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Kissinger rivela ( Fallaci Oriana , 1972 )
StampaPeriodica ,
Washington , novembre . - Quest ' uomo troppo famoso , troppo importante , troppo fortunato , che chiamano Superman , Superstar , Superkraut , e imbastisce alleanze paradossali , raggiunge accordi impossibili , tiene il mondo col fiato sospeso come se il mondo fosse la sua scolaresca di Harvard . Questo personaggio incredibile , inspiegabile , in fondo assurdo , che s ' incontra con Mao Tse - tung quando vuole , entra nel Cremlino quando ne ha voglia , sveglia il presidente degli Stati Uniti e gli entra in camera quando lo ritiene opportuno . Questo quarantottenne con gli occhiali a stanghetta , dinanzi al quale James Bond diventa un ' invenzione priva di pepe . Lui non spara , non fa a pugni , non salta da automobili in corsa come James Bond , però consiglia le guerre , finisce le guerre , decide del nostro destino e lo cambia . Ma chi è , insomma , Henry Kissinger ? Qual è il suo vero aspetto , il suo vero carattere , la sua vera personalità ? Cosa pensa , cosa sente , ora che tutti si chiedono ansiosi : « Allora , la pace in Vietnam , la fa o non la fa ? Allora , l ' accordo con Hanoi , lo firma o non lo firma ? Allora , il presidente Thieu , lo abbandona o non lo abbandona ? » . Su di lui si scrivono libri come sulle grandi figure digerite ormai dalla storia . Libri sul tipo di quello che illustra la sua formazione politico - culturale , Kissinger e gli usi del potere , dovuto all ' ammirazione di un collega di università ; libri sul tipo di quello che canta le sue doti di seduttore , Caro Henry , dovuto all ' amore non corrisposto di una giornalista francese . Col suo collega di università non ha mai voluto parlare . Con la giornalista francese non è mai voluto andare a letto . A entrambi allude con una smorfia di sdegno ed entrambi li liquida con un gesto sprezzante della mano cicciuta : « Non capisce nulla » , « Non è vero nulla » . La sua biografia è oggetto di ricerche che rasentano il culto . Chiunque sa che è nato a Furth , in Germania , nel 1923 : figlio di Luis Kissinger , insegnante in una scuola media , e di Paula Kissinger , massaia . Sa che la sua famiglia è ebrea , che quattordici dei suoi parenti morirono nei campi di concentramento , che insieme al padre e alla madre e al fratello Walter fuggì nel 1938 a Londra e poi a New York . A quel tempo aveva quindici anni e si chiamava Heinz , mica Henry , e non sapeva una parola d ' inglese . Ma lo imparò molto presto . Mentre il padre faceva l ' impiegato in un ufficio postale e la madre apriva un negozio di pasticceria , studiò così bene da essere ammesso a Harvard e laurearsi a pieni voti con una tesi su Spengler , Toynbee e Kant , poi diventarvi professore . Si sa che a ventun anni fu soldato in Germania , dove era con un gruppo di GI selezionati da un test e giudicati così intelligenti da sfiorare il genio . Gli affidarono per questo , e malgrado la giovane età , l ' incarico di organizzare il governo di Krefeld , una città tedesca rimasta senza governo . Infatti a Krefeld fiorì la sua passione per la politica : una passione che avrebbe appagato diventando consigliere di Kennedy , di Johnson , e poi assistente di Nixon . Kissinger , oggi , è il secondo uomo più potente d ' America . Sebbene alcuni sostengano che sia molto di più : la storiella che circola a Washington da qualche tempo dice : « Pensa cosa succederebbe se morisse Kissinger : Nixon diventerebbe presidente degli Stati Uniti ... » . Lo chiamano la balia mentale di Nixon . Per lui e per Nixon hanno coniato un cognome malvagio e rivelatore : Nixinger . Il presidente non può fare a meno di lui . Lo vuole sempre accanto : in ogni viaggio , ogni cerimonia , ogni cena ufficiale , ogni vacanza . Soprattutto , in ogni decisione . Se Nixon decide di andare a Pechino sbalordendo la destra e la sinistra , è Kissinger che gli ha messo in testa di andare a Pechino . Se Nixon decide di recarsi a Mosca per confondere Oriente e Occidente , è Kissinger che gli ha suggerito di recarsi a Mosca . Se Nixon decide di venire a patti con Hanoi e abbandonare Thieu , è Kissinger che lo ha convinto a quel passo . La sua casa è la Casa Bianca . Quando non è in viaggio a far l ' ambasciatore , l ' agente segreto , il ministro degli Esteri , il patteggiatore , entra alla Casa Bianca di primo mattino e ne esce di sera . Alla Casa Bianca porta perfino la biancheria da lavare : raccogliendola disinvoltamente in pacchetti di carta che non si capisce bene dove vadano a finire . Nella lavanderia privata di Nixon ? Alla Casa Bianca , spesso , ci mangia . Non ci dorme perché non potrebbe portarci le donne . Divorziato da nove anni , delle sue avventure galanti ha fatto un mito che alimenta con cura : sebbene molti ci credano poco . Attrici , attricette , cantanti , modelle , produttrici , giornaliste , ballerine , miliardarie , gli piacciono tutte . O si comporta come se gli piacessero tutte : cosciente del fatto che ciò aumenta il suo glamour , la sua popolarità , le fotografie sui settimanali . È anche l ' uomo più chiacchierato d ' America , il rubacuori di nuovo tipo . Fanno moda i suoi occhiali da miope , i suoi ricciolini da ebreo , i suoi completi sobri con la cravatta seria , la sua falsa andatura da ingenuo che ha scoperto il piacere . Eppure l ' uomo resta un mistero , come il suo successo senza paragoni . E la ragione di tale mistero è che avvicinarlo per penetrarlo è difficilissimo : di interviste individuali lui non ne dà , parla solo alle conferenze stampa indette dalla presidenza . Quindi non ho ancora capito perché accettasse di vedere me , appena tre giorni dopo aver ricevuto una mia lettera priva di illusioni . Lui dice che è per la mia intervista col generale Giap , fatta ad Hanoi nel febbraio del Sessantanove . Può darsi . Però resta il fatto che dopo lo straordinario « sì » cambiò idea e decise di vedermi a una condizione : star zitto . Durante l ' incontro , a parlare sarei stata io e da ciò che avrei detto egli avrebbe deciso se darmi l ' intervista o no : ammesso che ne trovasse il tempo . Successe alla Casa Bianca , lo scorso giovedì 2 novembre . A mezzogiorno , puntuale , arrivò frettoloso e senza un sorriso mi disse : « Good morning , miss Fallaci » . Poi , sempre senza sorrisi , mi fece entrare nel suo studio elegante e pieno di libri , telefoni , fogli , quadri astratti , fotografie di Nixon , e mi dimenticò : mettendosi a leggere , le spalle voltate , un lungo dattiloscritto . Fu un po ' imbarazzante restarmene lì in mezzo alla stanza , mentre lui leggeva il dattiloscritto e mi voltava le spalle . Fu anche un po ' strano . Però mi permise di studiarlo prima che lui studiasse me . E non solo per scoprire che non è seducente , così basso e tarchiato e oppresso da quel testone di ariete : per scoprire , soprattutto , che non è disinvolto , non è sicuro di sé . Prima di affrontare qualcuno ha bisogno di prendere tempo e proteggersi con la sua autorità . Fenomeno frequente , in fondo , nei timidi che vogliono nascondere d ' essere timidi e in tale sforzo finiscono col sembrare sgarbati . O esserlo davvero . Esaurita la lettura di quel dattiloscritto , meticolosa e attenta a giudicar dal tempo che gli prese , si girò finalmente verso di me e m ' invitò a seder sul divano . Poi sedette sulla poltrona accanto , più alta del divano , e da questa posizione strategica di privilegio cominciò a interrogarmi col tono di un professore che fa l ' esame a un allievo di cui si fida poco . Assomigliava , ricordo , al mio insegnante di matematica e fisica presso il liceo Galilei di Firenze : un tipo che odiavo perché si divertiva a farmi paura , fissandomi con ironia dietro gli occhiali . Di quel professore aveva perfino la voce baritonale , anzi gutturale , e il modo di appoggiarsi alla spalliera della poltrona cingendola col braccio destro , il modo di accavallare le gambe pienotte mentre la giacca si tira sul ventre e rischia di far saltare i bottoni . Se voleva mettermi a disagio , ci riuscì perfettamente . L ' incubo dei miei giorni di scuola mi aggredì al punto che , a ogni sua domanda , pensavo : " Oddio , la saprò questa cosa ? Se non la so , mi boccia " . La prima domanda fu sul generale Giap . « Come le ho detto io non do mai interviste individuali . La ragione per cui mi accingo a considerare l ' eventualità di darne una a lei è che lessi la sua intervista con Giap . Very interesting . Molto interessante . Che tipo è Giap ? » Lo chiese con l ' aria di aver poco tempo a disposizione , così m ' imposi di riassumere tutto con una battuta a effetto e risposi : « Uno snob francese , mi parve . Insieme gioviale e arrogante , in fondo noioso come un professore . Più che un ' intervista però mi dette una conferenza . Mi consentì poche domande . E non m ' impressionò . Però ciò che mi disse risultò davvero esatto » . Minimizzare agli occhi di un americano il personaggio di Giap è quasi un insulto : ne sono tutti un po ' innamorati , come lo furono di Rommel . L ' espressione « snob francese » lo lasciò quindi smarrito . Forse non la capì . La rivelazione che fosse « noioso come un professore » lo disturbò : sa di avere lui stesso le stigmate del tipo noioso e per ben due volte il suo sguardo azzurro lampeggiò in modo ostile . Il particolare che lo colpì maggiormente , però , fu quello che io dessi credito a Giap d ' avermi previsto cose esatte . Infatti m ' interruppe e : « Esatte perché ? » . Perché Giap aveva annunciato nel 1969 ciò che sarebbe successo nel 1972 , replicai . « Ad esempio ? » Ad esempio il fatto che gli americani si sarebbero ritirati a poco a poco e poi avrebbero abbandonato quella guerra che costava sempre più soldi , rischiava perciò di condurli sull ' orlo dell ' inflazione . Lo sguardo azzurro lampeggiò di nuovo . « E quale fu , a suo parere , la cosa più importante che le disse Giap ? » L ' avere sconfessato , in sostanza , l ' offensiva del Tet attribuendola ai soli vietcong . Stavolta lui non commentò . Chiese soltanto : « Ritiene che l ' iniziativa fosse partita dai vietcong ? » . « Forse sì , dottor Kissinger . Lo sanno tutti che a Giap piacciono le offensive coi carri armati , alla Rommel . Infatti l ' offensiva di Pasqua la fece alla Rommel e ... » « Ma l ' ha persa ! » protestò . « L ' ha proprio persa ? » ribattei . « Cosa le fa pensare che non l ' abbia persa ? » « Il fatto che lei abbia accettato un accordo che non piace a Thieu , dottor Kissinger . » E , tentando di strappargli qualche notizia , aggiunsi in tono distratto : « Thieu non cederà mai » . Cadde nel piccolo tranello . Rispose : « Cederà . Deve » . Abbandonato Giap , l ' esame si concentrò su Thieu : il suo terreno minato . Mi chiese cosa pensassi di Thieu . Gli dissi che non m ' era mai piaciuto . « E perché non le è mai piaciuto ? » « Dottor Kissinger , lo sa meglio di me . Lei ci ha sudato tre giorni , con Thieu , anzi quattro . » Ciò gli strappò un sospiro di assenso e una smorfia che a ripensarci stupisce . Kissinger sa controllare in modo perfetto la faccia , ben difficilmente permette alle sue labbra e ai suoi occhi di denunciare un ' idea o un sentimento . Ma in quel primo incontro , chissà perché , si controllò poco . Ogni volta che dissi qualcosa contro Thieu annuì o sospirò leggermente o sorrise con complicità : quasi me ne fosse grato . Dopo Thieu mi interrogò su Cao Ky e Do Cao Tri . Del primo disse che era un debole e chiacchierava troppo . Del secondo disse che gli dispiaceva non averlo conosciuto . « Era davvero un gran generale ? » . Sì , confermai , un gran generale e un generale coraggioso : l ' unico generale che avessi visto andare in prima linea e in combattimento . Anche per questo , suppongo , lo avevano assassinato . « Assassinato ! ? Da chi ? » . « Non certo dai vietcong , dottor Kissinger . L ' elicottero non cadde perché era stato colpito da un mortaio , ma perché qualcuno aveva manomesso le pale . E certo Thieu non pianse , nemmeno Cao Ky . Stava creandosi una leggenda intorno a Do Cao Tri . E inoltre egli parlava così male dei due . Anche durante la mia intervista li aveva attaccati senza pietà . » La cosa lo turbò più del fatto che criticassi più tardi l ' esercito sudvietnamita . Ciò avvenne quando mi chiese dell ' ultima volta che ero stata a Saigon e di ciò che vi avevo visto . Gli dissi di aver visto un esercito che non valeva un fico e , quando motivai tale condanna , il suo volto assunse un ' espressione perplessa . Infatti , sospettando che recitasse , scherzai : « Dottor Kissinger , non mi dica che ha bisogno di me per saper queste cose . Lei che è l ' uomo più informato del mondo ! » . Ma non stette allo scherzo e rimase perplesso . Al quindicesimo minuto di colloquio , quando mi mangiavo le mani per aver accettato quell ' assurda intervista da parte di colui che volevo intervistare , dimenticò un poco il Vietnam e , col tono del reporter zelante , mi chiese quali fossero i capi di Stato che mi avevano impressionato di più . ( Il verbo impressionare gli piace . ) Rassegnata gli feci l ' elenco . Fu d ' accordo soprattutto su Bhutto : « Molto intelligente , molto brillante » . Non fu d ' accordo su Indira Gandhi : « Davvero le è piaciuta Indira Gandhi ? ! ? » . Neanche volesse giustificare la cattiva scelta che aveva suggerito a Nixon durante il conflitto indo - pakistano , quando s ' era schierato a favore dei pakistani che avrebbero perso la guerra e contro gli indiani che l ' avrebbero vinta . Di un altro capo di Stato , su cui avevo detto che non m ' era sembrato intelligentissimo ma mi era piaciuto moltissimo , disse : « L ' intelligenza non serve per fare i capi di Stato . La dote che conta , nei capi di Stato , è la forza . Il coraggio , l ' astuzia , e la forza » . Tengo la frase fra le più interessanti che m ' abbia detto , con o senza il registratore . Illustra il suo tipo , la sua personalità . L ' uomo ama la forza , anzitutto . Il coraggio , l ' astuzia , e la forza . L ' intelligenza lo interessa assai meno , sebbene ne possegga in abbondanza . L ' ultimo capitolo dell ' esame nacque dalla domanda che meno mi aspettavo : « Cosa pensa che accadrà col cessate il fuoco ? » . Presa alla sprovvista , dissi la verità . Dissi che lo avevo scritto nella mia corrispondenza appena pubblicata sull ' « Europeo » : sarebbe avvenuto un bagno di sangue , dalle due parti . « E il primo a incominciare sarà proprio il suo amico Thieu . » Balzò su : « Amico mio ? » . « Be ' , insomma Thieu . » « E perché ? » « Perché prima ancora che i vietcong provvedano alle loro stragi , nelle prigioni e nei penitenziari egli farà una carneficina . Non ci saranno molti neutralisti e molti vietcong a far parte del governo provvisorio dopo il cessate il fuoco ... » Lui aggrottò la fronte , restò un po ' zitto , infine disse : « Anche lei crede nel bagno di sangue . Ma ci saranno i supervisori internazionali ! » . « Dottor Kissinger , anche a Dacca c ' erano gli indiani . Non riuscirono mica a impedire i massacri fatti dai mukti bahini a spese dei bihari » . « Già . Già . E se ... E se ritardassimo l ' armistizio di un anno o due ? » « Come , dottor Kissinger ? » « E se ritardassimo l ' armistizio di un anno o due ? » ripeté . Mi sarei tagliata la lingua , avrei pianto . Credo anzi di aver alzato verso di lui due occhi lucidi : « Dottor Kissinger , non mi dia l ' angoscia di averle messo in testa una cosa sbagliata . Dottor Kissinger , la carneficina reciproca avverrà comunque : oggi , tra un anno , due anni . E se la guerra continua ancora un anno , due anni , oltre ai morti di quella carneficina dovremo contare i morti per i bombardamenti e i combattimenti . Mi spiego ? Dieci più venti fa trenta . Sono meglio dieci morti o trenta morti ? » . Su questa storia , del resto , non dormii per due notti e quando ci rivedemmo per l ' intervista glielo confessai . Lui mi consolò dicendo che non mi facessi turbare da complessi di colpa , che il mio calcolo matematico era esatto : meglio dieci che trenta . Tuttavia l ' episodio mi buca ancora il cuore . È un uomo che ascolta tutto , registra tutto come un computer . E quando sembra che abbia buttato via un ' informazione ormai vecchia e non buona , la ritira fuori come se fosse freschissima e buona . Al venticinquesimo minuto circa , decise che avevo passato gli esami . Forse mi avrebbe dato l ' intervista . Però restava un particolare che lo disturbava un po ' : ero una donna , e proprio con una donna , la giornalista francese che aveva scritto il libretto Dear Henry , egli aveva avuto un ' esperienza infelice . Magari , e con tutte le mie buone intenzioni , anch ' io lo avrei messo in imbarazzo . Mi arrabbiai . Certo non potevo dirgli ciò che mi bruciava le labbra : vale a dire che non avevo alcuna intenzione di innamorarmi di lui , e tormentarlo con una corte spietata . Ma potevo dirgli altre cose , e gliele dissi : che non mi mettesse nella situazione in cui m ' ero trovata a Saigon nel 1968 quando , per la figuraccia fatta da un italiano vigliacco , ero stata costretta ad abbandonarmi ad audacie che non mi divertono affatto . Non ero responsabile allora della viltà di un tale che aveva un passaporto italiano , e non ero responsabile ora del cattivo gusto di una signora che faceva il mio stesso mestiere . Così non dovevo pagarne il prezzo : se era necessario , sarei andata da lui con un paio di baffi . Ne convenne senza abbandonarsi a un sorriso , e mi annunciò che avrebbe trovato un ' ora durante la giornata di sabato . Alle dieci di sabato 4 novembre ero di nuovo alla Casa Bianca . Alle dieci e mezzo entravo di nuovo nel suo ufficio e aprivo il registratore . Ma l ' intervista durò meno di un ' ora : fu interrotta cinque o sei volte da chiamate , telefonate in partenza e in arrivo , note presidenziali . Poi , proprio sul più bello , mentre lui denunciava l ' essenza inafferrabile del suo personaggio , uno dei telefoni squillò di nuovo . Era Nixon e : poteva il dottor Kissinger passare un attimo da lui ? Certo , signor presidente . Scattò in piedi , mi disse di aspettarlo , avrebbe cercato di darmi ancora un po ' di tempo , uscì dalla stanza , e non lo rividi più . All ' una del pomeriggio il suo assistente Dick Campbell venne tutto imbarazzato a spiegarmi che il presidente partiva per la California : il dottor Kissinger doveva partire con lui . Non sarebbe tornato a Washington prima di martedì sera , quando avrebbero incominciato lo spoglio dei voti , ma dubitava fortemente che potessi concludere l ' intervista in quei giorni . Se avessi potuto aspettare la fine di novembre , quando tante cose si sarebbero chiarite ... La fine di novembre era una data che lo stesso Kissinger s ' era lasciata scappare : così denunciando la sua convinzione ( o speranza ) di firmare l ' accordo entro le prossime tre settimane . Ma valeva la pena cercare la conferma di un ritratto che avevo già in mano ? Un ritratto che nasce da una confusione di linee , colori , risposte evasive , frasi reticenti , silenzi irritanti . Sul Vietnam , ovvio , non poteva dirmi di più e mi stupisco che abbia detto tanto : che quella guerra finisca o continui , dipende in fondo da lui , non può permettersi il lusso di compromettere tutto con una parola di più . Su se stesso però non aveva certi problemi e , tuttavia , ogni qualvolta gli rivolgevo una domanda precisa , si irrigidiva e sfuggiva come un ' anguilla . Un ' anguilla più ghiaccia del ghiaccio . Dio , che uomo ghiaccio . Per tutta l ' intervista non mutò mai quella espressione senza espressione , quello sguardo ironico o duro , non alterò mai il tono di quella voce monotona , triste , sempre uguale . L ' ago del registratore si sposta quando una parola è pronunciata in tono più alto o più basso . Con lui restò fermo e , più di una volta , detti un colpo di tosse per accertarmi che tutto funzionasse bene . Sai il rumore ossessionante , martellante , della pioggia che cade sul tetto ? La sua voce è così . E , in fondo , anche i suoi pensieri : mai turbati da un desiderio di fantasia , da un disegno di bizzarria , da una tentazione di errore . Tutto è calcolato in lui , controllato come nel volo di un aereo guidato dal pilota automatico . Pesa ogni frase , fino al milligrammo . Non gli scappa nulla che non intenda dire perché rientra nella meccanica di una utilità . Le Duc Tho deve aver sudato cento camicie in quei giorni e Thieu deve aver piegato la sua astuzia a una prova durissima . Henry Kissinger ha i nervi e il cervello di un giocatore di scacchi . Naturalmente troverai tesi che prendono in considerazione altri lati del suo personaggio : ad esempio , il fatto che sia inequivocabilmente un ebreo e irrimediabilmente un tedesco . Ad esempio il fatto che , come ebreo e come tedesco , trapiantato in un paese che guarda ancora con sospetto agli ebrei e ai tedeschi , si porti addosso un mucchio di modi , di contraddizioni , di risentimenti , e forse di umanità nascosta . Dimenticando che malgrado ciò siede in cima alla piramide , puoi anche trovare in lui gli elementi del personaggio che s ' innamora di Marlene Dietrich nel film L ' angelo azzurro . La sua debolezza per le donne gli è già costata un matrimonio : prima o poi , dicono , perderà la testa per una di quelle bellezze che se lo contendono solo perché si chiama Henry Kissinger e rende in pubblicità . È possibile . Però , ai miei occhi , egli resta il tipico eroe di una società dove tutto è possibile : perfino che un austero professore di Harvard , uso a scrivere barbosissimi libri di storia e saggi sul controllo dell ' energia atomica , divenga una specie di divo che governa insieme al presidente , una specie di playboy che assesta i rapporti fra le grandi potenze e interrompe le guerre , un enigma che si cerca di decifrare senza accorgersi che probabilmente non c ' è nulla o quasi nulla da decifrare . Perché , qui , anche l ' avventura si veste di grigio . Mi chiedo ciò che prova in questi giorni , dottor Kissinger . Mi chiedo se anche lei sia deluso come noi , come la maggior parte del mondo . È deluso , signor Kissinger ? Deluso ? E perché ? Cos ' è successo , in questi giorni , per cui dovrei esser deluso ? Una cosa non allegra , dottor Kissinger : malgrado lei avesse detto che la pace era « a portata di mano » , e malgrado avesse confermato che l ' accordo coi nordvietnamiti era stato raggiunto , la pace non è venuta . La guerra continua come prima e peggio di prima . La pace ci sarà . Siamo decisi ad averla e ci sarà . Ci sarà entro poche settimane e anche meno , cioè subito dopo la ripresa dei negoziati coi nordvietnamiti per l ' accordo definitivo . Così dissi dieci giorni fa e così ripeto . Sì , la pace avverrà in uno spazio di tempo ragionevolmente breve se Hanoi accetta un ' altra seduta prima di firmare l ' accordo , una seduta per definire i dettagli , e se l ' accetta nello stesso spirito e con lo stesso atteggiamento tenuto in ottobre . Quei « se » sono l ' unica incertezza degli ultimi giorni . Ma è un ' incertezza che non voglio nemmeno considerare : lei si lascia prendere dal panico e in queste cose non bisogna lasciarsi prendere dal panico . Neanche dall ' impazienza . Il fatto è che ... Insomma , per mesi abbiamo condotto questi negoziati e voi giornalisti non ci avete creduto . Avete continuato a dire che essi non avrebbero approdato a nulla . Poi , all ' improvviso , avete gridato alla pace già fatta e infine ora dite che i negoziati sono falliti . Così dicendo ci misurate la febbre ogni giorno , quattro volte al giorno . Ma la misurate dal punto di vista di Hanoi . E ... badi bene : io capisco il punto di vista di Hanoi . I nordvietnamiti volevano che noi firmassimo il 31 ottobre : il che era ragionevole e irragionevole insieme e ... No , non intendo polemizzare su questo . Ma vi eravate impegnati a firmare il 31 ottobre ! Io dico e ripeto che furono loro a insistere per questa data e che , per evitare un dibattito astratto su date che allora apparivano addirittura teoriche , dicemmo che avremmo fatto ogni sforzo per concludere i negoziati entro il 31 ottobre . Ma fu sempre chiaro , almeno per noi , che non avremmo potuto firmare un accordo in cui restavano da definire dettagli . Non avremmo potuto osservare una data solo perché , in buona fede , avevamo promesso di fare ogni sforzo per osservarla . Così a che punto siamo ? Al punto che quei dettagli restano da definire e che un nuovo incontro è indispensabile . Loro dicono che non è indispensabile , che non è necessario . Io dico che è indispensabile e che ci sarà . Ci sarà non appena i nordvietnamiti mi chiameranno a Parigi . Ma siamo soltanto al quattro novembre , oggi è il 4 novembre , e posso capire che i nord - vietnamiti non vogliano riprendere i negoziati pochi giorni dopo la data in cui avevano chiesto di firmare . Posso capire questo loro rinvio . Ma non è concepibile , almeno per me , che essi rifiutino un ' altra seduta . Proprio ora che abbiamo percorso il novanta per cento della strada e stiamo raggiungendo la meta . No , non sono deluso . Lo sarò , certo , se Hanoi vorrà rompere l ' accordo , se Hanoi vorrà rifiutare di discutere ogni modifica . Ma non posso crederci , no . Non posso neanche sospettare che si sia giunti così lontano per fallire su una questione di prestigio , di procedura , di date , di sfumature . Eppure hanno l ' aria d ' essersi proprio irrigiditi , dottor Kissinger . Sono tornati a un vocabolario duro , hanno fatto accuse pesanti , quasi insultanti per lei ... Oh , questo non significa nulla . È successo anche prima e non ci abbiamo mai dato peso . Direi che il vocabolario duro , le accuse pesanti , magari gli insulti rientrano nella normalità . Nell ' essenza , nulla è cambiato . Dopo martedì 31 ottobre , cioè da quando qui ci siamo calmati , voi continuate a chiederci se il malato è ammalato . Però io di malattie non ne vedo . E ritengo davvero che le cose si svolgeranno più o meno come affermo . La pace , ripeto , avverrà nel giro di poche settimane dopo la ripresa dei negoziati . Non nel giro di molti mesi . Nel giro di poche settimane . Ma quando riprenderanno i negoziati ? È questo il punto . Non appena Le Duc Tho vorrà rivedermi . Sto qui ad aspettare . Ma senza sentirmi inquieto , glielo assicuro . Perbacco ! Prima , fra incontro e incontro passavano due o tre settimane ! Non vedo perché ora ci si debba angosciare se passano giorni . La sola ragione del nervosismo che vi ha preso tutti è che la gente si chiede : « Ma questi negoziati riprenderanno ? » . Quando eravate cinici e non credevate che accadesse qualcosa , non vi accorgevate mai che il tempo passasse . Siete stati troppo pessimisti all ' inizio , poi troppo ottimisti dopo la mia conferenza - stampa , e ora siete di nuovo troppo pessimisti . Non volete mettervi in testa che tutto sta procedendo come io ho sempre pensato dal momento in cui ho detto che la pace era a portata di mano . Allora calcolai un paio di settimane , mi sembra . Ma anche se dovessero essere di più ... Basta , non voglio parlare più del Vietnam . Non posso permettermelo , in questo momento . Ogni parola che dico diventa notizia . Alla fine di novembre forse ... Senta , perché non ci vediamo alla fine di novembre ? Perché è più interessante ora , dottor Kissinger . Perché Thieu , per esempio , l ' ha sfidata a parlare . Legga questo ritaglio del « New York Times » . Porta la frase di Thieu : « Chiedetelo a Kissinger quali sono i punti che ci dividono , quali sono i punti che non accetto » . Mi faccia leggere ... Ah ! No , non gli risponderò . Non