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LA RIFORMA DEL SENATO ( BONGHI , 1887 )
StampaPeriodica ,
I . Fedele Lampertico , nel suo libro Lo Statuto e il Senato , cita parole scritte da me in questa stessa Rivista più di tre anni fa e non ne par contento . Io , dopo avere affermato che « né autorità regia , né Senato , né potere esecutivo mantenessero nessun loro diritto di rimpetto alla maggioranza della Camera dei deputati » aggiungeva rispetto al Senato , ch ' esso « rileggeva ed approvava le leggi che la Camera gli mandava , per cattive che fossero . » Il Lampertico annota : « Chiunque abbia letto questo studio il suo con animo imparziale avrà riconosciuto : 1° che non dissimili giudizi si sono portati sopra il Senato sin dai primissimi tempi dello Statuto ; 2° che se allora il Senato non li meritava , non li merita adesso ( pag . 110 ) . Ora , io ho letto con attenzione il pregevole studio del Lampertico , ma non v ' ho trovato punto dimostrato né il primo punto , né il secondo . V ' ho trovato , invece , provato che il Senato , non per colpa dei senatori principalmente , ma dei Ministeri , soprattutto dal 1876 in qua , non ha compiuto l ' ufficio suo , per modo che se ne dichiari contento esso stesso o possano chiamarsene contenti gli altri . Citerò di ricambio lui , e più largamente ch ' egli non ha fatto me : « Non dobbiamo dissimularci , scrive nella pagina seguente a quella da cui ho citato dianzi , che le leggi , bene spesso riducendosi per le cagioni generali , che già dicevamo , a grandi compromessi e transazioni d ' interessi vari , più volte è avvenuto , che quelli , i quali erano naturalmente propensi a darvi appoggio , insieme ad altri , che sono disposti a favorire il Governo , soverchiarono più volte ogni più legittima e discreta opposizione . » Così , dunque , a parer del Lampertico , si forma « di volta in volta » una maggioranza nel Senato ; e si vede questa « rendere impossibile al Senato l ' esercizio delle sue attribuzioni più incontrastate . » E s ' ha l ' effetto che « allora uomini d ' una autorità universalmente riconosciuta , e dagli Uffici del Senato chiamati a far parte dell ' Ufficio centrale , » rimangono « soli nella loro opposizione » e il Governo riesce a impedire al Senato « di rinviare all ' altra Camera persino leggi « la cui dizione » si riconosce erronea e in perfetta contraddizione « coi propri intendimenti . » ( pag . 211 ) . Non si crederebbe ; nelle parole mie censurate dal senatore , che doveva trovar confutate dallo studio di lui , non è detto nulla di altrettanto grave . Anzi il senatore ripete più in là « crudamente il vero . Quando il deputato va a deporre la pallottola nell ' urna , si conforta bene spesso nel pensiero , che alle imperfezioni della legge rimedierà la sapienza del Senato ; è l ' espressione dell ' uso . E molte volte questo è l ' augurio che ad alta voce non si peritano di esprimere gli stessi ministri . Viene la legge in Senato e si vuole cioè i ministri vogliono che la legge si approvi né più né meno come al Senato è venuta dalla Camera dei deputati . » E il Senato , s ' intende , cede . Io potrei citare molte altre testimonianze dello stesso genere ; ed avrò forse occasione di farlo più innanzi . Per ora mi fermo a queste . Che cosa vogliono dire ? Vogliono dire che il Senato , per la composizione sua per la composizione soprattutto di quella tanta parte del Senato , che davvero attende all ' ufficio non è in grado , a dirla altrimenti , d ' incutere ai ministri che non ne vogliono tener conto , il rispetto delle attribuzioni sue , e con un virile esercizio di queste , mantenere realmente osservato l ' articolo dello Statuto , che n ' è il fondamento , quell ' articolo 3 , che dichiara il potere legislativo collettivamente esercitato dal Re , dal Senato e dalla Camera dei deputati . Se la parte del Re non è rimasta grande , quella del Senato s ' è poco meno che obliterata . Si potrebbe rassomigliare a quelle membra dell ' organismo animale , che , poiché ci sono , s ' ha a dire , che a qualcosa servissero , ma ora servono poco meno che a nulla , anzi addirittura a nulla . Dicevo , che questo si può affermare con più precisione non di tutto il Senato , ma di quella parte di Senato che attende all ' ufficio . Giacché , dalle tabelle aggiunte al libro , di cui ho fatto mio testo , appare che i senatori , se non s ' è aggiunto qualcuno dopo chiusa la XV legislatura , sono oggi 315 , ed erano 319 nel 1880; ora la media dei presenti nelle adunanze pubbliche del Senato , è stata dal 1874 al 1886 di 21 per cento , e non mai più di 33 per cento , e persino di soli 14 per cento . Il che vuol dire , che se questa piccola minoranza di senatori attivi non sa , né può , per il modo in cui risulta composta , adempiere , a detta del senatore Lampertico , il dover suo , v ' ha poi una gran maggioranza di senatori che restano del tutto inoperosi nelle lor case , e non si curano per nulla dell ' ufficio conferito loro dal Re , e le più volte chiesto , implorato con grandi preghiere , commendatizie e scongiuri ; da questo molto maggior numero il titolo è tenuto in conto di una mera onorificenza , buona a dare influenza a chi n ' è insignito , a rendergli in più rispetti più comoda la vita , e soprattutto a fornirlo di biglietti , che permettano di viaggiare gratuitamente da un capo all ' altro d ' Italia . Bisogna , però , aggiungere , per essere schietti , che può essere , anzi certamente lo spettacolo di quello che il Senato è ridotto a fare , è causa , che il numero dei senatori renitenti cresca , giacché molti , non avendo in sé fiducia di potervi rimediare , si risolvono a non prendervi parte essi stessi . Di certo , il numero cresce ; dalla I alla VII legislatura la media della presenza fu di 52 , il massimo di 59 , il minimo di 46; dalla VIII alla XI la inedia di 26 , il massimo di 35 , il minimo di 20 . Ora se l ' aumentare del numero degli inerti ha altre ragioni , ha anche senza dubbio quella che dicevamo ; e ch ' è , certo , la più onorevole , se non la più scusabile di tutte . Adunque così , a detta del senatore Lampertico , sta il Senato : i pochi , che ci vengono , non possono far bene ; e i più non ci vengono . Davanti allo scadimento di un grande instituto pubblico , si sogliono produrre negli animi due opposte disposizioni . L ' una è : - taciamo ; ché la gente non se ne dovesse accorgere , e l ' instituto cadere del tutto ; l ' altra è : - parliamo ; perché coloro a cui preme , ci pensino ; e provvedano a cercar mezzi di restituirlo nel vigore di prima , o piuttosto in quello che gli spetterebbe per ragion di diritto e di utilità . La seconda disposizione è solo efficace e vince . Non può , quindi , non esser lodata a parer mio , l ' iniziativa del senatore Alfieri nella tornata del 16 dicembre 1881 , in cui egli presentò al Senato la mozione , che la Presidenza nominasse una Giunta di cinque senatori incaricata di redigere un indirizzo al Re , perché facesse oggetto d ' esame l ' esercizio della regia prerogativa rispetto al Senato e vi portasse tutti i perfezionamenti compatibili con lo spirito e possibilmente con la lettera dello Statuto . La mozione non ebbe per allora seguito ; poiché il regolamento , come suole , tanto la impedì che l ' uccise . Ma nella tornata del 31 marzo 1886 un senatore di molto minore autorità , l ' Alvisi , interrogò il Presidente del Consiglio e ministro dell ' interno , l ' onorevole Depretis , se non fosse venuta l ' ora di pronunciare nel programma per l ' elezioni una parola sulla possibile riforma del Senato ; e il Presidente rispose non essere egli avverso a priori , di proposito deliberalo , ad alcune riforme nell ' organismo dello Stato ma , doverne venire la proposta dallo stesso Corpo , in cui la riforma si dovesse fare . Le quali parole parvero , quindi , un invito a proporla ; e di fatti , molti senatori si disposero a consultarsene tra di sé e v ' invitarono altri con lettera a stampa dell'8 aprile . Nella riunione che tennero il giorno dopo , il senatore Cambray - Digny ebbe incarico di nominare una Commissione di sei senatori , la quale formulasse le precise proposte , che la riunione più larga avrebbe poi discusse e votate . Furon presentate tali proposte il 1° luglio di quest ' anno ; non sappiamo , che discussione se ne facesse ; ma la conclusione fu questa , che la Commissione ebbe molti ringraziamenti , ma non quello che sarebbe parso il migliore , l ' adozione di qualcuna delle conclusioni sue . La riunione , anzi , se ne cavò con uno di quegli ordini del giorno , come noi li chiamiamo malamente , che affermano molte generalità ragionevoli , ma non stringono nulla . A ogni modo s ' affermava di nuovo , che la riforma si dovesse fare , ma s ' affermava anche che non si sapeva in che dovesse consistere . Pure , dalla tornata del 21 giugno di quest ' anno si sarebbe aspettato di più . In questa allo stesso senatore Alvisi era parsa buona occasione a muovere la quistione di riforma la discussione del bilancio di spesa per il Ministero dell ' interno , e dai discorsi di parecchi senatori , che attenuarono , confermarono , continuarono le parole di lui , si sarebbe potuto arguire , che le idee fossero già più mature e sul tenore delle riforme e sul procedimento a seguire , che dall ' ordine del giorno votato poi nella riunione privata non appare . L ' onorevole ministro dell ' interno , ch ' era questa volta l ’ onorevole Crispi , si contenne , nelle dichiarazioni ch ' ebbe a fare , negli stessi termini adoperati più di un anno innanzi dal suo predecessore , che durava del resto presidente del Consiglio . E fu prudenza tanto più notevole , ch ' egli aveva già da privato scrittore combattuto la nomina regia dei senatori , e propugnata l ' elezione di essi per parte degli stessi elettori che eleggono i deputati , ma a doppio grado ed in appositi collegi elettorali , opinione che non si può credere né priva di ragioni , né eccessiva , perché , senza dire che ha illustri ed autorevoli esempii nel Belgio e altrove , è stata quella del conte di Cavour . Intanto la sessione ultima del Senato , nei suoi due periodi , dal 10 giugno 1886 al 13 marzo e del 18 aprile al 12 luglio 1887 non ha punto mostrato , che nessuna delle magagne del Senato mostrasse disposizione a risanare , sia di quelle , delle quali esso ha la colpa , sia di quelle , molto maggiori di gravità e di numero , delle quali ha colpa il Ministero . In questo intervallo di tempo sono stati presentati al Senato 179 progetti di legge ; ne ha piuttosto approvati che discussi 170 . Di questi soli 7 gli erano stati presentati in iniziativa , tutti , eccetto due , di poca importanza . E si badi che di questi sette appunto uno dei due che dicevo di maggiore importanza , trasmesso alla Camera , non è stato né riferito né discusso né votato da questa ; il che ha reso la fatica del Senato poco meno che vana . Certo quelli che il Senato non ha discusso , sono stati presentati in iniziativa ad esso e sono di grande importanza ; ma in quella stessa tornata del 21 giugno fu benissimo spiegato dai senatori al ministro dell ' interno , che pareva volesse farne loro censura , come non era stato per colpa del Senato , che almeno quattro di quei progetti di legge non s ' erano potuti discutere , bensì per colpa delle vicende e delle mutazioni dei Ministeri . Invece dalla Camera al Senato , nello stesso periodo sono stati trasmessi 163 progetti di legge ; e questi il Senato gli ha approvati tutti , senza modificazione di sorta , eccetto tre soli di assai piccola importanza con modificazioni di poco momento che la Camera ha accolto . Ora , non si possono fare che due supposti soli ; l ' uno che il Senato ha inghiottito si gran desinare di leggi , perché gli comparse uscito dalla cucina della Camera perfetto o quasi perfetto ; l ' altro che l ' ha fatto , perché , qualunque ne fosse il suo giudizio , la piccola assemblea che le ha votate , d ' un 80 senatori al più , e la molto più piccola che le ha discusse o per lo più sentite soltanto leggere , non ha avuto modo né lena di rigettarne , indugiarne , modificarne nessuna . Certo la seconda ipotesi n ' è la vera . Talora la votazione segreta di più d ' una di queste leggi è stata preceduta dalla votazione palese di qualche ordine del giorno , che manifestava gli scrupoli del Senato nell ' accettarla ; quantunque non ci sia rimedio meno razionale e meno efficace , e il Senato stesso l ' ha toccato con mano , e più d ' un senatore l ' ha avvertito che di quegli ordini del giorno il Ministero , che v ' assenti per trarsi d ' impaccio più presto , non aveva poi tenuto nessun conto . Adunque , le leggi il Senato le vota assai spesso , non perché buone , ma quantunque , allo stesso parer suo , cattive : e questo succede , perché i Ministeri voglion così , e nel Senato attivo non v ' è forza sufficiente oramai ad opporsi ad un volere qualunque del Ministero . E che questa forza vi manchi , non può essere se non l ' effetto d ' una causa sola ; la dipendenza , in cui sono dal Ministero troppi senatori , o perché impiegati in una o altra amministrazione o perché creature sue ; e forse d ' un altra : quella natural fiacchezza , che invade a mano a mano un ' Assemblea , la quale si sente venir meno il terreno su cui si regge . II . Il male è riconosciuto da troppe parti , perché non esista ; e mi paiono molto strani quei senatori , che da una parte lo confessano , e dall ' altra si lagnano che col parlare di riforme si confermi . Poniamo che sia stato poco prudente parlare di riforme : ciò non fa che non se ne sia parlato e non se ne parli ; e gli scongiuri non bastano a cessarne il discorso . Vero , che invocare una riforma intanto scema credito ; ma , per ricuperare il credito , una volta che la riforma si sia invocata , non v ' è altro modo che farla . Ora , che riforma dev ' essere ? Coloro i quali si occupano di riformare in parte o in tutto gli Stati , sogliono credere , che ciò che preme , è scuotere i congegni . Così a ' più i quali hanno trattato e trattano le questione della riforma del Senato in Italia , sembra che questa debba consistere nel mutare il modo di nomina dei senatori : e non già perché credono che così si avrebbero senatori migliori degli attuali , ma perché credono , che dal lor modo di nominarli verrebbe più forza e più sentimento di forza alla Camera di cui farebbero parte , di rimpetto a quella dei deputati . Vedremo , se in uno o in altro di tali congegni proposti vi sia la virtù , che se ne spera . A ogni modo , io non sono inclinato a credere , che la vita stia nello scheletro ; m ' è parso sempre che , eccetto casi di estrema corruttela e il presente , certo , è tutt ' altro che tale , la riforma efficace si compia , anziché col variare qualche giuntura di ossa , col muovere lo spirito del paese , intorno all ' istituto che n ' ha bisogno , e penetrarnelo e vivificarnelo . Ma qui è la principale difficoltà nostra . Lo spirito del paese , di certo esiste : ma come muoverlo ? Sarebbe , di certo , l ' ufficio della stampa politica . Ma la stampa , almeno la quotidiana , se togli uno o due giornali ma a due , dubito che non ci s ' arrivi non è libera in Italia . La stampa è libera rispetto alla legge ; ma è ligia e serva dei suoi bisogni , e degli uomini politici ai quali è addetta . Essa dovrebb ' essere la parola del paese a questi ; è la parola di questi al paese . Se deve parlare del Senato , non s ' eleva a giudicarne l ' azione , secondo conforme o no al carattere suo ; ma lo grida patriottico o il contrario , secondo piace o no , e giova o no al Ministero che il giornale porta in palma di mano . Sicché dalla stampa il paese in questo rispetto , come in tanti altri , non che essere diretto , è traviato ; e invece d ' unire influenze , atte a correggere e rinvigorire l ' instituto , n ' escono di quelle atte a guastarlo e indebolirlo peggio . Ciò che la stampa politica quotidiana non vuol fare , gli scrittori privati non possono fare . La mia esperienza mi prova che nessun libro o opuscolo , di materia soprattutto politica , è atto a richiamare sopra il soggetto che tratta , una larga e seria attenzione , e a eccitare intorno ad esso una discussione ardente e feconda . Il pubblico italiano mostra avere un piccolissimo gusto di tutto quanto concerne l ' organismo dei poteri pubblici . A ciascun italiano basta di ingegnarsi a cavare da quelli che ci sono , il maggior profitto che può per sé . Sicché , davvero , libri o opuscoli sul Senato , come se ne sono letti molti e ne vengono fuori , non riusciranno , neanche se fossero eccellenti , a creare intorno al Senato un ' atmosfera in cui si rinforzi e si ritemperi . Siamo dunque , costretti a cercare soprattutto i rimedii nel giro di disposizioni di legge o di provvedimenti di governo , sperando , per attuarli , in ministri , ai quali , inspirati da un alto concetto d ' interesse pubblico , piaccia d ' avere ai fianchi un Senato meno comodo che non sia il presente . Per ricercare quali queste disposizioni di legge o provvedimenti possono essere , bisogna prima fissare , che cosa oggi un Senato sia . Il primo movente della mozione dell ' Alfieri citata dianzi fu questo , che , come la Giunta , che riferiva sulla legge elettorale del gennaio aveva per la prima avvertito , si credette vi fosse un ' intima relazione tra l ' allargamento del suffragio politico , e una costituzione del Senato , che deve a questo una maggior forza dirimpetto a quella , che da un più diffuso suffragio veniva sulla Camera dei deputati . Io non credo che questa relazione ci sia . Nel Belgio il Senato è elettivo , e il suffragio è più ristretto che in qualunque altro Stato costituzionale . In Prussia il suffragio è universale e il Senato non è elettivo . Il vero è che più è esteso il suffragio , ond ' esce la Camera dei deputati , e più è difficile costituire un ' altra Camera , che le serva di freno e di contrappeso , o a uno qualsiasi degli altri fini , per cui si suol dire , che un ' altra Camera ci deve essere . In somma , più diventa democratica la Camera dei deputati , più è in grado di presumere ch ' essa rappresenti tutto il popolo e più ci si deve aspettare che non soffra contradizione al voler suo , una volta formato ed espresso . Se la Camera dei deputati ha vita da una indistinta totalità di elettori , da poco meno che tutta intera la cittadinanza raccolta nei collegi , non può avere un ' autorità che la pareggi , nessun ' Assemblea che si fondi sopra una parte di elettori , o sopra suffragi , attraverso i quali la volontà di elettori si manifesti meno immediatamente , liberamente , direttamente . Quest ' altra Assemblea che si pretende per soprappiù d ' essere un Senato , e superiore alla prima , parrà un ' oligarchia alla Camera eletta per il voto di tutti . Peggio se i membri di quest ' altra Assemblea devono avere prolificazioni di senno e di capacità , che i primi non hanno . Sarà questa una seconda cagione perché la democrazia orgogliosa della Camera dei deputati disdegni e non tolleri l ' aristocrazia paurosa della Camera , dei senatori . Dicevo paurosa ; e così sarebbe . Avremmo il Senato ; ma a un patto , che nessuno degli ufficii del Senato sarebbe adempiuto . Così in più d ' un paese monarchico si son viste e si vedranno rimanere le monarchie . Forse , l ' affermazione mia di dianzi che nessuna relazione vi sia tra l ' allargamento del suffragio e la costituzione del Senato va temperata così : che , cioè , quanto più s ' allarga il suffragio da cui è eletta la Camera dei deputati , tanto meno un Senato elettivo è possibile . Che cosa , oggi , è o può essere in realtà il Senato ? Se il principal contrassegno di un ' Assemblea politica è questo ch ' essa possa col voto suo disfare e rifare il Ministero , il Senato non è più tale o almeno non lo è nel grado in cui è tale la Camera dei deputati , non lo è che nel grado in cui è tale una Camera di deputati in un regime non parlamentare , ma meramente costituzionale , come , per esempio , il prussiano . Certo , né il Senato né la Camera dei deputati del Congresso degli Stati Uniti disfà o rifà un Ministero ; ma costà il potere esecutivo deriva immediatamente dal popolo , e sta di fianco al Congresso , non dietro di esso . Nel regime parlamentare , secondo il tipo inglese a cui si confà il nostro , l ' Assemblea , che non ha mai avuto , o , nella coscienza sua e del paese , ha smarrito il diritto d ' influire col suo voto nella composizione del Governo , non è politica quanto e come un ' Assemblea che conserva questo diritto . Ed è ammesso anche che un Senato non potrebbe alla lunga respingere una legge , che la Camera dei deputati volesse . Se il Re fosse anch ' egli contrario alla legge , potrebbe , quando trovi ministri che consentano con lui , sciogliere la Camera dei deputati , ma se gli elettori rimandassero la stessa , o ne mandassero una , che , rispetto alla legge , convenisse colla precedente , sarebbe , non incostituzionale , ma pericoloso persistere a rifiutarla , e non si dovrebbe , certo , se non in un estremo caso . L ' ufficio ordinario del Senato è di correggere le leggi che la Camera gli trasmette , e darle modo di ripensarci ; ovvero , di prepararle quelle , che , come bisognose di maggiore competenza e di più tranquilla e seria discussione , il Ministero gli commette , o inizia esso stesso . Tutti vedono e sentono , che uno dei principali difetti del sistema parlamentare è la grande incompetenza dei ministri , talora , e dei deputati , spesso , nell ' opera delle legislazioni : incompetenza grande , sì perché la pratica manca agli uni e agli altri , sì perché manca loro la tecnica di ciascuna materia legislativa , e sì ancora e soprattutto perché sono influiti da correnti di opinione politiche e passeggiere . Questa competenza spetta soprattutto a un Senato di averla , e di darne prova . Dico di darne prova ; giacché averla non basta . Se talora le Giunte ragionano con molta dottrina e di bilanci e di leggi , e poi le votazioni seguono , come se nessuna osservazione fosse stata fatta , è competenza che non serve . La competenza che serve , è quella che si mostra coi voti , ed è accompagnata dalla fiducia , che il voto conforme a coscienza è solo adatto a indicare . La fiducia deve essere tanta , che inspiri a ciascuno la risoluzione di compiere il dovere proprio , senza pensare con che e con quanto effetto lo faccia . Ora , a quest ' ufficio bisogna autorità di grado e di dottrina e indipendenza di posto e di carattere . Il senatore Lampertico , dottissimo , non cita nel suo libro e però , si direbbe che ignora un detto di Montalambert , che mi pare la migliore sentenza che sul soggetto presente si sia pronunciata : Pour que le Sénat soit quelque chose , il faut que chaque sénateur soit quelqu ' un . L ' autorità del Senato , a dirla altrimenti , non è che la somma delle autorità proprie dei singoli uomini che lo compongono . Nello studio del Lampertico , v ' hanno molte tabelle utili ; una sarebbe più utile di tutte ; quella dei nomi di senatori morti via via dal 1848 sinoggi confrontati coi nomi dei senatori che si sono andati surrogando loro via via . Si potrebbe facilmente giudicare se la somma dell ' autorità di questi secondi nomi è pari a quella dell ' autorità di quei primi . Se è pari , cerchiamo altre ragioni della necessità d ' una riforma del Senato ; se non è pari , questa basti . L ' autorità che deriva dai servigi resi allo Stato , dalla lunga esperienza , dall ' ingegno , dalla dottrina , è l ' ultima contro cui la democrazia ricalcitra , quantunque anche contro essa infine ricalcitri . Quest ' autorità , che non si scompagna mai o di rado da una pari dignità di condotta e da una grande indipendenza di carattere , è quella che bisogna soprattutto salvare nel Senato , se si vuoi mantenerne l ' utilità . Ora , nessun sistema elettivo è atto a mantenergliela . Noi vediamo , quanto un suffragio , diretto , immediato , largo è adatto a mantenerla alla Camera dei deputati . E non è chiaro a tutti ch ' essa ha molto più potere , che autorità ? Ch ' è assai più temuta che rispettata ? Un suffragio , comunque si combini , ristretto , a due gradi , con diverso collegio , non può alla prima e alla lunga , eleggere uomini , soprattutto onorevoli , per le qualità che dicevo . Sarà , prima o poi , corrotto da influenze diverse . Lascerà prima o poi per terra , le menti più elette del paese , le coscienze più fiere , più intemerate : e poiché elegge a tempo , lascierà i senatori , come sono i deputati , soggetti alla peggiore delle servitù , alla servitù degli elettori , a seguire quelli , che son presunti averlo scelto a guidare . Il Senato elettivo , comunque eletto , sarà una Camera dei deputati debole , senza nessuna della qualità che gli devono appartenere in proprio , e con tutte le cattive qualità , che in una Camera dei deputati non è possibile , che prima o poi non s ' insinuino . Il problema è questo : avere il Senato supremamente autorevole . Così , i ministri lo rispetterebbero : e lo rispetterebbe , eccetto in casi di gran commozione pubblica , la Camera . Così , i diritti e gli ufficii che lo Statuto gli assegna , li conserverebbe tutti ; e non rischierebbe , come rischia ora , di vederseli sottratti dalla Camera , più per opera dei ministri che per volontà di questa stessa ed esso impotente a difenderli . Di quello che l ' autorità sia e come si mantenga i Romani furono i maestri : che intesero meglio di ogni popolo antico come dovess ' essere costituito un corpo in cui l ' autorità , qualunque fossero le vicende del suo potere immediato , continuasse a risiedere . Due modi , almeno dacché si fu sviluppata la libertà popolare , vi furono per entrare nel Senato Romano , la più illustre delle assemblee che portarono questo e quella onde è stato trasmesso a ogni altra ; l ' uno esservi nominato dal censore , l ' altro , avere esercitato una magistratura che vi desse diritto . Il censore aveva obbligo di nominarvi i cittadini migliori ; e la nomina fatta ogni quinquennio , era a vita , purché uno non si rendesse indegno dell ' onore e dell ' ufficio , nel qual caso il censore stesso aveva ogni quinquennio il diritto di cacciarlo via . E questo diritto esisteva anche rispetto a quelli , che la magistratura ricoperta portava per sé stessa in Senato . Le quali due vie di pervenirvi restaron le sole , anche quando la repubblica si mutò in imperio ; giacché al principe , come tale , non appartenne altra facoltà in ciò , se non quella che gli veniva dall ' ufficio che rivestiva di censore . E certo , al Senato rimase tanta autorità , dirimpetto a ' Comizii popolari , che possiamo non ostante le molte differenze ragguagliare alla nostra assemblea elettiva , se poi dirimpetto agl ' imperatori e alle legioni , che tempi di corruttele e di abiezione tristissimi e dentro il corpo stesso e fuori non bastarono a levargli in tutto autorità e credito , anzi di tratto in tratto sin quasi agli ultimi anni dell ' impero sconquassato e cadente ne mostrò tanto , che par quasi incredibile e maraviglioso . Dov ' è la radice di un consesso così durevole ? In questo , che il diritto che veniva dalla magistratura ricoperta , era per sé cagione , che il senatore ascrivesse a sé il posto conseguito ; e il diritto che veniva dalla nomina del censore , suggellava agli occhi della cittadinanza il valore della persona che n ' era onorato . D ' altra parte , la libertà del censore nel nominare chi gli pareva , faceva , che in lui fosse grande la responsabilità e la sentisse tale ; e insieme , perché il censore , dopo quello e alcuni altri atti , cessava , l ' eletto per tal modo non si teneva legato a lui , non si credeva in obbligo né aveva modo di comportarsi come sua creatura . E infine la pratica degli affari doveva esser grande in uomini , che , posti così alto nella stima pubblica , non potevano rimanere nell ' ufficio se non continuando a meritarlo , e non vi erano giunti , se non dopo avere atteso per lunghi anni a ' pubblici affari o avere acquistato riputazione di poterlo fare , e a cui non era lecito di riporre la dignità nell ' ozio , e di trarre dall ' onore