StampaPeriodica ,
Mi
ha
sempre
colpito
quell
'
amorosa
e
pungente
inclinazione
che
volge
gli
uomini
alla
notte
e
alle
cose
notturne
.
Mi
sono
sempre
domandato
perché
un
frequente
stato
del
nostro
animo
ci
predispone
a
chiedere
alla
notte
quei
conforti
e
quelle
consolazioni
cui
aneliamo
con
tanto
scoraggiato
desiderio
dopo
che
le
nostre
forze
sono
state
sopraffatte
dalle
forti
e
ardenti
vicende
della
luce
;
e
perché
la
notte
è
la
sede
eletta
di
tutte
quelle
operazioni
che
,
essendo
celate
per
indole
,
vogliono
circondarsi
di
un
apparato
di
oculatezze
;
e
perché
alla
notte
sono
stati
assegnati
i
misteri
e
l
'
amore
e
i
delitti
e
quei
lavori
che
hanno
in
sé
alcunché
di
magico
e
d
'
inesprimibile
naturalmente
.
E
perché
,
d
'
altra
parte
,
una
inclinazione
simile
alla
prima
quanto
a
forza
,
ma
assai
differente
da
quella
quanto
a
carattere
,
fa
rinascere
in
noi
il
desiderio
del
giorno
e
della
luce
:
in
modo
che
,
se
dal
giorno
aneliamo
alla
notte
con
desiderio
scoraggiato
,
per
converso
aneliamo
nuovamente
al
giorno
con
un
desiderio
eroico
e
trionfante
?
Il
sonno
è
una
schiavitù
all
'
uomo
.
Peggio
:
un
diritto
autoritario
che
si
piglia
la
natura
di
eliminarci
per
un
certo
tempo
dal
suo
moto
e
dalla
sua
vita
particolari
.
Ogni
notte
che
sopravviene
segna
all
'
uomo
una
sosta
del
suo
destino
,
una
sconfitta
nella
continua
lotta
in
cui
egli
si
affanna
a
conquistare
il
proprio
divenire
e
una
parziale
ma
ripetuta
"
perdita
di
tempo
"
.
La
letizia
che
ogni
essere
manifesta
indistintamente
allo
svegliarsi
,
è
perché
si
sentono
novamente
liberati
della
subdola
e
imperiosa
imposizione
della
natura
e
sanno
che
seguiteranno
a
esser
tali
per
tutto
il
corso
del
nuovo
giorno
.
Peraltro
,
questa
autorità
che
esercita
sull
'
uomo
la
natura
eliminandolo
periodicamente
dal
moto
della
vita
,
è
,
in
fondo
,
una
maniera
poco
delicata
di
significargli
che
tale
moto
non
gli
appartiene
affatto
e
che
lui
non
può
far
altro
che
parteciparvi
servilmente
.
Il
che
,
nella
sua
forma
così
schietta
e
anche
brutale
,
rivela
una
manifesta
ostinazione
,
non
scevra
di
maligno
godimento
,
nel
tenerci
a
bada
,
nell
'
ammonirci
a
non
pretenderla
troppo
da
padroni
e
nel
rammentarci
,
sera
per
sera
,
l
'
ordine
e
il
posto
che
abbiamo
a
occupare
nella
gerarchia
delle
cose
del
creato
.
Addormentandoci
,
la
natura
,
insomma
,
ci
tratta
da
bambini
:
ci
rinfaccia
la
nostra
debolezza
,
la
nostra
dipendenza
,
la
nostra
precarietà
e
il
nostro
stato
di
essere
aggregati
alla
vita
.
Non
basta
questo
perché
l
'
uomo
si
mostri
così
triste
e
avvilito
quando
sente
che
il
sonno
lo
conquista
?
Tanto
più
che
non
solo
egli
è
per
smarrire
ogni
padronanza
di
se
stesso
,
ma
si
avvede
assieme
e
pensa
che
,
se
durante
il
giorno
ha
partecipato
attivamente
al
moto
della
vita
ciò
non
è
potuto
avvenire
per
effetto
della
sua
volontà
ma
solo
per
quella
benevola
tolleranza
e
quel
pesante
amor
materno
che
la
natura
suole
usare
con
lui
.
Ora
le
tolleranze
benevole
,
per
quanto
vengano
da
colei
che
siamo
usati
chiamare
la
genitrice
e
la
gran
madre
,
sono
favori
che
l
'
uomo
nel
suo
carattere
di
bestia
giovine
e
turbolenta
e
ancora
troppo
poco
lavorato
e
mitigato
dall
'
esperienza
,
accetta
col
broncio
sospettoso
del
bambino
e
,
costretto
a
sopportarle
e
a
sottostarvi
,
accumula
sempre
più
dentro
di
sé
odii
sordi
e
oscure
ripromissioni
di
chi
sa
quali
vendette
lontane
e
inattuabili
.
L
'
uomo
,
pertanto
,
si
china
al
sonno
a
malincuore
.
Se
potesse
scacciarselo
dagli
occhi
,
non
dormirebbe
mai
.
Tanta
attrazione
esercita
in
lui
il
continuo
moto
dell
'
universo
e
con
tale
baldanza
egli
vi
è
spinto
che
,
quando
gli
fosse
lasciata
facoltà
di
decidere
,
per
nulla
al
mondo
rinuncerebbe
a
parteciparvi
.
Ma
,
mentreché
la
sua
massima
aspirazione
è
al
giorno
pieno
ed
eterno
,
egli
si
trova
di
doversi
piegare
alle
forzate
soste
del
sonno
.
E
non
solo
pensa
che
durante
queste
,
non
potrà
partecipare
al
moto
della
vita
,
ma
pensa
ancora
che
tale
moto
,
nondimeno
,
né
scema
né
s
'
arresta
:
in
che
egli
si
sente
menomato
nei
diritti
e
punto
nell
'
orgoglio
.
Queste
le
cagioni
per
le
quali
il
sonno
ripugna
all
'
uomo
quasi
quanto
la
morte
,
epperò
,
volendoli
rappresentare
a
modo
suo
,
ne
ha
fatto
due
fratelli
inseparabili
.
Ma
la
natura
,
prevedendo
quali
disordini
nascerebbero
qualora
l
'
uomo
potesse
disporre
volontariamente
del
sonno
,
ha
provveduto
a
un
mezzo
sottile
e
irresistibile
di
piegarlo
al
suo
volere
:
lo
addormenta
senza
ch
'
ei
se
ne
accorga
:
inavvertitamente
.
Il
sonno
riduce
l
'
uomo
alla
passività
,
poiché
lo
fa
morire
al
moto
universale
;
ma
,
per
non
essere
tale
morte
completa
fisicamente
e
continuando
in
lui
una
certa
quale
percezione
statica
,
si
è
attribuita
al
dormente
la
facoltà
divinatrice
.
La
posizione
attiva
non
ci
può
condurre
alla
divinazione
,
stando
che
,
mentre
viviamo
pienamente
,
siamo
implicati
in
modo
diretto
nell
'
organicità
del
tempo
e
costretti
perciò
a
seguirne
i
moti
regolarmente
.
Partecipando
noi
alle
continue
mutazioni
che
compongono
a
mano
a
mano
il
tempo
e
attuano
il
divenire
,
non
potremmo
avvertirle
perché
intanto
che
esse
avvengono
e
si
risolvono
,
noi
,
contemporaneamente
,
le
viviamo
.
Per
assumerci
allo
stato
divinatorio
,
occorre
una
sosta
della
nostra
vita
,
e
un
distacco
che
ci
fermi
e
ci
ponga
fuori
del
meccanismo
del
tempo
,
lasciando
ch
'
esso
scorra
senza
di
noi
.
Soltanto
nella
posizione
statica
noi
possiamo
,
in
certo
modo
,
saltare
una
parte
dei
continui
allacciamenti
che
conducono
nel
futuro
e
afferrare
,
e
riferirci
a
un
punto
lontano
di
quello
.
Però
la
divinazione
non
è
possibile
che
mediante
una
nostra
maniera
di
astrarci
;
ond
'
essa
fu
sempre
tentata
con
l
'
aiuto
di
qualche
sbigottimento
fisico
che
interrompesse
in
noi
il
moto
della
vita
,
così
da
farci
diventare
spettatori
di
questa
,
da
attori
che
ordinariamente
siamo
;
pertanto
il
sonno
,
che
per
la
nostra
mente
rappresenta
appunto
un
tale
stato
di
astrazione
,
è
stato
ritenuto
la
situazione
più
acconcia
per
conoscere
l
'
avvenire
.
Davanti
al
sonno
,
l
'
uomo
astuto
s
'
impaurisce
;
non
pericolo
da
affrontare
,
né
impresa
da
compiere
,
né
navigazione
da
intraprendere
gli
mettono
tanto
terrore
quanto
il
senso
del
suo
dolce
svanire
nell
'
irresistibile
assorbimento
del
sonno
.
Ma
tali
paure
lo
agitano
fintantoché
egli
è
ancora
padrone
della
sua
coscienza
;
perché
dopo
,
subito
dopo
,
insensibilmente
,
egli
viene
a
passare
allo
stato
di
vittima
;
e
si
opera
allora
verso
di
lui
con
la
carità
sommaria
dei
carcerieri
;
e
lo
si
tratta
come
i
condannati
;
e
si
ricorre
allo
stupore
,
all
'
ebbrietà
e
allo
smarrimento
dei
sensi
.
Ma
chi
può
stabilire
,
fermare
,
dichiarare
la
sottigliezza
e
,
per
così
dire
,
la
fluidità
avvolgente
di
quei
terribili
momenti
?
Essi
peraltro
,
non
lasciano
ricordo
di
se
stessi
;
e
solo
per
un
caparbio
ritorno
sulle
mie
esperienze
,
oso
rammentarli
qui
.
L
'
uomo
astuto
non
s
'
arrischia
al
sonno
senza
cautele
e
premunizioni
:
sapendo
che
,
per
necessità
inevitabile
,
avrà
a
traversare
uno
spazio
di
tempo
durante
il
quale
sarà
inerme
e
come
morto
,
si
arma
.
Di
qui
il
bisogno
di
dormire
solo
,
di
appartarsi
e
di
rinchiudersi
.
Il
sonno
in
comune
e
la
promiscuità
dei
dormitori
pubblici
non
sono
tollerati
che
da
quella
gente
in
cui
l
'
istinto
dell
'
individuo
è
infiacchito
,
esausto
e
pressoché
scomparso
.
Dormono
assieme
i
malati
negli
ospedali
,
i
vecchi
negli
ospizi
e
quegli
'
uomini
,
come
i
soldati
,
cui
è
negato
l
'
uso
della
propria
volontà
.
Pure
,
fra
costoro
,
si
vedono
taluni
-
e
tale
vista
è
tragicissima
-
che
soffrono
per
la
presenza
di
altri
,
e
fanno
ogni
sforzo
per
isolarsi
,
tentano
ogni
astuzia
per
rincantucciarsi
,
ricorrono
ad
ogni
espediente
per
tapinarsi
e
sfuggire
alla
terribile
curiosità
dei
loro
simili
.
L
'
uomo
è
vergognoso
del
suo
sonno
.
Pone
ogni
cura
a
non
lasciarsi
sorprendere
mentre
dorme
.
È
portato
a
odiare
chiunque
trovasse
desto
accanto
a
sé
,
al
suo
risveglio
:
poiché
ritiene
di
essere
stato
scoperto
e
osservato
in
una
situazione
infelice
,
dove
non
poteva
portare
alcuna
vigilanza
su
se
stesso
,
quando
insomma
non
era
lui
,
i
sensi
profondi
della
sua
volontà
e
del
suo
pudore
insorgono
contro
l
'
intruso
che
gli
è
nemico
e
giudice
.
Nella
donna
,
il
sonno
non
produce
gli
stessi
effetti
che
nell
'
uomo
.
Essa
non
ha
una
volontà
da
custodire
e
da
glorificare
,
dunque
nulla
da
perdere
.
Se
anche
la
donna
,
quando
si
accinge
al
sonno
,
si
apparta
e
si
rinchiude
,
lo
fa
per
paura
dei
ladri
e
degli
assassini
.
Invulnerabile
a
ogni
sovrumana
paura
,
immune
dalla
problematica
compagnia
dei
misteri
,
ella
,
così
come
vive
,
dorme
tutta
ravvolta
nella
sua
enigmatica
serenità
:
ond
'
è
che
,
mentre
l
'
uomo
è
triste
e
crucciato
al
risveglio
,
la
donna
,
l
'
ingloriosa
donna
,
si
desta
sorridente
.
Sebbene
il
sonno
tenga
l
'
uomo
alla
mercè
di
ogni
pericolo
,
nessuna
insidia
o
slealtà
o
perfidia
da
parte
della
natura
l
'
hanno
giammai
colpito
in
quei
momenti
di
disarmo
e
di
disattenzione
;
né
si
può
dire
che
finora
,
dormendo
,
gli
sia
accaduto
nulla
di
male
;
tutt
'
altro
;
ché
,
se
non
fosse
così
,
chi
mai
si
sarebbe
più
fidato
di
dormire
?
Gli
uomini
,
piuttosto
,
si
sarebbero
risolti
ad
uccidersi
d
'
insonnia
,
aspettando
la
fine
in
un
modo
strano
e
inudito
:
cogli
occhi
sbarrati
.
