StampaPeriodica ,
Non
mi
meraviglierei
se
anche
Stevenson
fosse
di
quegli
scrittori
che
,
per
un
complesso
di
circostanze
piuttosto
difficili
a
spiegare
,
i
conterranei
ammirano
,
spesso
anche
enfaticamente
,
ma
in
un
modo
intrigato
.
Nei
riguardi
di
questi
scrittori
,
gli
stranieri
godono
un
privilegio
di
spregiudicatezza
e
candore
,
o
diciamo
addirittura
d
'
ignoranza
:
ignoranza
che
,
come
in
altri
casi
,
finisce
per
contare
come
una
buona
azione
ad
esser
premiata
.
Si
potrebbe
obbiettare
,
quanto
all
'
Italia
,
che
Stevenson
non
è
ammirato
in
nessuno
dei
due
modi
,
perché
sostanzialmente
è
ignorato
;
e
lo
considerano
,
alla
lontana
,
come
un
autore
di
libri
d
'
avventure
pei
ragazzi
:
un
quissimile
di
Salgari
o
di
Verne
.
Ed
è
vero
.
Ma
se
,
nel
testo
o
in
traduzioni
fatte
con
arte
,
Stevenson
sarà
più
letto
,
non
credo
improbabile
si
riconoscerà
,
d
'
istinto
e
con
molta
chiarezza
,
il
suo
significato
vitale
,
che
,
studiando
alcuni
scritti
inglesi
intorno
a
lui
,
ho
visto
che
invece
è
scoperto
,
quando
è
scoperto
,
soltanto
tra
frasche
e
andirivieni
;
e
definito
,
quasi
sempre
,
incidentalmente
o
a
mezza
voce
.
È
uno
di
quei
casi
che
si
cerca
la
seggiola
sulla
quale
siamo
seduti
;
e
che
il
problema
letterario
s
'
inacerbisce
appunto
perché
si
parla
troppo
d
'
un
problema
letterario
e
ci
si
monta
il
capo
.
Probabilmente
la
vera
soluzione
la
dettero
,
fin
da
'
primi
giorni
di
Treasure
Island
,
i
ragazzi
.
È
l
'
unica
cosa
che
resterebbe
da
fare
ai
grandi
,
forse
non
sarebbe
altro
che
mettere
in
forma
,
con
più
riguardo
possibile
,
le
impressioni
dei
piccini
.
Ha
osservato
Chesterton
,
discutendo
un
libro
di
H
.
Bellyse
Baildon
su
Stevenson
,
che
,
nell
'
ammirazione
dei
lettori
colti
,
l
'
incanto
delle
straordinarie
virtù
di
questo
scrittore
è
in
certo
modo
turbato
dall
'
eccesso
d
'
una
virtù
addizionale
:
"
la
versatilità
e
destrezza
artistica
"
.
"
Egli
sofferse
della
sua
versatilità
,
non
perché
riuscì
abbastanza
bene
nei
generi
più
diversi
,
ma
perché
,
nei
generi
più
diversi
riuscì
troppo
bene
"
.
"
Capace
di
realizzare
il
proverbiale
miracolo
d
'
essere
in
cinque
posti
allo
stesso
tempo
,
portò
gli
altri
a
ritenere
ch
'
egli
fosse
cinque
diverse
persone
"
.
(
Twelve
Types
,
115
)
.
E
cinque
persone
,
specie
se
coperte
d
'
un
sol
nome
,
finiscon
sempre
coll
'
essere
molto
meno
convincenti
di
una
sola
persona
.
Ma
vorrei
dire
,
piuttosto
,
che
non
soltanto
Stevenson
fu
capace
di
trovarsi
in
cinque
posti
allo
stesso
tempo
,
in
modo
che
la
gente
poté
pensare
ch
'
egli
fosse
cinque
diverse
persone
.
Completamente
in
alcuni
dei
suoi
libri
,
saltuariamente
in
altri
,
tutte
le
sue
cinque
,
sette
o
otto
persone
:
il
ragazzo
,
il
cockney
,
il
letterato
,
il
pirata
,
il
puritano
,
si
riabbracciavano
fraternamente
e
ridiventavano
una
;
e
fu
,
per
l
'
appunto
,
nei
luoghi
più
semplici
dei
libri
abili
e
versatili
,
quando
non
fu
nei
più
semplici
fra
tutti
i
suoi
libri
.
In
realtà
,
uno
scrittore
come
lui
,
ricchissimo
di
senso
del
romanzo
peccava
,
almeno
in
certo
senso
,
di
eccesso
romanzesco
,
quando
,
pur
con
tutta
la
sua
scaltra
discrezione
e
la
sua
facoltà
di
dare
alle
immagini
la
positività
d
'
un
documento
storico
,
si
metteva
ad
architettare
un
romanzo
.
Senza
contare
che
per
questo
scrittore
così
dotato
la
vita
vissuta
era
stata
,
quasi
dal
principio
,
straordinaria
come
il
più
incredibile
dei
romanzi
.
"
Questo
clima
;
questi
viaggi
;
e
l
'
apparire
delle
terre
all
'
aurora
;
le
nuove
isole
che
spuntavano
dai
banchi
di
nebbie
mattutine
;
e
nuovi
approdi
boscosi
;
e
nuovi
allarmi
di
temporali
e
risacche
-
tutta
la
storia
della
mia
vita
è
per
me
più
bella
di
qualsiasi
poema
"
(
Letters
,
11
,
160
)
.
Per
questo
scrittore
,
la
disposizione
più
feconda
veniva
ad
essere
non
dico
tanto
rituffarsi
nella
propria
storia
"
più
bella
di
qualsiasi
poema
"
,
quanto
lasciarsi
galleggiare
alla
superficie
di
cotesta
storia
;
non
tanto
raccontarsi
nel
passato
,
quanto
rivedersi
nelle
cose
,
semplicemente
posando
gli
occhi
sul
mondo
.
La
sapienza
ingenua
del
suo
sguardo
bastava
a
creare
,
con
la
materia
immediata
del
mondo
,
il
più
pacifico
e
vertiginoso
miracolo
,
al
quale
era
impossibile
potessero
aggiunger
qualcosa
anche
le
più
acute
invenzioni
.
Tutta
la
sua
mitologia
è
,
così
,
colore
istantaneo
e
suono
.
Ci
son
parole
semplicissime
,
portate
senza
epiteti
:
la
parola
surf
,
per
esempio
;
che
nessun
altro
scrittore
sembra
possa
mai
più
,
in
nessun
modo
,
adoprarle
,
senza
accettare
nello
stesso
tempo
tutto
quello
che
in
lui
voglion
dire
,
tanto
il
suo
romanzo
ormai
le
riempie
e
le
preme
.
E
se
guarda
:
"
la
ciocca
secca
d
'
un
palmizio
come
un
ventaglio
d
'
oro
fra
la
verzura
"
o
"
l
'
acqua
dell
'
atollo
azzurra
e
grigia
;
e
nella
trasparenza
della
luce
sottomarina
il
corallo
rameggiante
e
fiorito
e
la
moltitudine
dei
pesci
che
volteggiano
,
punteggiati
,
striati
,
perfino
rostrati
come
pappagalli
...
"
(
In
The
South
Seas
,
167
)
;
il
suo
colore
è
in
sé
la
più
fantastica
delle
favole
;
e
qualsiasi
avventura
,
dopo
,
non
sembra
che
un
'
estensione
e
un
commento
.
Come
il
suo
stile
è
,
costantemente
,
così
delicato
e
fermo
,
leggero
e
governato
,
che
l
'
unica
sorpresa
ch
'
egli
riesce
ad
aggiungergli
è
d
'
arrivare
quasi
ad
obliarlo
,
ritrovando
nelle
lettere
e
diari
,
e
nelle
pagine
di
In
The
South
Seas
,
una
familiare
chiarezza
anche
superiore
a
quella
sua
chiarezza
temperata
su
Livio
;
una
naturale
finitezza
,
anche
più
raffinata
di
quella
sua
industriosa
finitezza
francese
.
Intendo
che
,
per
mio
conto
,
è
impossibile
,
nei
riguardi
di
Stevenson
,
eresia
più
rozza
e
pedantesca
di
quella
proposta
dal
suo
biografo
e
critico
Graham
Balfour
,
secondo
la
quale
,
una
volta
entrato
nei
mari
del
Sud
e
nell
'
ultimo
periodo
della
sua
vita
,
Stevenson
non
avrebbe
prodotto
più
nulla
d
'
assolutamente
grande
.
E
,
in
ogni
caso
,
sarei
piuttosto
per
un
'
eresia
che
sostenesse
il
contrario
.
Comunque
,
posso
assicurare
,
che
quella
versatilità
e
ubiquità
la
quale
determina
,
come
s
'
è
visto
,
in
alcuni
lettori
,
una
sorta
di
diminuzione
di
fede
,
per
conto
mio
non
mi
ha
mai
impedito
di
essere
a
tutti
i
suoi
spettacoli
e
col
più
innocente
abbandono
.
Ho
detto
che
,
riguardo
a
Stevenson
,
forse
converrebbe
fare
come
i
bambini
.
E
anche
in
questo
caso
,
oltre
mille
altri
,
mi
trovo
davvero
ad
avere
fatto
in
tutto
come
i
bambini
.
Al
pappagallo
di
cucina
,
sulla
nave
che
porta
i
pirati
verso
l
'
isola
del
tesoro
,
io
gli
ho
voluto
più
bene
che
se
fosse
stato
il
pappagallo
di
casa
mia
;
molti
anni
prima
di
sapere
che
c
'
erano
stati
anche
i
pappagalli
di
Daniel
Defoe
,
e
che
cotesto
,
probabilmente
,
veniva
da
quella
famiglia
di
pappagalli
.
E
son
sicuro
d
'
aver
sgranato
gli
occhi
come
un
bambino
,
quando
in
Treasure
Island
la
nave
deserta
viene
bordeggiando
sul
risucchio
come
la
più
indubitabile
e
pazza
delle
apparizioni
;
e
d
'
averli
sgranati
con
non
meno
stupore
,
più
tardi
,
e
,
questa
volta
,
non
più
soltanto
come
un
bambino
ma
anche
come
un
critico
,
nell
'
accorgermi
che
cotesta
nave
,
il
più
perfezionato
dei
vascelli
fantasma
,
apparteneva
alla
stessa
flottiglia
della
nave
-
scheletro
in
Coleridge
e
del
pontone
abbandonato
di
Gordon
Pym
.
La
voce
spettrale
presso
la
tomba
del
tesoro
,
il
campanello
del
lebbroso
in
The
Black
Arrow
,
il
gemito
delle
sirene
in
The
Beach
of
Falesa
,
e
quel
cantarellare
di
Keawe
nella
stanza
da
bagno
,
che
bruscamente
s
'
interruppe
e
non
si
sentì
più
(
The
Bottle
Imp
)
,
se
qualcuno
poté
udirli
e
scordarsene
,
per
me
li
sentii
con
troppo
spavento
da
potermene
mai
più
dimenticare
.
Il
diabolismo
di
The
Master
of
Ballantrae
e
Dr
.
Jekyll
,
appena
per
un
miracolo
non
mi
fece
davvero
credere
,
anche
me
come
tanti
,
a
un
pessimismo
di
Stevenson
.
E
se
,
infine
,
c
'
era
da
applaudire
una
trovata
da
maestro
,
un
'
alzata
di
genio
nel
cavarsi
d
'
impaccio
,
nel
rianimare
e
risolvere
una
situazione
(
per
esempio
il
duello
notturno
di
Wiltshire
e
Case
in
The
Beach
of
Falesa
che
poteva
,
da
un
minuto
all
'
altro
,
diventar
banale
,
io
ho
applaudito
con
la
compunzione
con
cui
si
applaudono
i
portenti
che
non
sapremo
far
mai
,
ma
ai
quali
la
bontà
di
Dio
ci
permette
,
qualche
volta
,
d
'
assistere
di
dietro
le
quinte
,
o
dalla
buca
del
suggeritore
.
Con
tutto
questo
,
so
che
ci
son
cose
nelle
quali
Stevenson
è
Stevenson
più
che
in
tutte
queste
cose
.
E
toni
anche
più
suoi
di
tutti
questi
toni
.
Verità
sue
,
più
romanzesche
di
tutte
queste
strepitose
invenzioni
.
Ripeto
ch
'
egli
era
troppo
immediatamente
pieno
di
romanzo
da
aver
bisogno
di
romanzi
.
Era
di
quei
poeti
che
dicono
qualche
gran
cosa
lirica
,
tutte
le
volte
che
scrivono
una
lirica
,
ma
forse
ne
dicono
una
anche
più
grande
,
quando
si
crederebbe
soltanto
che
avessero
tirato
giù
il
più
vago
degli
appunti
,
o
magari
avessero
chiesto
un
cerino
.
Era
di
quei
pittori
che
stemperano
gli
ori
e
le
gemme
del
Sultano
e
i
colori
del
tramonto
,
nella
loro
nuova
edizione
delle
Mille
e
una
notte
.
Ma
poi
si
scopre
che
la
figura
più
luminosa
la
tinsero
"
con
una
scatola
di
acquarelli
da
una
lira
"
,
come
quelle
che
,
per
dipingere
i
mari
e
i
regni
delle
loro
carte
geografiche
,
adoprano
i
bambini
.
Era
di
quei
sognatori
che
convincono
a
tutti
i
sogni
,
e
specialmente
ai
più
eccessivi
e
assurdi
sogni
;
e
così
ci
ha
fatto
credere
d
'
aver
visto
con
questi
poveri
occhi
il
diavolo
stesso
uscire
e
rientrare
nella
boccetta
più
lesto
d
'
un
lucertolino
(
The
Bottle
Imp
)
.
Ma
non
c
'
è
sogno
che
non
imbianchi
,
quando
s
'
è
visto
che
cosa
sieno
una
proda
d
'
erba
,
una
donna
lungomare
,
il
muro
d
'
una
casa
specchiati
nelle
sue
infantili
e
tremende
pupille
.
Era
di
quei
raccontatori
che
posson
fare
anche
a
meno
delle
suggestive
distanze
che
altri
ricava
dalle
cronache
e
dalle
leggende
,
o
trova
nelle
architetture
e
prospettive
del
racconto
;
perché
tutto
in
lui
,
all
'
atto
della
parola
,
precipitava
in
ingenuità
trasparenti
e
vivi
colori
,
ma
portando
seco
come
il
rombo
d
'
un
'
avventura
e
d
'
una
lontananza
infinita
.
Questa
chiarezza
misteriosa
diventa
più
fissa
e
più
alta
,
quando
gli
arcipelaghi
tropicali
gli
galleggiarono
incontro
,
come
paradisi
emersi
di
fondo
al
tempo
e
al
dolore
:
"
e
s
'
udirono
sopra
bordo
belare
gli
agnelli
e
un
uccello
che
cantava
alla
collina
;
e
ci
fiatò
incontro
l
'
odore
della
terra
e
della
frutta
e
dei
fiori
;
ed
ecco
,
una
casa
o
due
apparvero
...
"
(
In
the
South
Seas
,
6
)
.
Ma
l
'
accento
leggendario
è
in
ogni
impressione
della
sua
vita
;
né
ricordi
di
Barbizon
e
del
lago
artico
di
Saranac
;
di
Davos
Platz
e
della
domestica
Edimburgo
;
fino
a
quelli
della
miseria
infantile
,
nelle
interminabili
notti
di
tosse
e
di
febbre
,
in
braccio
alla
nutrice
:
"
Come
mi
ricordo
bene
di
quando
ella
m
'
alzava
di
letto
,
e
portandomi
alla
finestre
mi
mostrava
una
o
due
finestre
accese
di
là
dal
nero
cerchio
dei
giardini
;
e
l
'
un
con
l
'
altra
ci
dicevamo
che
forse
anche
laggiù
c
'
eran
dei
bambini
malati
con
le
loro
nutrici
e
come
noi
aspettavano
l
'
alba
!
"
(
Underwoods
:
The
Sick
Child
)
.
Nei
mari
del
Sud
il
suo
miracolo
riceve
soltanto
l
'
ultima
evidenza
;
e
succede
qualcosa
di
simile
a
quando
Wiltshire
sulla
nave
porta
all
'
occhio
il
cannocchiale
e
regola
la
vite
,
e
la
spiaggia
s
'
accostò
di
salto
.
Vita
e
fantasia
si
sovrapposero
in
assoluta
e
storica
identità
;
e
veramente
ormai
non
c
'
era
che
dimenticarsi
e
guardare
.
Tutti
i
suoi
personaggi
,
anche
quelli
che
non
aveva
avuto
coraggio
di
descrivere
,
eran
diventati
vivi
e
parlanti
,
di
carne
e
d
'
ossa
;
e
venivano
a
pigliare
il
thè
e
chiedergli
un
consiglio
in
casa
sua
e
sulla
veranda
:
i
capi
tribù
,
le
regine
cannibali
ora
spotestate
e
ospiti
delle
monache
;
i
pirati
ridotti
a
mestieri
ragionevoli
,
i
ravveduti
bucanieri
.
Così
le
sue
lettere
e
diari
di
questi
anni
son
la
miniera
d
'
un
materiale
che
non
ha
quasi
subìto
ritocchi
,
e
non
ne
aveva
bisogno
,
passando
negli
ultimi
racconti
famosi
;
ma
c
'
è
passato
soltanto
in
piccola
parte
.
Daremo
prossimamente
la
traduzione
d
'
alcune
di
coteste
pagine
;
e
,
oltre
alla
gioia
che
potrà
offrire
la
loro
bellezza
,
saranno
la
più
netta
riprova
di
quel
che
abbiamo
voluto
dire
della
visionarietà
di
Stevenson
e
del
suo
particolare
senso
del
romanzo
.
I
rematori
di
The
Beach
of
Falesa
;
che
vanno
con
il
loro
canotto
verso
le
cascate
dove
son
le
fate
;
quella
magica
barca
del
missionario
dipinta
di
bianco
,
la
cui
sagoma
sembra
d
'
aver
visto
(
con
la
seggiola
a
dondolo
e
l
'
elmo
di
sughero
del
prete
e
ogni
cosa
)
sulla
pancia
d
'
un
vaso
cretese
;
l
'
"
atollo
"
di
The
Isle
of
Voices
,
con
la
frangia
di
dattolieri
e
la
laguna
tempestata
di
stelle
;
e
Kokua
ch
'
esce
dal
bagno
col
suo
cappellone
di
paglia
;
e
Urna
sulla
riva
di
Falesa
nella
sua
nudità
d
'
antica
statua
greco
buddhista
,
non
son
che
poche
figure
d
'
un
album
che
ne
ha
mille
.
