StampaPeriodica ,
Si
presenta
...
a
noi
chiaramente
il
problema
del
valore
pratico
,
strumentale
,
della
religione
cattolica
...
Non
lo
consideriamo
per
ora
se
non
nei
limiti
della
vita
terrena
...
Un
'
altra
serie
di
fatti
attirerà
la
nostra
attenzione
,
e
questo
studieremo
per
stabilire
il
valore
pratico
della
religione
cattolica
.
Tali
fatti
possono
essere
divisi
in
tre
grandi
categorie
:
quelli
che
il
cattolicismo
ha
in
comune
con
molte
altre
fedi
e
confessioni
;
quelli
che
egli
ha
in
comune
col
padre
suo
spirituale
,
il
cristianesimo
,
e
quelli
infine
che
gli
appartengono
in
proprio
.
Della
prima
serie
ne
citeremo
alcuni
che
sono
di
estrema
importanza
.
L
'
evento
di
una
coscienza
religiosa
è
certo
uno
dei
più
importanti
fenomeni
ed
una
delle
più
terribili
esperienze
a
cui
può
essere
sottoposta
la
nostra
personalità
:
è
una
completa
trasformazione
,
un
mutarsi
radicale
di
tutti
gli
ingredienti
costituenti
il
nostro
io
...
Secondo
fatto
:
la
coscienza
religiosa
ci
dà
il
senso
dell
'
assoluto
.
Si
può
osservare
che
tale
senso
dell
'
assoluto
noi
possiamo
conquistarlo
per
via
filosofica
,
ma
fra
l
'
uno
e
l
'
altro
vi
è
la
grande
differenza
d
'
intensità
che
deriva
dalle
differenti
genesi
:
l
'
uno
,
il
filosofico
,
proviene
dalla
ragione
ed
è
penosamente
costruito
,
l
'
altro
procede
dall
'
estasi
ed
è
pienamente
e
profondamente
ed
intimamente
vissuto
...
Se
da
questo
noi
passiamo
ai
vantaggi
pratici
che
ci
può
dare
la
coscienza
cattolica
,
e
che
essa
ha
in
comune
col
cristianesimo
,
tre
almeno
ne
voglio
citare
,
che
sono
di
estrema
importanza
.
Il
primo
è
il
riacquistato
senso
del
peccato
.
Noi
possiamo
avere
oggi
il
senso
di
commettere
il
male
,
concetto
filosofico
,
od
almeno
morale
.
Il
pensiero
del
male
si
riconnette
in
tal
modo
per
legami
più
o
meno
stretti
,
più
o
meno
appariscenti
a
quello
di
danno
e
di
vantaggio
:
è
una
materializzazione
quindi
che
noi
abbiamo
fatto
,
una
riduzione
a
maggior
volgarità
del
concetto
religioso
di
peccato
.
Il
vantaggio
od
il
danno
materiali
hanno
una
ben
minima
influenza
sul
nostro
io
intimo
e
profondo
:
sì
che
molti
uomini
vi
sono
che
tali
concetti
trascurano
e
non
hanno
nella
loro
vita
alcuna
ricerca
di
benessere
.
Ben
diverso
invece
è
il
concetto
di
peccato
quale
proviene
dalla
coscienza
religiosa
.
Esaminiamolo
sotto
diversi
aspetti
.
Per
noi
oggi
il
commettere
il
male
o
il
fare
bene
è
divenuto
un
'
azione
quasi
indifferente
anzi
lo
è
completamente
,
come
ho
detto
,
quando
tale
male
o
tale
bene
non
assumono
una
conseguenza
pratica
...
Che
avremo
riguadagnato
noi
riacquistando
il
senso
del
peccato
?
Prima
di
ogni
altra
la
possibilità
di
commettere
dei
peccati
,
che
in
avanti
ci
era
negata
.
E
ciò
non
è
certo
lieve
affare
.
Il
commettere
evidentemente
un
peccato
sapendone
la
gravità
vuol
dire
in
ultima
analisi
mettere
la
nostra
anima
in
uno
stato
di
eccezionale
tensione
...
Da
ciò
una
fonte
non
trascurabile
di
emozioni
profonde
...
La
necessità
quindi
si
fa
e
sempre
più
evidente
di
stabilire
entro
noi
una
legge
di
male
e
bene
che
ci
potrà
dare
il
piacere
di
seguirla
...
il
piacere
di
violarla
...
Il
secondo
fatto
,
fra
quelli
che
il
cattolicismo
ha
in
comune
col
cristianesimo
,
che
molto
m
'
importa
di
citare
,
è
quello
dell
'
ambiguità
delle
sensazioni
che
tale
religione
è
atta
a
sollevare
in
noi
.
Infatti
il
sottile
artificio
che
dà
a
questa
religione
il
vantaggio
su
tutte
le
altre
è
che
essa
parla
d
'
amore
...
Vi
è
nella
parola
amore
,
e
specialmente
nel
modo
in
cui
la
usa
il
cattolicesimo
,
qualcosa
di
così
ambiguo
che
stimola
,
che
parla
al
pensiero
ed
alla
speranza
,
sì
che
tale
parola
irraggia
anche
sull
'
intelligenza
la
più
bassa
e
sul
cuore
più
gelido
.
Soprattutto
gli
esseri
in
cui
la
sensualità
si
è
sublimata
,
la
felicità
la
trovarono
nel
cattolicismo
.
I
libri
della
religione
rivelano
e
traspirano
tutti
un
profumo
di
eterno
femminino
...
Il
terzo
fatto
che
desidero
citare
,
e
tanti
ne
trascuro
,
che
il
cattolicismo
ha
in
comune
anche
col
cristianesimo
e
che
tanto
viene
ad
aiutarci
nella
nostra
ricerca
dei
modi
di
utilizzare
ed
aumentare
l
'
anima
,
è
la
considerazione
che
tali
religioni
ci
portano
-
per
atto
di
fede
,
e
quindi
profondamente
-
a
ritenere
possibile
e
credere
fermamente
nel
miracolo
.
Tale
fede
nel
miracolo
è
il
primo
coefficiente
per
una
possibilità
di
compiere
i
miracoli
.
Ora
il
compiere
i
miracoli
è
l
'
unica
via
per
giungere
al
sodisfacimento
completo
di
tutti
i
nostri
desideri
,
all
'
onnipotenza
...
Ed
ora
alla
terza
categoria
dei
fatti
,
quelli
in
tutto
e
per
tutto
propri
al
cattolicismo
...
Con
il
cristianesimo
che
è
la
religione
della
pietà
,
si
erige
il
cattolicismo
religione
della
forza
,
della
violenza
e
della
dominazione
.
Due
soli
esempi
,
ma
abbastanza
gravidi
di
considerazioni
:
l
'
Inquisizione
e
la
Compagnia
di
Gesù
.
Il
Cattolicismo
è
quindi
una
scuola
di
dominazione
.
Contro
il
Cristianesimo
,
religione
dell
'
uguaglianza
,
il
cattolicismo
si
è
sviluppato
come
religione
della
disuguaglianza
(
gerarchia
sacerdotale
,
il
principio
della
scomunica
diametralmente
opposto
ai
concetti
cristiani
di
amore
del
prossimo
e
di
aiuto
verso
i
peccatori
giacché
li
mette
nell
'
impossibilità
di
salvarsi
,
indulgenze
e
condono
dei
peccati
non
equamente
distribuiti
giacché
non
tutti
erano
e
sono
in
grado
di
contraccambiarli
coi
compensi
chiesti
dalla
chiesa
,
elemosine
,
dotazioni
,
pellegrinaggi
...
)
.
È
quindi
il
cattolicesimo
,
oltre
che
una
scuola
di
dominazione
,
anche
una
scuola
di
inesorabile
e
violenta
dominazione
,
a
tutto
sviluppo
dell
'
individuo
e
a
tutto
suo
beneficio
...
Il
cattolicesimo
è
poi
in
fondo
una
religione
abbastanza
elastica
in
quanto
riguarda
l
'
oggetto
della
fede
:
contro
il
cristianesimo
,
ferocemente
monoteista
,
il
cattolicesimo
si
svolse
e
si
presenta
a
noi
,
col
suo
culto
della
Vergine
e
dei
santi
,
come
un
larvato
politeismo
...
Il
cattolicesimo
infine
è
una
religione
sontuosa
,
fatta
di
magnificenza
,
forse
molto
di
scenografia
,
certamente
molto
d
'
arte
-
e
questa
applicata
col
più
sottile
dei
poteri
suggestivi
-
dalla
vertiginosa
eleganza
e
dalla
penombra
evocativa
delle
cattedrali
gotiche
,
alla
grandiosità
della
messa
,
con
l
'
accompagnamento
musicale
che
Palestrina
o
Sebastiano
Bach
hanno
scritto
per
il
più
tragico
dei
drammi
.
Ma
mi
affretto
a
venire
alle
ultime
considerazioni
le
più
importanti
per
noi
.
Il
cattolicesimo
è
il
più
portentoso
strumento
per
lo
studio
e
per
lo
sviluppo
dell
'
anima
;
è
il
più
profondo
e
il
più
sottile
metodo
di
penetrazione
psicologica
,
la
scuola
d
'
analisi
la
più
raffinata
e
la
più
completa
.
La
lettura
dei
grandi
mistici
da
Eckehart
a
Loyola
,
da
S
.
Angela
a
S
.
Teresa
,
ce
ne
convinceranno
facilmente
.
I
metodi
di
cui
il
cattolicismo
si
serve
sono
essenzialmente
tre
:
la
casuistica
o
studio
delle
varie
forme
del
peccato
.
la
solitudine
,
la
meditazione
...
che
compongono
la
vita
claustrale
.
l
'
analisi
interiore
.
In
fondo
questi
tre
modi
che
il
cattolicesimo
predica
come
i
migliori
per
coltivare
e
rafforzare
la
fede
,
come
quelli
che
,
sotto
altre
spoglie
o
con
altre
forme
,
noi
siamo
andati
,
man
mano
studiando
come
quelli
.
che
meglio
ci
avrebbero
servito
per
.
studiare
l
'
anima
e
quindi
per
utilizzarla
...
La
preghiera
è
un
potente
mezzo
di
suggestione
con
cui
,
usando
del
potere
evocativo
ed
esaltante
delle
parole
e
delle
formule
,
si
creano
o
si
facilitano
gli
stati
d
'
elevazione
d
'
anima
.
