StampaPeriodica ,
Milano
.
La
mattina
successiva
al
grande
corteo
studentesco
-
popolare
che
ha
fatto
sfilare
cinquantamila
persone
per
il
centro
di
Milano
protestando
contro
la
repressione
,
ho
incontrato
lo
stato
maggiore
del
movimento
studentesco
,
Mario
Capanna
,
Luca
Cafiero
e
una
decina
d
'
altri
che
,
con
compiti
di
varia
natura
accuratamente
ripartiti
,
hanno
organizzato
e
diretto
la
manifestazione
del
31
gennaio
.
S
'
erano
riuniti
a
colazione
in
un
'
osteria
fuori
città
,
lungo
il
Naviglio
pavese
,
circondata
da
una
campagna
nebbiosa
solcata
da
canali
e
da
lunghi
filari
di
pioppi
Quando
sono
arrivato
all
'
osteria
dell
'
appuntamento
stavano
già
mangiando
mentre
uno
di
loro
leggeva
ad
alta
voce
l
'
articolo
domenicale
del
"
Corriere
della
Sera
"
.
«
Tocca
ai
partiti
democratici
»
,
leggeva
il
giovane
senza
mascherare
il
proprio
disaccordo
«
scongiurare
prima
che
sia
troppo
tardi
la
frattura
del
paese
su
un
tema
pretestuoso
e
inesistente
come
la
repressione
.
Esso
rischia
di
favorire
la
collusione
tra
anarchismo
filomaoista
e
forze
del
movimento
operaio
organizzato
,
proprio
la
collusione
che
occorre
a
tutti
i
costi
impedire
»
.
E
tutti
gli
altri
,
tra
un
boccone
e
l
'
altro
,
commentavano
con
ironiche
espressioni
di
dissenso
.
Avevano
ancora
davanti
agli
occhi
quell
'
immenso
corteo
di
tre
chilometri
della
sera
prima
,
con
la
testa
già
in
piazza
del
Duomo
e
la
coda
ancora
davanti
all
'
università
,
un
fiume
disciplinato
ma
imponente
e
rabbioso
,
gremito
di
striscioni
e
bandiere
rosse
,
formato
da
studenti
,
da
militanti
comunisti
e
socialisti
,
da
operai
e
da
solidi
borghesi
col
cappotto
buono
e
il
conto
in
banca
ma
con
la
memoria
ancora
fresca
-
nonostante
i
molti
anni
trascorsi
-
della
loro
resistenza
sulle
colline
dell
'
oltrepò
o
in
val
d
'
Ossola
.
Perciò
ridevano
allegri
,
Capanna
,
Cafiero
,
Toscano
e
gli
altri
loro
giovani
compagni
.
perché
erano
sicuri
che
quella
collusione
era
già
avvenuta
e
sarebbe
durata
e
,
se
non
avessero
,
commesso
errori
,
si
sarebbe
trasformala
in
una
solida
alleanza
politica
,
dalla
quale
finalmente
,
con
pazienza
e
fatica
e
tempo
ma
con
certezza
,
sarebbe
nata
la
rivoluzione
.
Questi
erano
i
loro
discorsi
di
allegri
ragazzi
affamati
e
finalmente
rilassati
dopo
tante
ore
di
tensione
quando
,
sedutomi
con
loro
,
dissi
:
«
Dovreste
fare
un
monumento
al
questore
per
le
botte
che
v
'
ha
fatto
dare
,
il
21
gennaio
e
le
settimane
precedenti
.
Senza
quelle
botte
e
senza
i
fascisti
radunati
a
Milano
,
ieri
sera
non
avreste
avuto
intorno
cinquantamila
persone
»
.
Allora
ridiventarono
seri
e
gravi
,
così
come
li
avevo
visti
il
giorno
prisma
nelle
ore
di
preparazione
del
corteo
e
poi
in
strada
in
mezzo
ai
loro
compagni
e
poi
ancora
,
sciolte
le
file
,
nell
'
aula
magna
della
statale
tra
migliaia
di
studenti
a
fare
il
bilancio
politico
di
quanto
era
accaduto
.
Seri
e
gravi
perché
sapevano
che
la
parte
più
difficile
del
lavoro
che
volevano
fare
cominciava
proprio
in
quel
momento
.
Prima
era
stata
fantasia
e
rabbia
,
allegria
e
socialismo
,
spavalderia
e
pensiero
di
Mito
;
ma
ora
,
acquisito
il
primo
grosso
successo
,
subentrava
la
politica
,
i
problemi
della
definizione
ideologica
,
la
necessità
e
la
scelta
delle
alleanze
.
Che
cosa
era
veramente
accaduto
il
giorno
prima
?
Una
festa
di
popolo
,
coane
avevo
sentito
dire
ad
un
pittore
che
marciava
accanto
a
me
entusiasta
e
felice
?
I
lna
"
kermesse
"
democratica
?
Un
soprassalto
antifascista
?
O
un
fatto
politico
?
E
quale
?
«
Noi
abbiano
)
un
grande
vantaggio
sui
compagni
delle
altre
università
.
,
dice
Mario
Capanna
perché
operiamo
a
Milano
.
Milano
è
oggi
la
capitale
dell
'
Italia
moderna
,
è
una
città
composita
,
un
calderone
dove
c
'
è
tutto
e
tutto
bolle
ad
alta
temperatura
.
C
'
è
il
capitalismo
nelle
sue
espressioni
più
avanzate
e
c
'
è
la
classe
operaia
con
le
stie
istituzioni
più
organizzate
,
c
'
è
la
borghesia
reazionaria
e
quella
progressista
,
la
programmazione
dei
tecnocrati
e
il
tumulto
degli
immigrati
meridionali
.
In
pochi
chilometri
quadrati
sono
raccolte
tutte
le
tensioni
e
i
conflitti
del
paese
.
Queste
tensioni
non
sono
più
contenibili
nel
quadro
del
sistema
.
Ciò
che
è
accaduto
ieri
sera
è
questo
:
tutte
le
tensioni
e
i
conflitti
si
sono
incontrati
e
catalizzati
in
un
'
azione
di
massa
.
Di
qui
bisogna
cominciare
per
capire
quanto
è
accaduto
e
quanto
bisogna
fare
d
'
ora
in
poi
»
.
Di
qui
dunque
bisogna
cominciar
.
Ma
e
dopo
?
Il
marxismo
-
leninismo
degli
studenti
della
statale
può
fornire
la
piattaforma
di
sintesi
per
le
tensioni
che
,
per
dirla
come
lui
,
non
sono
più
componibili
dentro
il
quadro
del
"
sistema
"
?
C
'
è
un
episodio
che
vale
la
pena
di
raccontare
perché
serve
,
almeno
in
parte
,
a
rispondere
a
queste
domande
.
La
sera
del
il
gennaio
,
quando
il
corteo
si
mise
in
moto
da
piazza
Santo
Stefano
,
il
primo
grande
striscione
rosso
che
apriva
la
sfilata
diceva
:
"
Viva
il
marxismo
-
leninismo
viva
il
pensiero
di
Mao
Tse
-
tung
"
.
All
'
altezza
di
piazza
del
Duomo
però
lo
striscione
di
testa
era
cambiato
;
diceva
:
"
II
movimento
studentesco
contro
la
repressione
per
l
'
unità
e
per
il
socialismo
"
.
Uno
slogan
che
unisce
Gli
organizzatori
s
'
erano
resi
conto
che
il
secondo
slogan
unificava
i
cinquanta
mila
dimostranti
,
consentiva
di
coinvolgere
anche
i
nuovi
,
ed
insoliti
,
compagni
di
strada
,
anzi
di
piazza
,
tutti
d
'
estrazione
professional
-
impiegatizia
,
mentre
il
primo
li
avrebbe
divisi
.
E
avevano
rinunciato
ari
rama
caratterizzazione
ideologica
che
pure
gli
stava
molto
a
cuore
(
come
spiegarono
poi
nel
corso
dell
'
assemblea
conclusiva
all
'
università
)
per
render
possibile
una
manifestazione
di
massa
che
aveva
predominanti
caratteristiche
democratiche
.
«
Va
bene
»
,
dice
Cafiero
,
«
è
giusto
,
un
movimento
di
massa
non
può
identificarsi
con
una
soltanto
delle
sue
componenti
.
Rimane
però
il
fatto
che
l
'
iniziativa
politica
,
la
guida
e
il
punto
di
raccolta
è
stata
fornita
dal
movimento
studentesco
e
che
intorno
ad
esso
s
'
è
riunita
la
coscienza
democratica
della
città
.
I
militanti
comunisti
erano
molti
,
probabilmente
diecimila
.
S
'
erano
schierati
a
metà
corteo
i
ne
costituivano
una
buona
parte
.
Ma
non
è
stato
il
partito
comunista
a
prendere
l
'
iniziativa
e
se
l
'
avesse
fatto
dubito
che
avrebbe
raccolto
una
massa
così
grande
di
persone
.
Di
operai
ce
n
'
erano
moltissimi
,
quasi
la
pietà
dei
dimostranti
erano
operai
.
anche
se
non
erano
stati
chiamati
a
raccolta
dai
sindacati
.
I
socialisti
c
'
erano
,
ma
non
per
una
chiamata
del
loro
partito
.
Come
si
spiega
tutto
questo
?
Eppure
il
movimento
studentesco
a
Milano
non
è
un
generico
punto
di
raccolta
,
si
sa
bene
a
quale
ideologia
s
'
ispira
,
quali
obiettivi
politici
indica
.
È
un
movimento
rivoluzionario
.
Dunque
il
fatto
politico
è
che
attorno
ad
un
movimento
rivoluzionario
hanno
fatto
massa
forze
organizzate
o
semplici
,
cittadini
che
rivoluzionari
non
sono
o
che
avevano
cessato
di
esserlo
»
.
«
Forse
stanno
scoprendo
di
esserlo
ancora
o
di
esserlo
di
nuovo
»
dice
Capanna
.
Difficile
stabilirlo
.
Bisogna
riflettere
,
capire
,
domandarsi
.
E
non
perché
,
un
corteo
contro
la
repressione
sia
riuscito
bene
,
ma
perché
numerosi
segni
avvertono
che
da
molti
mesi
ormai
l
'
atmosfera
,
a
sinistra
sta
cambiando
,
i
sindacati
Io
hanno
capito
e
sono
stati
i
primi
a
rinnovarsi
.
I
partiti
l
'
hanno
capito
stolto
meno
e
la
loro
presa
e
infatti
.
in
netto
declino
.
Non
ce
n
'
e
alcuno
tra
di
essi
che
riuscirebbe
oggi
a
portare
in
piazza
cinquantamila
persone
e
farle
marciare
per
due
ore
,
in
pacifico
corteo
.
E
soprattutto
:
non
ce
n
'
è
alcuno
che
susciti
entusiasmi
,
antichi
ricordi
e
fresche
speranze
.
Che
stiamo
al
governo
o
che
stiano
all
'
opposizione
,
danno
la
sensazione
di
amministrare
il
potere
non
per
conto
del
paese
ma
per
conto
delle
loro
burocrazie
.
Forse
sarà
un
giudizio
ingeneroso
,
ma
questo
pensa
la
gente
,
a
sinistra
soprattutto
.
E
cerca
altri
strumenti
per
far
politica
.
altri
punti
di
raccolta
,
un
modo
nuovo
per
partecipare
e
pesare
sulla
vita
collettiva
.
Questa
e
già
,
sia
pure
assai
confusamente
,
una
prima
maniera
di
scoprirsi
rivoluzionari
.
È
indubbio
che
l
'
insofferenza
per
le
burocrazie
,
per
la
vita
sociale
intesa
cono
un
soffocante
e
paralizzante
dominio
delle
burocrazie
,
siano
stati
gli
elementi
essenziali
che
hanno
mobilitato
in
questi
mesi
le
masse
degli
operai
,
degli
studenti
c
della
borghesia
progressista
.
La
protesta
contro
la
repressione
è
un
aspetto
di
questo
sentimento
generale
.
Non
si
possono
denunciare
,
migliaia
di
operati
per
violazione
di
domicilio
sol
perché
hanno
tenuto
la
loro
assemblea
in
fabbrica
,
senza
che
il
sentimento
generale
non
si
ribelli
.
C
'
erano
parecchie
migliaia
di
professionisti
,
d
'
impiegati
,
di
dirigenti
d
'
azienda
la
sera
del
il
gennaio
,
li
si
distingueva
a
primo
colpo
,
niente
barbe
colletto
e
cravatta
,
tutt
'
al
più
un
cappotto
sportivo
per
non
stonare
troppo
col
loro
paletot
di
cammello
in
mezzo
a
un
fiume
di
giubbotti
e
di
maglioni
.
E
faceva
una
certa
impressione
vederli
anche
loro
scandire
slogan
dissacranti
,
come
"
Giudici
,
questori
,
servi
dei
padroni
"
oppure
"
Lo
stato
borghese
si
abbatte
non
si
cambia
"
.
Erano
lì
perché
improvvisamente
folgorati
dal
pensiero
di
Mao
?
Non
credo
.
Erano
lì
perché
stavano
scoprendo
che
anche
la
loro
vita
,
quella
,
professionale
e
quella
privata
e
dominata
e
soffocata
dalla
"
cosa
"
,
come
l
'
ha
chiamata
Sartre
,
cioè
dalla
burocrazia
quella
dello
stato
,
quella
del
partito
,
quella
dell
'
associazione
professionale
,
quella
dell
'
azienda
.
Si
ribellano
contro
la
"
cosa
"
;
la
"
cosa
"
creata
e
mantenuta
dal
sistema
capitalista
come
farebbero
,
se
vivessero
altrove
,
contro
la
"
cosa
"
creata
e
mantenuta
dal
regime
comunista
.