E
quanto
ai
guerrieri
e
capi
,
lasceremo
giudicare
quelli
che
conoscono
,
o
ai
quali
faremo
conoscere
,
Tembinok
re
di
Apemama
,
in
tight
o
in
uniforme
navale
,
con
la
pipa
di
schiuma
e
gli
occhiali
verdi
.
Tutti
i
suoi
personaggi
eran
diventati
veri
,
e
si
raccoglievano
intorno
a
lui
:
e
perfino
l
'
orrendo
lebbroso
di
The
Black
Arrow
,
dall
'
antichità
medievale
era
disceso
nel
lazzeretto
di
Molokai
,
con
centinaia
di
fratelli
.
Stevenson
volle
vivere
insieme
a
loro
parecchi
giorni
.
La
cristiana
giovialità
ch
'
è
la
gran
logica
dei
suoi
racconti
,
gli
si
trasformava
,
o
meglio
finiva
di
trasformarglisi
,
in
atto
;
e
questo
è
forse
l
'
ultimo
segreto
anche
della
sua
perfezione
di
poeta
,
conquistato
attraverso
le
sue
infinite
e
quasi
quotidiane
morti
;
il
segreto
di
quel
suo
ultimo
sguardo
,
umido
e
sfolgorante
sopra
le
cose
.
Com
'
è
diverso
,
anzi
contrario
a
tutti
gli
artisti
che
si
misero
in
giro
pel
mondo
,
disperati
predoni
!
Gauguin
,
che
va
a
Tahiti
per
ragion
.
d
'
estetica
,
e
,
dipingendo
Tahiti
,
con
la
coda
dell
'
occhio
guarda
Parigi
;
e
s
'
abbevera
di
vita
primordiale
,
come
uno
che
beve
vino
non
perché
il
vino
è
una
cosa
gioconda
,
ma
perché
ci
son
casi
che
il
vino
può
esser
anche
una
medicina
.
La
volontà
arcaica
di
Gauguin
a
Tahiti
non
è
spiritualmente
più
sana
dell
'
atto
col
quale
il
decadente
fuma
l
'
oppio
per
sognare
e
cavare
una
poesia
da
cotesti
sogni
.
Niente
di
simile
in
Stevenson
;
e
niente
di
quella
cupidità
ch
'
è
in
Henley
,
di
caricare
i
toni
della
vita
barbarica
.
La
sua
passione
per
le
avventure
,
i
combattimenti
,
il
sangue
che
corre
,
è
tutta
ariostesca
.
E
niente
della
professionalità
di
Kipling
,
della
sua
enfasi
imperiale
.
Stevenson
gira
soltanto
per
le
necessità
della
salute
distrutta
;
e
nella
sua
casa
di
Vailima
seguita
di
buona
voglia
a
scriver
fiabe
scozzesi
.
Non
ha
nessuna
velleità
di
allargare
il
mondo
,
come
fa
Kipling
,
che
non
è
mai
sazio
delle
diversità
più
mostruose
;
e
il
suo
interesse
,
invece
d
'
allargare
il
mondo
è
stranirlo
,
è
di
famigliarizzarlo
e
riempirlo
d
'
intimità
.
In
confronto
all
'
improntitudine
del
Kipling
,
giornalista
e
militare
,
che
commovente
confessione
quella
di
Stevenson
,
la
notte
che
precede
il
suo
approdo
alle
isole
dei
mari
del
Sud
!
"
A
un
tratto
sentii
vergogna
che
quelle
notti
fossero
più
belle
delle
nostre
notti
,
gli
astri
più
dolci
e
lucenti
,
le
costellazioni
più
armoniose
.
Sentii
vergogna
,
dico
,
come
d
'
un
'
estrema
infedeltà
,
d
'
aver
disertato
le
stelle
che
brillano
sui
miei
padri
...
"
(
In
the
South
Sea
,
14
)
.
È
questo
scrupolo
di
possedere
,
che
dà
benedizione
al
suo
possesso
.
E
per
questo
i
suoi
arcipelaghi
equatoriali
sembran
visti
nella
santa
luce
che
illuminò
le
prime
navigazioni
mediterranee
.
E
per
questo
la
vita
di
Samoa
e
di
Honololu
ha
la
domestica
universalità
che
prima
avevan
avuto
soltanto
quei
risvegli
borghigiani
e
giuochi
di
fanciulle
e
marini
colloqui
dell
'
Odissea
.
StampaPeriodica ,
Al
partito
,
nel
suo
rigoglioso
sviluppo
,
seguito
alla
Liberazione
,
si
pose
fin
dai
primi
giorni
della
ripresa
di
una
vita
legale
e
democratica
il
compito
di
avviare
una
larga
azione
di
rinnovamento
culturale
nel
Paese
.
Non
a
caso
,
infatti
,
una
prima
indicazione
degli
obiettivi
più
urgenti
che
ad
esso
si
ponevano
in
questo
campo
,
si
ritrova
nell
'
editoriale
col
quale
nel
giugno
1944
,
ancor
nel
pieno
fervore
della
lotta
armata
antifascista
,
Rinascita
si
presentava
al
pubblico
.
Quel
«
Programma
»
poneva
in
primo
piano
l
'
esigenza
di
fornire
al
movimento
operaio
e
democratico
italiano
una
guida
ideologica
e
soggiungeva
che
un
simile
obiettivo
era
di
tale
importanza
da
investire
tutta
la
vita
del
Paese
in
tutte
le
sue
manifestazioni
e
perciò
stesso
richiedeva
la
più
larga
mobilitazione
di
tutte
le
forze
intellettuali
decise
a
battere
le
vie
di
un
rinnovamento
radicale
sia
della
nostra
vita
politica
che
della
nostra
cultura
.
La
prima
fase
della
politica
culturale
del
partito
,
che
va
all
'
incirca
fino
al
1947
,
cioè
fino
alla
rottura
ad
opera
della
Democrazia
cristiana
del
fronte
democratico
nazionale
,
è
contrassegnata
appunto
da
un
primo
conseguente
sforzo
di
fornire
alla
cultura
italiana
gli
elementi
della
concezione
marxista
-
leninista
della
realtà
e
insieme
di
stringere
la
più
larga
alleanza
con
tutti
gli
intellettuali
onesti
,
sinceramente
democratici
e
antifascisti
.
Ma
una
più
precisa
impostazione
del
lavoro
culturale
del
partito
e
un
approfondimento
di
questi
motivi
,
si
ebbe
al
principio
del
1948
,
quando
il
compagno
Togliatti
al
VI
Congresso
indicò
ai
compagni
intellettuali
,
venuti
numerosi
negli
ultimi
anni
ad
ingrossare
le
file
del
reparto
d
'
avanguardia
della
classe
operaia
,
alcuni
compiti
specifici
.
Tappe
essenziali
della
elaborazione
di
queste
indicazioni
furono
la
discussione
al
Comitato
centrale
del
settembre
1948
,
su
relazione
del
compagno
Longo
,
e
i
lavori
del
primo
Ufficio
nazionale
per
il
lavoro
culturale
,
i
cui
risultati
furono
elaborati
nella
Risoluzione
della
Direzione
del
partito
dell
'
agosto
1949
(
Istruzioni
e
direttive
,
n
.
19
)
.
Questo
documento
è
tuttora
la
base
del
nostro
lavoro
culturale
.
Gli
avvenimenti
successivi
hanno
pienamente
confermato
la
giustezza
dell
'
analisi
della
situazione
italiana
,
caratterizzata
dalla
ripresa
offensiva
delle
forze
dell
'
oscurantismo
imperialista
e
clericale
contro
la
cultura
moderna
,
democratica
,
nazionale
,
laica
;
dalla
impotenza
alla
quale
si
sono
volontariamente
votati
i
grandi
rappresentanti
della
cultura
idealistica
,
accecati
dall
'
anticomunismo
fino
a
prostrarsi
davanti
alla
incoltura
clericale
;
ma
anche
da
un
incontenibile
,
salutare
slancio
di
un
pensiero
rinnovatore
e
democratico
che
nei
campi
più
vari
della
produzione
dell
'
intelletto
-
dal
cinema
alle
arti
figurative
,
alla
musica
,
al
teatro
,
alle
scienze
,
alla
letteratura
-
ha
attestato
ormai
da
quale
parte
soltanto
possa
venire
una
iniziativa
feconda
di
nuovi
valori
.
Le
precise
indicazioni
di
lavoro
che
la
Risoluzione
conteneva
non
sono
rimaste
,
del
resto
,
lettera
morta
;
anzi
,
da
un
analitico
bilancio
della
attività
complessiva
delle
Commissioni
culturali
,
centrali
e
periferiche
,
e
delle
organizzazioni
culturali
di
massa
risulterebbe
che
quei
compiti
sono
stati
in
parte
esauriti
e
in
parte
avviati
con
successo
.
Né
le
deficienze
-
che
senza
dubbio
devono
essere
colmate
da
un
più
serrato
impegno
nel
lavoro
-
si
rivelerebbero
tali
da
inficiare
un
giudizio
globale
positivo
.
Non
è
però
nostro
compito
,
né
nostra
intenzione
,
trarre
qui
le
somme
di
un
simile
bilancio
;
vogliamo
piuttosto
esaminare
il
grado
di
consapevolezza
dell
'
importanza
del
lavoro
culturale
raggiunto
dal
partito
nel
suo
complesso
e
il
grado
di
consapevolezza
del
carattere
di
partito
del
loro
lavoro
raggiunto
dai
compagni
professionalmente
dediti
alla
produzione
culturale
.
Per
cominciare
dal
secondo
punto
,
in
quale
misura
e
con
quali
risultati
si
è
realizzata
finora
quella
mobilitazione
dei
nostri
quadri
culturali
che
era
il
compito
organizzativo
preliminare
e
pregiudiziale
indicato
dalla
Risoluzione
della
Direzione
?
Che
è
quanto
dire
,
in
altri
termini
,
in
quale
misura
i
compagni
intellettuali
hanno
risposto
all
'
invito
loro
rivolto
dal
Capo
del
partito
dalla
tribuna
del
VI
Congresso
?
Quell
'
invito
conteneva
un
esplicito
richiamo
all
'
unità
della
coscienza
e
della
vita
che
è
di
tutti
i
seri
pensatori
e
attori
della
storia
,
quindi
a
porre
al
servizio
della
lotta
le
proprie
capacità
produttive
,
a
non
prolungare
un
assurdo
e
inconcepibile
sdoppiamento
fra
la
propria
personalità
di
militanti
comunisti
e
quella
di
produttori
di
cultura
,
a
superare
i
termini
astratti
del
dibattito
sul
rapporto
fra
cultura
e
politica
per
impegnarsi
nel
lavoro
duro
,
paziente
,
metodico
,
costruttivo
,
di
pensiero
,
di
ricerca
,
di
creazione
.
Non
esitiamo
ad
affermare
che
un
numero
sempre
maggiore
di
compagni
ha
mostrato
di
comprendere
ed
ha
saputo
rispondere
a
questo
appello
,
e
mostra
di
avviarsi
verso
quel
modo
di
essere
del
nuovo
intellettuale
,
limpidamente
definito
da
Gramsci
:
non
rimanere
chiuso
nella
propria
specialità
,
ma
diventare
«
dirigente
(
specialista
politico
)
»
(
Gli
intellettuali
e
l
'
organizzazione
della
cultura
,
pag.
7
)
.
Ma
molti
sono
ancora
i
compagni
intellettuali
«
che
non
riescono
a
dare
al
partito
tutto
quello
che
dovrebbero
,
di
cui
il
partito
ha
bisogno
e
che
da
loro
potrebbe
ricevere
»
(
Togliatti
,
VI
Congresso
)
.
Né
li
si
potrebbe
riunire
in
blocco
con
una
definizione
che
pretendesse
di
spiegare
univocamente
un
fenomeno
in
realtà
assai
vario
e
complesso
.
C
'
è
chi
non
se
la
sente
di
impegnarsi
e
preferisce
magari
starsene
in
disparte
,
per
una
paura
di
sbagliare
»
che
-
chiedo
venia
per
la
tautologia
-
è
,
per
l
'
appunto
,
mancanza
di
coraggio
.
C
'
è
chi
non
scrive
un
articolo
di
critica
letteraria
perché
non
è
ancora
riuscito
a
superare
i
canoni
dell
'
Estetica
crociana
(
dei
quali
sente
tuttavia
l
'
insufficienza
)
e
non
s
'
avvede
che
,
ovviamente
,
non
potrà
superarli
per
altra
via
che
non
sia
quella
di
un
concreto
esercizio
della
critica
ispirata
alla
sua
nuova
coscienza
di
militante
comunista
.
Sono
gli
insoddisfatti
,
sono
compagni
ai
quali
si
può
fare
-
per
quanto
lo
consente
questa
generalizzazione
-
l
'
appunto
di
non
essersi
dedicati
allo
studio
serio
del
marxismo
-
leninismo
,
di
non
averne
abbastanza
sperimentato
nella
vita
pratica
,
di
partito
,
la
verità
,
e
di
non
averne
quindi
tratto
la
logica
conclusione
che
quella
verità
non
può
valere
solo
per
un
limitato
aspetto
dell
'
attività
umana
.
È
chiaro
che
in
atteggiamenti
di
questo
tipo
riaffiora
l
'
ideologia
errata
dell
'
autonomia
degli
intellettuali
come
gruppo
sociale
e
che
si
pone
quindi
nei
loro
confronti
il
problema
dell
'
assimilazione
da
parte
della
classe
operaia
(
cfr.
Gramsci
,
op.
cit
.
,
pp.
5
,
7
)
.
Questi
compagni
sono
coloro
che
rinunciano
a
diventare
dei
«
dirigenti
»
,
ma
essi
non
sanno
forse
chiaramente
che
questo
significa
rinunziare
ad
essere
dei
comunisti
:
occorre
chiarire
la
contraddizione
implicita
nel
loro
atteggiamento
.
Ad
essi
non
si
può
tuttavia
negare
,
almeno
in
molti
casi
,
di
avere
avvertito
che
l
'
entrata
nel
Partito
comunista
non
poteva
essere
un
gesto
privo
di
conseguenze
anche
sulla
loro
qualità
di
produttori
di
cultura
.
Succede
invece
che
proprio
questa
considerazione
abbia
fatto
difetto
in
altri
casi
.
Succede
che
vi
siano
ancora
,
ma
in
sempre
minor
misura
,
in
verità
,
coloro
i
quali
hanno
creduto
che
nulla
il
partito
avesse
da
dir
loro
in
questa
materia
,
coloro
che
hanno
interpretato
alquanto
frettolosamente
l
'
art.
2
dello
Statuto
,
senza
neanche
gettare
un
'
occhiata
sull
'
art.
9
.
E
hanno
continuato
a
fare
il
loro
mestiere
,
come
se
nulla
fosse
accaduto
,
gelosi
della
loro
tecnica
e
non
senza
un
'
ombra
di
disdegno
verso
le
intrusioni
«
politiche
»
,
convinti
,
in
fondo
,
che
l
'
«
autonomia
»
della
cultura
sia
una
gran
bella
cosa
e
cioè
(
ma
non
vorrebbero
magari
sentirselo
dire
in
questi
termini
!
)
che
lo
spirito
non
può
essere
contaminato
dalla
materia
.
In
questo
caso
si
è
ancora
evidentemente
sotto
l
'
influenza
del
mondo
di
provenienza
,
del
mondo
intellettuale
borghese
al
quale
si
resta
gelosamente
attaccati
.
L
'
idea
dell
'
autonomia
della
cultura
,
ha
poi
questa
sua
applicazione
particolare
:
che
una
funzione
di
guida
culturale
non
spetti
al
partito
nel
suo
complesso
.
ma
ai
singoli
compagni
intellettuali
come
tali
.
Ora
il
rapporto
qui
è
chiaro
e
non
dovrebbe
esserci
possibilità
d
'
equivoco
.
Il
partito
ha
bisogno
dell
'
apporto
dei
singoli
produttori
di
cultura
,
ma
la
loro
funzione
di
direzione
si
esercita
proprio
nella
misura
in
cui
essi
forniscono
al
partito
,
che
è
fatto
di
uomini
,
di
persone
pensanti
,
il
loro
apporta
ad
una
esperienza
comune
.
Sentire
in
questo
una
mortificazione
e
non
un
potenzia
mento
della
propria
personalità
,
è
indizio
evidente
del
permanere
di
forti
residui
di
una
mentalità
esasperatamente
individualistica
.
Esiste
tuttavia
anche
un
pericolo
opposto
e
che
più
raramente
viene
ricordato
e
criticato
.
Pure
,
bisogna
parlarne
.
È
-
in
un
campo
particolare
-
quella
che
Lenin
chiamava
la
«
presunzione
comunista
»
(
V
.
STALIN
,
Principi
del
leninismo
,
ed.
Rinascita
,
p
.
128
)
.
Succede
infatti
che
per
essere
un
comunista
,
e
per
aver
raggiunto
alcuni
.
giuste
e
salde
convinzioni
,
taluno
si
senta
autorizzato
a
pronunciare
giudizi
non
motivati
da
indagini
particolari
relative
a
quel
determinato
oggetto
,
ma
come
frettolosa
«
applicazione
»
del
marxismo
-
leninismo
.
È
difficile
rendere
un
peggiore
servizio
al
marxismo
-
leninismo
.
Né
occorre
spendere
molte
parole
per
dimostrare
,
non
sula
la
poca
serietà
di
un
simile
procedere
,
ma
il
vero
danno
politico
che
ne
può
derivare
Che
ogni
verità
sia
un
punto
d
'
arrivo
e
non
un
punto
di
partenza
,
è
principio
di
ogni
pensiero
critico
e
in
particolare
il
marxismo
insegna
la
estrema
complessità
dei
fatti
sociali
e
in
genere
di
ogni
a
manifestazione
dello
spirito
(
se
mi
si
passa
questa
idealistica
locuzione
di
comodo
)
.
Un
esempio
recente
delle
aberrazioni
a
cui
può
portare
una
eccessiva
pretesa
di
semplificazione
è
stato
offerto
dagli
errori
della
linguistica
pseudomarxista
nell
'
URSS
,
e
la
critica
di
Stalin
contiene
un
insegnamento
di
carattere
generale
,
quanto
al
metodo
di
indagine
,
che
va
ben
oltre
il
campo
specifico
di
una
scienza
e
sul
quale
occorre
meditare
.
Ma
qui
si
innesta
l
'
altro
quesito
a
cui
vorremmo
tentare
di
dare
una
risposta
.
In
che
misura
il
partito
dirige
ed
educa
gli
intellettuali
che
militano
nelle
sue
file
?
Forse
non
ancora
troppo
scarsamente
?
