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Giuliano Ferrara ingrassa ( di felicità ) quanto più fa il malandrino . Dopo il fallimento della sua malandrinata in Mugello , è tornato a me . Tornato perché è da parecchio che ingrassa punzecchiandomi . Quando era direttore di « Panorama » , il suo settimanale non perdeva occasione per sfruculiarmi . Ora che la sua ammiraglia è diventata « Il Foglio » , Giulianone ( o il suo elefantino ) provvede da sé , a viso aperto . A fine anno è partito lancia in resta contro un mio libriccino , Homo videns , dandomi di « editorialista supercilioso » , scagliandomi contro dotti richiami a Parmenide , Platone e Aristotele , e addirittura chiedendosi : « Leggono questi professori ? » . Stavo ancora contando le mie letture , quand ' ecco che mi arriva addosso un ' altra bordata . E finalmente ho capito che Ferrara stava ingrassando troppo ( di felicità ) , e che per il suo bene era bene farlo soffrire . Anche se mi rendo conto che l ' impresa è titanica . L ' ultima bordata si intitola : « Nel '93 Sartori e Panebianco dicevano peste e corna del Mattarellum . Si sbagliavano ( la legge ha funzionato ) . Ora ce l ' hanno con le riforme » . Sottotitolo : « Due maestri di politologia non fanno i conti con le previsioni sbagliate » ( « Il Foglio » del 13 febbraio ) . Non posso rispondere per Angelo Panebianco ; ma , visto che sono d ' accordo con lui , sono prontissimo a prendere in carico anche le sue colpe . Il Mattarellum , cioè la legge elettorale attualmente in vigore , ha funzionato ? Le previsioni sono state sbagliate ? Vediamo . A una mente di aristotelica possanza non dovrebbe essere spiegato che il successo , qualsiasi successo , si misura su un obiettivo , si commisura a uno scopo . Ma tant ' è . Quindi a Ferrara spiego che anche lui è tenuto , come gli altri comuni mortali , a partire da questo quesito : qual è , o quale dovrebbe essere , l ' intento di una riforma elettorale oggi in Italia ? Al quesito gli esperti e le persone sensate rispondono che noi soffriamo di troppi partiti , di troppa frammentazione , e quindi che il nostro obiettivo prioritario è adottare un sistema elettorale che riduca il numero dei partiti e che li costringa ad aggregarsi . Stranamente il Nostro nemmeno dà mostra di essersi mai imbattuto in questa tesi ( ma cosa legge Giulianone sapiens ? ) , e quindi non la mette in conto . Per lui il Mattarellum ha funzionato a questo titolo : perché i partiti si sono tutti salvati , e sono addirittura aumentati . Ma questa era , appunto , la previsione mia , di Panebianco e dei politologi in generale . La previsione era dunque esattissima . Mentre resta da dimostrare perché mai un risultato di accresciuta frammentazione sia utile al paese e serva l ' interesse generale . Hic Rhodus , hic salta . Ma il nostro Giulianone salta via , salta da un ' altra parte . Difatti Ferrara devia il discorso sul fatto che il Mattarellum ha funzionato nel produrre due coalizioni vincenti , prima quella di Berlusconi e poi quella dell ' Ulivo . E Pierino ( pardon : Ferrara ) racconta la vicenda così . « Alle elezioni politiche del marzo 1994 la nuova legge elettorale [...] produsse per la prima volta una maggioranza definita , quella del Polo [...] scelta dai cittadini ( l ' incidente della maggioranza debole al Senato non ebbe conseguenze sul voto di fiducia ) . E il nuovo Parlamento , anziché rischiare la paralisi come paventavano i politologi , portò alla formazione del governo Berlusconi , il quale cadde [...] non perché la legge elettorale fosse un ' pasticcio ' [...] come volevano i professori ma perché la coalizione esplose sotto i colpi di mortaio di Bossi e si rivelò un ' alleanza politicamente impossibile » . Mi scuso per la lunga citazione , troppo bella per lasciarsela scappare , che compenserò con chiose brevi . Primo . Anche in passato abbiamo avuto maggioranze definite , in genere pentapartitiche o quadripartitiche come oggi . Quale sarebbe la differenza ? Che non erano scelte dai cittadini ? Che erano meno obbligate