nuvella
"
della
prima
strofe
,
troncata
così
bruscamente
dal
sopravvenire
di
nuove
impressioni
.
Il
motivo
iniziale
ritorna
,
e
voi
sentite
al
primo
accento
,
che
si
prolunga
in
vibrazioni
infinite
,
questa
viva
gioia
.
E
n
'
aria
fresca
e
ffina
ca
vene
'
a
copp
'
'
e
monte
.
Due
settenari
formano
un
verso
solo
,
e
danno
il
senso
della
lontananza
e
dell
'
altezza
della
montagna
,
da
cui
scende
quest
'
aria
penetrata
di
un
'
essenza
di
verginità
intatta
.
"
Fresca
e
ffina
"
:
cioè
dolce
e
leggera
,
purificata
da
tanto
spazio
,
e
tanta
verzura
,
e
tanto
cielo
.
Si
badi
a
questo
verso
felicissimo
"
ca
vene
'
a
copp
'
'
e
monte
"
,
con
quell
'
"
a
e
quell
'
"
e
"
che
gli
danno
un
ritmo
affannoso
come
per
un
lungo
viaggio
;
e
al
senso
voluttuoso
che
dà
l
'
altro
:
"
ca
se
mmesca
c
'
'
o
viento
"
,
e
tanto
delicato
,
che
nel
giro
armonioso
della
strofe
produce
una
breve
pausa
,
come
una
interruzione
spasmodica
.
L
'
aria
e
il
vento
sono
distinti
per
una
sensibilità
acuita
,
e
quasi
per
uno
sforzo
di
piacere
:
e
l
'
aria
sarebbe
una
lieve
carezza
se
non
fosse
il
vento
che
scompiglia
i
capelli
a
questa
donna
,
che
prima
non
avevamo
nemmeno
veduta
.
Il
particolare
con
cui
il
poeta
l
'
introduce
,
e
l
'
entusiasmo
e
il
tono
delle
parole
ne
danno
un
'
immagine
immateriale
,
come
d
'
una
divina
creatura
incantata
.
-
Ma
il
vento
è
come
l
'
amore
,
e
non
dà
requie
.
Stammo
a
na
tavulella
tutte
e
dduie
.
Chiano
chiano
s
'
allonga
sta
manella
e
mm
'
accarezza
'
a
mano
....
L
'
espressione
è
leggera
,
aerata
;
v
'
è
nella
frase
un
tocco
piano
come
di
chi
non
voglia
turbare
una
dolce
contemplazione
;
il
settenario
perde
i
suoi
accenti
monotoni
e
cede
il
posto
a
versi
di
più
largo
respiro
,
e
più
lineari
.
Si
hanno
così
due
endecasillabi
,
accentuati
sulla
sesta
e
decima
,
e
cioè
armoniosi
,
senza
ostentazione
:
Stammo
a
na
tavulella
tutte
e
dduie
.
Chiano
chiano
s
'
allonga
sta
manella
e
mm
'
accarezza
'
a
mano
....
Pure
il
primo
,
con
quella
determinazione
obbiettiva
,
è
più
rigido
;
ma
il
secondo
è
d
'
una
mobilità
grande
,
e
fa
quasi
vedere
l
'
allungarsi
della
mano
.
Certo
che
l
'
endecasillabo
rende
l
'
atto
con
più
evidenza
e
riposo
che
non
un
settenario
;
e
sentite
in
quel
"
chiano
chiano
"
,
che
sono
suoni
tanto
dolci
,
la
delicatezza
amorosa
di
questa
creatura
,
e
in
"
manella
"
qualcosa
di
morbido
,
e
di
soave
.
L
'
accento
ritmico
che
coincide
con
"
s
'
allonga
"
quasi
distende
il
verso
.
"
E
mm
'
accarezza
'
a
mano
"
è
cosa
tanto
leggera
;
come
una
lieve
pennellata
al
quadro
;
e
il
settenario
riesce
adattissimo
,
mentre
,
d
'
altra
parte
,
non
c
'
è
forte
distacco
dal
verso
precedente
;
pare
anzi
una
continuazione
,
sebbene
con
tono
tanto
più
mobile
.
Ma
'
o
bbì
ca
dint
'
'
o
piatto
se
fa
fredda
'
a
frittata
?
...
Comme
me
so
'
distratto
!
Comme
te
si
'
ncantata
!
...
Ho
riunito
in
un
solo
verso
i
primi
due
settenari
a
bella
posta
,
perché
,
ritmicamente
,
così
vanno
considerati
:
oltre
che
per
la
interrogazione
che
unifica
i
due
membri
,
facendo
precipitare
il
primo
e
appoggiandolo
sul
secondo
,
anche
per
quel
"
ma
'
o
bbì
"
,
che
salta
a
piè
pari
"
ca
dint
'
'
o
piatto
"
e
si
ricongiunge
grammaticalmente
a
"
se
fa
fredda
"
.
Il
particolare
realistico
richiamato
così
bruscamente
ironizza
questo
stato
di
oblio
,
e
nello
stesso
tempo
riesce
a
rappresentare
al
vivo
la
scena
.
Le
due
esclamazioni
che
seguono
forse
sono
un
po
'
commento
,
e
possono
urtare
per
un
certo
parallelismo
;
ma
nel
tono
sono
perfettamente
libere
,
e
non
vi
insiste
tanto
sopra
la
volontà
del
poeta
:
sembrano
un
accordo
musicale
.
Ma
è
evidente
come
qui
lirismo
e
realismo
si
trovano
in
una
completa
fusione
,
e
come
l
'
uno
sottolinei
l
'
altro
senza
parere
.
Certo
che
le
cose
,
a
quel
contatto
,
acquistano
una
risonanza
grande
,
e
si
giustificano
per
una
necessità
profonda
.
Non
c
'
è
più
squilibrio
,
e
le
situazioni
sono
colte
nel
momento
più
essenziale
,
e
più
ricco
.
Un
intuito
quasi
divino
fa
sì
che
queste
creazioni
dal
respiro
breve
siano
lasciate
nella
loro
umanità
casta
,
e
nella
loro
sentimentalità
parca
.
Questa
volta
il
Di
Giacomo
ha
inteso
,
acutamente
inteso
la
sua
natura
,
e
misurato
il
giro
della
sua
ispirazione
..
Riconoscemmo
in
"
Marzo
"
un
'
obbiettività
di
specie
naturalistica
,
e
in
"
Na
tavernella
"
quasi
il
formarsi
d
'
uno
stato
d
'
animo
,
nell
'
atto
che
si
concretizza
in
posizioni
liriche
,
lasciate
cioè
sospese
.
C
'
è
più
il
senso
umano
,
ma
nella
rapina
di
piccole
strofe
che
abbiamo
visto
a
volta
distendersi
sotto
l
'
impeto
del
canto
,
a
volta
raccorciarsi
prese
dalla
realtà
.
Il
discorso
è
interno
,
e
le
parole
veramente
dette
son
poche
,
appena
le
ultime
:
un
miracolo
d
'
arte
.
Ora
appunto
a
queste
:
al
tratto
conclusivo
,
realistico
,
che
ferma
un
istante
il
vanire
del
sogno
,
bisogna
pensare
per
intendere
pienamente
"
Dint
'
'
o
ciardino
"
.
Le
strofe
che
in
"
Na
tavernella
"
erano
mormorate
,
qui
sono
narrate
,
e
costituiscono
come
lo
sfondo
della
breve
scena
che
si
svolgerà
,
questa
volta
,
intera
.
E
non
sono
già
una
didascalia
vana
,
ma
si
collegano
intrinsecamente
al
centro
della
situazione
,
che
,
nella
parte
dialogica
,
isolata
a
sé
,
potrebbe
richiamare
alla
mente
qualche
sonetto
di
"
O
fùnneco
verde
"
,
ma
oltre
che
per
una
maggiore
spigliatezza
interna
ed
esterna
(
all
'
endecasillabo
s
'
è
sostituito
l
'
ottonario
)
,
se
ne
distacca
per
quella
rappresentazione
più
larga
e
viva
che
la
circuisce
e
la
giustifica
,
psicologicamente
e
poeticamente
_
Ma
meglio
è
forse
non
prevenire
il
lettore
con
osservazioni
anticipate
.
'
A
vi
'
llà
;
vestuta
rosa
e
assettata
a
nu
sedile
,
risciatanno
st
'
addurosa
e
liggiera
aria
d
'
abbrile
,
cu
nu
libbro
apierto
nzino
,
cu
nu
vraccio
abbandunato
,
sott
'
'
o
pede
'
e
mandarino
,
sola
sola
Emilia
sta
.
C
'
aggia
fà
?
M
'
accosto
?
(
E
quase
arrivato
Ile
so
'
ncuollo
....
)
Core
mio
!
Cu
quanta
vase
tu
vulesse
salutà
!
Nun
me
vede
,
nu
me
sente
,
legge
,
legge
,
e
nun
se
move
;
e
io
ncantato
'
a
tengo
mente
cammenanno
ncopp
'
a
ll
'
ove
....
Ah
!
...
s
'
avòta
!
...
-
Emì
....
che
liegge
?
-
Tu
cca
stive
?
...
E
'
a
do
'
si
'
asciuto
?
-
M
'
accustavo
liegge
liegge
....
-
Pe
fa
'
che
?
...
-
Pe
t
'
abbraccià
!
-
Statte
!
...
-
Siente
....
(
E
'
o
libbro
nterra
cade
apierto
....
)
Essa
se
scanza
,
se
vo
'
sòsere
,
mm
'
afferra
,
rire
e
strilla
:
Uh
!
no
!
no
!
no
!
...
Na
lacerta
s
'
è
fermata
e
ce
guarda
a
tutte
e
dduie
....
Se
sarà
scandalizzata
;
sbatte
'
a
coda
e
se
ne
fuie
....
"
Rappresentazioni
liriche
"
abbiamo
pensato
di
chiamare
queste
brevi
poesie
;
nel
qual
giudizio
è
implicita
oltre
che
la
,
gioia
di
rappresentare
,
che
è
comune
a
tutte
le
vere
opere
d
'
arte
,
quel
piacere
vivo
non
solo
di
esprimere
un
determinato
stato
d
'
animo
,
ma
di
obbiettivarlo
,
e
cioè
di
porlo
fuori
di
sé
,
arricchendolo
di
particolari
che
meglio
lo
realizzino
alla
fantasia
.
Ora
,
ricreando
il
poeta
,
o
chi
altro
in
sua
vece
,
avvenimenti
suoi
particolari
,
intimi
,
del
suo
spirito
,
e
della
sua
vita
,
è
chiaro
che
il
contenuto
ideale
dev
'
essere
profondamente
allegro
,
sì
che
la
"
gioia
di
rappresentare
"
coincide
con
una
gioia
reale
,
con
un
atteggiamento
dell
'
animo
,
soddisfatto
.
Da
un
dolore
tragico
,
tragicamente
patito
,
può
derivare
una
lirica
altissima
,
non
una
rappresentazione
;
nel
senso
che
chi
soffre
,
ed
è
poeta
,
ed
è
capace
di
dare
espressione
alla
sua
sofferenza
,
non
può
nel
tempo
stesso
esserle
estraneo
,
e
cioè
realizzarla
fuori
di
sé
.
Così
s
'
intenderà
meglio
il
progresso
della
poesia
digiacomiana
,
quando
salendo
d
'
intensità
e
di
dolore
,
e
d
'
altra
parte
per
una
necessità
imprescindibile
,
dovendosi
sempre
obbiettivare
,
toccar
piede
a
terra
e
pacificarsi
,
dovrà
spersonalizzarsi
,
e
il
poeta
sarà
non
più
il
cantore
di
sé
,
ma
il
narratore
,
il
ricreatore
delle
altrui
vicende
.
Inteso
a
questo
modo
il
dramma
del
mondo
digiacomiano
,
ogni
sua
faccia
s
'
illumina
:
al
contatto
della
poesia
stessa
siamo
riusciti
finalmente
a
segnare
una
parola
definitiva
.
Ma
noi
vogliamo
ora
,
fuori
d
'
ogni
costruzione
ideale
,
godere
queste
sette
strofette
luminose
e
vive
.
E
in
verità
il
primo
tratto
è
tale
da
imporsi
alla
nostra
immaginazione
e
soggiogarla
.
Il
verso
ottonario
precipita
le
impressioni
,
e
oltre
che
aggiungere
spigliatezza
alla
rappresentazione
,
quasi
dà
il
senso
della
rapidità
come
realmente
le
cose
si
presentano
alla
fantasia
del
poeta
.
'
A
vi
'
llà
.
;
vestuta
rosa
e
assettata
a
nu
sedile
,
risciatanno
st
'
addurosa
e
liggiera
aria
d
'
abbrile
,
cu
nu
libbro
apierto
nzino
,
cu
nu
vraccio
abbandunato
,
sott
'
'
o
pede
'
e
mandarino
,
sola
sola
Emilia
sta
.
Chi
è
questa
donna
?
Emilia
.
E
al
modo
famigliare
come
la
chiama
voi
v
'
accorgete
che
si
tratta
d
'
una
persona
amata
.
Tanto
più
che
questo
nome
giunge
a
noi
dopo
una
felice
rappresentazione
,
e
dopo
immagini
quanto
mai
fresche
.
Anche
se
non
volete
,
il
poeta
vi
sforza
a
porvi
nel
suo
stesso
stato
d
'
animo
improvviso
con
la
violenza
di
quel
semplice
"
'
a
vi
'
llà
"
.
Voi
siete
costretti
a
fermare
la
vostra
attenzione
,
ma
,
d
'
altra
parte
,
un
primo
tratto
vivo
subito
vi
compensa
e
vi
orienta
.
'
A
vi
'
llà
;
vestuta
rosa
e
assettata
a
nu
sedile
;
quel
color
rosa
,
e
quella
posizione
semplice
,
nella
sua
realtà
,
s
'
impongono
con
un
loro
modo
preciso
.
Ma
qui
la
gioia
dell
'
amante
si
comunica
.
a
ogni
parola
,
a
ogni
tratto
,
a
ogni
immagine
,
situandole
al
giusto
posto
,
e
con
una
tal
civetteria
.
Così
quando
,
inebriandosi
,
dice
,
o
,
meglio
,
aggiunge
:
risciatanno
st
'
addurosa
e
liggiera
aria
d
'
abbrile
,
voi
non
sapete
se
voglia
piuttosto
colorire
e
quasi
areare
il
realismo
crudo
di
quella
prima
posizione
,
o
esprimere
la
sua
intima
contentezza
:
forse
è
l
'
una
e
l
'
altra
cosa
insieme
.
Certo
che
quei
due
versi
sono
una
pausa
impercettibile
,
e
danno
un
senso
di
leggerezza
agli
ottonari
seguenti
,
scanditi
ognuno
a
sé
,
che
rendono
con
tanta
evidenza
quel
piacere
che
si
prova
,
in
certe
ore
,
a
star
sdraiati
e
leggere
e
fantasticare
.
E
probabilmente
si
fantastica
più
che
non
si
legga
,
come
mostrano
alcune
immagini
che
messe
insieme
potrebbero
anche
suggerire
il
contrario
.
Il
libro
,
sì
,
sta
"
apierto
nzino
"
,
ma
quel
particolare
:
"
cu
nu
vraccio
abbandunato
"
esprime
troppo
la
gioia
dello
star
seduti
a
godersi
la
mattina
e
l
'
aprile
,
perché
si
debba
essere
attenti
a
leggere
.
Il
libro
è
qui
un
semplice
tratto
coloristico
,
come
quel
"
mandarino
"
,
che
aggiunge
tanta
grazia
.
A
ogni
modo
questa
fanciulla
è
stata
abbastanza
vivamente
rappresentata
,
'
perché
non
dobbiamo
intendere
tutta
la
passione
dell
'
amante
:
passione
,
se
volete
,
di
un
minuto
,
senza
travaglio
,
che
se
mancasse
di
una
ricreazione
così
potente
diverrebbe
leziosa
,
ma
qui
profonda
,
e
piena
.
Anche
lo
sfondo
del
quadro
prepara
a
questa
grazia
,
e
i
colori
sono
tenui
,
le
linee
riposanti
,
le
piante
anch
'
esse
piccine
;
un
mandarino
;
tanto
grande
,
da
coprire
,
come
un
ombrello
,
Emilia
.
Anche
le
espressioni
d
'
amore
sono
quasi
infantili
,
proprio
come
quando
uno
è
preso
da
una
gioia
improvvisa
e
si
rifà
bambino
,
e
sente
al
cuore
un
tremore
come
davanti
a
un
giocattolino
bello
,
o
a
un
dolce
ghiotto
.