Nel
nostro
partito
si
esercita
oggi
,
sui
prodotti
intellettuali
dei
compagni
una
libera
,
aperta
,
franca
critica
,
paragonabile
a
quella
che
si
esercita
sugli
altri
atti
politici
dei
membri
del
partito
?
Credo
in
misura
ancora
del
tutto
insufficiente
:
sembra
che
regni
in
questo
campo
un
eccessivo
«
amore
di
pace
»
.
Eppure
un
'
esigenza
di
critica
c
'
è
:
la
avvertono
-
anche
se
non
sempre
-
coloro
stessi
le
cui
opere
dovrebbero
esserne
oggetto
e
,
del
resto
,
nel
suo
rapporto
al
Comitato
centrale
del
settembre
1948
,
il
compagno
Longo
ne
offerse
qualche
utile
esempio
.
Liberiamoci
dall
'
equivoco
per
cui
«
non
pretendiamo
-
si
dice
insegnare
ai
pittori
come
dipingere
,
ai
poeti
come
fare
i
versi
,
ecc.
»
.
Ciò
è
ovvio
,
ma
se
ci
guardiamo
appena
un
pochino
attorno
,
c
'
è
ben
altro
su
cui
è
doveroso
discutere
ed
ò
pericoloso
non
discutere
.
Ci
sono
opere
intorno
ad
argomenti
direttamente
attinenti
alla
storia
e
alla
dottrina
del
socialismo
,
scritte
da
compagni
e
stranamente
piene
di
storture
e
di
errori
,
che
una
critica
leale
,
giusta
e
tempestiva
avrebbe
potuto
evitare
,
invece
,
si
lascia
correre
.
E
ciò
dimostra
,
appunto
,
che
da
parte
di
alcuni
o
di
molti
dirigenti
politici
perdura
una
sottovalutazione
del
lavoro
ideologico
e
culturale
,
sebbene
la
citata
Risoluzione
della
Direzione
contenesse
un
esplicito
monito
in
proposito
.
Da
questa
sottovalutazione
dipendono
in
gran
parte
l
'
isolamento
nel
quale
molti
compagni
intellettuali
si
trovano
nell
'
esercizio
del
loro
mestiere
di
produttori
di
cultura
e
il
ritardo
della
loro
formazione
.
In
termini
astratti
e
generali
,
nessuno
-
pensiamo
-
vorrà
sostenere
che
questo
settore
debba
avere
lo
strano
privilegio
di
essere
abbandonato
alla
spontaneità
:
ma
di
fatto
questo
avviene
e
sarebbe
sciocco
ignorarlo
.
Nel
momento
in
cui
la
classe
operaia
,
diventando
classe
dirigente
,
afferma
la
sua
egemonia
in
tutti
i
campi
della
attività
umana
,
e
in
un
Paese
come
il
nostro
,
dove
una
profonda
trasformazione
rinnovatrice
della
cultura
si
impone
con
la
stessa
urgenza
con
cui
si
impone
il
rinnovamento
economico
e
politico
-
osservò
Togliatti
al
VI
Congresso
-
non
si
possono
separare
i
problemi
della
politica
da
quelli
della
cultura
.
Ed
è
forse
un
caso
che
questi
problemi
siano
stati
al
centro
delle
meditazioni
del
carcere
di
Gramsci
?
I
nostri
quadri
politici
hanno
nei
«
quaderni
del
carcere
»
un
'
analisi
compiuta
dei
termini
reali
nei
quali
si
pone
in
Italia
il
problema
dell
'
egemonia
della
classe
operaia
;
hanno
una
guida
della
quale
spesso
non
si
servono
.
La
formazione
di
quadri
intellettuali
che
siano
saldamente
legati
al
partito
.
pur
mantenendo
il
centro
della
loro
attività
nel
loro
campo
specifico
di
produzione
scientifica
,
artistica
o
letteraria
,
è
il
primo
presupposto
perché
il
partito
sia
in
grado
di
avere
nel
campo
culturale
un
peso
adeguato
al
suo
prestigio
,
alla
sua
autorità
,
alla
vita
generale
del
Paese
.
L
'
esercizio
di
una
libera
e
aperta
critica
,
un
più
largo
dibattito
culturale
all
'
interno
del
partito
e
un
più
vigile
spirito
autocritico
da
parte
dei
compagni
,
non
possono
che
migliorare
il
livello
della
nostra
produzione
.
Questo
dibattito
già
esiste
,
beninteso
,
ed
in
una
misura
forse
maggiore
di
quanto
comunemente
non
si
creda
,
ma
tutto
il
partito
deve
esserne
investito
,
sebbene
esso
abbia
la
sua
normale
sede
in
organismi
appositamente
costituiti
.
Le
redazioni
delle
nostre
riviste
e
delle
nostre
case
editrici
,
la
Fondazione
Gramsci
,
sono
le
sedi
naturali
per
l
'
elaborazione
di
comuni
esperienze
di
lavoro
:
verso
di
esse
le
commissioni
culturali
locali
devono
sempre
più
indirizzare
soprattutto
i
giovani
che
muovono
i
primi
passi
nel
campo
degli
studi
e
che
avvertono
sempre
più
spesso
una
frattura
tra
i
loro
interessi
culturali
e
quel
che
offre
loro
la
scuola
ufficiale
,
l
'
università
in
particolare
.
Ma
la
sottovalutazione
del
lavoro
culturale
ha
anche
altri
aspetti
.
Normalmente
accade
che
i
compagni
che
hanno
responsabilità
precise
in
questo
campo
vengano
distolti
verso
altri
lavori
.
E
questo
è
ancora
il
meno
,
se
avviene
in
misura
ragionevole
.
Ci
sono
infatti
attività
di
partito
che
richiedono
l
'
impiego
simultaneo
di
tutte
le
forze
dirigenti
disponibili
:
solo
che
in
molti
casi
non
si
comprende
che
un
aiuto
più
efficiente
,
e
anche
un
più
ampio
respiro
al
lavoro
generale
,
si
otterrebbe
non
già
distogliendo
dal
suo
compito
normale
il
compagno
responsabile
per
esempio
della
Commissione
culturale
di
federazione
,
ma
inquadrando
giustamente
la
sua
attività
specifica
in
quella
generale
del
partito
in
una
data
situazione
.
Si
dimentica
poi
che
può
.
che
deve
,
anche
avvenire
l
'
inverso
,
cioè
che
i
quadri
dirigenti
politici
in
generale
devono
alla
lor
volta
impegnarsi
in
attività
di
carattere
culturale
e
ideologico
:
ciò
giova
alla
loro
migliore
formazione
,
liberandoli
dal
praticismo
e
giova
anche
enormemente
alla
qualità
del
lavoro
.
Quando
per
esempio
ogni
istanza
del
partito
ha
compreso
,
interpretando
una
effettiva
esigenza
della
base
e
di
un
largo
pubblico
,
quale
importante
avvenimento
culturale
fosse
la
pubblicazione
in
italiano
dell
'
Antidühring
,
e
si
è
mobilitata
per
diffonderlo
e
per
illustrarlo
,
i
risultati
tangibili
sono
stati
immediati
e
lusinghieri
:
in
poche
settimane
si
è
esaurita
una
tiratura
di
5.000
copie
e
se
ne
è
resa
necessaria
una
ristampa
.
Non
è
forse
,
questo
,
un
apporto
concreto
che
abbinino
dato
allo
sviluppo
d
'
una
cultura
moderna
,
di
una
concezione
scientifica
della
realtà
contro
il
medioevale
spaccio
del
miracolo
,
contro
l
'
oscurantistica
tendenza
che
nega
all
'
uomo
la
capacità
di
conoscere
e
di
dominare
le
forze
della
natura
e
della
storia
?
La
formazione
di
un
nucleo
di
intellettuali
marxisti
-
leninisti
è
anche
la
condizione
indispensabile
per
realizzare
una
larga
politica
di
alleanze
.
Qui
si
annida
uno
dei
più
grossolani
equivoci
:
che
la
politica
di
alleanze
si
faccia
mimetizzandosi
,
confondendo
i
nostri
colori
con
quelli
di
amici
e
di
avversari
,
sfumando
i
confini
della
nostra
ideologia
,
usando
un
linguaggio
che
non
urti
i
ben
costrutti
orecchi
altrui
,
mercanteggiando
e
transigendo
sulle
parole
e
sui
concetti
.
A
parte
quel
che
c
'
è
di
goffo
e
di
contraddittorio
in
simile
pretesa
,
a
parte
il
fatto
che
su
questo
terreno
lubrico
lo
scivolone
verso
l
'
opportunismo
è
molto
facile
,
quale
valore
avrebbe
un
'
alleanza
basata
sull
'
equivoco
?
E
che
razza
d
'
ingenuità
è
mai
questa
di
credere
che
una
concezione
del
mondo
come
il
marxismo
-
leninismo
possa
essere
contrabbandata
di
soppiatto
,
o
somministrata
in
dosi
omeopatiche
?
La
verità
è
tutt
'
altra
:
il
contrabbando
si
esercita
sempre
a
nostro
danno
.
Quanta
merce
avariata
socialdemocratica
non
è
stata
sbarcata
sui
nostri
lidi
proprio
da
nostre
caravelle
!
E
con
quale
prudente
parsimonia
,
viceversa
,
certe
case
editrici
,
sempre
pronte
ad
informarci
sull
'
ultimo
grido
della
terza
forza
occidentale
,
ci
forniscono
la
traduzione
di
importanti
opere
sovietiche
letterarie
,
scientifiche
,
storiografiche
.
Il
leninismo
ha
fra
i
suoi
insegnamenti
fondamentali
proprio
questo
:
che
una
politica
di
alleanze
può
essere
fatta
solo
da
un
'
avanguardia
con
una
fisionomia
ben
precisa
,
con
principi
ben
chiari
.
Non
ci
risulta
che
questo
insegnamento
abbia
perduto
di
attualità
né
che
il
campo
della
cultura
faccia
eccezione
a
quest
'
esperienza
,
che
collina
col
più
modesto
buon
senso
e
con
la
semplice
onestà
intellettuale
.
Amici
o
avversari
tanto
più
ci
stimeranno
e
verranno
a
noi
,
quanto
più
le
nostre
idee
saranno
nettamente
dichiarate
.
Le
alleanze
si
fanno
sul
fronte
di
lotta
comune
.
Non
esistono
forse
oggi
in
Italia
uomini
di
cultura
pronti
a
difendere
le
conquiste
del
pensiero
critico
moderno
contro
l
'
oscurantismo
clericale
,
a
difendere
i
caratteri
nazionali
della
nostra
cultura
contro
l
'
invadente
americanismo
dei
fumetti
e
del
Reader
'
s
Digest
,
a
difendere
la
libertà
d
'
insegnamento
contro
l
'
asservimento
della
scuola
a
una
ideologia
di
parte
?
L
'
esperienza
ha
mostrato
quale
collaborazione
sia
possibile
realizzare
su
questo
(
ci
nono
quando
ai
democratici
delle
più
diverse
sfumature
viene
posto
un
obiettivo
comune
.
Un
esempio
ne
è
offerto
da
imprese
come
la
«
Universale
Economica
»
,
ove
i
nomi
più
illustri
della
cultura
italiana
dai
liberali
ai
comunisti
si
trovano
affiancati
in
una
grande
opera
di
diffusione
della
cultura
laica
,
razionalista
,
moderna
.
Duplice
risultato
in
questo
caso
:
perché
si
sono
trovati
a
fianco
uomini
di
cultura
di
diversa
provenienza
politica
ed
ideologica
e
perché
la
loro
azione
si
è
diretta
alle
più
larghe
nasse
popolari
.
Ed
è
questa
la
direzione
nella
quale
si
deve
proseguire
.
È
stato
giustamente
superato
ormai
l
'
equivoco
che
esisteva
in
una
parte
di
noi
nel
concepire
la
nostra
attività
culturale
come
una
attività
da
svolgere
esclusivamente
o
prevalentemente
fra
gli
intellettuali
.
L
'
equivoco
consisteva
nel
confondere
i
destinatari
della
produzione
culturale
con
i
produttori
.
I
destinatari
sono
le
grandi
masse
popolari
,
gli
operai
,
i
contadini
,
le
donne
,
i
giovani
,
tutti
coloro
che
oggi
si
muovono
ed
agiscono
nelle
lotte
per
la
pace
,
per
il
lavoro
,
per
la
democrazia
.
Gli
intellettuali
,
come
produttori
di
cultura
,
divengono
nostri
alleati
nella
misura
in
cui
la
loro
attività
si
indirizza
a
soddisfare
queste
nuove
esigenze
culturali
:
il
nostro
diretto
contatto
col
popolo
,
la
sensibilità
verso
le
sue
esigenze
che
ci
viene
dalla
partecipazione
attiva
alle
sue
lotte
,
ci
consente
di
additare
a
tutta
la
parte
viva
della
cultura
italiana
questo
grande
compito
che
le
spetta
e
che
solo
può
garantirle
l
'
avvenire
.
I
più
intelligenti
,
i
più
aperti
lo
hanno
ben
compreso
ed
accolgono
con
entusiasmo
ogni
richiesta
della
loro
opera
per
l
'
incremento
della
cultura
popolare
:
si
sente
ormai
che
è
finito
per
sempre
il
tempo
in
cui
i
committenti
della
cultura
erano
una
cerchia
ristretta
di
buongustai
.
I
quali
poi
,
stringi
stringi
,
finivano
per
essere
gli
stessi
produttori
,
che
si
scambiavano
fra
di
loro
,
sterilmente
.
i
loro
prodotti
.
Certo
la
cultura
popolare
ha
le
sue
particolari
esigenze
di
organizzazione
,
i
suoi
veicoli
e
i
suoi
strumenti
.
Né
è
possibile
parlare
ai
milioni
di
persone
con
il
linguaggio
degli
iniziati
,
ma
non
occorre
dimostrare
in
quale
discredito
sia
caduta
ogni
forma
di
ermetismo
.
Se
mai
resta
ancora
da
superare
-
che
è
cosa
più
seria
e
perciò
più
difficile
-
la
barriera
fra
la
cultura
scientifica
e
la
sua
popolarizzazione
su
questo
punto
esistono
reali
difficoltà
tradizionali
italiane
.
Non
solo
nell
'
URSS
,
dove
-
è
noto
-
i
libri
scientifici
si
stampano
a
milioni
di
copie
,
ma
in
altri
paesi
,
come
la
Francia
e
i
paesi
anglosassoni
,
si
pubblicano
libri
di
fisica
o
di
biologia
accessibili
,
pur
nel
loro
rigore
scientifico
,
al
lettore
medio
.
In
Italia
i
soli
libri
del
genere
che
riusciamo
a
leggere
sono
tradotti
.
Sono
rari
da
noi
persino
i
libri
di
storia
accessibili
a
un
largo
pubblico
di
lettori
.
Di
più
:
persino
i
romanzi
che
abbiano
un
valore
letterario
.
Se
si
riflette
a
questo
,
ogni
scienziato
e
ogni
scrittore
o
artista
che
non
sia
rassegnato
al
soliloquio
comprenderà
che
in
uno
sforzo
di
maggior
contatto
col
popolo
la
cultura
italiana
ha
tutto
da
guadagnare
senza
doverne
necessariamente
scapitare
in
qualità
.
Agli
intellettuali
laici
che
ancora
arricciano
il
naso
alle
parole
«
divulgazione
»
e
«
cultura
popolare
»
,
è
poi
appena
il
caso
di
ricordare
che
l
'
oscurantismo
clericale
non
è
così
schifiltoso
e
che
il
rinunciare
a
questa
battaglia
equivale
a
perderla
,
con
quanto
vantaggio
del
laicismo
e
del
progresso
ognuno
può
misurare
.
Una
migliore
formazione
ideologica
,
una
più
decisa
coscienza
di
partito
dei
nostri
intellettuali
,
e
conseguentemente
una
politica
di
alleanze
meno
estrinseche
e
formali
,
ma
basate
su
una
piena
consapevolezza
dei
compiti
comuni
,
sono
fra
i
molteplici
temi
del
lavoro
culturale
,
quelli
che
ancora
oggi
rivestono
un
'
importanza
pregiudiziale
per
la
sua
giusta
impostazione
.
Sono
perciò
questi
i
temi
che
,
a
nostro
giudizio
,
dovrebbero
essere
portati
in
discussione
al
Congresso
.
StampaPeriodica ,
Pensando
alla
donna
ebrea
in
generale
,
la
visione
non
è
quella
poetica
e
voluttuosa
che
si
ha
leggendo
i
cantici
di
Salomone
;
non
di
quelle
donne
che
furono
cantate
dai
poeti
di
tutti
i
tempi
;
di
quelle
femmine
che
Shakespeare
disse
"
le
più
belle
che
l
'
umanità
abbia
mai
viste
"
;
dinanzi
alle
quali
Voltaire
,
ammaliato
da
tanta
bellezza
,
esclamava
:
"
Oh
,
le
giudee
!
,
che
splendide
riproduzioni
della
loro
madre
Eva
!
"
;
che
fecero
scrivere
a
Heine
:
"
La
religione
cristiana
avrà
grandi
pregi
,
ma
che
superbe
donne
nell
'
ebraismo
!
"
;
e
sospirare
al
Fleurs
:
"
Vi
sarà
chi
osi
non
desiderare
l
'
inferno
se
è
vero
che
il
paradiso
sia
chiuso
alle
dolci
figlie
di
Abramo
?
"
In
realtà
la
gran
massa
delle
donne
ebree
è
ben
altra
cosa
.
In
Europa
,
i
segni
della
degradazione
della
razza
ebraica
apparvero
specialmente
sul
volto
delle
donne
.
È
vero
che
anche
in
mezzo
ad
esse
vien
fatto
alcune
volte
di
dover
ammirare
qualche
fanciulla
dai
bei
lineamenti
,
dal
volto
bianco
,
dai
capelli
folti
,
neri
e
ricciuti
,
dagli
occhi
dolci
e
profondi
,
ma
è
una
eccezione
,
quasi
una
stonatura
;
è
come
un
fiore
fresco
ed
odoroso
germogliante
su
putrido
pantano
.
Nell
'
Est
europeo
la
bellezza
delle
giovani
ebree
si
avvizzisce
in
una
vecchiezza
precoce
,
il
bianco
sulla
pelle
si
fa
giallognolo
,
i
capelli
si
arruffano
,
e
dal
fisico
appaiono
evidenti
i
segni
della
decadenza
.
Le
cause
di
questo
fatto
è
facile
rintracciarle
.
La
precocità
dei
matrimoni
,
ristretti
sempre
fra
un
numero
assai
limitato
di
persone
,
anzi
di
parenti
,
non
vale
certo
a
rinsanguare
e
rinvigorire
la
razza
.
Si
aggiunga
a
ciò
la
vergognosa
sporcizia
nella
quale
nascono
,
crescono
e
vivono
.
