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ROBERT LOUIS STEVENSON ( CECCHI EMILIO , 1920 )
StampaPeriodica ,
Non mi meraviglierei se anche Stevenson fosse di quegli scrittori che , per un complesso di circostanze piuttosto difficili a spiegare , i conterranei ammirano , spesso anche enfaticamente , ma in un modo intrigato . Nei riguardi di questi scrittori , gli stranieri godono un privilegio di spregiudicatezza e candore , o diciamo addirittura d ' ignoranza : ignoranza che , come in altri casi , finisce per contare come una buona azione ad esser premiata . Si potrebbe obbiettare , quanto all ' Italia , che Stevenson non è ammirato in nessuno dei due modi , perché sostanzialmente è ignorato ; e lo considerano , alla lontana , come un autore di libri d ' avventure pei ragazzi : un quissimile di Salgari o di Verne . Ed è vero . Ma se , nel testo o in traduzioni fatte con arte , Stevenson sarà più letto , non credo improbabile si riconoscerà , d ' istinto e con molta chiarezza , il suo significato vitale , che , studiando alcuni scritti inglesi intorno a lui , ho visto che invece è scoperto , quando è scoperto , soltanto tra frasche e andirivieni ; e definito , quasi sempre , incidentalmente o a mezza voce . È uno di quei casi che si cerca la seggiola sulla quale siamo seduti ; e che il problema letterario s ' inacerbisce appunto perché si parla troppo d ' un problema letterario e ci si monta il capo . Probabilmente la vera soluzione la dettero , fin da ' primi giorni di Treasure Island , i ragazzi . È l ' unica cosa che resterebbe da fare ai grandi , forse non sarebbe altro che mettere in forma , con più riguardo possibile , le impressioni dei piccini . Ha osservato Chesterton , discutendo un libro di H . Bellyse Baildon su Stevenson , che , nell ' ammirazione dei lettori colti , l ' incanto delle straordinarie virtù di questo scrittore è in certo modo turbato dall ' eccesso d ' una virtù addizionale : " la versatilità e destrezza artistica " . " Egli sofferse della sua versatilità , non perché riuscì abbastanza bene nei generi più diversi , ma perché , nei generi più diversi riuscì troppo bene " . " Capace di realizzare il proverbiale miracolo d ' essere in cinque posti allo stesso tempo , portò gli altri a ritenere ch ' egli fosse cinque diverse persone " . ( Twelve Types , 115 ) . E cinque persone , specie se coperte d ' un sol nome , finiscon sempre coll ' essere molto meno convincenti di una sola persona . Ma vorrei dire , piuttosto , che non soltanto Stevenson fu capace di trovarsi in cinque posti allo stesso tempo , in modo che la gente poté pensare ch ' egli fosse cinque diverse persone . Completamente in alcuni dei suoi libri , saltuariamente in altri , tutte le sue cinque , sette o otto persone : il ragazzo , il cockney , il letterato , il pirata , il puritano , si riabbracciavano fraternamente e ridiventavano una ; e fu , per l ' appunto , nei luoghi più semplici dei libri abili e versatili , quando non fu nei più semplici fra tutti i suoi libri . In realtà , uno scrittore come lui , ricchissimo di senso del romanzo peccava , almeno in certo senso , di eccesso romanzesco , quando , pur con tutta la sua scaltra discrezione e la sua facoltà di dare alle immagini la positività d ' un documento storico , si metteva ad architettare un romanzo . Senza contare che per questo scrittore così dotato la vita vissuta era stata , quasi dal principio , straordinaria come il più incredibile dei romanzi . " Questo clima ; questi viaggi ; e l ' apparire delle terre all ' aurora ; le nuove isole che spuntavano dai banchi di nebbie mattutine ; e nuovi approdi boscosi ; e nuovi allarmi di temporali e risacche - tutta la storia della mia vita è per me più bella di qualsiasi poema " ( Letters , 11 , 160 ) . Per questo scrittore , la disposizione più feconda veniva ad essere non dico tanto rituffarsi nella propria storia " più bella di qualsiasi poema " , quanto lasciarsi galleggiare alla superficie di cotesta storia ; non tanto raccontarsi nel passato , quanto rivedersi nelle cose , semplicemente posando gli occhi sul mondo . La sapienza ingenua del suo sguardo bastava a creare , con la materia immediata del mondo , il più pacifico e vertiginoso miracolo , al quale era impossibile potessero aggiunger qualcosa anche le più acute invenzioni . Tutta la sua mitologia è , così , colore istantaneo e suono . Ci son parole semplicissime , portate senza epiteti : la parola surf , per esempio ; che nessun altro scrittore sembra possa mai più , in nessun modo , adoprarle , senza accettare nello stesso tempo tutto quello che in lui voglion dire , tanto il suo romanzo ormai le riempie e le preme . E se guarda : " la ciocca secca d ' un palmizio come un ventaglio d ' oro fra la verzura " o " l ' acqua dell ' atollo azzurra e grigia ; e nella trasparenza della luce sottomarina il corallo rameggiante e fiorito e la moltitudine dei pesci che volteggiano , punteggiati , striati , perfino rostrati come pappagalli ... " ( In The South Seas , 167 ) ; il suo colore è in sé la più fantastica delle favole ; e qualsiasi avventura , dopo , non sembra che un ' estensione e un commento . Come il suo stile è , costantemente , così delicato e fermo , leggero e governato , che l ' unica sorpresa ch ' egli riesce ad aggiungergli è d ' arrivare quasi ad obliarlo , ritrovando nelle lettere e diari , e nelle pagine di In The South Seas , una familiare chiarezza anche superiore a quella sua chiarezza temperata su Livio ; una naturale finitezza , anche più raffinata di quella sua industriosa finitezza francese . Intendo che , per mio conto , è impossibile , nei riguardi di Stevenson , eresia più rozza e pedantesca di quella proposta dal suo biografo e critico Graham Balfour , secondo la quale , una volta entrato nei mari del Sud e nell ' ultimo periodo della sua vita , Stevenson non avrebbe prodotto più nulla d ' assolutamente grande . E , in ogni caso , sarei piuttosto per un ' eresia che sostenesse il contrario . Comunque , posso assicurare , che quella versatilità e ubiquità la quale determina , come s ' è visto , in alcuni lettori , una sorta di diminuzione di fede , per conto mio non mi ha mai impedito di essere a tutti i suoi spettacoli e col più innocente abbandono . Ho detto che , riguardo a Stevenson , forse converrebbe fare come i bambini . E anche in questo caso , oltre mille altri , mi trovo davvero ad avere fatto in tutto come i bambini . Al pappagallo di cucina , sulla nave che porta i pirati verso l ' isola del tesoro , io gli ho voluto più bene che se fosse stato il pappagallo di casa mia ; molti anni prima di sapere che c ' erano stati anche i pappagalli di Daniel Defoe , e che cotesto , probabilmente , veniva da quella famiglia di pappagalli . E son sicuro d ' aver sgranato gli occhi come un bambino , quando in Treasure Island la nave deserta viene bordeggiando sul risucchio come la più indubitabile e pazza delle apparizioni ; e d ' averli sgranati con non meno stupore , più tardi , e , questa volta , non più soltanto come un bambino ma anche come un critico , nell ' accorgermi che cotesta nave , il più perfezionato dei vascelli fantasma , apparteneva alla stessa flottiglia della nave - scheletro in Coleridge e del pontone abbandonato di Gordon Pym . La voce spettrale presso la tomba del tesoro , il campanello del lebbroso in The Black Arrow , il gemito delle sirene in The Beach of Falesa , e quel cantarellare di Keawe nella stanza da bagno , che bruscamente s ' interruppe e non si sentì più ( The Bottle Imp ) , se qualcuno poté udirli e scordarsene , per me li sentii con troppo spavento da potermene mai più dimenticare . Il diabolismo di The Master of Ballantrae e Dr . Jekyll , appena per un miracolo non mi fece davvero credere , anche me come tanti , a un pessimismo di Stevenson . E se , infine , c ' era da applaudire una trovata da maestro , un ' alzata di genio nel cavarsi d ' impaccio , nel rianimare e risolvere una situazione ( per esempio il duello notturno di Wiltshire e Case in The Beach of Falesa che poteva , da un minuto all ' altro , diventar banale , io ho applaudito con la compunzione con cui si applaudono i portenti che non sapremo far mai , ma ai quali la bontà di Dio ci permette , qualche volta , d ' assistere di dietro le quinte , o dalla buca del suggeritore . Con tutto questo , so che ci son cose nelle quali Stevenson è Stevenson più che in tutte queste cose . E toni anche più suoi di tutti questi toni . Verità sue , più romanzesche di tutte queste strepitose invenzioni . Ripeto ch ' egli era troppo immediatamente pieno di romanzo da aver bisogno di romanzi . Era di quei poeti che dicono qualche gran cosa lirica , tutte le volte che scrivono una lirica , ma forse ne dicono una anche più grande , quando si crederebbe soltanto che avessero tirato giù il più vago degli appunti , o magari avessero chiesto un cerino . Era di quei pittori che stemperano gli ori e le gemme del Sultano e i colori del tramonto , nella loro nuova edizione delle Mille e una notte . Ma poi si scopre che la figura più luminosa la tinsero " con una scatola di acquarelli da una lira " , come quelle che , per dipingere i mari e i regni delle loro carte geografiche , adoprano i bambini . Era di quei sognatori che convincono a tutti i sogni , e specialmente ai più eccessivi e assurdi sogni ; e così ci ha fatto credere d ' aver visto con questi poveri occhi il diavolo stesso uscire e rientrare nella boccetta più lesto d ' un lucertolino ( The Bottle Imp ) . Ma non c ' è sogno che non imbianchi , quando s ' è visto che cosa sieno una proda d ' erba , una donna lungomare , il muro d ' una casa specchiati nelle sue infantili e tremende pupille . Era di quei raccontatori che posson fare anche a meno delle suggestive distanze che altri ricava dalle cronache e dalle leggende , o trova nelle architetture e prospettive del racconto ; perché tutto in lui , all ' atto della parola , precipitava in ingenuità trasparenti e vivi colori , ma portando seco come il rombo d ' un ' avventura e d ' una lontananza infinita . Questa chiarezza misteriosa diventa più fissa e più alta , quando gli arcipelaghi tropicali gli galleggiarono incontro , come paradisi emersi di fondo al tempo e al dolore : " e s ' udirono sopra bordo belare gli agnelli e un uccello che cantava alla collina ; e ci fiatò incontro l ' odore della terra e della frutta e dei fiori ; ed ecco , una casa o due apparvero ... " ( In the South Seas , 6 ) . Ma l ' accento leggendario è in ogni impressione della sua vita ; né ricordi di Barbizon e del lago artico di Saranac ; di Davos Platz e della domestica Edimburgo ; fino a quelli della miseria infantile , nelle interminabili notti di tosse e di febbre , in braccio alla nutrice : " Come mi ricordo bene di quando ella m ' alzava di letto , e portandomi alla finestre mi mostrava una o due finestre accese di là dal nero cerchio dei giardini ; e l ' un con l ' altra ci dicevamo che forse anche laggiù c ' eran dei bambini malati con le loro nutrici e come noi aspettavano l ' alba ! " ( Underwoods : The Sick Child ) . Nei mari del Sud il suo miracolo riceve soltanto l ' ultima evidenza ; e succede qualcosa di simile a quando Wiltshire sulla nave porta all ' occhio il cannocchiale e regola la vite , e la spiaggia s ' accostò di salto . Vita e fantasia si sovrapposero in assoluta e storica identità ; e veramente ormai non c ' era che dimenticarsi e guardare . Tutti i suoi personaggi , anche quelli che non aveva avuto coraggio di descrivere , eran diventati vivi e parlanti , di carne e d ' ossa ; e venivano a pigliare il thè e chiedergli un consiglio in casa sua e sulla veranda : i capi tribù , le regine cannibali ora spotestate e ospiti delle monache ; i pirati ridotti a mestieri ragionevoli , i ravveduti bucanieri . Così le sue lettere e diari di questi anni son la miniera d ' un materiale che non ha quasi subìto ritocchi , e non ne aveva bisogno , passando negli ultimi racconti famosi ; ma c ' è passato soltanto in piccola parte . Daremo prossimamente la traduzione d ' alcune di coteste pagine ; e , oltre alla gioia che potrà offrire la loro bellezza , saranno la più netta riprova di quel che abbiamo voluto dire della visionarietà di Stevenson e del suo particolare senso del romanzo . I rematori di The Beach of Falesa ; che vanno con il loro canotto verso le cascate dove son le fate ; quella magica barca del missionario dipinta di bianco , la cui sagoma sembra d ' aver visto ( con la seggiola a dondolo e l ' elmo di sughero del prete e ogni cosa ) sulla pancia d ' un vaso cretese ; l ' " atollo " di The Isle of Voices , con la frangia di dattolieri e la laguna tempestata di stelle ; e Kokua ch ' esce dal bagno col suo cappellone di paglia ; e Urna sulla riva di Falesa nella sua nudità d ' antica statua greco buddhista , non son che poche figure d ' un album che ne ha mille . E quanto ai guerrieri e capi , lasceremo giudicare quelli che conoscono , o ai quali faremo conoscere , Tembinok re di Apemama , in tight o in uniforme navale , con la pipa di schiuma e gli occhiali verdi . Tutti i suoi personaggi eran diventati veri , e si raccoglievano intorno a lui : e perfino l ' orrendo lebbroso di The Black Arrow , dall ' antichità medievale era disceso nel lazzeretto di Molokai , con centinaia di fratelli . Stevenson volle vivere insieme a loro parecchi giorni . La cristiana giovialità ch ' è la gran logica dei suoi racconti , gli si trasformava , o meglio finiva di trasformarglisi , in atto ; e questo è forse l ' ultimo segreto anche della sua perfezione di poeta , conquistato attraverso le sue infinite e quasi quotidiane morti ; il segreto di quel suo ultimo sguardo , umido e sfolgorante sopra le cose . Com ' è diverso , anzi contrario a tutti gli artisti che si misero in giro pel mondo , disperati predoni ! Gauguin , che va a Tahiti per ragion . d ' estetica , e , dipingendo Tahiti , con la coda dell ' occhio guarda Parigi ; e s ' abbevera di vita primordiale , come uno che beve vino non perché il vino è una cosa gioconda , ma perché ci son casi che il vino può esser anche una medicina . La volontà arcaica di Gauguin a Tahiti non è spiritualmente più sana dell ' atto col quale il decadente fuma l ' oppio per sognare e cavare una poesia da cotesti sogni . Niente di simile in Stevenson ; e niente di quella cupidità ch ' è in Henley , di caricare i toni della vita barbarica . La sua passione per le avventure , i combattimenti , il sangue che corre , è tutta ariostesca . E niente della professionalità di Kipling , della sua enfasi imperiale . Stevenson gira soltanto per le necessità della salute distrutta ; e nella sua casa di Vailima seguita di buona voglia a scriver fiabe scozzesi . Non ha nessuna velleità di allargare il mondo , come fa Kipling , che non è mai sazio delle diversità più mostruose ; e il suo interesse , invece d ' allargare il mondo è stranirlo , è di famigliarizzarlo e riempirlo d ' intimità . In confronto all ' improntitudine del Kipling , giornalista e militare , che commovente confessione quella di Stevenson , la notte che precede il suo approdo alle isole dei mari del Sud ! " A un tratto sentii vergogna che quelle notti fossero più belle delle nostre notti , gli astri più dolci e lucenti , le costellazioni più armoniose . Sentii vergogna , dico , come d ' un ' estrema infedeltà , d ' aver disertato le stelle che brillano sui miei padri ... " ( In the South Sea , 14 ) . È questo scrupolo di possedere , che dà benedizione al suo possesso . E per questo i suoi arcipelaghi equatoriali sembran visti nella santa luce che illuminò le prime navigazioni mediterranee . E per questo la vita di Samoa e di Honololu ha la domestica universalità che prima avevan avuto soltanto quei risvegli borghigiani e giuochi di fanciulle e marini colloqui dell ' Odissea .
