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Ma l'ispettore Derrick è TV di qualità? ( Sartori Giovanni , 1999 )
StampaPeriodica ,
Di recente Alberto Ronchey è tornato alla carica sulla nostra « televisione senza qualità » . E anche un consigliere di amministrazione della Rai , Alberto Contri , ha criticato in diverse occasioni il basso livello culturale e di qualità del nostro servizio televisivo . Il direttore generale della Rai , Celli , risponde con statistiche che proverebbero , a suo dire , che la Rai offre più « servizio pubblico » di altre reti europee . Qualche volta rispondere con statistiche è rispondere . Ma le statistiche di Celli appartengono all ' aria fritta . Sapere che ai tg è stato dedicato il 13 per cento , alla cultura il 25 per cento e agli approfondimenti il 14 per cento del tempo Rai è una presa in giro . Per esempio , se il contenuto informativo serio e di interesse pubblico dei nostri tg è zero , 1.300 ore di trasmissione tg fanno sempre zero . E la voce cultura come viene definita ? Cosa ci viene cacciato dentro ? E a che ora ? Dopo mezzanotte ? Per dibattere di qualità e cultura dobbiamo essere in buona fede . Acchiappare queste nozioni è un po ' come acchiappare un ' anguilla . Chi vuole fare il furbo se la cava sempre . Ma chi non cerca di fare il furbo non produce statistiche che mettono assieme lucertole e coccodrilli e ammette senza cavilli che il livello culturale di un film di Luchino Visconti fa scomparire il livello culturale di un Carlo Verdone . Facciamo un esempio preciso : il genere dei film « gialli » , dei « mistery » . Mi si consentirà che questo genere ha un buon mercato . Eppure Viale Mazzini ci ha propinato senza fine il mediocrissimo ispettore Derrick e ha sempre ignorato i bellissimi mistery inglesi ( dai Poirot impersonati da David Suchet , alla serie dell ' ispettore Morse e altre ) . Mi si risponde che in Italia il mistery inglese non va . Il che vuol soltanto dire , a mio avviso , che la nostra tv ha diseducato il nostro spettatore a livelli da quattro soldi , appunto a livelli Derrick . Comunque , il punto centrale è quello del servizio pubblico . Per Viale Mazzini « pubblico » vuol dire « acchiappare pubblici » , acchiappare il più alto numero possibile di spettatori . Invece no . Un servizio pubblico è tale in quanto serve un interesse pubblico su materie di pubblica rilevanza . E qui il fatto è che i nostri telegiornali ci regalano quasi soltanto una cronaca di nessunissima rilevanza ai fini della formazione di una opinione pubblica . Intanto , il mondo è pressoché sparito ( basta , per dimostrarlo , il confronto con il notiziario delle world news della Bbc ) ; e il resto è tutto in chiave di raccontino lacrimoso mammistico . Se poi l ' obiezione è che un notiziario serio che dà notizie che ci aiutano a capire gli eventi otterrebbe un ascolto del 5 per cento , a questa obiezione rispondo che un 5 per cento che sa qualcosa è pur sempre meglio di un 100 per cento che non sa nulla . Rispondendo ad Alberto Contri il presidente della Rai Zaccaria lo rintuzza così : « sono sorpreso quando un consigliere [...] sventola la bandierina della qualità . Il Cda lavora da un anno e mezzo su questo » . Bene . La Rai cominci a dimostrarlo in sede di qualità dell ' informazione . La qualità in generale è , dicevo , nozione anguillesca . Ma la qualità dell ' informazione può essere misurata al paragone ogni giorno . Servizio pubblico o invece disservizio pubblico ? Finora , disservizio .
