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COME UTILIZZARE IL CATTOLICISMO ( MONNERET_DE_ VILLARD UGO , 1906 )
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Si presenta ... a noi chiaramente il problema del valore pratico , strumentale , della religione cattolica ... Non lo consideriamo per ora se non nei limiti della vita terrena ... Un ' altra serie di fatti attirerà la nostra attenzione , e questo studieremo per stabilire il valore pratico della religione cattolica . Tali fatti possono essere divisi in tre grandi categorie : quelli che il cattolicismo ha in comune con molte altre fedi e confessioni ; quelli che egli ha in comune col padre suo spirituale , il cristianesimo , e quelli infine che gli appartengono in proprio . Della prima serie ne citeremo alcuni che sono di estrema importanza . L ' evento di una coscienza religiosa è certo uno dei più importanti fenomeni ed una delle più terribili esperienze a cui può essere sottoposta la nostra personalità : è una completa trasformazione , un mutarsi radicale di tutti gli ingredienti costituenti il nostro io ... Secondo fatto : la coscienza religiosa ci dà il senso dell ' assoluto . Si può osservare che tale senso dell ' assoluto noi possiamo conquistarlo per via filosofica , ma fra l ' uno e l ' altro vi è la grande differenza d ' intensità che deriva dalle differenti genesi : l ' uno , il filosofico , proviene dalla ragione ed è penosamente costruito , l ' altro procede dall ' estasi ed è pienamente e profondamente ed intimamente vissuto ... Se da questo noi passiamo ai vantaggi pratici che ci può dare la coscienza cattolica , e che essa ha in comune col cristianesimo , tre almeno ne voglio citare , che sono di estrema importanza . Il primo è il riacquistato senso del peccato . Noi possiamo avere oggi il senso di commettere il male , concetto filosofico , od almeno morale . Il pensiero del male si riconnette in tal modo per legami più o meno stretti , più o meno appariscenti a quello di danno e di vantaggio : è una materializzazione quindi che noi abbiamo fatto , una riduzione a maggior volgarità del concetto religioso di peccato . Il vantaggio od il danno materiali hanno una ben minima influenza sul nostro io intimo e profondo : sì che molti uomini vi sono che tali concetti trascurano e non hanno nella loro vita alcuna ricerca di benessere . Ben diverso invece è il concetto di peccato quale proviene dalla coscienza religiosa . Esaminiamolo sotto diversi aspetti . Per noi oggi il commettere il male o il fare bene è divenuto un ' azione quasi indifferente anzi lo è completamente , come ho detto , quando tale male o tale bene non assumono una conseguenza pratica ... Che avremo riguadagnato noi riacquistando il senso del peccato ? Prima di ogni altra la possibilità di commettere dei peccati , che in avanti ci era negata . E ciò non è certo lieve affare . Il commettere evidentemente un peccato sapendone la gravità vuol dire in ultima analisi mettere la nostra anima in uno stato di eccezionale tensione ... Da ciò una fonte non trascurabile di emozioni profonde ... La necessità quindi si fa e sempre più evidente di stabilire entro noi una legge di male e bene che ci potrà dare il piacere di seguirla ... il piacere di violarla ... Il secondo fatto , fra quelli che il cattolicismo ha in comune col cristianesimo , che molto m ' importa di citare , è quello dell ' ambiguità delle sensazioni che tale religione è atta a sollevare in noi . Infatti il sottile artificio che dà a questa religione il vantaggio su tutte le altre è che essa parla d ' amore ... Vi è nella parola amore , e specialmente nel modo in cui la usa il cattolicesimo , qualcosa di così ambiguo che stimola , che parla al pensiero ed alla speranza , sì che tale parola irraggia anche sull ' intelligenza la più bassa e sul cuore più gelido . Soprattutto gli esseri in cui la sensualità si è sublimata , la felicità la trovarono nel cattolicismo . I libri della religione rivelano e traspirano tutti un profumo di eterno femminino ... Il terzo fatto che desidero citare , e tanti ne trascuro , che il cattolicismo ha in comune anche col cristianesimo e che tanto viene ad aiutarci nella nostra ricerca dei modi di utilizzare ed aumentare l ' anima , è la considerazione che tali religioni ci portano - per atto di fede , e quindi profondamente - a ritenere possibile e credere fermamente nel miracolo . Tale fede nel miracolo è il primo coefficiente per una possibilità di compiere i miracoli . Ora il compiere i miracoli è l ' unica via per giungere al sodisfacimento completo di tutti i nostri desideri , all ' onnipotenza ... Ed ora alla terza categoria dei fatti , quelli in tutto e per tutto propri al cattolicismo ... Con il cristianesimo che è la religione della pietà , si erige il cattolicismo religione della forza , della violenza e della dominazione . Due soli esempi , ma abbastanza gravidi di considerazioni : l ' Inquisizione e la Compagnia di Gesù . Il Cattolicismo è quindi una scuola di dominazione . Contro il Cristianesimo , religione dell ' uguaglianza , il cattolicismo si è sviluppato come religione della disuguaglianza ( gerarchia sacerdotale , il principio della scomunica diametralmente opposto ai concetti cristiani di amore del prossimo e di aiuto verso i peccatori giacché li mette nell ' impossibilità di salvarsi , indulgenze e condono dei peccati non equamente distribuiti giacché non tutti erano e sono in grado di contraccambiarli coi compensi chiesti dalla chiesa , elemosine , dotazioni , pellegrinaggi ... ) . È quindi il cattolicesimo , oltre che una scuola di dominazione , anche una scuola di inesorabile e violenta dominazione , a tutto sviluppo dell ' individuo e a tutto suo beneficio ... Il cattolicesimo è poi in fondo una religione abbastanza elastica in quanto riguarda l ' oggetto della fede : contro il cristianesimo , ferocemente monoteista , il cattolicesimo si svolse e si presenta a noi , col suo culto della Vergine e dei santi , come un larvato politeismo ... Il cattolicesimo infine è una religione sontuosa , fatta di magnificenza , forse molto di scenografia , certamente molto d ' arte - e questa applicata col più sottile dei poteri suggestivi - dalla vertiginosa eleganza e dalla penombra evocativa delle cattedrali gotiche , alla grandiosità della messa , con l ' accompagnamento musicale che Palestrina o Sebastiano Bach hanno scritto per il più tragico dei drammi . Ma mi affretto a venire alle ultime considerazioni le più importanti per noi . Il cattolicesimo è il più portentoso strumento per lo studio e per lo sviluppo dell ' anima ; è il più profondo e il più sottile metodo di penetrazione psicologica , la scuola d ' analisi la più raffinata e la più completa . La lettura dei grandi mistici da Eckehart a Loyola , da S . Angela a S . Teresa , ce ne convinceranno facilmente . I metodi di cui il cattolicismo si serve sono essenzialmente tre : la casuistica o studio delle varie forme del peccato . la solitudine , la meditazione ... che compongono la vita claustrale . l ' analisi interiore . In fondo questi tre modi che il cattolicesimo predica come i migliori per coltivare e rafforzare la fede , come quelli che , sotto altre spoglie o con altre forme , noi siamo andati , man mano studiando come quelli . che meglio ci avrebbero servito per . studiare l ' anima e quindi per utilizzarla ... La preghiera è un potente mezzo di suggestione con cui , usando del potere evocativo ed esaltante delle parole e delle formule , si creano o si facilitano gli stati d ' elevazione d ' anima . La confessione poi è stata la più sottile e la più raffinata delle invenzioni cattoliche : troppo lungo ed inutile sarebbe qui l ' esaminarne dettagliatamente il meccanismo psicologico , ma certo essa è il più potente dei mezzi di liberazione d ' ogni idea ossessionante , l ' idea del peccato commesso , come la creazione e la liberazione dal sogno che ci turba . E con questo chiudo la rapida scorreria attraverso i valori pratici ... La loro eccezionale importanza , la loro profondità , la loro perfezione psicologica , fanno sì che la religione cattolica sia uno dei più formidabili e sicuri strumenti per la coltivazione delle anime , per il culto dell ' io , e quindi , indirettamente ed oltre i limiti che essa fissa , uno dei mezzi migliori per utilizzare l ' anima e quindi per conquistare il mondo .