Nel
linguaggio
tecnico
degli
iniziati
questo
atteggiamento
si
chiara
"
spontaneismo
"
e
i
miei
giovani
interlocutori
dell
'
osteria
del
Naviglio
ne
diffidano
.
Perché
con
lo
spontaneismo
non
si
va
molto
avanti
,
ci
vuole
un
approfondimento
ideologico
,
un
lavoro
organizzativo
,
uno
sbocco
politico
.
Ed
è
quanto
essi
si
propongono
infatti
di
fare
,
anzi
che
hanno
gin
cominciato
a
fare
.
«
Col
marxismo
-
leninismo
?
»
.
«
Sì
,
col
marxismo
-
leninismo
,
ma
applicato
alle
condizioni
italiane
,
cioè
di
un
paese
di
capitalismo
maturo
»
.
Chi
sono
i
suoi
alleati
«
Non
s
'
è
mai
visto
»
,
dico
,
«
il
marxismo
-
leninismo
applicato
ad
un
paese
di
capitalismo
maturo
.
Che
vuol
dire
?
Basta
quell
'
aggiunta
per
cambiare
l
'
intera
prospettiva
.
Non
vi
viene
in
mente
che
,
in
un
paese
di
capitalismo
maturo
,
il
marxismo
-
leninismo
potrebbe
significare
revisionismo
e
riformismo
,
cioè
tutte
quelle
linee
politiche
che
voi
detestate
e
condannate
?
»
»
.
No
,
non
gli
viene
in
mente
.
Sono
sempre
più
convinti
che
lo
stato
borghese
si
abbatte
ma
non
si
cambia
.
«
Chi
lo
abbatterà
?
»
.
«
La
classe
operaia
»
.
«
Da
sola
?
In
un
paese
di
"
capitalismo
avanzato
"
la
classe
operaia
è
minoranza
,
il
sistema
provvede
a
disarticolarla
ogni
giorno
,
la
diversifica
in
interessi
contrastanti
,
la
specializza
con
mestieri
»
.
«
Non
da
sola
.
Coi
suoi
alleati
»
.
«
Chi
sono
i
suoi
alleati
?
»
.
«
I
ceti
medi
proletarizzati
»
.
Cioè
,
loro
stessi
,
perché
questa
è
la
loro
condizione
sociale
.
Così
almeno
essi
la
sentono
e
l
'
hanno
anche
scritto
in
un
libretto
rosso
che
tipograficamente
ricorda
le
massime
di
Mao
e
che
è
già
stato
venduto
a
decine
di
migliaia
di
copie
.
È
intitolato
:
"
La
situazione
attuale
e
i
compiti
politici
del
movimento
studentesco
"
.
Ad
un
certo
punto
c
'
è
scritto
:
«
L
'
aspetto
principale
delle
attuali
contraddizioni
sociali
è
costituito
dalla
richiesta
-
sempre
più
di
massa
-
di
istruzione
,
di
qualificazione
e
,
conseguentemente
di
impiego
e
dall
'
impossibilità
di
ottenerli
.
Il
movimento
studentesco
non
è
il
movimento
operaio
;
esso
è
l
'
espressione
di
massa
della
presa
di
coscienza
politica
rivoluzionaria
dei
ceti
medi
»
.
In
realtà
,
forse
senza
rendersene
conto
,
questi
neorivoluzionari
fanno
appello
alla
borghesia
per
abbattere
lo
stato
borghese
.
Sembra
un
paradosso
,
ma
finisce
di
esserlo
se
lo
stato
borghese
,
diventa
soltanto
uno
stato
burocratico
.
In
fondo
borghesia
e
classe
operaia
,
tutte
le
volte
che
si
sono
trovate
di
fronte
la
"
cosa
"
,
hanno
sempre
marciato
insieme
.
StampaPeriodica ,
Se
noi
fidiamo
,
oggi
,
che
l
'
Italia
sia
alla
vigilia
di
un
rinascimento
,
anche
artistico
,
è
perché
tra
popolo
e
creatori
l
'
abisso
romantico
si
viene
colmando
.
C
'
è
in
Italia
un
capo
di
governo
e
duce
di
giovani
moltitudini
che
va
incontro
agli
artisti
del
tempo
suo
,
li
intende
,
li
riconosce
,
li
esalta
pubblicamente
,
chiede
loro
di
adeguarsi
al
ritmo
di
rinascita
che
egli
ha
impresso
a
tutta
la
vita
nazionale
.
Chiede
loro
gli
archi
per
i
nuovi
trionfi
,
le
cupole
per
le
nuove
preghiere
,
la
terza
Roma
per
l
'
impero
di
domani
.
C
'
è
in
Italia
un
manipolo
di
buoni
artisti
-
vecchi
,
giovani
,
giovanissimi
-
che
si
stringono
in
corporazione
,
che
si
adunano
sotto
il
segno
littorio
,
che
assembrano
il
meglio
delle
loro
fatiche
-
con
una
gran
volontà
di
purificarsi
definitiva
-
mente
d
'
ogni
accento
straniero
alla
loro
razza
,
o
straniero
all
'
arte
-
in
una
esposizione
polemica
e
dimostrativa
alla
quale
impongono
orgogliosamente
il
nome
della
loro
speranza
:
il
Novecento
Italiano
.
Anche
gli
artisti
,
anche
gl
'
intellettuali
italiani
,
dunque
-
come
i
politici
,
come
i
tecnici
-
guardano
finalmente
con
maschio
amore
al
loro
secolo
,
risoluti
a
conquistarlo
.
Si
sono
messi
al
passo
con
noi
.
Li
riconosciamo
,
ci
riconoscono
.
Ora
restano
indietro
,
soli
,
gl
'
inguaribili
nemici
della
realtà
,
gl
'
intellettuali
onanisti
,
i
letterati
nostalgici
,
coloro
che
sospirano
i
tempi
andati
o
sognano
impossibili
arcadie
di
là
da
venire
;
i
bastardi
romantici
,
i
poetucoli
dell
'
esotismo
nello
spazio
o
nel
tempo
.
Il
Novecento
Italiano
!
Un
secolo
è
,
a
noi
mortali
,
patria
nel
tempo
.
E
noi
ormai
sappiamo
che
questa
patria
,
come
l
'
altra
,
-
secondo
il
motto
inscritto
sui
gagliardetti
delle
corporazioni
-
non
si
nega
ma
si
conquista
.
StampaPeriodica ,
Vorrei
occuparmi
questa
settimana
del
ruolo
avuto
dall
'
onorevole
Emilio
Colombo
nella
storia
della
finanza
italiana
.
Credo
sia
giusto
parlare
già
di
storia
e
non
di
semplice
cronaca
a
proposito
dell
'
onorevole
Colombo
:
un
personaggio
che
emana
autorevolezza
ad
ogni
movimento
che
fa
e
ad
ogni
pensiero
che
esprime
.
Colombo
è
oggi
più
che
mai
d
'
attualità
.
Infatti
le
finanze
italiane
stanno
inesorabilmente
affondando
;
a
causa
di
molti
errori
e
di
vere
c
proprie
colpe
commesse
dai
governi
e
dai
partiti
che
si
sono
susseguiti
per
anni
ed
anni
alla
direzione
della
cosa
pubblica
.
Tra
le
varie
e
molteplici
responsabilità
sarebbe
ingiusto
addossare
a
lui
un
peso
esclusivo
,
ma
sarebbe
altrettanto
ingiusto
dar
credito
al
cliché
del
ministro
del
Tesoro
lungoveggente
,
solo
consapevole
del
pericolo
e
solo
pronto
ad
opporvisi
.
Ahimè
,
le
cose
non
stanno
così
.
Forse
Colombo
non
merita
il
titolo
di
"
affondatore
"
che
si
sarebbe
tentati
di
attribuirgli
;
ma
certo
la
sua
gestione
finanziaria
non
si
può
definir
brillante
.
L
'
onorevolc
Emilio
Colombo
appare
molto
per
tempo
all
'
orizzonte
politico
italiano
,
debutta
giovanissimo
come
sottosegretario
all
'
Agricoltura
,
si
fa
luce
quale
diletto
allievo
di
Antonio
Segni
e
,
dopo
il
piccolo
"
golpe
"
della
Donius
Mariae
che
detronizza
Fanfani
nel
1959
,
fa
già
parte
dei
cinque
o
sei
cavalli
di
razza
del
gruppo
doroteo
.
Da
allora
inizia
un
'
ascesa
ininterrotta
nell
'
olimpo
ministeriale
che
lo
porterà
anche
,
tra
il
'70
e
il
'72
,
alla
presidenza
del
Consiglio
.
In
quest
'
ultima
carica
(
a
detta
di
lutti
ed
anche
mia
che
allora
ero
deputato
)
fece
malissimo
.
Ma
in
queste
valutazioni
non
voglio
entrare
.
Qui
interessa
discutere
il
suo
ruolo
principale
,
quello
cioè
di
ministro
del
Tesoro
del
centro
-
sinistra
,
carica
che
con
brevi
intervalli
ha
ricoperto
dal
giugno
1963
ad
oggi
.
Il
suo
arrivo
al
Tesoro
coincise
con
l
'
inizio
d
'
una
grave
crisi
inflazionistica
che
fu
poi
domata
dalla
brusca
frenata
monetaria
della
Banca
d
'
Italia
tra
l
'
ottobre
del
'63
e
il
marzo
del
'64
.
Colombo
(
va
detto
)
non
aveva
alcuna
colpa
di
quella
crisi
.
Va
egualmente
detto
che
ebbe
poco
merito
per
quanto
accadde
dopo
:
se
merito
ci
fu
(
e
ancora
se
ne
discute
tra
gli
economisti
)
esso
spetta
interamente
a
Carli
e
a
Baffi
che
idearono
e
attuarono
la
strategia
di
risanamento
della
bilancia
dei
pagamenti
.
Di
Colombo
in
quell
'
occasione
va
semmai
ricordata
una
grave
scorrettezza
politica
nei
confronti
del
suo
collega
al
Bilancio
e
dei
socialisti
,
quando
,
auspice
l
'
allora
suo
capo
di
gabinetto
Ferdinando
Ventriglia
,
fu
resa
nota
ai
giornali
una
sua
lettera
riservata
che
strumentalizzava
alcuni
pareri
della
commissione
economica
di
Bruxelles
nei
quadro
d
'
una
strategia
di
terrorismo
economico
che
ben
si
adattava
all
'
atmosfera
pesante
di
quella
losca
primavera
.
Lasciamo
andare
,
acqua
passata
.
Dominata
alla
bell
'
e
meglio
la
febbre
del
'63
con
la
gelata
del
'64
,
si
apre
per
l
'
economia
italiana
una
lunga
fase
di
stasi
e
di
declino
.
Con
limitate
oscillazioni
,
quella
fase
è
durata
fino
al
1972
e
Colombo
l
'
ha
gestita
.
Otto
anni
,
sei
dei
quali
passati
al
Tesoro
e
uno
e
mezzo
alla
presidenza
del
Consiglio
.
Quando
arrivò
alla
Tesoreria
trovò
una
spesa
complessiva
di
6
mila
miliardi
e
un
disavanzo
globale
nel
bilancio
di
competenza
di
circa
700
miliardi
;
dieci
anni
dopo
(
sempre
lui
ministro
del
Tesoro
)
la
spesa
era
salita
a
quasi
24
mila
miliardi
(
quadruplicata
)
e
il
disavanzo
di
competenza
a
5300
(
otto
volte
in
più
)
.
I
dati
del
bilancio
di
cassa
sono
anche
peggiori
:
nel
'63
il
ministro
del
Tesoro
trovò
un
disavanzo
di
375
miliardi
;
dieci
anni
dopo
il
disavanzo
era
salito
a
7.400
miliardi
,
con
un
coefficiente
di
moltiplicazione
di
venti
volte
.
S
'
e
poi
venuto
a
sapere
che
la
cifra
esatta
non
è
7.400
ma
9.200
o
giù
di
lì
.
Il
coefficiente
di
moltiplicazione
sale
dunque
a
poco
meno
che
trenta
volte
.
Le
cifre
del
bilancio
statale
,
naturalmente
,
non
rappresentano
la
verità
tutta
intera
,
nel
senso
che
essa
è
ben
peggiore
se
si
prendono
in
considerazione
i
disavanzi
degli
enti
locali
,
quelli
degli
enti
di
previdenza
,
le
operazioni
di
debito
della
Cassa
Depositi
e
Prestiti
e
quant
'
altro
afferisce
all
'
attività
della
pubblica
amministrazione
.
Anche
facendo
il
dovuto
posto
alla
svalutazione
della
moneta
e
rettificando
le
cifre
in
unita
di
misura
costanti
,
s
'
arriva
sempre
a
coefficienti
d
'
aumento
da
capogiro
.
E
poiché
nel
Frattempo
le
Ferrovie
,
le
Poste
,
gli
ospedali
,
l
'
assistenza
delle
mutue
,
l
'
industrializzazione
del
Mezzogiorno
,
l
'
amministrazione
della
giustizia
,
l
'
insegnamento
nelle
scuole
hanno
continuato
a
peggiorare
in
quantità
e
qualità
,
ci
si
domanda
dove
siano
finite
quelle
migliaia
e
migliaia
di
miliardi
che
il
ministro
del
Tesoro
ha
consentito
fossero
spesi
.
La
domanda
è
pertinente
e
la
risposta
è
questa
:
quelle
somme
immense
sono
servite
a
mettere
in
piedi
la
più
gigantesca
struttura
clientelare
che
la
storia
europea
abbia
mai
registrato
dalla
rivoluzione
dell'89
in
poi
.
Le
cifre
della
spesa
corrente
e
del
disavanzo
di
gestione
dello
Stato
hanno
scandito
per
dieci
anni
l
'
avanzata
d
'
una
borghesia
di
Stato
famelica
e
corrotta
,
il
dissanguamento
dell
'
area
economicamente
sana
del
paese
.
il
declino
degli
investimenti
produttivi
.