C
'
aggia
fa
'
?
La
domanda
non
implica
un
grave
dubbio
,
ma
esprime
l
'
impaccio
ingenuo
di
un
fanciullo
.
M
'
accosto
?
Esita
ancora
un
poco
,
non
sa
;
ma
così
dicendo
avrà
camminato
.
Che
volete
?
il
giardino
è
così
piccolo
,
e
basta
fare
un
passo
che
s
'
è
percorso
tutto
.
Donde
quella
miracolosa
parentesi
:
(
"
e
quase
arrivato
lle
so
'
ncuollo
"
)
.
Non
s
'
è
nemmeno
mosso
che
le
è
già
addosso
;
la
qual
cosa
esprime
tutto
l
'
ardore
,
e
l
'
atteggiamento
buffo
di
lui
che
fa
improvvisamente
un
passo
e
si
ferma
:
"
c
'
aggia
fa
'
?
"
;
un
altro
passo
,
e
si
ferma
ancora
:
"
m
'
accosto
?
"
e
,
dopo
due
passi
,
si
trova
a
destinazione
.
Apriti
cielo
!
A
vedersela
davanti
agli
occhi
trema
di
commozione
:
vorrebbe
baciarla
,
ma
non
osa
,
e
si
contenta
di
darle
tanti
,
tanti
baci
in
immaginazione
.
Core
mio
!
Cu
quanta
vase
te
vulesse
salutà
!
Il
tremore
fa
le
parole
brevi
:
"
core
mio
"
;
poi
,
come
per
soffocazione
,
con
accento
rotto
,
un
desiderio
mormorato
:
"
cu
quanta
vase
te
vulesse
salutà
"
.
L
'
empito
della
passione
s
'
abbatte
in
quel
verbo
tronco
"
salutà
"
:
pare
uno
sfogo
.
Nun
me
vede
,
nu
me
sente
,
legge
,
legge
,
e
nun
se
move
:
e
io
ncantato
'
a
tengo
mente
cammenanno
ncopp
'
a
ll
'
ove
....
Aveva
incominciato
a
far
passi
da
gigante
;
ora
bisogna
che
si
freni
:
un
po
'
per
non
far
chiasso
,
un
po
'
per
esitazione
.
"
Cammina
sulle
uova
"
equilibrandosi
a
stento
,
piegando
di
qua
e
di
là
,
remeggiando
con
le
braccia
.
L
'
immagine
è
scultorea
,
e
rende
l
'
atto
con
una
vivacità
intensa
:
non
che
non
sappia
realmente
camminare
,
ma
un
pensiero
gli
dice
:
"
corri
"
,
anzi
:
"
baciala
"
,
un
altro
:
"
aspetta
"
,
anzi
:
"
sta
attento
"
;
e
siccome
basta
stendere
appena
una
mano
per
toccarla
,
a
ogni
movimento
azzardato
e
audace
bisogna
che
corrisponda
uno
sforzo
contrario
:
di
qui
quei
divincolamenti
pittoreschi
.
E
le
parole
che
pronuncia
non
hanno
quasi
significato
,
o
s
'
inseguono
come
a
stordire
chi
le
dice
.
-
La
scena
non
poteva
esser
condotta
oltre
questo
termine
.
D
'
un
tratto
ogni
cosa
muta
,
improvvisamente
:
Ah
!
...
s
'
avòta
!
...
È
come
una
stilettata
:
voi
non
sapete
se
n
'
abbia
piacere
oppur
no
;
ma
si
sa
dominare
a
tempo
:
"
Emì
...
che
liegge
?
n
.
Veramente
,
altra
doveva
essere
la
domanda
;
ma
questa
è
fatta
tanto
per
introdurre
il
discorso
.
Emilia
intende
,
o
,
meglio
,
non
bada
a
rispondere
a
una
interrogazione
oziosa
.
"
Tu
ccà
stive
?
...
E
'
a
do
'
si
'
asciuto
?
"
:
piuttosto
cerca
di
spiegarsi
la
sorpresa
.
"
E
'
a
do
'
si
'
asciuto
?
"
.
Si
vede
che
l
'
amante
ha
fatto
proprio
a
modo
,
senza
lasciarsi
scoprire
.
Infatti
risponde
:
"
M
'
accustavo
liegge
liegge
....
"
.
Ma
la
risposta
nasconde
un
proposito
criminoso
,
donde
le
parole
brevi
,
quasi
d
'
intimazione
,
di
Emilia
:
"
Pe
fa
'
che
?
...
"
.
Il
poveretto
non
ne
può
più
;
meglio
confessarsi
:
"
Pe
t
'
abbraccià
!
"
.
E
non
ha
pronunciato
la
risposta
che
comincia
già
a
menar
le
mani
.
-
Statte
!
...
-
Siente
....
(
E
'
o
libbro
nterra
cade
apierto
....
)
Essa
se
scanza
,
se
vo
'
sòsere
,
mm
'
afferra
,
rire
e
strilla
:
Uh
!
no
!
no
!
no
!
...
Proprio
così
:
incomincia
a
menar
le
mani
.
Quel
:
"
Statte
"
è
assai
significativo
,
come
significantissimo
è
il
"
Siente
"
.
Emilia
cerca
di
sfuggire
alle
"
argomentazioni
"
dell
'
amico
,
che
poco
parla
,
e
più
agisce
;
donde
quella
mirabile
parentesi
(
"
E
'
o
libbro
nterra
cade
apierto
....
"
)
,
che
è
conseguenza
materiale
e
immediata
dell
'
invadenza
mascolina
,
ed
è
,
artisticamente
,
una
pausa
realistica
fra
tutto
questo
turbinio
di
parole
,
una
nota
beffarda
e
ironica
.
Nella
colluttazione
oramai
senza
più
voci
,
il
libro
che
cade
a
terra
produce
un
suono
strano
.
Ora
i
due
non
parlano
più
.
"
Statte
"
e
"
Siente
"
sono
state
le
ultime
botte
e
risposte
.
Adesso
è
tempo
di
lotta
.
"
Essa
se
scanza
"
:
invano
;
"
se
vo
'
sòsere
"
:
lui
l
'
ha
inchiodata
sul
sedile
;
-
e
lei
che
cerca
di
schermirsi
;
ma
come
si
fa
....
;
d
'
altra
parte
è
così
dolce
lasciarsi
andare
:
infatti
non
resiste
oramai
più
che
a
parole
:
strilla
sì
,
ma
ride
anche
,
e
quei
tre
"
no
!
"
fanno
pensare
a
mille
possibilità
allegre
.
-
Ma
basta
:
la
scena
si
chiude
,
come
s
'
era
aperta
,
con
un
grido
:
si
potrebbe
dire
,
con
una
serie
di
gridi
:
"
no
,
no
,
no
"
,
scanditi
,
divisi
,
interrotti
da
pause
eloquenti
.
E
c
'
è
una
stasi
,
così
ricca
di
humour
:
Na
lacerta
s
'
è
fermata
e
ce
guarda
a
tutte
e
dduie
....
Se
sarà
,
scandalizzata
;
sbatte
'
a
.
coda
e
se
ne
fuie
....
Un
particolare
realistico
,
casuale
,
fatto
servire
da
ironia
:
e
non
senza
ragione
.
Un
accento
di
maggior
portata
sarebbe
riuscito
inopportuno
:
qui
si
fonde
mirabilmente
;
e
la
poesia
produce
un
'
impressione
netta
,
intera
,
senza
nei
.
Quel
"
s
'
è
fermata
"
,
all
'
improvviso
,
quel
"
scandalizzata
"
,
reso
più
forte
dalla
rima
,
quante
mai
cose
suggeriscono
che
il
poeta
non
dice
!
L
'
ultimo
verso
rimasto
come
sospeso
raddoppia
l
'
effetto
e
dà
un
senso
di
leggerezza
alla
strofe
.
Nessun
commento
:
e
ce
n
'
era
forse
bisogno
?
Ogni
punto
o
grado
è
valso
da
sé
a
prepararlo
.
Ma
a
preparare
questa
scena
breve
,
rapida
,
spigliata
,
ricca
di
vita
,
pur
con
tanta
apparenza
di
leggerezza
,
non
sarebbero
bastate
quelle
poesie
d
'
indole
narrativa
,
che
esaminammo
altrove
.
Chi
non
ricorda
le
ariette
di
"
Lirismo
colore
"
?
"
'
E
trezze
'
e
Carulina
"
?
"
Da
'
o
quarto
piano
"
?
Esse
costituiscono
il
presupposto
necessario
per
giungere
a
delle
rappresentazioni
tanto
vivaci
,
e
tra
i
due
gradi
c
'
è
scambio
:
solo
che
prima
era
fissato
un
momento
solo
,
e
,
più
precisamente
,
un
'
immagine
;
ora
quell
'
immagine
è
messa
in
moto
e
mostra
le
sue
facce
.
Si
badi
,
son
sempre
sviluppi
di
figure
elementari
,
non
ricche
d
'
interiorità
;
e
perciò
,
nell
'
esame
che
abbiamo
tentato
di
queste
poesie
,
non
abbiamo
già
cercato
la
risoluzione
,
per
via
di
dramma
,
di
problemi
eterni
.
Anzi
nemmeno
il
dramma
esiste
;
ma
son
semplici
posizioni
liriche
,
a
cui
il
poeta
vi
conduce
con
una
delicatezza
estrema
,
e
che
non
vivono
se
non
in
embrione
,
e
come
desiderose
di
sciogliersi
in
canto
.
StampaPeriodica ,
Il
18
gennaio
di
quest
'
anno
l
'
ufficio
censura
della
presidenza
del
Consiglio
vietava
la
rappresentazione
della
commedia
di
Brancati
La
governante
.
L
'
indignazione
per
il
divieto
ha
ispirato
all
'
autore
un
pamphlet
che
egli
ha
scritto
non
tanto
per
difendere
la
moralità
del
suo
lavoro
(
gli
dedica
infatti
solo
una
pagina
)
,
quanto
per
denunciare
sintomi
allarmanti
di
una
tirannide
clericale
in
formazione
.
Una
difesa
della
Governante
sarebbe
stata
superflua
.
Se
c
'
è
una
cosa
fuori
discussione
è
proprio
la
moralità
della
commedia
,
che
(
basta
leggerla
)
è
«
quella
provinciale
e
tradizionale
»
,
come
dice
giustamente
Brancati
.
Protagonista
del
lavoro
non
e
però
la
governante
francese
con
la
sua
perversione
sessuale
e
coi
suoi
rimorsi
,
che
la
portano
al
suicidio
,
soffocata
dalle
preoccupazioni
moralistiche
dell
'
autore
,
prima
ancora
che
riesca
a
vivere
come
personaggio
poetico
.
Il
protagonista
vero
è
don
Leopoldo
Platania
,
vecchio
siciliano
trapiantato
a
Roma
,
e
visto
in
una
situazione
nuova
.
i
un
tentativo
di
uscire
da
quel
«
gallismo
»
che
tanti
spassosi
pretesti
ha
offerto
ai
piaceri
dell
'
immaginazione
di
Brancati
.
L
'
autore
ha
cercato
di
uscire
dai
limiti
del
suo
temperamento
«
gelido
e
beffardo
(
così
una
volta
ebbe
a
definirlo
Concetto
Marchesi
)
.
E
meritava
che
la
sua
commedia
tosse
sottoposta
al
giudizio
più
appropriato
per
un
lavoro
drammatico
,
il
giudizio
del
pubblico
e
dei
critici
sulla
rappresentazione
a
teatro
.
Anche
per
questo
motivo
,
quanti
seguono
gli
scrittori
contemporanei
nel
loro
difficile
cammino
,
si
debbono
sinceramente
dolere
dell
'
ostacolo
che
si
è
voluto
frapporre
a
Brancati
,
proprio
quando
lui
tentato
di
approfondire
le
dimensioni
del
suo
mondo
artistico
e
di
darci
qualcosa
di
più
che
un
semplice
divertimento
satirico
.
Che
cosa
temevano
i
signori
della
censura
?
Il
successo
del
lavoro
?
Era
questo
che
hanno
voluto
impedire
?
O
forse
nella
Governante
c
'
era
qualcosa
che
non
si
svolgeva
entro
i
limiti
della
morale
tradizionale
e
provinciale
,
e
avrebbe
fatto
scandalo
?
Brancati
ha
osato
mettere
in
caricatura
lo
scadente
cattolicesimo
di
una
famiglia
borghese
italiana
,
ridotta
all
'
ipocrita
e
banale
principio
che
per
coprire
una
sensualità
da
pomicioni
«
un
po
'
di
religione
ci
vuole
»
.
Al
confronto
,
una
calvinista
che
si
uccide
è
una
concezione
troppo
seria
,
troppo
elevata
.
Si
contenti
della
censura
l
'
autore
:
qui
ci
sarebbe
stato
già
materia
(
diciamolo
col
Belli
)
«
per
fotterlo
addirittura
a
Sant
'
Uffizio
»
.
Brancati
fa
intravvedere
nei
rapporti
tra
i
padroni
e
la
servitù
quanto
feudalesimo
sopravviva
ancor
oggi
nella
vita
italiana
.
E
per
colmo
osa
far
comparire
sulla
scena
il
portiere
di
un
barone
siciliano
manutengolo
di
briganti
.
Anzi
ci
fa
sapere
che
questo
povero
diavolo
va
in
galera
al
posto
del
nobiluomo
.
A
sentirlo
parlare
,
per
lui
la
volontà
di
Dio
coincide
con
la
sua
miseria
e
con
tutti
i
suoi
guai
:
così
l
'
ha
ridotto
quella
morale
di
classe
che
si
ammanta
col
nome
di
morale
cattolica
.
E
son
cose
da
dire
queste
,
e
a
teatro
,
ai
tempi
di
Giuliano
,
di
Pisciotta
,
di
Scelba
,
di
padre
Lombardi
?
Brancati
infine
si
è
divertito
a
ritrarre
dal
vero
(
divertimento
riuscitissimo
)
un
celebre
scrittore
contemporaneo
e
ne
ha
fatto
,
col
prestanome
di
Alessandro
Bonivaglia
,
un
frequentatore
del
salotto
Platania
,
in
maldestra
ricerca
di
avventure
o
,
mancando
queste
,
di
tranches
de
vie
per
i
suoi
racconti
.
Ora
questo
scrittore
sparge
ben
dati
e
ben
meritati
insulti
alla
borghesia
.
Ve
l
'
immaginate
a
teatro
un
personaggio
simile
che
tratti
la
maggioranza
dei
suoi
spettatori
con
un
linguaggio
diretto
,
senza
perifrasi
e
senza
allusioni
,
talché
don
Leopoldo
,
alla
fine
,
ammirato
e
persuaso
,
gli
dice
:
«
Le
sue
parole
sono
sante
.
Tutte
verità
...
fa
bene
a
buttarci
addosso
fango
.
Che
cosa
ci
vuole
buttare
,
fiori
?
Ci
deve
coprire
di
fango
,
sino
ai
capelli
.
Perché
siamo
porci
...
»
?
Rappresentare
questa
roba
,
via
,
siamo
giusti
:
sarebbe
stato
un
'
enormità
.
Non
potevano
rendersene
complici
i
prudentissimi
censori
.
E
figuratevi
con
quanta
gioia
si
saranno
accorti
di
avere
in
qualche
modo
precorso
l
'
Indice
,
che
si
è
occupato
recentemente
delle
opere
di
Alessandro
Bonivaglia
e
le
ha
additate
al
braccio
secolare
.
«
Che
naso
(
avranno
detto
fra
sé
)
che
naso
abbiamo
avuto
!
»
E
se
lo
saranno
accarezzato
con
voluttà
,
pregustando
una
bella
carriera
e
un
potere
sempre
meglio
adeguato
a
tanto
fiuto
.
Censori
siffatti
si
possono
chiamare
zelanti
,
lungimiranti
ma
non
certo
così
sciocchi
come
li
giudica
Brancati
nel
suo
pamphlet
.
In
questo
(
e
in
altre
cose
ancora
,
che
dirò
subito
)
non
sono
d
'
accordo
con
lui
.
Ho
avuto
la
fortuna
di
leggere
le
sue
pagine
nella
prima
stesura
,
quando
erano
destinate
a
fare
da
breve
appendice
della
commedia
:
scritte
di
getto
,
brillanti
,
epigrammatiche
,
sembravano
una
serie
dei
più
mordaci
e
inventivi
disegni
di
Maccari
.