È
da
credere
,
invece
,
che
di
notte
,
durante
il
sonno
,
quando
siamo
senza
volontà
e
,
nella
nostra
inerzia
offriamo
il
fianco
scoperto
,
la
natura
ami
chinarsi
su
di
noi
e
tornare
con
alcuni
ritocchi
al
nostro
perfezionamento
.
Tali
operazioni
,
peraltro
,
rientrano
nell
'
ordine
delle
fecondazioni
e
delle
procreazioni
,
le
quali
,
quanto
a
sé
,
sono
faccende
eminentemente
notturne
.
E
non
per
nulla
Adamo
fu
immerso
nel
sonno
quando
si
trattò
di
creare
Eva
,
la
quale
veramente
fu
fatta
uscire
dal
sonno
di
Adamo
,
cioè
dalla
notte
dell
'
uomo
;
il
che
spiega
e
giustifica
assai
chiaramente
alcuni
lati
singolari
e
misteriosi
del
carattere
della
donna
.
Ma
la
stretta
comunione
che
lega
le
operazioni
dell
'
amore
con
la
notte
,
va
riguardata
ancora
sotto
un
altro
aspetto
,
cioè
sotto
quello
dell
'
ordine
e
delle
leggi
morali
.
Ora
,
tanto
l
'
amore
quanto
il
sonno
e
la
notte
sono
situazioni
che
operano
sull
'
uomo
in
maniera
quasi
identica
:
ne
sconvolgono
l
'
organicità
volitiva
,
sciolgono
in
lui
la
connessione
di
tutti
gli
elementi
che
compongono
la
sua
individualità
e
finalmente
lo
precipitano
fuori
della
sua
ragione
.
L
'
uomo
conosce
tali
effetti
;
ne
subisce
e
anzi
ne
ricerca
la
caustica
e
dolcissima
attrazione
;
ma
sa
che
i
sensi
elementari
del
suo
pudore
si
ribellerebbero
se
egli
,
durante
il
giorno
,
ossia
quando
,
per
il
dovere
che
ha
di
trattare
a
tu
per
tu
con
la
natura
in
piena
efficienza
gli
sono
necessari
tutta
la
padronanza
di
sé
e
il
libero
uso
della
sua
volontà
,
si
arrischiasse
a
lasciarsi
andare
agli
effetti
deprimenti
dell
'
amore
:
epperò
,
prevedendo
le
conseguenze
castigatrici
della
vergogna
e
del
rimorso
,
ha
deliberato
di
assegnare
l
'
amore
fra
le
cose
notturne
.
Benché
il
sonno
ripugni
all
'
uomo
cosciente
del
suo
destino
e
fermo
nel
miraggio
del
proprio
divenire
,
quel
che
di
riposante
e
di
ristorativo
si
associa
all
'
idea
che
noi
ci
facciamo
del
sonno
,
ha
sempre
esercitato
una
forte
attrazione
sull
'
uomo
,
massime
se
questo
vi
è
portato
per
alcun
effetto
di
disperazione
e
spinto
dal
desiderio
della
rinuncia
e
dell
'
annullamento
.
Il
che
giustificava
quegli
esempi
storici
in
cui
un
sonno
prolungato
e
sovrumano
fu
mandato
ad
alcuni
uomini
in
premio
delle
loro
'
virtuose
fatiche
:
tale
la
storia
di
Agamède
e
Troponio
costruttori
del
tempio
di
Delfo
;
quella
di
Epimenide
di
Cnosso
il
quale
dormì
per
cinquantasette
anni
dentro
una
grotta
oscura
e
fresca
;
la
storia
dei
sette
dormenti
di
Efeso
,
riportata
da
Teodoro
e
da
Rufino
;
la
notte
di
Barbarossa
che
continua
tuttavia
,
e
i
sonni
di
minor
conto
ma
non
meno
singolari
di
Giovanna
Caillou
e
di
Leonilde
Montauciel
.
Però
si
può
dire
che
,
se
il
sonno
non
fosse
imposto
naturalmente
all
'
uomo
,
egli
talvolta
inclinerebbe
a
procurarselo
e
a
praticarlo
non
altrimenti
che
come
praticai
vizi
.
La
natura
non
solo
fa
sì
di
allontanare
ogni
tanto
l
'
uomo
dalla
sua
presenza
,
inabissandolo
nel
sonno
,
ma
provvede
ancora
a
distrargli
la
mente
da
ogni
cura
terrena
,
durante
le
soste
in
cui
essa
lo
riduce
nell
'
inerme
passività
.
E
,
per
volgergli
altrove
quel
po
'
di
attenzione
che
gli
potesse
restar
sveglia
e
attiva
,
a
fine
di
fissargli
la
mente
in
visioni
confuse
e
irreali
,
quelle
soste
essa
gli
ha
popolato
di
sogni
.
Tale
provvedimento
può
sembrar
perfino
un
'
astutissima
manovra
,
quando
si
ponga
mente
a
tutti
gl
'
intrighi
e
gli
stupori
che
il
sogno
ha
sempre
prodotto
nella
fantasia
degli
uomini
;
tanto
che
,
per
modo
di
esempio
,
lo
stesso
Lucrezio
quantunque
scettico
,
dice
nel
sogno
essersi
rivelate
la
prima
volta
alle
anime
umane
le
sublimi
immagini
degli
dèi
.
Contuttociò
,
i
greci
,
che
per
essere
gente
cui
non
piaceva
farsi
menar
dal
naso
si
studiarono
di
portare
in
ogni
cosa
quei
limiti
e
precisioni
che
sono
ottimo
rimedio
a
sopportare
con
serenità
e
letizia
questa
vita
confusa
e
sregolata
,
assegnarono
Apollo
,
il
risplendente
,
per
disporre
un
poco
d
'
ordine
nell
'
oscurissimo
regno
dei
sogni
,
e
trarne
,
a
loro
vantaggio
,
qualche
profitto
ed
esperienza
:
però
,
con
sottile
accorgimento
,
il
rappresentante
della
luce
lo
elessero
interprete
dei
sogni
e
dio
oniroclitico
.
Tanta
premura
e
previdenza
a
deludere
l
'
attenzione
dell
'
uomo
,
a
spegnere
in
lui
quella
vorace
curiosità
che
lo
distingue
,
a
schiavare
la
sua
instancabile
vigilanza
,
a
distrarlo
con
immagini
e
a
tenerlo
occupato
altrove
,
l
'
hanno
messo
in
sospetto
che
la
natura
abbia
escogitato
il
sonno
perché
ha
qualcosa
da
nascondere
o
da
compiere
a
sua
insaputa
;
ch
'
essa
abbia
alcunché
di
misterioso
da
svolgere
durante
che
lui
non
la
guarda
;
che
accudisca
a
operazioni
cui
l
'
uomo
è
immaturo
,
o
incapace
o
indegno
di
assistere
,
perché
troppo
spaventevoli
o
rivelatrici
.
Al
quale
dubbio
egli
è
mosso
altresì
da
tutte
quelle
precauzioni
che
prende
la
natura
di
celarsi
ed
appartarsi
,
spegnendo
le
luci
e
le
menti
,
contornandosi
di
buio
e
di
fantasmi
,
e
tentando
di
stupire
la
ragione
umana
opponendole
i
misteri
e
quello
più
famoso
e
ritenuto
il
più
terribile
di
tutti
:
il
mistero
della
mezzanotte
.
Perché
,
appena
è
sera
,
la
terra
si
ravvolge
nelle
tenebre
.
I
più
grandi
e
clamorosi
terrori
sono
tutti
notturni
;
è
anche
detto
di
questi
essere
figli
della
notte
.
Ora
,
a
raccogliere
tanto
buio
;
a
spargere
in
giro
fantasmi
,
spettri
,
vampiri
,
lèmuri
e
lamie
;
a
empir
la
notte
di
spaventi
;
a
fare
urlare
ai
bivi
Ecate
con
i
suoi
cani
,
come
è
possibile
credere
che
tanto
spreco
di
forze
nemiche
all
'
uomo
avvenga
senza
una
precisa
e
astuta
ragione
e
senza
un
fine
premeditato
?
S
'
è
acuito
il
sospetto
negli
uomini
.
I
quali
,
come
ebbero
subodorato
che
sotto
tutto
quello
sfoggio
di
apparenze
formidabili
e
annichilanti
stesse
nascosto
qualcosa
;
che
tutta
quella
pompa
terrorizzante
e
vana
in
fondo
celasse
una
astuzia
,
prima
si
studiarono
di
ridurne
gli
effetti
mediante
l
'
assuefazione
;
poi
impararono
a
regolarsi
nei
riguardi
dei
famosi
misteri
notturni
;
finalmente
scoprirono
che
questi
non
altro
sono
che
velamenti
sottili
,
disposti
in
bell
'
ordine
e
con
proposito
;
e
che
il
mistero
,
se
mistero
ha
da
esserci
,
non
sta
nel
cuore
della
notte
,
ma
dentro
le
profonde
regioni
della
luce
;
e
,
assegnatogli
il
posto
,
lo
collocarono
fra
i
dodici
rintocchi
del
meriggio
,
salutandolo
cogli
spari
dei
cannoni
.
Furono
appunto
tali
dubbi
e
sospetti
a
far
nascere
la
strana
propensione
di
poeti
,
filosofi
,
alchimisti
e
altrettanti
uomini
versati
nelle
arti
della
magia
e
,
infusa
la
loro
umanità
di
un
certo
carattere
di
démoni
o
di
cherubini
,
a
vivere
notturnamente
.
Costoro
,
nonché
vegliare
,
vigilano
.
Questa
loro
curiosa
abitudine
è
giustificata
dal
che
essi
si
sono
avveduti
(
senza
mai
dichiararlo
però
!
per
un
remoto
timore
di
provocare
rappresaglie
e
provvedimenti
)
che
nottetempo
,
la
natura
è
più
facile
e
condiscendente
.
Onde
si
può
argomentare
che
la
notte
e
il
riposo
siano
utili
e
necessari
alla
natura
,
ancor
più
che
agli
uomini
.
Infatti
,
quando
la
notte
sopraggiunge
piena
di
quiete
fatale
,
dappertutto
e
non
solo
negli
uomini
si
verifica
come
un
rilasciamento
e
un
abbandono
di
se
stessi
;
e
di
ogni
cosa
,
di
ogni
fatto
,
di
ogni
essere
si
può
dire
che
,
al
sopravvenire
di
quella
calma
e
del
notturno
buio
,
aprono
i
pugni
stretti
e
si
concedono
al
fato
inoppugnabile
.
Nella
notte
ogni
agitazione
e
ogni
sconvolgimento
si
risolvono
:
essa
placa
gli
uragani
e
le
tempeste
,
spegne
i
fuochi
della
terra
e
dell
'
aria
e
,
come
ferma
le
battaglie
così
ammazza
la
collera
degli
elementi
in
lotta
.
Allo
stringersi
delle
tenebre
,
i
venti
perdono
a
poco
a
poco
il
fiato
e
,
sospesi
leggermente
sulle
cime
degli
alberi
,
quasi
rattengono
il
respiro
;
il
mare
raccoglie
e
frena
le
sue
onde
;
i
fiumi
rientrano
nell
'
àlveo
;
e
nelle
menti
degli
.
uomini
,
la
furia
si
scioglie
e
si
muta
in
consiglio
.
Non
bisogna
fidare
negli
orrendi
ricordi
che
ratteniamo
di
tempeste
,
di
uragani
e
di
cataclismi
notturni
,
poiché
quelli
,
quantunque
ci
possano
essere
apparsi
con
la
gravità
del
finimondo
,
forse
non
erano
se
non
lievi
perturbamenti
che
acquistavano
forza
e
terribilità
solo
perché
venivano
a
riflettersi
sulle
brevi
e
ridotte
prospettive
del
buio
.
Di
notte
,
la
natura
è
libera
e
vagabonda
.
Per
non
celarsi
con
i
suoi
propri
veli
impenetrabili
ma
solo
con
quelli
fallaci
del
buio
,
essa
si
lascia
allora
esaminare
e
leggere
più
facilmente
.
Questa
non
è
già
di
per
se
stessa
una
giustificazione
della
notte
?
In
essa
,
la
natura
si
fa
persuasa
di
sfuggire
ad
ogni
sguardo
indagatore
e
di
essersi
liberata
,
dal
tramonto
fino
all
'
aurora
,
dell
'
ostinata
vigilanza
degli
uomini
.
Ogni
attenzione
è
assiderata
,
la
luna
volge
in
giro
uno
sguardo
smorto
e
gli
occhi
delle
stelle
sono
alteri
e
noncuranti
.
Perché
le
stelle
,
insomma
,
non
hanno
nulla
che
vedere
con
noi
;
non
le
stringe
nessun
interesse
per
i
fatti
di
quaggiù
;
la
loro
attenzione
-
e
basta
guardarle
senza
desiderio
per
avvedersene
-
è
rivolta
altrove
,
a
chi
sa
quali
cure
.
Ond
'
è
assurda
quanto
mai
quella
strana
mania
di
certa
gente
corrotta
e
spinta
fuori
dei
precisi
limiti
del
mondo
,
di
invocare
e
di
anelare
alle
stelle
,
cioè
di
astrarsi
.