II
Tesoro
si
sostiene
ormai
soltanto
perché
obbliga
le
banche
a
sottoscrivere
i
suoi
titoli
che
i
privati
non
accettano
più
.
E
su
questa
montagna
di
debiti
prospera
un
'
immensa
camorra
nazionale
annidata
negli
enti
,
nelle
mutue
,
nei
Comuni
,
negli
ospedali
,
nelle
opere
pie
,
nelle
industrie
decotte
,
nel
parastato
.
Di
quell
'
esercito
mantenuto
dall
'
Italia
che
lavora
e
produce
,
il
ministro
del
Tesoro
a
vita
Emilio
Colombo
è
stato
l
'
intendente
.
Della
finanza
italiana
,
spiace
doverlo
dire
,
è
stato
il
becchino
.
StampaPeriodica ,
Nel
campo
della
cinematografia
,
come
in
tutti
gli
altri
campi
,
l
'
Italia
Fascista
sta
facendo
scuola
a
molti
Paesi
europei
.
Tutti
sanno
le
obiezioni
che
gli
artisti
,
"
puri
,
"
gli
esteti
assoluti
del
cinema
,
levano
contro
un
intervento
statale
nella
cinematografia
:
gli
stessi
che
oggi
turibolano
i
risultati
raggiunti
in
Italia
dal
Ministero
per
la
Stampa
e
la
Propaganda
,
dichiaravano
due
anni
or
sono
,
prima
che
nascesse
la
Direzione
Generale
,
che
lo
Stato
non
poteva
né
doveva
intervenire
nella
cinematografia
,
perché
si
trattava
di
un
'
arte
che
non
ammetteva
di
essere
"
irreggimentata
"
e
controllata
.
Quasi
l
'
arte
,
per
divino
diritto
,
dovesse
sfuggire
alla
norma
delle
attività
di
una
Nazione
.
E
dimenticando
che
la
cinematografia
,
oltre
che
un
'
arte
,
è
anche
un
'
industria
a
largo
impiego
di
capitale
e
la
cui
attività
interessa
direttamente
molti
importanti
settori
della
vita
economica
della
Nazione
.
Nei
paesi
demo
-
liberali
queste
obiezioni
erano
ancor
più
ampie
e
più
recise
:
confortate
,
naturalmente
,
dalle
teorie
che
chiedono
l
'
assenteismo
dello
Stato
dalla
vita
nazionale
,
confinando
lo
Stato
in
una
funzione
di
revisore
di
conti
.
Ma
la
pratica
attuazione
del
controllo
statale
sulla
cinematografia
in
Italia
non
ha
mancato
di
attirare
l
'
attenzione
degli
altri
Paesi
su
quanto
si
era
già
realizzato
da
noi
.
E
quello
che
non
si
sarebbe
mai
fatto
di
spontanea
volontà
si
va
facendo
oggi
all
'
estero
con
criterio
imitativo
dell
'
opera
italiana
...
StampaPeriodica ,
Il
14
agosto
,
concluso
il
dibattito
parlamentare
che
ha
ridotto
i
provvedimenti
fiscali
del
governo
ad
un
mantello
d
'
Arlecchino
,
il
ministro
del
Tesoro
si
è
incontrato
col
governatore
della
Banca
d
'
Italia
ed
ha
rilasciato
un
'
intervista
al
"
Corriere
della
Sera
"
.
Compiuti
questi
due
atti
rilevanti
è
partito
,
a
quanto
ci
ha
informati
lo
stesso
"
Corriere
"
per
Madonna
di
Campiglio
per
un
breve
periodo
di
riposo
del
quale
(
ne
siamo
tutti
convinti
)
ha
urgente
bisogno
.
Auguri
.
A
settembre
verrà
il
peggio
,
su
questo
punto
sono
tutti
concordi
:
lo
dice
Carli
in
un
'
intervista
a
"
Panorama
"
nella
quale
lamenta
che
il
Tesoro
continui
a
inondare
l
'
economia
con
un
fiume
di
spese
obbligando
la
Banca
d
'
Italia
"
ad
una
rincorsa
affannosa
"
per
distruggere
almeno
una
parte
della
liquidità
così
allegramente
e
inutilmente
creata
;
lo
dice
il
ministro
del
Bilancio
Giolitti
che
prevede
mesi
terribili
;
e
lo
dice
anche
Colombo
,
sia
pure
con
quel
linguaggio
,
ch
'
è
proprio
dell
'
uomo
autorevole
,
fatto
d
'
incisi
dentro
agli
incisi
,
di
doppie
virgole
a
incastro
e
di
parole
difficili
che
finiscono
invariabilmente
in
"
one
"
e
in
"
ento
"
.
Ad
un
certo
punto
dell
'
intervista
il
giornalista
del
"
Corriere
"
chiede
al
ministro
del
Tesoro
,
alludendo
all
'
articolo
da
me
pubblicato
sull
'
"
Espresso
"
della
settimana
scorsa
:
«
Un
settimanale
le
ha
mosso
l
'
accusa
di
non
essersi
mai
opposto
con
sufficiente
fermezza
alle
richieste
della
struttura
clientelare
dello
Stato
e
d
'
essere
stato
il
becchino
della
finanza
italiana
.
Lei
ritiene
d
'
essere
l
'
uomo
giusto
al
posto
giusto
?
»
.
E
Colombo
con
bella
sicurezza
:
«
«
A
me
tocca
il
dovere
di
dire
se
sono
convinto
d
'
aver
svolto
le
pubbliche
funzioni
che
mi
sono
state
affidate
in
buona
fede
,
onestamente
e
con
il
massimo
impegno
.
La
mia
risposta
e
da
questo
punto
di
vista
fermamente
positiva
.
Altro
discorso
è
quello
delle
condizioni
in
cui
si
svolge
oggi
nel
nostro
paese
l
'
attività
del
ministro
del
Tesoro
.
In
proposito
mi
sentirei
di
aggiungere
ben
poco
al
giudizio
dell
'
onorevole
La
Malfa
.
Quanto
ai
giudizi
storici
che
l
'
autore
dell
'
articolo
sul
settimanale
cui
lei
fa
riferimento
pretende
di
formulare
,
lascerei
stare
.
Se
mai
un
giorno
la
storia
della
finanza
italiana
dovesse
occuparsi
della
mia
attività
in
questi
anni
,
credo
che
mi
toccherebbero
meno
righe
,
ma
più
serie
»
.
Perché
,
onorevole
Colombo
,
lascerebbe
stare
?
Lei
dirige
la
finanza
di
questo
paese
da
undici
anni
.
La
prese
che
era
non
dirò
florida
ma
passabile
.
Ce
la
restituisce
oggi
(
anzi
non
ce
la
restituisce
affatto
perché
continua
a
tenersela
)
ridotta
un
colabrodo
.
E
come
tutta
giustificazione
ci
viene
a
raccontare
che
lei
ha
lavorato
onestamente
e
col
massimo
impegno
.
Vuole
un
certificato
di
buona
condotta
?
E
chi
glielo
negherà
?
Ma
basta
un
certificato
di
buona
condotta
per
fare
d
'
un
deputato
di
Matera
un
ministro
del
Tesoro
?
Via
,
onorevole
Colombo
,
siamo
seri
:
si
sta
discutendo
nientemeno
che
della
bancarotta
finanziaria
dello
Stato
italiano
.
«
Lo
Stato
»
,
ha
detto
Carli
nell
'
intervista
a
"
Panorama
"
,
«
non
riesce
più
a
collocare
i
suoi
titoli
tra
il
pubblico
»
.
E
insiste
:
«
È
necessario
che
il
Tesoro
metta
ordine
nei
suoi
conti
di
cassa
.
Se
ciò
non
avverrà
è
molto
difficile
che
la
politica
monetaria
possa
orientarsi
in
una
direzione
favorevole
allo
sviluppo
»
.
Chi
fa
queste
critiche
non
è
il
collaboratore
d
'
un
settimanale
ma
il
governatore
dell
'
Istituto
d
'
emissione
.
Gli
risponderemo
dicendogli
che
il
ministro
del
Tesoro
a
vita
della
Repubblica
italiana
ha
lavorato
col
massimo
impegno
?
Che
non
poteva
fare
di
più
?
Che
«
le
condizioni
nelle
quali
ha
dovuto
operare
sono
difficili
,
anzi
impossibili
»
,
come
ha
scritto
sull
'
"
Espresso
"
l
'
onorevole
La
Malfa
?
Vede
,
onorevole
Colombo
,
La
Malfa
ha
perfettamente
ragione
;
lei
no
.
La
Malfa
appartiene
ad
un
partito
che
conta
10
deputati
su
630;
lei
è
uno
dei
leaders
storici
d
'
un
partito
di
280
deputati
,
che
da
ventisette
anni
detiene
ininterrottamente
la
presidenza
del
Consiglio
,
tutti
i
ministeri
-
chiave
,
tutti
i
grandi
enti
economici
,
le
Partecipazioni
Statali
,
l
'
intero
sistema
delle
casse
di
risparmio
,
i
grandi
Comuni
che
affondano
in
una
montagna
di
debiti
,
quasi
tutti
i
grandi
enti
mutualistici
e
,
naturalmente
,
il
Tesoro
.
Tra
la
posizione
di
La
Malfa
e
la
sua
corre
dunque
un
abisso
.
La
verità
è
che
le
impossibili
condizioni
nelle
quali
il
ministro
del
Tesoro
La
Malfa
ha
dovuto
operare
per
otto
mesi
lei
ha
contribuito
a
crearle
in
undici
anni
.
Per
chi
non
le
ricordasse
,
faccio
l
'
elenco
di
quelle
condizioni
traendolo
appunto
dalla
lettera
indirizzataci
da
La
Malfa
la
settimana
scorsa
:
1
.
Il
ministro
del
Tesoro
è
continuamente
alle
prese
con
la
schiera
famelica
di
tutti
gli
altri
ministri
che
sollecitano
spese
sempre
maggiori
.
2
.
È
alle
prese
con
22
commissioni
parlamentari
che
votano
leggi
e
leggine
di
spesa
a
getto
continuo
.
3
.
È
alle
prese
coi
disavanzi
incontrollabili
dei
Comuni
e
delle
Province
.
È
alle
prese
coi
disavanzi
delle
aziende
autonome
e
degli
enti
a
partecipazione
statale
.
5
.
Infine
è
alle
prese
con
le
consorterie
clientelari
del
pubblico
impiego
.
«
Se
il
ministro
ha
coscienza
delle
proprie
responsabilità
»
,
concludeva
La
Malfa
,
«
resisterà
una
settimana
,
un
mese
,
due
mesi
,
alcuni
mesi
,
ma
poi
o
si
abbandonerà
al
fatale
corso
delle
cose
o
si
dimetterà
»
.
Ebbene
:
lei
onorevole
Colombo
non
si
è
mai
dimesso
,
ché
anzi
sta
lì
da
undici
anni
.
Ma
a
differenza
di
altri
,
lei
aveva
il
potere
politico
per
rimuovere
quelle
condizioni
,
che
sono
nate
e
si
sono
consolidate
anche
,
se
non
soprattutto
,
a
causa
della
sua
inspiegabile
passività
e
dell
'
attivismo
famelico
del
suo
partito
.
Ha
preferito
abbandonarsi
"
al
fatale
corso
delle
cose
"
e
tutto
sommato
ci
si
deve
trovare
abbastanza
bene
visto
che
non
se
ne
tirerebbe
fuori
per
nessuna
ragione
.
Questa
essendo
la
situazione
,
noi
possiamo
anche
darle
il
certificato
chi
buona
condotta
che
lei
richiede
,
ma
riconfermiamo
che
della
finanza
italiana
lei
è
stato
il
becchino
.
Dopo
tutto
,
ci
sono
anche
dei
becchini
che
organizzano
col
massimo
impegno
bellissimi
funerali
.
StampaPeriodica ,
Roma
.
Seicento
secondi
,
tra
le
nove
e
cinque
e
le
nove
e
quindici
di
giovedì
16
marzo
.
E
il
tempo
servito
alle
Brigate
Rosse
per
uccidere
cinque
agenti
di
scorta
,
rapire
il
presidente
della
DC
Aldo
Moro
,
far
perdere
le
proprie
tracce
e
assestare
un
colpo
allo
stomaco
della
fragile
Repubblica
italiana
.
Senza
commettere
un
solo
errore
,
con
una
perfezione
tecnica
che
ha
prodotto
nell
'
opinione
pubblica
un
disorientamento
forse
maggiore
di
quello
causato
dal
sequestro
di
Moro
in
sé
.
L
'
operazione
scatta
poco
prima
dell
'
alba
,
in
via
Brunetti
,
una
piccola
strada
vicino
a
piazza
del
Popolo
.
Qui
un
gruppo
di
«
sconosciuti
»
squarcia
le
quattro
ruote
del
pulmino
appartenente
al
fioraio
Antonio
Spiriticchio
.
Scopo
dell
'
azione
impedire
al
fioraio
di
andare
,
come
ogni
mattina
,
a
vendere
tulipani
e
mimose
all
'
angolo
tra
via
Stresa
e
via
Fani
.
Al
suo
posto
ci
sarà
uno
dei
dodici
brigatisti
(
la
donna
)
,
che
farà
da
palo
ai
rapitori
del
presidente
democristiano
.
Altri
quattro
,
travestiti
da
steward
delle
linee
aeree
,
si
nasconderanno
davanti
al
bar
Olivetti
,
da
mesi
chiuso
perché
fallito
.
Gli
altri
sette
saranno
sulle
cinque
automobili
e
sulla
Honda
che
subito
dopo
il
fulmineo
attacco
porteranno
i
terroristi
lontano
dal
luogo
del
rapimento
.
Alle
nove
e
quattro
compare
in
cima
a
via
Fani
l
'
automobile
su
cui
viaggia
Moro
,
seguita
a
pochi
metri
dalla
vettura
di
scorta
.