Altre
ragioni
,
più
lontane
e
profonde
,
del
decadimento
della
donna
ebrea
devono
anche
ricercarsi
nei
costumi
e
nella
vita
,
come
,
ad
esempio
,
l
'
assoluta
avversione
che
ebbe
per
molti
secoli
ai
lavori
più
laboriosi
e
faticosi
,
ed
al
poco
conto
nel
quale
dall
'
ebreo
stesso
era
tenuta
la
donna
.
Da
ogni
pagina
della
storia
del
popolo
d
'
Israele
traspare
che
la
parte
assegnata
alla
donna
nel
mondo
giudaico
non
è
in
alcun
modo
conforme
alle
idee
della
nostra
società
e
del
nostro
secolo
,
e
nel
Talmud
è
scritto
:
"
La
migliore
fra
le
donne
è
una
maliarda
.
"
...
StampaPeriodica ,
Sac
.
Aurelio
Gastaldi
,
parroco
di
Esio
di
Premeno
(
Novara
)
:
Con
tutto
il
cuore
auguro
alla
Patria
che
sia
mantenuto
per
l
'
eternità
un
certo
decreto
emanato
per
eccezione
in
questo
tempo
di
guerra
a
difesa
della
pubblica
decenza
.
Vi
prego
di
prendermi
sul
serio
,
senza
pregiudizi
,
come
anch
'
io
voglio
essere
spregiudicato
nell
'
argomento
.
Faccio
una
definizione
.
Il
ballo
è
la
più
chiara
espressione
di
quello
"
spirito
di
godimento
"
che
è
sotto
accusa
d
'
aver
rovinato
le
nazioni
moderne
.
È
quasi
matematicamente
dimostrato
il
rapporto
inversamente
proporzionale
che
esiste
nelle
popolazioni
italiche
tra
la
frenesia
del
ballo
e
il
numero
delle
nascite
.
Dico
numero
più
legittimità
.
Sarebbe
d
'
interesse
una
specie
di
censimento
generale
per
la
risoluzione
pratica
,
precisa
della
questione
:
ne
avremmo
un
incartamento
prezioso
da
poter
guarire
molti
ciechi
,
almeno
quelli
sul
problema
ciechi
per
ignoranza
,
gli
involontari
,
non
certo
quelli
volontari
per
malizia
...
StampaPeriodica ,
Negazione
religiosa
:
assoluta
,
radicale
,
consapevole
.
La
famosa
espressione
:
"
religione
,
oppio
del
popolo
,
"
dice
ancora
in
realtà
assai
poco
.
È
motto
pungente
,
e
nulla
più
.
La
negazione
religiosa
bolscevica
ha
radici
infinitamente
più
profonde
.
È
visione
e
interpretazione
metafisica
del
mondo
,
che
non
si
combatte
,
se
non
con
altra
superiore
visione
e
interpretazione
metafisica
.
È
ardore
di
fede
,
che
non
si
vince
,
se
non
con
altra
fede
più
ardente
.
Come
visione
e
interpretazione
metafisica
del
mondo
,
è
marxismo
:
dottrina
di
mentalità
insieme
professorale
ed
ebraica
.
Come
fede
,
è
misticismo
(
non
"
mistica
,
"
che
significa
tutt
'
altra
cosa
ben
più
costruita
e
alta
e
pura
)
:
esperienza
tipicamente
slava
.
Religione
della
pura
materia
,
che
si
svilupperebbe
da
sé
per
intrinseca
virtù
dialettica
,
ha
per
Dio
l
'
uomo
sociale
(
o
,
forse
meglio
,
il
corpo
sociale
)
;
per
culto
,
la
macchina
;
per
prassi
di
vita
,
unica
e
sola
,
l
'
economia
.
Quel
che
è
fuori
dell
'
economia
e
dei
suoi
perenni
intrinseci
conflitti
,
rimane
espulso
dalla
vita
:
è
illusione
,
ombra
,
sovrastruttura
,
feticcio
,
nulla
.
La
singola
persona
umana
è
nulla
;
lo
spirito
è
nulla
.
Il
pensiero
è
qualche
cosa
,
solo
in
quanto
,
meccanismo
razionale
,
sa
tradursi
in
meccanismo
pratico
.
Negazione
della
Chiesa
,
il
bolscevismo
si
costruisce
esso
medesimo
in
chiesa
,
coi
suoi
"
evangelisti
,
"
coi
suoi
dogmi
,
la
sua
infallibilità
,
i
suoi
anatemi
.
Gli
evangelisti
canonici
del
bolscevismo
si
chiamano
Marx
,
Engels
,
Lenin
,
Stalin
;
restando
intesi
,
che
i
primi
tre
vanno
letti
e
interpretati
soltanto
secondo
le
direttive
del
quarto
.
L
'
infallibilità
assoluta
,
totalitaria
,
come
uomo
e
come
dottrinario
,
appartiene
a
Stalin
,
e
a
lui
soltanto
.
Gli
altri
"
vangeli
"
comunisti
,
dell
'
Ottocento
o
del
Novecento
,
sono
da
considerarsi
tutti
"
apocrifi
"
;
peggio
:
eretici
.
Ed
eretico
vitando
(
in
linguaggio
bolscevico
:
"
Nemico
del
popolo
"
degno
di
morte
)
è
da
considerarsi
chiunque
si
permetta
di
interpretare
il
marxismo
con
una
qualsiasi
minima
autonomia
.
Negazione
morale
.
Per
il
bolscevismo
è
morale
tutto
quel
che
serve
alla
dittatura
del
proletariato
(
praticamente
,
alla
dittatura
di
Stalin
)
.
E
il
diritto
appartiene
ad
una
sola
classe
:
il
proletariato
.
A
rigore
,
non
si
può
neppure
dire
,
che
alle
altre
spettino
soltanto
"doveri."
Alle
altre
,
non
spetta
proprio
nulla
:
spetta
soltanto
di
"scomparire."
Negata
totalitariamente
la
famiglia
,
la
patria
,
la
proprietà
,
in
questi
ultimi
tempi
dopo
che
i
deleteri
effetti
di
quella
negazione
si
manifestarono
in
modo
indubbio
,
si
è
provveduto
coi
relativi
surrogati
:
demografia
,
"
patria
socialista
,
"
risparmio
.
Ma
il
matrimonio
rimane
un
semplice
contratto
sociale
;
ma
la
patria
socialista
si
è
subito
rivelata
vecchissimo
imperialismo
slavo
;
ma
il
risparmio
è
servito
soltanto
a
preparare
il
più
gigantesco
esercito
che
la
storia
abbia
mai
registrato
...
La
nemesi
è
certa
.
Se
,
già
un
anno
fa
,
l
'
opera
di
penetrazione
e
sopraffazione
bolscevica
è
parsa
tale
alla
stessa
Germania
e
ai
paesi
tutti
dell
'
Asse
,
da
non
potersi
vincere
se
non
attraverso
una
guerra
gigantesca
e
senza
quartiere
,
quale
resistenza
interna
ed
esterna
potranno
mai
opporle
le
"
grandi
democrazie
,
"
già
così
gravemente
,
anzi
ormai
irreparabilmente
infette
da
un
virus
che
non
perdona
?
Quali
abbiano
ad
essere
gli
eventi
dell
'
attuale
"
guerra
dei
continenti
,
"
esse
non
sfuggiranno
certo
alla
sorte
,
che
di
fronte
al
loro
alleato
le
attende
:
o
il
giogo
o
la
morte
.
Quanto
a
noi
,
il
dilemma
"
o
Roma
o
Mosca
"
l
'
abbiamo
risolto
,
senza
esitazione
,
da
un
pezzo
.
Per
meglio
dire
:
l
'
abbiamo
eretto
fin
da
principio
ad
un
'
insegna
,
sotto
la
quale
tutto
il
mondo
civile
,
al
termine
della
sua
dura
battaglia
,
troverà
la
vittoria
.
StampaPeriodica ,
Dateci
dunque
la
mano
,
signori
avversari
del
razzismo
biologico
;
e
vediamo
di
riconoscere
assieme
il
cammino
.
La
prima
tappa
si
chiama
...
Ma
,
prima
di
giungere
al
termine
della
prima
tappa
,
lasciate
che
ci
liberiamo
da
un
ronzio
che
ci
va
disturbando
l
'
udito
.
È
un
ronzio
molteplice
,
come
di
voci
udite
in
sogno
o
in
delirio
.
Volete
ripeterci
quel
che
esse
suggeriscono
,
visto
che
sembrate
ritmare
su
di
esse
la
marcia
verso
la
prima
mèta
?
Grazie
,
abbiamo
capito
.
È
un
motivo
a
due
voci
,
identiche
per
ampiezza
,
timbro
e
volume
;
la
prima
dice
:
cattolici
,
e
la
seconda
aggiunge
:
e
fascisti
;
dopo
di
che
la
prima
riprende
e
la
seconda
incalza
,
all
'
infinito
.
Cattolici
e
fascisti
:
ora
ricordiamo
di
aver
spesse
volte
notato
questa
endiadi
nei
vostri
scritti
.
In
quest
'
ordine
,
è
un
'
endiadi
stupefacente
,
in
pieno
Anno
XX
.
E
non
crediate
che
l
'
altra
endiadi
:
fascisti
e
cattolici
,
ci
soddisfaccia
un
gran
che
.
Non
siamo
abituati
a
far
questioni
di
forma
;
e
tanto
meno
di
burocratiche
precedenze
.
E
allora
?
Eresia
,
anticattolicesimo
,
paganesimo
?
Alto
là
!
Noi
vogliamo
essere
,
e
ci
vantiamo
di
essere
,
cattolici
e
buoni
cattolici
.
Ma
la
nostra
intransigenza
fascista
non
tollera
confusioni
di
sorta
;
soprattutto
quelle
confusioni
che
minacciano
di
degenerare
in
menomazioni
.
Nel
nostro
operare
di
Italiani
,
di
cittadini
,
di
combattenti
nel
nostro
credere
obbedire
combattere
noi
siamo
esclusivamente
e
gelosamente
fascisti
,
noi
siamo
nella
teoria
e
nella
pratica
del
razzismo
.
Il
cattolicesimo
sarà
da
noi
seguito
e
rispettato
per
quel
che
riguarda
la
morale
del
singolo
in
questa
vita
,
l
'
imperscrutabile
futuro
di
tutti
nell
'
altra
.
Ma
con
la
teorica
e
con
la
politica
della
razza
il
cattolicesimo
non
ha
nulla
e
non
può
avere
nulla
a
che
vedere
.
Non
sa
quel
che
si
fa
,
chi
pretende
di
conciliare
,
in
sede
teorica
,
il
cattolicesimo
con
il
razzismo
.
La
Conciliazione
fra
Stato
e
Chiesa
è
stata
forse
operata
in
sede
di
teoria
?
Affatto
.
Stato
e
Chiesa
si
sono
riconciliati
sul
terreno
della
pratica
,
riconoscendo
l
'
uno
all
'
altra
le
proprie
caratteristiche
,
le
proprie
attribuzioni
e
i
propri
privilegi
.
Né
il
Fascismo
si
è
sognato
di
mettere
in
discussione
i
dogmi
religiosi
,
né
la
Chiesa
ha
avanzato
obbiezioni
circa
i
principi
etici
del
Fascismo
.
E
questo
non
già
perché
i
principi
etici
del
Fascismo
coincidano
o
si
accordino
in
tutto
con
i
principi
della
Chiesa
:
ma
perché
si
tratta
di
due
realtà
,
di
due
mondi
tra
i
quali
non
vi
possono
essere
finché
uno
dei
due
non
vien
meno
a
se
stesso
frizioni
di
sorta
.
Scoppia
la
guerra
.
La
Chiesa
,
coerente
a
sé
medesima
,
la
considera
una
tremenda
calamità
.
Il
Fascismo
,
non
meno
coerente
(
la
guerra
sta
all
'
uomo
come
la
maternità
sta
alla
donna
.
Mussolini
,
"
Dottrina
del
Fascismo
"
)
la
conSidera
come
una
grande
fatale
epopea
di
liberazione
e
di
consacrazione
della
nuova
Italia
.
Le
due
concezioni
sono
evidentemente
molto
lontane
;
eppure
,
i
cattolici
e
fascisti
non
se
ne
sentono
affatto
turbati
,
o
almeno
non
confessano
di
essere
turbati
;
giacché
sanno
che
di
fronte
al
fatto
guerra
ogni
Italiano
degno
di
questo
nome
è
fascista
,
e
poi
ancora
fascista
,
e
poi
fascista
ancora
,
e
poi
altre
due
volte
fascista
,
e
finalmente
anche
cattolico
.
E
di
fronte
al
fatto
razza
,
di
fronte
alla
battaglia
per
la
razza
,
che
è
guerra
permanente
,
e
totalitaria
,
e
intesa
ad
una
Vittoria
non
meno
alta
di
quella
delle
armi
?
Qui
non
essendovi
il
pericolo
di
esser
tacciati
di
pacifismo
o
addirittura
di
disfattismo
i
Farisei
del
nostro
secolo
riprendono
fiato
;
e
simulano
sdegno
,
e
gridano
all
'
eresia
e
al
paganesimo
,
se
taluno
invoca
l
'
antico
"
A
Cesare
quel
che
è
di
Cesare
"
e
chiede
che
di
razzismo
fascista
si
discuta
e
si
giudichi
soltanto
in
sede
di
Fascismo
e
di
scienza
.
Strani
tipi
,
questi
Farisei
1942
!
Si
ergono
a
custodi
del
cattolicesimo
;
e
al
tempo
stesso
vogliono
spingere
il
cattolicesimo
verso
avventure
proibite
.
Si
autonominano
difensori
della
verità
rivelata
;
e
fanno
decadere
la
rivelazione
al
rango
della
politica
e
della
scienza
,
cercando
impossibili
connubi
.
In
verità
,
non
ci
sembrano
buoni
servitori
di
Nostra
Madre
Chiesa
...
StampaPeriodica ,
Che
fortuna
aveva
avuto
Giorgio
Sharp
a
trovare
quel
grosso
diamante
!
...
Tutti
i
minatori
di
Rifle
Channel
,
nella
regione
diamantifera
dei
Monti
Azzurri
,
in
Australia
,
lo
invidiavano
senza
però
volergli
male
.
La
fortuna
era
toccata
stavolta
a
Giorgio
Sharp
?
...
Bene
;
domani
sarebbe
capitata
ad
un
altro
,
poi
ad
un
altro
ancora
.
Ma
ecco
,
una
mattina
,
tutto
il
campo
a
rumore
,
Giorgio
Sharp
strillava
come
un
ossesso
:
il
suo
tesoro
,
il
grosso
diamante
,
il
«
Gran
Mogol
»
del
Rifle
Channel
,
era
sparito
.
Qualcuno
glielo
aveva
rubato
durante
la
notte
,
mentre
egli
dormiva
nella
sua
capanna
.
Lo
teneva
sempre
al
collo
,
come
si
tiene
una
reliquia
,
chiuso
in
un
sacchetto
di
cuoio
appeso
a
una
catenella
.
Un
ladro
abile
,
uno
dei
suoi
compagni
di
miniera
,
senza
dubbio
,
glielo
aveva
sottratto
nel
sonno
.
Bisognava
cercarlo
,
ritrovarlo
ad
ogni
costo
,
e
punire
il
colpevole
.
Nel
campo
diamantifero
di
Rifle
Channel
non
vi
erano
polizia
e
corte
giudiziaria
.
I
minatori
stessi
amministravano
da
sé
soli
la
loro
giustizia
.
Ognuno
diventava
all
'
occorrenza
poliziotto
e
giudice
così
quella
mattina
tutti
si
misero
a
disposizione
di
Giorgio
Sharp
,
per
le
ricerche
della
preziosa
pietra
sparita
e
per
la
scoperta
del
ladro
.
Le
indagini
non
furono
lunghe
:
i
minatori
s
'
erano
divisi
il
compito
due
a
due
,
e
fu
così
che
Edoardo
Ridge
e
John
Davis
,
frugando
nella
capanna
di
Jim
Lakenson
,
vi
trovarono
il
sacchetto
di
cuoio
con
la
catenella
,
ma
vuoto
.
Fu
uno
stupore
generale
.
Jim
Lakenson
,
il
giovane
e
bel
minatore
,
la
perla
dell
'
onestà
a
Rifle
Channel
così
rigido
osservatore
delle
leggi
del
campo
,
il
ladro
del
diamante
!
...
Chi
l
'
avrebbe
mai
creduto
?
...
Jim
Lakenson
fu
arrestato
e
chiuso
nella
più
solida
capanna
,
ben
legato
,
ad
attendervi
le
decisioni
dei
suoi
compagni
.
Se
si
fosse
trovato
anche
il
diamante
sparito
,
la
cosa
avrebbe
avuto
un
corso
spiccio
:
ma
ora
si
trattava
invece
d
'
indurre
il
colpevole
a
restituire
la
bella
preda
.
Jim
Lakenson
protestava
energicamente
la
sua
innocenza
.
-
Ma
come
spiegate
voi
la
presenza
del
sacchetto
,
che
conteneva
il
diamante
,
nascosto
nella
vostra
capanna
?
gli
fu
chiesto
.
Non
la
spiego
,
egli
rispose
Dico
solo
che
è
assurdo
credermi
tanto
stupido
da
conservare
presso
di
me
una
prova
così
evidente
di
colpabilità
.
Eppure
...
Mi
sarebbe
stato
facile
disfarmene
,
appena
compiuto
il
furto
,
se
ne
fossi
io
l
'
autore
.
Qualcuno
che
mi
odia
ed
ha
ragioni
ignote
per
perdermi
,
deve
avere
messo
nella
capanna
che
mi
appartiene
,
durante
una
mia
assenza
,
il
sacchetto
per
farmi
apparire
colpevole
.
Io
giuro
dinanzi
a
Dio
che
sono
innocente
.
I
minatori
,
non
sono
,
abitualmente
,
logici
;
la
vita
rude
e
semplice
che
conducono
li
rende
ingenui
.
Essi
avevano
in
mano
una
prova
:
doveva
bastare
.
Noi
siamo
disposti
a
limitare
la
punizione
che
vi
meritate
all
'
allontanamento
dal
campo
,
e
alla
privazione
di
ogni
vostro
bene
,
dissero
a
Jim
Lakenson
ma
a
patto
che
restituiate
il
diamante
.
È
impossibile
,
non
l
'
ho
rubato
io
.
Badate
,
le
nostre
leggi
sono
inesorabili
:
è
per
voi
l
'
impiccagione
,
se
non
confessate
.
Vi
diamo
tre
giorni
di
tempo
.
Tutto
fu
inutile
.