conferito loro dallo Stato il vantaggio di non adempirne i doveri . So quanta parte di questo esempio non è imitabile ; e so ancora , come , non ostante congegni così in genere buoni l ' instituzione ebbe pure periodi di gran debolezza o corruzione . Nessuna cosa umana e per nessun mezzo n ' è salva . Pure qualcosa di imitabile v ' è ; e quanto è tale , su nessuna costituzione di Senato s ' innesta meglio , che su quella che il nostro Statuto vuole . Tutti sanno quale questa costituzione sia : il Re nomina i senatori . L ' ufficio è vitalizio ; il numero non è limitato . Pure il diritto di nomina del Re è soggetto a due condizioni ; non può nominare persone che abbiano meno di quaranta anni ; non può nominare persone , che non appartengano a una o a più di ventuno categorie . Le categorie sono abbastanza larghe e numerose , perché al Re resti facoltà ampia di scelta ; eppure , basta che vi sieno , perché al Senato appartenga una revisione della nomina , e il giudizio se la nomina non esca fuori di esse . Sicché si può dire , che sino a un certo punto , si combina il diritto di nomina del Re con un diritto quasi di coortazione per parte del Senato . Le categorie formulate , com ' era naturale , in conformità dell ' ordinamento amministrativo dello Stato nel tempo che lo Statuto fu pubblicato e scritto , hanno ricevuto via via quella diversa applicazione , che le mutazioni dell ' ordinamento stesso hanno subito dal 1848 sinoggi . Se il Senato fosse lasciato più libero o avesse usato più della sua libertà avrebbe fatto il medesimo rispetto al § 21; cioè , via via che il sistema d ' imposta è mutato e le imposte sono cresciute , avrebbe accresciuta la quota d ' imposta , stata necessaria ad abilitare al Senato . Se l ’ Italia non possedesse in quelle ventuno categorie un trecento persone di riconosciuta e rispettata autorità , che raccolte insieme dessero per sé valore al consesso di cui fanno parte , sarebbe da disperare del paese . Ma l ' Italia le ha , di certo ; ciò che manca , è chi sappia e voglia trovarle . Il Re , dice lo Statuto , deve trovarle , e non v ' ha , senza dubbio , ufficio più degno , più proprio del Re in un regime parlamentare . Egli è il solo nello Stato , che , pure curando il buono indirizzo del suo governo , stia e si senta ed è sentito di sopra a ' partiti che l ' agitano ed aspirano a guidarlo . Egli è il solo , chiamatovi naturalmente a riguardare , sciolto da ogni ombra di parte , da ogni colore al perturbatore e ingannatore , il merito , la virtù dell ' ingegno e dell ' animo e premiarlo e adoperarlo . Dicevo , proprio ufficio del Senato essere oggi la revisione dell ' opera legislativa della Camera e il sindacato amministrativo del Governo , senza pretendere l ' efficacia politica di quella su questo . Come il Senato , quindi tanto meglio opera quanto più nell ' esercizio della sua funzione è lontano da ogni spirito di parte , così il Re è il più adatto a comporlo , perché è libero sostanzialmente da ogni spirito di parte egli stesso . Si può dire , che il Senato effettua nell ' opinione sua di revisione e di sindacato , così e sin dove gli spetta , il criterio stesso del Re nel comporlo . Ma se al Re s ' addice così bene , così appropriatamente , per le ragioni che dico , la nomina dei senatori , è naturale , ch ' egli si dovrebbe circondare d ' un Consiglio per farlo . Per quanta sia l ' attenzione d ' un principe a seguire il movimento intellettuale ed economico del paese , non è possibile , che ve ne ponga tanta da bastare lui solo a ricercare e trovare chi più vi si segnali . Quale dev ' essere questo Consiglio ? Oggi s ' è introdotta questa pratica nei paesi latini parlamentari son rimasti , del resto , solo due che unico consiglio del Re deva e possa essere il Consiglio dei ministri , quel Consiglio che il Re nomina e dimette ad arbitrio dei voti delle Camere , e che rappresenta la maggioranza di queste . Ora , questa dottrina è falsa ; e la consuetudine che n ' è nata , è causa , che il Re , che secondo lo Statuto , deve nominare i senatori , non ne nomina in realtà neanche uno , ma appone semplicemente la firma sua alla nomina che il ministro gli propone . Sicché questa prerogativa è stata affogata , ingoiata dal Gabinetto , come ogni altra . Non è parsa un ' eresia giorni sono , che il Re potesse non sanzionare una legge , e supremamente , audacemente incostituzionale fargliene richiesta ? Ai Re di Stati parlamentari fa comodo rinunciare praticamente all ' esercizio della prerogativa , rimettersene d ' ogni cosa a ' ministri ; ma giunge il giorno e talora all ' improvviso che le monarchie parlamentari , così spogliate di mano in mano d ' ogni lor propria iniziativa , naufragano . Noi abbiamo convertita la dottrina inglese , che il Re non può peccare , in quest ' altra che il Re non può fare , una dottrina che vale che il Re di quello che faccia , non risponde lui , ma altri il quale vi ha acconsentito , per lui , in quest ' altra , che il Re non ha nulla a fare , altro che ad applaudire o ad essere applaudito . Ma i Re che non possono fare , in breve o alla lunga si scopre che possono non essere ; e gli applausi cessano : e si ricordano di averne avuti , leggendo di quelli che in lor vece salutano altri . E quando così la prerogativa del Re di nominare i senatori è abbandonata in tutto al Ministero , succede , che la composizione del Senato muta affatto carattere . La nomina a un ' Assemblea , il cui carattere politico è così impallidito è fatta soprattutto per una ragione politica . Un motivo , che se non è in tutto illegittimo , è pure eccezionale , diventa il principale della scelta . Giacché si può dare , che , come in Inghilterra per il bill di riforma elettorale nel 1832 , il Re debba acconsentire di aggiungere al Senato tanti senatori , quanti occorrono perché passi una legge di una estrema necessità politica , alla quale il Senato , così com ' è , è avverso ; ma non può il motivo generale , perenne , quasi unico della nomina dei senatori , formare in Senato una maggioranza ligia al Ministero . Quando ciò succeda , l ' autorità del Senato , se anche non paia tutta spenta , subito , è in realtà spenta , e la morte almen morale segue davvicino la malattie . Ora , da quel motivo eccezionale diventato così prevalente e quasi assoluto , nascono tutti i mali del Senato , tutti quei mali a ' quali si cerca rimedio . Allora , i Ministeri nominano senatori non i deputati , che sono ancora operosi e accreditati nella Camera , ma quelli , per lo più , che gli elettori hanno rigettato e nel cui collegio sperano possa riuscire un amico loro ; ovvero gli svogliati d ' ogni lavoro o desiderosi di vita pubblica più comoda e più tranquilla , o più pieni di vanità o più insistenti a voler essere messi al sicuro ; in somma , passa alla Camera alta , lo scarto di quella che si dice bassa . Il medesimo più o meno ha luogo rispetto a tutte le amministrazioni dello Stato . I Ministeri , di solito , scelgono non i migliori , ma i più ligi ad esso . La nomina a senatore non è effetto , molte volte , d ' una concordia di opinioni tra il Ministero e l ' eletto , ma n ' è la causa . Chi è nominato , si crede vincolato a chi nomina . I senatori diventano i clienti dei ministri . Come , nelle più delle categorie , l ' entrata in Senato non dipende dall ' avere rivestito una magistratura , ma dalla scelta del ministro tra i molti che la rivestono , e , dall ' altra parte , in più d ' una di tali magistrature v ' è ancora luogo a promozione , il senatore si sente legato al Ministero , sì per il favore della scelta e sì per la speranza della promozione . È notorio che oramai , se un Ministero potesse temere un ' opposizione al Senato da mettergli a pericolo una legge che gli preme , gli basterebbe un giorno per chiamare in Roma dalle prefetture , dai tribunali , dalle cattedre , tanti senatori quanti gli occorrerebbero e più ancora per sopraffarla . Il peggio strazio è fatto delle categorie ultime ; giacché c ' è pure una virtù di rappresentanza e una efficacia d ' influenza nelle ricchezze ; mai Ministeri se ne servono per scegliere a senatori quelli , che , non avendo altro titolo , hanno almen quello di non essere troppo poveri . Ed è naturale , poi , che in un Senato composto così accada tutto quello , che il senatore Lampertico dice nelle parole citate da lui a principio di questo scritto . È meraviglioso , anzi , che non accada peggio . Un corpo politico non ha altra difesa dei propri diritti che in sé medesimo . I ministri possono tutti ripetere di volerli rispettare , promettere di rispettarli ; e dirlo di buona fede ; ma in realtà , se non vi sono sforzati , non lo fanno . Se non vi sono sforzati preferiscono accumulare leggi nella Camera dei deputati , e presentarle poi in un mucchio al Senato ; allargare le competenze della Camera dei deputati , e restringere quelle del Senato . Lasciando interpretato largamente l ' articolo 10 dello Statuto , che vuole presentati prima alla Camera dei deputati soli i progetti di legge che importano imposizione di tributi , approvazione di bilanci e dei conti dello Stato ; ottenere per votazione di bilancio stanziamenti di fondi , che si dovrebbero chiedere per legge , e così via via . È nella natura delle cose , tanto più che da simili abusi non potrebbe trattenere un Ministero se non sola una vera e profonda e sincera cognizione di quello che sia il regime parlamentare , e come si deve condurre , perché duri , cognizione che non ha avuto se non il Cavour , il quale l ’ ha praticata anche e poi il Minghetti che non l ' ha praticata sempre . O che si vuole ! Pensino i senatori , che prima d ' essere ministri , sono stati i più clamorosi contro la mala condotta dei Ministeri verso il Senato , diventati ministri non solo non fanno diversamente , ma fanno peggio . È , ripeto , nella natura delle cose . Le forze politiche tanto valgono , quanto mostrano di valere . Ed il patriottismo di ciascuno sta non nel lasciarsi sopraffare , come per ispirito partigiano si sente dire ora dagli uni , ora dagli altri , ma nell ' impedire d ' essere sopraffatti . Giacché , ove operino altrimenti , apparecchiano la distruzione delle istituzioni , che era lor obbligo di mantenere , e che s ' immaginavano , forse , colle lor mollezze di mantenere . Concludo . La riforma del Senato non s ' otterrà mediante nessuna modificazione più o men grave di articoli dello Statuto , né la richiede . Verrà , invece , naturalmente ed efficacemente da una più perfetta osservanza dello Statuto , che da molti anni in qua , soprattutto , non si vede . Verrà dal rinvigorimento della prerogativa regia , rinvigorimento , del resto , necessario non solo in questo . Verrà dalla diminuita ingerenza del Gabinetto , pericolosa sopratutto , perché si esercita sotto il coverchio della prerogativa , e si libera così da ogni censura . Verrà , in somma , dall ' autorità che per la qualità delle persone scelte a comporre il Senato , si raccoglierà in questo , se dev ' essere , di fatti , come è in parole il primo corpo dello Stato . E queste generalità qui mi bastano , né m ' occorre entrare nelle più minute quistioni circa il modo , in cui il Consiglio che aiuti il Re a nominare i senatori dev ' esser composto . Meglio un Consiglio di senatori stessi , uno per ciascuna categoria . Certi , a sentire proposto , augurato , previsto da me un rinvigorimento di prerogativa regia , avranno riso . Io non credo che hanno riso a ragione . Se io leggo bene nell ' avvenire non mi pare che le monarchie periranno , neanche le parlamentari , se si correggeno . Che se non si correggessero , delle due parti cui esse si compongono , monarchie e parlamenti , piuttosto i secondi periranno che le prime .
SFOTTÒ ( - , 1925 )
StampaPeriodica ,
10 giugno . L ' on . Tittoni ha dimostrata la sua fierezza commemorando un libertario pericoloso : Giovanni Pascoli . Tittoni è il vero terrore dei morti . Vettori , se non scende l ' Aventino , si annoia . Fate una discesa per il povero cieco . Sappiamo che la guerra fu fatta quando era ministro Salandra . Per la guerra civile un ministro qualunque basta . Casertano è ormai anch ' egli Gran Cordone . Se lo meritava . Giordana e Vettori seguono la stessa tattica : mostrano le ferite riportate in polemica " da tutte e due le parti . " Vettori parlerebbe diversamente se capisse che qui non si tratta di crisi ministeriale , ma d ' una crisi morale che investe tutta la nazione . Il 7 giugno v ' è stata una grande dimostrazione fascista .
GIUSEPPE GARIBALDI. COMMEMORAZIONE ( CRISPI FRANCESCO , 1882 )
StampaPeriodica ,
La Nuova Antologia vuol rendere anch ' essa il suo tributo alla memoria di Giuseppe Garibaldi . Ed il suo direttore , con una squisita cortesia , della quale gli son grato , ha invitato me , che non sono redattore della rinomata effemeride , per adempiere tale ufficio . Dopo tutto ciò , che in questi giorni fu detto e scritto di Garibaldi , è un ' opera assai difficile il poterne ancora degnamente ragionare . Non già che il tema sia esaurito , ma perché mi sembri esser necessaria un ' abilità , che confesso di non avere , per soddisfare le non ordinarie esigenze dei lettori . La biografia di un uomo sia pure un grande statista od uno scienziato è subito fatta . Ma non si può tesser la vita di Garibaldi senza fare la storia italiana degli ultimi 50 anni . E non basta ! Se Garibaldi , sin dalla sua prima giovinezza , ebbe un culto per la patria , se i suoi pensieri , i suoi studii , le sue cure , le sue opere non ebbero altro scopo l ' anima sua generosa spaziava nell ' infinito , il dovere per lui non aveva limiti di territorio , egli era il cavaliere dell ' umanità . Ed allora come ricordare questa parte della sua vita senza toccare il problema ancora insoluto delle nazionalità , senza parlare dei popoli , che lo invocarono nei momenti del pericolo , che sperarono in lui , ed alla difesa dei quali egli concorse con la spada o con la parola ? Nato dal popolo , educato nei principii della democrazia in un paese dove infrenata era la libertà , egli intravide la istituzione della repubblica con un Re . Ciò parve una contraddizione agl ' ideologi della politica : ai repubblicani che non ritengono possibile e duraturo il regime da essi prediletto senza il periodico mutamento delle persone nella suprema magistratura dello Stato ; ai monarchici , i quali presentono la instabilità delle dinastie nel trionfo della democrazia . Garibaldi al contrario trovava ad armonizzare nella sua mente questi due estremi , Popolo e Re . Laonde egli non credeva tradire la sua coscienza , quando al 1859 ed al 1860 scriveva nella sua bandiera il motto : Italia e Vittorio Emanuele . Molto meno credeva poter offendere il Re , quando parlava della repubblica italiana e del suo avvenire . Si illudevano intanto , quando pei loro fini particolari , i monarchici al 1859 si vantavano di aver conquistato Garibaldi ; e più tardi , al 1879 , i repubblicani s ' illusero sperando che Garibaldi fosse ritornato a loro e ch ' essi avrebbero potuto valersi di lui per la distruzione della monarchia . Io non so come sarà governata l ' Europa da qui a 50 anni . Penso intanto e sono profondamente convinto , che per la monarchia del diritto divino non vi sarà posto . Quello che valgano i grandi Stati costituiti in repubblica , ve ne dà un esempio la Francia ; e però per dare pace duratura alle nazioni , non ci si offre che un solo rimedio , ed è l ' attuazione del concetto garibaldino di un Re capo della democrazia . Fortunatamente per l ' Italia , Garibaldi si è fidato ad una dinastia , la quale comprende le tendenze dei tempi . Essa non può dimenticare , che il principato nazionale è sorto dai plebisciti , e che tradirebbe le sue origini , se osasse arrestare il progresso . Fin qui ho definito , senza volerlo , la mente politica del nostro eroe ; ma ciò non basta , perché il quadro sarebbe incompleto , se non delineassi l ' uomo nella società . Noi siamo nel secolo delle plebi , e nessuno più di Garibaldi ne presenti il prossimo avvenimento e ne patrocinò la redenzione . Ma anche in questo s ' ingannarono quei socialisti , i quali avendolo attirato nei congressi internazionali , credettero valersi del suo nome per legittimare le loro teorie . Le sofferenze dell ' operaio e la tirannide della borghesia , gli scioperi e le coalizioni , la necessità di mettere l ' accordo tra coloro che lavorano e coloro che ne profittano , erano tanti problemi la cui soluzione egli spingeva col cuore . Ed ammirava il lavoratore della terra e degli opifizi , e ne onorava i sacrifizi , come onorava i sacrifizi dei suoi militi sui campi di battaglia . Quando nel 1863 ferveva il brigantaggio nelle provincie napolitane e le Camere discutevano le leggi eccezionali per estirparlo , egli osservava che n ' erano imputabili il Governo e la borghesia . Il suo cuore si spezzava alle notizie delle stragi e del sangue versato ; e quando gli parlavano di quegli sciagurati , i quali assaltavano e distruggevano le fattorie , scannavano il bestiame , bruciavano gli alberi e le messi , egli rispondeva che colà era una questione sociale , la quale non si poteva risolvere col ferro e col fuoco . Un giorno raccontandogli uno dei suoi amici , che i briganti , condannati dai consigli di guerra , affrontavano imperterriti la morte , egli ebbe ad esclamare : quanto eroismo miseramente sciupato ! cotesti uomini , traviati dal delitto , sarebbero stati soldati valorosi all ' appello della patria ! Il partito internazionale si lusingò un momento di aver l ' ausilio di Garibaldi , dopo che egli avea consentito di recarsi al congresso di Ginevra . Nulla di più assurdo ; e se i socialisti non se ne sono convinti , basterebbe ricordar loro il fatto , che Garibaldi si rifiutò nel 1871 di portare la sua spada in difesa della Comune di Parigi , e non permise di andare a suo figlio Menotti che vi era stato chiamato . Il partito internazionale rinnega la patria e la famiglia . Pe ' suoi apostoli la costituzione spartana è un rancidume , perché essi vogliono abbattere le frontiere domestiche e le frontiere nazionali . Le frontiere domestiche e le frontiere nazionali erano sacre a Garibaldi . Egli aveva una venerazione per la famiglia ; e la patria per lui era una religione . Garibaldi voleva l ’ indipendenza e la libertà di tutti i popoli ; ma non soffriva che l ’ Italia perdesse la sua autonomia . Quanto egli amasse la famiglia , lo sanno coloro che lo videro in mezzo a ' suoi cari e che dal 1874 in poi assistettero alle lotte del suo cuore , ardente come egli era di assicurare l ’ avvenire a ' suoi bimbi . Il ministro Mancini ed io abbiamo preziosi autografi di Garibaldi , diretti a noi prima e dopo la celebrazione del suo matrimonio . Scelgo una delle sue lettere , e ne fo dono ai lettori della Nuova Antologia , perché nelle parole di lui si rivela la grande anima dell ' uomo e del patriota . Agl ' internazionalisti varrà di lezione . « Caprera , 13 - 1880 . Mio carissimo ed illustre Crispi . « Da molti anni vincolato a voi nel mutuo amore per questa nostra Italia e che ebbimo la fortuna di servire insieme sui campi di battaglia io vi devo la generosa cooperazione al compimento del sacro mio dovere , che mi ha costituito oggi felice e tranquillo sulla sorte dei miei cari . « Con somma gratitudine sono per la vita « vostro G . GARIBALDI . » Quando fui a Caprera pei funerali del compianto Eroe la vedova mi volle nella sua camera per dirmi , che egli le aveva raccomandato più volte di ringraziare gli amici di quello che avevano fatto per la sua famiglia , e che l ' aveva incaricata di dichiarar loro che egli moriva tormentato dal pensiero che Nizza apparteneva ancora ai francesi . Coloro che dopo la sua morte han parlato e scritto di Garibaldi , han ricordato le cento battaglie da lui vinte , la strategia del gran capitano , la preveggenza e la calma di lui sul campo di battaglia . Io non sento il bisogno di ripetere le stesse cose , perché nulla direi di nuovo e nulla aggiungerei a ciò che tutti sanno . Sul campo di battaglia Garibaldi era un veggente . Il suo viso splendeva , i suoi occhi fulminei sorridevano , egli vedeva tutto , prevedeva tutto , nulla gli sfuggiva ; avreste detto che assistesse ad una festa , ludum bellicum . Era un eroe ? No , più che un eroe ; egli creava gli eroi , perché accanto a lui non si poteva esser codardi . E la codardia fu il solo peccato che Garibaldi non perdonava . Ricorderò un aneddoto . Il 26 giugno 1860 scoppiò in Palermo una di quelle agitazioni che si dicono dimostrazioni popolari . Era la prima del genere , ma sventuratamente non fu l ' ultima , perché essa fu di esempio ai partiti , i quali poscia ne usarono e ne abusarono . Le grida di morte e di evviva , gli schiamazzi indescrivibili giunsero alle orecchie del Dittatore , il quale ordinò che una deputazione si presentasse a lui per informarlo dei desiderii del popolo . Quattro o cinque tribuni improvvisati salirono le scale del palazzo reale e furono tosto alla presenza di Garibaldi . Ed egli : - Che vuole il popolo ? La dimissione del ministero . Va bene . Ma chi metterete al posto di coloro che oggi governano ? E qui uno della deputazione tirò fuori una carta , nella quale erano scritti sette od otto nomi . Il Dittatore , letto il nome di colui ch ' era a capo della lista , rispose immantinente : Non lo voglio , perché questo fugge nei pericoli , e noi abbiamo bisogno di persone che affrontino il fuoco . E poiché mi è caduta dalla penna la parola dittatore , mi permettano i lettori che io ne spieghi il significato e dica in qual modo Garibaldi esercitò il suo ufficio sovrano . Ricordando che egli era un soldato , e che l ' unione in un uomo dei poteri civili e militari mena spesso al dispotismo , più d ' uno potrebbe in questo argomento cadere in errore . Garibaldi aveva molta dimestichezza coi classici antichi . Egli conosceva a menadito la storia della repubblica romana , ed ammirava il valore e la sapienza de ' suoi capitani . Egli ricordava sovente , che in tempo di guerra la salute della patria era dovuta alla dittatura . Il 12 maggio 1860 , alle 4 e mezzo del mattino , uscivamo da Marsala per avviarci verso i monti vicini . Precedevamo Garibaldi , io ed un altro condottiere dei Mille . Il mio compagno impegnò il suo discorso sulla necessità della costituzione del nuovo governo , e consigliava la formazione di comitati secondo lo stile del 1848 . Ed il Generale : - Oh ! mio buon amico ! io non sono del vostro avviso . Coi comitati avremmo il disordine . Un solo , un solo dev ' essere alla testa del governo . Dopo questa sentenza fu fatto il silenzio . La sera pernottammo a Rampangallo ed il 13 , verso le 7 pom . , abbiamo fatto il nostro ingresso a Salemi . Il 14 fu fatto il decreto , col quale Garibaldi dichiarava di assumere la dittatura in nome di Vittorio Emanuele Re d ' Italia . Il 15 maggio abbiamo vinto i Borbonici a Calatafimi , il 21 ci siamo battuti presso Monreale e San Martino , il 27 siamo entrati in Palermo , il 3 giugno abbiamo ricostituito il governo con la nomina dei segretari di Stato pei vari rami della pubblica amministrazione . Prima di giungere a Palermo un solo segretario di Stato era agli ordini del Generale . La dittatura liberò la Sicilia e le provincie napolitane , e fondò l ' unità della patria italiana . Nissuno dirà , che con tanta autorità esercitata da un sol uomo , la libertà ne fosse stata offesa . Quantunque non aiutato dalle Assemblee , Garibaldi , governando , cercò d ' interpretare il pensiero del popolo . Nissuno avrebbe detto che quello fosse un regime militare , perché in nissun caso fu vista la spada dominatrice e tiranna . Garibaldi era accessibile a tutti , poveri e ricchi , plebei e borghesi ; ed il diritto di stampa e quello di riunione non furono frenati da legge alcuna . In tutta la Sicilia non vennero eseguite che tre sentenze di morte : un ribaldo fu fucilato perché durante la guerra aveva messo a sacco e fuoco alcuni comuni della provincia di Palermo ; altri due furono fucilati nella provincia di Trapani , colpevoli di assassinii e di rapine . Garibaldi non trovò ostacoli nell ' esercizio delle sue funzioni . Appena nel giugno 1860 i Borbonici ebbero lasciato Palermo , tutto procedette come nei tempi normali : le imposte furono riscosse senza difficoltà , i commerci ripresero il loro movimento , i cittadini ritornarono alle loro abituali occupazioni . Quello che maravigliò gli uomini d ' affari , fu il pagamento delle cedole del debito pubblico , ordinato sin dai primi giorni del nuovo governo e regolarmente eseguito . I Siciliani , i quali ricordavano il governo parlamentare del 1848 , i disordini d ' allora , le difficoltà finanziarie e politiche , non sapevano darsi ragione come da Garibaldi si fosse mantenuto tanto ordine con tanta libertà . Era la dittatura con tutti i beneficii senza i suoi vizi , l ' unità del potere illuminata dalla pubblica opinione , la sovranità della nazione senza violenze e senza i traviamenti della passione . Fin qui l ' uomo di Stato ed il capitano ; ma non certo avrei compiuto il debito mio senza aver penetrato nei penetrali del suo gabinetto e senza aver detto quello che era Garibaldi tra le quattro mura . La reggia di Palermo e quella di Napoli non turbarono la mente sua , ed a Palermo e a Napoli egli aveva scelto una modesta cameretta e dormiva in un letticciuolo non dissimile da quello nel quale ultimamente giaceva nella sua Caprera . Ed in tanta potenza egli non dimenticò gli amici , non i compagni de ' suoi primi anni , non i patrioti coi quali aveva avuto comunanza di aspirazioni e di affetti . Il 3 ottobre 1860 Giorgio Pallavicino fu nominato prodittatore nelle provincie napoletane . Prima che ricevesse il decreto egli l ’ ebbe da me nel pomeriggio di quel giorno aveva fatto stampare nei giornali una lettera a Mazzini , nella quale lo consigliava ad allontanarsi dalle provincie meridionali , dicendogli che la sua presenza creava imbarazzi e metteva a repentaglio quella concordia che tanto era necessaria al trionfo della causa italiana . Quella lettera ferì gravemente il cuore di Garibaldi . La coincidenza di quelle parole col contemporaneo decreto , che investiva Pallavicino dei supremi poteri dello Stato , avrebbe potuto suscitar dubbi che Garibaldi voleva dissipati . Volle veder Mazzini per potersi spiegare con lui , e Mazzini venne a Caserta la sera del 4 ottobre . Garibaldi era nel letto , e i due , appena furon vicini , si strinsero cordialmente la mano come amici che si vedono la prima volta dopo lunga e penosa lontananza . Garibaldi fu il primo a parlare : Spero che non vorrete lasciar Napoli dopo i consigli che vi furon dati . La lettera di Pallavicino è un ' aberrazione ; e capirete , che io non posso diffidare di voi , né supporre che la vostra presenza in Napoli sia d ' imbarazzo al trionfo della causa nazionale , per la quale ambidue abbiam lavorato . Generale , io era sicuro dell ' animo vostro ; ma la lettera ha fatto profonda impressione nel paese , perché scritta dal vostro prodittatore . Pallavicino è da poche ore prodittatore , e quello ch ' egli ha scritto è di sua competenza , e non può essere un atto di governo . Comunque sia , io domando che non vi moviate , e vi assicuro che nessuno oserà portarvi molestia . Mazzini e Garibaldi , dopo questo incidente personale , scambiarono poche altre parole sulle condizioni d ' Italia , sulla necessità di compiere l ' opera nazionale . Verso le 8 pomeridiane , l ’ antico triumviro si levò , e congedatosi riprese la via di Napoli . Questo episodio , ignoto a molti , compie il ritratto del nostro eroe . Il dottor Riboli , il quale nella sua permanenza a Caprera nel 1861 , studiò fisicamente Garibaldi , scriveva , che la craniologia della di lui testa presentava un fenomeno originale dei più rari , anzi senza precedenti ; l ' armonia di tutti gli organi perfetta , e la risultante matematica del loro insieme la quale indicava : l ' abnegazione anzitutto , e ovunque la prudenza , il sangue freddo , l ' austerità naturale dei costumi , la meditazione quasi continua , l ’ eloquenza grave ed esatta , la lealtà dominante .
