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I compagni di piazza ( Scalfari Eugenio , 1970 )
StampaPeriodica ,
Milano . La mattina successiva al grande corteo studentesco - popolare che ha fatto sfilare cinquantamila persone per il centro di Milano protestando contro la repressione , ho incontrato lo stato maggiore del movimento studentesco , Mario Capanna , Luca Cafiero e una decina d ' altri che , con compiti di varia natura accuratamente ripartiti , hanno organizzato e diretto la manifestazione del 31 gennaio . S ' erano riuniti a colazione in un ' osteria fuori città , lungo il Naviglio pavese , circondata da una campagna nebbiosa solcata da canali e da lunghi filari di pioppi Quando sono arrivato all ' osteria dell ' appuntamento stavano già mangiando mentre uno di loro leggeva ad alta voce l ' articolo domenicale del " Corriere della Sera " . « Tocca ai partiti democratici » , leggeva il giovane senza mascherare il proprio disaccordo « scongiurare prima che sia troppo tardi la frattura del paese su un tema pretestuoso e inesistente come la repressione . Esso rischia di favorire la collusione tra anarchismo filomaoista e forze del movimento operaio organizzato , proprio la collusione che occorre a tutti i costi impedire » . E tutti gli altri , tra un boccone e l ' altro , commentavano con ironiche espressioni di dissenso . Avevano ancora davanti agli occhi quell ' immenso corteo di tre chilometri della sera prima , con la testa già in piazza del Duomo e la coda ancora davanti all ' università , un fiume disciplinato ma imponente e rabbioso , gremito di striscioni e bandiere rosse , formato da studenti , da militanti comunisti e socialisti , da operai e da solidi borghesi col cappotto buono e il conto in banca ma con la memoria ancora fresca - nonostante i molti anni trascorsi - della loro resistenza sulle colline dell ' oltrepò o in val d ' Ossola . Perciò ridevano allegri , Capanna , Cafiero , Toscano e gli altri loro giovani compagni . perché erano sicuri che quella collusione era già avvenuta e sarebbe durata e , se non avessero , commesso errori , si sarebbe trasformala in una solida alleanza politica , dalla quale finalmente , con pazienza e fatica e tempo ma con certezza , sarebbe nata la rivoluzione . Questi erano i loro discorsi di allegri ragazzi affamati e finalmente rilassati dopo tante ore di tensione quando , sedutomi con loro , dissi : « Dovreste fare un monumento al questore per le botte che v ' ha fatto dare , il 21 gennaio e le settimane precedenti . Senza quelle botte e senza i fascisti radunati a Milano , ieri sera non avreste avuto intorno cinquantamila persone » . Allora ridiventarono seri e gravi , così come li avevo visti il giorno prisma nelle ore di preparazione del corteo e poi in strada in mezzo ai loro compagni e poi ancora , sciolte le file , nell ' aula magna della statale tra migliaia di studenti a fare il bilancio politico di quanto era accaduto . Seri e gravi perché sapevano che la parte più difficile del lavoro che volevano fare cominciava proprio in quel momento . Prima era stata fantasia e rabbia , allegria e socialismo , spavalderia e pensiero di Mito ; ma ora , acquisito il primo grosso successo , subentrava la politica , i problemi della definizione ideologica , la necessità e la scelta delle alleanze . Che cosa era veramente accaduto il giorno prima ? Una festa di popolo , coane avevo sentito dire ad un pittore che marciava accanto a me entusiasta e felice ? I lna " kermesse " democratica ? Un soprassalto antifascista ? O un fatto politico ? E quale ? « Noi abbiano ) un grande vantaggio sui compagni delle altre università . , dice Mario Capanna perché operiamo a Milano . Milano è oggi la capitale dell ' Italia moderna , è una città composita , un calderone dove c ' è tutto e tutto bolle ad alta temperatura . C ' è il capitalismo nelle sue espressioni più avanzate e c ' è la classe operaia con le stie istituzioni più organizzate , c ' è la borghesia reazionaria e quella progressista , la programmazione dei tecnocrati e il tumulto degli immigrati meridionali . In pochi chilometri quadrati sono raccolte tutte le tensioni e i conflitti del paese . Queste tensioni non sono più contenibili nel quadro del sistema . Ciò che è accaduto ieri sera è questo : tutte le tensioni e i conflitti si sono incontrati e catalizzati in un ' azione di massa . Di qui bisogna cominciare per capire quanto è accaduto e quanto bisogna fare d ' ora in poi » . Di qui dunque bisogna cominciar . Ma e dopo ? Il marxismo - leninismo degli studenti della statale può fornire la piattaforma di sintesi per le tensioni che , per dirla come lui , non sono più componibili dentro il quadro del " sistema " ? C ' è un episodio che vale la pena di raccontare perché serve , almeno in parte , a rispondere a queste domande . La sera del il gennaio , quando il corteo si mise in moto da piazza Santo Stefano , il primo grande striscione rosso che apriva la sfilata diceva : " Viva il marxismo - leninismo viva il pensiero di Mao Tse - tung " . All ' altezza di piazza del Duomo però lo striscione di testa era cambiato ; diceva : " II movimento studentesco contro la repressione per l ' unità e per il socialismo " . Uno slogan che unisce Gli organizzatori s ' erano resi conto che il secondo slogan unificava i cinquanta mila dimostranti , consentiva di coinvolgere anche i nuovi , ed insoliti , compagni di strada , anzi di piazza , tutti d ' estrazione professional - impiegatizia , mentre il primo li avrebbe divisi . E avevano rinunciato ari rama caratterizzazione ideologica che pure gli stava molto a cuore ( come spiegarono poi nel corso dell ' assemblea conclusiva all ' università ) per render possibile una manifestazione di massa che aveva predominanti caratteristiche democratiche . « Va bene » , dice Cafiero , « è giusto , un movimento di massa non può identificarsi con una soltanto delle sue componenti . Rimane però il fatto che l ' iniziativa politica , la guida e il punto di raccolta è stata fornita dal movimento studentesco e che intorno ad esso s ' è riunita la coscienza democratica della città . I militanti comunisti erano molti , probabilmente diecimila . S ' erano schierati a metà corteo i ne costituivano una buona parte . Ma non è stato il partito comunista a prendere l ' iniziativa e se l ' avesse fatto dubito che avrebbe raccolto una massa così grande di persone . Di operai ce n ' erano moltissimi , quasi la pietà dei dimostranti erano operai . anche se non erano stati chiamati a raccolta dai sindacati . I socialisti c ' erano , ma non per una chiamata del loro partito . Come si spiega tutto questo ? Eppure il movimento studentesco a Milano non è un generico punto di raccolta , si sa bene a quale ideologia s ' ispira , quali obiettivi politici indica . È un movimento rivoluzionario . Dunque il fatto politico è che attorno ad un movimento rivoluzionario hanno fatto massa forze organizzate o semplici , cittadini che rivoluzionari non sono o che avevano cessato di esserlo » . « Forse stanno scoprendo di esserlo ancora o di esserlo di nuovo » dice Capanna . Difficile stabilirlo . Bisogna riflettere , capire , domandarsi . E non perché , un corteo contro la repressione sia riuscito bene , ma perché numerosi segni avvertono che da molti mesi ormai l ' atmosfera , a sinistra sta cambiando , i sindacati Io hanno capito e sono stati i primi a rinnovarsi . I partiti l ' hanno capito stolto meno e la loro presa e infatti . in netto declino . Non ce n ' e alcuno tra di essi che riuscirebbe oggi a portare in piazza cinquantamila persone e farle marciare per due ore , in pacifico corteo . E soprattutto : non ce n ' è alcuno che susciti entusiasmi , antichi ricordi e fresche speranze . Che stiamo al governo o che stiano all ' opposizione , danno la sensazione di amministrare il potere non per conto del paese ma per conto delle loro burocrazie . Forse sarà un giudizio ingeneroso , ma questo pensa la gente , a sinistra soprattutto . E cerca altri strumenti per far politica . altri punti di raccolta , un modo nuovo per partecipare e pesare sulla vita collettiva . Questa e già , sia pure assai confusamente , una prima maniera di scoprirsi rivoluzionari . È indubbio che l ' insofferenza per le burocrazie , per la vita sociale intesa cono un soffocante e paralizzante dominio delle burocrazie , siano stati gli elementi essenziali che hanno mobilitato in questi mesi le masse degli operai , degli studenti c della borghesia progressista . La protesta contro la repressione è un aspetto di questo sentimento generale . Non si possono denunciare , migliaia di operati per violazione di domicilio sol perché hanno tenuto la loro assemblea in fabbrica , senza che il sentimento generale non si ribelli . C ' erano parecchie migliaia di professionisti , d ' impiegati , di dirigenti d ' azienda la sera del il gennaio , li si distingueva a primo colpo , niente barbe colletto e cravatta , tutt ' al più un cappotto sportivo per non stonare troppo col loro paletot di cammello in mezzo a un fiume di giubbotti e di maglioni . E faceva una certa impressione vederli anche loro scandire slogan dissacranti , come " Giudici , questori , servi dei padroni " oppure " Lo stato borghese si abbatte non si cambia " . Erano lì perché improvvisamente folgorati dal pensiero di Mao ? Non credo . Erano lì perché stavano scoprendo che anche la loro vita , quella , professionale e quella privata e dominata e soffocata dalla " cosa " , come l ' ha chiamata Sartre , cioè dalla burocrazia quella dello stato , quella del partito , quella dell ' associazione professionale , quella dell ' azienda . Si ribellano contro la " cosa " ; la " cosa " creata e mantenuta dal sistema capitalista come farebbero , se vivessero altrove , contro la " cosa " creata e mantenuta dal regime comunista . Nel linguaggio tecnico degli iniziati questo atteggiamento si chiara " spontaneismo " e i miei giovani interlocutori dell ' osteria del Naviglio ne diffidano . Perché con lo spontaneismo non si va molto avanti , ci vuole un approfondimento ideologico , un lavoro organizzativo , uno sbocco politico . Ed è quanto essi si propongono infatti di fare , anzi che hanno gin cominciato a fare . « Col marxismo - leninismo ? » . « Sì , col marxismo - leninismo , ma applicato alle condizioni italiane , cioè di un paese di capitalismo maturo » . Chi sono i suoi alleati « Non s ' è mai visto » , dico , « il marxismo - leninismo applicato ad un paese di capitalismo maturo . Che vuol dire ? Basta quell ' aggiunta per cambiare l ' intera prospettiva . Non vi viene in mente che , in un paese di capitalismo maturo , il marxismo - leninismo potrebbe significare revisionismo e riformismo , cioè tutte quelle linee politiche che voi detestate e condannate ? » » . No , non gli viene in mente . Sono sempre più convinti che lo stato borghese si abbatte ma non si cambia . « Chi lo abbatterà ? » . « La classe operaia » . « Da sola ? In un paese di " capitalismo avanzato " la classe operaia è minoranza , il sistema provvede a disarticolarla ogni giorno , la diversifica in interessi contrastanti , la specializza con mestieri » . « Non da sola . Coi suoi alleati » . « Chi sono i suoi alleati ? » . « I ceti medi proletarizzati » . Cioè , loro stessi , perché questa è la loro condizione sociale . Così almeno essi la sentono e l ' hanno anche scritto in un libretto rosso che tipograficamente ricorda le massime di Mao e che è già stato venduto a decine di migliaia di copie . È intitolato : " La situazione attuale e i compiti politici del movimento studentesco " . Ad un certo punto c ' è scritto : « L ' aspetto principale delle attuali contraddizioni sociali è costituito dalla richiesta - sempre più di massa - di istruzione , di qualificazione e , conseguentemente di impiego e dall ' impossibilità di ottenerli . Il movimento studentesco non è il movimento operaio ; esso è l ' espressione di massa della presa di coscienza politica rivoluzionaria dei ceti medi » . In realtà , forse senza rendersene conto , questi neorivoluzionari fanno appello alla borghesia per abbattere lo stato borghese . Sembra un paradosso , ma finisce di esserlo se lo stato borghese , diventa soltanto uno stato burocratico . In fondo borghesia e classe operaia , tutte le volte che si sono trovate di fronte la " cosa " , hanno sempre marciato insieme .