StampaPeriodica ,
La donna noi la vogliamo sana e bella serena e intelligente compagna della nostra vita . Queste poche parole contengono ciò che la Razza Italiana domanda alla donna italiana , cioè quell ' ideale che essa deve sforzarsi di raggiungere per la sua patria , per sé stessa , e un po ' anche per l ' uomo che un giorno la sposerà . E che la salute non sia da raggiungersi attraverso una mascolinizzazione data da esercizi violenti e deformanti è implicito nel programma di educazione fisica svolto nelle scuole femminili : ginnastica all ' aperto , preferibilmente a ritmo di musica , giochi di agilità e di snellezza , quali il tennis , la pallacanestro ecc . come sostengono i nostri migliori igienisti ( valga per tutti il prof . N . Pende ) ... In buona parte il successo di questa aspirazione della Razza italiana è affidato alle nostre donne , al loro istinto di maternità , al loro patriottismo , alla loro capacità di amministrare le entrate e le disponibilità di ciascuna famiglia , non ultimo tra i difficili compiti di una brava donna di casa e che tanto contribuisce al consolidamento del nucleo familiare e alla sua prosperità e serenità ... E sia lasciata agli uomini l ' arte di esser uomini che esige capacità e attitudini anch ' essa , tanto che molti non riescono ad impararla mai .
StampaPeriodica ,
Le obiezioni al disegno di legge del governo sulla disciplina degli spot politici sono parecchie . Le riassume in buona parte Andrea Manzella , che scrive perentoriamente così : « L ' iniziativa del governo non è incostituzionale . È soltanto sbagliata in quattro punti » . Manzella ha ragione sulla incostituzionalità : non c ' è . Ma sul punto principale della sua critica - il primo dei quattro - la tesi sbagliata è , a mio vedere , la tesi di Manzella . A detta del Nostro , la distinzione tra pubblicità e propaganda sulla quale si fonda la disciplina proposta dal governo è una « distinzione impossibile » . Manzella ne è sicuro perché « gli studiosi che si sono occupati della materia ( come Cesare Pinelli e Antonella Sciortino ) avevano avvertito che la distinzione non poteva reggere dato che l ' una e l ' altra forma di comunicazione politica utilizzano le stesse tecniche di persuasione e di semplificazione del linguaggio » . Gli studiosi ? No , « alcuni » studiosi . Vedi caso , tra gli studiosi dell ' argomento ci sono anche io ( me ne occupo , tra l ' altro , nella Enciclopedia del Novecento dell ' Istituto della Enciclopedia Italiana , e dunque in una sede di tutto rispetto ) e la mia tesi , lì e altrove , è che la distinzione tra pubblicità e propaganda è non solo possibile ma anche necessaria . A una persona esperta di mondo e smaliziata come Manzella non dovrebbe sfuggire , tanto per cominciare , che i pubblicitari sono interessati a cancellare la distinzione perché a loro interessa catturare anche il mercato della politica . Per loro sono tanti quattrini , e ai pubblicitari interessano quasi per definizione soltanto i quattrini . E se lei , senatore Manzella , ha mai sentito parlare di conflitto di interessi , allora dovrebbe stare più attento alle tesi « interessate » . Tra le tante differenze tra pubblicità commerciale e propaganda politica mi limito qui a ricordare che la prima vende beni e servizi a dei consumatori i quali , consumando , bene o male si accorgono se un bidone è un bidone . La propaganda politica vende invece promesse ( parole ) o altrimenti persone . Così i consumatori della propaganda comunista sono stati bidonati per settant ' anni , e chi vota ( compra ) Berlusconi non lo può poi mangiare per scoprire se è un buon commestibile . La stessa cosa , senatore Manzella ? No , cose diverse . E ne risulta che il potenziale di imbroglio e di dannosità della propaganda politica è incommensurabilmente maggiore di quello della pubblicità commerciale . Pertanto , strabilio nel leggere che lei raccomanda di « lasciare mano libera [...] ai pubblicitari » , visto che questi ultimi sono « quelli che con il loro mestiere di fantasia riescono a leggere e rivelare molta più politica al mondo di quanto non sia più capace di fare la politica come mestiere » . Poveri noi , e povera politica . Già