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PRESENTAZIONE ( - , 1938 )
StampaPeriodica ,
Da quando la stampa periodica è divenuta strumento necessario per la rapida diffusione di un ' idea e per la subitanea affermazione di un nome , i giovani , in cui più vivo sia l ' interesse per i problemi della cultura e più imperioso il desiderio di esserne apostoli , hanno sempre pensato di dar vita a « un giornale » . Il difetto di tali giornali è noto : quand ' anche non siano gli imbarazzi finanziari a por fine alla loro esistenza , la mancanza di un indirizzo , l ' inesperienza e le difficoltà di una attività continuata dopo i primi numeri in cui si sono esaurite le idee o pseudo - idee che si dovevano bandire e che avrebbero dovuto rivoluzionare il mondo letterario o artistico o politico , le delusioni e la subentrata indifferenza dopo i primi entusiasmi , sono ragioni più che sufficienti per condurli ad una morte ingloriosa . L ' esperienza di tali tentativi ed il lungo dubitare sulla nostra maturità crediamo ci siano stati utili ; ed ora che , nonostante tali dubbi ed un ' acuta consapevolezza dei pericoli insiti nel nostro entusiasmo , siamo venuti nella decisione di affrontare il giudizio del pubblico , contiamo fermamente d ' avere un compito da assolvere , ancorché a prima vista modesto , nella vita spirituale delle giovani generazioni italiane . Il nostro giornale , giornale di giovani , ai giovani vuole dirigersi ed è anzi sua ragione di essere l ' esprimerne gli ideali , le speranze , la volontà . Noi crediamo infatti che esista una soluzione di continuità nella vita intellettuale italiana , le cui ragioni facilmente si possono trovare nell ' immane cataclisma spirituale che agitò non solo il nostro paese , ma tutta la vita europea ; prima collo sforzo titanico della guerra , poi col disfattismo imperversante del bolscevismo . A nostro avviso infatti , gli uomini che giovani e giovanissimi vissero quegli anni angosciosi , sono stati dalle sofferenze , dal rovinare precipitoso di ideologie , che sembravano eterne , dall ' immoralità stessa della vita , che sembrava premiare i profittatori , i facinorosi e perfino i traditori della patria , dalla forzata interruzione della loro coltura , diremo quasi stroncati o per lo meno resi facile preda di correnti desolatamente pessimistiche e deprimenti ogni spirito di iniziativa . Quelli di loro che per singolare fermezza di carattere e per inalterabile fiducia nelle forze latenti dello spirito italico non cedettero alla bufera furono pochi ; e quei pochi tra i primi ad unirsi al movimento che doveva ridare all ' Italia unità ed ordine . Ma la gran massa rimasta estranea , se anche aderì poi al Fascismo , perché vide in esso la salvezza e l ' avvenire del paese , se anche lavorò per le sue grandi realizzazioni pratiche , rimase spiritualmente inerte . E noi crediamo che questa sia la ragione per cui oggi , nonostante ogni forma di incoraggiamento a tante manifestazioni culturali , si senta lamentare da critici ed uomini politici la scarsa aderenza dello spirito artistico alla vita pur così vigorosa e piena di promesse dell ' Italia d ' oggi . Pensiamo invece che solo i giovani cui il destino permise di vivere la loro fanciullezza ed adolescenza in un clima più favorevole , e di formare la loro cultura in un ' era di continuo ed ordinato progresso , possano col loro spirito tutto permeato dai nuovi ideali , infondere nelle lettere e nelle arti il sentimento di vita dei tempi nostri . Ma essi , che non vissero le eroiche giornate della guerra e del '22 , ancora non molto esperti della vita politica e culturale , anelano di temprare la propria coscienza e le proprie idee , ed attraverso una comprensione sempre più precisa della grandezza del Fascismo , riunirsi spiritualmente ai loro Padri , artefici della Rinascita della Patria , per acquistare la maturità politica e culturale necessaria a raccoglierne degnamente la successione in un non lontano domani . Noi riteniamo col nostro giornale di poter offrire ai giovani un campo per vagliare le proprie forze , una pedana da cui essi possano meglio spiccare un salto verso precise realtà , e non nel vuoto delle illusioni . E ci proponiamo altresì di attestare , di fronte ai nostri maggiori che ci osservano vigili e ci seguono amorosamente , quale grado di elevazione culturale e di formazione politica abbiano raggiunto i giovani cresciuti nel clima della Rivoluzione Fascista , cercando attraverso l ' entusiasmo della collaborazione attiva non solo di aumentarlo , ma anche di estenderlo ad una massa sempre maggiore , concorrendo in questo sforzo con altri giornali o concorsi già a nostra disposizione . Questi scopi sono implicitamente legati alla collaborazione più vasta possibile dei nostri coetanei . Noi apriamo il nostro giornale a tutti coloro che nella loro giovinezza di anni o di spirito sentono di avere qualche cosa di nuovo da dire e vogliano esprimerlo a voce alta ; non permetteremo però mai che esso diventi palestra di esibizionismi e di scaramucce personali . In quanto ai più vecchi di noi , pensiamo che il loro consiglio ci possa sempre essere utile ed anzi saremo contenti di accoglierne a volte sul nostro giornale gli scritti atti a meglio illuminarci il cammino , ad appianare difficoltà , collaborando alla nostra conquista . Questi gli scopi che perseguiamo con tutta la nostra forza e la nostra fede ; per renderci degni dei nostri padri , creatori ed apportatori di civiltà , e per raggiungere i quali non ci parranno mal spese le ore migliori della nostra giovinezza .
ALLORO OLIMPICO FIRMATO, FROSSI ( COLOMBO EMILIO , 1936 )
StampaPeriodica ,
Il calcio italiano ha conquistato anche il titolo olimpionico . Gli atleti della sfera di cuoio come gli schermidori e come Ondina Valla ci hanno procurato la gioia sublime . Quale emozione ! Il giornalismo italiano è , in fatto di Olimpiadi , in sede di bilancio . E voi sapete che quando si tratta di tirare le somme la poesia può anche patire le offese più gravi . Ma qui , noi , ci occupiamo della superba e affascinante affermazione dei calciatori in maglia azzurra . Sia dunque celebrata la vicenda olimpica , capace di offrire sensazioni che la mente e il cuore non dimenticheranno . Non importa avere sofferto . Non importa la partigianeria delle cento e più migliaia di persone che hanno gremito lo stadio , nel pomeriggio solatio , dopo le ostilità invernali e temporalesche della giornata di ieri . La folla ha simpatizzato per gli austriaci . Non conta . Anzi viene fatto di essere lieti che tanta gente abbia desiderato il successo dei nostri rudi e meno abili avversari . Perché il giubilo che ci ha pervaso al termine dei tempi supplementari è stato insieme espressivo della ammirazione che ci trasportava verso gli atleti , stremati ma pazzi di soddisfazione , e dell ' orgoglio che ognuno degli italiani presenti allo spettacolo emozionante e inobliabile ha provato . Dunque il pubblico non era per gli azzurri . Il particolare non è risultato sorprendente . Viceversa è l ' esito dell ' incontro che deve avere lasciato intontita la massa imponente . La quale sarebbe esplosa se l ' arbitro fosse stato posto in grado di lanciare il segnale conclusivo della dura tenzone a consacrazione della vittoria degli austriaci . No , non è stato elegante il contegno del pubblico , che ha gremito lo stadio per la finale del torneo di calcio . Nessuno aveva chiesto l ' applauso di sortita , né gli italiani soffrivano di fegato , pur avendo constatato che tanta gente avrebbe desiderato l ' affermazione dei nostri avversari . Ma sarebbe stato cavalleresco che come avviene dovunque la folla , arrendendosi all ' evidenza , constatando cioè che attraverso un comportamento corretto gli azzurri apparivano degni del successo , almeno nella stessa misura mi limito a dire dei beniamini , avesse moderata la propria parzialità . La squadra austriaca ha raggiunto la finale nel modo meno convincente cioè in virtù dell ' incidente col Perù . La rappresentativa italiana non aveva imbrogliate le proprie carte , mai . La carta appariva leggermente favorevole ai nostri . La stampa berlinese , invece , vedeva equilibrato , in modo perfetto , il combattimento . Gli azzurri hanno dovuto lottare in ambiente avverso . E hanno avvertito il peso dello svantaggio . Dopo i primi tre quarti dei tempi regolari i nostri atleti non sono riusciti infatti a raggiungere la cifra esatta delle loro possibilità . Ciò malgrado , alla mezz ' ora del secondo tempo , essi conducevano in vantaggio . La rete all ' attivo non sembrò galvanizzarli . E gli avversari , in un ' azione tanto abile , quanto per noi sfortunata , pervenivano al pareggio . Rimanemmo con la bocca amara , più che altro perché era andata maturando la convinzione che gli azzurri avrebbero potuto e dovuto essere in possesso di un ben più cospicuo bottino , quando l ' Austria è riuscita a realizzare la propria rete . Come nell ' incontro con la Norvegia , la nostra squadra ha giocato meglio nei primi 30 minuti di ciascuno dei tempi . E come contro gli americani e i norvegesi gli azzurri hanno ripreso quota e riaffermata la loro classe , quando la battaglia ha assunto l ' aspetto di quasi drammaticità e quando , stanchezza per stanchezza , gli uomini in campo hanno dovuto fare appello ad ogni più riposta energia nell ' intento di agguantare la vittoria luminosa . La soddisfazione è piena . Vi erano da regolare diversi conti . A parte l ' umore , la tendenza , la preferenza della folla , si trattava di rinverdire il prestigio del calcio italiano . Giorgio Vaccaro , con alto spirito sportivo , ha accettato come direttore di incontro l ' arbitro tedesco signor Bauwens . Questi , all ' epoca della vittoriosa conquista da parte degli italiani del titolo di campioni del mondo di calcio , era stato tra i più violenti capi di una campagna denigratoria del successo degli azzurri . Il presidente della FIGC e segretario del coni , era in diritto di scansare l ' ostacolo Bauwens . Non ha voluto . E l ' arbitro tedesco ha saputo condursi in modo esemplare . Cioè con serena imparzialità , senza impressionarsi delle ondate tempestose del pubblico . Ma l ' ambiente non si prestava a impressioni dubbie . Non si vedeva bene la possibile conferma da parte dei nostri atleti , del famoso titolo di campioni del mondo . Gli azzurri si sono sbandati a più riprese , come giovani puledri estrosi ; hanno accusato la fatica snervante del lungo torneo ; hanno avvertito le condizioni svantaggiose create dal clima eccezionale e tuttavia , con stile inconfondibile , sono entrati in possesso anche del titolo di campioni olimpici , che corrisponde a quello di campioni del mondo dei dilettanti . I critici arcigni sono serviti . La clamorosa affermazione del 1934 a Roma è , in certo senso , ribadita . La visione dello stadio è fuori dallo sguardo . Si raccolgono i fili della matassa . Si contengono i battiti e si imprimono nella mente le fasi alterne e il film della dura contesa . L ' incontro è durato due ore . Due tempi normali di 45 minuti e il supplemento della mezz ' ora . Quest ' ultimo per la necessità di assegnare il titolo . Ho già detto che nel periodo in cui hanno dovuto battersi con il cuore in bocca , tutti gli italiani hanno saputo rifulgere anche per le virtù morali del loro temperamento . Ma il gioco della nostra squadra è stato alterno . Migliore nella tecnica e nello stile , nella concezione e per la rapidità delle frasi di quello degli austriaci , ha avuto delle disuguaglianze nel rendimento . Fasi luminose e periodi di nebbia . La pattuglia ha iniziato in sordina , attenendosi agli ordini assennati . Manovrando con calma durante i primi 30 minuti di gioco , gli azzurri hanno illustrato le loro possibilità . La cifra della squadra italiana deve essere sembrata , anche ai ciechi e agli ottusi , più alta di quella delle camicie bianche di Austria . Ma il trio centrale d ' attacco , non nella migliore giornata , non è riuscito a realizzare durante il periodo di predominio offensivo , tecnico e vorrei quasi dire : fatale . Eravamo i migliori in campo . Costringevamo gli avversari in difesa affannosa , ma non mettevamo in rete . Anche per sfortuna , come , ad esempio , quando Marchini si è visto rimandare dall ' architrave un proiettile non altrimenti parabile . La squadra austriaca giocava duro . Tirando a far male . Cercando di mettere fuori di combattimento qualche avversario . Venturini , Frossi , Bertoni , Foni , Gabriotti potranno , in proposito , raccontarvi cose interessanti . E mostrarvi le loro ferite , le loro sbucciature , le loro ecchimosi . Ma oltre al lato antipatico , la compagine avversa metteva in mostra una difesa solida , un mediano destro , un ' ala destra , un mezzo sinistro e un ' ala sinistra di qualità più che notevoli . Tutti gli austriaci erano fisicamente più alti e robusti dei nostri atleti . E i migliori della squadra erano impetuosi , veloci , ottimi nel tocco del pallone , lucidi nei passaggi e pronti negli spostamenti . Ragione per cui le azioni in controtempo delle maglie bianche risultavano inquietanti . Venturini era emozionato . Foni , toccato duro all ' inizio , e toccato di proposito da un avversario scorretto , durava fatica a riprendersi . Locatelli aveva da vedersela con un avversario diretto , l ' ala destra Werginz , che si slanciava come una catapulta . Eppure non eravamo inquieti . Perché gli austriaci andavano anche palesandosi stonati , scentrati , inesatti nelle azioni a rete . Non ci sentimmo tranquilli dopo i primi 45 minuti . Si era a parità con un bel niente di fatto , a reti vergini , malgrado la complessiva superiorità italiana . Gli azzurri avevano battuto sei o sette calci d ' angolo contro un paio a favore dei rivali ; ma essi avevano giocato in favore di vento e di sole . L ' impressione era che l ' attacco fosse stato impari al compito : inconclusivo . Nel secondo tempo , durante i primi 20 minuti , la squadra italiana ha affrettato i tempi . Ma gli austriaci , schierati a loro volta nella metà campo favorevole , e cioè giocando con il vento nelle anche e il sole alle spalle , mostravano le unghie . Già nel finale del primo tempo Foni , Rava , Piccini , Locatelli e Baldo , avevano avuto lavoro . La musica si ripeteva . E forse non era male . Perché il nostro attacco poteva muoversi e tentare di distendersi con più ampio respiro . Gli austriaci si ingolosivano , ma battevano contro un muro . Al 20' , ve lo dice la cronaca , una azione in linea : Gabriotti - Bertoni , e Frossi coglieva la difesa avversaria in condizioni di disagio . I terzini avevano dovuto ripiegare furiosamente . Ma Bertoni , riprendendo la sfera indirizzatagli da Gabriotti , era sgusciato fra i due pesanti avversari , e , in eccellente posizione , aveva scoccato il tiro . Il gigantesco guardiano austriaco riusciva a deviare il bolide per quel tanto che permettesse all ' irriducibile Frossi di scaraventare definitivamente a rete . Quel punto avrebbe dovuto essere , attraverso la logica del facile ragionamento , il segnale d ' inizio di una sempre più chiara superiorità degli azzurri . Invece è cominciata al 26' la febbre terzana . Chi può dire che cosa sia passato attraverso le file dei nostri meravigliosi ragazzi ? Forse l ' assillante responsabilità della vittoria , forse la stanchezza che ha preso alla gola qualcuno degli azzurri , forse il bruciore delle ferite ; fatto si è che insieme agli sbandamenti , agli errori , alle sempre maggiori rudezze degli austriaci percossi dal risultato incontrovertibile , si è andata delineando la fase di nebbia nella quale gli italiani hanno corso il pericolo di smarrirsi . Non abbiamo allora saputo approfittare delle situazioni createsi per merito e capacità dei nostri stessi atleti . E ancora la nostra linea di attacco ha denunciato le proprie incertezze e ancora il peso della fatica è caduto sulle spalle dei terzini e della mediana , mentre anche Venturini , duramente colpito , già scosso e provato , cadeva in due o tre errori preoccupanti . Così gli austriaci riprendevano quota . E scaturiva dalla loro insistenza all ' attacco il pallone da rete , che doveva sorprendere , tra lo stupore dei giudici sereni e per la felicità di 100 mila persone , il nostro sfortunato portiere . Si arrivava al termine della ripresa un po ' stremati da ambo le parti . Vi si arrivava dopo una decina di minuti spesi dagli uni e dagli altri atleti in campo in un gioco temporeggiatore e statico . Gli azzurri hanno conquistato la rete del trionfo in partenza dei tempi supplementari . L ' azione che ha dato la corona olimpica agli universitari della Nazionale di calcio è stata brillante , irresistibile . Vi ha partecipato l ' intero reparto d ' attacco , quasi si trattasse di riscattare le pause , le incertezze , la mancanza di mordente dei tempi regolamentari . Gli attori della scena finale sono stati Biagi e Gabriotti , mentre Bertoni imbrogliava terzini e portiere . E il protagonista dell ' episodio decisivo sapeva ancora essere quel capriolo , un po ' pignolo e un po ' mastino , di Frossi . La squadra austriaca non si è subitamente arresa al secondo colpo di maglio . Ha tentato invece con ogni energia di controbilanciare la situazione . Tutto è stato inutile . La verità è che non vi era più nulla da fare nei confronti degli azzurri i quali sono stati i migliori in campo , nettamente , durante l ' intero periodo dei tempi supplementari . Alla distanza gli uomini più rudi e più pesanti , i meno agili e i meno svelti , voglio dire gli austriaci , erano più provati degli azzurri . Per quanto quasi tutti gli atleti apparissero stremati . La squadra italiana ha vinto meritatamente . La corona olimpica non si è concessa in forma graziosa . Per conquistarla gli azzurri sono stati costretti a dare fondo alle loro più riposte energie . Perciò mai vittoria è apparsa più luminosa , più entusiasmante , più cara al nostro cuore di italiani e di sportivi . Undici ragazzi hanno vinto contro undici solidi avversari mai complimentosi , mai rassegnati . E hanno vinto malgrado il parere contrario di 100 mila simpatizzanti dei loro avversari . È stata una partita di calcio e una battaglia . E la partita ha avuto della battaglia tutti i pregi e le caratteristiche , tutti i difetti e le bizzarrie .