terrò conto di questo invito . Ha già risposto lui , dottor Kissinger . Lo ha già detto lui che il punto dolente nasce dal fatto che , secondo l ' accordo da lei accettato , le truppe nordvietnamite resteranno nel Vietnam del Sud . Dottor Kissinger , crede che riuscirà mai a convincere Thieu ? Crede che l ' America dovrà firmare con Hanoi separatamente ? Non me lo chieda . Io devo attenermi a ciò che ho detto pubblicamente dieci giorni fa ... Non posso , non devo considerare un ' ipotesi che penso non si verificherà . Un ' ipotesi che non deve verificarsi . Io posso dirle soltanto che noi siamo determinati a fare questa pace , e che la faremo comunque , nel più breve tempo possibile dopo il mio nuovo incontro con Le Duc Tho . Thieu può dire ciò che vuole . È affar suo . Dottor Kissinger , se le mettessi una rivoltella alla tempia e le ingiungessi di scegliere tra una cena con Thieu e una cena con Le Duc Tho ... chi sceglierebbe ? Non posso rispondere a questa domanda . E se vi rispondessi io dicendo : mi piace pensare che lei andrebbe più volentieri a cena con Le Duc Tho ? Non posso , non posso ... non voglio rispondere a questa domanda . Può rispondere a questa domanda allora : le è piaciuto Le Duc Tho ? Sì . L ' ho trovato un uomo molto dedicato alla sua causa , molto serio , molto forte , e sempre cortese , educato . Talvolta anche assai duro , anzi difficile da trattare : ma questa è una cosa che ho sempre rispettato in lui . Sì , io rispetto molto Le Duc Tho . Naturalmente il nostro rapporto è stato molto professionale ma credo ... credo di aver avvertito una certa dolcezza dietro alle sue spalle . E vero , ad esempio , che a momenti riuscivamo perfino a scherzare . Dicevamo che un giorno io sarei andato a insegnare relazioni internazionali all ' Università di Hanoi e che lui sarebbe venuto a insegnare marxismo - leninismo all ' Università Harvard . Be ' , definirei buoni i nostri rapporti . Direbbe la stessa cosa per Thieu ? Anche con Thieu avevo buoni rapporti . Prima ... Già , prima . I sudvietnamiti l ' hanno detto che non vi siete salutati come i migliori amici . Che hanno detto ? Sì . Affermerebbe il contrario , dottor Kissinger ? Ecco ... Certo avevamo e abbiamo i nostri punti di vista . E non necessariamente gli stessi punti di vista . Dunque diciamo che ci siamo salutati da alleati , io e Thieu . Dottor Kissinger , che Thieu fosse un osso più duro di quanto si credeva è ormai dimostrato . Dunque , anche nei riguardi di Thieu , sente di aver fatto tutto ciò che v ' era da fare oppure spera di poter fare ancora qualcosa ? Insomma , si sente ottimista sul problema Thieu ? Sì che mi sento ottimista ! Ho ancora qualcosa da fare ! Molto da fare ! Non ho affatto finito , non abbiamo affatto finito ! E non mi sento impotente . Non mi sento scoraggiato . Affatto . Mi sento pronto , fiducioso . Ottimista . Se non posso parlare di Thieu , se non posso dirle ciò che stiamo facendo a questo punto delle trattative , ciò non significa che mi appresti a perdere la fiducia di sistemare ogni cosa entro il tempo che dico . Ecco perché è inutile che Thieu chieda a voi giornalisti di farmi definire i punti su cui non ci troviamo d ' accordo . È così inutile che non mi innervosisco neanche a tale richiesta . Del resto io non sono un tipo che si lascia trascinare dalle emozioni . Le emozioni non servono a niente . Meno che a tutto servono a raggiunger la pace . Ma chi muore , chi sta morendo , ha fretta , dottor Kissinger . Sui giornali di stamane c ' era una fotografia tremenda : quella di un giovanissimo vietcong morto due giorni dopo il 31 ottobre . E poi c ' era una notizia tremenda : quella dei 22 americani morti sull ' elicottero abbattuto da una granata vietcong , tre giorni dopo il 31 ottobre . E mentre lei condanna la fretta , il dipartimento americano della Difesa invia nuove armi e nuove munizioni a Thieu , Hanoi fa lo stesso . Quello era inevitabile . Succede sempre prima di un cessate il fuoco . Non ricorda le manovre che avvennero nel Medio Oriente al momento del cessate il fuoco ? Durarono almeno due anni . Sa , il fatto che noi si mandi altre armi a Saigon e che Hanoi mandi altre armi ai nordvietnamiti installati nel Sud Vietnam non significa nulla . Nulla . Nulla . E non mi faccia parlare ancora del Vietnam , la prego . Non vuol parlare neanche del fatto che , secondo molti , l ' accordo accettato da lei e da Nixon sia praticamente un atto di resa ad Hanoi ? È un ' assurdità ! È un ' assurdità dire che il presidente Nixon , un presidente che dinanzi all ' Unione Sovietica e alla Cina comunista e in vista delle sue stesse elezioni ha assunto un atteggiamento di assistenza e di difesa per il Sud Vietnam contro ciò che egli considerava un ' invasione nordvietnamita ... è un ' assurdità pensare che un simile presidente possa arrendersi ad Hanoi . E perché dovrebbe arrendersi proprio ora ? Ciò che noi abbiamo fatto non è stato arrenderci . È stato dare al Sud Vietnam un ' opportunità di sopravvivere in condizioni che sono , oggi , più politiche che militari . Ora tocca ai sudvietnamiti vincere la gara politica che li attende . Come abbiamo sempre detto . Se lei paragona l ' accordo accettato con le nostre proposte dell'8 maggio , si accorge che si tratta quasi della stessa cosa . Non vi sono grosse differenze tra ciò che noi proponemmo lo scorso maggio e ciò che lo schema dell ' accordo accettato contiene . Non abbiamo posto nuove clausole , non abbiamo fatto altre concessioni . Respingo totalmente e assolutamente il giudizio della « resa » . Ma , e ora basta davvero parlare del Vietnam . Parliamo di Machiavelli , di Cicerone , di tutto fuorché del Vietnam . Parliamo della guerra , dottor Kissinger . Lei non è pacifista , vero ? No , non credo proprio di esserlo . Anche se rispetto i pacifisti genuini , non sono d ' accordo con nessun pacifista e in particolare coi pacifisti a metà : sa , quelli che sono pacifisti da una parte e tutt ' altro che pacifisti dall ' altra . I soli pacifisti con cui accetto di parlare sono coloro che sopportano fino in fondo le conseguenze della non violenza : ma anche con loro ci parlo volentieri solo per dirgli che saranno schiacciati dalla volontà dei più forti e che il loro pacifismo può portarli soltanto a orribili sofferenze . La guerra non è un ' astrazione , è qualcosa che dipende dalle condizioni . La guerra contro Hitler , ad esempio , era necessaria . Con ciò non voglio dire che la guerra sia di per sé necessaria , che le nazioni debbono farla per mantenere la loro virilità . Voglio dire che esistono princìpi per i quali le nazioni devono essere preparate a combattere . E della guerra in Vietnam cosa ha da dirmi , dottor Kissinger ? Lei non è mai stato contro la guerra in Vietnam , mi pare . Come avrei potuto ? Neanche prima di avere la posizione che ho oggi ... No , non sono mai stato contro la guerra in Vietnam . Ma non trova che Schlesinger abbia ragione quando dice che la guerra in Vietnam è riuscita solo a provare come mezzo milione di americani con tutta la loro tecnologia fossero incapaci di sconfiggere uomini male armati e vestiti di un pigiama nero ? Questo è un altro problema . Se è un problema che la guerra in Vietnam sia stata necessaria , una guerra giusta , piuttosto che ... Giudizi del genere dipendono dalla posizione che uno assume quando il paese è già coinvolto nella guerra e non resta che da concepire il metodo per tirarlo fuori . Dopo tutto , il mio , il nostro ruolo è stato quello di ridurre sempre di più la misura in cui l ' America era coinvolta nella guerra , e poi finire la guerra . In ultima analisi la storia dirà chi ha fatto di più : se coloro che hanno lavorato criticando e basta o noi che abbiamo tentato di ridurre la guerra e poi l ' abbiamo finita . Sì , il giudizio spetta ai posteri . Quando un paese è coinvolto in una guerra non basta dire : bisogna finirla . Bisogna finirla con criterio . E questo è ben diverso dal dire che entrare in quella guerra fu giusto . Ma non trova , dottor Kissinger , che sia stata una guerra inutile ? Su questo posso essere d ' accordo . Ma non dimentichiamo che la ragione per cui entrammo in quella guerra fu per impedire che il Sud fosse mangiato dal Nord , fu per permettere che il Sud restasse al Sud . Naturalmente con ciò non voglio dire che il nostro obbiettivo fosse solo questo ... Fu anche qualcosa di più ... Ma oggi io non sono nella posizione di giudicare se la guerra in Vietnam sia stata giusta o no , se entrarci sia stato utile o inutile . Ma stiamo ancora parlando del Vietnam ? Sì . E , sempre parlando del Vietnam , crede di poter dire che questi negoziati sono stati e sono l ' impresa più importante della sua carriera e magari della sua vita ? Sono stati l ' impresa più difficile . Spesso anche la più dolorosa . Ma forse non è neanche giusto definirli l ' impresa più difficile : è più esatto dire che sono stati l ' impresa più dolorosa . Perché mi hanno coinvolto emotivamente . Vede , avvicinarsi alla Cina è stato un lavoro intellettualmente difficile ma non emotivamente difficile . La pace in Vietnam invece è stato un lavoro emotivamente difficile . Quanto a definire quei negoziati come la cosa più importante che ho fatto ... No , ciò che io volevo raggiungere non era soltanto la pace in Vietnam : erano tre cose . Quest ' accordo , l ' avvicinamento alla Cina e un nuovo rapporto con l ' Unione Sovietica . Io ho sempre tenuto molto al problema di un rapporto nuovo con l ' Unione Sovietica . Direi non meno che all ' avvicinamento alla Cina e alla fine della guerra in Vietnam . E ce l ' ha fatta . È riuscito il colpo della Cina , è riuscito il colpo della Russia , è quasi riuscito il colpo della pace in Vietnam . Così a questo punto le chiedo , dottor Kissinger , ciò che chiedevo agli astronauti quando andavano sulla Luna : « What after that ? Cosa farai dopo la Luna , cosa potrai fare di più del tuo mestiere di astronauta ? » . Ah ! E cosa le rispondevano gli astronauti ? Restavano confusi e mi rispondevano : « Vedremo ... Non lo so » . Anch ' io . Non lo so proprio cosa farò dopo . Però , contrariamente agli astronauti , non ne resto confuso . Nella mia vita io ho sempre trovato tante cose da fare e son certo che quando avrò lasciato questo posto ... Naturalmente avrò bisogno di un periodo di recupero , di un periodo di decompressione : non ci si può trovare nella posizione in cui mi trovo io , poi abbandonarla e incominciare subito qualcos ' altro . Però , una volta decompresso , son sicuro di trovare un ' attività per cui valga la pena . Non ci voglio pensare ora : influenzerebbe le mie ... il mio lavoro . Stiamo attraversando un periodo così rivoluzionario che pianificare la propria vita , oggigiorno , è un atteggiamento da piccoli borghesi del 1800 . Tornerebbe a insegnare ad Harvard ? Potrei . Ma è molto , molto improbabile . Ci sono cose più interessanti : e se , con tutte le esperienze che ho avuto , non trovassi un modo di mantenermi una vita interessante ... sarà proprio colpa mia . Del resto , non ho mica ancora deciso di lasciare questo lavoro . Mi piace molto , sa ? Certo . Il potere è sempre seducente . Dottor Kissinger , in quale misura il potere l ' affascina ? Cerchi d ' esser sincero . Lo sarò . Vede , quando si ha in mano il potere , e quando lo si ha in mano per un lungo periodo di tempo , si finisce per considerarlo come qualcosa che ci spetta . Io sono certo che , quando lascerò questo posto , avvertirò la mancanza del potere . Tuttavia il potere come strumento fine a se stesso non ha alcun fascino sopra di me . Io non mi sveglio ogni mattina dicendo perbacco , non è straordinario che possa avere a mia disposizione un aereo , che un ' automobile con l ' autista mi attenda dinanzi alla porta ? Ma chi l ' avrebbe detto che sarebbe stato possibile ? No , un discorso simile non mi interessa . E , se mi capita di farlo , non diviene certo un elemento determinante . Ciò che mi interessa è quello che si può fare con il potere . Si possono fare cose splendide , creda ... Comunque non è stata la ricerca del potere a spingermi verso questo lavoro . Se esamina il mio passato politico , scopre che il presidente Nixon non poteva rientrare nei miei piani . Sono stato contro di lui in ben tre elezioni . Lo so . Una volta ha persino dichiarato che Nixon « non era adatto a fare il presidente » . Le capita mai , dottor Kissinger , di sentirsi imbarazzato per questo con Nixon ? Io non ricordo le parole esatte che posso aver pronunciato contro Richard Nixon . Ma suppongo di aver detto più o meno a quel modo dal momento che si continua a ripeter la frase tra virgolette . Se l ' ho detto , comunque , ciò fornisce la prova che Nixon non faceva parte dei miei piani di scalata al potere . E quanto al fatto di sentirmi imbarazzato con lui ... No , non lo conoscevo , ecco tutto . Verso di lui avevo l ' atteggiamento convenzionale degli intellettuali , ecco tutto . Io avevo torto . Il presidente Nixon ha dimostrato una grande forza , una grande abilità . Anche nel chiamarmi . Non l ' avevo mai avvicinato quando mi offrì questo lavoro . Io ne rimasi sbalordito . Dopo tutto egli conosceva la scarsa amicizia e la poca simpatia che avevo sempre mostrato per lui . Oh , sì : dette prova di grande coraggio a chiamarmi . Non ci ha rimesso , dottor Kissinger . Fuorché nell ' accusa che oggi viene rivolta a lei : quella d ' essere la balia mentale di Nixon . È un ' accusa totalmente priva di senso . Non dimentichiamo che , prima di conoscermi , il presidente Nixon era stato molto attivo in politica estera . Essa era sempre stata il suo interesse divorante . Già prima che egli venisse eletto era risultato come la politica estera fosse per lui una questione importantissima . Ha idee molto chiare in proposito . È un uomo