siamo a livelli bassissimi . Con l ' aiuto di questa raccomandazione è pressoché sicuro che scenderà a livelli ancor più bassi . Comunque sia , l ' argomento di Manzella non regge in punto di logica . In buona logica una distinzione è analiticamente valida se individua una differenza , e non è cancellata dal fatto che la realtà mescola sempre tutto : bene e male , bello e brutto , e anche , appunto , propaganda e pubblicità . Domanda : se nel mondo reale bene e male si mescolano , ne dobbiamo forse ricavare che sono indistinguibili ? Alla stessa stregua , anche se è vero che i pubblicitari riducono la propaganda politica a un quissimile della vendita di un dentifricio , è lecito ricavarne che sono la stessa cosa ? Ovviamente no . Manzella si vanta di essere « strapaesano » ( vedi « Il Foglio » del 31 luglio ) e sbeffeggia i poveretti come me che vanno a cercare ( ma nel mio caso a rifiutare ) le soluzioni « in Australia o in Israele » . A me , confesso , gli strapaesani fanno paura . Se Hitler o Mussolini fossero mai stati in America , forse si sarebbero fermati . Tornando a Manzella , non so se gli spot statunitensi lui li conosca e veda . Mi sembra di no . Perché se li vedesse scoprirebbe qual è la china dello spot politico affidato alla « fantasia rivelatrice » dei maghi della pubblicità . È la china dello spot personale , puramente negativo ed essenzialmente diffamatorio . Un candidato attacca l ' altro dicendo che ha cornificato la moglie , che discrimina contro gli omosessuali ( o viceversa ) e che in gioventù ha sniffato cocaina . A Manzella andrebbe bene così ? Oppure ritiene anche lui che questo tipo di « spottismo » non è solo diverso dalla propaganda politica , ma che ne costituisce una degenerazione inaccettabile ? Il punto che sfugge in questo dibattito è che finora i nostri spot sono stati decorosi , e che sono stati decorosi perché disciplinati dalla legge del 1993 che vietava , nei trenta giorni prima delle elezioni , il ricorso a messaggi emotivi e spettacolari e consentiva soltanto l ' esposizione dei programmi politici . Ma se l ' attacco al disegno di legge del governo andrà a travolgere , come Manzella e altri fanno temere , quei limiti , allora è pressoché sicuro che i mercanti della pubblicità di casa nostra arriveranno lestamente agli spot negativi tipo Usa . Perché nessuno nega che lo spot negativo sia lo spot più efficace . Il punto resta se vogliamo ridurre la politica a un bombardamento di escrementi .
SOLITUDINE ( GIUSTI PAOLO E. , 1919 )
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Chiamo Solitudine l ' abbandono dell ' anima mia e la vulnerabilità del mio corpo : il lor rapporto instabile e periglioso , di cui l ' Infinito è la risultante , anzi il comun denominatore . Chiamo Solitudine la mia sensibilità . La facilità a sentire simpaticamente ( o antipaticamente ) il mondo , di consentire ( o dissentire ) con le cose , onde mi so allacciato in segreto , per infinite vie di piacere o di dolore , a tutte le forme della vita , è causa che l ' anima mia sia continuamente desiderosa e delusa di continuo . E questo , che non è che un miraggio della coscienza , un riverbero spirituale ed organico a vicenda , si chiama anche facoltà di sognare , ossia , da ultimo , di sentire con accompagnamento molteplice d ' imagini . L ' associazione ( e la dissociazione ) delle idee , altro non è che il frutto , maturato , di una vivace sensibilità . Ogni teoria , ogni dottrina è , nell ' uomo di sensibilità , figlia del suo sviscerato amore , del suo odio più tenace . E la vita intellettuale di costui è , a traverso un tribolo di passioni , il perenne sforzo verso un ' ascesi , che non si può giungere che con la morte . Questa io dico essere veramente la Solitudine ; per ciò che la comunione misteriosa dell ' individuo col Tutto , nell ' attimo dell ' alchimistica formazione dell ' Idea , la quale nasce da una reazione oscura , a un ' alta temperatura di coscienza , della Sensibilità su la Memoria , come non è essa stessa che un alto e intenso atto d ' individualità , così non manca di ricondurre nell ' animo il senso dei limiti di questa . Il che non avviene senz ' istantanea vertigine .