Con
una
fiera
ostinazione
Jim
Lakenson
insisteva
nel
proclamare
la
sua
innocenza
.
Allo
spirare
del
periodo
accordatogli
,
venne
deciso
perciò
di
applicare
senz
'
altro
la
legge
del
campo
,
e
di
eseguire
la
sentenza
di
morte
.
Lo
sciagurato
fu
condotto
in
uno
spiazzo
,
ove
tutti
i
minatori
s
'
erano
raccolti
attorno
ad
una
forca
eretta
nel
centro
,
e
uno
di
essi
gli
gettò
al
collo
il
nodo
scorsoio
.
Sono
innocente
;
gridò
il
giovane
con
voce
alta
e
ferma
.
Un
giorno
la
verità
vi
sarà
rivelata
.
E
Dio
perdoni
John
Davis
,
che
ha
trovato
la
prova
della
mia
supposta
colpa
...
e
che
pure
mi
è
sempre
stato
amico
!
Tu
conosci
ogni
mio
segreto
,
John
,
sai
che
non
ho
al
mondo
che
una
persona
cara
,
Mary
Chadwick
,
la
fanciulla
che
doveva
diventare
mia
moglie
.
Portale
tu
,
almeno
,
il
mio
ultimo
pensiero
,
dille
che
muoio
innocente
,
col
suo
dolce
nome
diletto
sulle
labbra
.
John
Davis
,
lo
farai
?
Nel
silenzio
,
solenne
,
nessuno
rispose
.
John
Davis
,
dove
sei
?
...
Perché
non
mi
rispondi
?
insistette
il
condannato
.
Tutti
si
volsero
a
cercare
l
'
uomo
che
Jim
invocava
.
Non
era
presente
.
L
'
assenza
parve
strana
e
sospetta
,
venne
sospesa
l
'
esecuzione
della
sentenza
,
per
ritrovare
prima
il
minatore
che
il
condannato
aveva
scelto
come
depositario
delle
sue
estreme
volontà
.
A
un
tratto
voci
di
richiamo
echeggiarono
dal
pendio
della
montagna
più
vicina
.
I
minatori
vi
accorsero
,
e
uno
spettacolo
impressionante
apparve
ai
loro
occhi
.
John
Davis
era
riverso
a
terra
,
livido
in
volto
,
gli
occhi
sbarrati
in
un
'
atroce
espressione
di
strazio
e
di
terrore
,
la
bava
alla
bocca
,
il
respiro
sibilante
,
come
nell
'
agonia
...
Due
uomini
tentarono
di
sollevarlo
;
ma
un
gemito
angoscioso
e
una
dura
resistenza
lo
impedirono
.
L
'
infelice
aveva
la
mano
destra
imprigionata
sotto
un
masso
il
quale
gliela
serrava
come
in
una
morsa
.
Con
i
picconi
usati
a
modo
di
leva
,
i
minatori
riuscirono
con
fatica
a
sollevare
la
pesante
pietra
.
Un
grido
generale
di
sorpresa
si
levò
:
la
mano
destra
era
affondata
in
una
cavità
naturale
del
monte
,
e
con
le
dita
irrigidite
serrava
tenacemente
qualcosa
.
A
forza
la
stretta
fu
allentata
...
e
nella
luce
del
sole
brillò
un
diamante
:
il
diamante
rubato
!
John
Davis
guardò
i
compagni
con
l
'
occhio
smarrito
;
poi
balbettò
:
Sì
...
sono
io
il
colpevole
di
tutto
...
ho
rubato
io
la
preziosa
pietra
,
nascondendola
poi
qui
dentro
...
ho
portato
io
nella
capanna
di
Jim
Lakenson
il
sacchetto
...
perché
la
prova
del
furto
cadesse
su
di
lui
...
e
lo
perdesse
...
L
'
odiavo
...
Egli
possedeva
l
'
amore
di
Mary
Chadwick
,
ch
'
io
volevo
per
me
;
dovevo
perciò
sopprimerlo
:
doppiamente
.
La
sua
morte
doveva
essere
anche
la
sua
infamia
,
affinché
la
fanciulla
lo
dimenticasse
disprezzandone
la
memoria
,
e
potesse
quindi
amare
me
.
La
ricchezza
...
l
'
amore
...
Voi
tutti
eravate
raccolti
intorno
alla
forca
...
intenti
all
'
opera
di
giustizia
...
Era
il
momento
buono
per
fuggire
,
col
diamante
,
raggiungere
in
città
la
ragazza
,
convincerla
a
seguirmi
.
Già
ella
mi
credeva
ricco
,
prima
del
furto
...
E
sono
venuto
qui
...
a
riprendere
la
mia
pietra
preziosa
...
Ah
,
la
punizione
del
Cielo
!
...
Ad
un
tratto
,
uno
scricchiolio
sinistro
,
un
urto
enorme
,
un
dolore
atroce
.
Quel
masso
incastrato
nell
'
anfratto
si
era
abbassato
imprigionandomi
...
Non
bisogna
fare
del
male
...
troppo
:
si
sconta
sempre
...
Lasciatemi
morire
...
Chiedo
perdono
a
tutti
...
Tacque
e
reclinò
la
testa
.
Pochi
minuti
dopo
era
morto
.
StampaPeriodica ,
Los
Angeles
.
Quella
notte
,
all
'
Hotel
Ambassador
,
due
ore
prima
che
si
chiudessero
le
urne
delle
primarie
californiane
,
il
parcheggio
principale
davanti
alla
facciata
era
già
pieno
,
la
sbarra
di
controllo
abbassata
.
Gli
uscieri
in
giacca
verde
si
sbracciavano
a
indicare
la
strada
alle
macchine
in
arrivo
che
dovevano
traversare
il
cortile
e
il
giardino
dell
'
albergo
,
in
una
fila
lentissima
,
e
fermarsi
in
un
piazzale
interno
.
A
quell
'
ora
,
fra
quelle
auto
,
ce
n
'
era
già
una
,
confusa
fra
mille
,
che
in
quel
pomeriggio
coperto
di
smog
era
arrivata
dal
nord
lungo
la
Pasadena
Freeway
,
portando
all
'
Ambassador
Shiran
Shiran
.
Ero
stato
incerto
per
un
po
'
,
quella
volta
,
se
seguire
Kennedy
anche
nella
notte
elettorale
della
California
,
come
facevo
ormai
quasi
tutti
i
giorni
da
sei
settimane
,
o
se
andare
invece
un
po
'
più
su
sullo
stesso
Wilshire
Boulevard
,
al
Beverly
Hilton
,
dove
Eugene
McCarthy
avrebbe
aspettato
i
risultati
delle
votazioni
.
I
raduni
notturni
di
McCarthy
,
che
fossero
di
vittoria
(
come
nel
Wisconsin
o
nell
'
Oregon
)
,
odi
sconfitta
(
come
nell
'
Indiana
e
nel
Nebraska
)
,
erano
sempre
più
allegri
e
pittoreschi
.
Ora
poi
,
sulla
costa
West
,
fra
orchestre
di
chitarre
e
hippies
appena
rasati
,
la
festa
era
anche
più
rumorosa
.
Ma
quella
sera
,
pensavo
,
essere
accanto
a
Robert
Kennedy
voleva
dire
assistere
comunque
ad
una
svolta
:
se
avesse
perduto
,
si
sarebbe
ritirato
,
se
avesse
vinto
si
sarebbe
trovato
a
due
soli
gradini
(
la
primaria
di
New
York
e
la
Convenzione
)
dalla
nomina
democratica
d
'
agosto
.
I
sondaggi
erano
ancora
indecisi
,
gli
davano
un
vantaggio
malsicuro
,
che
poteva
essere
rovesciato
dal
voto
degli
incerti
.
La
direzione
dell
'
Ambassador
aveva
scelto
per
la
propria
pubblicità
uno
slogan
non
certo
reticente
:
«
Il
più
bell
'
albergo
del
mondo
»
.
Molte
volte
,
nei
giorni
prima
di
martedì
,
tornando
da
una
giornata
di
campagna
elettorale
o
di
motorcades
con
la
colonna
di
Kennedy
,
o
accompagnando
McCarthy
all
'
Ambassador
per
un
discorso
alla
gente
della
Chamber
Of
Commerce
(
un
po
'
allibita
a
sentire
attaccare
senza
mezzi
termini
Hoover
e
1'FBI
,
la
CIA
e
i
generali
,
il
presidente
e
il
segretario
di
Stato
,
o
a
sentire
il
paragone
fra
il
Vaticano
prima
del
Concilio
e
la
pretesa
di
infallibilità
del
Dipartimento
di
Stato
)
,
m
'
ero
chiesto
di
passaggio
su
cosa
si
fondasse
la
fama
d
'
eleganza
dell
'
Ambassador
.
È
un
labirinto
sontuoso
,
con
fontane
illuminate
,
gallerie
di
negozi
,
vestiboli
carichi
di
mogani
e
di
damaschi
,
saloni
tropicali
con
finte
palme
laminate
d
'
oro
,
portieri
in
marsina
rossa
e
alamari
dorati
.
È
d
'
oro
anche
l
'
elicottero
che
atterra
sul
piazzale
davanti
all
'
albergo
,
e
porta
i
clienti
all
'
aeroporto
internazionale
,
giù
a
Santa
Monica
evitando
loro
il
fastidio
delle
lunghe
ore
da
una
periferia
all
'
altra
sulle
autostrade
,
dove
gli
automobilisti
storditi
leggono
,
dettano
appunti
,
ascoltano
dischie
(
è
la
polizia
del
traffico
a
confermarlo
)
fanno
perfino
l
'
amore
,
alternandosi
naturalmente
alla
guida
.
C
'
era
già
una
gran
folla
,
all
'
Ambassador
.
C
'
erano
riflettori
puntati
dovunque
,
e
da
una
stanza
del
piano
terra
giungeva
una
musica
allegra
ma
solenne
,
una
tipica
musica
repubblicana
,
fra
la
marcetta
e
l
'
inno
militare
.
Ai
sostenitori
di
Kennedy
,
infatti
,
si
mescolavano
quelli
di
Max
Rafferty
,
aspirante
senatore
della
California
,
impegnato
in
una
primaria
difficile
,
ma
sicuro
di
raccogliere
molti
consensi
con
le
sue
proposte
di
guerra
ad
oltranza
nel
Vietnam
e
di
mano
d
'
acciaio
contro
ogni
forma
di
protesta
interna
.
La
gente
di
Rafferty
si
riconosceva
a
prima
vista
:
vecchie
signore
severe
,
accompagnate
da
uomini
accigliati
.
Guardavano
con
un
certo
sdegno
quell
'
invasione
,
fra
i
damaschi
dell
'
albergo
,
dei
ragazzi
negri
venuti
persino
da
Watts
,
delle
adolescenti
kennedyane
in
paglietta
e
minigonna
minuscola
,
di
tutti
quelli
che
cantavano
o
già
gridavano
.
Allegri
molto
prima
della
certezza
della
vittoria
.
La
Embassy
room
,
al
primo
piano
,
era
teoricamente
riservata
alla
stampa
.
Ma
agli
occhielli
delle
giacche
maschili
o
sui
colletti
dei
vestiti
femminili
erano
spuntati
a
decine
dei
cartelli
in
verde
chiaro
,
su
cui
era
scritto
:
«
Embassy
roompress
»
.
Qualcuno
aveva
un
registratore
a
transistor
,
o
una
macchina
fotografica
da
dilettante
.
Altri
,
organizzatori
di
sezioni
periferiche
,
o
semplicemente
amici
e
sostenitori
,
non
avevano
certamente
nessun
reportage
e
nessuna
cronaca
da
fare
.
Inoltre
,
la
sorveglianza
era
piuttosto
trascurata
.
Alla
porta
,
c
'
era
un
solo
agente
di
polizia
,
col
suo
cappello
a
punte
e
le
manette
legate
alla
cintura
che
,
a
quell
'
ora
,
faceva
entrare
chiunque
lo
chiedesse
.
A
Los
Angeles
si
votava
ancora
.
Anzi
,
proprio
nell
'
ultima
ora
,
nei
quartieri
urbani
più
affollati
,
gli
elettori
s
'
erano
fatti
più
numerosi
,
ed
era
naturale
,
perché
solo
da
poco
erano
tornati
nelle
loro
remote
suburbie
,
dopo
la
giornata
di
lavoro
e
dopo
la
interminabile
cavalcata
sulle
autostrade
.
Ma
nella
Embassy
room
era
già
difficile
camminare
,
sedersi
,
o
perfino
respirare
.
Sul
fondo
,
ai
due
lati
dell
'
Embassy
room
,
due
palchetti
di
legno
:
a
sinistra
il
podio
con
i
microfoni
,
quello
dove
Kennedy
sarebbe
apparso
più
tardi
,
a
destra
il
plotone
delle
telecamere
e
delle
cineprese
;
una
tenda
azzurra
chiudeva
lo
sfondo
dietro
la
piccola
tribuna
,
ed
era
facile
per
chiunque
oltrepassarla
.
Al
di
là
,
fra
pile
di
vassoi
d
'
alluminio
,
scatole
di
bicchieri
,
casse
di
bibite
,
apparecchi
di
refrigerazione
,
cominciavano
i
corridoi
delle
cucine
.
C
'
ero
entrato
per
caso
,
nell
'
attesa
dei
primi
risultati
,
per
vedere
se
ci
fosse
stato
un
passaggio
verso
la
vera
sala
stampa
,
quella
con
le
telescriventi
e
le
macchine
della
Western
Union
,
che
era
in
quella
direzione
,
ma
al
di
là
della
folla
che
gremiva
la
sala
.
Un
corridoio
buio
,
un
po
'
in
penombra
,
finiva
in
una
cucina
,
dove
camerieri
e
cameriere
lavavano
montagne
di
piatti
e
di
tazze
.
Non
avevo
visto
nessun
altro
,
non
avevo
trovato
il
passaggio
che
cercavo
.
Quei
corridoi
non
riportavano
nei
saloni
principali
,
ma
solo
verso
le
uscite
di
servizio
e
verso
i
montacarichi
.
Erano
le
retrovie
della
festa
.
Non
vi
arrivava
quasi
il
rumore
della
folla
,
ma
l
'
aria
era
troppo
calda
.
Tornando
,
e
superando
la
tenda
e
le
porticine
che
conducevano
nel
salone
,
ci
si
poteva
fermare
in
un
piccolo
vano
parallelo
al
palco
,
dove
i
managers
della
campagna
kennedyana
avevano
messo
il
loro
tavolo
.
Da
lì
,
come
ha
fatto
dall
'
Indiana
in
poi
,
Salinger
avrebbe
seguito
di
minuto
in
minuto
,
con
qualche
anticipo
sulle
notizie
ufficiali
,
l
'
andamento
delle
elezioni
.
I
telefoni
erano
pronti
a
ricevere
le
prime
cifre
dai
quartieri
generali
dei
vari
distretti
.
I
tre
televisori
erano
sintonizzati
sulle
tre
reti
principali
.
La
mappa
con
le
aree
e
i
distretti
elettorali
era
pronta
,
ancora
con
lo
spazio
bianco
per
i
primi
numeri
che
Salinger
stesso
avrebbe
scritto
via
via
.
Arrivarono
le
otto
,
e
pochi
minuti
dopo
si
ebbero
i
primissimi
risultati
,
poche
decine
di
voti
sui
molti
milioni
della
California
.
Nella
Embassy
room
,
l
'
unico
modo
,
per
tutti
,
di
seguire
da
vicino
l
'
andamento
delle
cifre
,
era
quello
di
non
perdere
d
'
occhio
uno
dei
televisori
appoggiati
ad
ogni
angolo
della
stanza
.
I
televisori
trasmettevano
i
programmi
di
diversi
canali
e
quella
sera
,
per
la
prima
volta
,
anche
divergenti
.
Pochi
minuti
dopo
l
'
inizio
del
conteggio
,
ad
un
angolo
della
grande
sala
si
sentì
un
urlo
collettivo
di
gioia
.
Una
delle
reti
,
la
CBS
,
aveva
pronosticato
già
vincitore
Kennedy
,
con
un
largo
margine
su
McCarthy
.
Un
'
altra
rete
,
la
NBC
,
continuava
invece
a
trasmettere
i
risultati
sicuri
,
senza
azzardarsi
a
far
profezie
,
e
perciò
nei
suoi
tabelloni
McCarthy
era
ancora
nettamente
in
testa
,
e
doveva
restarvi
per
alcune
ore
.
Pochi
sapevano
a
chi
credere
.
L
'
entusiasmo
rumorosissimo
di
metà
della
sala
si
spegneva
dinanzi
all
'
apprensione
dell
'
altra
metà
.
Sotto
il
palco
ancora
vuoto
,
un
instancabile
gruppo
di
giovani
inneggiava
da
ore
a
Kennedy
.
Verso
le
dieci
venne
la
conferma
che
Kennedy
aveva
già
vinto
una
primaria
,
quella
del
South
Dakota
,
uno
Stato
molto
più
piccolo
della
California
,
in
cui
il
conteggio
era
stato
rapido
.
Ma
in
California
,
cosa
accadeva
?
Perché
ritardavano
i
risultati
?
Perché
i
pronostici
erano
incerti
o
contraddittori
?
Normalmente
,
l
'
elettorato
americano
è
molto
omogeneo
,
una
percentuale
di
risultati
si
stabilisce
dopo
pochi
minuti
,
anche
con
poche
migliaia
di
voti
,
ed
è
destinata
a
cambiare
di
poco
.
In
cinque
primarie
principali
,
alle
nove
di
sera
il
risultato
era
già
sicuro
,
e
alle
dieci
i
candidati
avevano
già
fatto
le
loro
dichiarazioni
di
vittoria
,
o
le
loro
ammissioni
di
sconfitta
.
Ma
questa
volta
erano
i
voti
dell
'
immensa
,
imprevedibile
zona
di
Los
Angeles
a
ritardare
.
E
mentre
San
Francisco
vedeva
McCarthy
in
testa
nei
voti
già
contati
,
solo
un
pronostico
azzardato
poteva
far
pensare
che
il
Sud
della
California
avrebbe
rovesciato
il
risultato
.
Per
molte
ore
la
vittoria
di
Kennedy
,
già
sancita
dagli
elettori
,
rimase
sepolta
nelle
macchine
dei
conteggi
.
«
La
California
ha
già
parlato
»
diceva
un
commentatore
televisivo
,
«
ma
noi
non
possiamo
ancora
sapere
cosa
ha
detto
.
»
Era
successo
che
i
nuovi
calcolatori
elettronici
,
installati
in
certe
zone
a
rimpiazzare
le
vecchie
schede
con
la
matita
e
il
segno
di
croce
,
si
erano
comportati
in
modo
bizzarro
.
