StampaPeriodica ,
Di
recente
Alberto
Ronchey
è
tornato
alla
carica
sulla
nostra
«
televisione
senza
qualità
»
.
E
anche
un
consigliere
di
amministrazione
della
Rai
,
Alberto
Contri
,
ha
criticato
in
diverse
occasioni
il
basso
livello
culturale
e
di
qualità
del
nostro
servizio
televisivo
.
Il
direttore
generale
della
Rai
,
Celli
,
risponde
con
statistiche
che
proverebbero
,
a
suo
dire
,
che
la
Rai
offre
più
«
servizio
pubblico
»
di
altre
reti
europee
.
Qualche
volta
rispondere
con
statistiche
è
rispondere
.
Ma
le
statistiche
di
Celli
appartengono
all
'
aria
fritta
.
Sapere
che
ai
tg
è
stato
dedicato
il
13
per
cento
,
alla
cultura
il
25
per
cento
e
agli
approfondimenti
il
14
per
cento
del
tempo
Rai
è
una
presa
in
giro
.
Per
esempio
,
se
il
contenuto
informativo
serio
e
di
interesse
pubblico
dei
nostri
tg
è
zero
,
1.300
ore
di
trasmissione
tg
fanno
sempre
zero
.
E
la
voce
cultura
come
viene
definita
?
Cosa
ci
viene
cacciato
dentro
?
E
a
che
ora
?
Dopo
mezzanotte
?
Per
dibattere
di
qualità
e
cultura
dobbiamo
essere
in
buona
fede
.
Acchiappare
queste
nozioni
è
un
po
'
come
acchiappare
un
'
anguilla
.
Chi
vuole
fare
il
furbo
se
la
cava
sempre
.
Ma
chi
non
cerca
di
fare
il
furbo
non
produce
statistiche
che
mettono
assieme
lucertole
e
coccodrilli
e
ammette
senza
cavilli
che
il
livello
culturale
di
un
film
di
Luchino
Visconti
fa
scomparire
il
livello
culturale
di
un
Carlo
Verdone
.
Facciamo
un
esempio
preciso
:
il
genere
dei
film
«
gialli
»
,
dei
«
mistery
»
.
Mi
si
consentirà
che
questo
genere
ha
un
buon
mercato
.
Eppure
Viale
Mazzini
ci
ha
propinato
senza
fine
il
mediocrissimo
ispettore
Derrick
e
ha
sempre
ignorato
i
bellissimi
mistery
inglesi
(
dai
Poirot
impersonati
da
David
Suchet
,
alla
serie
dell
'
ispettore
Morse
e
altre
)
.
Mi
si
risponde
che
in
Italia
il
mistery
inglese
non
va
.
Il
che
vuol
soltanto
dire
,
a
mio
avviso
,
che
la
nostra
tv
ha
diseducato
il
nostro
spettatore
a
livelli
da
quattro
soldi
,
appunto
a
livelli
Derrick
.
Comunque
,
il
punto
centrale
è
quello
del
servizio
pubblico
.
Per
Viale
Mazzini
«
pubblico
»
vuol
dire
«
acchiappare
pubblici
»
,
acchiappare
il
più
alto
numero
possibile
di
spettatori
.
Invece
no
.
Un
servizio
pubblico
è
tale
in
quanto
serve
un
interesse
pubblico
su
materie
di
pubblica
rilevanza
.
E
qui
il
fatto
è
che
i
nostri
telegiornali
ci
regalano
quasi
soltanto
una
cronaca
di
nessunissima
rilevanza
ai
fini
della
formazione
di
una
opinione
pubblica
.
Intanto
,
il
mondo
è
pressoché
sparito
(
basta
,
per
dimostrarlo
,
il
confronto
con
il
notiziario
delle
world
news
della
Bbc
)
;
e
il
resto
è
tutto
in
chiave
di
raccontino
lacrimoso
mammistico
.
Se
poi
l
'
obiezione
è
che
un
notiziario
serio
che
dà
notizie
che
ci
aiutano
a
capire
gli
eventi
otterrebbe
un
ascolto
del
5
per
cento
,
a
questa
obiezione
rispondo
che
un
5
per
cento
che
sa
qualcosa
è
pur
sempre
meglio
di
un
100
per
cento
che
non
sa
nulla
.
Rispondendo
ad
Alberto
Contri
il
presidente
della
Rai
Zaccaria
lo
rintuzza
così
:
«
sono
sorpreso
quando
un
consigliere
[...]
sventola
la
bandierina
della
qualità
.
Il
Cda
lavora
da
un
anno
e
mezzo
su
questo
»
.
Bene
.
La
Rai
cominci
a
dimostrarlo
in
sede
di
qualità
dell
'
informazione
.
La
qualità
in
generale
è
,
dicevo
,
nozione
anguillesca
.
Ma
la
qualità
dell
'
informazione
può
essere
misurata
al
paragone
ogni
giorno
.
Servizio
pubblico
o
invece
disservizio
pubblico
?
Finora
,
disservizio
.
StampaPeriodica ,
La
donna
noi
la
vogliamo
sana
e
bella
serena
e
intelligente
compagna
della
nostra
vita
.
Queste
poche
parole
contengono
ciò
che
la
Razza
Italiana
domanda
alla
donna
italiana
,
cioè
quell
'
ideale
che
essa
deve
sforzarsi
di
raggiungere
per
la
sua
patria
,
per
sé
stessa
,
e
un
po
'
anche
per
l
'
uomo
che
un
giorno
la
sposerà
.
E
che
la
salute
non
sia
da
raggiungersi
attraverso
una
mascolinizzazione
data
da
esercizi
violenti
e
deformanti
è
implicito
nel
programma
di
educazione
fisica
svolto
nelle
scuole
femminili
:
ginnastica
all
'
aperto
,
preferibilmente
a
ritmo
di
musica
,
giochi
di
agilità
e
di
snellezza
,
quali
il
tennis
,
la
pallacanestro
ecc
.
come
sostengono
i
nostri
migliori
igienisti
(
valga
per
tutti
il
prof
.