di quelle prodotte dal Mattarellum ? Detto o mal detto così , il punto mi sfugge . Secondo . È inesatto che Berlusconi avesse una maggioranza debole al Senato : non l ' aveva proprio . E poi il problema di avere una maggioranza si pone per tutto il tempo della legislatura , non soltanto al voto di fiducia . Terzo . La paralisi paventata dai politologi non , è del Parlamento ma della governabilità , ed è prodotta , appunto , da alleanze impossibili . Come il nostro avverte , senza però avvertire di contraddirsi . Quarto . Se la coalizione di Silvio Berlusconi esplose per colpa di Umberto Bossi è ovviamente perché Bossi era un partner indispensabile di quella coalizione . Chi lo aveva reso tale ? Sì , gli elettori . Ma anche una pessima legge elettorale . Dunque il nesso con il sistema elettorale c ' è , anche se Ferrara non lo vede o fa finta di non vederlo . Ripartiamo dalla domanda : qual è lo scopo di un sistema elettorale ? In attesa che Ferrara dimostri perché dovrebbe essere la frantumazione di un sistema partitico , debbo tornare a rispondere che in Italia occorre oggi un sistema che riduca e aggreghi i partiti . Quando si passa a considerare la governabilità , lo scopo primario diventa prefigurare coalizioni di governo quanto più possibile omogenee . Come ? Facendo ricorso , appunto , a un sistema elettorale aggregativo . Il Mattarellum non lo è ( e nemmeno lo sarà il Mattarellum Due prefigurato nella famosa cena a casa di Gianni Letta ) . Difatti ha prodotto per due volte consecutive coalizioni eterogenee , scollate e intrinsecamente conflittuali . Come era stato esattamente previsto e come volevasi dimostrare . Anche su questo punto , la natura delle coalizioni , Ferrara fa lo gnorri e sposta il discorso dalla governabilità alla stabilità . Ma , intanto , una volta su due la stabilità non c ' è stata : il governo Berlusconi è stato instabilissimo , sette mesi in tutto . Inoltre l ' instabilità del nostro passato viene largamente esagerata . Giulio Andreotti a modo suo è stato stabilissimo , ben sette volte presidente del Consiglio ( seguito da Amintore Fanfani con sei volte e Aldo Moro con cinque ) ; e Bettino Craxi è durato , con due consecutivi governi pentapartitici , dal 4 agosto 1983 al 3 marzo 1987 , quindi per quasi l ' intero corso della IX legislatura , quattro anni . Anche se Romano Prodi resterà in sella per tutta la XIII legislatura , anche così Ferrara si eccita troppo quando scrive che il governo Prodi sarà « il primo governo di legislatura nella storia italiana » . Visto che durare con la proporzionale dovrebbe essere più difficile che con il maggioritario , Craxi regge il confronto . Comunque sia , a che cosa serve una stabilità senza vera forza di governo ? Questo è il problema che il Nostro elude . Eppure , visto che Ferrara va alla caccia dei politologi , dovrebbe essere informato di cosa dicono . Dunque dovrebbe sapere che per il sottoscritto ( e altri ) la stabilità dei governi è un falso scopo . Un governo può durare ed essere inefficiente . Il che vuol dire che la stabilità è soltanto una condizione di governabilità . Quattro anni di un Prodi sempre bloccato da Fausto Bertinotti non risolvono i nostri guai . Ripeto : di per sé la stabilità è un falso scopo , agitato per i gonzi e per far perdere di vista che lo scopo vero è la governabilità . Vengo ora a due critiche specifiche . La prima è questa : che nel 1993 , all ' indomani del referendum che aprì le porte alla riforma elettorale in senso maggioritario , « i due eccellenti politologi [ Panebianco e io ] , prigionieri della teoria , esercitarono in modo scombiccherato [...] la loro funzione di critica e di analisi . Non vollero tracciare una rotta [...] ma si limitarono a demolire [...] il progetto Mattarella » . Ma il mio eccellente demolitore qui asserisce il falso . È vero tutto il contrario , e cioè che sin da prima del referendum Segni - Pannella combattei una battaglia per spiegare che quel referendum lasciava aperta la via a una duplice interpretazione - maggioritario a un