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La questione dei fumetti ( Rodari Gianni , 1951 )
StampaPeriodica ,
Caro Direttore , ho letto nell ' ultimo numero di Rinascita un articolo di Nilde Jotti sulla Questione dei fumetti , e desidero esprimere la mia opinione dicendo subito che l ' articolo della Jotti non mi convince . Esso prende spunto dal dibattito in corso alla Camera sulla stampa per ragazzi e giustamente respinge come « reazionaria e inefficace » la legge proposta dai democristiani , non soltanto perché contraria al principio costituzionale della libertà di stampa , aut perché « decadenza , corruzione , delinquenza dei giovani e dilagare del fumetto sono (...) fatti collegati , ma non come l ' effetto e la causa , bensì come manifestazioni diverse di una realtà unica . « Bisogna affrontare e risolvere - dice giustamente la Jotti - tutta la questione dell ' orientamento ideale e pratico , della educazione , dello sviluppo intellettuale e monile dei giovani . Ma non lo si fa se non si mette il dito sulla piaga , che è di ordine economico , sociale e anche politico » . Questa posizione nei confronti della legge sui fumetti è giusta perché fondata sulla realtà , sulla pratica , e non su ragionamenti accademici . Altrettanto giusta è l ' attutita che la Jotti fa del fumetto americano , figlio dell ' imperialista e fascista Hearst e legittimo , cioè basato sui fatti , il giudizio negativo . La Jotti , però , estende questo giudizio negativo al fumetto come genere , conte snodo di raccontare , escludendo implicitamente la possibilità di fare « fumetti » diversi da quelli americani , con forme , contenuti , spirito e intendimenti diversi . Su questo punto mi sembra che la Jotti non abbia tenuto conto della realtà di oggi , qui , in Italia , e perciò abbia fatto dell ' accademia . Per quello che riguarda la stampa dei ragazzi , la realtà è rappresentata da un mercato completamente dominato dai « fumetti » , che hanno creato , conformando il gusto dei ragazzi a propria immagine e somiglianza , una « domanda » di fumetti impressionante : e ti risparmio le cifre perché sono note . Chi voglia parlare ai ragazzi e ai giovanetti , deve tener conto del linguaggio a cui sono abituati , e che è diventato tino dei più importanti mezzi per comunicare con loro : e se farà dei « fumetti » , il giudizio su questi dovrà essere dato non già in base alle sue intenzioni , ma nemmeno in base a preconcetti , piuttosto in base ai risultati . Un giudizio teorico totalmente negativo è inesatto , o per lo meno equivoco , e in un equivoco è caduta la Jotti , secondo me , polemizzando sulla distinzione tra la forma del fumetto e il contenuto del racconto a fumetti . Questa distinzione - ha ragione la lotti che la analizza molto brillantemente - è impossibile . Ma la Jotti ha scambiato In « forma » con il genere , o il mezzo , o lo strumento , o come lo vogliamo chiamare , rappresentato dal « fumetto » . Che cos ' è il fumetto ? Risponde la Jotti : « È un modo di raccontare per immagini una storia rappresentata nei momenti più salienti : non vi è commento scritto , soltanto poche parole che escono in una nuvoletta di fumo dalla bocca dei protagonisti » . È perché non sarebbe legittimo raccontare in questo modo ? Vi sono molti modi di raccontare : con la parola scritta , con la voce , con l ' immagine ferma o con l ' immagine in movimento ( cinema , disegni animati , eccetera ) . Ognuno ha la sua funzione . Se si equivocasse tra la funzione del fumetto e quella della lettura , avrebbe ragione la Jotti , perché evidentemente non sono due cose sostituibili , sono due cose diverse . Su altro piano , anche il cinema e la lettura sono due cose diverse , hanno funzioni diverse e si avrebbe torto di chiedere al cinema che ci insegni a leggere ( a parte i documentari didattici ) . Da questo a ritenere il « fumetto » uno strumento ideale evidentemente ci corre . Per esempio , se i ragazzi avessero il loro cinema , - il cinema dei ragazzi che esiste nell ' Unione Sovietica - , credo sarebbero disposti a dimenticare i fumetti da un giorno all ' altro . L ' avvento del cinema ha creato il bisogno di « vedere » : è a questo bisogno , probabilmente , che i ragazzi cercano soddisfazione nel « futuro » . Il giorno che avranno a loro disposizione cinema e teatri , questo bisogno sarà soddisfatto . Finita la guerra , siamo tornati tutti al caffè e nessuno accetta più il surrogato . E ancora , il « fumetto » non ci deve impedire di porci il problema della lettura dei ragazzi , che è un grosso problema : di scrittori , di artisti , di mezzi . La lettura è insostituibile , come ben dice la Jotti , come « educazione al ragionamento e alla riflessione » , « preparazione letteraria » , « educazione dell ' intelletto » , « disciplina interiore degli istinti primitivi , animaleschi » . Anche questo della lettura è un problema economico , sociale e politico , e anche qui bisogna guardare alle cose non con occhio accademico , ma con realismo . In quest ' ultimo mezzo secolo , parallelamente all ' elevazione politica delle masse popolari , si è formata una nuova , immensa domanda di cultura . I giornali e le riviste popolari hanno raggiunto tirature altissime . Centinaia di migliaia di persone che non leggono nulla chiedono da leggere : talora vanno a cadere nelle pagine di Grand Hotel o simili , e tuttavia anche questo è un sintomo del bisogno di cultura . Nel secolo scorso i giornali e i libri per ragazzi erano destinati a ristrette élites , rappresentate dalle famiglie piccolo - borghesi o medio - borghesi . Oggi essi si rivolgono a un pubblico enorme e anche per questo ha prevalso , nella loro impostazione , lo spirito commerciale sui princìpi educativi , la speculazione sulla cultura . I « fumetti » sono stati , prima di lutto , un enorme affare finanziario . Che cosa ci può aiutare a far fronte a questa situazione ? Essenzialmente la nascita di una nuova letteratura per l ' infanzia , capace anche con i suoi mezzi organizzativi di condurre una lotta efficace . Ma questo richiede anni di lavoro , e richiede per il suo successo definitivo anche il realizzarsi di nuove condizioni sociali e politiche . Accanto ai libri possono i « fumetti » essere uno strumento , anche secondario , in questa lotta , oggi ? Se non possono , smettiamo di stamparli . Postilla Non ci sentiamo di condividere la posizione del Rodari , anche se í suoi argomenti sono degni di discussione . Egli accetta , ci sembra , l ' analisi e la conclusione circa la natura non educativa e antieducativa del fumetto , considerato nella unità di forma e contenuto . La distinzione tra forma e strumento o genere o mezzo , non ci pare che regga , ed è da respingere l ' affermazione che ci troviamo di fronte ( anche in questo caso ! ) a una specie di nuova lingua . Quante stramberie e assurdità non si è cercato di mettere in circolazione con questa faccenda delle nuove lingue o delle « ricerche di linguaggio » , espressione che ha un valore metaforico , ma poco più , perché il linguaggio è uno e lo hanno creato e lo creano i popoli con tutta la loro storia e le famose a ricerche » non hanno spesso con esso niente a che fare , non essendo altro che tentativi , esperimenti , successi o insuccessi nell ' ambito del vecchio rapporto tra la forma e il contenuto della espressione . Ammesso il carattere antieducativo dei fumetti , dunque , si propone che vengano tradotte ed espresse in fumetti storie educative . Così fanno certi giornaletti clericali , dove tra poco stamperanno in fumetti la storia sacra ; anzi , spiegheranno in fumetti i misteri della creazione , dell ' incarnazione , della redenzione . Non ne trarrà certo un grande giovamento il sentimento religioso ! Per conto nostro , non metteremo in fumetti la storia del nostro partito o della rivoluzione . Il fumetto a contenuto educativo , poi , è una cosa per giunta scipita , che non attira . Esiste la possibilità di contrapporre al fumetto , invece , una narrazione figurata di tipo popolare , con commenti chiari , che invitino alla lettura , piacciano , si imprimano nella memoria e conservino in pari tempo una dignità letteraria , accoppiando alla visione la lettura e i suoi benefici ? Senza dubbio questa possibilità esiste e si riallaccia tanto a creazioni popolari , come furono le famose images d ' Epinal , come sono oggi le splendide stampe cinesi , quanto a esempi di ottime cose già fatte nel passato . A questo compito dunque ci si cimenti , invece di correr dietro alle forme più corruttrici dell ' americanismo . Ma ci sono anche giornali di sinistra che pubblicano fumetti ! Senza dubbio ci sono : ci permettiamo però di fare osservare che nessuno di questi giornali si distribuiscono attraverso le edicole . Si distribuiscono attraverso reti proprie propagandistiche e di diffusione , e questo vuoi dire che non è che siano costretti a pubblicare fumetti per superare la concorrenza e affermarsi . Lo fanno per altri motivi , che non occorre qui indagare . Nemmeno accettiamo l ' affermazione che il fumetto sia una forma nuova di cultura popolare . No ! Forse la odierna diffusione di certi giornali dimostra che vi è una ricerca più ampia che nel passato di cose da leggere , da vedere ; il fumetto però soffoca , strozza nel suo sviluppo ciò che potrebbe venir fuori di positivo da questa ricerca , cioè impedisce che da essa germogli una più diffusa cultura del popolo . O vogliamo chiamare cultura la conoscenza del calibro necessario per assassinare a sci o a sessanta metri , nel modo come si rincorrono a 120 all ' ora ladri e poliziotti , delle stolte peripezie della vamp e così via . Certo , il fondo della questione è molto complesso perché si tratta di riuscire a creare una letteratura e una pubblicistica per bambini e ragazzi che attirino , piacciano , educhino , e non ostante i buoni tentativi già fatti , si è ancora indietro assai .
Una star di nome Condoleza ( Rossella Carlo , 2000 )
StampaPeriodica ,
Mary McGrory , pepata opinion columnist del Washington post , ha consigliato al candidato presidenziale George W . Bush di " farsi un giro in Europa " . In Gran Bretagna per comprendere la necessità di una dura legislazione sul controllo delle armi e migliorare l ' inglese . In Russia per confrontarsi , sulle nuove " star wars " . A Roma per farsi perdonare dal Papa la visita alla famigerata università razzista del reverendo Bob Jones . Per Mary McGrory , il giovane Bush è un po ' troppo localista , ha un tocco isolazionista e ha bisogno di avere una visione più globale e meno texana del mondo . In realtà George W . ha tenuto , finora , pochi discorsi di politica estera . Al contrario del suo concorrente Al Gore , capace di giocare con esperienza su temi come la globalizzazione , il riscaldamento dell ' atmosfera , l ' aids nel mondo , i sistemi antimissili e gli stati pronti a colpire gli Usa a tradimento . Gore , vicepresidente da otto anni , ha trattato a lungo questi argomenti ed è stato coinvolto nel day - by - day degli affari internazionali . Il giovane Bush invece si è molto occupato di condanne a morte e di tolleranza zero contro la criminalità . Gore parla già come un presidente . Bush ha ancora l ' aria dello sceriffo , non compassionevole ma spietato ( da governatore non ha mai concesso la grazia a un condannato a morte ) . Ma al contrario di Gore , che si avvale della collaborazione dell ' antipaticissimo e antieuropeo Leon Fuerth , Bush dispone di un impressionante team di consiglieri , che fanno dimenticare la sua incapacità di riconoscere i paesi su una carta geografica mascherata . Vanno dall ' ambasciatore Paul Wolfowitz a Robert Zoellick , uno dei principali think - tanker delle presidenze Reagan e Bush , al supertecnico della Difesa Richard Perle , all ' ex ministro della Difesa Dick Cheney , al grande Brent Scowcroft , al supereconomista Michael Boskin . Coordina il team un ' intraprendente dama afroamericana , Condoleza Rice , ex rettore della università di Stanford , guru dell ' Hoover institute . Scoperta dal segretario di stato George Shultz ai tempi di Ronald Reagan , Rice , responsabile del dipartimento Unione Sovietica ed Est Europa al Consiglio per la sicurezza nazionale , ha gestito nel 1989 il crollo del comunismo e la caduta del Muro di Berlino , esperienza raccontata in un bel saggio , Germany united and Europe transformed , scritto a quattro mani con Philip Zelikov . Una regola non scritta della campagna elettorale è che un consigliere non debba mai mettere in ombra il capo . Rice , invece , risponde in prima persona agli interventi di Gore in politica estera . I giornalisti la cercano per qualunque tema , dalla Cina alla Sierra Leone . Il New York Times mette la sua foto accanto a quella di Gore . Rice piace perché è esotica , nera , donna , conservatrice e davvero esperta di politica internazionale . Le sue idee le ha esposte in gennaio su Foreign affairs . Sono poche ma chiare : gli Stati Uniti devono perseguire il proprio interesse nazionale più che far prevalere nell ' azione internazionale gli aspetti umanitari ; Cina e Russia vanno trattate come concorrenti e non come partner . Gli stati amici debbono essere tenuti in alta considerazione e non umiliati . Gli Stati Uniti non possono essere un ' arrogante potenza solitaria ma devono favorire le potenze regionali alleate , come Corea del Sud e Giappone . In questa prospettiva il ruolo dell ' Europa diventa ancora più forte . Rice , in caso di vittoria di Bush , sarà nominata consigliere per la sicurezza nazionale , il posto chiave della strategia presidenziale . La professoressa , già allieva del padre di Madeleine Albright , è amica del giovane Bush e anche facendo jogging gli dà i suoi preziosi consigli .