Restano
le
pagine
migliori
anche
in
questa
seconda
redazione
più
ampia
,
dove
il
Brancati
ha
voluto
impegnarsi
a
fondo
,
conscio
di
dover
fare
qualcosa
per
una
questione
che
va
al
di
là
del
fatto
personale
,
di
dover
prendere
posizione
contro
il
soffocamento
della
nostra
vita
culturale
.
Ma
celerei
il
mio
pensiero
se
dicessi
che
l
'
impressione
suscitata
da
quella
prima
lettura
si
sia
cancellata
leggendo
ora
il
libro
.
E
l
'
impressione
è
che
esso
sia
stato
scritto
con
lo
stesso
animo
col
quale
Adriano
Tilgher
nei
primi
anni
del
fascismo
lanciò
il
suo
famoso
pamphlet
contro
Gentile
:
uno
sfogo
geniale
,
una
protesta
vibrata
,
ma
con
la
sottintesa
rassegnazione
che
oramai
ben
poco
ci
sia
da
fare
contro
una
reazione
destinata
a
prevalere
.
La
prosa
di
Brancati
,
così
caustica
quando
satireggia
l
'
odio
di
Andreotti
per
la
cultura
e
copre
di
ridicolo
i
suoi
funzionari
,
clerico
-
fascisti
di
ieri
e
di
oggi
,
suona
invece
retorica
in
quelle
parti
nelle
quali
dovrebbe
invece
concludere
a
una
persuasione
energica
del
lettore
.
Brancati
si
rivolge
ai
professori
delle
università
italiane
,
perché
intervengano
contro
la
censura
.
Posso
mai
credere
che
egli
ignori
quanti
di
questi
sono
clericali
e
fascisti
,
e
dunque
i
meno
adatti
a
raccogliere
l
'
appello
,
i
più
adatti
a
perpetuare
nei
giovani
l
'
indifferenza
per
la
libertà
e
praticamente
l
'
odio
per
la
cultura
?
Si
tratta
dunque
di
un
appello
fittizio
,
scritto
con
la
certezza
che
non
sarà
raccolto
.
Avrei
piuttosto
capito
che
il
Brancati
si
fosse
rivolto
agli
uomini
politici
e
agli
uomini
di
cultura
più
vicini
alla
sua
posizione
.
Ma
o
egli
non
li
onora
nemmeno
della
fiducia
di
un
appello
retorico
,
oppure
ha
compreso
che
rivolgendosi
a
loro
non
avrebbe
potuto
non
criticarli
e
svelarne
l
'
evidente
contraddizione
tra
quel
che
dicono
di
essere
e
quel
che
fanno
:
religiosi
della
libertà
a
parole
,
aspiranti
di
fatto
a
sostituire
al
governo
le
destre
fasciste
e
clericali
,
per
coonestare
e
consolidare
il
regime
del
«
galantuomo
»
De
Gasperi
,
ivi
compresa
la
censura
brescianesca
del
suo
Andreotti
.
Avrei
capito
un
appello
alle
sinistre
,
a
coloro
che
per
i
primi
hanno
lanciato
l
'
allarme
per
la
minaccia
dell
'
oscurantismo
in
Italia
.
Non
sia
mai
!
(
ha
l
'
aria
di
rispondere
Brancati
)
e
si
fa
il
segno
della
croce
.
Come
tanti
altri
intellettuali
italiani
Brancati
è
in
una
posizione
di
aperta
sfiducia
e
perfino
di
disprezzo
per
l
'
Italia
«
possidente
»
(
come
egli
preferisce
dire
in
luogo
di
«
borghese
»
)
.
In
questo
pamphlet
si
esprime
in
termini
di
vera
e
propria
condanna
contro
questa
Italia
(
che
non
si
sa
fino
a
che
punto
poi
sia
esatto
chiamare
ancora
«
Italia
»
)
.
Ma
non
gli
passa
neppure
per
il
capo
che
la
lotta
di
un
intellettuale
per
le
sue
libertà
oggi
è
indivisibile
dalla
lotta
dei
lavoratori
italiani
per
le
loro
libertà
,
e
che
nella
misura
in
cui
queste
lotte
sono
condotte
unitariamente
è
possibile
una
democrazia
in
Italia
.
Brancati
invece
ci
tiene
a
mettere
i
punti
sugli
i
per
far
capire
che
se
lui
è
antiborghese
e
anticlericale
di
circostanza
,
perché
la
reazione
lo
tira
per
i
capelli
,
è
innanzi
tutto
anticomunista
per
principio
.
In
fondo
,
se
la
nostra
borghesia
fosse
meno
ignorante
,
se
il
cattolicesimo
italiano
fosse
meno
arretrato
e
provinciale
...
Io
(
dice
a
un
certo
punto
e
ad
ogni
buon
fine
Brancati
)
non
ho
esitato
nel
1942
a
inginocchiarmi
davanti
a
Pio
XII
,
che
dava
del
lei
con
raro
coraggio
civile
e
faceva
dei
formidabili
discorsi
antifascisti
.
Ora
,
a
Brancati
che
cita
con
tanto
entusiasmo
il
De
Sanctis
e
vorrebbe
che
il
suo
maggio
su
padre
Bresciani
fosse
letto
in
tutte
le
scuole
(
ma
quali
scuole
:
quelle
presenti
o
quelle
che
ci
promette
la
riforma
Gonella
?
)
io
vorrei
ricordare
un
'
altra
pagina
del
Do
Sanctis
,
quella
che
conclude
le
lezioni
sulla
scuola
cattolico
-
liberale
,
dove
si
dimostra
in
che
cosa
e
perché
siano
falliti
i
liberali
in
Italia
e
si
parla
di
«
uomini
con
evidenza
scettici
che
si
picchiano
il
petto
»
,
e
si
ricorda
«
l
'
antica
piaga
italiana
che
ci
ha
impresso
in
fronte
il
marchio
dell
'
ipocrisia
,
la
quale
si
riapre
e
inciprignisce
»
.
Non
s
'
illuda
il
Brancati
con
le
sue
distinzioni
teoriche
e
le
sue
cautele
pratiche
.
Oltre
Tevere
(
per
un
'
esperienza
che
da
va
da
Vittorio
Alfieri
oramai
ai
giorni
nostri
)
sanno
benissimo
qual
conto
debbano
fare
degli
astratti
atteggiamenti
libertari
di
tanti
Intellettuali
italiani
.
Oltre
Tevere
aspettano
.
C
'
è
sempre
un
monsignore
pronto
a
mettere
nelle
dovute
forme
il
discorso
di
un
Antonio
Baldini
che
si
rechi
a
umiliare
un
po
'
di
cultura
ai
piedi
di
Sua
Santità
.
Dicono
che
Brancati
ambisca
d
'
essere
il
Gogol
della
Sicilia
:
non
vorrei
che
il
punto
di
contatto
si
restringesse
solo
alle
involuzioni
reazionarie
di
quel
grande
.
Come
ho
detto
,
nella
Governante
egli
m
'
è
apparso
coraggioso
più
che
in
altri
suoi
scritti
,
aut
i
limiti
artistici
di
don
Leopoldo
eccedono
di
poco
i
limiti
del
pamphlet
,
i
limiti
dell
'
autore
in
quanto
uomo
di
cultura
.
Tuttavia
se
il
personaggio
della
commedia
è
grottesco
e
muove
al
riso
,
l
'
autore
del
pamphlet
si
dibatte
tra
contraddizioni
che
sono
molto
meno
semplici
e
che
intanto
non
sono
individuali
e
anche
per
questo
riescono
altamente
significative
e
drammatiche
.
Non
si
tratta
solo
di
Brancati
e
della
sua
commedia
,
si
tratta
di
Alvaro
e
di
De
Filippo
,
di
Levi
e
di
Moravia
,
di
Rossellini
e
di
Zavattini
:
si
tratta
di
una
crisi
profonda
della
cultura
contemporanea
che
in
Italia
assume
aspetti
di
eccezionale
gravità
.
Ma
credono
questi
uomini
di
poter
salvare
la
libertà
dell
'
intellettuale
al
di
sopra
delle
lotte
internazionali
,
delle
lotte
fra
classe
e
classe
,
fra
partiti
e
partiti
,
fra
opposti
schieramenti
politici
e
ideali
?
S
'
illudono
di
poterlo
fare
alternando
la
tattica
di
don
Chisciotte
a
quella
di
don
Abbondio
,
i
ragionamenti
di
Sancio
Pancia
a
quelli
di
don
Ferrante
?
Se
è
vero
che
credono
nella
forza
dell
'
intelligenza
e
della
cultura
,
perché
poi
hanno
così
scarsa
fiducia
di
se
stessi
e
non
prendono
iniziative
serie
per
affrontare
in
Italia
,
in
concreto
,
i
problemi
della
libertà
della
cultura
,
ponendo
magari
delle
condizioni
per
un
'
intesa
chiara
e
dignitosa
con
quelle
forze
che
sole
possono
ostacolare
il
trionfo
di
una
tirannia
alla
Franco
o
alla
Salazar
?
Dice
il
Brancati
che
la
lotta
per
la
libertà
e
la
espressione
del
pensiero
è
una
lotta
ben
distinta
da
quella
che
combattono
le
classi
lavoratrici
.
Ammettiamolo
pure
.
Ma
avete
così
poca
fiducia
nelle
vostre
idee
,
nella
capacità
di
lotta
e
nel
vostro
stesso
prestigio
di
intellettuali
se
pensate
di
non
poter
in
nessun
modo
influire
sulla
direzione
c
il
rinnovamento
culturale
dell
'
Italia
,
dico
di
quella
presente
e
di
quella
avvenire
?
Ma
ci
credete
ancora
all
'
Italia
oppure
preferite
parlare
dell
'
Europa
e
del
mondo
,
perché
non
avete
il
coraggio
di
confessare
che
lo
sfacelo
dell
'
Italia
«
possidente
»
significa
per
voi
senz
'
altro
lo
sfacelo
dell
'
Italia
?
Da
questo
stato
d
'
animo
possono
nascere
articoli
,
pamphlets
,
proteste
,
libri
,
ed
è
bene
che
ci
siano
e
che
si
moltiplichino
.
Ma
occorre
uscire
una
buona
volta
da
un
atteggiamento
arrendevole
e
crepuscolare
,
per
cui
in
segreto
si
desidera
che
il
fascismo
o
il
clericalismo
,
in
una
parola
la
vecchia
decadenza
italiana
prosperi
e
si
consolidi
,
per
poterci
declamare
su
le
nostre
brave
orazioni
libertarie
.
La
resistenza
al
clerico
-
fascismo
anche
nel
campo
della
cultura
comincia
ora
,
perché
ora
comincia
il
clerico
-
fascismo
più
pericoloso
,
quello
che
ci
promettono
,
in
nome
della
democrazia
e
della
libertà
,
i
poveri
parenti
di
De
Gasperi
e
di
Scelba
e
di
Andreotti
.
Ecco
perché
anche
a
un
saggio
come
questo
di
Brancati
si
deve
augurare
la
più
ampia
risonanza
.
Esso
è
tra
i
più
interessanti
della
collana
«
Libri
del
tempo
»
coraggiosamente
intrapresa
dell
'
editore
Laterza
.
E
come
dopo
la
Liberazione
si
dové
notare
con
rammarico
che
qualche
lavoro
del
tutto
sprovvisto
di
serietà
minacciava
di
interrompere
la
tradizione
culturale
di
questa
casa
editrice
,
così
oggi
è
da
rallegrarsi
che
questa
tradizione
segni
una
fortunata
ripresa
.
StampaPeriodica ,
Regione
del
Tonale
,
16
agosto
1915
.
Siamo
in
alta
montagna
a
2300
metri
,
in
una
delle
zone
di
guerra
più
aspre
.
Il
paesaggio
è
magnifico
e
terribile
.
Una
moltitudine
solenne
di
picchi
,
di
rocce
,
dì
montagne
fasciate
di
nebbia
che
sfumano
nel
cielo
,
che
confondono
il
candore
delle
,
loro
nevi
nel
grigiore
lattiginoso
delle
nubi
.
Siamo
alla
metà
di
agosto
:
a
Brescia
di
dove
siamo
partiti
stanotte
si
bruciava
,
qui
si
gela
.
La
visita
dei
giornalisti
al
fronte
comincia
da
questa
zona
alpina
.
La
carovana
si
è
riunita
l
'
altro
giorno
a
Brescia
.
Il
sottocapo
di
Stato
Maggiore
,
il
generale
Porro
,
è
venuto
a
portarci
il
saluto
dell
'
Esercito
:
è
stato
un
piccolo
discorso
,
e
un
grande
successo
.
Cosa
non
facile
a
ottenersi
quando
si
tratta
di
un
pubblico
di
giornalisti
,
gente
notevolmente
smaliziata
.
Siamo
in
una
cinquantina
;
trentasei
italiani
e
quattordici
fra
inglesi
e
francesi
.
Ci
sono
anche
due
svizzeri
:
uno
svizzero
tedesco
e
uno
svizzero
italiano
.
La
croce
bianca
della
neutralità
elvetica
li
avvolge
.
Ci
sono
anche
due
signore
:
una
del
Canadà
e
una
che
rappresenta
una
rivista
inglese
.
I
colleghi
bene
informati
assicurano
che
sono
due
giornaliste
.
Può
anche
darsi
.
Questa
escursione
di
giornalisti
è
guidata
da
un
colonnello
di
Stato
Maggiore
il
quale
è
assistito
da
un
gruppo
di
eccellenti
ufficiali
.
È
un
piccolo
quartiere
della
stampa
ben
organizzato
,
non
appesantito
da
molta
burocrazia
.
Le
visite
al
fronte
vengono
fatte
individualmente
,
senza
grida
di
ufficiali
.
Viene
fissata
per
ogni
due
giorni
una
nuova
zona
da
visitare
,
e
in
questa
zona
ci
moviamo
liberamente
,
ciascuno
nella
propria
automobile
.
Coloro
che
amano
la
compagnia
si
son
riuniti
in
gruppi
di
tre
o
quattro
,
si
dividono
il
posto
e
la
spesa
dell
'
automobile
,
e
via
.
Cosi
siamo
partiti
questa
notte
da
Brescia
,
a
ore
diverse
.
E
pareva
che
per
le
strade
dell
'
alto
Bresciano
e
del
Bergamasco
rombasse
una
corsa
d
'
automobili
.
Fino
a
Edolo
,
su
per
il
lago
d
'
Iseo
e
la
vallata
dell
'
Oglio
,
strade
quasi
deserte
.
Poi
,
gran
fragore
di
pesanti
vetture
automobili
,
di
carri
,
un
lento
sfilare
di
colonne
di
munizioni
e
di
rifornimenti
,
reparti
di
truppa
in
movimento
.
Eravamo
entrati
nei
corridoi
della
guerra
.
Ora
qua
su
a
2300
metri
,
siamo
sulla
linea
estrema
.
Un
largo
spiazzo
,
qualche
ingegnoso
baraccamento
per
i
soldati
,
un
paio
di
capanne
per
gli
ufficiali
,
appostamenti
di
artiglierie
,
ciglioni
di
trincee
.
Sono
salito
fin
qua
su
in
automobile
,
e
due
mesi
addietro
non
ci
si
poteva
venire
che
stentatamente
a
piedi
.
I
nostri
soldati
hanno
trasformato
la
disagevole
mulattiera
in
una
magnifica
strada
alpina
larga
e
comoda
che
scala
la
montagna
.
In
così
breve
tempo
è
stato
compiuto
il
lavoro
colossale
,
e
si
tratta
di
una
cinquantina
di
chilometri
in
salita
.
Un
prodigio
!
Trovo
quassù
un
piccolo
reparto
e
un
gruppo
dì
ufficiali
gentilissimi
.
Ufficiali
e
soldati
si
trattano
fraternamente
,
con
una
cordialità
deliziosa
che
non
guasta
affatto
la
disciplina
,
ma
la
ammorbidisce
,
la
rende
spontanea
.
Sentono
che
ubbidiscono
tutti
a
una
autorità
altissima
e
cara
:
la
Patria
.
In
questa
zona
alpina
del
Tonale
e
dello
Stelvio
come
più
avanti
in
tutto
il
fronte
meridionale
e
orientale
del
Trentino
,
fino
al
Cadore
e
fino
in
Carnia
la
guerra
non
può
muoversi
in
grandi
azioni
.
E
guerra
lenta
di
agguati
e
di
sorprese
:
guerra
di
eroismi
pazienti
e
ignoti
,
fra
la
maestà
formidabile
delle
montagne
,
nel
freddo
,
sulla
neve
.
Prima
di
vincere
il
nemico
bisogna
vincere
la
montagna
.
