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DELLE COSE NOTTURNE ( SAVINIO ALBERTO , 1920 )
StampaPeriodica ,
Mi ha sempre colpito quell ' amorosa e pungente inclinazione che volge gli uomini alla notte e alle cose notturne . Mi sono sempre domandato perché un frequente stato del nostro animo ci predispone a chiedere alla notte quei conforti e quelle consolazioni cui aneliamo con tanto scoraggiato desiderio dopo che le nostre forze sono state sopraffatte dalle forti e ardenti vicende della luce ; e perché la notte è la sede eletta di tutte quelle operazioni che , essendo celate per indole , vogliono circondarsi di un apparato di oculatezze ; e perché alla notte sono stati assegnati i misteri e l ' amore e i delitti e quei lavori che hanno in sé alcunché di magico e d ' inesprimibile naturalmente . E perché , d ' altra parte , una inclinazione simile alla prima quanto a forza , ma assai differente da quella quanto a carattere , fa rinascere in noi il desiderio del giorno e della luce : in modo che , se dal giorno aneliamo alla notte con desiderio scoraggiato , per converso aneliamo nuovamente al giorno con un desiderio eroico e trionfante ? Il sonno è una schiavitù all ' uomo . Peggio : un diritto autoritario che si piglia la natura di eliminarci per un certo tempo dal suo moto e dalla sua vita particolari . Ogni notte che sopravviene segna all ' uomo una sosta del suo destino , una sconfitta nella continua lotta in cui egli si affanna a conquistare il proprio divenire e una parziale ma ripetuta " perdita di tempo " . La letizia che ogni essere manifesta indistintamente allo svegliarsi , è perché si sentono novamente liberati della subdola e imperiosa imposizione della natura e sanno che seguiteranno a esser tali per tutto il corso del nuovo giorno . Peraltro , questa autorità che esercita sull ' uomo la natura eliminandolo periodicamente dal moto della vita , è , in fondo , una maniera poco delicata di significargli che tale moto non gli appartiene affatto e che lui non può far altro che parteciparvi servilmente . Il che , nella sua forma così schietta e anche brutale , rivela una manifesta ostinazione , non scevra di maligno godimento , nel tenerci a bada , nell ' ammonirci a non pretenderla troppo da padroni e nel rammentarci , sera per sera , l ' ordine e il posto che abbiamo a occupare nella gerarchia delle cose del creato . Addormentandoci , la natura , insomma , ci tratta da bambini : ci rinfaccia la nostra debolezza , la nostra dipendenza , la nostra precarietà e il nostro stato di essere aggregati alla vita . Non basta questo perché l ' uomo si mostri così triste e avvilito quando sente che il sonno lo conquista ? Tanto più che non solo egli è per smarrire ogni padronanza di se stesso , ma si avvede assieme e pensa che , se durante il giorno ha partecipato attivamente al moto della vita ciò non è potuto avvenire per effetto della sua volontà ma solo per quella benevola tolleranza e quel pesante amor materno che la natura suole usare con lui . Ora le tolleranze benevole , per quanto vengano da colei che siamo usati chiamare la genitrice e la gran madre , sono favori che l ' uomo nel suo carattere di bestia giovine e turbolenta e ancora troppo poco lavorato e mitigato dall ' esperienza , accetta col broncio sospettoso del bambino e , costretto a sopportarle e a sottostarvi , accumula sempre più dentro di sé odii sordi e oscure ripromissioni di chi sa quali vendette lontane e inattuabili . L ' uomo , pertanto , si china al sonno a malincuore . Se potesse scacciarselo dagli occhi , non dormirebbe mai . Tanta attrazione esercita in lui il continuo moto dell ' universo e con tale baldanza egli vi è spinto che , quando gli fosse lasciata facoltà di decidere , per nulla al mondo rinuncerebbe a parteciparvi . Ma , mentreché la sua massima aspirazione è al giorno pieno ed eterno , egli si trova di doversi piegare alle forzate soste del sonno . E non solo pensa che durante queste , non potrà partecipare al moto della vita , ma pensa ancora che tale moto , nondimeno , né scema né s ' arresta : in che egli si sente menomato nei diritti e punto nell ' orgoglio . Queste le cagioni per le quali il sonno ripugna all ' uomo quasi quanto la morte , epperò , volendoli rappresentare a modo suo , ne ha fatto due fratelli inseparabili . Ma la natura , prevedendo quali disordini nascerebbero qualora l ' uomo potesse disporre volontariamente del sonno , ha provveduto a un mezzo sottile e irresistibile di piegarlo al suo volere : lo addormenta senza ch ' ei se ne accorga : inavvertitamente . Il sonno riduce l ' uomo alla passività , poiché lo fa morire al moto universale ; ma , per non essere tale morte completa fisicamente e continuando in lui una certa quale percezione statica , si è attribuita al dormente la facoltà divinatrice . La posizione attiva non ci può condurre alla divinazione , stando che , mentre viviamo pienamente , siamo implicati in modo diretto nell ' organicità del tempo e costretti perciò a seguirne i moti regolarmente . Partecipando noi alle continue mutazioni che compongono a mano a mano il tempo e attuano il divenire , non potremmo avvertirle perché intanto che esse avvengono e si risolvono , noi , contemporaneamente , le viviamo . Per assumerci allo stato divinatorio , occorre una sosta della nostra vita , e un distacco che ci fermi e ci ponga fuori del meccanismo del tempo , lasciando ch ' esso scorra senza di noi . Soltanto nella posizione statica noi possiamo , in certo modo , saltare una parte dei continui allacciamenti che conducono nel futuro e afferrare , e riferirci a un punto lontano di quello . Però la divinazione non è possibile che mediante una nostra maniera di astrarci ; ond ' essa fu sempre tentata con l ' aiuto di qualche sbigottimento fisico che interrompesse in noi il moto della vita , così da farci diventare spettatori di questa , da attori che ordinariamente siamo ; pertanto il sonno , che per la nostra mente rappresenta appunto un tale stato di astrazione , è stato ritenuto la situazione più acconcia per conoscere l ' avvenire . Davanti al sonno , l ' uomo astuto s ' impaurisce ; non pericolo da affrontare , né impresa da compiere , né navigazione da intraprendere gli mettono tanto terrore quanto il senso del suo dolce svanire nell ' irresistibile assorbimento del sonno . Ma tali paure lo agitano fintantoché egli è ancora padrone della sua coscienza ; perché dopo , subito dopo , insensibilmente , egli viene a passare allo stato di vittima ; e si opera allora verso di lui con la carità sommaria dei carcerieri ; e lo si tratta come i condannati ; e si ricorre allo stupore , all ' ebbrietà e allo smarrimento dei sensi . Ma chi può stabilire , fermare , dichiarare la sottigliezza e , per così dire , la fluidità avvolgente di quei terribili momenti ? Essi peraltro , non lasciano ricordo di se stessi ; e solo per un caparbio ritorno sulle mie esperienze , oso rammentarli qui . L ' uomo astuto non s ' arrischia al sonno senza cautele e premunizioni : sapendo che , per necessità inevitabile , avrà a traversare uno spazio di tempo durante il quale sarà inerme e come morto , si arma . Di qui il bisogno di dormire solo , di appartarsi e di rinchiudersi . Il sonno in comune e la promiscuità dei dormitori pubblici non sono tollerati che da quella gente in cui l ' istinto dell ' individuo è infiacchito , esausto e pressoché scomparso . Dormono assieme i malati negli ospedali , i vecchi negli ospizi e quegli ' uomini , come i soldati , cui è negato l ' uso della propria volontà . Pure , fra costoro , si vedono taluni - e tale vista è tragicissima - che soffrono per la presenza di altri , e fanno ogni sforzo per isolarsi , tentano ogni astuzia per rincantucciarsi , ricorrono ad ogni espediente per tapinarsi e sfuggire alla terribile curiosità dei loro simili . L ' uomo è vergognoso del suo sonno . Pone ogni cura a non lasciarsi sorprendere mentre dorme . È portato a odiare chiunque trovasse desto accanto a sé , al suo risveglio : poiché ritiene di essere stato scoperto e osservato in una situazione infelice , dove non poteva portare alcuna vigilanza su se stesso , quando insomma non era lui , i sensi profondi della sua volontà e del suo pudore insorgono contro l ' intruso che gli è nemico e giudice . Nella donna , il sonno non produce gli stessi effetti che nell ' uomo . Essa non ha una volontà da custodire e da glorificare , dunque nulla da perdere . Se anche la donna , quando si accinge al sonno , si apparta e si rinchiude , lo fa per paura dei ladri e degli assassini . Invulnerabile a ogni sovrumana paura , immune dalla problematica compagnia dei misteri , ella , così come vive , dorme tutta ravvolta nella sua enigmatica serenità : ond ' è che , mentre l ' uomo è triste e crucciato al risveglio , la donna , l ' ingloriosa donna , si desta sorridente . Sebbene il sonno tenga l ' uomo alla mercè di ogni pericolo , nessuna insidia o slealtà o perfidia da parte della natura l ' hanno giammai colpito in quei momenti di disarmo e di disattenzione ; né si può dire che finora , dormendo , gli sia accaduto nulla di male ; tutt ' altro ; ché , se non fosse così , chi mai si sarebbe più fidato di dormire ? Gli uomini , piuttosto , si sarebbero risolti ad uccidersi d ' insonnia , aspettando la fine in un modo strano e inudito : cogli occhi sbarrati . È da credere , invece , che di notte , durante il sonno , quando siamo senza volontà e , nella nostra inerzia offriamo il fianco scoperto , la natura ami chinarsi su di