Il clandestino ( Lerner Gad , 1986 )
StampaPeriodica ,
Chiedo scusa al lettore , ma per una volta devo cominciare parlando di me . Sono nato a Beirut ( da una famiglia ebraica ) e , benché risieda in Italia fin dalla più tenera infanzia , il nome straniero accompagnato sui documenti d ' identità all ' indicazione di quella città insanguinata procura immancabilmente - quando io li debba mostrare ad un qualche controllo - istintivi sospetti , soste prolungate , accurate ispezioni . Per una volta , dunque , ho utilizzato il mio nome e il mio scomodo luogo di nascita a un utile scopo : percorrere l ' Italia ( Razzista ? Spaventata ? Generosa ? Ospitale ? ) lungo l ' itinerario tipico di un immigrato clandestino , con la barba lunga ed un abbigliamento adatto . È una striscia di mare da niente , solo 138 chilometri , ma divide il Sud dal Nord del mondo , e attraversarla dalla Tunisia alla Sicilia è un po ' come passare il Rio Grande a El Paso , dal Messico al Texas . Fra qualche settimana Roma imporrà il visto - e allora bisognerà pagare caro i pescherecci disponibili al trasbordo clandestino - ma per ora lo sbarco a Trapani o a Palermo richiede in tutto poco meno di cinquantamila lire per il biglietto . Basta un ' occhiata veloce al registro dei ricercati e degli indesiderabili , poi il timbro d ' ingresso arriva puntuale sull ' ennesimo passaporto tunisino , algerino , marocchino . Molti marocchini da Trapani prenderanno il pullman per Palermo , sperando di trovare un letto al loro solito albergo Diana di via Roma e ritirando subito i primi accendini , orologi , tappeti dai grossisti di via Bandiera , quelli che in pegno ti chiedono il passaporto . Quasi tutti i tunisini , invece , cercheranno di rendere meno brusco il trapasso andando col treno a far sosta nella loro colonia di Mazara del Vallo . Li seguo . Penetro le viuzze dietro al porto dei pescherecci e incontro suor Margherita Fortuna , una fiorentina che si sforza di aiutare gli stranieri clandestini almeno quando sono vecchi o malati . « Sorella , non c ' è un centro di prima accoglienza , un dormitorio ? » « Non c ' è niente , bisogna arrangiarsi con l ' ospitalità degli altri cinquemila tunisini già entrati nelle case abbandonate o affittate dagli italiani . » « Neanche una pensione ? » « Una volta a chi arrivava qui senza parenti , consigliavo le camere di una signora , in fondo a via Giotto . Ma poi ci ho litigato , ammucchiava la gente come bestie su due piani abusivi senza vetri e senza porte , gli diceva di procurarsi da sé brandine e pagliericci e per giunta si lamentava che erano sporchi e le distruggevano la casa . » Vado in via Giotto la sera di lunedì 13 gennaio e trovo uno stabile piuttosto nuovo , anonimo , senza insegne , lontano dalle case fatiscenti e terremotate della vecchia casbah . Sotto il portone due ragazzi arabi mi confermano che lì si fa pensione e che la proprietaria è una vedova energica e robusta , la signora Roccafiorita . Con me non perde tempo : « Via , via , di questi tempi non ci si può fidare , qui siamo tutti parenti , prendo solo gente conosciuta » . Il giorno dopo , quando riuscirò a entrarci grazie ai buoni uffici di un vecchio residente , troveranno conferma le peggiori descrizioni della suora , e la vedova mostrerà con disappunto l ' ultimo piano diroccato che ora tiene vuoto , ma che vorrebbe affittare ad una famiglia tunisina con donne al seguito : « Gli uomini soli bevono , litigano , si picchiano e sfasciano tutto » . Intanto lo spilungone dall ' aria molto derelitta e dalla pelle molto scura che mi riaccompagna verso il molo giura che quella lì è un ' ottima pensione , quasi di lusso , roba da diecimila lire a notte , secondo lui . In quanti per stanza ? Cinque o sei , ma solo di nazionalità tunisina . È gentile , per consolarmi mi offre di andare a dormire nella sua stanza dietro al porto , ma - lo confesso - sono impedito dal suo indelebile , nauseabondo odore di stiva di peschereccio , là dove forse si sbudellano i pesci da surgelare . Se anche questo è razzismo , ne sarò subito punito : per sbaglio una donna mi rovescia addosso sul molo l ' acqua in cui stavano a bagno i suoi pesci morti . Ora la mia somiglianza con gli immigrati è ancora più completa . Martedì sera , 14 gennaio , il circolo dei biliardini è stranamente meno affollato del solito . « Molti ragazzi preferiscono non rischiare . Sanno che la nave per Tunisi parte il mercoledì , e dunque se la polizia ha l ' ordine di espellere un po ' di gente viene qui a fare la retata una sera prima » mi spiegano . Mohamed Bazine , il gestore , si fa chiamare Roberto e mi dà buoni consigli . Evitare l ' inutile passeggio lungo il molo perché tanto sui 400 pescherecci trovano lavoro solo i più robusti e sperimentati . Meglio provare a vendersi la mattina presto di fronte al tabaccaio di Porta Palermo oppure sulla piazza di Campobello per una giornata di lavoro in campagna , anche se non è la stagione migliore . A meno che uno abbia la forza di andare a tagliare e caricare « cantuni » , cioè massi di tufo , nelle « perriere » , le cave tra Marsala e Mazara ( « quelli sono come gli schiavi » mi aveva però avvertito suor Margherita , pensando agli stranieri che poi si fermano a dormire lì di fianco alle cave , nelle grotte o nei ruderi di muratura ) . « Schiavi ? Perché offenderli ? » si inquieta Roberto . « Nessuna vita è schifosa , se uno se la sceglie , e loro , soli , senza famiglia , scelgono di risparmiare . Dormono sulla paglia , è vero , col tetto aperto , ma hanno le coperte e quindi non soffrono il freddo . » L ' indomani un nuovo amico , Habib , mi accompagnerà a Santo Padre delle perriere , dove la terra è piena di buchi come una gruviera . I neri , sotto l ' occhio vigile dei loro padroncini , ne scavano le pareti con la sega elettrica fino a tagliare dei « cantuni » da costruzione perfettamente regolari . Poi bisogna sollevarli con delicatezza uno a uno ( pesano decine di chili ) , levigarli e caricarli a mano . Si lavora dieci ore al giorno , si possono guadagnare duecentomila lire alla settimana . Il massimo , per uno straniero . Intanto la nostra discussione ha attirato Ayed , un ragazzo dalla pelle chiara , detto Maradona per via della sua pettinatura . Suo cugino è in mare col peschereccio , se voglio per stanotte c ' è un letto libero , all ' ultimo portone di via Guido Cavalcanti . « Gheddafi ? Chiddu non mi piace , chiddu tiniri i fimmine divisi dalli masculi ... » Ayed - Maradona , aiuto - cuoco in un ristorante di Marsala , ha imparato a parlare il dialetto ma non l ' italiano . È un giovanotto fortunato , Ayed . Il suo padrone gli passa 600 mila lire al mese , d ' estate qualche volta lo porta con la Bmw in una discoteca di Trapani , poi lo fa dormire nella cucina del ristorante . In cambio , se arriva l ' ispezione della polizia , Ayed dichiara di essere solo un amico . Abita in una casa di recente costruzione , di quelle mai del tutto completate eppure già degradate . Nessun armadio , pochi indumenti di ricambio appesi al muro . La finestra con il vetro rotto , la lampadina nuda che pende dal soffitto , il vecchio frigorifero arrugginito . Spoglio più ancora di una cella carceraria , è un dormitorio occasionale al punto che Ayed non ha un giaciglio suo abituale , ma sceglie a caso fra le quattro brandine notte per notte . Notti animate da arrivi improvvisi , chiacchiere e risate fino alle ore piccole quando i primi cominciano ad alzarsi per cercare « servizio » . E poi magari il rumore di un sasso lanciato sulla tapparella : allora si sbircia per controllare chi cerca un letto nel cuore della notte e se è una persona sgradita si fa finta che non ci sia nessuno . L ' odore di fogna che viene dalle tubature del cesso impregna tutta la casa . Meglio coricarsi , vestiti e con le coperte fin sulla testa a proteggersi dal freddo . Domattina sveglia alle cinque e mezza per cercare « servizio » . Mercoledì 15 gennaio , prima dell ' alba . Ci si vende sulla piazza di Campobello , la frazione agricola di Mazara , sotto il cartello dell ' Agip , di fianco alla locandina dell ' ennesimo cinema porno oppure di fronte , dove c ' è l ' ingresso della Cassa Rurale . Saremo una ventina , dritti , immobili e silenziosi come prostitute . Sto con alcuni ragazzi che ho visto la sera prima al circolo , hanno tutti l ' alito inacidito dal vino bevuto di prima mattina . Io preferisco il cappuccino , ma quando la padrona del bar Mericaff si accorge che sono un italiano subito si sfoga : « Io ho paura , non se ne può più , se Iddio facesse la grazia di lasciarcene solo qualcuno di quelli bravi , selezionati e si portasse via tutti gli altri ! Questi si ubriacano tutto il tempo , hanno violentato una ragazza » . « Davvero ? Qui a Campobello ? » « No , a Castelvetrano , ma può sempre succedere . Non sono razzista , anch ' io sono emigrata in Svizzera e però lì erano duri , chi sgarrava veniva sbattuto via . » Torno sul marciapiede . Una 131 che ne prende su tre caricherebbe anche me . « Quanto ? » « Ventimila come tutti gli altri , è un lavoro leggero , c ' è solo da potare la vite . » « No , è poco , non mi va » . E gli altri si voltano stupiti di questa rivolta , mentre l ' autista neanche mi risponde e dà un ' accelerata col suo carico umano infreddolito . A chi non ci sta , resta una sola alternativa : salire su un treno ed emigrare ancora più a nord . Ci vogliono più di venti ore di viaggio per arrivare a Roma , capitale dell ' immigrazione clandestina ( con i suoi presunti centomila irregolari ) , città che la strage di Fiumicino ha reso ostile nei confronti di chi ha la pelle nera od olivastra e che comunque non è più da tempo in grado di dare lavoro . Chi , come me , la considera solo una tappa del viaggio verso nord , non può che mantenersi a ridosso di quell ' epicentro della disperazione che è la stazione Termini . Saremo in un centinaio a dover passare la notte , fortunatamente tiepida , alla stazione . Quasi tutti arabi e neri , ricomparsi alla spicciolata nell ' atrio della biglietteria dopo che si è allontanata la speciale roulotte di sorveglianza piazzata lì di fronte dalla polizia . Ma alle ventitré i barboni italiani , sicuri di non venir più disturbati , ed esperti conoscitori di ogni anfratto , hanno già occupato i posti migliori . In via Giolitti , quella dell ' air terminal , hanno trovato degli ottimi cartoni semi - nuovi con su scritto « Fragile » . A vederli si direbbe che lì dentro non c ' è nessuno , non fosse che per un piede che spunta . Sull ' altro lato , invece , in via Marsala , gli ambitissimi balconcini con le grate di aerazione che soffiavano aria calda sono stati da tempo carognescamente bloccati con obliqui coperchi di lamiera , per cui nemmeno un equilibrista ci si potrebbe distendere più . Restano dunque i pur sempre comodi sedili di plastica dell ' atrio , che oltretutto sono al chiuso , su cui accartocciarsi , magari tirandosi sulla testa un maglione a collo alto fino a nasconderla completamente . Di fronte ho una vecchia eritrea senza calze , con i capelli candidi , licenziata l ' anno scorso da colf . Di fianco un ragazzo tunisino che domani vuole continuare il viaggio , non sa neppure bene lui per dove , e quindi trova stupido spendere i soldi per una pensione . Siamo tutti disturbati da un algerino alto e robusto che non smette un attimo di offrirci sigarette , passeggia con la bottiglia in mano , grida in un miscuglio di francese , arabo e italiano , sputa dappertutto . Sarà la nostra colonna sonora molto a lungo . Ma intanto , all ' una meno dieci , i primi appisolamenti sono bruscamente interrotti da un ferroviere che si mette a gridare « Fuori ! » , « Closed » . Così , all ' aperto , ricomincia un brulichio umano disperato . Si tratta di resistere tre ore : alle quattro la stazione riapre . Ma sono le ore della disperazione , è qui che - in caso di freddo e pioggia - si organizzano le comitive per cercare rifugio in qualche vagone . Passeggio per piazza dei Cinquecento , incontro i primi omosessuali che vengono fin sotto la vetrata di Termini , là dove c ' è il posteggio dei taxi , a rimorchiare con sguardi disperati i ragazzi arabi desiderosi di un letto purchessia . Davanti al tabaccaio di turno , urto per sbaglio un tipo grande e grosso : « Sta ' attento , mao mao ! » impreca . Quando un poliziotto sardo delle tante pattuglie che ronzano per la piazza mi ferma e m ' identifica , ricevo la seguente spiegazione : « È ovvio che nella sorveglianza se si deve chiudere un occhio è per il vecchietto italiano che dorme , poverino . Per gli stranieri invece è diverso , con tutti i casini che stanno facendo di questi tempi » . Alle tre siamo quasi tutti accucciati sotto la tettoia , anzi , chissà come , stiamo aumentando di numero . Le grida gutturali dell ' ubriaco non si spengono mai . Lui , un posto per dormire le prossime sere l ' ha trovato poco più tardi , quando , chissà perché , s ' è avventato su uno qualunque dei tanti mucchi di cartone e ha preso a calci in testa un barbone italiano . Le pantere della polizia se lo sono portato via , insieme a un distributore di giornali che farà da testimone e al barbone tutto insanguinato . Ora c ' è più silenzio . L ' ufficio stranieri della questura di Milano per fortuna non richiede le famigerate file dalle cinque del mattino necessarie a Roma . Ma pure in questi giorni vi si coglie il nervosismo tipico dei reparti sotto pressione . Sento protestare nella stanza accanto : « Ma chi è che ci dà certe segnalazioni ? Siamo andati in quattro pantere a piazza Aspromonte per trovarci solo uno jugoslavo e un altro straniero segnato sul registro . Questo è spreco ! » . C ' è chi dice che dopo la strage di Fiumicino le espulsioni di stranieri irregolari sono già state duemila in tutta Italia , di certo solo a Milano si firmano cinquemila fogli di via all ' anno ( ma sono quasi tutti solo dei pezzi di carta : se non viene proprio espulso - a spese dello Stato - lo straniero mica se ne va ) . Si avverte la polemica con la Curia che protegge i clandestini : « Dandogli da dormire anche se sono fuorilegge credono di aiutarli , e invece aiutano chi li sfrutta » . C ' è un fondo di verità anche in questi discorsi poco pietosi : se per strada forse non ho incontrato il razzismo classico dei tedeschi e dei francesi , non ci sarà invece una certa predisposizione allo schiavismo , a far soldi con disinvoltura sulla disperazione altrui ? Me lo chiedo dopo essere sceso con molti altri marocchini dal tram 33 davanti alla SOCOR di via Morgagni , nei pressi della casbah di Porta Venezia . I gestori napoletani buttano a piene mani sul banco orologi , pinze per batterie , calcolatorini , portachiavi sonori , qualche sveglia ... I marocchini scelgono con una cura che appare patetica , visto che poi tanto riusciranno a vendere quasi solo accendini . Dopo che hanno chiuso l ' albergo Nazionale - quello la cui proprietaria sequestrava i passaporti dei debitori - a Sesto San Giovanni mi hanno consigliato l ' alloggio Il Ponte , vicolo Baldanza . Ma il proprietario è secco : « Niente stranieri , non ne prendo più . Mi dispiace , ci saranno anche dei bravi ragazzi , ma litigano e poi danno rogne » . Dice solo una mezza verità , perché lui gli stranieri li ha cacciati , sì , quasi tutti , meno Franco , camera numero 3 . Franco si chiama Busheib Jakini , è un marocchino di Casablanca senza la gamba destra che cammina per Sesto con la sua stampella arrugginita , e che da anni ogni sera gli paga 14 mila lire di pensione . Eppure Franco è anche un fortunato , perché lui ormai ha il suo posto di vendita fisso alla stazione della metropolitana . Vende - anzi , oggi , venerdì 17 gennaio vendiamo insieme - pullover e pantaloni con su l ' etichetta di Armani o Coveri . Il prezzo è di 35 mila lire a capo , a meno che veda un poveretto come lui , e allora gli fa lo sconto . Quando ha tolto le 400 mila e più della pensione , di lire gliene restano appena per mangiare . Qualcuno compra per amicizia , per carità . Ma non adesso , che sono appena passate le feste . Si avvicina un giovanotto dalla giacca a vento azzurra : « Allora Gheddafi , madonna sei proprio identico a Gheddafi , non ti hanno ancora cacciato via ? » . « Tu parlare sempre fuori posto . Gheddafi ha i miliardi , io non ho i miliardi . » « Come no ? Chissà perché voi marocchini siete come gli ebrei , avete sempre le tasche piene di questi ! » e fa il segno dei quattrini con le dita , mettendogli l ' altra mano sulla spalla . Insiste : « Ehi , Busheib Jakini , dove hai messo le tue quattordici mogli ? Non sai che non puoi averne più di quattro , che se no ti tagliano il " zeb " ? E cos ' è , oggi ti sei portato l ' amico ? » . Ride , poi timbra il biglietto e se ne va . « Fa così tutti i giorni , due volte al giorno » mi confesserà con disagio Franco , che non ha altri nemici se non i vigili urbani : se ti sequestrano la merce per vendita senza licenza , con quali soldi ne comprerai dell ' altra ? Per questo lui , che è mutilato e non può scappare veloce , ha scelto í pantaloni al posto degli accendini . Si nascondono in valigia molto più in fretta . Al mercato di Sesto San Giovanni , il sabato mattina , funziona invece un buon servizio di vedetta . Appena un vigile compare in lontananza , la merce si nasconde dietro un ' auto in sosta . Ad ogni potenziale acquirente , poi , vibra un « pregoo » che suona come un ' implorazione . Così , gli accendini e i ricambi di gas vanno discretamente . E stasera si andrà tutti in mezzo alla folla di corso Buenos Aires : « Dove c ' è ressa comprano più facilmente » . Già , se non altro per eliminare il disagio di un marocchino sempre intorno . Questo disagio dei passanti , pietoso o disgustato , derivato dal contatto con una realtà sempre più invadente oltreché limitrofa , mi appare come una possibile premessa di quel nuovo , moderno antisemitismo , che del semitismo avversa anche il ceppo arabo oltre che quello ebraico , prendendo le distanze da un mondo considerato inferiore , sporco , inquinante . « Sì , qualche volta sono stato anche da fratel Ettore , però è meglio dormire all ' aperto . Lì si dorme e si mangia gratis ma c ' è della brutta gente , con la testa mica a posto » mi aveva avvertito Franco . Ma la sera di sabato 18 gennaio vado lo stesso in via Sammartini , proprio sul fondo , nel ventre oscuro e riparato della Stazione Centrale , fra sotterranei e binari morti , là dove fratel Ettore , a differenza di quanto accade nel dormitorio comunale di viale Ortles , non chiede agli stranieri se hanno il permesso di soggiorno . C ' è una specie di rete di pollaio che divide i barboni buoni da quelli cattivi , ubriachi , urlanti . Se hai l ' aria calma , gli ( eroici ) volontari cattolici aprono con cautela un lucchetto e ti fanno passare . Gli altri , i « pericolosi » che assediano la rete , ti lanciano sguardi d ' odio e alimentano il grande falò che , notte dopo notte , ha rinsecchito il salice piangente sotto cui s ' accovacciano . Vado dentro . Sembra una caverna , questo grande archivolto , ex rifugio antiaereo , tappezzato con vari spezzoni di linoleum e di ondulex , con sulla destra il deposito della biancheria sporca , sulla sinistra i cessi , in mezzo i tavoli e tutto intorno dei divani rimediati chissà dove con i vecchi che ci dormono già . Questa è la casa dei malati di mente , dei vecchi dalle barbe di lunghezza inverosimile , ma soprattutto degli stranieri annichiliti dall ' incapacità di vivere . C ' è l ' egiziano con un incredibile orecchino che cerca di fregarmi dalla tasca il berretto di lana . Altri si disputano una sciarpa per la notte . Un tunisino s ' è impietrito davanti alla sala dormitorio , con un sorriso ebete . Ilsuo amico insiste , aspetta che entri : « Ma cosa vuoi ? Che ti spogli io ? Vuoi dormire in piedi ? » . Ma quello non si sposta , non risponde . Già per due sere consecutive sono venuti i carabinieri a setacciare gli immigrati clandestini , e gli ospiti italiani del dormitorio ne sono soddisfatti : « Lo vedi quel fazzoletto nuovo per terra ? Lo ha chiesto uno di quelli , solo che non sa come si usa e lo ha subito buttato via . Cosa credi , che se vado a chiederne uno io me lo danno , il fazzoletto ? » . « Io facevo il cameriere , e se sono finito qui è perché quelli mi hanno rubato il lavoro . » « Si vede che gli italiani ci hanno scritto in fronte che sanno arrangiarsi , e invece gli arabi bisogna aiutarli . » « Alla Stazione Centrale da quando ci sono gli stranieri non si può più passare la notte in pace , ma finalmente la polizia ha cominciato a beccarli per bene ! » Saremo in ottanta , nel dormitorio tappezzato con le scritte in scotch rosso dei dieci comandamenti , quando si apre una porta a soffietto e appare un altare ingenuamente decorato . Non so se sia un sacerdote quello strano personaggio , piccolo , con gli occhi a mandorla , grembiule blu e zuccotto maghrebino , che recita in mezzo ai clandestini : « Al termine di questo giorno rendiamo grazie a Dio per quello che ci ha dato » .
EDUCAZIONE VIRILE ( POMPEI MANLIO , 1932 )
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Dalle recenti pagine dettate dal Duce sulla dottrina del fascismo , emerge ancora una volta come il fascismo voglia essere , contro ogni addormentamento pacefondaio , societario e disarmistico , scuola di coraggio , di virilità , di combattimento . Non che il fascismo sia insincero quando si dispone a collaborare a Ginevra , a Losanna o altrove , a una distensione di nervi generale , da conseguirsi attraverso una psicologia me - no bellicosa nel campo militare e navale , o in quello commerciale ed economico . Ma il fascismo non scambia il contingente con l ' eterno , ciò che si può desiderare che sia , come acutamente osserva Maurizio Maraviglia , con ciò che è , nella natura degli uomini e nella ineluttabilità , sempre ricorrente , dei fatti storici . Occorre dunque che le nuove generazioni , senza crescere con rapaci e turbolenti istinti da lanzichenecchi , non si cullino in illusioni di lattemiele , ma sappiano che nei momenti decisivi per la vita di un popolo è la guerra la grande vagliatrice delle virtù e delle possibilità avvenire , e che ad essa bisogna essere spiritualmente pronti come ad un evento che come sempre fu , sempre sarà . Ma a prescindere da questa eventualità che potrebbe essere anche remota , è nella generale convinzione che se nella primissima scuola i fondamenti dell ' educazione possano essere impartiti da maestre , in quanto il loro tendenziale spirito materno le fa più vicine ai piccoli fanciulli , col crescer questi negli anni e per i corsi superiori delle scuole elementari necessitino maestri : e maestri che abbiano ben nette e ben marcate le caratteristiche della virilità . Il maestro è l ' uomo che più vive a contatto coi nostri figli : il padre si vede fuggevolmente a pranzo e a cena , indaffarato com ' è , e preoccupato com ' è da mille cure . Il maestro in - vece segue per cinque o sei ore al giorno il progressivo sviluppo , fisico , sentimentale e intellettuale del fanciullo : e ha tutti gli elementi quindi per poterne correggere , plasmare , stimolare o contenere i nascenti istinti e le emergenti attitudini . Ma i maestri maschi scarseggiano : ancora oggi , per quanto la valorizzazione della scuola e dell ' insegnante compiuta dal Regime stia dando i suoi primi cospicui frutti ... L ' incremento del corpo insegnante maschile , però , per quanto promettente , è lontano ancora dal ritmo sperato : bisogna incoraggiare i nostri giovani alla carriera dell ' insegnamento ; rimuovere il pregiudizio per cui il titolo di maestro pare povera cosa , tale da doversi camuffare , quando si può , con quello di " professore " ; bisogna mettere in evidenza l ' altissimo compito che il maestro ha nella nuova società italiana . Per il maestro di domani il mio pensiero va a quei mirabili allievi dell ' Accademia fascista di Educazione fisica che io amo pensare dritti nell ' anima e agili di pensiero e di sentimento come dritti ed agili sono nelle membra e nell ' aspetto . Auspicherei una cernita anche fisica dei futuri educatori , come la si fa per gli ufficiali dell ' Esercito , perché da deformità o insufficienze fisiche non derivino anchilosi e torpori spirituali che si riflettano sulla vivace massa dei nostri Balilla . E considerando il diverso portamento esteriore di questi ultimi , rilevato in un recente sfilamento di squadre per la Capitale , a seconda che la squadra fosse preceduta da comandanti - maestri in gamba o da maestri rabberciati alla meglio nella loro divisa da ufficiali , pensavo se non fosse giunta l ' ora di affrontare radicalmente il problema del reclutamento e del trattamento dei nostri educa - tori , affidandolo in pieno alla bene - merita Opera Balilla . " Ufficiali dell ' Opera Balilla " : questo dovrebbe essere il nuovo titolo accademico dei nostri insegnanti elementari : con divisa , gradi e avanzamento . Elementi sceltissimi , fisica , mente e spiritualmente , che venissero gradualmente a sostituire i vecchi e gli inabili ... Tra la dottrina del fascismo quale il Duce l ' ha enunciata , tutta pervasa da una incessante ansia di supera - mento , e lo spirito delle generazioni che si affacciano oggi alla vita , la distanza non è più quella che avrebbe potuto apparire dieci anni or so - no , d ' accordo . Ma la distanza è tanta ancora , e ad accorciarla , ad affretta - re il maturarsi di quelle virtù che dovranno contraddistinguere l ' italiano di Mussolini , la creazione del " Maestro " che quelle virtù in sé riassuma per poterle e saperle trasfondere nei fanciulli della prima scuola , appare tra le necessità più urgenti di questa nostra epoca travagliata e feconda di salutari esperienze .