MUSSOLINI E IL NOVECENTO ( PAVOLINI ALESSANDRO , 1926 )
StampaPeriodica ,
Se noi fidiamo , oggi , che l ' Italia sia alla vigilia di un rinascimento , anche artistico , è perché tra popolo e creatori l ' abisso romantico si viene colmando . C ' è in Italia un capo di governo e duce di giovani moltitudini che va incontro agli artisti del tempo suo , li intende , li riconosce , li esalta pubblicamente , chiede loro di adeguarsi al ritmo di rinascita che egli ha impresso a tutta la vita nazionale . Chiede loro gli archi per i nuovi trionfi , le cupole per le nuove preghiere , la terza Roma per l ' impero di domani . C ' è in Italia un manipolo di buoni artisti - vecchi , giovani , giovanissimi - che si stringono in corporazione , che si adunano sotto il segno littorio , che assembrano il meglio delle loro fatiche - con una gran volontà di purificarsi definitiva - mente d ' ogni accento straniero alla loro razza , o straniero all ' arte - in una esposizione polemica e dimostrativa alla quale impongono orgogliosamente il nome della loro speranza : il Novecento Italiano . Anche gli artisti , anche gl ' intellettuali italiani , dunque - come i politici , come i tecnici - guardano finalmente con maschio amore al loro secolo , risoluti a conquistarlo . Si sono messi al passo con noi . Li riconosciamo , ci riconoscono . Ora restano indietro , soli , gl ' inguaribili nemici della realtà , gl ' intellettuali onanisti , i letterati nostalgici , coloro che sospirano i tempi andati o sognano impossibili arcadie di là da venire ; i bastardi romantici , i poetucoli dell ' esotismo nello spazio o nel tempo . Il Novecento Italiano ! Un secolo è , a noi mortali , patria nel tempo . E noi ormai sappiamo che questa patria , come l ' altra , - secondo il motto inscritto sui gagliardetti delle corporazioni - non si nega ma si conquista .
Il ministro delle allegre Finanze ( Scalfari Eugenio , 1974 )
StampaPeriodica ,
Vorrei occuparmi questa settimana del ruolo avuto dall ' onorevole Emilio Colombo nella storia della finanza italiana . Credo sia giusto parlare già di storia e non di semplice cronaca a proposito dell ' onorevole Colombo : un personaggio che emana autorevolezza ad ogni movimento che fa e ad ogni pensiero che esprime . Colombo è oggi più che mai d ' attualità . Infatti le finanze italiane stanno inesorabilmente affondando ; a causa di molti errori e di vere c proprie colpe commesse dai governi e dai partiti che si sono susseguiti per anni ed anni alla direzione della cosa pubblica . Tra le varie e molteplici responsabilità sarebbe ingiusto addossare a lui un peso esclusivo , ma sarebbe altrettanto ingiusto dar credito al cliché del ministro del Tesoro lungoveggente , solo consapevole del pericolo e solo pronto ad opporvisi . Ahimè , le cose non stanno così . Forse Colombo non merita il titolo di " affondatore " che si sarebbe tentati di attribuirgli ; ma certo la sua gestione finanziaria non si può definir brillante . L ' onorevolc Emilio Colombo appare molto per tempo all ' orizzonte politico italiano , debutta giovanissimo come sottosegretario all ' Agricoltura , si fa luce quale diletto allievo di Antonio Segni e , dopo il piccolo " golpe " della Donius Mariae che detronizza Fanfani nel 1959 , fa già parte dei cinque o sei cavalli di razza del gruppo doroteo . Da allora inizia un ' ascesa ininterrotta nell ' olimpo ministeriale che lo porterà anche , tra il '70 e il '72 , alla presidenza del Consiglio . In quest ' ultima carica ( a detta di lutti ed anche mia che allora ero deputato ) fece malissimo . Ma in queste valutazioni non voglio entrare . Qui interessa discutere il suo ruolo principale , quello cioè di ministro del Tesoro del centro - sinistra , carica che con brevi intervalli ha ricoperto dal giugno 1963 ad oggi . Il suo arrivo al Tesoro coincise con l ' inizio d ' una grave crisi inflazionistica che fu poi domata dalla brusca frenata monetaria della Banca d ' Italia tra l ' ottobre del '63 e il marzo del '64 . Colombo ( va detto ) non aveva alcuna colpa di quella crisi . Va egualmente detto che ebbe poco merito per quanto accadde dopo : se merito ci fu ( e ancora se ne discute tra gli economisti ) esso spetta interamente a Carli e a Baffi che idearono e attuarono la strategia di risanamento della bilancia dei pagamenti . Di Colombo in quell ' occasione va semmai ricordata una grave scorrettezza politica nei confronti del suo collega al Bilancio e dei socialisti , quando , auspice l ' allora suo capo di gabinetto Ferdinando Ventriglia , fu resa nota ai giornali una sua lettera riservata che strumentalizzava alcuni pareri della commissione economica di Bruxelles nei quadro d ' una strategia di terrorismo economico che ben si adattava all ' atmosfera pesante di quella losca primavera . Lasciamo andare , acqua passata . Dominata alla bell ' e meglio la febbre del '63 con la gelata del '64 , si apre per l ' economia italiana una lunga fase di stasi e di declino . Con limitate oscillazioni , quella fase è durata fino al 1972 e Colombo l ' ha gestita . Otto anni , sei dei quali passati al Tesoro e uno e mezzo alla presidenza del Consiglio . Quando arrivò alla Tesoreria trovò una spesa complessiva di 6 mila miliardi e un disavanzo globale nel bilancio di competenza di circa 700 miliardi ; dieci anni dopo ( sempre lui ministro del Tesoro ) la spesa era salita a quasi 24 mila miliardi ( quadruplicata ) e il disavanzo di competenza a 5300 ( otto volte in più ) . I dati del bilancio di cassa sono anche peggiori : nel '63 il ministro del Tesoro trovò un disavanzo di 375 miliardi ; dieci anni dopo il disavanzo era salito a 7.400 miliardi , con un coefficiente di moltiplicazione di venti volte . S ' e poi venuto a sapere che la cifra esatta non è 7.400 ma 9.200 o giù di lì . Il coefficiente di moltiplicazione sale dunque a poco meno che trenta volte . Le cifre del bilancio statale , naturalmente , non rappresentano la verità tutta intera , nel senso che essa è ben peggiore se si prendono in considerazione i disavanzi degli enti locali , quelli degli enti di previdenza , le operazioni di debito della Cassa Depositi e Prestiti e quant ' altro afferisce all ' attività della pubblica amministrazione . Anche facendo il dovuto posto alla svalutazione della moneta e rettificando le cifre in unita di misura costanti , s ' arriva sempre a coefficienti d ' aumento da capogiro . E poiché nel Frattempo le Ferrovie , le Poste , gli ospedali , l ' assistenza delle mutue , l ' industrializzazione del Mezzogiorno , l ' amministrazione della giustizia , l ' insegnamento nelle scuole hanno continuato a peggiorare in quantità e qualità , ci si domanda dove siano finite quelle migliaia e migliaia di miliardi che il ministro del Tesoro ha consentito fossero spesi . La domanda è pertinente e la risposta è questa : quelle somme immense sono servite a mettere in piedi la più gigantesca struttura clientelare che la storia europea abbia mai registrato dalla rivoluzione dell'89 in poi . Le cifre della spesa corrente e del disavanzo di gestione dello Stato hanno scandito per dieci anni l ' avanzata d ' una borghesia di Stato famelica e corrotta , il dissanguamento dell ' area economicamente sana del paese . il declino degli investimenti produttivi . II Tesoro si sostiene ormai soltanto perché obbliga le banche a sottoscrivere i suoi titoli che i privati non accettano più . E su questa montagna di debiti prospera un ' immensa camorra nazionale annidata negli enti , nelle mutue , nei Comuni , negli ospedali , nelle opere pie , nelle industrie decotte , nel parastato . Di quell ' esercito mantenuto dall ' Italia che lavora e produce , il ministro del Tesoro a vita Emilio Colombo è stato l ' intendente . Della finanza italiana , spiace doverlo dire , è stato il becchino .