Di
quando
in
quando
il
silenzio
è
lacerato
da
rombi
cupi
che
le
valli
profonde
si
rimandano
sbigottite
.
Sono
le
artiglierie
che
si
cercano
e
che
si
battono
.
Le
montagne
si
destano
.
Sibili
vertiginosi
flagellano
l
'
aria
,
poi
giunge
un
rintronar
lontano
di
colpi
;
le
esplosioni
.
Qualche
volta
la
musica
continua
per
giornate
intere
,
qualche
volta
tace
dopo
i
primi
colpi
.
Si
passano
giorni
di
lavoro
indicibile
,
e
lunghe
ore
di
attesa
paziente
.
Il
tempo
qui
ha
un
solo
valore
:
quello
che
vogliono
dargli
gli
uomini
.
In
questa
zona
alpina
,
l
'
importanza
consiste
nello
strappare
al
nemico
le
posizioni
dominanti
che
fino
al
24
maggio
gli
davano
in
mano
le
chiavi
di
casa
nostra
.
Il
confine
austriaco
penetrava
in
terra
nostra
come
una
lama
.
Ora
la
situazione
è
assai
cambiata
.
Con
l
'
immediato
balzo
in
avanti
,
venne
sensibilmente
modificata
la
linea
di
confine
,
fino
dall
'
inizio
della
guerra
.
Diceva
il
primo
bollettino
del
Comando
Supremo
:
«
Le
nostre
truppe
,
prendendo
ovunque
l
'
offensiva
,
occuparono
i
seguenti
punti
:
Forcellina
di
Montozzo
,
Tonale
,
Ponte
Caffaro
in
Val
Giudicaria
,
terreno
a
nord
di
Ferrara
di
Monte
Baldo
,
Monte
Corno
,
Malga
di
Foppiano
sul
versante
nord
dei
Monti
Lèssini
,
Monte
Pasubio
,
Monte
Baffelan
alla
testata
delle
valli
d
'
Agno
e
di
Leògra
e
altri
paesi
della
Valle
del
Brenta
»
.
Ora
si
continua
,
per
allargare
il
confine
.
E
le
chiavi
di
casa
nostra
sono
in
mano
nostra
.
Sopra
il
Passo
del
Tonale
,
17
agosto
.
Un
'
alba
gelida
.
Si
vede
Edolo
giù
nella
Val
Camonica
striata
dalla
linea
scintillante
dell
'
Oglio
.
Intorno
,
un
tempestoso
panorama
di
cime
nevate
.
L
'
Adamello
è
quasi
completamente
mascherato
dalla
candida
parete
maestosa
del
Baitone
.
Il
Tonale
a
2694
metri
è
occupato
dai
nostri
.
Più
giù
,
al
passo
del
Tonale
che
si
in
sella
fra
i
due
monti
,
un
nastro
di
strada
segna
il
vecchio
confine
:
è
la
grande
strada
che
da
Edolo
per
Ponte
di
Legno
conduce
a
Bolzano
.
Oltre
il
passo
,
sul
crestone
di
un
monte
nero
d
'
ombre
,
gli
austriaci
hanno
stabilito
un
loro
posto
di
osservazione
:
l
'
osservatorio
di
Monticello
,
a
2800
metri
.
Il
capitano
me
ne
sta
indicando
la
posizione
esatta
:
una
nuvoletta
bianca
si
sfiocca
proprio
in
questo
momento
sul
crestone
,
poi
un
'
altra
,
poi
altre
ancora
.
Le
nostre
batterie
lo
stanno
battendo
a
shrapnels
.
Ma
son
duri
a
pigliarsi
mi
dice
l
'
ufficiale
.
Certamente
dall
'
osservatorio
gli
austriaci
vedono
la
vampa
,
e
si
riparano
in
tempo
.
Bisogna
demolire
l
'
osservatorio
.
Vuol
dire
che
lo
demoliremo
,
o
lo
prenderemo
d
'
assalto
!
Gli
austriaci
han
tirato
qualche
volta
in
direzione
di
Ponte
di
Legno
,
ma
il
paese
era
stato
sgomberato
.
Un
giorno
,
in
luglio
,
le
nostre
pattuglie
in
ricognizione
avevano
scovato
in
fondo
alla
Val
Camonica
due
austriaci
:
interrogati
,
annunziarono
per
il
giorno
dopo
il
bombardamento
di
Ponte
di
Legno
.
Infatti
il
giorno
dopo
le
granate
vennero
,
ma
il
paese
era
deserto
.
E
adesso
le
batterie
austriache
sono
state
sloggiate
.
Un
fragor
di
colpi
fondi
arriva
dal
Baitone
.
Cannonate
?
No
.
Son
mine
.
Il
Baitone
è
in
nostra
mano
,
e
i
nostri
soldati
gli
stanno
cambiando
fisionomia
.
Però
dalla
spalla
d
'
un
monte
partono
rombi
terribili
.
Sono
le
nostre
artiglierie
grossissime
che
tempestano
sul
forte
dl
Saccarana
,
a
oriente
del
passo
.
La
voce
di
queste
artiglierie
è
tremenda
,
e
pare
che
più
tremendo
ne
sia
l
'
effetto
,
perché
il
forte
austriaco
abbaiava
ferocemente
fino
a
qualche
giorno
addietro
,
contro
di
noi
:
ora
tace
.
Ogni
giorno
è
così
mi
dice
un
ufficiale
d
'
artiglieria
Dobbiamo
fare
un
lavoro
di
trapanazione
.
Lavoro
lungo
e
paziente
.
Ma
ogni
giorno
è
un
passo
avanti
.
Piccolo
,
ma
continuo
.
Andare
in
fretta
,
qui
,
non
si
può
.
Ma
arriveremo
.
Gli
austriaci
son
duri
,
la
montagna
è
dura
,
ma
noi
siamo
più
elastici
...
Regione
dello
Stelvio
,
18
agosto
.
Nevica
.
Una
tormenta
di
neve
flagella
l
'
aria
,
Per
la
stradina
mulattiera
che
si
stacca
dalla
strada
cantoniera
dello
Stelvio
e
che
sale
ripida
sui
fianchi
della
montagna
,
incontro
qualche
pattuglia
di
alpini
che
vanno
in
ricognizione
,
qualche
colonna
di
muli
che
va
a
rifornire
i
distaccamenti
:
ombre
che
si
muovono
nel
frusciar
grigio
del
nevischio
.
I
due
alpini
che
mi
fanno
guida
mostrano
di
non
occuparsi
affatto
della
neve
.
E
una
vecchia
amica
,
che
non
riposa
neppure
in
estate
.
Lungo
il
sentiero
troviamo
dei
gruppi
di
alpini
che
lavorano
tranquillamente
sotto
il
nevischio
a
costruire
reticolati
.
Siamo
certi
che
non
li
adopereremo
mai
mi
dice
un
ufficiale
ma
bisogna
farli
.
Tutti
gli
osservatoti
e
le
posizioni
di
artiglieria
devono
essere
difesi
.
Qui
ci
sono
delle
artiglierie
?
E
guardo
intorno
sorpreso
,
cercando
.
Niente
.
Roccia
e
neve
.
Non
una
sporgenza
,
non
una
feritoia
;
il
terreno
appare
uniforme
e
intatto
.
L
'
ufficiale
mi
guida
per
un
breve
sentiero
che
gira
una
roccia
e
mi
indica
in
silenzio
l
'
entrata
di
una
galleria
.
È
una
porta
aperta
nel
buio
.
Entro
.
Ed
ecco
in
fondo
a
questo
corridoio
scavato
nella
montagna
filtrare
della
luce
.
È
il
finestrino
,
introvabile
dall
'
esterno
,
che
guarda
le
posizioni
nemiche
nelle
montagne
di
fronte
.
Fa
l
'
effetto
di
guardare
per
il
cerchio
della
lente
in
uno
di
quei
baracconi
da
fiera
i
«
panorami
»
ingranditi
.
Sì
vede
splendidamente
,
e
non
si
è
visti
affatto
.
Le
batterie
sono
rintanate
in
altre
gallerie
ugualmente
profonde
,
scavate
nella
roccia
:
il
foro
della
cannoniera
lascia
appena
lo
spazio
alla
bocca
da
fuoco
di
prendere
i
movimenti
di
mira
.
Dentro
gli
artiglieri
sono
più
sicuri
che
in
una
fortezza
.
La
roccia
di
cinque
sei
metri
che
sovrasta
alla
galleria
è
una
tal
cupola
corazzata
che
non
può
temere
violenza
di
proiettili
.
Questi
lavori
sono
anche
più
sorprendenti
più
in
alto
,
a
tremila
metri
,
dove
la
posizione
permette
di
dominare
il
passo
dello
Stelvio
e
le
montagne
ancora
austriache
che
gli
stanno
di
fronte
.
Dietro
alla
roccia
che
serve
da
muraglia
è
tutto
un
sistema
di
gallerie
,
di
passaggi
coperti
,
di
fosse
di
comunicazione
.
Dall
'
osservatorio
si
distinguono
al
canocchiale
i
trinceramenti
degli
austriaci
,
si
vede
al
passo
dello
Stelvio
l
'
albergo
Ferdinandshöhe
mezzo
rovinato
dai
nostri
tiri
-
l
'
albergo
è
effettivamente
una
caserma
austriaca
-
e
si
vedono
i
posti
avanzati
degli
alpini
aggrappati
alla
montagna
alla
quale
stanno
dando
lentamente
l
'
assalto
.
Gli
austriaci
stanno
in
alto
;
gli
alpini
si
arrampicano
sui
fianchi
.
Dalle
alture
,
gli
austriaci
sparano
fucilate
,
rotolano
massi
,
tentano
discese
notturne
.
Niente
!
Gli
alpini
salgono
,
fanno
balzi
da
un
macigno
all
'
altro
,
vi
si
riparano
dietro
,
vi
si
trincerano
,
resistono
,
contrattaccano
,
continuano
a
salire
:
ostinati
meravigliosi
,
invincibili
.
Quando
la
molestia
nemica
si
fa
più
aspra
,
intervengono
da
queste
altre
montagne
le
nostre
artiglierie
.
Il
capitano
che
comanda
la
batteria
viene
all
osservatorio
,
scruta
la
montagna
di
fronte
dalla
quale
partono
le
fucilate
contro
i
nostri
soldati
più
sotto
,
e
ordina
il
fuoco
.
La
montagna
rugge
.
Nuvolette
bianche
sbocciano
in
fila
sopra
i
trinceroni
nemici
,
con
la
regolarità
con
cui
si
accendono
le
candele
sugli
altari
.
La
fucileria
austriaca
cessa
:
gli
austriaci
che
vi
stanno
trincerati
hanno
dovuto
pensare
a
ripararsi
.
E
gli
alpini
,
più
sotto
,
lasciati
tranquilli
,
ricominciano
a
lavorare
,
ricominciano
a
salire
.
Le
montagne
si
conquistano
così
,
fino
all
impeto
finale
dell
'
assalto
alla
baionetta
E
questa
è
la
vita
d
'
ogni
giorno
e
d
'
ogni
notte
delle
nostre
truppe
alpine
.
Condino
nel
Trentino
,
20
agosto
La
mattina
del
24
maggio
,
appena
dichiarata
la
guerra
,
le
nostre
truppe
si
precipitarono
innanzi
subito
,
su
tutto
il
fronte
.
Qui
nella
Va
]
Giudicaria
il
confine
era
a
Ponte
Caffaro
.
Dinanzi
alla
irruzione
dei
bersaglieri
e
della
cavalleria
il
piccolo
presidio
austriaco
fuggì
,
e
nella
fuga
cercò
di
allarmare
gli
abitanti
della
vallata
.
-
-
Arrivano
gli
Italiani
:
Salvatevi
!
Arrivano
gli
Italiani
?
Tanto
meglio
-
E
gli
abitanti
rimasero
,
quei
pochi
abitanti
che
l
'
Austria
vi
aveva
lasciati
,
dopo
aver
reclutati
o
internati
quanti
poteva
.
Una
famiglia
fuggì
in
quella
notte
:
la
famiglia
dei
conti
Ladrone
,
fedelissima
agli
Absburgo
.
Fuggì
in
gran
furia
dal
Castello
di
Lodrone
,
abbandonando
ogni
cosa
:
argenteria
,
valori
,
quadri
,
abiti
,
biancheria
,
tutto
.
In
cucina
i
nostri
soldati
trovarono
i
preparativi
per
la
colazione
.
I
letti
disfatti
erano
ancora
tepidi
.
Ora
Lodrone
è
italiana
,
e
il
battesimo
è
stato
consacrato
sul
muro
della
prima
casa
con
una
grande
scritta
:
Regno
d
'
Italia
Comune
di
Lodrone
.
Comincia
da
qui
la
vera
invasione
del
Trentino
,
l
'
avanzata
su
Trento
che
si
sviluppa
poi
da
tutte
le
altre
vie
:
da
Ala
verso
Rovereto
,
dalla
Vallarsa
verso
Rovereto
,
dalla
Valsugana
per
Borgo
e
per
la
valle
del
Brenta
,
dal
Cadore
e
dall
'
Ampezzano
per
la
strada
delle
Dolomiti
.
L
'
avanzata
in
Val
Giudicaria
non
ha
incontrato
troppa
resistenza
:
piccoli
scontri
,
ostacoli
di
ponti
e
di
strade
fatti
saltare
e
prontamente
riparati
,
tentativi
di
artiglierie
nemiche
sollecitamente
smontati
.
Ora
il
vecchio
confine
non
segna
più
che
un
ricordo
,
e
le
indicazioni
stradali
hanno
conservato
le
stesse
scritte
di
prima
,
ma
i
pali
han
mutato
colori
e
sono
guardati
da
sentinelle
italiane
.
Lodrone
coi
suoi
due
vecchi
castelli
,
uno
dei
quali
fu
bruciato
nel
1848
dai
volontari
italiani
,
Darzo
,
Cà
Rossa
,
Storo
che
nel
'66
accolse
il
quartier
generale
di
Garibaldi
,
la
Val
d
'
Ampola
per
la
quale
si
arriva
a
Bezzecca
,
Condino
,
capoluogo
della
Giudicaria
,
sono
tutti
italiani
.
E
pure
trovandosi
in
mezzo
alla
guerra
vivono
la
loro
vita
tranquilla
,
sotto
la
protezione
dei
nostri
soldati
.
Solo
da
Condino
in
avanti
fu
necessario
lo
sgombero
degli
abitanti
perché
il
terreno
è
ancora
battuto
dalle
due
artiglierie
,
e
quella
austriaca
ha
la
malvagia
abitudine
di
inferocire
contro
i
,
villaggi
e
le
città
che
fu
costretta
ad
abbandonare
.
Inferocisce
probabilmente
perché
capisce
che
l
'
Austria
non
li
potrà
più
riprendere
.
Ala
,
23
agosto
.
Fra
le
cittadine
conquistate
nel
basso
Trentino
,
Ala
è
la
sola
dove
l
'
avanzata
italiana
fu
combattuta
proprio
in
città
.
La
piazzetta
del
Mosè
porta
ancora
sui
muri
i
morsi
delle
mille
pallottole
di
fucile
che
da
oltre
torrente
gli
austriaci
trincerati
alla
Villa
Brazil
spararono
contro
il
primo
reparto
delle
nostre
truppe
.
E
non
si
chiama
più
la
piazzetta
del
Mosè
,
da
allora
:
ha
preso
il
nome
del
generale
che
guidava
i
nostri
soldati
,
il
generale
portentoso
che
una
fucilata
doveva
poi
uccidere
due
mesi
più
tardi
fra
le
Dolomiti
:
Antonio
Cantore
.
Ala
s
'
è
fatta
italiana
il
27
maggio
.
E
il
primo
a
entrarvi
solo
in
automobile
col
suo
capo
di
Stato
Maggiore
,
fu
appunto
il
generale
Cantore
.
Gli
austriaci
avevano
fatto
saltare
la
linea
ferroviaria
sull
'
Adige
,
avevano
tentato
di
far
franare
la
strada
,
avevano
distrutto
un
molino
,
e
devastata
la
stazione
.
I
soldati
nostri
entrarono
dalla
piazza
dei
Cappuccini
.
La
strada
era
sbarrata
da
una
barricata
di
travi
e
di
alberi
abbattuti
.
Un
capitano
obbligò
i
primi
cittadini
incontrati
a
levarla
:
Ala
italiana
non
doveva
soffrire
l
'
umiliazione
di
aver
lasciato
sbarrare
la
strada
ai
fratelli
che
venivano
a
liberarla
.
Arrivati
all
'
altro
capo
della
cittadina
,
i
soldati
nostri
furono
accolti
dalla
raffica
di
fucilate
.