N
.
Pende
)
...
In
buona
parte
il
successo
di
questa
aspirazione
della
Razza
italiana
è
affidato
alle
nostre
donne
,
al
loro
istinto
di
maternità
,
al
loro
patriottismo
,
alla
loro
capacità
di
amministrare
le
entrate
e
le
disponibilità
di
ciascuna
famiglia
,
non
ultimo
tra
i
difficili
compiti
di
una
brava
donna
di
casa
e
che
tanto
contribuisce
al
consolidamento
del
nucleo
familiare
e
alla
sua
prosperità
e
serenità
...
E
sia
lasciata
agli
uomini
l
'
arte
di
esser
uomini
che
esige
capacità
e
attitudini
anch
'
essa
,
tanto
che
molti
non
riescono
ad
impararla
mai
.
StampaPeriodica ,
Le
obiezioni
al
disegno
di
legge
del
governo
sulla
disciplina
degli
spot
politici
sono
parecchie
.
Le
riassume
in
buona
parte
Andrea
Manzella
,
che
scrive
perentoriamente
così
:
«
L
'
iniziativa
del
governo
non
è
incostituzionale
.
È
soltanto
sbagliata
in
quattro
punti
»
.
Manzella
ha
ragione
sulla
incostituzionalità
:
non
c
'
è
.
Ma
sul
punto
principale
della
sua
critica
-
il
primo
dei
quattro
-
la
tesi
sbagliata
è
,
a
mio
vedere
,
la
tesi
di
Manzella
.
A
detta
del
Nostro
,
la
distinzione
tra
pubblicità
e
propaganda
sulla
quale
si
fonda
la
disciplina
proposta
dal
governo
è
una
«
distinzione
impossibile
»
.
Manzella
ne
è
sicuro
perché
«
gli
studiosi
che
si
sono
occupati
della
materia
(
come
Cesare
Pinelli
e
Antonella
Sciortino
)
avevano
avvertito
che
la
distinzione
non
poteva
reggere
dato
che
l
'
una
e
l
'
altra
forma
di
comunicazione
politica
utilizzano
le
stesse
tecniche
di
persuasione
e
di
semplificazione
del
linguaggio
»
.
Gli
studiosi
?
No
,
«
alcuni
»
studiosi
.
Vedi
caso
,
tra
gli
studiosi
dell
'
argomento
ci
sono
anche
io
(
me
ne
occupo
,
tra
l
'
altro
,
nella
Enciclopedia
del
Novecento
dell
'
Istituto
della
Enciclopedia
Italiana
,
e
dunque
in
una
sede
di
tutto
rispetto
)
e
la
mia
tesi
,
lì
e
altrove
,
è
che
la
distinzione
tra
pubblicità
e
propaganda
è
non
solo
possibile
ma
anche
necessaria
.
A
una
persona
esperta
di
mondo
e
smaliziata
come
Manzella
non
dovrebbe
sfuggire
,
tanto
per
cominciare
,
che
i
pubblicitari
sono
interessati
a
cancellare
la
distinzione
perché
a
loro
interessa
catturare
anche
il
mercato
della
politica
.
Per
loro
sono
tanti
quattrini
,
e
ai
pubblicitari
interessano
quasi
per
definizione
soltanto
i
quattrini
.
E
se
lei
,
senatore
Manzella
,
ha
mai
sentito
parlare
di
conflitto
di
interessi
,
allora
dovrebbe
stare
più
attento
alle
tesi
«
interessate
»
.
Tra
le
tante
differenze
tra
pubblicità
commerciale
e
propaganda
politica
mi
limito
qui
a
ricordare
che
la
prima
vende
beni
e
servizi
a
dei
consumatori
i
quali
,
consumando
,
bene
o
male
si
accorgono
se
un
bidone
è
un
bidone
.
La
propaganda
politica
vende
invece
promesse
(
parole
)
o
altrimenti
persone
.
Così
i
consumatori
della
propaganda
comunista
sono
stati
bidonati
per
settant
'
anni
,
e
chi
vota
(
compra
)
Berlusconi
non
lo
può
poi
mangiare
per
scoprire
se
è
un
buon
commestibile
.
La
stessa
cosa
,
senatore
Manzella
?
No
,
cose
diverse
.
E
ne
risulta
che
il
potenziale
di
imbroglio
e
di
dannosità
della
propaganda
politica
è
incommensurabilmente
maggiore
di
quello
della
pubblicità
commerciale
.
Pertanto
,
strabilio
nel
leggere
che
lei
raccomanda
di
«
lasciare
mano
libera
[...]
ai
pubblicitari
»
,
visto
che
questi
ultimi
sono
«
quelli
che
con
il
loro
mestiere
di
fantasia
riescono
a
leggere
e
rivelare
molta
più
politica
al
mondo
di
quanto
non
sia
più
capace
di
fare
la
politica
come
mestiere
»
.
Poveri
noi
,
e
povera
politica
.
Già
siamo
a
livelli
bassissimi
.
Con
l
'
aiuto
di
questa
raccomandazione
è
pressoché
sicuro
che
scenderà
a
livelli
ancor
più
bassi
.
Comunque
sia
,
l
'
argomento
di
Manzella
non
regge
in
punto
di
logica
.
In
buona
logica
una
distinzione
è
analiticamente
valida
se
individua
una
differenza
,
e
non
è
cancellata
dal
fatto
che
la
realtà
mescola
sempre
tutto
:
bene
e
male
,
bello
e
brutto
,
e
anche
,
appunto
,
propaganda
e
pubblicità
.
Domanda
:
se
nel
mondo
reale
bene
e
male
si
mescolano
,
ne
dobbiamo
forse
ricavare
che
sono
indistinguibili
?