GARIBALDI NELLE SUE « MEMORIE » ( FERRI ENRICO , 1889 )
StampaPeriodica ,
Del genio militare e del patriotta si è tanto parlato e scritto ; e queste « Memorie » del resto offrono così poche novità e , fuori delle sue gesta militari , tacciono anzi o lasciano nell ' ombra tanta parte della sua vita pubblica e privata , che mi parrebbe inutile parlarne dal punto di vista biografico . Più interessante forse potrebb ' essere uno studio psicologico sull ' uomo , coi documenti ch ' egli stesso qua e là , indirettamente , lascia intravvedere , sulla sua tempra fisica e morale . E ad uno studio di questo genere queste Memorie si prestano invece mirabilmente . Per solito nelle autobiografie degli uomini più o meno celebri , se si eccettuano le Confessioni di S . Agostino , di Rousseau e di pochissimi altri , lo scrittore sente troppo di essere davanti al pubblico ; ed è quindi troppo preoccupato dell ' effetto che intende produrre e del giudizio dei suoi lettori , perché egli si lasci andare alla schietta e spontanea descrizione dei suoi pregi e difetti . Troppo spesso l ' autobiografo non è che l ' avvocato di sé stesso , come , per esempio , nel « Memoriale di S . Elena » , Napoleone I . Ed anche quando lo scrittore si attenga alla più scrupolosa sincerità , il solo fatto ch ' egli descriva direttamente le proprie virtù o i propri difetti , ci offre una verità psicologica , piuttosto soggettiva e personale , che oggettiva . Garibaldi invece , nelle sue Memorie , non pensa nemmeno per sogno a fare il suo ritratto morale : egli narra semplicemente dei fatti « della maggior parte dei quali ( come dice nella prefazione ) fu testimonio oculare . » È soltanto dagli scatti generosi del suo sentimento , che erompe dinnanzi agli spettacoli maestosi della natura o si commove alla bellezza di una donna o si elettrizza nell ' amore dell ' ignoto e nella sete di avventure o si afferma a magnanima difesa degli stessi nemici , se ridotti all ' impotenza , o si eleva alle aspirazioni patriottiche ed umanitarie ; è soltanto dalle sue osservazioni incidentali sugli uomini e sulle cose o sulla politica dei popoli o sulla strategia militare o sulla fortuna , ch ' egli chiama più volte la sua fedele alleata ; è allora soltanto , che l ' uomo inconsciamente si rivela qual è ed il lettore sagace , dagli spiragli aperti qua e là tra le pagine , ne intravede l ' anima colle sue luci sfolgoranti e le sue penombre . Non altrimenti l ' occhio esperto del clinico trae , ben più che dalla diretta autobiografia del malato , da pochi sintomi isolati ed oggettivi la diagnosi completa ; e lo sguardo acuto del marinaio intravede dalle poche punte di scogli , sparsi a fior d ' acqua , tutta l ' estensione di un continente sommerso . A rendere meno difficile e più sicuro questo saggio di osservazione psicologica , per trarre i lineamenti caratteristici di una delle più grandi figure del mondo , lascieremo allo stesso Garibaldi il magistero della parola . A noi riserbiamo il compito modesto di raccogliere e ordinare questi frammenti psicologici , sparsi qua e là ; come l ' artista veneziano , con un disegno regolatore , compone i variopinti frammenti di vetro , in un mosaico , che artisticamente ritragga qualche storica figura . E sarà questo uno dei più utili insegnamenti , che noi trarremo dalle sue Memorie ; perché nulla vi è forse di più fecondo , per l ' educazione sociale , quanto il ravvivare l ' ammirazione e l ' esempio degli eroi popolari , non tanto nelle loro doti più abbaglianti della vita militare , quanto e più nello specchio delle loro intime energie morali , che sono l ' anima stessa e perenne dell ' umanità . Non alto di statura , come molti dei grandi capitani da Giulio Cesare a Napoleone I , Garibaldi ebbe in dono , oltre la testa e gli occhi soprattutto , di potenza magnetica , una straordinaria robustezza di fibra , che sorresse sempre , come solida impalcatura , lo smagliante edificio della sua fortunosa esistenza . Nelle sue Memorie abbondano le prove di privazioni e fatiche , da lui sopportate , che avrebbero ucciso qualunque uomo non fosse di eccezionale vigoria fisiologica : e più gravi e più dolorose sono quelle sofferte nell ' America Meridionale . Al capitolo XI descrive lo stato , in cui fu trascinato davanti a Millan , comandante di Gualeguay ed esclama : « Sentomi raccapricciare ogni volta mi rammento la sventuratissima circostanza della mia vita . » Fu per due ore sospeso in aria , legato per le mani ... « il mio corpo ardeva come una fornace .... quando mi sciolsero ero svenuto , diventato un cadavere ! Avevo attraversato 54 miglia di paese paludoso , ove le zanzare sono insoffribili nella stagione in cui eravamo . Colle mani e coi piedi legati , avevo indurato le tremende percosse del moschito . » Presso la estancia di Bento Gonçales , mentre aveva il comando di due barconi nel Camacuan , doveva coi suoi compagni spingere questi barconi a forza di spalle , perché l ' acqua del fiume era bassa « e noi eravamo obbligati allora di passare così nell ' acqua , alle volte , tutta una notte , non trovando riparo all ' acqua del mare e sovente a quella più fredda della pioggia .... Allora era un vero tormento e bisognava certo una fervida gioventù per sostenersi e non soccombere » ( pag . 41 ) . Fervida gioventù e più fervida energia psichica , per la quale egli ed i suoi compagni , nella disastrosa ritirata verso Lages , vissero « per quattro giorni senza trovar altro cibo che radici di piante » e pur faticando per aprirsi il sentiero « fra la gigantesca taquara ammonticchiata fra i pini colossali . » ( pag . 72 ) . Così , nelle battaglie , la fame e la sete non erano estinte per intere giornate , e nel suo primo ritorno in Italia ( 1848 ) « fece tutta la campagna di Lombardia tormentato dalle febbri » ( pag . 205 ) ; e poi , esiliato e viaggiante nell ' America centrale coll ' amico Carpanetto , fu assalito « dalle terribili febbri endemiche , che mi colpirono come un fulmine e mi prostrarono » ( pag . 268 ) . Robustezza di fibra fisica e morale , che non gli venne meno neppure negli anni più avanzati , come ad Aspromonte , dove a 57 anni e col dolore delle lotte fraterne , sofferse la fame « con marcie disastrose per sentieri quasi impraticabili , » dove « alcune patate non mature furono raccolte e crude servirono d ' alimento » ( pagina 403 ) . A 62 anni nella romantica sua fuga da Caprera « indebolito dagli anni e dai malanni » ma infiammato dalla sua fede « O Roma o morte » guada il canale tra Caprera e l ' isola della Maddalena e passa « tra scogli e cespugli , cogli stivali pieni d ' acqua » ( pag . 430 ) . E tre anni dopo , questo vecchio già tormentato e corroso dall ' artrite , offre alla Francia « ciò che restava di lui » e una notte di quell ' inverno rigidissimo , a Dijon , dato l ' allarme per la presenza dei Prussiani , si alza e corre agli avamposti « con le vie cristallizzate dal ghiaccio e mentre nevicava » ( pag . 476 ) . In uomini di questa tempra , che alla congenita robustezza organica , aggiungono l ' abitudine delle battaglie , delle stragi , del sangue , quale meraviglia se il cuore si indurisce e il sentimento si raffredda , se pure non è atrofico già fin dalla nascita , come per esempio in Napoleone I ? Ai documenti scientifici del Taine , per questo riguardo , sulla atrofia del senso morale in quel grande genio militare e sulla enorme sproporzione di sviluppo tra la sua intelligenza meravigliosa e multiforme ed i suoi sentimenti aridi e ristretti , poco tolgono di valore le risposte , inspirate soltanto dalla pietà del parentado . Garibaldi invece , ed è questa una delle più splendide sue doti umane , a quella robustezza ferrigna del corpo univa una mitezza ed una gentilezza così espansiva di sentimento , una tale bontà di cuore , tanta ricchezza di affetti delicati , che io non so se l ' ammirazione debba essere maggiore per il suo genio intellettuale o piuttosto per questa prevalenza in lui delle energie sentimentali , che sono tanto meno appariscenti delle doti mentali , ma pure sono l ' efflorescenza più bella , più nobile , più feconda della vita umana . Qualche compagno di Garibaldi mi ha detto però , che anche lui , nei momenti più decisivi della battaglia , incitava alla strage con tutta la mimica della vera ferocia ; ma questa osservazione , se dimostra come nella guerra ( e così nei delitti di sangue per impeto di passione ) ritornino a galla gli istinti più primitivi e selvaggi anche negli uomini più miti , nulla toglie allo stato normale dei sentimenti , passato l ' uragano psicologico della battaglia . E la conferma si ha infatti da tutti quelli che , come Napoleone I , non solo perdevano i sentimenti più umani nell ' eruzione delle passioni più basse , ma non li riacquistavano né li avevano poi , nelle fasi più tranquille della vita , tranne la vernice , per calcolo mentale e tornaconto sociale , delle più esterne convenienze . Già le sue Memorie cominciano con un capitolo dedicato ai genitori , che commuove per la delicatezza squisita del sentimento , pure ripetendo il fenomeno comune che i figli sentono più dolce e vivo il ricordo della madre , mentre per le figlie accade spesso del padre . Non solo , perché la trasmissione ereditaria organica e psichica più comunemente si alterna per sesso dai genitori ai figli ; ma anche perché negli affetti , che sono come l ' ombra dell ' amore , le profonde ed inconscie affinità sessuali operano come i poli opposti nella corrente elettrica . « Alla pietà di mia madre verso il prossimo , all ' indole sua benefica e caritatevole , alla compassione sua , gentile per il tapino , per il sofferente non devo io forse la poca carità patria , che mi valse la simpatia e l ' affetto dei miei infelici ma buoni concittadini ? « Oh ! abbenché non superstizioso certamente , non di rado , nel più arduo della strepitosa mia esistenza , sorto illeso dai frangenti dell ' Oceano , dalle grandini del campo di battaglia , mi si presentava genuflessa , curva al cospetto dell ' Infinito , l ' amorevole mia genitrice , implorandolo per la vita del nato dalle sue viscere . Ed io , benché poco credente all ' efficacia della preghiera , n ' ero commosso , felice , o meno sventurato » ( pag . 6 ) . A parte le indagini psicologiche , che si potrebbero fare sopra questo indizio di fenomeni allucinativi , così frequenti nei genii , è solo nelle opere predilette dalla natura che si riscontrano simili armonie , chi pensi che quella pagina fu scritta da uno dei più grandi guerrieri del mondo . E appena messo il piede di ritorno sul suolo d ' Italia , il suo pensiero vola ancora alla madre . « Io corsi ad abbracciare i miei bimbi e colei che avevo afflitto tanto coll ' avventurosa mia vita . Povera madre ! La più calda delle mie brame fu certamente quella di abbellire e consolare i vostri ultimi giorni ; la più calda delle vostre era naturalmente di vedermi tranquillo accanto a voi . Ma come si può sperare in un periodo di quiete e goder del bene di consolarvi nella cadente e dolorosa vecchiaia , in questa terra di preti e di ladri ! » ( pag . 189 ) . E non è solo per la madre e per i figli che il suo cuore ha i palpiti più generosi ; benché egli non ami parlare di sé come uomo , pure in queste Memorie ne sono frequenti le prove . Fanciullo ancora , egli si getta in un fosso e salva una donna , che vi era miseramente caduta ( pag . 7 ) . Giovinetto , assiste dalla sua nave ad « un tremendo naufragio , la cui memoria gli rimane incancellabile . » Impedito dalla tempesta infuriata a soccorrere i naufraghi « alcune lagrime sgorgarono dagli occhi » ( pag . 12 ) . Poco dopo , nel porto di Marsiglia si getta in mare « tutto vestito di gala per scendere a terra » e salva un fanciullo ( pag . 14 ) e prodiga poi , giorno e notte , le sue cure ai colpiti dal colera ( pag . 15 ) . Nel fanciullo lampeggia l ' uomo disse il poeta con felice intuizione psicologica , che dovrebbe trovare più feconda ed assidua applicazione , che non abbia , nei nostri sistemi pedagogici : e questa generosità di sentimenti , questo « cuore di angelo e di leone » , com ' egli dice dell ' americano Juan de la Cruz ( pag . 139 ) , questa innata prevalenza dell ' altruismo sull ' egoismo , che irradiano l ' alba della vita di Garibaldi , con quella precocità non patologica , che è propria dei genii , risplendono poi per tutto il ciclo delle sue vicende e fra gli orrori delle battaglie come fra le ebbrezze della vittoria , sotto la magica camicia rossa come sotto il poncho leggendario palpita sempre un cuore umano , nel più alto , nel più nobile senso della parola . Corsaro , sotto la bandiera del Rio Grande , catturata una sumaca carica di caffé , egli ordina ai suoi compagni , che siano « sbarcati passeggieri ed equipaggio , dando loro la lancia della lumaca e permettendo loro d ' imbarcare , oltre le proprie suppellettili , ogni vivere di loro piacimento » ( pag . 17 ) . Imbarcato sul piccolo legno Rio Pardo , nella spedizione di Santa Caterina , egli è rovesciato in mare dalla tempesta . « Il legno fu capovolto sulla destra ed io , che mi trovavo in quel momento alla sommità dell ' albero di trinchetto , fui lanciato per ciò da quella parte , a certa distanza . Io ricordo bene che , abbenché in pericolosissima circostanza , non pensai alla morte ; ma sapevo di aver molti compagni non marinai e prostrati dal mal di mare e ciò mi martoriava , sicché cercai di raccogliere quanti remi ed altri oggetti galleggianti mi fu possibile , avvicinarli a bordo e raccomandare a tutti di prenderne uno per sorreggersi ed agevolarsi a guadagnar la costa . » Un ' ondata terribile li sommerge tutti ed il suo primo pensiero , ritornando a galla , fu per l ' amico suo Luigi Cariglia : « quando ricomparvi , stordito dal colpo e dai vortici , che mi soffocavano , era scomparso lo sfortunato amico mio per sempre ! » Raggiunta a fatica , la sponda , egli si rivolge e vede un altro suo amico , Edoardo Matru , che a stento si regge nuotando . « Io amavo Edoardo come un fratello e mi affannò oltremodo la disperata sua condizione . Io mi slanciai verso il mio caro , per porgergli un legno che aveva servito a salvarmi .... » ( pag . 49 ) . E sebbene egli , in questa pagina stessa , malinconicamente dica : « mi sembrava in quei tempi essere io più sensibile e generoso ! Anche il cuore indurisce e inaridiscono gli anni e i malanni ! » ; pure , per tutta la sua vita continuano queste prove di un angelico cuore . Ecco com ' egli parla del saccheggio di Imiriù : « Io desidero per me ed a chiunque altro non abbia dimenticato di essere uomo , di non essere obbligato a dar sacco . Credo che , per quanto vi sieno delle prolisse relazioni di tali misfatti , impossibile sia narrarne minutamente tutte le sozzure e nefandità . Io non ho avuto mai una giornata di tanto rammarico e di tanta nausea per l ' umana famiglia ! Il mio fastidio e la fatica sofferta , in quel giorno nefasto , per raffrenare almeno le violenze contro le persone , furono immensi e vi pervenni , credo , a furia di sciabolate e non curando la mia vita » ( pag . 61 ) . È questa sublime altezza di sentimento che fa dire a Garibaldi di un tenente di Montevideo , suo compagno : « codesto nostro ufficiale era d ' un valore brillante , ma sventuratamente troppo sanguinario » ( pag . 141 ) . E persino nel furore ebbro della battaglia questa sua indole così umana predominava il facile ritorno degli istinti più lontani nella lenta , millenaria elevazione nostra dai nostri preistorici progenitori . Il carattere di ogni uomo fu giustamente paragonato ad una successiva stratificazione , in cui per ogni fase della vita individuale e per ogni generazione della vita sociale si aggiungono gli strati più recenti e più alti della nostra moralità ; e si elidono via via gli strati più bassi e più profondi , rispondenti alla vita preistorica della nostra specie , che sono il plasma originario ed inconscio di ogni coscienza . Nelle circostanze ordinarie dell ' esistenza di ogni uomo , la sua condotta si determina secondo queste più recenti energie morali , che perciò sono le prime a spegnersi quando , per esempio , una malattia mentale determini nel carattere personale un processo di degenerazione . Nelle circostanze eccezionali poi , come lo scoppio di una passione violenta od una battaglia tra il rombo ed i gaz delle armi e le grida di vittoria o di dolore e le reciproche suggestioni , è soltanto nelle tempre eccezionali , di più alta moralità , che gli strati più profondi e meno umani non erompono , ma restano nel fondo , repressi dalla energia dei sentimenti altruistici , più recenti . Al combattimento del Dayman ( Montevideo ) « un nemico , a cui era stato ammazzato il cavallo , caduto , combatté a piedi contro chi lo aveva rovesciato e malgoverno ne faceva quando giunse un altro de ' vincitori , poi un altro , finalmente contro sei pugnava quel prode e , in ginocchio , perché ferito in una coscia : tardi io giunsi per salvare la vita di un tant ' uomo » ( pag . 175 ) . A Como , nel 1848 , egli salva dal furore popolare il vecchio generale Zucchi , che fuggiva in Isvizzera ( pag . 196 ) . A Varese , nel 1859 , fa raccogliere i prigionieri austriaci ; e questi « che giustamente potevano pagare col loro sangue quello de ' nostri preziosi compagni assassinati dall ' Austria , Ciceruacchio , Ugo Bassi e tanti altri , furono invece trattati con cure forse più gentili ancora di quelle che si ebbero i nostri ! Ciò non monta ! L ' Italia ben fa di essere umana coi suoi carnefici ! Il perdono è l ' appannaggio dei grandi » ( pag . 291 ) . A Palermo , così scrive con affetto paterno de ' suoi volontari : « Allora cominciò un periodo di riposo e tutti ne avevano bisogno , massime i Mille . Poveri giovani ! la parte eletta di tutte le popolazioni italiane , non avvezzi ai disagi , alle privazioni , gran parte studenti e laureati » ( pag . 365 ) . A Monterotondo , la guarnigione nemica rimase prigioniera nel castello : « il prode maggiore Testori , poco prima della resa dei nemici , aveva presa la determinazione di mettersi allo scoperto alzando una bandiera bianca , per intimar loro di arrendersi ; ma quei mercenari , violando ogni diritto di guerra , lo fucilarono con vari colpi e lo lasciarono cadavere . Ebbi un ' immensa fatica , dopo tanti e siffatti atti di barbarie per parte di codesti sgherri dell ' Inquisizione , a salvar loro la vita , essendo i nostri irritatissimi contro di loro » ( pag . 438 ) . Ed in Garibaldi non è solo questa magnanimità , che dava alla leggenda popolare l ' idea « di Cristo redivivo , » ma la gentilezza quasi verginale dei sentimenti più delicati e che più fanno contrasto colla sua tempra d ' acciaio . Bambino , « raccolto un giorno al di fuori un grillo e portatolo in casa , ruppi al poverello una gamba nel maneggiarlo ; me ne addolorai talmente che , rinchiusomi nella mia stanza , io piansi amaramente per più ore » ( pag . 7 ) . All ' estremo opposto della scala psicologica , fino a toccare la zona della pazzia morale , stanno i tormenti che molti bambini e fanciulli amano dare a piccoli animali . Molti anni dopo , nell ' America meridionale , ecco i suoi sentimenti : « L ' Hervidero era pure un Saladero a tempi floridi , cioè sito dove si salava carne , macellando centinaia d ' animali ogni giorno . E le sventure sofferte da codeste popolazioni saranno esse una vendetta per i gran patimenti inflitti alle altre razze animali ? Io credo la morte una semplice transizione della materia , a cui conviene conformarsi pacatamente , anzi famigliarizzarsi con essa . Ma i patimenti inflitti da un essere all ' altro ! Oh ! io credo che esistendo una vendetta della natura , essa deve essere applicata ai ministri del rogo , delle torture e di qualunque sofferenza inflitta ad animale qualunque » ( pag . 146 ) . Perciò egli , come tutti i grandi tipi di bontà umana , avvolgeva nel suo sentimento pietoso ogni essere vivente , e nelle sue Memorie ha parole soavissime di ricordo e di rimpianto per i suoi amici perduti , e così , per esempio , ha pure un ricordo affettuoso pel suo « cane da caccia , Castore » , che fu obbligato a lasciare in Tangeri « e quel mio fedele compagno ne morì di dolore » ( pagina 267 ) . Così narra di sé a Palermo , nel padiglione del palazzo reale : « di là potei bearmi dello spettacolo che presenta un grande e fervidissimo popolo nelle sue emozioni . I liberati ( dalle carceri di Castellamare ) furono portati in trionfo verso la mia abitazione da una folla immensa , frenetica per la libertà acquistata dai suoi carissimi . Io m ' ebbi un tesoro di gratitudine da loro ed una lagrima inumidì la mia guancia » ( pag . 365 ) . E questa semplicità grande , primitiva di nobilissimi sentimenti , così rara in un uomo che abbia avuto un ' esistenza come la sua , trabocca in una pagina eloquente , da lui dedicata ai Cairoli . « Fra i morti vi era pure un figlio , il primo ch ' ella perdette , di quella donna , per cui la posterità confonderà questo periodo di miserie coi giorni più gloriosi di Sparta e Roma ! Un figlio dell ' incomparabile madre dei Cairoli , la matrona pavese . Ernesto , il più giovane de ' tre , ch ' essa aveva mandati , cadeva combattendo , rotto il petto da piombo austriaco , sul cadavere d ' un tamburino nemico , ch ' egli aveva ucciso di baionetta . Mi passò per la mente tutta la afflizione di quella madre sì buona , sì affettuosa per i suoi figli e per chi aveva la fortuna di avvicinarla ! Il mio sguardo s ' incontrò lo stesso giorno con lo sguardo del maggior fratello , Benedetto , valoroso e modesto ufficiale , caro come tutta quella cara famiglia : i suoi occhi si fissaron nei miei , ma una sola parola non uscì da ambedue . Solo io lessi in quel malinconico sguardo « Mia madre ! » e pensai io pure a tutta la somma di dolori che si preparavano a quella generosa ! E quanti altri , di cui non conoscevo le madri , giacevano su quel campo di strage , o mutilati o morenti col desiderio di vedere ancora una volta la desolata genitrice . Poveri giovani ! o piuttosto felici giovani ! il cui sangue riscattava l ' Italia da lungo servaggio e per sempre ! « Le generose donne di Varese supplivano all ' assenza dei parenti . Donne italiane ! io scrivo commosso , vedete ; e lo credereste ? ho pianto nel narrarvi della Cairoli . Sarà debolezza : prendetela come volete , eppure ne ho già veduti dei campi di battaglia e feriti e morenti e cadaveri ; e mi sento ancora , permettetene la presunzione , non più forte come lo ero a vent ' anni , ma fervido d ' animo come io era allora , ove si tratti di tempestare per questa sacra terra ! Dio mi conceda di chiuder gli occhi pronunciando come ultimo accento : « Essa è libera tutta ! » ( pag . 292 ) . L ' intima costituzione psicologica di un uomo è come un brillante dalle cento faccette e non si può bene conoscere se non osservando prima ogni lato singolarmente , per raccoglierne poi nella nostra mente l ' immagine complessa . E questa immagine è tanto più vera e duratura e benefica per noi stessi , per quanto non rimane nei contorni vaghi e nebulosi di un ' ammirazione feticista e leggendaria , ma risalta invece dalla conoscenza sicura delle linee precise , onde natura si compiacque plasmarne la meravigliosa figura . Un altro dei lati tanto simpatici nella psicologia di Garibaldi è una specie di misticismo naturale , che non si cristallizza nelle forme esterne di questo o quel culto religioso , ma si espande libero per tutta la natura vivente e vi circonda uomini e cose di una dolce , e spesso melanconica , aureola di poesia e di idealismo , feconda di morali energie . Nel cap . V ecco com ' egli narra del suo incontro con Rossetti a Rio Janeiro : « Rossetti , che non avevo mai veduto , ma che avrei distinto in qualunque moltitudine per quell ' attrazione reciproca e benevola della simpatia , m ' incontrò al Largo do Passo . Gli occhi nostri s ' incontrarono e non sembrò per la prima volta , com ' era realmente . Ci sorridemmo reciprocamente e fummo fratelli per la vita , per la vita inseparabili . Non sarà questa una delle tante emanazioni di quell ' intelligenza infinita , che può probabilmente animare lo spazio , i mondi e gli insetti che brulicano sulla loro superficie ? Perché devo io privarmi della voluttà gentile che mi bea , pensando alla corrispondenza degli affetti materni rientrati nell ' infinita sorgente da dove scaturirono , ed a quelli del mio carissimo Rossetti ? » ( pag . 