La
confessione
poi
è
stata
la
più
sottile
e
la
più
raffinata
delle
invenzioni
cattoliche
:
troppo
lungo
ed
inutile
sarebbe
qui
l
'
esaminarne
dettagliatamente
il
meccanismo
psicologico
,
ma
certo
essa
è
il
più
potente
dei
mezzi
di
liberazione
d
'
ogni
idea
ossessionante
,
l
'
idea
del
peccato
commesso
,
come
la
creazione
e
la
liberazione
dal
sogno
che
ci
turba
.
E
con
questo
chiudo
la
rapida
scorreria
attraverso
i
valori
pratici
...
La
loro
eccezionale
importanza
,
la
loro
profondità
,
la
loro
perfezione
psicologica
,
fanno
sì
che
la
religione
cattolica
sia
uno
dei
più
formidabili
e
sicuri
strumenti
per
la
coltivazione
delle
anime
,
per
il
culto
dell
'
io
,
e
quindi
,
indirettamente
ed
oltre
i
limiti
che
essa
fissa
,
uno
dei
mezzi
migliori
per
utilizzare
l
'
anima
e
quindi
per
conquistare
il
mondo
.
StampaPeriodica ,
Critici
che
non
leggono
.
In
una
fiera
requisitoria
contro
Serra
e
la
sua
critica
,
scritta
da
Giovanni
Boine
,
e
stampata
in
tre
fitte
colonne
sulla
«
Riviera
Ligure
»
(
marzo
1915
)
,
Si
legge
quest
acerba
rampogna
...
:
«
E
,
peggio
di
tutto
,
concede
talvolta
in
tal
modo
alla
corrente
com
è
(
non
per
il
non
aver
letto
,
ora
per
piena
complimentosità
da
gentiluomo
in
salotto
di
cui
s
è
detto
)
che
dedica
a
Marino
Moretti
parecchie
pagine
dove
lo
spazio
e
il
tempo
è
perduto
ad
analizzare
se
sì
o
no
le
poesie
col
lapis
siano
un
rifriggimento
,
uno
smidollamento
gozzanesco
,
dove
si
dice
delle
sue
novelle
,
ma
chissà
perché
per
es
.
la
Deledda
tanto
più
profonda
e
significativa
NON
È
NEPPUR
NOMINATA
»
.
Apro
il
libro
del
Serra
;
e
a
pp
.
112
e
113
trovo
che
si
parla
appunto
di
Grazia
Deledda
.
Mi
dispiace
che
sia
sfuggito
a
Boine
,
che
per
altro
è
tanto
coscienzioso
e
attento
.
Forse
per
certa
stizza
e
acrimonia
che
si
manifesta
troppo
chiaramente
in
tutta
la
nota
:
e
per
il
nobile
sdegno
contro
quel
profanatore
della
critica
letteraria
che
è
Renato
Serra
.
Ma
già
Boine
,
da
un
pezzo
in
qua
va
approfittando
dei
libri
più
diversi
che
gli
capitano
sotto
mano
,
per
comporre
certi
suoi
bozzetti
disinvolti
,
o
frammenti
d
una
teorica
sulla
volubilità
,
?
quando
non
canta
i
suoi
amori
colle
nuvole
e
il
vino
buono
paesano
;
o
piglia
la
rincorsa
per
montare
in
cattedra
e
discorrere
,
a
proposito
di
un
piccolo
libro
d
arte
,
dell
Ecclesiaste
,
di
Pascal
,
e
di
mille
problemi
eterni
.
Atteggiamenti
gli
uni
e
gli
altri
.
E
temo
che
bisogna
tirar
la
somma
tra
questi
termini
opposti
:
ironia
sanculotta
e
alto
pathos
;
e
dividere
per
due
.
Si
troverà
allora
il
punto
giusto
,
il
punto
medio
;
di
quest
uomo
medio
;
di
questo
spirito
assai
modesto
e
impermalito
,
avanzo
di
fogazzarismo
e
isteria
intellettuale
,
con
sopravi
una
spolveratura
di
filosofia
tanto
più
spiacente
,
quanto
la
portata
è
più
grande
e
più
solenne
.
Veleno
.
Da
un
gazzettiere
,
in
una
gazzetta
è
stata
fatta
giustizia
sommaria
di
Benedetto
Croce
,
di
Papini
,
Ruta
,
Soffici
e
Salvemini
:
gente
ormai
trapassata
,
che
non
conta
più
nulla
,
e
a
cui
non
resta
che
seppellirsi
volontariamente
,
se
vuol
risparmiarsi
pedate
e
insulti
dall
ultima
generazione
sopravvenuta
.
«
I
filosofi
son
diventati
giornalisti
,
i
pittori
letterati
,
i
politicanti
professori
,
i
poeti
impiegati
ferroviari
»
i
giornalisti
,
naturalmente
sottinteso
,
geni
,
e
illuminatori
,
in
questa
disavventurata
stagione
.
Siamo
alla
fase
estrema
di
una
commedia
intellettuale
e
morale
che
può
diventare
un
pericolo
,
e
per
buona
sorte
si
annunciano
uomini
e
coscienze
che
ci
salveranno
.
Rimorchieranno
i
vili
dietro
le
loro
barche
solide
e
ben
costruite
,
per
portarli
in
una
specie
di
limbo
fiorito
consolazione
di
vecchi
e
bambini
,
tutti
insieme
pargoleggianti
.
Primo
,
di
questa
razza
radiata
e
maledetta
,
Giovanni
Papini
,
gran
cordone
della
santissima
mafia
,
autore
di
un
ultima
stroncatura
,
senza
né
spirito
maligno
,
né
strafottenza
becera
,
e
neppure
eleganza
di
stile
.
«
Il
brano
di
prosa
ricorda
le
più
odiose
polemiche
che
abbiano
abbassato
la
civiltà
italiana
nei
secoli
del
servaggio
e
della
abbiezione
nostra
peggiore
»
.
[
Pare
di
assistere
a
un
comizio
,
in
tempi
elettorali
,
con
discorsi
comprati
da
chi
è
meglio
disposto
a
prostituirsi
]
.
Quando
,
mio
Dio
,
questi
avvocati
cesseranno
di
parlar
d
arte
;
smetteranno
la
più
sporca
delle
letterature
,
a
parole
non
contate
,
senza
risparmio
,
per
diletto
d
un
milione
di
gente
sprovvista
e
diseredata
?
Leggo
,
per
mia
consolazione
,
in
una
lettera
di
Serra
,
questo
preciso
giudizio
:
«
A
proposito
della
«
Voce
»
e
delle
polemiche
,
che
bellezza
quella
Sor
Emilia
di
Papini
.
Che
sapore
e
che
nerbo
di
scrittura
,
e
suono
e
schiocco
e
pizzicore
di
frustate
;
e
precisione
e
figura
e
libertà
di
spirito
.
È
in
un
momento
superbo
Papini
:
anche
i
suoi
tentativi
di
poesia
in
versi
hanno
qualche
cosa
di
raro
.
È
quasi
un
peccato
,
quand
uno
è
così
felice
,
accanirsi
contro
un
disgraziato
che
pure
ha
tante
qualità
nascoste
e
guaste
nella
sua
ingrata
natura
»
.
A
me
basta
.
Io
sto
sicuro
a
questa
verità
.
Tra
dieci
anni
,
passato
il
rumore
di
questa
farsa
,
si
rifaranno
i
conti
.
Gazzette
e
gazzettieri
in
fumo
:
un
certo
puzzo
d
arsiccio
:
e
quel
poco
d
oro
lucerà
di
più
.
Zampirone
.
«
Nessuno
proprio
ci
crede
più
alla
pontificale
infallibilità
di
Croce
»
...
«
Non
mi
pare
che
il
Senatore
Croce
,
il
quale
,
quando
si
mette
a
tavolino
per
giudicare
di
qualcosa
,
ha
per
lo
più
delle
felici
trovate
...
»
...
«
I
filosofi
son
diventati
giornalisti
»
...
Se
non
ci
fosse
stato
il
nome
ripetuto
e
stampato
,
con
quella
qualifica
di
senatore
che
ritorna
in
poche
pagine
dieci
volte
precise
,
avrei
giurato
che
si
parlasse
di
Arnaldo
Cervesato
.
Ma
no
;
qui
i
Signori
Nello
Quilici
e
Alberto
Spaini
vogliono
dir
proprio
Benedetto
Croce
,
che
da
gran
tempo
si
son
presi
l
impegno
di
radiare
dal
corso
della
storia
,
con
una
lunga
serie
di
saggi
e
discussioni
,
e
intuizioni
rivelatrici
di
nuovi
cieli
formazione
spirituale
della
generazione
che
vien
su
,
e
promette
di
rivoltare
il
mondo
,
capovolgere
valori
vecchi
,
cassare
di
sulla
crosta
terrestre
le
cariatidi
dell
antica
coscienza
italiana
:
e
ha
già
inventato
,
all
uopo
,
tante
cose
giovini
e
fresche
:
eticità
,
vita
interiore
,
coerenza
,
onestà
;
ma
un
onestà
d
altra
specie
,
direi
quasi
d
un
essenza
sopraffina
e
volatilizzabile
;
impalpabile
;
qualità
e
sostanza
d
una
superiore
grandezza
,
che
permette
d
infischiarsi
di
quelle
tal
altre
virtù
,
più
banali
,
più
comuni
,
ma
senza
di
cui
gli
uomini
mediocri
non
sanno
vivere
:
decenza
,
riserbo
,
conoscenza
di
sé
,
valore
reale
,
moralità
tanto
meno
alta
e
più
fattiva
,
studi
severi
,
esperienza
piena
,
amore
di
comprendere
,
senso
delle
distanze
e
dell
altrui
genio
,
umiltà
:
quel
piccolo
bagaglio
insomma
che
ogni
uomo
mortale
serio
finora
era
abituato
a
portarsi
con
sé
,
come
regola
di
vita
;
anche
se
non
straordinaria
.
Oggi
invece
è
tutt
altro
affare
.
Hanno
spalancato
le
vie
dell
avvenire
;
madonna
mia
;
come
grandi
!
Non
ci
si
raccapezza
più
:
abbiam
persa
la
bussola
:
c
è
aria
troppo
fina
per
noi
.
Siamo
in
un
età
eroica
;
e
i
piccoli
uomini
vi
fanno
una
ben
magra
figura
,
con
le
loro
idee
che
non
superano
la
portata
della
loro
statura
.
A
guardarci
intorno
,
dei
nostri
compagni
non
si
ritrova
più
nessuno
:
un
deserto
.
Quelli
che
s
incontrano
non
so
più
che
faccia
abbiano
;
e
appena
riusciamo
a
vedere
i
ginocchi
.
E
sento
puzzo
come
di
formiche
spiaccicate
;
sangue
magro
.
Sono
i
nostri
poveri
amici
dispersi
e
uccisi
.