Da
questi
pensieri
intorno
alla
notte
e
le
cose
notturne
,
mi
rialzo
con
greve
stanchezza
e
quasi
mi
par
di
sentire
sulla
mia
faccia
quella
tristissima
preoccupazione
che
incupisce
la
fronte
dell
'
uomo
che
dorme
:
però
,
in
mezzo
a
tutte
queste
morti
frammentate
che
ricorrono
per
lo
spazio
della
vita
come
rime
lugubri
,
dolce
mi
s
'
apre
,
nel
lontano
,
un
chiaro
,
cui
forse
nessuno
dei
nostri
passi
ci
saprà
portare
,
dove
,
sciolti
dalle
fatiche
e
dai
pesanti
sonni
che
le
seguono
,
potremo
riposare
con
fiducia
nella
serenità
dolcissima
della
luce
riconciliata
.
StampaPeriodica ,
Una
volta
le
Vite
degli
Artisti
erano
al
tempo
stesso
«
biografia
»
e
«
saggio
critico
»
della
loro
opera
.
L
'
estetica
idealistica
ha
dato
un
colpo
mortale
all
'
antico
metodo
biografico
.
Oggi
.
se
volete
conoscere
chi
è
un
artista
contemporaneo
come
uomo
,
dove
è
nato
,
come
ha
vissuto
,
quale
è
stata
la
sua
educazione
,
quali
sono
gli
avvenimenti
principali
della
sua
vita
,
quali
le
sue
idee
politiche
,
invano
ricercherete
tutto
ciò
nei
saggi
critici
dedicati
alla
sua
opera
.
È
innegabile
che
il
richiamo
a
una
più
pertinente
attenzione
al
peculiare
carattere
delle
opere
d
'
arte
,
abbia
costituito
una
conquista
progressiva
dell
'
estetica
,
essendosi
in
tal
modo
riconosciuto
il
più
preciso
ufficio
dei
critici
e
avendo
questi
acquistato
nuovi
strumenti
di
indagine
.
Ma
è
altrettanto
vero
che
rari
sono
gli
esempi
di
critica
d
'
arte
contemporanea
nei
quali
questa
esigenza
rinnovatrice
si
è
mantenuta
entro
limiti
ragionevoli
e
utili
.
In
generale
è
accaduto
il
contrario
.
invalso
l
'
uso
di
sopprimere
quasi
totalmente
ogni
considerazione
e
studio
dei
dati
biografici
sino
a
proclamarne
il
disprezzo
e
a
teorizzare
In
più
completa
e
astratta
distinzione
tra
l
'
artista
in
quanto
uomo
e
le
opere
da
lui
prodotte
.
Questa
incredibile
deformazione
della
verità
non
è
imputabile
unicamente
ai
dottrinari
della
estetica
idealistica
.
Si
deve
anzi
dire
che
una
simile
elaborazione
teorica
in
prevalente
misura
,
riflesso
della
reale
crisi
degli
artisti
moderni
i
quali
si
sono
generalmente
adeguati
alle
esigenze
e
pressioni
della
classe
dominante
che
ha
tutto
l
'
interesse
,
oramai
,
di
capovolgere
il
reale
rapporto
fra
arte
,
società
e
politica
.
In
virtù
di
cale
capovolgimento
la
classe
dominante
ha
tentato
di
ottenere
che
gli
artisti
si
sentano
«
spontaneamente
»
portati
a
separare
la
ricerca
creativa
dai
grandi
movimenti
della
storia
,
dai
grandi
e
piccoli
problemi
che
danno
carattere
e
significato
a
una
determinata
epoca
,
dalla
esperienza
viva
della
realtà
naturale
e
sociale
.
Ogni
classe
dominante
nel
periodo
della
sua
ascesa
e
della
sua
funzione
di
organizzatrice
generale
della
società
,
domanda
agli
artisti
un
impegno
che
rifletta
nelle
loro
opere
il
più
esplicito
legame
con
la
vita
e
con
le
esigenze
della
società
contemporanea
.
Al
contrario
quando
la
classe
dominante
si
mantiene
oramai
al
potere
unicamente
per
conservare
il
suo
privilegio
senza
più
alcuna
capacità
né
alcun
interesse
di
guardare
in
avanti
e
di
aprire
la
strada
al
progresso
,
essa
domanda
agli
artisti
distacco
dalla
vita
,
astrazione
,
evasione
dai
problemi
decisivi
,
aristocratico
disprezzo
per
i
fatti
e
per
le
cose
reali
.
È
quanto
accade
almeno
da
un
secolo
alla
borghesia
capitalistica
.
L
'
arte
moderna
porta
il
marchio
di
questa
sterile
forzatura
:
l
'
estetica
idealistica
le
ha
dato
il
suo
crisma
filosofico
.
Ed
è
questo
il
motivo
peculiare
,
a
mio
vedere
,
per
cui
ogni
progresso
e
sviluppo
dell
'
arte
moderna
,
ogni
possibile
ampliamento
delle
sue
basi
di
ispirazione
,
è
indivisibile
dal
progresso
e
dallo
sviluppo
della
lotta
contro
il
«
gusto
»
artistico
dominante
.
È
questo
il
motivo
peculiare
e
intrinseco
per
cui
il
progresso
e
lo
sviluppo
dell
'
arte
moderna
non
possono
non
avvenire
che
in
senso
realistico
e
sociale
.
Mi
perdoni
il
lettore
questo
preambolo
che
può
apparire
sproporzionato
a
una
semplice
notizia
biografica
su
Renato
Guttuso
.
Non
sono
riuscito
a
pensare
questa
notizia
separata
dall
'
attività
creativa
di
Guttuso
,
dalle
sue
opere
d
'
arte
,
proprio
perché
egli
è
a
parer
mio
,
il
più
consapevole
e
coerente
maestro
di
quel
moto
rinnovatore
dell
'
arte
contemporanea
la
cui
caratteristica
principale
consiste
appunto
nella
ricerca
del
più
stretto
ed
esplicito
legame
con
la
vita
e
con
la
realtà
naturale
e
sociale
.
Renato
Guttuso
è
nato
nel
1912
a
Bagheria
,
grosso
borgo
contadino
e
mercantile
nei
pressi
di
Palermo
.
Suo
padre
era
un
povero
tecnico
agrimensore
.
Fin
dalla
sua
giovinezza
Guttuso
poté
fare
esperienza
diretta
delle
drammatiche
condizioni
di
vita
dei
braccianti
senza
terra
e
dei
contadini
poveri
siciliani
.
La
sua
stessa
vocazione
al
dipingere
trovò
il
primo
esito
alla
scuola
di
un
pittore
di
carretti
:
carretti
siciliani
,
alle
cui
decorazioni
nessuna
corruzione
folcloristica
è
mai
riuscita
a
togliere
quella
energia
di
colore
e
quella
dovizia
di
immagini
che
attingono
forza
espressiva
alle
più
remote
e
intime
ispirazioni
dell
'
animo
popolare
,
come
i
canti
dei
lavoratori
siciliani
nei
quali
Guttuso
trovò
altrettanta
poesia
e
affinità
spirituale
da
non
lasciarseli
sfuggire
dalla
mente
.
Egli
stesso
ha
scritto
recentemente
:
«
Contadini
siciliani
che
hanno
nel
mio
cuore
il
primo
posto
perché
io
sono
dei
loro
e
i
cui
volti
mi
vengono
continuamente
davanti
agli
occhi
qualunque
cosa
io
faccia
.
Contadini
siciliani
che
sono
tanta
parte
della
storia
d
'
Italia
e
che
hanno
dato
tanto
contributo
di
sangue
alla
lotta
che
essi
,
sotto
la
guida
della
classe
operaia
,
stanno
sostenendo
per
il
nostro
Paese
,
per
una
Sicilia
indipendente
e
capace
di
rompere
quella
gabbia
di
miseria
,
di
mafia
,
di
feudo
che
la
opprime
da
secoli
,
in
una
Italia
libera
dalle
sue
piaghe
,
indipendente
e
pacifica
.
Il
mio
amore
per
i
contadini
siciliani
è
solidarietà
con
le
loro
lotte
,
è
parte
stessa
,
benché
minima
della
loro
lotta
»
.
A
vent
'
anni
Guttuso
deve
lasciare
la
Sicilia
sottomettendosi
alla
triste
legge
che
regola
,
a
un
determinato
momento
della
loro
vita
,
la
volontà
di
tutti
gli
artisti
e
gli
intellettuali
dell
'
isola
i
quali
intendano
obbedire
alle
loro
esigenze
spirituali
e
affrontare
la
fame
e
la
miseria
per
aprirsi
un
varco
e
una
possibilità
di
sviluppo
.
Così
,
forse
più
dolorosamente
di
tanti
altri
,
Guttuso
si
distaccò
proprio
nel
primo
periodo
della
sua
formazione
d
'
uomo
e
di
artista
dalla
terra
natale
,
dalle
basi
materiali
e
dai
temi
della
sua
più
franca
ispirazione
.
Il
giovane
pittore
Renato
Guttuso
fu
presentato
al
mondo
ufficiale
della
cultura
e
dell
'
arte
da
due
suoi
conterranei
fin
da
allora
molto
lontani
,
l
'
uno
e
l
'
altro
dal
suo
modo
di
intendere
e
di
fare
la
pittura
,
ma
certo
partecipi
per
averla
a
loro
volta
provata
,
della
stessa
esigenza
di
respiro
e
di
evasione
,
della
stessa
volontà
di
rottura
con
l
'
arretrata
cappa
di
piombo
dell
'
isola
:
Pippo
Rizzo
e
Francesco
Trombadori
.
Il
primo
scritto
su
Renato
Guttuso
,
pittore
siciliano
,
apparso
su
un
settimanale
illustrato
a
diffusione
nazionale
è
a
firma
di
quest
'
ultimo
,
nel
1931
.
Ha
inizio
con
questa
data
il
secondo
periodo
della
vita
di
Renato
Guttuso
:
il
periodo
della
esperienza
culturale
contemporanea
nazionale
ed
europea
,
della
conoscenza
diretta
della
organizzazione
culturale
dello
Stato
italiano
e
della
rivolta
consapevole
alle
sue
istituzioni
e
alla
dittatura
ideologica
della
borghesia
.
Egli
viene
contemporaneamente
in
contatto
coi
due
principali
centri
dell
'
attività
artistica
nazionale
:
Roma
e
Milano
.
Mantiene
collegamenti
contemporanei
con
l
'
uno
e
con
l
'
altro
prendendo
parte
entusiasta
e
attiva
alle
più
vive
polemiche
proprio
nel
momento
in
cui
si
sviluppa
e
prende
quota
la
ribellione
dei
giovani
artisti
italiani
contro
il
movimento
novecentista
.
Guttuso
,
che
portò
a
questa
rivolta
uno
dei
contributi
più
importanti
,
era
in
realtà
estraneo
ai
veri
termini
della
polemica
,
non
essendo
le
sue
esigenze
e
i
suoi
problemi
viziati
da
intellettualismo
ed
essendo
autentica
e
naturale
la
sua
disposizione
al
realismo
nella
forma
.
Tuttavia
fra
Roma
e
Milano
Guttuso
scelse
la
seconda
.
Tra
le
diverse
polemiche
contro
il
Novecento
egli
preferì
quella
più
aperta
alle
ricerche
spregiudicate
,
più
legata
alle
esperienze
recenti
dell
'
arte
europea
,
anticlassica
,
e
,
casomai
,
impregnata
di
romanticismo
e
di
disperazione
.
Egli
scelse
,
cioè
,
la
polemica
-
se
si
vuole
-
meno
«
artistica
»
e
più
«
umana
»
.
Una
polemica
dalla
quale
sorse
in
seguito
anche
il
movimento
giovanile
di
Corrente
nel
quale
si
rifletteva
l
'
influenza
della
organica
e
costante
attività
antifascista
che
a
Milano
conducevano
operai
e
intellettuali
d
'
avanguardia
.
Di
particolare
rilievo
è
lo
stretto
legame
d
'
amicizia
e
di
collaborazione
che
si
realizza
in
questi
anni
tra
Guttuso
e
Raffaellino
De
Grada
critico
d
'
arte
e
combattente
antifascista
.
A
Milano
Guttuso
pagò
,
insieme
a
un
drammatico
scotto
alla
fame
e
alla
miseria
,
il
suo
primo
tributo
all
'
equivoco
formalistico
dell
'
arte
moderna
,
attribuendo
anch
'
egli
a
determinate
correnti
di
essa
un
valore
di
novità
e
di
rivolta
che
non
era
precisamente
tale
.
Ma
autentica
era
la
esigenza
di
rivolta
cresciuta
nella
coscienza
del
giovane
pittore
siciliano
il
quale
non
si
accontentò
di
lasciarla
affidata
alle
sue
intenzioni
di
artista
e
volle
affermarla
nella
pratica
abbracciando
la
causa
della
rivoluzione
proletaria
ed
entrando
in
contatto
fin
dal
1935-36
con
la
organizzazione
del
Partito
comunista
italiano
.
Egli
realizzava
così
una
aspirazione
al
combattimento
sociale
e
politico
che
aveva
maturato
fin
dalla
prima
giovinezza
a
contatto
con
i
contadini
siciliani
.