CONSIGLI DEL LIBRAIO ( - , 1915 )
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Critici che non leggono . In una fiera requisitoria contro Serra e la sua critica , scritta da Giovanni Boine , e stampata in tre fitte colonne sulla « Riviera Ligure » ( marzo 1915 ) , Si legge quest ’ acerba rampogna ... : « E , peggio di tutto , concede talvolta in tal modo alla corrente com ’ è ( non per il non aver letto , ora per piena complimentosità da gentiluomo in salotto di cui s ’ è detto ) che dedica a Marino Moretti parecchie pagine dove lo spazio e il tempo è perduto ad analizzare se sì o no le poesie col lapis siano un rifriggimento , uno smidollamento gozzanesco , dove si dice delle sue novelle , ma chissà perché per es . la Deledda tanto più profonda e significativa NON È NEPPUR NOMINATA » . Apro il libro del Serra ; e a pp . 112 e 113 trovo che si parla appunto di Grazia Deledda . Mi dispiace che sia sfuggito a Boine , che per altro è tanto coscienzioso e attento . Forse per certa stizza e acrimonia che si manifesta troppo chiaramente in tutta la nota : e per il nobile sdegno contro quel profanatore della critica letteraria che è Renato Serra . Ma già Boine , da un pezzo in qua va approfittando dei libri più diversi che gli capitano sotto mano , per comporre certi suoi bozzetti disinvolti , o frammenti d ’ una teorica sulla volubilità , ? quando non canta i suoi amori colle nuvole e il vino buono paesano ; o piglia la rincorsa per montare in cattedra e discorrere , a proposito di un piccolo libro d ’ arte , dell ’ Ecclesiaste , di Pascal , e di mille problemi eterni . Atteggiamenti gli uni e gli altri . E temo che bisogna tirar la somma tra questi termini opposti : ironia sanculotta e alto pathos ; e dividere per due . Si troverà allora il punto giusto , il punto medio ; di quest ’ uomo medio ; di questo spirito assai modesto e impermalito , avanzo di fogazzarismo e isteria intellettuale , con sopravi una spolveratura di filosofia tanto più spiacente , quanto la portata è più grande e più solenne . Veleno . Da un gazzettiere , in una gazzetta è stata fatta giustizia sommaria di Benedetto Croce , di Papini , Ruta , Soffici e Salvemini : gente ormai trapassata , che non conta più nulla , e a cui non resta che seppellirsi volontariamente , se vuol risparmiarsi pedate e insulti dall ’ ultima generazione sopravvenuta . « I filosofi son diventati giornalisti , i pittori letterati , i politicanti professori , i poeti impiegati ferroviari » i giornalisti , naturalmente sottinteso , geni , e illuminatori , in questa disavventurata stagione . Siamo alla fase estrema di una commedia intellettuale e morale che può diventare un pericolo , e per buona sorte si annunciano uomini e coscienze che ci salveranno . Rimorchieranno i vili dietro le loro barche solide e ben costruite , per portarli in una specie di limbo fiorito consolazione di vecchi e bambini , tutti insieme pargoleggianti . Primo , di questa razza radiata e maledetta , Giovanni Papini , gran cordone della santissima mafia , autore di un ’ ultima stroncatura , senza né spirito maligno , né strafottenza becera , e neppure eleganza di stile . « Il brano di prosa ricorda le più odiose polemiche che abbiano abbassato la civiltà italiana nei secoli del servaggio e della abbiezione nostra peggiore » . [ Pare di assistere a un comizio , in tempi elettorali , con discorsi comprati da chi è meglio disposto a prostituirsi ] . Quando , mio Dio , questi avvocati cesseranno di parlar d ’ arte ; smetteranno la più sporca delle letterature , a parole non contate , senza risparmio , per diletto d ’ un milione di gente sprovvista e diseredata ? Leggo , per mia consolazione , in una lettera di Serra , questo preciso giudizio : « A proposito della « Voce » e delle polemiche , che bellezza quella Sor ’ Emilia di Papini . Che sapore e che nerbo di scrittura , e suono e schiocco e pizzicore di frustate ; e precisione e figura e libertà di spirito . È in un momento superbo Papini : anche i suoi tentativi di poesia in versi hanno qualche cosa di raro . È quasi un peccato , quand ’ uno è così felice , accanirsi contro un disgraziato che pure ha tante qualità nascoste e guaste nella sua ingrata natura » . A me basta . Io sto sicuro a questa verità . Tra dieci anni , passato il rumore di questa farsa , si rifaranno i conti . Gazzette e gazzettieri in fumo : un certo puzzo d ’ arsiccio : e quel poco d ’ oro lucerà di più . Zampirone . « Nessuno proprio ci crede più alla pontificale infallibilità di Croce » ... « Non mi pare che il Senatore Croce , il quale , quando si mette a tavolino per giudicare di qualcosa , ha per lo più delle felici trovate ... » ... « I filosofi son diventati giornalisti » ... Se non ci fosse stato il nome ripetuto e stampato , con quella qualifica di senatore che ritorna in poche pagine dieci volte precise , avrei giurato che si parlasse di Arnaldo Cervesato . Ma no ; qui i Signori Nello Quilici e Alberto Spaini vogliono dir proprio Benedetto Croce , che da gran tempo si son presi l ’ impegno di radiare dal corso della storia , con una lunga serie di saggi e discussioni , e intuizioni rivelatrici di nuovi cieli formazione spirituale della generazione che vien su , e promette di rivoltare il mondo , capovolgere valori vecchi , cassare di sulla crosta terrestre le cariatidi dell ’ antica coscienza italiana : e ha già inventato , all ’ uopo , tante cose giovini e fresche : eticità , vita interiore , coerenza , onestà ; ma un ’ onestà d ’ altra specie , direi quasi d ’ un ’ essenza sopraffina e volatilizzabile ; impalpabile ; qualità e sostanza d ’ una superiore grandezza , che permette d ’ infischiarsi di quelle tal ’ altre virtù , più banali , più comuni , ma senza di cui gli uomini mediocri non sanno vivere : decenza , riserbo , conoscenza di sé , valore reale , moralità tanto meno alta e più fattiva , studi severi , esperienza piena , amore di comprendere , senso delle distanze e dell ’ altrui genio , umiltà : quel piccolo bagaglio insomma che ogni uomo mortale serio finora era abituato a portarsi con sé , come regola di vita ; anche se non straordinaria . Oggi invece è tutt ’ altro affare . Hanno spalancato le vie dell ’ avvenire ; madonna mia ; come grandi ! Non ci si raccapezza più : abbiam persa la bussola : c ’ è aria troppo fina per noi . Siamo in un ’ età eroica ; e i piccoli uomini vi fanno una ben magra figura , con le loro idee che non superano la portata della loro statura . A guardarci intorno , dei nostri compagni non si ritrova più nessuno : un deserto . Quelli che s ’ incontrano non so più che faccia abbiano ; e appena riusciamo a vedere i ginocchi . E sento puzzo come di formiche spiaccicate ; sangue magro . Sono i nostri poveri amici dispersi e uccisi . Questi omaccioni ci rotolano su , e neppure lasciano la traccia . Effetto di che ? Effetto , io credo , di deformazione cutanea , e null ’ altro ; con incrostamenti alla superficie , che han mangiato cuore , anima , tutto . Non si tratta né di eroi né di giganti . Son pachidermi ; con un corno in fronte , in continua furia ; ciechi . Non sentono , non vedono più . Ora , di primavera , sono in amore , e corrono per i prati come una maledizione . Nasceranno dei mostri e li metteranno sugli altari . Ecce miraculum novum , qui santificabit mundum . Adoramus fidenter ! Benedetto Croce è uno degli « spodestati » . A rinnegarlo si trovan d ’ accordo giovani profeti e professori