A
Fresno
,
uno
di
questi
computer
era
stato
mal
programmato
,
e
gli
scrutatori
non
sapevano
come
interpretare
i
risultati
finali
.
In
piena
notte
,
un
tecnico
della
compagnia
che
aveva
fornito
il
calcolatore
fu
portato
all
'
aeroporto
di
Tulsa
,
nell
'
Oklahoma
,
mille
miglia
più
a
est
di
Fresno
,
e
spedito
di
corsa
con
un
jet
a
consultare
la
macchina
impazzita
.
A
Los
Angeles
,
le
schede
votate
con
il
sistema
elettronico
dovevano
essere
caricate
sulle
macchine
della
polizia
in
ogni
seggio
elettorale
,
e
raccolte
in
una
centrale
elettronica
.
La
raccolta
fu
lunghissima
,
impacciata
da
pignolerie
burocratiche
.
Erano
quasi
le
undici
quando
le
grandi
Ford
nere
,
con
le
sirene
e
i
fari
accesi
,
si
gettarono
a
tutta
velocità
sulle
strade
di
Los
Angeles
per
raggiungere
il
cervello
meccanico
che
avrebbe
calcolato
i
risultati
.
C
'
era
molto
traffico
,
in
quel
mostruoso
sistema
stradale
di
Los
Angeles
,
le
macchine
della
polizia
arrivarono
con
grande
ritardo
.
Il
conteggio
non
poté
cominciare
prima
delle
undici
e
trenta
.
Nella
Embassy
room
s
'
aspettava
ancora
.
Aspettavano
anche
i
sostenitori
di
Rafferty
,
perché
anch
'
egli
era
battuto
a
San
Francisco
,
ma
s
'
aspettava
di
riguadagnare
lo
svantaggio
a
Los
Angeles
.
La
sala
del
seminterrato
dove
Kennedy
doveva
scendere
dopo
la
Embassy
room
era
la
più
rumorosa
.
Fuori
,
l
'
albergo
era
silenzioso
,
assediato
dalle
auto
ferme
.
Non
c
'
erano
più
di
cinque
agenti
di
polizia
in
tutto
,
alle
uscite
o
nella
hall
,
anche
essi
stanchissimi
d
'
aspettare
.
Gli
uomini
di
Kennedy
non
sapevano
più
cosa
dire
,
né
osavano
azzardare
previsioni
.
Salinger
,
con
la
sua
camicia
rosa
e
il
suo
sigaro
,
annotava
cifre
su
cifre
,
e
ogni
tanto
bisbigliava
ai
giornalisti
qualche
dato
positivo
,
qualche
sintomo
di
vittoria
.
Intorno
a
lui
,
nella
stanza
a
fianco
del
palco
,
erano
praticamente
ammessi
solo
quei
giornalisti
accreditati
per
l
'
intera
campagna
di
Kennedy
,
gente
con
la
quale
eravamo
stati
per
molte
settimane
dall
'
alba
a
notte
fonda
,
stanchi
di
vedere
sempre
e
dovunque
la
stessa
monotona
scena
d
'
entusiasmo
,
con
poco
da
raccontare
e
pochissimo
da
fotografare
.
Le
primarie
erano
finite
.
Un
avviso
degli
organizzatori
,
affisso
al
muro
,
diceva
che
ci
sarebbe
stato
comunque
un
aereo
riservato
che
avrebbe
portato
tutti
sulla
costa
Est
,
per
seguire
le
elezioni
di
New
York
del
18
giugno
.
Ma
ormai
,
la
campagna
vera
e
propria
era
finita
.
Ci
conoscevamo
tutti
.
Avevamo
fatto
miglia
e
miglia
seduti
sul
cofano
delle
macchine
,
o
nel
pullman
che
seguiva
la
macchina
scoperta
di
Kennedy
.
Eravamo
stati
a
Indianapolis
e
a
Gary
,
nell
'
Indiana
,
sul
treno
bianco
rosso
e
blu
che
aveva
attraversato
lo
Stato
.
Avevamo
cominciato
ad
accordare
le
nostre
abitudini
con
quelle
di
Kennedy
,
ad
abituarci
ai
suoi
ritardi
e
ai
suoi
mutamenti
di
programma
.
Lo
aspettavamo
la
mattina
all
'
uscita
dell
'
albergo
,
e
sapevamo
che
sarebbe
arrivato
quando
vedevamo
scendere
Freckles
,
il
cocker
irlandese
bianco
e
nero
che
non
è
mancato
ad
un
solo
discorso
o
ad
un
solo
corteo
.
Poi
si
partiva
rapidi
,
come
per
un
viaggio
d
'
affari
.
Non
c
'
era
scorta
,
se
non
un
motociclista
che
qualche
volta
precedeva
il
breve
e
veloce
corteo
per
fermare
il
traffico
ai
semafori
rossi
.
Così
,
in
treno
o
in
aereo
,
in
auto
o
in
barca
eravamo
andati
all
'
Università
di
Bloomington
e
a
quella
di
Creighton
,
a
Omaha
e
a
Lincoln
nel
Nebraska
,
negli
Shopping
centers
e
nei
quartieri
negri
,
nelle
piazze
e
nei
saloni
degli
alberghi
,
salendo
e
scendendo
mille
volte
,
travolti
anche
noi
dalla
folla
,
ascoltando
discorsi
forzatamente
sempre
simili
ma
davanti
a
un
pubblico
sempre
nuovo
.
Eravamo
atterrati
in
decine
di
aeroporti
,
e
ci
eravamo
abituati
a
sentire
la
musica
delle
bande
non
appena
i
motori
a
pistone
di
quell
'
incredibile
velivolo
elettorale
si
fermavano
.
Eravamo
andati
a
Portland
e
a
Salem
,
nell
'
Oregon
,
e
sulla
spiaggia
lunghissima
di
Astoria
,
dove
il
fiume
Columbia
sbocca
nel
Pacifico
,
accanto
ai
relitti
d
'
un
veliero
inglese
.
E
Kennedy
s
'
era
messo
a
correre
sulla
spiaggia
,
s
'
era
tolto
le
scarpe
,
aveva
lasciato
indietro
tutti
,
e
s
'
era
tuffato
in
quel
mare
gelido
e
violetto
.
Eravamo
diventati
amici
di
Bili
Barry
,
rossiccio
,
gigantesco
,
un
ex
agente
di
sicurezza
di
una
banca
di
Manhattan
,
che
era
anche
l
'
unica
guardia
del
corpo
di
Kennedy
,
e
Io
sosteneva
per
ore
diritto
sulla
macchina
scoperta
,
per
proteggerlo
dagli
ammiratori
più
che
dai
nemici
.
Ed
eravamo
andati
a
Oakland
,
nella
baia
di
San
Francisco
,
in
un
giro
nei
ghetti
negri
,
inseguiti
da
frotte
di
ragazzi
in
bicicletta
,
schiacciati
da
folle
inarrestabili
.
O
sulle
spiagge
dell
'
Alta
California
,
fra
i
ricchi
contadini
del
deserto
irrigato
,
fra
i
messicani
poverissimi
,
fra
gli
studenti
.
Eravamo
andati
a
Disneyland
,
la
domenica
prima
delle
elezioni
,
sempre
con
Kennedy
sulla
ferrovia
che
scavalca
un
falso
Matterhorn
,
o
sul
barcone
a
ruote
che
naviga
su
un
falso
Mississippi
,
e
che
naturalmente
si
chiama
Mark
Twain
.
Quante
miglia
avevamo
fatto
,
insieme
,
era
impossibile
calcolarlo
.
Ci
rivedevamo
ogni
mattina
come
un
gruppo
d
'
amici
che
avevano
uno
strano
viaggio
da
fare
:
insieme
ad
astronauti
,
a
scrittori
,
a
cantanti
,
a
senatori
,
a
campioni
sportivi
.
Con
la
prospettiva
,
ogni
giorno
,
d
'
essere
schiacciati
o
smarriti
nella
calca
,
con
il
rischio
di
un
volo
aereo
movimentato
,
con
la
sicurezza
di
tornare
in
città
con
almeno
cinque
ore
di
ritardo
,
a
notte
fonda
.
Avevamo
visto
Kennedy
preoccupato
,
felice
,
stanco
,
ironico
,
aggressivo
.
Gli
altoparlanti
a
batteria
non
funzionavano
quasi
mai
.
In
cima
alla
collina
più
alta
di
San
Francisco
,
Kennedy
dovette
parlare
gridando
con
le
mani
attorno
alla
bocca
,
perché
un
gruppo
di
negri
suonava
pestando
sui
tamburi
di
latta
con
delle
mazze
di
legno
.
L
'
avevamo
visto
,
stanco
,
scendere
dal
palco
e
tacere
per
molti
minuti
prima
di
trovare
la
forza
di
riprendere
.
Conoscevamo
a
memoria
tutto
quello
che
avrebbe
detto
,
e
perfino
i
gesti
che
avrebbe
fatto
,
il
pollice
alzato
per
indicare
un
augurio
di
vittoria
,
o
le
dita
della
mano
destra
nel
palmo
della
sinistra
per
elencare
le
cose
da
fare
,
i
programmi
da
svolgere
.
Ci
domandavamo
,
e
non
eravamo
stati
ancora
capaci
di
rispondere
a
questa
domanda
,
se
era
un
uomo
timido
come
sembrava
a
volte
,
o
durissimo
e
deciso
come
appariva
altre
.
I
suoi
discorsi
trovavano
vena
via
via
che
la
campagna
avanzava
.
Ora
era
diventato
più
ironico
,
e
perfino
più
sicuro
,
da
quando
s
'
era
rassegnato
alla
ipotesi
di
una
possibile
sconfitta
.
Eravamo
andati
con
lui
anche
nel
palazzetto
dell
'
ABC
di
San
Francisco
,
all
'
angolo
fra
la
Hary
e
la
Golden
Gate
Avenue
,
dove
s
'
era
incontrato
con
McCarthy
in
quel
dibattito
che
deluse
tutti
.
Kennedy
appariva
nervoso
,
teso
.
Fuori
,
sulla
strada
,
i
suoi
organizzatori
s
'
erano
fatti
battere
,
non
avevano
pensato
a
convocare
dei
sostenitori
,
e
c
'
era
solo
la
gente
di
McCarthy
,
che
cantava
in
coro
:
«
Eugene
in
sixtyeight
,
Kennedy
can
wait
»
.
Quando
Kennedy
parlava
della
guerra
,
del
reclutamento
,
dei
problemi
razziali
,
delle
città
,
non
predicava
la
rivoluzione
.
Sembrava
impossibile
che
un
uomo
con
un
simile
programma
di
buon
senso
potesse
suscitare
tante
ostilità
,
potesse
essere
dipinto
come
un
nemico
di
tanti
avversari
.
Alla
sua
prima
elezione
,
il
«
Morning
Star
»
e
l
'
«
Evening
News
»
,
nell
'
Indiana
,
per
settimane
intere
lo
ritrassero
come
un
insolente
e
ambizioso
politicante
,
che
veniva
fra
gli
hosiers
,
gli
abitanti
dell
'
Indiana
,
a
comprare
voti
.
«
Stanotte
dormirò
meglio
»
disse
Bob
la
sera
della
vittoria
nell
'
Indiana
,
«
perché
so
che
Eugene
Pulliam
,
il
proprietario
di
quei
due
giornali
,
dormirà
peggio
.
»
Ma
non
era
Kennedy
la
novità
a
cui
stavamo
assistendo
.
Era
la
gente
intorno
a
lui
,
sempre
più
numerosa
e
convinta
,
quasi
che
le
cose
che
Kennedy
diceva
le
avesse
sapute
e
condivise
da
sempre
,
quasi
che
si
stesse
chiudendo
una
parentesi
nella
vita
americana
,
e
tornasse
alla
normalità
.
Scoprire
che
era
tanto
numerosa
,
l
'
altra
America
(
e
ancor
più
numerosa
se
la
sommavano
all
'
America
di
McCarthy
)
,
era
uno
stupore
quotidiano
.
Quella
sera
di
martedì
,
nella
Embassy
room
,
era
proprio
questo
discorso
che
veniva
alle
labbra
degli
uomini
di
Kennedy
,
incerti
sull
'
esito
del
voto
,
ancora
in
attesa
dei
risultati
.
È
vero
,
i
nemici
erano
molti
:
e
bastava
pensare
a
Sam
Yorty
,
il
sindaco
di
Los
Angeles
,
per
capire
che
Kennedy
quella
sera
stava
,
per
modo
di
dire
,
in
territorio
nemico
.
Forse
non
era
stato
per
caso
che
la
polizia
di
Los
Angeles
aveva
contato
i
semafori
rossi
passati
dal
corteo
di
Kennedy
il
giorno
prima
e
aveva
fatto
cento
multe
alla
motorcade
del
senatore
.
Sì
,
i
nemici
erano
molti
,
ma
oltre
l
'
ottanta
per
cento
dei
democratici
volevano
una
politica
nuova
.
Comunque
si
ripartissero
i
voti
della
California
,
chiunque
avesse
vinto
quando
quelle
dannate
macchine
elettroniche
si
fossero
messe
a
funzionare
,
era
chiaro
che
otto
,
quasi
nove
elettori
democratici
su
dieci
volevano
Kennedy
o
McCarthy
:
qui
,
come
in
tutti
gli
altri
Stati
dove
s
'
erano
svolte
le
primarie
.
Mancavano
pochi
minuti
a
mezzanotte
quando
i
primi
risultati
di
Los
Angeles
cominciarono
ad
arrivare
.
La
gente
si
stringeva
di
nuovo
intorno
ai
televisori
.
Il
Sud
California
aveva
votato
massicciamente
per
Bob
:
i
messicani
,
i
negri
,
i
contadini
delle
vallate
stavano
rovesciando
il
risultato
.
Si
ricominciava
a
cantare
,
a
gridare
in
coro
.
Si
sentivano
altre
musiche
dai
saloni
vicini
,
perché
anche
il
falco
Rafferty
stava
vincendo
la
sua
gara
.
Ora
non
s
'
aspettava
che
lui
,
Kennedy
.
Era
rimasto
nella
sua
stanza
al
settimo
piano
,
pronto
a
scendere
solo
quando
il
risultato
fosse
stato
sicuro
,
per
poterlo
commentare
.
La
gente
aveva
fatto
ala
intorno
all
'
entrata
principale
del
salone
,
e
le
telecamere
inquadravano
quel
punto
,
perché
era
da
lì
che
ci
si
aspettava
che
Kennedy
venisse
.
Poi
,
ad
un
tratto
,
si
spostarono
tutti
verso
il
palco
,
e
verso
la
tenda
azzurra
.
Dal
vano
,
dietro
al
tavolo
di
Salinger
,
potevamo
vederlo
arrivare
.
Aveva
accanto
i
visi
di
sempre
,
la
moglie
si
fermava
ogni
tanto
ad
aspettarlo
quando
lui
s
'
attardava
per
stringere
una
mano
.
Passò
fra
i
vassoi
d
'
alluminio
,
le
casse
di
bicchieri
,
i
banconi
della
cucina
.
Arrivò
sul
palco
.
Ci
volle
un
po
'
prima
che
potesse
parlare
,
perché
la
gente
intorno
non
riusciva
a
tacere
.
Ringraziò
tutti
cercando
nel
gruppo
foltissimo
che
gli
era
attorno
le
persone
che
nominava
,
e
indicandole
all
'
applauso
.
Non
si
negò
una
battuta
:
«
Non
m
'
importa
quando
attaccano
me
,
ma
quando
se
la
pigliano
con
il
mio
cane
...
»
.
Poi
rinnovò
un
esplicito
invito
a
McCarthy
a
congiungere
le
forze
.
Alzando
le
dita
in
segno
di
vittoria
,
dette
l
'
appuntamento
alla
folla
per
Chicago
,
la
città
della
Convenzione
.
Pochi
minuti
prima
che
finisse
di
parlare
,
le
camere
della
televisione
erano
state
frettolosamente
spostate
dall
'
ingresso
principale
e
dalla
hall
.
Doveva
essere
arrivata
la
notizia
che
Kennedy
non
sarebbe
uscito
da
quella
parte
,
ma
sarebbe
ripassato
dalle
cucine
.
Un
mutamento
di
programma
dell
'
ultimo
istante
,
forse
.
S
'
avviò
dietro
la
tenda
,
di
nuovo
verso
il
corridoio
che
aveva
già
percorso
.
Lentamente
pressato
dalla
folla
dei
suoi
aiutanti
e
collaboratori
.
Era
impossibile
restargli
vicino
.
Nel
salone
,
la
gente
continuava
a
gridare
,
a
cantare
,
a
battere
ritmicamente
le
mani
.
Pochi
sentirono
i
rumori
delle
esplosioni
.
La
gente
che
era
vicina
al
corridoio
urlò
;
fu
un
urlo
che
si
trasmise
velocemente
;
pochissimi
avevano
visto
,
nessuno
sapeva
con
certezza
ciò
che
era
accaduto
.
Un
uomo
uscì
dalla
calca
,
salì
sul
palco
,
e
fece
con
le
dita
un
gesto
come
d
'
una
pistola
puntata
contro
la
tempia
.
Agli
angoli
della
grande
sala
,
a
quel
punto
,
c
'
era
ancora
gente
che
applaudiva
di
gioia
,
che
non
aveva
capito
...
Le
cineprese
spente
ripresero
a
girare
immagini
di
gente
che
cadeva
a
terra
,
scoppiava
in
lacrime
,
gridava
di
disperazione
,
piangeva
.
Un
uomo
che
era
stato
accanto
a
me
tutta
la
sera
,
con
all
'
occhiello
un
bottone
della
marcia
dei
poveri
,
salì
sul
podio
,
e
cominciò
a
chiedere
al
microfono
se
c
'
era
un
dottore
.
Lo
ripeté
due
,
cinque
,
dieci
volte
.
Dalla
porta
principale
,
finalmente
,
erano
apparsi
degli
agenti
di
polizia
,
alcuni
con
l
'
elmetto
dorato
delle
pattuglie
stradali
.
Non
sapevano
cosa
fare
,
dove
andare
.
Smith
,
il
cognato
di
Kennedy
,
pregò
dal
palco
che
tutta
la
gente
uscisse
,
e
quietamente
,
piangendo
,
gli
obbedirono
.
Ora
potevano
rimanere
dentro
la
Embassy
room
solo
i
giornalisti
.
Dalla
porta
accanto
alla
tenda
,
fu
portata
nella
sala
una
donna
coperta
di
sangue
,
ferita
al
fianco
e
alla
testa
.
Fu
sdraiata
su
un
tavolo
.
Un
altro
ferito
,
un
uomo
,
attraversò
il
salone
sorretto
sotto
le
ascelle
da
due
persone
.