GRIDO DI GUERRA ( L'ARCIFILIBUSTIERE , 1939 )
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... Etiopia , Spagna : non basta , non basta . Vogliamo vederli in faccia una buona volta questi nostri nemici che ci perseguitano da anni , che da anni nell ' ombra , sudando un fetido odore da rapaci immondi ci negano il diritto di diventare migliori , sprezzano la nostra forza rinnovata , ostacolano la nostra missione nel mondo . GUERRA ! Ecco il nostro grido di giovani in attesa della nostra prova . Guerra imperiale a contatto diretto coi nostri nemici più grossi , a punta di pugnale con coloro che ci amarono deboli e derelitti , e forti non ci credono e ci aizzano contro il mondo . Guerra santa che ristabilisca l ' equilibrio di Roma a beneficio di tutto il mondo civile . Guerra gloriosa che schiacci una volta per sempre i debosciati egoisti pronti a barattare con l ' oro l ' onore e la dignità dei popoli . No , non è il grido della disperazione di chi ha perso la fiducia in se stesso ; non è l ' esclamazione quasi di sollievo per una soluzione sicura di chi ha paura dell ' incertezza : è il grido calmo , ma possente , enorme ma compatto di una gioventù che da quando ha potuto individuare i veri nemici che ne minavano la esistenza , ha pensato sempre alla guerra contro costoro come ad una gioiosa missione da compiere . Morire ? Ma chi siamo noi a lato della Patria ? Vermi , vermi che dobbiamo sparire . Ma Essa , Essa la grande Italia resterà per noi trionfante di civiltà nel mondo e poserà il Suo piede imperiale sul collo di coloro che all ' estero ci hanno derisi , mentre costituivamo il loro benessere , che all ' interno ci hanno ingannati facendo scempio della nostra fiducia . Chiediamo la guerra , come la grande prova che ci farà cittadini perfetti . Combatteremo freddi , freddissimi , silenziosi perché sia reso dente per dente ed occhio per occhio ; mirando giusto perché non sia sciupata la nostra energia ; facendo all ' avversario il più gran male possibile perché sia schiacciato per sempre . Il nostro grido è cosciente : conosciamo gli orrori della lotta , ma non ignoriamo l ' ebbrezza della Vittoria . Costi quel che costi , vogliamo finalmente snidare il nemico dal suo covo e strozzarlo con queste nostre dita , inesorabilmente , guardando a Roma Madre fatta più luminosa dalla nostra determinazione audace , più grande dalla nostra conquista . Morire ? E chi se ne frega ? Evviva la guerra !
Ma quanto è laico, Eminenza! ( Sartori Giovanni , 2000 )
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La nota pastorale del 13 settembre dell ' arcivescovo di Bologna , cardinale Giacomo Biffi , è stata lanciata così dall ' Ansa , la nostra massima agenzia di stampa : « Immigrazione . Biffi allo Stato : favorite i cattolici » . Le agenzie di stampa devono , appunto « lanciare » . E di quel lancio sono stato un po ' vittima anche io perché - subito intervistato telefonicamente - ho troppo precipitosamente risposto che « quella tesi non mi convince per niente » . Che non mi convinca resta vero . Ma dopo aver letto l ' intero testo del cardinale devo fare ammenda e desidero riconoscere che quel testo , nel suo insieme , fa onore al suo estensore . Per una volta - mi succede oramai di rado - mi inchino . Certo , l ' ottica dell ' uomo di Chiesa è diversa da quella del laico , e quindi da quella del sottoscritto . Il cardinale Biffi deve dare priorità alla sua fede , e perciò alla « buona religione » . A me interessa , invece , la « buona società » . Ma ferma restando questa differenza di fondo e di priorità , l ' intervento del cardinale mi fa riflettere su quanto una « fede intelligente » sia vicina e conciliabile con la « intelligenza della ragione » . Seguo , nel citare , l ' ordine della esposizione del cardinale di Bologna . 1 . « Dobbiamo riconoscere che il fenomeno di una massiccia integrazione ci ha colti un po ' tutti di sorpresa . È stato colto di sorpresa lo Stato [...] che pare non abbia ancora recuperata la capacità di gestire razionalmente la situazione riconducendola entro le regole irrinunciabili [...] di una ordinata convivenza civile . E sono state colte di sorpresa anche le comunità cristiane [...] sprovviste sinora di una visione non astratta , non settoriale [...] Le generiche esaltazioni della solidarietà e del primato della carità evangelica [...] si dimostrano più bene intenzionate che utili quando non si confrontano davvero con la complessità del problema e la ruvidezza della realtà effettuale » . Queste , è proprio il caso di dire , sono parole sante . E davvero responsabili . 