StampaPeriodica ,
“ Il giornalismo , ” scriveva anni sono Bianchi Giovini , “ dovrebbe cessare dalle parole sterili e vuote , dalle polemiche inconcludenti , dalle pericolose compiacenze delle guerre di partiti , per mettersi sopra una via più dritta e più efficace , per toccare dei mali del paese che sono molti e gravissimi . ” Potremmo ripetere oggi queste parole colla medesima opportunità , anzi con un ’ opportunità forse maggiore . Sono alcuni giorni che è comparsa sui giornali francesi una relazione della Società italiana di beneficenza a Parigi sulla questione della mendicità dei piccoli italiani nelle città principali d ’ Europa , a Londra ed a Parigi specialmente ; relazione che mette al nudo una delle piaghe più vergognose del nostro paese , e nessun periodico ne ha parlato , od è entrato in merito della questione , se ne escludiamo la Nazione e la Gazzetta Ufficiale . In Italia si fa mercato di fanciulli ; pochi lo sanno , e saranno meravigliati di apprenderlo dal nostro giornale . Ecco in qual modo principia e come continua un traffico che si basa sull ’ umanità nella sua forma più interessante : l ’ infanzia ! Nell ’ Italia meridionale , in una provincia ricca più delle altre , la Basilicata , una gran parte degli abitanti fanno una vera industria della musica e del vagabondaggio . Di là sono sempre partiti gli stuoli di fanciulli musicanti , grandi e piccoli , e che hanno resa la loro patria così singolarmente celebre in tutta Europa e perfino in America . Cinque o sei comuni si distinguono sopra tutti per il numero considerevole dei loro emigranti . Essi sono quelli di Marsicovetere , Corleto , Laurenzano , Calvello , Piccinisco e Viggiano . Questa emigrazione , che gli antichi governi del Regno di Napoli agevolavano nello intendimento evidente di sbarazzarsi dal soverchio di una popolazione turbolenta , continua oggidì colla stessa attività . E come i poveri montanari della Savoia e del Piemonte , cacciati dal freddo , si recano nelle grandi città in cerca di un ricovero e di un pane lavorando , i Calabresi si recano da lontano a cercare la loro sussistenza col mezzo di una vergognosa mendicità . Il costume di mendicare da città in città col mezzo di fanciulli ha creato un traffico che si effettua scopertamente sotto gli occhi e colla tolleranza delle autorità di tutti i paesi . Tutti gli anni , ad epoche determinate , partono dai loro villaggi centinaia di fanciulli , dei due sessi , a brigate da due a dieci , sotto la condotta di individui che si dichiarano loro genitori o parenti . Ma in realtà costoro sono veri padroni di schiavi perché questi fanciulli vengono loro affittati , venduti o confidati in forza di contratti bilaterali scritti , e che le due parti probabilmente suppongono regolari , poiché esse reclamano qualchevolta all ’ estero l ’ assistenza dei consoli onde far eseguire le clausole reciprocamente pattuite . Questi contratti stipulano di solito l ’ affitto dei fanciulli per un tempo determinato , mediante il pagamento di una somma annua ovvero di una somma unica pagata in anticipazione per tutta la durata del contratto . I genitori si liberano in tal modo dei loro figliuoli per una somma di denaro , senza altrimenti preoccuparsi della loro sorte , se non allora quando credono di poter trarre un partito più vantaggioso da queste miserabili e deboli creature . Queste bande di fanciulli , appena uscite dai loro villaggi , cominciano a mendicare per conto dei loro padroni , traversano tutta l ’ Italia seguendo il littorale del Mediterraneo , e per la Corniche arrivano a Nizza ed a Marsiglia . Rare volte giungono in Francia per la via di mare , giacché a Marsiglia lo sbarco di questi mendicanti costituisce oggetto di rigorosa sorveglianza . Quando non sono muniti di passaporti regolari passano attraverso alle Alpi per Briançon . Alle frontiere comincia la vera tratta dei bianchi . Là i conduttori li rivendono spesso ad individui abitanti di Parigi e delle altre grandi città di Francia o d ’ altrove . Smerciato il loro capitale , i conduttori tornano nella Basilicata a raccogliervi altri fanciulli che fanno viaggiare nello stesso modo coi documenti che hanno servito pel convoglio antecedente . Ed ecco in qual modo comincia questa odiosa industria . Ecco ora in qual modo essa si pratichi nella più bella città del mondo . Giunti a Parigi questi poveri fanciulli vengono installati alla rinfusa , bambine e bambini , con una promiscuità indegna , in certi alloggi vicini alla piazza Maubert ed al Panthéon . Ciascun mattino questi miserabili pezzenti vengono slanciati in tutte le direzioni alla ricerca del piccolo soldo . Taluna volta i padroni li seguono e li sorvegliano da lungi e vengono a strappar loro di mano il prodotto dell ’ elemosina non appena i donatori si sono allontanati . Ma l ’ incasso viene quasi sempre affidato al più avanzato in età della piccola banda . Il padrone preferisce passare la giornata nelle bettole in compagnia dei suoi pari aspettando pazientemente che i fanciulli rientrino . I più piccoli sono i migliori strumenti della industria perché attraggono meglio la pietà dei passanti , quindi è che sono più ricercati dai trafficanti . Il vagabondaggio dura da mattina a sera . Questi fanciulli vivono di ciò che la carità pubblica dona loro in natura : il numerario devono consegnarlo tutto . Venuta la sera tornano nel loro antro , sull ’ imperiale di un omnibus , che serve qualche volta di teatro alle loro questue . Chi può reggere alle contrazioni , alle contorsioni , al riso , alle lagrime di questi poveri derelitti ? Sovente essi terminano la giornata raccogliendo l ’ obolo dell ’ operaio . Il testo della relazione che abbiamo sott ’ occhio aggiunge : Vedendo questi cenci umani circolare per le contrade di Parigi , si è costretti a domandarsi quali motivi mai facciano tollerare , se non anche proteggere questa vergognosa speculazione . In questa città , nella quale il più piccolo merciaio ambulante paga la patente , dove il commissionario delle strade deve avere un distintivo , dove nulla si fa senza permesso , i soli industrianti di fanciulli sembrano essere fuori delle leggi . Perché questo favore ? Perché in un paese che è alla testa della civiltà , in un paese nel quale il lavoro è in così grande onore si ammette che questo genere di mendicità formi una vera corporazione ? Sono forse le leggi che mancano in simile materia ? Bisognerebbe crearne . Ma esse non mancano . Una sola basta . Il disposto del prefetto di polizia in data 28 febbraio 1863 che dice all ’ articolo 10 : “ È espressamente proibito ai saltimbanchi , suonatori d ’ organo , musici e cantori ambulanti di farsi accompagnare da fanciulli di età minori di 16 anni . ” Quest ’ articolo dice tutto , ci pare , e noi non comprendiamo come vi sia ancora a Parigi un solo fanciullo che chieda l ’ elemosina . Forseché l ’ amministrazione ignora i fatti di cui ci occupiamo ? No . Perché essa ha un servizio speciale di polizia che si occupa di questa industria , e i nomi dei principali trafficanti le sono perfettamente noti . I motivi della tolleranza dell ’ amministrazione francese sfuggono dunque compiutamente alla nostra perspicacia . Allorquando uno di questi fanciulli vagabondi viene arrestato in flagrante di vagabondaggio , viene provvisoriamente detenuto e ne vien dato avviso al consolato generale d ’ Italia . Quasi subito dopo arriva il padrone che lo reclama ed al quale viene immediatamente consegnato . Il momento del loro arresto è il più doloroso per questi fanciulli . Abbiamo spesso assistito ad una vera lotta tra l ’ astuzia di questi fanciulli e la forza degli agenti che ad ogni modo li trattano con dolcezza . Essi cercano tutti i mezzi possibili per sfuggire , perché il loro arresto produce a carico del padrone una perdita materiale che poi bisogna compensare lavorando di più , oltre ad essere severamente puniti . Al terzo arresto dello stesso fanciullo , viene ordinata la sua espulsione dal territorio francese , e del suo rimpatrio viene dato avviso al Console generale italiano che rilascia alla prefettura una ricevuta per ciascun fanciullo . L ’ espulsione non è mai seguita da effetto reale , giacché essi possono rientrare da un ’ altra frontiera accompagnati da altri individui , senza che la loro identità possa essere seriamente constatata . Questi mutamenti di nomi e di padroni si spiegano col mutismo in cui si chiudono questi fanciulli . Li abbiamo interrogati varie volte , e non abbiamo mai potuto averne in risposta che due parole : “ Abito in piazza Maubert e ... sono di Napoli . ” D ’ altronde nulla li obbliga a tornare a Parigi immediatamente : il campo della industria a cui servono è vasto come il mondo , e i miserabili che se ne valgono possono scambiarli , rivenderli , o spedirli a Londra fra le bande che vi formicolano . Tale è la sorte di questa meschina popolazione . La società italiana , aiutata in ciò possentemente dal Ministro d ’ Italia , finirà coll ’ ottenere dal Governo francese la esecuzione severa delle misure adatte a reprimere l ’ industria nella città di Parigi e nella Francia . Ma perché il male sparisca compiutamente , bisogna colpirlo alla radice , cioè là dove esso germoglia in modo incosciente , nello spirito degli abitanti della Calabria che vendono i loro fanciulli come vendono i prodotti del loro suolo . È in Italia che deve farsi il maggior sforzo per sopprimere una industria che la oltraggia . Bisogna che i nostri compatrioti riconoscano che si tratta in una volta di una quistione d ’ umanità e di amor patrio ; che essi sappiano il deplorabile effetto di questi cenci all ’ estero a disonore del loro paese . Non vi sono piccole cause senza effetto . I piccoli mendicanti che gironzano per l ’ Europa perpetuano il pregiudizio che fa dell ’ Italia una nazione accidiosa ! L ’ Italia sa che per ingrandire nelle opinioni dei popoli essa non deve trascurar nulla ; essa pertanto comprenderà la nostra conchiusione . All ’ Italia divisa , senza libertà , senza lavoro , molto poteva condonarsi . All ’ Italia unita , che tende a farsi industriosa , che ha bisogno di sviluppare le ricchezze del suo suolo e del suo genio , l ’ Europa ha diritto di dire : “ Provvedete ai vostri poveri , se ne avete ! Fatene degli uomini . Essi non vi saranno di troppo ! ”
RAPPRESENTAZIONE LIRICA ( DE ROBERTIS GIUSEPPE , 1915 )
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Le poesie che ora studieremo sono da paragonarsi , per significazione ideale , e per il grado di bellezza che colgono intero , a quelle esaminate nel capitolo che intitolammo " lirismo colore " , e rappresentano forse il supremo vertice della lirica digiacomiana . Sta nel bel principio , a mo ' d ' intonazione , il sentimento del poeta : il più complicato , e capace di reggere e collegare tutte le strofe dell ' arietta ; qui fuggito , appena emerso dal cuore , per dar posto alla rappresentazione che è già piena , e vuole erompere ; lì colto a uno stato di maggiore vibrazione e concitazione , e con un senso d ' umanità profondo , sebbene non vasto , nel suo limite breve e senza mistero , serio eppur senza lacrima , smanioso eppur fuori di tormento ; qui più concreto , e cioè con una particolare situazione e determinazione , capace d ' imprimere un movimento , e di riapparire ogni tanto , per fermare certi aspetti , per creare certe pause , per fissare un accordo . C ' è insomma , dentro , tutto quello che impedisce a queste poesie di diventare dei semplici quadretti di genere , frammenti di un mondo ideale inespresso , e sospeso solo su alcuni punti dispersi e lontani : il gesto , più che descritto realisticamente , o fatto sottintendere come tale , è colto , immerso nell ' anima , e poi colorito , semplicemente : l ' immagine sta per suggerire , anzi per far " vedere " - , perché nulla è solo abbozzato , e capolavori di tal fatta non chiedono l ' ausilio del lettore se non per interpretare , al pari d ' ogni altra poesia : cioè guardare con occhio lungiveggente nelle creazioni dell ' arte . La prima delle tre " ariette " da esaminare è " Marzo " , d ' un naturalismo così vivo e immediato che solo è da cercare altri esempi ne " l ' Alcione " dannunziano e in qualche pausa della poesia carducciana , sebbene qui ci sia tanta più semplicità ed essenzialità , sì che ogni parola si fa intensa di vibrazioni , e la linea è d ' una purezza estrema . Le pause ci sono , e le spezzature di ritmo ; eppure non si avvértono , tanto ciascuna parte del verso è piena di una sua intima armonia , che suscitando quasi un murmure infinito crea l ' illusione di innumerevoli accordi insieme fusi da una capacità inaspettata . Vi son variazioni come non è possibile nemmeno immaginare , e con una , necessità profonda , che l ' impressione è tra le più nuove che la poesia possa offrire . Marzo : nu poco chiove e n ' ato ppoco stracqua : torna a chiòvere , schiove , ride o ' sole cu ll ' acqua . Mo nu cielo celeste , no n ' aria cupa e nera : mo d ' ' o vierno ' e tempeste , oro n ' aria ' e primmavera . N ' auciello freddigliuso aspetta ch ' esce ' o sole : ncopp ' ' o tturreno nfuso suspìreno ' e vviole .... Non so come il Di Giacomo abbia osato aggiungere a queste tre divine strofette un ' altra , a mo ' di conclusione , che se non sciupa la poesia urta per il semplice contatto , ed è cosa di cattivissimo gusto : Catarì ! ... Che buo ' cchiù ? Ntiènneme , core mio ! Marzo , tu ' o ssaie , si ' tu , e st ' auciello songo io . È una spiritosaggine degna di Maldacea ; e non ne dico di più . Ma l ' arietta nei suoi primi dodici versi , cioè nella sua parte essenzialissima , è un miracolo . Incomincia con un accordo improvviso e staccato , come per isolare la parola " marzo " e ingrandirla all ' immaginazione ; poi il tono si fa più lieve , e quel " nu poco " ( più facile a pronunciarsi di " un poco " , perché " un " richiede un ' elevazione di accento , e " nu " è assai più riposante ) , che quasi si ammorza in " chiove " ( l ' " o " di " poco " si fonde nel ritmo col " c " di " chiove " ) dà come il senso della pioggerellina di marzo leggera e breve . Breve , perché subito spiove ; e l ' impressione è resa vivamente dal secondo verso : e n ' ato ppoco stracqua dove il verbo esprime , davvero , e con evidenza musicale , quegl ' intervalli pieni di silenzio che succedono dopo un ' acquata . Pure quella " e " a principio del settenario lo distanzia un poco dal verso precedente , ma nello stesso tempo fa precipitare il ritmo verso l ' ultima parola stracca , sì che s ' ha l ' idea di qualcosa d ' improvviso che insieme dura . Poi ci si abitua , e non si avvertono quasi più le differenze tra il piovere e lo spiovere : donde una maggiore rapidità di passaggi : torna a chiòvere , schiove , con quella parola sdrucciola , " chiòvere " , che cerca l ' altra piana , " schiove " . Tutto è ora sullo stesso piano , e la elementarità dell ' espressione e della sintassi rende pienamente questo naturalismo semplice e immediato . - Ma finora non s ' è avuto che una serie di ritmi musicali , con una successione di pause atte a moltiplicare le impressioni armoniche . - Ecco improvvisamente delle immagini pittoriche : ride ' o sole cu ll ' acqua . Qui c ' è più lineatura , come un tratto di colore , una pennellata . Dopo tre versi , vibranti come accordi , quel " ride " , in sé , è cosa squillante , ma , riferito al sole , che brilla nella pioggia che cade , e , si specchia e si rinfrange nell ' acqua che bagna la terra ; e si raccoglie nelle pozze ; crea un ' emozione nuova , e prepara l ' anima a godere in tutta la sua bellezza la strofe seguente : Mo nu cielo celeste , mo n ' aria cupa e nera : mo d ' ' o vierno ' e tempeste , mo n ' aria ' e primmavera . Quei quattro " mo " , a principio dei quattro versi , hanno virtù di isolare le impressioni , di staccarle , e farle risaltare ciascuna in sé , oltre a creare insieme luci e ombre . Tra il piovere e lo spiovere c ' è meno distacco che tra questo gioco vivo di colori ; e la precisione con cui ogni immagine è espressa dà il senso del definitivo . Nessuna parola è forzata , anzi ognuna è semplice , chiara , donde la sua potenza . Son di fronte " celeste " e " nera " ; eppure non offendono per un contrasto troppo vivo e voluto . C ' è forse in tutta la strofe un solo residuo letterario , nel terzo verso , con una inversione del resto giustificata dal bisogno di accentuare maggiormente la parola " tempeste " che è difatti la più essenziale . I primi due tratti sono più propriamente pittorici , gli altri due " emozionali " . Ma la strofe si scinde : da una parte quell ' impressione che dà il marzo piovoso , cupo e nero , come forse nemmeno d ' inverno , insieme con un ' immagine non visiva ma grandiosa : " mo d ' ' o vierno ' e tempeste " ; dall ' altra una serenità di cielo vista semplicemente e fortemente , col sentimento che se ne genera : " mo n ' aria ' e primmavera " . E come i due versi combacianti ( " mo n ' aria cupa e nera " e " mo d ' ' o vierno ' e tempeste " ) formano il centro della strofe , e quasi un punto nero , così gli altri due la cingono . di luce e d ' aria , con un abbraccio immateriale . La conclusione potrebbe sembrare convenzionale , e non è ; - e se la visione s ' è tanto ridotta , la poesia guadagna in determinatezza e precisione . Perché c ' è un intimo legame tra questo marzo ineguale e " l ' auciello freddigliuso " , e le violette , desiderose di sole . Hanno sentito la primavera ventare improvvisamente , poi di nuovo la pioggia , e il freddo , e l ' inverno . A noi questa instabilità non è causa di così forti squilibri , o forse produce effetti più strani e complicati ; - le povere piante ne patiscono ; anche gli uccelli ; che hanno aspettato per lunghi mesi il sole , e dopo un breve e tepido raggio se ne veggono privi ancora . Appunto questa immediatezza , questa semplicità ed elementarità di modi fa la bellezza del " Marzo " digiacomiano . E oltre che idealmente , la fa poeticamente , con due linee più vaste e ondulate che culminano su " aspetta " e " suspireno " verso cui due dei settenari salgono ritmicamente , e da cui gli altri discendono . - Si badi un poco agli accenti rotti di " aspetta ch ' ésce ' o sóle " , e si sentirà , non so come , l ' ansia trepida del povero uccellino ; si ponga mente al " suspìreno " , che fa quasi vaporare l ' altra parte del verso " ' e vviole " , e vedrete le violette tremare nell ' attesa , e perdersi come un sospiro . - Se poi si vogliono apprezzare chiaramente , e valutare , tutte le novità ritmiche , bisognerà trascrivere i versi secondo un diverso ordine , in modo che si veda un primo accordo " puntuale " distendersi ampiamente e pacificarsi . Marzo : nu poco chiove e n ' ato ppoco stracqua torna a chiòvere , schiove , ride ' o sole cu ll ' acqua . Mo nu cielo celeste , mo n ' aria.cupa e nera ; mo d ' ' o vierno ' e tempeste , mo n ' aria ' e primmavera . N '.auciello freddigliuso aspetta ch ' esce ' o sole : ncopp ' ' o tturreno nfuso suspìreno ' e vviole .... Questi tratti realistici , visti ed espressi con rudezza , certificano nel Di Giacomo una forza nuova . Ma il suo temperamento lirico non poteva a lungo rimanere in questa quasi obbiettività ferma ; e se l ' ultima strofe , che a priori escludemmo dalla poesia e che per buona fortuna non aveva turbato la parte migliore , non era di tale capacità espansiva , e , prima di tutto , non aveva in sé tanta vibrazione da investire quei frammenti di realtà miracolosi , in " Na tavernella " corre un ricambio tra lirismo e realtà , e c ' è un progresso di ritmi che par davvero di assistere all ' estrinsecazione graduale di uno stato sentimentale ricco di suggerimenti . Leggiamo . Maggio . Na tavernella ncopp ' ' Antignano : ' addore d ' ' anèpeta nuvella ; ' o cane d ' ' o trattore c ' abbaia : ' o fusto ' e vino nnanz ' ' a porta : ' a gallina ca strilla ' o pulicino : e n ' aria fresca e ffina ca vene ' a copp ' ' e monte , ca se mmesca c ' ' o viento , e a sti capille nfronte nun fa truvà cchiù abbiento .... Stammo a na tavulella tutte e dduie . Chiano chiano s ' allonga sta manella e mm ' accarezza ' a mano .... Ma ' o bbì ca dint ' ' o piatto se fa fredda ' a frettata ? ... Comme me so ' distratto ! Comme te si ' ncantata ! ... Può sembrare che il primo accordo , in questa poesia , non sia se non una ripetizione di quel " marzo " , posto a principio dell ' arietta esaminata innanzi ; e non è . Lo stato d ' animo è invece assai diverso ; anzi si può , dire che uno stato d ' animo vero e proprio non si verifichi nelle strofette di " Marzo " , che paiono create da una forza vergine dimenticata nell ' atto dell ' espressione . Qui al contrario esiste : musicale , cioè indefinito , distratto , fuori quasi della realtà , pur fra tante determinazioni realistiche . Chi canta è felice ; semplicemente ; beato del maggio , della dolce stagione , e dell ' amore . Sopra Antignano i rumori della vita noi , giungono : c ' è un ' aria di cose campestri e rusticane : donde la rozzezza di certe espressioni . - " Maggio " : a questa semplice parola si prova come una carezza lieve . Noi assistiamo quasi al formarsi di uno stato d ' animo : fuori d ' ogni contingenza . La realtà prima non esisteva : ora si affaccia a poco a poco a questo spirito meravigliato e stupefatto . Nessuna inquietudine , nessun turbamento . Son saliti sul colle , questi due amanti , dicendosi chi sa mai quante cose , tra un turbine di sogni : ora sono un po ' stanchi , forse , per la corsa e per il fantasticare ; e riposano . È maggio : ma per essi il bel mese resulta di due sole determinazioni : una realistica , l ' altra musicale ; ma tutte e due ancora piene di poesia , e di parole essenziali e dolci . Na tavernella ncopp ' Antignano : È un decasillabo soavissimo , fatto di due quinarii , che paiono formati di sostanza impalpabile . " Ncoppa " ha virtù di isolare questa " tavernella " su su , sopra Antignano , una verde collina , di cui il poeta non dice altro se non che odora " d ' anèpeta nuvella " . Un particolare assai comune ; ma nella sua posizione è d ' un effetto grande . Addore d ' ' anèpeta novella . Lo spirito comincia a distrarsi nella gioia , donde quella breve pausa dopo " addore " , che lo distacca dal verso seguente , e , nella sospensione , fa pensare a uno che sogni , e goda del suo stato . Tutto è fresco e quasi rorido nel settenario che segue : lo sdrucciolo dà il senso di qualcosa d ' inafferrabile e tenero , accresciuto dall ' aggettivo ricco di suoni dolci ; direi , liquidi . Pure il verso pare detto in dimenticanza . , sotto l ' impulso della parola " addore " , piena di capacità espansiva . Si pensi a " nuvella " col suo accento su " e " lungo , protratto , come di chi s ' indugi , senz ' avvedersene , su cose care ; e s ' intenderà tutta la bellezza di questa situazione . Ma quella spezzatura di ritmo , avvertita già al terzo verso della strofe , si farà più evidente nei quattro versi seguenti , con tre determinazioni prosaiche , senz ' armonia , quasi ad accentuare la distrazione del poeta incapace oramai più di vedere e comprendere , che accoglie i suoni e le impressioni passivamente , senza badare : donde la rozzezza urtante delle espressioni che oltre a rendere con aderenza piena alcuni particolari , sono.psicologicamente espressivi . Pensate un poco a questi quattro versi ; che sono poi settenari per sé armoniosissimi : ' o cane d ' ' o trattore c ' abbaia : ' o fusto ' e vino nnanz ' ' a porta : ' a gallina ca strilla ' o pulcino .... e riduceteli e divideteli secondo il significato delle proposizioni : ' o cane d ' ' o trattore c ' abbaia ; ' o fusto ' e vino nnanz ' ' a porta ; ' a gallina ca ' strilla ' o pulicino ; non hanno più ritmo , e così bisogna leggerli ; ma sono eminentemente pittorici ; sicché va guardato alla posizione di certe parole essenziali come " e ' abbaia " , " nnanz ' ' a porta " , " strilla " . Le espressioni sono violente , come " abbaiare " e " strillare " , ma s ' impongono per una loro virtù comunicativa . " Nnanz ' ' a porta " , sebbene determinazione di altro genere , è anch ' essa rozza , per quell ' improvvisa idea d ' ingombro che crea . - Se poi considerate un poco più addentro , v ' accorgete che nelle prime dite proposizioni i termini essenziali si trovano in fine ; nell ' ultima , in mezzo . E c ' è la sua ragione . " ' O cane d ' ' o trattore c ' abbaia " , " ' o fusto ' e vino nnanz ' ' a porta " sono , per così dire , aritmiche ; donde quel situare in posizione di per sé più evidente i termini su cui più si vuole insistere ; mentre " ' a gallina ca strilla ' o pulicino " è un vero e proprio endecasillabo ; e " strilla " coincide con l ' accento sulla sesta ; sì che tutto il verso è pieno di stridi . - Ora la violenza di queste espressioni , che è poi tutta di particolari realistici , è valsa un poco a correggere la distrazione dell ' amante , e la poesia riprende il suo corso con un impeto impensato . e n ' aria fresca e ffina ca vene ' a copp ' ' e monte , ca se mmesca c ' ' o viento , e a sti capille nfronte nun fa truvà cchiù abbiento .... Qui il ritmo è ristabilito , e si ricollega a quell ' " addore d ' ' anèpeta nuvella " della prima strofe , troncata così bruscamente dal sopravvenire di nuove impressioni . Il motivo iniziale ritorna , e voi sentite al primo accento , che si prolunga in vibrazioni infinite , questa viva gioia . E n ' aria fresca e ffina ca vene ' a copp ' ' e monte . Due settenari formano un verso solo , e danno il senso della lontananza e dell ' altezza della montagna , da cui scende quest ' aria penetrata di un ' essenza di verginità intatta . " Fresca e ffina " : cioè dolce e leggera , purificata da tanto spazio , e tanta verzura , e tanto cielo . Si badi a questo verso felicissimo " ca vene ' a copp ' ' e monte " , con quell ' " a e quell ' " e " che gli danno un ritmo affannoso come per un lungo viaggio ; e al senso voluttuoso che dà l ' altro : " ca se mmesca c ' ' o viento " , e tanto delicato , che nel giro armonioso della strofe produce una breve pausa , come una interruzione spasmodica . L ' aria e il vento sono distinti per una sensibilità acuita , e quasi per uno sforzo di piacere : e l ' aria sarebbe una lieve carezza se non fosse il vento che scompiglia i capelli a questa donna , che prima non avevamo nemmeno veduta . Il particolare con cui il poeta l ' introduce , e l ' entusiasmo e il tono delle parole ne danno un ' immagine immateriale , come d ' una divina creatura incantata . - Ma il vento è come l ' amore , e non dà requie . Stammo a na tavulella tutte e dduie . Chiano chiano s ' allonga sta manella e mm ' accarezza ' a mano .... L ' espressione è leggera , aerata ; v ' è nella frase un tocco piano come di chi non voglia turbare una dolce contemplazione ; il settenario perde i suoi accenti monotoni e cede il posto a versi di più largo respiro , e più lineari . Si hanno così due endecasillabi , accentuati sulla sesta e decima , e cioè armoniosi , senza ostentazione : Stammo a na tavulella tutte e dduie . Chiano chiano s ' allonga sta manella e mm ' accarezza ' a mano .... Pure il primo , con quella determinazione obbiettiva , è più rigido ; ma il secondo è d ' una mobilità grande , e fa quasi vedere l ' allungarsi della mano . Certo che l ' endecasillabo rende l ' atto con più evidenza e riposo che non un settenario ; e sentite in quel " chiano chiano " , che sono suoni tanto dolci , la delicatezza amorosa di questa creatura , e in " manella " qualcosa di morbido , e di soave . L ' accento ritmico che coincide con " s ' allonga " quasi distende il verso . " E mm ' accarezza ' a mano " è cosa tanto leggera ; come una lieve pennellata al quadro ; e il settenario riesce adattissimo , mentre , d ' altra parte , non c ' è forte distacco dal verso precedente ; pare anzi una continuazione , sebbene con tono tanto più mobile . Ma ' o bbì ca dint ' ' o piatto se fa fredda ' a frittata ? ... Comme me so ' distratto ! Comme te si ' ncantata ! ... Ho riunito in un solo verso i primi due settenari a bella posta , perché , ritmicamente , così vanno considerati : oltre che per la interrogazione che unifica i due membri , facendo precipitare il primo e appoggiandolo sul secondo , anche per quel " ma ' o bbì " , che salta a piè pari " ca dint ' ' o piatto " e si ricongiunge grammaticalmente a " se fa fredda " . Il particolare realistico richiamato così bruscamente ironizza questo stato di oblio , e nello stesso tempo riesce a rappresentare al vivo la scena . Le due esclamazioni che seguono forse sono un po ' commento , e possono urtare per un certo parallelismo ; ma nel tono sono perfettamente libere , e non vi insiste tanto sopra la volontà del poeta : sembrano un accordo musicale . Ma è evidente come qui lirismo e realismo si trovano in una completa fusione , e come l ' uno sottolinei l ' altro senza parere . Certo che le cose , a quel contatto , acquistano una risonanza grande , e si giustificano per una necessità profonda . Non c ' è più squilibrio , e le situazioni sono colte nel momento più essenziale , e più ricco . Un intuito quasi divino fa sì che queste creazioni dal respiro breve siano lasciate nella loro umanità casta , e nella loro sentimentalità parca . Questa volta il Di Giacomo ha inteso , acutamente inteso la sua natura , e misurato il giro della sua ispirazione .. Riconoscemmo in " Marzo " un ' obbiettività di specie naturalistica , e in " Na tavernella " quasi il formarsi d ' uno stato d ' animo , nell ' atto che si concretizza in posizioni liriche , lasciate cioè sospese . C ' è più il senso umano , ma nella rapina di piccole strofe che abbiamo visto a volta distendersi sotto l ' impeto del canto , a volta raccorciarsi prese dalla realtà . Il discorso è interno , e le parole veramente dette son poche , appena le ultime : un miracolo d ' arte . Ora appunto a queste : al tratto conclusivo , realistico , che ferma un istante il vanire del sogno , bisogna pensare per intendere pienamente " Dint ' ' o ciardino " . Le strofe che in " Na tavernella " erano mormorate , qui sono narrate , e costituiscono come lo sfondo della breve scena che si svolgerà , questa volta , intera . E non sono già una didascalia vana , ma si collegano intrinsecamente al centro della situazione , che , nella parte dialogica , isolata a sé , potrebbe richiamare alla mente qualche sonetto di " O fùnneco verde " , ma oltre che per una maggiore spigliatezza interna ed esterna ( all ' endecasillabo s ' è sostituito l ' ottonario ) , se ne distacca per quella rappresentazione più larga e viva che la circuisce e la giustifica , psicologicamente e poeticamente _ Ma meglio è forse non prevenire il lettore con osservazioni anticipate . ' A vi ' llà ; vestuta rosa e assettata a nu sedile , risciatanno st ' addurosa e liggiera aria d ' abbrile , cu nu libbro apierto nzino , cu nu vraccio abbandunato , sott ' ' o pede ' e mandarino , sola sola Emilia sta . C ' aggia fà ? M ' accosto ? ( E quase arrivato Ile so ' ncuollo .... ) Core mio ! Cu quanta vase tu vulesse salutà ! Nun me vede , nu me sente , legge , legge , e nun se move ; e io ncantato ' a tengo mente cammenanno ncopp ' a ll ' ove .... Ah ! ... s ' avòta ! ... - Emì .... che liegge ? - Tu cca stive ? ... E ' a do ' si ' asciuto ? - M ' accustavo liegge liegge .... - Pe fa ' che ? ... - Pe t ' abbraccià ! - Statte ! ... - Siente .... ( E ' o libbro nterra cade apierto .... ) Essa se scanza , se vo ' sòsere , mm ' afferra , rire e strilla : Uh ! no ! no ! no ! ... Na lacerta s ' è fermata e ce guarda a tutte e dduie .... Se sarà scandalizzata ; sbatte ' a coda e se ne fuie .... " Rappresentazioni liriche " abbiamo pensato di chiamare queste brevi poesie ; nel qual giudizio è implicita oltre che la , gioia di rappresentare , che è comune a tutte le vere opere d ' arte , quel piacere vivo non solo di esprimere un determinato stato d ' animo , ma di obbiettivarlo , e cioè di porlo fuori di sé , arricchendolo di particolari che meglio lo realizzino alla fantasia . Ora , ricreando il poeta , o chi altro in sua vece , avvenimenti suoi particolari , intimi , del suo spirito , e della sua vita , è chiaro che il contenuto ideale dev ' essere profondamente allegro , sì che la " gioia di rappresentare " coincide con una gioia reale , con un atteggiamento dell ' animo , soddisfatto . Da un dolore tragico , tragicamente patito , può derivare una lirica altissima , non una rappresentazione ; nel senso che chi soffre , ed è poeta , ed è capace di dare espressione alla sua sofferenza , non può nel tempo stesso esserle estraneo , e cioè realizzarla fuori di sé . Così s ' intenderà meglio il progresso della poesia digiacomiana , quando salendo d ' intensità e di dolore , e d ' altra parte per una necessità imprescindibile , dovendosi sempre obbiettivare , toccar piede a terra e pacificarsi , dovrà spersonalizzarsi , e il poeta sarà non più il cantore di sé , ma il narratore , il ricreatore delle altrui vicende . Inteso a questo modo il dramma del mondo digiacomiano , ogni sua faccia s ' illumina : al contatto della poesia stessa siamo riusciti finalmente a segnare una parola definitiva . Ma noi vogliamo ora , fuori d ' ogni costruzione ideale , godere queste sette strofette luminose e vive . E in verità il primo tratto è tale da imporsi alla nostra immaginazione e soggiogarla . Il verso ottonario precipita le impressioni , e oltre che aggiungere spigliatezza alla rappresentazione , quasi dà il senso della rapidità come realmente le cose si presentano alla fantasia del poeta . ' A vi ' llà . ; vestuta rosa e assettata a nu sedile , risciatanno st ' addurosa e liggiera aria d ' abbrile , cu nu libbro apierto nzino , cu nu vraccio abbandunato , sott ' ' o pede ' e mandarino , sola sola Emilia sta . Chi è questa donna ? Emilia . E al modo famigliare come la chiama voi v ' accorgete che si tratta d ' una persona amata . Tanto più che questo nome giunge a noi dopo una felice rappresentazione , e dopo immagini quanto mai fresche . Anche se non volete , il poeta vi sforza a porvi nel suo stesso stato d ' animo improvviso con la violenza di quel semplice " ' a vi ' llà " . Voi siete costretti a fermare la vostra attenzione , ma , d ' altra parte , un primo tratto vivo subito vi compensa e vi orienta . ' A vi ' llà ; vestuta rosa e assettata a nu sedile ; quel color rosa , e quella posizione semplice , nella sua realtà , s ' impongono con un loro modo preciso . Ma qui la gioia dell ' amante si comunica . a ogni parola , a ogni tratto , a ogni immagine , situandole al giusto posto , e con una tal civetteria . Così quando , inebriandosi , dice , o , meglio , aggiunge : risciatanno st ' addurosa e liggiera aria d ' abbrile , voi non sapete se voglia piuttosto colorire e quasi areare il realismo crudo di quella prima posizione , o esprimere la sua intima contentezza : forse è l ' una e l ' altra cosa insieme . Certo che quei due versi sono una pausa impercettibile , e danno un senso di leggerezza agli ottonari seguenti , scanditi ognuno a sé , che rendono con tanta evidenza quel piacere che si prova , in certe ore , a star sdraiati e leggere e fantasticare . E probabilmente si fantastica più che non si legga , come mostrano alcune immagini che messe insieme potrebbero anche suggerire il contrario . Il libro , sì , sta " apierto nzino " , ma quel particolare : " cu nu vraccio abbandunato " esprime troppo la gioia dello star seduti a godersi la mattina e l ' aprile , perché si debba essere attenti a leggere . Il libro è qui un semplice tratto coloristico , come quel " mandarino " , che aggiunge tanta grazia . A ogni modo questa fanciulla è stata abbastanza vivamente rappresentata , ' perché non dobbiamo intendere tutta la passione dell ' amante : passione , se volete , di un minuto , senza travaglio , che se mancasse di una ricreazione così potente diverrebbe leziosa , ma qui profonda , e piena . Anche lo sfondo del quadro prepara a questa grazia , e i colori sono tenui , le linee riposanti , le piante anch ' esse piccine ; un mandarino ; tanto grande , da coprire , come un ombrello , Emilia . Anche le espressioni d ' amore sono quasi infantili , proprio come quando uno è preso da una gioia improvvisa e si rifà bambino , e sente al cuore un tremore come davanti a un giocattolino bello , o a un dolce ghiotto . C ' aggia fa ' ? La domanda non implica un grave dubbio , ma esprime l ' impaccio ingenuo di un fanciullo . M ' accosto ? Esita ancora un poco , non sa ; ma così dicendo avrà camminato . Che volete ? il giardino è così piccolo , e basta fare un passo che s ' è percorso tutto . Donde quella miracolosa parentesi : ( " e quase arrivato lle so ' ncuollo " ) . Non s ' è nemmeno mosso che le è già addosso ; la qual cosa esprime tutto l ' ardore , e l ' atteggiamento buffo di lui che fa improvvisamente un passo e si ferma : " c ' aggia fa ' ? " ; un altro passo , e si ferma ancora : " m ' accosto ? " e , dopo due passi , si trova a destinazione . Apriti cielo ! A vedersela