Questi
omaccioni
ci
rotolano
su
,
e
neppure
lasciano
la
traccia
.
Effetto
di
che
?
Effetto
,
io
credo
,
di
deformazione
cutanea
,
e
null
altro
;
con
incrostamenti
alla
superficie
,
che
han
mangiato
cuore
,
anima
,
tutto
.
Non
si
tratta
né
di
eroi
né
di
giganti
.
Son
pachidermi
;
con
un
corno
in
fronte
,
in
continua
furia
;
ciechi
.
Non
sentono
,
non
vedono
più
.
Ora
,
di
primavera
,
sono
in
amore
,
e
corrono
per
i
prati
come
una
maledizione
.
Nasceranno
dei
mostri
e
li
metteranno
sugli
altari
.
Ecce
miraculum
novum
,
qui
santificabit
mundum
.
Adoramus
fidenter
!
Benedetto
Croce
è
uno
degli
«
spodestati
»
.
A
rinnegarlo
si
trovan
d
accordo
giovani
profeti
e
professori
universitari
.
L
incontro
casuale
è
assai
significativo
;
e
a
me
particolarmente
dà
un
gran
piacere
.
Ma
come
lo
rinnegano
?
Con
una
sorta
di
sorriso
acerbo
,
e
un
aria
di
degnazione
;
come
dire
:
parliamo
l
ultima
volta
di
questo
disgraziato
.
E
sì
,
i
disgraziati
sono
proprio
essi
:
questi
giovanotti
,
e
questi
letteratoni
geniali
.
Che
cosa
oramai
non
considerano
inferiore
a
sé
?
Fino
a
pochi
mesi
fa
si
son
ciucciati
latte
e
vita
;
ma
basta
così
.
Un
calcio
ben
inchiodato
,
e
non
se
ne
parli
più
.
Non
vale
neppur
la
pena
di
una
discussione
.
Tanto
,
se
mi
guardo
addietro
,
in
dieci
volumi
non
ci
sono
che
«
felici
trovate
»
;
e
il
miglior
titolo
che
possa
dare
a
questo
povero
di
spirito
è
quel
che
gli
altri
gli
hanno
affibbiato
[
Senatore
!
]
;
e
lui
non
è
stato
buono
a
meritarsene
uno
suo
,
più
solido
,
più
adatto
,
per
chi
voleva
essere
Maestro
della
gioventù
.
Ma
queste
son
cose
,
cari
miei
,
che
vanno
un
poco
dimostrate
.
A
un
imbecille
può
esser
concesso
anche
di
giudicare
un
grande
,
Benedetto
Croce
compreso
:
a
patto
che
ragioni
,
documenti
,
discuta
.
E
per
assalti
personali
e
polemici
va
chiesta
giustificazione
e
stato
di
servizio
di
chi
ci
s
impegna
.
Fuori
le
carte
!
Siete
uomini
d
ingegno
;
avete
lavorato
e
scritto
;
può
bastare
per
pigliarvi
spasso
di
chi
vi
piace
.
C
è
opposizione
di
uomo
a
uomo
.
E
una
vostra
bestemmia
ha
il
peso
di
tutta
la
vostra
esperienza
e
coscienza
.
Ma
se
siete
appena
vermi
e
lombrichi
;
esenti
d
ogni
umanità
!
Provatevi
ad
assaltare
,
da
bravi
;
ma
fatemi
avanti
un
piccolo
discorso
.
Ho
paura
siate
ammalati
di
balbuzie
intellettuale
.
Non
so
se
arrivate
a
concepire
e
dire
una
sola
proposizione
.
Voglio
sperimentarvi
.
E
non
sarebbe
da
chiederlo
a
voi
,
che
dovreste
saperlo
per
vostro
conto
,
giacché
vi
date
l
aria
di
essere
d
altra
razza
,
che
sa
il
fatto
suo
,
e
a
ogni
cosa
che
dice
attribuisce
valore
di
assoluta
verità
,
documentabile
,
certa
,
sacramentale
e
cristiana
.
Perché
c
è
gente
intorno
che
ha
poca
fiducia
nelle
vostre
parole
senza
costrutto
;
e
aspetta
uno
schiarimento
.
E
per
nausea
della
vostra
miseria
,
indignazione
,
e
dispetto
,
andiamo
meditando
un
colpo
di
stato
.
Di
mutare
questa
eterna
repubblica
letteraria
in
una
monarchia
più
che
assoluta
,
con
Benedetto
Croce
re
,
padrone
,
e
tiranno
.
Rimetteremo
ordine
alle
nostre
faccende
.
Le
«
pause
»
.
È
di
moda
oggi
chiamarle
così
,
farne
un
segno
anzi
dell
arte
novissima
,
due
o
tre
giovani
scrittori
a
cui
ho
paura
si
voglia
creare
un
posto
a
parte
nella
storia
della
letteratura
italiana
e
universale
.
Perché
?
Hanno
inventato
la
«
spiritualità
»
.
Davvero
che
non
ce
n
eravamo
accorti
,
da
quella
gente
grossolana
che
ci
vantiamo
d
essere
:
e
tanto
arretrata
e
grammaticale
,
che
per
intendere
la
«
lettera
»
,
per
ricercare
la
«
lettera
»
,
dimentichiamo
,
disgraziati
,
lo
spirito
.
Perché
sapevo
che
in
poesia
ci
sono
cose
belle
e
brutte
,
cioè
vive
e
morte
,
riuscite
e
non
riuscite
.
Sapevo
che
è
poeta
chi
realizza
,
poco
o
molto
,
non
importa
;
ma
realizza
.
Crea
immagini
,
sentimenti
,
stati
d
animo
,
figure
,
drammi
,
un
grande
o
piccolo
mondo
.
Le
pause
che
c
entrano
?
E
che
vale
stabilire
differenze
e
lacune
odiose
?
Si
trovano
da
per
tutto
,
dove
c
è
arte
.
Che
vogliono
dire
sottintesi
,
riferimenti
,
suggerimenti
,
quei
gradi
intermedi
insomma
,
e
di
passaggio
,
che
ogni
poeta
sagrifica
per
cogliere
una
linea
essenziale
,
fissare
un
atteggiamento
di
significato
e
valore
assoluto
.
De
Sanctis
,
che
se
n
intendeva
,
lasciò
scritto
almeno
questa
pagina
sacramentale
.
«
Quando
il
poeta
compone
ha
innanzi
un
fantasma
che
lo
tira
fuori
dal
suo
stato
ordinario
e
prosaico
,
gli
agita
la
fantasia
,
gli
scalda
il
cuore
.
Non
crediate
però
ch
egli
gitti
sulla
carta
tutta
intera
la
sua
visione
e
tutte
le
sue
impressioni
.
La
sua
penna
riposa
,
ma
non
il
suo
cervello
;
rimane
agitato
,
pensoso
,
la
poesia
si
continua
nella
sua
testa
dove
fluttuano
molte
altre
immagini
,
parte
proprie
di
essa
visione
,
parte
estranee
e
affatto
personali
.
Il
poeta
,
concedetemi
il
paragone
,
è
un
eco
armoniosa
,
che
ripete
di
una
parola
solo
alcune
sillabe
,
ma
un
eco
animata
e
dotata
di
coscienza
,
che
sente
e
vede
più
di
quello
che
ci
dà
il
suo
suono
.
Il
critico
raccoglie
quelle
poche
sillabe
,
e
indovina
la
parola
tutta
intera
.
Pone
le
gradazioni
ed
i
passaggi
;
coglie
le
idee
intermedie
ed
accessorie
;
trova
i
sentimenti
da
cui
sgorga
quell
azione
,
il
pensiero
che
determina
quel
gesto
,
l
immagine
che
produce
que
palpiti
;
spinge
il
suo
sguardo
nelle
parti
interiori
ed
invisibili
di
quel
mondo
,
di
cui
il
poeta
ti
dà
il
velo
corporeo
.
Il
critico
è
simile
all
attore
;
entrambi
non
riproducono
semplicemente
il
mondo
poetico
,
ma
lo
integrano
,
empiono
le
lacune
.
Il
dramma
ti
dà
la
parola
,
ma
non
il
gesto
,
non
il
suono
della
voce
,
non
la
persona
;
indi
la
necessità
dell
attore
.
Il
simile
è
della
critica
»
.
Oltre
che
può
servire
a
far
intendere
quale
è
l
ufficio
di
un
critico
davanti
a
un
poeta
,
senza
che
si
sciupi
più
troppa
carta
,
ad
almanaccare
,
costruire
,
ideologizzare
sulla
poesia
,
invece
di
semplicemente
capirla
,
e
per
capirla
mostrare
d
aver
capito
e
far
capire
ad
altri
,
analizzando
,
interpretando
,
ponendo
appunto
quelle
tali
gradazioni
e
quei
tali
passaggi
,
cogliendo
idee
intermedie
e
accessorie
,
indovinando
insomma
la
parola
tutta
intera
,
controllando
cioè
,
e
controllandosi
,
oltre
che
a
chiarire
questi
piccoli
problemi
;
i
quali
non
sono
senza
importanza
;
serve
a
spiegare
che
cosa
significano
queste
benedette
pause
;
e
come
ci
sono
più
pause
,
ad
esempio
,
in
un
così
detto
poeta
«
animale
»
,
che
vede
e
realizza
,
realizza
naturalmente
l
essenziale
,
che
non
in
chi
si
perde
in
anfrattuosità
stilistiche
e
mastica
e
rimastica
,
e
non
arriva
a
smaltire
quel
po
di
companatico
che
vorrebbe
vendere
per
una
cena
luculliana
.
Precisamente
in
questi
scrittorelli
mancano
le
pause
,
che
son
punti
sospesi
,
interruzioni
di
silenzi
,
che
devono
esistere
così
,
non
toccare
,
come
un
atmosfera
,
o
un
sentore
di
cosa
viva
,
a
cui
s
addice
questa
forma
d
interrogativo
che
ogni
poeta
vero
pone
,
e
il
critico
risolve
.
Oggi
si
son
messi
per
l
appunto
a
indicare
,
segnare
,
additare
,
questi
spazi
emotivi
,
e
credono
di
realizzarli
.
Operano
delle
scomposizioni
;
e
quel
che
prima
era
interstizio
,
in
mezzo
,
di
accordi
profondi
,
è
eliminato
via
.
Credono
di
tener
su
l
arco
del
ponte
,
e
son
crollati
i
piloni
sopra
cui
poggiava
.
Hanno
invertito
relazioni
e
proporzioni
,
annullando
l
essenziale
,
accettando
l
inessenziale
.