Dopo
la
permanenza
milanese
Guttuso
si
trasferì
a
Roma
dove
fissò
definitivamente
la
sua
dimora
.
L
'
arrivo
a
Roma
non
segna
però
una
svolta
particolare
nella
sua
attività
di
artista
.
Guttuso
porta
da
Milano
a
Roma
l
'
esigenza
di
una
polemica
culturale
più
audace
.
Si
deve
a
lui
se
la
direzione
o
intellettualistica
o
intimista
,
che
stava
prendendo
,
quasi
totalmente
,
la
giovane
generazione
dei
pittori
contrari
alla
retorica
del
'900
,
poté
da
alcuni
essere
abbandonata
in
nome
di
un
più
ampio
e
diretto
impegno
dell
'
artista
nella
lotta
per
l
'
affermazione
della
civiltà
contro
la
barbarie
.
Si
deve
ricordare
che
in
questo
periodo
Guttuso
dipinse
tre
opere
le
quali
segnano
una
tappa
dello
sviluppo
realistico
dell
'
arte
italiana
:
la
Fucilazione
in
campagna
dedicata
a
García
Lorca
per
tutti
i
combattenti
antifascisti
della
guerra
di
Spagna
,
La
Crocefissione
per
la
quale
si
ebbe
il
processo
del
Santo
Uffizio
e
la
delazione
dell
'
Osservatore
Romano
come
pittore
antifascista
e
bolscevizzato
,
la
Fuga
dall
'
Etna
.
In
questo
modo
Guttuso
dava
un
colpo
duro
alla
«
politica
delle
arti
»
del
fascinino
la
quale
superata
la
fase
novecentesca
,
si
disponeva
già
nella
sua
parte
più
astuta
a
indicare
quale
base
esemplare
di
una
nuova
arte
quel
che
del
'900
era
rimasto
più
in
ombra
:
il
morandismo
-
una
pittura
senza
contenuto
umano
,
o
meglio
con
un
contenuto
umano
limitato
ai
confini
di
un
intimismo
che
non
poteva
dare
alla
ideologia
dominante
il
minimo
disturbo
.
A
questa
attività
di
Guttuso
dettero
impulso
e
coraggio
alcuni
giovani
intellettuali
romani
che
mentre
si
opponevano
alle
imperanti
cricche
letterarie
e
filosofiche
,
andavano
organizzandosi
come
corrente
antifascista
e
si
preparavano
a
dare
un
importante
contributo
alla
organizzazione
del
Partito
comunista
nella
capitale
d
'
Italia
:
Antonio
Amendola
,
Paolo
Bufalini
,
Pietro
Ingrao
,
Mario
Alicata
,
Girolamo
Sotgiu
,
Massimo
Aloisi
,
Antonio
Giolitti
,
Marco
Cesarini
,
Fabrizio
Onofri
,
Mario
Socrate
e
il
sottoscritto
.
L
'
appartenenza
organica
di
Guttuso
a
questo
gruppo
,
costituisce
,
a
mio
avviso
,
il
motivo
principale
della
caratterizzazione
di
un
terzo
periodo
della
sua
vita
e
della
sua
attività
di
artista
.
Questo
periodo
ha
inizio
1'8
settembre
'43
.
Guttuso
partecipa
come
volontario
della
libertà
e
come
partigiano
alla
lotta
contro
i
tedeschi
e
contro
i
fascisti
.
Egli
è
tra
i
pochi
artisti
italiani
che
ci
ha
lasciato
di
quel
periodo
una
testimonianza
così
eloquente
,
così
italiana
e
così
drammatica
di
ciò
che
fu
nella
realtà
lo
spirito
della
Resistenza
:
il
quaderno
dei
disegni
dedicata
al
martirio
delle
Fosse
Ardeatine
,
intitolato
Gott
mit
uns
.
Ciò
fu
possibile
per
tre
motivi
principali
:
l
'
appartenenza
sua
al
Partito
comunista
che
fu
all
'
avanguardia
della
lotta
di
liberazione
,
la
concezione
sua
dell
'
arte
che
,
nella
misura
in
cui
gli
avvenimenti
nazionali
diventavano
memorabili
per
la
più
larga
partecipazione
delle
masse
popolari
,
si
dimostrava
viva
,
efficace
,
umana
;
l
'
aver
egli
compreso
che
mentre
gli
uomini
semplici
si
battevano
con
le
armi
,
il
suo
posto
era
al
loro
fianco
e
non
nel
chiuso
dello
studio
a
teorizzare
la
«
autonomia
»
e
la
«
libertà
»
dell
'
arte
,
o
,
al
di
là
delle
linee
,
ad
attendere
la
liberazione
.
Dopo
la
liberazione
Guttuso
porta
avanti
la
ricerca
creativa
sospinto
dall
'
ondata
dei
sentimenti
di
rivolta
e
di
denuncia
dei
mali
della
società
.
Ed
è
proprio
in
questo
periodo
che
egli
paga
il
secondo
tributo
al
formalismo
dell
'
arte
contemporanea
europea
nel
tentativo
di
trovare
una
impossibile
conciliazione
tra
contenuti
nuovi
e
le
cosiddette
scoperte
formali
dell
'
arte
moderna
.
Egli
si
reca
in
Francia
a
più
riprese
,
dove
per
la
prima
volta
,
come
tanti
altri
artisti
italiani
,
può
conoscere
direttamente
i
capolavori
dell
'
Impressionismo
e
le
opere
di
tutti
i
successivi
movimenti
cosiddetti
d
'
avanguardia
dell
'
arte
moderna
.
Ciò
servì
a
confermarlo
nella
esigenza
di
dover
ripercorrere
tutta
intiera
l
'
esperienza
del
più
importante
di
essi
il
cubismo
,
e
in
primo
luogo
quella
del
Picasso
di
Guernica
.
La
prova
maggiore
di
questa
sua
fatica
intellettuale
Guttuso
la
offrì
nella
mostra
personale
della
Galleria
della
Palma
nel
1947
.
Dopo
la
mostra
della
Palma
ha
inizio
il
quarto
periodo
della
vita
e
dell
'
arte
di
Guttuso
:
quello
attuale
.
Nella
vita
,
Guttuso
intensifica
in
questo
periodo
la
sua
attività
politica
.
È
stato
membro
del
primo
Comitato
mondiale
dei
partigiani
della
pace
.
Gli
operai
,
i
contadini
,
e
gli
intellettuali
delegati
al
VII
Congresso
del
Partito
comunista
italiano
lo
hanno
eletto
membro
del
loro
massimo
organo
di
direzione
politica
:
il
Comitato
centrale
.
Nella
sua
arte
va
gradatamente
scomparendo
ogni
residuo
di
formalismo
cubista
e
espressionista
.
Questo
processo
di
chiarificazione
già
pienamente
riscontrabile
nelle
importanti
opere
del
primo
anno
di
Scilla
,
che
furono
esposte
alla
Galleria
del
Secolo
nell
'
autunno
del
1949
,
si
precisa
in
quelle
del
secondo
anno
di
Scilla
(
1950
)
,
nel
quadro
Episodio
della
lotta
dei
braccianti
oggi
a
Mosca
nel
Museo
dei
doni
a
Stalin
,
nell
'
opera
di
grande
respiro
Occupazione
di
terre
incolte
in
Sicilia
che
dette
il
tono
a
tutta
la
partecipazione
del
gruppo
degli
artisti
realisti
italiani
alla
Biennale
veneziana
del
1950
.
Per
la
prima
volta
appaiono
nell
'
arte
italiana
i
lavoratori
in
lotta
.
Proprio
in
questi
giorni
Guttuso
ha
offerto
con
una
esposizione
di
opere
sue
recentissime
un
apprezzabile
saggio
dello
sviluppo
coerente
della
sua
ricerca
realistica
.
Poiché
si
tratta
di
un
vero
e
proprio
passaggio
di
qualità
della
sua
pittura
,
la
quale
raggiunge
in
queste
opere
compiutezza
,
chiarezza
e
drammaticità
formali
,
assolutamente
nuove
,
molti
hanno
creduto
di
poter
dimostrare
come
Guttuso
ha
ancora
una
volta
mutato
,
impazientemente
,
il
suo
indirizzo
e
cambiato
ispirazione
.
A
mio
vedere
questa
osservazione
si
arresta
a
una
superficiale
riflessione
di
tipo
formalistico
.
Guttuso
non
ha
mutato
indirizzo
.
Al
contrario
egli
ha
tenuto
fede
all
'
intima
ragione
della
sua
ricerca
realistica
,
che
è
in
primo
luogo
una
ragione
umana
e
di
lotta
,
quella
che
lo
ha
spinto
a
ricercare
le
sue
immagini
e
i
suoi
temi
nella
realtà
naturale
e
sociale
,
nei
sentimenti
popolari
.
Egli
ha
trovato
per
le
sue
figurazioni
pittoriche
la
più
naturale
e
semplice
delle
espressioni
formali
:
quella
dove
è
oramai
inutile
ricercare
soluzioni
simboliche
o
allegoriche
,
naturalistiche
o
impressionistiche
.
Taluni
hanno
scritto
,
imbarazzati
,
che
Guttuso
è
tornato
a
dipingere
le
cose
come
sono
nella
realtà
(
«
tetti
conte
tetti
,
pomodori
come
pomodori
»
,
ecc
.
)
e
che
tuttavia
egli
non
è
un
semplice
verista
o
naturalista
.
Pochi
però
hanno
cercato
di
dimostrare
il
perché
di
questo
fatto
.
Secondo
me
il
principale
perché
non
può
essere
trovato
soltanto
nei
quadri
esposti
alla
recente
mostra
di
Roma
.
Bisogna
considerare
l
'
opera
di
Guttuso
del
momento
attuale
nel
suo
complesso
,
mettere
i
paesaggi
,
le
nature
morte
,
le
figure
di
questa
mostra
in
rapporto
ai
quadri
di
composizione
che
egli
sta
creando
,
come
lo
Sbarco
dei
Garibaldini
in
Sicilia
,
e
rendersi
conto
come
egli
sia
sempre
più
impegnato
in
una
direzione
dove
disegno
e
colore
si
fondono
in
una
sintesi
originale
che
ha
al
tempo
stesso
le
sue
radici
nell
'
antico
insegnamento
della
pittura
dei
carretti
siciliani
e
nella
tradizione
del
realismo
classico
italiano
che
assegna
alla
figura
umana
la
funzione
superiore
.
Discende
di
qui
a
mio
vedere
il
valore
davvero
«
realistico
»
degli
stessi
paesaggi
,
delle
stesse
nature
morte
,
delle
stesse
isolate
figure
di
certi
quadri
di
Gutuso
,
il
quale
chiaramente
dimostra
di
essere
oramai
organicamente
incapace
di
ritagliare
intellettualisticamente
dalla
realtà
,
come
pretesti
artistici
,
un
secchio
di
pomodori
in
una
casa
contadina
,
o
una
distesa
di
tetti
rusticani
con
un
soffio
di
campagna
in
tondo
,
o
un
taciturno
e
solitario
mangiatore
di
pasta
asciutta
.
Queste
immagini
,
roche
se
rappresentate
isolatamente
tra
la
cornice
di
un
quadro
,
non
sono
più
un
episodio
o
un
frammento
della
realtà
staccati
per
sempre
dalla
vita
,
ma
un
aspetto
della
vili
tutta
intiera
considerata
nell
'
insieme
dei
suoi
rapporti
umani
e
nella
sua
materiale
oggettività
:
il
contrario
esatto
di
ogni
impostazione
accademica
.
Bene
ha
fatto
Guttuso
a
esporre
in
questa
mostra
anche
uno
dei
suoi
quadri
del
1945
:
il
mutilato
che
chiede
l
'
elemosina
.
Se
si
paragona
questa
sua
opera
con
le
più
recenti
,
l
'
elemento
che
subito
colpisce
è
il
totale
distacco
di
Guttuso
dal
modo
di
raffigurare
la
realtà
attraverso
la
proiezione
,
quasi
scenografica
,
di
sentimenti
e
di
osservazioni
portati
dall
'
esterno
,
ricorrendo
alle
forme
e
ai
colori
più
pittoreschi
e
suggestivi
.
L
'
esperienza
di
Guttuso
,
uomo
e
artista
,
sorretta
da
una
volontà
che
ha
reciso
ogni
legame
con
i
vecchi
schemi
dell
'
idealismo
e
delle
concezioni
borghesi
,
è
la
dimostrazione
concreta
che
la
classe
dominante
non
è
più
in
grado
,
in
Italia
,
di
ostacolare
il
progresso
dell
'
arte
moderna
.
Questa
tanto
più
avanza
e
afferma
la
sua
libertà
sulla
strada
del
realismo
,
quanto
più
riesce
a
separare
il
suo
destino
dalle
false
conquiste
del
formalismo
contemporaneo
per
legarsi
alla
aperta
e
cosciente
rappresentazione
dei
sentimenti
e
delle
immagini
del
popolo
.
StampaPeriodica ,
Poche
lettere
di
pochissimi
letterati
possono
valere
per
documento
di
sincerità
e
di
giudizio
schietto
come
tutte
quelle
di
Renato
Serra
.