turno , o anche maggioritario a due turni - e che la seconda era da preferire . Dopo di che ho insistito per cinque anni , e quasi al di là del sopportabile , nel raccomandare la rotta del doppio turno . Ammesso che Giulianone sapiens legga davvero , mi sa che legge alla rovescia . L ' altra critica è che « il 27 novembre 1993 il professore interviene sulla dissoluzione del centro asserendo che il maggioritario è una macchina trita - centro [...] fatta apposta per stritolare il centro » . Dal che , scrive il Nostro , il professore ricava « col suo stile sapido e rubicondo una prognosi infausta sulla definitiva scomparsa della Dc » . Embè ? A me in effetti risulta che la Dc si è disintegrata e centrifugata tra sinistra e destra . Al nostro risulta invece che « la smentita sarà clamorosa » . Smentita che Ferrara illustra così : « Il partito di centro , i popolari di Martinazzoli , riesce a salvarsi proprio per effetto del maggioritario corretto dalla proporzionale » , mentre i « centristi cattolici che già avevano avuto una prima scissione con la nascita del Ccd si divideranno poi per schiette ragioni politiche » . Questa sarebbe una smentita ? Una frantumazione in tre pezzi che poi perdono complessivamente un 20 per cento del loro vecchio voto ? Concedo che qui il nostro scombicchera al suo meglio . Ma non concedo che dal suo polverone emerga una smentita . Allora , quali sarebbero le previsioni sbagliate con le quali i politologi dovrebbero fare i conti ? Ci saranno , non dico di no ; ma certo Ferrara non le ha scoperte . Forse perché la sua vista è impedita dai suoi egregi errori di fatto e di logica .
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Il tempestivo ed energico intervento del nostro Federale ha fatto sì che quella ineffabile chiesuola della pseudo intellettualità e del pettegolezzo , malata di parassitismo e d ' altre più gravi " malattie " rendesse finalmente l ' anima al ... creatore . Nessuno piangerà ! nemmeno , l ' ombra del buon Antonio Pedrocchi . Il vecchio caffettiere voleva che il suo caffè con gli annessi marciasse al passo coi tempi : il Federale l ' ha fatto marciare e d ' ora in poi nelle dorate sale troverà posto un ' istituzione del Regime : il Ritrovo del Littorio . L ' opera però non è finita .
StampaPeriodica ,
Beati i giovani . Io non li invidio più di tanto perché crescere è faticoso . Ma ormai abbondano i giovani che non crescono mai . E il giovane beato a vita , che non cresce faticando , comincia a fare storia nel 1968 . La generazione che maturava negli anni Sessanta è stata una generazione benedetta da tutte le fortune . Non ha conosciuto guerre in casa , è stata coccolata dal boom del benessere e ha visto sparire la tirannide dei genitori . Quei giovani si affacciavano a una vita che non era più , ai loro occhi , labor e cioè pena , sforzo , affanno . La durezza del vivere a loro era ignota . A tanta maggior ragione le energie da scaricare erano tante . Erano anche pronti gli strumenti del contagio , del fare massa , e cioè adeguatissime comunicazioni di massa . E dunque tutto era pronto per una rivoluzione dei giovani . L ' evento ci prese di sorpresa , anche perché le rivoluzioni del passato avvenivano per fame ( le rivoluzioni contadine ) oppure erano rivoluzioni contro il tiranno . Nel 1968 non c ' era né fame né tiranno . Così la rivoluzione dei giovani divenne universitaria . Scese anche per strada , è vero . Ma il suo bersaglio concreto era , per la prima volta nella storia , la cultura . I sessantottini volevano disfare e rifare ab imis il sapere , l ' insegnamento e chi insegnava . È un peccato che la dizione « rivoluzione culturale » sia stata accaparrata da Mao . In Cina quella di Mao fu una spietata purga di stampo staliniano . La vera rivoluzione culturale è stata la nostra . E ha prodotto , ahimè , una riuscitissima distruzione culturale . Il giovane , proprio perché è giovane , scopre . E la grande scoperta dei sessantottini era che il passato era da azzerare ( perché marcio o comunque perché inutile e dannosa