noi e tornare con alcuni ritocchi al nostro perfezionamento . Tali operazioni , peraltro , rientrano nell ' ordine delle fecondazioni e delle procreazioni , le quali , quanto a sé , sono faccende eminentemente notturne . E non per nulla Adamo fu immerso nel sonno quando si trattò di creare Eva , la quale veramente fu fatta uscire dal sonno di Adamo , cioè dalla notte dell ' uomo ; il che spiega e giustifica assai chiaramente alcuni lati singolari e misteriosi del carattere della donna . Ma la stretta comunione che lega le operazioni dell ' amore con la notte , va riguardata ancora sotto un altro aspetto , cioè sotto quello dell ' ordine e delle leggi morali . Ora , tanto l ' amore quanto il sonno e la notte sono situazioni che operano sull ' uomo in maniera quasi identica : ne sconvolgono l ' organicità volitiva , sciolgono in lui la connessione di tutti gli elementi che compongono la sua individualità e finalmente lo precipitano fuori della sua ragione . L ' uomo conosce tali effetti ; ne subisce e anzi ne ricerca la caustica e dolcissima attrazione ; ma sa che i sensi elementari del suo pudore si ribellerebbero se egli , durante il giorno , ossia quando , per il dovere che ha di trattare a tu per tu con la natura in piena efficienza gli sono necessari tutta la padronanza di sé e il libero uso della sua volontà , si arrischiasse a lasciarsi andare agli effetti deprimenti dell ' amore : epperò , prevedendo le conseguenze castigatrici della vergogna e del rimorso , ha deliberato di assegnare l ' amore fra le cose notturne . Benché il sonno ripugni all ' uomo cosciente del suo destino e fermo nel miraggio del proprio divenire , quel che di riposante e di ristorativo si associa all ' idea che noi ci facciamo del sonno , ha sempre esercitato una forte attrazione sull ' uomo , massime se questo vi è portato per alcun effetto di disperazione e spinto dal desiderio della rinuncia e dell ' annullamento . Il che giustificava quegli esempi storici in cui un sonno prolungato e sovrumano fu mandato ad alcuni uomini in premio delle loro ' virtuose fatiche : tale la storia di Agamède e Troponio costruttori del tempio di Delfo ; quella di Epimenide di Cnosso il quale dormì per cinquantasette anni dentro una grotta oscura e fresca ; la storia dei sette dormenti di Efeso , riportata da Teodoro e da Rufino ; la notte di Barbarossa che continua tuttavia , e i sonni di minor conto ma non meno singolari di Giovanna Caillou e di Leonilde Montauciel . Però si può dire che , se il sonno non fosse imposto naturalmente all ' uomo , egli talvolta inclinerebbe a procurarselo e a praticarlo non altrimenti che come praticai vizi . La natura non solo fa sì di allontanare ogni tanto l ' uomo dalla sua presenza , inabissandolo nel sonno , ma provvede ancora a distrargli la mente da ogni cura terrena , durante le soste in cui essa lo riduce nell ' inerme passività . E , per volgergli altrove quel po ' di attenzione che gli potesse restar sveglia e attiva , a fine di fissargli la mente in visioni confuse e irreali , quelle soste essa gli ha popolato di sogni . Tale provvedimento può sembrar perfino un ' astutissima manovra , quando si ponga mente a tutti gl ' intrighi e gli stupori che il sogno ha sempre prodotto nella fantasia degli uomini ; tanto che , per modo di esempio , lo stesso Lucrezio quantunque scettico , dice nel sogno essersi rivelate la prima volta alle anime umane le sublimi immagini degli dèi . Contuttociò , i greci , che per essere gente cui non piaceva farsi menar dal naso si studiarono di portare in ogni cosa quei limiti e precisioni che sono ottimo rimedio a sopportare con serenità e letizia questa vita confusa e sregolata , assegnarono Apollo , il risplendente , per disporre un poco d ' ordine nell ' oscurissimo regno dei sogni , e trarne , a loro vantaggio , qualche profitto ed esperienza : però , con sottile accorgimento , il rappresentante della luce lo elessero interprete dei sogni e dio oniroclitico . Tanta premura e previdenza a deludere l ' attenzione dell ' uomo , a spegnere in lui quella vorace curiosità che lo distingue , a schiavare la sua instancabile vigilanza , a distrarlo con immagini e a tenerlo occupato altrove , l ' hanno messo in sospetto che la natura abbia escogitato il sonno perché ha qualcosa da nascondere o da compiere a sua insaputa ; ch ' essa abbia alcunché di misterioso da svolgere durante che lui non la guarda ; che accudisca a operazioni cui l ' uomo è immaturo , o incapace o indegno di assistere , perché troppo spaventevoli o rivelatrici . Al quale dubbio egli è mosso altresì da tutte quelle precauzioni che prende la natura di celarsi ed appartarsi , spegnendo le luci e le menti , contornandosi di buio e di fantasmi , e tentando di stupire la ragione umana opponendole i misteri e quello più famoso e ritenuto il più terribile di tutti : il mistero della mezzanotte . Perché , appena è sera , la terra si ravvolge nelle tenebre . I più grandi e clamorosi terrori sono tutti notturni ; è anche detto di questi essere figli della notte . Ora , a raccogliere tanto buio ; a spargere in giro fantasmi , spettri , vampiri , lèmuri e lamie ; a empir la notte di spaventi ; a fare urlare ai bivi Ecate con i suoi cani , come è possibile credere che tanto spreco di forze nemiche all ' uomo avvenga senza una precisa e astuta ragione e senza un fine premeditato ? S ' è acuito il sospetto negli uomini . I quali , come ebbero subodorato che sotto tutto quello sfoggio di apparenze formidabili e annichilanti stesse nascosto qualcosa ; che tutta quella pompa terrorizzante e vana in fondo celasse una astuzia , prima si studiarono di ridurne gli effetti mediante l ' assuefazione ; poi impararono a regolarsi nei riguardi dei famosi misteri notturni ; finalmente scoprirono che questi non altro sono che velamenti sottili , disposti in bell ' ordine e con proposito ; e che il mistero , se mistero ha da esserci , non sta nel cuore della notte , ma dentro le profonde regioni della luce ; e , assegnatogli il posto , lo collocarono fra i dodici rintocchi del meriggio , salutandolo cogli spari dei cannoni . Furono appunto tali dubbi e sospetti a far nascere la strana propensione di poeti , filosofi , alchimisti e altrettanti uomini versati nelle arti della magia e , infusa la loro umanità di un certo carattere di démoni o di cherubini , a vivere notturnamente . Costoro , nonché vegliare , vigilano . Questa loro curiosa abitudine è giustificata dal che essi si sono avveduti ( senza mai dichiararlo però ! per un remoto timore di provocare rappresaglie e provvedimenti ) che nottetempo , la natura è più facile e condiscendente . Onde si può argomentare che la notte e il riposo siano utili e necessari alla natura , ancor più che agli uomini . Infatti , quando la notte sopraggiunge piena di quiete fatale , dappertutto e non solo negli uomini si verifica come un rilasciamento e un abbandono di se stessi ; e di ogni cosa , di ogni fatto , di ogni essere si può dire che , al sopravvenire di quella calma e del notturno buio , aprono i pugni stretti e si concedono al fato inoppugnabile . Nella notte ogni agitazione e ogni sconvolgimento si risolvono : essa placa gli uragani e le tempeste , spegne i fuochi della terra e dell ' aria e , come ferma le battaglie così ammazza la collera degli elementi in lotta . Allo stringersi delle tenebre , i venti perdono a poco a poco il fiato e , sospesi leggermente sulle cime degli alberi , quasi rattengono il respiro ; il mare raccoglie e frena le sue onde ; i fiumi rientrano nell ' àlveo ; e nelle menti degli . uomini , la furia si scioglie e si muta in consiglio . Non bisogna fidare negli orrendi ricordi che ratteniamo di tempeste , di uragani e di cataclismi notturni , poiché quelli , quantunque ci possano essere apparsi con la gravità del finimondo , forse non erano se non lievi perturbamenti che acquistavano forza e terribilità solo perché venivano a riflettersi sulle brevi e ridotte prospettive del buio . Di notte , la natura è libera e vagabonda . Per non celarsi con i suoi propri veli impenetrabili ma solo con quelli fallaci del buio , essa si lascia allora esaminare e leggere più facilmente . Questa non è già di per se stessa una giustificazione della notte ? In essa , la natura si fa persuasa di sfuggire ad ogni sguardo indagatore e di essersi liberata , dal tramonto fino all ' aurora , dell ' ostinata vigilanza degli uomini . Ogni attenzione è assiderata , la luna volge in giro uno sguardo smorto e gli occhi delle stelle sono alteri e noncuranti . Perché le stelle , insomma , non hanno nulla che vedere con noi ; non le stringe nessun interesse per i fatti di quaggiù ; la loro attenzione - e basta guardarle senza desiderio per avvedersene - è rivolta altrove , a chi sa quali cure . Ond ' è assurda quanto mai quella strana mania di certa gente corrotta e spinta fuori dei precisi limiti del mondo , di invocare e di anelare alle stelle , cioè di astrarsi . Da questi pensieri intorno alla notte e le cose notturne , mi rialzo con greve stanchezza e quasi mi par di sentire sulla mia faccia quella tristissima preoccupazione che incupisce la fronte dell ' uomo che dorme : però , in mezzo a tutte queste morti frammentate che ricorrono per lo spazio della vita come rime lugubri , dolce mi s ' apre , nel lontano , un chiaro , cui forse nessuno dei nostri passi ci saprà portare , dove , sciolti dalle fatiche e dai pesanti sonni che le seguono , potremo riposare con fiducia nella serenità dolcissima della luce riconciliata .