In
generale
,
a
leggere
la
«
corrispondenza
»
d
altri
,
ci
tocca
far
sempre
un
po
di
tara
,
quando
non
la
si
vuole
accettare
con
assoluta
sfiducia
e
nessuna
adesione
.
Tanto
si
sa
,
tra
un
anno
le
cose
muteranno
,
e
voglia
il
cielo
che
dopo
avervi
scritto
amorosamente
,
il
tale
o
talaltro
non
sia
andato
per
le
vie
e
per
i
caffé
a
dir
corna
di
voi
.
Un
epistolario
di
Serra
un
giorno
sarà
tutta
una
scuola
morale
,
e
dentro
vi
si
troveranno
studi
e
bozzetti
letterari
da
illuminare
diversamente
l
attività
di
questo
incomparabile
scrittore
,
in
apparenza
distratto
e
pigro
,
ma
pieno
di
fervore
e
d
impeto
lavorativo
,
che
ha
solo
il
torto
,
davanti
agli
occhi
della
gente
,
di
non
imbastire
volumi
,
ad
assicurarsi
nelle
biblioteche
del
Regno
uno
scaffale
particolare
per
l
opere
complete
,
segnate
e
catalogate
.
Trascrivo
,
quasi
,
per
intera
,
una
recentissima
lettera
.
Darà
piacere
a
pochi
,
dispiacere
a
molti
.
Mi
sono
indotto
a
farlo
appunto
per
questo
.
Anche
per
illustrare
un
trimestre
di
discussioni
e
contumelie
che
si
sono
svolte
intorno
e
contro
«
La
Voce
»
,
a
delizia
degli
sfaccendati
e
per
merito
di
una
teppa
giovanina
organizzata
per
réclame
personale
.
Sopra
tutto
mi
consolano
alcuni
giudizi
del
Serra
su
due
o
tre
uomini
che
stimo
.
Chiedo
perdono
a
quei
nobili
cuori
che
ne
soffriranno
.
g
.
d
.
r
.
Mio
caro
De
Robertis
,
...
È
curioso
come
la
nuova
«
Voce
»
abbia
avuto
tanto
potere
di
irritazione
sopra
quella
gente
di
Roma
:
peccato
non
poterci
capitare
,
come
speravo
,
alla
fin
del
mese
;
mi
sarei
goduta
una
commedia
deliziosa
,
per
un
pomeriggio
,
all
Aragno
.
Con
tanto
più
gusto
,
in
quanto
hanno
tirato
in
ballo
anche
me
,
da
un
po
di
tempo
,
e
il
mio
volumetto
,
come
un
pretesto
per
dare
addosso
a
voi
,
e
a
quelli
,
in
generale
,
di
Firenze
.
Quando
penso
che
se
c
è
un
peccato
,
in
quelle
pagine
,
è
quello
di
non
aver
voluto
prender
di
fronte
,
come
si
meritavano
,
proprio
e
soli
quei
pochi
scrittori
che
esistono
per
me
:
e
fra
quei
pochi
Papini
e
Soffici
,
prima
di
tutti
,
forse
.
Come
ho
sentito
questo
rimorso
a
legger
via
via
in
questi
mesi
tutte
quelle
mezze
stroncature
dispettose
e
stitiche
delle
«
Cento
pagine
»
e
dell
«
Arlecchino
»
e
del
«
Giornale
»
:
per
una
volta
che
mi
era
capitata
l
occasione
di
dire
una
verità
,
che
sarebbe
stata
una
gioia
per
me
e
un
dispiacere
per
tante
care
persone
,
me
la
sono
lasciata
sfuggire
come
uno
sciocco
.
Pazienza
.
Chissà
che
non
torni
!
Intanto
devo
contentarmi
di
sentir
dire
che
Soffici
è
«
materiale
»
o
che
Papini
è
«
frammentario
»
e
«
stravagante
»
:
e
anche
questo
mi
diverte
:
con
una
gioia
di
cristiano
che
fa
penitenza
e
mortificazione
.
Giustissimo
.
E
io
ne
ho
detto
bene
,
perché
siamo
amici
,
e
poi
perché
sono
agli
stipendi
della
Libreria
della
«
Voce
»
.
Più
giusto
ancora
.
Così
sconto
un
altro
peccato
,
che
non
è
di
ieri
:
di
aver
voluto
sempre
coltivare
,
nei
miei
rapporti
con
la
«
Voce
»
e
col
gruppo
fiorentino
,
piuttosto
che
la
simpatia
naturale
e
sincera
nell
animo
,
e
per
tutte
le
cose
essenziali
,
le
differenze
e
le
resistenze
,
con
una
cura
di
esattezza
,
che
confinava
con
l
ingiustizia
.
Ma
sarebbe
tutta
una
storia
e
non
è
tempo
da
raccontarla
:
bisognerebbe
anche
spiegare
in
che
senso
e
con
che
animo
mi
sia
chiuso
lungamente
in
una
sorta
di
prigione
di
letteratura
provinciale
e
di
modestia
e
di
ossequio
umanisticamente
preciso
,
che
era
piuttosto
che
una
forma
naturale
,
una
dissimulazione
e
una
difesa
provvisoria
dell
animo
insofferente
,
desideroso
di
salvare
insieme
la
sua
negligenza
del
presente
e
la
sua
libertà
dell
avvenire
.
Se
stampassi
le
mie
pagine
carducciane
,
dovrei
raccontare
un
capitolo
di
questa
storia
:
anche
il
mio
carduccianesimo
non
è
stato
che
una
superstizione
volontaria
,
in
cui
mi
piaceva
insieme
di
nascondere
e
di
coltivare
sotto
la
specie
dell
umiltà
il
mio
diritto
all
eresia
.
È
lo
stesso
gusto
ironico
che
mi
porta
comunemente
nelle
mie
relazioni
cogli
uomini
,
e
anche
con
le
donne
,
a
concedere
a
me
stesso
un
diritto
di
amore
e
di
stima
,
che
non
so
ammettere
negli
altri
verso
di
me
.
Così
mi
è
accaduto
con
Prezz
.
e
con
gli
altri
,
per
molto
tempo
:
fin
da
quando
Prezz
.
mi
conobbe
la
prima
volta
attraverso
l
amicizia
di
Ambrosini
,
se
ben
ricordo
,
e
mi
venne
a
cercare
con
una
generosità
,
a
cui
io
mi
credetti
in
obbligo
di
rispondere
con
una
negligenza
annoiata
e
chiusa
;
e
poi
sempre
stimando
molto
lui
e
gli
altri
,
con
amicizia
e
gratitudine
,
non
mi
sono
curato
di
averne
da
loro
nessun
contraccambio
;
anzi
mi
riusciva
strano
quello
che
pur
mi
veniva
gratuitamente
,
e
mi
piaceva
nei
miei
rapporti
con
loro
di
esagerare
il
«
passatismo
»
e
l
umanesimo
e
tutti
i
particolari
dell
educazione
letteraria
,
che
pur
ci
distinguevano
,
fino
a
farne
un
principio
assoluto
di
irritazione
quasi
e
di
ostilità
.
Avevo
ragione
dal
mio
punto
di
vista
;
di
uomo
sincero
che
non
vuol
esser
tenuto
da
più
di
quel
che
vale
,
e
sopra
tutto
di
quel
che
fa
:
non
potevo
confondermi
io
,
letterato
per
combinazione
e
senza
nessuna
certezza
,
né
d
ingegno
né
di
propositi
,
con
gente
che
dell
arte
e
della
vita
spirituale
faceva
la
ragione
vera
dell
esistenza
:
avevo
ragione
anche
di
salvare
e
di
godere
la
mia
diversità
.
Ma
certo
,
per
quel
che
sono
i
rapporti
pratici
,
avrei
potuto
star
più
vicino
a
quelli
che
in
fondo
erano
i
soli
giovani
che
potevo
stimare
,
e
parlare
con
loro
e
vivere
nello
stesso
mondo
.
Invece
,
son
rimasto
lontano
:
spingendo
il
partito
preso
fino
al
punto
di
ignorare
per
anni
ed
anni
quasi
completamente
Papini
e
le
sue
cose
;
non
già
per
disprezzo
;
ma
così
,
perché
l
occasione
l
aveva
portato
,
e
io
non
cercavo
altro
.
In
quanto
al
volumetto
poi
,
posso
dire
che
nello
scriverlo
il
mio
atteggiamento
non
cambiava
;
anzi
!
Ricordo
di
averne
discusso
,
prima
di
scrivere
,
con
Prezzolini
,
pigliando
gusto
io
ad
accentuare
quasi
fino
alla
mistificazione
il
mio
«
rôle
»
di
lettore
dilettante
,
inetto
così
a
riconoscere
come
ad
apprezzare
i
tentativi
di
novità
e
i
progressi
dell
ultima
generazione
;
e
lui
si
arrabbiava
sul
serio
,
difendendo
in
sé
e
nei
suoi
amici
le
sue
cose
più
care
,
contro
la
mia
ingiustizia
per
proposito
.
Scrivendo
non
cambiai
nulla
:
e
posso
dire
che
ebbi
quasi
uno
scrupolo
meticoloso
di
esprimere
il
mio
giudizio
,
che
allo
stringer
dei
conti
non
poteva
esser
altro
che
di
ammirazione
e
di
simpatia
,
su
Papini
e
Soffici
,
e
gli
altri
minori
,
in
una
forma
imbarazzata
da
tante
attenuazioni
e
riserve
da
non
meritare
nessuna
gratitudine
.
Una
simpatia
difficile
e
antipatica
,
se
si
può
dire
:
il
contrario
dell
ossequio
e
della
giustizia
benevola
,
che
ho
reso
ad
altri
piuttosto
per
sforzo
di
buona
volontà
,
e
in
fondo
per
disprezzo
.
Supponevo
anche
che
le
mie
parole
non
potessero
interessarli
molto
,
e
in
genere
che
di
me
non
dovessero
fare
nessun
conto
:
e
mi
sarebbe
seccato
imbarazzar
qualcuno
con
delle
lodi
,
che
dovessero
mai
riuscirgli
obbligo
di
qualche
compenso
.
Inoltre
,
c
era
la
necessità
prima
,
del
tono
e
della
banalità
che
bisognava
mantenere
nel
libro
,
almeno
in
apparenza
.
Ciò
m
imponeva
di
non
mostrare
di
pigliar
troppo
sul
serio
della
gente
che
il
pubblico
borghese
prende
sul
serio
,
sì
,
ma
senza
accorgersene
:
così
io
mi
dovevo
guadagnare
il
diritto
di
prenderli
sul
serio
con
una
certa
disinvoltura
sprezzante
di
linguaggio
e
di
modi
.
In
fondo
,
qualche
cosa
di
giusto
,
o
,
se
vuoi
,
di
sincero
,
è
venuto
fuori
lo
stesso
.
Tutte
le
mie
reticenze
stilistiche
non
son
bastate
a
nascondere
il
mio
sentimento
di
certe
qualità
profonde
e
schiette
di
quelli
scrittori
,
che
io
amo
.
E
anche
nel
mio
riassunto
così
volontariamente
scolorito
e
ristretto
,
le
personalità
vere
e
più
nuove
spiccano
,
bene
o
male
,
sulla
folla
delle
maschere
e
delle
comparse
.
Ma
io
ne
ho
colpa
meno
di
tutti
.
Se
mai
,
avrei
la
colpa
di
essermi
divertito
troppo
a
giocare
di
mezze
tinte
e
di
sfumature
verbali
,
per
dare
alla
verità
il
sapore
del
luogo
comune
e
della
banalità
dietro
la
quale
mi
era
permesso
cercare
per
mio
gusto
e
senza
dar
nell
occhio
qualche
accento
più
preciso
e
più
ricco
di
espressione
.
(
La
colpa
principale
era
poi
di
avere
accettato
di
scrivere
un
volume
su
quel
soggetto
,
e
con
quei
limiti
:
io
.
Sapendo
che
non
avrei
potuto
né
compromettermi
intero
,
né
sottrarmi
del
tutto
a
ogni
responsabilità
personale
con
una
cronaca
puramente
commerciale
e
anonima
.
Avevo
creduto
di
giustificarmi
davanti
a
me
stesso
,
dicendo
:
faccio
un
volumetto
tanto
per
provare
,
e
per
prendere
quelle
duecentolire
:
e
il
volumetto
non
deve
significare
altro
che
questo
e
poi
m
è
capitato
di
consumare
non
so
quanti
mesi
per
limare
e
assottigliare
e
ridurre
nei
termini
modesti
del
discorso
comune
le
impressioni
che
mi
si
presentavano
naturalmente
troppo
vivaci
e
prolisse
;
personali
,
insomma
.
E
con
tutta
questa
fatica
non
mi
è
riuscito
di
sfuggire
l
equivoco
)
.
Ricordo
che
capitando
a
Firenze
,
dopo
aver
passato
qualche
giorno
con
voi
,
ebbi
qualche
rimorso
,
pensando
a
quello
che
avevo
scritto
,
di
non
essere
stato
abbastanza
netto
nell
espressione
di
certi
giudizi
e
nella
graduazione
di
certi
valori
(
potrei
dire
anche
di
te
,
per
es
.