L'ITALIA FA SCUOLA ( CHIARINI LUIGI , 1936 )
StampaPeriodica ,
Nel campo della cinematografia , come in tutti gli altri campi , l ' Italia Fascista sta facendo scuola a molti Paesi europei . Tutti sanno le obiezioni che gli artisti , " puri , " gli esteti assoluti del cinema , levano contro un intervento statale nella cinematografia : gli stessi che oggi turibolano i risultati raggiunti in Italia dal Ministero per la Stampa e la Propaganda , dichiaravano due anni or sono , prima che nascesse la Direzione Generale , che lo Stato non poteva né doveva intervenire nella cinematografia , perché si trattava di un ' arte che non ammetteva di essere " irreggimentata " e controllata . Quasi l ' arte , per divino diritto , dovesse sfuggire alla norma delle attività di una Nazione . E dimenticando che la cinematografia , oltre che un ' arte , è anche un ' industria a largo impiego di capitale e la cui attività interessa direttamente molti importanti settori della vita economica della Nazione . Nei paesi demo - liberali queste obiezioni erano ancor più ampie e più recise : confortate , naturalmente , dalle teorie che chiedono l ' assenteismo dello Stato dalla vita nazionale , confinando lo Stato in una funzione di revisore di conti . Ma la pratica attuazione del controllo statale sulla cinematografia in Italia non ha mancato di attirare l ' attenzione degli altri Paesi su quanto si era già realizzato da noi . E quello che non si sarebbe mai fatto di spontanea volontà si va facendo oggi all ' estero con criterio imitativo dell ' opera italiana ...
Mamma Dc non gli ha insegnato a dire 'no' ( Scalfari Eugenio , 1974 )
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Il 14 agosto , concluso il dibattito parlamentare che ha ridotto i provvedimenti fiscali del governo ad un mantello d ' Arlecchino , il ministro del Tesoro si è incontrato col governatore della Banca d ' Italia ed ha rilasciato un ' intervista al " Corriere della Sera " . Compiuti questi due atti rilevanti è partito , a quanto ci ha informati lo stesso " Corriere " per Madonna di Campiglio per un breve periodo di riposo del quale ( ne siamo tutti convinti ) ha urgente bisogno . Auguri . A settembre verrà il peggio , su questo punto sono tutti concordi : lo dice Carli in un ' intervista a " Panorama " nella quale lamenta che il Tesoro continui a inondare l ' economia con un fiume di spese obbligando la Banca d ' Italia " ad una rincorsa affannosa " per distruggere almeno una parte della liquidità così allegramente e inutilmente creata ; lo dice il ministro del Bilancio Giolitti che prevede mesi terribili ; e lo dice anche Colombo , sia pure con quel linguaggio , ch ' è proprio dell ' uomo autorevole , fatto d ' incisi dentro agli incisi , di doppie virgole a incastro e di parole difficili che finiscono invariabilmente in " one " e in " ento " . Ad un certo punto dell ' intervista il giornalista del " Corriere " chiede al ministro del Tesoro , alludendo all ' articolo da me pubblicato sull ' " Espresso " della settimana scorsa : « Un settimanale le ha mosso l ' accusa di non essersi mai opposto con sufficiente fermezza alle richieste della struttura clientelare dello Stato e d ' essere stato il becchino della finanza italiana . Lei ritiene d ' essere l ' uomo giusto al posto giusto ? » . E Colombo con bella sicurezza : « « A me tocca il dovere di dire se sono convinto d ' aver svolto le pubbliche funzioni che mi sono state affidate in buona fede , onestamente e con il massimo impegno . La mia risposta e da questo punto di vista fermamente positiva . Altro discorso è quello delle condizioni in cui si svolge oggi nel nostro paese l ' attività del ministro del Tesoro . In proposito mi sentirei di aggiungere ben poco al giudizio dell ' onorevole La Malfa . Quanto ai giudizi storici che l ' autore dell ' articolo sul settimanale cui lei fa riferimento pretende di formulare , lascerei stare . Se mai un giorno la storia della finanza italiana dovesse occuparsi della mia attività in questi anni , credo che mi toccherebbero meno righe , ma più serie » . Perché , onorevole Colombo , lascerebbe stare ? Lei dirige la finanza di questo paese da undici anni . La prese che era non dirò florida ma passabile . Ce la restituisce oggi ( anzi non ce la restituisce affatto perché continua a tenersela ) ridotta un colabrodo . E come tutta giustificazione ci viene a raccontare che lei ha lavorato onestamente e col massimo impegno . Vuole un certificato di buona condotta ? E chi glielo negherà ? Ma basta un certificato di buona condotta per fare d ' un deputato di Matera un ministro del Tesoro ? Via , onorevole Colombo , siamo seri : si sta discutendo nientemeno che della bancarotta finanziaria dello Stato italiano . « Lo Stato » , ha detto Carli nell ' intervista a " Panorama " , « non riesce più a collocare i suoi titoli tra il pubblico » . E insiste : « È necessario che il Tesoro metta ordine nei suoi conti di cassa . Se ciò non avverrà è molto difficile che la politica monetaria possa orientarsi in una direzione favorevole allo sviluppo » . Chi fa queste critiche non è il collaboratore d ' un settimanale ma il governatore dell ' Istituto d ' emissione . Gli risponderemo dicendogli che il ministro del Tesoro a vita della Repubblica italiana ha lavorato col massimo impegno ? Che non poteva fare di più ? Che « le condizioni nelle quali ha dovuto operare sono difficili , anzi impossibili » , come ha scritto sull ' " Espresso " l ' onorevole La Malfa ? Vede , onorevole Colombo , La Malfa ha perfettamente ragione ; lei no . La Malfa appartiene ad un partito che conta 10 deputati su 630; lei è uno dei leaders storici d ' un partito di 280 deputati , che da ventisette anni detiene ininterrottamente la presidenza del Consiglio , tutti i ministeri - chiave , tutti i grandi enti economici , le Partecipazioni Statali , l ' intero sistema delle casse di risparmio , i grandi Comuni che affondano in una montagna di debiti , quasi tutti i grandi enti mutualistici e , naturalmente , il Tesoro . Tra la posizione di La Malfa e la sua corre dunque un abisso . La verità è che le impossibili condizioni nelle quali il ministro del Tesoro La Malfa ha dovuto operare per otto mesi lei ha contribuito a crearle in undici anni . Per chi non le ricordasse , faccio l ' elenco di quelle condizioni traendolo appunto dalla lettera indirizzataci da La Malfa la settimana scorsa : 1 . Il ministro del Tesoro è continuamente alle prese con la schiera famelica di tutti gli altri ministri che sollecitano spese sempre maggiori . 2 . È alle prese con 22 commissioni parlamentari che votano leggi e leggine di spesa a getto continuo . 3 . È alle prese coi disavanzi incontrollabili dei Comuni e delle Province . È alle prese coi disavanzi delle aziende autonome e degli enti a partecipazione statale . 5 . Infine è alle prese con le consorterie clientelari del pubblico impiego . « Se il ministro ha coscienza delle proprie responsabilità » , concludeva La Malfa , « resisterà una settimana , un mese , due mesi , alcuni mesi , ma poi o si abbandonerà al fatale corso delle cose o si dimetterà » . Ebbene : lei onorevole Colombo non si è mai dimesso , ché anzi sta lì da undici anni . Ma a differenza di altri , lei aveva il potere politico per rimuovere quelle condizioni , che sono nate e si sono consolidate anche , se non soprattutto , a causa della sua inspiegabile passività e dell ' attivismo famelico del suo partito . Ha preferito abbandonarsi " al fatale corso delle cose " e tutto sommato ci si deve trovare abbastanza bene visto che non se ne tirerebbe fuori per nessuna ragione . Questa essendo la situazione , noi possiamo anche darle il certificato chi buona condotta che lei richiede , ma riconfermiamo che della finanza italiana lei è stato il becchino . Dopo tutto , ci sono anche dei becchini che organizzano col massimo impegno bellissimi funerali .