Una mostra di Guttuso ( Trombadori Antonello , 1951 )
StampaPeriodica ,
Una volta le Vite degli Artisti erano al tempo stesso « biografia » e « saggio critico » della loro opera . L ' estetica idealistica ha dato un colpo mortale all ' antico metodo biografico . Oggi . se volete conoscere chi è un artista contemporaneo come uomo , dove è nato , come ha vissuto , quale è stata la sua educazione , quali sono gli avvenimenti principali della sua vita , quali le sue idee politiche , invano ricercherete tutto ciò nei saggi critici dedicati alla sua opera . È innegabile che il richiamo a una più pertinente attenzione al peculiare carattere delle opere d ' arte , abbia costituito una conquista progressiva dell ' estetica , essendosi in tal modo riconosciuto il più preciso ufficio dei critici e avendo questi acquistato nuovi strumenti di indagine . Ma è altrettanto vero che rari sono gli esempi di critica d ' arte contemporanea nei quali questa esigenza rinnovatrice si è mantenuta entro limiti ragionevoli e utili . In generale è accaduto il contrario . invalso l ' uso di sopprimere quasi totalmente ogni considerazione e studio dei dati biografici sino a proclamarne il disprezzo e a teorizzare In più completa e astratta distinzione tra l ' artista in quanto uomo e le opere da lui prodotte . Questa incredibile deformazione della verità non è imputabile unicamente ai dottrinari della estetica idealistica . Si deve anzi dire che una simile elaborazione teorica in prevalente misura , riflesso della reale crisi degli artisti moderni i quali si sono generalmente adeguati alle esigenze e pressioni della classe dominante che ha tutto l ' interesse , oramai , di capovolgere il reale rapporto fra arte , società e politica . In virtù di cale capovolgimento la classe dominante ha tentato di ottenere che gli artisti si sentano « spontaneamente » portati a separare la ricerca creativa dai grandi movimenti della storia , dai grandi e piccoli problemi che danno carattere e significato a una determinata epoca , dalla esperienza viva della realtà naturale e sociale . Ogni classe dominante nel periodo della sua ascesa e della sua funzione di organizzatrice generale della società , domanda agli artisti un impegno che rifletta nelle loro opere il più esplicito legame con la vita e con le esigenze della società contemporanea . Al contrario quando la classe dominante si mantiene oramai al potere unicamente per conservare il suo privilegio senza più alcuna capacità né alcun interesse di guardare in avanti e di aprire la strada al progresso , essa domanda agli artisti distacco dalla vita , astrazione , evasione dai problemi decisivi , aristocratico disprezzo per i fatti e per le cose reali . È quanto accade almeno da un secolo alla borghesia capitalistica . L ' arte moderna porta il marchio di questa sterile forzatura : l ' estetica idealistica le ha dato il suo crisma filosofico . Ed è questo il motivo peculiare , a mio vedere , per cui ogni progresso e sviluppo dell ' arte moderna , ogni possibile ampliamento delle sue basi di ispirazione , è indivisibile dal progresso e dallo sviluppo della lotta contro il « gusto » artistico dominante . È questo il motivo peculiare e intrinseco per cui il progresso e lo sviluppo dell ' arte moderna non possono non avvenire che in senso realistico e sociale . Mi perdoni il lettore questo preambolo che può apparire sproporzionato a una semplice notizia biografica su Renato Guttuso . Non sono riuscito a pensare questa notizia separata dall ' attività creativa di Guttuso , dalle sue opere d ' arte , proprio perché egli è a parer mio , il più consapevole e coerente maestro di quel moto rinnovatore dell ' arte contemporanea la cui caratteristica principale consiste appunto nella ricerca del più stretto ed esplicito legame con la vita e con la realtà naturale e sociale . Renato Guttuso è nato nel 1912 a Bagheria , grosso borgo contadino e mercantile nei pressi di Palermo . Suo padre era un povero tecnico agrimensore . Fin dalla sua giovinezza Guttuso poté fare esperienza diretta delle drammatiche condizioni di vita dei braccianti senza terra e dei contadini poveri siciliani . La sua stessa vocazione al dipingere trovò il primo esito alla scuola di un pittore di carretti : carretti siciliani , alle cui decorazioni nessuna corruzione folcloristica è mai riuscita a togliere quella energia di colore e quella dovizia di immagini che attingono forza espressiva alle più remote e intime ispirazioni dell ' animo popolare , come i canti dei lavoratori siciliani nei quali Guttuso trovò altrettanta poesia e affinità spirituale da non lasciarseli sfuggire dalla mente . Egli stesso ha scritto recentemente : « Contadini siciliani che hanno nel mio cuore il primo posto perché io sono dei loro e i cui volti mi vengono continuamente davanti agli occhi qualunque cosa io faccia . Contadini siciliani che sono tanta parte della storia d ' Italia e che hanno dato tanto contributo di sangue alla lotta che essi , sotto la guida della classe operaia , stanno sostenendo per il nostro Paese , per una Sicilia indipendente e capace di rompere quella gabbia di miseria , di mafia , di feudo che la opprime da secoli , in una Italia libera dalle sue piaghe , indipendente e pacifica . Il mio amore per i contadini siciliani è solidarietà con le loro lotte , è parte stessa , benché minima della loro lotta » . A vent ' anni Guttuso deve lasciare la Sicilia sottomettendosi alla triste legge che regola , a un determinato momento della loro vita , la volontà di tutti gli artisti e gli intellettuali dell ' isola i quali intendano obbedire alle loro esigenze spirituali e affrontare la fame e la miseria per aprirsi un varco e una possibilità di sviluppo . Così , forse più dolorosamente di tanti altri , Guttuso si distaccò proprio nel primo periodo della sua formazione d ' uomo e di artista dalla terra natale , dalle basi materiali e dai temi della sua più franca ispirazione . Il giovane pittore Renato Guttuso fu presentato al mondo ufficiale della cultura e dell ' arte da due suoi conterranei fin da allora molto lontani , l ' uno e l ' altro dal suo modo di intendere e di fare la pittura , ma certo partecipi per averla a loro volta provata , della stessa esigenza di respiro e di evasione , della stessa volontà di rottura con l ' arretrata cappa di piombo dell ' isola : Pippo Rizzo e Francesco Trombadori . Il primo scritto su Renato Guttuso , pittore siciliano , apparso su un settimanale illustrato a diffusione nazionale è a firma di quest ' ultimo , nel 1931 . Ha inizio con questa data il secondo periodo della vita di Renato Guttuso : il periodo della esperienza culturale contemporanea nazionale ed europea , della conoscenza diretta della organizzazione culturale dello Stato italiano e della rivolta consapevole alle sue istituzioni e alla dittatura ideologica della borghesia . Egli viene contemporaneamente in contatto coi due principali centri dell ' attività artistica nazionale : Roma e Milano . Mantiene collegamenti contemporanei con l ' uno e con l ' altro prendendo parte entusiasta e attiva alle più vive polemiche proprio nel momento in cui si sviluppa e prende quota la ribellione dei giovani artisti italiani contro il movimento novecentista . Guttuso , che portò a questa rivolta uno dei contributi più importanti , era in realtà estraneo ai veri termini della polemica , non essendo le sue esigenze e i suoi problemi viziati da intellettualismo ed essendo autentica e naturale la sua disposizione al realismo nella forma . Tuttavia fra Roma e Milano Guttuso scelse la seconda . Tra le diverse polemiche contro il Novecento egli preferì quella più aperta alle ricerche spregiudicate , più legata alle esperienze recenti dell ' arte europea , anticlassica , e , casomai , impregnata di romanticismo e di disperazione . Egli scelse , cioè , la polemica - se si vuole - meno « artistica » e più « umana » . Una polemica dalla quale sorse in seguito anche il movimento giovanile di Corrente nel quale si rifletteva l ' influenza della organica e costante attività antifascista che a Milano conducevano operai e intellettuali d ' avanguardia . Di particolare rilievo è lo stretto legame d ' amicizia e di collaborazione che si realizza in questi anni tra Guttuso e Raffaellino De Grada critico d ' arte e combattente antifascista . A Milano Guttuso pagò , insieme a un drammatico scotto alla fame e alla miseria , il suo primo tributo all ' equivoco formalistico dell ' arte moderna , attribuendo anch ' egli a determinate correnti di essa un valore di novità e di rivolta che non era precisamente tale . Ma autentica era la esigenza di rivolta cresciuta nella coscienza del giovane pittore siciliano il quale non si accontentò di lasciarla affidata alle sue intenzioni di artista e volle affermarla nella pratica abbracciando la causa della rivoluzione proletaria ed entrando in contatto fin dal 1935-36 con la organizzazione del Partito comunista italiano . Egli realizzava così una aspirazione al combattimento sociale e politico che aveva maturato fin dalla prima giovinezza a contatto con i contadini siciliani . Dopo la permanenza milanese Guttuso si trasferì a Roma dove fissò definitivamente la sua dimora . L ' arrivo