;
che
,
perché
avevi
parlato
troppo
bene
di
me
,
io
volli
essere
più
misurato
e
più
stretto
nel
farti
un
posto
)
.
Ma
non
volli
correggere
nulla
lo
dissi
anche
allora
,
a
te
,
se
non
erro
;
per
un
certo
scrupolo
;
non
piacendomi
,
fra
l
altro
,
che
un
episodio
fortuito
come
un
viaggio
e
una
conversazione
,
dovesse
portare
miglioramento
a
pagine
che
erano
nate
con
un
difetto
d
origine
.
E
lasciai
le
cose
com
erano
;
senza
aggiungere
nulla
per
Linati
,
che
avevo
avuto
il
torto
di
non
saper
scoprire
io
da
prima
;
senza
ritoccar
troppo
la
figura
di
Papini
.
che
pure
avevo
avuto
il
torto
di
scoprire
troppo
in
ritardo
e
di
sghembo
,
dall
Uomo
finito
,
e
da
un
ricordo
confuso
dei
pezzi
lirici
sulla
«
Voce
»
,
che
rilessi
e
apprezzai
pienamente
quando
tu
me
li
mandasti
,
in
seguito
.
Tutta
questa
può
essere
una
chiacchierata
un
po
oziosa
.
Me
n
accorgo
dopo
che
ci
son
dentro
;
ed
è
tardi
per
rimediare
.
Prendila
soltanto
come
un
pretesto
per
passare
un
po
di
tempo
insieme
;
allora
,
tutte
le
chiacchiere
son
buone
.
Poi
,
il
principio
da
cui
son
partito
era
legittimo
.
Era
,
lo
ripeterò
per
conclusione
,
il
rammarico
di
non
aver
detto
chiaro
e
per
disteso
quello
che
sento
di
Papini
e
di
Soffici
;
in
paragone
anche
con
gli
altri
giovani
che
scrivono
e
che
m
interessano
come
Linati
e
Baldini
.
Questo
sopra
tutto
mi
piace
,
da
un
po
di
tempo
.
Ma
quando
sento
scoprire
in
quella
sua
facilità
e
sensualità
sinuosa
che
non
arriva
al
suono
pieno
e
al
colore
puro
,
ma
pur
raggiunge
una
certa
felicità
secondaria
,
di
consapevolezza
e
di
equilibrio
interno
,
con
gioco
di
luci
e
di
pause
e
di
risposte
(
io
trovo
in
quel
gioco
qualche
cosa
che
somiglia
a
me
o
almeno
,
a
tentativi
che
io
conosco
per
esperienza
mia
)
un
valore
di
novità
e
di
«
spiritualità
»
da
opporre
,
poniamo
,
alle
impressioni
di
Soffici
,
come
una
qualità
superiore
;
allora
mi
vien
voglia
di
far
capire
una
buona
volta
a
questo
branco
di
beoti
come
anche
nella
più
sciolta
e
abbandonata
e
lazzarona
frase
di
Soffici
ci
sia
tanto
di
potenza
espressiva
,
e
di
purificazione
,
ossia
concentrazione
e
creazione
e
insomma
spiritualità
,
da
far
le
spese
a
non
so
quante
colonne
cincischiate
e
ricamate
di
altri
.
Forse
che
un
accento
solo
di
novità
vera
non
vale
tutta
una
serie
di
modulazioni
?
Così
come
c
è
più
spirito
nella
bestemmia
di
un
ragazzo
maleducato
che
in
tutto
lo
«
spiritualismo
»
confettato
e
interessato
di
un
vecchio
filosofo
di
mestiere
!
Ma
anche
codesta
è
tutta
una
questione
,
da
riprendere
a
miglior
tempo
;
che
lo
meriterebbe
.
Dico
della
questione
,
se
ci
sia
realmente
nella
nostra
prosa
e
nelle
nostre
voci
liriche
un
progresso
e
un
arricchimento
,
nel
senso
di
quella
che
un
Bellonci
chiamerebbe
coscienza
delle
«
pause
»
e
del
«
ritmo
interno
»
;
oppure
spiritualità
.
Credo
veramente
che
ci
sia
.
Ma
bisogna
renderne
conto
più
esatto
;
e
non
credere
che
sia
una
cosa
nuova
,
nostra
.
E
poi
,
bisogna
mostrare
che
questo
progresso
è
un
po
in
tutti
;
senza
possibilità
di
distinguere
,
o
peggio
,
di
ritenere
inferiori
,
quelli
che
hanno
raggiunto
una
felicità
più
immediata
e
semplice
come
appunto
Papini
e
Soffici
in
paragone
di
quelli
che
devono
contentarsi
di
qualche
effetto
più
industrioso
e
in
apparenza
!
più
raro
,
o
addirittura
si
dibattono
ancora
in
un
travaglio
iniziale
,
con
un
tormento
che
può
apparire
più
ricco
di
possibilità
in
una
forma
astratta
ed
elementare
,
in
cui
la
difficoltà
e
la
pena
rappresentano
una
sorta
di
grandezza
scontata
prima
d
esser
posseduta
...
StampaPeriodica ,
In
queste
ultime
settimane
si
è
acuito
più
che
mai
l
'
interesse
del
pubblico
italiano
attorno
al
grave
problema
dei
cambi
...
S
'
incontra
un
cialtrone
qualsiasi
,
squattrinato
e
imbelle
,
e
ti
dice
con
quel
certo
sussiego
enigmatico
,
proprio
dei
miliardari
colpiti
nel
vivo
da
un
rigido
provvedimento
fiscale
o
da
un
mal
riuscito
gioco
di
Borsa
:
-
Hai
visto
il
Cambio
?
-
E
sono
,
per
lo
più
,
queste
amabili
persone
che
sostano
davanti
alle
vetrine
dei
banchieri
,
le
medesime
che
si
smusano
sui
sommari
dei
giornali
provinciali
,
che
fan
ressa
davanti
alle
Corti
di
Assise
,
che
si
meravigliano
davanti
al
pittore
monco
che
dipinge
sul
marciapiede
e
al
saltimbanco
mangiaspade
,
che
si
logorano
a
guardare
i
fogli
da
mille
esposti
dal
cambiavalute
e
dicono
al
vicino
:
-
Ci
vorrebbero
,
ma
nelle
nostre
tasche
-
,
che
si
recano
alla
benedizione
per
ingannare
il
tempo
fino
all
'
ora
di
cena
,
e
mettono
in
cima
a
tutti
i
loro
pensieri
lo
svaghetto
della
sabatana
coniugale
.
E
si
incontra
anche
il
pingue
borghese
-
pingue
di
biglietti
da
mille
e
di
possessioni
varie
e
pingue
anche
nell
'
epa
-
e
che
magari
si
fregia
di
un
distintivo
fascista
ampio
come
uno
scudo
-
più
grande
il
distintivo
minore
la
fede
!
-
e
ti
insinua
tra
il
sospiroso
e
il
circospetto
:
-
Hai
visto
dove
è
arrivata
la
sterlina
?
Giuro
che
non
vorrei
essere
nei
panni
di
Mussolini
...
Speriamo
che
non
si
prepari
un
cataclisma
...
E
tutti
i
pavidi
,
gli
affaristi
,
gli
indovini
,
i
simoniaci
,
anche
dopo
il
lapidario
discorso
del
Duce
all
'
inaugurazione
all
'
Istituto
dell
'
Esportazioni
,
ciondolano
qua
e
là
la
testa
come
cani
incimurriti
e
guaiscono
:
-
Avete
visto
?
sentito
?
-
Nei
caffè
,
negli
alberghi
,
nei
ritrovi
diurni
e
notturni
,
nei
treni
,
in
diligenza
,
essi
,
i
competentoni
in
materia
economica
,
notomizzano
la
bilancia
economica
e
la
bilancia
finanziaria
della
Nazione
,
abburattano
parole
su
parole
sulle
esportazioni
e
le
importazioni
,
sdottoreggiano
intorno
ai
provvedimenti
del
Governo
Nazionale
,
intercalando
ogni
tanto
il
loro
dire
con
dei
si
dice
seguiti
da
ipocrite
diffide
a
non
crederci
,
sottilizzano
sulle
interpretazioni
dei
decreti
e
di
ogni
altro
atto
che
si
riferisca
alle
questioni
del
cambio
e
si
accapannellano
per
bisbigliare
sotto
voce
e
magari
all
'
orecchio
dei
più
semplici
e
creduli
frasi
misteriose
,
per
subito
dopo
dire
forte
gravi
parole
di
riprovazione
per
chi
mette
in
giro
certe
voci
,
per
i
cattivi
italiani
vociatori
,
insulsi
e
canaglie
,
per
i
traditori
del
paese
,
insomma
.
Le
turpi
abitudini
morali
del
passato
riaggallano
oggi
perfino
nell
'
animo
di
molti
fascisti
che
ritengono
di
possedere
,
con
la
tessera
del
Littorio
,
una
sicura
immunità
per
i
loro
pretenziosi
ciangottamenti
,
e
non
si
accorgono
di
essere
due
volte
colpevoli
di
lesa
disciplina
patria
,
in
quanto
servono
con
le
loro
chiacchiere
dissolventi
il
nemico
e
avallano
con
una
millantata
autorità
presso
gli
ingenui
le
più
sciocche
panzane
,
frutto
sovente
di
ciclopica
ignoranza
o
fantastica
efflorescenza
di
cervelli
gretti
,
egoistici
,
incatenati
al
men
indegno
passato
.
C
'
è
però
un
Uomo
in
Italia
che
vive
in
un
'
atmosfera
superiore
e
a
cui
forse
nemmeno
giunge
il
molesto
ronzio
delle
vespe
.
Nella
stagione
in
cui
i
buoni
borghesi
si
danno
vacanza
al
mare
o
ai
monti
,
il
Duce
va
pellegrinando
di
caserma
in
caserma
nella
Capitale
,
e
tiene
sotto
il
suo
sguardo
di
aquilotto
ansioso
di
grandi
voli
i
battaglioni
quadrati
dell
'
esercito
,
gli
avieri
,
i
marinai
...
Intorno
a
Lui
sono
gli
uomini
ferrati
che
condussero
alla
morte
e
alla
gloria
la
nostra
generazione
:
tempre
gagliarde
,
decise
a
tutto
,
e
che
attendono
dal
suo
sguardo
il
comando
che
spinge
ad
ogni
ardimento
.
E
tutti
gli
italiani
non
infrolliti
attendono
parole
,
che
abbiano
altro
metallo
di
quelle
dei
frodatori
sul
rialzo
e
sul
ribasso
,
e
dei
tepidi
patrioti
che
condizionano
la
loro
fede
e
il
loro
entusiasmo
ai
successi
dei
loro
traffici
.
A
costoro
abbiamo
voglia
di
dire
:
alzate
il
capo
pesante
di
numeri
e
di
cabale
verso
quest
'
Uomo
e
tacete
,
ché
tutte
le
vostre
farneticazioni
possono
essere
spolverate
da
una
sua
parola
e
da
un
suo
comando
!
StampaPeriodica ,
Il
momento
ed
il
terreno
per
lanciare
un
nuovo
tipo
di
abbigliamento
maschile
(
l
abbigliamento
del
XX
secolo
fascista
e
romano
)
è
ormai
abbastanza
preparato
.
Ora
bisogna
dunque
tentare
e
,
sopratutto
,
cominciare
.
Non
abbiamo
noi
la
pretesa
né
di
presentare
dei
figurini
né
di
lanciare
concrete
proposte
anche
nei
dettagli
.
Sono
,
queste
,
cose
che
non
si
possono
realizzare
che
dopo
uno
studio
generale
e
comune
fra
tutti
i
sarti
e
tutti
gli
artisti
che
di
moda
si
interessano
.
Stivaloni
o
pantaloni
lunghi
?
Giacche
a
un
petto
o
a
due
petti
?
Colori
accesi
oppure
colori
smorti
?
Cappelli
con
ala
o
con
visiera
?
Caschi
o
berretti
?
Ripetiamo
:
questo
non
è
affar
nostro
.
Si
tenti
e
,
sopratutto
,
si
cominci
a
"
sborghesire
"
gli
attuali
indumenti
e
a
dar
loro
quel
senso
moderno
ed
attuale
della
nuova
epoca
che
poco
prima
ci
siamo
sforzati
di
esprimere
.
A
noi
preme
invece
un
'
altra
cosa
.
Noi
viviamo
in
un
'
epoca
corporativa
,
la
quale
è
un
'
epoca
di
militarizzazione
permanente
civile
.
Tutti
i
cittadini
sono
divisi
in
organizzazioni
e
categorie
a
seconda
della
professione
che
esercitano
.
Con
un
tipo
di
abito
alla
militare
si
potrebbero
,
su
esso
,
applicare
i
distintivi
od
i
colori
della
rispettiva
arte
cui
ognuno
appartiene
.
Anche
nella
vita
privata
e
comune
,
anche
nelle
cose
esteriori
la
nuova
organizzazione
politica
e
sociale
del
Fascismo
troverebbe
così
la
sua
armonica
e
completa
applicazione
e
il
popolo
si
sentirebbe
inquadrato
in
maniera
più
forte
e
formale
,
sempre
dominato
(
ciò
che
più
importa
)
da
una
severa
legge
di
disciplina
,
di
autocontrollo
e
di
onore
che
,
con
l
'
abito
borghese
,
manca
quasi
del
tutto
.