C
è
l
accompagnamento
e
manca
la
musica
È
detto
tutto
,
perché
non
è
detto
nulla
.
Ci
son
tanti
viottoli
perché
manca
la
via
maestra
.
Volete
provarvi
a
smontare
di
questi
scrittori
?
Tentate
una
qualunque
analisi
o
interpretazione
.
Non
avete
da
aggiungere
una
sillaba
.
Hanno
scritto
e
testimoniato
tutto
loro
.
Vi
tocca
per
il
momento
chiudere
bottega
.
Così
si
son
divisi
il
campo
,
a
restaurare
questa
nuova
spiritualità
latina
:
o
lavorando
d
intarsio
,
con
ricami
sottili
,
e
con
una
caparbietà
cocciuta
di
gente
sterile
,
tentennando
,
esitando
,
toccandosi
il
polso
,
per
la
paura
di
non
reggere
a
questa
minuziosità
vertiginosa
;
o
sopra
costruendo
e
risolvendo
con
imposizioni
e
architetture
intellettuali
quella
vita
che
non
son
riusciti
a
dare
con
mezzi
più
semplici
e
persuasivi
.
StampaPeriodica ,
TV
e
attori
s
'
accapigliano
su
una
cosa
che
non
dovrebbe
esistere
.
Immaginate
due
che
litighino
;
uno
dice
:
"
Io
t
'
ho
procurato
questo
bastone
;
tu
devi
pagarmi
ogni
volta
che
lo
usi
"
;
l
'
altro
:
"
No
,
perché
già
te
l
'
ho
pagato
e
voglio
usarlo
finché
mi
pare
,
senza
darti
più
un
soldo
.
"
Passa
un
vigile
e
dice
:
"
È
inutile
che
litighiate
,
perché
questo
bastone
non
si
deve
usare
.
"
È
il
caso
della
trasmissione
di
registrazioni
.
Le
registrazioni
,
come
tutti
sanno
,
sono
un
mezzo
meccanico
che
permette
di
replicare
finché
si
vuole
uno
spettacolo
,
senza
più
dover
far
ricorso
agli
attori
che
lo
recitarono
quando
fu
registrato
.
Così
come
un
disco
permette
di
far
udire
una
canzone
,
senza
più
dover
far
ricorso
al
cantante
.
Sulla
questione
delle
registrazioni
è
nato
il
dissidio
fra
attori
e
TV
.
Gli
attori
reclamano
un
compenso
per
ogni
volta
che
l
'
opera
registrata
viene
ritrasmessa
.
La
TV
sostiene
che
questo
compenso
è
implicito
nel
pagamento
per
la
prestazione
iniziale
e
che
perciò
essa
può
ritrasmettere
fin
che
vuole
lo
spettacolo
registrato
,
senza
pagare
più
gli
attori
per
esso
.
Ma
il
fatto
è
che
alla
TV
non
dovrebbero
esserci
trasmissioni
di
spettacoli
registrati
.
TV
e
trasmissioni
di
questo
genere
sono
termini
inconciliabili
,
proprio
per
quell
'
immediatezza
,
quell
'
attualità
,
che
dovrebbero
essere
caratteristiche
peculiari
della
TV
.
Viceversa
,
la
TV
è
ancora
malata
di
cinematografo
.
Nel
cinematografo
,
l
'
opera
viene
fissata
una
volta
per
sempre
sulla
pellicola
,
e
quindi
può
,
anzi
deve
essere
proiettata
finché
si
vuole
;
anzi
,
non
diventa
proiettabile
che
dopo
essere
stata
fissata
sulla
pellicola
,
che
è
come
dire
registrata
.
La
TV
non
ha
bisogno
dell
'
intermediario
pellicola
o
altro
;
trasmette
immediatamente
dall
'
originale
al
teleschermo
.
Sua
caratteristica
peculiare
è
proprio
di
trasmettere
una
cosa
mentre
questa
cosa
si
svolge
.
È
chiaro
che
,
quando
ha
finito
di
svolgersi
,
questa
cosa
non
può
più
esser
trasmessa
televisivamente
.
Se
trasmette
la
sua
registrazione
la
TV
diventa
cinematografo
.
Che
?
Vi
scandalizza
l
'
idea
che
uno
spettacolo
TV
non
debba
esser
ritrasmesso
registrato
?
Vuol
dire
che
siete
anche
voi
malati
di
cinema
,
come
i
programmisti
TV
.
La
TV
è
un
'
altra
cosa
.
Allora
,
direte
,
non
si
deve
ritrasmettere
?
Perché
no
?
Se
volete
ritrasmettere
,
ri
-
recitate
e
trasmettete
la
ri
-
recita
dal
vivo
.
Il
teatro
ri
-
recita
da
che
esiste
.
Ma
oggi
,
direte
,
c
'
è
modo
di
conservare
una
recita
e
riusarla
.
Questo
è
compito
del
cinematografo
(
dal
greco
:
"
grafo
"
:
scrivo
;
cioè
,
registro
)
.
Compito
della
TV
è
invece
di
far
vedere
una
cosa
che
si
sta
svolgendo
lontano
(
dal
greco
:
"
tele
"
:
lontano
)
,
mentre
si
sta
svolgendo
.
Come
a
teatro
.
In
teatro
,
a
ogni
replica
gli
attori
recitano
come
la
prima
sera
.
Né
a
un
impresario
viene
mai
in
mente
di
far
registrare
la
prima
rappresentazione
e
di
usare
questa
registrazione
alle
repliche
.
In
questo
caso
il
pubblico
direbbe
:
è
cinematografo
.
E
preferirebbe
giustamente
andare
al
cinema
,
sia
perché
quello
che
è
nato
cinema
è
preferibile
alla
registrazione
di
uno
spettacolo
teatrale
,
sia
perché
a
teatro
vuol
vedere
gli
attori
in
carne
e
ossa
.
Viceversa
,
alla
TV
si
registra
la
prima
rappresentazione
.
E
così
,
alle
repliche
,
si
dà
al
pubblico
una
cosa
che
non
è
più
TV
,
ma
che
non
è
nemmeno
cinema
,
essendo
la
fotografia
d
'
uno
spettacolo
TV
,
ormai
morto
.
Perché
la
TV
deve
trasmettere
una
cosa
mentre
avviene
.
Questo
concetto
non
entra
ancora
nelle
menti
dei
programmisti
della
TV
i
quali
,
nella
conferenza
-
stampa
in
occasione
dello
sciopero
,
hanno
più
volte
ripetuto
che
posseggono
materiale
registrato
da
poter
andare
avanti
per
un
anno
,
o
addirittura
all
'
infinito
.
Ma
avanti
in
che
?
In
una
cosa
che
non
è
televisione
;
defraudando
il
pubblico
dei
telespettatori
,
che
ha
pagato
il
canone
per
avere
televisione
e
non
cattivo
e
difettoso
cinema
(
tale
essendo
una
registrazione
,
perché
non
è
nata
cinema
)
.
Il
pubblico
,
se
vuole
del
cinema
,
va
al
cinema
e
se
lo
sceglie
come
gli
pare
.
E
,
se
lo
vuole
a
domicilio
per
comodità
o
per
non
uscire
,
può
comperare
una
macchinetta
cinematografica
di
proiezione
e
noleggiare
dei
film
,
perfino
dei
supercolossi
.
Alla
conferenza
-
stampa
suddetta
,
il
direttore
dei
programmi
,
Pugliese
,
a
un
certo
punto
ha
addirittura
annunziato
che
della
nuova
rubrica
Souvenir
erano
state
approntate
in
anticipo
ben
quattro
puntate
.
Perché
addirittura
la
rubrica
viene
fin
dalla
prima
volta
trasmessa
registrata
.
Ma
come
mai
non
s
'
accorgono
che
questa
non
è
televisione
,
ma
è
cinematografo
portato
a
domicilio
,
e
cattivo
cinematografo
,
anche
,
perché
il
cinematografo
vero
ha
altre
sue
peculiari
risorse
che
non
ha
la
TV
?
Diranno
:
non
è
possibile
fare
una
televisione
senza
materiale
filmato
e
senza
registrazioni
.
Salvo
una
minima
scorta
prudenziale
,
una
cosa
simile
possono
dirla
coloro
che
non
hanno
ancora
capito
che
cosa
è
la
televisione
.
E
non
è
escluso
che
fra
essi
debbano
annoverarsi
i
programmisti
della
TV
.
Questo
,
per
quanto
riguarda
le
trasmissioni
registrate
,
invece
che
le
riprese
dal
vivo
.
Passiamo
ora
alle
ri
-
trasmissioni
registrate
,
cioè
alle
repliche
mediante
registrazione
.
Pensate
per
un
momento
ai
giornali
.
Che
ne
direste
d
'
un
giornale
che
ogni
tanto
ripubblicasse
i
propri
racconti
,
i
propri
articoli
di
varietà
?
(
Le
notizie
equivalgono
al
Telegiornale
,
per
il
quale
sarebbe
assurdo
parlare
di
repliche
.
)
A
questo
punto
,
qualcuno
tirerà
fuori
i
soliti
argomenti
:
che
non
è
possibile
trasmettere
tutto
dal
vivo
(
impossibilità
ammissibile
soltanto
per
il
Telegiornale
,
ove
non
siano
attuabili
le
riprese
dirette
,
in
quanto
i
fatti
di
cronaca
non
osservano
gli
orari
di
trasmissione
)
;
che
la
TV
divora
i
programmi
,
e
perciò
ci
vuole
una
riserva
e
ci
vogliono
le
repliche
,
perché
bisogna
riempire
tante
ore
di
trasmissione
ogni
giorno
,
eccetera
.
Ebbene
,
questa
è
una
cosa
che
,
senza
tanto
scalpore
,
senza
drammatizzare
,
fanno
tranquillamente
,
da
che
esistono
,
i
giornali
.
Perfino
i
modesti
fogli
di
provincia
gettano
fuori
ogni
giorno
materiale
nuovo
.
Sarebbe
bello
che
un
giornale
,
con
la
scusa
che
ogni
giorno
deve
riempire
tante
pagine
,
ripubblicasse
i
suoi
vecchi
servizi
,
i
suoi
articoli
di
terza
pagina
già
usciti
,
eccetera
.
E
la
stessa
cosa
fanno
i
settimanali
,
che
in
un
numero
mettono
materiale
di
sette
giorni
.
E
quotidiani
e
settimanali
sono
un
'
infinità
,
e
cercano
di
differenziarsi
,
mentre
,
almeno
da
noi
,
la
TV
è
una
sola
,
senza
concorrenti
.
Volete
registrare
per
l
'
archivio
?