De Mita SPA ( Suttora Mauro , 1988 )
StampaPeriodica ,
MAI NELLA STORIA D ' ITALIA TANTO potere politico si è concentrato in così pochi chilometri quadrati . La provincia di Avellino sta regalando alla patria il capo del governo e il capo del maggiore partito : Ciriaco De Mita ; il numero due del maggiore partito , Giuseppe Gargani ; il capo della regione più importante , Enrico De Mita , presidente del Consiglio regionale della Lombardia ; il capo della Rai , Biagio Agnes ; il capo dei senatori del partito di maggioranza , Nicola Mancino ; il vicepresidente vicario della Camera , Gerardo Bianco ; un potente senatore , già ministro per il Mezzogiorno , Salverino De Vito ; un altro senatore , autorevole membro della direzione del maggiore partito , Ortensio Zecchino . Irpini ad honorem per contiguità geografica sono altresì il portavoce unico del partito di maggioranza , Clemente Mastella , nonché il massimo responsabile dei servizi segreti Angelo Salma . Anche il direttore de L ' Osservatore Romano , Mario Agnes , è avellinese . Alcune di queste cariche si assommano nella stessa persona , altre nella stessa famiglia . Il quotidiano di Napoli , Il Mattino , ha rivelato inoltre , domenica 11 dicembre 1988 , che la Banca popolare d ' Irpinia - di cui quasi tutti gli eminenti sopra citati sono azionisti - sta per conquistare la leadership sull ' Italia meridionale . Niente male , per una provincia che non arriva a 500mila abitanti . Nemmeno Cavour , Francesco Crispi , Giovanni Giolitti , Benito Mussolini , Alcide De Gasperi , Aldo Moro , Bettino Craxi , prima di Ciriaco De Mita da Nusco , avevano mai potuto contare su una squadra così imponente di conterranei nei posti chiave della nazione . Cosicché i detrattori di De Mita parlano adesso di " clan degli avellinesi " , mentre i suoi ammiratori si compiacciono per l ' inusitata fertilità dell ' Irpinia , fino a ieri oscura e povera provincia . Siamo andati a controllare se corrispondano al vero alcune maldicenze . Prima fra queste , che i 63mila miliardi di lire stanziati per la ricostruzione in Irpinia del 1980 siano troppi e malspesi . Poi , se De Mita si sia arricchito grazie al sisma , come insinuano i comunisti . O , perlomeno , se abbia fatto arricchire parenti e amici . Certo Nusco non è meglio collegata oggi al resto dell ' Italia di quanto lo fosse dieci anni fa . Di treno , neanche a parlarne : non solo il paesello di De Mita ma Avellino sono pressoché irraggiungibili da Napoli in ferrovia , a meno che non si vogliano spendere giornate per percorrere pochi chilometri . La caratteristica dell ' unica ferrovia irpina è avere le stazioni piazzate in mezzo al nulla , a vari chilometri di distanza dai paesi di cui pure esibiscono il nome . In corriera la situazione non migliora : le 2.500 lire del biglietto Avellino - Nusco garantiscono solo che i 40 chilometri del tragitto vengano compiuti in circa due ore . Insomma , in Irpinia chi non ha la macchina è perduto . Per fortuna a Nusco il visitatore può riposare nel nuovo hotel Colucci , tre stelle , 44 camere . Ammirando dalla terrazza a 900 metri di altitudine il panorama sul massiccio del Vulture , i monti del Matese e l ' Appennino Dauno , ci consoliamo per il freddo ( nevica già da metà novembre ) assaggiando il maiale al finocchietto , i " cicalucculi " , ovvero gli gnocchi , nonché il leggendario torrone irpino . In tutto nell ' hotel ci sono due ospiti : tecnici romagnoli per la zona industriale . C ' è più gente d ' estate ? « No , è sempre cose > , risponde il proprietario , desolato . La carenza di turisti non gli ha impedito però di chiedere un contributo di 13 miliardi di lire per la ricostruzione . Oltre al contributo a fondo perduto del 75 per cento per le nuove iniziative industriali ( l ' aiuto più alto mai concesso dopo una calamità nel mondo occidentale ) , la legge pro terremotati provvede anche a regalare soldi a non meglio precisate " imprese di servizi per le infrastrutture " alle aree industriali . Sui tavoli dell ' Italtecna ( il consorzio Iri - Italstat , quindi Dc , che dovrebbe garantire " l ' alta vigilanza sull ' esecuzione degli interventi " ) è così piovuta una valanga di richieste di finanziamenti per alberghi , imprese di trasporti e perfino per un centro commerciale per la vendita di prodotti in pelle che la signora Teresa D ' Argenio sarebbe lieta di aprire in Avellino città . Una città dove , come denuncia Maurizio Galasso del Wwf , dopo il terremoto c ' è stata una rovinosa speculazione edilizia : « E adesso vogliono costruire un ' autostrada che funzionerà da tangenziale per arrivare a un megacentro commerciale completato da tempo ma mai aperto . Rovineranno una delle ultime aree verdi » . Naturalmente , tutto il fervore economico che si è impossessato dell ' Irpinia provoca anche benefici indiretti : è il famoso " indotto " , parola magica che i politici locali spiattellano quando si fa loro presente che il costo per ogni posto di lavoro creato finora è di 2 miliardi e mezzo di lire e di circa un miliardo a persona . Cifra smentita dal responsabile ( avellinese ) dell ' Ufficio che eroga i fondi , Elveno Pastorelli : secondo lui il costo per addetto sarà meno di 300 milioni di lire . Ma solo quando ( e se ) le imprese cominceranno a produrre . Per ora la realtà è assai più preoccupante : « Soldi spesi , un migliaio di miliardi di lire . Industrie insediate a oggi : 57 . Posti di lavoro : 380 , invece dei 3.500 promessi . Per ottenere il costo pro capite basta fare una divisione » , spiega secco Angelo Giusto , responsabile enti locali del Pci irpino . Il quale desume i suoi dati dalla relazione presentata dallo stesso Pastorelli al Parlamento nel settembre 1988 , e aggiornata al luglio 1988 . È questa , ovvero esiste già , la relazione invocata da Bettino Craxi lunedì 12 dicembre 1988 al posto della commissione d ' inchiesta voluta dalle opposizioni , dal Pli e accettata perfino dai democristiani . E l ' indotto ? Un piccolo esempio è il dépliant dell ' hotel Colucci di Nusco , stampato dalla Poligrafica irpina . Questa è una delle 14 industrie che si sono stabilite nella zona industriale di Nusco . « La ricostruzione è stata una manna » , spiega Gerardo Calabrese , il proprietario , « perché prima operavamo già qui , ma ci mancavano le infrastrutture : strade , telefoni , l ' elettricità andava via 20 volte al giorno . Adesso si può lavorare » . LA POLIGRAFICA HA 28 DIPENDENTI , un fatturato di circa 2 miliardi di lire l ' anno , e ha ricevuto un contributo di 5 miliardi e mezzo . Accanto c ' è la Dielve , che produce vetro ultraresistente per l ' Enel : « Abbiamo iniziato due mesi fa , abbiamo 70 dipendenti » , dice l ' ingegner Carmine Tirri . Otto miliardi di lire li ha avuti la Dietalat , il cui stabilimento scintilla sotto il sole di fronte a un prato dove pascolano le pecore . Questo è il più grosso regalo che Calisto Tanzi , il padrone della Parmalat e di Odeon tv , abbia fatto al suo amico Ciriaco : 58 nuschesi da due anni sfornano focaccine e pizze . Veramente l ' impegno era per 101 dipendenti , ma la legge consente che il 70 per cento del totale possa essere raggiunto nello spazio di quattro anni . « E adesso » , annuncia Sergio Piccini , portavoce della Parmalat , « con il lancio della tortafrutta faremo 35 assunzioni a tempo determinato » . Un regalo ancora più grande , però , è stato Ciriaco a farlo . A se stesso : la più imponente delle otto nuove aree industriali in provincia di Avellino sarà questa di Nusco , con 200 miliardi di lire di contributi alle 14 aziende ( che promettono a pieno regime 980 addetti ) , accompagnati da investimenti in superstrade , elettrodotti , acquedotti . Inoltre sono vicinissime a Nusco anche altre due aree industriali : quelle di Sant ' Angelo dei Lombardi ( due imprese , 178 addetti , 29 miliardi di lire di contributi ) e Morra De Sanctis ( cinque imprese , 594 addetti , 95 miliardi di lire ) . Guarda caso , a Morra De Sanctis è nato Giuseppe Gargani , 53 anni , da sempre fedelissimo di De Mita , presidente della commissione Giustizia alla Camera ( nel 1987 ) , e soprattutto - da quando in aprile Ciriaco è diventato presidente del Consiglio - coordinatore della segreteria Dc . Cioè , numero due del partito . A Morra si è verificato l ' ormai celebre fiasco della Tormene , che avrebbe dovuto produrre barche in un cantiere piantato in mezzo ad aspre montagne . Costo per il contribuente : più di 4 miliardi di lire . Ma neanche le altre tre iniziative ( Fisa , Flexplan e Teletecnica ) hanno avuto sorte migliore : nonostante abbiano ingoiato 16 miliardi di lire di contributi , rimangono fantasmi . Allora l ' anno scorso è intervenuta , provvidenziale , l ' Aeritalia di Napoli ( che nella lottizzazione delle Partecipazioni statali spetta alla Dc ) , la quale , in cambio di 75 miliardi di lire , promette di creare 360 posti di lavoro . A Sant ' Angelo dei Lombardi si sono installate due aziende : la Ferrero , che dà lavoro a 127 persone ( contributo : 24 miliardi di lire ) e la Ifs ( Industria filtri Sud ) . I capannoni di quest ' ultima sono terminati , perfetto è il raccordo stradale : peccato che non ci sia alcun segno di vita . La Ferrero , invece , la scorsa settimana si è assunta anche un altro incarico molto importante perla provincia di Avellino : sollecitata dal prefetto Raffaele Sbrescia e dalla Coldiretti , si è impegnata a comprare ben ottantamila quintali di nocciole ( materia prima della Nutella ) dai diecimila contadini irpini che negli ultimi due anni sono stati messi in crisi dalla concorrenza turca . Così , grazie alla piemontese Ferrero , gli alberi di nocciole irpini non saranno tagliati . Un ' altra grande industria del Nord che è calata in provincia di Avellino approfittando dei contributi post terremoto è l ' altoatesina Zuegg . Si è stabilita nell ' area industriale di San Mango sul Calore , vicina , questa , al paese di Montefalcione , dove è nato Nicola Mancino , presidente dei senatori de da quattro anni e capogruppo al consiglio comunale di Avellino . A San Mango , però , per ora tutto tace . La Zuegg offre solo lavori stagionali ai suoi 40 addetti che producono marmellate . Ma anche le altre nove industrie non sono ancora in produzione , nonostante i 129 miliardi di lire di finanziamenti a fondo perduto e i capannoni che sono quasi tutti già pronti . « Inizieremo l ' attività entro la fine dell ' anno » , promette Helmut Kling , un imprenditore tedesco che ha ricevuto 22 miliardi di lire per il suo calzaturificio , dove dovrebbero lavorare 200 persone . Il problema è che il signor Kling ha già un calzaturificio a Mercogliano , nella zona industriale di Avellino . Adesso vorrebbe che una cinquantina dei suoi 160 operai di Mercogliano si trasferissero a San Mango , che dista 30 chilometri , per avviare gli impianti . I sindacati e anche il sindaco di Mercogliano lo accusano di stare preparando la chiusura o la vendita del vecchio impianto , per trasferirsi nel nuovo . In pratica , un rinnovo degli impianti a spese dello Stato . Kling nega , e assicura di volersi tenere entrambi gli stabilimenti . Nella zona industriale di Lacedonia il caso più significativo è quello della Mulat . Siamo nel feudo del senatore dc Salverino De Vito , 62 anni , non rimpianto ministro per il Mezzogiorno fino all ' anno scorso . De Vito è anche sindaco di Bisaccia , comune dove nel 1987 c ' erano ancora 450 famiglie in container . Quattro anni fa la Mulat , un ' azienda che impacchetta latte ( tedesco : quello munto dalle vacche locali è considerato troppo acido ) , ha chiesto e ottenuto 20 miliardi di lire promettendo 98 posti di lavoro . Ebbene , oggi i 23 dipendenti sono in cassa integrazione , e il proprietario vuole chiudere . Il proprietario è il fratello del segretario regionale della Dc campana , l ' avellinese Antonio Argenziano . Anzi , proprio segretario no : è " coordinatore della segreteria " , in attesa che l ' attuale segretario , il senatore Ortensio Zecchino di Ariano Irpino ( demitiano di ferro ) si faccia più in là . MA ZECCHINO TITUBA , NON VUOLE mollare la poltrona : meglio il partito o lo Stato ? E allora , per tener calmo lo scalpitante Argenziano , gli regala una seconda poltrona : consigliere di amministrazione della Usi di Ariano Irpino . Non è finita . Argenziano di poltrone ne ha quattro . È anche responsabile enti locali della Dc di Avellino , e soprattutto presidente della potente Asi ( Associazione sviluppo industriale ) , la quale vorrebbe prendere in gestione le aree industriali . Così forse potrà fare altri favori alla Mulat di suo fratello . Nel turbinio della vita politica irpina c ' è stata la nomina del socialista Pasquale Ferrara a vicepresidente dellAsi . Lo ha messo lì non il Psi , ma la Dc : Ferrara era consigliere comunale di Avellino , mala prima non eletta socialista , Enza Battista , aveva fatto ricorso per brogli . Allora il capogruppo dc Mancino , piuttosto che rischiare di perdere la maggioranza assoluta conquistata nel 1985 , si è trasformato in paciere per le liti socialiste : ha fatto entrare la Battista in consiglio comunale tacitandola , e ha ricompensato Ferrara con la vicepresidenza dell ' Asi . Ecco , la Dc di Avellino è una macchina così oliata e perfetta da poter risolvere persino le liti altrui . Ai recalcitranti promette posti , gli irriducibili sono emarginati . I figli e i giovani , se fedeli , vengono ricompensati : così Biagio Agnes da Serino ha assunto al suo Tgl Francesco Pionati , figlio dell ' ex sindaco dc di Avellino Giovanni Pionati , nonché Gigi Marzullo , irpino noto più come accompagnatore della first baby Antonia De Mita che per la sua attività giornalistica . L ' unico ribelle è rimasto Giuseppe De Mita , nipote di Ciriaco . La sua tremenda colpa ? Democristiano , ma andreottiano .
Nixon non mi è piaciuto ( Fallaci Oriana , 1968 )
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NEW YORK , ottobre - Caro direttore , devo assolutamente parlarti di Nixon perché sono stata alcuni giorni con lui e … Mi auguro che la sorpresa non ti turbi troppo . Tu sai bene che l ' uomo non è mai stato il mio principe azzurro . Però mi avevano detto che il Nixon 1968 era un nuovo Nixon e come potevo resistere alla tentazione di seguirlo , ascoltarlo ? Poteva anche darsi che gli sentissi dire « non voglio più bene al generalissimo Franco » , oppure « basta con le differenze razziali » , oppure « io sono con i giovani dai capelli lunghi » . Ti pare ? La psicanalisi fa miracoli , a volte . E , mi avevano detto , il miracolo del nuovo Nixon si deve alla psicanalisi . Ricorderai infatti che dopo la sconfitta subita nel 1960 a opera di John Kennedy , al povero Nixon non gliene andò più una bene . Si presentò candidato a governatore della California e perse clamorosamente . Cercò la nomina del Partito Repubblicano per battere Johnson , e gli preferirono Goldwater . Sicché alla fine decise di recarsi da uno psicanalista e sapere che cosa vi fosse di sbagliato in lui ( il che richiese moltissimo tempo ) e Richard Nixon uscì dalle sue mani completamente cambiato . Ciò gli permise : 1 ) di tornare alla professione legale e fare un mucchio di soldi in Wall Street ; 2 ) essere scelto come candidato alle elezioni del prossimo autunno . Episodio , quest ' ultimo , che La Stampa di Torino ha giustamente definito la resurrezione più grossa dopo quella di « Lazzaro » . Be ' , i Lazzari hanno sempre sedotto . Così saltai su un aereo e mi recai a Santa Barbara , in California , dove Nixon stava tenendo la campagna elettorale e dove ebbi la mia prima sorpresa . Sai , perché ? Perché era sabato e il sabato , come la domenica , il signor Nixon non si fa vedere : riposa . Il suo dottore esige così . Affinché non si stanchi . Per la stessa ragione però il suo dottore esige che egli riposi altri due giorni dopo avere lavorato il lunedì il martedì il mercoledì , il signor Nixon riposa il giovedì e il venerdì : insomma se ne sta senza far nulla quattro giorni su sette e ora che è candidato , che diavolo farà quando sarà presidente e si stancherà davvero ? Riposerà sette giorni su sette ? Accidenti dirai tu , mica grullo : magari lo potessi far io . D ' accordo . Ma tu , scusa , non vuoi mica avere in mano il destino dell ' America e in certo senso del mondo . E se il signor Nixon riposa quattro giorni su sette ora che è candidato , che diavolo farà quando sarà presidente e si stancherà davvero ? Riposerà sette giorni su sette ? Mi sembra un po ' strano e , comunque sia , egli continuò a riposarsi non fino a domenica sera ma fino alle sei di lunedì pomeriggio , ora in cui giunse alla base militare aerea di El Toro per darmi una seconda sorpresa : la sua paura di essere ucciso . D ' accordo anche su questo : mi rendo bene conto che quanto a fucilate , revolverate , eccetera , i leader americani sono più sicuri in Vietnam che negli Stati Uniti . Però tutti quelli che hanno ammazzato negli ultimi anni e negli ultimi mesi , John Kennedy , Bob Kennedy , Malcom X , Martin Luther King , appartenevano all ' altra parte della barricata . Onestamente non vedo i motivi di tanta paura . E poi si torna al discorso di prima : se fa ' così ora , che diavolo farà da presidente ? Farà assaggiare il cibo a un cane tutte le volte che mangia ? Terrà una guardia del corpo nel letto ? Io quando mi trovai sotto gli occhi quelle decine e decine di agenti del servizio segreto , rimasi di sasso . Li riconoscevi bene dal bottone giallo , verde e nero che portavano alla giacchetta , particolare che li rendeva nient ' affatto segreti , e con quei bottoni stavano dappertutto : perfino nel gabinetto delle signore ( lo so perché ci andai e ne trovai uno che volle vedere i miei documenti ) , perfino sui due elicotteri che volavano bassi sulla base di El Toro cercando ( suppongo ) artiglieria pesante nascosta dai vietcong . Poi l ' aereo di Nixon atterrò , Nixon ne scese , essi formarono come quella nuvola intorno a lui , e attraverso quella nuvola vidi , per la prima volta nella mia vita , il quasi - certo futuro presidente degli Stati Uniti . Fammi subito dire che le fotografie e la televisione lo aiutano molto : visto da vicino non dice nulla di buono . Tanto per cominciare , ha quella faccia tutta spostata a destra come se gli avessero sbattuto sopra un ' usciata : e ciò ti dà un certo malessere . Poi assomiglia a un commissario sovietico : e ciò ti mette addosso l ' agitazione . Sul serio : c ' è qualcosa in comune tra lui e i capi russi cui è sempre piaciuto , del resto . La sua ineleganza , ecco , la sua camminata pesante , la sua gelida consapevolezza di poter fare di te ciò che vuole : democrazia o no . Ti sorride ad esempio e nello stesso momento in cui ti sorride capisci che non gli importa un bel nulla di sapere cosa vuoi e cosa pensi perché in cuor suo ha già deciso cosa devi volere e pensare , cosa ti darà in conseguenza . Guarda mi venne addosso un nervoso che mi girai subito verso sua moglie , a proposito della quale non saprei cosa dire . Fuorché questo anche a lei le fotografie giovano molto . In quelle sembra chissà che , in persona non sa proprio di nulla e l ' unica cosa che ti colpisce in lei è l ' orchidea che porta sulla spalla sinistra : un ' orchidea grossa come un cavolfiore . Qualcuno deve averle detto che l ' orchidea fa la signora e lei non vi rinuncia : del resto in America piace così . Le donne dicevano : « Isn ' t she an elegant lady ? Non è una dama elegante ? » . C ' erano molte donne ad attenderli , per lo più mogli degli ufficiali di El Toro . S ' eran portate dietro i bambini e , come si usava da noi trenta o quarant ' anni fa , non farmi dire per chi , li porgevano a Nixon : perché li baciasse . Ne baciò tanti . Poi , quando n ' ebbe baciati abbastanza , salì su un ' auto blindata e partì : per recarsi a scambiare le idee col suo amico Bebe Rebozo . Ma cosa c ' è nel nuovo Nixon ? Bebe , che gli americani pronunciano Bibi , è un banchiere cubano i cui interessi nell ' America Latina sono forti quanto la sua influenza in Wall Street . Forse per questo non molla mai Nixon e Nixon non molla mai lui : dove vedi l ' uno c ' è l ' altro . L ' opinione di tutti è che se Nixon andrà alla Casa Bianca , Bebe detto Bibi diverrà per lui ciò che Ted Sorensen e Arthur Schlesinger erano per John Kennedy . L ' ho conosciuto , sai , e me l ' hanno presentato . Ha due occhi spietati . I giornalisti che lo conoscono bene sostengono che infatti è crudele . Se un giornalista scrive male di Nixon , Bebe detto Bibi corre a dargli la mano e gliela stringe così : con la sinistra gli cerca i nervi del polso e glieli schiaccia , con la destra gli afferra le dita e gliele piega all ' indietro : finché il disgraziato urla di dolore . Io non ci credo , intendiamoci : ma sembra che una volta lo abbia fatto anche a Nixon , per punirlo di uno sbaglio che Nixon aveva commesso . Ora ti racconto lo sbaglio che qui è arcinoto . Come sai , Nixon ha due figlie : Julie e Tricia , entrambe in età da marito.Julie è già a posto , graziaddio , perchè fidanzata sin dalla più tenera infanzia con un nipote di Eisenhower che presto sposerà . Tricia invece non è fidanzata con nessuno , il che è una preoccupazione . Un giorno Nixon le chiede : « Ma non ce l ' hai un ragazzo Tricia ? » . E Tricia sospira , risponde che ce l ' aveva ma l ' ha lasciata . « Per chi ? » . Per nessuna , risponde Tricia , per andarsene volontario in Vietnam . Passa un po ' di tempo e Nixon le chiede : « Tricia , che ne è di quel ragazzo in Vietnam ? » Tricia sospira e risponde ma pensa papà , sembra che vi sia morto . Esclamazioni di sorpresa , di dolore , e poi proprio in quei giorni la rivista Mc Calls chiede a Nixon un articolo su « I nostri ragazzi in Vietnam » . Nixon accetta e cosa ti mette insieme ? Proprio la storia del ragazzo di Tricia . La scrive anche benino , con la retorica giusta . Questo ragazzo che parte per il Vietnam , mentre Tricia piange . Questo ragazzo che alla fine muore , mentre Tricia piange . Piangono anche alcune decine di milioni di americani leggendola : avresti pianto anche tu , direttore , perché era commovente davvero . E tale resta fino al giorno in cui , chi l ' avrebbe detto , Mc Calls riceve una letterina di questo ragazzo : con l ' ingiunzione che sia pubblicata . Il signor Nixon , dice il ragazzo , deve aver preso un abbaglio . O deve essere stato male informato da Tricia . Perché non solo lui è vivo : in Vietnam non ci è mai andato o non ci andrebbe nemmeno se ce lo mandassero a calci . Tricia smise di vederla , è ben vero : ma perché gli piaceva di più un ' altra che ora ha sposato e con la quale è felice . Il signor Nixon farebbe meglio a controllare le cose prima di fare certe figure e , se continua a far certe figure , cosa c ' è di nuovo nel nuovo Nixon ? Dopo il colloquio con Bebe - Bibi Rebozo , ritrovai Nixon a Yorba Linda : il sobborgo di Los Angeles dove Nixon nacque cinquantasei anni fa e dove Nixon giunse con un corteo di poliziotti che sarebbe bastato a Johnson . Un mucchio di gente era lì ad attenderlo , in massima parte massaie coi bigodini in testa e i pargoli in braccio . C ' erano anche alcuni ragazzi come il ragazzo di Tricia , però alzavan cartelli con la fotografia di Eugene Mc Carthy . Uno agitava un foglio sul quale era scritto : « Nixon ? Humphrey ? Wallace ? Sono contento di non avere ventun anni » . Con ciò alludendo al fatto che non poteva votare perché in America non si vota fino a ventun anni . Perbacco , vorrei proprio sapere se Nixon lo vide quel foglio . Ma forse non lo vide : era troppo occupato a parlare dei giorni in cui abitava a Yorba Linda e sognava orizzonti più vasti , o dei giorni in cui sua moglie era maestra di scuola a Yorba Linda e vinse un maiale in premio . O forse vinse un premio per un maiale . Che aveva allevato . Non capii , non ricordo , le ultime parole si persero tra gli urli della folla che i poliziotti e gli agenti del servizio segreto spingevano per preparare un passaggio a Nixon , che doveva visitare la casa in cui nacque . La casa era di legno , modesta . Dinanzi c ' era una lapide su cui avevan scolpito : « Casa Natale Di Richard Nixon Che Grazie Alla Devozione Per Il Suo Paese Salì Alla Vicepresidenza Degli Stati Uniti . 1952-1960» . Sai quelle lapidi che noi dedichiamo ai padri della patria e agli eroi : però dopo che sono morti da tempo . Io la guardavo , perplessa , e la domanda del ragazzo di Tricia mi pungeva il cervello : ostinata . Ma cosa c ' è nel nuovo Nixon ? Nemmeno i palloncini gli fecero festa La risposta venne ore dopo , al comizio che Nixon tenne all ' auditorium di Disneyland per diecimila persone : tutte bianche . Infatti non ho mai visto un negro in questa campagna repubblicana e in particolare con Nixon . Sembra che i negri non lo amino affatto e che il sentimento sia ricambiato da Nixon il quale non li assume neanche come autisti o sguatteri . Tale particolare ad ogni modo esula da ciò che voglio dirti , e ciò che voglio dirti è che un comizio di Nixon merita d ' essere visto . Non solo perché le ideologie non vi sono mai discusse : gli americani come Nixon sono tipi pratici e non si perdono mai nei meandri della dialettica e della filosofia che del resto ignorano . Ma soprattutto perché lo spettacolo assomiglia a un carnevale . Le bandiere americane erano rette da strane bambine con strani vestiti e strani cappelli , le Nixonette , e sui cappelli era scritto « Io voglio bene a Nixon » . L ' esecuzione delle musiche era affidata a strani giovanotti vestiti con strane uniformi che ricordavano molto i costumi dell ' operetta La vedova allegra : sai quelli con gli alamari d ' oro e le piume . Del resto anche i motivi che suonavano erano più o meno i motivi di La vedova allegra . Ovunque pendevan cartelli di questo tenore : « Dai , Dick dai ! » . « Forza , Dick corri ! » . « Io amo Dick . Snoopy ama Dick » ( Snoopy è un personaggio di Charlie Brown ) . « Pat come prima signora » . L ' intera faccenda era abbastanza buffa , eppure ti metteva addosso una tale tristezza . Forse perché almeno tre quarti della folla era composta da persone anziane . Non ho mai visto tante persone anziane come a quel comizio di Nixon . Avresti detto a osservarlo che la popolazione tra i vent ' anni e i quaranta era scomparsa da Disneyland . Giacché avevo ragione io , direttore , quando dicevo che ascoltare Nixon è come tornare indietro di almeno quindici anni , cioè ai tempi di Eisenhower , della Guerra Fredda , della Grande Paura . Avevo ragione io a dire che accettarlo significa non rendersi conto di quel che è successo in questi quindici anni . Perbacco ! In ogni parte del mondo nascono fermenti nuovi , i vecchi valori vengono riesaminati , perfino il modo di discutere è cambiato , si inneggia ai cecoslovacchi , i Beatles vengono onorati dalle regine . Ma in quel comizio non te ne ricordavi : congelato dentro un passato decrepito , sentivi gli occhi riempirsi di lacrime . Meno male che i palloncini provocarono qualche risata . I palloncini sai , fanno parte del cerimoniale nixoniano . Secondo quel cerimoniale erano stati chiusi dentro grandi reti sospese al soffitto e le reti dovevano aprirsi all ' arrivo di Nixon affinché i palloncini cadessero giù in una pioggia colorata e leggera : a simboleggiare la gioia . Ma quando Nixon arrivò la reti non si aprirono per niente . Tecnici e volontari tiravano le funi , scuotevano le reti , lanciavano ordini colmi di imbarazzo , di rabbia . Nixon puntava il dito al soffitto per darsi un contegno , la signora Nixon si torceva le mani per superare l ' angoscia : ma tutto ciò che accadeva era la liberazione di un palloncino che ogni tanto scendeva giù come un orfano . E la faccenda durò fino al momento in cui Nixon mormorò : « To hell with them » , all ' inferno , poi pronunciò quel discorso che è sempre lo stesso discorso ovunque vada e a chiunque parli . Ma riguarda anche noi . Molto da vicino . « La guerra nel Vietnam la risolvo a modo mio » Disse anzitutto ordine e legge : due parole bellissime quando non suonino come una sacra minaccia . Perché , accidenti , la legge è sacra e l ' ordine è una necessità : ma che razza di legge è una legge che ti nega il diritto di cambiare la legge , che razza di ordine è un ordine che ti nega la libertà di protestare ? La voce dell ' America , questa America che ormai invade le nostre vite , ci piaccia o no , non è forse nata da quel diritto e da quella libertà ? E poi disse basta con le critiche agli Stati Uniti , bisogna restaurare nel mondo il rispetto per gli Stati Uniti , la guida degli Stati Uniti . E poi disse basta , con queste chiacchiere sul Vietnam , se le trattative di Parigi sono a un punto morto , quando lui viene letto lui dice ad Hanoi mi avete stufato , la guerra la risolvo da me a modo mio cioè con la forza . A questo punto sentii un brivido nella schiena . Stavo per abbandonarmi ad atroci pensieri , quando il signor Nixon si mise a parlare di noi . E disse che gli americani erano stufi , sì stufi , di morire per gli europei , spendere i soldi per gli europei , lavorare per gli europei , fare l ' elemosina agli europei . E i diecimila si alzarono in piedi , applaudendo , inneggiando , bravo Dick , giusto Dick , e allora neanche quello che mi era sembrato buffo , come le nixonette , i suonatori , i palloncini , mi parve più buffo . Mi parve anzi tragico , mi parve senza speranza , e abbandonai quel comizio , e lasciai la campagna elettorale di Nixon . Lo rividi a uno di quei pranzi che il Partito repubblicano organizza per raccogliere fondi destinati a far eleggere Nixon . Il pranzo si svolgeva a New York , all ' hotel Americana . Il prezzo per ogni coperto era di mille dollari : oltre seicentoventimila lire italiane . Mi recai a dare uno sguardo e devo ammettere che a condurmi lì fu principalmente la curiosità di sapere cosa si mangia con seicentoventimila lire a testa . Uova d ' oro ? Insalata di rubini e smeraldi ? L ' aria profumava di soldi , di sogni grinzosi , e il salone era pieno dei soliti vecchi . Mi avvicinai a un tavolo , agguantai un menu , e diceva : antipasto di granchio , filetto con broccoli , mousse di albicocca . Nient ' altro e ti giuro , sentii fame per loro : poveri nixoniani . E sentii fame per molte altre cose , ad esempio per l ' America che abbiamo amato tanto e vorremmo ancora amare . E ora , direttore , ti saluto . Sono stata superficiale ? Forse , senz ' altro . Ma il soggetto non meritava di più . Le inchieste Gallup danno la vittoria di Nixon per certa , e la signora Nixon annuncia che alla Casa Bianca le piacerebbe mettere ovunque i tappeti da parete a parete « perché lei nella vita è sempre stata per i tappeti da parete a parete » . Gliene mandiamo uno in regalo ? Giusto per dimostrarle che non siamo i miserabili che a suo marito dice . Affezionatamente tua .