Il
leader
democristiano
,
diretto
alla
breve
messa
mattutina
cui
assiste
ogni
giorno
,
sta
sfogliando
i
giornali
seduto
sul
sedile
posteriore
.
Il
suo
taccuino
prevede
una
giornata
molto
importante
:
alla
Camera
si
discute
il
varo
del
governo
nato
dal
suo
lento
lavorio
durato
cinquantaquattro
giorni
.
Moro
continua
a
leggere
i
giornali
.
La
scorta
è
tranquilla
in
entrambe
le
vetture
.
Dopo
qualche
attimo
le
due
vetture
sono
superate
dall
'
automobile
dei
brigatisti
,
targata
corpo
diplomatico
;
questa
,
appena
giunta
davanti
al
bar
chiuso
frena
bruscamente
provocando
un
tamponamento
tra
la
macchina
di
Moro
e
quella
della
scorta
.
Quel
che
accade
nelle
frazioni
di
secondo
successive
non
è
ancora
stato
ricostruito
con
precisione
;
di
certo
si
sa
solo
che
i
brigatisti
hanno
colpito
uno
ad
uno
gli
uomini
della
scorta
(
solo
un
agente
è
riuscito
ad
uscire
dalla
macchina
e
a
sparare
tre
colpi
di
pistola
prima
di
essere
centrato
da
un
proiettile
in
fronte
)
,
afferrano
Moro
e
si
dileguano
per
via
Stresa
e
via
Trionfale
.
Di
lì
,
almeno
una
parte
di
loro
si
dirige
in
via
Belli
,
una
stradina
privata
per
accedere
alla
quale
è
necessario
tagliare
con
un
tronchese
una
catenella
,
poi
in
via
Massimi
e
infine
in
via
Licinio
Calvo
,
un
'
altra
piccola
strada
destinata
a
passare
alla
storia
come
simbolo
dell
'
inefficienza
della
polizia
italiana
.
Qui
,
infatti
,
alle
nove
e
venticinque
del
16
marzo
i
brigatisti
lasciano
una
sola
macchina
;
qualche
ora
dopo
ne
porteranno
un
'
altra
e
due
giorni
dopo
una
terza
.
Il
tutto
sotto
lo
sguardo
di
polizia
e
autorità
inquirenti
.
Quelle
stesse
autorità
inquirenti
che
intanto
fanno
trasmettere
per
TV
20
foto
di
«
brigatisti
»
la
metà
delle
quali
non
sono
di
brigatisti
,
due
sono
della
stessa
persona
e
altre
due
di
persone
già
in
prigione
da
tempo
.
Ma
queste
non
sono
le
sole
prove
di
inadeguatezza
e
smarrimento
offerte
dagli
inquirenti
in
questa
settimana
.
La
mattina
di
quel
giovedì
di
passione
,
politici
e
sindacalisti
avevano
tenuto
i
nervi
abbastanza
saldi
.
Certo
,
l
'
emozione
aveva
provocato
qualche
sbandamento
:
Carlo
Donat
Cattin
imputava
quant
'
era
accaduto
all
'
accordo
con
i
comunisti
per
dar
vita
al
nuovo
governo
Andreotti
,
Ugo
La
Malfa
chiedeva
l
'
introduzione
della
pena
di
morte
,
il
senatore
Giuseppe
Saragat
suggeriva
di
impiegare
i
paracadutisti
nella
guerra
alle
Brigate
Rosse
,
alcuni
deputati
DC
suggerivano
al
ministro
dell
'
Interno
Francesco
Cossiga
di
dimettersi
,
altri
erano
sopraffatti
da
crisi
di
pianto
.
Ma
nel
complesso
la
reazione
politica
(
scioperi
e
manifestazioni
convocati
a
metà
mattina
,
edizioni
straordinarie
dei
giornali
di
partito
)
era
riuscita
ad
arginare
la
paura
e
gli
isterismi
che
si
manifestavano
qua
e
là
nella
popolazione
(
accaparramento
di
generi
alimentari
e
rintanamento
nelle
case
ne
erano
apparsi
i
segnali
più
vistosi
)
.
La
proclamazione
dello
sciopero
generale
,
ripopolando
le
piazze
,
contribuì
a
sbloccare
queste
psicosi
.
Inizialmente
nel
Partito
comunista
qualcuno
,
come
Giancarlo
Pajetta
,
aveva
giudicato
sbagliata
la
decisione
di
Lama
,
Benvenuto
e
Macario
di
indire
lo
sciopero
.
Ma
doveva
ricredersi
quando
alle
Botteghe
Oscure
cominciarono
ad
arrivare
le
notizie
dalle
fabbriche
:
quasi
dappertutto
gli
operai
,
spesso
prima
ancora
delle
direttive
delle
confederazioni
,
avevano
incrociato
spontaneamente
le
braccia
.
Se
lo
sciopero
non
fosse
stato
indetto
,
si
sarebbe
verificato
un
clamoroso
caso
di
scavalcamento
.
Nel
pomeriggio
però
la
classe
politica
commise
i
primi
errori
:
il
dibattito
parlamentare
per
il
precipitoso
(
anche
se
giustificato
)
varo
del
governo
fu
trasmesso
in
televisione
senza
un
'
adeguata
chiave
di
lettura
,
col
risultato
che
buona
parte
dei
telespettatori
o
si
sentivano
disorientati
,
o
sospettarono
che
si
trattasse
d
'
un
diversivo
dal
vero
,
tragico
problema
del
momento
.
Lo
stesso
presidente
del
Consiglio
Giulio
Andreotti
,
forse
stremato
dalla
tensione
(
fra
l
'
esposizione
del
programma
alla
Camera
e
quella
al
Senato
fu
costretto
a
cambiare
l
'
abito
inzuppato
dal
sudore
e
fu
paralizzato
da
conati
di
vomito
)
,
non
offrì
ai
parlamentari
e
al
pubblico
quel
che
ci
si
attendeva
da
lui
:
un
chiaro
,
esauriente
punto
sulla
situazione
.
Emozione
e
urgenza
erano
comunque
buone
attenuanti
,
in
quei
primi
errori
.
Più
tardi
,
cioè
nei
giorni
immediatamente
successivi
,
non
lo
potevano
più
essere
.
I
giorni
successivi
sono
stati
occupati
da
tutti
i
partiti
in
un
estenuante
susseguirsi
di
vertici
che
portavano
a
risultati
poco
vistosi
.
Fu
senz
'
altro
una
consolazione
veder
seduti
a
uno
stesso
tavolo
Berlinguer
,
Zaccagnini
,
Craxi
,
Biasini
e
Romita
.
Ma
la
cosa
non
produsse
effetti
di
gran
rilievo
.
Lunghe
discussioni
sull
'
eventualità
di
mettere
una
taglia
da
un
miliardo
sui
rapitori
di
Moro
(
si
è
deciso
di
no
)
,
sull
'
opportunità
di
impiegare
l
'
esercito
nella
ricerca
dei
terroristi
(
si
è
deciso
di
sì
,
dopo
due
giorni
)
,
sulla
proclamazione
dello
stato
di
pericolo
pubblico
(
si
è
deciso
di
no
)
,
sull
'
istituzione
di
un
fermo
di
polizia
di
quattro
giorni
(
si
è
deciso
di
no
)
,
sul
potenziamento
delle
tecniche
e
dei
mezzi
(
si
è
rimasti
nel
generico
)
.
E
dopo
questa
sequela
di
esclusioni
e
rinvii
quali
misure
si
sono
adottate
?
Il
governo
ha
riesumato
i
provvedimenti
previsti
dall
'
accordo
del
luglio
scorso
.
Nel
frattempo
la
mobilitazione
popolare
cominciava
a
venir
meno
,
il
transatlantico
di
Montecitorio
iniziava
a
svuotarsi
(
sabato
e
domenica
è
rimasto
come
sempre
deserto
)
e
il
sequestro
di
Moro
stava
diventando
un
affare
di
normale
amministrazione
.
Intanto
cominciavano
a
parlare
gli
«
esegeti
»
.
Qualcuno
(
il
deputato
comunista
Antonello
Trombadori
,
il
democristiano
Andrea
Borruso
,
il
neoministro
del
Lavoro
Vincenzo
Scotti
)
ha
intravisto
in
ciò
che
è
successo
alla
fine
della
scorsa
settimana
quasi
una
prova
generale
in
vista
di
un
colpo
di
Stato
,
nessuno
di
loro
si
è
avventurato
alla
ricerca
di
chi
potrebbe
tentare
oggi
un
golpe
nel
nostro
paese
,
«
ma
bisogna
stare
ugualmente
attenti
perché
quando
lo
straordinario
diventa
ordinario
»
ha
detto
Scotti
parafrasando
un
motto
di
Che
Guevara
,
«
qualcuno
può
tentare
un
colpo
di
Stato
»
.
Quasi
a
suggerire
che
tra
non
molto
tempo
anche
il
rapimento
Moro
potrà
essere
considerato
come
un
fatto
ordinario
,
uno
tra
i
tanti
segnali
della
crisi
endemica
della
società
italiana
.
Se
e
quando
accadrà
,
quello
sarà
il
segno
che
l
'
Italia
è
entrata
in
una
di
quelle
fasi
della
storia
(
come
furono
la
crisi
della
Repubblica
di
Weimar
in
Germania
,
l
'
assassinio
di
Dollfuss
nel
'34
in
Austria
,
l
'
ondata
di
terrorismo
in
Spagna
alla
metà
degli
anni
Trenta
,
per
non
parlare
di
ciò
che
è
accaduto
in
quasi
tutta
l
'
America
latina
tra
gli
anni
Sessanta
e
l
'
inizio
degli
anni
Settanta
)
che
sfociano
nella
guerra
civile
,
nel
colpo
di
Stato
o
in
tutti
e
due
.
In
questo
senso
è
altrettanto
sintomatica
e
inquietante
la
comparsa
a
Milano
di
un
primo
«
squadrone
della
morte
»
(
uccisione
a
freddo
di
due
giovani
d
'
estrema
sinistra
a
Milano
)
.
Così
come
inquietante
è
il
modo
con
cui
stampa
,
televisione
,
partiti
sembrano
sperare
che
la
soluzione
dei
problemi
venuti
alla
luce
col
rapimento
di
Moro
possa
venire
indagando
meglio
su
che
tipo
di
«
testina
Ibm
»
abbia
battuto
il
messaggio
delle
Brigate
Rosse
,
o
ispezionando
con
maggiore
accuratezza
via
Licinio
Calvo
.
Fino
a
questo
momento
,
non
sembra
probabile
che
polizia
,
o
carabinieri
,
o
guardia
di
finanza
,
o
l
'
esercito
,
o
tecnici
inviati
dalla
Germania
federale
troveranno
la
«
prigione
del
popolo
»
in
cui
l
'
onorevole
Moro
è
rinchiuso
e
«
processato
»
.
Se
anche
ci
riuscissero
-
come
tutti
sperano
-
i
problemi
posti
da
questo
parossistico
acutizzarsi
della
violenza
politica
in
forme
nuove
e
terribilmente
efficaci
non
sarebbero
risolti
.
Andrebbero
affrontati
con
un
dibattito
approfondito
,
e
un
coinvolgimento
del
paese
senza
precedenti
:
prima
che
l
'
adozione
di
leggi
super
repressive
,
imposte
dal
succedersi
degli
eventi
prima
ancora
che
dalla
scelta
del
Parlamento
,
appaia
come
l
'
unica
via
praticabile
.
Intanto
,
al
processo
di
Torino
,
Curcio
e
suoi
amici
annunciano
il
processo
ad
Aldo
Moro
,
parlando
come
se
fossero
i
presidenti
di
un
«
controtribunale
»
.
E
il
presidente
del
tribunale
vero
,
mette
a
verbale
.
StampaPeriodica ,
Assiduo
e
fervido
riedificatore
sull
'
annoso
Principio
della
pittura
,
Paul
Cézanne
,
fin
dalla
prima
gioventù
fece
della
coscienza
di
se
stesso
l
'
ideale
supremo
e
alla
fortuna
e
alla
facile
fama
antepose
l
'
importanza
del
fine
.
Trovandosi
fra
le
brigate
scempie
dei
caffè
e
degli
ateliers
parigini
,
benché
più
degli
altri
addottrinato
,
raramente
interloquiva
,
e
quando
l
'
osava
doveva
poi
smaltire
vane
e
cocenti
arrabbiature
.
Allora
,
egli
,
si
meravigliava
seco
medesimo
di
essersi
scompagnato
dalle
solitudini
della
sua
Provenza
,
da
quelle
vedute
aperte
,
da
quelle
vallette
fertili
,
da
quelle
acque
lucenti
e
dai
soli
chiari
di
Aix
.
Evitare
adunque
più
che
poteva
quella
gente
incostante
e
frivola
della
capitale
,
fin
che
non
avesse
ultimato
i
suoi
studi
pittorici
,
divenne
subito
la
sua
rarissima
cura
.
Ridottosi
a
Aix
a
vivere
rusticamente
con
sua
sorella
,
Paul
Cézanne
,
piccolo
rentier
,
rinuncia
per
sempre
ad
avere
un
pubblico
.
E
se
egli
ora
ripiega
su
di
sé
per
meglio
adattare
alle
nuove
circostanze
,
il
suo
temperamento
di
uomo
sensibile
e
scontroso
,
tutta
la
sua
soddisfazione
la
trova
nel
lavoro
indirizzato
a
promuovere
opere
di
gioia
durevole
.
Fu
così
che
,
quasi
senza
accorgersene
,
gli
avvenne
di
scoprire
presto
alcune
principalissime
verità
pittoriche
,
non
solo
ignorate
ma
del
tutto
diverse
e
contrarie
alle
opinioni
del
suo
tempo
,
e
di
farsi
,
a
sua
insaputa
,
sublime
e
focoso
iniziatore
di
una
nuova
èra
artistica
.