forte . Del resto , non si diventa presidenti degli Stati Uniti , non si è nominati due volte candidati presidenziali , non si sopravvive così a lungo in politica , se si è un uomo debole . Del presidente Nixon lei può pensar quel che vuole , ma una cosa è certa : non si diventa presidente due volte perché si è lo strumento di qualcun altro . Certe interpretazioni sono romantiche e ingiuste . Gli è molto affezionato , dottor Kissinger ? Ho un gran rispetto per lui . Dottor Kissinger , la gente dice che a lei non importa nulla di Nixon . Dice che a lei preme fare questo mestiere e basta . Dice che l ' avrebbe fatto con qualsiasi presidente . Io non sono affatto sicuro , invece , che avrei potuto fare con un altro presidente ciò che ho fatto con lui . Un rapporto così particolare , voglio dire il rapporto che c ' è tra me e il presidente , dipende sempre dallo stile dei due uomini . In altre parole , non conosco molti leader , e ne ho conosciuti parecchi , che avrebbero il coraggio di mandare il loro assistente a Pechino senza dirlo a nessuno . Non conosco molti leader che lascerebbero al loro assistente il compito di negoziare coi nordvietnamiti , di ciò informando solo un minuscolo gruppo di persone . Davvero , certe cose dipendono dal tipo di presidente , ciò che ho fatto è stato possibile perché me lo ha reso possibile lui . Eppure lei fu consigliere anche di altri presidenti . Anzi di presidenti avversari a Nixon . Parlo di Kennedy , Johnson ... La mia posizione verso tutti i presidenti è sempre stata quella di lasciare a loro il compito di decidere se volevano o non volevano conoscere il mio parere . Quando me lo chiedevano , io glielo davo : dicendo a tutti , indiscriminatamente , ciò che pensavo . Non me ne è mai importato del partito cui essi appartenevano . Ho risposto con la stessa indipendenza alle domande di Kennedy , di Johnson , di Nixon . Ho dato loro gli stessi consigli . Con Kennedy fu più difficile , è vero . Infatti si usa dire che non andavo troppo d ' accordo con lui . Be ' ... sì : sostanzialmente fu colpa mia . A quel tempo ero troppo più immaturo di adesso . E poi ero un consigliere a tempo perso , non si può influenzare la politica giornaliera di un presidente se lo vedi due volte la settimana mentre gli altri lo vedono sette giorni la settimana . Voglio dire ... con Kennedy e con Johnson io non fui mai in una posizione paragonabile a quella che ho adesso con Nixon . Nessun machiavellismo , dottor Kissinger ? No , nessuno . Perché ? Perché in alcuni momenti , ascoltandola , vien fatto di chiedersi non quanto lei abbia influenzato il presidente degli Stati Uniti ma quanto Machiavelli abbia influenzato lei . In nessun modo . V ' è davvero molto poco , nel mondo contemporaneo , che si possa accettare o usare di Machiavelli . In Machiavelli io trovo interessante soltanto il suo modo di considerare la volontà del principe . Interessante , ma non al punto di influenzarmi . Se vuoi sapere chi mi ha influenzato di più , le rispondo coi nomi di due filosofi : Spinoza e Kant . Sicché è curioso che lei scelga di associarmi a Machiavelli . La gente mi associa piuttosto al nome di Metternich . Il che addirittura è infantile . Su Metternich io ho scritto soltanto un libro che doveva essere l ' inizio di una lunga serie di libri sulla costruzione e la disintegrazione dell ' ordine internazionale nel diciannovesimo secolo . Era una serie che doveva concludersi con la Prima guerra mondiale . Tutto qui . Non può esserci nulla in comune tra me e Metternich . Lui era cancelliere e ministro degli Esteri in un periodo in cui , dal centro dell ' Europa , ci volevano tre settimane per andare da un continente all ' altro . Era cancelliere e ministro degli Esteri in un periodo in cui le guerre erano fatte da militari di professione e la diplomazia era nelle mani degli aristocratici . Come si può paragonare ciò col mondo d ' oggi , un mondo dove non esiste nessun gruppo omogeneo di leader , nessuna situazione interna omogenea , nessuna realtà culturale omogenea ? Dottor Kissinger , ma come spiega l ' incredibile divismo che la distingue , come spiega il fatto d ' essere quasi più famoso e popolare di un presidente ? Ha una tesi su questa faccenda ? Sì , ma non gliela dirò . Perché non coincide con la tesi dei più . La tesi dell ' intelligenza ad esempio . L ' intelligenza non è poi così importante nell ' esercizio del potere e , spesso , addirittura non serve . Allo stesso modo di un capo di Stato , un tipo che fa il mio mestiere non ha bisogno d ' essere troppo intelligente . La mia tesi è completamente diversa ma , le ripeto , non gliela dirò . Perché dovrei , finché sono nel mezzo del mio lavoro ? Mi dica piuttosto la sua . Sono certo che anche lei ha una tesi sui motivi della mia popolarità . Non ne sono certa , dottor Kissinger . Sto cercandola , una tesi , attraverso questa intervista . E non la trovo . Suppongo che alla radice di tutto vi sia il successo . Voglio dire : come a un giocatore di scacchi , le sono andate bene due o tre mosse . La Cina anzitutto . Alla gente piace chi gioca a scacchi e si mangia il re . Sì , la Cina è stata un elemento importantissimo nella meccanica del mio successo . E tuttavia il punto principale non è quello . Il punto principale ... Ma sì , glielo dirò . Tanto che me ne importa ? Il punto principale nasce dal fatto che io abbia sempre agito da solo , Agli americani ciò piace immensamente . Agli americani piace il cow - boy che guida la carovana andando avanti da solo sul suo cavallo , il cowboy che entra tutto solo nella città , nel villaggio , col suo cavallo e basta . Magari senza neanche una rivoltella perché lui non spara . Lui agisce e basta : dirigendosi nel posto giusto al momento giusto . Insomma , un western . Ho capito . Lei si vede come una specie di Henry Fonda disarmato e pronto a menar botte per onesti ideali . Solitario , coraggioso ... Non necessariamente coraggioso . Infatti a questo cow - boy non serve essere coraggioso . Gli basta e gli serve essere solo : dimostrare agli altri che entra in città e fa tutto da solo . Questo personaggio romantico , stupefacente , mi si addice proprio perché esser solo ha sempre fatto parte del mio stile o , se preferisce , della mia tecnica . Insieme all ' indipendenza . Oh , quella è molto importante in me e per me . Infine , la convinzione . Io sono sempre convinto di dover fare quello che faccio . E la gente lo sente , ci crede . E io ci tengo al fatto che mi creda : quando si commuove o si conquista qualcuno , non lo si deve imbrogliare . Non si può nemmeno calcolare e basta . Alcuni credono che io progetti con cura quali saranno le conseguenze , sul pubblico , di una mia iniziativa o di una mia fatica . Credono che tale preoccupazione non abbandoni la mia mente . Invece le conseguenze di ciò che faccio , voglio dire il giudizio del pubblico , non mi hanno mai tormentato . Io non chiedo popolarità , non cerco popolarità . Anzi , se vuoi proprio saperlo , non me ne importa nulla della popolarità . Non ho affatto paura di perdere il mio pubblico , posso permettermi di dire ciò che penso . Sto alludendo alla genuinità che v ' è in me . Se io mi lasciassi turbare dalle reazioni del pubblico , se mi muovessi spinto soltanto da una tecnica calcolata , non combinerei nulla . Guardi gli attori : quelli veramente buoni non si servono solo della tecnica . Recitano allo stesso tempo seguendo una tecnica e la loro convinzione . Sono genuini come me . Non dico che tutto ciò debba durare per sempre . Anzi , può evaporare con la stessa velocità con cui è venuto . Tuttavia per ora c ' è . Sta forse dicendomi che lei è un uomo spontaneo , dottor Kissinger ? Mio dio : se metto da parte Machiavelli , il primo personaggio con cui mi viene naturale associarla è quello di un matematico freddo , controllato fino allo spasimo . Mi sbaglierò , ma lei è un uomo molto freddo , dottor Kissinger . Nella tattica , non nella strategia . Infatti credo più nei rapporti umani che nelle idee . Uso le idee ma ho bisogno di rapporti umani , come ho dimostrato nel mio lavoro . Ciò che mi è successo , in fondo , non mi è successo per caso ? Perbacco , io ero un professore totalmente sconosciuto . Come potevo dire a me stesso : « Ora manovro le cose in modo da diventare internazionalmente famoso » ? Sarebbe stata pura follia . Volevo essere dove accadono le cose , sì , ma non ho mai pagato un prezzo per esserci . Non ho mai fatto concessioni . Mi son sempre lasciato guidare dalle decisioni spontanee . Uno potrebbe dire : allora è successo perché doveva succedere . Si dice sempre così quando le cose sono successe . Non si dice mai così delle cose che non succedono : non è mai stata scritta la storia delle cose non successe . In un certo senso , però , io sono un fatalista . Credo nel destino . Sono convinto , sì , che ci si debba battere per raggiungere uno scopo . Ma credo anche che vi siano limiti alla lotta che l ' uomo può fare per raggiungere uno scopo . Un ' altra cosa , dottor Kissinger : ma come fa a mettere insieme le tremende responsabilità che si è assunto e la frivola reputazione di cui gode ? Come fa a farsi prendere sul serio da Mao Tse - tung , da Ciu En - lai , da Le Duc Tho , e poi farsi giudicare come uno spensierato seduttore di donne o addirittura un playboy ? Non la imbarazza ? Nient ' affatto . Perché dovrebbe imbarazzarmi quando vado a negoziare con Le Duc Tho ? Quando parlo con Le Duc l ' ho so cosa devo fare con Le Duc Tho e quando sono con le ragazze so cosa devo fare con le ragazze . D ' altronde , Le Duc Tho non accetta mica di negoziare con me perché rappresento un esempio di pura rettitudine . Accetta di negoziare con me perché vuole alcune cose da me allo stesso modo in cui io voglio alcune cose da lui . Guardi , nel caso di Le Duc Tho , come nel caso di Ciu En - lai e di Mao Tse - tung , io penso che la reputazione di playboy mi sia stata e mi sia utile perché ha servito e serve a rassicurare la gente . A dimostrarle che io non sono un pezzo da museo . Comunque , quella reputazione da frivolo mi diverte . E pensare che io la ritenevo una reputazione immeritata , insomma una messa in scena più che una verità . Be ' , in parte è esagerata : ovvio . Ma in parte , ammettiamolo , è vera . Ciò che conta non è in quale misura sia vera o in quale misura io mi dedichi alle donne . Ciò che conta è in quale misura le donne facciano parte della mia vita , ne siano una preoccupazione centrale . Ebbene , non lo sono per niente . Per me le donne sono soltanto un divertimento , un hobby . Nessuno dedica tempo eccessivo agli hobby . E che io dedichi loro un tempo limitato si capisce dando un ' occhiata alla mia agenda . Le dirò di più : non di rado preferisco vedere i miei due bambini . Li vedo spesso , infatti , sebbene non come prima . Di regola ci passo insieme il Natale , le feste importanti , diverse settimane in estate , e vado a Boston una volta al mese . Per trovarli . Certo sa che sono divorziato da anni . No , il fatto d ' essere divorziato non mi pesa . Il fatto di non vivere coi miei bambini non mi dà complessi di colpevolezza . Dal momento che il mio matrimonio era finito , e non finito per colpa dell ' uno o dell ' altra , non c ' era ragione di rinunciare al divorzio . Del resto sono molto più vicino ai miei figli ora di quanto lo fossi quando ero marito della loro madre . Sono anche molto più felice , ora , con loro . Lei è contro il matrimonio , dottor Kissinger ? No . Quello del matrimonio o non matrimonio è un dilemma che può risolversi come questione di principio . Potrebbe accadere che mi risposassi ... sì che potrebbe accadere . Però , sa : quando si è persone serie come lo sono io , dopotutto , coesistere con qualcun altro e sopravvivere a tale coesistenza è molto difficile . II rapporto tra una donna e un tipo come me è inevitabilmente così complesso ... Bisogna andar cauti . Oh , mi è difficile spiegare queste cose . Io non sono una persona che si confida coi giornalisti . L ' ho capito , dottor Kissinger . Non ho mai intervistato qualcuno che sfuggisse come lei alle domande e alle definizioni precise , nessuno che si difendesse come lei dall ' altrui tentativo di penetrare la sua personalità . È timido , lei , dottor Kissinger ? Sì . Abbastanza . Però in compenso credo d ' essere assai equilibrato . Vede , c ' è chi mi dipinge come un personaggio tormentato , misterioso , e chi mi dipinge come un tipo quasi allegro che sorride sempre , ride sempre . Entrambe le immagini sono inesatte . Io non sono né l ' uno né l ' altro . Sono ... Non le dirò cosa sono . Non lo dirò mai a nessuno .
IL VOI È ITALIANO PER LA PELLE ( PRATOLINI VASCO , 1939 )
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Caro Gravelli Aspettate soltanto un ' adesione da me . E poi , che vale ? C ' è tanto zelo in giro per dimostrare un fatto dimostratissimo : che il voi è italiano per la pelle ! il punto della determinante culturale l ' ha tatto Giorgio Pasquali sul " Corriere , " e da buon maestro ci ha precisato le fonti dalle quali ci sentivamo oscuramente dissetati nella nostra persuasione . Che è un fatto morale , di costume , e sociale , poi letterario : è così autentico , e positivo , esprimere i personaggi col voi , ed anche questo l ' ha detto molto bene il Malaparte su "Prospettive." Ma forse il voi è ancora troppo , e soprattutto , letterario . Il tu è veramente originale , d ' una freschezza , d ' una intimità e di un rispetto inconfondibili . Arriveremo al tu e al Tu , e l ' inflessione della voce ora segreta , ora cordiale , ora sprezzante , ora religiosa darà di volta in volta il senso dell ' amore , dell ' amicizia , dell ' odio e della gerarchia ( umana e divina ) . È un motivo rivoluzionario , perciò , prima di tutto , un ordine educativo .