15 ) . E a pag . 113 , parlando della terribile sconfitta toccata ai repubblicani di Montevideo sulle sponde dell ' Arroyo Grande , mentre egli mandava invano esploratori a battere il campo , così scrive : « Vi è qualche cosa , oltre l ' intelligenza , nell ' essere nostro che non si sa discernere , non si sa spiegare , ma esiste ed i suoi effetti , benché confusi , sono un vaticinio , intendasi come si vuole tale parola . Un vaticinio che vi reca contento od amarezza , forse quella scintilla infinitesima , emanata dall ' Infinito , e che risiede nella misera nostra scorza , ma immortale come l ’ Infinito , presente oltre il contatto dei nostri sensi ed oltre la portata della nostra vista . « Nulla si scorgeva in quelle deserte campagne ; quel giorno però aveva alquanto di solenne , di tetro , di desolato ! come il cuore di coloro che spiravano o languivano sul campo di battaglia , calpestati dal soldato insolente ! dall ' ugne del destriero vincitore , giubilante per i patimenti , per le torture , per la morte del vinto ! Gloria ! Eroismo ! Vittoria ! si chiamano cotesti macelli ! Ed inni e Te Deum si fanno cantare da alcuni mercenari chercuti ! Pochissimi infatti furono i risparmiati in quella terribile pugna ed il presentimento di un fiero disastro da noi sentito , nulla aveva di esagerato » . È per questa indefinita e quasi inconscia poesia della vita , effetto in massima parte di speciali condizioni fisiologiche , che varia con esse ( e perciò ottimismo e pessimismo non sono che questione di temperamento ) ; è per questa « gioia della vita » che Garibaldi sentiva potente nell ' animo anche la poesia della natura , in lui certo rafforzata nei primi anni di gioventù dai lunghi viaggi di mare , così favorevoli , per chi vi è congenitamente disposto , alle dolci fantasie ed ai sogni delle anime delicate . Ed è bello , nelle sue Memorie , il contrasto , che egli pone spesso , senz ' artificio , fra il terrore delle gesta guerresche e l ' armonia negli spettacoli della natura : tra la rabbia degli uomini e la quiete solenne delle cose . « Quanto è bello lo stallone della Pampa ! Le sue labbra non sentirono giammai il freddo ribrezzo del freno e la lucidissima schiena , giammai calcata dal fetido sedere dell ' uomo , brilla allo splendore del sole quanto un diamante . La sua splendida ma non pettinata criniera batte i fianchi , quando il superbo , raccogliendo le sparse giumente o fuggendo la persecuzione dell ' uomo , avanza la velocità del vento . Il naturale suo calzare , non mai imbrattato nella stalla dell ' uomo , è più lucido dell ' avorio e la ricchissima coda svolazza al soffio del pampero , riparando il generoso animale dal disturbo degli insetti . Vero sultano del deserto , egli sceglie la più vaga delle odalische senza il servile e schifoso ministero della più degradata delle creature , l ' eunuco . « Chi si farà un ' idea dell ' emozione sentita dal corsaro di 25 anni in mezzo a quella fiera natura , vista per la prima volta ! « Oggi 20 dicembre 1871 , rannicchiato al focolare ed irrigidito nelle membra , io ricordo commosso quelle scene d ' una vita passata ; in cui tutto sorrideva , al cospetto del più stupendo spettacolo ch ' io m ' abbia veduto . Io sono decrepito ! Ma ove saranno quei superbi stalloni , i tori , le gazzelle , gli struzzi che tanto abbellivano e vivificavano quelle amenissime colline ? I loro discendenti pascoleranno senza dubbio quei ricchissimi fieni , finché il vapore ed il ferro giungano ad accrescere la ricchezza del suolo , ma ad impoverire queste meravigliose scene della natura ! ( pag . 21 ) . « Noi percorrevamo amenissime colline , circa a due miglia dalle sponde del Dayman . Eravi l ' erba sporgente appena , verdissima , dalla superficie del terreno , ondulato come l ' Oceano in tutta la sua pacifica maestà , quando non è sconvolto dalle tempeste . Una sola pianta , un arbusto solo non presentava ostacolo in quei bellissimi campi . Sarebbe stato un sito ameno per un banchetto , ma in quel giorno lo fu di strage » ( pag . 172 ) . Descrivendo quella miracolosa fuga nella Romagna , dove morì di stenti la sua eroica Anita , Garibaldi narra di sé e dei compagni fuggenti invano nell ' Adriatico ai soldati austriaci . « Noi seguimmo tutto quel resto della giornata la costa italiana , ad una certa distanza , con vento favorevole . La notte pure si presentò bellissima . Era plenilunio ed io vidi alzare con un senso dispiacevole la compagna dei naviganti , ch ' io aveva contemplata tante volte col culto di un adoratore ! Bella come non l ' aveva veduta mai , ma per noi sventuratamente troppo bella ! E la luna ci fu fatale in quella notte ! » ( pag . 249 ) . Ed in lui questa poesia delle cose non è sterile romanticismo ma è forte senso della vita mondiale , che abbraccia pur sempre l ' umanità , a cui egli dedicò l ' esistenza . Garibaldi ama i monti , perché « non sono i monti l ' albergo , il santuario della libertà dei popoli ? Gli Americani , gli Svizzeri , i Greci tennero i monti quando furono soverchiati dalle ordinate coorti dei dominatori » ( pag . 332 ) . Ma dove questo connubio felice della poesia della natura col sentimento umanitario si mostra più eloquente è nella descrizione dell ' imbarco dei Mille . « O notte del 5 maggio , rischiarata dal fuoco di mille luminari con cui l ' Onnipotente adornò lo spazio , l ’ Infinito ! Bella , tranquilla solenne , di quella solennità che fa palpitare le anime generose che si lanciano all ' emancipazione degli schiavi . « Tali erano i Mille . « Adunati sulle spiagge dell ' orientale Liguria , raccolti in gruppi , cupi , penetrati della grande impresa , ma fieri d ' esservi caduti in sorte , succedan pure i disagi e il martirio . « Bella la notte del gran concetto . Tu rumoreggiavi nelle fila di quei superbi , con quell ' armonia indefinita , sublime , con cui gli eletti sono beati contemplando nello spazio interminato l ' Infinito ! Io l ' ho sentita quell ' armonia in tutte le notti che si somigliano alla notte di Quarto , di Reggio , di Palermo , del Volturno . E chi dubita della vittoria quando portati sulle ali del dovere e della coscienza , si è sospinti ad affrontare i pericoli , la morte come il bacio delizioso della tua donna ? » ( pag . 338 ) . Così dal letto di morte , Garibaldi vedendo due capinere sul balcone della finestra , onde egli dà l ' ultimo saluto all ' infinito del mare e del cielo , le indica ai presenti come le anime delle sue bambine , sepolte a Caprera ! Eterna fiamma di poesia , che nel cuore dell ' eroe , ribellandosi alla legge comune della decadenza senile , per cui molti muoiono assai prima dell ' ultimo sospiro , si spense solo coll ' acquetarsi dell ' ultimo battito . Ed ecco perché una nota di dolce tristezza , che spesso ritorna in queste Memorie , è il pensiero delle sepolture . Mortalmente ferito sopra un barcone , navigando nel Plata , egli vide « la salma di Fiorentino ( un suo compagno ucciso dai nemici ) sepolta nelle onde , destino solito dei marinari e con le cerimonie solite in simili circostanze , cioè un saluto affettuoso dei suoi concittadini . « Assicuro per parte mia che tal genere d ' inumazione non mi piacque , e siccome la stessa sorte mi aspettava probabilmente fra poco , senza potermi opporre al sistema di sepoltura del mio compagno , mi contentai di chiamare il mio carissimo Luigi Carniglia per trattenerlo all ' uopo . Fra i periodi rettorici dell ' inchiesta mia , naturalmente breve , all ' incomparabile amico , io recitava a lui i bei versi di Ugo Foscolo ; « Un sasso ! che distingua le mie dalle infinite ossa che in terra e in mar semina morte ! » « Ed il mio caro piangeva , promettendomi di non seppellirmi nelle onde . Chi sa se lui stesso avrebbe potuto mantenere la promessa ed il mio cadavere avria sfamato alcuni lupi marini o qualche iakaré dell ' immenso Plata » ( pag . 28 ) . E per tutte queste Memorie , quando narra la morte di un amico , di un commilitone sui campi di battaglia , sempre egli deplora che un sasso non ne ricordi il nome ai venturi . E così dello stesso Carniglia egli esclama : « O Luigi ! le tue ossa , sparse negli abissi dell ' oceano , meritavano un monumento ove il proscritto riconoscente potesse un giorno ricambiarti di una lagrima sulla sacra terra italiana ! » ( pag . 29 ) . Dopo la battaglia di Sant ' Antonio , « siccome straordinario era stato il combattimento , solenne mi sembrò dovesse essere l ' inumazione dei cadaveri . Mi ricordai allora d ' aver veduto i tumuli dei campi di battaglia nell ' Oriente e sulla collina che domina il Salto , già stata teatro di pugne gloriose , si scavò una fossa per tutte le salme indistintamente , quindi una cestella di terra per ogni individuo coperse le reliquie di amici e nemici e s ' innalzò il tumulo che ognor si scerne , signoreggiato da una croce , sulla quale leggonsi le seguenti parole : Legione Italiana Marina e cavalleria orientale 8 febbraio 1846 » ( pag . 167 ) . In altra occasione , alla Laguna , « seguitando il nemico a fulminarci con le sue artiglierie , io , quasi solo , dovetti incendiare la piccola nostra flottiglia . Ebbi pure a sopportare il doloroso spettacolo dell ' incendio de ' cadaveri dei miei fratelli d ' armi , impossibilitato di dar loro altro genere di sepoltura e far loro gli onori che meritavano » ( pag . 64 ) . Il racconto della battaglia del Volturno comincia così : « Da Annibale , vincitore delle superbe legioni , ai giorni nostri quelle campagne non avevan certo veduto più fiero conflitto ed il bifolco , passando l ' aratro su quelle zolle ubertose , urterà , per molto tempo ancora , nei teschi dalla rabbia umana seminati » ( pag . 387 ) . Poesia della morte , che a lui dettava il desiderio insoddisfatto , che la sua salma fosse consumata dalle fiamme di un verde rogo della sua Caprera al cospetto del cielo e del mare . E i soli libri che si trovarono al suo letto di morte sono I Sepolcri di Foscolo e l ' albo dei Mille . Ma il lato che più risplende di questa gentilezza di sentimento in Garibaldi è l ' attrazione per la donna ; dalla passione ardente , entusiastica per la sua Anita , alla simpatia rispettosa per Dona Manuelita de Saenz , l ' amica di Bolivar « il grande liberatore dell ' America Centrale , » condannata al letto da molti anni ; dalla venerazione soave per la madre , all ' omaggio cavalleresco per la bellezza delle tre donzelle nella estancia di Dona Ana ; dalla forte , gioconda espansione erotica , che è una nota differenziale tra gli uomini d ' azione e gli uomini del pensiero , alla idealizzazione più alta della donna amata . Nelle manifestazioni dei sentimenti , degli affetti , delle passioni , che sono l ' oggetto di questo saggio psicologico , l ' attrazione per la donna occupa lo stesso grado prevalente , per la frequenza e varietà delle prove , che nelle manifestazioni delle sue idee tiene lo anticlericalismo . Già due allusioni fugaci , forse inconsciamente sfuggite alla sua penna , lasciano intravvedere questa potenza che l ' amore ebbe sopra Garibaldi , com ' esso del resto ha su tutti gli uomini del suo tipo psicologico , da Gesù in poi . Ricordando con giovanile entusiasmo la nave Costanza , « su cui doveva solcare il Mediterraneo , quindi il Mar Nero , per la prima volta » egli esclama : « Gli ampi tuoi fianchi , la snella tua alberatura , la spaziosa tua tolda e fino il tuo pettoruto busto di donna , rimarranno impressi sempre nella mia immaginazione » ( pag . 9 ) . Ed ecco qual ' è la pittoresca descrizione , ch ' egli fa dell ' uomo e della donna , che più sembrano avere le sue simpatie : « Il matrero è il vero tipo dell ' uomo indipendente : e perché dovrà egli vivere tra una società corrotta , nella dipendenza di un prete che l ’ inganna e d ' un tiranno che gavazza nel lusso e nelle gozzoviglie , col frutto delle sue fatiche , quando può sussistere nei campi vergini e sterminati di un nuovo mondo , libero come l ' aquila ed il leone , riposando la chiomata sua testa in grembo alla donna del suo cuore , quando stanco o volando col selvaggio suo destriero nelle pampas immense in cerca d ' uno squisito alimento per lui e per la sua cara ? » « Il matrero ha un ' amante , da cui è generalmente adorato e che divide i suoi disagi , i suoi pericoli , con egual coraggio . Oh ! la donna ! che essere straordinario ! Essa più perfetta dell ' uomo , è pure d ' indole più avventurosa , più cavalleresca di lui ! ma l ' educazione servile a cui è dannata , fa sì che meno frequenti ne siano gli esempi » ( pag . 139 ) . Ed anche altrove dice « la donna , la più perfetta delle creature , checché ne presumano gli uomini » ( pag . 13 ) . « Una donna ! sì una donna ! giacché sempre la considerai la più perfetta delle creature ; e , checché ne dicano , infinitamente più facile di trovare un cuore amante fra esse » ( pag . 55 ) . E le donne d ' Italia egli spesso ricorda , per il loro patriottismo , perché molte volte , come narra delle Lombarde , « le donne , le vergini , lasciando da parte il naturale ritegno , si lanciavano al collo dei rozzi militi con effervescenza febbrile . Non eran però tutti rozzi i miei compagni , perché molti appartenevano a distinte famiglie » ( pag . 285 ) . Al ritorno da Lugano de ' Legionari italiani , dopo l ' armistizio di Salasco , « scorgevansi ovunque quelle bellissime nostre donne sporgenti dai balconi delle case , con quei volti graziosissimi , così animati come se avessero voluto volare per raggiungere i prodi , che non disperavano di strappare agli oppressori i loro focolari » ( pag . 198 ) . E poi , ritornato in Lombardia coi Cacciatori delle Alpi , celebra l ' amor patrio delle « generose donne di Varese » e si rivolge alle donne italiane , parlando della Cairoli , come più sopra è riferito ; e più innanzi celebra le donne Palermitane , che « furono sublimi di patriottico slancio , animando i Mille coi plausi , coi gesti , cogli evviva » ( pag . 359 ) . E quando egli rivolge il pensiero commosso ai suoi volontari , caduti per l ' Italia , manda loro questo saluto : « le donne delle venture generazioni italiane insegneranno ai loro bimbi le vostre gesta gloriose ed a benedire i santi vostri nomi » ( pag . 297 ) . In queste Memorie sono pure personalmente ricordate parecchie donne o per la pietà dimostrata verso i combattenti , come « la signora Alleman , angelo virtuoso di bontà , che calpestò il timore , che tutti aveva invaso e venne in soccorso del torturato ! ( prigioniero di Millan ) . Io di nulla mancai nella mia prigione , grazie alla incomparabile mia benefattrice » ( pag . 33 ) . E la signora Luigia Sauvaigo di Nizza , « madre modello delle madri » ( pag . 13 ) e la signora Laura Mantegazza , la quale « quando non erano ancor terminate le fucilate , apparve in una barca , traversando il lago ( di Como ) , raccolse indistintamente tutti i feriti , che condusse e curò in casa sua . Sia essa benedetta da tutti » ( pag . 200 ) . E non mancano gli omaggi amorosi , per esempio , quando , direttosi per caso ad un ' abitazione isolata , trovò « in quel deserto del territorio orientale la moglie di un uomo forse semi - selvaggio , che era una bella giovane , con regolare educazione e poetessa . Nell ' età mia certo si compiace uno a trovare della poesia ovunque e si crederebbe la circostanza narrata un parto della fantasia , anziché realtà . Dopo d ' avermi presentato le poesie di Quintana , ciò che servì di materia a conversazione , la graziosa mia ospite volle recitarmi alcune composizioni sue e confesso ne fui ammirato ! » ( pag . 24 ) . Poi una delle tre figlie di Dona Ana , « Manuela , signoreggiava assolutamente l ' anima mia . Io mai cessai d ' amarla benché senza speranza , essendo essa fidanzata ad un figlio del presidente . Io adoravo il bello ideale in quell ' angelica creatura e nulla aveva di profano l ' amor mio . In occasione d ' un combattimento , ov ' io ero stato creduto morto , conobbi non esser io indifferente a quell ' angelica creatura e ciò bastò a consolarmi dell ' impossibilità di possederla . D ' altronde bellissime sono le Riograndesi in generale , come bella la popolazione . Non indifferenti erano pure le schiave di colore , che si trovavano in quei compitissimi stabilimenti » ( pag . 40 ) . E perfino alle sue imprese di guerra s ' intrecciò l ' amore . « Chi mi aveva informato di tutto questo era stata una coraggiosa ed avvenente fanciulla , che mi comparve in un legno , sulla strada da Rubarolo a Varese , come una visione , mentre io marciavo colla brigata su quella città per attaccarvi Urban . Quella bella fanciulla era partita da Como per annunciarmi lo stato deplorevole in cui la città si trovava e sollecitare quindi il mio ritorno » ( pag . 301 ) . Ma gli episodi , che in queste Memorie , dove non sono narrate le private vicende di famiglia , attestano come ardente fosse l ' attrazione di Garibaldi per la donna , sono gli accenni sparsi qua e là sulla eroica Anita . In un capitolo , dal titolo « Innamorato , » egli narra il primo incontro ; ma poi non vi sono che , di tanto in tanto , dei ricordi isolati sulle gesta di Anita , fino alla sua morte durante la fuga , in Romagna . Raccogliamo questi ricordi , per vedere quanto nobili e focosi , delicati e profondi fossero i palpiti di Garibaldi per la donna del suo cuore , che la leggenda popolare ricorda amazzone imperterrita , sfidante a fianco del suo eroe i pericoli delle sante battaglie per la libertà della Patria ! A pag . 45 , alludendo alla signorina Manuela , che ho già rammentata , egli scrive : « Noi intanto celebravamo la nostra vittoria contro l ’ Impero del Brasile , godendo d ' esser salvi da una tempesta di non poco momento . Alla estancia di donna Antonia , una vergine , a 12 miglia di distanza , chiedeva delle mie nuove con molto interesse ed io n ' ero ben felice . « Sì ! bellissima figlia del Continente ( provincia del Rio Grande ) io ero felice di appartenerti , comunque fosse ! Tu destinata a donna di un altro ! a me serbava la sorte altra Brasiliana , unica per me al mondo , ch ' io piango oggi e che piangerò tutta la vita ! Quella pure mi conobbe nella sventura , naufragò ! e più che del mio merito , forse della sventura s ' invaghì e la sventura me la consacrò per sempre ! » Incaricato dal generale Canabarro di « uscire dalla Laguna con tre legni armati per assaltare la bandiera imperiale nelle coste del Brasile » , Garibaldi si accinse all ' opera . « In questo periodo di tempo ebbe luogo uno dei fatti primordiali della mia vita . « Io giammai avevo pensato al matrimonio e me ne credevo inadeguato per troppa indipendenza d ' indole e propensione a carriera avventurosa . Aver una donna , dei figli , sembravami cosa interamente disdicevole a chi s ' era consacrato assolutamente ad un principio , che per quanto eccellente , non mi avrebbe permesso , propugnandolo col fervore di cui mi sentivo capace , la quiete e stabilità necessarie ad un padre di famiglia . Il destino decise in altro modo . Colla perdita di Luigi , Edoardo e degli altri miei conterranei ero rimasto in un desolato isolamento ; sembravami esser solo nel mondo . Nessuno più scorgevo di tanti amici che quasi mi tenevan luogo di patria , in quelle lontane regioni . Nessuna intimità coi miei nuovi compagni che appena conoscevo e non un amico di cui ho sempre sentito il bisogno nella mia vita .... « Io passeggiavo sul cassero della Itaparica ravvolgendomi nei miei tetri pensieri e dopo ragionamenti d ' ogni specie conchiusi finalmente di cercarmi una donna , per trarmi da una noiosa e insopportabile condizione . « Gettai a caso lo sguardo verso le abitazioni della Barra ( collina all ' entrata della Laguna ) . Là coll ' aiuto del canocchiale che abitualmente tenevo alla mano , scopersi una giovane , ordinai mi trasportassero in terra nella direzione di lei . Sbarcai ed avviandomi verso la casa ove dovea trovarsi l ' oggetto del mio viaggio , non mi era possibile rinvenirlo , quando m ' incontrai con un individuo del luogo , che avevo conosciuto ai primi momenti dell ' arrivo nostro . Egli invitommi a prender caffè nella di lui casa ; entrammo e la prima persona che si affacciò al mio sguardo , era quella il di cui aspetto mi aveva fatto sbarcare . Era Anita ! la madre dei miei figli ! La compagna della mia vita , nella buona e cattiva fortuna ! La donna il di cui coraggio io mi sono desiderato tante volte ! Restammo entrambi estatici e silenziosi , guardandoci reciprocamente , come due persone che non si vedono per la prima volta e che cercano nei lineamenti l ’ uno dell ' altro qualche cosa che agevoli una reminiscenza . « La salutai finalmente , e le dissi : Tu devi esser mia . Parlava poco il portoghese ed articolai le proterve parole in italiano . Comunque , io fui magnetico nella mia insolenza . Aveva stretto un nodo , sancito una sentenza , che la sola morte poteva infrangere ! Io avevo incontrato un proibito tesoro , ma pure un tesoro di gran prezzo ! ! ! « Se vi fu colpa io l ' ebbi intiera ! E ... vi fu colpa ! Sì ... si rannodavano due cuori con amore immenso e s ' infrangeva l ' esistenza di un innocente ! Essa è morta ! Io infelice ! E lui vendicato ... Sì ! vendicato ! Io conobbi il gran male che feci , il dì in cui , sperando ancora di riaverla in vita , io stringeva il polso di un cadavere , e piangeva il pianto della disperazione . Io errai grandemente ed errai solo ! » ( pag . 55-56 ) . Dopo questo racconto , improntato alla più spontanea sincerità , la narrazione delle vicende di guerra , per poco interrotta , riprende il sopravvento , e nel turbinoso incalzarsi degli eventi , la figura di Anita compare soltanto di quando in quando , per qualche accenno fugace , illuminata sempre dal grande amore e dall ' ammirazione del suo Garibaldi . Poco dopo , nel combattimento navale del Rio Pardo , comandato da Garibaldi contro le navi brasiliane , « la tolda nostra era coperta di cadaveri e di mutilati , crivellati i fianchi del Rio Pardo . Si era decisi di pugnare fino alla morte , e tal decisione era corroborata dall ' aspetto imponente dell ' amazzone brasiliana Anita ! che non solo non volle sbarcare , ma prese parte gloriosa all ' arduo conflitto » ( pag . 59 ) . In altra pugna navale contro gli imperiali « io scesi la montagna e fui celeremente al mio posto a bordo del Rio Pardo , e giunsi che già l ' incomparabile mia Anita , con la solita intrepidezza , aveva sparato la prima cannonata , puntata da lei stessa , ed animando con la voce le ciurme sbigottite . » Essendo di troppo superiori le forze nemiche , Garibaldi chiese rinforzo al generale Canabarro , ma « ebbi in risposta di dar fuoco ai legni nostri e ritirarmi con la gente in terra . In tale missione avevo mandato Anita , ingiungendole di non tornare a bordo ; ma essa non mandò , tornò con la risposta ; e veramente io dovetti all ' ammirabile sangue freddo della giovine eroina di poter salvare le munizioni da guerra » ( pag . 64 ) . E la presenza della sua compagna non solo gli raddoppia l ' entusiasmo di guerra , ma gli fa bella la vita stessa di privazioni e attraenti i pericoli . « Tra le peripezie non poche della mia vita procellosa , io non ho mancato d ' avere bei momenti , e tale era quello in cui , alla testa di pochi uomini , avanzo di molte pugne ( contro i brasiliani ) , e che giustamente avevano meritato il titolo di valorosi , io marciava a cavallo con accanto la donna del mio cuore , degna della universale ammirazione ... E che m ' importava il non aver altre vesti che quelle che mi coprivano il corpo e di servire una povera Repubblica che a nessuno poteva dare un soldo ? ... La mia Anita era il mio tesoro , non men fervida di me per la sacrosanta causa dei popoli e per una vita avventurosa . Essa si era figurata le battaglie come un trastullo e i disagi della vita del campo come un passatempo . » Ma ben presto all ' eroina delle battaglie succede la madre . « In quel tempo ( 16 settembre 1840 ) la mia Anita ebbe il suo primo nato , Menotti , la cui esistenza era un vero miracolo , poiché nel decorso della gravidanza la coraggiosissima donna avea assistito a molte pugne , sopportato molte privazioni e disagi ed una caduta da cavallo , per cui il bambino nacque con un ' ammaccatura nella testa . Anita partorì in casa d ' un abitante di quelle campagne , nelle vicinanze di un piccolo villaggio chiamato Mustarda ed ebbe tutte le cure immaginabili da codesta generosissima famiglia per nome Costa . Io sarò riconoscente a quella buona gente tutta la vita . Ma alla mia povera Anita , dodici giorni dopo il parto , toccò di fuggire , col suo pargolo sul davanti della sella , affrontando tempi tempestosi ... Anita abbrividiva all ' idea di perdere il nostro Menotti , che salvammo per un miracolo ! Nel più arduo della strada ed al passo de ' torrenti io portava il mio caro figlio di tre mesi in un fazzoletto a tracolla , procurando di riscaldarmelo al seno e coll ' alito . Siccome si procedeva avanti senza trovar mai la fine della piccada , io rimasi nella selva coi due muli e mandai Anita col mio assistente ed il bambino , acciocché alternando i due cavalli che ci rimanevano , essa procurasse di uscire al chiaro , cioè fuori della foresta , ove trovare alcuni alimenti per sé e per il pargoletto . I due cavalli che alternativamente portavano Anita , ed il coraggio sublime di quella valorosa mia compagna salvaronmi ciò che di più caro io aveva nella vita . Essa giunse fuori della piccada e per fortuna , vi trovò alcuni de ' miei militi con un fuoco acceso . I miei compagni , a cui era riuscito d ' asciugare alcuni cenci , presero il bambino che tutti amavano , l ' involsero , lo riscaldarono e lo tornarono in vita , quando la povera madre già poco sperava di quella tenera esistenza » ( pag . 