Ma
quanto
fosse
per
fa
storia
dell
'
arte
il
valore
delle
sue
invenzioni
e
quale
la
stratificazione
dei
suoi
duri
progressi
,
la
portata
delle
sue
conquiste
,
ci
voleva
proprio
che
la
morte
venisse
,
traendo
,
come
si
suoi
dire
,
alla
luce
la
sua
opera
di
grande
artista
sacrificato
;
di
modo
che
si
potrebbe
ripetere
di
lui
che
passato
di
vita
,
allora
finalmente
fosse
per
vivere
.
Con
tutto
ciò
,
l
'
incertezza
sui
suoi
meriti
persiste
ad
essere
tale
che
gli
stessi
ammiratori
della
sua
arte
discordano
grandemente
fra
di
loro
.
Sarebbe
quindi
bene
intenderci
una
buona
volta
sui
punti
fondamentali
del
suo
portato
,
se
non
si
vuole
arrivare
presto
ad
una
forma
curiosa
di
violenta
deturpazione
.
Nell
'
ordine
intellettuale
bisogna
essere
cauti
e
scrupolosamente
obbiettivi
,
più
di
quello
che
si
è
per
il
presente
perché
,
in
fin
dei
conti
,
se
quello
che
avvenne
a
lui
da
vivo
fu
cosa
amarissima
,
quello
che
va
succedendo
ora
è
addirittura
inquietante
;
dimostrando
fra
l
'
altro
la
condizione
in
cui
viene
a
trovarsi
la
memoria
d
'
un
uomo
che
fu
disusatamente
superiore
alla
propria
epoca
.
Si
urli
pure
contro
la
critica
com
'
è
ora
costume
,
ma
per
noi
essa
si
risolve
in
cosa
sterile
solamente
quando
non
l
'
accompagnano
risultanti
positive
.
Studiando
altre
volte
l
'
opera
del
Cézanne
,
cercammo
soprattutto
di
districare
dai
fatti
patenti
i
semi
riposti
,
e
se
ora
riprendiamo
lo
stesso
soggetto
non
perché
siano
variate
sostanzialmente
le
nostre
opinioni
,
ché
anzi
alcuni
esempi
di
quelle
disamine
si
potrebbero
invocare
qui
con
più
chiara
notizia
.
Però
,
innanzi
ad
ogni
altra
cosa
,
ci
sia
permesso
di
far
osservare
che
oggigiorno
si
continua
a
mescolare
con
troppa
baldanza
il
suo
nome
con
quello
degli
impressionisti
e
postimpressionisti
,
alla
maniera
del
gioco
dei
dadi
,
non
curando
se
in
cotesto
modo
si
dimostri
d
'
ignorare
che
la
sua
personalità
è
sostanzialmente
differente
.
Io
credo
,
per
esempio
,
che
spetti
assolutamente
,
dopo
il
Courbet
,
al
Cézanne
il
primo
posto
nella
pittura
contemporanea
,
e
che
lo
stesso
Renoir
gli
sia
di
molto
inferiore
;
ancorché
sia
pronto
a
riconoscere
che
il
buon
decoratore
di
maioliche
di
Sèvres
non
manca
di
leggiadria
e
di
pregi
rari
,
puri
e
delicati
.
Ma
questi
suoi
meriti
,
per
quanto
insigni
,
non
credo
siano
tuttavia
paragonabili
,
nell
'
ambito
delle
differenze
,
a
quelli
di
Cézanne
per
pienezza
e
costituzione
.
In
quanto
a
Van
Gogh
,
Monet
,
Degas
,
Pisarro
,
Toulose
-
Lautrec
,
ecc
.
a
me
basta
saperli
tutti
-
compreso
il
Gauguin
indubbiamente
superiore
agli
altri
-
a
gran
distanza
dal
Cézanne
,
per
dire
che
se
questi
fossero
vissuti
in
tempi
più
chiari
non
che
sovrastare
il
nostro
,
mai
si
sarebbero
levati
a
quella
fama
che
ebbero
e
che
tuttora
hanno
.
Per
dirla
in
breve
costoro
riuscirono
soltanto
a
legare
membri
d
'
incerta
risonanza
,
e
niuna
cosa
ci
vieterebbe
di
giudicarli
dall
'
effetto
che
fanno
le
loro
tele
qualora
venissero
paragonate
a
quelle
del
Cézanne
.
Sono
di
quelle
opere
scaturite
da
indole
che
non
soffre
freno
,
per
la
quale
la
vita
,
prima
che
la
bellezza
,
costituisce
lo
scopo
,
la
qualcosa
è
scusabile
nelle
epoche
di
smarrimento
o
di
ripresa
;
non
giungendo
mai
alla
grandezza
vera
,
non
sopportano
un
puro
giudizio
estetico
.
Per
queste
ed
altre
diversissime
ragioni
non
faremo
dunque
qui
alcun
pensiero
irriverente
a
loro
riguardo
,
ché
anzi
,
per
chi
ben
intende
,
le
nostre
stesse
riserve
acconsentono
loro
lode
.
E
che
questo
sia
vero
o
no
,
quello
che
conta
è
che
infine
il
Cézanne
non
solo
pensa
per
linee
,
colori
,
volumi
e
superfici
ma
tutti
li
avanza
per
senso
,
vigore
e
caldezza
d
'
animo
,
per
cui
riesce
,
in
maniera
tutta
sua
particolare
,
ad
infondere
alla
sua
pittura
un
austero
imperativo
che
ne
ingrandisce
il
possesso
.
Una
mela
,
una
pipa
di
gesso
,
una
bottiglia
,
la
cosa
più
ordinaria
,
gli
è
più
che
sufficiente
per
svegliarci
nella
mente
tutto
un
ordine
spaziato
di
sensazioni
squisite
.
Possiamo
anche
farci
una
prima
idea
del
suo
stile
da
certi
rilievi
che
si
distinguono
per
tono
,
atti
in
modo
singolare
a
tenere
in
gran
parte
il
nostro
animo
e
a
rinnovarlo
con
diversissimi
aspetti
.
Con
ciò
non
si
vuoi
mica
dire
che
tutte
le
sue
opere
siano
egualmente
in
tutti
i
punti
vive
e
sostanziose
!
Ma
Paul
Cézanne
era
nato
veramente
per
dipingere
come
gli
uccelli
son
nati
per
volare
.
Nessuno
più
di
lui
ebbe
in
odio
le
invenzioni
meccaniche
,
né
più
di
lui
alcuno
ha
sentito
in
modo
così
intimo
e
profondo
il
problema
di
ottenere
col
puro
impiego
dei
mezzi
pittorici
un
massimo
di
espressione
.
Così
in
lui
la
colorazione
si
fa
sostanziale
nel
tono
che
ha
l
'
ufficio
di
rialzare
i
volumi
,
la
luce
si
fa
peso
in
una
materia
omogenea
e
carnosa
,
che
è
il
lato
più
profondo
del
suo
genio
drammatico
.
Così
la
sua
gioiosa
alchimia
si
appesantisce
a
poco
a
poco
in
un
agglomerato
di
pennellate
quadre
e
digradanti
per
meglio
fissare
alcuni
risultati
positivi
.
Fin
da
questo
momento
si
potrebbe
dire
che
Cézanne
si
stacca
risolutamente
dalla
scuola
impressionista
.
Ora
le
sue
sensazioni
vengono
inserite
sul
"
principio
delle
evidenze
"
e
si
adagiano
in
movimenti
che
hanno
cessato
di
svolgersi
.
Ma
il
suo
istinto
eroico
non
gli
permette
d
'
indugiare
in
cotesto
genere
di
compiacenze
sensuali
,
più
di
quello
che
comporta
la
coscienza
della
differenza
che
corre
tra
un
'
arte
che
lavora
sul
puro
naturale
visivo
e
quella
che
,
pur
non
negligendo
lo
studio
della
realtà
esterna
,
ha
per
fine
certi
aspetti
metafisici
.
Volle
adunque
il
Cézanne
,
aggiungere
al
senso
della
naturalezza
e
della
concezione
viva
e
diretta
una
corrente
di
classicità
,
nella
quale
il
trasparire
del
fine
e
il
volontario
assoggettamento
a
severa
legge
si
facessero
valere
.
Certamente
tra
un
ideale
e
la
sua
forma
sensibile
vi
è
sempre
un
grande
divario
e
anche
nell
'
opera
sua
dobbiamo
riconoscere
che
non
sempre
la
forma
trova
espressione
piena
e
gagliarda
.
Tuttavia
,
i
suoi
propositi
nuovi
essendo
rivolti
ad
un
ordine
e
ad
una
percezione
d
'
arte
di
non
limitata
irradiazione
,
ancorché
la
perfetta
corrispondenza
della
forma
allo
scopo
gli
sia
irraggiungibile
,
l
'
idea
che
si
è
fatto
ora
del
quadro
lo
conduce
,
pure
attraverso
ansie
e
incertezze
,
al
portamento
fiero
e
dignitoso
delle
forme
.
Colui
il
quale
si
è
procurato
il
piacere
squisito
di
ricercare
per
suo
conto
quest
'
ordine
superiore
,
sa
che
questo
non
è
esercizio
intellettualistico
ma
istinto
ritrovato
e
sete
di
un
più
ampio
possesso
,
e
potrà
quindi
affermare
,
senza
tema
di
cadere
in
rimorso
,
che
l
'
arte
del
Cézanne
come
la
vita
è
uno
slancio
che
tende
ad
una
conchiusione
,
e
che
non
si
limita
a
voler
essere
l
'
espressione
d
'
un
temperamento
entusiastico
,
tutto
febbre
e
fuoco
,
al
quale
gli
elementi
intellettuali
servono
come
qualità
occasionali
.
Spirito
colto
e
austero
,
Paul
Cézanne
cerca
la
soluzione
del
problema
plastico
non
del
"
motivo
"
,
che
è
concetto
limitato
al
giuoco
delle
masse
,
delle
linee
,
dei
colori
,
dei
lumi
e
delle
ombre
,
.
ma
nel
"
soggetto
"
,
che
,
lungi
dall
'
essere
letteratura
,
è
problema
di
superficie
e
di
profondità
,
linguaggio
poetico
dell
'
anima
.
Siamo
nella
seconda
fase
della
sua
arte
.
Ora
le
stesse
"
nature
morte
"
non
gli
appariranno
più
che
come
buona
materia
versata
su
di
un
tessuto
accidentato
,
o
come
dire
"
saggi
"
staccati
di
una
unità
più
vasta
e
complessa
.
Per
le
stesse
e
simili
cause
egli
è
portato
a
ricercare
la
sostanza
degli
antichi
ordini
naturali
e
le
antiche
norme
dell
'
arte
,
mirando
a
perfezionarle
e
a
rifonderle
col
nuovo
spirito
.
Il
che
sarà
sempre
gran
merito
suo
,
dato
che
quando
si
volle
andar
oltre
e
rinnovare
sui
punti
fondamentali
,
non
che
non
riuscirvi
,
si
tornò
indietro
,
e
venne
meno
quello
che
s
'
era
faticosamente
acquistato
.
Niuno
può
infatti
sapere
fin
dove
sarebbe
montato
il
male
senza
il
suo
vigoroso
intervento
.
E
se
ciò
non
costituisce
la
maggiore
delle
sue
doti
,
le
cose
dette
servono
abbastanza
per
farcelo
più
vicino
,
più
umano
,
più
nostro
d
'
ogni
altro
pittore
di
quel
tempo
.
A
questo
punto
Paul
Cézanne
,
sente
le
prime
ondate
di
quello
che
si
potrebbe
chiamare
il
suo
"
umanismo
plastico
"
,
in
cui
taluni
scrittori
vollero
scorgere
la
cagione
principale
della
sua
rapida
decadenza
.
Ma
se
anche
fosse
probabile
che
"
rifare
il
Museo
davanti
alla
Natura
"
era
una
delle
sue
insane
fissazioni
,
dobbiamo
però
ammettere
che
questo
concetto
non
è
poi
tanto
balordo
se
può
tuttora
servire
per
farci
rigorosi
e
severi
con
noi
stessi
.
Infatti
a
noi
sembra
che
anche
il
Cézanne
ne
abbia
tratto
reale
giovamento
da
quest
'
idea
del
duraturo
,
ancorché
la
pittura
oramai
gli
venga
giù
in
apparenza
meno
bene
di
prima
.
Si
direbbe
che
la
sua
rigorosa
tecnica
si
sperda
e
si
sprofondi
in
vaghi
umori
melanconici
e
ondeggi
in
rapporti
lontani
.
Ma
se
la
ricca
materia
non
fluisce
più
in
forme
condensate
ed
energiche
e
gli
elementi
,
che
gli
erano
divenuti
famigliari
,
gli
pongono
degli
strani
inconvenienti
o
devono
essere
da
lui
alterati
per
necessità
del
nuovo
concetto
costruttivo
;
se
c
'
è
sempre
una
parte
che
gli
sfugge
;
una
zona
che
non
è
stata
osservata
;
se
gli
è
difficile
afferrare
la
sintesi
della
visione
;
non
per
questo
le
sue
figure
e
i
suoi
paesi
pencolano
in
una
espressione
contrastata
;
ché
anzi
simili
constatazioni
confermano
vieppiù
l
'
interesse
con
cui
la
sua
lucente
volontà
rinuncia
alla
ricchezza
apparente
per
una
misura
di
semplificazione
essenziale
.
Mai
come
ora
le
distese
,
le
colline
,
i
casali
gli
apparirono
in
tutto
il
rilievo
della
loro
immobile
esistenza
e
la
divinità
plastica
dell
'
essere
umano
gli
fu
più
presente
.