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Al partito , nel suo rigoglioso sviluppo , seguito alla Liberazione , si pose fin dai primi giorni della ripresa di una vita legale e democratica il compito di avviare una larga azione di rinnovamento culturale nel Paese . Non a caso , infatti , una prima indicazione degli obiettivi più urgenti che ad esso si ponevano in questo campo , si ritrova nell ' editoriale col quale nel giugno 1944 , ancor nel pieno fervore della lotta armata antifascista , Rinascita si presentava al pubblico . Quel « Programma » poneva in primo piano l ' esigenza di fornire al movimento operaio e democratico italiano una guida ideologica e soggiungeva che un simile obiettivo era di tale importanza da investire tutta la vita del Paese in tutte le sue manifestazioni e perciò stesso richiedeva la più larga mobilitazione di tutte le forze intellettuali decise a battere le vie di un rinnovamento radicale sia della nostra vita politica che della nostra cultura . La prima fase della politica culturale del partito , che va all ' incirca fino al 1947 , cioè fino alla rottura ad opera della Democrazia cristiana del fronte democratico nazionale , è contrassegnata appunto da un primo conseguente sforzo di fornire alla cultura italiana gli elementi della concezione marxista - leninista della realtà e insieme di stringere la più larga alleanza con tutti gli intellettuali onesti , sinceramente democratici e antifascisti . Ma una più precisa impostazione del lavoro culturale del partito e un approfondimento di questi motivi , si ebbe al principio del 1948 , quando il compagno Togliatti al VI Congresso indicò ai compagni intellettuali , venuti numerosi negli ultimi anni ad ingrossare le file del reparto d ' avanguardia della classe operaia , alcuni compiti specifici . Tappe essenziali della elaborazione di queste indicazioni furono la discussione al Comitato centrale del settembre 1948 , su relazione del compagno Longo , e i lavori del primo Ufficio nazionale per il lavoro culturale , i cui risultati furono elaborati nella Risoluzione della Direzione del partito dell ' agosto 1949 ( Istruzioni e direttive , n . 19 ) . Questo documento è tuttora la base del nostro lavoro culturale . Gli avvenimenti successivi hanno pienamente confermato la giustezza dell ' analisi della situazione italiana , caratterizzata dalla ripresa offensiva delle forze dell ' oscurantismo imperialista e clericale contro la cultura moderna , democratica , nazionale , laica ; dalla impotenza alla quale si sono volontariamente votati i grandi rappresentanti della cultura idealistica , accecati dall ' anticomunismo fino a prostrarsi davanti alla incoltura clericale ; ma anche da un incontenibile , salutare slancio di un pensiero rinnovatore e democratico che nei campi più vari della produzione dell ' intelletto - dal cinema alle arti figurative , alla musica , al teatro , alle scienze , alla letteratura - ha attestato ormai da quale parte soltanto possa venire una iniziativa feconda di nuovi valori . Le precise indicazioni di lavoro che la Risoluzione conteneva non sono rimaste , del resto , lettera morta ; anzi , da un analitico bilancio della attività complessiva delle Commissioni culturali , centrali e periferiche , e delle organizzazioni culturali di massa risulterebbe che quei compiti sono stati in parte esauriti e in parte avviati con successo . Né le deficienze - che senza dubbio devono essere colmate da un più serrato impegno nel lavoro - si rivelerebbero tali da inficiare un giudizio globale positivo . Non è però nostro compito , né nostra intenzione , trarre qui le somme di un simile bilancio ; vogliamo piuttosto esaminare il grado di consapevolezza dell ' importanza del lavoro culturale raggiunto dal partito nel suo complesso e il grado di consapevolezza del carattere di partito del loro lavoro raggiunto dai compagni professionalmente dediti alla produzione culturale . Per cominciare dal secondo punto , in quale misura e con quali risultati si è realizzata finora quella mobilitazione dei nostri quadri culturali che era il compito organizzativo preliminare e pregiudiziale indicato dalla Risoluzione della Direzione ? Che è quanto dire , in altri termini , in quale misura i compagni intellettuali hanno risposto all ' invito loro rivolto dal Capo del partito dalla tribuna del VI Congresso ? Quell ' invito conteneva un esplicito richiamo all ' unità della coscienza e della vita che è di tutti i seri pensatori e attori della storia , quindi a porre al servizio della lotta le proprie capacità produttive , a non prolungare un assurdo e inconcepibile sdoppiamento fra la propria personalità di militanti comunisti e quella di produttori di cultura , a superare i termini astratti del dibattito sul rapporto fra cultura e politica per impegnarsi nel lavoro duro , paziente , metodico , costruttivo , di pensiero , di ricerca , di creazione . Non esitiamo ad affermare che un numero sempre maggiore di compagni ha mostrato di comprendere ed ha saputo rispondere a questo appello , e mostra di avviarsi verso quel modo di essere del nuovo intellettuale , limpidamente definito da Gramsci : non rimanere chiuso nella propria specialità , ma diventare « dirigente ( specialista politico ) » ( Gli intellettuali e l ' organizzazione della cultura , pag. 7 ) . Ma molti sono ancora i compagni intellettuali « che non riescono a dare al partito tutto quello che dovrebbero , di cui il partito ha bisogno e che da loro potrebbe ricevere » ( Togliatti , VI Congresso ) . Né li si potrebbe riunire in blocco con una definizione che pretendesse di spiegare univocamente un fenomeno in realtà assai vario e complesso . C ' è chi non se la sente di impegnarsi e preferisce magari starsene in disparte , per una paura di sbagliare » che - chiedo venia per la tautologia - è , per l ' appunto , mancanza di coraggio . C ' è chi non scrive un articolo di critica letteraria perché non è ancora riuscito a superare i canoni dell ' Estetica crociana ( dei quali sente tuttavia l ' insufficienza ) e non s ' avvede che , ovviamente , non potrà superarli per altra via che non sia quella di un concreto esercizio della critica ispirata alla sua nuova coscienza di militante comunista . Sono gli insoddisfatti , sono compagni ai quali si può fare - per quanto lo consente questa generalizzazione - l ' appunto di non essersi dedicati allo studio serio del marxismo - leninismo , di non averne abbastanza sperimentato nella vita pratica , di partito , la verità , e di non averne quindi tratto la logica conclusione che quella verità non può valere solo per un limitato aspetto dell ' attività umana . È chiaro che in atteggiamenti di questo tipo riaffiora l ' ideologia errata dell ' autonomia degli intellettuali come gruppo sociale e che si pone quindi nei loro confronti il problema dell ' assimilazione da parte della classe operaia ( cfr. Gramsci , op. cit . , pp. 5 , 7 ) . Questi compagni sono coloro che rinunciano a diventare dei « dirigenti » , ma essi non sanno forse chiaramente che questo significa rinunziare ad essere dei comunisti : occorre chiarire la contraddizione implicita nel loro atteggiamento . Ad essi non si può tuttavia negare , almeno in molti casi , di avere avvertito che l ' entrata nel Partito comunista non poteva essere un gesto privo di conseguenze anche sulla loro qualità di produttori di cultura . Succede invece che proprio questa considerazione abbia fatto difetto in altri casi . Succede che vi siano ancora , ma in sempre minor misura , in verità , coloro i quali hanno creduto che nulla il partito avesse da dir loro in questa materia , coloro che hanno interpretato alquanto frettolosamente l ' art. 2 dello Statuto , senza neanche gettare un ' occhiata sull ' art. 9 . E hanno continuato a fare il loro mestiere , come se nulla fosse accaduto , gelosi della loro tecnica e non senza un ' ombra di disdegno verso le intrusioni « politiche » , convinti , in fondo , che l ' « autonomia » della cultura sia una gran bella cosa e cioè ( ma non vorrebbero magari sentirselo dire in questi termini ! ) che lo spirito non può essere contaminato dalla materia . In questo caso si è ancora evidentemente sotto l ' influenza del mondo di provenienza , del mondo intellettuale borghese al quale si resta gelosamente attaccati . L ' idea dell ' autonomia della cultura , ha poi questa sua applicazione particolare : che una funzione di guida culturale non spetti al partito nel suo complesso . ma ai singoli compagni intellettuali come tali . Ora il rapporto qui è chiaro e non dovrebbe esserci possibilità d ' equivoco . Il partito ha bisogno dell ' apporto dei singoli produttori di cultura , ma la loro funzione di direzione si esercita proprio nella misura in cui essi forniscono al partito , che è fatto di uomini , di persone pensanti , il loro apporta ad una esperienza comune . Sentire in questo una mortificazione e non un potenzia mento della propria personalità , è indizio evidente del permanere di forti residui di una mentalità esasperatamente individualistica . Esiste tuttavia anche un pericolo opposto e che più raramente viene ricordato e criticato . Pure , bisogna parlarne . È - in un campo particolare - quella che Lenin chiamava la « presunzione comunista » ( V . STALIN , Principi del leninismo , ed. Rinascita , p . 128 ) . Succede infatti che per essere un comunista , e per aver raggiunto alcuni . giuste e salde convinzioni , taluno si senta autorizzato a pronunciare giudizi non motivati da indagini particolari relative a quel determinato oggetto , ma come frettolosa « applicazione » del marxismo - leninismo . È difficile rendere un peggiore servizio al marxismo - leninismo . Né occorre spendere molte parole per dimostrare , non sula la poca serietà di un simile procedere , ma il vero danno politico che ne può derivare Che ogni verità sia un punto d ' arrivo e non un punto di partenza , è principio di ogni pensiero critico e in particolare il marxismo insegna la estrema complessità dei fatti sociali e in genere di ogni a manifestazione dello spirito ( se mi si passa questa idealistica locuzione di comodo ) . Un esempio recente delle aberrazioni a cui può portare una eccessiva pretesa di semplificazione è stato offerto dagli errori della linguistica pseudomarxista nell ' URSS , e la critica di Stalin contiene un insegnamento di carattere generale , quanto al metodo di indagine , che va ben oltre il campo specifico di una scienza e sul quale occorre meditare . Ma qui si innesta l ' altro quesito a cui vorremmo tentare di dare una risposta . In che misura il partito dirige ed educa gli intellettuali che militano nelle sue file ? Forse non ancora troppo scarsamente ? Nel nostro partito si esercita oggi , sui prodotti intellettuali dei compagni una libera , aperta , franca critica , paragonabile a quella che si esercita sugli altri atti politici dei membri del partito ? Credo in misura ancora del tutto insufficiente : sembra che regni in questo campo un eccessivo « amore di pace » . Eppure un ' esigenza di critica c ' è : la avvertono - anche se non sempre - coloro stessi le cui opere dovrebbero esserne oggetto e , del resto , nel suo rapporto al Comitato centrale del settembre 1948 , il compagno Longo ne offerse qualche utile esempio . Liberiamoci dall ' equivoco per cui « non pretendiamo - si dice insegnare ai pittori come dipingere , ai poeti come fare i versi , ecc. » . Ciò è ovvio , ma se ci guardiamo appena un pochino attorno , c ' è ben altro su cui è doveroso discutere ed ò pericoloso non discutere . Ci sono opere intorno ad argomenti direttamente attinenti alla storia e alla dottrina del socialismo , scritte da compagni e stranamente piene di storture e di errori , che una critica leale , giusta e tempestiva avrebbe potuto evitare , invece , si lascia correre . E ciò dimostra , appunto , che da parte di alcuni o di molti dirigenti politici perdura una sottovalutazione del lavoro ideologico e culturale , sebbene la citata Risoluzione della Direzione contenesse un esplicito monito in proposito . Da questa sottovalutazione dipendono in gran parte l ' isolamento nel quale molti compagni intellettuali si trovano nell ' esercizio del loro mestiere di produttori di cultura e il ritardo della loro formazione . In termini astratti e generali , nessuno - pensiamo - vorrà sostenere che questo settore debba avere lo strano privilegio di essere abbandonato alla spontaneità : ma di fatto questo avviene e sarebbe sciocco ignorarlo . Nel momento in cui la classe operaia , diventando classe dirigente , afferma