87-88-91-92 ) . È a Nizza , dopo queste disastrose peripezie , che noi ritroviamo fatto ricordo di Anita . Appena ritornato in Italia , la prima volta , Garibaldi corre alla sua casa : « Anita mia ed i miei bimbi , partiti d ' America alcuni mesi prima , erano lì riuniti alla vecchia mia genitrice ch ' io idolatravo e che non vedevo da quattordici anni » ( pag . 188 ) . E più non ricompare la simpatica figura se non nella miracolosa ritirata , dopo la caduta della Repubblica di Roma : e ricompare per l ' ultima volta , perché furono quelli gli ultimi travagliati momenti di sua vita . Essa più debole , perché in istato di gravidanza , soggiacque agli stenti , alle paure , alla sete ... « La mia buona Anita , ad onta delle mie raccomandazioni per farla rimanere aveva deciso d ' accompagnarmi . L ' osservazione che io avrei da affrontare una vita tremenda di disagi , di privazioni e di pericoli frammezzo a tanti nemici , era stata piuttosto di stimolo alla coraggiosa donna ed invano feci osservare ad essa il trovarsi in istato di gravidanza » ( pag . 240 ) . Arrivati nella ospitale Repubblica di S . Marino « un carissimo e ben doloroso impaccio era la mia Anita , avanzata in gravidanza ed inferma ; io la supplicavo di rimanere in quella terra di rifugio , ove un asilo almeno per lei poteva credersi assicurato e dove gli abitanti ci avevano mostrato molta amorevolezza . Invano ! quel cuore virile e generoso si sdegnava a qualunque delle mie ammonizioni su tale assunto e m ' imponeva silenzio colle parole : « Tu vuoi lasciarmi . » Io determinai di uscire da S . Marino verso la metà della notte e di guadagnare qualche porto nell ' Adriatico , ove potersi imbarcare per Venezia » ( pag . 246 ) . « Il giorno era già avanzato quando salpammo ( in alcuni barconi ) da Cesenatico . S ' io non fossi stato addolorato dalla situazione della mia Anita , che trovavasi in uno stato deplorabile , soffrendo immensamente , avrei potuto dire che superate tante difficoltà e sulla via di salvazione , la condizione nostra poteva chiamarsi fortunata , ma i patimenti della mia cara compagna erano troppo forti e più forte era tuttora il mio rammarico di non poter sollevarla .... Delle mancanze di viveri la principale era l ' acqua e la mia sofferente donna aveva una sete divorante , indizio non dubbio dell ' interno suo male ! » ( pag . 248 ) . Costretti a ritornare a terra , perché scoperti per il plenilunio e cannoneggiati da una nave austriaca , Ugo Bassi e Ciceruacchio coi due figli e sei altri compagni vanno in cerca di rifugio e invece sono presi e fucilati , nove subito e Ugo Bassi poi a Bologna . « Io rimasi nella vicinanza del mare in un campo di melica colla mia Anita e col tenente Leggiero , indivisibile mio compagno ... Le ultime parole della donna del mio cuore erano state per i suoi figli , ch ' essa presentì di non più rivedere ! » ( pag . 251 ) . Il tenente Leggiero s ' avanzò nell ' interno per scoprir case e trovò il colonnello Nino Bonnet , domiciliato e possidente in quei dintorni « uno dei miei più distinti ufficiali , ferito a Roma nell ' assedio » dice Garibaldi e prosegue : « Coraggioso ed intelligente il Bonnet , con gran pericolo di sé stesso , cercò e trovò chi cercava . Una volta trovato un tale ausiliario io mi rimisi intieramente all ' arbitrio suo e ciò fu naturalmente la salvezza nostra . Egli propose subito di appressarsi ad una casipola , che si trovava nelle vicinanze per trovarvi qualche ristoro all ' infelice mia compagna . Ci avvicinammo sostenendo Anita in due ed a stento giungemmo a quella casa di povera gente , ove trovammo acqua , necessità prima della soffrente e non so che altro ... Di lì traversammo parte delle valli di Comacchio ed avvicinammo la Mandriola , ove si doveva trovare un medico . Giungemmo alla Mandriola e stava Anita coricata su d ' un materazzo nel barroccio che l ' avea condotta . Dissi allora al dottor Zannini , giunto pure in quel momento : « Guardate di salvare questa donna . » Il dottore a me : « Procuriamo di trasportarla in letto . » Noi quattro allora prendemmo ognuno un angolo del materazzo e la trasportammo nel letto d ' una stanza della casa , che si trovava a capo d ' una scaletta della stessa . Nel posare la mia donna in letto mi sembrò di scoprire nel suo volto l ' espressione della morte . Le presi il polso ... più non batteva ! Avevo davanti a me la madre dei miei figli , ch ' io tanto amava , cadavere ! ... Essi mi chiederanno della loro genitrice al primo incontro ! Io piansi amaramente la perdita della mia Anita ! di colei che mi fu compagna inseparabile nelle più avventurose circostanze della mia vita ! Raccomandai alla buona gente che mi circondava di dar sepoltura a quel cadavere e mi allontanai , sollecitato dalla stessa gente di casa , ch ' io compromettevo rimanendo più tempo . M ' avviai brancolando per Sant ' Alberto con una guida che mi condusse in casa d ' un sarto , povero ma onesto e generoso » ( pag . 252 ) . A rendere meno incompleta la figura psicologica di Garibaldi , rimangono da ritrarre , in queste Memorie , le sue attitudini e le sue qualità , non più nell ' intimità personale del sentimento , ma nella esteriorità dei suoi rapporti cogli altri uomini e coll ' ambiente , in cui egli manifestò le potenze maravigliose della sua tempra morale . I due caratteri predominanti di Garibaldi , come cittadino fra cittadini , si riassumono in ciò , ch ' egli fu un uomo d ' azione e più specialmente quel tipo caratteristico di uomo d ' azione che è , non il militare del tipo di Moltke , ma l ' avventuriero di guerra , nel senso nobile della parola . E poiché questo iato della grande figura è assai noto , come più direttamente connesso colle sue imprese militari , basterà rilevarne dalle sue Memorie i documenti psicologici più caratteristici . Gli uomini si possono , nella psicologia sociale , classificare in due tipi ben distinti , per prevalenza evidente delle loro energie , che raramente si congiungono , in grado elevatissimo , nella stessa persona : l ' uomo del pensiero e l ' uomo d ' azione . Nella storia del risorgimento italiane , Mazzini e Garibaldi personificano mirabilmente questi due tipi ed è questa una delle non ultime ragioni del loro antagonismo , che in queste Memorie sopravvive , spesso molto acuto . Garibaldi è essenzialmente un uomo d ' azione e presenta tutti i caratteri salienti , organici e psichici di questo tipo antropologico , che sente l ' antipatia più spiccata per « i dottrinari , assuefatti ad argomentare con lunghe ciarle , ma non ad oprare gagliardamente » ( pag . 276 ) . Egli ha quello spirito delle avventure , che si chiama l ' amore dell ' ignoto : la sua giovinezza , come egli dice , era « ardente di lanciarsi nelle avventure dell ' incognito » ( pag . 9 ) e ripete altrove : « l ' indole mia propensa alle avventure » ( pag . 38 e 55 ) e parla del « solletico provato all ' idea della grandezza dell ' impresa » ( pag . 100 ) e allude alla sua « irrequietezza naturale ed abituale » ( pag . 265 ) quando a New - York , stanco di fabbricare candele , voleva cambiar mestiere . Perciò Garibaldi , quando la guerra non ne occupava la traboccante energia , ha esercitato i più diversi mestieri : marinaio e corsaro , precettore di ragazzi a Costantinopoli ( pag . 13 ) e a Montevideo ( pag . 96 ) ; sensale mercantile e domatore di puledri ( pag . 96 ) ; truppiere o conduttore di bovi ( pag . 95 ) e fabbricante di candele ( pag . 265 ) e finalmente agricoltore nella sua Caprera , com ' egli stesso dettò nella scheda del censimento italiano . Ma la sua indole avventurosa aveva come bussola infallibile e dote preziosa un acutissimo senso pratico della vita , carattere fortunato della razza ligure fra gli italiani e che manca spesso agli uomini troppo esclusivamente pensatori . Ed aveva soprattutto un potere simpatico e fascinatore sui propri simili , unito ad una sicura , penetrante conoscenza degli uomini , che gli furono certo alleati potenti nelle tante vittorie ottenute . Del suo fascino sui compagni di battaglia , ch ' egli sapeva trasformare in eroi colla potenza ammaliatrice dello sguardo , della voce , dell ' esempio , è superfluo recar prove . E sugli stessi nemici , anche per la leggenda onde il suo nome era circondato , basta l ' esempio del suo ingresso a Napoli , nel 60 , che , come egli dice , « ha più del portentoso che della realtà . Accompagnato da pochi aiutanti , io passai framezzo alle truppe borboniche ancora padrone , le quali mi presentavano l ' armi con più ossequio certamente , che non lo facevano in quei tempi ai loro generali » ( pag . 380 ) . Ed era nei momenti più ardui e decisivi , ch ' egli appunto sapeva cogliere il lato psicologico , per cui ogni uomo od ogni raccolta di uomini più facilmente cede alle nostre suggestioni , strappando così la vittoria al destino dubbioso . Nella ritirata verso Lages , visto che « molti dei compagni scoraggiavansi , altri disertavano » li riunì ed « energicamente imposi loro che meglio era manifestarsi apertamente sulla volontà di accompagnarmi e che liberi si lasciavano coloro che volessero andarsene . Tale risoluzione fu efficacissima ; da quel momento non vi furono più diserzioni » ( pag . 72 ) . Ed è straordinaria questa sua acutezza di intuizione psicologica , là dove parla del panico in guerra . In più luoghi ne riporta degli esempi ( pag . 71 , 244 , 346 , 377 , 449 ) ; ma il più caratteristico è quello della ritirata verso Autun , dopo l ' assalto dei Prussiani a Lantenay . « In certi casi conviene agire coll ' animale uomo come si agisce coll ' animale bue ... Rompe ? Lasciatelo rompere e che corra a sua voglia . Guai a voi se commetteste l ' imprudenza di attraversare la sua via , egli vi rovescerà cavalli e cavalieri , come mi successe a Velletri nel 1849 , ove salvai la mia pelle , nera di contusioni , per un miracolo . Rompe ? Lasciatelo rompere , fuggire , precipitarsi ; non te ne incaricare e contentatevi di tenervi su di un fianco o alla coda ; egli troverà un ostacolo , lo fermerà un fiume , una montagna , la fame , la sete , od una nuova paura , più prossima o maggiore di quella che lo fece fuggire . Allora è tempo : riordina come puoi gli animali uomini , procura di trovar per loro da mangiare , da bere , da riposarsi ; e quando siano satolli , riposati e rialzati di morale , essi si ricorderanno di una vergognosa fuga , del dovere calpestato e della gloria ! La peggiore d ' ogni pazzia umana ! « Lo stesso succede coi bovi , meno che questi bruti non pensano alla gloria , per fortuna nostra ; guidati da più cavalieri i bovi si spaventano per una qualunque causa : un tuono , un lampo , una bufera od altro , e cominciano a correre con quella velocità di cui sono capaci gli animali selvaggi . Il savio conduttore non è sì stupido di comandare ai suoi uomini di fermarsi , attraversando loro la via , giacché sarebbe rovina certa . Ma li seguita , ponendosi su di un fianco o di dietro , senza perderli di vista , finché un ostacolo qualunque si presenta ai fuggenti : un fiume , un bosco , un monte ; allora la testa di colonna si ferma , si rigira e tutto il resto si rigira e si ferma . « A quel punto l ' avveduto condottiero ordina ai suoi cavalieri di circondare la truppa dei bovi ridivenuti docili come agnelli ; e così i bruti tornano sotto il dominio del loro tiranno , l ' uomo , che non so se valga più di loro » ( pag . 465 ) . A parte le punte d ' amarezza contro gli uomini , che non si sentono nelle pagine giovanili delle Memorie , questo brano è certo una delle più caratteristiche prove di quella , che chiamerei la strategia psicologica di Garibaldi . Questa profonda e geniale conoscenza degli uomini , però , e dei loro difetti non intaccò , non corrose per nulla la nobiltà e magnanimità della grande anima sua . Egli , noncurante delle ricchezze , come dimostrò per tutta la vita ( e perciò si confessa « inadatto al commercio , » pag . 16 e 267 ) , anziché giungere al disprezzo pessimista per l ' umanità , conclude : « Gli uomini gli ho piuttosto compianti che odiati , rimontando alle cause del male , cioè all ' egoismo della sciagurata nostra natura » ( pag . 73 ) . Perciò egli , equanime sempre , dichiara sinceramente , che una delle ragioni della sconfitta di Mentana fu « che i volontari , demoralizzati per il gran numero di diserzioni , non si mostrarono in quel giorno degni della loro fama . Distinti ufficiali ed un pugno di prodi che li seguivano , spargevano il loro sangue prezioso senza cedere un palmo di terreno ; ma la massa non era dei soliti nostri intemerati . Essa cedeva superbe posizioni , senza opporre quella resistenza che io mi potevo aspettare » ( pag . 446 ) . Perciò egli , colla stessa equanimità , riconosce e proclama in più luoghi delle sue Memorie i meriti strategici ed il valore personale dei nemici ; come del generale brasiliano Moringue ( pag . 43 , 45 ) ; del generale argentino Brown ( pag . 104 ) ; dei cavalieri americani , che dice : « non secondi a nessuno in ogni specie di combattimento e insuperabili poi nel perseguire un nemico sconfitto e catturarlo » ( pag . 174 ) . Così egli riconosce il valore delle truppe borboniche , che a Milazzo di cinque o seimila Garibaldini ne misero mille fuori di combattimento ( pag . 368 ) e la forza straordinaria di disciplina e freddo coraggio delle truppe prussiane ( pag . 463 ) . E così nell ' appendice sulla battaglia di Custoza , egli proclama , che « l ' arciduca Alberto d ' Austria fu il solo e vero generale di quella battaglia » e fu quegli che decise della vittoria ( pag . 485 ) . Equanimità , che diede il famoso « obbedisco » all ' ordine di ritirarsi dal Tirolo , come già in circostanze di tanto minori e men dolorose , egli aveva obbedito « sebbene a malincuore » al generale Pacheco nel fatto d ' arme del Passo della Bajada ( pag . 130 ) . Come uomo di guerra , e specialmente in quella forma caratteristica della guerriglia , che ebbe in Garibaldi il suo tipo perfetto , egli presenta nelle sue Memorie , oltre l ' avversione al militarismo , giacché egli « non aveva attitudine alla organizzazione degli eserciti » ( pag . 124 ) ed aveva « un ' antipatia nata per il mestiere del soldato » ( pag . 431 ) « con scarse cognizioni di teorie militari » ( pag . 192 ) , presenta tre qualità psicologiche , che sopra le altre sue doti guerresche prevalgono decisamente . Una fiducia grande in sé stesso un miracoloso occhio strategico , per cogliere ed attuare e sorreggere , colla rapidità del lampo , il piano di battaglia e infine una fede illimitata nella propria fortuna . La prima e l ' ultima di queste doti sono , per Garibaldi come per ogni altro grande uomo , il segreto dei loro successi , ch ' essi strappano veramente alla fortuna , colla pertinacia del proposito e lo slancio dei colpi opportuni . « Il mio animo non era dato alla disperazione , ciò che non mi è mai succeduto » ( pag . 99 ) e ripete più innanzi : « Mai si deve disperare nelle battaglie e nella politica , particolarmente quando si propugna la causa della giustizia » ( pag . 128 ) . Colla propria sicurezza egli s ' imponeva al nemico e colla fede nella vittoria , vinceva . « Bisognava però vincere : e questo proposito era il fatale animatore di quella stupenda campagna ( dei Mille ) ove nei più seri dei nostri combattimenti , come Milazzo e il Volturno , fummo perdenti per più di metà della giornata e dove , a forza di costanza , non disperando giammai , si pervenne a sconfiggere un nemico superiore in tutto ( pag . 370 ) « Pertinacia e costanza nelle battaglie , ecco una delle chiavi della vittoria ! Ma la gente è stanca e grida : Siamo stanchi ed affamati ! Sì ! Ebbene , andate in cerca di cibo e di riposo : il nemico verrà avanti , vi mangierà i viveri raccolti e il riposo ve lo darà col calcio del fucile » ( pag . 476 ) . E lo ripete a pag . 36 , 44 , 83 , 475 . Del suo miracoloso , rapidissimo occhio di guerra non è possibile dar qui le prove , perché si dovrebbe riferire il racconto di quasi tutti i fatti d ' arme , a cui Garibaldi prese parte e nei quali , quasi sempre , la decisione della vittoria fu data da qualche suo espediente strategico dell ' ultima ora o da qualche sua mossa od incitazione quando le sorti della battaglia si trovano al punto critico , in cui possono risolversi nell ' un senso e nell ' altro . Più interessante , psicologicamente , è la convinzione che Garibaldi ebbe sempre di essere il beniamino della fortuna ... e in parte lo fu veramente , se pensiamo che in una lunga vita attraverso cento fatti d ' armi , in terra e per mare , una sola volta fu ferito mortalmente , in America , e sul suo cadavere furono riscontrate dieci sole ferite , di cui più profonda quella d ' Aspromonte e se pensiamo , com ' egli dice , che « nella mia prolissa carriera militare , io mai sia stato fatto prigionierio , ad onta di essermi trovato tante volte in pericolosissimo stato » ( pag . 30 ) . Già sino dai primi capitoli , parlando del generale del Rio Grande , Bento Gonçales , ch ' egli chiama « il tipo del guerriero brillante e magnanimo , » Garibaldi osserva : « Eppure con tante doti , Bento fu sventurato nelle battaglie , ciò che mi ha fatto supporre sempre contribuire la fortuna per una gran parte negli eventi della guerra » ( pag . 36 ) e di lui ripete più innanzi « quel sommo , dotato di tutte le qualità del gran capitano , meno la fortuna . » ( pag . 79 ) . Però devesi notare che delle fortune di guerra sono diverse le specie . C ' è la vera e propria fortuna del caso come c ' è una cosiddetta fortuna , che però non è altro se non l ' imperizia del nemico o il lampo di genio di un grande capitano . E nelle Memorie di Garibaldi quelle ch ' egli chiama sue fortune sono dell ' una e dell ' altra specie . Così la vittoria di Varese ebbe per ragion principale l ’ imperizia del generale austriaco Urban , che , invece di attaccare alle spalle , al nord di Biumo « attaccò il toro per le corna e fu tanto meglio per noi » ( pag . 288 ) . E alla grande , decisiva battaglia del Volturno « per fortuna nostra , fu difettoso il piano di battaglia dei generali borbonici : essi ci dettero una battaglia parallela ( assalendo di fronte ) potendo darcela obliqua » ( pag . 393 ) . E Garibaldi dice , che « da Epaminonda , nelle battaglie di Leuttra e di Mantinea , sino ai generali prussiani del 70 , la regola delle battaglie oblique è stata sempre incontrastabile ed ha prodotto vittorie sempre ; e gli Austriaci vinsero a Custoza appunto perché all ' errore dei generali italiani di dividere il loro esercito in due , si aggiunse l ' arte dell ' Arciduca Alberto di attaccarlo obliquamente » ( pag . 484 ) . Così ancora se a Digione Garibaldi vinse i prussiani , fu , secondo lui , perché « nella guerra domina signora la fortuna e noi fummo veramente favoriti da essa , avendoci il nemico nel 20 gennaio attaccato dalla parte di ponente , sicché si può dire che attaccò il toro per le corna » ( pag . 478 ) . Tutto dunque non dipende realmente dalla fortuna , ma come poi dice lo stesso Garibaldi ( a proposito della battaglia di Caserta ) , « nelle combinazioni di guerra bisogna essere secondati dalla fortuna o da un genio molto superiore » ( pag . 397 ) . Così egli chiama , modestamente , una fortuna l ' aver potuto prendere , nella Laguna , le armi e le munizioni mandate dai Brasiliani ; ma la verità è che Garibaldi , con marcie rapidissime , trovossi alla Laguna prima che i Brasiliani lo sapessero ( pag . 53 ) . Altre volte la fortuna vera furono il suo coraggio e la sua presenza di spirito , che è propria dei veri uomini d ' azione , quando Garibaldi in una piccola lancia , davanti all ' isola della Libertà ( Montevideo ) si trova , di notte , improvvisamente in mezzo ai legni da guerra « tanto vicini che la sentinella di prora d ' uno di quelli ci gridò : « Chi viva ? » « Zitti , io dissi alla mia gente ; era senza dubbio la squadra nemica . Sommessamente parlando , io eccitai a raddoppiare la voga e far sui remi meno rumore possibile , ma mi aspettavo una grandine di fucilate dopo l ’ intimazione fatta dalla sentinella ; invece miracolosamente scansammo » ( pag . 126 ) . Certo « la fortuna , in cui non ho mancato d ' aver sempre qualche fede » ( pag . 246 ) ha favorito qualche volta Garibaldi . Per esempio , nella ritirata attraverso la foresta , quando Anita ebbe Menotti , egli « viaggiando solo per giorni interi coll ' acqua fino alla pancia del cavallo » per andare alla Settembrina a comprarvi « alcune cosarelle di panni » da regalare alla sua donna , udì delle fucilate dalla parte onde era partito . « Nel ritorno seppi la causa delle fucilate ed il tristissimo caso accaduto al capitano Massimo ed ai suoi bravi liberti , subito dopo la mia partenza da quella casa , » dove furono sorpresi ed uccisi tutti dal generale brasiliano Moringue ( pag . 149 ) . All ' assalto di Palermo « posando a terra la sella della mia cavalla Marsala e le pistoliere , una pistola percosse nel suolo e prese fuoco ; la palla mi sfiorò il piede destro , portando via un pezzo della parte inferiore del calzone . Le fortune non vengono mai sole , dissi tra me » ( pag . 358 ) . All ' assalto di Reggio , tutta una colonna di duemila uomini sparò per isbaglio in una sola volta i fucili . « Io , che mi trovavo a cavallo , in mezzo a quel quadrato in tempesta , mi gettai giù , e non mi toccò che una sola palla nel cappello » ( pag . 377 ) . Al Volturno , egli , andato in carrozza a Sant ' Angelo , fu « accolto da una grandine di palle nemiche ; il mio cocchiere fu ucciso , la carrozza crivellata di palle , ed io coi miei aiutanti fummo obbligati di scendere » ( pag . 389 ) . E nella sua romanzesca evasione da Caprera « una circostanza imprevista , che mi favorì molto , fu la seguente : Maurizio , assistente mio , era andato alla Maddalena in quel giorno e verso quell ' ora tornava in Caprera . Un po ' allegro forse non badò al « chi viva » delle barche da guerra , che incrociavano numerose nel canale della Moneta , che separa la Maddalena dalla Caprera , e coteste barche lo fulminarono di fucilate , che felicemente non lo colpirono . Per combinazione ciò succedeva mentre io stavo operando la mia traversata , favorito pure dal vento di scirocco , le cui piccole ondate servivano mirabilmente a nascondere il Beccaccino , che appena usciva d ' un palmo dalla superficie del mare . La mia pratica acquistata nei fiumi dell ' America , con le canoe indiane che si governano con un remo solo , mi valse sommamente . Io avevo un remo o pala di circa un metro , con cui potevo remare con tanto rumore quanto ne fanno gli acquatici . « Dunque mentre la maggior parte dei miei custodi si precipitavano su Maurizio , io tranquillamente traversavo lo stretto della Moneta ed approdavo nell ' isoletta divisa dalla Maddalena da un piccolo canale guadabile » ( pag . 429 ) . Gli è che , in realtà , più che la fortuna , a cui Garibaldi modestamente assegna tanta parte dei suoi successi , era suo alleato potente quello che egli stesso chiama « il fatale animatore » delle sue imprese : l ' amor patrio e la convinzione profonda di combattere sempre per una causa santa .