2 . « Non è compito della Chiesa come tale di risolvere ogni problema sociale » . Più che vero . Ma fa piacere che sia un cardinale ad asserirlo , e che poi sia un alto prelato a ricordare allo Stato quali siano i suoi doveri . Occorre , scrive , che « ci si preoccupi seriamente di salvare l ' identità propria della nazione . L ' Italia non è una landa deserta senza storia , senza tradizioni vive e vitali , senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale , da popolare indiscriminatamente come se non ci fosse un patrimonio di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto » . Anche le comunità cristiane « non possono non valutare attentamente i singoli e i diversi gruppi » ; ma , alla fin fine , i criteri per ammettere gli immigrati sono di competenza delle autorità civili , fermo restando che quei criteri « non possono essere solamente economici e previdenziali » e che « le condizioni di partenza dei nuovi arrivati non sono egualmente propizie » ai fini di « una possibile e auspicabile [...] integrazione » . Di nuovo , parole sante . E fa dispiacere dover notare che una lezione come quella impartita dal cardinale di Bologna non ci sia mai o quasi mai arrivata dai nostri politici . Tra l ' altro , non ci è mai arrivata dalle nostre cattolicissime Maria Rosa Russo Jervolino quando governava il Viminale , né tanto meno dal ministro Livia Turco che ora risponde al cardinale che « la legge più severa sull ' immigrazione porta il mio nome » . Davvero ? Entrare clandestinamente in un paese è un reato , così come è un reato rifiutare di fornire le proprie generalità . E la severissima legislazione italiana cosa fa ? Fornisce al clandestino anonimo un foglio di via e poi lo rilascia , e così di fatto lo fa entrare e gli consente di sparire . Peccato che il cardinale Biffi non la possa sostituire . Pur essendo anche lui cattolico , farebbe molto meglio di lei . 3 . Il punto dolente dell ' immigrazione è quello dell ' immigrazione islamica . Il presule di Bologna lo dichiara senza perifrasi : « Il caso dei musulmani va trattato con una particolare attenzione . Essi hanno [...] un diritto di famiglia incompatibile con il nostro , una concezione della donna lontanissima dalla nostra ( sino ad ammettere la pratica della poligamia ) . Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralistica della vita pubblica [...] la perfetta immedesimazione tra religione e politica fa parte della loro fede irrinunciabile , anche se a proclamarla e a farla valere aspettano prudentemente di essere diventati preponderanti » . Livia Turco si affretta a controbattere così : « Non dimentichiamo tutto ciò che accomuna e non divide le tre grandi religioni , il cristianesimo , l ' ebraismo e L ' islamismo » . In attesa che il ministro Turco mi ricordi quel che evidentemente io dimentico , mi pregio ricordarle ( qualora sia lei a non saperlo ) che la parola Islàm vuol dire sottomissione , che la parola araba per libertà - horriayai - esprime soltanto una situazione di non schiavitù ( dal che risulta che il nostro concetto di libertà al positivo è estraneo alla concezione islamica del mondo ) , e che alla nostra separazione tra Chiesa e Stato il musulmano contrappone la concezione dell ' Eddin - Dawa , che vuoi dire religione - Stato . Ciò posto , le sarei davvero obbligato se una volta tanto lei precisasse che razza di cittadino italiano osservante delle leggi italiane risulterebbe dalla « cittadinizzazione » del suddetto islamico . Per ora un gruppettino di studenti islamici delle scuole genovesi ha chiesto che il crocefisso venga eliminato dalle aule , ed è stato subito accontentato . In barba alla vanteria della Turco che le leggi degli immigrati devono sottostare a quelle italiane . Io , laico , del crocefisso non faccio certo un caso capitale . Ma a lei , cattolica , l ' episodio non appare un pessimo esordio della integrazione scolastica dell ' islamico ? Max Weber distingueva tra etica della responsabilità ( una moralità che mette in conto le conseguenze delle nostre azioni ) ed etica dei principi ( nella quale la buona intenzione è tutto e il cattivo esito viene ignorato ) . L ' etica della responsabilità è , se si vuole , impura perché è pilotata da un capire , mentre l ' etica dei principi è pura , ma per ciò stesso ottusa ( non sa , non capisce ) e irresponsabile . La chiesa di Giovanni Paolo II ha largamente sposato un ' etica dei principi . Niente profilattici , anche se quel niente incrementa l ' Aids . Niente contraccettivi , anche se quel niente produce un eccesso di centinaia di milioni di bambini destinati a morire di fame . La giustificazione è che provvederà la Provvidenza . In attesa stravince l ' imprevidenza . Ben venga , allora , un cardinale che si ricorda dell ' etica della responsabilità . Ne sia lodato il Signore .