universitari . L ’ incontro casuale è assai significativo ; e a me particolarmente dà un gran piacere . Ma come lo rinnegano ? Con una sorta di sorriso acerbo , e un ’ aria di degnazione ; come dire : parliamo l ’ ultima volta di questo disgraziato . E sì , i disgraziati sono proprio essi : questi giovanotti , e questi letteratoni geniali . Che cosa oramai non considerano inferiore a sé ? Fino a pochi mesi fa si son ciucciati latte e vita ; ma basta così . Un calcio ben inchiodato , e non se ne parli più . Non vale neppur la pena di una discussione . Tanto , se mi guardo addietro , in dieci volumi non ci sono che « felici trovate » ; e il miglior titolo che possa dare a questo povero di spirito è quel che gli altri gli hanno affibbiato [ Senatore ! ] ; e lui non è stato buono a meritarsene uno suo , più solido , più adatto , per chi voleva essere Maestro della gioventù . Ma queste son cose , cari miei , che vanno un poco dimostrate . A un imbecille può esser concesso anche di giudicare un grande , Benedetto Croce compreso : a patto che ragioni , documenti , discuta . E per assalti personali e polemici va chiesta giustificazione e stato di servizio di chi ci s ’ impegna . Fuori le carte ! Siete uomini d ’ ingegno ; avete lavorato e scritto ; può bastare per pigliarvi spasso di chi vi piace . C ’ è opposizione di uomo a uomo . E una vostra bestemmia ha il peso di tutta la vostra esperienza e coscienza . Ma se siete appena vermi e lombrichi ; esenti d ’ ogni umanità ! Provatevi ad assaltare , da bravi ; ma fatemi avanti un piccolo discorso . Ho paura siate ammalati di balbuzie intellettuale . Non so se arrivate a concepire e dire una sola proposizione . Voglio sperimentarvi . E non sarebbe da chiederlo a voi , che dovreste saperlo per vostro conto , giacché vi date l ’ aria di essere d ’ altra razza , che sa il fatto suo , e a ogni cosa che dice attribuisce valore di assoluta verità , documentabile , certa , sacramentale e cristiana . Perché c ’ è gente intorno che ha poca fiducia nelle vostre parole senza costrutto ; e aspetta uno schiarimento . E per nausea della vostra miseria , indignazione , e dispetto , andiamo meditando un colpo di stato . Di mutare questa eterna repubblica letteraria in una monarchia più che assoluta , con Benedetto Croce re , padrone , e tiranno . Rimetteremo ordine alle nostre faccende . Le « pause » . È di moda oggi chiamarle così , farne un segno anzi dell ’ arte novissima , due o tre giovani scrittori a cui ho paura si voglia creare un posto a parte nella storia della letteratura italiana e universale . Perché ? Hanno inventato la « spiritualità » . Davvero che non ce n ’ eravamo accorti , da quella gente grossolana che ci vantiamo d ’ essere : e tanto arretrata e grammaticale , che per intendere la « lettera » , per ricercare la « lettera » , dimentichiamo , disgraziati , lo spirito . Perché sapevo che in poesia ci sono cose belle e brutte , cioè vive e morte , riuscite e non riuscite . Sapevo che è poeta chi realizza , poco o molto , non importa ; ma realizza . Crea immagini , sentimenti , stati d ’ animo , figure , drammi , un grande o piccolo mondo . Le pause che c ’ entrano ? E che vale stabilire differenze e lacune odiose ? Si trovano da per tutto , dove c ’ è arte . Che vogliono dire sottintesi , riferimenti , suggerimenti , quei gradi intermedi insomma , e di passaggio , che ogni poeta sagrifica per cogliere una linea essenziale , fissare un atteggiamento di significato e valore assoluto . De Sanctis , che se n ’ intendeva , lasciò scritto almeno questa pagina sacramentale . « Quando il poeta compone ha innanzi un fantasma che lo tira fuori dal suo stato ordinario e prosaico , gli agita la fantasia , gli scalda il cuore . Non crediate però ch ’ egli gitti sulla carta tutta intera la sua visione e tutte le sue impressioni . La sua penna riposa , ma non il suo cervello ; rimane agitato , pensoso , la poesia si continua nella sua testa dove fluttuano molte altre immagini , parte proprie di essa visione , parte estranee e affatto personali . Il poeta , concedetemi il paragone , è un ’ eco armoniosa , che ripete di una parola solo alcune sillabe , ma un ’ eco animata e dotata di coscienza , che sente e vede più di quello che ci dà il suo suono . Il critico raccoglie quelle poche sillabe , e indovina la parola tutta intera . Pone le gradazioni ed i passaggi ; coglie le idee intermedie ed accessorie ; trova i sentimenti da cui sgorga quell ’ azione , il pensiero che determina quel gesto , l ’ immagine che produce que ’ palpiti ; spinge il suo sguardo nelle parti interiori ed invisibili di quel mondo , di cui il poeta ti dà il velo corporeo . Il critico è simile all ’ attore ; entrambi non riproducono semplicemente il mondo poetico , ma lo integrano , empiono le lacune . Il dramma ti dà la parola , ma non il gesto , non il suono della voce , non la persona ; indi la necessità dell ’ attore . Il simile è della critica » . Oltre che può servire a far intendere quale è l ’ ufficio di un critico davanti a un poeta , senza che si sciupi più troppa carta , ad almanaccare , costruire , ideologizzare sulla poesia , invece di semplicemente capirla , e per capirla mostrare d ’ aver capito e far capire ad altri , analizzando , interpretando , ponendo appunto quelle tali gradazioni e quei tali passaggi , cogliendo idee intermedie e accessorie , indovinando insomma la parola tutta intera , controllando cioè , e controllandosi , oltre che a chiarire questi piccoli problemi ; i quali non sono senza importanza ; serve a spiegare che cosa significano queste benedette pause ; e come ci sono più pause , ad esempio , in un così detto poeta « animale » , che vede e realizza , realizza naturalmente l ’ essenziale , che non in chi si perde in anfrattuosità stilistiche e mastica e rimastica , e non arriva a smaltire quel po ’ di companatico che vorrebbe vendere per una cena luculliana . Precisamente in questi scrittorelli mancano le pause , che son punti sospesi , interruzioni di silenzi , che devono esistere così , non toccare , come un ’ atmosfera , o un sentore di cosa viva , a cui s ’ addice questa forma d ’ interrogativo che ogni poeta vero pone , e il critico risolve . Oggi si son messi per l ’ appunto a indicare , segnare , additare , questi spazi emotivi , e credono di realizzarli . Operano delle scomposizioni ; e quel che prima era interstizio , in mezzo , di accordi profondi , è eliminato via . Credono di tener su l ’ arco del ponte , e son crollati i piloni sopra cui poggiava . Hanno invertito relazioni e proporzioni , annullando l ’ essenziale , accettando l ’ inessenziale . C ’ è l ’ accompagnamento e manca la musica È detto tutto , perché non è detto nulla . Ci son tanti viottoli perché manca la via maestra . Volete provarvi a smontare di questi scrittori ? Tentate una qualunque analisi o interpretazione . Non avete da aggiungere una sillaba . Hanno scritto e testimoniato tutto loro . Vi tocca per il momento chiudere bottega . Così si son divisi il campo , a restaurare questa nuova spiritualità latina : o lavorando d ’ intarsio , con ricami sottili , e con una caparbietà cocciuta di gente sterile , tentennando , esitando , toccandosi il polso , per la paura di non reggere a questa minuziosità vertiginosa ; o sopra costruendo e risolvendo con imposizioni e architetture intellettuali quella vita che non son riusciti a dare con mezzi più semplici e persuasivi .