a Roma non segna però una svolta particolare nella sua attività di artista . Guttuso porta da Milano a Roma l ' esigenza di una polemica culturale più audace . Si deve a lui se la direzione o intellettualistica o intimista , che stava prendendo , quasi totalmente , la giovane generazione dei pittori contrari alla retorica del '900 , poté da alcuni essere abbandonata in nome di un più ampio e diretto impegno dell ' artista nella lotta per l ' affermazione della civiltà contro la barbarie . Si deve ricordare che in questo periodo Guttuso dipinse tre opere le quali segnano una tappa dello sviluppo realistico dell ' arte italiana : la Fucilazione in campagna dedicata a García Lorca per tutti i combattenti antifascisti della guerra di Spagna , La Crocefissione per la quale si ebbe il processo del Santo Uffizio e la delazione dell ' Osservatore Romano come pittore antifascista e bolscevizzato , la Fuga dall ' Etna . In questo modo Guttuso dava un colpo duro alla « politica delle arti » del fascinino la quale superata la fase novecentesca , si disponeva già nella sua parte più astuta a indicare quale base esemplare di una nuova arte quel che del '900 era rimasto più in ombra : il morandismo - una pittura senza contenuto umano , o meglio con un contenuto umano limitato ai confini di un intimismo che non poteva dare alla ideologia dominante il minimo disturbo . A questa attività di Guttuso dettero impulso e coraggio alcuni giovani intellettuali romani che mentre si opponevano alle imperanti cricche letterarie e filosofiche , andavano organizzandosi come corrente antifascista e si preparavano a dare un importante contributo alla organizzazione del Partito comunista nella capitale d ' Italia : Antonio Amendola , Paolo Bufalini , Pietro Ingrao , Mario Alicata , Girolamo Sotgiu , Massimo Aloisi , Antonio Giolitti , Marco Cesarini , Fabrizio Onofri , Mario Socrate e il sottoscritto . L ' appartenenza organica di Guttuso a questo gruppo , costituisce , a mio avviso , il motivo principale della caratterizzazione di un terzo periodo della sua vita e della sua attività di artista . Questo periodo ha inizio 1'8 settembre '43 . Guttuso partecipa come volontario della libertà e come partigiano alla lotta contro i tedeschi e contro i fascisti . Egli è tra i pochi artisti italiani che ci ha lasciato di quel periodo una testimonianza così eloquente , così italiana e così drammatica di ciò che fu nella realtà lo spirito della Resistenza : il quaderno dei disegni dedicata al martirio delle Fosse Ardeatine , intitolato Gott mit uns . Ciò fu possibile per tre motivi principali : l ' appartenenza sua al Partito comunista che fu all ' avanguardia della lotta di liberazione , la concezione sua dell ' arte che , nella misura in cui gli avvenimenti nazionali diventavano memorabili per la più larga partecipazione delle masse popolari , si dimostrava viva , efficace , umana ; l ' aver egli compreso che mentre gli uomini semplici si battevano con le armi , il suo posto era al loro fianco e non nel chiuso dello studio a teorizzare la « autonomia » e la « libertà » dell ' arte , o , al di là delle linee , ad attendere la liberazione . Dopo la liberazione Guttuso porta avanti la ricerca creativa sospinto dall ' ondata dei sentimenti di rivolta e di denuncia dei mali della società . Ed è proprio in questo periodo che egli paga il secondo tributo al formalismo dell ' arte contemporanea europea nel tentativo di trovare una impossibile conciliazione tra contenuti nuovi e le cosiddette scoperte formali dell ' arte moderna . Egli si reca in Francia a più riprese , dove per la prima volta , come tanti altri artisti italiani , può conoscere direttamente i capolavori dell ' Impressionismo e le opere di tutti i successivi movimenti cosiddetti d ' avanguardia dell ' arte moderna . Ciò servì a confermarlo nella esigenza di dover ripercorrere tutta intiera l ' esperienza del più importante di essi il cubismo , e in primo luogo quella del Picasso di Guernica . La prova maggiore di questa sua fatica intellettuale Guttuso la offrì nella mostra personale della Galleria della Palma nel 1947 . Dopo la mostra della Palma ha inizio il quarto periodo della vita e dell ' arte di Guttuso : quello attuale . Nella vita , Guttuso intensifica in questo periodo la sua attività politica . È stato membro del primo Comitato mondiale dei partigiani della pace . Gli operai , i contadini , e gli intellettuali delegati al VII Congresso del Partito comunista italiano lo hanno eletto membro del loro massimo organo di direzione politica : il Comitato centrale . Nella sua arte va gradatamente scomparendo ogni residuo di formalismo cubista e espressionista . Questo processo di chiarificazione già pienamente riscontrabile nelle importanti opere del primo anno di Scilla , che furono esposte alla Galleria del Secolo nell ' autunno del 1949 , si precisa in quelle del secondo anno di Scilla ( 1950 ) , nel quadro Episodio della lotta dei braccianti oggi a Mosca nel Museo dei doni a Stalin , nell ' opera di grande respiro Occupazione di terre incolte in Sicilia che dette il tono a tutta la partecipazione del gruppo degli artisti realisti italiani alla Biennale veneziana del 1950 . Per la prima volta appaiono nell ' arte italiana i lavoratori in lotta . Proprio in questi giorni Guttuso ha offerto con una esposizione di opere sue recentissime un apprezzabile saggio dello sviluppo coerente della sua ricerca realistica . Poiché si tratta di un vero e proprio passaggio di qualità della sua pittura , la quale raggiunge in queste opere compiutezza , chiarezza e drammaticità formali , assolutamente nuove , molti hanno creduto di poter dimostrare come Guttuso ha ancora una volta mutato , impazientemente , il suo indirizzo e cambiato ispirazione . A mio vedere questa osservazione si arresta a una superficiale riflessione di tipo formalistico . Guttuso non ha mutato indirizzo . Al contrario egli ha tenuto fede all ' intima ragione della sua ricerca realistica , che è in primo luogo una ragione umana e di lotta , quella che lo ha spinto a ricercare le sue immagini e i suoi temi nella realtà naturale e sociale , nei sentimenti popolari . Egli ha trovato per le sue figurazioni pittoriche la più naturale e semplice delle espressioni formali : quella dove è oramai inutile ricercare soluzioni simboliche o allegoriche , naturalistiche o impressionistiche . Taluni hanno scritto , imbarazzati , che Guttuso è tornato a dipingere le cose come sono nella realtà ( « tetti conte tetti , pomodori come pomodori » , ecc . ) e che tuttavia egli non è un semplice verista o naturalista . Pochi però hanno cercato di dimostrare il perché di questo fatto . Secondo me il principale perché non può essere trovato soltanto nei quadri esposti alla recente mostra di Roma . Bisogna considerare l ' opera di Guttuso del momento attuale nel suo complesso , mettere i paesaggi , le nature morte , le figure di questa mostra in rapporto ai quadri di composizione che egli sta creando , come lo Sbarco dei Garibaldini in Sicilia , e rendersi conto come egli sia sempre più impegnato in una direzione dove disegno e colore si fondono in una sintesi originale che ha al tempo stesso le sue radici nell ' antico insegnamento della pittura dei carretti siciliani e nella tradizione del realismo classico italiano che assegna alla figura umana la funzione superiore . Discende di qui a mio vedere il valore davvero « realistico » degli stessi paesaggi , delle stesse nature morte , delle stesse isolate figure di certi quadri di Gutuso , il quale chiaramente dimostra di essere oramai organicamente incapace di ritagliare intellettualisticamente dalla realtà , come pretesti artistici , un secchio di pomodori in una casa contadina , o una distesa di tetti rusticani con un soffio di campagna in tondo , o un taciturno e solitario mangiatore di pasta asciutta . Queste immagini , roche se rappresentate isolatamente tra la cornice di un quadro , non sono più un episodio o un frammento della realtà staccati per sempre dalla vita , ma un aspetto della vili tutta intiera considerata nell ' insieme dei suoi rapporti umani e nella sua materiale oggettività : il contrario esatto di ogni impostazione accademica . Bene ha fatto Guttuso a esporre in questa mostra anche uno dei suoi quadri del 1945 : il mutilato che chiede l ' elemosina . Se si paragona questa sua opera con le più recenti , l ' elemento che subito colpisce è il totale distacco di Guttuso dal modo di raffigurare la realtà attraverso la proiezione , quasi scenografica , di sentimenti e di osservazioni portati dall ' esterno , ricorrendo alle forme e ai colori più pittoreschi e suggestivi . L ' esperienza di Guttuso , uomo e artista , sorretta da una volontà che ha reciso ogni legame con i vecchi schemi dell ' idealismo e delle concezioni borghesi , è la dimostrazione concreta che la classe dominante non è più in grado , in Italia , di ostacolare il progresso dell ' arte moderna . Questa tanto più avanza e afferma la sua libertà sulla strada del realismo , quanto più riesce a separare il suo destino dalle false conquiste del formalismo contemporaneo per legarsi alla aperta e cosciente rappresentazione dei sentimenti e delle immagini del popolo .