DEMOCRAZIA OPERAIA ( GRAMSCI ANTONIO , 1919 )
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Un problema si impone oggi assillante a ogni socialista che senta vivo il senso della responsabilità storica che incombe sulla classe lavoratrice e sul Partito che della missione di questa classe rappresenta la consapevolezza critica e operante . Come dominare le immense forze sociali che la guerra ha scatenato ? Come disciplinarle e dar loro una forma politica che contenga in sé la virtù di svilupparsi normalmente , di integrarsi continuamente , fino a diventare l ' ossatura dello Stato socialista nel quale si incarnerà la dittatura del proletariato ? Come saldare il presente all ' avvenire , soddisfacendo le urgenti necessità del presente e utilmente lavorando per creare e " anticipare " l ' avvenire ? Questo scritto vuole essere uno stimolo a pensare e ad operare ; vuole essere un invito ai migliori e più consapevoli operai perché riflettano e , ognuno nella sfera della propria competenza e della propria azione , collaborino alla soluzione del problema , facendo convergere sui termini di esso l ' attenzione dei compagni e delle associazioni . Solo da un lavoro comune e solidale di rischiaramento , di persuasione e di educazione reciproca nascerà l ' azione concreta di costruzione . Lo Stato socialista esiste già potenzialmente negli istituti di vita sociale caratteristici della classe lavoratrice sfruttata . Collegare tra di loro questa istituti , coordinarli e subordinarli in una gerarchia di competenze e di poteri , accentrarli fortemente , pur rispettando le necessarie autonomie e articolazioni , significa creare già fin d ' ora una vera e propria democrazia operaia , in contrapposizione efficiente ed attiva con lo Stato borghese , preparata già fin d ' ora a sostituire lo Stato borghese in tutte le sue funzioni essenziali di gestione e di dominio del patrimonio nazionale . Il movimento operaio è oggi diretto dal Partito socialista e dalla Confederazione del Lavoro ; ma l ' esercizio del potere sociale del Partito e della Confederazione si attua , per la grande massa lavoratrice , indirettamente , per forza di prestigio e d ' entusiasmo , per pressione autoritaria , per inerzia persino . La sfera di prestigio del Partito si amplia quotidianamente , attinge strati popolari finora inesplorati , suscita consenso e desiderio di lavorare proficuamente per l ' avvento del comunismo in gruppi e individui finora assenti dalla lotta politica . E ' necessario dare una forma politica e una disciplina permanente a queste energie disordinate e caotiche , assorbirle , comporle e potenziarle , fare della classe proletaria e semiproletaria una società organizzata che si educhi , che si faccia una esperienza , che acquisti una consapevolezza responsabile dei doveri che incombono alle classi arrivate al potere dello Stato . Il Partito socialista e i sindacati professionali non possono assorbire tutta la classe lavoratrice , che attraverso un lavorio di anni e di decine di anni . Essi non si identificheranno immediatamente con lo Stato proletario ; nelle Repubbliche comuniste infatti essi continuano a sussistere indipendentemente dallo Stato , come istituti di propulsione ( il Partito ) o di controllo e di realizzazione parziale ( i sindacati ) . Il Partito deve continuare ad essere l ' organo di educazione comunista , il focolare della fede , il depositario della dottrina , il potere supremo che armonizza e conduce alla meta le forze organizzate e disciplinate della classe operaia e contadina . Appunto per svolgere rigidamente questo suo ufficio , il Partito non può spalancare le porte all ' invasione di nuovi aderenti , non abituati all ' esercizio della responsabilità e della disciplina . Ma la vita sociale della classe lavoratrice è ricca di istituti , si articola in molteplici attività . Questi istituti e queste attività bisogna appunto sviluppare , organizzare complessivamente , collegare in un sistema vasto e agilmente articolato che assorba e disciplini l ' intera la classe lavoratrice . L ' officina con le sue commissioni interne , i circoli socialisti , le comunità contadine , sono i centri di vita proletaria nei quali occorre direttamente lavorare . Le commissioni interne sono organi di democrazia operaia che occorre liberare dalle limitazioni imposte dagli imprenditori , e ai quali occorre infondere vita nuova ed energia . Oggi le commissioni interne limitano il potere del capitalista nella fabbrica e svolgono funzioni di arbitrato e di disciplina . Sviluppate ed arricchite , dovranno essere domani gli organi di potere proletario che sostituisce il capitalista in tutte le sue funzioni utili di direzione e di amministrazione . Già fin d ' ora gli operai dovrebbero procedere alla elezione di vaste assemblee di delegati , scelti fra i migliori e più consapevoli compagni , sulla parola d ' ordine : " Tutto il potere dell ' officina ai comitati d ' officina " , coordinata all ' altra : " Tutto il potere dello Stato ai Consigli operai e contadini " . Un vasta campo di propaganda concreta rivoluzionaria si aprirebbe per i comunisti organizzati nel Partito e nei circoli rionali . I circoli , d ' accordo con le sezioni urbane , dovrebbero fare un censimento delle forze operaie della zona , e diventare la sede del consiglio rionale dei delegati dell ' officina , il ganglio che annoda e accentra tutte le energie proletarie del rione . I sistemi elettorali potrebbero variare a seconda della vastità delle officine : si dovrebbe cercare però di far eleggere un delegato ogni 15 operai divisi per categoria ( come si fa nelle officine inglesi ) , arrivando , per elezioni graduali , a un comitato di delegati di fabbrica che comprenda rappresentanti di tutto il complesso del lavoro ( operai , impiegati , tecnici ) . Nel comitato rionale dovrebbe tendersi a incorporare delegati anche delle altre categorie di lavoratori abitanti nel rione : camerieri , vetturini , tranvieri , ferrovieri , spazzini , impiegati , privati , commessi , ecc . Il comitato rionale dovrebbe essere emanazione di tutta la classe lavoratrice abitante nel rione , emanazione e legittima e autorevole , capace di far rispettare una disciplina , investita del potere , spontaneamente delegato , ed ordinare la cessazione immediata e integrale di ogni lavoro in tutto il rione . I comitati rionali si ingrandirebbero in commissariati urbani , controllati e disciplinati dal Partito socialista e dalle federazioni di mestiere . Un tale sistema di democrazia operaia ( integrato con organizzazioni equivalenti di contadini ) darebbe una forma e una disciplina alle masse , sarebbe una magnifica scuola di esperienza politica e amministrativa , inquadrerebbe le masse fino all ' ultimo uomo , abituandole alla tenacia e alla perseveranza , abituandole a considerarsi come un esercito in campo che ha bisogno di una ferma coesione se non vuole essere distrutto e ridotto in schiavitù . Ogni fabbrica costruirebbe uno o più reggimenti di questo esercito , coi suoi caporali , coi suoi servizi di collegamento , con la sua ufficialità , col suo stato maggiore , poteri delegati per libera elezione , non imposti autoritariamente . Attraverso i comizi , tenuti all ' interno dell ' officina , con l ' opera incessante di propaganda e di persuasione sviluppata dagli elementi più consapevoli , si otterrebbe una trasformazione radicale della psicologia operaia , si renderebbe la massa meglio preparata e capace all ' esercizio del potere , si diffonderebbe una coscienza dei doveri e dei diritti del compagno e del lavoratore , concreta ed efficiente perché generata spontaneamente dall ' esperienza viva e storica . Abbiamo già detto : questi rapidi appunti si propongono solo di stimolare il pensiero e all ' azione . Ogni aspetto del problema meriterebbe una vasta e profonda trattazione , delucidazioni , integrazioni sussidiarie e coordinate . Ma la soluzione concreta e integrale dei problemi di vita socialista può essere data solo dalla pratica comunista : la discussione in comune , che modifica simpaticamente le coscienze unificandole e colmandole di entusiasmo operoso . Dire la verità , arrivare insieme alla verità , è compiere azione comunista e rivoluzionaria . La formula " dittatura del proletariato " deve finire di essere solo una formula , un ' occasione per sfoggiare fraseologia rivoluzionaria . Chi vuole il fine , deve volere anche i mezzi . La dittatura del proletariato è l ' instaurazione di un nuovo Stato , tipicamente proletario , nel quale confluiscono le esperienze istituzionali della classe oppressa , nel quale la vita sociale della classe operaia e contadina diventa sistema diffuso e fortemente organizzato . Questo Stato non si improvvisa : i comunisti bolscevichi russi per otto mesi lavorano a diffondere e far diventare concreta la parola d ' ordine : tutto il potere ai Soviet , ed i Soviet erano noti agli operai russi fin dal 1905 . I comunisti devono far tesoro dell ' esperienza russa ed economizzare tempo e lavoro : l ' opera di ricostruzione domanderà per sé tanto tempo e tanto lavoro , che ogni giorno e ogni atto dovrebbe poterle essere destinato .
LEOPARDI RISORTO ( DE_SANCTIS FRANCESCO , 1879 )
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Leopardi tornato di Bologna in Recanati gli undici di novembre del 1826 vi dimorò sino al 23 aprile del 1827 . Cosa fece in questo tempo ? Curò la stampa del suo Petrarca , lavorò intorno alla Crestomazia , oltre cose di minor momento . Appena fu in Recanati , già desiderava Bologna . Il 17 dicembre scriveva al Brighenti : « sento qui un poco men freddo che a Bologna , di corpo ; ma d ' animo ho un freddo , che mi ammazza , e ogni ora mi par mille di fuggir via . » Quel freddo dell ' animo era la tristezza di una « solitudine continua e assoluta , » come scrive il 9 febbraio . E s ' aiuta , scrivendo lettere , o qualche articolo per il Nuovo Ricoglitore , cercando spesso notizie letterarie , ricordando con desiderio gli amici e le amiche di Bologna , sopratutto il Brighenti e il buon Pepoli e l ' amorosa Antonietta Tommasini . S ' affaticò tanto intorno alla Crestomazia , che a ' primi di marzo aveva già fatto lo spoglio di oltre settanta autori . Aggiungi le correzioni di stampa delle Operette morali che il fido Stella pubblicava in Milano . E se si pon mente che qualche dolcezza gli dovea pur venire dall ' usanza domestica , volendo egli un gran bene alla Paolina e a Carlo , e che di salute non era male , cessatogli anche quel mal d ' intestini che lo travagliava a Bologna ; si vede che quel suo freddo d ' animo e quella sua tristezza di solitudine non si deve poi prendere alla lettera . Potea ben sentirsi tristo in certi momenti ; ma la tristezza non era il suo stato normale in quel soggiorno di Recanati . E si vede anche dallo stile sciolto e ricordevole , se non affettuoso , ch ' è nelle sue lettere . Di una qualche importanza sono le due ultime lettere che tutta quella compagnia di letterati ch ' erano intorno al Vieusseux , e di cui dice : sono tutti molto sociali , e generalmente pensano e valgono assai più de ' bolognesi . Tra quelli era Giordani e Piccolini e Frullani e Capponi e Lambruschini e Montani . Più tardi conobbe il signor Manzoni , col quale si trattenne a lungo : « Uomo pieno di amabilità e degno della sua fama . » Impressioni molto vive non pare che riceva dalle amichevoli e interessanti conversazioni , di cui non è cenno nemmeno ai più famigliari . Dice a Brighenti : « Io vivo molto malinconico , non ostante le molte gentilezze usatemi da questi letterati : tra ' quali tutti i primarii , compreso Niccolini . Scrive al papà che ha fatto conoscenza e amicizia col famoso Manzoni di Milano , della cui ultima opera tutta l ' Italia parla . Esposizione secca del fatto , quasi egli fosse marmo , quantunque indovini la sua soddisfazione della visita del Niccolini , e della conoscenza col Manzoni . Questo stato marmoreo è detto dall ' autore stoico de ' Dialoghi indifferenza filosofica , ed è quel medesimo che giovane , quando sentiva più , chiamava con disperata energia ferreo sopore . Talora se ne stanca , e presente e chiama la morte . « Sono stanco della vita , scrive al Puccinotti , stanco della indifferenza filosofica , che è il solo rimedio de ' mali e della noia , ma che infine annoia essa medesima . Non ho altri disegni , altre speranze che di morire . » Il ferreo sopore era pur poetico , perché congiunto con la fresca rimembranza di un altro stato , e col sentimento e il dolore della privazione . L ' indifferenza filosofica è affatto prosaica , divenuta un ' abitudine contro la noia , ed essa medesima noiosa . In qualche momento d ' umor nero Leopardi si ribella contro l ’ abitudine , sente il peso dell ' indifferenza , e può dire : « certo è che un morto passa la sua giornata meglio di me . Quel passar la giornata con le braccia in croce , quell ' ozio più tristo assai della morte , a cui lo costringe il mal d ' occhi , è talora più forte della sua indifferenza filosofica , e gli abbuia la vita , non sì che gli dia virtù di farne una rappresentazione poetica , come fece già del ferreo sopore . Ma in generale la sua vita è tollerabile , messe le distrazioni che gli venivano dalle molte conoscenze e da ' buoni amici , e più in là dalla vista di Firenze , quando lo stato degli occhi gli consentiva uscire di giorno . Nelle sue lettere troviamo un umore uguale e prosaico , simile allo stato ordinario della più parte degli uomini , ciò ch ' egli chiama indifferenza ; il quale gli vieta o gl ' inaridisce le impressioni , così tardo il sentire , come è tardo il suo respiro e la sua digestione . Scrivendo al carissimo signor Padre il 4 ottobre , sappiamo che gli occhi sono migliorati e che comincia a uscire di giorno . Ma s ' affanna pe ' quartieri d ' inverno , perché il clima di Firenze non è molto freddo , ma è infestato continuamente da venti e da nebbie , come a Recanati , e il vento è suo capitale nemico . Cerca un clima caldo . Stella offre Como . Ma è troppo lontano . Pensa a Roma . Ma il lungo viaggio e la lontananza dal mondo civilizzato ne lo distoglie . Si risolve per Massa di Carrara , clima ottimo , simile a quel di Nizza ; non vi nevica mai , si esce e si passeggia senza ferraiuolo , in mezzo alla piazza pubblica crescono degli aranci piantati in terra . Ma in sul più bello muta pensiero , ed eccolo a Pisa , spintovi da Giordani , ch ' era tornato di colà contentissimo . Partì da Firenze la mattina del 9 novembre , e fu a Pisa la sera , viaggio di cinquanta miglia . Scrive alla Paolina : « Sono rimasto incantato di Pisa per il clima : se dura così , sarà una beatitudine . Qui ho trovato tanto caldo che ho dovuto gettare il ferraiuolo e alleggerirmi di panni .... Lung ' Arno è uno spettacolo così bello , così ampio , così magnifico , così gaio , così ridente , che innamora .... vi si passeggia poi nell ' inverno con gran piacere , perché v ' è quasi sempre un ' aria di primavera ; vi brilla un sole bellissimo tra le dorature de ' caffé , delle botteghe piene di galanterie e nelle invetriate de ' palazzi e delle case , tutte di bella architettura .... un misto di città grande e di città piccola , di cittadino e di villereccio , un misto così romantico che non ho mai veduto altrettanto . A tutte le altre bellezze si aggiunge la bella lingua . E poi vi si aggiunge che io , grazie a Dio , sto bene , che mangio con appetito , che ho una camera a ponente che guarda sopra un orto , con una grande apertura tanto che si arriva a vedere l ' orizzonte . » Queste impressioni ripete , ora l ' una , ora l ' altra , e quasi con le stesse parole , agli amici . Pisa è un paradiso , il clima è divino . Il padre lo esortava a tornare in Recanati . Egli negava , descrivendo la sua vita in Pisa « Qui non v ' è mai vento , mai nebbia : v ' è sempre ombra , e se s ' hanno giornate piovose , è ben difficile che non trovi un intervallo di tempo da poter passeggiare . Infatti , dacché sono in Pisa non è passato giorno che io non abbia passeggiato per due in tre ore : cosa per me necessarissima , e la cui mancanza è la mia morte ; perché il continuo esercizio de ' nervi e muscoli del capo , senza il corrispondente esercizio di quelli delle altre parti del corpo , produce quello squilibrio totale nella macchina , che è la rovina infallibile degli studiosi , come io ho veduto in me per così lunga esperienza . Qui per tutto decembre abbiamo avuto ed abbiamo una temperatura tale , che io mi debbo difendere dal caldo più che dal freddo . Oltre la passeggiata del giorno , esco anche la sera spesso senza ferraiuolo ; leggo e scrivo a finestre aperte . » A Paolina scrive : « Ho qui parecchi amici , e più ne avrei se volessi far visite , perché da per tutto m ' è usata assai buona accoglienza . » In casa Cioni conobbe il Colletta , e conobbe anche il Carmignani , e dice al padre : « qui tutti mi vogliono bene , e quelli che parrebbe dovessero guardarmi con più gelosia , sono i miei panegiristi ed introduttori , e mi stanno sempre attorno . » Questo non vuol dire che a volta non si lagni del mal di nervi , e dello stomaco e degli intestini , e che trema da mattina a sera , e che non può studiare . All ' Antonietta dice : « Questi miei nervi non mi lasciano più speranza ; né il mangiar poco , né il mangiar molto , né il vino , né l ' acqua , né il passeggiare le mezze giornate , né lo star sempre in riposo , in somma , nessuna dieta e nessun metodo mi giova . Non posso fissare la mente in un pensiero serio per un solo minuto , senza sentirmi muovere una convulsione interna . » Il cinque maggio del 1828 scrive a Giordani : « La mia vita è noia e pena : pochissimo posso studiare , e quel pochissimo è noia medesimamente .... la mia salute è sempre tale da , farmi impossibile ogni godimento : ogni menomo piacere mi ammazzerebbe : se non voglio morire , bisogna ch ' io non viva . » In questo modo di scrivere c ' è del nuovo : non sono le solite lamentanze , a cui l ' indifferenza filosofica toglieva ogni colore ; c ' è qui dentro il sospiro e la lacrima , c ' è la partecipazione dell ' anima . Il perfetto scrittore italiano , come Giordani lo aveva preconizzato , continua così : « questo anno passato ( in Firenze ) tu mi hai potuto conoscere meglio che per l ’ addietro : hai potuto vedere ch ' io non sono nulla ; questo io ti aveva già predicato più volte ; questo è quello ch ' io predico a tutti quelli che desiderano di aver notizia dell ' esser mio . Ma tu non devi perciò scemarmi la tua benevolenza , la quale è fondata sulle qualità del mio cuore , e su quell ' amore antico e tenero ch ' io ti giurai nel primo fiore de ' miei poveri anni , e che ti ho serbato e ti serberò fino alla morte . E sappi , o ricordati , che fuori della mia famiglia , tu sei il solo uomo , il cui amore mi sia paruto tale da servirmene come di un ' ara di rifugiò , una colonna dove la stanca mia vita s ' appoggia . » Nel 1819 diceva : « io sono già vissuto , » e scriveva gl ' idillii ; nel 1828 dice : « io non sono nulla , » e indovini dalla forma insolitamente colorita che già risorge , già ha sacrificato alla Musa . Ci è il sentimento della sua infelicità , non sonnolento nella sua indifferenza filosofica , ma vivo e poetico , e lo vedi in quell ' amore tenero giurato nel primo fiore de ' poveri anni , in quell ' ara di rifugio , in quella colonna a cui s ' appoggia la stanca vita . Giordani non ne capì nulla ; non capì che il fuoco dalla cenere divampava , e gli risponde i soliti conforti . La dimora in Firenze , le nuove amicizie , le illustri conoscenze , le interessanti conversazioni , il vivo di una lingua divina , non gli furono inutili , e fiorirono insieme con la salute sotto il dolce calore del clima pisano . Acquista un ' alacrità insolita . Messa da banda col consenso dello Stella l ’ Enciclopedia , non senza avere accumulato materiali per nuovi lavori che gli giravano in mente , e posta mano alla Crestomazia poetica , l ' ebbe condotta a termine in poco tempo . E insieme l ' immaginazione gli si è svegliata , la facoltà del sogno ritorna , il passato gli si ripresenta vivo , quel lungo torpore ch ' egli chiamava indifferenza è cessato . I nervi lo molestano , ma il sangue circola più libero , più vivace , tra quell ' aria pura , e gli rimette in moto tutte le sue facoltà . Le sue passeggiate diventano poetiche ; la via deliziosa per la quale suole andare è battezzata dalla sua immaginazione , è chiamata la via delle rimembranze . E così camminando sogna a occhi aperti , s ' abbandona all ' onda delle sue immaginazioni , gli pare d ' esser tornato al suo buon tempo antico , come il 25 febbraio scrive alla Paolina . E il due maggio le fa questa confidenza : « io ho finita oramai la Crestomazia poetica , e dopo due anni ho fatto de ' versi quest ' aprile , ma versi all ' antica , e con quel mio cuore d ' una volta . » Ciò che non gl ' impedisce di scrivere tre giorni dopo al Giordani quella trista lettera : « io non sono nulla ! » Leopardi è risorto e canta il suo risorgimento . E che è questo risorgimento di Leopardi ? Forse è divenuto felice ? No . Anzi è più vivace la coscienza della sua infelicità . Mancano , il sento , all ' anima , Alta , gentile e pura La sorte , e la natura Il mondo e la beltà . Forse gli volse un riso la speranza ? No . Anzi la sua trafittura è d ' averla perduta per sempre Ahi della speme il viso Io non vedrò mai più . Sono mutate le sue idee sul mondo ? L ' immagine , l ’ errore sono non più errore , ma cosa salda ; sono la verità ? No . Dalle mie vaghe immagini So ben ch ' ella discorda , So che natura è sorda , Che miserar non sa . Che non del ben . Sollecita Fu , ma dell ' esser solo . La morte della speranza , l ’ impura vista della infausta verità . il sentimento della sua infelicità non è qui affievolito , anzi vi è ribadito e illuminato . Perché dunque si sente risorto ? Cosa è risorto in lui ? La facoltà di sentire , di cui parlava a Iacopsenn , o come ora dice , il cuore . E perché la vita non è a suo avviso altro che facoltà di sentire , d ' immaginare , d ' amare , è in lui risorta