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TV e attori s ' accapigliano su una cosa che non dovrebbe esistere . Immaginate due che litighino ; uno dice : " Io t ' ho procurato questo bastone ; tu devi pagarmi ogni volta che lo usi " ; l ' altro : " No , perché già te l ' ho pagato e voglio usarlo finché mi pare , senza darti più un soldo . " Passa un vigile e dice : " È inutile che litighiate , perché questo bastone non si deve usare . " È il caso della trasmissione di registrazioni . Le registrazioni , come tutti sanno , sono un mezzo meccanico che permette di replicare finché si vuole uno spettacolo , senza più dover far ricorso agli attori che lo recitarono quando fu registrato . Così come un disco permette di far udire una canzone , senza più dover far ricorso al cantante . Sulla questione delle registrazioni è nato il dissidio fra attori e TV . Gli attori reclamano un compenso per ogni volta che l ' opera registrata viene ritrasmessa . La TV sostiene che questo compenso è implicito nel pagamento per la prestazione iniziale e che perciò essa può ritrasmettere fin che vuole lo spettacolo registrato , senza pagare più gli attori per esso . Ma il fatto è che alla TV non dovrebbero esserci trasmissioni di spettacoli registrati . TV e trasmissioni di questo genere sono termini inconciliabili , proprio per quell ' immediatezza , quell ' attualità , che dovrebbero essere caratteristiche peculiari della TV . Viceversa , la TV è ancora malata di cinematografo . Nel cinematografo , l ' opera viene fissata una volta per sempre sulla pellicola , e quindi può , anzi deve essere proiettata finché si vuole ; anzi , non diventa proiettabile che dopo essere stata fissata sulla pellicola , che è come dire registrata . La TV non ha bisogno dell ' intermediario pellicola o altro ; trasmette immediatamente dall ' originale al teleschermo . Sua caratteristica peculiare è proprio di trasmettere una cosa mentre questa cosa si svolge . È chiaro che , quando ha finito di svolgersi , questa cosa non può più esser trasmessa televisivamente . Se trasmette la sua registrazione la TV diventa cinematografo . Che ? Vi scandalizza l ' idea che uno spettacolo TV non debba esser ritrasmesso registrato ? Vuol dire che siete anche voi malati di cinema , come i programmisti TV . La TV è un ' altra cosa . Allora , direte , non si deve ritrasmettere ? Perché no ? Se volete ritrasmettere , ri - recitate e trasmettete la ri - recita dal vivo . Il teatro ri - recita da che esiste . Ma oggi , direte , c ' è modo di conservare una recita e riusarla . Questo è compito del cinematografo ( dal greco : " grafo " : scrivo ; cioè , registro ) . Compito della TV è invece di far vedere una cosa che si sta svolgendo lontano ( dal greco : " tele " : lontano ) , mentre si sta svolgendo . Come a teatro . In teatro , a ogni replica gli attori recitano come la prima sera . Né a un impresario viene mai in mente di far registrare la prima rappresentazione e di usare questa registrazione alle repliche . In questo caso il pubblico direbbe : è cinematografo . E preferirebbe giustamente andare al cinema , sia perché quello che è nato cinema è preferibile alla registrazione di uno spettacolo teatrale , sia perché a teatro vuol vedere gli attori in carne e ossa . Viceversa , alla TV si registra la prima rappresentazione . E così , alle repliche , si dà al pubblico una cosa che non è più TV , ma che non è nemmeno cinema , essendo la fotografia d ' uno spettacolo TV , ormai morto . Perché la TV deve trasmettere una cosa mentre avviene . Questo concetto non entra ancora nelle menti dei programmisti della TV i quali , nella conferenza - stampa in occasione dello sciopero , hanno più volte ripetuto che posseggono materiale registrato da poter andare avanti per un anno , o addirittura all ' infinito . Ma avanti in che ? In una cosa che non è televisione ; defraudando il pubblico dei telespettatori , che ha pagato il canone per avere televisione e non cattivo e difettoso cinema ( tale essendo una registrazione , perché non è nata cinema ) . Il pubblico , se vuole del cinema , va al cinema e se lo sceglie come gli pare . E , se lo vuole a domicilio per comodità o per non uscire , può comperare una macchinetta cinematografica di proiezione e noleggiare dei film , perfino dei supercolossi . Alla conferenza - stampa suddetta , il direttore dei programmi , Pugliese , a un certo punto ha addirittura annunziato che della nuova rubrica Souvenir erano state approntate in anticipo ben quattro puntate . Perché addirittura la rubrica viene fin dalla prima volta trasmessa registrata . Ma come mai non s ' accorgono che questa non è televisione , ma è cinematografo portato a domicilio , e cattivo cinematografo , anche , perché il cinematografo vero ha altre sue peculiari risorse che non ha la TV ? Diranno : non è possibile fare una televisione senza materiale filmato e senza registrazioni . Salvo una minima scorta prudenziale , una cosa simile possono dirla coloro che non hanno ancora capito che cosa è la televisione . E non è escluso che fra essi debbano annoverarsi i programmisti della TV . Questo , per quanto riguarda le trasmissioni registrate , invece che le riprese dal vivo . Passiamo ora alle ri - trasmissioni registrate , cioè alle repliche mediante registrazione . Pensate per un momento ai giornali . Che ne direste d ' un giornale che ogni tanto ripubblicasse i propri racconti , i propri articoli di varietà ? ( Le notizie equivalgono al Telegiornale , per il quale sarebbe assurdo parlare di repliche . ) A questo punto , qualcuno tirerà fuori i soliti argomenti : che non è possibile trasmettere tutto dal vivo ( impossibilità ammissibile soltanto per il Telegiornale , ove non siano attuabili le riprese dirette , in quanto i fatti di cronaca non osservano gli orari di trasmissione ) ; che la TV divora i programmi , e perciò ci vuole una riserva e ci vogliono le repliche , perché bisogna riempire tante ore di trasmissione ogni giorno , eccetera . Ebbene , questa è una cosa che , senza tanto scalpore , senza drammatizzare , fanno tranquillamente , da che esistono , i giornali . Perfino i modesti fogli di provincia gettano fuori ogni giorno materiale nuovo . Sarebbe bello che un giornale , con la scusa che ogni giorno deve riempire tante pagine , ripubblicasse i suoi vecchi servizi , i suoi articoli di terza pagina già usciti , eccetera . E la stessa cosa fanno i settimanali , che in un numero mettono materiale di sette giorni . E quotidiani e settimanali sono un ' infinità , e cercano di differenziarsi , mentre , almeno da noi , la TV è una sola , senza concorrenti . Volete registrare per l ' archivio ? Giustissimo . Anche i giornali conservano le collezioni . Ma non le ripubblicano . Il materiale dev ' essere sempre fresco . Viceversa , alla nostra TV , prendiamo un programma a caso : martedì 19 aprile : dalle 21 alle 22,15 , Playhouse 90 ( film ) ; dalle 22,15 alle 23,15 , Souvenir ( registrazione , cioè film ) ; dalle 23,15 alle 23,45 , Cinelandia ( registrazione , cioè film ) ; dalle 23,45 alla fine , Telegiornale ( film , per necessità ) . Ditemi voi , per un programma simile , a che cosa è servita l ' invenzione della televisione . Se la televisione non fosse mai stata inventata , se non esistesse , la sera di martedì 19 corr . io , mediante una macchinetta cinematografica da proiezione , mi sarei potuto offrire in casa l ' identico programma che mi ha servito la TV ; con la differenza che avrei potuto scegliere qualche film molto migliore di quel Playhouse 90 , e degli altri , e anche di quell ' Edouard e Caroline , il film ch ' era stato il piatto forte della sera precedente .