davanti agli occhi trema di commozione : vorrebbe baciarla , ma non osa , e si contenta di darle tanti , tanti baci in immaginazione . Core mio ! Cu quanta vase te vulesse salutà ! Il tremore fa le parole brevi : " core mio " ; poi , come per soffocazione , con accento rotto , un desiderio mormorato : " cu quanta vase te vulesse salutà " . L ' empito della passione s ' abbatte in quel verbo tronco " salutà " : pare uno sfogo . Nun me vede , nu me sente , legge , legge , e nun se move : e io ncantato ' a tengo mente cammenanno ncopp ' a ll ' ove .... Aveva incominciato a far passi da gigante ; ora bisogna che si freni : un po ' per non far chiasso , un po ' per esitazione . " Cammina sulle uova " equilibrandosi a stento , piegando di qua e di là , remeggiando con le braccia . L ' immagine è scultorea , e rende l ' atto con una vivacità intensa : non che non sappia realmente camminare , ma un pensiero gli dice : " corri " , anzi : " baciala " , un altro : " aspetta " , anzi : " sta attento " ; e siccome basta stendere appena una mano per toccarla , a ogni movimento azzardato e audace bisogna che corrisponda uno sforzo contrario : di qui quei divincolamenti pittoreschi . E le parole che pronuncia non hanno quasi significato , o s ' inseguono come a stordire chi le dice . - La scena non poteva esser condotta oltre questo termine . D ' un tratto ogni cosa muta , improvvisamente : Ah ! ... s ' avòta ! ... È come una stilettata : voi non sapete se n ' abbia piacere oppur no ; ma si sa dominare a tempo : " Emì ... che liegge ? n . Veramente , altra doveva essere la domanda ; ma questa è fatta tanto per introdurre il discorso . Emilia intende , o , meglio , non bada a rispondere a una interrogazione oziosa . " Tu ccà stive ? ... E ' a do ' si ' asciuto ? " : piuttosto cerca di spiegarsi la sorpresa . " E ' a do ' si ' asciuto ? " . Si vede che l ' amante ha fatto proprio a modo , senza lasciarsi scoprire . Infatti risponde : " M ' accustavo liegge liegge .... " . Ma la risposta nasconde un proposito criminoso , donde le parole brevi , quasi d ' intimazione , di Emilia : " Pe fa ' che ? ... " . Il poveretto non ne può più ; meglio confessarsi : " Pe t ' abbraccià ! " . E non ha pronunciato la risposta che comincia già a menar le mani . - Statte ! ... - Siente .... ( E ' o libbro nterra cade apierto .... ) Essa se scanza , se vo ' sòsere , mm ' afferra , rire e strilla : Uh ! no ! no ! no ! ... Proprio così : incomincia a menar le mani . Quel : " Statte " è assai significativo , come significantissimo è il " Siente " . Emilia cerca di sfuggire alle " argomentazioni " dell ' amico , che poco parla , e più agisce ; donde quella mirabile parentesi ( " E ' o libbro nterra cade apierto .... " ) , che è conseguenza materiale e immediata dell ' invadenza mascolina , ed è , artisticamente , una pausa realistica fra tutto questo turbinio di parole , una nota beffarda e ironica . Nella colluttazione oramai senza più voci , il libro che cade a terra produce un suono strano . Ora i due non parlano più . " Statte " e " Siente " sono state le ultime botte e risposte . Adesso è tempo di lotta . " Essa se scanza " : invano ; " se vo ' sòsere " : lui l ' ha inchiodata sul sedile ; - e lei che cerca di schermirsi ; ma come si fa .... ; d ' altra parte è così dolce lasciarsi andare : infatti non resiste oramai più che a parole : strilla sì , ma ride anche , e quei tre " no ! " fanno pensare a mille possibilità allegre . - Ma basta : la scena si chiude , come s ' era aperta , con un grido : si potrebbe dire , con una serie di gridi : " no , no , no " , scanditi , divisi , interrotti da pause eloquenti . E c ' è una stasi , così ricca di humour : Na lacerta s ' è fermata e ce guarda a tutte e dduie .... Se sarà , scandalizzata ; sbatte ' a . coda e se ne fuie .... Un particolare realistico , casuale , fatto servire da ironia : e non senza ragione . Un accento di maggior portata sarebbe riuscito inopportuno : qui si fonde mirabilmente ; e la poesia produce un ' impressione netta , intera , senza nei . Quel " s ' è fermata " , all ' improvviso , quel " scandalizzata " , reso più forte dalla rima , quante mai cose suggeriscono che il poeta non dice ! L ' ultimo verso rimasto come sospeso raddoppia l ' effetto e dà un senso di leggerezza alla strofe . Nessun commento : e ce n ' era forse bisogno ? Ogni punto o grado è valso da sé a prepararlo . Ma a preparare questa scena breve , rapida , spigliata , ricca di vita , pur con tanta apparenza di leggerezza , non sarebbero bastate quelle poesie d ' indole narrativa , che esaminammo altrove . Chi non ricorda le ariette di " Lirismo colore " ? " ' E trezze ' e Carulina " ? " Da ' o quarto piano " ? Esse costituiscono il presupposto necessario per giungere a delle rappresentazioni tanto vivaci , e tra i due gradi c ' è scambio : solo che prima era fissato un momento solo , e , più precisamente , un ' immagine ; ora quell ' immagine è messa in moto e mostra le sue facce . Si badi , son sempre sviluppi di figure elementari , non ricche d ' interiorità ; e perciò , nell ' esame che abbiamo tentato di queste poesie , non abbiamo già cercato la risoluzione , per via di dramma , di problemi eterni . Anzi nemmeno il dramma esiste ; ma son semplici posizioni liriche , a cui il poeta vi conduce con una delicatezza estrema , e che non vivono se non in embrione , e come desiderose di sciogliersi in canto .
StampaPeriodica ,
Il 18 gennaio di quest ' anno l ' ufficio censura della presidenza del Consiglio vietava la rappresentazione della commedia di Brancati La governante . L ' indignazione per il divieto ha ispirato all ' autore un pamphlet che egli ha scritto non tanto per difendere la moralità del suo lavoro ( gli dedica infatti solo una pagina ) , quanto per denunciare sintomi allarmanti di una tirannide clericale in formazione . Una difesa della Governante sarebbe stata superflua . Se c ' è una cosa fuori discussione è proprio la moralità della commedia , che ( basta leggerla ) è « quella provinciale e tradizionale » , come dice giustamente Brancati . Protagonista del lavoro non e però la governante francese con la sua perversione sessuale e coi suoi rimorsi , che la portano al suicidio , soffocata dalle preoccupazioni moralistiche dell ' autore , prima ancora che riesca a vivere come personaggio poetico . Il protagonista vero è don Leopoldo Platania , vecchio siciliano trapiantato a Roma , e visto in una situazione nuova . i un tentativo di uscire da quel « gallismo » che tanti spassosi pretesti ha offerto ai piaceri dell ' immaginazione di Brancati . L ' autore ha cercato di uscire dai limiti del suo temperamento « gelido e beffardo ( così una volta ebbe a definirlo Concetto Marchesi ) . E meritava che la sua commedia tosse sottoposta al giudizio più appropriato per un lavoro drammatico , il giudizio del pubblico e dei critici sulla rappresentazione a teatro . Anche per questo motivo , quanti seguono gli scrittori contemporanei nel loro difficile cammino , si debbono sinceramente dolere dell ' ostacolo che si è voluto frapporre a Brancati , proprio quando lui tentato di approfondire le dimensioni del suo mondo artistico e di darci qualcosa di più che un semplice divertimento satirico . Che cosa temevano i signori della censura ? Il successo del lavoro ? Era questo che hanno voluto impedire ? O forse nella Governante c ' era qualcosa che non si svolgeva entro i limiti della morale tradizionale e provinciale , e avrebbe fatto scandalo ? Brancati ha osato mettere in caricatura lo scadente cattolicesimo di una famiglia borghese italiana , ridotta all ' ipocrita e banale principio che per coprire una sensualità da pomicioni « un po ' di religione ci vuole » . Al confronto , una calvinista che si uccide è una concezione troppo seria , troppo elevata . Si contenti della censura l ' autore : qui ci sarebbe stato già materia ( diciamolo col Belli ) « per fotterlo addirittura a Sant ' Uffizio » . Brancati fa intravvedere nei rapporti tra i padroni e la servitù quanto feudalesimo sopravviva ancor oggi nella vita italiana . E per colmo osa far comparire sulla scena il portiere di un barone siciliano manutengolo di briganti . Anzi ci fa sapere che questo povero diavolo va in galera al posto del nobiluomo . A sentirlo parlare , per lui la volontà di Dio coincide con la sua miseria e con tutti i suoi guai : così l ' ha ridotto quella morale di classe che si ammanta col nome di morale cattolica . E son cose da dire queste , e a teatro , ai tempi di Giuliano , di Pisciotta , di Scelba , di padre Lombardi ? Brancati infine si è divertito a ritrarre dal vero ( divertimento riuscitissimo ) un celebre scrittore contemporaneo e ne ha fatto , col prestanome di Alessandro Bonivaglia , un frequentatore del salotto Platania , in maldestra ricerca di avventure o , mancando queste , di tranches de vie per i suoi racconti . Ora questo scrittore sparge ben dati e ben meritati insulti alla borghesia . Ve l ' immaginate a teatro un personaggio simile che tratti la maggioranza dei suoi spettatori con un linguaggio diretto , senza perifrasi e senza allusioni , talché don Leopoldo , alla fine , ammirato e persuaso , gli dice : « Le sue parole sono sante . Tutte verità ... fa bene a buttarci addosso fango . Che cosa ci vuole buttare , fiori ? Ci deve coprire di fango , sino ai capelli . Perché siamo porci ... » ? Rappresentare questa roba , via , siamo giusti : sarebbe stato un ' enormità . Non potevano rendersene complici i prudentissimi censori . E figuratevi con quanta gioia si saranno accorti di avere in qualche modo precorso l ' Indice , che si è occupato recentemente delle opere di Alessandro Bonivaglia e le ha additate al braccio secolare . « Che naso ( avranno detto fra sé ) che naso abbiamo avuto ! » E se lo saranno accarezzato con voluttà , pregustando una bella carriera e un potere sempre meglio adeguato a tanto fiuto . Censori siffatti si possono chiamare zelanti , lungimiranti ma non certo così sciocchi come li giudica Brancati nel suo pamphlet . In questo ( e in altre cose ancora , che dirò subito ) non sono d ' accordo con lui . Ho avuto la fortuna di leggere le sue pagine nella prima stesura , quando erano destinate a fare da breve appendice della commedia : scritte di getto , brillanti , epigrammatiche , sembravano una serie dei più mordaci e inventivi disegni di Maccari . Restano le pagine migliori anche in questa seconda redazione più ampia , dove il Brancati ha voluto impegnarsi a fondo , conscio di dover fare qualcosa per una questione che va al di là del fatto personale , di dover prendere posizione contro il soffocamento della nostra vita culturale . Ma celerei il mio pensiero se dicessi che l ' impressione suscitata da quella prima lettura si sia cancellata leggendo ora il libro . E l ' impressione è che esso sia stato scritto con lo stesso animo col quale Adriano Tilgher nei primi anni del fascismo lanciò il suo famoso pamphlet contro Gentile : uno sfogo geniale , una protesta vibrata , ma con la sottintesa rassegnazione che oramai ben poco ci sia da fare contro una reazione destinata a prevalere . La prosa di Brancati , così caustica quando satireggia l ' odio di Andreotti per la cultura e copre di ridicolo i suoi funzionari , clerico - fascisti di ieri e di oggi , suona invece retorica in quelle parti nelle quali dovrebbe invece concludere a una persuasione energica del lettore . Brancati si rivolge ai professori delle università italiane , perché intervengano contro la censura . Posso mai credere che egli ignori quanti di questi sono clericali e fascisti , e dunque i meno adatti a raccogliere l ' appello , i più adatti a perpetuare nei giovani l ' indifferenza per la libertà e praticamente l ' odio per la cultura ? Si tratta dunque di un appello fittizio , scritto con la certezza che non sarà raccolto . Avrei piuttosto capito che il Brancati si fosse rivolto agli uomini politici e agli uomini di cultura più vicini alla sua posizione . Ma o egli non li onora nemmeno della fiducia di un appello retorico , oppure ha compreso che rivolgendosi a loro non avrebbe potuto non criticarli e svelarne l ' evidente contraddizione tra quel che dicono di essere e quel che fanno : religiosi della libertà a parole , aspiranti di fatto a sostituire al governo le destre fasciste e clericali , per coonestare e consolidare il regime del « galantuomo » De Gasperi , ivi compresa la censura brescianesca del suo Andreotti . Avrei capito un appello alle sinistre , a coloro che per i primi hanno lanciato l ' allarme per la minaccia dell ' oscurantismo in Italia . Non sia mai ! ( ha l ' aria di rispondere Brancati ) e si fa il segno della croce . Come tanti altri intellettuali italiani Brancati è in una posizione di aperta sfiducia e perfino di disprezzo per l ' Italia « possidente » ( come egli preferisce dire in luogo di « borghese » ) . In questo pamphlet si esprime in termini di vera e propria condanna contro questa Italia ( che non si sa fino a che punto poi sia esatto chiamare ancora « Italia » ) . Ma non gli passa neppure per il capo che la lotta di un intellettuale per le sue libertà oggi è indivisibile dalla lotta dei lavoratori italiani per le loro libertà , e che nella misura in cui queste lotte sono condotte unitariamente è possibile una democrazia in Italia . Brancati invece ci tiene a mettere i punti sugli i per far capire che se lui è antiborghese e anticlericale di circostanza , perché la reazione lo tira per i capelli , è innanzi tutto anticomunista per principio . In fondo , se la nostra borghesia fosse meno ignorante , se il cattolicesimo italiano fosse meno arretrato e provinciale ... Io ( dice a un certo punto e ad ogni buon fine Brancati ) non ho esitato nel 1942 a inginocchiarmi davanti a Pio XII , che dava del lei con raro coraggio civile e faceva dei formidabili discorsi antifascisti . Ora , a Brancati che cita con tanto entusiasmo il De Sanctis e vorrebbe che il suo maggio su padre Bresciani fosse letto in tutte le scuole ( ma quali scuole : quelle presenti o quelle che ci promette la riforma Gonella ? ) io vorrei ricordare un ' altra pagina del Do Sanctis , quella che conclude le lezioni sulla scuola cattolico - liberale , dove si dimostra in che cosa e perché siano falliti i liberali in Italia e si parla di « uomini con evidenza scettici che si picchiano il petto » , e si ricorda « l ' antica piaga italiana che ci ha impresso in fronte il marchio dell ' ipocrisia , la quale si riapre e inciprignisce » . Non s ' illuda il Brancati con le sue distinzioni teoriche e le sue cautele pratiche . Oltre Tevere ( per un ' esperienza che da va da Vittorio Alfieri oramai ai giorni nostri ) sanno benissimo qual conto debbano fare degli astratti atteggiamenti libertari di tanti Intellettuali italiani . Oltre Tevere aspettano . C ' è sempre un monsignore pronto a mettere nelle dovute forme il discorso di un Antonio Baldini che si rechi a umiliare un po ' di cultura ai piedi di Sua Santità . Dicono che Brancati ambisca d ' essere il Gogol della Sicilia : non vorrei che il punto di contatto si restringesse solo alle involuzioni reazionarie di quel grande . Come ho detto , nella Governante egli m ' è apparso coraggioso più che in altri suoi scritti , aut i limiti artistici di don Leopoldo eccedono di poco i limiti del pamphlet , i limiti dell ' autore in quanto uomo di cultura . Tuttavia se il personaggio della commedia è grottesco e muove al riso , l ' autore del pamphlet si dibatte tra contraddizioni che sono molto meno semplici e che intanto non sono individuali e anche per questo riescono altamente significative e drammatiche . Non si tratta solo di Brancati e della sua commedia , si tratta di Alvaro e di De Filippo , di Levi e di Moravia , di Rossellini e di Zavattini : si tratta di una crisi profonda della cultura contemporanea che in Italia assume aspetti di eccezionale gravità . Ma credono questi uomini di poter salvare la libertà dell ' intellettuale al di sopra delle lotte internazionali , delle lotte fra classe e classe , fra partiti e partiti , fra opposti schieramenti politici e ideali ? S ' illudono di poterlo fare alternando la tattica di don Chisciotte a quella di don Abbondio , i ragionamenti di Sancio Pancia a quelli di don Ferrante ? Se è vero che credono nella forza dell ' intelligenza e della cultura , perché poi hanno così scarsa fiducia di se stessi e non prendono iniziative serie per affrontare in Italia , in concreto , i problemi della libertà della cultura , ponendo magari delle condizioni per un ' intesa chiara e dignitosa con quelle forze che sole possono ostacolare il trionfo di una tirannia alla Franco o alla Salazar ? Dice il Brancati che la lotta per la libertà e la espressione del pensiero è una lotta ben distinta da quella che combattono le classi lavoratrici . Ammettiamolo pure . Ma avete così poca fiducia nelle vostre idee , nella capacità di lotta e nel vostro stesso prestigio di intellettuali se pensate di non poter in nessun modo influire sulla direzione c il rinnovamento culturale dell ' Italia , dico di quella presente e di quella avvenire ? Ma ci credete ancora all ' Italia oppure preferite parlare dell ' Europa e del mondo , perché non avete il coraggio di confessare che lo sfacelo dell ' Italia « possidente » significa per voi senz ' altro lo sfacelo dell ' Italia ? Da questo stato d ' animo possono nascere articoli , pamphlets , proteste , libri , ed è bene che ci siano e che si moltiplichino . Ma occorre uscire una buona volta da un atteggiamento arrendevole e crepuscolare , per cui in segreto si desidera che il fascismo o il clericalismo , in una parola la vecchia decadenza italiana prosperi e si consolidi , per poterci declamare su le nostre brave orazioni libertarie . La resistenza al clerico - fascismo anche nel campo della cultura comincia ora , perché ora comincia il clerico - fascismo più pericoloso , quello che ci promettono , in nome della democrazia e della libertà , i poveri parenti di De Gasperi e di Scelba e di Andreotti . Ecco perché anche a un saggio come questo di Brancati si deve augurare la più ampia risonanza . Esso è tra i più interessanti della collana « Libri del tempo » coraggiosamente intrapresa dell ' editore Laterza . E come dopo la Liberazione si dové notare con rammarico che qualche lavoro del tutto sprovvisto di serietà minacciava di interrompere la tradizione culturale di questa casa editrice , così oggi è da rallegrarsi che questa tradizione segni una fortunata ripresa .