Alla
stessa
stregua
,
anche
se
è
vero
che
i
pubblicitari
riducono
la
propaganda
politica
a
un
quissimile
della
vendita
di
un
dentifricio
,
è
lecito
ricavarne
che
sono
la
stessa
cosa
?
Ovviamente
no
.
Manzella
si
vanta
di
essere
«
strapaesano
»
(
vedi
«
Il
Foglio
»
del
31
luglio
)
e
sbeffeggia
i
poveretti
come
me
che
vanno
a
cercare
(
ma
nel
mio
caso
a
rifiutare
)
le
soluzioni
«
in
Australia
o
in
Israele
»
.
A
me
,
confesso
,
gli
strapaesani
fanno
paura
.
Se
Hitler
o
Mussolini
fossero
mai
stati
in
America
,
forse
si
sarebbero
fermati
.
Tornando
a
Manzella
,
non
so
se
gli
spot
statunitensi
lui
li
conosca
e
veda
.
Mi
sembra
di
no
.
Perché
se
li
vedesse
scoprirebbe
qual
è
la
china
dello
spot
politico
affidato
alla
«
fantasia
rivelatrice
»
dei
maghi
della
pubblicità
.
È
la
china
dello
spot
personale
,
puramente
negativo
ed
essenzialmente
diffamatorio
.
Un
candidato
attacca
l
'
altro
dicendo
che
ha
cornificato
la
moglie
,
che
discrimina
contro
gli
omosessuali
(
o
viceversa
)
e
che
in
gioventù
ha
sniffato
cocaina
.
A
Manzella
andrebbe
bene
così
?
Oppure
ritiene
anche
lui
che
questo
tipo
di
«
spottismo
»
non
è
solo
diverso
dalla
propaganda
politica
,
ma
che
ne
costituisce
una
degenerazione
inaccettabile
?
Il
punto
che
sfugge
in
questo
dibattito
è
che
finora
i
nostri
spot
sono
stati
decorosi
,
e
che
sono
stati
decorosi
perché
disciplinati
dalla
legge
del
1993
che
vietava
,
nei
trenta
giorni
prima
delle
elezioni
,
il
ricorso
a
messaggi
emotivi
e
spettacolari
e
consentiva
soltanto
l
'
esposizione
dei
programmi
politici
.
Ma
se
l
'
attacco
al
disegno
di
legge
del
governo
andrà
a
travolgere
,
come
Manzella
e
altri
fanno
temere
,
quei
limiti
,
allora
è
pressoché
sicuro
che
i
mercanti
della
pubblicità
di
casa
nostra
arriveranno
lestamente
agli
spot
negativi
tipo
Usa
.
Perché
nessuno
nega
che
lo
spot
negativo
sia
lo
spot
più
efficace
.
Il
punto
resta
se
vogliamo
ridurre
la
politica
a
un
bombardamento
di
escrementi
.
StampaPeriodica ,
Chiamo
Solitudine
l
'
abbandono
dell
'
anima
mia
e
la
vulnerabilità
del
mio
corpo
:
il
lor
rapporto
instabile
e
periglioso
,
di
cui
l
'
Infinito
è
la
risultante
,
anzi
il
comun
denominatore
.
Chiamo
Solitudine
la
mia
sensibilità
.
La
facilità
a
sentire
simpaticamente
(
o
antipaticamente
)
il
mondo
,
di
consentire
(
o
dissentire
)
con
le
cose
,
onde
mi
so
allacciato
in
segreto
,
per
infinite
vie
di
piacere
o
di
dolore
,
a
tutte
le
forme
della
vita
,
è
causa
che
l
'
anima
mia
sia
continuamente
desiderosa
e
delusa
di
continuo
.
E
questo
,
che
non
è
che
un
miraggio
della
coscienza
,
un
riverbero
spirituale
ed
organico
a
vicenda
,
si
chiama
anche
facoltà
di
sognare
,
ossia
,
da
ultimo
,
di
sentire
con
accompagnamento
molteplice
d
'
imagini
.
L
'
associazione
(
e
la
dissociazione
)
delle
idee
,
altro
non
è
che
il
frutto
,
maturato
,
di
una
vivace
sensibilità
.
Ogni
teoria
,
ogni
dottrina
è
,
nell
'
uomo
di
sensibilità
,
figlia
del
suo
sviscerato
amore
,
del
suo
odio
più
tenace
.
E
la
vita
intellettuale
di
costui
è
,
a
traverso
un
tribolo
di
passioni
,
il
perenne
sforzo
verso
un
'
ascesi
,
che
non
si
può
giungere
che
con
la
morte
.
Questa
io
dico
essere
veramente
la
Solitudine
;
per
ciò
che
la
comunione
misteriosa
dell
'
individuo
col
Tutto
,
nell
'
attimo
dell
'
alchimistica
formazione
dell
'
Idea
,
la
quale
nasce
da
una
reazione
oscura
,
a
un
'
alta
temperatura
di
coscienza
,
della
Sensibilità
su
la
Memoria
,
come
non
è
essa
stessa
che
un
alto
e
intenso
atto
d
'
individualità
,
così
non
manca
di
ricondurre
nell
'
animo
il
senso
dei
limiti
di
questa
.
Il
che
non
avviene
senz
'
istantanea
vertigine
.
StampaPeriodica ,
...
Etiopia
,
Spagna
:
non
basta
,
non
basta
.
Vogliamo
vederli
in
faccia
una
buona
volta
questi
nostri
nemici
che
ci
perseguitano
da
anni
,
che
da
anni
nell
'
ombra
,
sudando
un
fetido
odore
da
rapaci
immondi
ci
negano
il
diritto
di
diventare
migliori
,
sprezzano
la
nostra
forza
rinnovata
,
ostacolano
la
nostra
missione
nel
mondo
.
GUERRA
!
Ecco
il
nostro
grido
di
giovani
in
attesa
della
nostra
prova
.