POESIA FASCISTA ( GASTALDI MARIO , 1934 )
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Che bisogna tornare a leggere i poeti è opinione dell ' Uomo che tiene oggi i destini del Paese ... Egli che conosce il popolo italiano , il quale se marcia con deciso e disciplinato ritmo , se obbedisce senza discutere , ha pure esigenze d ' ordine spirituale , quando parla a questo suo popolo , esalta e liricizza il suo fecondo oprare , e ideando conquiste e realizzazioni lumeggia con le più alate parole la bellezza viva di tali mète , di tali conquiste . Egli consiglia al suo popolo di ritornare a leggere la poesia . Quale poesia se non quella che sentita e dettata da esseri privilegiati che posseggono la grazia di vedere le umane creature e le umane cose in una luce di bellezza in cui altri non vede , elabora la vita portandola nella sfera di nobiltà spirituale nella quale il poeta vive e respira ? Come c ' è sulle generali un ' arte fascista , c ' è una letteratura fascista , una poesia fascista . E non perché sia vestita della Camicia Nera , o canti opere e uomini del fascismo la cui realtà e le cui gesta cantano una eterna poesia da soli , ma arte fascista perché operi , perché inciti , perché esaltando una sua visione di vita , dica tale visione al popolo , facendo di tale visione innamorare , sino alla imitazione . E se i letterati e poeti di ieri primo Mussolini nella loro visione influirono sulla magnifica realtà della Rivoluzione , i poeti e i letterati di oggi sempre primo Mussolini ( che pur non scrive versi ) contribuiscono sensibilmente con la loro visione alla realtà di oggi e di domani dell ' Italia fascista .
RIVOLUZIONE ANTIBORGHESE ( CHILANTI FELICE , 1934 )
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Noi crediamo nel popolo italiano , e sentiamo nella parola di Mussolini quando dichiara l ' uguaglianza assoluta di fronte al lavoro palpitare tutto il segreto stupendo della nostra passione . Lo Stato che si identifica col popolo non è per noi una espressione vuota , ma la visione panoramica , la meta di tutta la Rivoluzione . Ora è bene che ci spieghiamo chiaramente . Quello che il borghese viene in sostanza a negare è il Sindacato ; più che negarlo se ne dimentica . Noi diciamo che non è possibile realizzare una giustizia sociale se non nell ' ambito dell ' organizzazione sindacale . La giustizia sociale come non è il salario elevato , come non consiste nella paga che consenta un qualsiasi tenore di vita non è nemmeno il salario corporativo e la ripartizione della ricchezza più perfetta , quando questo salario corporativo e questa perfetta ripartizione non scaturiscano dalle precise condizioni di preparazione e di stato d ' animo delle classi organizzate . Perciò noi diciamo che una giustizia sociale realizzata dall ' alto , fuori del settore organizzativo non interessa il sistema ma può appartenere tutt ' al più ad una necessità immediata . Quello che vogliamo è ben altro . Vogliamo una giustizia sociale che trovi le forze di garanzia per la sua continuità nel profondo delle coscienze innanzi tutto ; vogliamo una giustizia per una società organizzata in cui l ' uguaglianza totalitaria di fronte al lavoro sia realtà senza che nessun elemento possa intervenire a turbarla ; vogliamo insomma che questa giustizia sociale sia elaborata nel popolo , seguendo di giorno in giorno la sua evoluzione verso lo Stato , alimentando questa ascensione di un ' opera profonda di educazione . Vogliamo il Sindacato ; e qui il borghese non ci capisce più . Quando Mussolini ha detto che nel concetto Fascista il popolo è Stato e lo Stato popolo , il borghese ha applaudito calorosamente . La frase è bella ed il giolittiano riformista ha portato con sé , nel nostro tempo , e porterà sempre con sé quel tantin di gusto che gli consente di non essere insensibile di fronte alle geniali trovate dialettiche a parte il loro valore reale . Noi abbiamo compreso ben altro in questa identificazione del popolo con lo Stato . Ed abbiamo guardato alla realtà : abbiamo cercato nello Stato fascista il popolo italiano e nel popolo italiano lo Stato fascista e ci siamo incontrati col Sindacato . La fiducia in un Governo , in una rappresentanza totalitaria è un elemento sostanziale dell ' identificazione del popolo con lo Stato ; questa fiducia ha due fondamentali esigenze : una nella preparazione del popolo , nella sua sanezza psichica , l ' altra è nei capi dal cui stato d ' animo dipendono tutte le conseguenze che la loro posizione di rappresentanti deve portare con sé . Conseguenze in cui consiste l ' azione di uno Stato . La caratteristica dell ' epoca che ci ha preceduto è il paradosso : ed il paradosso nella storia nasce da delle visioni ristrette , dal contingente fine a sé , dalla impossibilità di guardare lontano . Si pensi al contenuto ideale della democrazia che ha finito nel connubio col liberalismo . Il padrino di questo connubio fu indubbiamente il capitalismo che aveva innanzi tutti i suoi interessi da difendere e con essi una gran forza su tutta la vita politica . Ma il capitalismo spiega il fenomeno fino ad un certo punto . Un aratro incide il solco quando trova del terreno favorevole ; sul selciato la sua possibilità di arare si esaurisce , diventa nulla . Il terreno dell ' azione del capitalismo fu costituito dalla borghesia . Qui bisogna aprire la strada ad una verità : abbiamo sentito mille volte i borghesi che si rispettano , quelli che non negano la loro reale esistenza , che non si smentiscono , gridare ai quattro venti che tutte le rivoluzioni sono state guidate dalle borghesie . Una lieve precisazione : iniziate mai ; l ' iniziativa rivoluzionaria è venuta sempre da elementi antiborghesi . Ma che ad un certo punto le rivoluzioni siano state affidate alle borghesie è una realtà ; ed in quel punto preciso le rivoluzioni sono crollate , hanno preso una strada diversa , si sono esaurite in formalità . La democrazia si trasforma e si associa col liberalismo quando intervengono attivamente le borghesie ; il socialismo perde il genio rivoluzionario quando riceve il marchio indelebile , inconfondibile del borghese . Per il Fascismo è necessario che le cose vadano altrimenti . Il Fascismo è una rivoluzione continua ; è una marcia che le generazioni si assumeranno il compito di continuare verso gli orizzonti che sono stati precisati dal Capo senza possibilità d ' equivoco ...