Sette giorni lunghi un secolo ( Mieli Paolo , 1978 )
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Roma . Seicento secondi , tra le nove e cinque e le nove e quindici di giovedì 16 marzo . E il tempo servito alle Brigate Rosse per uccidere cinque agenti di scorta , rapire il presidente della DC Aldo Moro , far perdere le proprie tracce e assestare un colpo allo stomaco della fragile Repubblica italiana . Senza commettere un solo errore , con una perfezione tecnica che ha prodotto nell ' opinione pubblica un disorientamento forse maggiore di quello causato dal sequestro di Moro in sé . L ' operazione scatta poco prima dell ' alba , in via Brunetti , una piccola strada vicino a piazza del Popolo . Qui un gruppo di « sconosciuti » squarcia le quattro ruote del pulmino appartenente al fioraio Antonio Spiriticchio . Scopo dell ' azione impedire al fioraio di andare , come ogni mattina , a vendere tulipani e mimose all ' angolo tra via Stresa e via Fani . Al suo posto ci sarà uno dei dodici brigatisti ( la donna ) , che farà da palo ai rapitori del presidente democristiano . Altri quattro , travestiti da steward delle linee aeree , si nasconderanno davanti al bar Olivetti , da mesi chiuso perché fallito . Gli altri sette saranno sulle cinque automobili e sulla Honda che subito dopo il fulmineo attacco porteranno i terroristi lontano dal luogo del rapimento . Alle nove e quattro compare in cima a via Fani l ' automobile su cui viaggia Moro , seguita a pochi metri dalla vettura di scorta . Il leader democristiano , diretto alla breve messa mattutina cui assiste ogni giorno , sta sfogliando i giornali seduto sul sedile posteriore . Il suo taccuino prevede una giornata molto importante : alla Camera si discute il varo del governo nato dal suo lento lavorio durato cinquantaquattro giorni . Moro continua a leggere i giornali . La scorta è tranquilla in entrambe le vetture . Dopo qualche attimo le due vetture sono superate dall ' automobile dei brigatisti , targata corpo diplomatico ; questa , appena giunta davanti al bar chiuso frena bruscamente provocando un tamponamento tra la macchina di Moro e quella della scorta . Quel che accade nelle frazioni di secondo successive non è ancora stato ricostruito con precisione ; di certo si sa solo che i brigatisti hanno colpito uno ad uno gli uomini della scorta ( solo un agente è riuscito ad uscire dalla macchina e a sparare tre colpi di pistola prima di essere centrato da un proiettile in fronte ) , afferrano Moro e si dileguano per via Stresa e via Trionfale . Di lì , almeno una parte di loro si dirige in via Belli , una stradina privata per accedere alla quale è necessario tagliare con un tronchese una catenella , poi in via Massimi e infine in via Licinio Calvo , un ' altra piccola strada destinata a passare alla storia come simbolo dell ' inefficienza della polizia italiana . Qui , infatti , alle nove e venticinque del 16 marzo i brigatisti lasciano una sola macchina ; qualche ora dopo ne porteranno un ' altra e due giorni dopo una terza . Il tutto sotto lo sguardo di polizia e autorità inquirenti . Quelle stesse autorità inquirenti che intanto fanno trasmettere per TV 20 foto di « brigatisti » la metà delle quali non sono di brigatisti , due sono della stessa persona e altre due di persone già in prigione da tempo . Ma queste non sono le sole prove di inadeguatezza e smarrimento offerte dagli inquirenti in questa settimana . La mattina di quel giovedì di passione , politici e sindacalisti avevano tenuto i nervi abbastanza saldi . Certo , l ' emozione aveva provocato qualche sbandamento : Carlo Donat Cattin imputava quant ' era accaduto all ' accordo con i comunisti per dar vita al nuovo governo Andreotti , Ugo La Malfa chiedeva l ' introduzione della pena di morte , il senatore Giuseppe Saragat suggeriva di impiegare i paracadutisti nella guerra alle Brigate Rosse , alcuni deputati DC suggerivano al ministro dell ' Interno Francesco Cossiga di dimettersi , altri erano sopraffatti da crisi di pianto . Ma nel complesso la reazione politica ( scioperi e manifestazioni convocati a metà mattina , edizioni straordinarie dei giornali di partito ) era riuscita ad arginare la paura e gli isterismi che si manifestavano qua e là nella popolazione ( accaparramento di generi alimentari e rintanamento nelle case ne erano apparsi i segnali più vistosi ) . La proclamazione dello sciopero generale , ripopolando le piazze , contribuì a sbloccare queste psicosi . Inizialmente nel Partito comunista qualcuno , come Giancarlo Pajetta , aveva giudicato sbagliata la decisione di Lama , Benvenuto e Macario di indire lo sciopero . Ma doveva ricredersi quando alle Botteghe Oscure cominciarono ad arrivare le notizie dalle fabbriche : quasi dappertutto gli operai , spesso prima ancora delle direttive delle confederazioni , avevano incrociato spontaneamente le braccia . Se lo sciopero non fosse stato indetto , si sarebbe verificato un clamoroso caso di scavalcamento . Nel pomeriggio però la classe politica commise i primi errori : il dibattito parlamentare per il precipitoso ( anche se giustificato ) varo del governo fu trasmesso in televisione senza un ' adeguata chiave di lettura , col risultato che buona parte dei telespettatori o si sentivano disorientati , o sospettarono che si trattasse d ' un diversivo dal vero , tragico problema del momento . Lo stesso presidente del Consiglio Giulio Andreotti , forse stremato dalla tensione ( fra l ' esposizione del programma alla Camera e quella al Senato fu costretto a cambiare l ' abito inzuppato dal sudore e fu paralizzato da conati di vomito ) , non offrì ai parlamentari e al pubblico quel che ci si attendeva da lui : un chiaro , esauriente punto sulla situazione . Emozione e urgenza erano comunque buone attenuanti , in quei primi errori . Più tardi , cioè nei giorni immediatamente successivi , non lo potevano più essere . I giorni successivi sono stati occupati da tutti i partiti in un estenuante susseguirsi di vertici che portavano a risultati poco vistosi . Fu senz ' altro una consolazione veder seduti a uno stesso tavolo Berlinguer , Zaccagnini , Craxi , Biasini e Romita . Ma la cosa non produsse effetti di gran rilievo . Lunghe discussioni sull ' eventualità di mettere una taglia da un miliardo sui rapitori di Moro ( si è deciso di no ) , sull ' opportunità di impiegare l ' esercito nella ricerca dei terroristi ( si è deciso di sì , dopo due giorni ) , sulla proclamazione dello stato di pericolo pubblico ( si è deciso di no ) , sull ' istituzione di un fermo di polizia di quattro giorni ( si è deciso di no ) , sul potenziamento delle tecniche e dei mezzi ( si è rimasti nel generico ) . E dopo questa sequela di esclusioni e rinvii quali misure si sono adottate ? Il governo ha riesumato i provvedimenti previsti dall ' accordo del luglio scorso . Nel frattempo la mobilitazione popolare cominciava a venir meno , il transatlantico di Montecitorio iniziava a svuotarsi ( sabato e domenica è rimasto come sempre deserto ) e il sequestro di Moro stava diventando un affare di normale amministrazione . Intanto cominciavano a parlare gli « esegeti » . Qualcuno ( il deputato comunista Antonello Trombadori , il democristiano Andrea Borruso , il neoministro del Lavoro Vincenzo Scotti ) ha intravisto in ciò che è successo alla fine della scorsa settimana quasi una prova generale in vista di un colpo di Stato , nessuno di loro si è avventurato alla ricerca di chi potrebbe tentare oggi un golpe nel nostro paese , « ma bisogna stare ugualmente attenti perché quando lo straordinario diventa ordinario » ha detto Scotti parafrasando un motto di Che Guevara , « qualcuno può tentare un colpo di Stato » . Quasi a suggerire che tra non molto tempo anche il rapimento Moro potrà essere considerato come un fatto ordinario , uno tra i tanti segnali della crisi endemica della società italiana . Se e quando accadrà , quello sarà il segno che l ' Italia è entrata in una di quelle fasi della storia ( come furono la crisi della Repubblica di Weimar in Germania , l ' assassinio di Dollfuss nel '34 in Austria , l ' ondata di terrorismo in Spagna alla metà degli anni Trenta , per non parlare di ciò che è accaduto in quasi tutta l ' America latina tra gli anni Sessanta e l ' inizio degli anni Settanta ) che sfociano nella guerra civile , nel colpo di Stato o in tutti e due . In questo senso è altrettanto sintomatica e inquietante la comparsa a Milano di un primo « squadrone della morte » ( uccisione a freddo di due giovani d ' estrema sinistra a Milano ) . Così come inquietante è il modo con cui stampa , televisione , partiti sembrano sperare che la soluzione dei problemi venuti alla luce col rapimento di Moro possa venire indagando meglio su che tipo di « testina Ibm » abbia battuto il messaggio delle Brigate Rosse , o ispezionando con maggiore accuratezza via Licinio Calvo . Fino a questo momento , non sembra probabile che polizia , o carabinieri , o guardia di finanza , o l ' esercito , o tecnici inviati dalla Germania federale troveranno la « prigione del popolo » in cui l ' onorevole Moro è rinchiuso e « processato » . Se anche ci riuscissero - come tutti sperano - i problemi posti da questo parossistico acutizzarsi della violenza politica in forme nuove e terribilmente efficaci non sarebbero risolti . Andrebbero affrontati con un dibattito approfondito , e un coinvolgimento del paese senza precedenti : prima che l ' adozione di leggi super repressive , imposte dal succedersi degli eventi prima ancora che dalla scelta del Parlamento , appaia come l ' unica via praticabile . Intanto , al processo di Torino , Curcio e suoi amici annunciano il processo ad Aldo Moro , parlando come se fossero i presidenti di un « controtribunale » . E il presidente del tribunale vero , mette a verbale .