AL FRONTE. DIARIO D’UN GIORNALISTA ( FRACCAROLI ARNALDO , 1915 )
StampaPeriodica ,
Regione del Tonale , 16 agosto 1915 . Siamo in alta montagna a 2300 metri , in una delle zone di guerra più aspre . Il paesaggio è magnifico e terribile . Una moltitudine solenne di picchi , di rocce , dì montagne fasciate di nebbia che sfumano nel cielo , che confondono il candore delle , loro nevi nel grigiore lattiginoso delle nubi . Siamo alla metà di agosto : a Brescia di dove siamo partiti stanotte si bruciava , qui si gela . La visita dei giornalisti al fronte comincia da questa zona alpina . La carovana si è riunita l ' altro giorno a Brescia . Il sottocapo di Stato Maggiore , il generale Porro , è venuto a portarci il saluto dell ' Esercito : è stato un piccolo discorso , e un grande successo . Cosa non facile a ottenersi quando si tratta di un pubblico di giornalisti , gente notevolmente smaliziata . Siamo in una cinquantina ; trentasei italiani e quattordici fra inglesi e francesi . Ci sono anche due svizzeri : uno svizzero tedesco e uno svizzero italiano . La croce bianca della neutralità elvetica li avvolge . Ci sono anche due signore : una del Canadà e una che rappresenta una rivista inglese . I colleghi bene informati assicurano che sono due giornaliste . Può anche darsi . Questa escursione di giornalisti è guidata da un colonnello di Stato Maggiore il quale è assistito da un gruppo di eccellenti ufficiali . È un piccolo quartiere della stampa ben organizzato , non appesantito da molta burocrazia . Le visite al fronte vengono fatte individualmente , senza grida di ufficiali . Viene fissata per ogni due giorni una nuova zona da visitare , e in questa zona ci moviamo liberamente , ciascuno nella propria automobile . Coloro che amano la compagnia si son riuniti in gruppi di tre o quattro , si dividono il posto e la spesa dell ' automobile , e via . Cosi siamo partiti questa notte da Brescia , a ore diverse . E pareva che per le strade dell ' alto Bresciano e del Bergamasco rombasse una corsa d ' automobili . Fino a Edolo , su per il lago d ' Iseo e la vallata dell ' Oglio , strade quasi deserte . Poi , gran fragore di pesanti vetture automobili , di carri , un lento sfilare di colonne di munizioni e di rifornimenti , reparti di truppa in movimento . Eravamo entrati nei corridoi della guerra . Ora qua su a 2300 metri , siamo sulla linea estrema . Un largo spiazzo , qualche ingegnoso baraccamento per i soldati , un paio di capanne per gli ufficiali , appostamenti di artiglierie , ciglioni di trincee . Sono salito fin qua su in automobile , e due mesi addietro non ci si poteva venire che stentatamente a piedi . I nostri soldati hanno trasformato la disagevole mulattiera in una magnifica strada alpina larga e comoda che scala la montagna . In così breve tempo è stato compiuto il lavoro colossale , e si tratta di una cinquantina di chilometri in salita . Un prodigio ! Trovo quassù un piccolo reparto e un gruppo dì ufficiali gentilissimi . Ufficiali e soldati si trattano fraternamente , con una cordialità deliziosa che non guasta affatto la disciplina , ma la ammorbidisce , la rende spontanea . Sentono che ubbidiscono tutti a una autorità altissima e cara : la Patria . In questa zona alpina del Tonale e dello Stelvio come più avanti in tutto il fronte meridionale e orientale del Trentino , fino al Cadore e fino in Carnia la guerra non può muoversi in grandi azioni . E ’ guerra lenta di agguati e di sorprese : guerra di eroismi pazienti e ignoti , fra la maestà formidabile delle montagne , nel freddo , sulla neve . Prima di vincere il nemico bisogna vincere la montagna . Di quando in quando il silenzio è lacerato da rombi cupi che le valli profonde si rimandano sbigottite . Sono le artiglierie che si cercano e che si battono . Le montagne si destano . Sibili vertiginosi flagellano l ' aria , poi giunge un rintronar lontano di colpi ; le esplosioni . Qualche volta la musica continua per giornate intere , qualche volta tace dopo i primi colpi . Si passano giorni di lavoro indicibile , e lunghe ore di attesa paziente . Il tempo qui ha un solo valore : quello che vogliono dargli gli uomini . In questa zona alpina , l ' importanza consiste nello strappare al nemico le posizioni dominanti che fino al 24 maggio gli davano in mano le chiavi di casa nostra . Il confine austriaco penetrava in terra nostra come una lama . Ora la situazione è assai cambiata . Con l ' immediato balzo in avanti , venne sensibilmente modificata la linea di confine , fino dall ' inizio della guerra . Diceva il primo bollettino del Comando Supremo : « Le nostre truppe , prendendo ovunque l ' offensiva , occuparono i seguenti punti : Forcellina di Montozzo , Tonale , Ponte Caffaro in Val Giudicaria , terreno a nord di Ferrara di Monte Baldo , Monte Corno , Malga di Foppiano sul versante nord dei Monti Lèssini , Monte Pasubio , Monte Baffelan alla testata delle valli d ' Agno e di Leògra e altri paesi della Valle del Brenta » . Ora si continua , per allargare il confine . E le chiavi di casa nostra sono in mano nostra . Sopra il Passo del Tonale , 17 agosto . Un ' alba gelida . Si vede Edolo giù nella Val Camonica striata dalla linea scintillante dell ' Oglio . Intorno , un tempestoso panorama di cime nevate . L ' Adamello è quasi completamente mascherato dalla candida parete maestosa del Baitone . Il Tonale a 2694 metri è occupato dai nostri . Più giù , al passo del Tonale che si in sella fra i due monti , un nastro di strada segna il vecchio confine : è la grande strada che da Edolo per Ponte di Legno conduce a Bolzano . Oltre il passo , sul crestone di un monte nero d ' ombre , gli austriaci hanno stabilito un loro posto di osservazione : l ' osservatorio di Monticello , a 2800 metri . Il capitano me ne sta indicando la posizione esatta : una nuvoletta bianca si sfiocca proprio in questo momento sul crestone , poi un ' altra , poi altre ancora . Le nostre batterie lo stanno battendo a shrapnels . Ma son duri a pigliarsi mi dice l ' ufficiale . Certamente dall ' osservatorio gli austriaci vedono la vampa , e si riparano in tempo . Bisogna demolire l ' osservatorio . Vuol dire che lo demoliremo , o lo prenderemo d ' assalto ! Gli austriaci han tirato qualche volta in direzione di Ponte di Legno , ma il paese era stato sgomberato . Un giorno , in luglio , le nostre pattuglie in ricognizione avevano scovato in fondo alla Val Camonica due austriaci : interrogati , annunziarono per il giorno dopo il bombardamento di Ponte di Legno . Infatti il giorno dopo le granate vennero , ma il paese era deserto . E adesso le batterie austriache sono state sloggiate . Un fragor di colpi fondi arriva dal Baitone . Cannonate ? No . Son mine . Il Baitone è in nostra mano , e i nostri soldati gli stanno cambiando fisionomia . Però dalla spalla d ' un monte partono rombi terribili . Sono le nostre artiglierie grossissime che tempestano sul forte dl Saccarana , a oriente del passo . La voce di queste artiglierie è tremenda , e pare che più tremendo ne sia l ' effetto , perché il forte austriaco abbaiava ferocemente fino a qualche giorno addietro , contro di noi : ora tace . Ogni giorno è così mi dice un ufficiale d ' artiglieria Dobbiamo fare un lavoro di trapanazione . Lavoro lungo e paziente . Ma ogni giorno è un passo avanti . Piccolo , ma continuo . Andare in fretta , qui , non si può . Ma arriveremo . Gli austriaci son duri , la montagna è dura , ma noi siamo più elastici ... Regione dello Stelvio , 18 agosto . Nevica . Una tormenta di neve flagella l ' aria , Per la stradina mulattiera che si stacca dalla strada cantoniera dello Stelvio e che sale ripida sui fianchi della montagna , incontro qualche pattuglia di alpini che vanno in ricognizione , qualche colonna di muli che va a rifornire i distaccamenti : ombre che si muovono nel frusciar grigio del nevischio . I due alpini che mi fanno guida mostrano di non occuparsi affatto della neve . E ’ una vecchia amica , che non riposa neppure in estate . Lungo il sentiero troviamo dei gruppi di alpini che lavorano tranquillamente sotto il nevischio a costruire reticolati . Siamo certi che non li adopereremo mai mi dice un ufficiale ma bisogna farli . Tutti gli osservatoti e le posizioni di artiglieria devono essere difesi . Qui ci sono delle artiglierie ? E guardo intorno sorpreso , cercando . Niente . Roccia e neve . Non una sporgenza , non una feritoia ; il terreno appare uniforme e intatto . L ' ufficiale mi guida per un breve sentiero che gira una roccia e mi indica in silenzio l ' entrata di una galleria . È una porta aperta nel buio . Entro . Ed ecco in fondo a questo corridoio scavato nella montagna filtrare della luce . È il finestrino , introvabile dall ' esterno , che guarda le posizioni nemiche nelle montagne di fronte . Fa l ' effetto di guardare per il cerchio della lente in uno di quei baracconi da fiera i « panorami » ingranditi . Sì vede splendidamente , e non si è visti affatto . Le batterie sono rintanate in altre gallerie ugualmente profonde , scavate nella roccia : il foro della cannoniera lascia appena lo spazio alla bocca da fuoco di prendere i movimenti di mira . Dentro gli artiglieri sono più sicuri che in una fortezza . La roccia di cinque sei metri che sovrasta alla galleria è una tal cupola corazzata che non può temere violenza di proiettili . Questi lavori sono anche più sorprendenti più in alto , a tremila metri , dove la posizione permette di dominare il passo dello Stelvio e le montagne ancora austriache che gli stanno di fronte . Dietro alla roccia che serve da muraglia è tutto un sistema di gallerie , di passaggi coperti , di fosse di comunicazione . Dall ' osservatorio si distinguono al canocchiale i trinceramenti degli austriaci , si vede al passo dello Stelvio l ' albergo Ferdinandshöhe mezzo rovinato dai nostri tiri - l ' albergo è effettivamente una caserma austriaca - e si vedono i posti avanzati degli alpini aggrappati alla montagna alla quale stanno dando lentamente l ' assalto . Gli austriaci stanno in alto ; gli alpini si arrampicano sui fianchi . Dalle alture , gli austriaci sparano fucilate , rotolano massi , tentano discese notturne . Niente ! Gli alpini salgono , fanno balzi da un macigno all ' altro , vi si riparano dietro , vi si trincerano , resistono , contrattaccano , continuano a salire : ostinati meravigliosi , invincibili . Quando la molestia nemica si fa più aspra , intervengono da queste altre montagne le nostre artiglierie . Il capitano che comanda la batteria viene all ’ osservatorio , scruta la montagna di fronte dalla quale partono le fucilate contro i nostri soldati più sotto , e ordina il fuoco . La montagna rugge . Nuvolette bianche sbocciano in fila sopra i trinceroni nemici , con la regolarità con cui si accendono le candele sugli altari . La fucileria austriaca cessa : gli austriaci che vi stanno trincerati hanno dovuto pensare a ripararsi . E gli alpini , più sotto , lasciati tranquilli , ricominciano a lavorare , ricominciano a salire . Le montagne si conquistano così , fino all ’ impeto finale dell ' assalto alla baionetta E questa è la vita d ' ogni giorno e d ' ogni notte delle nostre truppe alpine . Condino nel Trentino , 20 agosto La mattina del 24 maggio , appena dichiarata la guerra , le nostre truppe si precipitarono innanzi subito , su tutto il fronte . Qui nella Va ] Giudicaria il confine era a Ponte Caffaro . Dinanzi alla irruzione dei bersaglieri e della cavalleria il piccolo presidio austriaco fuggì , e nella fuga cercò di allarmare gli abitanti della vallata . - - Arrivano gli Italiani : Salvatevi ! Arrivano gli Italiani ? Tanto meglio - E gli abitanti rimasero , quei pochi abitanti che l ' Austria vi aveva lasciati , dopo aver reclutati o internati quanti poteva . Una famiglia fuggì in quella notte : la famiglia dei conti Ladrone , fedelissima agli Absburgo . Fuggì in gran furia dal Castello di Lodrone , abbandonando ogni cosa : argenteria , valori , quadri , abiti , biancheria , tutto . In cucina i nostri soldati trovarono i preparativi per la colazione . I letti disfatti erano ancora tepidi . Ora Lodrone è italiana , e il battesimo è stato consacrato sul muro della prima casa con una grande scritta : Regno d ' Italia Comune di Lodrone . Comincia da qui la vera invasione del Trentino , l ' avanzata su Trento che si sviluppa poi da tutte le altre vie : da Ala verso Rovereto , dalla Vallarsa verso Rovereto , dalla Valsugana per Borgo e per la valle del Brenta , dal Cadore e dall ' Ampezzano per la strada delle Dolomiti . L ' avanzata in Val Giudicaria non ha incontrato troppa resistenza : piccoli scontri , ostacoli di ponti e di strade fatti saltare e prontamente riparati , tentativi di artiglierie nemiche sollecitamente smontati . Ora il vecchio confine non segna più che un ricordo , e le indicazioni stradali hanno conservato le stesse scritte di prima , ma i pali han mutato colori e sono guardati da sentinelle italiane . Lodrone coi suoi due vecchi castelli , uno dei quali fu bruciato nel 1848 dai volontari italiani , Darzo , Cà Rossa , Storo che nel '66 accolse il quartier generale di Garibaldi , la Val d ' Ampola per la quale si arriva a Bezzecca , Condino , capoluogo della Giudicaria , sono tutti italiani . E pure trovandosi in mezzo alla guerra vivono la loro vita tranquilla , sotto la protezione dei nostri soldati . Solo da Condino in avanti