Gli
austriaci
ottimamente
riparati
dietro
alle
trincee
di
Villa
Brazil
li
aspettavano
lì
.
E
fu
allora
che
una
giovanetta
ardita
,
la
signorina
Maria
Abriani
,
si
offerse
di
guidare
gli
italiani
a
una
collina
dalla
quale
si
sarebbe
potuto
controbattere
il
nemico
,
e
li
precedette
intrepida
sotto
il
fuoco
furibondo
degli
austriaci
:
sorridente
ed
entusiasta
.
Delizioso
di
significazione
simbolica
questo
eroismo
della
fanciulla
che
guida
verso
la
vittoria
i
liberatori
della
sua
terra
.
Quella
sera
stessa
,
dopo
cinque
ore
di
fuoco
,
Ala
era
italiana
.
Poi
l
'
avanzata
procedette
,
lungo
la
Val
d
'
Adige
rudemente
tagliata
nella
roccia
:
Marani
,
Pilcante
,
Santa
Lucia
,
Santa
Margherita
,
Serravalle
,
Chizzola
...
Dalle
nostre
posizioni
avanzate
si
vede
biancheggiar
lontano
pochi
chilometri
,
allo
svolto
della
valle
,
dietro
allo
sperone
di
Zugna
Torta
,
la
prima
borgata
di
Rovereto
.
Dal
lago
di
Garda
fino
alla
Vallarsa
la
marcia
su
Rovereto
procede
concorde
:
dall
'
Altissimo
giù
per
i
monti
fino
alla
Val
d
'
Adige
,
e
poi
nel
gruppo
dei
Lèssini
è
tutta
una
fascia
che
si
allarga
per
stringere
la
bella
città
della
Valle
Lagarina
.
Rovereto
è
deserta
;
e
alla
notte
è
buia
come
Riva
,
la
cittadina
graziosa
annidata
all
estremo
limite
del
lago
di
Garda
,
e
che
appare
desolata
,
da
Malcèsine
.
La
fantastica
impresa
dei
sei
alpini
che
in
una
notte
di
bufera
si
calarono
in
territorio
nemico
a
distruggere
l
'
impianto
idroelettrico
del
Ponale
ha
tolto
la
luce
a
tutta
questa
zona
.
E
alla
notte
il
lago
magnifico
non
è
illuminato
a
sprazzi
che
dalle
lame
di
luce
dei
nostri
proiettori
.
Forte
austriaco
del
Pozzacchio
,
24
agosto
.
L
'
Austria
ha
gridato
al
tradimento
dell
'
Italia
.
Povera
buona
ingenua
Austria
!
Voleva
che
l
'
Italia
aspettasse
fino
al
momento
in
cui
l
'
Austria
terminati
tutti
i
suoi
preparativi
contro
di
noi
le
dicesse
:
«
Ora
che
sono
pronta
e
sicura
,
la
guerra
te
la
faccio
io
!
»
.
L
'
Italia
ha
avuto
il
gravissimo
torto
di
prevenirla
,
ed
ecco
che
nel
terreno
conquistato
troviamo
ad
ogni
passo
le
prove
della
guerra
che
la
buona
alleata
ci
preparava
.
Questo
forte
del
Pozzacchio
in
Vallarsa
,
conquistato
di
sorpresa
dai
nostri
il
mattino
del
3
giugno
,
è
un
'
opera
colossale
.
Non
è
costruito
:
è
scavato
nella
roccia
,
a
980
metri
d
'
altezza
.
Gli
austriaci
vi
lavoravano
attorno
ansiosamente
:
faceva
parte
del
vasto
sistema
di
opere
militari
che
doveva
rendere
sicura
quella
invasione
in
Italia
,
della
quale
si
parlava
e
si
scriveva
apertamente
in
Austria
.
Fra
due
anni
,
il
Pozzacchio
sarebbe
stato
un
forte
formidabile
.
Gli
austriaci
vi
hanno
profuso
milioni
.
La
montagna
è
stata
scavata
fino
a
profondità
incredibili
:
è
tutto
un
intrico
di
corridoi
sotterranei
,
di
sale
,
di
depositi
di
munizioni
,
di
piazzole
per
i
pezzi
:
gallerie
buie
in
fondo
alle
quali
occhieggia
qualche
feritoia
malamente
interrata
.
Il
cupolone
di
roccia
ha
una
base
di
due
chilometri
quadrati
.
Arrivandovi
di
sorpresa
,
i
nostri
soldati
vi
han
trovato
le
cupole
corazzate
in
acciaio
fuso
:
blocchi
enormi
di
uno
spessore
di
120
millimetri
,
ancora
montati
sui
carri
coi
quali
erano
stati
portati
fin
quassù
.
E
macchinari
non
irreparabilmente
infranti
dagli
austriaci
prima
di
fuggire
,
e
automobili
rovesciate
giù
nel
burrone
,
e
carrelli
,
e
perforatrici
.
Tutto
un
arsenale
.
Prima
di
fuggire
gli
austriaci
hanno
anche
dato
fuoco
alla
caserma
e
alla
palazzina
degli
ufficiali
,
ma
molte
cose
son
rimaste
.
Così
vediamo
che
per
il
presidio
v
'
erano
termosifoni
,
bagni
,
vasche
,
docce
,
un
impianto
elettrico
con
fili
di
fulminazione
applicati
alle
finestre
.
E
abbiamo
anche
trovato
una
bella
strada
di
quattro
chilometri
che
si
allaccia
alla
strada
di
Rovereto
.
Mancava
naturalmente
la
strada
dal
lato
italiano
:
e
gli
italiani
hanno
riparato
subito
alla
deficienza
.
L
'
Austria
stava
facendo
il
forte
di
Pozzacchio
per
l
'
Italia
,
ma
non
avrebbbe
certo
pensato
mai
di
farlo
per
l
'
Italia
in
questo
modo
!
Fiera
di
Primiero
,
settembre
Le
intenzioni
dell
'
Austria
verso
l
'
Italia
vogliono
altre
documentazioni
?
Ecco
qui
la
strada
militare
del
Broccon
che
attraversa
la
Val
Corteila
e
la
Val
Tolva
fino
alla
Val
del
Brenta
:
quarantaquattro
chilometri
di
magnifica
strada
sui
fianchi
delle
montagne
fra
i
mille
e
i
duemila
metri
d
'
altezza
,
da
Imer
presso
Fiera
di
Primiero
fino
a
Borgo
,
che
ho
fatto
stamattina
in
automobile
.
Strada
esclusivamente
militare
,
come
esclusivamente
militari
sono
i
forni
elettrici
di
Fiera
e
d
'
altri
paesi
della
zona
,
capaci
di
preparare
pane
per
interi
corpi
d
'
armata
.
Era
la
grande
campagna
contro
di
noi
che
si
organizzava
,
con
una
precisione
meticolosa
.
Guai
se
ci
fossimo
lasciati
cogliere
!
L
'
Austria
,
malgrado
le
impazienze
degli
ambienti
militari
e
dell
'
ucciso
arciduca
,
non
ci
aveva
ancora
attaccato
perché
non
era
ancora
perfettamente
pronta
.
Aspettava
.
Per
fortuna
nostra
,
l
'
Italia
non
le
ne
ha
lasciato
il
tempo
.
E
giù
dalla
vecchia
frontiera
sono
traboccati
i
soldati
italiani
,
e
hanno
invaso
questa
terra
che
si
mantenne
italiana
sempre
,
e
dove
si
parla
con
commovente
dolcezza
il
dialetto
di
Venezia
dapertutto
.
È
tutta
una
festa
d
'
armi
:
d
'
armi
italiane
.
Bersaglieri
,
alpini
,
fucilieri
,
artiglieri
,
cavalleggeri
,
carabinieri
:
sono
dapertutto
,
nei
paesi
in
fondo
alle
valli
e
sulle
cime
delle
montagne
,
dove
si
combatte
e
dove
si
prepara
l
'
altra
vittoria
che
seguirà
.
Nel
fuggire
,
gli
austriaci
hanno
incendiato
San
Martino
di
Castrozza
ch
'
era
deliziosa
di
alberghi
tra
il
verde
e
adesso
è
nera
di
rovine
bruciacchiate
,
volevano
incendiare
Fiera
di
Primiero
,
hanno
bombardato
Borgo
e
Pieve
di
Livinallongo
dopo
essere
stati
costretti
ad
abbandonarli
.
E
il
saluto
di
congedo
.
Altre
città
,
altri
paesi
dovranno
purtroppo
sopportarlo
.
Ma
bisogna
rassegnarsi
:
sarà
l
'
ultimo
saluto
degli
austriaci
.
StampaPeriodica ,
Fra
le
morti
di
persone
note
attraverso
la
loro
attività
,
uomini
pubblici
,
o
illustri
,
o
popolari
,
ce
ne
sono
che
commuovono
,
o
colpiscono
,
o
perfino
sbigottiscono
.
Ma
di
solito
toccano
la
mente
più
che
il
cuore
.
Si
pensa
:
"
Era
il
tale
...
Ha
fatto
questo
,
quest
'altro..."
La
morte
di
Mario
Riva
,
indipendentemente
da
tutto
,
è
un
sincero
dolore
per
tutti
.
Con
lui
,
prima
ancora
che
l
'
uomo
popolare
,
il
personaggio
caratteristico
del
video
,
o
quello
che
sia
,
abbiamo
perduto
una
persona
cara
.
Questa
morte
è
per
tutti
un
po
'
un
lutto
di
famiglia
.
E
poi
c
'
è
il
modo
crudele
e
stupido
di
essa
:
non
una
malattia
,
né
un
incidente
mentre
correva
a
duecento
all
'
ora
in
automobile
,
ma
una
banale
caduta
durante
il
suo
lavoro
.
Lavoro
che
solitamente
non
comporta
rischi
,
come
un
'
improvvisa
caduta
da
cinque
metri
d
'
altezza
.
Lavoro
in
un
certo
senso
pacifico
,
lieto
,
fra
musiche
e
canti
,
davanti
a
una
folla
immensa
,
festante
,
affettuosa
.
Lui
deve
fare
un
'
allegra
entrata
correndo
,
con
una
finta
fiaccola
olimpica
in
pugno
.
Ma
mette
il
piede
su
un
'
inavvertita
insidia
e
precipita
in
un
baratro
,
in
fondo
al
quale
l
'
aspetta
la
morte
.
Chi
poteva
immaginare
una
cosa
simile
?
In
una
serata
simile
?
E
per
un
uomo
come
lui
,
vivente
allegra
negazione
dei
drammi
,
delle
tragedie
?
Ecco
quello
che
fa
più
crudele
la
sua
morte
e
ci
riempie
di
dolore
e
di
pena
:
il
banale
incidente
,
che
si
poteva
benissimo
evitare
e
che
lo
uccide
quando
,
dopo
molti
anni
di
sfortunate
fatiche
,
aveva
appena
raggiunto
il
successo
,
che
per
lui
si
concretava
soprattutto
in
un
'
immensa
straordinaria
popolarità
e
nel
fatto
che
tutti
gli
volevano
bene
.
Anche
i
bambini
di
tre
,
quattro
anni
,
lo
conoscevano
,
lo
chiamavano
a
nome
per
la
strada
,
gli
sorridevano
affettuosi
,
come
a
un
caro
zio
bonario
e
divertente
.
Quando
,
il
sabato
,
il
suo
faccione
allegro
,
simpatico
,
s
'
affacciava
alla
finestrella
del
video
,
come
se
egli
si
protendesse
da
un
immaginario
balcone
per
darci
la
buonasera
,
era
un
amico
che
ci
entrava
in
casa
e
che
voleva
portare
a
tutti
un
'
ora
di
serenità
quasi
fanciullesca
.
La
trasmissione
che
gli
ha
dato
...
No
.
Sbaglio
.
Stavo
per
dire
:
che
gli
ha
dato
la
popolarità
.
Invece
,
una
volta
tanto
,
bisogna
invertire
i
termini
:
la
trasmissione
a
cui
egli
ha
dato
la
popolarità
.
Pare
impossibile
,
trattandosi
di
quella
formidabile
macchina
per
fabbricare
la
popolarità
che
è
la
TV
.
Ma
se
l
'
apparire
sul
video
ha
reso
popolare
il
sorriso
di
Mario
Riva
,
Mario
Riva
ha
reso
non
soltanto
accettabile
,
ma
addirittura
popolarissima
e
gradita
al
pubblico
la
trasmissione
che
presentava
e
che
,
senza
di
lui
,
sarebbe
stata
di
una
non
sopportabile
insipidezza
.
Non
aveva
pretese
trascendentali
.
Si
contentava
di
essere
quello
che
si
dice
un
bonaccione
,
un
simpaticone
,
non
voleva
far
male
a
nessuno
,
e
sono
certo
che
non
ha
mai
fatto
male
a
nessuno
.
Era
il
tipo
del
romano
"
tutto
core
"
,
"
col
core
grande
come
'
na
casa
"
,
il
romano
del
"
volemose
bene
"
.
Questo
tipo
sembra
un
luogo
comune
,
ma
a
Roma
esiste
realmente
,
se
pure
raro
,
e
Riva
era
uno
di
essi
.
Pieno
di
vita
esuberante
e
di
vivacità
.
Lo
si
vide
accanto
ad
altri
presentatori
e
con
sorpresa
ci
si
accorse
che
questi
,
anche
se
bravi
,
vicino
alla
sua
prepotente
vitalità
,
diventavano
labili
.
Da
lui
si
accettava
tutto
.
Sul
palcoscenico
del
Musichiere
montò
a
cavallo
,
inforcò
il
triciclo
,
ballava
il
charleston
,
faceva
le
piroette
,
era
il
primo
a
ridere
e
a
sorridere
delle
situazioni
ridicole
o
buffe
,
non
drammatizzava
mai
.
Rispettoso
di
tutti
,
cercava
di
far
figurare
tutti
il
meglio
possibile
,
ed
era
bravo
anche
in
questo
.
La
trasmissione
era
modesta
:
indovinare
il
titolo
di
canzonette
accennate
.
Che
di
più
puerile
e
,
anche
,
monotono
?
E
,
poi
,
complicato
da
un
cerimoniale
non
meno
puerile
:
le
sedie
,
la
corsa
,
le
scarpe
di
pezza
,
la
campana
,
il
pallottoliere
,
la
cassaforte
.
In
mano
di
chiunque
altro
,
tutto
questo
sarebbe
risultato
d
'
un
grottesco
fastidioso
.
Mario
Riva
,
invece
,
riusciva
a
farlo
accettare
.
Sorridendone
lui
per
primo
,
riusciva
,
una
sera
alla
settimana
,
a
far
tornare
tutti
un
po
'
bambini
.
In
quell
'
ora
e
mezzo
,
dalle
Alpi
alla
Sicilia
,
tutta
l
'
Italia
partecipava
sorridente
,
per
merito
suo
,
al
puerile
giuoco
di
società
.
Perché
c
'
era
lui
con
le
sue
battute
,
coi
suoi
ammiccamenti
divertiti
e
mai
irriguardosi
per
qualcuno
.
Il
Musichiere
era
lui
.
Scomparso
lui
,
non
potrà
più
vivere
una
trasmissione
di
quel
genere
.
Nessuno
emanerà
mai
il
calore
umano
,
la
simpatia
,
la
cordialità
che
emanava
lui
dal
video
,
facendo
perdonare
tutto
,
anzi
mettendo
un
po
'
di
sale
sulle
pietanze
più
scipite
.
E
non
è
a
dire
che
questo
andasse
a
scapito
,
diciamo
così
,
della
serietà
del
giuoco
.
Era
un
fermo
custode
delle
regole
,
per
quanto
puerili
.
Quante
volte
diceva
:
"
Be
'
,
tornate
alle
sedie
,
"
perché
una
partenza
era
stata
intempestiva
;
o
:
"
Da
capo
!
"
,
o
:
"
Maestro
,
un
'
altra
canzone
!
"
,
perché
qualcosa
non
era
stata
regolare
?
E
nessuno
se
ne
adontava
,
tanta
era
la
sorridente
indulgenza
con
cui
interveniva
.
E
come
sapeva
mettere
tutti
a
proprio
agio
e
smussare
sempre
il
lato
ridicolo
di
certe
situazioni
,
con
l
'
ammiccare
lui
per
primo
,
senza
cattiveria
!
Se
per
tanto
tempo
la
TV
ha
potuto
andare
avanti
,
facendone
un
successo
popolare
,
con
una
trasmissione
così
puerile
,
lo
deve
unicamente
al
suo
incomparabile
presentatore
.