la vita ; si sentiva morto , ora torna a vivere . E canta la risurrezione della sua immaginazione , del suo sentire . Risorgono i dolci affanni , i teneri moti della prima età ; rivede la bella natura , così come la vedeva allora , inesperto delle cose ; e ora , malgrado l ’ esperienza della vita e la vista della verità , sente con maraviglia in sé rivivere gl ' inganni aperti e noti . Questa rappresentazione del suo nuovo stato acquista rilievo da quello stato di sopore , ove le stesse cose gli comparivano innanzi morte . Ed hai una rappresentazione , in antitesi , della natura , così come compariva a lui in quel doppio stato , morta e viva . Queste cose non le dice già con quel disordine , con quella veemenza , con quell ' improvviso , ch ' è la parola dell ' entusiasmo giovanile . Ha racquistato i moti e i sensi della gioventù , ma non l ' ingenuità di quella ; ora sa troppo , e parla con ironia della sorda Natura , che pure allora benediva : Pur che ci lasci al duolo Or d ' altro a lei non cal . Il suo piacere non è puro e non è intero . Qui non c ' è l ' inno E non c ' è l ' ode . Il piacere è contenuto dal sapere , dalla presenza del vero , che vi apparisce come fosca nuvola in cielo sereno , con questo che la nuvola qui è l ' immutabile verità e il cielo è la mutabile apparenza . Che importa ? Se l ' apparenza dura , non chiamerà spietato l ' autore della vita . Non è una riconciliazione , è una concessione . Consente solo di non chiamarlo spietato , e sub conditione , se . La situazione poetica non è nel primo momento dell ' entusiasmo , quando egli si sente rivivere , ma in un momento posteriore o di riflessione , interrogando sé stesso , riandando la sua vita , e descrivendo e spiegando il nuovo uomo che s ' è formato in lui . Perciò la poesia prende una forma storica e riflessiva . Non si dipinge egli nel punto che piange e ammira e il cuore gli batte . Ha pianto , ha mirato , ha palpitato . Ora ci riflette sopra . La mente rimane sovrana , e distribuisce con ordine e con chiarezza tutte le parti , con orditura semplice , con moto diritto e soave , senza indugio e senza fretta . Non c ' è immagine e non impressione così viva che lo svii e gli rompa il filo del pensiero . Le rimembranze non s ' affollano , e non s ' incalzano , ma si svolgono l ' una dall ' altra , come onde di mare . Diresti che riviva la sua vita nella sua naturale successione . I dolci affanni della prima età , e quando mancarono , il dolore della mancanza , e quando mancò il dolore , una tristezza ch ' era ancora dolore , e infine il sopore , abbandonata ogni resistenza : Quasi perduto e morto Il cor s ' abbandonò ; questi vari stati della vita gli tornano innanzi l ' uno appresso all ' altro , l ' uno uscito dall ' altro . Si può credere ci sia un po ' di sottigliezza in quel dolore che manca , e nel pianto del dolore mancato , che è una tristezza , la quale è ancora dolore . Ma chi ha studiato bene tutte le diverse stazioni del suo martirio , vedrà che Leopardi è qui non meno acuto che vero esploratore del suo passato . La finezza e profondità dell ' osservazione ti costringe a pensare per coglier bene così delicate gradazioni tra dolore , tristezza e sopore ; e pensando , gusti il piacere intellettuale di scoprirle vere . Tu senti , e acquisti insieme un abito riflessivo che ti dispone a spiegare quello che senti . E tale appunto è il carattere di questa poesia . Or che gli sta tutto il passato innanzi , l ' uomo nuovo ricorda quale gli appariva il mondo allora , e lo rifà co ' più brillanti colori di una fantasia ridesta . Quella natura che non valse a trarlo dal duro sopore , era pure così bella , il canto della rondine , la squilla vespertina , il fuggitivo sole , una candida ignuda mano , e ora la rivede con sentimento nuovo , e l ' accompagna co ' più cari vezzi dell ' immaginazione . Questa rappresentazione vivace dà rilievo a quello stato d ' insensibilità ch ' egli caratterizza in pochi indimenticabili tratti , con una chiarezza uguale alla finezza . Certi contrasti e certi epiteti , come l ' età decrepita e l ' aprile degli anni , i giorni fugaci e brevi , imprimono in questa rappresentazione il moto del sentimento . Con quel grido di maraviglia e di tenera commozione che il cieco senza speranza rivede improvviso il sole , con quel sentimento prorompe qui il grido del redivivo . Non ci è gradazione , non c ' è a poco a poco ; il passaggio è brusco , violento , . come innanzi un miracolo . Non è una evoluzione , come si dice oggi ; è una rivoluzione : Chi dalla grave , immemore Quiete or mi ridesta ? Che virtù nova è questa , Questa ch ' io sento in me ? Quasi non crede agli occhi suoi ; non crede quasi a ' proprii moti . Dunque è vero ? Dunque il cuore è risorto ? Oh sì . E raccoglie e accumula le nuove bellezze e le nuove impressioni con così precipitevole impeto ritmico , che pare voglia tutto in un sorso assaporare il suo godimento . Qui è il tuono più alto del sentimento , che va lentamente digradando . Comparisce il crudo fato , il tristo secolo , l ' ignuda gloria , la bellezza vuota . In lui non ci è altro di risorto che il cuore , se pure .... E in questo se vanisce il canto , quasi in un sospiro malinconico di una mezza soddisfazione . Qui tutto è vero , tutto è a posto . Forse ci è di troppo l ' insistenza sulla vacuità della donna , dove sospetti qualche ricordo personale , che intorbida le proporzioni dell ' armonia , chi sa ! un momento di cattivo umore contro le fiorentine , al quale dà sfogo in una lettera , o il disprezzo di quella strega bolognese , di cui scrive a Papadopoli . È un reliquato , come dicono i medici , nella vita nuova . E ci trovi insieme un presentimento dell ' Aspasia . In questo Risorgimento non solo l ' asprezza , il latinismo , la solennità è liquefatta , ma anche il metro e il ritmo . Hai settenarii metastasiani , de ' quali il primo versetto sdrucciola nel secondo , richiamato dalla rima nel terzo , che va a declinare subitamente nel quarto , formando periodetti liquidi , veloci , e talora con ripigliate , di una movenza melodiosa . Le immagini sono vaghe , e le diresti note musicali , se nella loro generalità non fossero precise . E sono tutte attirate in un movimento ritmico , che accompagnato dal gioco vario degli accenti esprime le gradazioni del sentimento . Chi ha studiato bene il meccanismo de ' nostri versi , e soprattutto del nostro potentissimo settenario , in cui la posizione dell ' accento quasi senza limite ti dà le più varie intonazioni , ammirerà gli effetti musicali che ha saputo cavarne il poeta , come nota della intensità e della velocità delle impressioni . Perciò questa si può chiamare la poesia del sentimento o del cuore . Essa è il preludio musicale alle nuove poesie , alla sua terza maniera .
I SINDACATI E LA DITTATURA ( GRAMSCI ANTONIO , 1919 )
StampaPeriodica ,
La lotta di classe internazionale è culminata nella vittoria degli operai e contadini di due proletariati internazionali . In Russia e in Ungheria gli operai e i contadini hanno instaurato la dittatura proletaria e tanto in Russia che in Ungheria la dittatura dovette sostenere un ' aspra battaglia non solo contro la classe borghese , ma anche contro i sindacati : il conflitto tra la dittatura e i sindacati fu anzi una delle cause della caduta del Soviet ungherese , poiché i sindacati , se mai apertamente tentarono di rovesciare la dittatura , operarono sempre come organismi " disfattisti " della rivoluzione e incessantemente seminarono lo sconforto e la vigliaccheria tra gli operai e i soldati rossi . Un esame anche rapido , delle ragioni e delle condizioni di questo conflitto non può non essere utile all ' educazione rivoluzionaria delle masse , le quali , se devono convincersi che il sindacato è forse l ' organismo proletario più importante della rivoluzione comunista , perché su di esso deve fondarsi la socializzazione dell ' industria , perché esso deve creare le condizioni in cui l ' impresa privata sparisce e non può più rinascere , devono anche convincersi della necessità di creare , prima della rivoluzione , le condizioni psicologiche e obiettive nelle quali sia impossibile ogni conflitto e ogni dualismo di potere tra i vari organismi in cui si incarni la lotta della classe proletaria contro il capitalismo . La lotta di classe ha assunto in tutti i paesi d ' Europa e del mondo un carattere nettamente rivoluzionario . La concezione , che è propria della III Internazionale , secondo la quale la lotta di classe deve essere rivolta all ' instaurazione della dittatura proletaria , ha il sopravvento sulla ideologia democratica e si diffonde irresistibilmente nelle masse . I Partiti socialisti aderiscono alla III Internazionale o almeno si atteggiano secondo i principi fondamentali elaborati al Congresso di Mosca ; i sindacati invece sono rimasti fedeli alla " vera democrazia " e non trascurano nessuna occasione per indurre o costringere gli operai a dichiararsi avversari della dittatura e non attuare manifestazioni di solidarietà con la Russia dei Soviet . Questo atteggiamento dei sindacati fu rapidamente superato in Russia , poiché allo sviluppo delle organizzazioni di mestiere e d ' industria si accompagnò parallelamente e con ritmo più accelerato lo sviluppo dei Consigli d ' officina ; esso ha invece eroso la base del potere proletario in Ungheria , ha determinato in Germania immani carneficine di operai comunisti e la nascita del fenomeno Noske , ha determinato in Francia il fallimento dello sciopero generale del 20-21 luglio e il consolidarsi del regime di Clemenceau , ha impedito finora ogni intervento diretto degli operai inglesi nella lotta politica e minaccia di scindere profondamente e pericolosamente le forze proletarie in tutti i paesi . I Partiti Socialisti acquistano sempre più un profilo nettamente rivoluzionario e internazionalista ; i sindacati invece tendono a incarnare la teoria ( ! ) e la tattica dell ' opportunismo riformista e a diventare organismi meramente nazionali . Ne nasce uno stato di cose insostenibile , una condizione di confusione permanente e di debolezza cronica per la classe lavoratrice , che aumentano lo squilibrio generale della società e favoriscono il pullulare dei fermenti di disgregazione morale e di imbarbarimento . I sindacati hanno organizzato gli operai secondo i principi della lotta di classe e sono stati essi stessi le prime forme organiche di questa lotta . Gli organizzatori hanno sempre detto che solo la lotta di classe può condurre il proletariato alla sua emancipazione e che l ' organizzazione sindacale ha precisamente il fine di sopprimere il profitto individuale e lo sfruttamento dell ' uomo sull ' uomo , poiché essa si propone di eliminare il capitalista ( il proprietario privato ) dal processo industriale di produzione e di eliminare quindi le classi . Ma i sindacati non potevano attuare immediatamente questo fine e pertanto essi rivolsero tutta la loro forza al fine immediato di migliorare le condizioni di vita del proletariato , domandando più alti salari , diminuiti orari di lavoro , un corpo di legislazione sociale . I movimenti successero ai movimenti , gli scioperi agli scioperi , la condizione di vita dei lavoratori divenne relativamente migliore . Ma tutti i risultati , tutte le vittorie dell ' azione sindacale si fondano sulle basi antiche : il principio della proprietà privata resta intatto e forte , l ' ordine della produzione capitalistica e lo sfruttamento dell ' uomo sull ' uomo restano intatti e anzi si complicano in forme nuove . La giornata di otto ore , l ' aumento del salario , i benefici della legislazione sociale non toccano il profitto ; gli squilibri che immediatamente l ' azione sindacale determina nel saggio del profitto si compongono e trovano una sistemazione nuova nel gioco della libera concorrenza per le nazioni a economia mondiale come l ' Inghilterra e la Germania , nel protezionismo per le nazioni a economia limitata come la Francia e l ' Italia . Il capitalismo cioè riversa o sulle masse amorfe nazionali o sulle masse coloniali le accresciute spese generali della produzione industriale . L ' azione sindacale si rivela così assolutamente incapace a superare nel suo dominio e con i suoi mezzi , la società capitalista , si rivela incapace a condurre il proletariato alla sua emancipazione , a condurre il proletariato all ' attuazione del fine alto e universale che si era inizialmente proposto . Secondo le dottrine sindacaliste , i sindacati avrebbero dovuto servire a educare gli operai alla gestione della produzione . Poiché i sindacati di industria , si disse , sono un riflesso integrale di una determinata industria , essi diventeranno i quadri della competenza operaia per la gestione di quella determinata industria ; le cariche sindacali serviranno a rendere possibile una scelta degli operai migliori , dei più studiosi , dei più intelligenti , dei più atti a impadronirsi del complesso meccanismo della produzione e degli scambi . I leaders operai dell ' industria del cuoio saranno i più capaci a gestire questa industria , e così per l ' industria metallurgica , per l ' industria del libro , ecc . Illusione colossale . La scelta dei leaders sindacali non avvenne mai per criteri di competenza industriale , ma di competenza meramente giuridica , burocratica o demagogica . E quanto più le organizzazioni andarono ingrandendosi , quanto più frequente fu il loro intervento nella lotta di classe , quanto più diffusa e profonda la loro azione , e tanto più divenne necessario ridurre l ' ufficio dirigente a ufficio puramente amministrativo e contabile , tanto più la capacità tecnica industriale divenne un non valore ed ebbe il sopravvento la capacità burocratica e commerciale . Si venne così costituendo una vera e propria casta di funzionari e giornalisti sindacali , con una psicologia di corpo assolutamente in contrasto con la psicologia degli operai , la quale ha finito con l ' assumere in confronto alla massa operaia la stessa posizione della burocrazia governativa in confronto dello Stato parlamentare : è la burocrazia che regna e governa . La dittatura proletaria vuole sopprimere l ' ordine della produzione capitalistica , vuole sopprimere la proprietà privata , perché solo così può essere soppresso lo sfruttamento dell ' uomo sull ' uomo . La dittatura proletaria vuole sopprimere la differenza delle classi , vuole sopprimere la lotta delle classi , perché solo così può essere completa l ' emancipazione sociale della classe lavoratrice . Per ottenere questo fine il Partito comunista educa il proletariato a organizzare la sua potenza di classe , a servirsi di questa potenza armata per dominare la classe borghese e determinare le condizioni in cui la classe sfruttatrice sia soppressa e non possa rinascere . Il compito del Partito comunista nella dittatura è dunque questo : organizzare potentemente e definitivamente la classe degli operai e contadini in classe dominante , controllare che tutti gli organismi del nuovo Stato svolgano realmente opera rivoluzionaria , e rompere i diritti e i rapporti antichi inerenti al principio della proprietà privata . Ma quest ' azione distruttiva e di controllo deve essere immediatamente accompagnata da un ' opera positiva di creazione di produzione . Se quest ' opera non riesce , è vana la forza politica , la dittatura non può reggersi : nessuna società può reggersi senza la produzione , e tanto meno la dittatura che , attuandosi nelle condizioni di sfacelo economico prodotto da cinque anni di guerra esasperata e da mesi e mesi di terrorismo armato borghese , ha bisogno anzi di una intensa produzione . Ed ecco il vasto e magnifico compito che dovrebbe aprirsi all ' attività dei sindacati d ' industria . Essi appunto dovranno attuare la socializzazione , essi dovranno iniziare un ordine nuovo di produzione , in cui l ' impresa sia basata non sulla volontà di lucro del proprietario , ma sull ' interesse solidale della comunità sociale che per ogni branca industriale esce dall ' indistinto generico e si concreta nel sindacato operaio corrispondente . Nel Soviet ungherese i sindacati si sono astenuti da ogni lavoro creatore . Politicamente i funzionari sindacali suscitarono continui ostacoli alla dittatura , costituendo uno Stato nello Stato , economicamente rimasero inerti : più di una volta le fabbriche dovettero essere socializzate contro la volontà dei sindacati . Ma i leaders delle organizzazioni ungheresi erano limitati spiritualmente , avevano una psicologia burocratico - riformista , e temevano continuamente di perdere il potere che avevano fino ad allora esercitato sugli operai . Poiché la funzione per cui il sindacato si era sviluppato fino alla dittatura era inerente al predominio della classe borghese , e poiché i funzionari non avevano una capacità tecnica industriale , essi sostenevano l ' immaturità della classe proletaria alla gestione diretta della produzione , essi sostenevano la " vera " democrazia , cioè la conservazione della borghesia nelle sue posizioni principali di classe proletaria , essi volevano perpetuare ed esasperare l ' era dei concordati , dei contratti di lavoro , della legislazione sociale , per essere in grado di far valere la loro competenza . Essi volevano che si attendesse la ... rivoluzione internazionale , non potendo comprendere che la rivoluzione internazionale si manifestava appunto in Ungheria con la rivoluzione ungherese , in Russia con la rivoluzione russa , in tutta l ' Europa con gli scioperi generali , con i pronunciamenti militari , con le condizioni di vita rese impossibili alla classe lavoratrice dalle conseguenze della guerra .
'LA CLASSE DI ASEN' ( - , 1927 )
StampaPeriodica ,
Il Divo , che si fa fotografare più di un attore cinematografico , prende spesso l ' aria atroce , ma più spesso ha l ' aria comica . Egli è , secondo la definizione di un grande scrittore inglese , un tragico buffone . È stata fatta in tante pubblicazioni una raccolta di scritti di Mussolini contro Dio , apologie di reato , esaltazioni dei delitti anarchici , ecc . Ma ciò che sarebbe più interessante è la raccolta degli spropositi . Nella sua movimentata vita di agitatore e di avventuriero , Mussolini non ha mai avuto tempo di studiare . La sua educazione mentale è stata fatta sulle edizioni illustrate di Perino , sui manualetti a 3 e 5 soldi dell ' editore Sonzogno . Come tutti gli autodidatti , però , Mussolini parla di tutto . È l ' uomo che ha studiato sui libri che fanno la storia universale a volo di uccello . Annunzia ( e non fa ) uno studio su Machiavelli , parla di Platone , disserta di filosofia , cita frasi latine ignorando il latino . L ' ultimo discorso del 26 maggio è una vera enciclopedia di spropositi . Ne prendiamo qualcuno a volo . A giustificare i delitti del fascismo , Mussolini è ricorso agli esempi della rivoluzione francese . " Garnier a Nantes " egli ha detto , " prometteva di uccidere tutti gli uomini di ingegno . " Chi era Garnier ? Il Ministero degli esteri francese nel suo Bulletin de la presse étrangère del 6 giugno ha pubblicato il discorso di Mussolini integralmente e vicino al nome di Garnier ha messo un punto interrogativo . In quale manualetto di Sonzogno , Mussolini ha trovato Garnier ? E chi è costui ? Le parole riprodotte dal Divo fan pensare piuttosto alla prosa di Augusto Turati e di de Vecchi , che a quella di un rivoluzionario francese . Nello stesso discorso Mussolini , riproducendo male alcuni dati statistici , ha voluto mostrare di essere un tecnico di demografia . L ' Italia che ha un breve suolo , egli ha detto , deve aver presto 60 milioni di abitanti . " Se si diminuisce , signori , non si fa l ' Impero , si diventa una colonia . " ( In parentesi : Si diminuisce , signori .. , quale stile da baraccone ! ) È vero invece che i paesi che han fatto l ' Impero , la Francia e l ' Inghilterra , hanno un minimo di natalità e che il massimo di natalità è in Bulgaria ! Ma Mussolini ricorre subito alla storia , e vuol dar prova di avere ancora le reminiscenze dei manuali Sonzogno : " Quand ' è , " egli esclama tra l ' ammirazione dei vari Casertano che ora compongono in regime fascista la così detta Camera italiana che la Francia domina il mondo ? Quando poche famiglie di baroni normanni erano così numerose che bastavano a comporre un esercito . Quando , durante il periodo brillante della Monarchia , la Francia avea questa orgogliosa divisa : Egale à plusieurs e quando accanto a 40 o 45 milioni di francesi non c ' erano che pochi milioni di tedeschi , pochi milioni di italiani , pochi milioni di spagnuoli . " Tante parole , tanti spropositi . Mussolini suppone ( ecco un errore storico che farebbe riprovare un alunno di ginnasio ) che i normanni siano andati da prima in Francia e che dalla Francia abbiano fatto le loro grandi conquiste e suppone che i normanni siano stati dei patriarchi guerrieri , circondati da famiglie numerosissime di almeno settanta , ottanta figli . Vi è un ' asinità maggiore ? Supporre che la Francia del secolo decimosettimo e decimottavo , avesse da 40 a 45 milioni di uomini e fosse circondata da pochi milioni di italiani , tedeschi e spagnuoli , è documento di ignoranza assoluta . Se Mussolini avesse letto il libro di Levasseur : Histoire de la population française saprebbe che la Francia del secolo decimosettimo aveva meno di 16 milioni di abitanti , meno di 20 al principio del secolo decimottavo e meno che 25 al tempo della rivoluzione francese e di Napoleone . D ' altra parte , tedeschi , italiani e spagnuoli non erano pochi milioni , ma assolutamente o proporzionalmente assai più numerosi dei francesi . La Norvegia e la Danimarca da cui vennero i grandi conquistatori normanni non avevano , al tempo delle maggiori conquiste , che una piccolissima popolazione , nel complesso forse appena un milione e mezzo di uomini e conquistavano popoli numerosissimi dall ' Inghilterra al mezzogiorno d ' Italia . E pensare che l ' ignoranza del Divo è superata solo dalla ignoranza di molti fascisti i quali dicono che l ' Italia deve pensare solo con il cervello di Mussolini !