Permettete (o no?) questo splendido tango? ( Del Buono Oreste , 1973 )
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Ultimo tango a Parigi non è bello . È splendido . E , scritto questo a proposito del film con cui Bernardo Bertolucci si consacra irresistibilmente e irriverentemente maestro tra i maestri del cinema , potrei anche passare ad altro più futile argomento . Perché ( non lo scopro mica adesso ) scrivere male di qualcosa o qualcuno è facile , scriverne bene è difficile . Comunque , in tal caso mancherei di gratitudine . È per pura gratitudine che continuo la mia noterella Per pura gratitudine di questa gran cosa che è Ultimo tango a Parigi . Film disperato , ma anche gioioso . Film delirante , ma anche rigoroso . Film provocatorio , ma anche candido . Film letterario , ma anche autentico . Film osceno , ma anche onesto . Film compiuto , ma anche indefinito . Film gioioso , ma anche disperato . Film rigoroso , ma anche delirante . Film candido , ma anche provocatorio . Film autentico , ma anche letterario . Film onesto , ma anche osceno . Film indefinito , ma anche compiuto . Dunque , un americano a Parigi . Ma non l ' americano di Gershwin tutto vezzi e lezi , casomai , di più , l ' americano di Miller ( l ' unico Miller da me riconosciuto , ovvero Henry ) tutto vizi e lazzi . E con la insaziabile golosità sessuale dell ' americano di Miller diventata con il mutar degli anni e dei mondi furiosa cupidigia sessuale , la battaglia prima della resa all ' impotenza , già in qualche modo la celebrazione dell ' impotenza nell ' esasperazione della potenza . In questo vagabondo americano smarrito ciel labirinto delle proprie viscere s ' imbatte una francese di Renoir ( Pierre - Auguste , non vorrei che equivocaste ) e di Maupassant insieme , tutta carne e curiosità , insomma , tutta frivolezza ed egoismo . Il primo incontro nella terra di nessuno di uno squallido appartamento da affittare diventa subito amplesso . Poche parole , e neppure parole , qualche storpiatura francese di Brando , qualche storpiatura inglese di Schneider , e sono già avvinghiati a sbattersi tra pareti , finestre e tende , ancora vestiti , lasciando le nudità da scoprire in seguito . Un corpo a corpo ferino , naturale , sincero . Le complicazioni verranno dopo , insieme con la nudità , verranno dal tentativo di ripetere , rinnovare , riaccendere i rapporti , confinando fuori della porta il passato , appagandosi dei nomi propri Paul e Jeanne e dei propri corpi , unico presente da martoriare in un ' ansia non direi tanto di conquista del futuro quanto di contestazione del futuro , come ricatto sul presente . Ma il passato , si sa , è tenace . Non rinuncia a filtrare nel presente e alla fine , si sa purtroppo , è sempre il passato a condizionare il futuro , anzi a sostituirsi al futuro , a rivelarsi il futuro stesso . Il passato nelle smagliature degli amplessi apre ammiccamenti e folgorazioni , la disperazione di Paul per il suicidio inspiegabile della moglie infedele , gerente di un albergo a ore , la frustrazione di Jeanne per la memoria del padre colonnello morto in una guerra ingiusta . Ammiccamenti e folgorazioni infittiscono e inaspriscono , anche se il rito sessuale celebra i suoi eccessi ( ma perché poi eccessi ? Cosa ci può essere di eccessivo in amore ? L ' amore non è eccesso in partenza , altrimenti che cavolo di amore è ? ) . Così sopravviene la tragedia . Ovvero la banalità . Paul decide di ricominciare da zero con Jeanne , presentandolesi e proponendolesi . Jeanne decide di lasciare l ' amante per sposare il fidanzato Tom , un imbecille teleregista con pruriti di cinefalsità . Le ferite d ' amore non sono mai mortali , le ferite di banalità sono sempre incurabili . Paul rincorre Jeanne sino in casa di lei , e Jeanne uccide Paul con la rivoltella d ' ordinanza del padre . Poi comincia a balbettare , rinfrancandosi sempre più , l ' attendibilissima autodifesa : uno sconosciuto l ' ha seguita , ha cercato di violentarla , le restava altro da fare ? Il sommario riassunto non rende giustizia a Ultimo tango a Parigi . In mezzo a questi pochi movimenti c ' è , infatti , tutto il film e il film è un capolavoro . Un capolavoro di Bernardo Bertolucci . Mi pento di aver fatto anche quelle calve citazioni all ' inizio , Gershwin e Miller , Renoir e Maupassant , citazioni francamente inutili ( non riuscirò a convincere nessuno , soprattutto me stesso , di possedere un minimo di cultura ) . Ultimo tango a Parigi è , infatti , opera talmente e magistralmente personale che la segnaletica nozionistica non attacca . Insomma , un film dopo la cui visione non sarete gli stessi di prima , vi sia piaciuto o non vi sia piaciuto , scommettiamo ? Brando e Schneider si amano in tutti i modi considerati naturali e innaturali , meno uno ( casomai , ecco , è l ' unica lacuna da me riscontrata nel film , ma forse l ' allusione c ' è ) . La scena , ovviamente , di cui più si parlerà è quella del burro spalmato sull ' affettuoso popò di Schneider , e delle relative conseguenze . Ebbene , consideratela un test . Un test del vostro tasso d ' intelligenza e di sensibilità . Lì Bernardo Bertolucci vi aspetta per assolvervi o condannarvi dall ' imputazione di essere dei cretini . Persino io ( che sono cretino recidivo e ormai non posso neppure usufruire della condizionale ) me ne sono accorto , e mi trattengo dal somministrarvi l ' ennesima applicazione della famigerata barzelletta del tedesco : « Potere fare tutto questo con markarina , ja ?...» . Persino io . La Schneider nelle scene d ' amore ( in quasi ogni fotogramma del film , dunque ) è deliziosa , una rivelazione . Il suo sorriso , la sua adesione , il suo palese divertimento aiutano Brando a ottenere la migliore interpretazione dal tempo di Un tram che si chiama Desiderio . Ecco un attore da me detestato trasformarsi in un arcangelo irresistibile per bravura , fascino , suggestione . Ne sono felice . Gli perdono persino di dichiarare a un certo punto quarantacinque anni invece di quelli che ha ( essendo mio coetaneo ) . Del resto , Bernardo Bertolucci mi ha detto che la colpa della sottrazione è sua , è stato lui a suggerirla a Brando . La colpa di Ultimo tango a Parigi è , lo ripeto , tutta di Bernardo Bertolucci . Il merito straordinario , incontestabile .
NATURALEZZA DEL 'VOI' ( SIMONI RENATO , 1939 )
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Caro Gravelli Ti chiedo e ti prego di perdonarmi se dopo aver tanto tardato a mandarti l ' articolo ... non te lo mando . Eccone la ragione . Dopo il bellissimo articolo pubblicato da Giorgio Pasquali nel " Corriere della Sera , " quali ricerche filologiche e storiche che avessero sapore di originalità , avrei potuto fare io , povero untorello ? E occorrono poi prove e documentazioni della italianità , starei per dire della naturalezza , del " voi " ? Basta ripensare agli anni della nostra vita , che ci parevano tutti dialogati col " lei , " per accorgerci presto che anche in essi l ' uso del " voi " era spontaneo frequente agevole . Chi di noi dell ' Ottocento non ricorda con dolcezza maestri molto amati che ci trattavano con un " voi " pieno di protettrice e incoraggiante bontà , cui rispondevamo con un " voi " pieno di affettuoso rispetto ? Nella vita del teatro , poi , il " voi " si è sempre usato ; il " voi " o il " tu " ; il " lei " era , tra le quinte , raro , frigido , fuori clima . S ' è detto che in certe classi sociali l ' italianissimo " voi " era stato , un tempo , adottato per mimetismo esotico , per il gusto di imitare il tono conversativo francese o inglese ; ma sta di fatto che , in realtà , si tornava , invece , a un ' antica e pura tradizione italiana . Chi credeva di imitare gli stranieri , riprendeva agli stranieri ciò che essi avevano preso a noi ; come il Pasquali ha perfettamente dimostrato . E quanto alla bellezza del " voi , " ecco un piacevole esperimento da fare . Apriamo a caso i nostri libri più belli , e , nella più pura poesia o nella più viva prosa italiana , proviamo a sostituire con tanti " lei " i " voi " che vi troviamo : il risultato sarà comico , come di un abbassamento di tono , o della ricerca di un garbetto lustro cerimonioso e caricaturale . Mutiamo invece in " voi " il " lei " dove il " lei " è ; subito il " voi " si calerà entro il periodo senza alterarne lo stile , senza esservi anacronistico , senza sembrare una intarsiatura estranea a ciò che esso ha di più tipico e di più rappresentativo . Segno che il " voi , " oltre che di oggi , è di tutti i tempi . In verità chi si indugia ancora nell ' uso del " lei , " non può avere obiezioni serie da opporre al "voi." Una certa pigrizia mentale lo lega ancora alla consuetudine ; ma tra breve i " lei " superstiti , accerchiati da tanti " voi , " si arrenderanno e andranno a tenere compagnia ai " molto riveriti signori , " ai " padroni colendissimi " e ad altre ossequiosità pallide e impolverate del passato .
UN PAPA ITALIANO ( - , 1939 )
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La politica religiosa italiana trovò in Pio XI un Pontefice non solo di sentimenti italianissimi , ma di decisa e assoluta buona volontà . Insistenti voci di trattative fra la Santa Sede e l ' Italia nuova corsero dopo la guerra e specie nei primi mesi del 1921 . La discussione che ne segui verteva ormai su una sovranità de jure del Pontefice , da riconoscersi per trattato bilaterale e derivante dal sovrano e reale possesso di un territorio extra - nazionale nello Stato italiano . Il Duce , sin dagli anni della battaglia , aveva detto : " Affermo qui che la tradizione latina e imperiale di Roma è oggi rappresentata dal Cattolicesimo . Se , come diceva Mommsen venticinque o trent ' anni fa , non si resta a Roma senza un ' idea universale , io penso ed affermo che l ' unica idea universale che oggi esista a Roma è quella che si irradia dal Vaticano . " E più oltre : " Penso che , se il Vaticano rinuncia definitivamente ai suoi sogni temporalistici e credo che sia già su questa strada l ' Italia profana o laica dovrebbe fornirgli gli aiuti materiali per le scuole , per le Chiese , ospedali od altro , che una potenza profana ha a sua disposizione . Perché lo sviluppo del Cattolicesimo nel mondo , l ' aumento di 400 milioni di uomini che in tutte le parti della Terra guardano a Roma è di un interesse e di un orgoglio anche per noi che siamo italiani . " Queste parole furono veramente profetiche . Due Uomini giunti al vertice di due grandi organismi , affermavano la volontà di incontrarsi per risolvere uno dei più gravi problemi che affliggeva da anni la coscienza del popolo italiano . Il pontificato di Pio XI , rimane , pertanto , memorabile , per questo grande evento che prende il nome di Conciliazione . Il dissidio che era stato giudicato insanabile e che si prestava a insane speculazioni , fu composto dal Papa scomparso e da quell ' Uomo che il Pontefice stesso chiamò " l ' Uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare . " Alla magnanimità del Capo della Chiesa , si univa l ' opera coraggiosa di uno statista che aveva ridato all ' Italia il suo vero aspetto di paese cattolico . L ' impresa ritenuta pressoché impossibile , iniziata nello spirito della Vittoria , continuata nella esaltazione della coscienza religiosa , confluiva nella rinascita della romanità cattolica che trovava la sua legge nei Patti Lateranensi . Pio XI ha voluto che la Chiesa giungesse a questo , a sanare , cioè , un dissidio di cui si erano giovati , insieme , i nemici di Italia e quelli della Santa Sede . La questione romana , che aveva affaticato tante nobili intelligenze , e che aveva , nel contempo , costituito un pretesto per svariatissime speculazioni politiche ai tempi del liberalismo , si risolveva in una suprema composizione , frutto mirabile di un lungo , segreto , minuzioso lavoro , portato innanzi con tenacia indefessa e con cura paziente e industriosa , il tutto sorretto dalle due Parti da una incrollabile volontà di riuscire , La Conciliazione tanto appare più grande quanto più grandi e concordi sono i due termini congiunti : Roma sacra e Roma italiana . Essa ha creato lo Stato della Chiesa , il più piccolo per estensione territoriale , non arrivando tutto compreso a mezzo chilometro quadrato . Tuttavia , la minima espressione territoriale , presuppone una unità di spiriti e di intenti che in dieci anni ha maturato frutti di pace e di collaborazione . Al Papa della Conciliazione , al Capo della Chiesa , italianissimo in ogni suo atto , nel momento della scomparsa , il Popolo italiano si inchina riverente , memore e grato della Sua immortale opera .