PAUL CÉZANNE ( CARRÀ CARLO , 1919 )
StampaPeriodica ,
Assiduo e fervido riedificatore sull ' annoso Principio della pittura , Paul Cézanne , fin dalla prima gioventù fece della coscienza di se stesso l ' ideale supremo e alla fortuna e alla facile fama antepose l ' importanza del fine . Trovandosi fra le brigate scempie dei caffè e degli ateliers parigini , benché più degli altri addottrinato , raramente interloquiva , e quando l ' osava doveva poi smaltire vane e cocenti arrabbiature . Allora , egli , si meravigliava seco medesimo di essersi scompagnato dalle solitudini della sua Provenza , da quelle vedute aperte , da quelle vallette fertili , da quelle acque lucenti e dai soli chiari di Aix . Evitare adunque più che poteva quella gente incostante e frivola della capitale , fin che non avesse ultimato i suoi studi pittorici , divenne subito la sua rarissima cura . Ridottosi a Aix a vivere rusticamente con sua sorella , Paul Cézanne , piccolo rentier , rinuncia per sempre ad avere un pubblico . E se egli ora ripiega su di sé per meglio adattare alle nuove circostanze , il suo temperamento di uomo sensibile e scontroso , tutta la sua soddisfazione la trova nel lavoro indirizzato a promuovere opere di gioia durevole . Fu così che , quasi senza accorgersene , gli avvenne di scoprire presto alcune principalissime verità pittoriche , non solo ignorate ma del tutto diverse e contrarie alle opinioni del suo tempo , e di farsi , a sua insaputa , sublime e focoso iniziatore di una nuova èra artistica . Ma quanto fosse per fa storia dell ' arte il valore delle sue invenzioni e quale la stratificazione dei suoi duri progressi , la portata delle sue conquiste , ci voleva proprio che la morte venisse , traendo , come si suoi dire , alla luce la sua opera di grande artista sacrificato ; di modo che si potrebbe ripetere di lui che passato di vita , allora finalmente fosse per vivere . Con tutto ciò , l ' incertezza sui suoi meriti persiste ad essere tale che gli stessi ammiratori della sua arte discordano grandemente fra di loro . Sarebbe quindi bene intenderci una buona volta sui punti fondamentali del suo portato , se non si vuole arrivare presto ad una forma curiosa di violenta deturpazione . Nell ' ordine intellettuale bisogna essere cauti e scrupolosamente obbiettivi , più di quello che si è per il presente perché , in fin dei conti , se quello che avvenne a lui da vivo fu cosa amarissima , quello che va succedendo ora è addirittura inquietante ; dimostrando fra l ' altro la condizione in cui viene a trovarsi la memoria d ' un uomo che fu disusatamente superiore alla propria epoca . Si urli pure contro la critica com ' è ora costume , ma per noi essa si risolve in cosa sterile solamente quando non l ' accompagnano risultanti positive . Studiando altre volte l ' opera del Cézanne , cercammo soprattutto di districare dai fatti patenti i semi riposti , e se ora riprendiamo lo stesso soggetto non perché siano variate sostanzialmente le nostre opinioni , ché anzi alcuni esempi di quelle disamine si potrebbero invocare qui con più chiara notizia . Però , innanzi ad ogni altra cosa , ci sia permesso di far osservare che oggigiorno si continua a mescolare con troppa baldanza il suo nome con quello degli impressionisti e postimpressionisti , alla maniera del gioco dei dadi , non curando se in cotesto modo si dimostri d ' ignorare che la sua personalità è sostanzialmente differente . Io credo , per esempio , che spetti assolutamente , dopo il Courbet , al Cézanne il primo posto nella pittura contemporanea , e che lo stesso Renoir gli sia di molto inferiore ; ancorché sia pronto a riconoscere che il buon decoratore di maioliche di Sèvres non manca di leggiadria e di pregi rari , puri e delicati . Ma questi suoi meriti , per quanto insigni , non credo siano tuttavia paragonabili , nell ' ambito delle differenze , a quelli di Cézanne per pienezza e costituzione . In quanto a Van Gogh , Monet , Degas , Pisarro , Toulose - Lautrec , ecc . a me basta saperli tutti - compreso il Gauguin indubbiamente superiore agli altri - a gran distanza dal Cézanne , per dire che se questi fossero vissuti in tempi più chiari non che sovrastare il nostro , mai si sarebbero levati a quella fama che ebbero e che tuttora hanno . Per dirla in breve costoro riuscirono soltanto a legare membri d ' incerta risonanza , e niuna cosa ci vieterebbe di giudicarli dall ' effetto che fanno le loro tele qualora venissero paragonate a quelle del Cézanne . Sono di quelle opere scaturite da indole che non soffre freno , per la quale la vita , prima che la bellezza , costituisce lo scopo , la qualcosa è scusabile nelle epoche di smarrimento o di ripresa ; non giungendo mai alla grandezza vera , non sopportano un puro giudizio estetico . Per queste ed altre diversissime ragioni non faremo dunque qui alcun pensiero irriverente a loro riguardo , ché anzi , per chi ben intende , le nostre stesse riserve acconsentono loro lode . E che questo sia vero o no , quello che conta è che infine il Cézanne non solo pensa per linee , colori , volumi e superfici ma tutti li avanza per senso , vigore e caldezza d ' animo , per cui riesce , in maniera tutta sua particolare , ad infondere alla sua pittura un austero imperativo che ne ingrandisce il possesso . Una mela , una pipa di gesso , una bottiglia , la cosa più ordinaria , gli è più che sufficiente per svegliarci nella mente tutto un ordine spaziato di sensazioni squisite . Possiamo anche farci una prima idea del suo stile da certi rilievi che si distinguono per tono , atti in modo singolare a tenere in gran parte il nostro animo e a rinnovarlo con diversissimi aspetti . Con ciò non si vuoi mica dire che tutte le sue opere siano egualmente in tutti i punti vive e sostanziose ! Ma Paul Cézanne era nato veramente per dipingere come gli uccelli son nati per volare . Nessuno più di lui ebbe in odio le invenzioni meccaniche , né più di lui alcuno ha sentito in modo così intimo e profondo il problema di ottenere col puro impiego dei mezzi pittorici un massimo di espressione . Così in lui la colorazione si fa sostanziale nel tono che ha l ' ufficio di rialzare i volumi , la luce si fa peso in una materia omogenea e carnosa , che è il lato più profondo del suo genio drammatico . Così la sua gioiosa alchimia si appesantisce a poco a poco in un agglomerato di pennellate quadre e digradanti per meglio fissare alcuni risultati positivi . Fin da questo momento si potrebbe dire che Cézanne si stacca risolutamente dalla scuola impressionista . Ora le sue sensazioni vengono inserite sul " principio delle evidenze " e si adagiano in movimenti che hanno cessato di svolgersi . Ma il suo istinto eroico non gli permette d ' indugiare in cotesto genere di compiacenze sensuali , più di quello che comporta la coscienza della differenza che corre tra un ' arte che lavora sul puro naturale visivo e quella che , pur non negligendo lo studio della realtà esterna , ha per fine certi aspetti metafisici . Volle adunque il Cézanne , aggiungere al senso della naturalezza e della concezione viva e diretta una corrente di classicità , nella quale il trasparire del fine e il volontario assoggettamento a severa legge si facessero valere . Certamente tra un ideale e la sua forma sensibile vi è sempre un grande divario e anche nell ' opera sua dobbiamo riconoscere che non sempre la forma trova espressione piena e gagliarda . Tuttavia , i suoi propositi nuovi essendo rivolti ad un ordine e ad una percezione d ' arte di non limitata irradiazione , ancorché la perfetta corrispondenza della forma allo scopo gli sia irraggiungibile , l ' idea che si è fatto ora del quadro lo conduce , pure attraverso ansie e incertezze , al portamento fiero e dignitoso delle forme . Colui il quale si è procurato il piacere squisito di ricercare per suo conto quest ' ordine superiore , sa che questo non è esercizio intellettualistico ma istinto ritrovato e sete di un più ampio possesso , e potrà quindi affermare , senza tema di cadere in rimorso , che l ' arte del Cézanne come la vita è uno slancio che tende ad una conchiusione , e che non si limita a voler essere l ' espressione d ' un temperamento entusiastico , tutto febbre e fuoco , al quale gli elementi intellettuali servono come qualità occasionali . Spirito colto e austero , Paul Cézanne cerca la soluzione del problema plastico non del " motivo " , che è concetto limitato al giuoco delle masse , delle linee , dei colori , dei lumi e delle ombre , . ma nel " soggetto " , che , lungi dall ' essere letteratura , è problema di superficie e di profondità , linguaggio poetico dell ' anima . Siamo nella seconda fase della sua arte . Ora le stesse " nature morte " non gli appariranno più che come buona materia versata su di un tessuto accidentato , o come dire " saggi " staccati di una unità più vasta e complessa . Per le stesse e simili cause egli è portato a ricercare la sostanza degli antichi ordini naturali e le antiche norme dell ' arte , mirando a perfezionarle e a rifonderle col nuovo spirito . Il che sarà sempre gran merito suo , dato che quando si volle andar oltre e rinnovare sui punti fondamentali , non che non riuscirvi , si tornò indietro , e venne meno quello che s ' era faticosamente acquistato . Niuno può infatti sapere fin dove sarebbe montato il male senza il suo vigoroso intervento . E se ciò non costituisce la maggiore delle sue doti , le cose dette servono abbastanza per farcelo più vicino , più umano , più nostro d ' ogni altro pittore di quel tempo . A questo punto Paul Cézanne , sente le prime ondate di quello che si potrebbe chiamare il suo " umanismo plastico " , in cui taluni scrittori vollero scorgere la cagione principale della sua rapida decadenza . Ma se anche fosse probabile che " rifare il Museo davanti alla Natura " era una delle sue insane fissazioni , dobbiamo però ammettere che questo concetto non è poi tanto balordo se può tuttora servire per farci rigorosi e severi con noi stessi . Infatti a noi sembra che anche il Cézanne ne abbia tratto reale giovamento da quest ' idea del duraturo , ancorché la pittura oramai gli venga giù in apparenza meno bene di prima . Si direbbe che la sua rigorosa tecnica si sperda e si sprofondi in vaghi umori melanconici e ondeggi in rapporti lontani . Ma se la ricca materia non fluisce più in forme condensate ed energiche e gli elementi , che gli erano divenuti famigliari , gli pongono degli strani inconvenienti o devono essere da lui alterati per necessità del nuovo concetto costruttivo ; se c ' è sempre una parte che gli sfugge ; una zona che non è stata osservata ; se gli è difficile afferrare la sintesi della visione ; non per questo le sue figure e i suoi paesi pencolano in una espressione contrastata ; ché anzi simili constatazioni confermano vieppiù l ' interesse con cui la sua lucente volontà rinuncia alla ricchezza apparente per una misura di semplificazione essenziale . Mai come ora le distese , le colline , i casali gli apparirono in tutto il rilievo della loro immobile esistenza e la divinità plastica dell ' essere umano gli fu più presente . Osservando il processo elaborativo della sua arte si deve dunque ammettere che se la sua succolenta materia si è impoverita nei sali , non per questo dobbiamo escludere si tratti del graduale sviluppo dei medesimi pregi ; perché infine i suoi presagi sono leali e opportuni e le opere successive ne chiariranno la prudenza . Infatti , come poteva un pittore abituato a scrutare di continuo sé stesso e similmente i suoi rapporti colla natura , non accorgersi che nella sovrabbondanza dei succhi egli andava apparecchiando al sentimento genuino dell ' arte una sopravvivenza di elementi artificiali ? Come poteva non accorgersi che questi elementi tecnici illudono con un falso interesse sensuale apparendo come i più fini pregi dello stile mentre ne costituiscono in realtà i vizi maggiori ? Che importa che ci siano dei pittori detti grandi che di questo genere di decadenza fanno un ' applicazione sistematica e che sovrattutto i giovani siano sempre pronti ad ammirarli proprio per ciò che essi hanno di deteriore ? Nessuna meraviglia quindi che oggi si esalti il lato decadente delle " nature morte " cézanniane e pochi si curino di ricercare le ragioni per le quali egli si affaticò tanto per liberarsene . Concluderemo questo punto del nostro discorso dicendo che i " giocatori di carte " , " l ' arlecchino " costituiscono i primi approcci ad una più complessa realtà che si esaurisce nei " satiri " e nelle variazioni delle " bagnanti " . Ora , egli vorrebbe riprendere gli stessi " ritratti " e i suoi vecchi " paesi " per inserirli in un soggetto trascendente la composizione . Evidentemente i gravi gorghi spirituali non gli danno più le vertigini . E non dobbiamo dimenticare , volendo stabilire il giusto significato dell ' arte cézanniana , che la pittura dopo il Coubert si era limitata ad una parte puramente disegnativa o pittoresca , e che soltanto col nostro ritentò un ' immediatezza d ' immersione totale senza però rinnegare il modi antichi . Qui risiede forse l ' intimo e perfetto valore che lo ricongiunge direttamente con la tradizione , intendo dire la nostra , italiana . Ma per specificare meglio la nostra idea , aggiungeremo che egli risolve il problema plastico alla maniera dei veneziani e cioè nel colore - tono più che in quella lineare che vien da Giotto e da Masaccio . Egli sente che la tradizione perde ogni diritto solamente quando non trova un ' eco nell ' anima dell ' artista . Ma dai modelli classici egli non domanda che la prima spinta . Si potrebbe fare a questo punto una erudita ricerca delle geniture e tirar fuori il Greco , il Tintoretto ed altri illustri , ma siccome questo bisogno di rientrare nella regola si fa sentire soltanto quando il pittore sente di avere in sé medesimo i germi della storia , e analoghe avvertenze si ritrovano in tutti i migliori ingegni fioriti nei secoli , a noi questa ricerca appare piuttosto superflua . Non è il caso qui di ricordare che l ' ingegno è sempre indipendente e non procede affatto per meccaniche derivazioni , come erroneamente credono le nature incolte e primitive . Tuttavia un buon punto di partenza facilita in tutti casi la via , essendo che ogni ideale , vago da principio , si segna a mano a mano nelle esperienze , si contorna e si colorisce . Ma rientriamo in argomento che non è questo il luogo per vedere come le idee nascono , ma soltanto come s ' inquadrano nella realtà dei fatti . Paul Cézanne nega l ' impressionismo e perché sa che le relazioni fra le cose mutano senza fine e che il loro numero è incalcolabile . Chi cerca nei corpi la risultante di rapporti geometrici rompe la legge che è risoluzione essenziale . Allontanarsi dal procedimento del puro chiaroscuro e rigettare la " negazione impressionista del tono locale " era , non v ' è dubbio , una di quelle arditezze da spiacere a tutti ; tanto a quelli che erano rimasti attaccati al concetto d ' una pittura il cui centro essenziale rimanesse impassibile , quanto agli altri che per risentire le forze circostanti deformarono il centro essenziale e si esaurirono in una mera speculazione numerica della luce . Nessuna meraviglia che ambo le scuole non potendo riconoscerlo come uno dei loro , si adoperassero a lasciarlo più che mai nella sua aspra solitudine . Crediamo di aver chiarito al lettore come intendiamo noi i dati dell ' arte cézanniana e se le nostre parole spiaceranno a molti e però ce le apporranno a difetto , diremo che non è in nostro potere il dare ad essi significato diverso . Agli occhi della nostra generazione l ' immagine di Paul Cézanne si fa sempre più viva , eccita la fantasia e serve d ' impulso e di esempio nei nuovi tentativi vittoriosi . Eppure se ammettiamo che la sua opera sia sommamente degna di essere posta a perpetua lode , avendo il Cézanne ritrovato uno stile austero e gagliardo , un ' eloquenza pittorica che può parere roba di altri secoli , noi crediamo altresì che se la sua opera ci vieta di retrocedere ci offre anche un impegno che obbliga a progredire . Ripigliarsi quindi ai suoi dettami è certamente cosa degna ma non si dovrebbe mai obliare che la materia su cui versano le operazioni dell ' arte si modifica per successo di tempo e con essa variano anche i mezzi . Ancorché , Paul Cézanne , sia l ' unico pittore dei nostri tempi , che abbia saputo disegnare sobriamente alcune fattezze delle cose nella loro compostezza riposata , non si può disconoscere che nella sua opera i caratteri e le situazioni prevalgono quasi sempre sul contenuto . Si deve dunque concludere che nell ' atto della creazione se egli aveva la padronanza della materia divenuta forma , non sapeva però adottare la forma ad un contenuto pensato preventivamente . Malgrado ciò , e per non essere fraintesi , ripeteremo che quando il suo rispetto alle cose si appalesa in forma colta e bene individuata , egli , meglio , di ogni altro pittore moderno , con pochi segni e tocchi ci fa errare in un delirio dolcissimo . E basterà riconoscere i lati particolarmente espressivi delle sue pitture , per porlo fra i maggiori che abbiano contribuito a sviscerare qualche verità sostanziale . Abbiamo certamente tralasciate cose assai e toccherà ad altri riempire il vuoto . Se non è valso a dimostrare come ha veduto la realtà , né , quello che più conta , come ha saputo fermarla in un numero ragguardevole di opere , questo grave , ombroso e sagace solitario , riandando al quale “ Mestizia e terror mette nel core ” , quello che si è detto nelle presenti note avrà tuttavia concorso - non sembri audace pensarlo - a far capire , se non altro , quanto la sua arte sia difficile a definirsi , per il suo contenuto umano , e per quei caratteri peculiari da cui la sua forma plastica traeva la più pura espressione .
Il grande Lama e i piccoli indiani ( Mieli Paolo , 1977 )
StampaPeriodica ,
Roma , giovedì 17 febbraio . Passerà alla storia come « quel giovedì grasso del '77» in cui Luciano Lama , segretario del più grande sindacato comunista d ' Europa , fu preso a sassate dagli studenti ultras e costretto a lasciare la cittadella universitaria romana . Quasi sicuramente gli storici che nei prossimi anni si occuperanno di questi fatti lasceranno da parte le polemiche sulle origini materiali degli incidenti ( chi ha dato il primo spintone , la prima bastonata , chi ha tirato il primo sampietrino ? È più grave lanciare sacchetti di vernice sui sindacalisti come hanno fatto gli « indiani metropolitani » o innaffiare col getto di un estintore gli studenti come ha fatto un membro del servizio d ' ordine del PCI ? ) e si dedicheranno alla ricerca delle cause di quello che quasi all ' unanimità e un po ' ingenerosamente è stato definito l ' « errore di Lama » . E cosa diranno di questo errore ? Che è stato generato dalla convinzione di poter riportare l ' ordine nelle università con un misto di forza e di consenso ; che è stato reso possibile dalle false informazioni che il segretario della federazione comunista romana Paolo Ciofi , alcuni sindacalisti della CGIL - scuola , il segretario della Federazione giovanile comunista Massimo D ' Alema avevano trasmesso per quattordici giorni ai vertici del PCI ( « Andrà tutto liscio come l ' olio » aveva detto Ciofi la sera prima degli incidenti ) ; che è stato favorito dalla mancanza di precauzioni « psicologiche » come per esempio incontri tra sindacalisti e rappresentanti degli studenti , diretti ad allentare la tensione : una tensione che aveva raggiunto l ' apice proprio quel giorno ( alcuni lavoratori del PCI avevano forzato il blocco degli occupanti ai cancelli dell ' ateneo e la sera la Camera del Lavoro aveva chiesto la riapertura dell ' università ) . Ma la storia non ammette recriminazioni . I lamenti ( « Perché noi comunisti eravamo tremila e non trentamila ? » ) , le tardive esortazioni ( « È una questione di ordine pubblico : bisognava mandare subito i carabinieri a sgombrare l ' occupazione » gridava Giuliano Ferrara dirigente del PCI torinese ) , i giustificati timori ( « Se Cossiga fa sgombrare adesso l ' università sembrerà però che noi sindacalisti abbiamo bisogno della polizia per far valere le nostre ragioni » ) che quel giovedì nero animavano la discussione davanti alla sede del PCI di via dei Frentani , appena pronunciati venivano già superati dai fatti . Il ministro dell ' Interno aveva immediatamente deciso di sfruttare la situazione per espugnare l ' università e rilanciare la campagna sull ' ordine pubblico , accolta con ovazioni di consenso di tutta la stampa . I giornali , anche quelli che in passato avevano più strizzato l ' occhio al PCI , si rivolgevano al « grande partito della classe operaia » in tono brusco e risentito : « Ma come ? , vi stavamo spalancando le porte del governo nella speranza che riportaste l ' ordine nelle fabbriche e nelle piazze e ora scopriamo che non ne siete capaci » . Lentamente si metteva in moto anche il fronte di quelli che sperano nel ritorno a un governo di centrosinistra : dai democristiani di osservanza fanfaniana ( « Eccoli qui i comunisti di sempre , illiberali e prevaricatori » ) ad alcuni settori del PSI ( un dirigente della Federazione giovanile socialista ha dichiarato in un ' assemblea ad architettura : « Avete ragione voi , la venuta di Lama nell ' università è stata una grave provocazione » ) , erano tutti all ' erta . Il PCI si è sentito alle corde : Lama continuava a ricevere telegrammi di formale solidarietà ma appena chiedeva uno sciopero o almeno una manifestazione di solidarietà che lo riconfermasse leader prestigioso di un grande sindacato , riceveva risposte elusive . Nelle sezioni e nei consigli di fabbrica le spiegazioni ufficiali ( « Quell ' università lì è una Reggio Calabria zeppa di provocatori , fascisti , figli della borghesia agiata » ) erano accolte con sufficienza e in molti casi apertamente discusse ; nelle piazze che il sindacato , per le sue divisioni interne aveva lasciato deserte , non riusciva a riempire , affluivano invece , fin dal sabato , decine di migliaia di studenti inscenandovi manifestazioni che lasciavano poco spazio al teppismo . Conseguenze . Per la prima volta