Guerra
imperiale
a
contatto
diretto
coi
nostri
nemici
più
grossi
,
a
punta
di
pugnale
con
coloro
che
ci
amarono
deboli
e
derelitti
,
e
forti
non
ci
credono
e
ci
aizzano
contro
il
mondo
.
Guerra
santa
che
ristabilisca
l
'
equilibrio
di
Roma
a
beneficio
di
tutto
il
mondo
civile
.
Guerra
gloriosa
che
schiacci
una
volta
per
sempre
i
debosciati
egoisti
pronti
a
barattare
con
l
'
oro
l
'
onore
e
la
dignità
dei
popoli
.
No
,
non
è
il
grido
della
disperazione
di
chi
ha
perso
la
fiducia
in
se
stesso
;
non
è
l
'
esclamazione
quasi
di
sollievo
per
una
soluzione
sicura
di
chi
ha
paura
dell
'
incertezza
:
è
il
grido
calmo
,
ma
possente
,
enorme
ma
compatto
di
una
gioventù
che
da
quando
ha
potuto
individuare
i
veri
nemici
che
ne
minavano
la
esistenza
,
ha
pensato
sempre
alla
guerra
contro
costoro
come
ad
una
gioiosa
missione
da
compiere
.
Morire
?
Ma
chi
siamo
noi
a
lato
della
Patria
?
Vermi
,
vermi
che
dobbiamo
sparire
.
Ma
Essa
,
Essa
la
grande
Italia
resterà
per
noi
trionfante
di
civiltà
nel
mondo
e
poserà
il
Suo
piede
imperiale
sul
collo
di
coloro
che
all
'
estero
ci
hanno
derisi
,
mentre
costituivamo
il
loro
benessere
,
che
all
'
interno
ci
hanno
ingannati
facendo
scempio
della
nostra
fiducia
.
Chiediamo
la
guerra
,
come
la
grande
prova
che
ci
farà
cittadini
perfetti
.
Combatteremo
freddi
,
freddissimi
,
silenziosi
perché
sia
reso
dente
per
dente
ed
occhio
per
occhio
;
mirando
giusto
perché
non
sia
sciupata
la
nostra
energia
;
facendo
all
'
avversario
il
più
gran
male
possibile
perché
sia
schiacciato
per
sempre
.
Il
nostro
grido
è
cosciente
:
conosciamo
gli
orrori
della
lotta
,
ma
non
ignoriamo
l
'
ebbrezza
della
Vittoria
.
Costi
quel
che
costi
,
vogliamo
finalmente
snidare
il
nemico
dal
suo
covo
e
strozzarlo
con
queste
nostre
dita
,
inesorabilmente
,
guardando
a
Roma
Madre
fatta
più
luminosa
dalla
nostra
determinazione
audace
,
più
grande
dalla
nostra
conquista
.
Morire
?
E
chi
se
ne
frega
?
Evviva
la
guerra
!
StampaPeriodica ,
La
nota
pastorale
del
13
settembre
dell
'
arcivescovo
di
Bologna
,
cardinale
Giacomo
Biffi
,
è
stata
lanciata
così
dall
'
Ansa
,
la
nostra
massima
agenzia
di
stampa
:
«
Immigrazione
.
Biffi
allo
Stato
:
favorite
i
cattolici
»
.
Le
agenzie
di
stampa
devono
,
appunto
«
lanciare
»
.
E
di
quel
lancio
sono
stato
un
po
'
vittima
anche
io
perché
-
subito
intervistato
telefonicamente
-
ho
troppo
precipitosamente
risposto
che
«
quella
tesi
non
mi
convince
per
niente
»
.
Che
non
mi
convinca
resta
vero
.
Ma
dopo
aver
letto
l
'
intero
testo
del
cardinale
devo
fare
ammenda
e
desidero
riconoscere
che
quel
testo
,
nel
suo
insieme
,
fa
onore
al
suo
estensore
.
Per
una
volta
-
mi
succede
oramai
di
rado
-
mi
inchino
.
Certo
,
l
'
ottica
dell
'
uomo
di
Chiesa
è
diversa
da
quella
del
laico
,
e
quindi
da
quella
del
sottoscritto
.
Il
cardinale
Biffi
deve
dare
priorità
alla
sua
fede
,
e
perciò
alla
«
buona
religione
»
.
A
me
interessa
,
invece
,
la
«
buona
società
»
.
Ma
ferma
restando
questa
differenza
di
fondo
e
di
priorità
,
l
'
intervento
del
cardinale
mi
fa
riflettere
su
quanto
una
«
fede
intelligente
»
sia
vicina
e
conciliabile
con
la
«
intelligenza
della
ragione
»
.
Seguo
,
nel
citare
,
l
'
ordine
della
esposizione
del
cardinale
di
Bologna
.
1
.
«
Dobbiamo
riconoscere
che
il
fenomeno
di
una
massiccia
integrazione
ci
ha
colti
un
po
'
tutti
di
sorpresa
.
È
stato
colto
di
sorpresa
lo
Stato
[...]
che
pare
non
abbia
ancora
recuperata
la
capacità
di
gestire
razionalmente
la
situazione
riconducendola
entro
le
regole
irrinunciabili
[...]
di
una
ordinata
convivenza
civile
.
E
sono
state
colte
di
sorpresa
anche
le
comunità
cristiane
[...]
sprovviste
sinora
di
una
visione
non
astratta
,
non
settoriale
[...]
Le
generiche
esaltazioni
della
solidarietà
e
del
primato
della
carità
evangelica
[...]
si
dimostrano
più
bene
intenzionate
che
utili
quando
non
si
confrontano
davvero
con
la
complessità
del
problema
e
la
ruvidezza
della
realtà
effettuale
»
.
Queste
,
è
proprio
il
caso
di
dire
,
sono
parole
sante
.
E
davvero
responsabili
.
2
.
«
Non
è
compito
della
Chiesa
come
tale
di
risolvere
ogni
problema
sociale
»
.
Più
che
vero
.