zavorra ) , e che la storia ricominciava da loro . In politica i problemi sarebbero stati risolti dalla « immaginazione al potere » , e nella cultura dalla « matematica rossa » . Erano bambinate . In passato si aspettava che la fase bambinesca passasse . Sunt pueri et puerilia tractant . Liberi i fanciulli di fanciulleggiare . Ma oggi sunt pueri , tamen seria tractant . Sono fanciulli e tuttavia trattano di cose serie . Veniamo , allora , al discorso serio . Questo : che la scienza infusa , la scienza innata , non esiste . Ogni neonato parte da zero . Nasce non sapendo niente . Gli deve essere tutto insegnato facendolo studiare . Può saperne di più - nel corso della sua educazione - dei suoi educatori , e cioè di chi ha già studiato ? Può essere ( esistono autodidatti prodigiosi ) , ma è molto raro . Certo , ci sono educatori pessimi . Ma se il cattivo maestro è da sostituire , il maestro deve pur sempre restare . E se i maestri sono aboliti ( perché sostituiti dai loro studenti ) , allora le scuole vanno abolite . Eppure i rivoluzionari ancora imberbi ( ancorché barbuti ) del Sessantotto erano convinti di sapere e di essere portatori di nuovo sapere . In realtà il sapere ( pochissimo e soltanto settario ) dei sessantottini era anch ' esso un retaggio del passato e non nasceva per nulla dal loro cervello . Nella sua parte rispettabile ( e quindi prescindendo dalle puerili Bibbie di Mao , del Che e di Gheddafi ) quei giovani ripetevano , con Marx , Marcuse e la Scuola di Francoforte , il percorso della dissoluzione della filosofia hegeliana . Raymond Aron ( a proposito , chi era ? ) scrisse del Sessantotto che si trattava di una « rivoluzione introvabile » . Io ho scritto che era una « rivoluzione del nulla » , nel senso che si alimentava di vuoto e creava vuoto . Passata la vampata , del Sessantotto è restata solo la pars destruens : il messaggio anticulturale - il rifiuto della cultura come patrimonio di millenni di sapere - e il messaggio antielitista . Che resta , ad oggi , il distintivo del sessantottino . Per Mario Capanna gli anni della rivoluzione studentesca furono « formidabili » . Certo , formidabili per lui e per i molti , troppi , che ne hanno ricavato rendite di rivoluzione . Ma nient ' affatto formidabili per chi si aggira tra le rovine della scuola prodotte dalla cultura dell ' anticultura . È sempre vero , probabilmente , che in ogni epoca il numero degli stolti è infinito . Ma una cultura dominata da stolti e intrisa di stoltezza antielitista è un inedito . Qualcuno ha detto che « l ' ignoranza è sempre pronta ad ammirarsi » . Difatti mi aspetto , per il trentennio del Sessantotto , una travolgente valanga di autoincensamenti .
StampaPeriodica ,
Nelle vetrine dei negozi Bonaldi ed Ortolani fanno sempre bella mostra di sé numerosi articoli stranieri o pseudo tali , data la mania di qualche fabbricante nostro di voler ancora chiamare le sue merci con nomi ostrogoti . Dalle racchette Spalding con relative palle , si passa ai costumi Janzten , ai ferma cravatte inglesi , ai cappelli Habig , tutta roba inavvicinabile dati i prezzi proibitivi . A parte che in Italia si fabbrichino merci uguali e per bontà e solidità , ci sembra poco italiano continuare su questa via in tempo d ' autarchia .
Ma l'ispettore Derrick è TV di qualità? ( Sartori Giovanni , 1999 )
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Di recente Alberto Ronchey è tornato alla carica sulla nostra « televisione senza qualità » . E anche un consigliere di amministrazione della Rai , Alberto Contri , ha criticato in diverse occasioni il basso livello culturale e di qualità del nostro servizio televisivo . Il direttore generale della Rai , Celli , risponde con statistiche che proverebbero , a suo dire , che la Rai offre più « servizio pubblico » di altre reti europee . Qualche volta rispondere con statistiche è rispondere . Ma le statistiche di Celli appartengono all ' aria fritta . Sapere che ai tg è stato dedicato il 13 per cento , alla cultura il 25 per cento e agli approfondimenti il 14 