IL GRUPPO FIORENTINO ( SERRA RENATO , 1915 )
StampaPeriodica ,
Poche lettere di pochissimi letterati possono valere per documento di sincerità e di giudizio schietto come tutte quelle di Renato Serra . In generale , a leggere la « corrispondenza » d ’ altri , ci tocca far sempre un po ’ di tara , quando non la si vuole accettare con assoluta sfiducia e nessuna adesione . Tanto si sa , tra un anno le cose muteranno , e voglia il cielo che dopo avervi scritto amorosamente , il tale o talaltro non sia andato per le vie e per i caffé a dir corna di voi . Un epistolario di Serra un giorno sarà tutta una scuola morale , e dentro vi si troveranno studi e bozzetti letterari da illuminare diversamente l ’ attività di questo incomparabile scrittore , in apparenza distratto e pigro , ma pieno di fervore e d ’ impeto lavorativo , che ha solo il torto , davanti agli occhi della gente , di non imbastire volumi , ad assicurarsi nelle biblioteche del Regno uno scaffale particolare per l ’ opere complete , segnate e catalogate . Trascrivo , quasi , per intera , una recentissima lettera . Darà piacere a pochi , dispiacere a molti . Mi sono indotto a farlo appunto per questo . Anche per illustrare un trimestre di discussioni e contumelie che si sono svolte intorno e contro « La Voce » , a delizia degli sfaccendati e per merito di una teppa giovanina organizzata per réclame personale . Sopra tutto mi consolano alcuni giudizi del Serra su due o tre uomini che stimo . Chiedo perdono a quei nobili cuori che ne soffriranno . g . d . r . Mio caro De Robertis , ... È curioso come la nuova « Voce » abbia avuto tanto potere di irritazione sopra quella gente di Roma : peccato non poterci capitare , come speravo , alla fin del mese ; mi sarei goduta una commedia deliziosa , per un pomeriggio , all ’ Aragno . Con tanto più gusto , in quanto hanno tirato in ballo anche me , da un po ’ di tempo , e il mio volumetto , come un pretesto per dare addosso a voi , e a quelli , in generale , di Firenze . Quando penso che se c ’ è un peccato , in quelle pagine , è quello di non aver voluto prender di fronte , come si meritavano , proprio e soli quei pochi scrittori che esistono per me : e fra quei pochi Papini e Soffici , prima di tutti , forse . Come ho sentito questo rimorso a legger via via in questi mesi tutte quelle mezze stroncature dispettose e stitiche delle « Cento pagine » e dell ’ « Arlecchino » e del « Giornale » : per una volta che mi era capitata l ’ occasione di dire una verità , che sarebbe stata una gioia per me e un dispiacere per tante care persone , me la sono lasciata sfuggire come uno sciocco . Pazienza . Chissà che non torni ! Intanto devo contentarmi di sentir dire che Soffici è « materiale » o che Papini è « frammentario » e « stravagante » : e anche questo mi diverte : con una gioia di cristiano che fa penitenza e mortificazione . Giustissimo . E io ne ho detto bene , perché siamo amici , e poi perché sono agli stipendi della Libreria della « Voce » . Più giusto ancora . Così sconto un altro peccato , che non è di ieri : di aver voluto sempre coltivare , nei miei rapporti con la « Voce » e col gruppo fiorentino , piuttosto che la simpatia naturale e sincera nell ’ animo , e per tutte le cose essenziali , le differenze e le resistenze , con una cura di esattezza , che confinava con l ’ ingiustizia . Ma sarebbe tutta una storia e non è tempo da raccontarla : bisognerebbe anche spiegare in che senso e con che animo mi sia chiuso lungamente in una sorta di prigione di letteratura provinciale e di modestia e di ossequio umanisticamente preciso , che era piuttosto che una forma naturale , una dissimulazione e una difesa provvisoria dell ’ animo insofferente , desideroso di salvare insieme la sua negligenza del presente e la sua libertà dell ’ avvenire . Se stampassi le mie pagine carducciane , dovrei raccontare un capitolo di questa storia : anche il mio carduccianesimo non è stato che una superstizione volontaria , in cui mi piaceva insieme di nascondere e di coltivare sotto la specie dell ’ umiltà il mio diritto all ’ eresia . È lo stesso gusto ironico che mi porta comunemente nelle mie relazioni cogli uomini , e anche con le donne , a concedere a me stesso un diritto di amore e di stima , che non so ammettere negli altri verso di me . Così mi è accaduto con Prezz . e con gli altri , per molto tempo : fin da quando Prezz . mi conobbe la prima volta attraverso l ’ amicizia di Ambrosini , se ben ricordo , e mi venne a cercare con una generosità , a cui io mi credetti in obbligo di rispondere con una negligenza annoiata e chiusa ; e poi sempre stimando molto lui e gli altri , con amicizia e gratitudine , non mi sono curato di averne da loro nessun contraccambio ; anzi mi riusciva strano quello che pur mi veniva gratuitamente , e mi piaceva nei miei rapporti con loro di esagerare il « passatismo » e l ’ umanesimo e tutti i particolari dell ’ educazione letteraria , che pur ci distinguevano , fino a farne un principio assoluto di irritazione quasi e di ostilità . Avevo ragione dal mio punto di vista ; di uomo sincero che non vuol esser tenuto da più di quel che vale , e sopra tutto di quel che fa : non potevo confondermi io , letterato per combinazione e senza nessuna certezza , né d ’ ingegno né di propositi , con gente che dell ’ arte e della vita spirituale faceva la ragione vera dell ’ esistenza : avevo ragione anche di salvare e di godere la mia diversità . Ma certo , per quel che sono i rapporti pratici , avrei potuto star più vicino a quelli che in fondo erano i soli giovani che potevo stimare , e parlare con loro e vivere nello stesso mondo . Invece , son rimasto lontano : spingendo il partito preso fino al punto di ignorare per anni ed anni quasi completamente Papini e le sue cose ; non già per disprezzo ; ma così , perché l ’ occasione l ’ aveva portato , e io non cercavo altro . In quanto al volumetto poi , posso dire che nello scriverlo il mio atteggiamento non cambiava ; anzi ! Ricordo di averne discusso , prima di scrivere , con Prezzolini , pigliando gusto io ad accentuare quasi fino alla mistificazione il mio « rôle » di lettore dilettante , inetto così a riconoscere come ad apprezzare i tentativi di novità e i progressi dell ’ ultima generazione ; e lui si arrabbiava sul serio , difendendo in sé e nei suoi amici le sue cose più care , contro la mia ingiustizia per proposito . Scrivendo non cambiai nulla : e posso dire che ebbi quasi uno scrupolo meticoloso di esprimere il mio giudizio , che allo stringer dei conti non poteva esser altro che di ammirazione e di simpatia , su Papini e Soffici , e gli altri minori , in una forma imbarazzata da tante attenuazioni e riserve da non meritare nessuna gratitudine . Una simpatia difficile e antipatica , se si può dire : il contrario dell ’ ossequio e della giustizia benevola , che ho reso ad altri piuttosto per sforzo di buona volontà , e in fondo per disprezzo . Supponevo anche che le mie parole non potessero interessarli molto , e in genere che di me non dovessero fare nessun conto : e mi sarebbe seccato imbarazzar qualcuno con delle lodi , che dovessero mai riuscirgli obbligo di qualche compenso . Inoltre , c ’ era la necessità prima , del tono e della banalità che bisognava mantenere nel libro , almeno in apparenza . Ciò m ’ imponeva di non mostrare di pigliar troppo sul serio della gente che il pubblico borghese prende sul serio , sì , ma senza accorgersene : così io mi dovevo guadagnare il diritto di prenderli sul serio con una certa disinvoltura sprezzante di linguaggio e di modi . In fondo , qualche cosa di giusto , o , se vuoi , di sincero , è venuto fuori lo stesso . Tutte le mie reticenze stilistiche non son bastate a nascondere il mio sentimento di certe qualità profonde e schiette di quelli scrittori , che io amo . E anche nel mio riassunto così volontariamente scolorito e ristretto , le personalità vere e più nuove spiccano , bene o male , sulla folla delle maschere e delle comparse . Ma io ne ho colpa meno di tutti . Se mai , avrei la colpa di essermi divertito troppo a giocare di mezze tinte e di sfumature verbali , per dare alla verità il sapore del luogo comune e della banalità dietro la quale mi era permesso cercare per mio gusto e senza dar nell ’ occhio qualche accento più preciso e più ricco di espressione . ( La colpa principale era poi di avere accettato di scrivere un volume su quel soggetto , e con quei limiti : io . Sapendo che non avrei potuto né compromettermi intero , né sottrarmi del tutto a ogni responsabilità personale con una