Ma
fa
piacere
che
sia
un
cardinale
ad
asserirlo
,
e
che
poi
sia
un
alto
prelato
a
ricordare
allo
Stato
quali
siano
i
suoi
doveri
.
Occorre
,
scrive
,
che
«
ci
si
preoccupi
seriamente
di
salvare
l
'
identità
propria
della
nazione
.
L
'
Italia
non
è
una
landa
deserta
senza
storia
,
senza
tradizioni
vive
e
vitali
,
senza
una
inconfondibile
fisionomia
culturale
e
spirituale
,
da
popolare
indiscriminatamente
come
se
non
ci
fosse
un
patrimonio
di
umanesimo
e
di
civiltà
che
non
deve
andare
perduto
»
.
Anche
le
comunità
cristiane
«
non
possono
non
valutare
attentamente
i
singoli
e
i
diversi
gruppi
»
;
ma
,
alla
fin
fine
,
i
criteri
per
ammettere
gli
immigrati
sono
di
competenza
delle
autorità
civili
,
fermo
restando
che
quei
criteri
«
non
possono
essere
solamente
economici
e
previdenziali
»
e
che
«
le
condizioni
di
partenza
dei
nuovi
arrivati
non
sono
egualmente
propizie
»
ai
fini
di
«
una
possibile
e
auspicabile
[...]
integrazione
»
.
Di
nuovo
,
parole
sante
.
E
fa
dispiacere
dover
notare
che
una
lezione
come
quella
impartita
dal
cardinale
di
Bologna
non
ci
sia
mai
o
quasi
mai
arrivata
dai
nostri
politici
.
Tra
l
'
altro
,
non
ci
è
mai
arrivata
dalle
nostre
cattolicissime
Maria
Rosa
Russo
Jervolino
quando
governava
il
Viminale
,
né
tanto
meno
dal
ministro
Livia
Turco
che
ora
risponde
al
cardinale
che
«
la
legge
più
severa
sull
'
immigrazione
porta
il
mio
nome
»
.
Davvero
?
Entrare
clandestinamente
in
un
paese
è
un
reato
,
così
come
è
un
reato
rifiutare
di
fornire
le
proprie
generalità
.
E
la
severissima
legislazione
italiana
cosa
fa
?
Fornisce
al
clandestino
anonimo
un
foglio
di
via
e
poi
lo
rilascia
,
e
così
di
fatto
lo
fa
entrare
e
gli
consente
di
sparire
.
Peccato
che
il
cardinale
Biffi
non
la
possa
sostituire
.
Pur
essendo
anche
lui
cattolico
,
farebbe
molto
meglio
di
lei
.
3
.
Il
punto
dolente
dell
'
immigrazione
è
quello
dell
'
immigrazione
islamica
.
Il
presule
di
Bologna
lo
dichiara
senza
perifrasi
:
«
Il
caso
dei
musulmani
va
trattato
con
una
particolare
attenzione
.
Essi
hanno
[...]
un
diritto
di
famiglia
incompatibile
con
il
nostro
,
una
concezione
della
donna
lontanissima
dalla
nostra
(
sino
ad
ammettere
la
pratica
della
poligamia
)
.
Soprattutto
hanno
una
visione
rigorosamente
integralistica
della
vita
pubblica
[...]
la
perfetta
immedesimazione
tra
religione
e
politica
fa
parte
della
loro
fede
irrinunciabile
,
anche
se
a
proclamarla
e
a
farla
valere
aspettano
prudentemente
di
essere
diventati
preponderanti
»
.
Livia
Turco
si
affretta
a
controbattere
così
:
«
Non
dimentichiamo
tutto
ciò
che
accomuna
e
non
divide
le
tre
grandi
religioni
,
il
cristianesimo
,
l
'
ebraismo
e
L
'
islamismo
»
.
In
attesa
che
il
ministro
Turco
mi
ricordi
quel
che
evidentemente
io
dimentico
,
mi
pregio
ricordarle
(
qualora
sia
lei
a
non
saperlo
)
che
la
parola
Islàm
vuol
dire
sottomissione
,
che
la
parola
araba
per
libertà
-
horriayai
-
esprime
soltanto
una
situazione
di
non
schiavitù
(
dal
che
risulta
che
il
nostro
concetto
di
libertà
al
positivo
è
estraneo
alla
concezione
islamica
del
mondo
)
,
e
che
alla
nostra
separazione
tra
Chiesa
e
Stato
il
musulmano
contrappone
la
concezione
dell
'
Eddin
-
Dawa
,
che
vuoi
dire
religione
-
Stato
.
Ciò
posto
,
le
sarei
davvero
obbligato
se
una
volta
tanto
lei
precisasse
che
razza
di
cittadino
italiano
osservante
delle
leggi
italiane
risulterebbe
dalla
«
cittadinizzazione
»
del
suddetto
islamico
.
Per
ora
un
gruppettino
di
studenti
islamici
delle
scuole
genovesi
ha
chiesto
che
il
crocefisso
venga
eliminato
dalle
aule
,
ed
è
stato
subito
accontentato
.
In
barba
alla
vanteria
della
Turco
che
le
leggi
degli
immigrati
devono
sottostare
a
quelle
italiane
.
Io
,
laico
,
del
crocefisso
non
faccio
certo
un
caso
capitale
.
Ma
a
lei
,
cattolica
,
l
'
episodio
non
appare
un
pessimo
esordio
della
integrazione
scolastica
dell
'
islamico
?
Max
Weber
distingueva
tra
etica
della
responsabilità
(
una
moralità
che
mette
in
conto
le
conseguenze
delle
nostre
azioni
)
ed
etica
dei
principi
(
nella
quale
la
buona
intenzione
è
tutto
e
il
cattivo
esito
viene
ignorato
)
.
L
'
etica
della
responsabilità
è
,
se
si
vuole
,
impura
perché
è
pilotata
da
un
capire
,
mentre
l
'
etica
dei
principi
è
pura
,
ma
per
ciò
stesso
ottusa
(
non
sa
,
non
capisce
)
e
irresponsabile
.