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I . Che il sindacato non possa fare e che quindi non farà mai né in Italia né fuori d ' Italia la rivoluzione è una verità relativamente pacifica da alcuni anni a questa parte . Il passaggio dalle economie individuali a quelle sempre più nazionali e internazionali ha tolto al proletariato ogni speranza di potersi sostituire alla classe capitalistica . Esso sa di non avere la competenza necessaria a dirigere la vita economica . Sa anche che questa competenza non potrà mai acquistarla perché appena un membro della classe operaia si eleva culturalmente al di sopra della media , esce dalla classe depauperandola del suo contributo . Nonostante tutta la retorica dei socialisti , la classe operaia non potrà mai elevarsi al livello della classe capitalistica per il semplice fatto che la classe ha porte di uscita verso l ' alto e che non v ' è nessun peggiore capitalista dell ' ex - proletario . La classe concepita come strumento di difesa finisce con l ' essere il limite insuperabile di chi vi si è rinchiuso . II Che il sindacato non possa controllare o comunque intervenire nell ' azienda deve risultare chiaro a chi rifletta al fine che dovrebbe avere un tale intervento . Esso dovrebbe limitarsi a un compito di informazione che consentisse poi ad una più efficace difesa dei lavoratori . Ora , il concetto stesso di una informazione che non implichi direzione si risolve in una contraddizione in termini per lo meno sterile , ma quasi certamente dannosa e disgregatrice . Non si avvicina il lavoro all ' azienda , ma si accentua il dualismo degli interessi delle classi opposte a tutto svantaggio del superiore interesse della produzione . Al solito si dimentica la corporazione che ne è il vero rappresentante e che sola può e deve entrare nell ' azienda perché soltanto essa è in grado di informarsi e dirigere al tempo stesso e soltanto essa può giudicare il sistema di interferenze degli interessi da armonizzare . Controlla chi ha una visione superiore e una superiore competenza non chi ha preparazione inferiore e ha interessi di parte . III Che il sindacato non possa continuare per molto tempo a fare il contratto collettivo è una conseguenza che si trae dalla stessa critica del controllo aziendale . Contratto collettivo vuol dire determinazione di alcuni elementi del sistema ( in particolare orari e salari ) ; ma , se è vero che l ' economia corporativa è economia programmatica , ne deriva che non è possibile determinare alcuni elementi del sistema ( orari , salari ) senza determinarli tutti ( produzione , consumo ) . Il sindacato , evidentemente , non può determinarli tutti , ché in tal caso non sarebbe parte , ma totalità , e deve dunque lasciare il compito di farlo a chi rappresenta appunto la totalità , ossia alla corporazione . Chi ha seguito i primi lavori delle corporazioni ha potuto già avere una certa conferma di questa inevitabile prossima conclusione in alcune norme dettate per la compilazione dei contratti collettivi . IV . Che il sindacato non possa avere funzioni di elevazione culturale del proletariato è anch ' essa una conseguenza che si deve trarre dal concetto di parte proprio del sindacato in contrapposto al concetto di universalità proprio della cultura . Educarsi significa uscire dalla propria particolarità ed entrare in commercio spirituale con gli altri : in senso più specifico avvicinarsi ai migliori e elevarsi fino a loro . Così che una classe può educarsi non chiudendosi in un ' astratta opera di autodidattica ( l ' autodidattica senza l ' eterodidattica è vana presunzione ) , bensì convivendo spiritualmente con le altre classi ; non chiudendosi in organizzazioni di classe , ma partecipando a organizzazioni che trascendono la realtà della classe . Soltanto per questa via il proletario acquisterà nozione dei suoi limiti , coscienza delle posizioni da raggiungere , e non scambierà ridicolmente per scienza e per cultura il riecheggiamento disorganico delle più disparate cognizioni . Anche e soprattutto in questo campo la vaga ideologia socialista della dittatura del proletariato ha fatto diffondere nei propagandisti meno intelligenti e nelle masse la persuasione che della cultura come del capitale ci si possa impadronire con la violenza . E , come per il capitale , anche e soprattutto per la cultura è certo che il sindacato non riuscirà mai a conquiste effettive e sistematiche . V . Che il sindacato , infine , non abbia più ragione di sussistere è una conclusione che si deve trarre dalle considerazioni che precedono e che tutte possono riassumersi nel carattere democratico , particolaristico e materialistico del sindacalismo e del socialismo in genere . Esso ha valore e significato nel disordinato conflitto delle forze sociali in un regime liberale individualistico dove trionfa l ' arbitrio e la violenza , ed ha assolto il compito storico di elemento dialettico propulsore del sistema capitalistico , ma tramonta per sempre il giorno in cui ci si convince che la vita sociale è sistema risultante da un esplicito programma determinato attraverso una comune volontà . Un ' ultima obiezione si può affacciare di fronte alla conclusione alla quale si è pervenuti ed è che , pur ammesso il trapasso delle funzioni del sindacato alla corporazione , ci sarà tuttavia bisogno dei sindacati per formare le corporazioni . L ' organo centrale disciplinatore della vita economica in tanto può avere una visione superiore e totalitaria in quanto rappresenta tutte le forze produttive e quindi anche gli esponenti del lavoro designati dai sindacati . Inteso in tal guisa , il sindacato dovrebbe avere una funzione elettoralistica nei riguardi della corporazione e in tale funzione esaurire la sua ragion d ' essere e la sua attività . Ora , non è il caso di ripetere qui le critiche perentorie ormai da un pezzo rivolte a ogni criterio elettoralistico e rappresentativo . Anche a voler ammettere come tuttora valide tali esigenze , deve essere chiaro che , se le corporazioni restano organismi centrali e risultano composte soltanto di alcune centinaia di persone , ogni effettivo ponte tra il sistema sindacale e il sistema corporativo è completamente da escludersi . I pochi rappresentanti dei lavoratori ( lavoratori o legali ch ' essi siano ) vengono necessariamente a trovarsi su di una piattaforma politica di notorietà che deve far nascere in loro altri sentimenti e altri interessi che non siano quelli di chi è soltanto un modesto lavoratore . Ma , a parte tutto ciò , il lavoratore che entra nella corporazione rappresenta pariteticamente di fronte al capitale il lavoro , cioè un interesse contro un altro , non una competenza tecnica superiore che risponda al fine precipuo della corporazione di dirigere con superiore consapevolezza la vita sociale . Il lavoratore che entra nella corporazione , in altri termini , abbassa sul piano degli interessi più materialistici , rispondenti alla sua minore preparazione culturale e spirituale , la discussione dei problemi superiori ; e soltanto a questa condizione può partecipare attivamente alla determinazione della volontà comune corporativa . Che se invece la corporazione dovesse essere davvero la più eccelsa espressione dell ' intelligenza della Nazione e perciò dovesse svolgere davvero la sua opera sul piano consentitole dalla superiore preparazione , i rappresentanti dei lavoratori non avrebbero che ben poco da dirvi e la loro presunta funzione paritetica sarebbe evidentemente un non senso . L ' assurdo dipende dal fatto che il lavoratore che entra nelle corporazioni non vi entra gerarchicamente per selezione di competenze , ma democraticamente per astuzia di politicanti . Egli non rappresenta il lavoro , essendo il migliore dei tecnici , ma rappresenta la massa dei lavoratori , come uno tra gli altri : non ha virtù per dirigere , ma abilità per godere della fiducia dei compagni e per difendere i loro interessi . Ne deriva che la corporazione assume una fisionomia ibrida in cui la coscienza del problema da risolvere nel modo migliore per il bene di tutti è offuscata dalla pressione incompetente dei difensori di interessi particolari di classi o di gruppi o più spesso di individui . Le ragioni che ci hanno indotto alla critica del sindacato valgono anche a determinare i criteri per l ' approfondimento teorico e pratico delle funzioni e dei fini delle corporazioni . È evidente che la negazione del sindacato non può essere giustificata se non si potenzia la corporazione , facendo da essa assolvere in modo più compiuto ed organico i compiti dei sindacati . La critica , dunque , implica una ricostruzione e solo alla luce di questa essa può chiarirsi in tutta la sua portata . Fine precipuo del sindacato ci è risultato essere la difesa degli interessi del lavoratore o meglio delle classi opposte : fine , invece , della corporazione la direzione della vita sociale da un punto di vista extraclassista . Il problema che perciò si pone è di risolvere il sindacato nella corporazione facendo operare direttamente in questa il lavoratore . Se potremo raggiungere tale risultato avremo definitivamente superato il dualismo classista e avremo elevato il lavoratore dal terreno materialistico dell ' interesse di parte a quello veramente politico della