Con gli uomini che vanno sulla Luna ( Fallaci Oriana , 1968 )
StampaPeriodica ,
CAPE KENNEDY , dicembre - Per andare sulla Luna si parte da qui : un punto del nostro pianeta che un tempo chiamavano Cape Canaveral ed ora chiamano Cape Kennedy , dal nome dell ' uomo che pagò con la vita anche il sogno di navigare gli spazi . La regione dove esso si trova è indicata sulle mappe terrestri come Florida , è baciata da un ' estate perpetua , ed è considerata il grosso laboratorio scientifico dell ' emisfero occidentale . Dico occidentale perché per andare sulla Luna si parte , chiunque lo sa , anche da un altro punto del nostro pianeta : quello nella regione indicata sulle mappe terrestri come Kazahstan . Lì però bisogna parlare benissimo il russo , essere iscritti al partito locale , e impegnarsi a non fare la spia a quelli della Florida . Tutto il contrario di ciò che accade in Florida dove bisogna parlare benissimo inglese , non essere iscritti al partito suddetto , e impegnarsi a non fare la spia a quelli del Kazahstan . Tra le due regioni v ' è infatti una concorrenza spietata , paragonabile a quella delle compagnie aeree che fanno lo stesso tragitto , con l ' aggravante che il biglietto non è utilizzabile su entrambe le compagnie , come s ' usa nei viaggi terrestri : o si parte di qui o si parte di là . Secondo me è meglio di qui : il razzoporto è eccellente , circondato da dodicimila chilometri di mare profondo dove le astronavi possono precipitare senza colpir l ' abitato , e la preparazione psicologica addirittura perfetta . Coperto da un sudario di sabbia , di asfalto , di sale marino , il luogo è così brutto che quando ci sei non ti resta che andare sulla Luna dove , se non è meglio , peggio non è . Non a caso scienziati prolissi lo portano a esempio della prossima stazione spaziale . Estinti i sugheri , le palme , i lillà , le trecentoventotto specie di alberi che lo ossigenavano , vi trionfano le piante di plastica ; i prati sintetici si comprano al supermarket come la stoffa . Estinti i coccodrilli , i topi , le zanzare , vi sopravvivono solo i pescicani impiegati dalla NASA per divorare i curiosi che bagnan nel mare anziché nelle piscine , e ciò che qui chiamano uccelli non sono gli uccelli ma i razzi o i missili : sicché chi va a caccia e dice " ho preso un uccello " finisce immediatamente in galera . I motel , che sono alberghi per l ' uomo e l ' automobile , hanno nomi come Satellite , Vanguard , Polaris e non dispongono di camerieri ma di esperti robot : robot per lucidare le scarpe , robot per far i caffè , robot per massaggiare chi è stanco . I giocattoli sono quelli che i figli dei cosmopionieri useranno nelle colonie lunari destinate a sorgere sulla Vallata della Eterna Luce : tutine spaziali , bombolette di ossigeno , astronavicelle che prendono il volo per mezzo di batterie solari . Le cartoline da spedire agli amici non riproducono paesaggi ma razzi , missili , depositi di kerosene , astronauti chiusi nelle capsule Mercury ; la Terra che noi conoscemmo è dimenticata da tempo e nella desolata pianura si scorgono solo le torri di lancio : cattedrali di un ' era che ha sostituto la liturgia con la tecnica . IL CONTO ALLA ROVESCIA Ma cosa succede quando l ' uomo da un porto allo spazio spicca il volo verso l ' immensità ? Sui brividi del conto alla rovescia e sulla partenza per la Luna parla David Morris , medico della NASA . " HANNO tutti paura quando sono lassù . Nessuno resiste all ' angoscia della voce che conta a rovescio prima che esploda l ' enorme fiammata . Più i numeri scendono … meno sette … meno sei … meno cinque meno quattro meno tre … più i battiti del cuore salgono . Shepard , che era salito scherzando , mantenne ottanta pulsazioni al minuto durante la conta finale : ma quando arrivò il meno sette le pulsazioni gli salirono a novanta , al meno quattro erano a novantacinque , allo zero erano a cento . Poi si accesero i fuochi e le pulsazioni salirono a centonove . Poi il razzo partì e le pulsazioni salirono a centoquindici , centoventi , centoventicinque , centotrenta , centotrentacinque , centotrentotto . Per un lungo minuto , il minuto durante il quale si ignora se il razzo continuerà a salire o scoppierà , le sue pulsazioni rimasero a centotrentotto . Sono uomini come gli altri , mi creda . Per me c ' è solo un giorno in cui son diversi dagli altri , superuomini forse . Ed è la vigilia della partenza : quando vanno a dormire , tranquilli , si addormentano immediatamente , tranquilli , poi all ' alba che potrebb ' essere la loro ultima alba si svegliano riposati e contenti come se andassero a caccia di folaghe " . E quando partirono per la Luna , dottore ? Anche allora si svegliarono contenti come se andassero a caccia di folaghe ? " Sicuro . Il sistema è lo stesso e non dimentichi che sono soldati : andare sulla Luna per loro è come andare alla guerra , ma con meno probabilità di morire . Si rendono conto , evidente , che rischiamo di andare a morire : tuttavia sanno bene che non li faremmo andar su se le probabilità di salvezza non fossero al 99,99 per cento . Una cosmonave è meno pericolosa degli aerei supersonici che erano abituati a collaudare , e da terra li seguiamo secondo per secondo , possiamo portar loro soccorso . Perché dovrebbero essere meno tranquilli ? " . Perché vanno sulla Luna , dottore . " Sciocchezze . Anche sulla Luna li seguiamo , le ho detto : mentre atterrano , scendono , si spostano … " . Dottore scherziamo ? Un uomo ha aperto una capsula e scende su un mondo dove nessuno è mai stato : ed egli lo sa . Appoggia i piedi dove nessuno li ha mai appoggiati , gira gli occhi dove nessuno li ha mai girati : ed egli lo sa . Lentamente , cautamente , fa il primo passo ; l ' umanità intera , coloro che sono morti , fa quel passo con lui : ed egli lo sa . Non v ' è scoperta di isola , né di oceano , né di continente in questo pianeta che possa paragonarsi a quel primo lentissimo , cautissimo passo : ed egli lo sa . L ' oggetto dal quale è disceso potrebbe non ripartire mai più , condannarlo a morire su questo deserto e lontano centinaia di migliaia di miglia da casa : ed egli lo sa . Dottore , lei crede davvero che le sue pulsazioni non supereranno le centotrentotto al minuto ? Ma cos ' è , quest ' uomo , un robot ? " Gli astronauti " , dice il dottore , " non sono robot . Non volevamo robot " .
L'uomo è sulla Luna ( Fallaci Oriana , 1969 )
StampaPeriodica ,
Alle 4.57 del 21 luglio 1969 l ' uomo ha messo piede sulla Luna . È cominciata così una nuova era nella storia umana : la conquista degli altri mondi , la scalata ai corpi celesti , l ' assalto allo spazio . Non più prigioniero del proprio pianeta , l ' uomo si è proiettato verso approdi ignoti . Finita la preistoria spaziale , si entrava nell ' era cosmica . Di questa grandiosa avventura che ha portato l ' uomo a violare il pianeta proibito , L ' Europeo forniva una cronaca destinata a diventare storia . Saranno queste parole , udite nel corso della lunga " notte della Luna " , a raccontare nei secoli l ' avventura più grande dell ' uomo del nostro tempo . È una cronaca vissuta minuto per minuto sul luogo stesso dal quale veniva comandata la missione lunare , al fianco degli uomini che a 400mila chilometri di distanza governavano l ' astronave da Terra ; e racconta , attraverso le parole testuali dei protagonisti , ciò che è avvenuto in quelle ore che hanno cambiato il destino dell ' umanità . Ora che lo spettacolo paradossale è finito , il dramma concluso , e i confini della nostra intelligenza e della nostra storia si sono allargati fino al Mare della Tranquillità , ci sentiamo come assuefatti all ' idea di possedere la Luna e quasi sorridiamo delle nostre ansie e dei nostri timori : non era poi così difficile , dicono alcuni , si accende un fiammifero e via . Ci si abitua a tutto , anche al miracolo d ' essere usciti dalla nostra prigione di azzurro per approdare a quell ' isola brutta : presto ce ne scorderemo , come abbiamo scordato il miracolo del primo pesce che uscì dalle acque per approdare alla terra e diventare un uomo . Ripetere la sfida non ci sembra più un rischio blasfemo , e della meravigliosa avventura non resterà presto che una carnevalata intorno a due piloti cui abbiamo già regalato la patente di eroi , l ' immagine sui francobolli , il nome nei libri di scuola , un posto nella storia . Forse il successo ci ha fatto perdere il senso delle proporzioni , forse ciò che è avvenuto è troppo grande per esser giudicato da noi : così come quel pesce non si rese conto di uscire dall ' acqua per diventare uomo , noi non ci rendiamo conto di avere toccato un altro pianeta per diventare qualcosa che non sappiamo nemmeno immaginare . Il giudizio spetterà ai figli dei figli dei nostri figli . A noi contemporanei , a noi spettatori , resta solo da narrare ciò che abbiamo visto e udito ora con orgoglio ora con vergogna . Giacché siamo composti dell ' uno e dell ' altra , e anche nel viaggio verso la Luna gli uomini hanno dimostrato la loro bellezza e la loro bruttezza , che è come dire la loro umanità . Ecco dunque la cronaca di quei due incredibili giorni e di quell ' incredibile notte come li ho visti a Houston , Texas , dal momento in cui la prima astronave terrestre si posò sulla Luna , il 20 luglio 1969 , fino al momento in cui ne ripartì , il 21 luglio 1969 . The Eagle has landed , l ' Aquila è atterrata C ' era stata quest ' ultima notte durante la quale neanche Neil Armstrong e Buzz Aldrin e Michael Collins erano riusciti a dormire bene e avevano sonnecchiato per poco più di quattr ' ore : secondo i dati forniti dai cervelli elettronici che da bordo raccontano tutto al Centro controllo . La notte fra il sabato 19 luglio e domenica 20 luglio . I tre astronauti si erano svegliati alle cinque del mattino , ora di Houston , dopo avere orbitato l ' altra faccia della Luna , ed era subito cominciato un dialogo tecnico , parametri e traiettorie e costanti , condotto dal Capsule Communicator che per il momento era l ' astronauta Ron Evans , e dopo quel dialogo era seguita la lettura delle notizie terrestri , accolta con un distacco quasi sgarbato . « Buzz , tuo figlio Andy ha fatto il giro della Nasa ieri pomeriggio e suo zio Bob l ' ha accompagnato a visitare anche il laborato … » . « Grazie » , lo aveva interrotto seccamente Aldrin . Nessuna notizia sembrava interessarli , divertirli , commuoverli , nemmeno quella che in tutte le chiese del mondo si pregasse per loro o che Richard Nixon avesse ordinato una funzione speciale alla Casa Bianca , o che la loro squadra preferita di baseball , la National League , si apprestasse a giocare a Washington con l ' American League , o che il titolo di miss Universo fosse stato vinto da una filippina di 18 anni battendo miss Finlandia e miss Australia . S ' erano decongelati un pochino solo quando Ron Evans aveva raccontato la leggenda di Chan Go : « Attenti , la ragazza è cinese e si chiama Chan Go . Vive sulla Luna da 4mila anni , rubò a suo marito la pillola dell ' immortalità . È facile trovarla perché se ne sta con un grande coniglio all ' ombra di un albero di cannella » . Con la sua voce di pietra , Aldrin aveva risposto : « Okay , Ron . Cercheremo di trovare la ragazza con il coniglio » . Era arrivata questa domenica , ma non una domenica come le altre , cioè spensierata , rilassata , festosa . Alle 8 , anziché i soliti programmi a quiz , la televisione aveva cominciato a trasmettere servizi speciali che davano l ' immagine della nostra galassia , della Via Lattea , del nostro sistema solare , mentre una voce leggeva la Genesi : " E in principio Dio creò il Cielo e la Terra , e la Terra era vuota e senza forme , e l ' oscurità era sospesa sul cielo e la terra … " . Del resto molti , quella mattina , citavano la Genesi : preti cattolici e pastori presbiteriani , metodisti , episcopali . A Houston le chiese erano piene , impiegati della Nasa scienziati astronauti : v ' è un momento in cui la tecnologia non basta più a dare agli uomini fiducia in se stessi e la loro sapienza si scioglie in debolezza . Li vedevi entrare e uscire dalle chiese , quegli uomini , tutti compunti , tutti tesi nell ' ansia . L ' angoscia era aggravata da un cielo livido che annunciava la pioggia e verso mezzogiorno c ' era stato uno scroscio rabbioso , scalognatore . Nessuno si sentiva ottimista , tranquillo . Nell ' edificio dove la Nasa ospitava la sala stampa i giornalisti passeggiavano impazienti . Uno ripeteva : « Non la so scrivere questa cosa , non la so scrivere . Non è una storia da giornalisti , ci vorrebbe Omero » . In città , le sole persone che dimostrassero serenità erano le mogli di Armstrong , Aldrin e Collins . Addestrate dai loro mariti , « la Luna è una normale conquista della tecnologia » , erano giunte a quel giorno con la principale preoccupazione di apparire graziose in tv e una , la moglie di Aldrin , aveva fatto a tale scopo una cura dimagrante . Grazie a essa aveva potuto esibirsi in costume da bagno sui bordi della sua piscina , offrendosi alla folla e alle macchine da presa della Cbs dinanzi alle quali aveva scherzato , sorriso , spiegato che i tre sarebbero allunali e tornati . Cosa di cui neanche Wernher Von Braun sembrava sicuro . Nell ' ultima conferenza stampa gli era sfuggita una frase : « Siamo abbastanza maturi da sopportare lo shock se la missione non sarà completata » . Alla caffetteria della Nasa , dove era sceso per mangiare un panino mischiato alla folla , Von Braun era apparso cupo e aveva rifiutato di firmare una fotografia del Saturno . E così siamo giunti al pomeriggio fatale , quello in cui due uomini del nostro pianeta avrebbero tentato di sbarcare sulla Luna . Erano due uomini che nessuno aveva scelto perché migliori degli altri e il loro unico merito consisteva nell ' essere bravi piloti , ma non migliori di altri . Umanamente non valevano granché . Privi di fantasia e di umiltà , prima della partenza si erano mostrati arroganti , durante il volo non si erano resi simpatici : mai una frase dettata dal cuore , un motto scherzoso , un ' osservazione geniale . Avevano visto la Terra che si allontanava centinaia di migliaia di miglia e tal privilegio s ' era risolto in un ' arida lezione di geografia : « Vedo a destra la penisola dello Yucatán , a sinistra la Florida … » . Qualcuno li aveva definiti " unmanned crew " , equipaggio senz ' uomo , il termine che si usa per le astronavi che non hanno persone a bordo . Amareggiato e deluso dal loro silenzio , li perdonavi solo sapendo che avevano paura , ma neanche ciò bastava ad amarli mentre l ' ora si avvicinava . L ' ora era fra le 3 e le 3 e mezzo . Quelle due macchine straordinarie chiamate Lem e capsula Apollo si erano ormai staccate : l ' Apollo orbitava la Luna con Mike Collins , il Lem si abbassava sul Mare della Tranquillità con Armstrong e Aldrin . Ma non si chiamavano più Apollo e Lem : il primo lo avevano ribattezzato Columbia , dal nome del razzo di Jules Verne , il secondo Eagle , cioè aquila : simbolo amato dai militari . Nel distintivo fatto disegnare dai tre si vedeva un ' aquila che scende con le ali spiegate e gli artigli spalancati fra i crateri della Luna . Osservandolo , alcuni avevano ricordato che l ' impegno di sbarcare sulla Luna entro il 1970 era stato assunto da John Fitzgerald Kennedy dopo la crisi di Cuba , anzi dopo la Baia dei Porci , per scopi strettamente politici . C ' era bisogno di una grossa impresa che restituisse prestigio e rispetto agli Stati Uniti e la Luna era apparsa la soluzione più facile e più clamorosa . Lo stesso Lyndon Johnson aveva confermato ciò in una trasmissione televisiva . Poi , d ' un tratto , scoppiarono le 3 del pomeriggio . D ' un tratto , come questo viaggio che avevamo atteso per anni e a cui , tuttavia , non eravamo ancora preparati . Sai , come quando nasce un bambino e per nove mesi lo si vede crescere nel ventre , si sa che dal ventre dovrà uscire , ma arriva il momento e ti coglie una specie di sorpresa , di panico , nasce il bambino , è appena nato il bambino e ci accorgiamo che non siamo pronti a riceverlo . Non successe nulla di straordinario che ci desse l ' allarme , non suonò un campanello , non gracchiò un altoparlante per dirci che erano le tre , forse non guardammo nemmeno l ' orologio . Ma all ' improvviso ci accorgemmo che l ' ora era giunta e tutto cambia . Non ci importò più che la Luna rappresentasse un volgare scopo politico , non ci importò più che i due uomini scelti dal caso fossero antipatici . La Luna divenne qualcosa di religioso e i due uomini divennero qualcosa di santo : un simbolo di tutti noi , vivi o morti , buoni e cattivi , stupidi e intelligenti , noi pesci che cerchiamo sempre altre spiagge senza sapere perché . E ovunque passò come un brivido , lo stesso che in quel momento scuoteva chiunque ascoltasse una radio , nel mondo , o sedesse dinanzi a un televisore , o sapesse quel che stava accadendo . Le macchine da presa della tv erano puntate sul Centro controllo dove si dirigono le operazioni di volo . Il Centro controllo si affollò e dietro un vetro apparve Von Braun , con il capo chino e le braccia conserte come se pregasse . Ai tavoli coi monitor e i cervelli elettronici gli ingegneri e gli astronauti e i tecnici si accomodarono meglio le cuffie . Ron Evans si alzò e lasciò il posto a Charlie Duke ( astronauta che fungeva da " capcom " , capsule communicator , cioè colui che aveva il compito di comunicare direttamente con l ' equipaggio . Fu pilota del modulo lunare di Apollo 16 e decimo uomo a mettere piede sulla Luna nel 1972 , ndr ) . Accanto a lui c ' era soltanto Pete Conrad , il comandante del prossimo equipaggio destinato alla Luna in novembre . Immobili , tutti e due , tirati . Nella sala stampa invece si raddoppiò il trambusto , spostare di sedie , squillare di telefoni , battere di telescriventi , urla isteriche . Chi chiamava Tokyo , chi Berlino , chi Roma , chi Praga , chi Rio de Janeiro ! « Press emergency , press emergency call ! Chiamata stampa di emergenza ! Emergenza ! » , oppure : « Il cavo ! Il cavo ! » , altri defluirono verso l ' auditorium . C ' era questo auditorium , che è immenso , e c ' era questo schermo che è enorme : quattro metri per sei . Si fece buio , si accese lo schermo , e non vi apparve nulla per chi non sapesse , ma vi apparve qualcosa di tremendo per chi sapesse : i numeri della conta a rovescio . Le ore , i minuti , i secondi . Le ore erano ormai a zero , i minuti erano dieci , i secondi spaccavano senza darli il tempo di leggerli : macchie luminose tremanti come le nostre mani , i nostri ginocchi . E l ' audio martellò , nel silenzio , poi diffuse una voce che era la voce di Charlie Duke , un ' altra voce che era la voce di Armstrong . Giungeva disturbata da sibili , fischi , 400mila chilometri laggiù nel cosmo , ma si capiva tutto ciò che diceva , e quel dialogo , Dio quel dialogo , noi che lo udimmo non lo scorderemo mai . Ci saremmo molto turbati , più tardi , a vederlo uscire dal Lem e camminare sulla Luna . Però mai quanto nei dieci minuti o dieci secondi che precedettero l ' allunaggio . Se chiedi a chi c ' era : « Tu hai pianto di più al momento in cui Armstrong ha allungato il piede o al momento in cui il Lem si è posato ? » , la risposta è identica : « Al momento in cui il Lem si è posato » . Le tre e 17 minuti e dieci secondi del 20 luglio 1969 , ora di Houston . Vogliamo riascoltare gli ultimi 14 secondi prima che quel bambino nascesse ? Charlie Duke : « Aquila , qui Houston . Tutto pronto per l ' atterraggio . Chiudo » . Neil Armstrong : « Roger . Capito . Pronto per l ' atterraggio » . Charlie Duke : « Roger » . Armstrong : « Allarme 12 . 12.01» . Charlie Duke : «12.01» . Armstrong : « Siamo pronti . Stai lì , pronti . 2mila piedi . 2mila piedi nell ' Ags . 47°» . Charlie Duke : « Roger . Calato » . Armstrong : «47°» . Charlie Duke : « Aquila , siete perfetti . Siete sul go . Go ! » Armstrong : «35°… 750 , si scende giù a 23; 700 piedi , 21 e giù . 36° , 600 piedi , giù a 19; 510 piedi , giù a 30… giù a 30… giù a 15; 400 piedi , giù a 9… 8 , avanti . 350 , giù a 4; 330 , giù a 3 e mezzo . L ' ago è tutto teso sulla velocità orizzontale … 300 piedi , giù a 3 e mezzo … giù 1 al minuto . 1 , 1 e mezzo giù … vedo la nostra ombra laggiù … 50 , giù a 2 , 2 e mezzo . 19 , avanti . Altitudine velocità 3 e mezzo , giù , 220 piedi . 13 , avanti … 11 , avanti … scende proprio bene , bene . 200 piedi , 4 e mezzo e giù . 5 e mezzo e giù . 170 . 6 e mezzo e giù . 5 e mezzo e giù . 9 . avanti . 5 per cento , quantità luce 705 piedi , tutto va bene . Giù a metà , 6…» . Charlie Duke : «60 secondi , Neil » Armstrong : « Accese luci . Giù a 2 , 2 e mezzo . Avanti avanti ! Bene ! 40 piedi , giù a due e mezzo … stiamo sollevando polvere … 30 piedi … 2 e mezzo giù … c ' è un ' ombra debole debole . 