fu necessario lo sgombero degli abitanti perché il terreno è ancora battuto dalle due artiglierie , e quella austriaca ha la malvagia abitudine di inferocire contro i , villaggi e le città che fu costretta ad abbandonare . Inferocisce probabilmente perché capisce che l ' Austria non li potrà più riprendere . Ala , 23 agosto . Fra le cittadine conquistate nel basso Trentino , Ala è la sola dove l ' avanzata italiana fu combattuta proprio in città . La piazzetta del Mosè porta ancora sui muri i morsi delle mille pallottole di fucile che da oltre torrente gli austriaci trincerati alla Villa Brazil spararono contro il primo reparto delle nostre truppe . E non si chiama più la piazzetta del Mosè , da allora : ha preso il nome del generale che guidava i nostri soldati , il generale portentoso che una fucilata doveva poi uccidere due mesi più tardi fra le Dolomiti : Antonio Cantore . Ala s ' è fatta italiana il 27 maggio . E il primo a entrarvi solo in automobile col suo capo di Stato Maggiore , fu appunto il generale Cantore . Gli austriaci avevano fatto saltare la linea ferroviaria sull ' Adige , avevano tentato di far franare la strada , avevano distrutto un molino , e devastata la stazione . I soldati nostri entrarono dalla piazza dei Cappuccini . La strada era sbarrata da una barricata di travi e di alberi abbattuti . Un capitano obbligò i primi cittadini incontrati a levarla : Ala italiana non doveva soffrire l ' umiliazione di aver lasciato sbarrare la strada ai fratelli che venivano a liberarla . Arrivati all ' altro capo della cittadina , i soldati nostri furono accolti dalla raffica di fucilate . Gli austriaci ottimamente riparati dietro alle trincee di Villa Brazil li aspettavano lì . E fu allora che una giovanetta ardita , la signorina Maria Abriani , si offerse di guidare gli italiani a una collina dalla quale si sarebbe potuto controbattere il nemico , e li precedette intrepida sotto il fuoco furibondo degli austriaci : sorridente ed entusiasta . Delizioso di significazione simbolica questo eroismo della fanciulla che guida verso la vittoria i liberatori della sua terra . Quella sera stessa , dopo cinque ore di fuoco , Ala era italiana . Poi l ' avanzata procedette , lungo la Val d ' Adige rudemente tagliata nella roccia : Marani , Pilcante , Santa Lucia , Santa Margherita , Serravalle , Chizzola ... Dalle nostre posizioni avanzate si vede biancheggiar lontano pochi chilometri , allo svolto della valle , dietro allo sperone di Zugna Torta , la prima borgata di Rovereto . Dal lago di Garda fino alla Vallarsa la marcia su Rovereto procede concorde : dall ' Altissimo giù per i monti fino alla Val d ' Adige , e poi nel gruppo dei Lèssini è tutta una fascia che si allarga per stringere la bella città della Valle Lagarina . Rovereto è deserta ; e alla notte è buia come Riva , la cittadina graziosa annidata all ’ estremo limite del lago di Garda , e che appare desolata , da Malcèsine . La fantastica impresa dei sei alpini che in una notte di bufera si calarono in territorio nemico a distruggere l ' impianto idroelettrico del Ponale ha tolto la luce a tutta questa zona . E alla notte il lago magnifico non è illuminato a sprazzi che dalle lame di luce dei nostri proiettori . Forte austriaco del Pozzacchio , 24 agosto . L ' Austria ha gridato al tradimento dell ' Italia . Povera buona ingenua Austria ! Voleva che l ' Italia aspettasse fino al momento in cui l ' Austria terminati tutti i suoi preparativi contro di noi le dicesse : « Ora che sono pronta e sicura , la guerra te la faccio io ! » . L ' Italia ha avuto il gravissimo torto di prevenirla , ed ecco che nel terreno conquistato troviamo ad ogni passo le prove della guerra che la buona alleata ci preparava . Questo forte del Pozzacchio in Vallarsa , conquistato di sorpresa dai nostri il mattino del 3 giugno , è un ' opera colossale . Non è costruito : è scavato nella roccia , a 980 metri d ' altezza . Gli austriaci vi lavoravano attorno ansiosamente : faceva parte del vasto sistema di opere militari che doveva rendere sicura quella invasione in Italia , della quale si parlava e si scriveva apertamente in Austria . Fra due anni , il Pozzacchio sarebbe stato un forte formidabile . Gli austriaci vi hanno profuso milioni . La montagna è stata scavata fino a profondità incredibili : è tutto un intrico di corridoi sotterranei , di sale , di depositi di munizioni , di piazzole per i pezzi : gallerie buie in fondo alle quali occhieggia qualche feritoia malamente interrata . Il cupolone di roccia ha una base di due chilometri quadrati . Arrivandovi di sorpresa , i nostri soldati vi han trovato le cupole corazzate in acciaio fuso : blocchi enormi di uno spessore di 120 millimetri , ancora montati sui carri coi quali erano stati portati fin quassù . E macchinari non irreparabilmente infranti dagli austriaci prima di fuggire , e automobili rovesciate giù nel burrone , e carrelli , e perforatrici . Tutto un arsenale . Prima di fuggire gli austriaci hanno anche dato fuoco alla caserma e alla palazzina degli ufficiali , ma molte cose son rimaste . Così vediamo che per il presidio v ' erano termosifoni , bagni , vasche , docce , un impianto elettrico con fili di fulminazione applicati alle finestre . E abbiamo anche trovato una bella strada di quattro chilometri che si allaccia alla strada di Rovereto . Mancava naturalmente la strada dal lato italiano : e gli italiani hanno riparato subito alla deficienza . L ' Austria stava facendo il forte di Pozzacchio per l ' Italia , ma non avrebbbe certo pensato mai di farlo per l ' Italia in questo modo ! Fiera di Primiero , settembre Le intenzioni dell ' Austria verso l ' Italia vogliono altre documentazioni ? Ecco qui la strada militare del Broccon che attraversa la Val Corteila e la Val Tolva fino alla Val del Brenta : quarantaquattro chilometri di magnifica strada sui fianchi delle montagne fra i mille e i duemila metri d ' altezza , da Imer presso Fiera di Primiero fino a Borgo , che ho fatto stamattina in automobile . Strada esclusivamente militare , come esclusivamente militari sono i forni elettrici di Fiera e d ' altri paesi della zona , capaci di preparare pane per interi corpi d ' armata . Era la grande campagna contro di noi che si organizzava , con una precisione meticolosa . Guai se ci fossimo lasciati cogliere ! L ' Austria , malgrado le impazienze degli ambienti militari e dell ' ucciso arciduca , non ci aveva ancora attaccato perché non era ancora perfettamente pronta . Aspettava . Per fortuna nostra , l ' Italia non le ne ha lasciato il tempo . E giù dalla vecchia frontiera sono traboccati i soldati italiani , e hanno invaso questa terra che si mantenne italiana sempre , e dove si parla con commovente dolcezza il dialetto di Venezia dapertutto . È tutta una festa d ' armi : d ' armi italiane . Bersaglieri , alpini , fucilieri , artiglieri , cavalleggeri , carabinieri : sono dapertutto , nei paesi in fondo alle valli e sulle cime delle montagne , dove si combatte e dove si prepara l ' altra vittoria che seguirà . Nel fuggire , gli austriaci hanno incendiato San Martino di Castrozza ch ' era deliziosa di alberghi tra il verde e adesso è nera di rovine bruciacchiate , volevano incendiare Fiera di Primiero , hanno bombardato Borgo e Pieve di Livinallongo dopo essere stati costretti ad abbandonarli . E ’ il saluto di congedo . Altre città , altri paesi dovranno purtroppo sopportarlo . Ma bisogna rassegnarsi : sarà l ' ultimo saluto degli austriaci .
IL SUO ULTIMO SABATO SERA ( Campanile Achille , 1960 )
StampaPeriodica ,
Fra le morti di persone note attraverso la loro attività , uomini pubblici , o illustri , o popolari , ce ne sono che commuovono , o colpiscono , o perfino sbigottiscono . Ma di solito toccano la mente più che il cuore . Si pensa : " Era il tale ... Ha fatto questo , quest 'altro..." La morte di Mario Riva , indipendentemente da tutto , è un sincero dolore per tutti . Con lui , prima ancora che l ' uomo popolare , il personaggio caratteristico del video , o quello che sia , abbiamo perduto una persona cara . Questa morte è per tutti un po ' un lutto di famiglia . E poi c ' è il modo crudele e stupido di essa : non una malattia , né un incidente mentre correva a duecento all ' ora in automobile , ma una banale caduta durante il suo lavoro . Lavoro che solitamente non comporta rischi , come un ' improvvisa caduta da cinque metri d ' altezza . Lavoro in un certo senso pacifico , lieto , fra musiche e canti , davanti a una folla immensa , festante , affettuosa . Lui deve fare un ' allegra entrata correndo , con una finta fiaccola olimpica in pugno . Ma mette il piede su un ' inavvertita insidia e precipita in un baratro , in fondo al quale l ' aspetta la morte . Chi poteva immaginare una cosa simile ? In una serata simile ? E per un uomo come lui , vivente allegra negazione dei drammi , delle tragedie ? Ecco quello che fa più crudele la sua morte e ci riempie di dolore e di pena : il banale incidente , che si poteva benissimo evitare e che lo uccide quando , dopo molti anni di sfortunate fatiche , aveva appena raggiunto il successo , che per lui si concretava soprattutto in un ' immensa straordinaria popolarità e nel fatto che tutti gli volevano bene . Anche i bambini di tre , quattro anni , lo conoscevano , lo chiamavano a nome per la strada , gli sorridevano affettuosi , come a un caro zio bonario e divertente . Quando , il sabato , il suo faccione allegro , simpatico , s ' affacciava alla finestrella del video , come se egli si protendesse da un immaginario balcone per darci la buonasera , era un amico che ci entrava in casa e che voleva portare a tutti un ' ora di serenità quasi fanciullesca . La trasmissione che gli ha dato ... No . Sbaglio . Stavo per dire : che gli ha dato la popolarità . Invece , una volta tanto , bisogna invertire i termini : la trasmissione a cui egli ha dato la popolarità . Pare impossibile , trattandosi di quella formidabile macchina per fabbricare la popolarità che è la TV . Ma se l ' apparire sul video ha reso popolare il sorriso di Mario Riva , Mario Riva ha reso non soltanto accettabile , ma addirittura popolarissima e gradita al pubblico la trasmissione che presentava e che , senza di lui , sarebbe stata di una non sopportabile insipidezza . Non aveva pretese trascendentali . Si contentava di essere quello che si dice un bonaccione , un simpaticone , non voleva far male a nessuno , e sono certo che non ha mai fatto male a nessuno . Era il tipo del romano " tutto core " , " col core grande come ' na casa " , il romano del " volemose bene " . Questo tipo sembra un luogo comune , ma a Roma esiste realmente , se pure raro , e Riva era uno di essi . Pieno di vita esuberante e di vivacità . Lo si vide accanto ad altri presentatori e con sorpresa ci si accorse che questi , anche se bravi , vicino alla sua prepotente vitalità , diventavano labili . Da lui si accettava tutto . Sul palcoscenico del Musichiere montò a cavallo , inforcò il triciclo , ballava il charleston , faceva le piroette , era il primo a ridere e a sorridere delle situazioni ridicole o buffe , non drammatizzava mai . Rispettoso di tutti , cercava di far figurare tutti il meglio possibile , ed era bravo anche in questo . La trasmissione era modesta : indovinare il titolo di canzonette accennate . Che di più puerile e , anche , monotono ? E , poi , complicato da un cerimoniale non meno puerile : le sedie , la corsa , le scarpe di pezza , la campana , il pallottoliere , la cassaforte . In mano di chiunque altro , tutto questo sarebbe risultato d ' un grottesco fastidioso . Mario Riva , invece , riusciva a farlo accettare . Sorridendone lui per primo , riusciva , una sera alla settimana , a far tornare tutti un po ' bambini . In quell ' ora e mezzo , dalle Alpi alla Sicilia , tutta l ' Italia partecipava sorridente , per merito suo , al puerile giuoco di società . Perché c ' era lui con le sue battute , coi suoi ammiccamenti divertiti e mai irriguardosi per qualcuno . Il Musichiere era lui . Scomparso lui , non potrà più vivere una trasmissione di quel genere . Nessuno emanerà mai il calore umano , la simpatia , la cordialità che emanava lui dal video , facendo perdonare tutto , anzi mettendo un po ' di sale sulle pietanze più scipite . E non è a dire che questo andasse a scapito , diciamo così , della serietà del giuoco . Era un fermo custode delle regole , per quanto puerili . Quante volte diceva : " Be ' , tornate alle sedie , " perché una partenza era stata intempestiva ; o : " Da capo ! " , o : " Maestro , un ' altra canzone ! " , perché qualcosa non era stata regolare ? E nessuno se ne adontava , tanta era la sorridente indulgenza con cui interveniva . E come sapeva mettere tutti a proprio agio e smussare sempre il lato ridicolo di certe situazioni , con l ' ammiccare lui per primo , senza cattiveria ! Se per tanto tempo la TV ha potuto andare avanti , facendone un successo popolare , con una trasmissione così puerile , lo deve unicamente al suo incomparabile presentatore . Non vogliamo adesso gonfiare le parole perché è morto . Era un presentatore . Ma un presentatore sui generis , come non ce n ' è stato e forse non ce ne sarà più altro . Nel genere , un piccolo creatore . Le sue origini teatrali ne facevano qualcosa di più che un semplice presentatore : era il presentatore - attore - cantante - ballerino - comicobuffo . Il suo temperamento esuberante , le sue qualità d ' improvvisatore , facevano il resto . Ho detto della crudeltà di questa morte , proprio la meno adatta a un uomo simile . Specie se ci si aggiungono la lunga alternativa di speranze e di aggravamenti , e le sofferenze fisiche . Ma , a dare ancora un tocco di drammaticità alla sua fine , c ' è stata quella specie di conferenza - stampa tenuta dal sacerdote che lo ha confessato e benedetto in articulo mortis . Dai giornali : " Esiste però una particolare situazione nella sua vita ; e , di fronte a questa situazione , un sacerdote non può indulgere . Questa era la domanda . Ha risposto don Carlo : ' Tutti e due hanno promesso che non vivranno più insieme ' " . Ora , noi non entriamo nel merito della questione . Giustissimo che la Chiesa consideri in peccato mortale le coppie che vivono assieme senza essere sposate davanti a Dio , e che neghi loro l ' assoluzione . Ma era proprio il caso che , mentre quel disgraziato stava morendo , il sacerdote rendesse pubblica la sua promessa di sciogliere quel simulacro di famiglia che s ' era costruita , dopo il fallimento della prima ? Tra l ' altro , si trattava forse di confessione e perciò era materia da tener segreta , da parte del sacerdote . Da quando in qua un sacerdote tiene una specie di conferenza - stampa sul contenuto d ' una confessione ? Avrebbe potuto benissimo rispondere ai giornalisti trincerandosi dietro il segreto confessionale e lasciando che essi traessero le conseguenze dal fatto ch ' egli aveva dato l ' assoluzione , e perfino invitandoli a trarre queste intuibili conclusioni . Non soltanto avrebbe potuto , ma avrebbe addirittura dovuto . Ricordo , quand ' ero bambino , in villeggiatura , un vecchio prete che usava confessare tenendo , per star più comodo , un braccio appoggiato sul bordo del finestrino del confessionale , in modo che la mano sporgeva all ' esterno , fra le cortine ; inconsapevolmente il brav ' uomo sottolineava coi gesti della mano la gravità dei peccati delle penitenti ; sicché , dall ' esterno , tutti , vedendo la mano più o meno agitarsi , potevano arguire il contenuto della confessione ; quando la mano s ' agitava in segno di minaccia , inferno in vista : peccato mortale . Ma il poverino lo faceva senza intenzione . Voleva soltanto stare un po ' più comodo . Aveva caldo . Ma che cosa obbligava il confessore di Mario Riva a riferire esplicitamente alla stampa certi particolari ? La promessa di non vivere più assieme c ' era stata , e dunque Riva era a posto . Era una cosa che passava tra lui e il Cielo , tramite il sacerdote . Non era affatto necessario metterne esplicitamente a parte i terzi , che , ripetiamo , potevano benissimo dedurre l ' accaduto dai fatti stessi . Credo che la Chiesa non chieda a nessuno , e tanto meno a un suo ministro , d ' essere inumano . Accanto al moribondo c ' era la sua povera e affezionata compagna , sia pure , fino a un momento prima , come lui in peccato mortale ; c ' era il bambino innocente . Direte : ma la Chiesa non può indulgere a certe situazioni . Nessuno chiede che s ' indulga . Si parla di discrezione , di umanità . Di quello che la Chiesa chiama : carità . Per questo la Chiesa stessa protegge certe dichiarazioni col segreto della confessione . D ' altronde , in casi di questo genere credo che la Chiesa si riferisca non a un sentimento , ma a uno stato di fatto . Il sacerdote , trincerandosi dietro il segreto confessionale e affidandosi , o rimandando i curiosi , all ' eloquenza dei fatti , avrebbe potuto benissimo lasciar capire l ' avvenuta soluzione di quello che si riferiva allo stato di fatto ( la convivenza ) , senza , col crudo , esplicito annunzio , dare a questa soluzione , a questo proposito non certo scevro di drammaticità , la patetica e anche più drammatica eco d ' un rinnegamento , in punto di morte , di duraturi affetti , d ' una ferita a persone care . Rinnegamento crudele per chi se ne va , non meno che per chi resta . O , volendo proprio parlare , bisognava almeno , su questa distinzione fra stati di fatto e sentimenti , spendere una parola magari non necessaria da un punto di vista canonico , ma dettata da spirito di carità , da un sentimento di misericordia per chi , in quel momento , era già tanto provato dal dolore e dalla sventura . E con questo passiamo a un ultimo particolare , forse il più penoso di tutti . Mario Riva aveva un bambino , Antonello , a cui non è riuscito a dare un nome . Ironia della sorte : al figlio di sua moglie , che non è suo figlio , aveva generosamente dato il proprio nome e l ' aveva sempre , pare , trattato come un vero figlio . Ma il figlio proprio non gli è stato concesso di riconoscerlo . L ' abbiamo tutti visto piangere per questo , in una foto pubblicata da un giornale . E così è morto disperato . Come un ' infinità di altri che si trovano in questa situazione . La gente non immagina quanti padri ci siano disperati , è la parola , per non poter dare il nome a un proprio figlio illegittimo . Situazioni della vita . È umano ? Questi bambini poi diventati uomini e , senza loro colpa , figurano senza il nome del padre . Sì , adesso si dice che nei documenti non occorra più la paternità . Si evita l ' inumano " di N.N. " , tacendo del tutto . Ma il figlio lo sa . Lo saprà . Ci sono madri che si macerano di ingiusto dolore e di non meritata vergogna di fronte al figlio chenon ha il nome del padre e nel cui sguardo , per quanto affettuoso , pare sempre ad esse di scorgere un ' ombra di rimprovero , di riprovazione , che magari non c ' è . È umano questo ? A parte casi che possono avere qualche parvenza di giustificazione per la presenza d ' altri figli legittimi , il più delle volte la cosa dipende dalla malignità implacabile d ' una moglie , magari da anni separata , che pure non disarma . La legge le dà il mezzo di esercitare una vendetta , di sfogare un astio implacabile in questo dispetto inutile e crudele . So di disgraziati che sono morti supplicando invano un consenso , che la legge riserva a una nemica . Oppure , la cosa si presta a dei ricatti . Ci vogliono molti quattrini perché un padre che ha avuto guai nella vita possa dare il proprio nome al proprio figlio illegittimo , perché un bimbo innocente possa avere quello a cui tutti i bimbi hanno diritto : il nome del proprio padre . Il consenso viene mercanteggiato . Ma se il padre non ha i quattrini , niente da fare . E la legge rende possibile questo ricatto , sul più sacro degli affetti . Oppure , quando il padre ha quattrini sufficienti , non avendo altre strade , ricorre agli stratagemmi legali , copre d ' oro legioni di avvocati , si fa cittadino di paesi esteri , impasticcia un matrimonio più o meno fittizio . E allora , in certi casi , la legge accetta la commedia . È umano tutto questo ? Quando verrà una legge che permetterà a chi , per disgrazia , s ' è trovato in certe situazioni , di dare , senza far danno ad altri , il proprio nome a un figlio illegittimo , senza esserne impedito da altri per malignità o per ricatto ? Si parla di nome soltanto , anche se la legge non vorrà dare altri diritti , per questo , a questi innocenti . Adesso voglio fare una di quelle cose che faceva il povero Riva quando veniva verso la telecamera col suo passo dondolante , la mano tesa e il sorriso bonario sul volto , e si rivolgeva a un invisibile , lontano personaggio per chiedergli qualcosa per conto di terzi : un ponte , un impiego , una licenza . E voglio farla proprio per lui . Con lo stesso calore , la stessa convinzione di chiedere una cosa giusta , la stessa mano tesa . " Signor Presidente della Repubblica , Eccellenza Gronchi , Lei è il solo che può farlo . La legge Le dà questa facoltà . Basta un Suo decreto , una Sua firma : faccia dare il nome del padre al bambino di Mario Riva . Sono certo che in questa richiesta si associano tutti gl ' italiani ; è il modo migliore per dare una prova d ' affetto al loro allegro e simpatico amico del sabato sera , che se n ' è andato per sempre . Sono certo che , da un più vasto , invisibile video , si associa anche lui , lassù , una volta tanto chiedendo una cosa per sé , facendosi avanti col suo passo dondolante , col sorriso cordiale e la mano tesa . Eccellenza , come la legge italiana Le dà l ' alta facoltà , dia al figlio bambino di Mario Riva il nome di suo padre . "
Il pettegolezzo era una cosa seria ( Eco Umberto , 1995 )
StampaPeriodica ,
Si è svolto le settimane scorse a Urbino , nell ' ambito dei consueti simposi estivi di semiotica , un convegno sul pettegolezzo . Ne raccoglieva notizia anche Beniamino Placido su la Repubblica di domenica 23 luglio , con alcune riflessioni sulle quali tornerò alla fine . Quanto sto per dire mi è venuto alla mente discutendo le relazioni di Isabella Pezzini , Maria Pia Pozzato e Giampaolo Caprettini , e ascoltando gli interventi di Paolo Fabbri , Siri Nergaard e altri . Non ricordo più chi abbia detto cosa , ma il bello dei convegni è che alla fine ti ritrovi con qualche idea in testa in più , e la paternità è dubbia . Si era parlato del pettegolezzo televisivo , a cui sono dedicate specifiche trasmissioni , e in cui si trascina qualcuno a fare confessioni sulla propria vita privata . Ora , il pettegolezzo classico , quello che si fa nel villaggio , in portineria o all ' osteria , è ( era ? ) un elemento di coesione sociale . Non si spettegola mai dicendo di qualcuno che è sano , fortunato e felice ; si spettegola su un difetto , un errore , una sfortuna altrui . Così facendo gli spettegolanti in qualche modo partecipano alle sventure degli spettegolati ( il pettegolezzo non implica sempre disprezzo , può indurre anche a compassione ) . Però esso funziona se gli spettegolati non sono presenti ( altrimenti sarebbe solo aggressione ) e non sanno di essere spettegolati ( o possono salvar la faccia facendo finta di non saperlo ) . Questo dà un senso di potere agli spettegolanti ( " noi sappiamo ma tu non sai che sappiamo " ) , i quali debbono essere convinti di possedere un segreto , e felici di possederlo in compagnia di molti . Quando lo spettegolato mostra di sapere , di solito avviene la piazzata ( " brutta linguaccia , so che vai a dire in giro che ... " ) . Avvenuta la piazzata , la voce è pubblica . Chi fa la piazzata , nel momento in cui ha reagito pubblicamente , ha ratificato il pettegolezzo , anche se era falso . Quindi non c ' è più nulla su cui spettegolare . Nel pettegolezzo televisivo , invece , non si parla mai male di qualcuno che non c ' è , perché sarebbe penalmente perseguibile , e perché lo spettacolo ha sapore solo se è la vittima che spettegola di sé , parlando delle proprie vicende intime . Gli spettegolati sono i primi a sapere , e tutti sanno che essi lo sanno . Non sono vittime di alcuna mormorazione . Non c ' è alcun gusto sussurrarsi il giorno dopo " hai sentito che il Tale ha ammesso ieri in Tv di essere cornuto ? " Non c ' è più segreto . In secondo luogo non si può infierire sugli spettegolati ( hanno avuto il coraggio di ammettere ) ma neppure commiserarli ( dalla confessione hanno tratto un vantaggio invidiabile , la pubblica esposizione ) . Il bello del pettegolezzo classico era che , sino a che lo spettegolato non si tradiva con la piazzata , la mormorazione poteva continuare senza limite . La comare , su un adulterio altrui , poteva campare per anni . Lo spettatore televisivo , invece , dopo che il Tale ha confessato , non ha più nulla da sapere . E infatti alla prossima puntata del programma occorrerà che qualcun altro cominci di nuovo , autospettegolandosi . Così ogni giorno c ' è un pettegolezzo nuovo , che muore appena reso pubblico , e i pettegolezzi precedenti si sono ormai autodistrutti . La Tv ha ucciso il pettegolezzo , che pure aveva importanti funzioni sociali . Placido , riprendendo Blackmur , suggeriva che il mito fosse un pettegolezzo stagionato . Probabilmente i miti sono nati come pettegolezzi , perché servivano a familiarizzarci con gli dei , compiangendone o condannandone miserie e magagne ( varrà la pena di osservare che le religioni monoteistiche non consentono il pettegolezzo , che al massimo diventa atto blasfemo , falso e bugiardo ) . Dovremmo dire che il mito , essendo racconto pubblico , non avrebbe dovuto dare agli spettegolanti il gusto di possedere alcun segreto . Ma forse il poeta tragico era colui che metteva gli spettatori nello stato d ' animo di chi ascolta un segreto per la prima volta , e ciascuno si sentiva spaventosamente e gloriosamente solo sulle gradinate affollate dell ' anfiteatro . E questo deve avere a che fare in qualche modo con la catarsi , anche se non mi azzardo a proporne nuove interpretazioni . Dovremo dire allora che il cosiddetto pettegolezzo televisivo - se pure non è pettegolezzo - ha qualcosa a che vedere con il mito ? Credo proprio di no . Il mito prende un essere divino , superiore a noi e , spettegolandone , ci dice che in fondo è per molti versi uguale a noi . La trasmissione televisiva prende un essere uguale a noi e , spettegolandone , ci dice che proprio per questo dovremmo considerarlo una divinità . Non escludo che qualche spettatore sottosviluppato possa confondere queste due dinamiche . Ma forse la memoria di Venere , che tradisce Vulcano , ha la possibilità di durare più a lungo di quella dell ' ultimo autolesionista visto sullo schermo .