per cento del tempo Rai è una presa in giro . Per esempio , se il contenuto informativo serio e di interesse pubblico dei nostri tg è zero , 1.300 ore di trasmissione tg fanno sempre zero . E la voce cultura come viene definita ? Cosa ci viene cacciato dentro ? E a che ora ? Dopo mezzanotte ? Per dibattere di qualità e cultura dobbiamo essere in buona fede . Acchiappare queste nozioni è un po ' come acchiappare un ' anguilla . Chi vuole fare il furbo se la cava sempre . Ma chi non cerca di fare il furbo non produce statistiche che mettono assieme lucertole e coccodrilli e ammette senza cavilli che il livello culturale di un film di Luchino Visconti fa scomparire il livello culturale di un Carlo Verdone . Facciamo un esempio preciso : il genere dei film « gialli » , dei « mistery » . Mi si consentirà che questo genere ha un buon mercato . Eppure Viale Mazzini ci ha propinato senza fine il mediocrissimo ispettore Derrick e ha sempre ignorato i bellissimi mistery inglesi ( dai Poirot impersonati da David Suchet , alla serie dell ' ispettore Morse e altre ) . Mi si risponde che in Italia il mistery inglese non va . Il che vuol soltanto dire , a mio avviso , che la nostra tv ha diseducato il nostro spettatore a livelli da quattro soldi , appunto a livelli Derrick . Comunque , il punto centrale è quello del servizio pubblico . Per Viale Mazzini « pubblico » vuol dire « acchiappare pubblici » , acchiappare il più alto numero possibile di spettatori . Invece no . Un servizio pubblico è tale in quanto serve un interesse pubblico su materie di pubblica rilevanza . E qui il fatto è che i nostri telegiornali ci regalano quasi soltanto una cronaca di nessunissima rilevanza ai fini della formazione di una opinione pubblica . Intanto , il mondo è pressoché sparito ( basta , per dimostrarlo , il confronto con il notiziario delle world news della Bbc ) ; e il resto è tutto in chiave di raccontino lacrimoso mammistico . Se poi l ' obiezione è che un notiziario serio che dà notizie che ci aiutano a capire gli eventi otterrebbe un ascolto del 5 per cento , a questa obiezione rispondo che un 5 per cento che sa qualcosa è pur sempre meglio di un 100 per cento che non sa nulla . Rispondendo ad Alberto Contri il presidente della Rai Zaccaria lo rintuzza così : « sono sorpreso quando un consigliere [...] sventola la bandierina della qualità . Il Cda lavora da un anno e mezzo su questo » . Bene . La Rai cominci a dimostrarlo in sede di qualità dell ' informazione . La qualità in generale è , dicevo , nozione anguillesca . Ma la qualità dell ' informazione può essere misurata al paragone ogni giorno . Servizio pubblico o invece disservizio pubblico ? Finora , disservizio .
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La donna noi la vogliamo sana e bella serena e intelligente compagna della nostra vita . Queste poche parole contengono ciò che la Razza Italiana domanda alla donna italiana , cioè quell ' ideale che essa deve sforzarsi di raggiungere per la sua patria , per sé stessa , e un po ' anche per l ' uomo che un giorno la sposerà . E che la salute non sia da raggiungersi attraverso una mascolinizzazione data da esercizi violenti e deformanti è implicito nel programma di educazione fisica svolto nelle scuole femminili : ginnastica all ' aperto , preferibilmente a ritmo di musica , giochi di agilità e di snellezza , quali il tennis , la pallacanestro ecc . come sostengono i nostri migliori igienisti ( valga per tutti il prof . N . Pende ) ... In buona parte il successo di questa aspirazione della Razza italiana è affidato alle nostre donne , al loro istinto di maternità , al loro patriottismo , alla loro capacità di amministrare le entrate e le disponibilità di ciascuna famiglia , non ultimo tra i difficili compiti di una brava donna di casa e che tanto contribuisce al consolidamento del nucleo familiare e alla sua prosperità e serenità ... E sia lasciata agli uomini l ' arte di esser uomini che esige capacità e attitudini anch ' essa , tanto che molti non riescono ad impararla mai .