4 avanti … 4 avanti , stiamo piegandoci un poco a destra … 6 giù » . Charlie Duke : «30 secondi , Neil » . Armstrong : « Avanti … ci stiamo spostando a destra … contatto luce . Okay . Chiudo i motori . Chiudo il controllo automatico . Chiudo il motore di discesa . Motori chiusi . Siamo sul 413» . Charlie Duke : « Ti leggiamo , Neil » . Armstrong : « Houston , qui base della Tranquillità . L ' Aquila ha atterrato » . Charlie Duke : « Roger . Tranquillità , ti leggiamo da Terra . C ' è un bel mucchio di tipi qui che stanno per diventare blu . Ma respiriamo di nuovo . Grazie infinite » . Nell ' auditorium , e anche nel Centro controllo , le parole di Charlie Duke non le udì nessuno . Perché dopo il messaggio di Armstrong , « qui base della Tranquillità , l ' Aquila ha atterrato » , la tensione si ruppe e salì al cielo un applauso che era l ' applauso più fragoroso e più lungo che avessi mai udito , e insieme all ' applauso un concerto di singhiozzi , di urli , di esclamazioni dove il sollievo si univa alla gioia , la gioia allo stupore , lo stupore all ' orgoglio , e ciò non soltanto nell ' auditorium , ma nei corridoi , nelle cabine radio , nelle stanze delle telescriventi , negli uffici , nello stesso Centro controllo dove mi dicono che Von Braun piangesse come un bambino . E piangeva Wally Schirra , e molti degli astronauti , e i direttori di volo . Il volto di Pete Conrad aveva il colore del gesso , quello di Alan Bean che scenderà con lui era terreo . Si alzò Charlie Duke , lasciò il posto a Ron Evans , spalancò la porta del Centro controllo , entrò nel recinto dei Vip e aggrappandosi a tutti balbettava : « We did it , we dit it ! Ce l ' abbiamo fatta , ce l ' abbiamo fatta ! » . Poi Duke uscì dal recinto dei Vip , si mise a correre per le stanze , per gli edifici , ripeteva « we did it , we did it , o God God God ! Dio Dio Dio ! » . Questi uomini forti , sempre freddi e sempre distaccati , questi uomini sempre convinti che una ruota debba girare per il semplice fatto che è una ruota . Ci volle un bel po ' perché si ricomponessero , ci ricomponessimo , e ripensassimo alla voce con cui Armstrong aveva detto « l ' Aquila è atterrata » . Una voce soffice , tranquilla , priva di qualsiasi emozione . Più tardi il medico di volo informò che al momento dell ' atterraggio il polso di Armstrong era salito a 156 . Lui che non va mai oltre i 70 , i 90 . Ma dalla voce non sembrava davvero , e con quel tono soffice , tranquillo , privo di qualsiasi emozione , continuò a dare le informazioni , spiegò il punto in cui era atterrato , un triangolo compreso fra una collina chiamata Zampa di gatto , una montagna chiamata Ultima freccia e un cratere detto Zeta . Finalmente lasciò che Aldrin descrivesse ciò che vedeva dal finestrino del Lai . Era tornato Charlie Duke ; il dialogo è con Charlie Duke . Aldrin : « Houston , deve esservi apparsa una fase finale molto lunga . Lo è stata . Il sistema automatico ci stava portando dritti in un campo di football , voglio dire un cratere che aveva l ' ampiezza di un campo di football , con un gran numero di massi enormi , circa il diametro di uno dei crateri minori , sicché abbiamo dovuto controllare la discesa a mano e cercare una zona ragionevolmente buona in quel campo di rocce » . Charlie Duke : « Roger . Ricevuto . Era bello da qui , Tranquillità . Chiudo » . Aldrin : « Ora entriamo nei dettagli di ciò che vedo intorno a me . Be ' , sembra una collezione di ogni specie di rocce per ciò che riguarda la forma , l ' angolosità , la granulosità . Sono estremamente varie . I colori cambiano parecchio a seconda di come li guardi nella luce . In genere non sembra esserci molto colore , direi niente affatto colore . Però sembra che alcune delle rocce e dei massi , e anche di questi ve ne sono parecchi vicini a noi , sembra che alcuni abbiano colori interessanti . Chiudo » . Charlie Duke : « Roger , ricevuto . Ci sembra che tutto vada bene , Tranquillità . Ora vi lasciamo lavorare sulla conta a rovescio simulata e poi ci riparliamo . Chiudo » . Aldrin : « Okay . Questo 16G è proprio come un aeroplano » . Charlie Duke : « Roger , roger . Tranquillità , dovete sapere che in questa stanza c ' è un mucchio di facce sorridenti , e anche in tutto il mondo » . Aldrin : « Due sono anche qui dentro » . Charlie Duke : « È stato un gran bel lavoro , ragazzi » . Fu a questo punto che intervenne la voce fra divertita e mortificata di Collins : « Non dimenticatevi di qualcuno che è dentro questa capsula » . Quel Collins sempre messo da parte e destinato a essere messo da parte , quel Collins che se ne andava solo intorno alla Luna . Nessuno gli rispose . Il dialogo fra il Centro controllo e il Lem continuò . Charlie Duke : « Tranquillità , qui Houston . Avete atterrato con un ' inclinazione di 4 gradi e mezzo . Chiudo » . Aldrin : « Sì , è confermato dai nostri strumenti . Chiudo » . « Houston , qui Columbia , Houston ! Non potreste mettermi in contatto con loro ? » , disse Collins , commovente come la sua solitudine . « Okay , Columbia . Ora ti ci mettiamo » , disse Charlie Duke . « Di ' qualcosa che possano udire , Mike . Chiudo » . « Qui Columbia . Cosa devo dire ? » . « Qualcosa che possano udire , qualcosa . Chiudo » . « Roger . Base della Tranquillità , qui Columbia . Ragazzi , visto di quassù è stato proprio straordinario . Avete fatto un lavoro straordinario , ragazzi » . « Grazie , Mike » , rispose Aldrin . « Ora tieni stretta quella base in orbita , tienila pronta per noi » . « Lo farò , Buzz , lo farò » . Poi intervenne di nuovo Armstrong . « Houston , qui base della Tranquillità . I ragazzi a Terra avevano detto di non essere certi che ce l ' avremmo fatta e invece … eravamo un po ' preoccupati dal sistema di allarme , questo sì . Proprio durante la discesa , e a parte il momento in cui dovevamo scegliere un buon posto per atterrare , voglio dire a parte una buona occhiata ai crateri nella fase finale , non m ' è riuscito di identificare bene quel che c ' era all ' orizzonte » . Charlie Duke : « Non te la prendere , Neil . A quello ci pensiamo ora . Chiudo » . « Può interessarti sapere che non ho notato e non noto difficoltà alcuna nell ' adattarmi a un sesto di gravità . Direi anzi che mi riesce naturale , spontaneo , muovermi in un sesto di gravità » . « Roger , ricevuto . Bene . Chiudo » . « Houston , ora ti do le informazioni . La mia sinistra è praticamente poco sopra il livello di un grande numero di crateri il cui diametro va dai cinque ai 50 piedi . Vedo anche molte vette montagnose alte dai 20 ai 30 piedi . E migliaia , letteralmente migliaia di minuscoli crateri larghi un piede o due . Di fronte a me , a qualche centinaio di piedi , vi sono alcuni blocchi di roccia irta e angolosa , dai bordi appuntiti , alti circa due piedi . E c ' è una collina sul nostro orizzonte , proprio in linea diretta con i due finestrini . Giudicarne la distanza è impossibile , ma direi un miglio o mezzo miglio » . Mike Collins : « Sembra molto meglio di ieri , Neil , quando si guardava in quell ' angolatura bassa del Sole . Ieri il terreno appariva accidentato come una pannocchia di granoturco » . « Era davvero accidentato , Mike . Nella zona di atterraggio era estremamente punteggiato di crateri e di pietre . Alcune pietre … più grandi di cinque o 10 piedi » . « Nel dubbio , atterra lungo » . ( È una espressione dei piloti : « When in doubt , land long » . Gran parte delle loro frasi erano nel linguaggio dei piloti : per esempio non dicevano « non preoccuparti » , dicevano « niente sudore , no sweat » . E non dicevano « chiudo » , dicevano « break , break , rompi , rompi » ) . « È quel che abbiamo fatto , Mike » . Charlie Duke : « Tranquillità , qui Houston . Vorremmo che tu mettessi in funzione il memory E . Chiudo . Columbia , qui Houston . Per te abbiamo un P22 , se sei pronto a ricevere » . Mike Collins : « Sissignore , ai tuoi ordini » . Armstrong : « Dunque , dicevo , direi che il colore della superficie intorno a noi è paragonabile a quello che abbiamo osservato in orbita : a 10° di angolatura del Sole . È un colore sostanzialmente senza colore , grigio bianco , molto bianco , e il grigio è gessoso quando guardi alla fase zero . Però quando guardi a un ' inclinazione di 90° è un grigio molto più scuro , è un grigio cinereo , color della cenere . Alcune delle rocce che sono state investite o rotte dal razzo sono all ' esterno di un color grigio chiaro e all ' interno di un grigio scuro , scurissimo , quelle rotte , mi spiego . Sembrano basalto » . Interruzione di Charlie Duke : « Tranquillità , qui Houston . Per favore depressurizzate di nuovo il carburante e l ' ossigeno . Stanno salendo troppo » . Armstrong : « Okay carburante e ossigeno in partenza » . Charlie Duke : « Tranquillità , ho detto che potete aprire sia il carburante che l ' ossigeno . Chiudo » . Armstrong : « Okay , okay » . Charlie Duke : « Tranquillità , ripeto : depressurizzate il carburante . Depressurizzate , depressurizzate ! Sta aumentando rapidamente di pressione . Chiudo » . Armstrong : « Ma noi segniamo 30 Psi del carburante e 30 di ossigeno » . ( Psi significa Pound square inch , cioè libbre ogni pollice quadrato ) . Charlie Duke : « Noi leggiamo qualcosa di diverso sui nostri strumenti . Per favore , depressurizzate il carburante e l ' ossigeno ho detto » . Armstrong : « Okay depressurizziamo . Teniamo aperto . Ora l ' ago segna 21 Psi . E ora 20 . E ora 15 . E ora 0» . Charlie Duke : « Bene , chiudi , grazie » . Armstrong : « Chiuso . Dai finestrini non abbiamo potuto vedere le stelle , avevamo la visiera dell ' elmetto calata . Ora Buzz tenta di vederle con le lenti ottiche , io sto guardando la Terra . È grande e lucente e bella » . Charlie Duke : « Tranquillità dev ' essere proprio un gran bello spettacolo . Chiudo . Columbia , qui Houston . Mancano due minuti al vostro Los . ( Loss of signal , cioè perdita di contatto con la Terra , quando l ' astronave passa dall ' altra parte della Luna . Mike Collins stava infatti dirigendosi verso l ' altra faccia della Luna ) . « Mike , sei proprio bello mentre te ne vai sopra la collina . Chiudo » . Collins : « Okay grazie . Sono contento di sapere che anch ' io funziono bene . Avete nulla da suggerire ? La posizione che tengo mi sembra giusta » . Charlie Duke : « Perfetta . Mike » . Collins : « Sarebbe anche ora di mangiare , no ? » . Charlie Duke : « Ripeti » . Collins : « Be ' , non importa » . Charlie Duke : « Mike , tieni quella posizione . È buona » . Collins : « Grazie » . E sparì dall ' altra parte della Luna , a volare solo in quel nulla fatto di silenzio . Per un ' ora non avrebbe potuto comunicare con nessuno , sapere ciò che accadeva ad Armstrong e a Aldrin , dire quel che accadeva a lui , per esempio , se avesse potuto dire l ' invidia , la malinconia che provava a pensare di non poter scendere sopra la Luna , lui : essere arrivato fin quasi a toccarla e non toccarla , girarci intorno come Caino e perdersi tutta la gloria , rendendosi conto che quando parlavano a lui era quasi per gentilezza , di lui non si curavano affatto o ben poco , tutta l ' attenzione era per Armstrong e Aldrin , e a lui era toccato proprio il lavoro peggiore : povero Mike . Poi , erano ormai le 4 e mezzo del pomeriggio , il medico di volo annunciò che Armstrong e Aldrin si sarebbero messi a mangiare , subito dopo a dormire . Uscimmo , dall ' auditorium . La pioggia era cessata , colava a picco un sole bollente , accecante ; e la Nasa brulicava di folla . In segno di festa avevano improvvisamente aperto i cancelli , e sotto una copia del Lem , in mezzo al prato dell ' edificio numero uno , erano accampati una dozzina di neri , giunti apposta da Washington per dimostrare contro il viaggio sulla Luna e sfruttare la presenza dei giornalisti . Si riparavano dal sole con ombrelli neri e battendo le nocche sull ' asta dell ' ombrello cantavano : « Hanno la Luna in mano , hanno Neil Armstrong in mano , hanno Buzz Aldrin in mano , hanno il Vietnam in mano , hanno i bambini che muoiono di fame in mano , hanno la potenza in mano , hanno l ' ingiustizia in mano » . La maggior parte erano donne ben vestite o grasse , e c ' era anche una ragazza bianca con i capelli biondi e i blue - jeans . Arrivò la polizia ; dolcemente , per non dare scandali , li invitò ad andarsene . Alle cinque e mezzo si seppe che Armstrong e Aldrin non sarebbero andati a dormire dopo mangiato : per la prima volta avevano infranto il programma e dimostrato qualcosa di umano , l ' impazienza . E con impazienza avevano chiesto il permesso di prepararsi a uscire subito sulla Luna e il permesso gli era stato accordato . L ' avvenimento era atteso per le otto e mezzo di sera e quel giornalista ripeteva : « Io non ci riesco , io non ci riesco . Ci vuole Omero » . I am at the foot of the ladder , sono ai piedi della scaletta A Houston , quella sera , non si vedeva la Luna . Era coperta da nubi fitte , nuovamente gonfie di pioggia . E in quel cielo senza Luna , nuovamente gonfio di pioggia , arrivarono le otto e mezzo che divennero presto le nove : alle otto e mezzo Armstrong e Aldrin non erano ancora pronti a uscire . Le nove divennero presto le nove e mezzo : neanche alle nove erano ancora pronti a uscire . Alle nove e mezzo il Centro controllo annunciò che erano pronti e mancava circa un quarto d ' ora all ' apertura dello sportello . Allora nell ' auditorium ci mettemmo a fissare l ' enorme schermo dove si avvicendavano , allineate , le informazioni dei cervelli elettronici . L ' informazione che ci interessava era al penultimo rigo , dove stava scritto Plss . Significa : Post landing survival system , ed è in sostanza il contenitore di ossigeno che gli astronauti si attaccano dietro le spalle e poi mettono in funzione al momento in cui la cabina del Lem viene depressurizzata e lo sportello si apre . Accanto alla parola Plss leggevi , fino alle 9.45 , 00 : 00,00 . Ma alle 9.45 l ' ultimo zero divenne un uno e poi un due e poi un tre e i secondi divennero con velocità pazza minuti e sapemmo che la cabina era stata depressurizzata , lo sportello aperto . In principio ci furono solo le voci . Infatti la macchina da presa della televisione era chiusa in un settore del Lem che poteva essere azionato solo dall ' esterno e , per azionarlo , Armstrong doveva uscire , poi scendere fino a metà scaletta . Le voci giungevano a noi molto nitide e non eran le solite voci di pietra , erano voci molto preoccupate , molto incerte . Soprattutto quella di Armstrong che finalmente tremava come deve tremare la voce di un uomo che la prima volta mette piede sulla Luna . Tremavamo anche noi , però . Dio , come tremavamo . Voce di Armstrong : « Bene … » . Voce di Aldrin : « Quasi pronti per andare giù a prendere … » . Voce di Armstrong : « È giù il mio indicatore ? Okay , ora siamo pronti ad agganciare Lec » ( Launch escape control , cioè la corda per calare le scatole di alluminio e gli strumenti ) . Voce di Aldrin : « Ora che vai giù , Neil , metti il sacchetto così , È meglio . Neil , te lo sei legato ? » . Voce di Armstrong : « Sì , ora bisogna agganciare questo » . Voce di Aldrin : « Questo lascialo qui » . Voce di Armstrong : « Sì » . Voce di Aldrin : « Okay , la visiera , Neil . Abbassala . Neil , stai voltando le spalle alla passerella della scaletta . Avanti . Su . Bene . L ' hai trovata … un po ' più verso di me . Neil … ora dritto . Giù … riposati un poco » . Lo guidava nel modo in cui si guida un cieco che impara a camminare nel buio . Affettuosamente , prolissamente . Lo guidava nel modo in cui i pesci guidarono il pesce che uscì in cerca della riva asciutta , allargando le branchie per respirare l ' ossigeno . E la riva era questa distesa di sabbia sconosciuta grigia e ostile . Voce di Aldrin : « Neil , te la stai cavando proprio bene , Neil . Torna verso di me ancora un poco . Okay , giù . Muoviti … Tira giù a sinistra … okay . Ora va meglio . Sei sulla piattaforma . Metti il piede sinistro un po ' a destra . Così . Bene . Girati un poco a sinistra » . Voce di Armstrong : « Okay , ora controllo questi sacchetti » . Voce di Aldrin : « Non subito , aspetta . I sacchetti dopo . Girati un po ' a destra . Ecco , ora va meglio » . Voce di Armstrong : « Va bene così ? » . Cercava l ' approvazione dell ' altro come un bambino e all ' improvviso persino la sua voce sembrava quella di un bambino . Così mite , esitante , gentile . « Va bene così ? » . Voce di Aldrin : « Benissimo , Neil . Hai molto posto alla tua sinistra » . Voce di Armstrong : « Come me la cavo , Buzz ? » . Voce di Aldrin : « Bene , ti ho detto . Bene . Ora li vuoi quei sacchetti ? » . Voce di Armstrong : « Sì . Dammeli . Okay , Houston . Sono sulla passerella . I am on the porch » . Voce di Aldrin : « Resta un minuto dove sei , Neil » . Voce di Armstrong : « Okay » . Voce di Aldrin : « Ho bisogno di allentare un poco la corda , Neil » . Voce di Armstrong : « Hai bisogno di allentarla , Buzz ? » . Voce di Aldrin : « Aspetta un minuto » . Voce di Armstrong : « Okay » . Voce di Aldrin : « Okay , tutto è bello e pieno di sole qui » . Voce di Armstrong : « Vuoi tirare un poco più su lo sportello aperto ? » . Voce di Aldrin : « Ora lo tiro » . Voce di Armstrong : « Houston , la Mesa è venuta giù bene » . ( La Mesa è il Modularized equipment stowage assembly , cioè il pacco che contiene le batterie per l ' erogazione dell ' ossigeno e per la camera da presa della tv , gli utensili per raccattare le rocce , e i sacchetti per i campioni lunari eccetera ) . Bruce McCandless , dal Centro controllo : « Qui Houston . Neil , prendiamo nota e aspettiamo la televisione » . Voce di Armstrong : « Houston , qui Neil . Prova il contatto radio » . Bruce McCandless : « Neil , qui Houston . La radio funziona , ti udiamo bene e chiaro . Chiudo . Buzz , qui Houston . Prova anche tu la radio e verifica il circuito tivù » . Voce di Aldrin : « Roger . Circuito tivù aperto » . Armstrong dovette aprirlo , allungando la mano sinistra , proprio mentre parlava con Houston perché in quel preciso momento gli schermi si illuminarono e vedemmo ciò che vedeste voi , ciò che vide tutto il mondo , vedemmo la zampa del Lem , e la parte inferiore del Lem , e l ' orizzonte della Luna . E poi vedemmo quel piede , quel grande piede che scendeva a cercare il piolo della scaletta , era un piede sinistro e scendeva così lento , così cauto , ma allo stesso tempo così deciso . E dal Centro controllo Bruce McCandless gridò : « Man ! Riceviamo un ' immagine sulla tivù ! Oh , man ! » . E Aldrin , tutto contento , rispose : « Bella immagine , eh ? » , e Bruce McCandless aggiunse : « Neil , Neil ! Ti vediamo scendere per la scala a pioli ! » . Erano le 9.56 , ora di Houston . E nell ' auditorium tutti ripetevano con Bruce McCandless : « Man ! Oh , man ! » . Che vuol dire uomo . Uomo , non Dio . E mentre invocavano l ' uomo invece di Dio , Armstrong risalì di due o tre scalini , a provare se ciò gli costava fatica , ma non gli costava nessuna fatica e riprese a scendere cauto , deciso . E presto lo vedemmo tutto intero , prima la tuta bianca e poi il casco : fu all ' ultimo piolo dove ebbe un momento di esitazione perché l ' ultimo piolo è assai alto , per scendere sopra il piattello della zampa del Lem bisogna fare quasi un saltino , e sembrò quasi che gli mancasse il coraggio di fare il saltino , il coraggio di uscire dall ' acqua , lasciare l ' ultima onda e gettarsi sopra la riva . Ma poi il coraggio gli venne , e si buttò giù e fu dentro il piattello . E le sue prime parole sulla Luna furono queste : « Sono ai piedi della scaletta , I am at the foot of the ladder … i piedi del Lem sono affondati nella superficie per circa uno , due pollici … la superficie tuttavia appare molto , molto granulosa quando ti avvicini . È come polvere . Fine , molto fine . Ora esco dal piattello del Lem » . È questo che disse . La frase su cui fecero i titoli la disse dopo . La frase che tutti avevano tentato di indovinare , cosa dirà Neil al momento di fare il primo passo sopra la Luna , dirà fantastico , dirà perbacco ragazzi , e lo avevano tormentato tanto , povero Armstrong , lo avevano esasperato al punto che per non deludere l ' attesa lui ci aveva pensato , alla frase , e l ' aveva trovata , e l ' aveva confidata a una sola persona : sua madre . L ' ha raccontato lei stessa : « Venne a domandarmi cosa ne pensavo , sembrava così preoccupato , e io gli dissi che mi sembrava un bel discorso . Allora mi fece giurare che non l ' avrei detto a nessuno » . Non era un gran bel discorso , ammettiamolo . Era una frase retorica , e suonava un pochino falsa , un pochino buffa , dentro il suo gergo tecnico da pilota . Oh , quasi ne fosse cosciente , Armstrong la pronunciò molto in fretta , in un sussurro carico di imbarazzo : « That ' s one small step for man , one giant leap for mankind . Questo è un piccolo passo per l ' uomo , è un salto gigantesco per l ' umanità » . Però si riprese immediatamente , tornò immediatamente se stesso , e ciò accadde quando staccò le mani dal Lem e andò avanti , e incominciò a spiegare quel che vedeva : « La superficie è fine e polverosa , posso sollevarla con la punta delle mie scarpe : aderisce alla suola e ai lati delle mie scarpe in strati simili a polvere di carbone . Affondo solo in una piccola frazione di pollice , forse l ' ottava parte di un pollice . Ma posso vedere le impronte delle mie scarpe e i miei passi sopra la sabbia » . E poi accadde qualcosa di molto imprevisto , di molto fantastico : si mise a correre , proprio a correre . Si allontanava come spinto dal vento e come spinto dal vento tornava : improvviso , leggero . E Bruce McCandless esclamò : « Neil ! Neil ! » . Non se l ' aspettava nessuno . Sulla Terra è così difficile muoversi con quella tuta addosso : pesa 80 chili ed è più rigida di uno scafandro . Naturalmente alla Nasa avevano calcolato che sulla Luna essa avrebbe pesato neanche 13 chili e mezzo , cioè un sesto , però anche il corpo avrebbe pesato un sesto , e così avevan concluso , il rapporto sarebbe rimasto identico . E in tal conclusione ci avevan descritto i movimenti di Armstrong sulla Luna come visti al rallentatore : ecco invece che Armstrong correva . Balzi e lanci che avevano qualcosa di assurdo , ricordavano Charlot nelle sue farse mute , per qualche secondo su al Centro controllo temettero quasi che fosse impazzito e quando capirono d ' essersi sbagliati , d ' aver mal calcolalo l ' effetto di un sesto di gravità , cominciarono a ridere divertiti , liberati , tanto più che la voci di Armstrong era davvero tranquilla mentre diceva : « Al contrario di ciò che ci aspettavamo sembra non esserci difficoltà alcuna a muoverci qui . Forse è perfino più semplice di quanto lo fosse nei simulatori , non dà proprio nessuna noia camminare in un sesto di gravità » . E poi : « Il moto di discesa non ha lasciato nessun cratere . Di nessuna forma , di nessuna ampiezza . Il suolo sotto il motore è solo un poco più chiaro per lo spazio di un piede . Siamo in un posto molto piano , posso vedere alcune tracce di raggi che emanano dal motore di discesa , ma assolutamente insignificanti . Okay , Buzz , siamo pronti per portare giù la macchina fotografica » . « Pronti » , rispose Aldrin . « Sembra che tutto risulti facile e uniforme , Neil » . « Abbastanza , Buzz . Ma è molto buio qui quando si è nell ' ombra , e mi è difficile vedere se cammino bene . Mi farò strada verso la luce del Sole stando attento a non guardare direttamente nel Sole » . Aldrin gli calò la macchina fotografica , attraverso la corda . Lui la prese e continuò a descrivere con la precisione di un cronista radiofonico . « Ora guardo il Lem stando direttamente nell ' ombra e vedo Buzz nello sportello . Evitando il Sole vedo tutto molto bene . La luce è sufficientemente chiara , si riflette nel Lem , e ogni immagine è nitida … Ora mi muovo e prendo le prime fotografie . Okay , ora mi accingo a prendere un campione del suolo » . Volò verso il pacco degli utensili , ne estrasse il bussolottino per raccogliere il suolo destinato ai geologi . Allungò il manico e chinandosi un poco si accinse a tuffarlo nella superficie sabbiosa . « Interessante ! Molto interessante ! È superficie così morbida eppure , qua e là , usando l ' utensile per raccogliere il campione del suolo , trovo una superficie durissima . Sembra materiale identico a quello sabbioso , eppure è molto coesivo . Ora provo a raccattare anche un sasso . Ecco un paio di sassi » . « A giudicare di qui , sembrano belli anche i sassi . Neil » , disse Aldrin . « Questo posto ha una sua bellezza , Buzz . Assomiglia molto al deserto degli Stati Uniti . È deserto , sì , ma è molto bello . Houston , dovete sapere che molte rocce , qui , le rocce dure , sembrano vescicolari . ( Piccole rocce rotonde , di origine vulcanica . Chiamate così perché presentano cavità provocate dall ' esplosione interna dei gas ) . Di origine vulcanica , penso . E ce n ' è una che sembra una specie di monocristallo » . Nel giro di 20 minuti aveva acquistato una straordinaria confidenza in se stesso , si era completamente assuefatto alla Luna . E noi con lui . Niente più tremiti ormai , niente più paura : a vederlo così tranquillo , quasi dimenticavi che lo spettacolo paradossale si svolgeva lassù , ti sembrava d ' essere al cinematografo a guardare un film di fantascienza , e a poco a poco anche il film non ti stupiva più , anzi diventava credibile , normale , ovvio . Qualcuno , accanto a me , sbadigliò . Qualche altro disse che gli era venuta voglia di andare a bere un caffè : tanto , cosa si perdeva ? Be ' , scende Aldrin , gli venne risposto . E lui alzò le spalle , se ne andò a bere il caffè . Aldrin , lo capivi dal fatto che non si muovesse dalla passerella , fremeva di