La
chiesa
di
Giovanni
Paolo
II
ha
largamente
sposato
un
'
etica
dei
principi
.
Niente
profilattici
,
anche
se
quel
niente
incrementa
l
'
Aids
.
Niente
contraccettivi
,
anche
se
quel
niente
produce
un
eccesso
di
centinaia
di
milioni
di
bambini
destinati
a
morire
di
fame
.
La
giustificazione
è
che
provvederà
la
Provvidenza
.
In
attesa
stravince
l
'
imprevidenza
.
Ben
venga
,
allora
,
un
cardinale
che
si
ricorda
dell
'
etica
della
responsabilità
.
Ne
sia
lodato
il
Signore
.
StampaPeriodica ,
Per
la
nostra
cinematografia
il
seguir
la
scuola
americana
(
quale
altra
esiste
?
nemmeno
più
la
russa
)
può
dir
molto
.
Allontanando
la
leggerezza
storica
di
alcuni
film
americani
,
stroncando
il
cinema
cattiva
copia
del
teatro
,
assorbendo
(
e
sarà
facile
)
la
freschezza
,
l
'
audacia
,
la
forza
e
l
'
esuberanza
chiassosa
ma
sana
che
si
trova
nella
maggior
parte
delle
pellicole
d
'
oltre
oceano
,
la
nostra
industria
,
potenziata
dall
'
apposita
Direzione
,
si
eleverà
a
quella
maturità
materiale
e
spirituale
che
aprirà
la
porta
al
più
grande
successo
.
Dal
punto
di
vista
morale
(
Vigilanti
cura
)
,
la
nostra
giovinezza
trova
logicamente
meno
volgare
e
sensuale
una
sfilata
di
cento
belle
ragazze
che
non
la
trita
farsa
a
doppio
senso
di
pura
marca
francese
,
piena
di
sottintesi
,
di
malcelate
nudità
e
di
cerebralismi
sterili
.
E
così
pure
i
grossi
mattoni
a
tendenza
nettamente
filosofico
-
politico
-
cerebrale
e
le
commediole
tanto
care
ai
tedeschi
(
con
quanta
arte
,
grazia
e
umorismo
i
registi
americani
svolgono
questi
leggerissimi
temi
!
)
,
non
hanno
il
potere
magico
di
distrarre
e
divertire
lo
spettatore
,
còmpito
primo
e
spesso
dimenticato
di
ogni
film
che
si
rispetti
.
In
una
Europa
così
divisa
politicamente
,
così
diversa
di
temperamento
,
slancio
,
esigenze
,
non
può
sorgere
l
'
espressione
collettiva
da
contrapporre
vantaggiosamente
a
quella
dei
maghi
di
California
.
Noi
italiani
dobbiamo
sentirci
più
vicini
a
loro
che
non
plaudire
a
quella
tendenza
nettamente
conservatrice
di
cui
è
permeata
la
produzione
filmistica
europea
.
Non
ci
sarà
d
'
ostacolo
la
profonda
differenza
che
esiste
tra
noi
e
gli
americani
:
alla
nostra
intelligenza
il
saper
scegliere
e
il
saper
scartare
.
Il
giorno
che
il
cinema
italiano
saprà
essere
sempre
più
aderente
alla
psicologia
della
rinnovata
gente
d
'
Italia
,
siamo
certi
che
la
nostra
produzione
,
appunto
perché
dotata
di
un
suo
carattere
,
saprà
conquistare
i
mercati
esteri
e
giungere
anche
in
America
ad
interessare
con
la
nostra
saggezza
fascista
,
e
ad
esaltare
con
la
nostra
forza
costruttrice
,
quel
popolo
giovane
,
ricco
,
esuberante
,
mal
guidato
e
giudicato
;
e
risolverà
la
situazione
finanziaria
mercé
l
'
assorbimento
dei
nostri
film
da
parte
di
un
grande
mercato
.
Abbiamo
avvertito
:
non
accodiamoci
al
cinema
europeo
d
'
oggi
.
StampaPeriodica ,
In
un
vasto
impero
qual
è
quello
che
per
sempre
ci
appartiene
,
il
pericolo
di
una
contaminazione
della
nostra
razza
,
è
naturalmente
assai
più
grande
che
non
fosse
nelle
scarse
colonie
da
noi
possedute
fin
oggi
,
anche
perché
sarà
ed
è
augurabile
,
anzi
necessario
che
sia
sempre
maggiore
il
numero
degli
italiani
i
quali
vi
si
stabiliranno
costituendovi
una
vera
e
propria
nuova
Italia
d
'
oltre
-
mare
...
La
censura
sulle
pellicole
destinate
agli
indigeni
,
o
alle
quali
gli
indigeni
possono
essere
ammessi
,
non
sarà
mai
abbastanza
severa
.
Né
basterà
quella
eseguita
preventivamente
in
Italia
sia
pure
che
del
comitato
di
censura
facciano
parte
essenzialissima
persone
per
esperienza
conoscitrici
degli
indigeni
ma
occorrerà
una
seconda
e
più
rigorosa
commissione
centrale
di
censura
ad
Addis
Abeba
,
costituita
da
chi
la
conoscenza
dell
'
indigeno
abbia
rinnovato
e
rinnovi
ogni
giorno
sui
posti
.
E
non
ancora
basterà
,
poiché
per
le
accennate
differenze
tra
popolazioni
,
è
consigliabile
che
i
commissari
o
residenti
delle
varie
località
periferiche
o
quanto
meno
un
funzionario
adatto
e
scrupoloso
in
loro
vece
,
riesaminino
le
pellicole
prima
di
autorizzare
in
ciascuno
dei
cinque
governi
la
proiezione
ai
propri
amministrati
.