Giustissimo
.
Anche
i
giornali
conservano
le
collezioni
.
Ma
non
le
ripubblicano
.
Il
materiale
dev
'
essere
sempre
fresco
.
Viceversa
,
alla
nostra
TV
,
prendiamo
un
programma
a
caso
:
martedì
19
aprile
:
dalle
21
alle
22,15
,
Playhouse
90
(
film
)
;
dalle
22,15
alle
23,15
,
Souvenir
(
registrazione
,
cioè
film
)
;
dalle
23,15
alle
23,45
,
Cinelandia
(
registrazione
,
cioè
film
)
;
dalle
23,45
alla
fine
,
Telegiornale
(
film
,
per
necessità
)
.
Ditemi
voi
,
per
un
programma
simile
,
a
che
cosa
è
servita
l
'
invenzione
della
televisione
.
Se
la
televisione
non
fosse
mai
stata
inventata
,
se
non
esistesse
,
la
sera
di
martedì
19
corr
.
io
,
mediante
una
macchinetta
cinematografica
da
proiezione
,
mi
sarei
potuto
offrire
in
casa
l
'
identico
programma
che
mi
ha
servito
la
TV
;
con
la
differenza
che
avrei
potuto
scegliere
qualche
film
molto
migliore
di
quel
Playhouse
90
,
e
degli
altri
,
e
anche
di
quell
'
Edouard
e
Caroline
,
il
film
ch
'
era
stato
il
piatto
forte
della
sera
precedente
.
StampaPeriodica ,
Che
bisogna
tornare
a
leggere
i
poeti
è
opinione
dell
'
Uomo
che
tiene
oggi
i
destini
del
Paese
...
Egli
che
conosce
il
popolo
italiano
,
il
quale
se
marcia
con
deciso
e
disciplinato
ritmo
,
se
obbedisce
senza
discutere
,
ha
pure
esigenze
d
'
ordine
spirituale
,
quando
parla
a
questo
suo
popolo
,
esalta
e
liricizza
il
suo
fecondo
oprare
,
e
ideando
conquiste
e
realizzazioni
lumeggia
con
le
più
alate
parole
la
bellezza
viva
di
tali
mète
,
di
tali
conquiste
.
Egli
consiglia
al
suo
popolo
di
ritornare
a
leggere
la
poesia
.
Quale
poesia
se
non
quella
che
sentita
e
dettata
da
esseri
privilegiati
che
posseggono
la
grazia
di
vedere
le
umane
creature
e
le
umane
cose
in
una
luce
di
bellezza
in
cui
altri
non
vede
,
elabora
la
vita
portandola
nella
sfera
di
nobiltà
spirituale
nella
quale
il
poeta
vive
e
respira
?
Come
c
'
è
sulle
generali
un
'
arte
fascista
,
c
'
è
una
letteratura
fascista
,
una
poesia
fascista
.
E
non
perché
sia
vestita
della
Camicia
Nera
,
o
canti
opere
e
uomini
del
fascismo
la
cui
realtà
e
le
cui
gesta
cantano
una
eterna
poesia
da
soli
,
ma
arte
fascista
perché
operi
,
perché
inciti
,
perché
esaltando
una
sua
visione
di
vita
,
dica
tale
visione
al
popolo
,
facendo
di
tale
visione
innamorare
,
sino
alla
imitazione
.
E
se
i
letterati
e
poeti
di
ieri
primo
Mussolini
nella
loro
visione
influirono
sulla
magnifica
realtà
della
Rivoluzione
,
i
poeti
e
i
letterati
di
oggi
sempre
primo
Mussolini
(
che
pur
non
scrive
versi
)
contribuiscono
sensibilmente
con
la
loro
visione
alla
realtà
di
oggi
e
di
domani
dell
'
Italia
fascista
.
StampaPeriodica ,
Noi
crediamo
nel
popolo
italiano
,
e
sentiamo
nella
parola
di
Mussolini
quando
dichiara
l
'
uguaglianza
assoluta
di
fronte
al
lavoro
palpitare
tutto
il
segreto
stupendo
della
nostra
passione
.
Lo
Stato
che
si
identifica
col
popolo
non
è
per
noi
una
espressione
vuota
,
ma
la
visione
panoramica
,
la
meta
di
tutta
la
Rivoluzione
.
Ora
è
bene
che
ci
spieghiamo
chiaramente
.
Quello
che
il
borghese
viene
in
sostanza
a
negare
è
il
Sindacato
;
più
che
negarlo
se
ne
dimentica
.
Noi
diciamo
che
non
è
possibile
realizzare
una
giustizia
sociale
se
non
nell
'
ambito
dell
'
organizzazione
sindacale
.
La
giustizia
sociale
come
non
è
il
salario
elevato
,
come
non
consiste
nella
paga
che
consenta
un
qualsiasi
tenore
di
vita
non
è
nemmeno
il
salario
corporativo
e
la
ripartizione
della
ricchezza
più
perfetta
,
quando
questo
salario
corporativo
e
questa
perfetta
ripartizione
non
scaturiscano
dalle
precise
condizioni
di
preparazione
e
di
stato
d
'
animo
delle
classi
organizzate
.
Perciò
noi
diciamo
che
una
giustizia
sociale
realizzata
dall
'
alto
,
fuori
del
settore
organizzativo
non
interessa
il
sistema
ma
può
appartenere
tutt
'
al
più
ad
una
necessità
immediata
.
Quello
che
vogliamo
è
ben
altro
.
Vogliamo
una
giustizia
sociale
che
trovi
le
forze
di
garanzia
per
la
sua
continuità
nel
profondo
delle
coscienze
innanzi
tutto
;
vogliamo
una
giustizia
per
una
società
organizzata
in
cui
l
'
uguaglianza
totalitaria
di
fronte
al
lavoro
sia
realtà
senza
che
nessun
elemento
possa
intervenire
a
turbarla
;
vogliamo
insomma
che
questa
giustizia
sociale
sia
elaborata
nel
popolo
,
seguendo
di
giorno
in
giorno
la
sua
evoluzione
verso
lo
Stato
,
alimentando
questa
ascensione
di
un
'
opera
profonda
di
educazione
.
Vogliamo
il
Sindacato
;
e
qui
il
borghese
non
ci
capisce
più
.
Quando
Mussolini
ha
detto
che
nel
concetto
Fascista
il
popolo
è
Stato
e
lo
Stato
popolo
,
il
borghese
ha
applaudito
calorosamente
.
La
frase
è
bella
ed
il
giolittiano
riformista
ha
portato
con
sé
,
nel
nostro
tempo
,
e
porterà
sempre
con
sé
quel
tantin
di
gusto
che
gli
consente
di
non
essere
insensibile
di
fronte
alle
geniali
trovate
dialettiche
a
parte
il
loro
valore
reale
.
Noi
abbiamo
compreso
ben
altro
in
questa
identificazione
del
popolo
con
lo
Stato
.
Ed
abbiamo
guardato
alla
realtà
:
abbiamo
cercato
nello
Stato
fascista
il
popolo
italiano
e
nel
popolo
italiano
lo
Stato
fascista
e
ci
siamo
incontrati
col
Sindacato
.
La
fiducia
in
un
Governo
,
in
una
rappresentanza
totalitaria
è
un
elemento
sostanziale
dell
'
identificazione
del
popolo
con
lo
Stato
;
questa
fiducia
ha
due
fondamentali
esigenze
:
una
nella
preparazione
del
popolo
,
nella
sua
sanezza
psichica
,
l
'
altra
è
nei
capi
dal
cui
stato
d
'
animo
dipendono
tutte
le
conseguenze
che
la
loro
posizione
di
rappresentanti
deve
portare
con
sé
.
Conseguenze
in
cui
consiste
l
'
azione
di
uno
Stato
.
La
caratteristica
dell
'
epoca
che
ci
ha
preceduto
è
il
paradosso
:
ed
il
paradosso
nella
storia
nasce
da
delle
visioni
ristrette
,
dal
contingente
fine
a
sé
,
dalla
impossibilità
di
guardare
lontano
.
Si
pensi
al
contenuto
ideale
della
democrazia
che
ha
finito
nel
connubio
col
liberalismo
.
Il
padrino
di
questo
connubio
fu
indubbiamente
il
capitalismo
che
aveva
innanzi
tutti
i
suoi
interessi
da
difendere
e
con
essi
una
gran
forza
su
tutta
la
vita
politica
.
Ma
il
capitalismo
spiega
il
fenomeno
fino
ad
un
certo
punto
.
Un
aratro
incide
il
solco
quando
trova
del
terreno
favorevole
;
sul
selciato
la
sua
possibilità
di
arare
si
esaurisce
,
diventa
nulla
.
Il
terreno
dell
'
azione
del
capitalismo
fu
costituito
dalla
borghesia
.
Qui
bisogna
aprire
la
strada
ad
una
verità
:
abbiamo
sentito
mille
volte
i
borghesi
che
si
rispettano
,
quelli
che
non
negano
la
loro
reale
esistenza
,
che
non
si
smentiscono
,
gridare
ai
quattro
venti
che
tutte
le
rivoluzioni
sono
state
guidate
dalle
borghesie
.
Una
lieve
precisazione
:
iniziate
mai
;
l
'
iniziativa
rivoluzionaria
è
venuta
sempre
da
elementi
antiborghesi
.
Ma
che
ad
un
certo
punto
le
rivoluzioni
siano
state
affidate
alle
borghesie
è
una
realtà
;
ed
in
quel
punto
preciso
le
rivoluzioni
sono
crollate
,
hanno
preso
una
strada
diversa
,
si
sono
esaurite
in
formalità
.
La
democrazia
si
trasforma
e
si
associa
col
liberalismo
quando
intervengono
attivamente
le
borghesie
;
il
socialismo
perde
il
genio
rivoluzionario
quando
riceve
il
marchio
indelebile
,
inconfondibile
del
borghese
.
Per
il
Fascismo
è
necessario
che
le
cose
vadano
altrimenti
.
Il
Fascismo
è
una
rivoluzione
continua
;
è
una
marcia
che
le
generazioni
si
assumeranno
il
compito
di
continuare
verso
gli
orizzonti
che
sono
stati
precisati
dal
Capo
senza
possibilità
d
'
equivoco
...
StampaPeriodica ,
I
.
Che
il
sindacato
non
possa
fare
e
che
quindi
non
farà
mai
né
in
Italia
né
fuori
d
'
Italia
la
rivoluzione
è
una
verità
relativamente
pacifica
da
alcuni
anni
a
questa
parte
.
Il
passaggio
dalle
economie
individuali
a
quelle
sempre
più
nazionali
e
internazionali
ha
tolto
al
proletariato
ogni
speranza
di
potersi
sostituire
alla
classe
capitalistica
.