impazienza . Dopo tutto avrebbe dovuto essere lui il primo uomo a camminare sulla Luna , mica Neil Armstrong . Secondo i piani della Nasa infatti il privilegio spettava al pilota del Lem , non al comandante della missione , ed era stato Armstrong a puntare i piedi , a pretendere di mutare le precedenze , sicché Aldrin aveva dovuto chinare il capo , accettare . Per alcuni mesi ciò aveva causato tra i due astronauti un ' ostilità sorda e sebbene negli ultimi tempi essa si fosse un poco allentata , neanche alla vigilia della partenza era scomparsa del tutto . E chi li conosce comprese che in quel momento , sulla Luna , essa rifioriva . « Neil , sei pronto a farmi uscire ? » . « Sì , ma aspetta un secondo . Prima lascio scorrere la corda . Okay ? » . « Okay . L ' hai scorsa , Neil . Ora sei pronto a farmi scendere ? » . « Sì , un attimo … » . Ce li faranno vedere molto amici quando , insieme , li porteranno in giro per questa Terra . Ce li racconteranno fratelli , possono non esser fratelli due uomini che sono stati insieme sulla Luna ? Certo . Loro due ad esempio non lo sono per niente . Toccava a Aldrin , che era ai comandi del Lem , e non a Armstrong , dire : « Qui , base della Tranquillità ; l ' Aquila è atterrata » , e sulla Luna toccavano a Aldrin tante altre piccole o meno piccole cose che invece Neil Armstrong volle fare da sé . Vedi , nemmeno a contatto con l ' infinito un uomo diventa grande se in lui non v ' è grandezza . Andar sulla Luna non ci rende certo migliori . « Neil , sei pronto a farmi uscire ? » . Armstrong : « Tenterò di sorvegliare il tuo Plss . Ma hai visto che razza di difficoltà ho avuto prima ? » . Aldrin : « Roger . La macchina da presa è nella posizione giusta ? » . Armstrong : « Roger . Mi pare che il tuo Plss vada bene . Prosegui . Le scarpe ora sono proprie al limite della soglia . Okay ; ora lascia scivolare giù il Plss . Ecco , bravo , bene . Perfetto » . Avresti detto che Armstrong contribuisse a sdrammatizzare , qualsiasi fosse la ragione . Ma non era stato lui il primo , il primo , il primo ? E per quanto fosse difficile trovare la passerella e la scala non era stato lui ad affrontare per primo la passerella e la scala ? Non era tutto più semplice , ora , per Buzz ? « Okay , Buzz . Sei proprio al limite della passerella » . Aldrin : « Okay . Però rientro … con un piccolo movimento del piede … all ' inizio della passerella . Piego un poco le spalle … spero di andare bene … perché voglio chiudere un po ' lo sportello . Stando attento a non bloccarci fuori , però » . Armstrong : « Questa mi sembra una gran bella idea . Attento a non chiuderci fuori » . Lo disse con ironia , o forse con umorismo , ma Aldrin non è molto sensibile né all ' una né all ' altro . E non raccolse . « Questa è la nostra casa per le prossime ore , Neil . Voglio averne cura » . Chiuse un po ' lo sportello , tornò . « Okay , Neil . Sono sul primo scalino e posso vedere i piattelli delle zampe del Lem . Ora sono sul secondo scalino , ora sul terzo . È molto semplice scendere » . Armstrong : « Sì l ' ho trovato molto comodo e anche camminare , anche camminare è molto comodo . Hai ancora tre passi da scendere e poi quello lungo » . Aldrin : « Okay … lascio il piede dov ' è … abbasso l ' altro … metto le mani su un piolo … ora faccio lo stesso con … » . Armstrong : « Ecco … bene . Giù … Abbassa ancora il piede … giù … ce l ' hai fatta . È un bel saltino , eh ? Circa tre piedi » . E Aldrin fu a terra ; pieno di esclamazioni gioiose . « Bello ! Bello ! » . Armstrong : « Non è straordinaria questa vista ? Proprio una vista magnifica » . Aldrin : « Magnifica è la definizione giusta , Neil » . E anche lui fece i primi passi , e provò a correre e gli piacque , e continuò . Anche lui notò che la superficie era sabbiosa , porosa , anche lui si mise presto a raccogliere gli esemplari di suolo e di sassi , e tale era la disinvoltura con cui si muovevano entrambi che sembrava andassero in cerca di funghi , in una campagna priva di alberi , immersa in un silenzio rotto solo dal frinire dei grilli . « Tu le hai trovate le rocce rosse ? » . « Sì . Sono piccole e scintillano … si direbbe biotite » . Riempirono la prima scatola , fissarono alla gamba del Lem la famosa placca che dice : « Due uomini giunti dal pianeta Terra misero piede per la prima volta sopra la Luna , nel luglio del 1969 dopo Cristo » . E spostarono la macchina da presa della tv e la misero abbastanza lontana perché si vedesse il Lem per intero , loro insieme al Lem , e di tanto in tanto Armstrong ci regalava una lezioncina di geologia , spiegando le rocce che vedevano , le colline , i crateri , mentre Aldrin tentava di dire la sua senza troppo successo giacché il comandante gli portava sempre via la parola . Ma poi accadde il colpo di scena che avrebbe causato il dramma . Accadde 45 minuti dall ' uscita di Armstrong , quando Collins riapparve all ' orizzonte , sorgendo come una stella . « Houston , Houston ! Qui Columbia , Columbia ! Che succede laggiù ? » . « Procede tutto bene , splendidamente . Credo che fra poco pianteranno la bandiera » , rispose Bruce McCandless . « Straordinario , straordinario ! » . « Mike , tu sei l ' unica persona al mondo che non possa vederli in tivù » . « Non importa , non importa . Sono contento lo stesso . Funziona bene la tivù ? » . « È bellissima , Mike . Davvero bellissima » . « Oh , come sono contento ! Hanno abbastanza luce ? » . « Sì , sì Mike . E ora hanno tirato fuori la bandiera . Puoi vedere le stelle e le strisce della nostra bandiera sulla superficie lunare » . « Che bellezza , Bruce , che bellezza ! » . Armstrong e Aldrin avevano tirato fuori la bandiera americana , una normale bandiera di stoffa ma sostenuta da una intelaiatura di fili d ' alluminio . E con non pochi sforzi , a furia di martellate , l ' avevan piantata proprio dinanzi al Lem . Lì ora stava , rigida come una bandiera di latta , a nutrire la nostra sorpresa giacché c ' eran state tante discussioni sull ' opportunità di portarla o no sulla Luna e sembrava che avessero vinto quelli secondo i quali la cosa non sarebbe apparsa di eccessivo buon gusto . La sorpresa più grossa però non fu nemmeno la bandiera , che , buon gusto o no , gli americani avevano tutto il diritto di tirare fuori . O il colpo di scena che resterà alla storia come la telefonata lunare di Nixon . Voci eran corse , negli ultimi giorni , sulla possibilità che essa avvenisse : ma neanche i pochi che ci avevano creduto si aspettavano un intervento così discutibile . Sicché ecco Buzz Aldrin e Neil Armstrong sugli attenti , ecco Neil Armstrong che risponde con il suo discorsino imparato a memoria perché lui prima della partenza sapeva , ecco Buzz Aldrin che risponde col saluto militare portando la mano destra al casco , e la macchina da presa che inquadra loro due , il Lem , la bandiera . Nell ' auditorium si udì un lamento soffocato : « Oh , no ! » , e qualcuno osservò , finalmente , quanto è umiliante pensare che quei due uomini scelti a rappresentare tutti gli uomini erano stati volontari in Corea , dove avevano gettato quintali di bombe , di napalm , su villaggi indifesi . Qualcuno osservò , umilmente , che in quel momento , proprio in quel momento , centinaia di creature stavano morendo in Vietnam ; uccise dagli uomini che son tanto bravi , tanto intelligenti , tanto coraggiosi , sanno andare sulla Luna e sbarcarci e camminarci , poi sulla Terra si ammazzano come le bestie . Solo qualcuno , si intende , infatti la gran maggioranza degli americani seduti dinanzi alla televisione apprezzarono molto la trovata di Nixon , e anche nell ' auditorium balzarono in piedi applaudendo , un applauso più lungo di quello scoppiato otto ore prima per l ' allunaggio . Labbra tremanti , occhi lucidi , lacrime , e il primo a commuoversi fu proprio Armstrong : come dimostrò la sua voce rotta da un principio di pianto , e il suo cuore prese a battere quasi impazzito sicché le pulsazioni salirono da 90 a 125 e poi a 150 . Come quelle di Aldrin , oltre tutto causando un consumo maggiore di ossigeno : mentre la cerimonia rubava minuti preziosi e preparava il dramma che nessuno avrebbe notato ma che per un pelo rischiò di lasciarli lì sulla Luna . Quattro minuti son tanti quando vai sulla Luna con molte cose da fare e una scorta limitata di ossigeno . L ' intrusione di Nixon era appena cessata che i due astronauti si accorsero di aver perso tempo eccessivo . Allora , colti da una fretta che gli ignari scambiarono per euforia , si precipitarono a fare le cose , dare le informazioni che non avevano ancora dato : con un ' intesa che ormai metteva da parte ogni rivalità , od ostilità . Aldrin : « Vorrei dimostrare i vari modi che una persona ha di camminare sulla superficie della Luna . Okay , questo è il passo del canguro : saltare a piedi uniti in avanti . Così si evita di ruotare il corpo muovendo un piede per volta . Bisogna stare attenti a tenere la rotta che segue il centro di massa : a volte ci vuole la distanza di due o tre passi per ricadere sui piedi . Non mi sembra una soluzione buona come si credeva » . Armstrong : « Il salto del canguro funziona , ma non mi sembra buono come il modo convenzionale spostando un piede dopo l ' altro . È difficile dire cosa è meglio , ma a mio parere il meglio è il passo normale che uso ora . Ci si stanca un po ' dopo qualche decina di metri , ma forse dipende da questa tuta , non dal passo » . Aldrin : « Il colore blu delle mie scarpe è completamente scomparso sotto questo colore del suolo che gli si è appiccicato . E che non saprei come descrivere . Diciamo un marrone cenere . Copre gran parte delle mie scarpe di piccolissime particelle » . Armstrong : « Queste rocce sembrano di basalto e probabilmente contengono il due per cento di minerali bianchi : questi cristalli bianchi . Credo che i crateri piccoli siano il risultato di piccoli meteoriti , che hanno colpito la superficie » . Ma erano indietro di tante cose da fare . La raccolta dei sassi con cui riempire la seconda scatola . L ' impianto degli strumenti scientifici per misurare il vento solare , per trasmettere le scosse sismiche alla Terra , per raccattare le possibili spore sospese nel vuoto . Altre fotografie . E dopo ci sarebbe stato da sistemare a bordo le scatole , e Neil Armstrong era lì da un ' ora e 40 , Buzz Aldrin da un ' ora e 20 , ben presto sarebbe scaduto il periodo di tempo consentito dal Plss . In tale consapevolezza si affaccendavano come laboriose formiche , ma neanche questo bastava , dovettero chiedere , un supplemento di 15 minuti che il Centro controllo accordò . A condizione che fossero 15 minuti per Armstrong , dieci per Aldrin , e non di più . Di qui il dramma . Armstrong : « Houston , qui Neil , di quanto siamo in ritardo , ora ? » . Bruce McCandless : « Presto non avrete che dieci minuti per completare tutte le operazioni sulla superficie , Neil » . Armstrong : « Capisco » . Bruce McCandless : « Vi interesserà sapere , Neil , che il sismografo appena piazzato ci ha trasmesso qualche segnale da cui risultano brevi oscillazioni » . Armstrong : « Bene . Ma siamo indietro . Buzz sta piantando il tubo per estrarre dal sottosuolo il campione di Luna » . Aldrin : « Houston , spero che vediate la fatica , è duro a piantare questo tubo nel suolo , farlo scendere di cinque pollici non è facile » . Bruce McCandless : « Roger … » . Aldrin : « Fatto , Bruce . Ora lo tiro fuori . Strano ! Sembra quasi bagnato » . Bruce McCandless : « Neil e Buzz , qui Houston … » . Aldrin : « Un minuto , un minuto Bruce ! » . Armstrong : « Houston , aspettate un minuto » . Bruce McCandless : « Vorremmo che prendeste un altro campione del sottosuolo e sistemaste lo strumento per il vento solare . Chiudo » . Aldrin : « Fatto . Intanto tu potresti occuparti delle rocce , Neil » . Armstrong : « Speriamo di averne il tempo » . Bruce McCandless : « Buzz , qui Houston . Vi restano all ' incirca tre minuti , Buzz . Dovete terminare tutto entro tre minuti . Chiudo » . Aldrin : « Roger . Capisco » . Facevano pena , si soffriva per loro . Vederli affannati così per riprendere il tempo perduto nelle cerimonie presidenziali , negli alzabandiera . E quell ' ossigeno che diminuiva diminuiva . Per la fatica e la preoccupazione le pulsazioni di entrambi erano salite a ben 165 . Bruce McCandless : « Buzz , Buzz , manca un minuto ! » . Aldrin : « Roger » . Bruce McCandless : « Neil , è tempo di chiudere la vostra Eva ».(Extra vehicular activity , cioè l ' attività all ' esterno del Lem ) . Bruce McCandless : « Vorrei ricordarvi anche di togliere i film dalle macchine fotografiche e dalle macchine da presa prima di tornare sul Lem » . Aldrin : « Okay . Ne hai qualcuno con te , Neil ? » . Armstrong : « No , le macchine sono sotto la Mesa , devo prendere i film quando ripongo le scatole . Ora raccolgo diversi frammenti di roccia vescicolare » . Bruce McCandless : « Devi fare in fretta , Neil . In fretta » . Aldrin : « Quelle rocce , non le hai mica documentate , Neil ? » . ( Nel programma era richiesto che almeno una parte delle rocce raccolte fossero catalogate con la descrizione del punto in cui erano state raccolte e l ' enumerazione delle pietre nelle immediate vicinanze ) . Armstrong : « Ancora no » . Aldrin : « Temo che non ce ne sia più il tempo , Neil » . Bruce McCandless : « Neil e Buzz , guardiamo di fare presto con quei film da togliere alle macchine e con la chiusura delle scatole che contengono le rocce . Siamo davvero in ritardo , Neil e Buzz . Vogliamo lasciare un po ' di margine a quell ' ossigeno che vi portate addosso » . Armstrong : « Roger … » . Aldrin : « Aiutami , Neil . Infilami questo in tasca mentre io mi avvio verso la scaletta , io lo reggo , tu aprimi la tasca » . Armstrong : « Lascia andare la tasca » . Aldrin : « Fatto » . Armstrong : « Okay » . Aldrin : « Adios , amigo » . Armstrong : « Okay » . Aldrin : « Bruce , vuoi nulla prima che salga ? » . Bruce McCandless : « No » . Aldrin : « Su vieni , Neil » . Armstrong : « Okay » . Aldrin : « Neil , hai preso … » . Armstrong : « Sì sì . È lì , è lì » . Aldrin : « Hai tolto i film ? » Armstrong : « Sì sì » . Aldrin : « Okay , vado avanti » . Armstrong : « Okay » . Aldrin salì su per la scaletta facendo un salto che lo portò quasi al terzo scalino . Su , in volo come un angelo . Armstrong invece restò giù a fissare alla terra il cavo di alluminio . Poi Aldrin fu sulla passerella e cominciò a far scorrere la corda per tirar su le scatole . Tutte le macchine da presa , le macchine fotografiche , gli utensili , erano stati abbandonati dentro un ' altra scatola che sarebbe rimasta per sempre ai piedi del Lem . Il peso doveva essere equilibrato fino all ' ultimo grammo e le rocce pesavano abbastanza da compensar tutto ciò che veniva buttato via . Aldrin : « Lascia andare ora , Neil , non penare più . Lascia andare , ci penso io a questo . Tu affrettati » . Armstrong : « Allora mentre ti occupi di quello io tolgo i fili della Hasselblad » . Bruce McCandless : « Neil , qui Houston . Vogliamo un controllo dell ' Emu . Chiudo . ( Extravehicular mobility unity , cioè il contenitore dell ' ossigeno che si portano alle spalle ) . Armstrong : « Roger . Tre virgola otto . Ho 54 sul due e nessuna bandiera » ( La bandiera è un segno di allarme che si accende quando qualcosa non va . Ad esempio l ' ossigeno ) . Aldrin : « Anch ' io » . Bruce Me Candless : « Ve la cavate ancora bene con il Plss . Ma svelti ! » . Aldrin : « Come va . Neil ? » . Armstrong : « Okay . Ho agganciato anche la seconda scatola e puoi tirarla su » . Aldrin : « Okay . Porgimela e io la tiro . Bene , così , piano » . Armstrong : « Un momento , un momento . Buzz … » . Aldrin : « Okay . Presa . Ti senti meglio ora , Neil ? » . Armstrong : « Andiamo , andiamo , Buzz ! » . Armstrong salì sulla scaletta senza quel volo di angelo . Si arrampicò velocemente piolo per piolo , e fu sulla passerella . Ora le loro scorte di ossigeno stavano davvero per estinguersi . Le avevano pompate per ben due ore e 40 minuti , il tempo limite . Un po ' di più e sarebbero soffocati . Li vedemmo sparire dentro il Lem e di nuovo essi diventarono due voci e basta . Voce di Aldrin : « Okay , inarca la schiena , Neil . Bene . C ' è posto , c ' è posto . Metti la testa giù , così . Muovi il piede dallo sportello » . Voce di Armstrong : « Okay » . Voce di Aldrin : « Lo sportello è chiuso a scatto e sprangato . Siamo dentro , al sicuro » . Era mezzanotte passata , vedemmo chiudere quello sportello e poi udimmo Bruce McCandless che ne informava Mike Collins : « Columbia , Columbia , qui Houston , l ' equipaggio della base della Tranquillità è rientrato nel Lem e ha ripressurizzato la cabina . Tutto è andato splendidamente . Chiudo » . E Mike Collins rispose : « Alleluia » . Anche l ' antenna televisiva e la camera da presa erano state abbandonate sulla superficie lunare . Così , dopo che lo sportello fu chiuso , la televisione continuò a trasmettere l ' immagine ferma di quella bandiera e del Lem . Li guardavi , soli in mezzo a quelle rocce , e ti sembrava di aver vissuto un sogno di cui restava solo una fotografia . Poi anche il contatto con la televisione fu tolto e sullo schermo non ci fu più nulla e ci dissero che Armstrong e Aldrin s ' erano messi a dormire . We did it , ce l ' abbiamo fatta L ' alba si levò con l ' angoscia , quel lunedì 21 luglio . A mezzogiorno e 55 il Lem avrebbe acceso i motori e il destino dei primi due uomini giunti alla Luna si sarebbe deciso , insieme alla loro leggenda . Vie di mezzo non ne esistevano : o il Lem si alzava o non si alzava . Se non si alzava , o si alzava male , non c ' era nulla da fare fuorché sperare che morissero bene e senza troppe sofferenze . A Houston si riempirono di nuovo le chiese , due astronauti cattolici furono visti entrare , quasi di nascosto , nella chiesa di Nassau Bay , andare dritti all ' altare dove il prete celebrava la messa e comunicarsi . Uno era Richard Gordon cioè colui che nell ' Apollo 12 prenderà il posto di Mike Collins . Aveva sempre detto di nutrire nel Lem la più totale fiducia , ma come gli altri sapeva che se teoricamente non c ' era ragione per cui il Lem non si alzasse , praticamente ciò era possibile : il Lem non era mai stato collaudato sulla Luna , cioè in condizioni totalmente diverse come la mancanza di atmosfera e la diversa gravità . Dalla chiesa , Gordon andò direttamente al Centro controllo , dove presto arrivò anche Pete Conrad , il comandante dell ' Apollo 12 , e senza una parola , pallido , egli sedette accanto al Capsule Communicator che di nuovo era l ' astronauta Ron Evans . Il Centro controllo era pieno come il pomeriggio dell ' allunaggio , Ron Evans stava comunicando con Mike Collins che aveva appena concluso la sua ventitreesima orbita intorno alla Luna : l ' uomo più solo dell ' intero universo . Alla ventunesima orbita , Collins aveva esclamato a Ron Evans : « Mi sto affezionando al registratore come a una persona , perché quando sono dall ' altra parte è l ' unico che mi ascolti . Ron , solo Adamo fu così solo prima di me . Ma lui stava nel paradiso terrestre » . Armstrong e Aldrin furono svegliati alle otto , ora di Houston . Dai computer si sapeva che avevano fatto un buon sonno e che non c ' era stato bisogno di pillole tranquillanti : la fatica degli ultimi 30 minuti sopra la Luna li aveva stroncati , insieme all ' emozione . Alle prime battute con Evans apparvero riposati , tranquilli . Le pulsazioni erano normali : tra i 70 e gli 80 . « Come si dorme lassù ? » , chiese Evans . « Oh , non c ' è male » , rispose Aldrin , « se si è molto stanchi si dorme benissimo . Neil si è fatto una specie di amaca tra lo sportello e il coperchio del motore , io mi sono raggomitolato sul pavimento . Ho le ossa malconce ma mi sento benissimo » . Vi fu un ' ora di dialogo strettamente tecnico , e poi Aldrin passò la parola a Neil Armstrong che fece una specie di riassunto della sera avanti . Molti ebbero l ' impressione che egli volesse spiegare tutto prima del decollo e nel caso che il decollo non fosse avvenuto . Parlava preciso , cattedratico . Di nuovo descrisse i tipi di roccia osservati e raccolti , in gran parte basalto , in buona parte monocristalli , di nuovo sottolineò la straordinaria varietà delle forme e dei tipi , di nuovo elencò i crateri e quello vicino al quale si era posato . « Bella descrizione , Neil » , interruppe Ron Evans , « ma ce le dirai a Terra queste … » . « Lasciami continuare » , rispose Neil Armstrong . Egli pensava che la tragedia potesse anche avvenire . Ma con una freddezza che all ' allunaggio non aveva mostrato . Con altrettanta freddezza si congratulò con il Centro controllo che era finalmente riuscito a individuare il punto esatto in cui avevano stabilito la base , pochi metri a ovest del cratere Juliette , e spiegò che con gli strumenti di bordo lui non c ' era riuscito , poi rifiutò le notizie del giorno . E l ' ora difficile , la più difficile , giunse . L ' ora in cui due tonnellate e mezzo di carburanti avrebbero incominciato a bruciare nel motore d ' attesa del Lem e a spingerlo verticalmente a una velocità di 6,068 piedi al secondo , fino a portarlo a 60mila piedi dalla superficie lunare , metterlo in orbita , farlo agganciare all ' astronave di Collins , iniziare il lungo viaggio di ritorno alla Terra . Ora tutti potevano udire , i misteri erano finiti . E le voci erano limpide mentre i numeri della conta a rovescio si vedevano veloci sul monitor . Ron Evans : « Tranquillità , vi mancano dieci minuti e tutto va bene . Potete inserire il modulo automatico » . Buzz Aldrin : « Roger . Inserito modulo automatico » . Neil Armstrong : « Ambedue le batterie Ed sono sul " go " . Chiudo » . Ron Evans : « Neil , ti leggo sul Vhf e hai l ' aria di sentirti a posto » . Neil Armstrong : « Sissignore , non potrebbe andar meglio » . Ron Evans : « Tranquillità , qui Houston . Meno due minuti e tutto va bene » . Aldrin : « Controllate la direzione di guida sull ' Ags . Chiudo » . Armstrong : « Tutti i segnali di navigazione sono sul " go " . Chiudo » . Ron Evans : « Qui Houston . Tranquillità : meno 50 secondi . Pronti per l ' accensione . Chiudo » . Armstrong : « Pronti per l ' accensione » . Aldrin : « Avanti . Otto . Sette . Sei . Cinque . Quattro . Motore di ascesa inserito . Tre . Due . Uno . Accendo . Su ! Eccolo là il nostro cratere » . Armstrong : « Mille piedi . Duemila , Duemiladuecento . Tremila . Ce l ' abbiamo fatta ! » . Ron Evans : « Dio ti ringrazio . Il mondo intero , ragazzi , vi stava tirando su . Dio , ti ringrazio » . Più tardi il medico di volo ci informò che le pulsazioni di Aldrin erano un poco salite , ma quelle di Armstrong erano rimaste rigorosamente ferme a 80 . Più tardi ci dissero che Ron Evans era sudato , in preda a un tremito convulso . E con lui Pete Conrad , il suo equipaggio e anche Von Braun e Chris Kraft ( uno dei top manager del Centro , ndr ) e molti altri . Più tardi ci dissero che è più pericoloso decollare con un aereo di linea dagli aeroporti di Roma o New York che con il Lem dalla Luna e alle 4 e 35 del pomeriggio ci dissero che neppure il docking con l ' Apollo aveva presentato problemi : stavano tornando a casa . E fu tutto . Semplicemente . Così . Sarà altrettanto semplice , d ' ora innanzi , il nostro destino ?