cronaca puramente commerciale e anonima . Avevo creduto di giustificarmi davanti a me stesso , dicendo : faccio un volumetto tanto per provare , e per prendere quelle duecentolire : e il volumetto non deve significare altro che questo e poi m ’ è capitato di consumare non so quanti mesi per limare e assottigliare e ridurre nei termini modesti del discorso comune le impressioni che mi si presentavano naturalmente troppo vivaci e prolisse ; personali , insomma . E con tutta questa fatica non mi è riuscito di sfuggire l ’ equivoco ) . Ricordo che capitando a Firenze , dopo aver passato qualche giorno con voi , ebbi qualche rimorso , pensando a quello che avevo scritto , di non essere stato abbastanza netto nell ’ espressione di certi giudizi e nella graduazione di certi valori ( potrei dire anche di te , per es . ; che , perché avevi parlato troppo bene di me , io volli essere più misurato e più stretto nel farti un posto ) . Ma non volli correggere nulla lo dissi anche allora , a te , se non erro ; per un certo scrupolo ; non piacendomi , fra l ’ altro , che un episodio fortuito come un viaggio e una conversazione , dovesse portare miglioramento a pagine che erano nate con un difetto d ’ origine . E lasciai le cose com ’ erano ; senza aggiungere nulla per Linati , che avevo avuto il torto di non saper scoprire io da prima ; senza ritoccar troppo la figura di Papini . che pure avevo avuto il torto di scoprire troppo in ritardo e di sghembo , dall ’ Uomo finito , e da un ricordo confuso dei pezzi lirici sulla « Voce » , che rilessi e apprezzai pienamente quando tu me li mandasti , in seguito . Tutta questa può essere una chiacchierata un po ’ oziosa . Me n ’ accorgo dopo che ci son dentro ; ed è tardi per rimediare . Prendila soltanto come un pretesto per passare un po ’ di tempo insieme ; allora , tutte le chiacchiere son buone . Poi , il principio da cui son partito era legittimo . Era , lo ripeterò per conclusione , il rammarico di non aver detto chiaro e per disteso quello che sento di Papini e di Soffici ; in paragone anche con gli altri giovani che scrivono e che m ’ interessano come Linati e Baldini . Questo sopra tutto mi piace , da un po ’ di tempo . Ma quando sento scoprire in quella sua facilità e sensualità sinuosa che non arriva al suono pieno e al colore puro , ma pur raggiunge una certa felicità secondaria , di consapevolezza e di equilibrio interno , con gioco di luci e di pause e di risposte ( io trovo in quel gioco qualche cosa che somiglia a me o almeno , a tentativi che io conosco per esperienza mia ) un valore di novità e di « spiritualità » da opporre , poniamo , alle impressioni di Soffici , come una qualità superiore ; allora mi vien voglia di far capire una buona volta a questo branco di beoti come anche nella più sciolta e abbandonata e lazzarona frase di Soffici ci sia tanto di potenza espressiva , e di purificazione , ossia concentrazione e creazione e insomma spiritualità , da far le spese a non so quante colonne cincischiate e ricamate di altri . Forse che un accento solo di novità vera non vale tutta una serie di modulazioni ? Così come c ’ è più spirito nella bestemmia di un ragazzo maleducato che in tutto lo « spiritualismo » confettato e interessato di un vecchio filosofo di mestiere ! Ma anche codesta è tutta una questione , da riprendere a miglior tempo ; che lo meriterebbe . Dico della questione , se ci sia realmente nella nostra prosa e nelle nostre voci liriche un progresso e un arricchimento , nel senso di quella che un Bellonci chiamerebbe coscienza delle « pause » e del « ritmo interno » ; oppure spiritualità . Credo veramente che ci sia . Ma bisogna renderne conto più esatto ; e non credere che sia una cosa nuova , nostra . E poi , bisogna mostrare che questo progresso è un po ’ in tutti ; senza possibilità di distinguere , o peggio , di ritenere inferiori , quelli che hanno raggiunto una felicità più immediata e semplice come appunto Papini e Soffici in paragone di quelli che devono contentarsi di qualche effetto più industrioso e in apparenza ! più raro , o addirittura si dibattono ancora in un travaglio iniziale , con un tormento che può apparire più ricco di possibilità in una forma astratta ed elementare , in cui la difficoltà e la pena rappresentano una sorta di grandezza scontata prima d ’ esser posseduta ...
L'AQUILA E LE VESPE ( CIARLANTINI FRANCO , 1926 )
StampaPeriodica ,
In queste ultime settimane si è acuito più che mai l ' interesse del pubblico italiano attorno al grave problema dei cambi ... S ' incontra un cialtrone qualsiasi , squattrinato e imbelle , e ti dice con quel certo sussiego enigmatico , proprio dei miliardari colpiti nel vivo da un rigido provvedimento fiscale o da un mal riuscito gioco di Borsa : - Hai visto il Cambio ? - E sono , per lo più , queste amabili persone che sostano davanti alle vetrine dei banchieri , le medesime che si smusano sui sommari dei giornali provinciali , che fan ressa davanti alle Corti di Assise , che si meravigliano davanti al pittore monco che dipinge sul marciapiede e al saltimbanco mangiaspade , che si logorano a guardare i fogli da mille esposti dal cambiavalute e dicono al vicino : - Ci vorrebbero , ma nelle nostre tasche - , che si recano alla benedizione per ingannare il tempo fino all ' ora di cena , e mettono in cima a tutti i loro pensieri lo svaghetto della sabatana coniugale . E si incontra anche il pingue borghese - pingue di biglietti da mille e di possessioni varie e pingue anche nell ' epa - e che magari si fregia di un distintivo fascista ampio come uno scudo - più grande il distintivo minore la fede ! - e ti insinua tra il sospiroso e il circospetto : - Hai visto dove è arrivata la sterlina ? Giuro che non vorrei essere nei panni di Mussolini ... Speriamo che non si prepari un cataclisma ... E tutti i pavidi , gli affaristi , gli indovini , i simoniaci , anche dopo il lapidario discorso del Duce all ' inaugurazione all ' Istituto dell ' Esportazioni , ciondolano qua e là la testa come cani incimurriti e guaiscono : - Avete visto ? sentito ? - Nei caffè , negli alberghi , nei ritrovi diurni e notturni , nei treni , in diligenza , essi , i competentoni in materia economica , notomizzano la bilancia economica e la bilancia finanziaria della Nazione , abburattano parole su parole sulle esportazioni e le importazioni , sdottoreggiano intorno ai provvedimenti del Governo Nazionale , intercalando ogni tanto il loro dire con dei si dice seguiti da ipocrite diffide a non crederci , sottilizzano sulle interpretazioni dei decreti e di ogni altro atto che si riferisca alle questioni del cambio e si accapannellano per bisbigliare sotto voce e magari all ' orecchio dei più semplici e creduli frasi misteriose , per subito dopo dire forte gravi parole di riprovazione per chi mette in giro certe voci , per i cattivi italiani vociatori , insulsi e canaglie , per i traditori del paese , insomma . Le turpi abitudini morali del passato riaggallano oggi perfino nell ' animo di molti fascisti che ritengono di possedere , con la tessera del Littorio , una sicura immunità per i loro pretenziosi ciangottamenti , e non si accorgono di essere due volte colpevoli di lesa disciplina patria , in quanto servono con le loro chiacchiere dissolventi il nemico e avallano con una millantata autorità presso gli ingenui le più sciocche panzane , frutto sovente di ciclopica ignoranza o fantastica efflorescenza di cervelli gretti , egoistici , incatenati al men indegno passato . C ' è però un Uomo in Italia che vive in un ' atmosfera superiore e a cui forse nemmeno giunge il molesto ronzio delle vespe . Nella stagione in cui i buoni borghesi si danno vacanza al mare o ai monti , il Duce va pellegrinando di caserma in caserma nella Capitale , e tiene sotto il suo sguardo di aquilotto ansioso di grandi voli i battaglioni quadrati dell ' esercito , gli avieri , i marinai ... Intorno a Lui sono gli uomini ferrati che condussero alla morte e alla gloria la nostra generazione : tempre gagliarde , decise a tutto , e che attendono dal suo sguardo il comando che spinge ad ogni ardimento . E tutti gli italiani non infrolliti attendono parole , che abbiano altro metallo di quelle dei frodatori sul rialzo e sul ribasso , e dei tepidi patrioti che condizionano la loro fede e il loro entusiasmo ai successi dei loro traffici . A costoro abbiamo voglia di dire : alzate il capo pesante di numeri e di cabale verso quest ' Uomo e tacete , ché tutte le vostre farneticazioni possono essere spolverate da una sua parola e da un suo comando !