Osservando
il
processo
elaborativo
della
sua
arte
si
deve
dunque
ammettere
che
se
la
sua
succolenta
materia
si
è
impoverita
nei
sali
,
non
per
questo
dobbiamo
escludere
si
tratti
del
graduale
sviluppo
dei
medesimi
pregi
;
perché
infine
i
suoi
presagi
sono
leali
e
opportuni
e
le
opere
successive
ne
chiariranno
la
prudenza
.
Infatti
,
come
poteva
un
pittore
abituato
a
scrutare
di
continuo
sé
stesso
e
similmente
i
suoi
rapporti
colla
natura
,
non
accorgersi
che
nella
sovrabbondanza
dei
succhi
egli
andava
apparecchiando
al
sentimento
genuino
dell
'
arte
una
sopravvivenza
di
elementi
artificiali
?
Come
poteva
non
accorgersi
che
questi
elementi
tecnici
illudono
con
un
falso
interesse
sensuale
apparendo
come
i
più
fini
pregi
dello
stile
mentre
ne
costituiscono
in
realtà
i
vizi
maggiori
?
Che
importa
che
ci
siano
dei
pittori
detti
grandi
che
di
questo
genere
di
decadenza
fanno
un
'
applicazione
sistematica
e
che
sovrattutto
i
giovani
siano
sempre
pronti
ad
ammirarli
proprio
per
ciò
che
essi
hanno
di
deteriore
?
Nessuna
meraviglia
quindi
che
oggi
si
esalti
il
lato
decadente
delle
"
nature
morte
"
cézanniane
e
pochi
si
curino
di
ricercare
le
ragioni
per
le
quali
egli
si
affaticò
tanto
per
liberarsene
.
Concluderemo
questo
punto
del
nostro
discorso
dicendo
che
i
"
giocatori
di
carte
"
,
"
l
'
arlecchino
"
costituiscono
i
primi
approcci
ad
una
più
complessa
realtà
che
si
esaurisce
nei
"
satiri
"
e
nelle
variazioni
delle
"
bagnanti
"
.
Ora
,
egli
vorrebbe
riprendere
gli
stessi
"
ritratti
"
e
i
suoi
vecchi
"
paesi
"
per
inserirli
in
un
soggetto
trascendente
la
composizione
.
Evidentemente
i
gravi
gorghi
spirituali
non
gli
danno
più
le
vertigini
.
E
non
dobbiamo
dimenticare
,
volendo
stabilire
il
giusto
significato
dell
'
arte
cézanniana
,
che
la
pittura
dopo
il
Coubert
si
era
limitata
ad
una
parte
puramente
disegnativa
o
pittoresca
,
e
che
soltanto
col
nostro
ritentò
un
'
immediatezza
d
'
immersione
totale
senza
però
rinnegare
il
modi
antichi
.
Qui
risiede
forse
l
'
intimo
e
perfetto
valore
che
lo
ricongiunge
direttamente
con
la
tradizione
,
intendo
dire
la
nostra
,
italiana
.
Ma
per
specificare
meglio
la
nostra
idea
,
aggiungeremo
che
egli
risolve
il
problema
plastico
alla
maniera
dei
veneziani
e
cioè
nel
colore
-
tono
più
che
in
quella
lineare
che
vien
da
Giotto
e
da
Masaccio
.
Egli
sente
che
la
tradizione
perde
ogni
diritto
solamente
quando
non
trova
un
'
eco
nell
'
anima
dell
'
artista
.
Ma
dai
modelli
classici
egli
non
domanda
che
la
prima
spinta
.
Si
potrebbe
fare
a
questo
punto
una
erudita
ricerca
delle
geniture
e
tirar
fuori
il
Greco
,
il
Tintoretto
ed
altri
illustri
,
ma
siccome
questo
bisogno
di
rientrare
nella
regola
si
fa
sentire
soltanto
quando
il
pittore
sente
di
avere
in
sé
medesimo
i
germi
della
storia
,
e
analoghe
avvertenze
si
ritrovano
in
tutti
i
migliori
ingegni
fioriti
nei
secoli
,
a
noi
questa
ricerca
appare
piuttosto
superflua
.
Non
è
il
caso
qui
di
ricordare
che
l
'
ingegno
è
sempre
indipendente
e
non
procede
affatto
per
meccaniche
derivazioni
,
come
erroneamente
credono
le
nature
incolte
e
primitive
.
Tuttavia
un
buon
punto
di
partenza
facilita
in
tutti
casi
la
via
,
essendo
che
ogni
ideale
,
vago
da
principio
,
si
segna
a
mano
a
mano
nelle
esperienze
,
si
contorna
e
si
colorisce
.
Ma
rientriamo
in
argomento
che
non
è
questo
il
luogo
per
vedere
come
le
idee
nascono
,
ma
soltanto
come
s
'
inquadrano
nella
realtà
dei
fatti
.
Paul
Cézanne
nega
l
'
impressionismo
e
perché
sa
che
le
relazioni
fra
le
cose
mutano
senza
fine
e
che
il
loro
numero
è
incalcolabile
.
Chi
cerca
nei
corpi
la
risultante
di
rapporti
geometrici
rompe
la
legge
che
è
risoluzione
essenziale
.
Allontanarsi
dal
procedimento
del
puro
chiaroscuro
e
rigettare
la
"
negazione
impressionista
del
tono
locale
"
era
,
non
v
'
è
dubbio
,
una
di
quelle
arditezze
da
spiacere
a
tutti
;
tanto
a
quelli
che
erano
rimasti
attaccati
al
concetto
d
'
una
pittura
il
cui
centro
essenziale
rimanesse
impassibile
,
quanto
agli
altri
che
per
risentire
le
forze
circostanti
deformarono
il
centro
essenziale
e
si
esaurirono
in
una
mera
speculazione
numerica
della
luce
.
Nessuna
meraviglia
che
ambo
le
scuole
non
potendo
riconoscerlo
come
uno
dei
loro
,
si
adoperassero
a
lasciarlo
più
che
mai
nella
sua
aspra
solitudine
.
Crediamo
di
aver
chiarito
al
lettore
come
intendiamo
noi
i
dati
dell
'
arte
cézanniana
e
se
le
nostre
parole
spiaceranno
a
molti
e
però
ce
le
apporranno
a
difetto
,
diremo
che
non
è
in
nostro
potere
il
dare
ad
essi
significato
diverso
.
Agli
occhi
della
nostra
generazione
l
'
immagine
di
Paul
Cézanne
si
fa
sempre
più
viva
,
eccita
la
fantasia
e
serve
d
'
impulso
e
di
esempio
nei
nuovi
tentativi
vittoriosi
.
Eppure
se
ammettiamo
che
la
sua
opera
sia
sommamente
degna
di
essere
posta
a
perpetua
lode
,
avendo
il
Cézanne
ritrovato
uno
stile
austero
e
gagliardo
,
un
'
eloquenza
pittorica
che
può
parere
roba
di
altri
secoli
,
noi
crediamo
altresì
che
se
la
sua
opera
ci
vieta
di
retrocedere
ci
offre
anche
un
impegno
che
obbliga
a
progredire
.
Ripigliarsi
quindi
ai
suoi
dettami
è
certamente
cosa
degna
ma
non
si
dovrebbe
mai
obliare
che
la
materia
su
cui
versano
le
operazioni
dell
'
arte
si
modifica
per
successo
di
tempo
e
con
essa
variano
anche
i
mezzi
.
Ancorché
,
Paul
Cézanne
,
sia
l
'
unico
pittore
dei
nostri
tempi
,
che
abbia
saputo
disegnare
sobriamente
alcune
fattezze
delle
cose
nella
loro
compostezza
riposata
,
non
si
può
disconoscere
che
nella
sua
opera
i
caratteri
e
le
situazioni
prevalgono
quasi
sempre
sul
contenuto
.
Si
deve
dunque
concludere
che
nell
'
atto
della
creazione
se
egli
aveva
la
padronanza
della
materia
divenuta
forma
,
non
sapeva
però
adottare
la
forma
ad
un
contenuto
pensato
preventivamente
.
Malgrado
ciò
,
e
per
non
essere
fraintesi
,
ripeteremo
che
quando
il
suo
rispetto
alle
cose
si
appalesa
in
forma
colta
e
bene
individuata
,
egli
,
meglio
,
di
ogni
altro
pittore
moderno
,
con
pochi
segni
e
tocchi
ci
fa
errare
in
un
delirio
dolcissimo
.
E
basterà
riconoscere
i
lati
particolarmente
espressivi
delle
sue
pitture
,
per
porlo
fra
i
maggiori
che
abbiano
contribuito
a
sviscerare
qualche
verità
sostanziale
.
Abbiamo
certamente
tralasciate
cose
assai
e
toccherà
ad
altri
riempire
il
vuoto
.
Se
non
è
valso
a
dimostrare
come
ha
veduto
la
realtà
,
né
,
quello
che
più
conta
,
come
ha
saputo
fermarla
in
un
numero
ragguardevole
di
opere
,
questo
grave
,
ombroso
e
sagace
solitario
,
riandando
al
quale
Mestizia
e
terror
mette
nel
core
,
quello
che
si
è
detto
nelle
presenti
note
avrà
tuttavia
concorso
-
non
sembri
audace
pensarlo
-
a
far
capire
,
se
non
altro
,
quanto
la
sua
arte
sia
difficile
a
definirsi
,
per
il
suo
contenuto
umano
,
e
per
quei
caratteri
peculiari
da
cui
la
sua
forma
plastica
traeva
la
più
pura
espressione
.
StampaPeriodica ,
Roma
,
giovedì
17
febbraio
.
Passerà
alla
storia
come
«
quel
giovedì
grasso
del
'77»
in
cui
Luciano
Lama
,
segretario
del
più
grande
sindacato
comunista
d
'
Europa
,
fu
preso
a
sassate
dagli
studenti
ultras
e
costretto
a
lasciare
la
cittadella
universitaria
romana
.
Quasi
sicuramente
gli
storici
che
nei
prossimi
anni
si
occuperanno
di
questi
fatti
lasceranno
da
parte
le
polemiche
sulle
origini
materiali
degli
incidenti
(
chi
ha
dato
il
primo
spintone
,
la
prima
bastonata
,
chi
ha
tirato
il
primo
sampietrino
?
È
più
grave
lanciare
sacchetti
di
vernice
sui
sindacalisti
come
hanno
fatto
gli
«
indiani
metropolitani
»
o
innaffiare
col
getto
di
un
estintore
gli
studenti
come
ha
fatto
un
membro
del
servizio
d
'
ordine
del
PCI
?
)
e
si
dedicheranno
alla
ricerca
delle
cause
di
quello
che
quasi
all
'
unanimità
e
un
po
'
ingenerosamente
è
stato
definito
l
'
«
errore
di
Lama
»
.
E
cosa
diranno
di
questo
errore
?
Che
è
stato
generato
dalla
convinzione
di
poter
riportare
l
'
ordine
nelle
università
con
un
misto
di
forza
e
di
consenso
;
che
è
stato
reso
possibile
dalle
false
informazioni
che
il
segretario
della
federazione
comunista
romana
Paolo
Ciofi
,
alcuni
sindacalisti
della
CGIL
-
scuola
,
il
segretario
della
Federazione
giovanile
comunista
Massimo
D
'
Alema
avevano
trasmesso
per
quattordici
giorni
ai
vertici
del
PCI
(
«
Andrà
tutto
liscio
come
l
'
olio
»
aveva
detto
Ciofi
la
sera
prima
degli
incidenti
)
;
che
è
stato
favorito
dalla
mancanza
di
precauzioni
«
psicologiche
»
come
per
esempio
incontri
tra
sindacalisti
e
rappresentanti
degli
studenti
,
diretti
ad
allentare
la
tensione
:
una
tensione
che
aveva
raggiunto
l
'
apice
proprio
quel
giorno
(
alcuni
lavoratori
del
PCI
avevano
forzato
il
blocco
degli
occupanti
ai
cancelli
dell
'
ateneo
e
la
sera
la
Camera
del
Lavoro
aveva
chiesto
la
riapertura
dell
'
università
)
.
Ma
la
storia
non
ammette
recriminazioni
.
I
lamenti
(
«
Perché
noi
comunisti
eravamo
tremila
e
non
trentamila
?
»
)
,
le
tardive
esortazioni
(
«
È
una
questione
di
ordine
pubblico
:
bisognava
mandare
subito
i
carabinieri
a
sgombrare
l
'
occupazione
»
gridava
Giuliano
Ferrara
dirigente
del
PCI
torinese
)
,
i
giustificati
timori
(
«
Se
Cossiga
fa
sgombrare
adesso
l
'
università
sembrerà
però
che
noi
sindacalisti
abbiamo
bisogno
della
polizia
per
far
valere
le
nostre
ragioni
»
)
che
quel
giovedì
nero
animavano
la
discussione
davanti
alla
sede
del
PCI
di
via
dei
Frentani
,
appena
pronunciati
venivano
già
superati
dai
fatti
.
Il
ministro
dell
'
Interno
aveva
immediatamente
deciso
di
sfruttare
la
situazione
per
espugnare
l
'
università
e
rilanciare
la
campagna
sull
'
ordine
pubblico
,
accolta
con
ovazioni
di
consenso
di
tutta
la
stampa
.
I
giornali
,
anche
quelli
che
in
passato
avevano
più
strizzato
l
'
occhio
al
PCI
,
si
rivolgevano
al
«
grande
partito
della
classe
operaia
»
in
tono
brusco
e
risentito
:
«
Ma
come
?
,
vi
stavamo
spalancando
le
porte
del
governo
nella
speranza
che
riportaste
l
'
ordine
nelle
fabbriche
e
nelle
piazze
e
ora
scopriamo
che
non
ne
siete
capaci
»
.