Perché Panagulis è stato ucciso ( Fallaci Oriana , 1976 )
StampaPeriodica ,
Invece di mandargli i fiori , ho fatto stampare 5mila manifesti per il giorno del suo funerale . Li ho fatti stampare con la fotografia che a me piace di più , e con una delle sue poesie che a me sono più care , e con una frase che mi venne spontanea quando seppi che lo avevano ammazzato ma ora la ripetono tutti come uno slogan . La fotografia è quella che gli scattarono il giorno in cui fu eletto deputato , e sorride il sorriso di un bambino felice , e alza il pugno in segno di vittoria . La poesia è quella che dice : « Non piangere per me / Sappi che muoio / Non puoi aiutarmi / Ma guarda quel fiore / quello che appassisce ti dico / Annaffialo » . La frase che ora tutti ripetono come uno slogan è questa : « Nel 1968 Alessandro Panagulis fu condannato a morte perché cercava la libertà . Nel 1976 Alessandro Panagulis è morto perché cercava la verità e l ' aveva trovata » . Tu sai di quale verità sto parlando . In Grecia lui la trovò soprattutto a proposito dell ' Esa e delle responsabilità sulla invasione di Cipro . Me ne parlò subito , con gli occhi che gli ridevano di gioia fanciullesca . A Roma , mi pare . « Altro che rapporto Pike , altro che rapporto Church » , mi disse . Erano documenti autografi , firmati dagli stessi responsabili . « Ma come li userai ? » . Rispose : « Pubblicherò un settimanale . Il primo numero avrà in copertina la lettera autografa del personaggio più compromesso . Al secondo numero mi fermeranno , forse . Ma ormai avrò fatto sapere l ' essenziale » . Per un mese non discutemmo d ' altro . Si accorse ben presto che non avrebbe mai trovato quei soldi , o non abbastanza in tempo , e così si decise a dare alcuni documenti a Ta Nea , un quotidiano di Atene . Erano i documenti meno sensazionali , gli hors d ' uvre . Suscitarono lo stesso un inferno , e alla sesta puntata Averoff intervenne : la magistratura proibì di continuare le pubblicazioni . Averoff : il ministro della Difesa . Il suo nemico . Mentre la pubblicazione avveniva , Alekos ( Panagulis , ndr ) era in Italia . Arrivando mi aveva detto d ' esser venuto per scrivere un libro . Ma io avevo capito subito che la ragione era un ' altra , che aveva bisogno di stare qualche settimana lontano dalla Grecia dove si sentiva in pericolo . Non gliene chiesi conferma perché sapevo che non gli piaceva farmi partecipe di certe preoccupazioni e angosciarmi . Abitava a casa mia , naturalmente . Ed era sempre così inquieto . Doveva tornare in Grecia dopo 30 giorni . Al trentesimo giorno disse : « Posso rimandare la partenza di 24 ore » . Al trentunesimo giorno disse : « In fondo posso rimandarla anche di 48» . Al trentaduesimo giorno disse : « Potrei rimandarla anche d ' una settimana » . E allora fui certa che in Grecia stava rischiando davvero la vita . Ma non lo pregai di restare in Italia . Era una di quelle creature che bisogna lasciar morire se hanno deciso di morire . Perché , se l ' hanno deciso , vuol dire che è giusto così . Una dura lezione che avevo imparato quand ' era in esilio in Italia , nel 1973 e nel 1974 , e lottava contro i colonnelli . Ogni tanto spariva . Andava in Grecia , grazie a un passaporto falso . Scendeva all ' aeroporto di Atene , con quei baffi e con quella pipa che lo facevano riconoscere tra mille , e fieramente passava tra le maglie della polizia , sotto gli sguardi di coloro che volevano ammazzarlo . Quando lo accompagnavo all ' aeroporto , non mi chiedevo mai se sarebbe tornato . Mi limitavo a sperare che tornasse . Tornava sempre , ridendo . No , in certi casi anche piangendo . Come la volta in cui aveva trovato tutte le porte chiuse . Gli amici che ora si definiscono tali e piangono lacrime di coccodrillo sfruttando la sua morte ( come quel Papandreu che egli non rispettava ) non gli aprivano dicendo : « Ho famiglia » . Tornò anche dalla Spagna , dov ' era andato con un altro passaporto falso per aiutare la resistenza contro Franco . Tornava sempre . E questa volta non è tornato . Dovevamo vederci a Roma lo stesso giorno in cui avverranno i suoi funerali . A Roma avrebbe portato le fotocopie dei documenti , per metterli al sicuro in Europa . Alla fine di aprile lo chiamai ad Atene da New York . Gli chiesi : « Come va ? » . Rispose : « Molto male » . « Perché ? » . « Sono molto , molto triste . E molto , molto preoccupato » . Per divertirlo gli raccontai che i fascisti di Imperia mi avevano condannata a morte . Invece non si divertì . Rispose : « Anche me » . Replicai , tentando dell ' umorismo : « I fascisti d ' Imperia ? ! » . E lui : « No , i fascisti di qui » . E io : « Per i documenti ? » . « Già » . Da New York lo chiamai di nuovo il giorno in cui partii per rientrare in Italia . Era venerdì 30 aprile , poche ore prima della sua morte . Il suo tono era strano . No , non strano . Triste . No , non triste . Rassegnato . Sussurrai : « Stai attento » . E con quel tono triste , no , rassegnato , replicò : « Tanto , se vogliono farlo , lo fanno » . L ' indomani mattina ero a Roma . Pensai di avvertirlo per confermare il nostro appuntamento . Allungai la mano verso il telefono e , prima che sollevassi il ricevitore , il telefono squillò . Era l ' ex avvocato di Costantino di Grecia . Sembrava sconvolto . Quasi strillò : « Cosa può dirmi sulla morte di Panagulis ? » . Paradossalmente , rimasi calma . Stupidamente risposi : « Panagulis sta benissimo . Ci ho parlato poche ore fa » . E lui : « No , no , sembra proprio che sia morto . In un incidente automobilistico » . Composi due numeri : uno a Milano e uno a Roma . A Milano mi dissero che , in realtà , la voce era corsa ma la radio non l ' aveva confermata . A Roma mi dissero : « Un momento , ora controlliamo » . Erano quelli dell ' Ansa . « Sì , purtroppo è vero » . Allora chiamai un taxi e corsi di nuovo all ' aeroporto . Sull ' aereo sono stati gentili . Mi hanno dato un posto lontano da tutti : perché potessi piangere in pace , suppongo . Invece non ho pianto . Quello è successo dopo , quand ' ero proprio sola . Anche lui faceva così . All ' aeroporto di Atene c ' erano ad aspettarmi i suoi amici . C ' erano anche i fotografi che mi sparavano addosso fucilate di luce , e io mi vergognavo , mi sentivo ridicola , mi sembrava d ' essere la vedova nazionale . Io e gli amici siamo saltati in macchina . Diretti all ' obitorio . Sulla strada che porta in città , a un certo punto , c ' era una grande folla . Ho chiesto perché e mi hanno detto : « È successo lì » . Allora ho fatto fermare la macchina e sono passata attraverso la folla , pentendomi subito perché molti sussurravano : « Fallatzi , Fallatzi » e si scostavano come intimiditi . Il luogo era circondato da un cordone di poliziotti , e al di là del cordone c ' era un mucchio di ferri contorti color verde pisello . Due poliziotti m ' hanno fermato con la brutalità dei poliziotti : mettendomi le mani addosso . Non ricordo bene quel che è successo , ma gli amici dicono che ho buttato un poliziotto per terra , e ho spinto l ' altro molto lontano . Poi sono stata davanti a quel mucchietto di ferri color verde pisello ... E questi erano la sua Primavera , la sua Fiat . Erano tre anni che aspettavo , voglio dire che temevo , questo momento . Erano tre anni che dicevo a me stessa : prima o poi succederà . Aveva sempre avuto fortuna . Era sfuggito alla fucilazione ; era sopravvissuto a torture inumane ; era divenuto un poeta proprio attraverso quelle ; era uscito dopo cinque anni da un carcere atroce dove sembrava dovesse restare tutta la vita o morirci ; era passato indenne attraverso insidie , attentati ; era stato eletto deputato nell ' anniversario della sua condanna a morte ; era amato , venerato , adulato da alcuni fino all ' eccesso . Ma io non mi facevo illusioni . Del resto non faceva nulla per evitarlo . Lo sfidava ogni giorno quel suo destino di finire ammazzato . Forse non riesco a esprimermi . Capisci , non sono molto lucida . Non dormo da quattro notti e anche se cerco di non darlo a vedere perché detesto il dolore esibito , dentro sono un unico urlo . Ciò che cerco di spiegarti è difficile . Ma può riassumersi così : non c ' è stupore in me . O meglio , uno stupore c ' è : quello di non essere anch ' io in una cella frigorifera di quell ' obitorio . E non sono certa di sentirne sollievo . Quante volte , insieme , siamo stati inseguiti da un ' automobile che voleva ammazzarci . La prima volta fu nel settembre del 1973 , dodici giorni dopo ch ' egli era uscito dal carcere di Boyati . Praticamente , m ' ero trasferita ad Atene : non solo perché lui me l ' aveva chiesto , non solo perché volevo stargli vicino , ma perché mi sembrava di aiutarlo con la mia presenza . Mi sembrava che avrebbero esitato a ucciderlo se , per uccidere lui , dovevano uccidere anche me . Abitavo nella sua casa di Glifada . Un giorno gli dissi che non conoscevo Creta . E mi portò a Creta . A Creta dissi che volevo vedere la reggia di Cnosso . E mi portò a Cnosso . Anzi , ci portò un suo amico , avvocato . Con l ' automobile . Ci accorgemmo presto che un ' altra automobile ci seguiva , con due tipi dalla faccia di poliziotto . Dunque questa macchina ci seguiva e , a volte , accelerava buttandosi contro di noi . Noi riuscivamo sempre a cavarcela andando più forte ma a un certo punto quelli presero ad accostarsi sulla nostra fiancata di sinistra , e a spingerci verso il precipizio . Ci salvò , per miracolo , un ' altra macchina della polizia . Salto gli altri episodi per non diventare monotona . Te ne aggiungo uno e basta : quello che avvenne nel settembre dell ' anno scorso . Nel settembre o in estate ? Eravamo andati a cena , io e Alekos , in una trattoria dove si mangia il pesce . Qui ci raggiunse una telefonata . Un ' automobile nera , gli dissero , passava da ore dinanzi al Politecnico e a intervalli buttava una bomba . La polizia non interveniva . Alekos ascoltò con calma e rispose : « Andrò a dare un ' occhiata » . Erano i giorni in cui si temeva un nuovo colpo di Stato . Aveva preso in affitto una Peugeot . Procedeva come un macinino di Stan Laurel e Oliver Hardy . E ciò lo divertiva perché diceva che io ero Stan Laurel e lui Oliver Hardy , cioè due disgraziati che si mettevano sempre nei guai . Tossendo e sputando , la nostra Peugeot giunse dinanzi al Politecnico . Qui ci fermammo e Alekos interrogò gli studenti . Stava interrogandoli quando la macchina nera apparì . Aveva una targa del corpo diplomatico , cd. A bordo c ' erano quattro uomini dal volto di fascisti . Alekos mi ordinò perentorio : « Andiamo » . Risalii sulla Peugeot , e lui con me . Partimmo e l ' automobile nera era ormai lontana . Ma presto riapparve , dietro di noi e ... A un certo punto non fu più chiaro chi seguiva e chi era inseguito . La sola differenza era che loro inseguivano noi per ammazzarci e noi inseguivamo loro per capire chi fossero e portarli dalla polizia . L ' agonia durò due ore e mezzo . L ' automobile nera ci condusse molto lontano , quasi fino al tempio di Sugno . A un certo punto , devo ammetterlo , ebbi molta paura . E non mi vergognai di gridarlo a quest ' uomo che non aveva paura di nulla , mai . Lui non rispose nemmeno . Ma il macinino di Stan Laurel e Oliver Hardy si comportò in modo glorioso . La trappola che ci avevano teso scattò solo alla fine , dopo che uno dei quattro fascisti era sceso dall ' automobile nera per dileguarsi . L ' automobile nera finse di lasciarsi inseguire e , in piena città , imboccò un vicolo cieco . Appena me ne accorsi , dissi ad Alekos : « Siamo in trappola » . Lui rispose freddo : « Lo so » . Allora aggiunsi : « Torniamo indietro » . E lui : « È troppo tardi » . L ' automobile nera entrò dentro un garage , in fondo al vicolo cieco . Si fermò , i tre scesero e si piazzarono in mezzo al garage ad aspettarci . Alekos fermò la Peugeot accanto all ' automobile nera e mi disse : « Tu resta in macchina » . Poi scese andandogli incontro . Lo seguii immediatamente . Alekos si avvicinò al tipo più minaccioso e sempre freddo , sempre calmo , gli tirò la cravatta . Poi mormorò , in greco e in italiano : « Vedi , questi sono fascisti greci . E non hanno coglioni » . L ' uomo col pacchetto posò la mano destra sopra il pacchetto . Poi , all ' improvviso , si buttò in ginocchio e cominciò a implorare pietà : « Alekos , noi ti ammiriamo , ti rispettiamo . Sei Panagulis . È stato tutto un equivoco » . E Alekos : « Meglio . Gli equivoci si chiariscono dinanzi alla polizia » . Non mi crederai ma riuscì a farsi seguire , stavolta , per portarli al Politecnico e consegnarli alla polizia . La targa cd era una targa falsa e ... Vedi , siamo qui nella sua stanza , io sto qui a parlarti distesa sul suo letto , e non riesco a credere che sia morto davvero . Eppure l ' ho visto morto . Non ci riesco , malgrado tutto ciò che ti ho detto prima , perché lui si comportava come se fosse immortale . Eppure parlava sempre di morte . Le sue poesie parlavano sempre di morte , di morti . Quando poi aveva la febbre ... Lo coglievano febbri violente , assai spesso . Le torture subite lo avevano rovinato . Una volta , a Firenze , lo portai a fare una radiografia per vedere se quelle febbri dipendevano dai reni o dai polmoni . E il radiologo , stupefatto , esclamò : « Ma è tutto rotto quest ' uomo ! Non ha nemmeno una costola intatta ! Ma cosa gli hanno fatto ? ! » . Queste febbri arrivavano anche a 41 , 41 e mezzo . Tremando diceva : « Muoio , Stavolta muoio , Oriana » . Però lo diceva ridendo . Temeva la morte o no ? È una domanda che mi sono posta spesso , senza darvi risposta . Ma ora posso dare una risposta . Non temeva la morte . Parlava della morte , ridendo , perché sapeva che sarebbe giunta assai presto : come una beffa . Un giorno gli lessi la mano . Aveva una mano strana , anzi terrificante . Sulle palme c ' erano solo tre segni . Quello del cuore , quello dell ' intelligenza , quello della vita . Quello del cuore e quello dell ' intelligenza erano senza fine , quello della vita si interrompeva bruscamente . Provai un brivido a guardarlo e gli dissi : « Vivrai fino a cent ' anni ! » . Spalancò la bocca immensa in una immensa risata ed esclamò : « Bugiarda ! Io non diventerò mai vecchio e l ' hai visto » . Gli dispiaceva , sai . Perché il sogno di Alessandro Panagulis era diventare vecchio . Vecchio e curvo come Ferruccio Parri che amava e ammirava . Per questo si vestiva quasi sempre da vecchio . Abiti severi , grigi o blu , camicie : bianche o color pastello , e sempre la cravatta . Per questo portava i baffi e fumava la pipa . Con quelle boccate lunghe , lente , da vecchio . Per questo camminava a passi così grevi , cardinalizi . Io lo prendevo in giro . Sapevo quanto gli piacesse Makarios , quanto ne ammirasse la ieraticità , e quando correvo ( tu lo sai , io corro sempre ) gli strillavo con impazienza : « E dai , corri ! Non fare il Makarios ! » . Un giorno mi disse : « Lasciami fare . Ci ho messo tanto a imparare a camminare come un vecchio » . Poi ebbe una pausa e aggiunse : « E a pensare come un vecchio » . Anche la sua saggezza era saggezza da vecchio . E le sue profezie erano le profezie di un vecchio . Te le declamava lentamente , mordendo la pipa , e a volte erano profezie così paradossali che non lo contraddicevi solo per il rispetto che suscita un vecchio . Io sono ... io ero un poco più vecchia di lui , eppure dinanzi a lui , con lui , mi sentivo più giovane di lui . Mi suscitava rispetto , capisci ? Infatti tenevo sempre conto dei suoi rimproveri . Però era anche un bambino , e ora non so come metterla insieme questa storia del bambino e del vecchio . Le sue esplosioni di gioia , ad esempio , erano esplosioni da bambino . Quand ' era felice , saltava e giocava come un bambino : fino a irritarmi . Anche i suoi dispetti erano dispetti da bambino . O da vecchio ? Anche i suoi capricci . E le sue disperazioni erano disperazioni da bambino . O da vecchio ? Così le sue allegrie . Se tu sapessi quant ' era allegro , buffo , divertente . Io non ho mai riso tanto come in questi tre anni con Alekos . Riso o sofferto ? Diventava la stessa cosa con lui . Guardiamo se posso spiegarmi . Non c ' è nulla di più odioso , secondo me , di un eroe . E Panagulis era un eroe . Ma era un eroe che ride . Soprattutto di se stesso . Si prendeva sempre in giro . Questo è il ritratto di un bambino o di un vecchio ; io temo che sia il ritratto di un genio . Ci ho messo tanto a capire che era un genio . Mi rifiutavo di ammetterlo , anche per riuscire a tenergli testa . Avevo dinanzi a me , accanto a me , un mito delle folle . E , sia istintivamente che razionalmente , respingevo quel mito . Cercavo di ridurlo a dimensioni umane che in realtà non aveva . Perché tutto in lui era eccessivo . Di male c ' era così poco in lui . I suoi difetti erano tanto piccoli quanto le sue virtù erano grandi . E quando i suoi difetti ti esasperavano , non avevi che ricordare le sue virtù . Ad esempio la sua bontà , malamente nascosta dietro gli atteggiamenti bruschi . Ricordi quando perdonò ai suoi torturatori e chiese che Papadopulos , Makaresos , Pattakos , Joannidis non fossero condannati a morte ? Era ossessionato dalla libertà , lo sanno tutti , ma anche dalla moralità . E questo non lo sanno tutti . Diceva , pensa , che la politica è moralità . Per questo fece la sua campagna elettorale con poche lire , pubblicizzato soltanto da qualche manifesto grande come un francobollo , e dai suoi discorsi pronunciati senza retorica e senza lusinghe . Parlava alla folla con voce bassa , dicendo che lui non prometteva miracoli perché i miracoli non esistevano . Non ho mai visto qualcuno chiedere d ' essere eletto a quel modo , cioè maltrattando in tal modo i suoi possibili elettori , fustigandoli , rimproverandoli . Era un uomo indulgente con tutti , capiva come nessuno le debolezze e le colpe che nascono con la vita . Eppure diventava rigido come un angelo vendicatore quando toccava il tema della moralità . Io gli dicevo : « Fai la politica come un predicatore » . E lui rispondeva : « No , faccio la politica come un poeta » . Un poeta che ride . Una volta si trovò nel mezzo di una manifestazione di ostetriche che facevano anche lo sciopero della fame . Così ordinò a sua madre di portare alle ostetriche un soccorso di uova sode . Sua madre giunse mentre la polizia le attaccava . Così lui agguantò il cesto delle uova sode e con quelle , una a una , si mise a bombardare i rappresentanti dell ' ordine . Il capo della polizia lo riconobbe . Lo affrontò e gli disse : « Onorevole Panagulis , sono il colonnello Tal dei Tali » . Alekos posò l ' uovo sodo , gli si avvicinò , gli strappò le spalline coi gradi , e rispose : « Ora non lo è più . L ' ho degradato » . Gli intentarono un processo per questo . Ma l ' intero Parlamento votò quasi all ' unanimità perché il processo non avvenisse . Dico « quasi all ' unanimità » perché ci fu un voto contrario : il suo . E lui lo motivò dicendo : « Sì , l ' ho degradato . Ma non era mica legale . Farsi la legge da soli è un dovere quando la legge non c ' è perché la democrazia non esiste . Ma ora la democrazia esiste . Be ' ... comunque esiste un Parlamento » . Mi dicono ( e credo sia vero ) che durante l ' episodio delle ostetriche il presidente del Parlamento gli chiedesse esasperato : « Scusi , onorevole . Ma cosa c ' entra , lei , con le ostetriche ? » . E Alekos : « Mi hanno fatto nascere , signor presidente . E a me piace tanto essere nato . Peccato che abbiano fatto nascere anche lei » . Si divertiva anche a fare il deputato . Si divertiva a fare tutto . Trasformava ogni suo problema personale in una burla da Ulisse . Era Ulisse . La sua Itaca non esisteva . Per lui esisteva soltanto il viaggio . E a interrompere il viaggio , la vita , può essere solo la morte . Il concetto che esprime nella più bella delle sue poesie , Taxidi . Quella che mi ha dedicato . Il concetto , anche , che mi regalò con una frase che ho messo nel mio libro Lettera a un bambino mai nato . Quella che dice : « Benedetto colui che può dirsi : io voglio camminare , non voglio arrivare . Maledetto colui che s ' impone : voglio arrivare fin là . Arrivare è morire , durante il cammino puoi concederti solo fermate » . E sua anche la frase che chiude il libro : « Perché la vita non muore » . Me la gridò una notte , in questa stanza , arrabbiato perché facevo morire la protagonista del libro . Solo con una persona non si divertì mai : col ministro della Difesa Averoff . Quello che ha dichiarato stamani : « Io non permetto nemmeno che il mio nome venga citato nella storia dei documenti scoperti dal signor Panagulis » . Quello che oggi non si è presentato in Parlamento dove l ' intera seduta era dedicata