Esso
sa
di
non
avere
la
competenza
necessaria
a
dirigere
la
vita
economica
.
Sa
anche
che
questa
competenza
non
potrà
mai
acquistarla
perché
appena
un
membro
della
classe
operaia
si
eleva
culturalmente
al
di
sopra
della
media
,
esce
dalla
classe
depauperandola
del
suo
contributo
.
Nonostante
tutta
la
retorica
dei
socialisti
,
la
classe
operaia
non
potrà
mai
elevarsi
al
livello
della
classe
capitalistica
per
il
semplice
fatto
che
la
classe
ha
porte
di
uscita
verso
l
'
alto
e
che
non
v
'
è
nessun
peggiore
capitalista
dell
'
ex
-
proletario
.
La
classe
concepita
come
strumento
di
difesa
finisce
con
l
'
essere
il
limite
insuperabile
di
chi
vi
si
è
rinchiuso
.
II
Che
il
sindacato
non
possa
controllare
o
comunque
intervenire
nell
'
azienda
deve
risultare
chiaro
a
chi
rifletta
al
fine
che
dovrebbe
avere
un
tale
intervento
.
Esso
dovrebbe
limitarsi
a
un
compito
di
informazione
che
consentisse
poi
ad
una
più
efficace
difesa
dei
lavoratori
.
Ora
,
il
concetto
stesso
di
una
informazione
che
non
implichi
direzione
si
risolve
in
una
contraddizione
in
termini
per
lo
meno
sterile
,
ma
quasi
certamente
dannosa
e
disgregatrice
.
Non
si
avvicina
il
lavoro
all
'
azienda
,
ma
si
accentua
il
dualismo
degli
interessi
delle
classi
opposte
a
tutto
svantaggio
del
superiore
interesse
della
produzione
.
Al
solito
si
dimentica
la
corporazione
che
ne
è
il
vero
rappresentante
e
che
sola
può
e
deve
entrare
nell
'
azienda
perché
soltanto
essa
è
in
grado
di
informarsi
e
dirigere
al
tempo
stesso
e
soltanto
essa
può
giudicare
il
sistema
di
interferenze
degli
interessi
da
armonizzare
.
Controlla
chi
ha
una
visione
superiore
e
una
superiore
competenza
non
chi
ha
preparazione
inferiore
e
ha
interessi
di
parte
.
III
Che
il
sindacato
non
possa
continuare
per
molto
tempo
a
fare
il
contratto
collettivo
è
una
conseguenza
che
si
trae
dalla
stessa
critica
del
controllo
aziendale
.
Contratto
collettivo
vuol
dire
determinazione
di
alcuni
elementi
del
sistema
(
in
particolare
orari
e
salari
)
;
ma
,
se
è
vero
che
l
'
economia
corporativa
è
economia
programmatica
,
ne
deriva
che
non
è
possibile
determinare
alcuni
elementi
del
sistema
(
orari
,
salari
)
senza
determinarli
tutti
(
produzione
,
consumo
)
.
Il
sindacato
,
evidentemente
,
non
può
determinarli
tutti
,
ché
in
tal
caso
non
sarebbe
parte
,
ma
totalità
,
e
deve
dunque
lasciare
il
compito
di
farlo
a
chi
rappresenta
appunto
la
totalità
,
ossia
alla
corporazione
.
Chi
ha
seguito
i
primi
lavori
delle
corporazioni
ha
potuto
già
avere
una
certa
conferma
di
questa
inevitabile
prossima
conclusione
in
alcune
norme
dettate
per
la
compilazione
dei
contratti
collettivi
.
IV
.
Che
il
sindacato
non
possa
avere
funzioni
di
elevazione
culturale
del
proletariato
è
anch
'
essa
una
conseguenza
che
si
deve
trarre
dal
concetto
di
parte
proprio
del
sindacato
in
contrapposto
al
concetto
di
universalità
proprio
della
cultura
.
Educarsi
significa
uscire
dalla
propria
particolarità
ed
entrare
in
commercio
spirituale
con
gli
altri
:
in
senso
più
specifico
avvicinarsi
ai
migliori
e
elevarsi
fino
a
loro
.
Così
che
una
classe
può
educarsi
non
chiudendosi
in
un
'
astratta
opera
di
autodidattica
(
l
'
autodidattica
senza
l
'
eterodidattica
è
vana
presunzione
)
,
bensì
convivendo
spiritualmente
con
le
altre
classi
;
non
chiudendosi
in
organizzazioni
di
classe
,
ma
partecipando
a
organizzazioni
che
trascendono
la
realtà
della
classe
.
Soltanto
per
questa
via
il
proletario
acquisterà
nozione
dei
suoi
limiti
,
coscienza
delle
posizioni
da
raggiungere
,
e
non
scambierà
ridicolmente
per
scienza
e
per
cultura
il
riecheggiamento
disorganico
delle
più
disparate
cognizioni
.
Anche
e
soprattutto
in
questo
campo
la
vaga
ideologia
socialista
della
dittatura
del
proletariato
ha
fatto
diffondere
nei
propagandisti
meno
intelligenti
e
nelle
masse
la
persuasione
che
della
cultura
come
del
capitale
ci
si
possa
impadronire
con
la
violenza
.
E
,
come
per
il
capitale
,
anche
e
soprattutto
per
la
cultura
è
certo
che
il
sindacato
non
riuscirà
mai
a
conquiste
effettive
e
sistematiche
.
V
.
Che
il
sindacato
,
infine
,
non
abbia
più
ragione
di
sussistere
è
una
conclusione
che
si
deve
trarre
dalle
considerazioni
che
precedono
e
che
tutte
possono
riassumersi
nel
carattere
democratico
,
particolaristico
e
materialistico
del
sindacalismo
e
del
socialismo
in
genere
.
Esso
ha
valore
e
significato
nel
disordinato
conflitto
delle
forze
sociali
in
un
regime
liberale
individualistico
dove
trionfa
l
'
arbitrio
e
la
violenza
,
ed
ha
assolto
il
compito
storico
di
elemento
dialettico
propulsore
del
sistema
capitalistico
,
ma
tramonta
per
sempre
il
giorno
in
cui
ci
si
convince
che
la
vita
sociale
è
sistema
risultante
da
un
esplicito
programma
determinato
attraverso
una
comune
volontà
.
Un
'
ultima
obiezione
si
può
affacciare
di
fronte
alla
conclusione
alla
quale
si
è
pervenuti
ed
è
che
,
pur
ammesso
il
trapasso
delle
funzioni
del
sindacato
alla
corporazione
,
ci
sarà
tuttavia
bisogno
dei
sindacati
per
formare
le
corporazioni
.
L
'
organo
centrale
disciplinatore
della
vita
economica
in
tanto
può
avere
una
visione
superiore
e
totalitaria
in
quanto
rappresenta
tutte
le
forze
produttive
e
quindi
anche
gli
esponenti
del
lavoro
designati
dai
sindacati
.
Inteso
in
tal
guisa
,
il
sindacato
dovrebbe
avere
una
funzione
elettoralistica
nei
riguardi
della
corporazione
e
in
tale
funzione
esaurire
la
sua
ragion
d
'
essere
e
la
sua
attività
.
Ora
,
non
è
il
caso
di
ripetere
qui
le
critiche
perentorie
ormai
da
un
pezzo
rivolte
a
ogni
criterio
elettoralistico
e
rappresentativo
.
Anche
a
voler
ammettere
come
tuttora
valide
tali
esigenze
,
deve
essere
chiaro
che
,
se
le
corporazioni
restano
organismi
centrali
e
risultano
composte
soltanto
di
alcune
centinaia
di
persone
,
ogni
effettivo
ponte
tra
il
sistema
sindacale
e
il
sistema
corporativo
è
completamente
da
escludersi
.
I
pochi
rappresentanti
dei
lavoratori
(
lavoratori
o
legali
ch
'
essi
siano
)
vengono
necessariamente
a
trovarsi
su
di
una
piattaforma
politica
di
notorietà
che
deve
far
nascere
in
loro
altri
sentimenti
e
altri
interessi
che
non
siano
quelli
di
chi
è
soltanto
un
modesto
lavoratore
.
Ma
,
a
parte
tutto
ciò
,
il
lavoratore
che
entra
nella
corporazione
rappresenta
pariteticamente
di
fronte
al
capitale
il
lavoro
,
cioè
un
interesse
contro
un
altro
,
non
una
competenza
tecnica
superiore
che
risponda
al
fine
precipuo
della
corporazione
di
dirigere
con
superiore
consapevolezza
la
vita
sociale
.
Il
lavoratore
che
entra
nella
corporazione
,
in
altri
termini
,
abbassa
sul
piano
degli
interessi
più
materialistici
,
rispondenti
alla
sua
minore
preparazione
culturale
e
spirituale
,
la
discussione
dei
problemi
superiori
;
e
soltanto
a
questa
condizione
può
partecipare
attivamente
alla
determinazione
della
volontà
comune
corporativa
.
Che
se
invece
la
corporazione
dovesse
essere
davvero
la
più
eccelsa
espressione
dell
'
intelligenza
della
Nazione
e
perciò
dovesse
svolgere
davvero
la
sua
opera
sul
piano
consentitole
dalla
superiore
preparazione
,
i
rappresentanti
dei
lavoratori
non
avrebbero
che
ben
poco
da
dirvi
e
la
loro
presunta
funzione
paritetica
sarebbe
evidentemente
un
non
senso
.
L
'
assurdo
dipende
dal
fatto
che
il
lavoratore
che
entra
nelle
corporazioni
non
vi
entra
gerarchicamente
per
selezione
di
competenze
,
ma
democraticamente
per
astuzia
di
politicanti
.
Egli
non
rappresenta
il
lavoro
,
essendo
il
migliore
dei
tecnici
,
ma
rappresenta
la
massa
dei
lavoratori
,
come
uno
tra
gli
altri
:
non
ha
virtù
per
dirigere
,
ma
abilità
per
godere
della
fiducia
dei
compagni
e
per
difendere
i
loro
interessi
.
Ne
deriva
che
la
corporazione
assume
una
fisionomia
ibrida
in
cui
la
coscienza
del
problema
da
risolvere
nel
modo
migliore
per
il
bene
di
tutti
è
offuscata
dalla
pressione
incompetente
dei
difensori
di
interessi
particolari
di
classi
o
di
gruppi
o
più
spesso
di
individui
.
Le
ragioni
che
ci
hanno
indotto
alla
critica
del
sindacato
valgono
anche
a
determinare
i
criteri
per
l
'
approfondimento
teorico
e
pratico
delle
funzioni
e
dei
fini
delle
corporazioni
.