EMANCIPAZIONE DEL CINEMA ITALIANO ( MUSSOLINI VITTORIO , 1936 )
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Per la nostra cinematografia il seguir la scuola americana ( quale altra esiste ? nemmeno più la russa ) può dir molto . Allontanando la leggerezza storica di alcuni film americani , stroncando il cinema cattiva copia del teatro , assorbendo ( e sarà facile ) la freschezza , l ' audacia , la forza e l ' esuberanza chiassosa ma sana che si trova nella maggior parte delle pellicole d ' oltre oceano , la nostra industria , potenziata dall ' apposita Direzione , si eleverà a quella maturità materiale e spirituale che aprirà la porta al più grande successo . Dal punto di vista morale ( Vigilanti cura ) , la nostra giovinezza trova logicamente meno volgare e sensuale una sfilata di cento belle ragazze che non la trita farsa a doppio senso di pura marca francese , piena di sottintesi , di malcelate nudità e di cerebralismi sterili . E così pure i grossi mattoni a tendenza nettamente filosofico - politico - cerebrale e le commediole tanto care ai tedeschi ( con quanta arte , grazia e umorismo i registi americani svolgono questi leggerissimi temi ! ) , non hanno il potere magico di distrarre e divertire lo spettatore , còmpito primo e spesso dimenticato di ogni film che si rispetti . In una Europa così divisa politicamente , così diversa di temperamento , slancio , esigenze , non può sorgere l ' espressione collettiva da contrapporre vantaggiosamente a quella dei maghi di California . Noi italiani dobbiamo sentirci più vicini a loro che non plaudire a quella tendenza nettamente conservatrice di cui è permeata la produzione filmistica europea . Non ci sarà d ' ostacolo la profonda differenza che esiste tra noi e gli americani : alla nostra intelligenza il saper scegliere e il saper scartare . Il giorno che il cinema italiano saprà essere sempre più aderente alla psicologia della rinnovata gente d ' Italia , siamo certi che la nostra produzione , appunto perché dotata di un suo carattere , saprà conquistare i mercati esteri e giungere anche in America ad interessare con la nostra saggezza fascista , e ad esaltare con la nostra forza costruttrice , quel popolo giovane , ricco , esuberante , mal guidato e giudicato ; e risolverà la situazione finanziaria mercé l ' assorbimento dei nostri film da parte di un grande mercato . Abbiamo avvertito : non accodiamoci al cinema europeo d ' oggi .
I POPOLI AFRICANI DINANZI ALLO SCHERMO ( RAVA MAURIZIO , 1936 )
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In un vasto impero qual è quello che per sempre ci appartiene , il pericolo di una contaminazione della nostra razza , è naturalmente assai più grande che non fosse nelle scarse colonie da noi possedute fin oggi , anche perché sarà ed è augurabile , anzi necessario che sia sempre maggiore il numero degli italiani i quali vi si stabiliranno costituendovi una vera e propria nuova Italia d ' oltre - mare ... La censura sulle pellicole destinate agli indigeni , o alle quali gli indigeni possono essere ammessi , non sarà mai abbastanza severa . Né basterà quella eseguita preventivamente in Italia sia pure che del comitato di censura facciano parte essenzialissima persone per esperienza conoscitrici degli indigeni ma occorrerà una seconda e più rigorosa commissione centrale di censura ad Addis Abeba , costituita da chi la conoscenza dell ' indigeno abbia rinnovato e rinnovi ogni giorno sui posti . E non ancora basterà , poiché per le accennate differenze tra popolazioni , è consigliabile che i commissari o residenti delle varie località periferiche o quanto meno un funzionario adatto e scrupoloso in loro vece , riesaminino le pellicole prima di autorizzare in ciascuno dei cinque governi la proiezione ai propri amministrati . Quanto scriviamo potrà sembrare a prima vista un ' esagerazione , tanto ai cineasti che non conoscono gli indigeni da una parte , quanto ai coloniali e ai colonialisti che non conoscono gli effetti dello schermo sugli indigeni dall ' altra . Ma non lo è . Ripetiamo e sosteniamo che l ' influsso esercitato dalla proiezione cinematografica sugli indigeni , per tutto , e sopra tutto per ciò che riguarda il prestigio della razza dominatrice , è enorme ...