Non
vogliamo
adesso
gonfiare
le
parole
perché
è
morto
.
Era
un
presentatore
.
Ma
un
presentatore
sui
generis
,
come
non
ce
n
'
è
stato
e
forse
non
ce
ne
sarà
più
altro
.
Nel
genere
,
un
piccolo
creatore
.
Le
sue
origini
teatrali
ne
facevano
qualcosa
di
più
che
un
semplice
presentatore
:
era
il
presentatore
-
attore
-
cantante
-
ballerino
-
comicobuffo
.
Il
suo
temperamento
esuberante
,
le
sue
qualità
d
'
improvvisatore
,
facevano
il
resto
.
Ho
detto
della
crudeltà
di
questa
morte
,
proprio
la
meno
adatta
a
un
uomo
simile
.
Specie
se
ci
si
aggiungono
la
lunga
alternativa
di
speranze
e
di
aggravamenti
,
e
le
sofferenze
fisiche
.
Ma
,
a
dare
ancora
un
tocco
di
drammaticità
alla
sua
fine
,
c
'
è
stata
quella
specie
di
conferenza
-
stampa
tenuta
dal
sacerdote
che
lo
ha
confessato
e
benedetto
in
articulo
mortis
.
Dai
giornali
:
"
Esiste
però
una
particolare
situazione
nella
sua
vita
;
e
,
di
fronte
a
questa
situazione
,
un
sacerdote
non
può
indulgere
.
Questa
era
la
domanda
.
Ha
risposto
don
Carlo
:
'
Tutti
e
due
hanno
promesso
che
non
vivranno
più
insieme
'
"
.
Ora
,
noi
non
entriamo
nel
merito
della
questione
.
Giustissimo
che
la
Chiesa
consideri
in
peccato
mortale
le
coppie
che
vivono
assieme
senza
essere
sposate
davanti
a
Dio
,
e
che
neghi
loro
l
'
assoluzione
.
Ma
era
proprio
il
caso
che
,
mentre
quel
disgraziato
stava
morendo
,
il
sacerdote
rendesse
pubblica
la
sua
promessa
di
sciogliere
quel
simulacro
di
famiglia
che
s
'
era
costruita
,
dopo
il
fallimento
della
prima
?
Tra
l
'
altro
,
si
trattava
forse
di
confessione
e
perciò
era
materia
da
tener
segreta
,
da
parte
del
sacerdote
.
Da
quando
in
qua
un
sacerdote
tiene
una
specie
di
conferenza
-
stampa
sul
contenuto
d
'
una
confessione
?
Avrebbe
potuto
benissimo
rispondere
ai
giornalisti
trincerandosi
dietro
il
segreto
confessionale
e
lasciando
che
essi
traessero
le
conseguenze
dal
fatto
ch
'
egli
aveva
dato
l
'
assoluzione
,
e
perfino
invitandoli
a
trarre
queste
intuibili
conclusioni
.
Non
soltanto
avrebbe
potuto
,
ma
avrebbe
addirittura
dovuto
.
Ricordo
,
quand
'
ero
bambino
,
in
villeggiatura
,
un
vecchio
prete
che
usava
confessare
tenendo
,
per
star
più
comodo
,
un
braccio
appoggiato
sul
bordo
del
finestrino
del
confessionale
,
in
modo
che
la
mano
sporgeva
all
'
esterno
,
fra
le
cortine
;
inconsapevolmente
il
brav
'
uomo
sottolineava
coi
gesti
della
mano
la
gravità
dei
peccati
delle
penitenti
;
sicché
,
dall
'
esterno
,
tutti
,
vedendo
la
mano
più
o
meno
agitarsi
,
potevano
arguire
il
contenuto
della
confessione
;
quando
la
mano
s
'
agitava
in
segno
di
minaccia
,
inferno
in
vista
:
peccato
mortale
.
Ma
il
poverino
lo
faceva
senza
intenzione
.
Voleva
soltanto
stare
un
po
'
più
comodo
.
Aveva
caldo
.
Ma
che
cosa
obbligava
il
confessore
di
Mario
Riva
a
riferire
esplicitamente
alla
stampa
certi
particolari
?
La
promessa
di
non
vivere
più
assieme
c
'
era
stata
,
e
dunque
Riva
era
a
posto
.
Era
una
cosa
che
passava
tra
lui
e
il
Cielo
,
tramite
il
sacerdote
.
Non
era
affatto
necessario
metterne
esplicitamente
a
parte
i
terzi
,
che
,
ripetiamo
,
potevano
benissimo
dedurre
l
'
accaduto
dai
fatti
stessi
.
Credo
che
la
Chiesa
non
chieda
a
nessuno
,
e
tanto
meno
a
un
suo
ministro
,
d
'
essere
inumano
.
Accanto
al
moribondo
c
'
era
la
sua
povera
e
affezionata
compagna
,
sia
pure
,
fino
a
un
momento
prima
,
come
lui
in
peccato
mortale
;
c
'
era
il
bambino
innocente
.
Direte
:
ma
la
Chiesa
non
può
indulgere
a
certe
situazioni
.
Nessuno
chiede
che
s
'
indulga
.
Si
parla
di
discrezione
,
di
umanità
.
Di
quello
che
la
Chiesa
chiama
:
carità
.
Per
questo
la
Chiesa
stessa
protegge
certe
dichiarazioni
col
segreto
della
confessione
.
D
'
altronde
,
in
casi
di
questo
genere
credo
che
la
Chiesa
si
riferisca
non
a
un
sentimento
,
ma
a
uno
stato
di
fatto
.
Il
sacerdote
,
trincerandosi
dietro
il
segreto
confessionale
e
affidandosi
,
o
rimandando
i
curiosi
,
all
'
eloquenza
dei
fatti
,
avrebbe
potuto
benissimo
lasciar
capire
l
'
avvenuta
soluzione
di
quello
che
si
riferiva
allo
stato
di
fatto
(
la
convivenza
)
,
senza
,
col
crudo
,
esplicito
annunzio
,
dare
a
questa
soluzione
,
a
questo
proposito
non
certo
scevro
di
drammaticità
,
la
patetica
e
anche
più
drammatica
eco
d
'
un
rinnegamento
,
in
punto
di
morte
,
di
duraturi
affetti
,
d
'
una
ferita
a
persone
care
.
Rinnegamento
crudele
per
chi
se
ne
va
,
non
meno
che
per
chi
resta
.
O
,
volendo
proprio
parlare
,
bisognava
almeno
,
su
questa
distinzione
fra
stati
di
fatto
e
sentimenti
,
spendere
una
parola
magari
non
necessaria
da
un
punto
di
vista
canonico
,
ma
dettata
da
spirito
di
carità
,
da
un
sentimento
di
misericordia
per
chi
,
in
quel
momento
,
era
già
tanto
provato
dal
dolore
e
dalla
sventura
.
E
con
questo
passiamo
a
un
ultimo
particolare
,
forse
il
più
penoso
di
tutti
.
Mario
Riva
aveva
un
bambino
,
Antonello
,
a
cui
non
è
riuscito
a
dare
un
nome
.
Ironia
della
sorte
:
al
figlio
di
sua
moglie
,
che
non
è
suo
figlio
,
aveva
generosamente
dato
il
proprio
nome
e
l
'
aveva
sempre
,
pare
,
trattato
come
un
vero
figlio
.
Ma
il
figlio
proprio
non
gli
è
stato
concesso
di
riconoscerlo
.
L
'
abbiamo
tutti
visto
piangere
per
questo
,
in
una
foto
pubblicata
da
un
giornale
.
E
così
è
morto
disperato
.
Come
un
'
infinità
di
altri
che
si
trovano
in
questa
situazione
.
La
gente
non
immagina
quanti
padri
ci
siano
disperati
,
è
la
parola
,
per
non
poter
dare
il
nome
a
un
proprio
figlio
illegittimo
.
Situazioni
della
vita
.
È
umano
?
Questi
bambini
poi
diventati
uomini
e
,
senza
loro
colpa
,
figurano
senza
il
nome
del
padre
.
Sì
,
adesso
si
dice
che
nei
documenti
non
occorra
più
la
paternità
.
Si
evita
l
'
inumano
"
di
N.N.
"
,
tacendo
del
tutto
.
Ma
il
figlio
lo
sa
.
Lo
saprà
.
Ci
sono
madri
che
si
macerano
di
ingiusto
dolore
e
di
non
meritata
vergogna
di
fronte
al
figlio
chenon
ha
il
nome
del
padre
e
nel
cui
sguardo
,
per
quanto
affettuoso
,
pare
sempre
ad
esse
di
scorgere
un
'
ombra
di
rimprovero
,
di
riprovazione
,
che
magari
non
c
'
è
.
È
umano
questo
?
A
parte
casi
che
possono
avere
qualche
parvenza
di
giustificazione
per
la
presenza
d
'
altri
figli
legittimi
,
il
più
delle
volte
la
cosa
dipende
dalla
malignità
implacabile
d
'
una
moglie
,
magari
da
anni
separata
,
che
pure
non
disarma
.
La
legge
le
dà
il
mezzo
di
esercitare
una
vendetta
,
di
sfogare
un
astio
implacabile
in
questo
dispetto
inutile
e
crudele
.
So
di
disgraziati
che
sono
morti
supplicando
invano
un
consenso
,
che
la
legge
riserva
a
una
nemica
.
Oppure
,
la
cosa
si
presta
a
dei
ricatti
.
Ci
vogliono
molti
quattrini
perché
un
padre
che
ha
avuto
guai
nella
vita
possa
dare
il
proprio
nome
al
proprio
figlio
illegittimo
,
perché
un
bimbo
innocente
possa
avere
quello
a
cui
tutti
i
bimbi
hanno
diritto
:
il
nome
del
proprio
padre
.
Il
consenso
viene
mercanteggiato
.
Ma
se
il
padre
non
ha
i
quattrini
,
niente
da
fare
.
E
la
legge
rende
possibile
questo
ricatto
,
sul
più
sacro
degli
affetti
.
Oppure
,
quando
il
padre
ha
quattrini
sufficienti
,
non
avendo
altre
strade
,
ricorre
agli
stratagemmi
legali
,
copre
d
'
oro
legioni
di
avvocati
,
si
fa
cittadino
di
paesi
esteri
,
impasticcia
un
matrimonio
più
o
meno
fittizio
.
E
allora
,
in
certi
casi
,
la
legge
accetta
la
commedia
.
È
umano
tutto
questo
?
Quando
verrà
una
legge
che
permetterà
a
chi
,
per
disgrazia
,
s
'
è
trovato
in
certe
situazioni
,
di
dare
,
senza
far
danno
ad
altri
,
il
proprio
nome
a
un
figlio
illegittimo
,
senza
esserne
impedito
da
altri
per
malignità
o
per
ricatto
?
Si
parla
di
nome
soltanto
,
anche
se
la
legge
non
vorrà
dare
altri
diritti
,
per
questo
,
a
questi
innocenti
.
Adesso
voglio
fare
una
di
quelle
cose
che
faceva
il
povero
Riva
quando
veniva
verso
la
telecamera
col
suo
passo
dondolante
,
la
mano
tesa
e
il
sorriso
bonario
sul
volto
,
e
si
rivolgeva
a
un
invisibile
,
lontano
personaggio
per
chiedergli
qualcosa
per
conto
di
terzi
:
un
ponte
,
un
impiego
,
una
licenza
.
E
voglio
farla
proprio
per
lui
.
Con
lo
stesso
calore
,
la
stessa
convinzione
di
chiedere
una
cosa
giusta
,
la
stessa
mano
tesa
.
"
Signor
Presidente
della
Repubblica
,
Eccellenza
Gronchi
,
Lei
è
il
solo
che
può
farlo
.
La
legge
Le
dà
questa
facoltà
.
Basta
un
Suo
decreto
,
una
Sua
firma
:
faccia
dare
il
nome
del
padre
al
bambino
di
Mario
Riva
.
Sono
certo
che
in
questa
richiesta
si
associano
tutti
gl
'
italiani
;
è
il
modo
migliore
per
dare
una
prova
d
'
affetto
al
loro
allegro
e
simpatico
amico
del
sabato
sera
,
che
se
n
'
è
andato
per
sempre
.
Sono
certo
che
,
da
un
più
vasto
,
invisibile
video
,
si
associa
anche
lui
,
lassù
,
una
volta
tanto
chiedendo
una
cosa
per
sé
,
facendosi
avanti
col
suo
passo
dondolante
,
col
sorriso
cordiale
e
la
mano
tesa
.
Eccellenza
,
come
la
legge
italiana
Le
dà
l
'
alta
facoltà
,
dia
al
figlio
bambino
di
Mario
Riva
il
nome
di
suo
padre
.
"
StampaPeriodica ,
Si
è
svolto
le
settimane
scorse
a
Urbino
,
nell
'
ambito
dei
consueti
simposi
estivi
di
semiotica
,
un
convegno
sul
pettegolezzo
.
Ne
raccoglieva
notizia
anche
Beniamino
Placido
su
la
Repubblica
di
domenica
23
luglio
,
con
alcune
riflessioni
sulle
quali
tornerò
alla
fine
.
Quanto
sto
per
dire
mi
è
venuto
alla
mente
discutendo
le
relazioni
di
Isabella
Pezzini
,
Maria
Pia
Pozzato
e
Giampaolo
Caprettini
,
e
ascoltando
gli
interventi
di
Paolo
Fabbri
,
Siri
Nergaard
e
altri
.
Non
ricordo
più
chi
abbia
detto
cosa
,
ma
il
bello
dei
convegni
è
che
alla
fine
ti
ritrovi
con
qualche
idea
in
testa
in
più
,
e
la
paternità
è
dubbia
.
Si
era
parlato
del
pettegolezzo
televisivo
,
a
cui
sono
dedicate
specifiche
trasmissioni
,
e
in
cui
si
trascina
qualcuno
a
fare
confessioni
sulla
propria
vita
privata
.
Ora
,
il
pettegolezzo
classico
,
quello
che
si
fa
nel
villaggio
,
in
portineria
o
all
'
osteria
,
è
(
era
?
)
un
elemento
di
coesione
sociale
.
Non
si
spettegola
mai
dicendo
di
qualcuno
che
è
sano
,
fortunato
e
felice
;
si
spettegola
su
un
difetto
,
un
errore
,
una
sfortuna
altrui
.
Così
facendo
gli
spettegolanti
in
qualche
modo
partecipano
alle
sventure
degli
spettegolati
(
il
pettegolezzo
non
implica
sempre
disprezzo
,
può
indurre
anche
a
compassione
)
.
Però
esso
funziona
se
gli
spettegolati
non
sono
presenti
(
altrimenti
sarebbe
solo
aggressione
)
e
non
sanno
di
essere
spettegolati
(
o
possono
salvar
la
faccia
facendo
finta
di
non
saperlo
)
.
Questo
dà
un
senso
di
potere
agli
spettegolanti
(
"
noi
sappiamo
ma
tu
non
sai
che
sappiamo
"
)
,
i
quali
debbono
essere
convinti
di
possedere
un
segreto
,
e
felici
di
possederlo
in
compagnia
di
molti
.
Quando
lo
spettegolato
mostra
di
sapere
,
di
solito
avviene
la
piazzata
(
"
brutta
linguaccia
,
so
che
vai
a
dire
in
giro
che
...
"
)
.
Avvenuta
la
piazzata
,
la
voce
è
pubblica
.
Chi
fa
la
piazzata
,
nel
momento
in
cui
ha
reagito
pubblicamente
,
ha
ratificato
il
pettegolezzo
,
anche
se
era
falso
.
Quindi
non
c
'
è
più
nulla
su
cui
spettegolare
.
Nel
pettegolezzo
televisivo
,
invece
,
non
si
parla
mai
male
di
qualcuno
che
non
c
'
è
,
perché
sarebbe
penalmente
perseguibile
,
e
perché
lo
spettacolo
ha
sapore
solo
se
è
la
vittima
che
spettegola
di
sé
,
parlando
delle
proprie
vicende
intime
.
Gli
spettegolati
sono
i
primi
a
sapere
,
e
tutti
sanno
che
essi
lo
sanno
.
Non
sono
vittime
di
alcuna
mormorazione
.
Non
c
'
è
alcun
gusto
sussurrarsi
il
giorno
dopo
"
hai
sentito
che
il
Tale
ha
ammesso
ieri
in
Tv
di
essere
cornuto
?
"
Non
c
'
è
più
segreto
.
In
secondo
luogo
non
si
può
infierire
sugli
spettegolati
(
hanno
avuto
il
coraggio
di
ammettere
)
ma
neppure
commiserarli
(
dalla
confessione
hanno
tratto
un
vantaggio
invidiabile
,
la
pubblica
esposizione
)
.