In
maniera
più
fluida
ed
acuta
penetrerebbe
nelle
vene
di
ciascun
uomo
un
maggior
amore
per
la
propria
professione
,
un
più
spiccato
senso
di
solidarietà
ed
una
più
intima
comprensione
che
la
vita
è
disciplina
e
"
clima
duro
.
"
Questa
,
della
distinzione
continua
e
formale
sugli
abiti
dell
'
arte
o
mestiere
cui
si
appartiene
,
non
è
una
novità
.
Se
non
erriamo
,
anche
in
antico
,
all
'
epoca
delle
corporazioni
comunali
,
ogni
arte
e
professione
aveva
una
sua
speciale
maniera
di
distinguersi
con
l
'
abbigliamento
;
distinzione
magari
espressa
da
un
colore
o
da
una
particolare
foggia
dell
'
abito
o
del
berretto
.
Lo
speziale
era
sempre
distinguibile
dall
'
uomo
di
penna
,
il
magistrato
dal
mercante
e
lo
studente
dal
giovane
già
entrato
in
una
carriera
.
Un
'
altra
cosa
ancora
.
Il
P
.
N
.
F
.
,
con
una
recente
deliberazione
,
ha
istituito
la
divisa
invernale
del
fascista
.
L
'
esigere
da
tutti
obbedienza
a
questa
disposizione
è
cosa
piuttosto
difficile
perché
urtante
con
difficoltà
di
ordine
finanziario
.
Facendo
venire
di
moda
un
abbigliamento
rispondente
alle
peculiari
caratteristiche
della
nuova
epoca
,
la
divisa
sarebbe
già
bella
e
pronta
e
non
resterebbe
che
far
aggiungere
uno
speciale
distintivo
e
,
per
i
gerarchi
,
il
segno
del
loro
grado
.
Opinioni
?
Idee
azzardate
?
Può
anche
darsi
.
Distintivi
di
divisa
e
di
corporazione
o
sindacato
sono
tutte
cose
secondarie
.
L
'
essenziale
è
,
invece
,
che
la
moda
cambi
,
che
si
evolva
,
che
si
avvicini
,
si
impersoni
e
si
identifichi
con
la
nuova
epoca
che
noi
Italiani
abbiamo
inaugurato
ed
esportato
.
Il
popolo
e
l
'
umanità
hanno
bisogno
di
questa
evoluzione
ed
assai
più
di
quello
che
a
prima
vista
non
lo
si
creda
.
L
'
uomo
checché
se
ne
dica
è
schiavo
del
suo
abito
.
L
'
abito
lo
domina
:
e
lo
domina
e
lo
plasma
secondo
il
carattere
da
esso
abito
espresso
.
Lo
ambienta
infine
a
sé
medesimo
;
basta
osservare
il
contegno
,
lo
spirito
ed
il
passo
dello
stesso
uomo
oggi
in
borghese
e
domani
in
divisa
,
vestito
da
passeggio
oppure
da
sera
.
Gli
italiani
nuovi
devono
vivere
come
gli
eroi
;
se
non
tutti
con
i
loro
gesti
magnanimi
il
che
è
impossibile
almeno
con
i
loro
pensieri
e
con
i
loro
desideri
.
Essere
cioè
eroi
almeno
con
lo
stile
,
il
quale
molto
spesso
è
l
'
anticamera
della
sostanza
...
StampaPeriodica ,
La
musica
alla
"
jazz
band
,
"
con
tutti
i
suoi
contorsionismi
e
tutti
i
suoi
languori
strumentali
è
quanto
di
più
carnascialesco
,
orgiatico
e
molle
si
possa
immaginare
.
Sa
il
pubblico
anche
il
pubblico
morigerato
,
quello
che
accompagna
le
proprie
figliole
agli
onesti
divertimenti
quale
è
l
'
origine
,
lo
scopo
e
il
significato
di
questa
musica
moderna
?
Non
lo
crediamo
.
Il
gran
pubblico
di
buoni
costumi
quello
ingenuo
,
di
quella
dolce
ingenuità
che
vede
il
peccato
solo
quando
lascia
la
sua
macchia
di
unto
o
un
po
'
di
zolfo
infernale
forse
la
crede
un
"
tam
tam
"
di
selvaggi
suonato
prima
della
battaglia
.
Nossignori
,
invece
:
nulla
di
tutto
ciò
.
Il
motivo
battezzato
alla
"
jazz
band
"
non
è
altro
che
la
rappresentazione
musicale
dell
'
amore
libero
e
selvaggio
.
La
"
rumba
"
?
Con
una
di
queste
musiche
i
barbari
danzano
oscenissime
danze
maschi
e
femmine
,
nudi
,
completamente
nudi
,
in
doppia
riga
,
una
di
fronte
all
'
altra
in
una
plastica
rappresentazione
di
ciò
che
comunemente
,
fra
gente
civile
,
avviene
tra
ben
chiuse
pareti
domestiche
.
Non
siamo
né
vecchi
né
moralisti
,
né
abbiamo
fatto
le
istitutrici
in
un
educandato
britannico
.
Tutt
'
altro
,
anzi
.
Abbiamo
però
una
coscienza
morale
ed
una
dose
di
buon
senso
,
le
quali
cose
ci
fanno
vedere
e
capire
molti
aspetti
della
vita
che
alla
maggioranza
possono
trascorrere
via
completamente
inosservati
.
È
la
musica
un
semplice
sollazzo
delle
orecchie
?
Non
ci
pare
.
Tutte
le
volte
che
abbiamo
udita
anche
una
semplice
fanfara
noi
abbiamo
sentito
come
svegliarsi
qualcosa
nelle
più
profonde
latebre
dell
'
animo
ed
un
sentimento
,
un
desiderio
,
un
trasporto
prenderci
tutti
e
dominarci
.
La
musica
è
come
un
liquore
che
inebria
sensi
e
cervello
.
Il
"
jazz
"
è
una
musica
grassa
,
una
musica
che
stempra
il
midollo
spinale
,
una
musica
che
suggerisce
mollezze
e
lussurie
e
che
consiglia
assai
più
gli
"
ozi
di
Capua
"
di
Annibalesca
memoria
che
non
la
vita
severa
e
continuamente
lottante
di
un
popolo
civile
e
di
altissimi
sentimenti
quale
il
nostro
,
specie
nelle
attuali
giornate
.
Ecco
:
queste
sono
come
le
due
premesse
di
un
sillogismo
.
Noi
ci
chiediamo
pertanto
cosa
può
fare
di
bene
in
un
popolo
,
messosi
su
un
cammino
di
ascesa
,
tutto
questo
baccanale
scimmiesco
che
idioti
e
snaturati
compositori
si
sono
un
bel
giorno
messi
in
capo
di
rovesciare
a
torrenti
sulle
strade
della
nostra
altissima
civiltà
...
Sì
,
questo
desideriamo
ripeterlo
:
l
'
Italia
è
all
'
avanguardia
in
mille
cose
ma
ha
ancora
nel
suo
grembo
alcuni
anacronismi
che
dovrebbero
essere
tolti
e
,
se
occorre
,
anche
con
forza
di
legge
.
Uno
di
questi
anacronismi
è
dato
appunto
dalla
musica
"
alla
jazz
band
,
"
cioè
da
quella
caratteristica
musica
di
quei
popoli
che
dell
'
amore
ne
fanno
uno
sport
perché
poi
ne
ripudiano
i
frutti
se
non
addirittura
li
sopprimono
come
avviene
in
alcune
tribù
dell
'
Oceano
Pacifico
e
dove
appunto
guarda
combinazione
si
danzano
e
si
suonano
le
migliori
e
più
indiavolate
rumbe
dell
'
universo
.
Prolificità
?
Sissignori
!
Via
allora
anche
la
musica
della
gaudente
sterilità
!
Senza
dubbio
non
è
il
caso
di
drammatizzare
su
cose
quasi
insignificanti
.
Dimenticarle
però
è
assai
peggior
determinazione
che
l
'
esagerarle
...
"
StampaPeriodica ,
Ma
come
si
fabbrica
un
Impero
?
Un
Impero
si
comincia
come
una
casa
:
non
dal
tetto
,
ma
dalle
fondamenta
.
Lo
ricordino
tutti
:
dalle
fondamenta
,
cioè
dal
nulla
.
E
perciò
siano
maledetti
coloro
che
ancora
sussurrano
:
"
Impero
?
Ma
come
lo
volete
fare
l
'
Impero
,
se
ancora
non
avete
i
mezzi
materiali
per
farlo
?
Se
vi
manca
il
ferro
e
il
petrolio
?
"
Costoro
sono
fra
quelli
che
cominciano
le
case
dal
tetto
:
maledetti
.
Noi
oggi
dobbiamo
dunque
creare
queste
fondamenta
.
Ma
dove
le
getteremo
?
Come
e
quali
saranno
esse
?
Eccoci
davanti
al
problema
Africa
.
In
Africa
sono
le
fondamenta
del
nostro
Impero
.
Ivi
,
infatti
,
avremo
un
territorio
,
abbondanti
materie
prime
con
cui
fare
le
armi
ed
essere
indipendenti
,
nuova
possibilità
di
aumentare
il
nostro
numero
,
già
forte
e
cospicuo
,
però
,
sin
d
'
ora
.
Problema
africano
ed
affermazioni
mussoliniane
di
indipendenza
politica
.
Uniscano
gli
italiani
di
buona
coscienza
e
di
aperta
intelligenza
queste
due
cose
e
sappiano
concludere
.
Cosa
è
per
nascere
?
Lo
ripetiamo
:
un
Impero
!
Un
Impero
anzi
è
già
nato
:
perché
prima
della
conquista
è
necessario
affermare
la
volontà
di
tale
conquista
.
E
questa
volontà
,
a
Roma
ed
a
Cagliari
,
è
già
stata
affermata
.
Praticamente
,
sappiano
da
essa
gli
Italiani
immediatamente
imparare
che
noi
non
dobbiamo
più
credere
a
nessuna
amicizia
,
ma
far
tutto
da
soli
.
Essere
cioè
amici
non
per
amare
,
ma
per
guadagnare
.
Anche
questo
è
Impero
:
il
suo
primo
inizio
la
sua
condizione
Imperare
vuoi
dire
infatti
non
servire
,
ma
comandare
!
Non
siamo
ebbri
di
nulla
.
Nessun
vino
di
entusiasmo
ci
annebbia
.
Mai
anzi
,
come
oggi
,
vedemmo
lucido
e
chiaro
nell
'
avvenire
.
Salga
pertanto
,
in
quest
'
ora
così
bella
,
avvampante
e
solare
,
un
grido
giocondo
e
selvaggio
dai
nostri
petti
:
Italiani
,
il
giogo
della
nostra
soggezione
è
rotto
!
Italiani
,
una
nuova
era
comincia
!
Italiani
,
oggi
si
marcia
da
soli
!
Italiani
,
calpestiamo
il
giogo
passato
,
onoriamo
la
nuova
era
di
oggi
e
di
domani
,
protendiamoci
con
tutte
le
armi
,
divinamente
liberi
,
verso
le
grandi
avventure
dell
'
avvenire
!
StampaPeriodica ,
Giulio
Ginnasi
sul
"
Bargello
"
scrive
:
"
I
vecchi
squadristi
oggi
si
riscuotono
lieti
perché
c
'
è
odore
di
battaglia
e
un
nuovo
squadrismo
è
sorto
,
non
certo
meno
rilevante
ed
imponente
di
quello
di
una
volta
:
lo
squadrismo
ch
'
io
oso
chiamare
corporativo
.
Chi
non
sarà
in
linea
non
avrà
mai
più
il
diritto
di
marciare
al
nostro
fianco
né
di
marciare
,
in
ispecie
,
sotto
quei
gagliardetti
che
portano
impressi
i
nomi
dei
nostri
Eroi
.
"
"
Critica
Fascista
"
molto
opportunamente
commenta
:
"
Occhi
aperti
,
dunque
,
e
attenti
a
non
ripetere
molti
errori
dello
squadrismo
della
vigilia
,
quando
successe
che
a
raccogliere
i
frutti
dell
'
ardimento
e
del
sangue
degli
squadristi
vennero
molti
di
quelli
che
erano
rimasti
a
braccia
conserte
o
al
riparo
dai
pericoli
.
"
Molto
bene
entrambi
,
ma
sopratutto
bene
,
benissimo
,
"
Critica
Fascista
.
"
Troppa
,
pericolosamente
troppa
è
la
zavorra
,
anche
con
cariche
ed
incarichi
,
encomi
ed
onorificenze
,
che
ancora
oggi
porta
il
distintivo
all
'
occhiello
mentre
dovrebbe
essere
ai
margini
e
qualcuno
forse
a
meditare
sul
sole
a
scacchi
.
È
però
inutile
prendersela
troppo
a
cuore
:
sempre
,
i
veri
cavalieri
dell
'
ideale
in
quanto
a
capacità
privata
utilitaria
sono
stati
dei
fessi
.
Solo
l
'
uomo
nudo
è
veramente
eroe
:
e
dalla
nudità
in
tempo
di
pace
si
può
conoscere
quelli
che
sono
stati
condottieri
in
tempo
di
guerra
!