Gli studenti e la sinistra ( Scalfari Eugenio , 1968 )
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Gli studenti italiani protestano . Ormai non passa giorno senza che la cronaca non registri l ' occupazione d ' una facoltà , la sospensione d ' un corso di studi , le dimissioni d ' un rettore o d ' un preside , gli scontri con la polizia . Vogliono la riforma dell ' università . Vogliono che finisca la guerra in Vietnam . Vogliono il potere studentesco . Vogliono la rivoluzione . Sono contro l ' America , contro la civiltà dei consumi , contro i partiti ( comunisti compresi ) , contro il governo , contro il sistema : soprattutto contro il sistema . La loro e una " contestazione globale del sistema " . Da almeno un paio danni questi fermenti agitavano le masse studentesche , ma negli ultimi tre mesi sono esplosi . Prima si poteva anche fingere che non stesse succedendo niente all ' università . Oggi non si può più . E d ' altra parte il fenomeno non è isolato : quello che accade nelle università italiane non è che la ripetizione puntuale di quanto avviene a Berkeley , a Berlino , a Parigi , a Bruxelles , a Madrid , e perfino , a Praga e a Mosca . Per non parlar di Pechino . In ogni paese con spunti diversi , con occasioni diverse , ma con un unico obbiettivo , che è appunto di " contestare il sistema " . Ciascuno contesta il proprio , il che fai sì che questi giovani siano , in ogni paese , all ' opposizione , senza compromessi , senza mezze misure . E soprattutto senza indulgenze , il che li porta a rifiutare solidarietà non richieste , e qualche volta offerte più per amore della moda che per convinta adesione . Quando il movimento , in autunno , entrò nella sua fase acuta , le autorità ( e cioè i rettori , i professori , i genitori , e poi il governo e i partiti ) tentarono da prima di blandire questi ragazzi riottosi . « Certo » dicevano i più illuminati « gli studenti hanno ragione . La scuola italiana è vecchia di cent ' anni . I metodi son poco meno che borbonici , le attrezzature insufficienti , la mancanza di spazio paurosa , l ' assenteismo di molti insegnanti indecoroso . Le rivendicazioni ali questi ragazzi sono sacrosante . Bisogna stare dalla loro parte , aiutarli a vincere » . Poi s ' è visto che il metodo " blando " non serviva a niente , se lo scopo di chi lo usava era quello di " costituzionalizzare " il movimento , perché il movimento cresceva d ' intensità e si diffondeva sempre di più , e perché gli studenti passavano rapidamente dalle rivendicazioni settoriali a temi di protesta assai più generali . È accaduto allora che , da una parte e dall ' altra , le distanze crescessero e le possibilità di comprendersi diminuissero fino a ridursi rapidamente a zero . Fin quando , negli ultimi tempi , la protesta studentesca è arrivata a mettere in discussione l ' intera struttura economica , culturale e ideologica della società italiana , scontrandosi addirittura col partito comunista , accusato di " gradualismo " , ed eleggendo Mao e Guevara ad unici capi spirituali del movimento . Ormai sono assai pochi quei professori ( anche tra i più aperti ) disposti a far proprie le tesi dei comitati di agitazione studentesca , e sono pochissimi gli studenti " rivoluzionari " disposti a dar credito all ' intellettuale di " sinistra " , anche se questi abbia alle sue spalle un passato che parla per lui ( il caso di Moravia e il dibattito da noi pubblicato la scorsa settimana tra lui e un gruppo di studenti sono significativi di questa situazione , impensabile fino a sei mesi fa ) . Il movimento studentesco è isolato . S ' è radicalizzato , si è esteso , ha individuato con chiarezza i suoi obbiettivi , ma ha perso i collegamenti con il grosso della sinistra . Gli è accaduto qualcosa di simile a quanto avvenne l ' anno scorso al movimento negro in America . Il " Black power " ( di cui non a caso i comitati d ' agitazione studentesca riecheggiano gli slogans ) è diventato forte ma si è isolato . In un certo