la sua egemonia in tutti i campi della attività umana , e in un Paese come il nostro , dove una profonda trasformazione rinnovatrice della cultura si impone con la stessa urgenza con cui si impone il rinnovamento economico e politico - osservò Togliatti al VI Congresso - non si possono separare i problemi della politica da quelli della cultura . Ed è forse un caso che questi problemi siano stati al centro delle meditazioni del carcere di Gramsci ? I nostri quadri politici hanno nei « quaderni del carcere » un ' analisi compiuta dei termini reali nei quali si pone in Italia il problema dell ' egemonia della classe operaia ; hanno una guida della quale spesso non si servono . La formazione di quadri intellettuali che siano saldamente legati al partito . pur mantenendo il centro della loro attività nel loro campo specifico di produzione scientifica , artistica o letteraria , è il primo presupposto perché il partito sia in grado di avere nel campo culturale un peso adeguato al suo prestigio , alla sua autorità , alla vita generale del Paese . L ' esercizio di una libera e aperta critica , un più largo dibattito culturale all ' interno del partito e un più vigile spirito autocritico da parte dei compagni , non possono che migliorare il livello della nostra produzione . Questo dibattito già esiste , beninteso , ed in una misura forse maggiore di quanto comunemente non si creda , ma tutto il partito deve esserne investito , sebbene esso abbia la sua normale sede in organismi appositamente costituiti . Le redazioni delle nostre riviste e delle nostre case editrici , la Fondazione Gramsci , sono le sedi naturali per l ' elaborazione di comuni esperienze di lavoro : verso di esse le commissioni culturali locali devono sempre più indirizzare soprattutto i giovani che muovono i primi passi nel campo degli studi e che avvertono sempre più spesso una frattura tra i loro interessi culturali e quel che offre loro la scuola ufficiale , l ' università in particolare . Ma la sottovalutazione del lavoro culturale ha anche altri aspetti . Normalmente accade che i compagni che hanno responsabilità precise in questo campo vengano distolti verso altri lavori . E questo è ancora il meno , se avviene in misura ragionevole . Ci sono infatti attività di partito che richiedono l ' impiego simultaneo di tutte le forze dirigenti disponibili : solo che in molti casi non si comprende che un aiuto più efficiente , e anche un più ampio respiro al lavoro generale , si otterrebbe non già distogliendo dal suo compito normale il compagno responsabile per esempio della Commissione culturale di federazione , ma inquadrando giustamente la sua attività specifica in quella generale del partito in una data situazione . Si dimentica poi che può . che deve , anche avvenire l ' inverso , cioè che i quadri dirigenti politici in generale devono alla lor volta impegnarsi in attività di carattere culturale e ideologico : ciò giova alla loro migliore formazione , liberandoli dal praticismo e giova anche enormemente alla qualità del lavoro . Quando per esempio ogni istanza del partito ha compreso , interpretando una effettiva esigenza della base e di un largo pubblico , quale importante avvenimento culturale fosse la pubblicazione in italiano dell ' Antidühring , e si è mobilitata per diffonderlo e per illustrarlo , i risultati tangibili sono stati immediati e lusinghieri : in poche settimane si è esaurita una tiratura di 5.000 copie e se ne è resa necessaria una ristampa . Non è forse , questo , un apporto concreto che abbinino dato allo sviluppo d ' una cultura moderna , di una concezione scientifica della realtà contro il medioevale spaccio del miracolo , contro l ' oscurantistica tendenza che nega all ' uomo la capacità di conoscere e di dominare le forze della natura e della storia ? La formazione di un nucleo di intellettuali marxisti - leninisti è anche la condizione indispensabile per realizzare una larga politica di alleanze . Qui si annida uno dei più grossolani equivoci : che la politica di alleanze si faccia mimetizzandosi , confondendo i nostri colori con quelli di amici e di avversari , sfumando i confini della nostra ideologia , usando un linguaggio che non urti i ben costrutti orecchi altrui , mercanteggiando e transigendo sulle parole e sui concetti . A parte quel che c ' è di goffo e di contraddittorio in simile pretesa , a parte il fatto che su questo terreno lubrico lo scivolone verso l ' opportunismo è molto facile , quale valore avrebbe un ' alleanza basata sull ' equivoco ? E che razza d ' ingenuità è mai questa di credere che una concezione del mondo come il marxismo - leninismo possa essere contrabbandata di soppiatto , o somministrata in dosi omeopatiche ? La verità è tutt ' altra : il contrabbando si esercita sempre a nostro danno . Quanta merce avariata socialdemocratica non è stata sbarcata sui nostri lidi proprio da nostre caravelle ! E con quale prudente parsimonia , viceversa , certe case editrici , sempre pronte ad informarci sull ' ultimo grido della terza forza occidentale , ci forniscono la traduzione di importanti opere sovietiche letterarie , scientifiche , storiografiche . Il leninismo ha fra i suoi insegnamenti fondamentali proprio questo : che una politica di alleanze può essere fatta solo da un ' avanguardia con una fisionomia ben precisa , con principi ben chiari . Non ci risulta che questo insegnamento abbia perduto di attualità né che il campo della cultura faccia eccezione a quest ' esperienza , che collina col più modesto buon senso e con la semplice onestà intellettuale . Amici o avversari tanto più ci stimeranno e verranno a noi , quanto più le nostre idee saranno nettamente dichiarate . Le alleanze si fanno sul fronte di lotta comune . Non esistono forse oggi in Italia uomini di cultura pronti a difendere le conquiste del pensiero critico moderno contro l ' oscurantismo clericale , a difendere i caratteri nazionali della nostra cultura contro l ' invadente americanismo dei fumetti e del Reader ' s Digest , a difendere la libertà d ' insegnamento contro l ' asservimento della scuola a una ideologia di parte ? L ' esperienza ha mostrato quale collaborazione sia possibile realizzare su questo ( ci nono quando ai democratici delle più diverse sfumature viene posto un obiettivo comune . Un esempio ne è offerto da imprese come la « Universale Economica » , ove i nomi più illustri della cultura italiana dai liberali ai comunisti si trovano affiancati in una grande opera di diffusione della cultura laica , razionalista , moderna . Duplice risultato in questo caso : perché si sono trovati a fianco uomini di cultura di diversa provenienza politica ed ideologica e perché la loro azione si è diretta alle più larghe nasse popolari . Ed è questa la direzione nella quale si deve proseguire . È stato giustamente superato ormai l ' equivoco che esisteva in una parte di noi nel concepire la nostra attività culturale come una attività da svolgere esclusivamente o prevalentemente fra gli intellettuali . L ' equivoco consisteva nel confondere i destinatari della produzione culturale con i produttori . I destinatari sono le grandi masse popolari , gli operai , i contadini , le donne , i giovani , tutti coloro che oggi si muovono ed agiscono nelle lotte per la pace , per il lavoro , per la democrazia . Gli intellettuali , come produttori di cultura , divengono nostri alleati nella misura in cui la loro attività si indirizza a soddisfare queste nuove esigenze culturali : il nostro diretto contatto col popolo , la sensibilità verso le sue esigenze che ci viene dalla partecipazione attiva alle sue lotte , ci consente di additare a tutta la parte viva della cultura italiana questo grande compito che le spetta e che solo può garantirle l ' avvenire . I più intelligenti , i più aperti lo hanno ben compreso ed accolgono con entusiasmo ogni richiesta della loro opera per l ' incremento della cultura popolare : si sente ormai che è finito per sempre il tempo in cui i committenti della cultura erano una cerchia ristretta di buongustai . I quali poi , stringi stringi , finivano per essere gli stessi produttori , che si scambiavano fra di loro , sterilmente . i loro prodotti . Certo la cultura popolare ha le sue particolari esigenze di organizzazione , i suoi veicoli e i suoi strumenti . Né è possibile parlare ai milioni di persone con il linguaggio degli iniziati , ma non occorre dimostrare in quale discredito sia caduta ogni forma di ermetismo . Se mai resta ancora da superare - che è cosa più seria e perciò più difficile - la barriera fra la cultura scientifica e la sua popolarizzazione su questo punto esistono reali difficoltà tradizionali italiane . Non solo nell ' URSS , dove - è noto - i libri scientifici si stampano a milioni di copie , ma in altri paesi , come la Francia e i paesi anglosassoni , si pubblicano libri di fisica o di biologia accessibili , pur nel loro rigore scientifico , al lettore medio . In Italia i soli libri del genere che riusciamo a leggere sono tradotti . Sono rari da noi persino i libri di storia accessibili a un largo pubblico di lettori . Di più : persino i romanzi che abbiano un valore letterario . Se si riflette a questo , ogni scienziato e ogni scrittore o artista che non sia rassegnato al soliloquio comprenderà che in uno sforzo di maggior contatto col popolo la cultura italiana ha tutto da guadagnare senza doverne necessariamente scapitare in qualità . Agli intellettuali laici che ancora arricciano il naso alle parole « divulgazione » e « cultura popolare » , è poi appena il caso di ricordare che l ' oscurantismo clericale non è così schifiltoso e che il rinunciare a questa battaglia equivale a perderla , con quanto vantaggio del laicismo e del progresso ognuno può misurare . Una migliore formazione ideologica , una più decisa coscienza di partito dei nostri intellettuali , e conseguentemente una politica di alleanze meno estrinseche e formali , ma basate su una piena consapevolezza dei compiti comuni , sono fra i molteplici temi del lavoro culturale , quelli che ancora oggi rivestono un ' importanza pregiudiziale per la sua giusta impostazione . Sono perciò questi i temi che , a nostro giudizio , dovrebbero essere portati in discussione al Congresso .
MITO E REALTÀ ( SAMENGO ODO , 1941 )
StampaPeriodica ,
Pensando alla donna ebrea in generale , la visione non è quella poetica e voluttuosa che si ha leggendo i cantici di Salomone ; non di quelle donne che furono cantate dai poeti di tutti i tempi ; di quelle femmine che Shakespeare disse " le più belle che l ' umanità abbia mai viste " ; dinanzi alle quali Voltaire , ammaliato da tanta bellezza , esclamava : " Oh , le giudee ! , che splendide riproduzioni della loro madre Eva ! " ; che fecero scrivere a Heine : " La religione cristiana avrà grandi pregi , ma che superbe donne nell ' ebraismo ! " ; e sospirare al Fleurs : " Vi sarà chi osi non desiderare l ' inferno se è vero che il paradiso sia chiuso alle dolci figlie di Abramo ? " In realtà la gran massa delle donne ebree è ben altra cosa . In Europa , i segni della degradazione della razza ebraica apparvero specialmente sul volto delle donne . È vero che anche in mezzo ad esse vien fatto alcune volte di dover ammirare qualche fanciulla dai bei lineamenti , dal volto bianco , dai capelli folti , neri e ricciuti , dagli occhi dolci e profondi , ma è una eccezione , quasi una stonatura ; è come un fiore fresco ed odoroso germogliante su putrido pantano . Nell ' Est europeo la bellezza delle giovani ebree si avvizzisce in una vecchiezza precoce , il bianco sulla pelle si fa giallognolo , i capelli si arruffano , e dal fisico appaiono evidenti i segni della decadenza . Le cause di questo fatto è facile rintracciarle . La precocità dei matrimoni , ristretti sempre fra un numero assai limitato di persone , anzi di parenti , non vale certo a rinsanguare e rinvigorire la razza . Si aggiunga a ciò la vergognosa sporcizia nella quale nascono , crescono e vivono . Altre ragioni , più lontane e profonde , del decadimento della donna ebrea devono anche ricercarsi nei costumi e nella vita , come , ad esempio , l ' assoluta avversione che ebbe per molti secoli ai lavori più laboriosi e faticosi , ed al poco conto nel quale dall ' ebreo stesso era tenuta la donna . Da ogni pagina della storia del popolo d ' Israele traspare che la parte assegnata alla donna nel mondo giudaico non è in alcun modo conforme alle idee della nostra società e del nostro secolo , e nel Talmud è scritto : " La migliore fra le donne è una maliarda . " ...