competenza tecnica . È stata già fatta da qualcuno la proposta del sindacato unico del lavoro o sindacato dei produttori che si differenzierebbe dal sindacato misto in quanto non raccoglierebbe insieme datori di lavoro e lavoratori , ma soltanto lavoratori nel senso più comprensivo della parola , dal manovale al grande imprenditore . Sarebbero esclusi i datori di lavoro o i capitalisti in quanto meri detentori di capitali o proprietari di aziende . Un simile sindacato , fondato su di un concetto più adeguato del termine lavoro e soprattutto sul superamento del dualismo di lavoro e tecnica , rappresenta certamente il massimo ideale che oggi possa concepirsi sul terreno sindacale . È il più gran passo che il sindacalismo possa fare per giungere alla corporazione . Tuttavia tra il sindacato unico e la corporazione vi è ancora un abisso . Sindacato unico vuol dire organizzazione politica accanto all ' organizzazione produttiva : corporazione , invece , organizzazione politica coincidente con l ' organizzazione produttiva , attraverso un ' unica gerarchia tecnica . Per individuare le tappe della trasformazione del regime sindacale in regime corporativo , sarà opportuno prendere lo spunto dalle attuali ventidue corporazioni . La loro caratteristica è data appunto dalla più o meno esplicita identificazione che in esse si raggiunge della competenza tecnica e della competenza politica : allorché esse dettano una norma direttiva per un determinato campo della produzione , tale norma ha una validità tecnica inscindibile dalla validità politica . In altri termini la corporazione supera ogni dualismo di interesse e dovere , di individuo e di Stato , di classi contrastanti . La sua volontà è volontà statale come autogoverno della nazione . Tutto questo in linea teorica e sia pure in linea giuridica . In linea di fatto poi l ' ideale non può essere ancora raggiunto perché vi è soluzione di continuità tra corporazione e organismi produttivi , tra corporazione e sindacati . Tra corporazione e organismi produttivi perché la corporazione non è l ' apice della gerarchia delle aziende e non si riconnette perciò gerarchicamente agli organi esecutivi della norma da essa dettata : tra corporazione e sindacati perché i sindacati non sono neanche essi gerarchicamente ordinati in modo da far capo alle corporazioni , né si occupano della norma corporativa in quanto norma tecnica della produzione . Né vi è da sperare che la soluzione di continuità possa attenuarsi in un prossimo domani , permanendo l ' attuale organizzazione aziendale e sindacale , perché il dualismo è in essa costituzionale . L ' unità di tecnica e politica che si ha nella corporazione si scinde nella tecnica aziendale e nella politica sindacale , senza che rimanga luogo per la formazione di gerarchie unitarie che trovino il logico sbocco nella corporazione centrale . Ne segue che , al centro , le ventidue corporazioni non risultano organicamente da una selezione di uomini svoltasi gerarchicamente , ma sono costituite attraverso una scelta relativamente arbitraria , poco tecnica e perciò poco politica , effettuata da uno Stato trascendente la corporazione e non legato neppure esso alla gerarchia corporativa . Basta porre in tal guisa il problema perché la soluzione appaia subito chiara . Dalla corporazione centrale si dovrebbe poter passare a organismi corporativi dipendenti sempre più periferici fino a raggiungere l ' azienda , e tutti i lavoratori ( la figura del datore di lavoro in quanto non lavoratore andrebbe naturalmente esclusa ) dovrebbero trovar posto lungo la scala corporativa così costituita . Quanto poi al criterio per la formazione della scala , trattandosi di una gerarchia politica che si identifica con quella produttiva , non può valere che la competenza tecnica sanzionata in veri e propri gradi numericamente distinti . Non v ' è nessuna ragione per non trasportare nel campo del lavoro il criterio gerarchico oggi vigente nell ' amministrazione dello Stato e trasportarlo anzi con gli stessi gradi in modo da accomunare fin d ' ora tutti i lavoratori , che tutti nello Stato e per lo Stato lavorano . Non più sindacato ma corporazione : non più due classi contrapposte , ma tredici o più gradi di un ' unica scala che tutti possano salire : non presunta e irrealizzabile pariteticità , ma selezione continua dei migliori per il migliore autogoverno di tutti . Alla logica di tale soluzione si oppone soltanto il grande pericolo segnato dal periodo di transizione . Inquadrare oggi tutti i lavoratori in una gerarchia bene determinata significa in certo senso consolidare l ' attuale gerarchia di fatto sorta in regime capitalistico e rispondente ai criteri di selezione propri del capitalismo . I grandi industriali entrerebbero a far parte del primo grado , i manovali dell ' ultimo grado della gerarchia e tutto potrebbe sembrare inalterato . L ' obiezione è certamente grave e sarebbe inutile nasconderne quel tanto che è indiscutibile . Ma sarebbe atteggiamento sterile quello di chi si arrestasse di fronte al residuo negativo e non tenesse conto delle nuove condizioni e delle nuove forze che si metterebbero in atto . Intanto scomparirebbe ufficialmente dalla gerarchia sociale la figura del capitalista e del proprietario non lavoratore , e basterebbe questo per eliminare uno degli aspetti più immorali e più materialistici del vecchio regime . Ma la differenza sostanziale consisterebbe nell ' eliminazione dell ' abisso tra datore di lavoro e lavoratore che caratterizza in modo costituzionale e pressoché irriducibile due classi sociali . La distanza che separa un grado gerarchico da un altro in una scala di tredici gradi è ben diversa da quella che separa una classe da un ' altra . Che la scala si salga è la regola , che l ' abisso si salti è l ' eccezione . E se anche tra il primo e l ' ultimo grado della scala può sembrare vi sia sia pure molto attenuato lo stesso abisso che tra le due classi sociali , non v ' è tuttavia alcun grado della scala in cui la diversità diventi radicale e in cui perciò l ' abisso si determini . La distanza tra le classi è data dalla diversa natura sociale laddove la distanza dei gradi non può essere data che dalla differenziazione della capacità tecnica : è questo il carattere distintivo delle due specie di gerarchie e in sostanza del regime capitalista e del regime corporativo . Allorché ci si pone il problema della formazione delle gerarchie e si definisce il fascismo regime gerarchico , s ' intende appunto sostituire a un criterio naturalistico ed ereditario un principio spirituale di selezione . Le diversità economiche e politiche sono portate al livello tecnico , garanzia di superiore oggettività . La coscienza gerarchica del fascismo è nell ' intuizione che la storia della civiltà consiste nel processo di tecnicizzazione delle gerarchie politiche , cui corrisponde il processo di elevazione dall ' arbitrio alla libertà . Perché poi dallo stato di transizione in cui si convalida in qualche modo l ' attuale gerarchia sia possibile pensare all ' eliminazione di ogni residuo del vecchio regime , occorre naturalmente rendere effettiva la parità dei diritti di fronte al lavoro . Occorre cioè che l ' ascesa della scala non sia condizionata inizialmente dal fattore capitalistico . Su questo terreno si sposta radicalmente il problema della formazione della gerarchia corporativa e su questo terreno va coraggiosamente imposto e risolto . La differenziazione delle capacità tecniche ha valore morale soltanto se tutti sono posti in grado di educarsi con gli stessi mezzi . Sarà un ' eguaglianza che avrà tuttavia limiti naturalistici contro cui converrà continuare a combattere , ma che non sarà negata a priori da una diversità istituzionale di carattere generale . A questo patto l ' ideale corporativo supera l ' ambito di una trasformazione economica e professionale e caratterizza la rivoluzione fascista nella sua essenza politica superiore o etica e nella sua portata di carattere universale . Una delle prime conseguenze sarà la liquidazione definitiva del lato demagogico del socialismo , impostato sull ' esaltazione del lavoro nella sua accezione meno elevata e nella conseguente esaltazione del proletariato . Il fascismo non permette all ' operaio nessuna dittatura , ma soltanto il diritto di salire la scala gerarchica del lavoro a parità di condizioni . s ' egli non saprà salire resti ai primi gradini , ma non pretenda nessuna gesuitica pariteticità di comando . In regime di corporativismo integrale al centro giungeranno i supremi gerarchi e non v ' è alcuna ragione di far giungere i cosiddetti rappresentanti dei lavoratori , vale a dire i lavoratori che hanno dimostrato di non avere le qualità per salire . Il motivo sentimentale , pietoso e lusingatore , del socialismo non ha più alcuna giustificazione una volta costruita la gerarchia tecnicamente . Al centro si va per raccogliere le fila del lavoro compiuto da tutti e per determinare nelle sue linee definitive un piano o un programma sociale a cui tutti hanno collaborato . Ma se è così , soltanto coloro che sono le espressioni delle più alte competenze hanno il diritto , il dovere e la possibilità di arrivarvi . Il corporativismo paritetico deve cedere il posto al corporativismo gerarchico ...