È semplice, basta allenarsi poco ( Vaccari Lanfranco , 1984 )
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L ' uomo che gli dèi hanno scelto per celebrare Olimpia '84 cominciò a correre nel giardino di casa a Willingboro , New Jersey . Da un capo all ' altro del prato erano i 100 metri . Il giro della villetta i 200 . La pertica sorretta da due sedie , il salto in alto . E il primo salto in lungo avvenne sopra i castelli di sabbia che lui e sua sorella Carol avevano costruito dov ' erano stati ammassati i materiali per riparare il patio . Aveva otto avversari , tutti compagni delle elementari , come lui figli della media borghesia negra . Fra una settimana , al Memorial Coliseum di Los Angeles , Carl Lewis avrà un solo avversario : la storia . Correrà e salterà per ripetere l ' impresa di Jesse Owens , che nel 1936 a Berlino vinse 100 metri , 200 metri , staffetta 4x100 e salto in lungo . In questi cinquant ' anni mai nessun avvenimento sportivo era stato atteso con maggiore trepidazione , mai un numero tanto alto di persone ( in due miliardi lo vedranno per televisione ) si era dato appuntamento per vedere nascere un mito . E se non ci riuscisse ? Se qualcuno in qualche modo , in qualche gara , lo battesse ? « Tutti sono convinti che per me sarebbe la fine » dice . « Invece non sono per nulla spaventato . Potrei perdere e avere lo stesso tanta pubblicità da fare poi quel che voglio . I titoli dei giornali , anche in quel caso , sarebbero su di me . Direbbero : Lewis fa flop . Ma anche in quel caso , in autunno , io girerò un film . Comunque diventerò ricco . Comunque farò meglio degli altri , anche senza l ' atletica leggera . Perché io non pongo limiti a me stesso , non sono vulnerabile a nulla . » A 23 anni ha già fatto esaurire ai cronisti tutto il repertorio dei superlativi : non c ' è aggettivo che non sia stato usato nel tentativo di definirlo , non c ' è immagine retorica che non sia stata costruita nel tentativo di ingabbiarlo in una casella comprensibile agli umani . Ma cercare di tradurre il suo sforzo atletico in parole è fatica vana . Anche perché le solite iperboli non chiariscono il mistero , non spiegano che cosa lo fa saltare più lontano e correre più veloce . « Non c ' è mistero » dice lui tranquillo . « Almeno non per me . Io faccio poche fondamentali cose . C ' è un solo modo di allenarsi : quello giusto . C ' è un solo modo di correre e saltare : quello giusto . C ' è un solo modo di gareggiare : quello giusto . Quindi niente di misterioso , solo molto lavoro . » Lui ha cominciato presto , a 8 anni . I suoi primi allenatori sono i genitori , in gioventù atleti più che decorosi : la madre negli ostacoli , il padre nel mezzofondo . Lui però non cresce , a 14 anni il torace è esile , le gambe sono poco più che ossa sottili , neppure lunghe . Finché d ' improvviso , a 15 anni , si allunga di sette centimetri in meno di due mesi . Alla fine del 1977 corre già le 100 yard in 9.3 e salta sette metri . Ma è ancora e soltanto un ragazzino che corre e salta , sia pure dotato . Atleta lo diventa l ' anno dopo , l ' ultimo del liceo . « D ' improvviso si rese conto di tutte le sue potenzialità » ricorda Jack Muller , all ' epoca viceallenatore di atletica all ' high school di Willingboro . « E si convinse di non dovere seguire altre regole che le proprie . Quando cercavo di dargli un consiglio rispondeva : non è a te che devo dare ascolto » . Il calendario degli allenamenti lo stabilisce più sugli articoli letti anni prima e sulle note dei suoi genitori che non sulle tabelle di superlavoro ormai dilaganti . Appena sente male ai muscoli , anche se è appena a metà esercizio , smette di colpo . Non lavora per aumentare la resistenza . Con grande sconcerto dei santoni dell ' ortodossia , i risultati gli danno ragione . Batte Steve Williams , il maggiore scattista americano della fine anni Settanta , e arriva sugli otto metri . A quel punto fa la scelta della sua vita . Per poter essere più indipendente si iscrive all ' università del Texas , a Houston . Per poter usare l ' atletica come trampolino di lancio verso un ' altra carriera , sceglie il corso di comunicazione radio - TV , quello che fa diventare telecronisti . Pianifica attentamente : serve a togliergli l ' ansia , a dargli il controllo delle situazioni . « È la cosa che voglio di più al mondo » dice . « Ho bisogno di sapere che cosa mi aspetta , di fissare degli obiettivi e di raggiungerli . È sempre stato così , fin da quand ' ero ragazzo . E quanto più alla gente parevano impossibili , tanto più io ero stimolato » . In Tom Tellez , a Houston , trova l ' unico allenatore con cui può convivere . « È un tipo difficile , dà sempre l ' impressione di non lavorare abbastanza e di non prestarti attenzione » racconta Tellez , in passato allenatore di grandi campioni come il saltatore in alto Dwight Stones e il triplista Willis Banks . « Ma la volta dopo fa tutto quel che gli hai suggerito . Lavora poco ma con intelligenza . Quando dice ho finito , basta , non puoi dirgli niente . Il nostro non è il classico rapporto allenatore - atleta . No , siamo due persone che si guardano negli occhi . Lui è come un computer . Se gli si dà la giusta istruzione , la interpreta correttamente . Se no , non funziona » . Con un po ' di giuste istruzioni , Carl Lewis ha corso i 200 metri in 19 " 75 , la migliore prestazione mondiale a livello del mare ( il record è di Pietro Mennea da Barletta , 19 " 72 a città del Messico ) , ha corso i 100 in9 " 97 , migliore prestazione mondiale a livello del mare . Ha saltato 8,78 , anche questa la migliore prestazione mondiale a livello del mare . Per batterlo , bisogna scalare le montagne . Ci sono voluti anni . Soprattutto il lungo è stato molto curato . « Quando è arrivato » spiega Tellez , « Cari saltava male , provocando tensioni eccessive sui tendini e sul ginocchio della gamba di stacco , perché teneva troppo a lungo il piede sulla pedana . » Era il guaio maggiore , ma non il solo . La velocità è componente essenziale nel lungo : Lewis prendeva una rincorsa troppo corta , meno di 45 metri , e le sue ultime quattro falcate erano deboli . Adesso Lewis parte a 50 metri dalla linea di stacco . Li percorre in 23 falcate , meno di due metri e mezzo l ' una . Arriva alla velocità di 42 chilometri l ' ora . Si alza e , mentre vola , fa due passi che lo tengono in aria per un secondo e quattro centesimi . Non va troppo in alto , perché Tellez è convinto che più si parte in verticale , meno si arriva in orizzontale . Quando finalmente atterra sono passati circa sei secondi dal suo primo passo in pedana . « Ogni volta mi chiede : cosa posso fare per migliorare ? » racconta Tellez . « È un grande atleta proprio perché cerca sempre qualcosa di più . La sua mente è spalancata davanti al mondo . » Forse per questo Lewis si può permettere ritmi di allenamento assai blandi : due ore al giorno , cinque giorni alla settimana . I weekend sono rigidamente esclusi . E i , pesi anche , se non di tanto in tanto : non gli piacciono . « È meglio lavorare poco che troppo » sentenzia . « È la ragione per cui non mi sono mai infortunato . La gente non sa ascoltare il proprio corpo . » Il campo d ' allenamento non è l ' unico posto in cui Cari Lewis fa solo quello che gli va . Le regole che valgono per gli altri non sembrano applicabili a lui . Mentre a Los Angeles tutti stanno nel villaggio olimpico , lui risiede in una casa a Santa Monica , sull ' oceano . Quando partecipa a un meeting , una pattuglia di polizia lo scorta sempre a un rifugio che lo sottrae ai tifosi . È speciale e lo sa . Vive in una casa vittoriana che ha , in mezzo al salotto , un grande tappeto persiano . Alle pareti sono appese spade di samurai . Raccoglie con passione maniacale le posate d ' argento e i bicchieri di cristallo . Guida una Bmw 735 biturbo , bianca , e la spinge a straordinaria velocità . « Una volta anche a 220 chilometri all ' ora » confessa . « Mi piace andare forte . » Ha una cagnetta , Tasha , anche lei bianca . Gli amici sono pochi , i due più cari ( vecchi compagni di liceo rimasti nel New Jersey ) vanno spesso a passare i weekend da lui a Houston . Coltiva bizzarre debolezze . A giorni uscirà il suo primo disco , che ha per titolo Going for gold . In autunno uscirà la sua prima biografia : quello che la sta scrivendo gli sta accanto da un anno . Contemporaneamente deciderà che cosa ha voglia di fare . Potrebbe rimanere nel mondo dell ' atletica , ancora per un paio d ' anni . Magari per correre i 400 metri in 43 secondi o per diventare un grande specialista degli ostacoli alti . « Oppure , se mi allenassi seriamente , potrei battere il record del mondo del decathlon » civetta , prima di dire che , in fondo , potrebbe anche fare fortuna fra i professionisti del football americano . Non è escluso neppure che si dedichi seriamente all ' industria dello spettacolo . Per tre settimane ha seguito un corso al Theatre workshop di Warren Robertson , a New York . Poi , quando c ' è stato il saggio finale davanti alla macchina da presa , Lewis ha recitato molto meglio di quanto avesse mai fatto . « Ogni dettaglio che gli avevo insegnato è ritornato a galla ed è stato applicato con scrupolo » dice Robertson , alla cui scuola sono andati anche Jessica Lange , Diane Keaton e James Earl Jones . « Non credevo che uno che non aveva mai recitato prima potesse essere tanto impeccabile . Ha un istinto fantastico che elimina tutti gli eccessi e gli sprechi e va dritto all ' essenziale » . Ma di tutto questo si parlerà più avanti , dopo le Olimpiadi . Adesso , nessuna distrazione è concessa . Dall ' inizio dell ' anno Lewis evita di incontrare i giornalisti . Fino a maggio le interviste sono state possibili solo per telefono , due mercoledì al mese . Negli ultimi due mesi neppure quello : tutte le richieste vengono educatamente respinte da Joe Douglas , il suo manager . È probabile che anche a Los Angeles , come ha già fatto lo scorso anno ai campionati mondiali di Helsinki , non si conceda al rito della conferenza stampa fino a dopo l ' ultima gara , l'11 agosto . Nei giorni precedenti avrà lavorato parecchio . Ecco il suo programma . Venerdì 3 agosto : due batterie dei 100 metri la mattina . Sabato : semifinale e finale dei 100 . Domenica : qualificazioni del salto in lungo . Lunedì : due batterie dei 200 la mattina , finale del lungo il pomeriggio . Martedì ; riposo . Mercoledì : semifinale e finale dei 200 . Giovedì : riposo . Venerdì : batteria della staffetta 4x100 . Sabato : semifinale e finale della staffetta . In totale , undici corse e due giorni di salti . Ha tutte le possibilità di farcela . Se non ci riuscisse deluderebbe due miliardi di spettatori . Ma farebbe felici alcuni suoi avversari , che lo detestano neppure tanto cordialmente . Larry Myricks , il miglior saltatore in lungo prima che cominciasse l ' era Lewis , va in giro dicendo : « Sarà festa grande il giorno in cui qualcuno lo batterà » . Perfino Edwin Moses , uno dei più grandi campioni della storia dell ' atletica , quello che ha vinto le ultime 100 e passa corse della sua specialità ( i 400 ostacoli ) , non apprezza il suo stile : « Vincere va bene , ma lo si può fare anche senza umiliare gli altri . Ci sono troppe vibrazioni negative attorno a quel ragazzo » . In giro , di Lewis se ne sentono di tutti i colori . Che è un omosessuale . Che prende gli steroidi per aumentare la sua potenza muscolare ( è una sostanza vietata , chi risulta « positivo » a un controllo antidoping viene squalificato ) . Che si imbottisce , allo stesso scopo , di ormoni di gorilla e che lo scorso anno ha rinunciato a una tournée in Europa perché gli ormoni gli avevano provocato una ciste grande come un pugno . Lui si difende con sarcasmo : « Questo è il problema dei miei avversari . Dovrebbero pensare di più a quel che fanno loro e di meno a quel che sto facendo io » . Non si lascia scappare occasione per dire cose che , alle orecchie degli altri , suonano certo indisponenti : « Nessuno corre meglio di me gli ultimi 20 metri » . Oppure : « Basta vedere come faccio la curva , non c ' è uno al mondo che mi può battere sui 200» . Ogni tanto i suoi critici rabbiosi fanno notare che non detiene ancora nessun primato del mondo . Lui ha una risposta pronta , ovviamente : « Non sono i record che mi interessano . Se volessi , probabilmente li farei . E non è neppure la vittoria in sé che mi importa , ma il modo in cui la ottengo . Il mio scopo , quando corro o salto , è la prestazione . Infatti non ho paura dei miei avversari , ma solo di non poter essere un giorno un atleta perfetto » . Non gli pare una pretesa eccessiva . Un fervore quasi messianico lo anima quando parla del suo ruolo nel mondo . « Sono nato per fare qualcosa di speciale » dice convinto . « Credo che certi record siano ormai dentro il mio corpo e che Dio mi abbia dato il talento necessario per tirarli fuori . Aspetto solo che venga il momento » . Nonostante lui giochi al ribasso e dica che non gli importa poi molto , il momento sta per arrivare . Qualche settimana fa Bob Beamon , l ' uomo che a città del Messico nel 1968 saltò l ' incredibile misura di 8,90 metri , ancor oggi record mondiale , gli ha chiesto in una intervista televisiva come si sente uno che sa , di qui a pochi giorni , di poter diventare leggenda . Non sente la pressione ? « La pressione viene dall ' incertezza » gli ha risposto Lewis , « dal non sapere quali possono essere le variabili . Ma a Los Angeles per me non ci saranno variabili . Potrebbe anche cadermi il mondo sulle spalle e io non lo sentirei . Dicevano che non avrei mai vinto due gare nella stessa competizione , e l ' ho fatto . Dicevano che non avrei mai potuto vincerne tre , e l ' ho fatto . Ho sempre dimostrato che avevano torto . Per vincere non ho bisogno dell ' aiuto di nessuno . Tutto quel che devo fare è essere Carl Lewis » .
CALMA! ( FREZZAN FEDERICO , 1941 )
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Calma , signori d ' oltre Atlantico . Le vostre operazioni , in Africa Settentrionale francese , non sono state per noi quella sorpresa che vi aspettavate . La nostra logica e la nostra abitudine a considerare gli avvenimenti di guerra con la massima obiettività , già , da mesi , avevano previsto questa vostra intenzione di allora . Ma tralasciando queste considerazioni torniamo pure all ' esame delle operazioni in Africa Settentrionale . Il loro piano ha obbligato gli anglo - americani ad una dispersione delle forze , inducendoli a sbarcare in numerosi porti , dal Marocco ad Algeri . Vedremo per chi giuocherà il proverbio " chi la dura la vince . " Se gli inglesi hanno sempre basato il predominio sul mondo sulla possibilità di durare , noi non ne siamo nuovi , perché , da due millenni , abbiamo ereditato lo spirito di non disperare mai della fortuna della Patria . Per tornare all ' Africa Settentrionale diremo : - che il nemico ha proceduto alle operazioni in corso prevedendo la nostra insufficiente capacità a reagire ; - che il nemico non aveva le forze sufficienti per sviluppare tutto il suo piano , altrimenti si sarebbe diretto su Biserta e Tunisi ; - che le operazioni sarebbero state iniziate nella primavera ventura , se la Russia non avesse insistito nella creazione del secondo fronte . Il viaggio del Premier inglese alla capitale russa ha voluto significare un rabbonimento della Tigre rossa , e concretare quel simultaneo piano operativo , che avrebbe dovuto far passare nelle loro mani la iniziativa . Ma un piano come quello attualmente in esecuzione , avrebbe dovuto dare già i suoi frutti , quelli che avrebbe dovuto inequivocabilmente segnare il punto di partenza . Per noi invece rappresenta : - in Africa Settentrionale : operazioni di schieramento da parte nemica ; - sul fronte est : operazioni di resistenza al piano russo . Immaginiamo che la guerra sia incominciata ora , e vedremo che la nostra occupazione di Biserta e Tunisi rappresenta un vantaggio operativo , sul quale si svilupperà il nostro piano .