Quanto
scriviamo
potrà
sembrare
a
prima
vista
un
'
esagerazione
,
tanto
ai
cineasti
che
non
conoscono
gli
indigeni
da
una
parte
,
quanto
ai
coloniali
e
ai
colonialisti
che
non
conoscono
gli
effetti
dello
schermo
sugli
indigeni
dall
'
altra
.
Ma
non
lo
è
.
Ripetiamo
e
sosteniamo
che
l
'
influsso
esercitato
dalla
proiezione
cinematografica
sugli
indigeni
,
per
tutto
,
e
sopra
tutto
per
ciò
che
riguarda
il
prestigio
della
razza
dominatrice
,
è
enorme
...
StampaPeriodica ,
Gli
studenti
italiani
protestano
.
Ormai
non
passa
giorno
senza
che
la
cronaca
non
registri
l
'
occupazione
d
'
una
facoltà
,
la
sospensione
d
'
un
corso
di
studi
,
le
dimissioni
d
'
un
rettore
o
d
'
un
preside
,
gli
scontri
con
la
polizia
.
Vogliono
la
riforma
dell
'
università
.
Vogliono
che
finisca
la
guerra
in
Vietnam
.
Vogliono
il
potere
studentesco
.
Vogliono
la
rivoluzione
.
Sono
contro
l
'
America
,
contro
la
civiltà
dei
consumi
,
contro
i
partiti
(
comunisti
compresi
)
,
contro
il
governo
,
contro
il
sistema
:
soprattutto
contro
il
sistema
.
La
loro
e
una
"
contestazione
globale
del
sistema
"
.
Da
almeno
un
paio
danni
questi
fermenti
agitavano
le
masse
studentesche
,
ma
negli
ultimi
tre
mesi
sono
esplosi
.
Prima
si
poteva
anche
fingere
che
non
stesse
succedendo
niente
all
'
università
.
Oggi
non
si
può
più
.
E
d
'
altra
parte
il
fenomeno
non
è
isolato
:
quello
che
accade
nelle
università
italiane
non
è
che
la
ripetizione
puntuale
di
quanto
avviene
a
Berkeley
,
a
Berlino
,
a
Parigi
,
a
Bruxelles
,
a
Madrid
,
e
perfino
,
a
Praga
e
a
Mosca
.
Per
non
parlar
di
Pechino
.
In
ogni
paese
con
spunti
diversi
,
con
occasioni
diverse
,
ma
con
un
unico
obbiettivo
,
che
è
appunto
di
"
contestare
il
sistema
"
.
Ciascuno
contesta
il
proprio
,
il
che
fai
sì
che
questi
giovani
siano
,
in
ogni
paese
,
all
'
opposizione
,
senza
compromessi
,
senza
mezze
misure
.
E
soprattutto
senza
indulgenze
,
il
che
li
porta
a
rifiutare
solidarietà
non
richieste
,
e
qualche
volta
offerte
più
per
amore
della
moda
che
per
convinta
adesione
.
Quando
il
movimento
,
in
autunno
,
entrò
nella
sua
fase
acuta
,
le
autorità
(
e
cioè
i
rettori
,
i
professori
,
i
genitori
,
e
poi
il
governo
e
i
partiti
)
tentarono
da
prima
di
blandire
questi
ragazzi
riottosi
.
«
Certo
»
dicevano
i
più
illuminati
«
gli
studenti
hanno
ragione
.
La
scuola
italiana
è
vecchia
di
cent
'
anni
.
I
metodi
son
poco
meno
che
borbonici
,
le
attrezzature
insufficienti
,
la
mancanza
di
spazio
paurosa
,
l
'
assenteismo
di
molti
insegnanti
indecoroso
.
Le
rivendicazioni
ali
questi
ragazzi
sono
sacrosante
.
Bisogna
stare
dalla
loro
parte
,
aiutarli
a
vincere
»
.
Poi
s
'
è
visto
che
il
metodo
"
blando
"
non
serviva
a
niente
,
se
lo
scopo
di
chi
lo
usava
era
quello
di
"
costituzionalizzare
"
il
movimento
,
perché
il
movimento
cresceva
d
'
intensità
e
si
diffondeva
sempre
di
più
,
e
perché
gli
studenti
passavano
rapidamente
dalle
rivendicazioni
settoriali
a
temi
di
protesta
assai
più
generali
.
È
accaduto
allora
che
,
da
una
parte
e
dall
'
altra
,
le
distanze
crescessero
e
le
possibilità
di
comprendersi
diminuissero
fino
a
ridursi
rapidamente
a
zero
.
Fin
quando
,
negli
ultimi
tempi
,
la
protesta
studentesca
è
arrivata
a
mettere
in
discussione
l
'
intera
struttura
economica
,
culturale
e
ideologica
della
società
italiana
,
scontrandosi
addirittura
col
partito
comunista
,
accusato
di
"
gradualismo
"
,
ed
eleggendo
Mao
e
Guevara
ad
unici
capi
spirituali
del
movimento
.
Ormai
sono
assai
pochi
quei
professori
(
anche
tra
i
più
aperti
)
disposti
a
far
proprie
le
tesi
dei
comitati
di
agitazione
studentesca
,
e
sono
pochissimi
gli
studenti
"
rivoluzionari
"
disposti
a
dar
credito
all
'
intellettuale
di
"
sinistra
"
,
anche
se
questi
abbia
alle
sue
spalle
un
passato
che
parla
per
lui
(
il
caso
di
Moravia
e
il
dibattito
da
noi
pubblicato
la
scorsa
settimana
tra
lui
e
un
gruppo
di
studenti
sono
significativi
di
questa
situazione
,
impensabile
fino
a
sei
mesi
fa
)
.
Il
movimento
studentesco
è
isolato
.
S
'
è
radicalizzato
,
si
è
esteso
,
ha
individuato
con
chiarezza
i
suoi
obbiettivi
,
ma
ha
perso
i
collegamenti
con
il
grosso
della
sinistra
.