È LECITO? ( NO , 1934 )
StampaPeriodica ,
È lecito che gli antifascisti di ieri , coloro che saggiarono l ' olio di ricino e il manganello squadrista , si impanchino oggi ad educatori delle giovani generazioni , scrivendo articolesse su tanti giornaloni ? È lecito che fior di antifascisti , di gente che negli anni bui ha tentato in tutti i modi di boicottare il Fascismo e se non ci sono riusciti , la colpa non è certo loro occupino tuttora posti di comando , a marcio dispetto della famosa deliberazione del Gran Consiglio del Fascismo che tali incarichi riserva soltanto alle vecchie e fedeli Camicie nere e ai giovani delle leve fasciste ? È lecito che continuino ad essere ammessi nelle Università , diciamo così , " civili , " giovani afascisti , mentre le Università militari giustamente richiedono come imprescindibile titolo di ammissione la tessera del Partito ? È lecito che nell ' anno XIII si possa conseguire la laurea a pieni voti e con lode , pure ignorando la data della Marcia su Roma ? È lecito che novissimi camerati , vecchi d ' età ma giovanissimi di tessera , ravveduti da pochi mesi ma non ancora messi alla prova dal Fascismo , montino la guardia ai Sacrari dei Caduti , alle reliquie dei Martiri e ai gagliardetti insanguinati dai precursori già irrisi ? Non esiste una sacrosanta disposizione di S . E . il Segretario del Partito che affida solo ai vecchi fascisti la scorta ai gagliardetti e quindi le guardie d ' onore ? È lecito che maddaleni pentiti che indossano per la prima volta la nostra Camicia nera ardiscano già atteggiarsi a quasi - gerarchi , ordinando il " saluto al Duce ! " alle squadre fasciste e prendendo insopportabili atteggiamenti napoleonici ? È lecito che i Repaci , i Ramperti , gli Alvaro , i Burzio , i Filippo Sacchi e in una parola tutte le cariatidi dell ' antifascismo d ' un tempo , si spartiscano oggi le terze pagine dei giornali , mentre un giovane scrittore fascista che osi presentarsi in una redazione chiedendo lavoro è scacciato fra l ' ilarità generale ?
UN UMORISTA ( - , 1938 )
StampaPeriodica ,
Cesare Zavattini , che dirige con fine umorismo il settimanale " Le grandi firme , " ha recentemente pubblicato una piccola storiella , dovuta alla lepida penna di Guasta , ex direttore del Travaso delle idee . Trattandosi di una vecchia conoscenza , ci siamo precipitati a leggere la storiella , e da essa abbiamo appreso come il povero Guasta fosse stato licenziato dal proprio direttore per avere inventato una notizia relativa a Franchot Tane ... Noi sappiamo benissimo perché Guasta fu licenziato dal suo giornale : per avere inventato una serie di storielle antifasciste al tempo della Quartarella . Altro che Franchot Tane !
CAMERATA DICE TUTTO ( - , 1940 )
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Collega è una vecchia parola squarquoia . Sa di unto , di falso libertarismo e di programmi da " sole dell 'avvenire." Si tratta di un termine antiguerriero , e antieroico : colleghi non potevano essere Achille e Patroclo , Eurialo e Niso ... Esiste la parola camerata la cui accezione è così vasta ed esauriente . Per le varie classi poi valga la nota di Nicola Moscardelli scritta sull ' Ics e riportata da Meridiano . Egli protesta giustamente a nome della categoria giornalistica " contro l ' uso della parola collega , come equivalente al termine di ' giornalista ' .
AUTOLESIONISMO IDIOTA ( FANTONI GIOVANNI , 1941 )
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Le donne in brachesse sono state sistemate e se Dio vuole non si vedono più per le strade certe idiote sfasature . Ora però bisogna dire qualche parolina all ' orecchio di quelle femminucce di corto e fragile intelletto le quali , prese da vera e propria mania autolesionista , imbestialiscono contro i propri connotati per cui quelli segnati , putacaso , su di un qualsiasi documento di identificazione sono affatto dissimili da quelli avuti da madre natura . Si vedono infatti in circolazione molte signorine , e disgraziatamente anche molte signore , sul conto delle quali è lecito pensare che si credano in perenne fregola di sabato grasso , e se per queste signorine e signore in tempi normali ci si sente presi da una voglia matta di ridere , tale sensazione , in tempo di guerra , si tramuta in senso di pena . Capelli color di stoppa ; sopracciglia depilate e trasportate con un orribile frego semicircolare a metà della fronte simile in tutto e per tutto a quelli col quale usano truccarsi i pagliacci da circo ; occhi allucinati dipinti con tutti i colori dell ' iride ; taglio della bocca deformato da labbra artificiosamente modellate da una verniciatura mal riuscita ma sempre buffonesca ; alterazione della carnagione , del viso e del corpo ; unghie insudiciate con tutte le gradazioni del rosso per cui si ha la disgustosa impressione di veder gente che abbia l ' abitudine di affondare quotidianamente le mani in piaghe sanguinanti . Pazze , e non sempre incruente , corse in bicicletta con esposizioni cosciali fino a limiti critici . Tutto questo insulso insieme di strafottenza , impudenza e impudicizia forzata che , se forma la gioia dei gagà e dei mantenuti , è particolarmente bollato dai nostri valorosi che tornano feriti o mutilati dai campi di battaglia , dovrebbe avere termine senza bisogno di un ' altra legge , come quella per le brachesse , per richiamare la donna nostra al senso della sua vera femminilità che noi italiani , fascisti , e affatto vecchi rincitrulliti , amiamo nella sua limpida , serena genuinità di nostra gente .