Lentamente
si
metteva
in
moto
anche
il
fronte
di
quelli
che
sperano
nel
ritorno
a
un
governo
di
centrosinistra
:
dai
democristiani
di
osservanza
fanfaniana
(
«
Eccoli
qui
i
comunisti
di
sempre
,
illiberali
e
prevaricatori
»
)
ad
alcuni
settori
del
PSI
(
un
dirigente
della
Federazione
giovanile
socialista
ha
dichiarato
in
un
'
assemblea
ad
architettura
:
«
Avete
ragione
voi
,
la
venuta
di
Lama
nell
'
università
è
stata
una
grave
provocazione
»
)
,
erano
tutti
all
'
erta
.
Il
PCI
si
è
sentito
alle
corde
:
Lama
continuava
a
ricevere
telegrammi
di
formale
solidarietà
ma
appena
chiedeva
uno
sciopero
o
almeno
una
manifestazione
di
solidarietà
che
lo
riconfermasse
leader
prestigioso
di
un
grande
sindacato
,
riceveva
risposte
elusive
.
Nelle
sezioni
e
nei
consigli
di
fabbrica
le
spiegazioni
ufficiali
(
«
Quell
'
università
lì
è
una
Reggio
Calabria
zeppa
di
provocatori
,
fascisti
,
figli
della
borghesia
agiata
»
)
erano
accolte
con
sufficienza
e
in
molti
casi
apertamente
discusse
;
nelle
piazze
che
il
sindacato
,
per
le
sue
divisioni
interne
aveva
lasciato
deserte
,
non
riusciva
a
riempire
,
affluivano
invece
,
fin
dal
sabato
,
decine
di
migliaia
di
studenti
inscenandovi
manifestazioni
che
lasciavano
poco
spazio
al
teppismo
.
Conseguenze
.
Per
la
prima
volta
dall
'
autunno
del
'69
,
quando
fu
espulso
il
gruppo
del
Manifesto
,
il
PCI
è
stato
percorso
da
un
terremoto
interno
di
discussioni
che
continueranno
per
molte
settimane
.
E
l
'
autocritica
che
la
direzione
del
PCI
si
è
fatta
il
19
febbraio
(
«
È
mancata
da
parte
nostra
una
piena
e
immediata
comprensione
del
clima
che
si
era
creato
nell
'
ateneo
»
)
contribuirà
ad
alimentare
il
dibattito
.
I
termini
del
problema
sono
semplici
.
C
'
è
un
partito
che
si
presenta
come
«
partito
di
lotta
e
di
governo
»
e
che
una
volta
messo
alla
prova
davanti
a
un
movimento
di
massa
è
costretto
a
battere
in
ritirata
fornendo
spiegazioni
improvvisate
e
convenzionali
(
«
È
un
fenomeno
fascista
»
ha
affermato
Gianni
Cervetti
,
membro
della
direzione
del
PCI
davanti
agli
operai
milanesi
dell
'
Alfa
Romeo
riuniti
a
congresso
nella
sezione
Ho
Ci
-
Minh
)
.
C
'
è
un
sindacato
che
ha
paura
di
mobilitarsi
su
temi
estranei
alla
difesa
del
salario
perché
non
vuole
disperdere
le
sue
energie
,
ma
teme
anche
che
,
una
volta
decisa
la
ritirata
su
un
fronte
,
ci
sia
il
rischio
di
diventare
vulnerabile
anche
su
tutti
gli
altri
fronti
.
Cosa
accadrà
nei
prossimi
giorni
?
Esaminiamo
le
mosse
che
presumibilmente
faranno
i
protagonisti
di
questa
vicenda
.
Il
movimento
degli
studenti
.
Lo
scontro
con
Lama
,
per
loro
,
è
stato
provvidenziale
.
Nei
giorni
precedenti
quel
giovedì
grasso
il
movimento
degli
studenti
aveva
conosciuto
una
fase
di
stanca
tale
che
l
'
avrebbe
potuto
portare
alla
dissoluzione
.
La
visita
di
Lama
lo
ha
rilanciato
.
Nelle
ore
di
battaglia
calda
contro
il
servizio
d
'
ordine
del
PCI
e
del
sindacato
,
contro
il
senato
accademico
e
la
polizia
,
gli
studenti
ultras
hanno
ritrovato
l
'
unità
e
la
galvanizzazione
perdute
.
Ora
si
dettano
obiettivi
«
mobilitanti
»
:
«
Rioccupiamo
appena
possibile
l
'
ateneo
e
riprendiamo
a
batterci
per
gli
appelli
d
'
esame
settimanali
,
per
l
'
orario
a
cartellino
dei
professori
,
per
l
'
università
aperta
il
sabato
e
la
domenica
,
per
i
corsi
serali
,
per
la
ristrutturazione
dell
'
insegnamento
»
.
Ma
gli
obiettivi
reali
del
movimento
non
riescono
a
definirli
.
Senza
questi
è
probabile
che
gli
studenti
conosceranno
una
seconda
impasse
.
Come
fare
allora
?
Sabato
e
domenica
prossimi
gli
studenti
di
tutta
Italia
si
incontreranno
a
Roma
per
discuterne
.
Probabilmente
metteranno
a
punto
un
programma
che
le
forze
politiche
dovranno
valutare
con
grande
attenzione
perché
sarà
il
testo
base
a
cui
faranno
riferimento
i
disoccupati
intellettuali
italiani
.
Cosa
chiederanno
?
Nientemeno
che
il
salario
generalizzato
per
tutti
coloro
che
hanno
più
di
diciotto
anni
.
Poi
chiederanno
,
anche
,
la
diminuzione
delle
ore
di
lavoro
nelle
fabbriche
e
l
'
aumento
invece
di
quelle
di
studio
per
gli
operai
.
In
questo
modo
sperano
che
si
creino
nuovi
posti
di
lavoro
.
Si
tratta
in
altre
parole
di
trasformare
le
150
ore
in
500
ore
di
studio
annuali
per
ogni
operaio
.
Soluzione
,
com
'
è
facile
arguire
,
del
tutto
utopistica
.
Il
Partito
comunista
italiano
.
Cosa
farà
il
PCI
lo
ha
annunciato
con
un
articolo
sull
'
«
Unità
»
Alberto
Asor
Rosa
,
l
'
unico
intellettuale
comunista
che
abbia
capito
fin
dai
primi
giorni
cosa
stava
succedendo
nelle
università
.
«
Noi
comunisti
»
afferma
Asor
Rosa
«
abbiamo
fatto
la
scelta
di
difendere
un
tipo
di
società
in
trasformazione
al
cui
centro
sta
la
classe
operaia
organizzata
.
Gli
studenti
sono
invece
una
"
seconda
società
"
,
che
intende
scaricare
addosso
alla
società
che
noi
difendiamo
un
turbine
distruttivo
.
»
D
'
altra
parte
,
continua
Asor
Rosa
,
come
possiamo
stupircene
?
«
L
'
austerità
ha
un
senso
in
quanto
è
rivolta
ai
settori
produttivi
della
società
,
ai
lavoratori
,
i
quali
in
quanto
produttori
e
consumatori
al
tempo
stesso
possono
se
vogliono
calibrare
un
rapporto
diverso
tra
questi
due
aspetti
della
vita
.
»
Ma
chi
non
lavora
,
e
ha
la
prospettiva
di
non
lavorare
e
non
guadagnare
per
anni
,
come
fa
a
praticare
su
se
stesso
l
'
austerità
?
Come
fa
a
ridurre
i
consumi
chi
non
consuma
niente
?
Tra
le
righe
Asor
Rosa
denuncia
l
'
assenza
di
una
proposta
del
PCI
nei
confronti
dei
disoccupati
.
E
si
può
leggere
anche
un
invito
alla
chiarezza
:
se
il
PCI
ha
deciso
di
difendere
ad
oltranza
gli
occupati
lo
dica
,
e
non
si
stupisca
poi
se
i
disoccupati
reagiscono
anche
contro
di
lui
.
Oltre
a
questo
problema
generale
c
'
è
poi
la
questione
più
specifica
della
riforma
universitaria
.
Come
può
il
PCI
,
dopo
aver
appoggiato
per
dieci
anni
la
«
scuola
liberalizzata
e
di
massa
»
,
favorire
adesso
la
creazione
di
una
università
che
sforni
quadri
veramente
selezionati
da
inserire
nei
gangli
del
sistema
produttivo
per
rimetterlo
in
moto
?
Qualcuno
a
mezza
voce
suggerisce
l
'
unica
risposta
possibile
:
accordare
il
salario
minimo
ai
disoccupati
e
ricominciare
con
la
scuola
selettiva
a
partire
dalla
prossima
generazione
.
Si
chiede
,
cioè
,
alla
società
un
sacrificio
per
sostentare
la
generazione
che
ha
compiuto
gli
studi
tra
il
1968
e
oggi
,
in
vista
di
prepararne
una
culturalmente
e
professionalmente
più
attrezzata
.
Il
sindacato
.
Di
quel
che
farà
il
sindacato
si
occupa
Sandro
Magister
nell
'
articolo
che
segue
.
C
'
è
però
da
sottolineare
un
elemento
.
Se
il
PCI
decide
di
seguire
i
suggerimenti
di
Asor
Rosa
e
cioè
di
difendere
ad
oltranza
gli
operai
occupati
,
sarà
quasi
inevitabile
che
questi
entrino
in
rotta
di
collisione
con
i
giovani
disoccupati
.
Quel
giorno
il
movimento
operaio
italiano
non
si
potrà
presentare
all
'
appuntamento
con
in
tasca
soltanto
l
'
accusa
di
«
fascismo
»
da
lanciare
contro
i
senza
lavoro
arrabbiati
.
Anche
perché
può
succedere
che
,
nel
clima
incandescente
che
si
verrebbe
a
creare
,
gli
stessi
operai
occupati
si
uniscano
alla
battaglia
contro
«
l
'
aumento
della
produttività
basato
sull
'
intensificazione
dello
sfruttamento
»
.
Non
sarebbe
la
prima
volta
,
nella
storia
,
che
un
sindacato
forte
e
potente
viene
travolto
sotto
il
fuoco
concentrico
del
governo
,
degli
industriali
,
degli
operai
stanchi
e
dei
disoccupati
arrabbiati
.
StampaPeriodica ,
In
Italia
,
durante
il
XVI
secolo
e
per
buona
parte
del
secolo
XVII
,
vissero
molti
musicisti
,
i
quali
,
invece
di
dar
sfogo
alla
loro
ispirazione
,
erano
affetti
da
una
strana
mania
contrappuntistica
,
che
valeva
appena
a
rivelare
la
loro
grande
abilità
tecnica
.
"
Naturalmente
"
i
compositori
di
questo
tipo
furono
numerosi
.
A
titolo
di
curiosità
ancora
oggi
si
ristampano
e
,
di
quando
in
quando
,
si
eseguiscono
le
opere
di
un
Pierluigi
da
Palestrina
,
di
un
Gesualdo
da
Verona
;
e
di
qualche
altro
,
ma
tali
esumazioni
lasciano
il
tempo
che
trovano
.
La
puerilità
e
,
allo
stesso
tempo
,
la
temerarietà
dei
cosidetti
polifonisti
erano
ineffabili
.
Un
certo
Orazio
Vecchi
osò
persino
scrivere
una
commedia
musicale
in
istile
madrigalesco
che
intitolò
:
Anfiparnasso
.
Manca
di
ogni
ispirazione
melodica
e
anche
l
'
infimo
dei
nostri
"
cantanti
"
non
troverebbe
in
questa
elocubrazione
accademica
la
possibilità
di
sfoggiare
le
sue
qualità
canore
.
Verso
la
fine
del
cinquecento
e
al
principio
del
seicento
,
a
Firenze
,
una
combriccola
di
intellettuali
si
cacciò
in
testa
di
resuscitare
la
tragedia
greca
,
creando
un
pseudo
-
melodramma
,
che
con
l
'
opera
d
'
oggi
non
ha
nulla
a
che
fare
.
Questa
combriccola
,
chiamata
anche
Camerata
fiorentina
,
s
'
illudeva
d
'
imprigionare
il
genio
musicale
nel
cervello
e
perciò
le
opere
che
ci
ha
tramandato
sono
tutte
cerebrali
.
In
esse
si
cerca
un
'
espressione
musicale
parallela
all
'
espressione
poetica
e
drammatica
;
ne
viene
di
conseguenza
che
l
'
ispirazione
,
cioè
la
vena
melodica
,
deve
adattarsi
a
deplorevoli
rinunzie
.
Soltanto
a
un
musicista
del
XVII
secolo
,
che
oggi
alcuni
musicomani
osano
collocare
fra
i
genii
della
musica
,
si
deve
una
grande
riconoscenza
:
a
Claudio
Monteverdi
,
"
inventore
"
di
quell
'
accordo
di
settima
di
dominante
che
nell
'
ottocento
divenne
una
delle
più
potenti
energie
musicali
,
sopprimendo
tutti
gli
altri
accordi
,
meno
quello
della
tonica
necessario
per
finire
i
differenti
brani
musicali
(
arie
,
duetti
,
ecc
.
ecc
.
)
di
cui
è
composto
un
melodramma
.
Dall
'
alternarsi
dell
'
accordo
,
di
dominante
e
tonica
,
di
tonica
e
dominante
,
nacque
appunto
lo
stile
cadenzato
,
cioè
quello
stile
delizioso
che
,
negli
ultimi
cent
'
anni
,
ha
permesso
di
fruttare
le
belle
voci
e
le
immense
miniere
di
melodia
che
abbondano
in
Italia
,
specialmente
dove
fioriscono
limoni
ed
aranci
.
Nel
passato
in
Italia
vi
furono
musicisti
che
si
dedicarono
alla
musica
da
camera
,
all
'
oratorio
,
alla
musica
istrumentale
,
forme
musicali
più
adatte
ai
popoli
nordici
e
che
vennero
distrutte
,
nell
'
ottocento
,
dal
fascino
della
melodia
intensificato
dall
'
interpretazione
dei
nostri
sublimi
cantanti
.