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Sac . Aurelio Gastaldi , parroco di Esio di Premeno ( Novara ) : Con tutto il cuore auguro alla Patria che sia mantenuto per l ' eternità un certo decreto emanato per eccezione in questo tempo di guerra a difesa della pubblica decenza . Vi prego di prendermi sul serio , senza pregiudizi , come anch ' io voglio essere spregiudicato nell ' argomento . Faccio una definizione . Il ballo è la più chiara espressione di quello " spirito di godimento " che è sotto accusa d ' aver rovinato le nazioni moderne . È quasi matematicamente dimostrato il rapporto inversamente proporzionale che esiste nelle popolazioni italiche tra la frenesia del ballo e il numero delle nascite . Dico numero più legittimità . Sarebbe d ' interesse una specie di censimento generale per la risoluzione pratica , precisa della questione : ne avremmo un incartamento prezioso da poter guarire molti ciechi , almeno quelli sul problema ciechi per ignoranza , gli involontari , non certo quelli volontari per malizia ...
ESSENZA DEL BOLSCEVISMO ( MANACORDA GUIDO , 1942 )
StampaPeriodica ,
Negazione religiosa : assoluta , radicale , consapevole . La famosa espressione : " religione , oppio del popolo , " dice ancora in realtà assai poco . È motto pungente , e nulla più . La negazione religiosa bolscevica ha radici infinitamente più profonde . È visione e interpretazione metafisica del mondo , che non si combatte , se non con altra superiore visione e interpretazione metafisica . È ardore di fede , che non si vince , se non con altra fede più ardente . Come visione e interpretazione metafisica del mondo , è marxismo : dottrina di mentalità insieme professorale ed ebraica . Come fede , è misticismo ( non " mistica , " che significa tutt ' altra cosa ben più costruita e alta e pura ) : esperienza tipicamente slava . Religione della pura materia , che si svilupperebbe da sé per intrinseca virtù dialettica , ha per Dio l ' uomo sociale ( o , forse meglio , il corpo sociale ) ; per culto , la macchina ; per prassi di vita , unica e sola , l ' economia . Quel che è fuori dell ' economia e dei suoi perenni intrinseci conflitti , rimane espulso dalla vita : è illusione , ombra , sovrastruttura , feticcio , nulla . La singola persona umana è nulla ; lo spirito è nulla . Il pensiero è qualche cosa , solo in quanto , meccanismo razionale , sa tradursi in meccanismo pratico . Negazione della Chiesa , il bolscevismo si costruisce esso medesimo in chiesa , coi suoi " evangelisti , " coi suoi dogmi , la sua infallibilità , i suoi anatemi . Gli evangelisti canonici del bolscevismo si chiamano Marx , Engels , Lenin , Stalin ; restando intesi , che i primi tre vanno letti e interpretati soltanto secondo le direttive del quarto . L ' infallibilità assoluta , totalitaria , come uomo e come dottrinario , appartiene a Stalin , e a lui soltanto . Gli altri " vangeli " comunisti , dell ' Ottocento o del Novecento , sono da considerarsi tutti " apocrifi " ; peggio : eretici . Ed eretico vitando ( in linguaggio bolscevico : " Nemico del popolo " degno di morte ) è da considerarsi chiunque si permetta di interpretare il marxismo con una qualsiasi minima autonomia . Negazione morale . Per il bolscevismo è morale tutto quel che serve alla dittatura del proletariato ( praticamente , alla dittatura di Stalin ) . E il diritto appartiene ad una sola classe : il proletariato . A rigore , non si può neppure dire , che alle altre spettino soltanto "doveri." Alle altre , non spetta proprio nulla : spetta soltanto di "scomparire." Negata totalitariamente la famiglia , la patria , la proprietà , in questi ultimi tempi dopo che i deleteri effetti di quella negazione si manifestarono in modo indubbio , si è provveduto coi relativi surrogati : demografia , " patria socialista , " risparmio . Ma il matrimonio rimane un semplice contratto sociale ; ma la patria socialista si è subito rivelata vecchissimo imperialismo slavo ; ma il risparmio è servito soltanto a preparare il più gigantesco esercito che la storia abbia mai registrato ... La nemesi è certa . Se , già un anno fa , l ' opera di penetrazione e sopraffazione bolscevica è parsa tale alla stessa Germania e ai paesi tutti dell ' Asse , da non potersi vincere se non attraverso una guerra gigantesca e senza quartiere , quale resistenza interna ed esterna potranno mai opporle le " grandi democrazie , " già così gravemente , anzi ormai irreparabilmente infette da un virus che non perdona ? Quali abbiano ad essere gli eventi dell ' attuale " guerra dei continenti , " esse non sfuggiranno certo alla sorte , che di fronte al loro alleato le attende : o il giogo o la morte . Quanto a noi , il dilemma " o Roma o Mosca " l ' abbiamo risolto , senza esitazione , da un pezzo . Per meglio dire : l ' abbiamo eretto fin da principio ad un ' insegna , sotto la quale tutto il mondo civile , al termine della sua dura battaglia , troverà la vittoria .
StampaPeriodica ,
Dateci dunque la mano , signori avversari del razzismo biologico ; e vediamo di riconoscere assieme il cammino . La prima tappa si chiama ... Ma , prima di giungere al termine della prima tappa , lasciate che ci liberiamo da un ronzio che ci va disturbando l ' udito . È un ronzio molteplice , come di voci udite in sogno o in delirio . Volete ripeterci quel che esse suggeriscono , visto che sembrate ritmare su di esse la marcia verso la prima mèta ? Grazie , abbiamo capito . È un motivo a due voci , identiche per ampiezza , timbro e volume ; la prima dice : cattolici , e la seconda aggiunge : e fascisti ; dopo di che la prima riprende e la seconda incalza , all ' infinito . Cattolici e fascisti : ora ricordiamo di aver spesse volte notato questa endiadi nei vostri scritti . In quest ' ordine , è un ' endiadi stupefacente , in pieno Anno XX . E non crediate che l ' altra endiadi : fascisti e cattolici , ci soddisfaccia un gran che . Non siamo abituati a far questioni di forma ; e tanto meno di burocratiche precedenze . E allora ? Eresia , anticattolicesimo , paganesimo ? Alto là ! Noi vogliamo essere , e ci vantiamo di essere , cattolici e buoni cattolici . Ma la nostra intransigenza fascista non tollera confusioni di sorta ; soprattutto quelle confusioni che minacciano di degenerare in menomazioni . Nel nostro operare di Italiani , di cittadini , di combattenti nel nostro credere obbedire combattere noi siamo esclusivamente e gelosamente fascisti , noi siamo nella teoria e nella pratica del razzismo . Il cattolicesimo sarà da noi seguito e rispettato per quel che riguarda la morale del singolo in questa vita , l ' imperscrutabile futuro di tutti nell ' altra . Ma con la teorica e con la politica della razza il cattolicesimo non ha nulla e non può avere nulla a che vedere . Non sa quel che si fa , chi pretende di conciliare , in sede teorica , il cattolicesimo con il razzismo . La Conciliazione fra Stato e Chiesa è stata forse operata in sede di teoria ? Affatto . Stato e Chiesa si sono riconciliati sul terreno della pratica , riconoscendo l ' uno all ' altra le proprie caratteristiche , le proprie attribuzioni e i propri privilegi . Né il Fascismo si è sognato di mettere in discussione i dogmi religiosi , né la Chiesa ha avanzato obbiezioni circa i principi etici del Fascismo . E questo non già perché i principi etici del Fascismo coincidano o si accordino in tutto con i principi della Chiesa : ma perché si tratta di due realtà , di due mondi tra i quali non vi possono essere finché uno dei due non vien meno a se stesso frizioni di sorta . Scoppia la guerra . La Chiesa , coerente a sé medesima , la considera una tremenda calamità . Il Fascismo , non meno coerente ( la guerra sta all ' uomo come la maternità sta alla donna . Mussolini , " Dottrina del Fascismo " ) la conSidera come una grande fatale epopea di liberazione e di consacrazione della nuova Italia . Le due concezioni sono evidentemente molto lontane ; eppure , i cattolici e fascisti non se ne sentono affatto turbati , o almeno non confessano di essere turbati ; giacché sanno che di fronte al fatto guerra ogni Italiano degno di questo nome è fascista , e poi ancora fascista , e poi fascista ancora , e poi altre due volte fascista , e finalmente anche cattolico . E di fronte al fatto razza , di fronte alla battaglia per la razza , che è guerra permanente , e totalitaria , e intesa ad una Vittoria non meno alta di quella delle armi ? Qui non essendovi il pericolo di esser tacciati di pacifismo o addirittura di disfattismo i Farisei del nostro secolo riprendono fiato ; e simulano sdegno , e gridano all ' eresia e al paganesimo , se taluno invoca l ' antico " A Cesare quel che è di Cesare " e chiede che di razzismo fascista si discuta e si giudichi soltanto in sede di Fascismo e di scienza . Strani tipi , questi Farisei 1942 ! Si ergono a custodi del cattolicesimo ; e al tempo stesso vogliono spingere il cattolicesimo verso avventure proibite . Si autonominano difensori della verità rivelata ; e fanno decadere la rivelazione al rango della politica e della scienza , cercando impossibili connubi . In verità , non ci sembrano buoni servitori di Nostra Madre Chiesa ...