StampaPeriodica ,
Chi
è
Pirandello
?
Abbiamo
promesso
di
non
falsare
le
carte
in
tavola
,
non
le
falseremo
.
Pirandello
ha
rappresentato
e
rappresenta
un
momento
glorioso
del
teatro
italiano
.
Senza
di
lui
il
nostro
palcoscenico
,
da
oltre
vent
'
anni
,
non
avrebbe
visto
altro
che
una
miserevole
poltiglia
di
piccoli
drammi
senza
arte
né
fascino
o
nervo
.
Vi
è
nell
'
arte
di
questo
scrittore
una
grandezza
ed
una
bellezza
,
più
esattamente
forse
una
genialità
,
che
noi
per
primi
riconosciamo
ed
onoriamo
.
Pirandello
non
fa
però
parte
del
nostro
clima
,
del
nostro
tempo
,
della
nostra
passione
rivoluzionaria
.
Non
sappiamo
davvero
anche
se
come
uomo
,
ma
certo
ed
indubbio
come
scrittore
.
Di
fronte
a
tale
constatazione
,
frutto
di
istinto
e
di
ragionamento
nello
stesso
tempo
,
non
possiamo
rinunciare
alla
nostra
insurrezione
verso
di
lui
.
Per
Pirandello
il
mondo
si
è
fermato
alla
vigilia
della
guerra
.
Le
idee
di
questo
mondo
,
per
lui
,
non
hanno
più
camminato
,
i
sentimenti
,
gli
orgogli
,
gli
impeti
,
le
passioni
sono
rimasti
immobili
al
livello
giolittiano
,
dell
'
Italia
giolittiana
che
non
voleva
la
guerra
,
metteva
in
berlina
l
'
eroismo
,
rinunciava
all
'
impero
perché
impero
significa
sacrificio
...
È
questo
il
Pirandello
che
noi
chiamiamo
nemico
della
Rivoluzione
e
quindi
anche
nostro
.
Fra
la
sua
ani
-
ma
e
quella
di
noi
,
generazione
fascista
,
vi
è
un
abisso
.
Lui
è
ancora
in
mezzo
al
cerebralismo
,
schiavo
,
vittima
e
poeta
di
questo
,
noi
siamo
invece
meno
alti
ma
perciò
più
profondi
;
noi
siamo
nell
'
intimo
dell
'
anima
umana
che
soffre
ben
altri
drammi
ed
è
combattuta
da
ben
altre
guerre
che
quelle
pirandelliane
fatte
di
ombre
,
che
aspira
a
ben
altre
cose
,
che
ha
bisogno
di
vincere
e
vivere
non
di
ricette
astratte
,
ma
di
forza
e
fede
:
forza
e
fede
umane
.
Non
solo
.
Tutto
il
pensiero
pirandelliano
è
ancora
individualista
,
è
il
capolavoro
,
non
solo
italiano
ma
mondiale
,
dell
individualismo
.
Noi
fascisti
siamo
invece
tutti
dominati
,
tutti
presi
,
tutti
commossi
da
una
idea
di
popolo
e
prima
ancora
che
da
una
tale
idea
,
sopra
di
questa
,
siamo
esaltati
da
un
sogno
di
impero
per
il
quale
occorre
la
fusione
perfetta
dell
'
uomo
singolo
e
della
massa
:
aristocrazia
che
combattendo
conduce
e
popolo
che
seguendo
combatte
al
pari
.
Noi
fascisti
siamo
per
il
combattimento
,
siamo
per
la
guerra
,
siamo
per
l
'
eroismo
,
siamo
tutti
per
un
senso
di
umanità
piena
,
spirito
e
carne
,
che
deve
salire
,
conquistare
,
vincere
qualcosa
che
è
in
noi
stessi
e
fuori
di
noi
stessi
,
che
è
privatamente
,
singolarmente
,
individualisticamente
nostro
e
nello
stesso
tempo
di
tutti
:
dei
camerati
,
del
popolo
,
della
storia
:
la
grandezza
di
quella
grande
immensa
unica
unità
e
famiglia
terrena
che
nella
mente
del
Pirandello
,
aristocrate
della
democrazia
,
non
è
mai
passata
:
la
Patria
,
una
Patria
non
idea
astratta
da
poeti
,
ma
realtà
continuamente
vivente
e
di
continuo
vissuta
non
solo
dai
poeti
,
ma
anche
dagli
operai
,
dai
contadini
,
dai
soldati
.
Ecco
il
distacco
fra
noi
(
la
nostra
epoca
)
e
il
grande
Pirandello
.
Grande
senza
ironia
.
Come
semplice
artista
,
tornitore
di
frasi
,
dominatore
perfetto
della
logica
(
logica
sua
,
naturalmente
)
e
del
sillogismo
,
ragionatore
dal
metodo
solido
,
limpido
,
persuasivo
,
sintetico
,
noi
possiamo
salutarlo
come
uno
dei
nostri
,
o
quasi
.
Come
pensatore
,
invece
,
assolutamente
non
ci
è
possibile
catalogarlo
né
tra
la
vecchia
né
tra
la
nuova
guardia
fascista
.
Né
ci
si
dica
che
la
sua
è
una
satira
.
È
un
satireggiare
allora
con
troppa
compiacenza
.
È
antifascista
Pirandello
?
Sebbene
intorno
al
1930
o
'31
abbia
accordato
una
intervista
nella
quale
annunciava
la
sua
partenza
per
l
'
America
onde
poter
finalmente
scoprire
una
vera
gioventù
(
!
?
!
)
,
a
noi
il
fatto
di
un
suo
antifascismo
politico
personale
,
qualora
ancora
dovesse
esistere
,
(
e
bisognerebbe
provarlo
)
in
questo
momento
non
ci
interessa
affatto
.
Può
essere
anche
non
solo
un
fascista
,
ma
un
fascistone
,
un
fasciatissimo
come
tanti
ve
ne
sono
,
di
super
-
commendatori
,
ad
ogni
passo
,
con
pancetta
ed
un
fervorino
sempre
pronto
sulla
punta
de
la
lingua
:
è
certo
che
come
scrittore
e
pensatore
di
libri
e
di
drammi
non
è
fascista
perché
afascista
.
Essendo
afascista
,
è
inutile
oggi
anno
XIII
voler
sofisticare
,
è
un
antifascista
anche
se
,
come
lo
speriamo
,
non
intenzionalmente
...
StampaPeriodica ,
Quello
ch
'
è
diventato
il
grido
della
nostra
Rivoluzione
,
il
grido
della
nuova
stirpe
risorta
per
volontà
d
'
un
Uomo
sulle
orme
incancellabili
di
Roma
;
quel
grido
suggellato
col
sangue
e
consacrato
dal
sangue
,
quel
grido
che
erompendo
come
un
ruggito
da
mille
e
mille
petti
seppe
incitare
e
trascinare
a
tutte
le
imprese
ed
abbattere
tutti
gli
ostacoli
,
quel
grido
che
appena
udibile
nell
'
incalzante
imperio
della
morte
fu
l
'
ultimo
addio
sulle
labbra
di
tante
giovinezze
sacrificatesi
;
quel
grido
,
non
poteva
essere
il
risultato
di
una
fredda
elucubrazione
d
'
etimologo
,
la
riesumazione
da
indecifrabili
e
muffosi
papiri
.
Più
vibrante
e
più
ardente
natale
doveva
avere
,
e
lo
ebbe
.
Fu
concepito
in
una
notte
di
agosto
guerriero
sotto
la
più
pura
e
la
più
bella
volta
stellata
,
nella
immensità
vigile
e
serena
d
'
un
campo
di
guerra
,
accanto
a
macchine
pulsanti
già
apparecchiate
ad
una
impresa
arditissima
,
innanzi
ad
un
gruppo
di
uomini
arditissimi
:
ed
uscì
luminoso
e
armonioso
dal
cuore
e
dalla
spontaneità
d
'
un
uomo
arditissimo
,
poeta
e
guerriero
Gabriele
d
'
Annunzio
.
Ha
una
etimologia
la
parola
"ALALA."
"
Allora
,
"
dice
il
poeta
,
"
di
improvviso
,
non
dalle
mie
memorie
di
scuola
,
ma
dalla
mia
oscurità
più
profonda
,
sorse
l
'
altro
grido
che
mi
attraversò
il
petto
come
un
guizzo
di
strale
"
:
il
grido
che
ha
il
sentore
di
tutti
gli
spazii
e
di
tutte
le
immensità
,
di
tutto
ciò
che
è
glorioso
e
arditamente
osabile
;
il
grido
che
ha
l
'
aspro
sapore
delle
marine
...
Ma
lasciamo
per
intiero
al
Poeta
descrivere
,
colla
sua
parola
,
il
sorgere
di
questo
grido
.
È
la
notte
del
9
agosto
1917
,
nel
campo
della
Comina
,
in
quel
Friuli
,
Olocausto
d
'
Italia
,
che
soffrì
l
'
amarezza
della
dominazione
nemica
,
per
far
più
alta
sentire
nel
risentimento
la
vergogna
dell
'
onta
e
più
alto
il
bisogno
del
riscatto
.
"
I
meccanici
,
"
racconta
il
Poeta
,
"
avevano
già
mosso
le
eliche
.
Le
fiamme
verdi
rosse
azzurre
gialle
,
versicolori
come
il
velo
d
'
Iride
,
già
irrompevano
dai
tubi
di
scarico
.
La
bellezza
crinita
dei
velivoli
si
accendeva
nell
'
afa
buia
.
Tutti
avevano
già
le
loro
trecce
di
fuoco
,
avevano
già
la
loro
pulsazione
di
folgore
.
A
ogni
tratto
i
miei
compagni
impazienti
,
superando
il
rombo
,
mi
gettavano
l
'
urrà
,
mi
scagliavano
l
'
urlo
barbarico
che
ci
venne
dalla
patria
degli
ukase
,
e
che
è
la
benedizione
del
pontefice
moscovita
.
Scotevo
la
testa
,
minacciavo
con
la
mano
.
Si
ostinavano
.
Allora
d
'
improvviso
,
non
dalla
mia
memoria
di
scuola
,
ma
dalla
mia
oscurità
più
profonda
,
sorse
l
'
altro
grido
attraversò
il
petto
come
un
guizzo
di
strale
.
'Compagni.'
E
tutti
si
radunarono
intorno
.
E
quando
io
ebbi
parlato
,
tutti
si
mondarono
la
bocca
dell
'
urrà
col
rovescio
della
mano
.
E
tutti
,
subito
,
trovarono
il
nuovo
tono
,
come
se
fossero
giovani
Achei
dalle
belle
gambiere
trasportati
nel
mito
d
'
Icaro
.
Comandai
:
Silenzio
.
Non
qui
ma
laggiù
,
su
Pola
romana
,
consacreremo
il
grido
della
nuova
forza
d
'
Italia
.
Quando
tutte
le
bombe
sieno
state
mandate
al
segno
,
ciascun
equipaggio
,
prima
di
virare
la
rotta
del
ritorno
,
si
leverà
in
piedi
,
compreso
il
pilota
di
destra
,
e
lancerà
il
grido
attraverso
i
fuochi
di
sbarramento
.
Chi
si
trovò
una
volta
sopra
Pola
,
di
notte
,
sa
qual
fosse
l
'
inferno
delle
batterie
e
dei
proiettori
.
Il
comando
fu
eseguito
con
una
divina
fierezza
.
L
'
ALALA
fu
inaugurato
al
vertice
della
più
bella
virtù
giovanile
.
Summa
petit
.
Sulla
rotta
del
ritorno
ci
pareva
che
tutte
le
stelle
fossero
da
noi
conquistate
all
'Italia."
Era
quel
grido
:
"
EJA
!
EJA
!
EJA
!
ALALA
"
...
Poi
il
grido
conquistò
rapido
tutto
il
fronte
e
fu
il
segno
dell
'
ardimento
e
della
vittoria
,
nei
cieli
e
sui
mari
,
oltre
al
Piave
,
fino
a
S
.
Giusto
.
Da
San
Giusto
rimbalzò
a
Fiume
con
la
più
audace
delle
imprese
guerriere
e
ribelli
di
nostra
gente
.
Ivi
divampò
per
mesi
e
mesi
e
fu
il
supremo
viatico
della
resistenza
e
della
passione
.
Contemporaneamente
l
'
"
alalà
"
guerriero
spuntò
,
più
alto
dei
gagliardetti
,
nelle
squadre
fasciste
e
ne
accompagnò
tutte
le
riscosse
,
tutte
le
vittorie
e
tutti
i
sacrifici
e
divenne
il
grido
della
nuova
Italia
.
Oggi
l
'
antico
"
alalà
"
del
cielo
di
Pola
allieta
spiagge
e
campeggi
di
giovani
italiani
in
camicia
nera
e
romba
alto
nelle
formazioni
della
Milizia
.
È
presente
in
tutti
i
momenti
di
fede
e
di
passione
,
indistruttibile
e
inseparabile
nell
'
animo
della
camicia
nera
.
Ma
di
nuovo
riecheggerà
guerriero
e
battagliero
in
lontani
lidi
africani
a
testimoniare
ed
affermare
la
volontà
imperiale
e
romana
della
Patria
fascista
.