Sarebbe
ingiusto
dimenticare
ciò
che
dobbiamo
pure
al
settecento
:
quantunque
già
nel
seicento
i
seguaci
della
Camerata
fiorentina
avessero
tentato
di
sviluppare
le
"
arie
"
,
fu
il
settecento
che
determinò
definitivamente
la
forma
dell
'
opera
"
a
pezzi
"
che
permette
il
completo
trionfo
del
cantante
.
Più
si
confronta
l
'
epoca
aurea
dell
'
opera
italiana
,
l
'
ottocento
,
con
quelle
precedenti
,
più
ci
si
convince
che
essa
non
ha
"
quasi
"
nessun
debito
di
riconoscenza
col
passato
,
per
la
mancanza
di
legami
materiali
e
ideali
con
questo
.
L
'
ottocento
musicale
italiano
è
un
'
immensa
"
gola
"
da
cui
sgorga
un
torrente
di
melodia
.
L
'
orchestra
,
che
nel
settecento
cominciava
a
diventare
pericolosa
,
vi
è
soppressa
,
l
'
armonia
vi
è
bandita
,
si
canta
come
le
cicale
sotto
il
bel
sole
italico
.
Il
canto
è
riuscito
dunque
a
sopprimere
la
musica
ed
è
molto
strano
che
si
sia
poi
confuso
il
canto
non
pure
con
la
musica
,
ma
col
dramma
,
quantunque
l
'
evoluzione
di
questo
genere
sia
stata
tale
da
considerare
quantità
trascurabile
tutto
ciò
che
non
torni
utile
al
cantante
.
Si
canta
perché
si
canta
,
e
grazie
a
questa
esuberanza
a
poco
a
poco
si
è
potuto
organizzare
la
grande
esportazione
della
melodia
e
dei
cantanti
,
si
son
potute
istituire
solide
aziende
commerciali
,
le
quali
hanno
monopolizzato
la
musica
italiana
,
sfruttando
così
una
delle
più
singolari
manifestazioni
del
genio
latino
.
Per
merito
dell
'
America
e
di
qualche
altro
paese
di
cuccagna
,
si
son
potute
accumulare
considerevoli
ricchezze
che
furono
di
grande
utilità
per
il
nostro
paese
.
I
musicisti
arrivati
amarono
sempre
il
lusso
e
una
vita
"
comoda
"
.
Persino
l
'
industria
automobilistica
ne
ha
risentito
parecchi
vantaggi
.
Bella
è
poi
la
lotta
che
tiene
deste
tante
energie
per
la
conquista
del
titolo
di
"
cigno
nazionale
"
che
può
essere
conferito
soltanto
a
un
"
operista
"
.
È
questa
una
grande
tradizione
che
suscita
in
tutti
gli
italiani
la
scintilla
del
nazionalismo
.
Spetta
al
melodramma
anche
il
merito
di
aver
resa
famosa
la
musicalità
italiana
,
che
è
stata
apprezzata
e
riconosciuta
in
tutto
il
mondo
,
tant
'
è
vero
che
,
quando
l
'
Italia
entrò
in
guerra
,
alleati
e
nemici
si
stupirono
che
i
soldati
di
un
popolo
tanto
canterino
potessero
sopportare
il
fragore
delle
cannonate
!
StampaPeriodica ,
In
un
'
edizione
per
ogni
verso
superba
e
,
come
tutti
sanno
,
con
successo
grandissimo
,
la
Scala
ha
presentato
al
Teatro
Lirico
1'«azione
scenica
»
di
Luigi
Nono
Al
gran
sole
carico
d
'
amore
:
messa
in
scena
,
sotto
la
bacchetta
di
Claudio
Abbado
,
da
un
'
équipe
sovietica
(
Jurij
Ljubimov
primo
regista
e
David
Borovskij
primo
scenografo
del
Teatro
alla
Taganka
di
Mosca
,
Leonid
Jakobson
coreografo
del
Kirov
di
Leningrado
)
,
solisti
di
canto
Slavska
Taskova
Paoletti
,
Kristina
Goranceva
,
Franca
Fabbri
,
Luisella
Ciaffi
Ricagno
,
Eleonora
Jankovic
,
Mario
Basiola
,
Federico
Davià
,
Gianni
Socci
,
prima
ballerina
Rosalia
Kovacs
,
maestri
del
coro
Romano
Gandolfi
e
Vittorio
Rosetta
.
Forse
a
intendere
che
cosa
questo
Nono
-
Ljubimov
sia
sarà
bene
chiarire
subito
che
cosa
non
è
:
non
è
quel
messaggio
«
politico
»
,
anzi
marxista
,
che
s
'
è
preteso
.
Marxismo
salvo
errore
è
critica
,
analisi
dialettica
,
indagine
su
perché
e
percome
;
e
la
politica
in
genere
,
qualcosa
di
simile
.
Ma
da
questo
ci
estromette
,
qui
,
già
la
struttura
del
testo
.
La
quale
,
nonostante
il
sottotitolo
,
non
un
'
«
azione
»
ci
offre
ma
un
collage
d
'
interiezioni
:
un
seguito
di
detti
,
versi
,
battute
(
di
Che
Guevara
,
Brecht
,
Gramsci
,
Marx
,
Lenin
,
Tania
Bunke
eccetera
)
,
a
evocare
immagini
della
Comune
,
di
Cuba
,
Viet
Nam
,
Torino
postbellica
,
Russia
1905
(
accuratamente
esclusa
restandone
beninteso
,
«
nel
quadro
»
d
'
un
asse
Giudecca
-
Mosca
,
la
Cina
)
.
Ma
immagini
,
appunto
,
fotogrammi
:
con
oppressori
soltanto
oppressori
di
qua
,
e
oppressi
soltanto
oppressi
di
là
.
Nono
,
è
vero
,
ha
dichiarato
di
proscrivere
la
«
contrapposizione
di
personaggi
positivi
e
negativi
»
quale
«
elemento
di
schematizzazione
estremamente
superficiale
»
;
ma
in
pratica
tale
contrapposizione
si
riscontra
anche
in
questa
sua
ultima
fatica
,
che
pure
estremamente
superficiale
non
è
.
Nell
'
interesse
dunque
della
medesima
ci
permettiamo
di
correggerlo
:
non
è
necessariamente
superficiale
,
soltanto
non
è
marxista
;
piuttosto
,
riuscirà
moralistica
,
forse
sentimentale
.
Il
marxismo
non
sta
nel
ridurre
il
«
borghese
»
a
un
protervo
delinquente
bensì
nel
rivelare
la
parte
,
complicata
alquanto
,
che
la
«
borghesia
»
nel
processo
della
storia
sostiene
.
Il
che
non
vuol
dire
che
alla
scena
in
cui
la
tuba
di
Thiers
,
razzisticamente
vilipeso
come
un
disgustoso
nanerottolo
,
è
presa
a
calci
da
un
Bismarck
cavalcante
una
specie
di
tubo
Innocenti
,
ovvero
al
sarcastico
e
coreograficamente
geniale
ballet
noir
che
la
segue
,
l
'
inventore
del
marxismo
non
si
sarebbe
divertito
.
Perfino
superflue
vengono
poi
rese
queste
considerazioni
dalla
realizzazione
musicale
,
dove
novantanove
parole
su
cento
non
raggiungono
lo
spettatore
e
innumerevoli
«
voci
»
,
estrapolate
come
sono
da
personaggi
visibili
,
risultano
materialmente
irrelate
ad
alcunché
.
Come
potrebbe
Gramsci
farcisi
presente
se
non
solo
la
sua
unica
battuta
non
arriva
al
nostro
orecchio
,
ma
il
suo
fisico
personaggio
non
è
in
scena
?
Pensare
che
tra
i
capi
d
'
accusa
di
quegli
assessori
milanesi
che
volevano
interdire
il
lavoro
come
propaganda
di
partito
era
la
presenza
di
Bandiera
rossa
;
della
quale
neppure
l
'
orecchio
supersonico
di
Abbado
potrebbe
estrarre
,
dal
groviglio
della
partitura
,
le
parole
né
le
note
.
Accertare
,
all
'
inizio
,
che
siamo
ai
giorni
della
Comune
è
già
difficile
;
ma
chi
poi
,
nella
donna
che
dopo
le
prime
incomprensibili
battute
del
coro
ne
intona
un
'
altra
incomprensibile
non
meno
,
ravviserebbe
mai
quel
collegamento
tra
la
Comune
e
la
guerrigliera
caduta
in
Bolivia
un
secolo
dopo
che
l
'
autore
asserisce
di
proporci
?
Che
ora
siffatti
ermetismi
,
questo
celare
le
chiavi
d
'
un
significato
in
allusioni
e
antefatti
affidati
al
programma
di
sala
,
delle
liturgie
del
negativo
praticate
dall
'
avanguardia
d
'
oggi
siano
un
elemento
indispensabile
,
è
ben
noto
;
sta
nelle
regole
del
loro
gioco
.
Ma
con
i
fini
di
quest
'
avanguardia
la
ferma
tendenza
di
Nono
al
positivo
e
all
'
immediatezza
agitatoria
ha
ben
poco
a
che
fare
.
Diversamente
da
coloro
,
Nono
è
ciò
che
appare
:
stavolta
dunque
,
è
il
combinato
disposto
tra
ciò
che
la
musica
e
lo
spettacolo
sensibilmente
ci
esibiscono
;
ritraendosi
le
Tanie
,
i
Viet
Nam
,
gli
assalti
al
Moncada
,
in
una
nebbia
di
ipotetiche
allusioni
.
Laddove
l
'
assunto
generale
non
è
nebuloso
affatto
,
consistendo
in
una
serie
di
variazioni
su
un
tema
ben
elementare
:
la
povertà
insorge
contro
il
potere
,
ne
è
brutalmente
repressa
,
piange
la
sconfitta
,
torna
ad
insorgere
,
è
di
nuovo
conculcata
e
così
via
.
Allo
spettacolo
sono
affidate
le
variazioni
;
che
la
fantasia
e
la
scenotecnica
di
Ljubimov
centrano
come
più
icasticamente
non
si
potrebbe
.
Alla
musica
invece
il
tema
,
l
'
invariante
,
l
'
«
ostinato
»
;
ch
'
essa
fornisce
,
al
suo
modo
naif
,
benissimo
.
Conta
infatti
,
questa
musica
,
su
pochissime
corde
,
ognuna
tesa
a
una
sua
funzione
,
e
immutabile
da
cima
a
fondo
.
Così
la
«
repressione
»
è
nell
'
orchestra
,
che
a
parte
moderate
truculenze
della
percussione
si
fonda
ossessivamente
sui
clusters
(
cioè
«
grappoli
»
di
note
cromaticamente
adiacenti
)
assegnati
,
di
volta
in
volta
,
a
timbri
omogenei
;
mentre
gli
sfrigolii
dei
nastri
elettronici
(
realizzati
con
la
collaborazione
di
Marino
Zuccheri
)
suggeriscono
ovviamente
inquietudine
,
sventura
.
Alle
voci
è
affidato
invece
il
pianto
degli
oppressi
:
nello
sfondo
alle
lacrimanti
,
in
distinte
polifonie
da
ex
voto
dei
cori
,
in
primo
piano
alle
canore
volute
delle
soliste
,
sfogate
su
grandi
sbalzi
di
registro
fino
alla
stratosfera
dei
sovracuti
.
E
in
queste
appunto
è
l
'
acme
espressiva
del
tutto
:
perché
nell
'
idea
della
donna
come
verifica
«
naturale
»
dell
'
umano
,
dunque
nella
voce
femminile
,
è
l
'
ispirazione
prima
del
lavoro
;
e
perché
quei
loro
arabeschi
non
sono
melodie
compiute
ma
indeterminati
aneliti
verso
la
melodia
,
struggente
gemito
di
prefiche
che
va
lamentando
la
sua
stessa
impossibilità
di
costituirsi
in
discorso
.
Giacché
ancora
una
volta
la
differenza
fra
Nono
e
l
'
avanguardia
«
negativa
»
è
qui
;
ciò
che
in
coloro
è
strangolamento
del
canto
,
in
lui
è
ingenua
tensione
a
raggiungerlo
.
Ma
stavolta
,
collocata
come
pedale
a
quella
lanterna
magica
,
questa
tensione
significa
,
nei
suoi
limiti
,
più
che
mai
.
A
meraviglia
l
'
organica
afasia
di
Nono
,
questa
«
infanzia
»
in
cerca
della
parola
,
riflette
il
disarmante
candore
con
cui
vittime
sprovvedute
aspirano
ad
un
riscatto
del
quale
non
riescono
a
configurarsi
i
termini
.
E
quanto
ai
clusters
.
Si
pensi
all
'
abuso
che
ne
fa
un
Penderecki
.
Ma
quale
differenza
.
Senza
dubbio
la
maestria
di
Penderecki
sta
a
quella
di
Nono
come
dieci
a
uno
.
Ma
dei
suoi
arnesi
Penderecki
usa
al
modo
dell
'
industriale
che
cinicamente
sceglie
di
produrre
mitra
o
medicinali
in
base
a
pure
considerazioni
di
mercato
.
Invece
Nono
usa
i
suoi
solo
in
quanto
mezzi
adatti
ad
esprimere
quel
punto
esclamativo
che
è
l
'
alfa
e
l
'
omega
della
sua
Weltanschauung
;
dunque
perché
,
semplicemente
,
ci
crede
.
Ora
appunto
questo
crederci
,
questo
aver
qui
creduto
,
Nono
,
in
quel
che
faceva
,
si
comunica
allo
spettatore
,
lo
riscalda
e
convince
.
L
'
amore
di
cui
questo
suo
sole
è
carico
non
sarà
così
sublime
come
ci
vanno
raccontando
,
ma
è
autentico
,
una
verità
.
Mentre
i
vari
diavoli
di
Loudon
e
passioni
secondo
san
Luca
son
carichi
soltanto
di
ben
costrutte
menzogne
.