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Che fortuna aveva avuto Giorgio Sharp a trovare quel grosso diamante ! ... Tutti i minatori di Rifle Channel , nella regione diamantifera dei Monti Azzurri , in Australia , lo invidiavano senza però volergli male . La fortuna era toccata stavolta a Giorgio Sharp ? ... Bene ; domani sarebbe capitata ad un altro , poi ad un altro ancora . Ma ecco , una mattina , tutto il campo a rumore , Giorgio Sharp strillava come un ossesso : il suo tesoro , il grosso diamante , il « Gran Mogol » del Rifle Channel , era sparito . Qualcuno glielo aveva rubato durante la notte , mentre egli dormiva nella sua capanna . Lo teneva sempre al collo , come si tiene una reliquia , chiuso in un sacchetto di cuoio appeso a una catenella . Un ladro abile , uno dei suoi compagni di miniera , senza dubbio , glielo aveva sottratto nel sonno . Bisognava cercarlo , ritrovarlo ad ogni costo , e punire il colpevole . Nel campo diamantifero di Rifle Channel non vi erano polizia e corte giudiziaria . I minatori stessi amministravano da sé soli la loro giustizia . Ognuno diventava all ' occorrenza poliziotto e giudice così quella mattina tutti si misero a disposizione di Giorgio Sharp , per le ricerche della preziosa pietra sparita e per la scoperta del ladro . Le indagini non furono lunghe : i minatori s ' erano divisi il compito due a due , e fu così che Edoardo Ridge e John Davis , frugando nella capanna di Jim Lakenson , vi trovarono il sacchetto di cuoio con la catenella , ma vuoto . Fu uno stupore generale . Jim Lakenson , il giovane e bel minatore , la perla dell ' onestà a Rifle Channel così rigido osservatore delle leggi del campo , il ladro del diamante ! ... Chi l ' avrebbe mai creduto ? ... Jim Lakenson fu arrestato e chiuso nella più solida capanna , ben legato , ad attendervi le decisioni dei suoi compagni . Se si fosse trovato anche il diamante sparito , la cosa avrebbe avuto un corso spiccio : ma ora si trattava invece d ' indurre il colpevole a restituire la bella preda . Jim Lakenson protestava energicamente la sua innocenza . - Ma come spiegate voi la presenza del sacchetto , che conteneva il diamante , nascosto nella vostra capanna ? gli fu chiesto . Non la spiego , egli rispose Dico solo che è assurdo credermi tanto stupido da conservare presso di me una prova così evidente di colpabilità . Eppure ... Mi sarebbe stato facile disfarmene , appena compiuto il furto , se ne fossi io l ' autore . Qualcuno che mi odia ed ha ragioni ignote per perdermi , deve avere messo nella capanna che mi appartiene , durante una mia assenza , il sacchetto per farmi apparire colpevole . Io giuro dinanzi a Dio che sono innocente . I minatori , non sono , abitualmente , logici ; la vita rude e semplice che conducono li rende ingenui . Essi avevano in mano una prova : doveva bastare . Noi siamo disposti a limitare la punizione che vi meritate all ' allontanamento dal campo , e alla privazione di ogni vostro bene , dissero a Jim Lakenson ma a patto che restituiate il diamante . È impossibile , non l ' ho rubato io . Badate , le nostre leggi sono inesorabili : è per voi l ' impiccagione , se non confessate . Vi diamo tre giorni di tempo . Tutto fu inutile . Con una fiera ostinazione Jim Lakenson insisteva nel proclamare la sua innocenza . Allo spirare del periodo accordatogli , venne deciso perciò di applicare senz ' altro la legge del campo , e di eseguire la sentenza di morte . Lo sciagurato fu condotto in uno spiazzo , ove tutti i minatori s ' erano raccolti attorno ad una forca eretta nel centro , e uno di essi gli gettò al collo il nodo scorsoio . Sono innocente ; gridò il giovane con voce alta e ferma . Un giorno la verità vi sarà rivelata . E Dio perdoni John Davis , che ha trovato la prova della mia supposta colpa ... e che pure mi è sempre stato amico ! Tu conosci ogni mio segreto , John , sai che non ho al mondo che una persona cara , Mary Chadwick , la fanciulla che doveva diventare mia moglie . Portale tu , almeno , il mio ultimo pensiero , dille che muoio innocente , col suo dolce nome diletto sulle labbra . John Davis , lo farai ? Nel silenzio , solenne , nessuno rispose . John Davis , dove sei ? ... Perché non mi rispondi ? insistette il condannato . Tutti si volsero a cercare l ' uomo che Jim invocava . Non era presente . L ' assenza parve strana e sospetta , venne sospesa l ' esecuzione della sentenza , per ritrovare prima il minatore che il condannato aveva scelto come depositario delle sue estreme volontà . A un tratto voci di richiamo echeggiarono dal pendio della montagna più vicina . I minatori vi accorsero , e uno spettacolo impressionante apparve ai loro occhi . John Davis era riverso a terra , livido in volto , gli occhi sbarrati in un ' atroce espressione di strazio e di terrore , la bava alla bocca , il respiro sibilante , come nell ' agonia ... Due uomini tentarono di sollevarlo ; ma un gemito angoscioso e una dura resistenza lo impedirono . L ' infelice aveva la mano destra imprigionata sotto un masso il quale gliela serrava come in una morsa . Con i picconi usati a modo di leva , i minatori riuscirono con fatica a sollevare la pesante pietra . Un grido generale di sorpresa si levò : la mano destra era affondata in una cavità naturale del monte , e con le dita irrigidite serrava tenacemente qualcosa . A forza la stretta fu allentata ... e nella luce del sole brillò un diamante : il diamante rubato ! John Davis guardò i compagni con l ' occhio smarrito ; poi balbettò : Sì ... sono io il colpevole di tutto ... ho rubato io la preziosa pietra , nascondendola poi qui dentro ... ho portato io nella capanna di Jim Lakenson il sacchetto ... perché la prova del furto cadesse su di lui ... e lo perdesse ... L ' odiavo ... Egli possedeva l ' amore di Mary Chadwick , ch ' io volevo per me ; dovevo perciò sopprimerlo : doppiamente . La sua morte doveva essere anche la sua infamia , affinché la fanciulla lo dimenticasse disprezzandone la memoria , e potesse quindi amare me . La ricchezza ... l ' amore ... Voi tutti eravate raccolti intorno alla forca ... intenti all ' opera di giustizia ... Era il momento buono per fuggire , col diamante , raggiungere in città la ragazza , convincerla a seguirmi . Già ella mi credeva ricco , prima del furto ... E sono venuto qui ... a riprendere la mia pietra preziosa ... Ah , la punizione del Cielo ! ... Ad un tratto , uno scricchiolio sinistro , un urto enorme , un dolore atroce . Quel masso incastrato nell ' anfratto si era abbassato imprigionandomi ... Non bisogna fare del male ... troppo : si sconta sempre ... Lasciatemi morire ... Chiedo perdono a tutti ... Tacque e reclinò la testa . Pochi minuti dopo era morto .
Gli ottanta giorni di Kennedy ( Barbato Andrea , 1968 )
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Los Angeles . Quella notte , all ' Hotel Ambassador , due ore prima che si chiudessero le urne delle primarie californiane , il parcheggio principale davanti alla facciata era già pieno , la sbarra di controllo abbassata . Gli uscieri in giacca verde si sbracciavano a indicare la strada alle macchine in arrivo che dovevano traversare il cortile e il giardino dell ' albergo , in una fila lentissima , e fermarsi in un piazzale interno . A quell ' ora , fra quelle auto , ce n ' era già una , confusa fra mille , che in quel pomeriggio coperto di smog era arrivata dal nord lungo la Pasadena Freeway , portando all ' Ambassador Shiran Shiran . Ero stato incerto per un po ' , quella volta , se seguire Kennedy anche nella notte elettorale della California , come facevo ormai quasi tutti i giorni da sei settimane , o se andare invece un po ' più su sullo stesso Wilshire Boulevard , al Beverly Hilton , dove Eugene McCarthy avrebbe aspettato i risultati delle votazioni . I raduni notturni di McCarthy , che fossero di vittoria ( come nel Wisconsin o nell ' Oregon ) , odi sconfitta ( come nell ' Indiana e nel Nebraska ) , erano sempre più allegri e pittoreschi . Ora poi , sulla costa West , fra orchestre di chitarre e hippies appena rasati , la festa era anche più rumorosa . Ma quella sera , pensavo , essere accanto a Robert Kennedy voleva dire assistere comunque ad una svolta : se avesse perduto , si sarebbe ritirato , se avesse vinto si sarebbe trovato a due soli gradini ( la primaria di New York e la Convenzione ) dalla nomina democratica d ' agosto . I sondaggi erano ancora indecisi , gli davano un vantaggio malsicuro , che poteva essere rovesciato dal voto degli incerti . La direzione dell ' Ambassador aveva scelto per la propria pubblicità uno slogan non certo reticente : « Il più bell ' albergo del mondo » . Molte volte , nei giorni prima di martedì , tornando da una giornata di campagna elettorale o di motorcades con la colonna di Kennedy , o accompagnando McCarthy all ' Ambassador per un discorso alla gente della Chamber Of Commerce ( un po ' allibita a sentire attaccare senza mezzi termini Hoover e 1'FBI , la CIA e i generali , il presidente e il segretario di Stato , o a sentire il paragone fra il Vaticano prima del Concilio e la pretesa di infallibilità del Dipartimento di Stato ) , m ' ero chiesto di passaggio su cosa si fondasse la fama d ' eleganza dell ' Ambassador . È un labirinto sontuoso , con fontane illuminate , gallerie di negozi , vestiboli carichi di mogani e di damaschi , saloni tropicali con finte palme laminate d ' oro , portieri in marsina rossa e alamari dorati . È d ' oro anche l ' elicottero che atterra sul piazzale davanti all ' albergo , e porta i clienti all ' aeroporto internazionale , giù a Santa Monica evitando loro il fastidio delle lunghe ore da una periferia all ' altra sulle autostrade , dove gli automobilisti storditi leggono , dettano appunti , ascoltano dischie ( è la polizia del traffico a confermarlo ) fanno perfino l ' amore , alternandosi naturalmente alla guida . C ' era già una gran folla , all ' Ambassador . C ' erano riflettori puntati dovunque , e da una stanza del piano terra giungeva una musica allegra ma solenne , una tipica musica repubblicana , fra la marcetta e l ' inno militare . Ai sostenitori di Kennedy , infatti , si mescolavano quelli di Max Rafferty , aspirante senatore della California , impegnato in una primaria difficile , ma sicuro di raccogliere molti consensi con le sue proposte di guerra ad oltranza nel Vietnam e di mano d ' acciaio contro ogni forma di protesta interna . La gente di Rafferty si riconosceva a prima vista : vecchie signore severe , accompagnate da uomini accigliati . Guardavano con un certo sdegno quell ' invasione , fra i damaschi dell ' albergo , dei ragazzi negri venuti persino da Watts , delle adolescenti kennedyane in paglietta e minigonna minuscola , di tutti quelli che cantavano o già gridavano . Allegri molto prima della certezza della vittoria . La Embassy room , al primo piano , era teoricamente riservata alla stampa . Ma agli occhielli delle giacche maschili o sui colletti dei vestiti femminili erano spuntati a decine dei cartelli in verde chiaro , su cui era scritto : « Embassy roompress » . Qualcuno aveva un registratore a transistor , o una macchina fotografica da dilettante . Altri , organizzatori di sezioni periferiche , o semplicemente amici e sostenitori , non avevano certamente nessun reportage e nessuna cronaca da fare . Inoltre , la sorveglianza era piuttosto trascurata . Alla porta , c ' era un solo agente di polizia , col suo cappello a punte e le manette legate alla cintura che , a quell ' ora , faceva entrare chiunque lo chiedesse . A Los Angeles si votava ancora . Anzi , proprio nell ' ultima ora , nei quartieri urbani più affollati , gli elettori s ' erano fatti più numerosi , ed era naturale , perché solo da poco erano tornati nelle loro remote suburbie , dopo la giornata di lavoro e dopo la interminabile cavalcata sulle autostrade . Ma nella Embassy room era già difficile camminare , sedersi , o perfino respirare . Sul fondo , ai due lati dell ' Embassy room , due palchetti di legno : a sinistra il podio con i microfoni , quello dove Kennedy sarebbe apparso più tardi , a destra il plotone delle telecamere e delle cineprese ; una tenda azzurra chiudeva lo sfondo dietro la piccola tribuna , ed era facile per chiunque oltrepassarla . Al di là , fra pile di vassoi d ' alluminio , scatole di bicchieri , casse di bibite , apparecchi di refrigerazione , cominciavano i corridoi delle cucine . C ' ero entrato per caso , nell ' attesa dei primi risultati , per vedere se ci fosse stato un passaggio verso la vera sala stampa , quella con le telescriventi e le macchine della Western Union , che era in quella direzione , ma al di là della folla che gremiva la sala . Un corridoio buio , un po ' in penombra , finiva in una cucina , dove camerieri e cameriere lavavano montagne di piatti e di tazze . Non avevo visto nessun altro , non avevo trovato il passaggio che cercavo . Quei corridoi non riportavano nei saloni principali , ma solo verso le uscite di servizio e verso i montacarichi . Erano le retrovie della festa . Non vi arrivava quasi il rumore della folla , ma l ' aria era troppo calda . Tornando , e superando la tenda e le porticine che conducevano nel salone , ci si poteva fermare in un piccolo vano parallelo al palco , dove i managers della campagna kennedyana avevano messo il loro tavolo . Da lì , come ha fatto dall ' Indiana in poi , Salinger avrebbe seguito di minuto in minuto , con qualche anticipo sulle notizie ufficiali , l ' andamento delle elezioni . I telefoni erano pronti a ricevere le prime cifre dai quartieri generali dei vari distretti . I tre televisori erano sintonizzati sulle tre reti principali . La mappa con le aree e i distretti elettorali era pronta , ancora con lo spazio bianco per i primi numeri che Salinger stesso avrebbe scritto via via . Arrivarono le otto , e pochi minuti dopo si ebbero i primissimi risultati , poche decine di voti sui molti milioni della California . Nella Embassy room , l ' unico modo , per tutti , di seguire da vicino l ' andamento delle cifre , era quello di non perdere d ' occhio uno dei televisori appoggiati ad ogni angolo della stanza . I televisori trasmettevano i programmi di diversi canali e quella sera , per la prima volta , anche divergenti . Pochi minuti dopo l ' inizio del conteggio , ad un angolo della grande sala si sentì un urlo collettivo di gioia . Una delle reti , la CBS , aveva pronosticato già vincitore Kennedy , con un largo margine su McCarthy . Un ' altra rete , la NBC , continuava invece a trasmettere i risultati sicuri , senza azzardarsi a far profezie , e perciò nei suoi tabelloni McCarthy era ancora nettamente in testa , e doveva restarvi per alcune ore . Pochi sapevano a chi credere . L ' entusiasmo rumorosissimo di metà della sala si spegneva dinanzi all ' apprensione dell ' altra metà . Sotto il palco ancora vuoto , un instancabile gruppo di giovani inneggiava da ore a Kennedy . Verso le dieci venne la conferma che Kennedy aveva già vinto una primaria , quella del South Dakota , uno Stato molto più piccolo della California , in cui il conteggio era stato rapido . Ma in California , cosa accadeva ? Perché ritardavano i risultati ? Perché i pronostici erano incerti o contraddittori ? Normalmente , l ' elettorato americano è molto omogeneo , una percentuale di risultati si stabilisce dopo pochi minuti , anche con poche migliaia di voti , ed è destinata a cambiare di poco . In cinque primarie principali , alle nove di sera il risultato era già sicuro , e alle dieci i candidati avevano già fatto le loro dichiarazioni di vittoria , o le loro ammissioni di sconfitta . Ma questa volta erano i voti dell ' immensa , imprevedibile zona di Los Angeles a ritardare . E mentre San Francisco vedeva McCarthy in testa nei voti già contati , solo un pronostico azzardato poteva far pensare che il Sud della California avrebbe rovesciato il risultato . Per molte ore la vittoria di Kennedy , già sancita dagli elettori , rimase sepolta nelle macchine dei conteggi . « La California ha già parlato » diceva un commentatore televisivo , « ma noi non possiamo ancora sapere cosa ha detto . » Era successo che i nuovi calcolatori elettronici , installati in certe zone