dall ' autunno del '69 , quando fu espulso il gruppo del Manifesto , il PCI è stato percorso da un terremoto interno di discussioni che continueranno per molte settimane . E l ' autocritica che la direzione del PCI si è fatta il 19 febbraio ( « È mancata da parte nostra una piena e immediata comprensione del clima che si era creato nell ' ateneo » ) contribuirà ad alimentare il dibattito . I termini del problema sono semplici . C ' è un partito che si presenta come « partito di lotta e di governo » e che una volta messo alla prova davanti a un movimento di massa è costretto a battere in ritirata fornendo spiegazioni improvvisate e convenzionali ( « È un fenomeno fascista » ha affermato Gianni Cervetti , membro della direzione del PCI davanti agli operai milanesi dell ' Alfa Romeo riuniti a congresso nella sezione Ho Ci - Minh ) . C ' è un sindacato che ha paura di mobilitarsi su temi estranei alla difesa del salario perché non vuole disperdere le sue energie , ma teme anche che , una volta decisa la ritirata su un fronte , ci sia il rischio di diventare vulnerabile anche su tutti gli altri fronti . Cosa accadrà nei prossimi giorni ? Esaminiamo le mosse che presumibilmente faranno i protagonisti di questa vicenda . Il movimento degli studenti . Lo scontro con Lama , per loro , è stato provvidenziale . Nei giorni precedenti quel giovedì grasso il movimento degli studenti aveva conosciuto una fase di stanca tale che l ' avrebbe potuto portare alla dissoluzione . La visita di Lama lo ha rilanciato . Nelle ore di battaglia calda contro il servizio d ' ordine del PCI e del sindacato , contro il senato accademico e la polizia , gli studenti ultras hanno ritrovato l ' unità e la galvanizzazione perdute . Ora si dettano obiettivi « mobilitanti » : « Rioccupiamo appena possibile l ' ateneo e riprendiamo a batterci per gli appelli d ' esame settimanali , per l ' orario a cartellino dei professori , per l ' università aperta il sabato e la domenica , per i corsi serali , per la ristrutturazione dell ' insegnamento » . Ma gli obiettivi reali del movimento non riescono a definirli . Senza questi è probabile che gli studenti conosceranno una seconda impasse . Come fare allora ? Sabato e domenica prossimi gli studenti di tutta Italia si incontreranno a Roma per discuterne . Probabilmente metteranno a punto un programma che le forze politiche dovranno valutare con grande attenzione perché sarà il testo base a cui faranno riferimento i disoccupati intellettuali italiani . Cosa chiederanno ? Nientemeno che il salario generalizzato per tutti coloro che hanno più di diciotto anni . Poi chiederanno , anche , la diminuzione delle ore di lavoro nelle fabbriche e l ' aumento invece di quelle di studio per gli operai . In questo modo sperano che si creino nuovi posti di lavoro . Si tratta in altre parole di trasformare le 150 ore in 500 ore di studio annuali per ogni operaio . Soluzione , com ' è facile arguire , del tutto utopistica . Il Partito comunista italiano . Cosa farà il PCI lo ha annunciato con un articolo sull ' « Unità » Alberto Asor Rosa , l ' unico intellettuale comunista che abbia capito fin dai primi giorni cosa stava succedendo nelle università . « Noi comunisti » afferma Asor Rosa « abbiamo fatto la scelta di difendere un tipo di società in trasformazione al cui centro sta la classe operaia organizzata . Gli studenti sono invece una " seconda società " , che intende scaricare addosso alla società che noi difendiamo un turbine distruttivo . » D ' altra parte , continua Asor Rosa , come possiamo stupircene ? « L ' austerità ha un senso in quanto è rivolta ai settori produttivi della società , ai lavoratori , i quali in quanto produttori e consumatori al tempo stesso possono se vogliono calibrare un rapporto diverso tra questi due aspetti della vita . » Ma chi non lavora , e ha la prospettiva di non lavorare e non guadagnare per anni , come fa a praticare su se stesso l ' austerità ? Come fa a ridurre i consumi chi non consuma niente ? Tra le righe Asor Rosa denuncia l ' assenza di una proposta del PCI nei confronti dei disoccupati . E si può leggere anche un invito alla chiarezza : se il PCI ha deciso di difendere ad oltranza gli occupati lo dica , e non si stupisca poi se i disoccupati reagiscono anche contro di lui . Oltre a questo problema generale c ' è poi la questione più specifica della riforma universitaria . Come può il PCI , dopo aver appoggiato per dieci anni la « scuola liberalizzata e di massa » , favorire adesso la creazione di una università che sforni quadri veramente selezionati da inserire nei gangli del sistema produttivo per rimetterlo in moto ? Qualcuno a mezza voce suggerisce l ' unica risposta possibile : accordare il salario minimo ai disoccupati e ricominciare con la scuola selettiva a partire dalla prossima generazione . Si chiede , cioè , alla società un sacrificio per sostentare la generazione che ha compiuto gli studi tra il 1968 e oggi , in vista di prepararne una culturalmente e professionalmente più attrezzata . Il sindacato . Di quel che farà il sindacato si occupa Sandro Magister nell ' articolo che segue . C ' è però da sottolineare un elemento . Se il PCI decide di seguire i suggerimenti di Asor Rosa e cioè di difendere ad oltranza gli operai occupati , sarà quasi inevitabile che questi entrino in rotta di collisione con i giovani disoccupati . Quel giorno il movimento operaio italiano non si potrà presentare all ' appuntamento con in tasca soltanto l ' accusa di « fascismo » da lanciare contro i senza lavoro arrabbiati . Anche perché può succedere che , nel clima incandescente che si verrebbe a creare , gli stessi operai occupati si uniscano alla battaglia contro « l ' aumento della produttività basato sull ' intensificazione dello sfruttamento » . Non sarebbe la prima volta , nella storia , che un sindacato forte e potente viene travolto sotto il fuoco concentrico del governo , degli industriali , degli operai stanchi e dei disoccupati arrabbiati .
STORIA DEL MELODRAMMA ITALIANO ( MALIPIERO FRANCESCO , 1919 )
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In Italia , durante il XVI secolo e per buona parte del secolo XVII , vissero molti musicisti , i quali , invece di dar sfogo alla loro ispirazione , erano affetti da una strana mania contrappuntistica , che valeva appena a rivelare la loro grande abilità tecnica . " Naturalmente " i compositori di questo tipo furono numerosi . A titolo di curiosità ancora oggi si ristampano e , di quando in quando , si eseguiscono le opere di un Pierluigi da Palestrina , di un Gesualdo da Verona ; e di qualche altro , ma tali esumazioni lasciano il tempo che trovano . La puerilità e , allo stesso tempo , la temerarietà dei cosidetti polifonisti erano ineffabili . Un certo Orazio Vecchi osò persino scrivere una commedia musicale in istile madrigalesco che intitolò : Anfiparnasso . Manca di ogni ispirazione melodica e anche l ' infimo dei nostri " cantanti " non troverebbe in questa elocubrazione accademica la possibilità di sfoggiare le sue qualità canore . Verso la fine del cinquecento e al principio del seicento , a Firenze , una combriccola di intellettuali si cacciò in testa di resuscitare la tragedia greca , creando un pseudo - melodramma , che con l ' opera d ' oggi non ha nulla a che fare . Questa combriccola , chiamata anche Camerata fiorentina , s ' illudeva d ' imprigionare il genio musicale nel cervello e perciò le opere che ci ha tramandato sono tutte cerebrali . In esse si cerca un ' espressione musicale parallela all ' espressione poetica e drammatica ; ne viene di conseguenza che l ' ispirazione , cioè la vena melodica , deve adattarsi a deplorevoli rinunzie . Soltanto a un musicista del XVII secolo , che oggi alcuni musicomani osano collocare fra i genii della musica , si deve una grande riconoscenza : a Claudio Monteverdi , " inventore " di quell ' accordo di settima di dominante che nell ' ottocento divenne una delle più potenti energie musicali , sopprimendo tutti gli altri accordi , meno quello della tonica necessario per finire i differenti brani musicali ( arie , duetti , ecc . ecc . ) di cui è composto un melodramma . Dall ' alternarsi dell ' accordo , di dominante e tonica , di tonica e dominante , nacque appunto lo stile cadenzato , cioè quello stile delizioso che , negli ultimi cent ' anni , ha permesso di fruttare le belle voci e le immense miniere di melodia che abbondano in Italia , specialmente dove fioriscono limoni ed aranci . Nel passato in Italia vi furono musicisti che si dedicarono alla musica da camera , all ' oratorio , alla musica istrumentale , forme musicali più adatte ai popoli nordici e che vennero distrutte , nell ' ottocento , dal fascino della melodia intensificato dall ' interpretazione dei nostri sublimi cantanti . Sarebbe ingiusto dimenticare ciò che dobbiamo pure al settecento : quantunque già nel seicento i seguaci della Camerata fiorentina avessero tentato di sviluppare le " arie " , fu il settecento che determinò definitivamente la forma dell ' opera " a pezzi " che permette il completo trionfo del cantante . Più si confronta l ' epoca aurea dell ' opera italiana , l ' ottocento , con quelle precedenti , più ci si convince che essa non ha " quasi " nessun debito di riconoscenza col passato , per la mancanza di legami materiali e ideali con questo . L ' ottocento musicale italiano è un ' immensa " gola " da cui sgorga un torrente di melodia . L ' orchestra , che nel settecento cominciava a diventare pericolosa , vi è soppressa , l ' armonia vi è bandita , si canta come le cicale sotto il bel sole italico . Il canto è riuscito dunque a sopprimere la musica ed è molto strano che si sia poi confuso il canto non pure con la musica , ma col dramma , quantunque l ' evoluzione di questo genere sia stata tale da considerare quantità trascurabile tutto ciò che non torni utile al cantante . Si canta perché si canta , e grazie a questa esuberanza a poco a poco si è potuto organizzare la grande esportazione della melodia e dei cantanti , si son potute istituire solide aziende commerciali , le quali hanno monopolizzato la musica italiana , sfruttando così una delle più singolari manifestazioni del genio latino . Per merito dell ' America e di qualche altro paese di cuccagna , si son potute accumulare considerevoli ricchezze che furono di grande utilità per il nostro paese . I musicisti arrivati amarono sempre il lusso e una vita " comoda " . Persino l ' industria automobilistica ne ha risentito parecchi vantaggi . Bella è poi la lotta che tiene deste tante energie per la conquista del titolo di " cigno nazionale " che può essere conferito soltanto a un " operista " . È questa una grande tradizione che suscita in tutti gli italiani la scintilla del nazionalismo . Spetta al melodramma anche il merito di aver resa famosa la musicalità italiana , che è stata apprezzata e riconosciuta in tutto il mondo , tant ' è vero che , quando l ' Italia entrò in guerra , alleati e nemici si stupirono che i soldati di un popolo tanto canterino potessero sopportare il fragore delle cannonate !