IL NUOVO LEOPARDI ( DE_SANCTIS FRANCESCO , 1881 )
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In marzo 1829 scrivendo Leopardi a Colletta pone tra i suoi castelli in aria in primo luogo Storia di un ' anima , romanzo che avrebbe poche avventure estrinseche , e queste sarebbero delle più ordinarie ; ma racconterebbe le vicende interne di un animo nato nobile e tenero dal tempo delle prime ricordanze fino alla morte . Or questa Storia di un ' anima non era altro che la storia della sua anima , le cui note fondamentali sono nel Risorgimento dove con vivace profondità è rappresentata tutta la sua vita intima . Il mondo nella sua mente è già fissato , ridotto a domma , il cui catechismo è nel Risorgimento . Egli è giunto alla conclusione della infelicità universale ed irrimediabile come ha dimostrato già nei suoi dialoghi . Ora non discute più , non dimostra , non lotta , non s ' illude . Quel mondo , chiaro e fisso come un assioma , diviene il dato e l ’ antecedente di ogni sua concezione . E lo tratta come cosa sua , e lo situa e lo fa suonare cavandone tutte le note , che l ’ istrumento può dare . Questo concetto del mondo non gli viene innanzi così improvviso che induca nel suo essere una mutazione violenta . Ci è giunto per gradazioni quasi insensibili e quando si ci è trovato in mezzo , gli è parso un fatto quasi naturale ed ordinario . Perciò non ci è alcuna proporzione tra un concetto così disperato e la sua vita divenuta per l ' abitudine cosa tollerabile . Non è che i suoi mali fossero diminuiti ; ma l ’ uso quotidiano ne aveva rintuzzato il sentimento . E non gli mancavano conforti preziosissimi , soprattutto quello dell ' amicizia , che raddolcivano la sua ipocondria . Molte donne gli furono amiche vere , come l ' Adelaide Maestri e la patriottica Antonietta , e la Lenzoni , e più tardi la Paolina Ranieri . Anche di alcune letterate ebbe l ’ amicizia come fu della Franceschi e della Malvezzi . Furono relazioni brevi , perché l ' ultima volta che manda un saluto alla Franceschi per mezzo del bravo Puccinotti , dice : se se ne cura ; e di un lavoro della Malvezzi parla con compassione sprezzante : Povera donna ! lo avevo già letto . Pare che la nobile signora volesse fargli correggere il manoscritto , e che egli se ne schermisse . Pure , non gli bastava l ' amicizia , voleva l ’ amore , e facilmente si illudeva e si impaniava facendo triste esperienza delle donne , e volgendo talora l ' amore in disgusto . Così fu con la Bolognese , intorno alla quale scherzava Papadopoli : né incontrò meglio in Firenze ; anzi scrive a Giordani : « Questi viottoli , che si chiamano strade mi affogano : questo sudiciume universale mi ammorba ; queste donne sciocchissime , ignorantissime e superbe mi fanno ira . » Scrive all ' Antonietta : « Io non ho bisogno di stima , né di gloria , né di altre cose simili , ma ho bisogno d ' amore . » E ne ha bisogno tale , che talora con gli amici e con le amiche prende linguaggio d ' amore , col Giordani , col fratello Carlo , con la Tommasini , con l ' Adelaide . Questo non era artifizio ed abitudine di frase , come fu in Pietro Giordani , ma sfogo inconscio di un cuore vergine . E meritò di avere intorno a sé non solo ammiratori , ma amici veri e caldi come il Giordani , il Pepoli , il Tommasini , il Brighenti , il Puccinotti , il Papadopoli , lo Stella , il Capponi , il Ranieri , il Colletta . Così si era ito formando intorno al caro sventurato un ambiente morale , che gli ammolliva il carattere , e gli concedeva una espansione socevole . Non è a credere che questi amici fossero tutti concordi nelle opinioni ; anzi Leopardi , in mezzo a loro , spesse volte si sentiva solo . Un vincolo letterario c ' era . I suoi amici stimavano perfetto esemplare di lingua le sue Operette morali , trombettiere Giordani ; e non videro con piacere conferito il premio alla Storia d ' America del Botta dagli Accademici della Crusca , i quali pregiarono più l ’ affettazione e l ’ esagerazione dell ' uno che la modesta naturalezza dell ' altro . Ma se lodavano assai le sue prose e poesie , soprattutto per odore di classicismo o come dicevano per bontà di stile e di lingua , in tutto l ’ altro erano distantissimi dal loro amico . In quel tempo gli animi piegati dalla reazione che successe al ventuno già si andavano rialzando , massimamente in Toscana , dove parecchi esuli o emigrati illustri si erano raccolti militando attorno al Vieusseux coi letterati nativi . Sotto a quel mite governo si rinfrancavano . E già l ’ Antologia avea preso molta voga : ove scrivevano i migliori non senza qualche allusione politica . E Colletta scriveva le sue vendicatrici storie , e Niccolini le tragedie . Si formava una letteratura , la cui eco trasmessa dalle sètte s ' insinuava all ' orecchio penetrando nelle scuole e ne ' convegni in tutte le parti d ' Italia . Il programma dell ' azione immediata aveva cesso il luogo al programma educativo o evulativo , come si direbbe oggi , e con questo intento Leopardi più giovine aveva scritto le canzoni alla Paolina ed al Vincitore del pallone . I due programmi erano uno negli spiriti , sicché si andava dall ' uno all ' altro secondo l ’ occasione . Le menti si volgevano a nuovi studi , alle scienze storiche , all ' economia , alla statistica e cercavano miglioramenti civili o , come si dice oggi , sociali , vietati i politici . In luogo di libertà si dicea civiltà e cultura ; sotto altri nomi era la stessa musica ; le più umili e le più audaci aspirazioni si comprendevano tutte sotto il nome di progresso . Comparvero liberali e democratici anche tra ' cattolici , come il Tommasèo e il Manzoni . Pur allora erano usciti i Promessi Sposi e il successo era universale . La finezza italiana capiva e celebrava tutti , così il religioso Manzoni , come l ' ateo Giordani , e così i moderati come i settarii e i rivoluzionarii . Or questo movimento degli spiriti non trovava più forza capace di riceverlo nell ' anima stanca di Leopardi . Da questo lato si può dire veramente che egli era vissuto . Biasima un suo concittadino morto per l ’ indipendenza greca . Antonietta gli scrive una lettera con ardore patriottico , ed egli la loda augurando sentimenti simili alle donne italiane , ma con stile rimesso ed ordinario ; il cantore di Paolina non ci è più . A lui , che era giunto al concetto della infelicità universale , quelle economie e statistiche , quelle riforme civili , quelle teorie di progresso e di felicità di popoli , movevano il riso e gli doveva far male quella sicumera , quella burbanza de ' più a sciorinar dottrine venute in moda . Ecco in che modo scrive da Firenze a Giordani 1828 : « Mi comincia a stomacare il superbo disprezzo che qui si professa d ' ogni bello e di ogni letteratura ; massimamente , che non mi entra poi nel cervello che la sommità di ogni sapere umano stia nel saper la politica e la statistica . Anzi , considerando filosoficamente l ' inutilità quasi perfetta degli studii fatti dall ' età di Solone in poi per ottenere la perfezione degli stati civili e la felicità dei popoli , mi viene un poco da ridere di questo furore di calcoli e di arzigogoli politici e legislativi , e umilmente domando se la felicità de ' popoli si può dare senza la felicità degli individui . I quali sono condannati alla infelicità dalla natura e non dagli uomini né dal caso ; e per conforto di questa infelicità inevitabile mi par che vagliano sopra ogni cosa gli studii del bello , gli affetti , le immaginazioni e le illusioni . Così avviene che il dilettevole mi pare utile sopra tutti gli utili , e la letteratura utile più veramente e certamente di tutte queste discipline secchissime , le quali , anche ottenendo i loro fini , gioverebbero pochissimo alla felicità vera degli uomini che sono individui e non popoli , ma quando poi gli ottengono questi loro fini ? Amerò che me lo insegni uno de ' nostri professori di scienze storiche . » Qui ci è in germe la Palinodia . Con questa disposizione di animo e con queste opinioni si può facilmente intendere che la corda patriottica non rendeva più suono , credendo egli così poco alla felicità dei popoli come a quella degli individui . La guerra greca , la rivoluzione francese , i moti italici , i Tedeschi nello stato papale , sono cose quasi a lui indifferenti . Essendo così scarsa comunione intellettuale tra lui e i suoi amici , si potea credere che non gli fosse molto cara quella compagnia . Pure lì era il suo conforto . Tornato di Pisa in Firenze , vi si sentiva come in un deserto , quando gli mancava Vieusseux e la sua compagnia ; l ’ amicizia copriva qualsiasi difformità di sentimenti . Già non potea dissimulare a sé stesso quanto di nobile era in quelle loro aspirazioni ; poi per indole era tollerantissimo e dolcissimo ; nelle conversazioni non aveva né pretensioni né ostinazioni , e non puntigli e non dispetti come era del Tommasèo , si accomodava col silenzio alle opinioni altrui , nemico di dispute e di brighe , e inetto a far proseliti , a far valere i suoi concetti . I sentimenti del Manzoni stavano a gran distanza dai suoi , pur sempre lo nomina con lode . Scrive al padre sempre misurato e accorto , e talora con linguaggio e con sentire paterno per non dispiacergli . Il padre trova ne ' dialoghi del figlio troppo abuso di miti e di forme velate ; e il figlio risponde debolmente a difesa quasi assentendo . Lo Stella gli comunica le critiche milanesi dei suoi dialoghi , e lui risponde pacato : « Non mi riesce impreveduto : che i miei principii sieno negativi , io non me ne avveggo ; ma ciò non mi farebbe gran meraviglia , perché mi ricordo di quel detto di Bayle che in religione e in morale la ragione non può edificare ma solo distruggere . » Così non venne mai meno l ' amicizia tra quei nobili intelletti dei quali alcuni volevano la fede riconciliata con la ragione , altri predicavano la ragione creatrice e madre del progresso e guardavano con affettuosa sollecitudine al povero Leopardi , che affermava la negazione e il mistero universale . Dissentendo s ' amavano e si stimavano . Singolare fu l ’ amicizia verso di lui di due illustri medici , il Tommasini ed il Puccinotti , che dovevano ben ridere di quel mondo teologico metafisico , che era il pensiero massonico e filosofico del secolo , e credevano più alla forza della materia che della fede o della ragione . Leopardi aveva in molta reverenza il Tommasini e si sentiva stretto verso il Puccinotti di un affetto eguale all ' ammirazione . Questo era quello stato tollerabile ed ordinario di vita , che egli chiama indifferenza filosofica . L ' ambiente contrario in mezzo al quale viveva , quelli studii statistici , quelle teorie di progresso , quelle vanterie patriottiche lo trovavano triste o ironico con qualche sforzo mal riuscito di buon umore . Si deve a questo stato psicologico l ' ispirazione , dalla quale uscì la Palinodia . E forse in questo tempo concepiva e abbozzava i Paralipomeni , ai quali metteva mano più tardi . L ' indifferenza era quella quietudine , che nasce da uno stato di cose tenuto inevitabile , effetto dell ' assuefazione e della prostrazione morale . È la sorte spesso dei vecchi , che lasciano correre le cose così come vanno conservando in sé le antiche opinioni , senza colore e senza efficacia . E Leopardi in verità era invecchiato sotto il peso della sua tristezza . In quello stato di apatia morbosa , che egli chiama indifferenza , il suo intelletto rimane solitario e come ripiegato in sé in un ambiente non simpatico , anzi contrario . Questa era la sua individualità e originalità , che lo rendeva singolare dalle genti . Il suo Risorgimento non mutò il suo essere dirimpetto a questo mondo esteriore ; ma gli dava la forza di allontanarlo da sé , come cosa estranea , e rimanere concentrato in quel solitario suo pensiero , che tornava a vivere innanzi alla sua immaginazione ; ritornava l ' antico io con quel suo cuore di una volta . Risorto dalla sua apatia , riacquistata la facoltà di immaginare e di amare si sentì redivivo al cospetto del Fato e della Natura con quell ' amore dei campi , con quel bisogno di amare e di fantasticare , con quel dolore della speranza scomparsa e della giovinezza spenta da cui erano usciti gli idilli . La società in mezzo a cui era vissuto non lasciava traccia nel suo spirito ; gli era passata innanzi come ombra . Di vivo , di presente non c ' era che lui co ' suoi ideali e l ' universo coi suoi misteri . Risorto era il poeta dell ' Infinito e del Sogno e della Sera ; nessun vestigio rimaneva più del poeta , delle canzoni . Tutto quel moto di erudizione , e di patriottismo che lo aveva tirato fuori di sé , e gittatolo in mezzo all ' Italia moderna ed antica , in mezzo ai patriarchi e alle favole , in mezzo ai Bruti ed alle Saffo , alle Virginie e ai Simonidi , non rende più una favilla . Giovine , avea creduto all ' opinione volgare , che il gran genere nella lirica fosse la canzone e sperava affaticandosi in quello di perpetuare il suo nome . Ora sente che l ’ eccellenza non è nel genere e lasciando lì canzoni , idilli , elegie , inni , chiama le sue poesie canti , parola generica , che comprende tutti i generi perché non ne comprende nessuno . Egli è vero che aveva in serbo per un ' altra edizione due nuove canzoni e non furono più pubblicate e debbono forse essere , tra le carte da lui rifiutate . Finite sono le canzoni e finite con esse le contraddizioni ed i tentennamenti nel pensiero , la crudità e la spessezza nei concetti , la solennità e sonorità nella frase , gli involucri mitici e storici , il colorito locale , le varie apparenze di un mondo esteriore , un certo non so che di denso e nebuloso , tutte cose che qua e là si notano nelle canzoni . L ' uomo ha gittato via una parte di sé , quasi mutilando sé stesso ; ma condensando in quello che rimane , tutta la vita e tutta la luce . Abbiamo in questo mondo concentrato del dolore e del mistero situazioni nette e decise , spesso originali e interessanti , chiarezza e coesione nel pensiero , formazioni intere e diafane , semplicità e proprietà nel linguaggio , espansione ed emozione nello stile , nessun vestigio di imitazioni , di costruzioni e di reminiscenze . Quell ' umor denso di una malinconia nera e solida si era liquefatto in quella malinconia dolce , che sfugge la sventura reale e cerca asilo nell ' immaginazione . Il mondo esterno non era stato mai per lui cosa solida ; ora è cancellata ogni orma di questo o quel mondo storico e anche della società contemporanea . Vive coi suoi fantasmi e coi suoi ideali solitario ; vive nella sua immaginazione forte e calda . Leopardi ritrova così sé stesso quale la natura lo aveva fatto e quale si era rivelato negli idilli . Ritorna il pittore dell ' anima sua con un senso più spiccato di vivo e di moderno . La semplicità , la grazia , l ' ingenuità , la dolcezza , che si ammirano negli idilli e che gli venivano non pur dalla sua natura ma dal suo lungo uso degli scrittori greci , sono ora qualità spesso congiunte con un brio di espansione , con un calore , con una disinvoltura , che lo rivelano moderno . Il commercio dei vivi , la dimora nelle principali città italiane non fu senza effetto . Soprattutto dové giovargli la civilizzatissima Firenze alla quale contrappone Roma così lontana dal mondo civilizzato . Quel dolce parlar toscano così vivace , e nella sua semplicità così pieno di grazia , quella dimestichezza di conversazioni con gli uomini più celebri , quel suo affiatarsi con gli scrittori più recenti come Goethe , Byron , Sismondi , Manzoni , fino quegli studii della Crestomazia poetica che gli misero innanzi antologie di altri paesi come quella del Brancia , non furono senza efficacia su di un ' anima delicata , aperta alle impressioni . Giovarono forse anche i lunghi suoi colloqui col Manzoni , che dovettero stornarlo da quelle forme solenni e clamorose , le quali egli aveva ereditato dall ' uso dei Latini , da Monti e da Foscolo . Tra i libri acquistati o donati in Firenze , de ' quali pensava arricchire la biblioteca paterna , c ' erano le opere del Manzoni , che egli promette in dono al fratello più piccolo . Ma più che altro dové giovargli la separazione della sua anima da tutti gli accidenti del mondo esterno e il suo ritiro assoluto in sé stesso . Terminata la Crestomazia poetica prende commiato dallo Stella ponendo fine a questi lavori di pazienza , ancoraché abbia innanzi ricchi materiali intatti e mulini progetti che egli medesimo chiama castelli in aria . Consegnando i suoi manoscritti al Sinner aveva già lasciati per sempre gli studii ed i libri , vietatogli dalla cattiva salute . Nella sua vita solitaria e monotona ci sono intervalli felicissimi nei quali si rivela il poeta che fantastica sopra sé stesso alzandosi all ' universo , o fantastica sull ' universo con ritorni frequenti in sé stesso . La bellezza , l ' amore , la rimembranza , l ' uccello , il fiore , la lapide sepolcrale , non l ' interessano solo per sé , ma come motivo al perpetuo ritornello di sé e dell ' universo ; sono le variazioni di quella formidabile ripetizione . Vita idillica se mai ci fu , nobilitata dall ' altezza del pensiero , dall ' orgoglio dell ' uomo nel dolore , dalla perfetta sincerità del sentire . Il concetto stesso dell ' arte gli si era purificato . Quell ' arte per sé stessa , quel puro gioco dell ' immaginazione , quell ' andar cercando forme e modelli gli doveva parere una profanazione . Era salito a quel punto di perfezione , che la forma non ha più valore per sé e non è che voce immediata di quel di dentro . L ' uomo era venuto nella piena coscienza e nel pieno possesso di sé . Si può credere che nota dominante di questo mondo psicologico chiuso in sé con frequente ritorno degli stessi pensieri e sentimenti , fondato sulla infelicità universale , sia tristezza e monotonia . Ma il poeta ha ricuperato il suo cuore e con esso la facoltà di immaginare e di sentire . Questo regno della morte e del nulla è pieno di luce e di calore . Il poeta doveva sentirsi felice in quei rari momenti , che poteva cantare la sua infelicità ; e felice tu lo senti nel brio e nella eloquenza della sua rappresentazione . Riempie di luce i sepolcri , inspira la vita nei morti , anima le rimembranze , ricrea l ’ amore con un tripudio di gioventù . Niente è più triste e niente è più gioioso . E la tristezza della morte ed è la gioia dell ' amore fuso insieme in una sola persona poetica , come non sai . Appartengono a questo tempo Silvia , le Ricordanze , Quiete dopo la tempesta , il Sabato del Villaggio , il Canto notturno di un pastore errante nell ' Asia , poesie nuove , che comparvero oltre il Risorgimento nella edizione del Piatti in Firenze , e forse anche il Passero solitario e il Consalvo . Questi caratteri si mantengono anche nelle altre poesie publicate nell ' edizione di Napoli , e tutte insieme costituiscono il nuovo Leopardi .
LA TAGLIA DELLA STORIA ( GRAMSCI ANTONIO , 1919 )
StampaPeriodica ,
Cosa domanda ancora la storia al proletariato russo per legittimare e rendere permanenti le sue conquiste ? Quale altra taglia di sangue e di sacrifizio pretende ancora questa sovrana assoluta del destino degli uomini ? Le difficoltà e le obiezioni che la rivoluzione proletaria deve superare si sono rilevate immensamente superiori a quelle di ogni altra rivoluzione del passato . Queste tendevano solo a correggere la forma della proprietà privata e nazionale dei mezzi di produzione e di scambio ; toccavano una parte limitata degli aggregati umani . La rivoluzione proletaria è la massima rivoluzione : poiché vuole abolire la proprietà privata e nazionale , e abolire le classi , essa coinvolge tutti gli uomini , non solo una parte di essi . Obbliga tutti gli uomini a muoversi , a intervenire nella lotta , a parteggiare esplicitamente . Trasforma la società fondamentalmente : da organismo pluricellulare ; pone a base della società nuclei già organici di società stessa . Costringe tutta la società a identificarsi con lo Stato , vuole che tutti gli uomini siano consapevolezza spirituale e storica . Perciò la rivoluzione proletaria è sociale : perciò deve superare difficoltà e obiezioni inaudite , perciò la storia domanda per il suo buon riuscimento taglie mostruose come quelle che il popolo russo è costretto a pagare . La rivoluzione russa ha trionfato finora di tutte le obiezioni della storia . Ha rivelato al popolo russo una aristocrazia di statisti che nessun ' altra nazione possiede ; sono un paio di migliaia di uomini che tutta la vita hanno dedicato allo studio ( sperimentale ) delle scienze politiche ed economiche , che durante decine d ' anni d ' esilio hanno analizzato e sviscerato tutti i problemi della rivoluzione , che nella lotta , nel duello impari contro la potenza dello zarismo , si sono temprati un carattere d ' acciaio , che , vivendo a contato con tutte le forme della civiltà capitalistica d ' Europa , d ' Asia , d ' America , immergendosi nelle correnti mondiali dei traffici e della storia , hanno acquistato una coscienza di responsabilità esatta e precisa , fredda e tagliente come la spada dei conquistatori d ' imperi . I comunisti russi sono un ceto dirigente di primo ordine . Lenin si è rivelato , testimoni tutti quelli che lo hanno avvicinato , il più grande statista dell ' Europa contemporanea ; l ' uomo che sprigiona il prestigio , che infiamma e disciplina i popoli ; l ' uomo che riesce , nel suo vasto cervello , a dominare tutte le energie sociali del mondo che possono essere rivolte a benefizio della rivoluzione ; che tiene in iscacco e batte i più raffinati e volpisti statisti della routine borghese . Ma altro è la dottrina comunista , il partito politico che la propugna , la classe operaia che la incarna consapevolmente , e altro è l ' immenso popolo russo , disfatto , disorganizzato , gettato in un cupo abisso di miseria , di barbarie , di anarchia , di dissoluzione da una guerra lunga e disastrosa . La grandezza politica , il capolavoro storico dei bolscevichi in ciò appunto consiste : nell ' aver risollevato il gigante caduto , nell ' aver ridato ( o dato per la prima volta ) una forma concreta e dinamica a questo sfacelo , a questo caos ; nell ' aver saputo saldare la dottrina comunista con la coscienza collettiva del popolo russo , nell ' aver gettato le solide fondamenta sulle quali la società comunista ha iniziato il suo processo di sviluppo storico , nell ' avere , in una parola , tradotto storicamente nella realtà sperimentale la formula marxista della dittatura del proletariato . La rivoluzione è tale e non una vuota gonfiezza della retorica demagogica , quando si incarna in un tipo di Stato , quando diventa un sistema organizzato del potere . Non esiste società se non in uno Stato , che è la sorgente e il fine di ogni diritto e di ogni dovere , che è garanzia di permanenza e di successo di ogni attività sociale . La rivoluzione proletaria è tale quando dà vita e s ' incarna in uno Stato tipicamente proletario , custode del diritto proletario , che svolge le sue funzioni essenziali come emanazione della vita e della potenza proletaria . I bolscevichi hanno dato forma statale alle esperienze storiche della classe operaia e contadina internazionale ; hanno sistemato in organismo complesso e agilmente articolato la sua vita più intima , la sua tradizione e la sua storia spirituale e sociale più profonda e amata . Hanno rotto col passato , ma hanno continuato il passato ; hanno spezzato una tradizione , ma hanno sviluppato ed arricchito la tradizione vitale della classe proletaria , operaia e contadina . In ciò sono stati rivoluzionari , perciò hanno instaurato l ' ordine e la disciplina nuovi . La rottura è irrevocabile , perché tocca l ' essenziale della storia , è senza possibilità di ritorni indietro , che altrimenti un immane disastro piomberebbe sulla società russa . Ed ecco iniziarsi un formidabile duello con tutte le necessità della storia , dalle più elementari alle più complesse , che occorreva incorporare nel nuovo Stato proletario . Bisognava conquistare al nuovo Stato la maggioranza leale del popolo russo . Bisognava rivelare al popolo russo che il nuovo Stato era il suo Stato , la sua vita , il suo spirito , la sua tradizione , il suo patrimonio più prezioso . Lo Stato dei Soviet aveva un ceto dirigente , il Partito comunista bolscevico ; aveva l ' appoggio di una minoranza sociale rappresentante la consapevolezza di classe , degli interessi vitali e permanenti di tutta la classe , gli operai dell ' industria . Esso è divenuto lo Stato di tutto il popolo russo e ciò ha ottenuto la tenace perseveranza del Partito comunista , la fede e la lealtà entusiastiche degli operai , l ' assidua e incessante opera di propaganda , di rischiaramento , di educazione degli uomini eccezionali del comunismo russo , condotti dalla volontà chiara e rettilinea del maestro di tutti , Nicola Lenin . Il Soviet si è dimostrato immortale come la forma di società organizzata che aderisce plasticamente ai multiformi bisogni ( economici e politici ) permanenti e vitali della grande massa del popolo russo , che incarna e soddisfa le aspirazioni e le speranze di tutti gli oppressi del mondo . La guerra lunga e disgraziata aveva lasciato una triste eredità di miseria , di barbarie , di anarchia ; l ' organizzazione dei servizi sociali era sfatta ; la compagine umana stessa si era ridotta a un ' orda nomade di senza lavoro , senza volontà , senza disciplina , materia opaca di un ' immensa decomposizione . Il nuovo Stato raccoglie dalle macerie i frantumi logori della società e li ricompone , li rinsalda : ricrea una fede , una disciplina , un ' anima , una volontà di lavoro e di progresso . Compito che potrebbe essere gloria di un ' intera generazione . Non basta . La storia non è contenta di questa prova . Nemici formidabili si drizzano implacabilmente contro il nuovo Stato . Si batte moneta falsa per corrompere il cittadino , si stuzzica il suo stomaco affamato . La Russia viene tagliata da ogni sbocco al mare , da ogni traffico , da ogni solidarietà : viene privata dell ' Ucraina , del bacino del Donetz , della Siberia , di ogni mercato di materia prime e di viveri . Su un fronte di diecimila chilometri bande di armati minacciano l ' invasione : sollevazioni , tradimenti , vandalismi , atti di terrorismo e sabotaggio vengono pagati . Le vittorie più clamorose si tramutano , per tradimento , in rovesci subitanei . Non importa . Il potere dei Soviet resiste : dal caos della disfatta crea un esercito potente che diviene la spina dorsale dello Stato proletario . Premuto da forze antagonistiche immani trova in sé il vigore intellettuale e la plasticità storica per adattarsi alla necessità della contingenza , senza snaturarsi , senza compromettere il felice processo di sviluppo verso il comunismo .