Tutto il mostro indizio per indizio ( Spezi Mario , 1984 )
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« È un ' ombra . Esperienza e statistiche dicono che dovrebbe essere un uomo . Ma per quanto ne so io , questo mostro potrebbe anche essere una donna » . Il capo della Scientifica fiorentina , Nunzio Castiglione , spinge vicino al paradosso lo scetticismo che dopo l ' assassinio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci , settima coppietta uccisa e seviziata nelle campagne intorno a Firenze dal 1968 a oggi , si è impossessato di lui e di molti altri investigatori . Ma c ' è davvero un solo « mostro » ? Ed è possibile che non abbia lasciato tracce ? Che 14 corpi siano stati sepolti in 16 anni senza che su di essi sia stato trovato nemmeno un indizio che aiuti a scoprire il volto di quello che sempre più appare come l ' unico assassino ? Il mostro di Firenze ha davvero trovato la formula del delitto perfetto ? Molti a Firenze pensavano che il mostro fosse in galera dal gennaio scorso , da quando il giudice istruttore Mario Rotella aveva fatto arrestare i cognati ultrasessantenni Giovanni Mele e Piero Mucciarini . I due , secondo questa tesi che ha retto sei mesi , avrebbero aiutato , la notte del 21 agosto 1968 , il loro parente Stefano Mele ad assassinare la moglie Barbara Rocci e il suo amante Antonio Lo Bianco sorpresi dentro una Giulietta in campagna fuori Lastra a Signa , pochi chilometri a ovest di Firenze . Otto proiettili Winchester serie H sparati con una Beretta calibro 22 uccisero gli amanti . Stefano Mele , il marito pluritradito , nel 1968 invece era stato riconosciuto unico colpevole dell ' omicidio e condannato a 14 anni . La sentenza concludeva : « L ' eventuale partecipazione di un terzo alla commissione del delitto perde ogni consistenza » . Ma quella Beretta continuò a sparare mentre Mele era in prigione e continuò a uccidere sempre e solo coppie sorprese a fare all ' amore dentro una macchina in campagna . Poiché era difficile pensare che l ' arma , cambiato proprietario , servisse a commettere omicidi simili , si pensò che con Mele , a uccidere la moglie e l ' amante , ci fosse stato un complice che , poi , messosi in proprio , divenne il mostro . Interrogato nell ' agosto 1982 , Stefano Mele disse che suo partner nel delitto era stato Francesco Vinci , sardo come lui , un altro amante della « sua signora » , anch ' egli tradito e più geloso del marito . Vinci si fece 15 mesi di carcere come mostro . Ma quella Beretta uccise di nuovo mentre se ne stava in cella . Fu richiamato Stefano Mele che si scusò , disse di avere accusato Vinci per vendicarsi dei torti subiti e senza troppe esitazioni puntò il dito contro il fratello Giovanni e il cognato Piero Mucciarini , che , ovviamente , furono arrestati . Ma domenica 29 luglio , in un bosco vicino a Vicchio , la solita Beretta è tornata a uccidere una coppia appartata in macchina . Questa volta il maniaco assassino ha asportato alla ragazza , Pia Rontini , non solo il pube ma anche un seno . Il mostro è quindi stato sempre libero e ormai è certo che con i protagonisti del vecchio delitto di 16 anni fa non ha proprio niente a che fare . Se le cose stanno così , e non si vede per il momento come altrimenti potrebbero stare , sappiamo in primo luogo che l ' ombra chiamata « mostro di Firenze » sceglie a caso le sue vittime . Nessun collegamento esiste tra lui e la coppia che uccide . Certamente lui sa che questo è l ' elemento di base di un delitto perfetto , perché disorienta completamente la bussola di un ' indagine . Sa anche che strafare è pericoloso , che non c ' è bisogno di esporsi troppo per ottenere pubblicità : basta il clamore suscitato da ogni suo omicidio . Non ha mai rivendicato un delitto , non ha mai lanciato sfide alla polizia o alla città . L ' ombra si fa gli osceni interessi suoi , pensando solo , come un ragioniere dell ' orrore , a non lasciare tracce e a scegliere luoghi e momenti opportuni per colpire , come se potesse benissimo controllare la sua ossessione . Dal primo delitto la sua tecnica si perfeziona nel senso che si semplifica sempre più riducendo al minimo gli appigli per un ' indagine . Già il secondo delitto , commesso il 14 settembre 1974 a Borgo San Lorenzo , a pochissima distanza dal luogo dove avrebbe colpito dieci anni dopo ma a circa cinquanta chilometri dal primo , avviene la notte di un sabato senza luna . Così il terzo , ben 6 anni dopo , il6 giugno 1981 a Scandicci ; così il quinto , il 19 giugno 1982 a Montespertoli . Il quarto delitto avvenne il 22 ottobre 1981 , un giovedì , ma il giorno dopo era stato proclamato uno sciopero generale . La sesta volta , il 9 settembre 1983 , a Giogoli , località fra Firenze e Scandicci , uccise di venerdì . Sempre , quindi , il ragioniere dell ' orrore colpisce la vigilia di un giorno non lavorativo , purché non ci sia luna . Molti hanno fantasticato su queste circostanze andando a cercare esoteriche ragioni a una scelta che quasi sicuramente è invece solo razionale . Nelle sere precedenti una festa è molto più facile imbattersi in una coppietta sulle colline che da ogni parte circondano Firenze , e in una notte senza luna , magari con un abito nero indosso , l ' ombra è molto più difficilmente visibile . Forse però , invecchiando , il mostro tiene un po ' meno a freno i suoi impulsi . L ' ultimo delitto lo ha commesso una domenica sera . Ci sono fondati motivi per ritenere che egli abbia tentato di farlo , come abitudine , la sera prima , il sabato . Ma quella notte nessuna coppia andò nel sentiero di Boschetta che invece ospitò la sera dopo Pia e Claudio . L ' assassino , andatogli a monte il piano per la data che aveva fissato , non ha saputo rinviare troppo in là e altrove l ' appuntamento con la morte , ed è tornato nello stesso luogo 24 ore dopo . Per la prima volta ha corso un grosso rischio , esponendo se stesso e la sua auto alla possibilità di essere notati . La circostanza , se dovesse essere confermata , dimostra la validità di un ' altra ipotesi sul mostro : lui fissa la data dell ' omicidio , sceglie il luogo dove colpire e uccide la prima coppia che vi capita . Che la scelta dei luoghi sia molto importante nei suoi orrendi piani era stato già intuito . Forse fa dei sopralluoghi . Colpiscono questi luoghi del delitto per due caratteristiche : sono incredibilmente simili uno all ' altro e appaiono a prima vista come i meno indicati per tendere un agguato . Sono sempre molto vicini a strade asfaltate frequentate nei sabati notte soprattutto da giovani che in auto o in moto si spostano tra i paesi che circondano Firenze . Le auto delle coppie prese di mira dal mostro hanno sempre su un lato vegetazione alta , grossi cespugli o alberi , insomma una specie di cortina . Dall ' altro lato , invece , si estendono sempre campi piuttosto vasti , a bassa vegetazione , così che il luogo dà l ' impressione di essere fin troppo scoperto . Il mostro vuole proprio questo perché la cortina di alberi lo ripara alla vista di chiunque e la bassa vegetazione che si estende davanti a lui gli consente di vedere anche da abbastanza lontano se qualcuno non desiderato è nei paraggi o si avvicina . L ' ombra deve anche intendersene abbastanza di armi . La Beretta calibro 22 che usa fu definita già nella perizia fatta nel 1968 « vecchia , arrugginita e usurata » , eppure per tutto questo tempo l ' assassino è riuscito a mantenerla perfettamente funzionante . La pistola è del tipo « long rifle » , di quelle cioè che si usano nei tirassegni . Il caricatore ha dieci colpi , che con quello in canna fa un totale di undici . Il mostro non spara mai più di otto colpi contro le sue vittime , tenendone da parte tre , con la prudenza che sempre lo contraddistingue , nel caso si creasse una situazione di pericolo . Le cartucce , anch ' esse abbastanza vecchiotte , sono sempre Winchester serie H di due tipi , o ramate o a piombo nudo . In sette delitti il mostro ha esploso cinquantasei colpi e poiché ogni confezione ne conta cinquanta , si può essere certi che ne ha buona scorta , comprata verosimilmente in una sola volta . Il mostro sembra sapere che l ' unica traccia che come una firma lascia sui luoghi dei delitti , cioè i bossoli delle pallottole , non potrà mai portare gli investigatori fino a lui . Di quelle pistole solo in Toscana ne esistono quattordicimila e i proiettili sono del tipo più comune . Un altro particolare suggerisce l ' idea che egli sia un buon tiratore o comunque una persona che si intende di armi . Il percussore della sua « usurata » pistola lascia sui fondelli un segno tanto particolare che chi li ha visti una volta sa poi riconoscerli alla prima occhiata . In sedici anni quel segno non si è mai modificato , neanche all ' esame del microscopio elettronico . Questo potrebbe dire che quella Beretta viene usata solo per commettere i delitti e che se l ' ombra si allena al tiro lo fa con un ' altra pistola . Nonostante queste considerazioni , ci sono diversità di opinioni tra gli investigatori sull ' ipotesi se egli sia o no un buon tiratore . Per il capo della Criminalpol toscana , Giuseppe Grassi , « non ci vuole molta abilità a centrare un grosso bersaglio praticamente immobile da pochi centimetri di distanza » . Per il medico legale Mauro Maurri , che ha fatto le necroscopie su tutti i cadaveri delle vittime , «10 sparatore è un tiratore espertissimo . Tutte le vittime sono morte all ' istante » . In verità una volta l ' ombra sbagliò , in occasione del delitto commesso i119 giugno 1982 a Montespertoli . Quella notte l ' ombra scelse una radura a pochi metri di distanza dalla strada che dalla frazione di Baccaiano porta al castello di Poppiano . Verso mezzanotte vi si fermò la 127 di Paolo Mainardi e di Antonella Migliorini . L ' assassino li osserva nascosto dietro una cortina di alberi e decide di intervenire , come sempre , un attimo prima che le effusioni dei due giovani si completino . Il primo colpo serve a spezzare il finestrino e contemporaneamente deve centrare l ' uomo . Quella notte , però , la pallottola si conficca nella spalla di Paolo Mainardi , per la prima volta il colpo non è mortale . Nonostante sia ferito , Paolo riesce a girare la chiavetta inserita nel cruscotto e a mettere in moto la macchina . Mentre innesta la retromarcia parte un secondo colpo che attraversa l ' abitacolo e centra il cuore di Antonella . La 127 parte all ' indietro a tutta velocità e arriva sull ' asfalto . La ferita , il terrore fanno però perdere a Paolo il controllo dell ' auto . C ' è un urto violento , lo sportello vicino al posto di guida rimane bloccato e non cede sotto lo sforzo di Paolo che cerca di aprirlo per fuggire . I fari , rimasti accesi , illuminano l ' assassino che si avvicina frontalmente . Prende la mira e con straordinaria freddezza spara . Due colpi spengono i fari che gettavano nella campagna una luce sospetta e gli impedivano di vedere il ragazzo al volante . Un altro colpo fora il parabrezza e colpisce con precisione Paolo in mezzo alla fronte . Il mostro , prudente , vuole però controllare . Attraversa la strada , si avvicina all ' auto , entra . Spara ancora un colpo alla testa del ragazzo e , per essere sicuro di averlo ucciso , ancora un altro , proprio dietro un orecchio . In un punto che pochi sanno essere il più mortalmente vulnerabile del cranio . L ' idea che l ' assassino possa avere conoscenze mediche o sia proprio un medico si affaccia prima ancora di andare a osservare come egli compie le orrende mutilazioni sui corpi delle ragazze assassinate . L ' asportazione totale di un pube femminile non ha riscontri in nessuna pratica chirurgica , per cui qualsiasi analogia è impossibile . Ma per il medico legale Maurri , considerato che il mostro agisce in condizioni di visibilità pressoché nulla , condizionato dalla necessità di fare presto , l ' assassino fa quei tagli « con estrema perizia » . Di parere simile è il capo della Scientifica . Il mostro potrebbe essere un cacciatore ed effettivamente , una volta , in occasione del delitto del 14 settembre 1974 , fu raccolto accanto all ' auto dei fidanzati assassinati un bottone rivestito di cuoio , di quelli che si applicano alle giacche dei cacciatori . Però quel bottone poteva essere del mostro o poteva essere lì chissà da quanto tempo . Così , dopo sedici anni e quattordici vittime il commissario Castiglione non ha altri dati certi su cui lavorare che qualche decina di bossoli perfettamente identici uno all ' altro . L ' ombra conosce l ' arte di mimetizzarsi , il ragioniere dell ' orrore si confonde nella più assoluta normalità . Nessuna delle persone che di giorno gli vivono accanto deve mai avere avuto un sospetto su di lui , che addirittura ha cura di non tornare mai da un omicidio dopo la mezzanotte . « Abbiamo la sensazione » commenta in un momento di sconforto il vicequestore Giuseppe Grassi , « di dovere cercare non il tradizionale ago , ma la paglia nel pagliaio » .