Il
bello
del
pettegolezzo
classico
era
che
,
sino
a
che
lo
spettegolato
non
si
tradiva
con
la
piazzata
,
la
mormorazione
poteva
continuare
senza
limite
.
La
comare
,
su
un
adulterio
altrui
,
poteva
campare
per
anni
.
Lo
spettatore
televisivo
,
invece
,
dopo
che
il
Tale
ha
confessato
,
non
ha
più
nulla
da
sapere
.
E
infatti
alla
prossima
puntata
del
programma
occorrerà
che
qualcun
altro
cominci
di
nuovo
,
autospettegolandosi
.
Così
ogni
giorno
c
'
è
un
pettegolezzo
nuovo
,
che
muore
appena
reso
pubblico
,
e
i
pettegolezzi
precedenti
si
sono
ormai
autodistrutti
.
La
Tv
ha
ucciso
il
pettegolezzo
,
che
pure
aveva
importanti
funzioni
sociali
.
Placido
,
riprendendo
Blackmur
,
suggeriva
che
il
mito
fosse
un
pettegolezzo
stagionato
.
Probabilmente
i
miti
sono
nati
come
pettegolezzi
,
perché
servivano
a
familiarizzarci
con
gli
dei
,
compiangendone
o
condannandone
miserie
e
magagne
(
varrà
la
pena
di
osservare
che
le
religioni
monoteistiche
non
consentono
il
pettegolezzo
,
che
al
massimo
diventa
atto
blasfemo
,
falso
e
bugiardo
)
.
Dovremmo
dire
che
il
mito
,
essendo
racconto
pubblico
,
non
avrebbe
dovuto
dare
agli
spettegolanti
il
gusto
di
possedere
alcun
segreto
.
Ma
forse
il
poeta
tragico
era
colui
che
metteva
gli
spettatori
nello
stato
d
'
animo
di
chi
ascolta
un
segreto
per
la
prima
volta
,
e
ciascuno
si
sentiva
spaventosamente
e
gloriosamente
solo
sulle
gradinate
affollate
dell
'
anfiteatro
.
E
questo
deve
avere
a
che
fare
in
qualche
modo
con
la
catarsi
,
anche
se
non
mi
azzardo
a
proporne
nuove
interpretazioni
.
Dovremo
dire
allora
che
il
cosiddetto
pettegolezzo
televisivo
-
se
pure
non
è
pettegolezzo
-
ha
qualcosa
a
che
vedere
con
il
mito
?
Credo
proprio
di
no
.
Il
mito
prende
un
essere
divino
,
superiore
a
noi
e
,
spettegolandone
,
ci
dice
che
in
fondo
è
per
molti
versi
uguale
a
noi
.
La
trasmissione
televisiva
prende
un
essere
uguale
a
noi
e
,
spettegolandone
,
ci
dice
che
proprio
per
questo
dovremmo
considerarlo
una
divinità
.
Non
escludo
che
qualche
spettatore
sottosviluppato
possa
confondere
queste
due
dinamiche
.
Ma
forse
la
memoria
di
Venere
,
che
tradisce
Vulcano
,
ha
la
possibilità
di
durare
più
a
lungo
di
quella
dell
'
ultimo
autolesionista
visto
sullo
schermo
.
StampaPeriodica ,
Pare
un
paradosso
strano
,
e
pure
è
una
verità
appurata
e
provata
con
molte
studiose
ricerche
,
che
i
popoli
latini
,
e
più
il
popolo
d
'
Italia
,
hanno
pochissima
potenza
di
creazione
fantastica
.
Tutta
la
nuova
materia
d
'
arte
,
che
fu
accumulata
dopo
il
crollo
della
vita
pagana
,
o
venne
dall
'
Oriente
con
molta
varietà
d
'
importazione
,
o
fu
una
produzione
indigena
della
razza
sassone
e
della
razza
celtica
;
la
razza
latina
non
concorse
al
gran
cumulo
di
materiale
se
non
con
qualche
tradizione
classica
e
con
qualche
getto
di
lirica
d
'
amore
.
Così
,
mentre
i
monaci
pellegrini
recavano
dalle
terre
d
'
Oltremare
coi
frantumi
del
Santo
Sepolcro
e
coi
ramoscelli
d
'
olivo
dell
'
orto
di
Getsemani
le
fantasie
maturate
al
sole
del
Cattai
o
dei
piani
del
Gange
;
mentre
dai
boschi
armoricani
e
dalle
paludi
bretone
e
dalle
torbaie
della
Turingia
e
della
Pannonia
il
canto
epico
sonava
accordato
sul
ritmo
gregoriano
;
mentre
nelle
valli
pireneiche
tra
la
crescenza
odorosa
degli
oleandri
la
nova
lirica
si
metteva
a
fiorire
con
un
tumulto
d
'
amore
melodioso
,
l
'
Italia
badava
a
innestare
i
rampolli
cristiani
sul
vecchio
tronco
gentile
,
e
si
trasmutava
e
si
rifondeva
cristianamente
le
sembianze
di
Virgilio
.
Nocquero
le
tradizioni
e
le
presunzioni
patrie
,
o
fu
un
difetto
dell
'
intelligenza
nostra
?
Non
so
.
Certo
la
lingua
italiana
germogliò
ultima
dal
carcame
fecondatore
della
romanità
;
certo
il
popolo
d
'
Italia
non
conferì
al
patrimonio
epico
lirico
e
drammatico
fondato
dagli
altri
popoli
d
'
Europa
.
Noi
non
fummo
altro
mai
che
manipolatori
del
materiale
altrui
,
e
quasi
amministratori
del
patrimonio
altrui
.
Guardate
alla
storia
della
nostra
epica
e
della
nostra
lirica
e
della
nostra
grammatica
,
da
Sordello
Mantovano
che
poetò
in
lingua
d
'
oc
sino
al
signor
Parodi
e
al
signor
Guaido
che
scrivono
drammi
e
romanzi
in
lingua
francese
,
e
ditemi
se
fu
mai
popolo
così
sterile
di
fantasia
come
il
popolo
italiano
.
Né
questa
sterilità
è
solamente
negli
scrittori
o
solamente
nel
popolo
;
ma
il
popolo
e
gli
scrittori
si
accordano
meravigliosamente
in
una
deficienza
strana
delle
facoltà
imaginative
.
Pio
Rajna
mostrò
già
con
documenti
e
con
prove
sicure
come
il
più
fantasioso
de
'
nostri
poeti
,
l
'
Ariosto
,
nulla
o
presso
che
nulla
traesse
dall
'
attività
procreatrice
della
sua
mente
,
ma
solo
con
una
sintesi
miracolosa
raccozzasse
e
fondesse
una
mole
immensa
di
favole
di
cavalleria
penetrate
in
Italia
coi
romanzi
francesi
,
coi
poemi
inglesi
,
con
le
canzoni
di
gesta
e
coi
frammenti
epici
tedeschi
;
Alessandro
D
'
Ancona
ha
provato
come
il
materiale
della
lirica
popolare
sia
tutto
o
presso
che
tutto
d
'
importazione
straniera
;
e
se
Domenico
Comparetti
avesse
seguitato
i
suoi
studi
di
novellistica
comparata
,
facilmente
avrebbe
potuto
dimostrare
che
nella
selva
folta
di
novelle
popolari
che
copre
tutta
l
'
Europa
non
c
'
è
un
solo
virgulto
italiota
.
Guardate
ai
novellieri
italiani
:
la
materia
ch
'
essi
foggiarono
con
tanta
maestria
d
'
arte
da
fare
della
novella
una
forma
veramente
italiana
,
venne
d
'
Oriente
nelle
emanazioni
del
buddhismo
o
fu
qua
e
là
raccattata
per
le
terre
d
'
Europa
.
Quando
i
novellatori
vollero
attingere
alla
larga
fonte
del
popolo
,
la
trovarono
tutta
scrosciante
e
zampillante
di
acque
forastiere
;
così
accadde
che
nella
prosa
narrativa
l
'
elemento
indigeno
entrasse
in
una
misura
scarsa
assai
,
e
l
'
elemento
popolare
non
tardasse
a
cadere
in
discredito
.
Così
vedendo
ora
che
un
novellatore
italiano
della
scuola
sperimentale
si
è
messo
con
proposito
deliberato
a
formare
novelle
popolari
con
materia
tratta
tutta
dalla
sua
mente
,
e
con
fortuna
grande
,
io
mi
sarei
aspettato
un
più
largo
plauso
dagl
'
Italiani
.
Se
non
che
,
gl
'
Italiani
l
'
importanza
e
le
difficoltà
di
certe
cose
non
le
intendono
.
II
Dice
il
Capuana
nella
prefazione
del
suo
libro
che
,
avendo
scritto
una
delle
sue
novelle
per
un
caro
bimbo
che
gli
chiedeva
una
bella
fiaba
,
pensò
di
costruirne
altre
a
diletto
de
'
suoi
nipotini
;
poi
,
leggendole
,
lo
prendeva
una
gran
soggezione
di
quei
cari
diavoletti
che
gli
sedevano
a
torno
,
e
stavano
tutt
'
occhi
e
tutt
'
orecchi
ad
ascoltare
.
Certo
,
l
'
autorità
fanciullesca
in
fatto
di
storie
imaginose
è
grande
;
ma
non
bisogna
poi
esagerarne
il
peso
,
come
fa
il
Nencioni
.
Io
non
ho
dato
da
leggere
ai
ragazzi
il
libro
del
Capuana
,
ma
so
che
il
gusto
infantile
è
facilmente
appagabile
.
Io
pure
sono
stato
un
bimbo
curioso
e
desideroso
di
fanfaluche
strane
,
come
tutti
i
bimbi
di
questo
mondo
,
e
avendo
avuto
poche
narratrici
,
mi
erano
di
un
diletto
indicibile
le
Mille
e
una
notte
udite
leggere
la
sera
accanto
al
fuoco
.
Tutti
sanno
come
in
questo
suo
rifacimento
dall
'
arabo
il
signor
Galland
impegolasse
gli
studiosi
artifizi
orientali
di
molta
pomata
francese
;
e
pure
la
storia
di
Aladino
,
raccontata
con
una
prosa
sciatta
e
pretensiosa
insieme
,
faceva
fremere
di
godimento
e
di
paura
il
mio
spirito
bambinesco
.
Anche
una
vecchia
traduzione
in
prosa
dell
'
Iliade
popolò
la
mia
mente
di
fantasie
meravigliose
e
mi
scosse
forte
i
nervi
tra
il
settimo
e
l
'
ottavo
anno
;
e
pure
la
narrazione
era
fatta
più
penosa
dall
'
ortografia
arcaica
.
Leggete
a
un
bambino
le
fanfaluche
meno
bambinesche
,
le
favole
di
Esopo
tradotte
per
uno
da
Siena
,
il
Novellino
,
i
Fatti
d
'
Enea
,
e
lo
spirito
suo
penderà
dalle
vostre
labbra
come
quel
di
Saul
pendeva
dagli
arpeggiamenti
di
David
.
La
cosa
dunque
va
considerata
più
dall
'
alto
,
e
a
me
pare
che
la
prima
questione
che
il
libro
del
Capuana
debba
suscitare
,
sia
questa
:
il
gran
materiale
narrativo
e
cantativo
che
alimenta
l
'
intelligenza
di
tutti
i
popoli
d
'
Europa
è
esso
malleabile
e
foggiabile
alle
molteplici
forme
dell
'
arte
?
Io
dico
di
sì
;
e
chiunque
guardi
alla
storia
delle
letterature
antiche
e
delle
letterature
moderne
dovrà
accordarsi
meco
.
Non
è
forse
appurato
che
la
letteratura
italiana
non
fu
già
fabbricata
toscanamente
sui
modelli
provenzali
alla
corte
sveva
di
Palermo
,
ma
venne
via
via
crescendo
e
avvantaggiandosi
,
come
in
tutte
le
terre
d
'
Italia
dialetti
germogliati
dal
terriccio
latino
misto
di
concime
barbarico
si
mettevano
a
fiorire
?
E
non
è
forse
noto
all
'
universale
che
l
'
Ariosto
,
e
poi
i
poeti
che
intorno
a
Lorenzo
il
magnifico
portarono
per
Firenze
la
licenza
allegra
del
carnasciale
,
attinsero
dal
popolo
materia
nova
e
più
fresca
?
Se
non
che
,
questi
e
molti
altri
che
io
per
brevità
dimentico
,
rinnovarono
e
rinfrescarono
alle
chiare
fonti
popolari
l
'
epica
un
po
'
passita
nelle
mani
troppo
dotte
del
Boccacci
,
e
la
lirica
stroppiata
dai
petrarcheggianti
;
ma
nessuno
si
messe
per
esercizio
d
'
arte
ad
imitare
le
rozze
forme
popolaresche
.
In
Italia
,
no
:
ma
in
Germania
e
in
Inghilterra
e
in
Francia
si
tentò
questo
più
volte
con
varia
fortuna
;
e
a
me
pare
che
la
questione
si
possa
più
chiaramente
formulare
così
:
le
imitazioni
delle
forme
popolari
nella
selvatichezza
naturale
sono
solamente
un
esercizio
atto
a
dilettare
i
bambini
,
o
possono
essere
vere
e
proprie
fogge
dell
'
arte
?
Di
nuovo
,
io
dico
di
sì
.
Ecco
:
da
qualche
tempo
l
'
arte
sente
il
bisogno
di
tuffarsi
alle
fonti
della
vita
;
e
dal
Balzac
in
poi
il
romanzo
ha
deviato
dalla
sua
antica
forma
narrativa
per
diventare
un
vero
e
pieno
studio
fisiologico
e
psicologico
dell
'
uomo
.
A
questa
deviazione
della
prosa
narrativa
il
Balzac
conferì
più
di
tutti
studiando
i
segni
esteriori
e
gli
effetti
visibili
dei
sentimenti
interni
,
la
Sand
analizzando
con
una
sottigliezza
femminile
tutte
quante
le
crespe
e
gli
avvolgimenti
dello
spirito
,
gli
ultimi
romanzieri
naturalisti
proseguendo
certe
leggi
della
vita
appurate
dalla
scienza
.
Tutte
queste
vie
menano
,
più
o
meno
brevemente
,
alla
verità
;
ma
non
alla
verità
assoluta
:
ci
è
sempre
come
una
piccola
nuvola
vaporosa
,
che
offusca
l
'
evidenza
della
rappresentazione
.
Nel
Balzac
è
lo
stile
troppo
martoriato
e
qua
e
là
gonfio
o
colorito
soverchiamente
o
contorto
;
nella
Sand
è
la
tabe
sentimentale
che
s
'
appiglia
e
corrode
l
'
analisi
più
sottile
;
nello
Zola
è
il
rigore
della
tesi
scientifica
e
il
calore
eccessivo
dello
stile
.
Manca
a
tutti
quella
serenità
plastica
e
semplice
della
concezione
e
dello
stile
,
che
il
Flaubert
ebbe
per
un
momento
in
Madame
Bovary
,
e
che
tutta
quanta
la
letteratura
popolare
possiede
naturalmente
.
Qualche
anno
a
dietro
,
trascrivendo
io
novelle
popolari
della
campagna
romana
,
provavo
un
vero
godimento
estetico
ascoltando
sulla
bocca
di
una
serva
in
una
prosa
semplice
,
limpida
,
efficace
,
le
fantasie
più
pazze
mescolate
di
osservazioni
acute
o
profonde
,
corrette
e
regolate
da
un
criterio
sano
e
retto
della
vita
.
E
trascrivendo
in
fretta
o
rileggendo
dopo
avere
trascritto
,
mi
nascevano
nella
mente
dei
pensieri
e
dei
raffronti
in
folla
.
Per
esempio
,
ripensavo
al
Bertoldo
e
al
Bertoldino
di
Giulio
Cesare
Croce
;
e
non
sapevo
capacitarmi
come
di
là
non
avesse
preso
le
mosse
qualche
opera
di
prosa
,
come
dai
leggendarii
e
dai
frantumi
epici
si
mossero
tante
opere
di
poesia
:
non
trovavo
,
nella
prosa
italiana
,
la
rispondenza
del
Morgante
e
dei
due
Orlandi
.
Ora
questo
,
che
nel
secolo
XV
era
possibile
,
ma
non
più
nei
secoli
che
seguirono
,
di
nuovo
è
possibile
e
utile
e
forse
anche
necessario
oggi
.
Avete
mai
badato
alla
famigliarità
,
con
la
quale
il
popolo
tratta
i
re
e
le
regine
?