a rimpiazzare le vecchie schede con la matita e il segno di croce , si erano comportati in modo bizzarro . A Fresno , uno di questi computer era stato mal programmato , e gli scrutatori non sapevano come interpretare i risultati finali . In piena notte , un tecnico della compagnia che aveva fornito il calcolatore fu portato all ' aeroporto di Tulsa , nell ' Oklahoma , mille miglia più a est di Fresno , e spedito di corsa con un jet a consultare la macchina impazzita . A Los Angeles , le schede votate con il sistema elettronico dovevano essere caricate sulle macchine della polizia in ogni seggio elettorale , e raccolte in una centrale elettronica . La raccolta fu lunghissima , impacciata da pignolerie burocratiche . Erano quasi le undici quando le grandi Ford nere , con le sirene e i fari accesi , si gettarono a tutta velocità sulle strade di Los Angeles per raggiungere il cervello meccanico che avrebbe calcolato i risultati . C ' era molto traffico , in quel mostruoso sistema stradale di Los Angeles , le macchine della polizia arrivarono con grande ritardo . Il conteggio non poté cominciare prima delle undici e trenta . Nella Embassy room s ' aspettava ancora . Aspettavano anche i sostenitori di Rafferty , perché anch ' egli era battuto a San Francisco , ma s ' aspettava di riguadagnare lo svantaggio a Los Angeles . La sala del seminterrato dove Kennedy doveva scendere dopo la Embassy room era la più rumorosa . Fuori , l ' albergo era silenzioso , assediato dalle auto ferme . Non c ' erano più di cinque agenti di polizia in tutto , alle uscite o nella hall , anche essi stanchissimi d ' aspettare . Gli uomini di Kennedy non sapevano più cosa dire , né osavano azzardare previsioni . Salinger , con la sua camicia rosa e il suo sigaro , annotava cifre su cifre , e ogni tanto bisbigliava ai giornalisti qualche dato positivo , qualche sintomo di vittoria . Intorno a lui , nella stanza a fianco del palco , erano praticamente ammessi solo quei giornalisti accreditati per l ' intera campagna di Kennedy , gente con la quale eravamo stati per molte settimane dall ' alba a notte fonda , stanchi di vedere sempre e dovunque la stessa monotona scena d ' entusiasmo , con poco da raccontare e pochissimo da fotografare . Le primarie erano finite . Un avviso degli organizzatori , affisso al muro , diceva che ci sarebbe stato comunque un aereo riservato che avrebbe portato tutti sulla costa Est , per seguire le elezioni di New York del 18 giugno . Ma ormai , la campagna vera e propria era finita . Ci conoscevamo tutti . Avevamo fatto miglia e miglia seduti sul cofano delle macchine , o nel pullman che seguiva la macchina scoperta di Kennedy . Eravamo stati a Indianapolis e a Gary , nell ' Indiana , sul treno bianco rosso e blu che aveva attraversato lo Stato . Avevamo cominciato ad accordare le nostre abitudini con quelle di Kennedy , ad abituarci ai suoi ritardi e ai suoi mutamenti di programma . Lo aspettavamo la mattina all ' uscita dell ' albergo , e sapevamo che sarebbe arrivato quando vedevamo scendere Freckles , il cocker irlandese bianco e nero che non è mancato ad un solo discorso o ad un solo corteo . Poi si partiva rapidi , come per un viaggio d ' affari . Non c ' era scorta , se non un motociclista che qualche volta precedeva il breve e veloce corteo per fermare il traffico ai semafori rossi . Così , in treno o in aereo , in auto o in barca eravamo andati all ' Università di Bloomington e a quella di Creighton , a Omaha e a Lincoln nel Nebraska , negli Shopping centers e nei quartieri negri , nelle piazze e nei saloni degli alberghi , salendo e scendendo mille volte , travolti anche noi dalla folla , ascoltando discorsi forzatamente sempre simili ma davanti a un pubblico sempre nuovo . Eravamo atterrati in decine di aeroporti , e ci eravamo abituati a sentire la musica delle bande non appena i motori a pistone di quell ' incredibile velivolo elettorale si fermavano . Eravamo andati a Portland e a Salem , nell ' Oregon , e sulla spiaggia lunghissima di Astoria , dove il fiume Columbia sbocca nel Pacifico , accanto ai relitti d ' un veliero inglese . E Kennedy s ' era messo a correre sulla spiaggia , s ' era tolto le scarpe , aveva lasciato indietro tutti , e s ' era tuffato in quel mare gelido e violetto . Eravamo diventati amici di Bili Barry , rossiccio , gigantesco , un ex agente di sicurezza di una banca di Manhattan , che era anche l ' unica guardia del corpo di Kennedy , e Io sosteneva per ore diritto sulla macchina scoperta , per proteggerlo dagli ammiratori più che dai nemici . Ed eravamo andati a Oakland , nella baia di San Francisco , in un giro nei ghetti negri , inseguiti da frotte di ragazzi in bicicletta , schiacciati da folle inarrestabili . O sulle spiagge dell ' Alta California , fra i ricchi contadini del deserto irrigato , fra i messicani poverissimi , fra gli studenti . Eravamo andati a Disneyland , la domenica prima delle elezioni , sempre con Kennedy sulla ferrovia che scavalca un falso Matterhorn , o sul barcone a ruote che naviga su un falso Mississippi , e che naturalmente si chiama Mark Twain . Quante miglia avevamo fatto , insieme , era impossibile calcolarlo . Ci rivedevamo ogni mattina come un gruppo d ' amici che avevano uno strano viaggio da fare : insieme ad astronauti , a scrittori , a cantanti , a senatori , a campioni sportivi . Con la prospettiva , ogni giorno , d ' essere schiacciati o smarriti nella calca , con il rischio di un volo aereo movimentato , con la sicurezza di tornare in città con almeno cinque ore di ritardo , a notte fonda . Avevamo visto Kennedy preoccupato , felice , stanco , ironico , aggressivo . Gli altoparlanti a batteria non funzionavano quasi mai . In cima alla collina più alta di San Francisco , Kennedy dovette parlare gridando con le mani attorno alla bocca , perché un gruppo di negri suonava pestando sui tamburi di latta con delle mazze di legno . L ' avevamo visto , stanco , scendere dal palco e tacere per molti minuti prima di trovare la forza di riprendere . Conoscevamo a memoria tutto quello che avrebbe detto , e perfino i gesti che avrebbe fatto , il pollice alzato per indicare un augurio di vittoria , o le dita della mano destra nel palmo della sinistra per elencare le cose da fare , i programmi da svolgere . Ci domandavamo , e non eravamo stati ancora capaci di rispondere a questa domanda , se era un uomo timido come sembrava a volte , o durissimo e deciso come appariva altre . I suoi discorsi trovavano vena via via che la campagna avanzava . Ora era diventato più ironico , e perfino più sicuro , da quando s ' era rassegnato alla ipotesi di una possibile sconfitta . Eravamo andati con lui anche nel palazzetto dell ' ABC di San Francisco , all ' angolo fra la Hary e la Golden Gate Avenue , dove s ' era incontrato con McCarthy in quel dibattito che deluse tutti . Kennedy appariva nervoso , teso . Fuori , sulla strada , i suoi organizzatori s ' erano fatti battere , non avevano pensato a convocare dei sostenitori , e c ' era solo la gente di McCarthy , che cantava in coro : « Eugene in sixtyeight , Kennedy can wait » . Quando Kennedy parlava della guerra , del reclutamento , dei problemi razziali , delle città , non predicava la rivoluzione . Sembrava impossibile che un uomo con un simile programma di buon senso potesse suscitare tante ostilità , potesse essere dipinto come un nemico di tanti avversari . Alla sua prima elezione , il « Morning Star » e l ' « Evening News » , nell ' Indiana , per settimane intere lo ritrassero come un insolente e ambizioso politicante , che veniva fra gli hosiers , gli abitanti dell ' Indiana , a comprare voti . « Stanotte dormirò meglio » disse Bob la sera della vittoria nell ' Indiana , « perché so che Eugene Pulliam , il proprietario di quei due giornali , dormirà peggio . » Ma non era Kennedy la novità a cui stavamo assistendo . Era la gente intorno a lui , sempre più numerosa e convinta , quasi che le cose che Kennedy diceva le avesse sapute e condivise da sempre , quasi che si stesse chiudendo una parentesi nella vita americana , e tornasse alla normalità . Scoprire che era tanto numerosa , l ' altra America ( e ancor più numerosa se la sommavano all ' America di McCarthy ) , era uno stupore quotidiano . Quella sera di martedì , nella Embassy room , era proprio questo discorso che veniva alle labbra degli uomini di Kennedy , incerti sull ' esito del voto , ancora in attesa dei risultati . È vero , i nemici erano molti : e bastava pensare a Sam Yorty , il sindaco di Los Angeles , per capire che Kennedy quella sera stava , per modo di dire , in territorio nemico . Forse non era stato per caso che la polizia di Los Angeles aveva contato i semafori rossi passati dal corteo di Kennedy il giorno prima e aveva fatto cento multe alla motorcade del senatore . Sì , i nemici erano molti , ma oltre l ' ottanta per cento dei democratici volevano una politica nuova . Comunque si ripartissero i voti della California , chiunque avesse vinto quando quelle dannate macchine elettroniche si fossero messe a funzionare , era chiaro che otto , quasi nove elettori democratici su dieci volevano Kennedy o McCarthy : qui , come in tutti gli altri Stati dove s ' erano svolte le primarie . Mancavano pochi minuti a mezzanotte quando i primi risultati di Los Angeles cominciarono ad arrivare . La gente si stringeva di nuovo intorno ai televisori . Il Sud California aveva votato massicciamente per Bob : i messicani , i negri , i contadini delle vallate stavano rovesciando il risultato . Si ricominciava a cantare , a gridare in coro . Si sentivano altre musiche dai saloni vicini , perché anche il falco Rafferty stava vincendo la sua gara . Ora non s ' aspettava che lui , Kennedy . Era rimasto nella sua stanza al settimo piano , pronto a scendere solo quando il risultato fosse stato sicuro , per poterlo commentare . La gente aveva fatto ala intorno all ' entrata principale del salone , e le telecamere inquadravano quel punto , perché era da lì che ci si aspettava che Kennedy venisse . Poi , ad un tratto , si spostarono tutti verso il palco , e verso la tenda azzurra . Dal vano , dietro al tavolo di Salinger , potevamo vederlo arrivare . Aveva accanto i visi di sempre , la moglie si fermava ogni tanto ad aspettarlo quando lui s ' attardava per stringere una mano . Passò fra i vassoi d ' alluminio , le casse di bicchieri , i banconi della cucina . Arrivò sul palco . Ci volle un po ' prima che potesse parlare , perché la gente intorno non riusciva a tacere . Ringraziò tutti cercando nel gruppo foltissimo che gli era attorno le persone che nominava , e indicandole all ' applauso . Non si negò una battuta : « Non m ' importa quando attaccano me , ma quando se la pigliano con il mio cane ... » . Poi rinnovò un esplicito invito a McCarthy a congiungere le forze . Alzando le dita in segno di vittoria , dette l ' appuntamento alla folla per Chicago , la città della Convenzione . Pochi minuti prima che finisse di parlare , le camere della televisione erano state frettolosamente spostate dall ' ingresso principale e dalla hall . Doveva essere arrivata la notizia che Kennedy non sarebbe uscito da quella parte , ma sarebbe ripassato dalle cucine . Un mutamento di programma dell ' ultimo istante , forse . S ' avviò dietro la tenda , di nuovo verso il corridoio che aveva già percorso . Lentamente pressato dalla folla dei suoi aiutanti e collaboratori . Era impossibile restargli vicino . Nel salone , la gente continuava a gridare , a cantare , a battere ritmicamente le mani . Pochi sentirono i rumori delle esplosioni . La gente che era vicina al corridoio urlò ; fu un urlo che si trasmise velocemente ; pochissimi avevano visto , nessuno sapeva con certezza ciò che era accaduto . Un uomo uscì dalla calca , salì sul palco , e fece con le dita un gesto come d ' una pistola puntata contro la tempia . Agli angoli della grande sala , a quel punto , c ' era ancora gente che applaudiva di gioia , che non aveva capito ... Le cineprese spente ripresero a girare immagini di gente che cadeva a terra , scoppiava in lacrime , gridava di disperazione , piangeva . Un uomo che era stato accanto a me tutta la sera , con all ' occhiello un bottone della marcia dei poveri , salì sul podio , e cominciò a chiedere al microfono se c ' era un dottore . Lo ripeté due , cinque , dieci volte . Dalla porta principale , finalmente , erano apparsi degli agenti di polizia , alcuni con l ' elmetto dorato delle pattuglie stradali . Non sapevano cosa fare , dove andare . Smith , il cognato di Kennedy , pregò dal palco che tutta la gente uscisse , e quietamente , piangendo , gli obbedirono . Ora potevano rimanere dentro la Embassy room solo i giornalisti . Dalla porta accanto alla tenda , fu portata nella sala una donna coperta di sangue , ferita al fianco e alla testa . Fu sdraiata su un tavolo . Un altro ferito , un uomo , attraversò il salone sorretto sotto le ascelle da due persone . Corsi verso il corridoio della cucina : si sentiva gridare , la voce di qualcuno che conoscevo diceva a tutti d ' andare via , di fare largo , di spostarsi . Era semibuio , ma il corridoio era tagliato dalle luci delle telecamere mobili , che continuavano a girare . Erano passati non più di cinque o sei minuti da quando avevamo sentito quei rumori che ora sapevamo essere state esplosioni . Kennedy non riuscivamo a vederlo , era disteso a terra dietro la gente che premeva in quello stretto spazio , in quel corridoio che non avrebbe dovuto percorrere e dove tuttavia l ' assassino era appostato , da più di mezz ' ora . Ci respinsero indietro una o due volte . Nel buio , vedevamo gente che si chinava , che urlava ordini incomprensibili , che cercava di fare largo . Riconobbi Bili Barry , senza giacca , la camicia strappata , un livido sulla fronte . Non so quanti minuti passarono prima che arrivasse , all ' altra uscita del corridoio , l ' ambulanza . Il passaggio s ' aprì , la folla che s ' accalcava uscì all ' aperto dietro i feriti , vedemmo Ethel Kennedy salire sulla macchina , tremando , gridando qualcosa al portantino che l ' aveva preceduta nell ' interno . Quando l ' ambulanza partì , tornammo indietro : uno sguardo in quel passaggio fra la cucina e il montacarichi , il tempo di vedere dei tavoli vuoti , della gente sdraiata a terra . Poi , di nuovo nella Embassy room : avevano spento le luci , sbarrato le porte . Fuori , nella hall , s ' era ammassata la gente , non si poteva uscire . In ginocchio sui tappeti , riversi sui divani , molti piangevano . S ' aprì una porticina laterale , e uscì un gruppo di agenti , che camminava veloce ed in fila . Non riuscirono a impedire che la gente s ' accorgesse che fra loro , stretto fermamente , c ' era un giovane . Corremmo in molti dietro a quel gruppo , lungo le scale che portavano al seminterrato . Altra gente era lungo i corridoi , o all ' uscita . Gridavano che volevano ucciderlo , linciarlo . Un uomo in abito da sera si scagliò contro la linea degli agenti mentre Shiran veniva caricato sulla macchina , ma non fece in tempo a raggiungere il bersaglio con il suo pugno alzato . Quando tornammo su , nella sala stampa , attraverso i vari racconti e le testimonianze si stava ormai ricostruendo in ogni particolare quello che era accaduto . Uscimmo dall ' Ambassador verso le due di mattina . C ' erano ancora i sostenitori di Rafferty , con le loro pagliette colorate , i manifesti bianchi e verdi , e le facce più severe che addolorate . Il piazzale era deserto , solo alcuni agenti di polizia controllavano nervosamente che nessuno entrasse nell ' albergo . Avevo voglia di insultarli . Al di là del cancello , ricominciavano i boulevards e le freeways , il traffico sembrava normale , monotono , meno di un miglio più avanti , sul Wilshire Boulevard , s ' accendevano le torce rosse della polizia , la strada era sbarrata dalle lines gialle . Kennedy era all ' ospedale . Poi vennero l ' attesa , il viaggio da Los Angeles a New York , la folla di San Patrizio , il treno verso Washington , la tomba di Arlington . Come sembrava insopportabile , l ' America , all ' improvviso . E come sarà difficile riconciliarsi con lei , dopo quella notte all ' Ambassador .