StampaPeriodica ,
Le obiezioni al disegno di legge del governo sulla disciplina degli spot politici sono parecchie . Le riassume in buona parte Andrea Manzella , che scrive perentoriamente così : « L ' iniziativa del governo non è incostituzionale . È soltanto sbagliata in quattro punti » . Manzella ha ragione sulla incostituzionalità : non c ' è . Ma sul punto principale della sua critica - il primo dei quattro - la tesi sbagliata è , a mio vedere , la tesi di Manzella . A detta del Nostro , la distinzione tra pubblicità e propaganda sulla quale si fonda la disciplina proposta dal governo è una « distinzione impossibile » . Manzella ne è sicuro perché « gli studiosi che si sono occupati della materia ( come Cesare Pinelli e Antonella Sciortino ) avevano avvertito che la distinzione non poteva reggere dato che l ' una e l ' altra forma di comunicazione politica utilizzano le stesse tecniche di persuasione e di semplificazione del linguaggio » . Gli studiosi ? No , « alcuni » studiosi . Vedi caso , tra gli studiosi dell ' argomento ci sono anche io ( me ne occupo , tra l ' altro , nella Enciclopedia del Novecento dell ' Istituto della Enciclopedia Italiana , e dunque in una sede di tutto rispetto ) e la mia tesi , lì e altrove , è che la distinzione tra pubblicità e propaganda è non solo possibile ma anche necessaria . A una persona esperta di mondo e smaliziata come Manzella non dovrebbe sfuggire , tanto per cominciare , che i pubblicitari sono interessati a cancellare la distinzione perché a loro interessa catturare anche il mercato della politica . Per loro sono tanti quattrini , e ai pubblicitari interessano quasi per definizione soltanto i quattrini . E se lei , senatore Manzella , ha mai sentito parlare di conflitto di interessi , allora dovrebbe stare più attento alle tesi « interessate » . Tra le tante differenze tra pubblicità commerciale e propaganda politica mi limito qui a ricordare che la prima vende beni e servizi a dei consumatori i quali , consumando , bene o male si accorgono se un bidone è un bidone . La propaganda politica vende invece promesse ( parole ) o altrimenti persone . Così i consumatori della propaganda comunista sono stati bidonati per settant ' anni , e chi vota ( compra ) Berlusconi non lo può poi mangiare per scoprire se è un buon commestibile . La stessa cosa , senatore Manzella ? No , cose diverse . E ne risulta che il potenziale di imbroglio e di dannosità della propaganda politica è incommensurabilmente maggiore di quello della pubblicità commerciale . Pertanto , strabilio nel leggere che lei raccomanda di « lasciare mano libera [...] ai pubblicitari » , visto che questi ultimi sono « quelli che con il loro mestiere di fantasia riescono a leggere e rivelare molta più politica al mondo di quanto non sia più capace di fare la politica come mestiere » . Poveri noi , e povera politica . Già siamo a livelli bassissimi . Con l ' aiuto di questa raccomandazione è pressoché sicuro che scenderà a livelli ancor più bassi . Comunque sia , l ' argomento di Manzella non regge in punto di logica . In buona logica una distinzione è analiticamente valida se individua una differenza , e non è cancellata dal fatto che la realtà mescola sempre tutto : bene e male , bello e brutto , e anche , appunto , propaganda e pubblicità . Domanda : se nel mondo reale bene e male si mescolano , ne dobbiamo forse ricavare che sono indistinguibili ? Alla stessa stregua , anche se è vero che i pubblicitari riducono la propaganda politica a un quissimile della vendita di un dentifricio , è lecito ricavarne che sono la stessa cosa ? Ovviamente no . Manzella si vanta di essere « strapaesano » ( vedi « Il Foglio » del 31 luglio ) e sbeffeggia i poveretti come me che vanno a cercare ( ma nel mio caso a rifiutare ) le soluzioni « in Australia o in Israele » . A me , confesso , gli strapaesani fanno paura . Se Hitler o Mussolini fossero mai stati in America , forse si sarebbero fermati . Tornando a Manzella , non so se gli spot statunitensi lui li conosca e veda . Mi sembra di no . Perché se li vedesse scoprirebbe qual è la china dello spot politico affidato alla « fantasia rivelatrice » dei maghi della pubblicità . È la china dello spot personale , puramente negativo ed essenzialmente diffamatorio . Un candidato attacca l ' altro dicendo che ha cornificato la moglie , che discrimina contro gli omosessuali ( o viceversa ) e che in gioventù ha sniffato cocaina . A Manzella andrebbe bene così ? Oppure ritiene anche lui che questo tipo di « spottismo » non è solo diverso dalla propaganda politica , ma che ne costituisce una degenerazione inaccettabile ? Il punto che sfugge in questo dibattito è che finora i nostri spot sono stati decorosi , e che sono stati decorosi perché disciplinati dalla legge del 1993 che vietava , nei trenta giorni prima delle elezioni , il ricorso a messaggi emotivi e spettacolari e consentiva soltanto l ' esposizione dei programmi politici . Ma se l ' attacco al disegno di legge del governo andrà a travolgere , come Manzella e altri fanno temere , quei limiti , allora è pressoché sicuro che i mercanti della pubblicità di casa nostra arriveranno lestamente agli spot negativi tipo Usa . Perché nessuno nega che lo spot negativo sia lo spot più efficace . Il punto resta se vogliamo ridurre la politica a un bombardamento di escrementi .