C'ERA UNA VOLTA ... ( SCARFOGLIO EDOARDO , 1882 )
StampaPeriodica ,
Pare un paradosso strano , e pure è una verità appurata e provata con molte studiose ricerche , che i popoli latini , e più il popolo d ' Italia , hanno pochissima potenza di creazione fantastica . Tutta la nuova materia d ' arte , che fu accumulata dopo il crollo della vita pagana , o venne dall ' Oriente con molta varietà d ' importazione , o fu una produzione indigena della razza sassone e della razza celtica ; la razza latina non concorse al gran cumulo di materiale se non con qualche tradizione classica e con qualche getto di lirica d ' amore . Così , mentre i monaci pellegrini recavano dalle terre d ' Oltremare coi frantumi del Santo Sepolcro e coi ramoscelli d ' olivo dell ' orto di Getsemani le fantasie maturate al sole del Cattai o dei piani del Gange ; mentre dai boschi armoricani e dalle paludi bretone e dalle torbaie della Turingia e della Pannonia il canto epico sonava accordato sul ritmo gregoriano ; mentre nelle valli pireneiche tra la crescenza odorosa degli oleandri la nova lirica si metteva a fiorire con un tumulto d ' amore melodioso , l ' Italia badava a innestare i rampolli cristiani sul vecchio tronco gentile , e si trasmutava e si rifondeva cristianamente le sembianze di Virgilio . Nocquero le tradizioni e le presunzioni patrie , o fu un difetto dell ' intelligenza nostra ? Non so . Certo la lingua italiana germogliò ultima dal carcame fecondatore della romanità ; certo il popolo d ' Italia non conferì al patrimonio epico lirico e drammatico fondato dagli altri popoli d ' Europa . Noi non fummo altro mai che manipolatori del materiale altrui , e quasi amministratori del patrimonio altrui . Guardate alla storia della nostra epica e della nostra lirica e della nostra grammatica , da Sordello Mantovano che poetò in lingua d ' oc sino al signor Parodi e al signor Guaido che scrivono drammi e romanzi in lingua francese , e ditemi se fu mai popolo così sterile di fantasia come il popolo italiano . Né questa sterilità è solamente negli scrittori o solamente nel popolo ; ma il popolo e gli scrittori si accordano meravigliosamente in una deficienza strana delle facoltà imaginative . Pio Rajna mostrò già con documenti e con prove sicure come il più fantasioso de ' nostri poeti , l ' Ariosto , nulla o presso che nulla traesse dall ' attività procreatrice della sua mente , ma solo con una sintesi miracolosa raccozzasse e fondesse una mole immensa di favole di cavalleria penetrate in Italia coi romanzi francesi , coi poemi inglesi , con le canzoni di gesta e coi frammenti epici tedeschi ; Alessandro D ' Ancona ha provato come il materiale della lirica popolare sia tutto o presso che tutto d ' importazione straniera ; e se Domenico Comparetti avesse seguitato i suoi studi di novellistica comparata , facilmente avrebbe potuto dimostrare che nella selva folta di novelle popolari che copre tutta l ' Europa non c ' è un solo virgulto italiota . Guardate ai novellieri italiani : la materia ch ' essi foggiarono con tanta maestria d ' arte da fare della novella una forma veramente italiana , venne d ' Oriente nelle emanazioni del buddhismo o fu qua e là raccattata per le terre d ' Europa . Quando i novellatori vollero attingere alla larga fonte del popolo , la trovarono tutta scrosciante e zampillante di acque forastiere ; così accadde che nella prosa narrativa l ' elemento indigeno entrasse in una misura scarsa assai , e l ' elemento popolare non tardasse a cadere in discredito . Così vedendo ora che un novellatore italiano della scuola sperimentale si è messo con proposito deliberato a formare novelle popolari con materia tratta tutta dalla sua mente , e con fortuna grande , io mi sarei aspettato un più largo plauso dagl ' Italiani . Se non che , gl ' Italiani l ' importanza e le difficoltà di certe cose non le intendono . II Dice il Capuana nella prefazione del suo libro che , avendo scritto una delle sue novelle per un caro bimbo che gli chiedeva una bella fiaba , pensò di costruirne altre a diletto de ' suoi nipotini ; poi , leggendole , lo prendeva una gran soggezione di quei cari diavoletti che gli sedevano a torno , e stavano tutt ' occhi e tutt ' orecchi ad ascoltare . Certo , l ' autorità fanciullesca in fatto di storie imaginose è grande ; ma non bisogna poi esagerarne il peso , come fa il Nencioni . Io non ho dato da leggere ai ragazzi il libro del Capuana , ma so che il gusto infantile è facilmente appagabile . Io pure sono stato un bimbo curioso e desideroso di fanfaluche strane , come tutti i bimbi di questo mondo , e avendo avuto poche narratrici , mi erano di un diletto indicibile le Mille e una notte udite leggere la sera accanto al fuoco . Tutti sanno come in questo suo rifacimento dall ' arabo il signor Galland impegolasse gli studiosi artifizi orientali di molta pomata francese ; e pure la storia di Aladino , raccontata con una prosa sciatta e pretensiosa insieme , faceva fremere di godimento e di paura il mio spirito bambinesco . Anche una vecchia traduzione in prosa dell ' Iliade popolò la mia mente di fantasie meravigliose e mi scosse forte i nervi tra il settimo e l ' ottavo anno ; e pure la narrazione era fatta più penosa dall ' ortografia arcaica . Leggete a un bambino le fanfaluche meno bambinesche , le favole di Esopo tradotte per uno da Siena , il Novellino , i Fatti d ' Enea , e lo spirito suo penderà dalle vostre labbra come quel di Saul pendeva dagli arpeggiamenti di David . La cosa dunque va considerata più dall ' alto , e a me pare che la prima questione che il libro del Capuana debba suscitare , sia questa : il gran materiale narrativo e cantativo che alimenta l ' intelligenza di tutti i popoli d ' Europa è esso malleabile e foggiabile alle molteplici forme dell ' arte ? Io dico di sì ; e chiunque guardi alla storia delle letterature antiche e delle letterature moderne dovrà accordarsi meco . Non è forse appurato che la letteratura italiana non fu già fabbricata toscanamente sui modelli provenzali alla corte sveva di Palermo , ma venne via via crescendo e avvantaggiandosi , come in tutte le terre d ' Italia dialetti germogliati dal terriccio latino misto di concime barbarico si mettevano a fiorire ? E non è forse noto all ' universale che l ' Ariosto , e poi i poeti che intorno a Lorenzo il magnifico portarono per Firenze la licenza allegra del carnasciale , attinsero dal popolo materia nova e più fresca ? Se non che , questi e molti altri che io per brevità dimentico , rinnovarono e rinfrescarono alle chiare fonti popolari l ' epica un po ' passita nelle mani troppo dotte del Boccacci , e la lirica stroppiata dai petrarcheggianti ; ma nessuno si messe per esercizio d ' arte ad imitare le rozze forme popolaresche . In Italia , no : ma in Germania e in Inghilterra e in Francia si tentò questo più volte con varia fortuna ; e a me pare che la questione si possa più chiaramente formulare così : le imitazioni delle forme popolari nella selvatichezza naturale sono solamente un esercizio atto a dilettare i bambini , o possono essere vere e proprie fogge dell ' arte ? Di nuovo , io dico di sì . Ecco : da qualche tempo l ' arte sente il bisogno di tuffarsi alle fonti della vita ; e dal Balzac in poi il romanzo ha deviato dalla sua antica forma narrativa per diventare un vero e pieno studio fisiologico e psicologico dell ' uomo . A questa deviazione della prosa narrativa il Balzac conferì più di tutti studiando i segni esteriori e gli effetti visibili dei sentimenti interni , la Sand analizzando con una sottigliezza femminile tutte quante le crespe e gli avvolgimenti dello spirito , gli ultimi romanzieri naturalisti proseguendo certe leggi della vita appurate dalla scienza . Tutte queste vie menano , più o meno brevemente , alla verità ; ma non alla verità assoluta : ci è sempre come una piccola nuvola vaporosa , che offusca l ' evidenza della rappresentazione . Nel Balzac è lo stile troppo martoriato e qua e là gonfio o colorito soverchiamente o contorto ; nella Sand è la tabe sentimentale che s ' appiglia e corrode l ' analisi più sottile ; nello Zola è il rigore della tesi scientifica e il calore eccessivo dello stile . Manca a tutti quella serenità plastica e semplice della concezione e dello stile , che il Flaubert ebbe per un momento in Madame Bovary , e che tutta quanta la letteratura popolare possiede naturalmente . Qualche anno a dietro , trascrivendo io novelle popolari della campagna romana , provavo un vero godimento estetico ascoltando sulla bocca di una serva in una prosa semplice , limpida , efficace , le fantasie più pazze mescolate di osservazioni acute o profonde , corrette e regolate da un criterio sano e retto della vita . E trascrivendo in fretta o rileggendo dopo avere trascritto , mi nascevano nella mente dei pensieri e dei raffronti in folla . Per esempio , ripensavo al Bertoldo e al Bertoldino di Giulio Cesare Croce ; e non sapevo capacitarmi come di là non avesse preso le mosse qualche opera di prosa , come dai leggendarii e dai frantumi epici si mossero tante opere di poesia : non trovavo , nella prosa italiana , la rispondenza del Morgante e dei due Orlandi . Ora questo , che nel secolo XV era possibile , ma non più nei secoli che seguirono , di nuovo è possibile e utile e forse anche necessario oggi . Avete mai badato alla famigliarità , con la quale il popolo tratta i re e le regine ? E questi re e queste regine delle novelle popolaresche non vi sembrano essi dei sovrani costituzionali ? Rammentate il buon re Alboino di Giulio Cesare Croce e il buon re Pantagruel di Rabelais ? Ebbene , l ' ideale del re costituzionale è questo : come vedete , prima assai dell'89 il popolo lo aveva pienamente intuito e rappresentato . Così il popolo ha pienamente intuito e rappresentato tutta quella parte della vita che gli è stata accessibile . E bene , perché i novellatori sperimentali non imparano anche dal popolo , ma se ne stanno contenti alle teoriche darwiniane ? Da cinquant ' anni le trascrizioni di racconti popolari pullulano da tutte le parti , e la demopsicologia è quasi diventata una scienza a parte . E bene , fate che dal dominio della scienza tutto questo gran materiale passi nel dominio dell ' arte . Scartate tutte le scorie fantastiche : resterà una selva folta di osservazioni e d ' insegnamenti . E non isdegnate d ' imparare dalla vostra serva , poiché fu una moltitudine miserabile di servi che , crollata la carcassa romana , fondò una vita nuova una lingua nuova una metrica nuova , e ritrovò le prime nuove forme dell ' arte . III Ora , se bene l ' angustia dello spazio non mi consenta di mostrare con la larghezza necessaria la verità della mia tesi , credo che i lettori convengano meco in questo : che il tentativo del Capuana sia una cosa più seria assai di quello ch ' egli nella sua modestia volesse dare a divedere . In quanto alla prova in sé , ho detto che è fortunata , e anche in questo chiunque ha qualche pratica di novelle popolari si accorderà meco . Il Capuana non ha rimpastato delle favole già diffuse , ma ne ha costruite di nuove con gli elementi che entrano in tutti i prodotti della fantasia popolare : elementi , come ho già accennato e come facilmente pare , non indigeni , ma d ' importazione forestiera . Lasciando dunque da parte l ' elemento fantastico e mitologico , che è ciò che più move lo spirito bambinesco , e guardando solamente alla manipolazione e alla intuizione dei criteri e delle forme e dello stile popolari , io dico che queste fiabe mi paiono una cosa perfetta . Il Capuana ha saputo cogliere mirabilmente quel sano e giocondo ottimismo , quella tranquilla aspirazione al benessere , quel placido e sicuro senso della vita che sono i caratteri più chiari delle produzioni letterarie del popolo . Di più , egli mostra di essersi assimilato , con la semplicità rustica e ingenua della narrazione , con la fusione naturale del dialogo e del racconto , lo stile popolaresco . Per me , io non esito ad affermare che questo , dopo la Giacinta , mi pare il miglior libro del Capuana ; e trovo in esso confortata un ' asserzione mia di tre mesi a dietro , che di tutti i nostri novellatori , il Capuana sia quegli che ha un concetto più sano e più alto , e quasi una religione dell ' arte .
NUOVA E ANTICA IMPOSTURA ( DOSSI CARLO , 1883 )
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Io le sono , marchesa , tenuto assai del divertimento , altro non fosse che per averlo goduto con lei , ma veda , per carità , di non dare del mago al bossolottajo Hermann ! Bel mago ! un sorridente grassoccio in cravatta bianca e marsina , servito da una livrèa di scena , in mezzo a un teatro affollato e illuminato a giorno , senza apparecchi , senza neppure bacchetta ! Ah , cara lei ; perché essere ingrati ai nostri antichi Merlini e Sabini con le lor barbe e i lor berrettoni appuntati e i lor zimarroni neri con su cuciti in panno rosso i soli , le stelle , e gli spicchi di luna ? perché fare torto ai loro nascondigli , torri sempre in rovina , con certi tenebrosi stanzoni rischiarati soltanto dalla verdògnola luce degli occhi di un gatto che ingrossava la coda e soffiava al nostro apparire , stanzoni in cui , oltre un puzzo di zolfo , un borbottìo di caldaroni dalle orrende misture e un lamento di strigi , èrano e gufi inchiodati e coccodrilli e basilischi impagliati e cani arrabbiati appesi alle travi , e ampolle e rospi e pignatte e diàvoli che arrampicàvano su e giù per la cappa e si rannicchiàvan ghignando tra le gambe dei tavoli ? ... Quelli , o marchesa , èran maghi ! Almeno , ci facèvan paura . Ma , ahimè ! la uniformità , di giorno in giorno , uggiosamente si accredita . La ferrovia vuol la pianura . Scompàjono i dialetti , le foggie , i misteri ; scompàjono le divisioni e suddivisioni nella filosofia , scompàjono i confini , e , bastasse il volere , scomparirebbero le stagioni . Ecco , nell ' arte , che la scultura fa da pittura , la pittura da mùsica e la mùsica da matematica , mentre la letteratura arieggia l ' analfabetismo , ché gli scrittori del giorno temon perfino di parere d ' ingegno . E una orrìbile noja e la somma . Tutte poi quelle alte e basse livrèe , che , palesando con chi s ' avea a trattare , mettevanci tosto a nostro agio , tutti que ' segni , che , a primo aspetto , ci dàvano il grado dell ' officiale moralità di ciascuno , dalla poetica laurea alla croce di cavaliere , dal marchio d ' infamia alle gialle o rosse bindella delle trecche d ' amore , vanno , uno dietro dell ' altro , ad aumentar la pastura ai topi dell ' Antiquaria . E al teatrino dei nostri bimbi , e al tresette , è al tarocco , che noi dobbiamo ricòrrere , quando ancora vogliamo rallegrarci la vista in que ' variopinti vestiti , in quelle corone di talco , in que ' scettri , in que ' manti , senza cui , addìo re e regine ! sembrano carne , come la nostra , soriana . E ne viene ? ne viene , che tu , col cappello tra mani , credi parlare a un padrone , ed è un servo : dai del tu a chi di servo ti ha l ' aria ; è un padrone . Presti danaro ad un pòvero , perché lo reputi ricco ; non aduli ad un ricco , reputandolo pòvero . Così , la donna che è di uno e la donna di tutti si baràttano i modi ; anzi , le donne , a quanto dìcono loro , stanno per diventare uòmini . Ognuno nasconde i ferri del suo mestiere . La plebèa araldica delle insegne , che , me fanciullo , era il mio spasso , va a ròtoli con la nobiliare delle armi . La barbierìa , a don Chisciotte ingratìssima , ha perduto i suòi piatti e s ' e cangiata in uno scipito salon ; il caffè cangiò in farmacia ; mentre il fornajo , che già faceva la cosa più buona del mondo , volle far meglio e fe ' peggio , togliendo al pasticciere la mano , sicché costùi trovossi obbligato a gettarsi nella chincaglieria e ora vende i confetti per amor della scatola . E intanto il bugiardo , onestamente , chiàmasi gazzettiere , e il ladro , speculatore alla Borsa ... Senza i preti e i soldati a mantenerci un po ' ancora nei ranghi , dio sa che babele ! che generale miscuglio ! E voi , dove mai ve la siete fumata , o dottoroni bisnonni , vecchi sempre , dalla tabaccosa espressione , fonte già tanta di buon umore ai Montaigne , ai Maggi , ai Molière , voi che , annunciati dal serviziale e seguiti dalla lancetta , scendevate da portantine color verde - bottiglia per salire da noi con un passo pesante che paréa di mulo e una tòrbida cera quasi per spaventare la malattia , mentre non spaventava che l ' ammalato , e facevate le vostre divinazioni stando alla porta della stanza da letto , tenebrosa e attufata , interrogando gli astri e le orine , con certi termini strani e citazioni mezzo in linguaggio greco , mezzo in ebreo , perché , piuttosto che andare a cercare , vi si credesse sulla parola ; poi partivate , lasciando le tracce della vostra mano rampina su certe lunghe ricette , lunghe come la fame da voi mantenuta negli infelici clienti ? e dove sono iti i vostri amplìssimi studi a tramontana , dalle vetriere incartate , e le cataste di libraccioni , non mai vecchi abbastanza , gialli come la faccia di un giapponese , e i gessi , verniciati di marmo , di Galeno e d ' Ippòcrate , e i lùcidi crani con su disegnata la città degli affetti , le sue piazze e contrade , e i poltrononi di pelle dura e sdrucciolevolíssima , i palandrani color tabacco - di - frate , le berrette a ricami e col fiocco , gli occhiali o d ' oro o di osso , le canne d ' India dall ' aureo pomo , e le tabacchiere tempestate di gemme , dono di qualche grande di Spagna o di una dama della croce stellata ? ... Ahimè ! voi cedeste a dei dottorini , senza né gravità né velluto alle unghie , abbigliati con gusto e ben pettinati , che fùmano sìgari e ùsano di occhialetto , che dottamente annòjano poco , ma chiàcchierano anche di cappellini , che spesso sanno sonare delle polche e dei valzi , e , all ' occorrenza , ballarli , che se coltìvano fiori , non è per stillarne le quintessenze , ma per ornarsene l ' àbito ! cedeste a studioli , che si direbbero meglio abbigliatòi , dalle finestre aperte , dalle minuzierìe eleganti , con scranne in cui si siede comodamente , con quadri che non ti guàstano il desinare , con scientìfici libri , non mai nuovi abbastanza , frammisti a romanzi , a gazzette e ad un profumo nell ' aria , che , insieme alla donna , ti ricorda la vìpera ! Ma non sia detto con questo , che l ' erudita ciarlatanerìa abbia lasciato i mortali : oh non pensiàmolo manco ! Poiché la somma dei vizi , come delle virtù , è tuttora qual ' era negli eròici tempi : l ' uomo , dagli abiti in fuori , è sempre stato quel desso . Non è l ' inganno che muta , è il gergo . Una volta , per farsi valere , la Scienza dovèa essere greve , tediosa , con le cigne e le staffe e circonfusa di un certo qual reverendo odore di vetustà ; oggi , essa deve prodursi in scarpini , procèdere gaja , spirar la freschezza dell ' appena sfornato . Giovava , una volta , se simulata ; or giova dissimulata . Quando il vecchio dottore volea adoprare paroloni dell ' arte o bizzarri , li proferiva lentissimamente , solennemente , perché si capisse ch ' ei li capiva , per farne sentire tutta la difficoltà ; il medico odierno li lascia invece sfuggire come se a caso , senza che appaja ch ' ei dia loro importanza , quasi già noti a chiunque . Quegli ostentava di avere tanto studiato e tanti anni ( ché i vecchi sistemi di apprendere èrano come i sentieri di un giardino all ' inglese , più fatti per allungare che non per scorciare il cammino ) e di avere spogliato , lui solo , in privilegi e diplomi , un gregge di pècore , e di possedere una biblioteca di scienza inimica dell ' aria e di fruire della illuminazione di tutti i torchioni - a - otto - stoppini europei ; questi vorrebbe invece parere di non èsser mai stato a scuola , neppure . L ' uno insomma pompeggiava in da - più , l ' altro in da - meno , ma in ambo i casi per guadagnarci nel credito . E se l ' uno abbigliava le proprie stivalerìe di latino e di greco , affibbiàndole anzi ai nomoni di Celso , Magno , Oribasio , Avicenna e Averroè ; l ' altro , furando a costoro le migliori pensate , ce le traduce e le spaccia per sue . Ma , se con meno dottrina e con più leggiadria , si accoppa scientificamente ora , né più né meno di allora . Gli è una medesima storia , stampata , anziché nell ' accadèmico in - folio , nel casalingo trentaduèsimo . Oggi , in cui non si ha più a trattare con gente che dalle fasce passa alla sferza e dalla sferza alla fede , anche l ' inganno dovette modificarsi , e si fece ... più semplice ossia perfezionò .