VESTIRE ALLA FASCISTA ( SALVORI FRANCESCO , 1934 )
StampaPeriodica ,
Il momento ed il terreno per lanciare un nuovo tipo di abbigliamento maschile ( l ’ abbigliamento del XX secolo fascista e romano ) è ormai abbastanza preparato . Ora bisogna dunque tentare e , sopratutto , cominciare . Non abbiamo noi la pretesa né di presentare dei figurini né di lanciare concrete proposte anche nei dettagli . Sono , queste , cose che non si possono realizzare che dopo uno studio generale e comune fra tutti i sarti e tutti gli artisti che di moda si interessano . Stivaloni o pantaloni lunghi ? Giacche a un petto o a due petti ? Colori accesi oppure colori smorti ? Cappelli con ala o con visiera ? Caschi o berretti ? Ripetiamo : questo non è affar nostro . Si tenti e , sopratutto , si cominci a " sborghesire " gli attuali indumenti e a dar loro quel senso moderno ed attuale della nuova epoca che poco prima ci siamo sforzati di esprimere . A noi preme invece un ' altra cosa . Noi viviamo in un ' epoca corporativa , la quale è un ' epoca di militarizzazione permanente civile . Tutti i cittadini sono divisi in organizzazioni e categorie a seconda della professione che esercitano . Con un tipo di abito alla militare si potrebbero , su esso , applicare i distintivi od i colori della rispettiva arte cui ognuno appartiene . Anche nella vita privata e comune , anche nelle cose esteriori la nuova organizzazione politica e sociale del Fascismo troverebbe così la sua armonica e completa applicazione e il popolo si sentirebbe inquadrato in maniera più forte e formale , sempre dominato ( ciò che più importa ) da una severa legge di disciplina , di autocontrollo e di onore che , con l ' abito borghese , manca quasi del tutto . In maniera più fluida ed acuta penetrerebbe nelle vene di ciascun uomo un maggior amore per la propria professione , un più spiccato senso di solidarietà ed una più intima comprensione che la vita è disciplina e " clima duro . " Questa , della distinzione continua e formale sugli abiti dell ' arte o mestiere cui si appartiene , non è una novità . Se non erriamo , anche in antico , all ' epoca delle corporazioni comunali , ogni arte e professione aveva una sua speciale maniera di distinguersi con l ' abbigliamento ; distinzione magari espressa da un colore o da una particolare foggia dell ' abito o del berretto . Lo speziale era sempre distinguibile dall ' uomo di penna , il magistrato dal mercante e lo studente dal giovane già entrato in una carriera . Un ' altra cosa ancora . Il P . N . F . , con una recente deliberazione , ha istituito la divisa invernale del fascista . L ' esigere da tutti obbedienza a questa disposizione è cosa piuttosto difficile perché urtante con difficoltà di ordine finanziario . Facendo venire di moda un abbigliamento rispondente alle peculiari caratteristiche della nuova epoca , la divisa sarebbe già bella e pronta e non resterebbe che far aggiungere uno speciale distintivo e , per i gerarchi , il segno del loro grado . Opinioni ? Idee azzardate ? Può anche darsi . Distintivi di divisa e di corporazione o sindacato sono tutte cose secondarie . L ' essenziale è , invece , che la moda cambi , che si evolva , che si avvicini , si impersoni e si identifichi con la nuova epoca che noi Italiani abbiamo inaugurato ed esportato . Il popolo e l ' umanità hanno bisogno di questa evoluzione ed assai più di quello che a prima vista non lo si creda . L ' uomo checché se ne dica è schiavo del suo abito . L ' abito lo domina : e lo domina e lo plasma secondo il carattere da esso abito espresso . Lo ambienta infine a sé medesimo ; basta osservare il contegno , lo spirito ed il passo dello stesso uomo oggi in borghese e domani in divisa , vestito da passeggio oppure da sera . Gli italiani nuovi devono vivere come gli eroi ; se non tutti con i loro gesti magnanimi il che è impossibile almeno con i loro pensieri e con i loro desideri . Essere cioè eroi almeno con lo stile , il quale molto spesso è l ' anticamera della sostanza ...
MUSICHE 'ALLA JAZZ BAND' ( A.G. , 1934 )
StampaPeriodica ,
La musica alla " jazz band , " con tutti i suoi contorsionismi e tutti i suoi languori strumentali è quanto di più carnascialesco , orgiatico e molle si possa immaginare . Sa il pubblico anche il pubblico morigerato , quello che accompagna le proprie figliole agli onesti divertimenti quale è l ' origine , lo scopo e il significato di questa musica moderna ? Non lo crediamo . Il gran pubblico di buoni costumi quello ingenuo , di quella dolce ingenuità che vede il peccato solo quando lascia la sua macchia di unto o un po ' di zolfo infernale forse la crede un " tam tam " di selvaggi suonato prima della battaglia . Nossignori , invece : nulla di tutto ciò . Il motivo battezzato alla " jazz band " non è altro che la rappresentazione musicale dell ' amore libero e selvaggio . La " rumba " ? Con una di queste musiche i barbari danzano oscenissime danze maschi e femmine , nudi , completamente nudi , in doppia riga , una di fronte all ' altra in una plastica rappresentazione di ciò che comunemente , fra gente civile , avviene tra ben chiuse pareti domestiche . Non siamo né vecchi né moralisti , né abbiamo fatto le istitutrici in un educandato britannico . Tutt ' altro , anzi . Abbiamo però una coscienza morale ed una dose di buon senso , le quali cose ci fanno vedere e capire molti aspetti della vita che alla maggioranza possono trascorrere via completamente inosservati . È la musica un semplice sollazzo delle orecchie ? Non ci pare . Tutte le volte che abbiamo udita anche una semplice fanfara noi abbiamo sentito come svegliarsi qualcosa nelle più profonde latebre dell ' animo ed un sentimento , un desiderio , un trasporto prenderci tutti e dominarci . La musica è come un liquore che inebria sensi e cervello . Il " jazz " è una musica grassa , una musica che stempra il midollo spinale , una musica che suggerisce mollezze e lussurie e che consiglia assai più gli " ozi di Capua " di Annibalesca memoria che non la vita severa e continuamente lottante di un popolo civile e di altissimi sentimenti quale il nostro , specie nelle attuali giornate . Ecco : queste sono come le due premesse di un sillogismo . Noi ci chiediamo pertanto cosa può fare di bene in un popolo , messosi su un cammino di ascesa , tutto questo baccanale scimmiesco che idioti e snaturati compositori si sono un bel giorno messi in capo di rovesciare a torrenti sulle strade della nostra altissima civiltà ... Sì , questo desideriamo ripeterlo : l ' Italia è all ' avanguardia in mille cose ma ha ancora nel suo grembo alcuni anacronismi che dovrebbero essere tolti e , se occorre , anche con forza di legge . Uno di questi anacronismi è dato appunto dalla musica " alla jazz band , " cioè da quella caratteristica musica di quei popoli che dell ' amore ne fanno uno sport perché poi ne ripudiano i frutti se non addirittura li sopprimono come avviene in alcune tribù dell ' Oceano Pacifico e dove appunto guarda combinazione si danzano e si suonano le migliori e più indiavolate rumbe dell ' universo . Prolificità ? Sissignori ! Via allora anche la musica della gaudente sterilità ! Senza dubbio non è il caso di drammatizzare su cose quasi insignificanti . Dimenticarle però è assai peggior determinazione che l ' esagerarle ... "
IMPERO ( LA RASSEGNA , 1935 )
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Ma come si fabbrica un Impero ? Un Impero si comincia come una casa : non dal tetto , ma dalle fondamenta . Lo ricordino tutti : dalle fondamenta , cioè dal nulla . E perciò siano maledetti coloro che ancora sussurrano : " Impero ? Ma come lo volete fare l ' Impero , se ancora non avete i mezzi materiali per farlo ? Se vi manca il ferro e il petrolio ? " Costoro sono fra quelli che cominciano le case dal tetto : maledetti . Noi oggi dobbiamo dunque creare queste fondamenta . Ma dove le getteremo ? Come e quali saranno esse ? Eccoci davanti al problema Africa . In Africa sono le fondamenta del nostro Impero . Ivi , infatti , avremo un territorio , abbondanti materie prime con cui fare le armi ed essere indipendenti , nuova possibilità di aumentare il nostro numero , già forte e cospicuo , però , sin d ' ora . Problema africano ed affermazioni mussoliniane di indipendenza politica . Uniscano gli italiani di buona coscienza e di aperta intelligenza queste due cose e sappiano concludere . Cosa è per nascere ? Lo ripetiamo : un Impero ! Un Impero anzi è già nato : perché prima della conquista è necessario affermare la volontà di tale conquista . E questa volontà , a Roma ed a Cagliari , è già stata affermata . Praticamente , sappiano da essa gli Italiani immediatamente imparare che noi non dobbiamo più credere a nessuna amicizia , ma far tutto da soli . Essere cioè amici non per amare , ma per guadagnare . Anche questo è Impero : il suo primo inizio la sua condizione Imperare vuoi dire infatti non servire , ma comandare ! Non siamo ebbri di nulla . Nessun vino di entusiasmo ci annebbia . Mai anzi , come oggi , vedemmo lucido e chiaro nell ' avvenire . Salga pertanto , in quest ' ora così bella , avvampante e solare , un grido giocondo e selvaggio dai nostri petti : Italiani , il giogo della nostra soggezione è rotto ! Italiani , una nuova era comincia ! Italiani , oggi si marcia da soli ! Italiani , calpestiamo il giogo passato , onoriamo la nuova era di oggi e di domani , protendiamoci con tutte le armi , divinamente liberi , verso le grandi avventure dell ' avvenire !
IL NUOVO SQUADRISMO ( ARGO , 1935 )
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Giulio Ginnasi sul " Bargello " scrive : " I vecchi squadristi oggi si riscuotono lieti perché c ' è odore di battaglia e un nuovo squadrismo è sorto , non certo meno rilevante ed imponente di quello di una volta : lo squadrismo ch ' io oso chiamare corporativo . Chi non sarà in linea non avrà mai più il diritto di marciare al nostro fianco né di marciare , in ispecie , sotto quei gagliardetti che portano impressi i nomi dei nostri Eroi . " " Critica Fascista " molto opportunamente commenta : " Occhi aperti , dunque , e attenti a non ripetere molti errori dello squadrismo della vigilia , quando successe che a raccogliere i frutti dell ' ardimento e del sangue degli squadristi vennero molti di quelli che erano rimasti a braccia conserte o al riparo dai pericoli . " Molto bene entrambi , ma sopratutto bene , benissimo , " Critica Fascista . " Troppa , pericolosamente troppa è la zavorra , anche con cariche ed incarichi , encomi ed onorificenze , che ancora oggi porta il distintivo all ' occhiello mentre dovrebbe essere ai margini e qualcuno forse a meditare sul sole a scacchi . È però inutile prendersela troppo a cuore : sempre , i veri cavalieri dell ' ideale in quanto a capacità privata utilitaria sono stati dei fessi . Solo l ' uomo nudo è veramente eroe : e dalla nudità in tempo di pace si può conoscere quelli che sono stati condottieri in tempo di guerra !