senso , è diventato forte perché sai è isolato . Agli studenti sta accadendo la medesima cosa . Riuscirà la sinistra italiana a riassorbire e ad utilizzare costruttivamente il movimento studentesco ? Riuscirà a farne l ' elemento propulsivo d ' una politica , la forza d ' urto e di trasformazione d ' un sistema che appare sempre meno capace di autoriformarsi ? Finora non si vedono segni che diano adito a speranze in questa direzione . La sinistra tradizionale , cioè i tradizionali partiti che la compongono , hanno cercato ( senza riuscirvi affatto ) di non perdere il contatto col movimento studentesco , largheggiando in riconoscimenti verbali e verbosi , con l ' occhio ai possibili spostamenti e alle possibili " frane " , che potranno verificarsi nel prossimo maggio a causa del voto giovanile . La preoccupazione elettorale ha dominato su tutto . Così comunisti e socialisti di varia osservanza hanno assolto tutti gli errori , tutti gli eccessi e tutte le ingenuità dei comitati d ' agitazione studenteschi , senza tuttavia far propria nessuna delle tesi politiche e ideologiche cui l ' azione dei comitati s ' ispira . Il governo di centro - sinistra ha , in questo settore , registrato il più clamoroso dei suoi non pochi fallimenti . Era partito iscrivendo la riforma della scuola , e quella universitaria in particolare , al numero uno del suo programma . La legislatura si chiude senza che quelle leggi siano neppure state discusse , lasciando la scuola e l ' università in uno stato di caos pauroso , e con scarsissime speranze per l ' avvenire . Eppure tutti sanno perfettamente che una società e una classe dirigente sono esattamente quelle che la scuola forma o , per dirla in altre parole , che ogni classe dirigente ha la scuola che si merita . Ci sono tanti problemi di terribile importanza da affrontare nell ' immediato futuro . Quello del movimento studentesco e d ' una riconciliazione di sostanza tra i giovani e la sinistra politica , non e certo uno dei minori né dei più semplici .
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Non si può giurare davvero che il mondo dei frak e delle capigliature al platino siano tutto il mondo ; ma i sentimenti che suscita il cinema non restano al di qua e al di là d ' una ribalta : essi prendono interamente possesso del pubblico . Tutti si mettono in frak e tutte posseggono chiome platinate . E dopo , è una delusione che scava solchi profondi non solo con l ' invidia verso una società irraggiungibile , ma con l ' umiliazione di sentirsi dei riformati della vita , la quale si svolge soltanto in un dato ambiente : triste o lieto che sia . Nessuna censura , per quanto intelligente , può entrare nel merito di questa visione della vita ; come non può eliminare certe emanazioni sottili e velenose dei capolavori passati in giudicato dalla letteratura e ridotti pel cinema com ' è largamente in uso . Per esempio , Anna Karenina che tiene ancora il cartellone nei sobborghi e nei paesi , ha un alcoolico profumo " comunista " quale può formarsi da un Tolstoi messo alla portata dei sensi elementari del pubblico . Ma poteva la " mentalità " borghese lasciarsi sfuggire l ' invidiabile occasione di mettere in scena l ' eterno triangolo mogliemarito - amante ? Noi costruiamo sotto il libero sole una civiltà nuova ; ma poi tolleriamo che nel buio delle sale si mostri la vita di società che dovrebbero restare straniere al nostro spirito ; o , per rimanere nel campo dell ' educazione popolare , di ambienti che presuppongono non solo le classi sociali , ma le caste . Ci sentiamo però contrari ad una produzione che riveli espressamente un suo scopo educativo , perché allora si otterrebbe l ' effetto contrario e perché il cinema dev ' essere tutt ' intero a differenza forse della letteratura e del teatro accessibile alla generalità . Un " classismo " cinematografico sarebbe veramente deplorevole . Preferiamo restare ottimisti sull ' evoluzione antitradizionalista e antiborghese del cinema ...