E
questi
re
e
queste
regine
delle
novelle
popolaresche
non
vi
sembrano
essi
dei
sovrani
costituzionali
?
Rammentate
il
buon
re
Alboino
di
Giulio
Cesare
Croce
e
il
buon
re
Pantagruel
di
Rabelais
?
Ebbene
,
l
'
ideale
del
re
costituzionale
è
questo
:
come
vedete
,
prima
assai
dell'89
il
popolo
lo
aveva
pienamente
intuito
e
rappresentato
.
Così
il
popolo
ha
pienamente
intuito
e
rappresentato
tutta
quella
parte
della
vita
che
gli
è
stata
accessibile
.
E
bene
,
perché
i
novellatori
sperimentali
non
imparano
anche
dal
popolo
,
ma
se
ne
stanno
contenti
alle
teoriche
darwiniane
?
Da
cinquant
'
anni
le
trascrizioni
di
racconti
popolari
pullulano
da
tutte
le
parti
,
e
la
demopsicologia
è
quasi
diventata
una
scienza
a
parte
.
E
bene
,
fate
che
dal
dominio
della
scienza
tutto
questo
gran
materiale
passi
nel
dominio
dell
'
arte
.
Scartate
tutte
le
scorie
fantastiche
:
resterà
una
selva
folta
di
osservazioni
e
d
'
insegnamenti
.
E
non
isdegnate
d
'
imparare
dalla
vostra
serva
,
poiché
fu
una
moltitudine
miserabile
di
servi
che
,
crollata
la
carcassa
romana
,
fondò
una
vita
nuova
una
lingua
nuova
una
metrica
nuova
,
e
ritrovò
le
prime
nuove
forme
dell
'
arte
.
III
Ora
,
se
bene
l
'
angustia
dello
spazio
non
mi
consenta
di
mostrare
con
la
larghezza
necessaria
la
verità
della
mia
tesi
,
credo
che
i
lettori
convengano
meco
in
questo
:
che
il
tentativo
del
Capuana
sia
una
cosa
più
seria
assai
di
quello
ch
'
egli
nella
sua
modestia
volesse
dare
a
divedere
.
In
quanto
alla
prova
in
sé
,
ho
detto
che
è
fortunata
,
e
anche
in
questo
chiunque
ha
qualche
pratica
di
novelle
popolari
si
accorderà
meco
.
Il
Capuana
non
ha
rimpastato
delle
favole
già
diffuse
,
ma
ne
ha
costruite
di
nuove
con
gli
elementi
che
entrano
in
tutti
i
prodotti
della
fantasia
popolare
:
elementi
,
come
ho
già
accennato
e
come
facilmente
pare
,
non
indigeni
,
ma
d
'
importazione
forestiera
.
Lasciando
dunque
da
parte
l
'
elemento
fantastico
e
mitologico
,
che
è
ciò
che
più
move
lo
spirito
bambinesco
,
e
guardando
solamente
alla
manipolazione
e
alla
intuizione
dei
criteri
e
delle
forme
e
dello
stile
popolari
,
io
dico
che
queste
fiabe
mi
paiono
una
cosa
perfetta
.
Il
Capuana
ha
saputo
cogliere
mirabilmente
quel
sano
e
giocondo
ottimismo
,
quella
tranquilla
aspirazione
al
benessere
,
quel
placido
e
sicuro
senso
della
vita
che
sono
i
caratteri
più
chiari
delle
produzioni
letterarie
del
popolo
.
Di
più
,
egli
mostra
di
essersi
assimilato
,
con
la
semplicità
rustica
e
ingenua
della
narrazione
,
con
la
fusione
naturale
del
dialogo
e
del
racconto
,
lo
stile
popolaresco
.
Per
me
,
io
non
esito
ad
affermare
che
questo
,
dopo
la
Giacinta
,
mi
pare
il
miglior
libro
del
Capuana
;
e
trovo
in
esso
confortata
un
'
asserzione
mia
di
tre
mesi
a
dietro
,
che
di
tutti
i
nostri
novellatori
,
il
Capuana
sia
quegli
che
ha
un
concetto
più
sano
e
più
alto
,
e
quasi
una
religione
dell
'
arte
.
StampaPeriodica ,
Io
le
sono
,
marchesa
,
tenuto
assai
del
divertimento
,
altro
non
fosse
che
per
averlo
goduto
con
lei
,
ma
veda
,
per
carità
,
di
non
dare
del
mago
al
bossolottajo
Hermann
!
Bel
mago
!
un
sorridente
grassoccio
in
cravatta
bianca
e
marsina
,
servito
da
una
livrèa
di
scena
,
in
mezzo
a
un
teatro
affollato
e
illuminato
a
giorno
,
senza
apparecchi
,
senza
neppure
bacchetta
!
Ah
,
cara
lei
;
perché
essere
ingrati
ai
nostri
antichi
Merlini
e
Sabini
con
le
lor
barbe
e
i
lor
berrettoni
appuntati
e
i
lor
zimarroni
neri
con
su
cuciti
in
panno
rosso
i
soli
,
le
stelle
,
e
gli
spicchi
di
luna
?
perché
fare
torto
ai
loro
nascondigli
,
torri
sempre
in
rovina
,
con
certi
tenebrosi
stanzoni
rischiarati
soltanto
dalla
verdògnola
luce
degli
occhi
di
un
gatto
che
ingrossava
la
coda
e
soffiava
al
nostro
apparire
,
stanzoni
in
cui
,
oltre
un
puzzo
di
zolfo
,
un
borbottìo
di
caldaroni
dalle
orrende
misture
e
un
lamento
di
strigi
,
èrano
e
gufi
inchiodati
e
coccodrilli
e
basilischi
impagliati
e
cani
arrabbiati
appesi
alle
travi
,
e
ampolle
e
rospi
e
pignatte
e
diàvoli
che
arrampicàvano
su
e
giù
per
la
cappa
e
si
rannicchiàvan
ghignando
tra
le
gambe
dei
tavoli
?
...
Quelli
,
o
marchesa
,
èran
maghi
!
Almeno
,
ci
facèvan
paura
.
Ma
,
ahimè
!
la
uniformità
,
di
giorno
in
giorno
,
uggiosamente
si
accredita
.
La
ferrovia
vuol
la
pianura
.
Scompàjono
i
dialetti
,
le
foggie
,
i
misteri
;
scompàjono
le
divisioni
e
suddivisioni
nella
filosofia
,
scompàjono
i
confini
,
e
,
bastasse
il
volere
,
scomparirebbero
le
stagioni
.
Ecco
,
nell
'
arte
,
che
la
scultura
fa
da
pittura
,
la
pittura
da
mùsica
e
la
mùsica
da
matematica
,
mentre
la
letteratura
arieggia
l
'
analfabetismo
,
ché
gli
scrittori
del
giorno
temon
perfino
di
parere
d
'
ingegno
.
E
una
orrìbile
noja
e
la
somma
.
Tutte
poi
quelle
alte
e
basse
livrèe
,
che
,
palesando
con
chi
s
'
avea
a
trattare
,
mettevanci
tosto
a
nostro
agio
,
tutti
que
'
segni
,
che
,
a
primo
aspetto
,
ci
dàvano
il
grado
dell
'
officiale
moralità
di
ciascuno
,
dalla
poetica
laurea
alla
croce
di
cavaliere
,
dal
marchio
d
'
infamia
alle
gialle
o
rosse
bindella
delle
trecche
d
'
amore
,
vanno
,
uno
dietro
dell
'
altro
,
ad
aumentar
la
pastura
ai
topi
dell
'
Antiquaria
.
E
al
teatrino
dei
nostri
bimbi
,
e
al
tresette
,
è
al
tarocco
,
che
noi
dobbiamo
ricòrrere
,
quando
ancora
vogliamo
rallegrarci
la
vista
in
que
'
variopinti
vestiti
,
in
quelle
corone
di
talco
,
in
que
'
scettri
,
in
que
'
manti
,
senza
cui
,
addìo
re
e
regine
!
sembrano
carne
,
come
la
nostra
,
soriana
.
E
ne
viene
?
ne
viene
,
che
tu
,
col
cappello
tra
mani
,
credi
parlare
a
un
padrone
,
ed
è
un
servo
:
dai
del
tu
a
chi
di
servo
ti
ha
l
'
aria
;
è
un
padrone
.
Presti
danaro
ad
un
pòvero
,
perché
lo
reputi
ricco
;
non
aduli
ad
un
ricco
,
reputandolo
pòvero
.
Così
,
la
donna
che
è
di
uno
e
la
donna
di
tutti
si
baràttano
i
modi
;
anzi
,
le
donne
,
a
quanto
dìcono
loro
,
stanno
per
diventare
uòmini
.
Ognuno
nasconde
i
ferri
del
suo
mestiere
.
La
plebèa
araldica
delle
insegne
,
che
,
me
fanciullo
,
era
il
mio
spasso
,
va
a
ròtoli
con
la
nobiliare
delle
armi
.
La
barbierìa
,
a
don
Chisciotte
ingratìssima
,
ha
perduto
i
suòi
piatti
e
s
'
e
cangiata
in
uno
scipito
salon
;
il
caffè
cangiò
in
farmacia
;
mentre
il
fornajo
,
che
già
faceva
la
cosa
più
buona
del
mondo
,
volle
far
meglio
e
fe
'
peggio
,
togliendo
al
pasticciere
la
mano
,
sicché
costùi
trovossi
obbligato
a
gettarsi
nella
chincaglieria
e
ora
vende
i
confetti
per
amor
della
scatola
.
E
intanto
il
bugiardo
,
onestamente
,
chiàmasi
gazzettiere
,
e
il
ladro
,
speculatore
alla
Borsa
...
Senza
i
preti
e
i
soldati
a
mantenerci
un
po
'
ancora
nei
ranghi
,
dio
sa
che
babele
!
che
generale
miscuglio
!
E
voi
,
dove
mai
ve
la
siete
fumata
,
o
dottoroni
bisnonni
,
vecchi
sempre
,
dalla
tabaccosa
espressione
,
fonte
già
tanta
di
buon
umore
ai
Montaigne
,
ai
Maggi
,
ai
Molière
,
voi
che
,
annunciati
dal
serviziale
e
seguiti
dalla
lancetta
,
scendevate
da
portantine
color
verde
-
bottiglia
per
salire
da
noi
con
un
passo
pesante
che
paréa
di
mulo
e
una
tòrbida
cera
quasi
per
spaventare
la
malattia
,
mentre
non
spaventava
che
l
'
ammalato
,
e
facevate
le
vostre
divinazioni
stando
alla
porta
della
stanza
da
letto
,
tenebrosa
e
attufata
,
interrogando
gli
astri
e
le
orine
,
con
certi
termini
strani
e
citazioni
mezzo
in
linguaggio
greco
,
mezzo
in
ebreo
,
perché
,
piuttosto
che
andare
a
cercare
,
vi
si
credesse
sulla
parola
;
poi
partivate
,
lasciando
le
tracce
della
vostra
mano
rampina
su
certe
lunghe
ricette
,
lunghe
come
la
fame
da
voi
mantenuta
negli
infelici
clienti
?
e
dove
sono
iti
i
vostri
amplìssimi
studi
a
tramontana
,
dalle
vetriere
incartate
,
e
le
cataste
di
libraccioni
,
non
mai
vecchi
abbastanza
,
gialli
come
la
faccia
di
un
giapponese
,
e
i
gessi
,
verniciati
di
marmo
,
di
Galeno
e
d
'
Ippòcrate
,
e
i
lùcidi
crani
con
su
disegnata
la
città
degli
affetti
,
le
sue
piazze
e
contrade
,
e
i
poltrononi
di
pelle
dura
e
sdrucciolevolíssima
,
i
palandrani
color
tabacco
-
di
-
frate
,
le
berrette
a
ricami
e
col
fiocco
,
gli
occhiali
o
d
'
oro
o
di
osso
,
le
canne
d
'
India
dall
'
aureo
pomo
,
e
le
tabacchiere
tempestate
di
gemme
,
dono
di
qualche
grande
di
Spagna
o
di
una
dama
della
croce
stellata
?
...
Ahimè
!
voi
cedeste
a
dei
dottorini
,
senza
né
gravità
né
velluto
alle
unghie
,
abbigliati
con
gusto
e
ben
pettinati
,
che
fùmano
sìgari
e
ùsano
di
occhialetto
,
che
dottamente
annòjano
poco
,
ma
chiàcchierano
anche
di
cappellini
,
che
spesso
sanno
sonare
delle
polche
e
dei
valzi
,
e
,
all
'
occorrenza
,
ballarli
,
che
se
coltìvano
fiori
,
non
è
per
stillarne
le
quintessenze
,
ma
per
ornarsene
l
'
àbito
!
cedeste
a
studioli
,
che
si
direbbero
meglio
abbigliatòi
,
dalle
finestre
aperte
,
dalle
minuzierìe
eleganti
,
con
scranne
in
cui
si
siede
comodamente
,
con
quadri
che
non
ti
guàstano
il
desinare
,
con
scientìfici
libri
,
non
mai
nuovi
abbastanza
,
frammisti
a
romanzi
,
a
gazzette
e
ad
un
profumo
nell
'
aria
,
che
,
insieme
alla
donna
,
ti
ricorda
la
vìpera
!
Ma
non
sia
detto
con
questo
,
che
l
'
erudita
ciarlatanerìa
abbia
lasciato
i
mortali
:
oh
non
pensiàmolo
manco
!
Poiché
la
somma
dei
vizi
,
come
delle
virtù
,
è
tuttora
qual
'
era
negli
eròici
tempi
:
l
'
uomo
,
dagli
abiti
in
fuori
,
è
sempre
stato
quel
desso
.
Non
è
l
'
inganno
che
muta
,
è
il
gergo
.
Una
volta
,
per
farsi
valere
,
la
Scienza
dovèa
essere
greve
,
tediosa
,
con
le
cigne
e
le
staffe
e
circonfusa
di
un
certo
qual
reverendo
odore
di
vetustà
;
oggi
,
essa
deve
prodursi
in
scarpini
,
procèdere
gaja
,
spirar
la
freschezza
dell
'
appena
sfornato
.
Giovava
,
una
volta
,
se
simulata
;
or
giova
dissimulata
.
Quando
il
vecchio
dottore
volea
adoprare
paroloni
dell
'
arte
o
bizzarri
,
li
proferiva
lentissimamente
,
solennemente
,
perché
si
capisse
ch
'
ei
li
capiva
,
per
farne
sentire
tutta
la
difficoltà
;
il
medico
odierno
li
lascia
invece
sfuggire
come
se
a
caso
,
senza
che
appaja
ch
'
ei
dia
loro
importanza
,
quasi
già
noti
a
chiunque
.
Quegli
ostentava
di
avere
tanto
studiato
e
tanti
anni
(
ché
i
vecchi
sistemi
di
apprendere
èrano
come
i
sentieri
di
un
giardino
all
'
inglese
,
più
fatti
per
allungare
che
non
per
scorciare
il
cammino
)
e
di
avere
spogliato
,
lui
solo
,
in
privilegi
e
diplomi
,
un
gregge
di
pècore
,
e
di
possedere
una
biblioteca
di
scienza
inimica
dell
'
aria
e
di
fruire
della
illuminazione
di
tutti
i
torchioni
-
a
-
otto
-
stoppini
europei
;
questi
vorrebbe
invece
parere
di
non
èsser
mai
stato
a
scuola
,
neppure
.
L
'
uno
insomma
pompeggiava
in
da
-
più
,
l
'
altro
in
da
-
meno
,
ma
in
ambo
i
casi
per
guadagnarci
nel
credito
.
E
se
l
'
uno
abbigliava
le
proprie
stivalerìe
di
latino
e
di
greco
,
affibbiàndole
anzi
ai
nomoni
di
Celso
,
Magno
,
Oribasio
,
Avicenna
e
Averroè
;
l
'
altro
,
furando
a
costoro
le
migliori
pensate
,
ce
le
traduce
e
le
spaccia
per
sue
.
Ma
,
se
con
meno
dottrina
e
con
più
leggiadria
,
si
accoppa
scientificamente
ora
,
né
più
né
meno
di
allora
.
Gli
è
una
medesima
storia
,
stampata
,
anziché
nell
'
accadèmico
in
-
folio
,
nel
casalingo
trentaduèsimo
.
Oggi
,
in
cui
non
si
ha
più
a
trattare
con
gente
che
dalle
fasce
passa
alla
sferza
e
dalla
sferza
alla
fede
,
anche
l
'
inganno
dovette
modificarsi
,
e
si
fece
...
più
semplice
ossia
perfezionò
.