PREPARAZIONE E CONSEGNA DI GUERRA ( PRATOLINI VASCO , 1934 )
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Mussolini comandò di vivere pericolosamente . Non interessa la parafrasi nittiana ; è importante riscontrare come , oggi , gl ' italiani abbiano elevato il comandamento a " costume " di vita essendosi portati , come massa , nel vaticinio d ' Oriani ; e prossimo , in quanto popolo , al padre Mazzini . ( Avere riportato il proletariato italiano dalla fata morgana dei marxisti bolscevici all ' operosità fruttuosa del corporativismo , al riconoscimento del valore d ' una guerra da lui voluta e vinta in grandezza , all ' esistenza della famiglia come cellula dello Stato , dell ' orgoglio di sentirsi e sapersi italiano e solo in forza di ciò universale , è stata l ' opera prefissa , la mèta raggiunta non il miracolo come è in uso di dire dei primi dieci anni di governo fascista ; ed è già storia . Il popolo , rimasto sano alla radice , partecipò alla rinascita nelle squadre d ' azione , poi con l ' aderenza totalitaria al verbo fatto carne . ) Dicevo di vivere pericolosamente , ma parlando degl ' italiani corre l ' obbligo per gli altri , non per noi d ' una distinzione che precede un possibile equivoco intenzionato , quindi distinzione fra " vita pericolosa " a un fine ideale e l ' incoscienza del pericolo , fra l ' uomo d ' azione e il maniaco , fra lo schermitore e il prestidigiatore ; fra l ' industriale corporativista e il capitalista speculatore , fra la Flàt e la Ford ; in definitiva fra il latino - italiano e l ' inglese - americano . Come dire : fra la civiltà e il progresso . Vivere , nel caso nostro , cercando il pericolo in rapporto all ' avvenire imperiale apportatore di respiro economico ... L ' Italia fascista è la dimostrazione di come possa sortire da una umanità temprata a questo clima eroico una civiltà da impero ( e senza reminiscenze spartane ) . Cioè , l ' adeguarsi di un popolo alla castigatezza del regime di vita contrapposto e identità al vivere pericolosamente , affiancato nel suo intento dalle organizzazioni sindacali e assistenziali : sangue della Nazione nelle vene del proletariato ; per la certezza di un " suo " domani . Questa la massa : operai e rurali , forza leva della rivoluzione che continua ( rappresentanti " la razza nel suo significato più profondo e immutabile " ha detto l ' altro ieri il Duce ai contadini ) , mentre le generazioni giovani vengono addestrate coll ' armi per l ' armi nelle parentesi degli arnesi del mestiere . E l ' esempio di un Capo fatto a imagine e somiglianza , più ancora : fatto della stessa " materia " del suo popolo . Un popolo entrato in quest ' ordine d ' idee era maturo per una guerra , massime per una guerra coloniale che significa l ' avvio dell ' impero ; pronto cioè a percorrere un ' altra tappa del suo cammino rivoluzionario . Ed è pronto a sostenere " l ' assedio economico che la storia bollerà come un crimine assurdo " ; forte nell ' adempimento del suo " dovere " e conscio del suo " sacrificio " che , ha detto il Duce , nell ' odierna consegna sarà il solo " privilegio " del quale potrà essere fiero . La preparazione è completata . La consegna consiste nell ' aderire spiritualmente e fisicamente sempre di più a " questa epoca nella quale bisogna sentire l ' orgoglio di vivere e di combattere , " " nell ' epoca in cui un popolo misura al metro delle forze ostili la sua capacità di resistenza e di vittoria . " Il popolo italiano è preparato a mantenere la consegna ! Eternità della rappresaglia Parlare ( agire ) in nome di un popolo significa averne l ' identità nel cuore e nel cervello : Mazzini è l ' esempio più recente ed eterno . Ma per la costruzione di un ideale che implica la conquista d ' impero , il cuore non sorpassa mai il cervello , come nel costume di vita il godimento , sia pure estetico , non deve fiaccarne l ' umanità . ( Su questo piano la massa collabora colla massima fede . ) Per non aver voluto riconoscere l ' unità di tale azione fra il Capo e il popolo italiano o , peggio , per non aver calcolato la potenza , fisica e ideale , che ne consegue , l ' egoismo - idealista dell ' Inghilterra , l ' idealismo egoistico della Russia e le nazioni - tender alle locomotive degli interessi ginevrini , hanno applicato le sanzioni contro l ' Italia che per la prima volta , dopo il separatismo millenario , si trova unita negli spiriti e forte nelle armi agli ordini di un Duce rivoluzionario . Serrando i denti e le cinghie , sfogliando dell ' oro e costruendo fucili , il popolo italiano , universale e paesano , sopportatore e mistico , ribelle vendicativo reggerà all ' assedio economico ; il Capo l ' ha chiamato proletario e proletario non è un aggettivo più o meno simpatico , ma gerarchia della giustizia sociale . L ' affronto va scontato : o soddisfazione , senza vuotezze diplomatiche , o rappresaglia economica eterna ; eternità che può avere un termine conquistata l ' Etiopia ed iniziata la revisione degli imperi .
Nuda alla meta di Montecitorio ( Stella Gian Antonio , 1987 )
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Cicciolina manda tanti bacini al volgo in tumulto , ma il compagno Cosimo Simeoni si liscia i baffi scrollando la testa : « Cosa penso di questa specie di comizio elettorale ? Penso che in una fase politica come quella che stiamo affrontando , fase nella quale ... » . Si blocca folgorato e urla : « A ' Cicciolì , e facce vedé le zinne pure a nnoi ! » . Ilona Staller non si fa pregare : un piccolo strattone al vestitino celeste e ... oplà ! Boato . Spintoni , sgomitate , pestoni , calci . Un grido : « I bambini ! Portate via i bambini ! » . Ma bravo , compagno Simeoni : lei non stava dicendo ... « Che c ' entra , scusi ? Il mio è stato un gesto politico , una provocazione , uno sberleffo a lei e a quel buffone di Pannella ... E poi , Pomo è omo » . Figurati se non lo sa Cicciolina . Lo sa , lo sa . Appena compare in qualche tappa del suo « porta a porta » elettorale , in piedi come il papa su una camionetta rossa guidata da un vitellone travestito da Gesù , paralizza la vita dei paesi . Il traffico si blocca , i vigili si sfiatano , i bar si svuotano , i ragazzotti fischiano , qualche vecchietto diventa cianotico , le mamme mettono una mano sugli occhi dei ragazzini , distinti signori mormorano disgustati « anvédi ' sta zozzona » e stanno lì a ostentare a Ilona tutta la loro riprovazione senza staccarle un attimo gli occhi di dosso . Vuoi vedere che fa la sorpresa a tutti e finisce davvero a Montecitorio ? « Io ci spero tanto , e credo di potercela fare » risponde la pornodiva . « Sono tanti i ricciolini che vorrebbero la loro rappresentante alla Camera . Farei raddrizzare anche il curvo Andreotti . » Lei vorrebbe aprire la legislatura « con un costumino a pois » dice « molto molto molto scioccante » , ma se cicciolino Pannella glielo chiederà è disposta pure a sacrificarsi in un severo tailleur . E se le chiedesse anche di rinunciare ai baccanali cine - fotografici ? A quei grovigli di glutei che hanno fatto di lei la regina del porno italiano ? « Ah , no : non possono chiedermi di rinunciare a me stessa » si ribella Ilona . « Sono una porcella e voglio rimanere porcella » . E rivendica la geniale sinteticità del suo slogan elettorale : « Manda alla Camera una verde a luce rossa » . « La compagna Cicciolina è venuta da noi » ha detto Giovanni Negri , segretario del Partito radicale , « perché siamo l ' unico partito che non le chiede di spogliarsi » . Tranquillo , ci pensa da sola . Decisissima a diventare deputato , Ilona Staller , 37 anni , ungherese , figlia di un funzionario di governo e di una ostetrica , studi abbandonati dopo l ' iscrizione alla facoltà di medicina , ha preso le elezioni molto sul serio . « Ho fatto stampare 150 mila manifesti » spiega . « Sorrido , mostro la tettina e chiedo il voto . Vorrei andare ad attaccarli io stessa , ma purtroppo non è possibile : dove vado scoppia sempre una bagarre » . « Tanti , eh , 150 mila manifesti ? » ammicca Riccardo Schicchi , 35 anni , visetto da adolescente , studi interrotti ad un passo dalla laurea in architettura , fotografo , manager , amico , regista e guida spirituale ( se così si può dire ) della Messalina magiara . « Pensi che il PCI , tutto insieme , ne ha fatti stampare per il Lazio 350 mila , poco più del doppio » . Alle affissioni pensano una ventina di giovanotti , parte legati all ' agenzia fotografica di Schicchi , parte volontari votati alla causa . « Loro vanno avanti per far sapere a tutti che sto per arrivare » racconta Cicciolina . « Poi io li seguo . Fino alla chiusura della campagna elettorale ho annullato tutti i miei spettacoli . Anima e corpo per i cicciolini radicali . Giro per i teatrini della mia circoscrizione , Roma , Latina , Viterbo e Frosinone , e faccio due comizi al giorno . Pomeriggio e sera . Ingresso gratis » . E come sono questi comizi ? « Dunque : prima mi tolgo tutti i miei vestitini , piano piano come piace ai cicciolini elettori , poi quando sono tutta nuda spiego il mio programma » . Cioè ? « Aspetti che prendo il foglietto con gli appunti ... Eccolo ... Allora : " Il mio impegno politico è coerente con il mio modo di essere nei miei spettacoli . Sono contro ogni censura e vivo la pornografia perché è bello fare alla luce del sole quello che gli altri fanno nel buio dell ' ombra di se stessi . Più pornografia uguale conoscenza , uguale meno repressione , uguale non violenza , uguale radicale " » . Mamma mia , signorina Staller : è una sintesi un po ' tirata ... Più pornografia uguale radicale ... Ma gli altri sono d ' accordo ? « Cicciolino Pannella si diverte moltissimo . Anche cicciolino Bruno Zevi , l ' altro giorno , mi ha battuto le mani » . « O con Ilona o contro Ilona » taglia corto Riccardo Schicchi . « I radicali sono persone libere . E hanno deciso di stare con Ilona . Anche le femministe credo abbiano superato ogni perplessità . » « Vedi , cicciolino giornalista , io non sono una donna oggetto » spiega la pornostar . « Perché sono io la padrona di me stessa . Non mi ha spinto nessuno a fare le foto porcelle , l ' ho scelto io perché mi piace . Vorrei un letto grandissimo per fare felici tutti i cicciolini italiani » . Programma conciso , ma esauriente . « No , non c ' è solo sesso . Io vorrei anche che l ' Italia diventasse colorata , contante casette piccole , tanti alberi e ogni cinque casette una bella piscinetta . Lo proporrò subito , se divento deputata . E poi , chiudiamo le centrali . Io dico : abbasso l ' energia nucleare , viva l ' energia sessuale . Bello , no ? » . Ma adesso basta con i discorsi di politica : tutti fuori , si va alla conquista di Anguillara Sabazia , prima tappa della campagna elettorale porta a porta . « A ' Nunzio , te sei messo er lenzolo ? » . « Arivo , nun trovavo più la corona de spine » . Eccolo qua , il bullo un po ' atticciato che fa la parte del Gesù autista . Scusi Cicciolina , ma non crede che qualche cattolico si possa offendere a vedere lei scorrazzata da un finto Cristo ? « Perché ? E carina come idea , no ? E poi sono più vicina a Gesù io di tanti democristiani » . Anguillara , a noi . Alle prime case del paese , Ilona Staller lascia l ' auto sulla quale viaggiava ( « Non posso prendere aria , ho un raffreddore terribile ... sono sempre così poco vestita ... » ) e si trasferisce sulla camionetta rossa scoperta . Si mette in piedi , si toglie il pellicciotto , abbassa un po ' sul seno l ' orlo del vestitino azzurro , butta indietro i capelli biondissimi . Paralisi . « Aoh , c ' è Cicciolina ! » Cinque minuti e la piazzetta è piena . Mani che si tendono , urla , accorrere di gente . « Va ' a chiamare Nando , va ' a chiamare Nando ! » ordina un ragazzino all ' amico . « E vacce te ! » risponde l ' altro . « Se intanto quella se spoja ? » Arriva un vigile : « Signorina , per carità ! » . E lei : « Mi voti ? Lo dai un voto alla tua Cicciolina ? Numero 49 lista radicale » . E il coro risponde : « Te votiamo tutti , Cicciolina bbella ! » . Al bar Castello , una decina di avventori giocano a carte e guardano dalla finestra che s ' affaccia sulla piazzetta . Un anziano serio serio cala il sette di coppe e si rifiuta pure di girarsi : « Manco la vojo vede ' , quella zoccola . Proprio bene siamo messi , se alle elezioni si presentano pure le mignotte » . « Ma va là » lo rimbrotta Pietro Casasanta , che all ' altro tavolo gioca a ramino . « Questa sarà deputato , sicuro . È uno sfottò alla politica . E poi , co tutti ' sti politici che ce fottono , almeno lei fa l ' incontrario » . Ilona si affaccia alla finestra e si sporge verso il gruppo di giocatori : « Cicciolini , siete radicali ? Lo date il voto alla vostra micetta ? Numero 49» . Fa il Casasanta : « E tu che mi dai ? Nun me mostri niente ? » . E lei : « Vuoi vedere queste ? » . Neanche il tempo di fiatare e l ' uomo ci mette le zampe sopra . « Ammazza che robba » . Lei fa un gridolino : « Che simpatico , me lo dai anche un bacino ? Me lo dai il voto ? » . Sul piazzale , Filippo Paolessi si calca il basco sulla testa : « Sono cinquant ' anni che lavoro i campi , e Dio sa quanto il mio partito , i miei compagni comunisti mi abbiano deluso . Ma questa no , questa non la voterei mai . Mi vergogno io per lei » . « Questo Pannella non lo capisco » dice un altro vecchietto . « Ha messo su un partito di pregiudicati » . E via di nuovo , in marcia su Trevignano Romano . Bel colpo : sulla passeggiata lungo il lago di Bracciano c ' è gran movimento . Tutti fuori , a far due passi e mangiare un cornetto . Macchine che vanno e vengono , ordinatamente . Famigliole sorridenti , anziani sulle panchine a godersi il sole tiepido . Di colpo , piomba la notizia : « Sta arrivando Cicciolina ! » . E mezzo paese si schiera ai lati della strada , incuriosito , imbarazzato , divertito , eccitato . Si svuota il bar Miralago , viene evacuata la gelateria Stefanelli . Un bambino strilla : « Famme vedè la fata turchina » . E il papà alla mamma : « Giovà , porta via er ragazzino che questa è robba nostra » . Un signore apostrofa la pornocandidata : « Vattene via , fila ! » . E lei : « Sei comunista ? Sei un cicciolino bigotto comunista ? » . Riccardo Schicchi la mette in riga : « Cicciolina , non continuare così . Noi non siamo anticomunisti ... » . Arriva il vigile urbano Edoardo De Santis : « Vi potete spostare un po ' ? » . Lei : « Cicciolino vigile , me lo dai il voto ? » . E lui : « Non posso , sono minorenne » . Voce dalla folla : « Nuda ! Nuda ! » . Riccardo Schicchi , professionale , dà la disposizione : « Cicciolina , mostra il seno ! » . Lei esegue . Muggito di folla . Si avvicina un giovanotto con gli occhialetti da intellettuale . Ritira dalle mani di Ilona un volantino e una carezza . Bacino e se ne va . Come ti chiami ? «Gianluca.» La voterai ? « Sì . In lista con i radicali c ' è anche il professore Pio Fedele , il più insigne studioso di diritto canonico italiano . Insegna alla Lateranense . Voto lui e Cicciolina » . E così va avanti la gran corsa di Cicciolina verso i banchi di Montecitorio . Schicchi dice : « Attacca il manifesto » . E lei esegue . « Da ' i bacini » . E lei esegue . « Mostra il seno » . E lei esegue . « Sorridi » . E lei esegue . « Ricopriti » . E lei esegue . « Giù le spalline » . E lei esegue . Il Parlamento val bene una mossa .