alla commemorazione di Panagulis . Quello che dice : « Voglio quei documenti e li avrò » . Del resto non fu Averoff a sollecitare la sentenza della magistratura che ne interrompeva e ne proibiva la pubblicazione ? L ' inimicizia , mi pare , scoppiò quando Alekos scrisse per L ' Europeo un articolo dove indicava in Averoff l ' elemento più reazionario dell ' attuale governo e l ' uomo più legato alla Cia . Lo indicava anche come l ' ideatore e il direttore del colpo di Stato andato a monte verso la fine del 1975 . Averoff tentò di prenderla sportivamente . Cercò di farlo incontrare e ammansire , si dice , con la sua bella figliola . Una extraparlamentare di lusso , ovviamente di estrema sinistra . Ma il tentativo non riuscì . Allora Averoff attese d ' incontrarlo nei corridoi del Parlamento . Gli andò incontro a braccia spalancate , un sorriso mellifluo sotto i baffetti alla Charlot , e : « Alessandro carissimo , ma cos ' è questa incomprensione tra noi ? Siamo due persone intelligenti , civili , quindi capaci di trovare un punto di intesa . Perché non discuterne ? Parliamone a cena » . E Alekos : « Signor ministro , i problemi del popolo non si discutono a cena . Si discutono in Parlamento » . Incominciò a quel modo la lunga , spietata serie delle sue interrogazioni al signor ministro . Alekos le chiamava domandine . Solo nei casi più gravi , domande . E , nei casi gravissimi , superdomande . Quasi a ogni telefonata mi diceva : « Stamani il domandiere ha fatto arrabbiare di nuovo Averoff » . All ' inizio Averoff rispose con grande indulgenza . Ma poi divenne sempre meno indulgente . Diciamo subito che io non so niente di quel che è successo negli ultimi giorni tra Alekos e Averoff . Non ero ad Atene . Però mi è stato detto che avvenne una telefonata assai drammatica , la settimana scorsa , tra i due . Alekos disse : « Signor ministro , lei mi minaccia . Io non la minaccio , ma lei mi minaccia » . Lo disse tre volte . Me lo ha confermato anche un eminente uomo politico spiegandomi che ad Atene l ' episodio è conosciuto da tutti . L ' eminente uomo politico al quale alludevo poco fa sostiene addirittura che stare in casa di Alekos è follia . Non dimentichiamo che , quando Alekos era vivo , la porta è stata forzata più volte . E più volte vi hanno lasciato minacce scritte o stampate , anche in italiano , con la firma Ordine Nero . L ' eminente uomo politico ha preso l ' iniziativa di chiedere che sul marciapiede sosti , giorno e notte , una guardia in uniforme . Affacciati alla finestra . Guardalo : è quello lì , poveretto . Scommetto che muore di sonno e mi maledice . E poi perché questa sollecitudine viene esibita con tanto ritardo e per me ? Perché non imposero ad Alekos d ' esser protetto da un poliziotto sul marciapiede , anzi da un poliziotto che lo seguisse in automobile per impedire che qualche automobile tentasse di buttarlo fuori strada come a Creta , come a Sugno ? Lo sapevano bene quanto fosse minacciato . No , no , lungi dal sembrarmi follia , stare qui a me sembra un dovere . Bisogna pure che qualcuno dimostri come in questa stanza resti accesa una luce anche ora . Magari , alzando lo sguardo verso queste finestre , chi passa è portato a pensare che Alekos è ancora qui : coi suoi documenti . E comunque , finché resto ad Atene , per i suoi funerali , mi sembra di aiutarlo a ricordare che è vivo . Vivo quanto quei documenti che non ha fatto in tempo a consegnarmi in fotocopia , che non so dove siano , ma che prima o poi verranno fuori . Vedrai . E allora anche in Parlamento se ne dovrà parlare , e nessuno potrà permettersi d ' essere assente : come ha fatto ieri Averoff . A proposito : lo sai che il lunedì 3 maggio Alekos avrebbe rivolto un ' interrogazione a Karamanlis , per quei documenti ? Era la sua ultima carta . E , vedi caso , lo hanno ammazzato proprio la notte tra venerdì e sabato . Ti ripeteranno fino alla nausea che fu un incidente . Te lo dimostreranno con un capro espiatorio . Magari con un giovanottello che piange raccontando d ' aver commesso un errore di guida ed esser colpevole solo di omissione di soccorso . Succede sempre così . Ma non ci credere , mai . Testimoni hanno visto , e le perizie tecniche lo hanno dimostrato . Almeno un ' automobile ( sembra infatti che fossero due ) lo seguiva e lo provocava , mentre lui scappava invano . Era un ' auto che andava più forte della sua . Lo colpì una prima volta di dietro ( è dimostrato dalle perizie ) , poi gli si affiancò sulla sinistra e prese a spingerlo verso il margine della strada : più volte . Lui si trovava nella corsia centrale , fu presto obbligato a buttarsi sulla corsia di destra . E , da questa , sullo spiazzato che si stendeva oltre il marciapiede . Obbligato a spostarsi o buttato ? Diciamo buttato . Alekos tentò di riprendersi . Aveva riflessi prontissimi . Ma lo spazio era stretto , le luci della Texaco abbagliavano , e certo non vide che lo spiazzato s ' interrompeva su un vuoto che era la corsia d ' ingresso a un garage . Una corsia in discesa , ripida , e limitata dal muro contro cui si schiacciò . Si schiacciò con tale violenza che la sua Primavera divenne corta corta . Dicono che sia morto sul colpo . Lo spero . Io continuo a chiedere ai medici e agli esperti : se ne sarà accorto che non sarebbe diventato mai vecchio ? E loro mi rispondono no , non ne ha avuto il tempo , è precipitato e si è schiacciato nel giro di mezzo secondo , un terzo di secondo , è svenuto nello stesso momento in cui questo è avvenuto . Lo spero . Il suo assassino , intanto , girava con una svolta a U , per tornare di nuovo in città . Ed erano le una e 52 del mattino di sabato primo maggio festa dei lavoratori . Lunedì mattina Alekos avrebbe dovuto rivolgere un ' interrogazione a Karamanlis sulla faccenda dei documenti . Per insultarlo anche da morto ti diranno anche quale percentuale di alcool gli hanno trovato nel sangue : omettendo di chiarire , s ' intende , che era una percentuale minima , ancora al di sotto di quella consentita dalla legge . Quella sera aveva bevuto , insieme ad altri quattro , solo una bottiglia di vino . I quattro erano quattro vecchi , amici suoi . Erano rimasti insieme fino a mezzanotte e mezzo , forse di più . Poi lui li aveva accompagnati a casa , uno a uno . La tragedia è successa all ' una e 52 mentre tornava verso Glifada : per dormire a casa di sua madre . Quando temeva d ' esser aggredito , preferiva dormire laggiù . Ho detto tornava perché il ristorante dove aveva mangiato è a Glifada . Ed è lo stesso , all ' aperto , dove andò dopo esser uscito dalla prigione , la prima volta che rientrò in un ristorante . Ci andammo insieme . Scendendo dal taxi diceva : « Sono molto felice , I am very happy » . Poi , quando entrammo , fu chiaro quanto gli costasse ogni piccola felicità . Il fatto di sentirsi riconosciuto , guardato , additato , come l ' attentatore di Papadopulos , l ' eroe del nostro tempo , lo riempiva d ' imbarazzo e di angoscia . Procedeva confuso tra i tavoli , stringendomi forte la mano , quasi vi si volesse aggrappare . Una volta seduto , si mise a fissare la tovaglia . Ci misi tanto a fargli sollevare lo sguardo verso il cielo per dimostrargli che non era più in prigione , e che in cielo c ' eran le stelle . Tu non crederai a ciò che sto per raccontarti , lo so . Dirai che è teatro . Ma tutto ciò che accadeva con lui , e a lui , era anche teatro . A un certo punto , quella sera , cadde una stella . E io feci a tempo a esprimere un desiderio : che vivesse ancora un po ' . Quest ' uomo scomodo , diverso da tutti , dai più accettabile solo da morto . Dopo aver visto la sua Primavera ridotta a un mucchio di ferri contorti , sono risalita in macchina e sono andata all ' obitorio . Anche dinanzi a questo c ' era una gran folla . E , tra la folla , c ' erano i medici e gli avvocati giunti dall ' Italia per una superperizia . Per vederlo ci voleva il permesso del ministro della Giustizia da cui dipendeva l ' arrivo di due funzionari di nonsoché . I due funzionari erano attesi da un ' ora e mezzo . Ho chiesto il numero del signor ministro e sono andata a telefonargli da una cabina . Non sono stata gentile . Gli ho detto che sarei entrata in quell ' obitorio coi suoi funzionari o senza i suoi funzionari . L ' interno dell ' obitorio era una scatola bianca e illuminata da luci vivide , al neon . Da un lato c ' era un cassone di metallo con nove sportelli . Nel primo sportello in basso , a sinistra , c ' era Alessandro Panagulis : hanno detto . Ho sentito una grande stanchezza . Mi sono appoggiata al muro . Mi ha scosso il lampo di un flash . Hanno fatto chiudere la finestra , e poi ci hanno mostrato le fotografie di Alekos dopo l ' autopsia . Così ci avrebbe fatto meno impressione vederlo , si sono giustificati . Nelle fotografie Alekos era disteso sopra una tavola , nudo , come quando lo torturavano nel 1968 alla centrale della polizia militare . La sola differenza , suppongo , era che qui non aveva le mani e i piedi legati . Molte fotografie offrivano particolari raccapriccianti delle sue ferite . Altre , i suoi organi estratti . Il medico greco ci ha spiegato che gli era scoppiato il cuore , che il fegato s ' era rotto in 19 punti , che la milza non esisteva più , che il femore destro s ' era frantumato in mille pezzetti , che il polmone destro era ridotto a uno straccio . E così mi sono ricordata di un ' altra sua poesia . Quella che dice : « Non ti capisco Dio / Dimmi di nuovo / Mi chiedi di ringraziarti / o di scusarti ? » . Mi sono anche ricordata di com ' era quando rideva , e quando saltava , e quando giocava , tutto contento d ' essere nato . E il giorno in cui l ' avevo accompagnato , per la prima volta dopo anni di calvario , a nuotare , nel mare . E il giorno in cui aveva giurato come deputato in Parlamento e dallo scanno si era girato a guardarmi lassù sulle tribune , frenando un sorriso , perché sapevo che le sue suole erano consumate e temevo che alzandosi scivolasse . Ma io mi sono pentita di esser lì e ho avuto tanta voglia di scappare per non vederlo come nelle fotografie dell ' autopsia . Invece loro hanno aperto lo sportello della prima cella frigorifera in basso a sinistra , e hanno tirato fuori una lastra di metallo su cui stava un fagotto insanguinato . E hanno aperto il fagotto e hanno scoperto Alekos che dormiva serio serio , con un visino bianco bianco . Mi sono inginocchiata davanti a lui e gli ho accarezzato i capelli . Erano molto freddi , e ho ritirato la mano . Non posso dirti altro . O forse non voglio . Dovrei raccontarti , altrimenti , qual è l ' odore dell ' odio .
Le dieci morti sospette avvolte nel mistero ( Protti Daniele - Provvisionato Sandro , 1992 )
StampaPeriodica ,
Un elenco di dieci morti misteriose . La sensazione che scorrendo quei nomi si stia toccando un filo rosso sangue . Il sospetto che quelle morti siano tutte legate alla tragedia di Ustica e vadano quindi ad aggiungersi alle 81 persone uccise a bordo del DC-9 dell ' Itavia il 27 giugno di 12 anni fa . L ' angoscia che dei misteri di Ustica si possa anche morire : perché chi sa non parla e chi potrebbe parlare deve tacere per sempre . Ma chi uccide i testimoni ? Con un meticoloso lavoro di inchiesta L ' Europeo ha ricostruito la storia di quelle dieci morti . Di quegli uomini venuti in contatto con i segreti di Ustica . Tutti morti in circostanze drammatiche . Tranne uno , sono tutti militari dell ' Aeronautica , sette ufficiali e due sottufficiali . Inoltre la loro tragica fine si colloca negli stessi luoghi dove in questi anni si è dipanato il filo dell ' inchiesta su quella strage . I misteri di Poggio Ballone . Sono sei le morti che ruotano attorno ai misteri del " radar dimenticato " di Poggio Ballone , il centro dell ' Aeronautica militare che sorge su una collina , pochi chilometri a nord di Grosseto . Per otto anni è stato nascosto ai magistrati che proprio quel radar puntato sul Tirreno aveva visto tutto la notte della strage . E quando nel 1988 i giudici Vittorio Bucarelli e Giorgio Santacroce , fino al 1990 titolari dell ' inchiesta , chiesero l ' elenco del personale in servizio la notte della tragedia , si accorsero che due nomi erano stati omessi : quelli del capitano Maurizio Gari e del maresciallo Mario Alberto Dettori . Entrambi erano in servizio la sera del 27 giugno 1980 . Gari era il " master controller " nella sala radar di Poggio Ballone , cioè il responsabile della sala stessa . Dettori procedeva invece all ' identificazione dei velivoli che solcavano il cielo . Entrambi sono morti : Maurizio Gari il 9 maggio 1981 è stato stroncato da un infarto , nonostante avesse soltanto 32 anni e , a detta dei familiari , godesse di ottima salute . Alberto Mario Dettori è stato invece trovato impiccato a un albero il 30 marzo 1987 . La mattina dopo la strage di Ustica alla moglie e alla cognata il maresciallo era apparso molto scosso . « È successo un casino , per poco non scoppia la guerra » , aveva confidato alle due donne , « siamo ancora in emergenza » . Prima di morire Dettori era stato sei mesi in Francia , alla base di Montangel , per un corso di aggiornamento . Da lì era tornato nervoso e spaventato . Che cosa avevano visto di tanto inconfessabile la notte di Ustica Gari e Dettori ? Perché i loro nomi erano stati cancellati dall ' elenco dei militari in servizio ? Ma prima ancora un altro importante testimone era scomparso : 1'8 agosto 1980 , a neppure due mesi dalla strage , l ' auto sulla quale , assieme alla moglie e ai due figli , viaggiava il colonnello Giorgio Teoldi si schianta lungo la via Aurelia . Teoldi era il comandante dell ' aeroporto militare di Grosseto , competente sul sito radar di Poggio Ballone . Il colonnello porta nella tomba un altro mistero i cui contorni sono venuti alla luce solo di recente : la sera della strage di Ustica , proprio mentre il DC-9 è in volo , tre aerei da guerra , due TF-104 biposto e un F-104 monoposto , erano decollati proprio dall ' aeroporto di Grosseto . Teoldi , in quanto responsabile delle piste di Grosseto , non poteva ignorare lo scopo delle loro missioni . Ma c ' è di più . Proprio su uno dei TF-104 erano in volo i capitani Ivo Nutarelli e Mario Naldini , anch ' essi morti , assieme all ' altro capitano Giorgio Alessio , tutti e tre della pattuglia acrobatica delle Frecce Tricolori , il 28 agosto 1988 nella tragedia di Ramstein , in Germania , che provocò un ' altra strage : 51 morti , oltre 400 feriti . La possibilità che esista un legame tra Ustica e Ramstein è incredibile anche se i Verdi tedeschi e alcune inchieste giornalistiche del quotidiano berlinese Tageszeitunge del settimanale Del . Spiegel hanno recentemente parlato di sabotaggio degli aerei . Prove ? Nessuna . Ufficialmente la causa di questa tragedia è stata attribuita a un errore di manovra del solista Ivo Nutarelli , un pilota peraltro espertissimo , con 4.200 ore di volo , che avrebbe commesso un tragico sbaglio nell ' esecuzione del cardioide , proprio quella che viene ritenuta una delle acrobazie più semplici . La coincidenza allarmante è che Nutarelli e Naldini sono morti una settimana prima della data fissata dai giudici che volevano interrogarli sulla loro missione la sera di Ustica . L ' interrogativo è : i due ufficiali dell ' Aeronautica videro o intuirono qualcosa che aveva a che fare col DC-9 dell ' Itavia ? Lo strano attentato delle Br Sempre nella zona di Grosseto , nel 1984 , ecco un altro misterioso incidente stradale . La vittima è Giovanni Finetti , sindaco di Grosseto . Poco dopo la strage di Ustica , Fin etti raccolse le confidenze di alcuni militari della Vam ( Vigilanza aeronautica militare ) secondo le quali due caccia si erano levati in volo dalla base di Grosseto per inseguire e abbattere un MiG libico . Nella battaglia aerea sarebbe rimasto colpito il DC-9 . Sulla base di queste voci , Finetti avrebbe preso a interessarsi della strage di Ustica e sarebbe morto pochi giorni dopo aver detto in giro che era sua intenzione rivolgersi alla magistratura . Un attentato anomalo . 11 20 marzo 1987 muore a Roma , in un attentato terroristico , il generale dell ' Aeronautica Licio Giorgieri . Due killer in moto lo freddano a bordo della sua auto . Giorgieri era il responsabile degli armamenti dell ' aviazione e stava lavorando al progetto europeo delle " guerre stellari " . Almeno è questo il motivo per cui le Unità combattenti comuniste ( Ucc ) con un volantino rivendicano l ' omicidio . Il delitto Giorgieri appare subito un delitto terrorista anomalo . Viene giudicato dagli esperti come il colpo di coda dell ' eversione rossa . Siamo infatti in un periodo in cui i terroristi nostrani hanno ormai da tempo deposto le armi . Anche la moglie del generale fin da subito dichiara di non credere alla matrice dell ' omicidio . La vicenda acquista contorni ancor più sospetti quando si apprende che a far sgominare la banda degli assassini del generale , al quale solo pochi giorni prima era stata negata la scorta , è un giovane terrorista che lavora come archivista al ministero dell ' Interno . E fa clamore la decisione di un giudice di scarcerare gli assassini di Giorgieri , condannati a pene pesantissime , appena tre anni dopo . Pochi sanno che all ' epoca della strage di Ustica Giorgieri faceva parte dei vertici del Rai , il Registro aeronautico italiano , la struttura che per prima fu investita dalla tragedia , quando ancora si pensava che la caduta del DC-9 fosse da attribuire a un cedimento strutturale . E responsabile del Rai all ' epoca era il generale Saverio Rana . Fu proprio Rana , pochi giorni dopo l ' incidente , che ipotizzò al ministro dei Trasporti Rino Formica la presenza di un caccia accanto al DC-9 . Rana , anch ' egli morto d ' infarto , aveva a disposizione tre fotocopie di tracciati radar . Da chi le aveva avute ? Forse proprio da Giorgieri ? Dell ' omicidio Giorgieri si è occupato in passato anche il giudice Santacroce . Per quale motivo ? Un pezzo di motore nella bara Il giallo nel giallo di Ustica è rappresentato da un MiG libico , ufficialmente trovato il 18 luglio nel vallone di Timpa della Magara in provincia di Catanzaro . Sul fatto che quell ' aereo da guerra straniero sia precipitato sulla Sila la stessa notte della caduta del DC-9 ormai non ci sono più dubbi . 1 resti di quel MiG-23 , su incarico dei servizi segreti , vennero recuperati in tutta fretta e trasportati all ' aeroporto di Pratica di Mare ( Roma ) dalla ditta fratelli Argento di Gizzeria Marina . E proprio a Gizzeria Marina muore il 14 agosto 1988 il maresciallo dell ' Aeronautica Ugo Zammarelli . Stava camminando con un ' amica sul lungomare quando entrambi vengono investiti ad altissima velocità da un ' Honda 600 con in sella due giovani tossicomani . Ma mentre i corpi dei due ragazzi appaiono sfracellati , i cadaveri di Zammarelli e dell ' amica sono perfettamente integri . Nessuna autopsia viene fatta . Ma stranamente i bagagli del maresciallo , che ufficialmente si trovava a Gizzeria in vacanza , spariscono dal suo albergo . Si scopre che Zammarelli , in forza alla base Nato di Decimomannu , in Sardegna , non era in Calabria per diletto , ma stava conducendo un ' indagine proprio sul MiG libico caduto sulla Sila . Un suo amico , Gaetano Sconzo , giornalista dell ' Ora di Palermo , sul suo giornale riporta alcune confidenze di Zammarelli : stava indagando su Ustica ma temeva per la sua vita . Un altro maresciallo dell ' Aeronautica , che forse aveva a che fare con la strage di Ustica , è misteriosamente morto di recente . A 39 anni Antonio Muzio è stato freddato con tre colpi di pistola al ventre il 1° febbraio de11991 nella sua abitazione di Pizzo Calabro . Il fatto singolare è che la pistola era la sua , ma per gli inquirenti è escluso il suicidio . Fino al 1985 Muzio aveva lavorato all ' aeroporto di Lamezia Terme , uno scalo direttamente coinvolto nella vicenda del MiG libico , del suo recupero sulla Sila e della sua restituzione a Gheddafi . E dove sono stati custoditi la scatola nera del MiG e i nastri di registrazione dei voli . L ' ultima vittima di Ustica ? Il suo cadavere è stato appena sepolto . Sandro Marcucci , 47 anni , ex colonnello pilota della 46' Aerobrigata di stanza a Pisa , è precipitato con un Piper antincendio il 2 febbraio scorso . Marcucci era un pilota provetto . Eppure si è schiantato sulle Alpi Apuane come fosse un pivellino . L ' aereo è bruciato . C ' è chi giura di aver visto l ' aereo perdere stranamente quota e all ' improvviso . Poi , mistero nel mistero , nella sua bara viene trovato un pezzo del motore : è tutto fuso , tranne un tubicino di gomma . Il fuoco ha sciolto il metallo , ma non la gomma . Ma chi l ' ha nascosto accanto alle sue spoglie ?