È
evidente
che
la
negazione
del
sindacato
non
può
essere
giustificata
se
non
si
potenzia
la
corporazione
,
facendo
da
essa
assolvere
in
modo
più
compiuto
ed
organico
i
compiti
dei
sindacati
.
La
critica
,
dunque
,
implica
una
ricostruzione
e
solo
alla
luce
di
questa
essa
può
chiarirsi
in
tutta
la
sua
portata
.
Fine
precipuo
del
sindacato
ci
è
risultato
essere
la
difesa
degli
interessi
del
lavoratore
o
meglio
delle
classi
opposte
:
fine
,
invece
,
della
corporazione
la
direzione
della
vita
sociale
da
un
punto
di
vista
extraclassista
.
Il
problema
che
perciò
si
pone
è
di
risolvere
il
sindacato
nella
corporazione
facendo
operare
direttamente
in
questa
il
lavoratore
.
Se
potremo
raggiungere
tale
risultato
avremo
definitivamente
superato
il
dualismo
classista
e
avremo
elevato
il
lavoratore
dal
terreno
materialistico
dell
'
interesse
di
parte
a
quello
veramente
politico
della
competenza
tecnica
.
È
stata
già
fatta
da
qualcuno
la
proposta
del
sindacato
unico
del
lavoro
o
sindacato
dei
produttori
che
si
differenzierebbe
dal
sindacato
misto
in
quanto
non
raccoglierebbe
insieme
datori
di
lavoro
e
lavoratori
,
ma
soltanto
lavoratori
nel
senso
più
comprensivo
della
parola
,
dal
manovale
al
grande
imprenditore
.
Sarebbero
esclusi
i
datori
di
lavoro
o
i
capitalisti
in
quanto
meri
detentori
di
capitali
o
proprietari
di
aziende
.
Un
simile
sindacato
,
fondato
su
di
un
concetto
più
adeguato
del
termine
lavoro
e
soprattutto
sul
superamento
del
dualismo
di
lavoro
e
tecnica
,
rappresenta
certamente
il
massimo
ideale
che
oggi
possa
concepirsi
sul
terreno
sindacale
.
È
il
più
gran
passo
che
il
sindacalismo
possa
fare
per
giungere
alla
corporazione
.
Tuttavia
tra
il
sindacato
unico
e
la
corporazione
vi
è
ancora
un
abisso
.
Sindacato
unico
vuol
dire
organizzazione
politica
accanto
all
'
organizzazione
produttiva
:
corporazione
,
invece
,
organizzazione
politica
coincidente
con
l
'
organizzazione
produttiva
,
attraverso
un
'
unica
gerarchia
tecnica
.
Per
individuare
le
tappe
della
trasformazione
del
regime
sindacale
in
regime
corporativo
,
sarà
opportuno
prendere
lo
spunto
dalle
attuali
ventidue
corporazioni
.
La
loro
caratteristica
è
data
appunto
dalla
più
o
meno
esplicita
identificazione
che
in
esse
si
raggiunge
della
competenza
tecnica
e
della
competenza
politica
:
allorché
esse
dettano
una
norma
direttiva
per
un
determinato
campo
della
produzione
,
tale
norma
ha
una
validità
tecnica
inscindibile
dalla
validità
politica
.
In
altri
termini
la
corporazione
supera
ogni
dualismo
di
interesse
e
dovere
,
di
individuo
e
di
Stato
,
di
classi
contrastanti
.
La
sua
volontà
è
volontà
statale
come
autogoverno
della
nazione
.
Tutto
questo
in
linea
teorica
e
sia
pure
in
linea
giuridica
.
In
linea
di
fatto
poi
l
'
ideale
non
può
essere
ancora
raggiunto
perché
vi
è
soluzione
di
continuità
tra
corporazione
e
organismi
produttivi
,
tra
corporazione
e
sindacati
.
Tra
corporazione
e
organismi
produttivi
perché
la
corporazione
non
è
l
'
apice
della
gerarchia
delle
aziende
e
non
si
riconnette
perciò
gerarchicamente
agli
organi
esecutivi
della
norma
da
essa
dettata
:
tra
corporazione
e
sindacati
perché
i
sindacati
non
sono
neanche
essi
gerarchicamente
ordinati
in
modo
da
far
capo
alle
corporazioni
,
né
si
occupano
della
norma
corporativa
in
quanto
norma
tecnica
della
produzione
.
Né
vi
è
da
sperare
che
la
soluzione
di
continuità
possa
attenuarsi
in
un
prossimo
domani
,
permanendo
l
'
attuale
organizzazione
aziendale
e
sindacale
,
perché
il
dualismo
è
in
essa
costituzionale
.
L
'
unità
di
tecnica
e
politica
che
si
ha
nella
corporazione
si
scinde
nella
tecnica
aziendale
e
nella
politica
sindacale
,
senza
che
rimanga
luogo
per
la
formazione
di
gerarchie
unitarie
che
trovino
il
logico
sbocco
nella
corporazione
centrale
.
Ne
segue
che
,
al
centro
,
le
ventidue
corporazioni
non
risultano
organicamente
da
una
selezione
di
uomini
svoltasi
gerarchicamente
,
ma
sono
costituite
attraverso
una
scelta
relativamente
arbitraria
,
poco
tecnica
e
perciò
poco
politica
,
effettuata
da
uno
Stato
trascendente
la
corporazione
e
non
legato
neppure
esso
alla
gerarchia
corporativa
.
Basta
porre
in
tal
guisa
il
problema
perché
la
soluzione
appaia
subito
chiara
.
Dalla
corporazione
centrale
si
dovrebbe
poter
passare
a
organismi
corporativi
dipendenti
sempre
più
periferici
fino
a
raggiungere
l
'
azienda
,
e
tutti
i
lavoratori
(
la
figura
del
datore
di
lavoro
in
quanto
non
lavoratore
andrebbe
naturalmente
esclusa
)
dovrebbero
trovar
posto
lungo
la
scala
corporativa
così
costituita
.
Quanto
poi
al
criterio
per
la
formazione
della
scala
,
trattandosi
di
una
gerarchia
politica
che
si
identifica
con
quella
produttiva
,
non
può
valere
che
la
competenza
tecnica
sanzionata
in
veri
e
propri
gradi
numericamente
distinti
.
Non
v
'
è
nessuna
ragione
per
non
trasportare
nel
campo
del
lavoro
il
criterio
gerarchico
oggi
vigente
nell
'
amministrazione
dello
Stato
e
trasportarlo
anzi
con
gli
stessi
gradi
in
modo
da
accomunare
fin
d
'
ora
tutti
i
lavoratori
,
che
tutti
nello
Stato
e
per
lo
Stato
lavorano
.
Non
più
sindacato
ma
corporazione
:
non
più
due
classi
contrapposte
,
ma
tredici
o
più
gradi
di
un
'
unica
scala
che
tutti
possano
salire
:
non
presunta
e
irrealizzabile
pariteticità
,
ma
selezione
continua
dei
migliori
per
il
migliore
autogoverno
di
tutti
.
Alla
logica
di
tale
soluzione
si
oppone
soltanto
il
grande
pericolo
segnato
dal
periodo
di
transizione
.
Inquadrare
oggi
tutti
i
lavoratori
in
una
gerarchia
bene
determinata
significa
in
certo
senso
consolidare
l
'
attuale
gerarchia
di
fatto
sorta
in
regime
capitalistico
e
rispondente
ai
criteri
di
selezione
propri
del
capitalismo
.
I
grandi
industriali
entrerebbero
a
far
parte
del
primo
grado
,
i
manovali
dell
'
ultimo
grado
della
gerarchia
e
tutto
potrebbe
sembrare
inalterato
.
L
'
obiezione
è
certamente
grave
e
sarebbe
inutile
nasconderne
quel
tanto
che
è
indiscutibile
.
Ma
sarebbe
atteggiamento
sterile
quello
di
chi
si
arrestasse
di
fronte
al
residuo
negativo
e
non
tenesse
conto
delle
nuove
condizioni
e
delle
nuove
forze
che
si
metterebbero
in
atto
.
Intanto
scomparirebbe
ufficialmente
dalla
gerarchia
sociale
la
figura
del
capitalista
e
del
proprietario
non
lavoratore
,
e
basterebbe
questo
per
eliminare
uno
degli
aspetti
più
immorali
e
più
materialistici
del
vecchio
regime
.
Ma
la
differenza
sostanziale
consisterebbe
nell
'
eliminazione
dell
'
abisso
tra
datore
di
lavoro
e
lavoratore
che
caratterizza
in
modo
costituzionale
e
pressoché
irriducibile
due
classi
sociali
.
La
distanza
che
separa
un
grado
gerarchico
da
un
altro
in
una
scala
di
tredici
gradi
è
ben
diversa
da
quella
che
separa
una
classe
da
un
'
altra
.
Che
la
scala
si
salga
è
la
regola
,
che
l
'
abisso
si
salti
è
l
'
eccezione
.
E
se
anche
tra
il
primo
e
l
'
ultimo
grado
della
scala
può
sembrare
vi
sia
sia
pure
molto
attenuato
lo
stesso
abisso
che
tra
le
due
classi
sociali
,
non
v
'
è
tuttavia
alcun
grado
della
scala
in
cui
la
diversità
diventi
radicale
e
in
cui
perciò
l
'
abisso
si
determini
.
La
distanza
tra
le
classi
è
data
dalla
diversa
natura
sociale
laddove
la
distanza
dei
gradi
non
può
essere
data
che
dalla
differenziazione
della
capacità
tecnica
:
è
questo
il
carattere
distintivo
delle
due
specie
di
gerarchie
e
in
sostanza
del
regime
capitalista
e
del
regime
corporativo
.
Allorché
ci
si
pone
il
problema
della
formazione
delle
gerarchie
e
si
definisce
il
fascismo
regime
gerarchico
,
s
'
intende
appunto
sostituire
a
un
criterio
naturalistico
ed
ereditario
un
principio
spirituale
di
selezione
.
Le
diversità
economiche
e
politiche
sono
portate
al
livello
tecnico
,
garanzia
di
superiore
oggettività
.
La
coscienza
gerarchica
del
fascismo
è
nell
'
intuizione
che
la
storia
della
civiltà
consiste
nel
processo
di
tecnicizzazione
delle
gerarchie
politiche
,
cui
corrisponde
il
processo
di
elevazione
dall
'
arbitrio
alla
libertà
.