Gli
è
accaduto
qualcosa
di
simile
a
quanto
avvenne
l
'
anno
scorso
al
movimento
negro
in
America
.
Il
"
Black
power
"
(
di
cui
non
a
caso
i
comitati
d
'
agitazione
studentesca
riecheggiano
gli
slogans
)
è
diventato
forte
ma
si
è
isolato
.
In
un
certo
senso
,
è
diventato
forte
perché
sai
è
isolato
.
Agli
studenti
sta
accadendo
la
medesima
cosa
.
Riuscirà
la
sinistra
italiana
a
riassorbire
e
ad
utilizzare
costruttivamente
il
movimento
studentesco
?
Riuscirà
a
farne
l
'
elemento
propulsivo
d
'
una
politica
,
la
forza
d
'
urto
e
di
trasformazione
d
'
un
sistema
che
appare
sempre
meno
capace
di
autoriformarsi
?
Finora
non
si
vedono
segni
che
diano
adito
a
speranze
in
questa
direzione
.
La
sinistra
tradizionale
,
cioè
i
tradizionali
partiti
che
la
compongono
,
hanno
cercato
(
senza
riuscirvi
affatto
)
di
non
perdere
il
contatto
col
movimento
studentesco
,
largheggiando
in
riconoscimenti
verbali
e
verbosi
,
con
l
'
occhio
ai
possibili
spostamenti
e
alle
possibili
"
frane
"
,
che
potranno
verificarsi
nel
prossimo
maggio
a
causa
del
voto
giovanile
.
La
preoccupazione
elettorale
ha
dominato
su
tutto
.
Così
comunisti
e
socialisti
di
varia
osservanza
hanno
assolto
tutti
gli
errori
,
tutti
gli
eccessi
e
tutte
le
ingenuità
dei
comitati
d
'
agitazione
studenteschi
,
senza
tuttavia
far
propria
nessuna
delle
tesi
politiche
e
ideologiche
cui
l
'
azione
dei
comitati
s
'
ispira
.
Il
governo
di
centro
-
sinistra
ha
,
in
questo
settore
,
registrato
il
più
clamoroso
dei
suoi
non
pochi
fallimenti
.
Era
partito
iscrivendo
la
riforma
della
scuola
,
e
quella
universitaria
in
particolare
,
al
numero
uno
del
suo
programma
.
La
legislatura
si
chiude
senza
che
quelle
leggi
siano
neppure
state
discusse
,
lasciando
la
scuola
e
l
'
università
in
uno
stato
di
caos
pauroso
,
e
con
scarsissime
speranze
per
l
'
avvenire
.
Eppure
tutti
sanno
perfettamente
che
una
società
e
una
classe
dirigente
sono
esattamente
quelle
che
la
scuola
forma
o
,
per
dirla
in
altre
parole
,
che
ogni
classe
dirigente
ha
la
scuola
che
si
merita
.
Ci
sono
tanti
problemi
di
terribile
importanza
da
affrontare
nell
'
immediato
futuro
.
Quello
del
movimento
studentesco
e
d
'
una
riconciliazione
di
sostanza
tra
i
giovani
e
la
sinistra
politica
,
non
e
certo
uno
dei
minori
né
dei
più
semplici
.
StampaPeriodica ,
Non
si
può
giurare
davvero
che
il
mondo
dei
frak
e
delle
capigliature
al
platino
siano
tutto
il
mondo
;
ma
i
sentimenti
che
suscita
il
cinema
non
restano
al
di
qua
e
al
di
là
d
'
una
ribalta
:
essi
prendono
interamente
possesso
del
pubblico
.
Tutti
si
mettono
in
frak
e
tutte
posseggono
chiome
platinate
.
E
dopo
,
è
una
delusione
che
scava
solchi
profondi
non
solo
con
l
'
invidia
verso
una
società
irraggiungibile
,
ma
con
l
'
umiliazione
di
sentirsi
dei
riformati
della
vita
,
la
quale
si
svolge
soltanto
in
un
dato
ambiente
:
triste
o
lieto
che
sia
.
Nessuna
censura
,
per
quanto
intelligente
,
può
entrare
nel
merito
di
questa
visione
della
vita
;
come
non
può
eliminare
certe
emanazioni
sottili
e
velenose
dei
capolavori
passati
in
giudicato
dalla
letteratura
e
ridotti
pel
cinema
com
'
è
largamente
in
uso
.
Per
esempio
,
Anna
Karenina
che
tiene
ancora
il
cartellone
nei
sobborghi
e
nei
paesi
,
ha
un
alcoolico
profumo
"
comunista
"
quale
può
formarsi
da
un
Tolstoi
messo
alla
portata
dei
sensi
elementari
del
pubblico
.
Ma
poteva
la
"
mentalità
"
borghese
lasciarsi
sfuggire
l
'
invidiabile
occasione
di
mettere
in
scena
l
'
eterno
triangolo
mogliemarito
-
amante
?
Noi
costruiamo
sotto
il
libero
sole
una
civiltà
nuova
;
ma
poi
tolleriamo
che
nel
buio
delle
sale
si
mostri
la
vita
di
società
che
dovrebbero
restare
straniere
al
nostro
spirito
;
o
,
per
rimanere
nel
campo
dell
'
educazione
popolare
,
di
ambienti
che
presuppongono
non
solo
le
classi
sociali
,
ma
le
caste
.
Ci
sentiamo
però
contrari
ad
una
produzione
che
riveli
espressamente
un
suo
scopo
educativo
,
perché
allora
si
otterrebbe
l
'
effetto
contrario
e
perché
il
cinema
dev
'
essere
tutt
'
intero
a
differenza
forse
della
letteratura
e
del
teatro
accessibile
alla
generalità
.
Un
"
classismo
"
cinematografico
sarebbe
veramente
deplorevole
.
Preferiamo
restare
ottimisti
sull
'
evoluzione
antitradizionalista
e
antiborghese
del
cinema
...