IL CASO PIRANDELLO ( MARTELLO CARLO , 1935 )
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Chi è Pirandello ? Abbiamo promesso di non falsare le carte in tavola , non le falseremo . Pirandello ha rappresentato e rappresenta un momento glorioso del teatro italiano . Senza di lui il nostro palcoscenico , da oltre vent ' anni , non avrebbe visto altro che una miserevole poltiglia di piccoli drammi senza arte né fascino o nervo . Vi è nell ' arte di questo scrittore una grandezza ed una bellezza , più esattamente forse una genialità , che noi per primi riconosciamo ed onoriamo . Pirandello non fa però parte del nostro clima , del nostro tempo , della nostra passione rivoluzionaria . Non sappiamo davvero anche se come uomo , ma certo ed indubbio come scrittore . Di fronte a tale constatazione , frutto di istinto e di ragionamento nello stesso tempo , non possiamo rinunciare alla nostra insurrezione verso di lui . Per Pirandello il mondo si è fermato alla vigilia della guerra . Le idee di questo mondo , per lui , non hanno più camminato , i sentimenti , gli orgogli , gli impeti , le passioni sono rimasti immobili al livello giolittiano , dell ' Italia giolittiana che non voleva la guerra , metteva in berlina l ' eroismo , rinunciava all ' impero perché impero significa sacrificio ... È questo il Pirandello che noi chiamiamo nemico della Rivoluzione e quindi anche nostro . Fra la sua ani - ma e quella di noi , generazione fascista , vi è un abisso . Lui è ancora in mezzo al cerebralismo , schiavo , vittima e poeta di questo , noi siamo invece meno alti ma perciò più profondi ; noi siamo nell ' intimo dell ' anima umana che soffre ben altri drammi ed è combattuta da ben altre guerre che quelle pirandelliane fatte di ombre , che aspira a ben altre cose , che ha bisogno di vincere e vivere non di ricette astratte , ma di forza e fede : forza e fede umane . Non solo . Tutto il pensiero pirandelliano è ancora individualista , è il capolavoro , non solo italiano ma mondiale , dell ’ individualismo . Noi fascisti siamo invece tutti dominati , tutti presi , tutti commossi da una idea di popolo e prima ancora che da una tale idea , sopra di questa , siamo esaltati da un sogno di impero per il quale occorre la fusione perfetta dell ' uomo singolo e della massa : aristocrazia che combattendo conduce e popolo che seguendo combatte al pari . Noi fascisti siamo per il combattimento , siamo per la guerra , siamo per l ' eroismo , siamo tutti per un senso di umanità piena , spirito e carne , che deve salire , conquistare , vincere qualcosa che è in noi stessi e fuori di noi stessi , che è privatamente , singolarmente , individualisticamente nostro e nello stesso tempo di tutti : dei camerati , del popolo , della storia : la grandezza di quella grande immensa unica unità e famiglia terrena che nella mente del Pirandello , aristocrate della democrazia , non è mai passata : la Patria , una Patria non idea astratta da poeti , ma realtà continuamente vivente e di continuo vissuta non solo dai poeti , ma anche dagli operai , dai contadini , dai soldati . Ecco il distacco fra noi ( la nostra epoca ) e il grande Pirandello . Grande senza ironia . Come semplice artista , tornitore di frasi , dominatore perfetto della logica ( logica sua , naturalmente ) e del sillogismo , ragionatore dal metodo solido , limpido , persuasivo , sintetico , noi possiamo salutarlo come uno dei nostri , o quasi . Come pensatore , invece , assolutamente non ci è possibile catalogarlo né tra la vecchia né tra la nuova guardia fascista . Né ci si dica che la sua è una satira . È un satireggiare allora con troppa compiacenza . È antifascista Pirandello ? Sebbene intorno al 1930 o '31 abbia accordato una intervista nella quale annunciava la sua partenza per l ' America onde poter finalmente scoprire una vera gioventù ( ! ? ! ) , a noi il fatto di un suo antifascismo politico personale , qualora ancora dovesse esistere , ( e bisognerebbe provarlo ) in questo momento non ci interessa affatto . Può essere anche non solo un fascista , ma un fascistone , un fasciatissimo come tanti ve ne sono , di super - commendatori , ad ogni passo , con pancetta ed un fervorino sempre pronto sulla punta de la lingua : è certo che come scrittore e pensatore di libri e di drammi non è fascista perché afascista . Essendo afascista , è inutile oggi anno XIII voler sofisticare , è un antifascista anche se , come lo speriamo , non intenzionalmente ...
'EJA, EJA, EJA, ALALÀ' ( C.F. , 1935 )
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Quello ch ' è diventato il grido della nostra Rivoluzione , il grido della nuova stirpe risorta per volontà d ' un Uomo sulle orme incancellabili di Roma ; quel grido suggellato col sangue e consacrato dal sangue , quel grido che erompendo come un ruggito da mille e mille petti seppe incitare e trascinare a tutte le imprese ed abbattere tutti gli ostacoli , quel grido che appena udibile nell ' incalzante imperio della morte fu l ' ultimo addio sulle labbra di tante giovinezze sacrificatesi ; quel grido , non poteva essere il risultato di una fredda elucubrazione d ' etimologo , la riesumazione da indecifrabili e muffosi papiri . Più vibrante e più ardente natale doveva avere , e lo ebbe . Fu concepito in una notte di agosto guerriero sotto la più pura e la più bella volta stellata , nella immensità vigile e serena d ' un campo di guerra , accanto a macchine pulsanti già apparecchiate ad una impresa arditissima , innanzi ad un gruppo di uomini arditissimi : ed uscì luminoso e armonioso dal cuore e dalla spontaneità d ' un uomo arditissimo , poeta e guerriero Gabriele d ' Annunzio . Ha una etimologia la parola "ALALA." " Allora , " dice il poeta , " di improvviso , non dalle mie memorie di scuola , ma dalla mia oscurità più profonda , sorse l ' altro grido che mi attraversò il petto come un guizzo di strale " : il grido che ha il sentore di tutti gli spazii e di tutte le immensità , di tutto ciò che è glorioso e arditamente osabile ; il grido che ha l ' aspro sapore delle marine ... Ma lasciamo per intiero al Poeta descrivere , colla sua parola , il sorgere di questo grido . È la notte del 9 agosto 1917 , nel campo della Comina , in quel Friuli , Olocausto d ' Italia , che soffrì l ' amarezza della dominazione nemica , per far più alta sentire nel risentimento la vergogna dell ' onta e più alto il bisogno del riscatto . " I meccanici , " racconta il Poeta , " avevano già mosso le eliche . Le fiamme verdi rosse azzurre gialle , versicolori come il velo d ' Iride , già irrompevano dai tubi di scarico . La bellezza crinita dei velivoli si accendeva nell ' afa buia . Tutti avevano già le loro trecce di fuoco , avevano già la loro pulsazione di folgore . A ogni tratto i miei compagni impazienti , superando il rombo , mi gettavano l ' urrà , mi scagliavano l ' urlo barbarico che ci venne dalla patria degli ukase , e che è la benedizione del pontefice moscovita . Scotevo la testa , minacciavo con la mano . Si ostinavano . Allora d ' improvviso , non dalla mia memoria di scuola , ma dalla mia oscurità più profonda , sorse l ' altro grido attraversò il petto come un guizzo di strale . 'Compagni.' E tutti si radunarono intorno . E quando io ebbi parlato , tutti si mondarono la bocca dell ' urrà col rovescio della mano . E tutti , subito , trovarono il nuovo tono , come se fossero giovani Achei dalle belle gambiere trasportati nel mito d ' Icaro . Comandai : Silenzio . Non qui ma laggiù , su Pola romana , consacreremo il grido della nuova forza d ' Italia . Quando tutte le bombe sieno state mandate al segno , ciascun equipaggio , prima di virare la rotta del ritorno , si leverà in piedi , compreso il pilota di destra , e lancerà il grido attraverso i fuochi di sbarramento . Chi si trovò una volta sopra Pola , di notte , sa qual fosse l ' inferno delle batterie e dei proiettori . Il comando fu eseguito con una divina fierezza . L ' ALALA fu inaugurato al vertice della più bella virtù giovanile . Summa petit . Sulla rotta del ritorno ci pareva che tutte le stelle fossero da noi conquistate all 'Italia." Era quel grido : " EJA ! EJA ! EJA ! ALALA " ... Poi il grido conquistò rapido tutto il fronte e fu il segno dell ' ardimento e della vittoria , nei cieli e sui mari , oltre al Piave , fino a S . Giusto . Da San Giusto rimbalzò a Fiume con la più audace delle imprese guerriere e ribelli di nostra gente . Ivi divampò per mesi e mesi e fu il supremo viatico della resistenza e della passione . Contemporaneamente l ' " alalà " guerriero spuntò , più alto dei gagliardetti , nelle squadre fasciste e ne accompagnò tutte le riscosse , tutte le vittorie e tutti i sacrifici e divenne il grido della nuova Italia . Oggi l ' antico " alalà " del cielo di Pola allieta spiagge e campeggi di giovani italiani in camicia nera e romba alto nelle formazioni della Milizia . È presente in tutti i momenti di fede e di passione , indistruttibile e inseparabile nell ' animo della camicia nera . Ma di nuovo riecheggerà guerriero e battagliero in lontani lidi africani a testimoniare ed affermare la volontà imperiale e romana della Patria fascista .