Perché
poi
dallo
stato
di
transizione
in
cui
si
convalida
in
qualche
modo
l
'
attuale
gerarchia
sia
possibile
pensare
all
'
eliminazione
di
ogni
residuo
del
vecchio
regime
,
occorre
naturalmente
rendere
effettiva
la
parità
dei
diritti
di
fronte
al
lavoro
.
Occorre
cioè
che
l
'
ascesa
della
scala
non
sia
condizionata
inizialmente
dal
fattore
capitalistico
.
Su
questo
terreno
si
sposta
radicalmente
il
problema
della
formazione
della
gerarchia
corporativa
e
su
questo
terreno
va
coraggiosamente
imposto
e
risolto
.
La
differenziazione
delle
capacità
tecniche
ha
valore
morale
soltanto
se
tutti
sono
posti
in
grado
di
educarsi
con
gli
stessi
mezzi
.
Sarà
un
'
eguaglianza
che
avrà
tuttavia
limiti
naturalistici
contro
cui
converrà
continuare
a
combattere
,
ma
che
non
sarà
negata
a
priori
da
una
diversità
istituzionale
di
carattere
generale
.
A
questo
patto
l
'
ideale
corporativo
supera
l
'
ambito
di
una
trasformazione
economica
e
professionale
e
caratterizza
la
rivoluzione
fascista
nella
sua
essenza
politica
superiore
o
etica
e
nella
sua
portata
di
carattere
universale
.
Una
delle
prime
conseguenze
sarà
la
liquidazione
definitiva
del
lato
demagogico
del
socialismo
,
impostato
sull
'
esaltazione
del
lavoro
nella
sua
accezione
meno
elevata
e
nella
conseguente
esaltazione
del
proletariato
.
Il
fascismo
non
permette
all
'
operaio
nessuna
dittatura
,
ma
soltanto
il
diritto
di
salire
la
scala
gerarchica
del
lavoro
a
parità
di
condizioni
.
s
'
egli
non
saprà
salire
resti
ai
primi
gradini
,
ma
non
pretenda
nessuna
gesuitica
pariteticità
di
comando
.
In
regime
di
corporativismo
integrale
al
centro
giungeranno
i
supremi
gerarchi
e
non
v
'
è
alcuna
ragione
di
far
giungere
i
cosiddetti
rappresentanti
dei
lavoratori
,
vale
a
dire
i
lavoratori
che
hanno
dimostrato
di
non
avere
le
qualità
per
salire
.
Il
motivo
sentimentale
,
pietoso
e
lusingatore
,
del
socialismo
non
ha
più
alcuna
giustificazione
una
volta
costruita
la
gerarchia
tecnicamente
.
Al
centro
si
va
per
raccogliere
le
fila
del
lavoro
compiuto
da
tutti
e
per
determinare
nelle
sue
linee
definitive
un
piano
o
un
programma
sociale
a
cui
tutti
hanno
collaborato
.
Ma
se
è
così
,
soltanto
coloro
che
sono
le
espressioni
delle
più
alte
competenze
hanno
il
diritto
,
il
dovere
e
la
possibilità
di
arrivarvi
.
Il
corporativismo
paritetico
deve
cedere
il
posto
al
corporativismo
gerarchico
...
StampaPeriodica ,
È
lecito
che
gli
antifascisti
di
ieri
,
coloro
che
saggiarono
l
'
olio
di
ricino
e
il
manganello
squadrista
,
si
impanchino
oggi
ad
educatori
delle
giovani
generazioni
,
scrivendo
articolesse
su
tanti
giornaloni
?
È
lecito
che
fior
di
antifascisti
,
di
gente
che
negli
anni
bui
ha
tentato
in
tutti
i
modi
di
boicottare
il
Fascismo
e
se
non
ci
sono
riusciti
,
la
colpa
non
è
certo
loro
occupino
tuttora
posti
di
comando
,
a
marcio
dispetto
della
famosa
deliberazione
del
Gran
Consiglio
del
Fascismo
che
tali
incarichi
riserva
soltanto
alle
vecchie
e
fedeli
Camicie
nere
e
ai
giovani
delle
leve
fasciste
?
È
lecito
che
continuino
ad
essere
ammessi
nelle
Università
,
diciamo
così
,
"
civili
,
"
giovani
afascisti
,
mentre
le
Università
militari
giustamente
richiedono
come
imprescindibile
titolo
di
ammissione
la
tessera
del
Partito
?
È
lecito
che
nell
'
anno
XIII
si
possa
conseguire
la
laurea
a
pieni
voti
e
con
lode
,
pure
ignorando
la
data
della
Marcia
su
Roma
?
È
lecito
che
novissimi
camerati
,
vecchi
d
'
età
ma
giovanissimi
di
tessera
,
ravveduti
da
pochi
mesi
ma
non
ancora
messi
alla
prova
dal
Fascismo
,
montino
la
guardia
ai
Sacrari
dei
Caduti
,
alle
reliquie
dei
Martiri
e
ai
gagliardetti
insanguinati
dai
precursori
già
irrisi
?
Non
esiste
una
sacrosanta
disposizione
di
S
.
E
.
il
Segretario
del
Partito
che
affida
solo
ai
vecchi
fascisti
la
scorta
ai
gagliardetti
e
quindi
le
guardie
d
'
onore
?
È
lecito
che
maddaleni
pentiti
che
indossano
per
la
prima
volta
la
nostra
Camicia
nera
ardiscano
già
atteggiarsi
a
quasi
-
gerarchi
,
ordinando
il
"
saluto
al
Duce
!
"
alle
squadre
fasciste
e
prendendo
insopportabili
atteggiamenti
napoleonici
?
È
lecito
che
i
Repaci
,
i
Ramperti
,
gli
Alvaro
,
i
Burzio
,
i
Filippo
Sacchi
e
in
una
parola
tutte
le
cariatidi
dell
'
antifascismo
d
'
un
tempo
,
si
spartiscano
oggi
le
terze
pagine
dei
giornali
,
mentre
un
giovane
scrittore
fascista
che
osi
presentarsi
in
una
redazione
chiedendo
lavoro
è
scacciato
fra
l
'
ilarità
generale
?
StampaPeriodica ,
Cesare
Zavattini
,
che
dirige
con
fine
umorismo
il
settimanale
"
Le
grandi
firme
,
"
ha
recentemente
pubblicato
una
piccola
storiella
,
dovuta
alla
lepida
penna
di
Guasta
,
ex
direttore
del
Travaso
delle
idee
.
Trattandosi
di
una
vecchia
conoscenza
,
ci
siamo
precipitati
a
leggere
la
storiella
,
e
da
essa
abbiamo
appreso
come
il
povero
Guasta
fosse
stato
licenziato
dal
proprio
direttore
per
avere
inventato
una
notizia
relativa
a
Franchot
Tane
...
Noi
sappiamo
benissimo
perché
Guasta
fu
licenziato
dal
suo
giornale
:
per
avere
inventato
una
serie
di
storielle
antifasciste
al
tempo
della
Quartarella
.
Altro
che
Franchot
Tane
!
StampaPeriodica ,
Collega
è
una
vecchia
parola
squarquoia
.
Sa
di
unto
,
di
falso
libertarismo
e
di
programmi
da
"
sole
dell
'avvenire."
Si
tratta
di
un
termine
antiguerriero
,
e
antieroico
:
colleghi
non
potevano
essere
Achille
e
Patroclo
,
Eurialo
e
Niso
...
Esiste
la
parola
camerata
la
cui
accezione
è
così
vasta
ed
esauriente
.
Per
le
varie
classi
poi
valga
la
nota
di
Nicola
Moscardelli
scritta
sull
'
Ics
e
riportata
da
Meridiano
.
Egli
protesta
giustamente
a
nome
della
categoria
giornalistica
"
contro
l
'
uso
della
parola
collega
,
come
equivalente
al
termine
di
'
giornalista
'
.
StampaPeriodica ,
Le
donne
in
brachesse
sono
state
sistemate
e
se
Dio
vuole
non
si
vedono
più
per
le
strade
certe
idiote
sfasature
.
Ora
però
bisogna
dire
qualche
parolina
all
'
orecchio
di
quelle
femminucce
di
corto
e
fragile
intelletto
le
quali
,
prese
da
vera
e
propria
mania
autolesionista
,
imbestialiscono
contro
i
propri
connotati
per
cui
quelli
segnati
,
putacaso
,
su
di
un
qualsiasi
documento
di
identificazione
sono
affatto
dissimili
da
quelli
avuti
da
madre
natura
.
Si
vedono
infatti
in
circolazione
molte
signorine
,
e
disgraziatamente
anche
molte
signore
,
sul
conto
delle
quali
è
lecito
pensare
che
si
credano
in
perenne
fregola
di
sabato
grasso
,
e
se
per
queste
signorine
e
signore
in
tempi
normali
ci
si
sente
presi
da
una
voglia
matta
di
ridere
,
tale
sensazione
,
in
tempo
di
guerra
,
si
tramuta
in
senso
di
pena
.
Capelli
color
di
stoppa
;
sopracciglia
depilate
e
trasportate
con
un
orribile
frego
semicircolare
a
metà
della
fronte
simile
in
tutto
e
per
tutto
a
quelli
col
quale
usano
truccarsi
i
pagliacci
da
circo
;
occhi
allucinati
dipinti
con
tutti
i
colori
dell
'
iride
;
taglio
della
bocca
deformato
da
labbra
artificiosamente
modellate
da
una
verniciatura
mal
riuscita
ma
sempre
buffonesca
;
alterazione
della
carnagione
,
del
viso
e
del
corpo
;
unghie
insudiciate
con
tutte
le
gradazioni
del
rosso
per
cui
si
ha
la
disgustosa
impressione
di
veder
gente
che
abbia
l
'
abitudine
di
affondare
quotidianamente
le
mani
in
piaghe
sanguinanti
.
Pazze
,
e
non
sempre
incruente
,
corse
in
bicicletta
con
esposizioni
cosciali
fino
a
limiti
critici
.
Tutto
questo
insulso
insieme
di
strafottenza
,
impudenza
e
impudicizia
forzata
che
,
se
forma
la
gioia
dei
gagà
e
dei
mantenuti
,
è
particolarmente
bollato
dai
nostri
valorosi
che
tornano
feriti
o
mutilati
dai
campi
di
battaglia
,
dovrebbe
avere
termine
senza
bisogno
di
un
'
altra
legge
,
come
quella
per
le
brachesse
,
per
richiamare
la
donna
nostra
al
senso
della
sua
vera
femminilità
che
noi
italiani
,
fascisti
,
e
affatto
vecchi
rincitrulliti
,
amiamo
nella
sua
limpida
,
serena
genuinità
di
nostra
gente
.