Corsi
verso
il
corridoio
della
cucina
:
si
sentiva
gridare
,
la
voce
di
qualcuno
che
conoscevo
diceva
a
tutti
d
'
andare
via
,
di
fare
largo
,
di
spostarsi
.
Era
semibuio
,
ma
il
corridoio
era
tagliato
dalle
luci
delle
telecamere
mobili
,
che
continuavano
a
girare
.
Erano
passati
non
più
di
cinque
o
sei
minuti
da
quando
avevamo
sentito
quei
rumori
che
ora
sapevamo
essere
state
esplosioni
.
Kennedy
non
riuscivamo
a
vederlo
,
era
disteso
a
terra
dietro
la
gente
che
premeva
in
quello
stretto
spazio
,
in
quel
corridoio
che
non
avrebbe
dovuto
percorrere
e
dove
tuttavia
l
'
assassino
era
appostato
,
da
più
di
mezz
'
ora
.
Ci
respinsero
indietro
una
o
due
volte
.
Nel
buio
,
vedevamo
gente
che
si
chinava
,
che
urlava
ordini
incomprensibili
,
che
cercava
di
fare
largo
.
Riconobbi
Bili
Barry
,
senza
giacca
,
la
camicia
strappata
,
un
livido
sulla
fronte
.
Non
so
quanti
minuti
passarono
prima
che
arrivasse
,
all
'
altra
uscita
del
corridoio
,
l
'
ambulanza
.
Il
passaggio
s
'
aprì
,
la
folla
che
s
'
accalcava
uscì
all
'
aperto
dietro
i
feriti
,
vedemmo
Ethel
Kennedy
salire
sulla
macchina
,
tremando
,
gridando
qualcosa
al
portantino
che
l
'
aveva
preceduta
nell
'
interno
.
Quando
l
'
ambulanza
partì
,
tornammo
indietro
:
uno
sguardo
in
quel
passaggio
fra
la
cucina
e
il
montacarichi
,
il
tempo
di
vedere
dei
tavoli
vuoti
,
della
gente
sdraiata
a
terra
.
Poi
,
di
nuovo
nella
Embassy
room
:
avevano
spento
le
luci
,
sbarrato
le
porte
.
Fuori
,
nella
hall
,
s
'
era
ammassata
la
gente
,
non
si
poteva
uscire
.
In
ginocchio
sui
tappeti
,
riversi
sui
divani
,
molti
piangevano
.
S
'
aprì
una
porticina
laterale
,
e
uscì
un
gruppo
di
agenti
,
che
camminava
veloce
ed
in
fila
.
Non
riuscirono
a
impedire
che
la
gente
s
'
accorgesse
che
fra
loro
,
stretto
fermamente
,
c
'
era
un
giovane
.
Corremmo
in
molti
dietro
a
quel
gruppo
,
lungo
le
scale
che
portavano
al
seminterrato
.
Altra
gente
era
lungo
i
corridoi
,
o
all
'
uscita
.
Gridavano
che
volevano
ucciderlo
,
linciarlo
.
Un
uomo
in
abito
da
sera
si
scagliò
contro
la
linea
degli
agenti
mentre
Shiran
veniva
caricato
sulla
macchina
,
ma
non
fece
in
tempo
a
raggiungere
il
bersaglio
con
il
suo
pugno
alzato
.
Quando
tornammo
su
,
nella
sala
stampa
,
attraverso
i
vari
racconti
e
le
testimonianze
si
stava
ormai
ricostruendo
in
ogni
particolare
quello
che
era
accaduto
.
Uscimmo
dall
'
Ambassador
verso
le
due
di
mattina
.
C
'
erano
ancora
i
sostenitori
di
Rafferty
,
con
le
loro
pagliette
colorate
,
i
manifesti
bianchi
e
verdi
,
e
le
facce
più
severe
che
addolorate
.
Il
piazzale
era
deserto
,
solo
alcuni
agenti
di
polizia
controllavano
nervosamente
che
nessuno
entrasse
nell
'
albergo
.
Avevo
voglia
di
insultarli
.
Al
di
là
del
cancello
,
ricominciavano
i
boulevards
e
le
freeways
,
il
traffico
sembrava
normale
,
monotono
,
meno
di
un
miglio
più
avanti
,
sul
Wilshire
Boulevard
,
s
'
accendevano
le
torce
rosse
della
polizia
,
la
strada
era
sbarrata
dalle
lines
gialle
.
Kennedy
era
all
'
ospedale
.
Poi
vennero
l
'
attesa
,
il
viaggio
da
Los
Angeles
a
New
York
,
la
folla
di
San
Patrizio
,
il
treno
verso
Washington
,
la
tomba
di
Arlington
.
Come
sembrava
insopportabile
,
l
'
America
,
all
'
improvviso
.
E
come
sarà
difficile
riconciliarsi
con
lei
,
dopo
quella
notte
all
'
Ambassador
.
StampaPeriodica ,
Gast
e
Fanny
si
conobbero
un
giorno
nella
giungla
di
Nagepur
,
in
drammatiche
circostanze
.
Fanny
era
la
figlia
di
mister
James
Bordley
,
imprenditore
inglese
che
da
alcuni
anni
aveva
assunto
importanti
lavori
stradali
in
India
,
e
possedeva
un
elegante
bungalow
,
nei
pressi
di
Nagepur
piccolo
posto
abitato
da
operai
indigeni
e
da
alcune
famiglie
europee
.
A
venti
anni
Fanny
Bordley
era
una
bella
ragazza
,
a
cui
tutti
volevano
bene
per
la
sua
bontà
e
la
sua
cortesia
.
Gli
Indù
la
salutavano
con
una
specie
di
adorazione
,
quando
la
incontravano
mentre
scendeva
,
sola
,
al
vicino
affluente
del
Gange
,
dove
amava
recarsi
spesso
a
pescare
in
una
barca
legata
dentro
una
breve
insenatura
,
sulla
quale
le
grandi
piante
stendevano
un
'
ombra
deliziosa
.
Ed
ella
godeva
,
talvolta
,
di
raccogliersi
in
quell
'
angolo
fresco
e
tranquillo
,
a
leggere
,
mentre
la
canna
restava
abbandonata
con
la
lenza
immersa
e
l
'
esca
senza
preda
,
per
la
scarsità
del
pesce
.
Un
pomeriggio
la
sua
attenzione
,
tutta
presa
dalle
pagine
di
libro
,
fu
improvvisamente
attratta
da
un
guaito
,
a
cui
seguirono
uno
sparo
d
'
arma
da
fuoco
e
un
fragore
di
rami
violentemente
smossi
nella
foresta
cupa
e
misteriosa
.
Palpitando
d
'
ansia
e
di
curiosità
non
priva
d
'
una
certa
apprensione
,
ella
fissò
lo
sguardo
alla
giungla
,
e
tese
l
'
udito
.
Passarono
alcuni
minuti
di
silenzio
,
poi
Fanny
vide
comparire
un
cane
che
si
trascinava
a
stento
verso
il
fiume
,
come
per
sfuggire
ad
un
pericolo
o
per
cercare
un
aiuto
,
un
conforto
.
Dalla
gola
gli
usciva
un
gemito
che
aveva
quasi
echi
umani
.
La
povera
bestia
ad
un
tratto
si
fermò
,
guardò
la
giovane
donna
,
poi
si
lasciò
cadere
al
suolo
,
rassegnata
.
Fanny
saltò
sulla
riva
,
s
'
avvicinò
al
cane
,
e
s
'
accorse
che
aveva
una
delle
gambe
posteriori
orribilmente
straziata
e
sanguinante
.
Ella
si
prese
in
braccio
il
povero
animale
,
lo
portò
vicino
all
'
acqua
,
gli
lavò
la
piaga
,
e
gliela
fasciò
con
la
sciarpa
di
seta
che
aveva
al
collo
.
Il
cane
lasciava
fare
,
ma
nei
suoi
occhi
era
una
commovente
espressione
di
tenerezza
.
Caro
,
ti
senti
meglio
ora
?
...
Sì
...
Bravo
...
Chissà
come
ti
chiami
?
Gast
!
disse
una
voce
dietro
le
sue
spalle
.
C
'
è
il
nome
costì
,
sul
collare
,
signorina
.
Fanny
si
voltò
con
un
piccolo
grido
:
e
si
vide
lì
,
a
due
passi
,
un
giovane
che
indossava
l
'
uniforme
di
ufficiale
dei
Lanceri
,
e
stringeva
per
la
canna
,
a
guisa
di
bastone
,
un
fucile
da
caccia
.
Grazie
signorina
,
delle
cure
che
avete
prestato
al
mio
cane
.
Deve
la
sua
ferita
alla
zampata
di
una
pantera
nera
contro
la
quale
s
'
era
scagliato
coraggiosamente
,
dopo
averla
scovata
.
Ha
del
fegato
,
Gast
,
ve
lo
assicuro
.
Ma
stavolta
s
'
è
imbattuto
in
un
avversario
più
forte
.
Io
però
ho
fatto
le
sue
vendette
,
poiché
la
belva
è
là
,
ora
;
stecchita
,
con
una
palla
nel
cervello
.
A
chi
ho
l
'
onore
di
parlare
?
...
Io
sono
il
tenente
Roberto
Stuart
,
dei
Lanceri
.
Fanny
disse
a
sua
volta
il
proprio
nome
.
Gast
taceva
e
guardava
ora
il
padrone
ora
l
'
infermiera
,
che
la
fortuna
gli
aveva
fatto
trovare
,
con
un
'
espressione
indescrivibile
.
Vi
era
nelle
sue
pupille
una
luce
di
gioia
che
inteneriva
.
Strano
che
abbiate
scovata
una
belva
in
questi
paraggi
osservò
un
po
'
preoccupata
la
fanciulla
.
Noi
non
ne
abbiamo
mai
avuto
sentore
...
Signorina
,
l
'
India
è
la
terra
delle
sorprese
e
dei
pericoli
inaspettati
.
Bisogna
stare
sempre
in
guardia
.
E
sorrise
con
malizia
,
il
giovane
ufficiale
.
Fanny
notò
che
aveva
dei
bellissimi
denti
,
e
abbassò
il
volto
,
arrossendo
un
poco
.
Si
lasciarono
,
con
un
cortese
saluto
;
il
tenente
s
'
allontanò
portando
in
braccio
il
suo
povero
ferito
,
Fanny
rientrò
al
bungalow
.
Gast
guarì
,
ma
rimase
un
po
'
zoppicante
.
Il
giorno
in
cui
poté
riaccompagnare
il
suo
padrone
a
caccia
,
la
sua
gioia
non
ebbe
limiti
:
sembrava
impazzito
.
E
'
nato
cacciatore
come
me
,
questo
caro
demonio
!
disse
l
'
ufficiale
battendogli
con
la
destra
la
testa
intelligente
.
Attento
Gast
a
non
farti
conciare
così
una
seconda
volta
.
Non
bis
in
idem
.
Ma
,
appena
nella
giungla
,
il
cane
sembrò
dimenticarsi
del
padrone
,
e
,
abbaiando
a
festa
,
via
,
di
corsa
,
verso
la
piccola
insenatura
del
fiume
.
Sulla
riva
si
fermò
,
ammutolito
.
La
barca
c
'
era
,
lì
;
al
solito
posto
:
ma
vuota
.
Roberto
Stuart
raggiunse
il
cane
e
,
vedendolo
in
quella
posa
malinconica
e
di
delusione
,
capì
.
Povera
bestia
!
mormorò
e
lo
chiamò
:
Gast
,
andiamo
...
L
'
animale
lo
seguì
,
svogliato
,
inquieto
,
distratto
,
meritandosi
i
rimproveri
aspri
del
padrone
.
Le
volte
successive
fu
lo
stesso
.
Gast
correva
al
fiume
come
un
innamorato
all
'
appuntamento
,
e
sempre
restava
male
,
non
trovando
chi
cercava
.
Anche
il
tenente
era
un
po
'
stupito
e
quasi
offeso
di
quell
'
assenza
.
Non
gli
sarebbe
spiaciuto
di
rivedere
quella
graziosa
fanciulla
che
,
nel
lasciarlo
,
dopo
la
loro
strana
conoscenza
,
si
era
dimenticata
,
o
lo
aveva
fatto
apposta
?
...
d
'
invitarlo
al
bungalow
,
almeno
per
conoscere
suo
padre
.
Che
le
fosse
riuscito
proprio
così
odioso
?
...
S
'
indispettì
,
si
ingelosì
quasi
dell
'
ostinata
e
vana
predilezione
che
Gast
dimostrava
,
e
decise
di
scegliere
un
'
altra
zona
della
foresta
per
le
sue
gite
cinegetiche
.
E
un
giorno
,
infatti
,
uscì
prendendo
un
'
altra
direzione
;
ma
sul
margine
della
giungla
il
cane
s
'
avviò
per
lo
stesso
sentiero
di
prima
.
L
'
ufficiale
lo
richiamò
inutilmente
.
Gast
si
fermava
,
lo
fissava
con
due
occhi
supplici
,
buoni
,
promettenti
,
poi
riprendeva
lento
a
camminare
verso
il
fiume
.
Roberto
,
suo
malgrado
,
dovette
seguirlo
.
Ad
un
tratto
Gast
si
mise
a
latrare
allegramente
,
e
si
slanciò
di
corsa
verso
la
piccola
insenatura
vicina
;
v
'
era
la
barca
,
e
sui
cuscini
della
sentina
,
con
la
testa
appoggiata
alla
prora
,
Fanny
addormentata
.
Il
cane
raggiunse
la
riva
e
d
'
un
balzo
fu
sul
bordo
dell
'
imbarcazione
,
mentre
Roberto
,
giungendo
a
sua
volta
alla
sponda
ombrosa
,
s
'
arrestava
di
colpo
,
esterrefatto
.
Dall
'
alto
di
un
ramo
sporgente
sull
'
acqua
,
proprio
sopra
il
battello
,
una
grossa
liana
pendeva
,
dondolando
.
Una
liana
?
...
L
'
ufficiale
vide
meglio
;
era
un
rettile
enorme
,
orrendo
,
tutto
avidamente
teso
alla
preda
ignara
che
già
la
sua
testa
dalla
fauci
spalancate
sfiorava
.
Gast
emise
un
ululo
terribile
,
un
formidabile
ringhio
e
si
slanciò
.
In
quel
momento
Fanny
si
destò
e
scorgendo
quella
spaventosa
testa
vicina
alla
sua
diede
un
grido
straziante
.
Il
serpente
dondolò
più
furiosamente
e
si
contorse
:
qualcosa
si
era
appeso
al
suo
viscido
corpo
rotondo
:
delle
punte
acute
erano
penetrate
nel
suo
collo
,
mordendo
a
furia
,
formidabilmente
.
Allora
Roberto
Stuart
puntò
calmo
il
fucile
e
sparò
due
volte
,
con
precisione
matematica
...
Poco
dopo
le
acque
del
fiume
ingoiavano
il
corpo
inerte
di
un
enorme
rettile
,
e
tre
esseri
felici
s
'
avviavano
ad
un
civettuolo
bungalow
:
Gast
,
tutto
fiero
,
avanti
;
dietro
,
al
braccio
,
un
ufficiale
dei
Lanceri
inglesi
e
una
bella
fanciulla
bionda
.
E
si
tenevano
,
questi
,
per
mano
,
eloquentemente
.
StampaPeriodica ,
Sono
tornato
da
Praga
con
disperazione
e
con
rabbia
.
Dopo
aver
vissuto
per
due
mesi
le
speranze
e
le
apprensioni
di
un
popolo
,
alla
cui
cultura
ho
dedicato
gran
parte
della
mia
esistenza
.
Tanto
più
amaro
è
il
mio
ritorno
in
quanto
questo
magnifico
popolo
è
stato
offeso
e
schiacciato
dall
'
esercito
di
un
altro
paese
,
della
cui
letteratura
io
sono
da
lunghi
anni
testimonio
ed
amico
in
scritti
e
lezioni
.
È
tempo
di
liberarsi
ormai
di
tutte
le
illusioni
e
di
tutti
gli
inganni
nei
riguardi
della
Russia
.
È
chiaro
che
la
presente
avventura
sovietica
,
coperta
del
solito
leucoplasto
ideologico
,
con
le
sue
brutalità
e
i
suoi
colpi
di
teatro
,
questo
miscuglio
asiatico
di
truculenze
e
di
falsi
e
di
minacce
e
di
beffe
e
di
abbracci
e
di
parolone
,
si
inquadra
logicamente
nella
cornice
secolare
della
storia
russa
,
come
se
nulla
fosse
cambiato
dalla
sanguinaria
e
crudele
epoca
di
Ivàn
il
Terribile
e
come
se
i
cecoslovacchi
fossero
i
tartari
della
città
di
Kazàn
,
da
lui
conquistata
.
Del
resto
sia
pure
così
:
Kazàn
,
dicono
le
cronache
del
Cinquecento
,
era
una
marmitta
dentro
cui
il
popolo
ribolliva
come
acqua
.
Ho
trascorso
dunque
questi
due
mesi
nel
Castello
degli
Scrittori
vicino
Praga
,
in
continuo
contatto
coi
redattori
di
«
Literarni
Listy
»
,
e
devo
dire
che
,
nonostante
l
'
ottimismo
di
alcuni
corrispondenti
occidentali
,
le
brevi
schiarite
non
hanno
mai
dissipato
dagli
animi
cecoslovacchi
la
pesante
inquietudine
,
specie
dopo
il
prolisso
ed
ambiguo
documento
di
Bratislava
.
Un
orecchio
attento
coglieva
nel
tono
vagamente
rassicurante
dei
discorsi
di
Svoboda
,
Dubcek
,
Smrkovsky
reticenze
e
circonlocuzioni
pervase
di
angoscia
.
Ci
si
aspettava
da
un
giorno
all
'
altro
l
'
invasione
,
e
lo
scetticismo
non
si
offuscò
nemmeno
quando
fu
annunziato
dalla
stampa
che
le
truppe
straniere
venute
per
le
manovre
se
ne
erano
andate
definitivamente
.
Ci
pareva
,
la
notte
,
riuniti
nella
sala
da
pranzo
del
Castello
,
di
udire
un
infausto
rotolio
di
carri
armati
nel
silenzio
sulla
provinciale
che
lo
costeggia
.
Specie
dopo
il
18
,
quando
si
sparse
la
voce
che
i
cosiddetti
«
alleati
»
preparavano
nuove
manovre
in
territorio
cecoslovacco
,
eravamo
certi
che
una
notte
ci
avrebbe
svegliati
una
nera
realtà
senza
scampo
.