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Gast e Fanny si conobbero un giorno nella giungla di Nagepur , in drammatiche circostanze . Fanny era la figlia di mister James Bordley , imprenditore inglese che da alcuni anni aveva assunto importanti lavori stradali in India , e possedeva un elegante bungalow , nei pressi di Nagepur piccolo posto abitato da operai indigeni e da alcune famiglie europee . A venti anni Fanny Bordley era una bella ragazza , a cui tutti volevano bene per la sua bontà e la sua cortesia . Gli Indù la salutavano con una specie di adorazione , quando la incontravano mentre scendeva , sola , al vicino affluente del Gange , dove amava recarsi spesso a pescare in una barca legata dentro una breve insenatura , sulla quale le grandi piante stendevano un ' ombra deliziosa . Ed ella godeva , talvolta , di raccogliersi in quell ' angolo fresco e tranquillo , a leggere , mentre la canna restava abbandonata con la lenza immersa e l ' esca senza preda , per la scarsità del pesce . Un pomeriggio la sua attenzione , tutta presa dalle pagine di libro , fu improvvisamente attratta da un guaito , a cui seguirono uno sparo d ' arma da fuoco e un fragore di rami violentemente smossi nella foresta cupa e misteriosa . Palpitando d ' ansia e di curiosità non priva d ' una certa apprensione , ella fissò lo sguardo alla giungla , e tese l ' udito . Passarono alcuni minuti di silenzio , poi Fanny vide comparire un cane che si trascinava a stento verso il fiume , come per sfuggire ad un pericolo o per cercare un aiuto , un conforto . Dalla gola gli usciva un gemito che aveva quasi echi umani . La povera bestia ad un tratto si fermò , guardò la giovane donna , poi si lasciò cadere al suolo , rassegnata . Fanny saltò sulla riva , s ' avvicinò al cane , e s ' accorse che aveva una delle gambe posteriori orribilmente straziata e sanguinante . Ella si prese in braccio il povero animale , lo portò vicino all ' acqua , gli lavò la piaga , e gliela fasciò con la sciarpa di seta che aveva al collo . Il cane lasciava fare , ma nei suoi occhi era una commovente espressione di tenerezza . Caro , ti senti meglio ora ? ... Sì ... Bravo ... Chissà come ti chiami ? Gast ! disse una voce dietro le sue spalle . C ' è il nome costì , sul collare , signorina . Fanny si voltò con un piccolo grido : e si vide lì , a due passi , un giovane che indossava l ' uniforme di ufficiale dei Lanceri , e stringeva per la canna , a guisa di bastone , un fucile da caccia . Grazie signorina , delle cure che avete prestato al mio cane . Deve la sua ferita alla zampata di una pantera nera contro la quale s ' era scagliato coraggiosamente , dopo averla scovata . Ha del fegato , Gast , ve lo assicuro . Ma stavolta s ' è imbattuto in un avversario più forte . Io però ho fatto le sue vendette , poiché la belva è là , ora ; stecchita , con una palla nel cervello . A chi ho l ' onore di parlare ? ... Io sono il tenente Roberto Stuart , dei Lanceri . Fanny disse a sua volta il proprio nome . Gast taceva e guardava ora il padrone ora l ' infermiera , che la fortuna gli aveva fatto trovare , con un ' espressione indescrivibile . Vi era nelle sue pupille una luce di gioia che inteneriva . Strano che abbiate scovata una belva in questi paraggi osservò un po ' preoccupata la fanciulla . Noi non ne abbiamo mai avuto sentore ... Signorina , l ' India è la terra delle sorprese e dei pericoli inaspettati . Bisogna stare sempre in guardia . E sorrise con malizia , il giovane ufficiale . Fanny notò che aveva dei bellissimi denti , e abbassò il volto , arrossendo un poco . Si lasciarono , con un cortese saluto ; il tenente s ' allontanò portando in braccio il suo povero ferito , Fanny rientrò al bungalow . Gast guarì , ma rimase un po ' zoppicante . Il giorno in cui poté riaccompagnare il suo padrone a caccia , la sua gioia non ebbe limiti : sembrava impazzito . E ' nato cacciatore come me , questo caro demonio ! disse l ' ufficiale battendogli con la destra la testa intelligente . Attento Gast a non farti conciare così una seconda volta . Non bis in idem . Ma , appena nella giungla , il cane sembrò dimenticarsi del padrone , e , abbaiando a festa , via , di corsa , verso la piccola insenatura del fiume . Sulla riva si fermò , ammutolito . La barca c ' era , lì ; al solito posto : ma vuota . Roberto Stuart raggiunse il cane e , vedendolo in quella posa malinconica e di delusione , capì . Povera bestia ! mormorò e lo chiamò : Gast , andiamo ... L ' animale lo seguì , svogliato , inquieto , distratto , meritandosi i rimproveri aspri del padrone . Le volte successive fu lo stesso . Gast correva al fiume come un innamorato all ' appuntamento , e sempre restava male , non trovando chi cercava . Anche il tenente era un po ' stupito e quasi offeso di quell ' assenza . Non gli sarebbe spiaciuto di rivedere quella graziosa fanciulla che , nel lasciarlo , dopo la loro strana conoscenza , si era dimenticata , o lo aveva fatto apposta ? ... d ' invitarlo al bungalow , almeno per conoscere suo padre . Che le fosse riuscito proprio così odioso ? ... S ' indispettì , si ingelosì quasi dell ' ostinata e vana predilezione che Gast dimostrava , e decise di scegliere un ' altra zona della foresta per le sue gite cinegetiche . E un giorno , infatti , uscì prendendo un ' altra direzione ; ma sul margine della giungla il cane s ' avviò per lo stesso sentiero di prima . L ' ufficiale lo richiamò inutilmente . Gast si fermava , lo fissava con due occhi supplici , buoni , promettenti , poi riprendeva lento a camminare verso il fiume . Roberto , suo malgrado , dovette seguirlo . Ad un tratto Gast si mise a latrare allegramente , e si slanciò di corsa verso la piccola insenatura vicina ; v ' era la barca , e sui cuscini della sentina , con la testa appoggiata alla prora , Fanny addormentata . Il cane raggiunse la riva e d ' un balzo fu sul bordo dell ' imbarcazione , mentre Roberto , giungendo a sua volta alla sponda ombrosa , s ' arrestava di colpo , esterrefatto . Dall ' alto di un ramo sporgente sull ' acqua , proprio sopra il battello , una grossa liana pendeva , dondolando . Una liana ? ... L ' ufficiale vide meglio ; era un rettile enorme , orrendo , tutto avidamente teso alla preda ignara che già la sua testa dalla fauci spalancate sfiorava . Gast emise un ululo terribile , un formidabile ringhio e si slanciò . In quel momento Fanny si destò e scorgendo quella spaventosa testa vicina alla sua diede un grido straziante . Il serpente dondolò più furiosamente e si contorse : qualcosa si era appeso al suo viscido corpo rotondo : delle punte acute erano penetrate nel suo collo , mordendo a furia , formidabilmente . Allora Roberto Stuart puntò calmo il fucile e sparò due volte , con precisione matematica ... Poco dopo le acque del fiume ingoiavano il corpo inerte di un enorme rettile , e tre esseri felici s ' avviavano ad un civettuolo bungalow : Gast , tutto fiero , avanti ; dietro , al braccio , un ufficiale dei Lanceri inglesi e una bella fanciulla bionda . E si tenevano , questi , per mano , eloquentemente .