Un naïf in casa Marx ( D'Amico Fedele , 1975 )
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In un ' edizione per ogni verso superba e , come tutti sanno , con successo grandissimo , la Scala ha presentato al Teatro Lirico 1'«azione scenica » di Luigi Nono Al gran sole carico d ' amore : messa in scena , sotto la bacchetta di Claudio Abbado , da un ' équipe sovietica ( Jurij Ljubimov primo regista e David Borovskij primo scenografo del Teatro alla Taganka di Mosca , Leonid Jakobson coreografo del Kirov di Leningrado ) , solisti di canto Slavska Taskova Paoletti , Kristina Goranceva , Franca Fabbri , Luisella Ciaffi Ricagno , Eleonora Jankovic , Mario Basiola , Federico Davià , Gianni Socci , prima ballerina Rosalia Kovacs , maestri del coro Romano Gandolfi e Vittorio Rosetta . Forse a intendere che cosa questo Nono - Ljubimov sia sarà bene chiarire subito che cosa non è : non è quel messaggio « politico » , anzi marxista , che s ' è preteso . Marxismo salvo errore è critica , analisi dialettica , indagine su perché e percome ; e la politica in genere , qualcosa di simile . Ma da questo ci estromette , qui , già la struttura del testo . La quale , nonostante il sottotitolo , non un ' « azione » ci offre ma un collage d ' interiezioni : un seguito di detti , versi , battute ( di Che Guevara , Brecht , Gramsci , Marx , Lenin , Tania Bunke eccetera ) , a evocare immagini della Comune , di Cuba , Viet Nam , Torino postbellica , Russia 1905 ( accuratamente esclusa restandone beninteso , « nel quadro » d ' un asse Giudecca - Mosca , la Cina ) . Ma immagini , appunto , fotogrammi : con oppressori soltanto oppressori di qua , e oppressi soltanto oppressi di là . Nono , è vero , ha dichiarato di proscrivere la « contrapposizione di personaggi positivi e negativi » quale « elemento di schematizzazione estremamente superficiale » ; ma in pratica tale contrapposizione si riscontra anche in questa sua ultima fatica , che pure estremamente superficiale non è . Nell ' interesse dunque della medesima ci permettiamo di correggerlo : non è necessariamente superficiale , soltanto non è marxista ; piuttosto , riuscirà moralistica , forse sentimentale . Il marxismo non sta nel ridurre il « borghese » a un protervo delinquente bensì nel rivelare la parte , complicata alquanto , che la « borghesia » nel processo della storia sostiene . Il che non vuol dire che alla scena in cui la tuba di Thiers , razzisticamente vilipeso come un disgustoso nanerottolo , è presa a calci da un Bismarck cavalcante una specie di tubo Innocenti , ovvero al sarcastico e coreograficamente geniale ballet noir che la segue , l ' inventore del marxismo non si sarebbe divertito . Perfino superflue vengono poi rese queste considerazioni dalla realizzazione musicale , dove novantanove parole su cento non raggiungono lo spettatore e innumerevoli « voci » , estrapolate come sono da personaggi visibili , risultano materialmente irrelate ad alcunché . Come potrebbe Gramsci farcisi presente se non solo la sua unica battuta non arriva al nostro orecchio , ma il suo fisico personaggio non è in scena ? Pensare che tra i capi d ' accusa di quegli assessori milanesi che volevano interdire il lavoro come propaganda di partito era la presenza di Bandiera rossa ; della quale neppure l ' orecchio supersonico di Abbado potrebbe estrarre , dal groviglio della partitura , le parole né le note . Accertare , all ' inizio , che siamo ai giorni della Comune è già difficile ; ma chi poi , nella donna che dopo le prime incomprensibili battute del coro ne intona un ' altra incomprensibile non meno , ravviserebbe mai quel collegamento tra la Comune e la guerrigliera caduta in Bolivia un secolo dopo che l ' autore asserisce di proporci ? Che ora siffatti ermetismi , questo celare le chiavi d ' un significato in allusioni e antefatti affidati al programma di sala , delle liturgie del negativo praticate dall ' avanguardia d ' oggi siano un elemento indispensabile , è ben noto ; sta nelle regole del loro gioco . Ma con i fini di quest ' avanguardia la ferma tendenza di Nono al positivo e all ' immediatezza agitatoria ha ben poco a che fare . Diversamente da coloro , Nono è ciò che appare : stavolta dunque , è il combinato disposto tra ciò che la musica e lo spettacolo sensibilmente ci esibiscono ; ritraendosi le Tanie , i Viet Nam , gli assalti al Moncada , in una nebbia di ipotetiche allusioni . Laddove l ' assunto generale non è nebuloso affatto , consistendo in una serie di variazioni su un tema ben elementare : la povertà insorge contro il potere , ne è brutalmente repressa , piange la sconfitta , torna ad insorgere , è di nuovo conculcata e così via . Allo spettacolo sono affidate le variazioni ; che la fantasia e la scenotecnica di Ljubimov centrano come più icasticamente non si potrebbe . Alla musica invece il tema , l ' invariante , l ' « ostinato » ; ch ' essa fornisce , al suo modo naif , benissimo . Conta infatti , questa musica , su pochissime corde , ognuna tesa a una sua funzione , e immutabile da cima a fondo . Così la « repressione » è nell ' orchestra , che a parte moderate truculenze della percussione si fonda ossessivamente sui clusters ( cioè « grappoli » di note cromaticamente adiacenti ) assegnati , di volta in volta , a timbri omogenei ; mentre gli sfrigolii dei nastri elettronici ( realizzati con la collaborazione di Marino Zuccheri ) suggeriscono ovviamente inquietudine , sventura . Alle voci è affidato invece il pianto degli oppressi : nello sfondo alle lacrimanti , in distinte polifonie da ex voto dei cori , in primo piano alle canore volute delle soliste , sfogate su grandi sbalzi di registro fino alla stratosfera dei sovracuti . E in queste appunto è l ' acme espressiva del tutto : perché nell ' idea della donna come verifica « naturale » dell ' umano , dunque nella voce femminile , è l ' ispirazione prima del lavoro ; e perché quei loro arabeschi non sono melodie compiute ma indeterminati aneliti verso la melodia , struggente gemito di prefiche che va lamentando la sua stessa impossibilità di costituirsi in discorso . Giacché ancora una volta la differenza fra Nono e l ' avanguardia « negativa » è qui ; ciò che in coloro è strangolamento del canto , in lui è ingenua tensione a raggiungerlo . Ma stavolta , collocata come pedale a quella lanterna magica , questa tensione significa , nei suoi limiti , più che mai . A meraviglia l ' organica afasia di Nono , questa « infanzia » in cerca della parola , riflette il disarmante candore con cui vittime sprovvedute aspirano ad un riscatto del quale non riescono a configurarsi i termini . E quanto ai clusters . Si pensi all ' abuso che ne fa un Penderecki . Ma quale differenza . Senza dubbio la maestria di Penderecki sta a quella di Nono come dieci a uno . Ma dei suoi arnesi Penderecki usa al modo dell ' industriale che cinicamente sceglie di produrre mitra o medicinali in base a pure considerazioni di mercato . Invece Nono usa i suoi solo in quanto mezzi adatti ad esprimere quel punto esclamativo che è l ' alfa e l ' omega della sua Weltanschauung ; dunque perché , semplicemente , ci crede . Ora appunto questo crederci , questo aver qui creduto , Nono , in quel che faceva , si comunica allo spettatore , lo riscalda e convince . L ' amore di cui questo suo sole è carico non sarà così sublime come ci vanno raccontando , ma è autentico , una verità . Mentre i vari diavoli di Loudon e passioni secondo san Luca son carichi soltanto di ben costrutte menzogne .