E
infatti
così
è
avvenuto
:
nella
notte
tra
il
20
e
il
21
,
appena
si
seppe
che
lo
straniero
avanzava
con
tutta
la
sua
mostruosa
ferraglia
e
calava
dal
cielo
sull
'
aeroporto
praghese
,
gli
amici
mi
convinsero
a
partire
in
fretta
,
prima
che
fosse
troppo
tardi
,
e
a
dirigermi
per
strade
marginali
e
poco
battute
verso
il
valico
di
Rozvadov
,
che
porta
a
Norimberga
.
Mi
dissero
:
vattene
subito
,
è
meglio
per
tutti
noi
,
potrai
meglio
aiutarci
di
fuori
che
restando
qui
,
in
gabbia
.
Sembra
di
fare
del
pathos
,
ma
il
congedo
dagli
scrittori
che
erano
allora
al
Castello
in
subbuglio
,
pieni
di
astio
per
la
tracotanza
dei
falsi
«
alleati
»
,
è
stato
infinitamente
triste
,
e
indimenticabile
.
In
soli
trent
'
anni
la
seconda
occupazione
,
con
lo
stesso
fragore
di
carri
pesanti
e
la
stessa
tecnica
che
russi
e
tedeschi
si
trasmettono
in
una
gara
di
emulazione
,
e
questa
volta
in
nome
di
una
«
fratellanza
»
,
su
cui
è
ormai
posta
dai
cecoslovacchi
una
croce
.
Fratelli
:
ho
finito
per
odiare
questa
parola
.
Correndo
in
macchina
tra
le
fitte
spalliere
di
boschi
della
Boemia
occidentale
,
ripensavo
alle
lunghe
,
estenuanti
discussioni
al
Castello
,
durante
le
quali
cercavamo
di
spiegarci
l
'
insania
sovietica
;
ripensavo
agli
intellettuali
a
me
cari
,
che
avrebbero
ora
subito
nuove
persecuzioni
;
ripensavo
alla
solitudine
di
questo
popolo
nel
cuore
dell
'
Europa
,
spezzata
in
due
da
una
lacerazione
irrimediabile
.
Mi
tornava
in
mente
un
passo
di
Jan
Prochàzka
nel
libro
Politica
per
ognuno
,
uscito
da
poco
:
«
Ci
dicono
che
stiamo
turbando
i
rapporti
con
l
'
Unione
Sovietica
e
le
altre
nazioni
socialiste
,
come
se
contraddicesse
il
socialismo
il
fatto
che
non
vogliamo
esser
sudditi
di
alcun
padrone
né
padroni
di
alcun
suddito
,
ma
libera
terra
tra
popoli
uguali
in
un
mondo
giusto
.
Solo
reggendoci
sulle
nostre
gambe
,
diritti
e
liberi
,
possiamo
esser
buoni
amici
di
amici
buoni
e
disinteressati
alleati
di
alleati
disinteressati
»
.
Ma
a
che
è
servita
questa
ininterrotta
sequela
di
assicurazioni
,
di
formule
cerimoniali
,
di
asserzioni
di
fede
,
di
ammansimenti
?
Tutta
questa
strategia
di
cautele
e
di
attese
e
di
reiterate
profferte
di
amicizia
?
Aveva
avuto
ragione
il
caricaturista
di
«
Literarni
Listy
»
a
raffigurare
,
in
un
disegno
non
pubblicato
,
Breznev
come
un
rapace
Nembo
Kid
,
che
si
avventa
su
Praga
.
Con
la
ripresa
degli
attacchi
sui
giornali
della
Santa
Alleanza
marxista
si
erano
accresciute
la
diffidenza
e
l
'
inquietudine
.
Il
giorno
prima
dell
'
invasione
correvano
oscure
notizie
sui
movimenti
degli
aggressori
ai
confini
e
sul
fatto
che
Dubcek
era
stato
convocato
d
'
urgenza
da
Breznev
e
che
gli
alleati
tornavano
a
esigere
che
il
governo
cecoslovacco
imbavagliasse
la
stampa
e
la
televisione
,
spauracchi
dei
miopi
gerarchi
,
persuasi
che
l
'
umanità
debba
essere
una
torpida
accolta
di
servi
.
È
ricominciata
,
affermavano
gli
amici
,
la
politica
dello
spianatoio
e
del
ferro
da
stiro
che
livella
tutto
,
risparmiando
magari
gli
anticomunisti
,
per
dissolvere
i
comunisti
dissidenti
.
Ciò
nonostante
,
e
con
l
'
ansia
di
far
presto
,
mi
ero
ingegnato
di
avere
un
incontro
col
capo
del
governo
Cernik
,
e
questi
mi
aveva
promesso
di
concedermi
un
'
intervista
per
«
I
]
Espresso
»
.
E
una
vaga
promessa
avevo
ottenuto
anche
dal
segretario
di
Dubcek
per
un
colloquio
,
se
Dubcek
,
dopo
la
partenza
di
Ceausescu
da
Praga
,
avesse
avuto
un
momento
di
calma
.
A
Cernik
il
suo
consigliere
culturale
,
uno
studioso
mio
amico
,
aveva
trasmesso
le
quattro
domande
che
qui
riporto
,
come
testimonianza
di
un
'
intervista
mancata
:
1
.
Ho
ascoltato
alla
TV
alcuni
suoi
discorsi
,
signor
Primo
ministro
,
e
ne
ho
ammirato
la
tagliente
freddezza
e
il
tono
concreto
.
Eppure
molti
documenti
cecoslovacchi
di
questi
mesi
peccano
di
vuota
fraseologia
.
Non
le
sembra
,
signor
Primo
Ministro
,
che
uno
dei
principali
problemi
della
nuova
società
cecoslovacca
sia
quello
di
liberarsi
dalle
vuote
frasi
roboanti
?
2
.
Gli
ultimi
avvenimenti
hanno
rimesso
in
luce
le
connessioni
europee
della
Cecoslovacchia
.
Qual
è
la
sua
opinione
,
signor
Primo
Ministro
,
sul
problema
CecoslovacchiaEuropa
?
3
.
Dallo
scorso
gennaio
il
socialismo
cecoslovacco
sembra
riprendere
i
temi
masarykiani
dell
'
umanità
e
della
tolleranza
.
Vede
lei
,
signor
Primo
Ministro
,
un
nesso
tra
la
dottrina
di
Masaryk
e
il
nuovo
corso
?
4
.
Durante
la
prima
Repubblica
i
rapporti
culturali
tra
Cecoslovacchia
e
Francia
furono
più
intensi
che
tra
Cecoslovacchia
e
Italia
,
soprattutto
a
causa
del
fatto
che
nel
nostro
paese
regnava
il
fascismo
.
Pensa
,
signor
Primo
Ministro
,
che
la
rinnovata
Repubblica
,
nel
clima
di
libertà
,
cercherà
un
avvicinamento
più
stretto
con
la
Repubblica
italiana
?
Come
sembra
ozioso
tutto
questo
dinanzi
al
precipitare
delle
circostanze
.
Del
resto
tutti
sentivamo
nell
'
aria
che
le
cose
stavano
precipitando
.
Tra
i
«
misteri
»
della
città
d
'
oro
c
'
è
anche
questo
:
che
le
notizie
e
gli
indizi
vi
si
diffondono
magicamente
,
in
un
attimo
.
Si
sussurrava
che
i
russi
,
aizzati
da
Ulbricht
e
da
Gomulka
,
avrebbero
fatto
di
tutto
per
ostacolare
il
congresso
straordinario
del
partito
.
Ci
si
lamentava
che
Dubcek
,
troppo
fiducioso
,
non
curasse
di
più
la
sua
incolumità
personale
:
quando
si
recò
a
Cierna
,
gli
fu
chiesto
da
redattori
della
TV
di
farsi
proteggere
,
date
le
tradizioni
sovietiche
,
ma
egli
rispose
che
gli
sembrava
superfluo
,
era
pronto
a
tutto
.
E
come
lui
il
popolo
,
quasi
per
scaramanzia
,
voleva
evitare
ogni
misura
precauzionale
.
D
'
altronde
la
coscienza
del
pericolo
non
è
mai
così
assoluta
,
da
cancellare
del
tutto
la
speranza
di
salvezza
.
Ora
lo
sdegno
verso
i
russi
(
gli
altri
occupanti
sono
considerati
cani
al
guinzaglio
)
avrà
toccato
le
stelle
.
Ma
già
negli
ultimi
giorni
della
mia
permanenza
in
Cecoslovacchia
si
veniva
mutando
in
sordo
astio
l
'
indignazione
del
popolo
,
sospeso
nel
vuoto
dopo
il
documento
di
Bratislava
ed
esposto
,
come
su
un
calvario
,
a
salve
di
calunnie
e
menzogne
.
E
l
'
indignazione
è
macchina
di
saldezza
per
questo
popolo
,
un
tempo
considerato
un
'
accolta
di
piccoli
uomini
birrosi
e
tranquilli
,
da
Biedermeier
,
di
figurette
da
racconti
di
Capek
,
e
oggi
interprete
di
un
dramma
eroico
che
desta
lo
stupore
del
mondo
e
maestro
nella
tecnica
della
pazienza
e
della
difesa
non
violenta
.
Un
popolo
che
gli
aggressori
tenteranno
di
sfaldare
,
giuocando
sui
vecchi
rancori
di
famiglia
tra
cechi
e
slovacchi
,
rancori
che
tuttavia
si
sono
assopiti
d
'
incanto
nell
'
ora
della
minaccia
.
Ricordo
alcune
conversazioni
del
giorno
20
,
le
ultime
.
Un
amico
scrittore
paragona
il
comunismo
sovietico
a
una
cipolla
:
«
L
'
abbiamo
sfogliata
per
vent
'
anni
,
nonostante
il
cattivo
odore
e
fingendo
che
fosse
un
aroma
paradisiaco
,
nella
speranza
di
giungere
un
giorno
al
bulbo
,
poiché
sotto
le
apparenze
negative
volevamo
toccare
la
sostanza
.
E
alla
fine
,
con
le
lacrime
agli
occhi
,
ci
accorgiamo
che
anche
il
bulbo
è
rozzo
e
disgustoso
»
.
Un
romanziere
asserisce
:
«
Non
tarderanno
a
lungo
,
vedrai
.
Gli
ultimi
articoli
nei
loro
giornali
sono
trombe
di
guerra
.
Del
resto
il
meccanismo
della
dittatura
totalitaria
non
ha
altra
via
d
'
uscita
.
Un
regime
-
laboratorio
che
estingue
l
'
intelligenza
,
riducendo
l
'
uomo
a
un
numero
obbediente
,
come
nel
romanzo
utopistico
Noi
di
Zamjatin
,
non
può
consentire
che
un
piccolo
popolo
,
pur
restando
fedele
al
socialismo
,
deragli
dai
dogmi
e
dagli
schemi
di
pietra
.
E
,
presumendo
di
essere
l
'
eletto
,
manipola
la
verità
a
suo
piacimento
e
offende
ogni
diritto
e
vuol
essere
per
di
più
riconosciuto
protettore
e
fratello
.
Che
differenza
c
'
è
tra
Brezncv
e
Hitler
?
Ti
dirò
di
più
:
Hitler
ha
appreso
la
tecnica
da
loro
,
dai
sovietici
,
i
quali
furono
i
primi
ad
aprire
i
Lager
e
a
far
professione
di
intolleranza
»
.
Un
poeta
mi
espone
nervosamente
una
sua
forse
assurda
teoria
:
«
Non
mi
garba
»
dice
«
questo
andirivieni
dei
capi
di
paese
in
paese
;
questa
continua
locomozione
non
promette
nulla
di
buono
.
Finiranno
col
prendersi
noi
e
la
Jugoslavia
e
la
Romania
,
giungendo
sino
ai
confini
albanesi
.
Risolveranno
tutto
in
una
volta
.
E
sarà
la
loro
fine
»
.
Un
altro
scrittore
mi
cita
un
passo
profetico
d
'
un
giornalista
ceco
del
secolo
scorso
,
Hubert
Gordon
Schauer
,
il
quale
,
chiedendosi
che
cosa
sarebbe
avvenuto
se
l
'
impero
austriaco
si
fosse
frantumato
e
se
i
tedeschi
avessero
minacciato
la
Boemia
,
scrisse
nel
1886
le
parole
seguenti
:
«
Molti
dicono
che
ci
salverebbe
la
Russia
.
Ma
la
Russia
è
davvero
uno
Stato
amico
,
sono
i
russi
davvero
nostri
fratelli
,
disposti
a
difenderci
ad
ogni
costo
?
E
se
invece
ci
sacrificassero
al
germanesimo
,
se
ci
barattassero
con
assoluta
freddezza
in
cambio
della
Galizia
o
dei
Balcani
?
E
se
,
per
un
curioso
corso
della
sorte
,
fossimo
loro
assegnati
e
,
come
fanno
ora
coi
polacchi
,
ci
russificassero
o
,
come
coi
bulgari
,
ci
privassero
dell
'
autonomia
politica
?
So
che
vi
sono
alcuni
,
i
quali
gioiscono
a
questo
pensiero
,
ma
altri
che
rifuggono
dalla
russificazione
così
come
dal
germanismo
,
e
per
i
quali
il
giogo
fraterno
è
altrettanto
sgradevole
e
forse
anche
più
ripugnante
di
quello
straniero
.
Vi
sono
uomini
i
quali
,
se
si
presentasse
il
dilemma
:
tedeschizzarsi
o
russificarsi
,
rifletterebbero
con
sangue
freddo
da
qual
parte
verrebbe
maggior
giovamento
culturale
...
»
.
Il
problema
è
certo
cambiato
e
,
dopo
l
'
invasione
sovietica
,
si
pone
in
termini
nuovi
:
né
con
gli
uni
né
con
gli
altri
.
Ecco
perché
dall
'
inizio
delle
manovre
e
ancor
più
negli
ultimi
giorni
i
cecoslovacchi
,
con
risoluzioni
e
dibattiti
,
insistono
sulla
totale
neutralità
del
paese
.
Fatto
è
che
per
almeno
cento
anni
il
ricordo
dei
russi
(
per
non
parlare
dei
bulgari
e
dei
polacchi
)
sarà
equivalente
a
quello
dei
nazisti
,
e
la
stella
rossa
uguale
alla
croce
uncinata
:
l
'
inconsulta
goffaggine
dell
'
impero
sovietico
,
che
si
regge
sui
cingoli
e
sui
cannoni
,
fingendo
di
essere
eternamente
insidiato
da
eterne
controrivoluzioni
,
ha
messo
in
forse
l
'
esistenza
stessa
del
comunismo
in
un
paese
che
poteva
diventare
il
modello
di
una
moderna
società
comunista
.
A
meno
che
non
si
debba
concludere
che
democrazia
e
comunismo
siano
inconciliabili
.
Ma
,
in
questo
duello
tra
Davide
e
Golia
,
la
corazzata
ottusità
dei
sovietici
si
è
scontrata
con
l
'
inerme
tenacia
di
un
popolo
che
sa
essere
saldo
e
compatto
come
un
muro
di
piombo
,
uno
dei
più
caparbi
popoli
della
terra
,
che
non
tornerà
indietro
in
nessun
caso
.
C
'
è
da
augurarsi
che
il
Golem
sovietico
dai
piedi
ferrati
abbia
il
buon
senso
di
ritirarsi
e
che
non
perda
del
tutto
la
ragione
.
Se
lo
straniero
dovesse
restare
nel
territorio
cecoslovacco
,
si
troverà
come
nel
deserto
:
la
capacità
di
sabotaggio
e
di
difesa
passiva
della
nazione
cecoslovacca
è
infinita
.
Siamo
agli
inizi
di
una
nuova
resistenza
:
scioperi
,
ostentato
disprezzo
per
gli
occupanti
,
caccia
spietata
ai
collaborazionisti
,
proliferazione
di
libere
trasmittenti
.
Una
resistenza
che
si
vale
delle
risorse
dei
tempi
dell
'
Austria
e
del
periodo
del
protettorato
nazista
e
si
arricchisce
di
nuovi
trucchi
e
di
strabilianti
invenzioni
,
come
il
colloquio
coi
carristi
stranieri
,
per
insinuare
nei
loro
animi
il
dubbio
,
la
distruzione
di
sigle
,
targhe
,
numeri
e
nomi
di
strade
e
cartelli
,
la
segnalazione
delle
auto
degli
agenti
segreti
,
e
riesce
talvolta
,
con
una
tecnica
collaudata
nei
giorni
del
nazismo
,
persino
ad
avvisare
coloro
che
stanno
per
essere
arrestati
.
Nella
sua
Idea
di
uno
Stato
austriaco
lo
storico
ceco
Palacky
(
1865
)
affermò
:
«
Siamo
stati
prima
dell
'
Austria
,
saremo
ancora
dopo
di
essa
»
.
Potremmo
sostituire
alla
parola
«
Austria
»
la
parola
«
Unione
Sovietica
»
.
E
tutta
la
fede
nella
durata
e
nella
rinascita
di
questo
paese
,
che
non
vuol
vivere
,
come
diceva
Masaryk
,
«
sul
conto
degli
altri
,
dell
'
altrui
coscienza
»
,
non
attenua
l
'
angoscia
per
una
situazione
che
,
se
durasse
troppi
anni
,
farebbe
della
Cecoslovacchia
una
muta
ombra
,
uno
stagno
insidioso
ma
spento
,
riducendo
la
sua
vita
a
parvenza
di
vita
,
tarpando
i
suoi
impulsi
e
immiserendo
ancor
più
la
sua
economia
già
immiserita
da
vent
'
anni
di
disastri
.
Senza
pensare
ai
massacri
che
deriverebbero
da
eventuali
scoppi
di
disperata
rivolta
.
Ascoltando
ora
ogni
sera
la
meravigliosa
catena
di
stazioni
cecoslovacche
che
oppongono
la
voce
della
libertà
a
quella
nauseante
delle
stazioni
«
collaborazioniste
»
e
«
piratiche
»
,
ripenso
agli
amici
,
alle
loro
parole
:
«
Tu
tornerai
in
Occidente
,
ma
noi
...
chissà
che
cosa
ci
aspetta
»
.
Vorrei
nominarli
ad
uno
ad
uno
,
tutti
coloro
vicino
ai
quali
ho
trascorso
i
mesi
più
caldi
della
loro
rivoluzione
,
giornalisti
e
scrittori
,
quelli
che
già
lavorano
nel
sottosuolo
e
organizzano
la
lotta
clandestina
e
quelli
che
sono
stati
rapiti
con
metodi
da
Gestapo
.
Vorrei
rassicurarli
del
nostro
affetto
e
della
nostra
ammirazione
,
dir
loro
:
voi
siete
la
coscienza
del
mondo
.
Ma
so
che
le
parole
,
guaste
e
caricate
da
troppi
abusi
,
non
valgono
più
nulla
.