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Sono tornato da Praga con disperazione e con rabbia . Dopo aver vissuto per due mesi le speranze e le apprensioni di un popolo , alla cui cultura ho dedicato gran parte della mia esistenza . Tanto più amaro è il mio ritorno in quanto questo magnifico popolo è stato offeso e schiacciato dall ' esercito di un altro paese , della cui letteratura io sono da lunghi anni testimonio ed amico in scritti e lezioni . È tempo di liberarsi ormai di tutte le illusioni e di tutti gli inganni nei riguardi della Russia . È chiaro che la presente avventura sovietica , coperta del solito leucoplasto ideologico , con le sue brutalità e i suoi colpi di teatro , questo miscuglio asiatico di truculenze e di falsi e di minacce e di beffe e di abbracci e di parolone , si inquadra logicamente nella cornice secolare della storia russa , come se nulla fosse cambiato dalla sanguinaria e crudele epoca di Ivàn il Terribile e come se i cecoslovacchi fossero i tartari della città di Kazàn , da lui conquistata . Del resto sia pure così : Kazàn , dicono le cronache del Cinquecento , era una marmitta dentro cui il popolo ribolliva come acqua . Ho trascorso dunque questi due mesi nel Castello degli Scrittori vicino Praga , in continuo contatto coi redattori di « Literarni Listy » , e devo dire che , nonostante l ' ottimismo di alcuni corrispondenti occidentali , le brevi schiarite non hanno mai dissipato dagli animi cecoslovacchi la pesante inquietudine , specie dopo il prolisso ed ambiguo documento di Bratislava . Un orecchio attento coglieva nel tono vagamente rassicurante dei discorsi di Svoboda , Dubcek , Smrkovsky reticenze e circonlocuzioni pervase di angoscia . Ci si aspettava da un giorno all ' altro l ' invasione , e lo scetticismo non si offuscò nemmeno quando fu annunziato dalla stampa che le truppe straniere venute per le manovre se ne erano andate definitivamente . Ci pareva , la notte , riuniti nella sala da pranzo del Castello , di udire un infausto rotolio di carri armati nel silenzio sulla provinciale che lo costeggia . Specie dopo il 18 , quando si sparse la voce che i cosiddetti « alleati » preparavano nuove manovre in territorio cecoslovacco , eravamo certi che una notte ci avrebbe svegliati una nera realtà senza scampo . E infatti così è avvenuto : nella notte tra il 20 e il 21 , appena si seppe che lo straniero avanzava con tutta la sua mostruosa ferraglia e calava dal cielo sull ' aeroporto praghese , gli amici mi convinsero a partire in fretta , prima che fosse troppo tardi , e a dirigermi per strade marginali e poco battute verso il valico di Rozvadov , che porta a Norimberga . Mi dissero : vattene subito , è meglio per tutti noi , potrai meglio aiutarci di fuori che restando qui , in gabbia . Sembra di fare del pathos , ma il congedo dagli scrittori che erano allora al Castello in subbuglio , pieni di astio per la tracotanza dei falsi « alleati » , è stato infinitamente triste , e indimenticabile . In soli trent ' anni la seconda occupazione , con lo stesso fragore di carri pesanti e la stessa tecnica che russi e tedeschi si trasmettono in una gara di emulazione , e questa volta in nome di una « fratellanza » , su cui è ormai posta dai cecoslovacchi una croce . Fratelli : ho finito per odiare questa parola . Correndo in macchina tra le fitte spalliere di boschi della Boemia occidentale , ripensavo alle lunghe , estenuanti discussioni al Castello , durante le quali cercavamo di spiegarci l ' insania sovietica ; ripensavo agli intellettuali a me cari , che avrebbero ora subito nuove persecuzioni ; ripensavo alla solitudine di questo popolo nel cuore dell ' Europa , spezzata in due da una lacerazione irrimediabile . Mi tornava in mente un passo di Jan Prochàzka nel libro Politica per ognuno , uscito da poco : « Ci dicono che stiamo turbando i rapporti con l ' Unione Sovietica e le altre nazioni socialiste , come se contraddicesse il socialismo il fatto che non vogliamo esser sudditi di alcun padrone né padroni di alcun suddito , ma libera terra tra popoli uguali in un mondo giusto . Solo reggendoci sulle nostre gambe , diritti e liberi , possiamo esser buoni amici di amici buoni e disinteressati alleati di alleati disinteressati » . Ma a che è servita questa ininterrotta sequela di assicurazioni , di formule cerimoniali , di asserzioni di fede , di ammansimenti ? Tutta questa strategia di cautele e di attese e di reiterate profferte di amicizia ? Aveva avuto ragione il caricaturista di « Literarni Listy » a raffigurare , in un disegno non pubblicato , Breznev come un rapace Nembo Kid , che si avventa su Praga . Con la ripresa degli attacchi sui giornali della Santa Alleanza marxista si erano accresciute la diffidenza e l ' inquietudine . Il giorno prima dell ' invasione correvano oscure notizie sui movimenti degli aggressori ai confini e sul fatto che Dubcek era stato convocato d ' urgenza da Breznev e che gli alleati tornavano a esigere che il governo cecoslovacco imbavagliasse la stampa e la televisione , spauracchi dei miopi gerarchi , persuasi che l ' umanità debba essere una torpida accolta di servi . È ricominciata , affermavano gli amici , la politica dello spianatoio e del ferro da stiro che livella tutto , risparmiando magari gli anticomunisti , per dissolvere i comunisti dissidenti . Ciò nonostante , e con l ' ansia di far presto , mi ero ingegnato di avere un incontro col capo del governo Cernik , e questi mi aveva promesso di concedermi un ' intervista per « I ] Espresso » . E una vaga promessa avevo ottenuto anche dal segretario di Dubcek per un colloquio , se Dubcek , dopo la partenza di Ceausescu da Praga , avesse avuto un momento di calma . A Cernik il suo consigliere culturale , uno studioso mio amico , aveva trasmesso le quattro domande che qui riporto , come testimonianza di un ' intervista mancata : 1 . Ho ascoltato alla TV alcuni suoi discorsi , signor Primo ministro , e ne ho ammirato la tagliente freddezza e il tono concreto . Eppure molti documenti cecoslovacchi di questi mesi peccano di vuota fraseologia . Non le sembra , signor Primo Ministro , che uno dei principali problemi della nuova società cecoslovacca sia quello di liberarsi dalle vuote frasi roboanti ? 2 . Gli ultimi avvenimenti hanno rimesso in luce le connessioni europee della Cecoslovacchia . Qual è la sua opinione , signor Primo Ministro , sul problema CecoslovacchiaEuropa ? 3 . Dallo scorso gennaio il socialismo cecoslovacco sembra riprendere i temi masarykiani dell ' umanità e della tolleranza . Vede lei , signor Primo Ministro , un nesso tra la dottrina di Masaryk e il nuovo corso ? 4 . Durante la prima Repubblica i rapporti culturali tra Cecoslovacchia e Francia furono più intensi che tra Cecoslovacchia e Italia , soprattutto a causa del fatto che nel nostro paese regnava il fascismo . Pensa , signor Primo Ministro , che la rinnovata Repubblica , nel clima di libertà , cercherà un avvicinamento più stretto con la Repubblica italiana ? Come sembra ozioso tutto questo dinanzi al precipitare delle circostanze . Del resto tutti sentivamo nell ' aria che le cose stavano precipitando . Tra i « misteri » della città d ' oro c ' è anche questo : che le notizie e gli indizi vi si diffondono magicamente , in un attimo . Si sussurrava che i russi , aizzati da Ulbricht e da Gomulka , avrebbero fatto di tutto per ostacolare il congresso straordinario del partito . Ci si lamentava che Dubcek , troppo fiducioso , non curasse di più la sua incolumità personale : quando si recò a Cierna , gli fu chiesto da redattori della TV di farsi proteggere , date le tradizioni sovietiche , ma egli rispose che gli sembrava superfluo , era pronto a tutto . E come lui il popolo , quasi per scaramanzia , voleva evitare ogni misura precauzionale . D ' altronde la coscienza del pericolo non è mai così assoluta , da cancellare del tutto la speranza di salvezza . Ora lo sdegno verso i russi ( gli altri occupanti sono considerati cani al guinzaglio ) avrà toccato le stelle . Ma già negli ultimi giorni della mia permanenza in Cecoslovacchia si veniva mutando in sordo astio l ' indignazione del popolo , sospeso nel vuoto dopo il documento di Bratislava ed esposto , come su un calvario , a salve di calunnie e menzogne . E l ' indignazione è macchina di saldezza per questo popolo , un tempo considerato un ' accolta di piccoli uomini birrosi e tranquilli , da Biedermeier , di figurette da racconti di Capek , e oggi interprete di un dramma eroico che desta lo stupore del mondo e maestro nella tecnica della pazienza e della difesa non violenta . Un popolo che gli aggressori tenteranno di sfaldare , giuocando sui vecchi rancori di famiglia tra cechi e slovacchi , rancori che tuttavia si sono assopiti d ' incanto nell ' ora della minaccia . Ricordo alcune conversazioni del giorno 20 , le ultime . Un amico scrittore paragona il comunismo sovietico a una cipolla : « L ' abbiamo sfogliata per vent ' anni , nonostante il cattivo odore e fingendo che fosse un aroma paradisiaco , nella speranza di giungere un giorno al bulbo , poiché sotto le apparenze negative volevamo toccare la sostanza . E alla fine , con le lacrime agli occhi , ci accorgiamo che anche il bulbo è rozzo e disgustoso » . Un romanziere asserisce : « Non tarderanno a lungo , vedrai . Gli ultimi articoli nei loro giornali sono trombe di guerra . Del resto il meccanismo della dittatura totalitaria non ha altra via d ' uscita . Un regime - laboratorio che estingue l ' intelligenza , riducendo l ' uomo a un numero obbediente , come nel romanzo utopistico Noi di Zamjatin , non può consentire che un piccolo popolo , pur restando fedele al socialismo , deragli dai dogmi e dagli schemi di pietra . E , presumendo di essere l ' eletto , manipola la verità a suo piacimento e offende ogni diritto e vuol essere per di più riconosciuto protettore e fratello . Che differenza c ' è tra Brezncv e Hitler ? Ti dirò di più : Hitler ha appreso la tecnica da loro , dai sovietici , i quali furono i primi ad aprire i Lager e a far professione di intolleranza » . Un poeta mi espone nervosamente una sua forse assurda teoria : « Non mi garba » dice « questo andirivieni dei capi di paese in paese ; questa continua locomozione non promette nulla di buono . Finiranno col prendersi noi e la Jugoslavia e la Romania , giungendo sino ai confini albanesi . Risolveranno tutto in una volta . E sarà la loro fine » . Un altro scrittore mi cita un passo profetico d ' un giornalista ceco del secolo scorso , Hubert Gordon Schauer , il quale , chiedendosi che cosa sarebbe avvenuto se l ' impero austriaco si fosse frantumato e se i tedeschi avessero minacciato la Boemia , scrisse nel 1886 le parole seguenti : « Molti dicono che ci salverebbe la Russia . Ma la Russia è davvero uno Stato amico , sono i russi davvero nostri fratelli , disposti a difenderci ad ogni costo ? E se invece ci sacrificassero al germanesimo , se ci barattassero con assoluta freddezza in cambio della Galizia o dei Balcani ? E se , per un curioso corso della sorte , fossimo loro assegnati e , come fanno ora coi polacchi , ci russificassero o , come coi bulgari , ci privassero dell ' autonomia politica ? So che vi sono alcuni , i quali gioiscono a questo pensiero , ma altri che rifuggono dalla russificazione così come dal germanismo , e per i quali il giogo fraterno è altrettanto sgradevole e forse anche più ripugnante di quello straniero . Vi sono uomini i quali , se si presentasse il dilemma : tedeschizzarsi o russificarsi , rifletterebbero con sangue freddo da qual parte verrebbe maggior giovamento culturale ... » . Il problema è certo cambiato e , dopo l ' invasione sovietica , si pone in termini nuovi : né con gli uni né con gli altri . Ecco perché dall ' inizio delle manovre e ancor più negli ultimi giorni i cecoslovacchi , con risoluzioni e dibattiti , insistono sulla totale neutralità del paese . Fatto è che per almeno cento anni il ricordo dei russi ( per non parlare dei bulgari e dei polacchi ) sarà equivalente a quello dei nazisti , e la stella rossa uguale alla croce uncinata : l ' inconsulta goffaggine dell ' impero sovietico , che si regge sui cingoli e sui cannoni , fingendo di essere eternamente insidiato da eterne controrivoluzioni , ha messo in forse l ' esistenza stessa del comunismo in un paese che poteva diventare il modello di una moderna società comunista . A meno che non si debba concludere che democrazia e comunismo siano inconciliabili . Ma , in questo duello tra Davide e Golia , la corazzata ottusità dei sovietici si è scontrata con l ' inerme tenacia di un popolo che sa essere saldo e compatto come un muro di piombo , uno dei più caparbi popoli della terra , che non tornerà indietro in nessun caso . C ' è da augurarsi che il Golem sovietico dai piedi ferrati abbia il buon senso di ritirarsi e che non perda del tutto la ragione . Se lo straniero dovesse restare nel territorio cecoslovacco , si troverà come nel deserto : la capacità di sabotaggio e di difesa passiva della nazione cecoslovacca è infinita . Siamo agli inizi di una nuova resistenza : scioperi , ostentato disprezzo per gli occupanti , caccia spietata ai collaborazionisti , proliferazione di libere trasmittenti . Una resistenza che si vale delle risorse dei tempi dell ' Austria e del periodo del protettorato nazista e si arricchisce di nuovi trucchi e di strabilianti invenzioni , come il colloquio coi carristi stranieri , per insinuare nei loro animi il dubbio , la distruzione di sigle , targhe , numeri e nomi di strade e cartelli , la segnalazione delle auto degli agenti segreti , e riesce talvolta , con una tecnica collaudata nei giorni del nazismo , persino ad avvisare coloro che stanno per essere arrestati . Nella sua Idea di uno Stato austriaco lo storico ceco Palacky ( 1865 ) affermò : « Siamo stati prima dell ' Austria , saremo ancora dopo di essa » . Potremmo sostituire alla parola « Austria » la parola « Unione Sovietica » . E tutta la fede nella durata e nella rinascita di questo paese , che non vuol vivere , come diceva Masaryk , « sul conto degli altri , dell ' altrui coscienza » , non attenua l ' angoscia per una situazione che , se durasse troppi anni , farebbe della Cecoslovacchia una muta ombra , uno stagno insidioso ma spento , riducendo la sua vita a parvenza di vita , tarpando i suoi impulsi e immiserendo ancor più la sua economia già immiserita da vent ' anni di disastri . Senza pensare ai massacri che deriverebbero da eventuali scoppi di disperata rivolta . Ascoltando ora ogni sera la meravigliosa catena di stazioni cecoslovacche che oppongono la voce della libertà a quella nauseante delle stazioni « collaborazioniste » e « piratiche » , ripenso agli amici , alle loro parole : « Tu tornerai in Occidente , ma noi ... chissà che cosa ci aspetta » . Vorrei nominarli ad uno ad uno , tutti coloro vicino ai quali ho trascorso i mesi più caldi della loro rivoluzione , giornalisti e scrittori , quelli che già lavorano nel sottosuolo e organizzano la lotta clandestina e quelli che sono stati rapiti con metodi da Gestapo . Vorrei rassicurarli del nostro affetto e della nostra ammirazione , dir loro : voi siete la coscienza del mondo . Ma so che le parole , guaste e caricate da troppi abusi , non valgono più nulla .