SOLITUDINE ( GIUSTI PAOLO E. , 1919 )
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Chiamo Solitudine l ' abbandono dell ' anima mia e la vulnerabilità del mio corpo : il lor rapporto instabile e periglioso , di cui l ' Infinito è la risultante , anzi il comun denominatore . Chiamo Solitudine la mia sensibilità . La facilità a sentire simpaticamente ( o antipaticamente ) il mondo , di consentire ( o dissentire ) con le cose , onde mi so allacciato in segreto , per infinite vie di piacere o di dolore , a tutte le forme della vita , è causa che l ' anima mia sia continuamente desiderosa e delusa di continuo . E questo , che non è che un miraggio della coscienza , un riverbero spirituale ed organico a vicenda , si chiama anche facoltà di sognare , ossia , da ultimo , di sentire con accompagnamento molteplice d ' imagini . L ' associazione ( e la dissociazione ) delle idee , altro non è che il frutto , maturato , di una vivace sensibilità . Ogni teoria , ogni dottrina è , nell ' uomo di sensibilità , figlia del suo sviscerato amore , del suo odio più tenace . E la vita intellettuale di costui è , a traverso un tribolo di passioni , il perenne sforzo verso un ' ascesi , che non si può giungere che con la morte . Questa io dico essere veramente la Solitudine ; per ciò che la comunione misteriosa dell ' individuo col Tutto , nell ' attimo dell ' alchimistica formazione dell ' Idea , la quale nasce da una reazione oscura , a un ' alta temperatura di coscienza , della Sensibilità su la Memoria , come non è essa stessa che un alto e intenso atto d ' individualità , così non manca di ricondurre nell ' animo il senso dei limiti di questa . Il che non avviene senz ' istantanea vertigine .
GRIDO DI GUERRA ( L'ARCIFILIBUSTIERE , 1939 )
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... Etiopia , Spagna : non basta , non basta . Vogliamo vederli in faccia una buona volta questi nostri nemici che ci perseguitano da anni , che da anni nell ' ombra , sudando un fetido odore da rapaci immondi ci negano il diritto di diventare migliori , sprezzano la nostra forza rinnovata , ostacolano la nostra missione nel mondo . GUERRA ! Ecco il nostro grido di giovani in attesa della nostra prova . Guerra imperiale a contatto diretto coi nostri nemici più grossi , a punta di pugnale con coloro che ci amarono deboli e derelitti , e forti non ci credono e ci aizzano contro il mondo . Guerra santa che ristabilisca l ' equilibrio di Roma a beneficio di tutto il mondo civile . Guerra gloriosa che schiacci una volta per sempre i debosciati egoisti pronti a barattare con l ' oro l ' onore e la dignità dei popoli . No , non è il grido della disperazione di chi ha perso la fiducia in se stesso ; non è l ' esclamazione quasi di sollievo per una soluzione sicura di chi ha paura dell ' incertezza : è il grido calmo , ma possente , enorme ma compatto di una gioventù che da quando ha potuto individuare i veri nemici che ne minavano la esistenza , ha pensato sempre alla guerra contro costoro come ad una gioiosa missione da compiere . Morire ? Ma chi siamo noi a lato della Patria ? Vermi , vermi che dobbiamo sparire . Ma Essa , Essa la grande Italia resterà per noi trionfante di civiltà nel mondo e poserà il Suo piede imperiale sul collo di coloro che all ' estero ci hanno derisi , mentre costituivamo il loro benessere , che all ' interno ci hanno ingannati facendo scempio della nostra fiducia . Chiediamo la guerra , come la grande prova che ci farà cittadini perfetti . Combatteremo freddi , freddissimi , silenziosi perché sia reso dente per dente ed occhio per occhio ; mirando giusto perché non sia sciupata la nostra energia ; facendo all ' avversario il più gran male possibile perché sia schiacciato per sempre . Il nostro grido è cosciente : conosciamo gli orrori della lotta , ma non ignoriamo l ' ebbrezza della Vittoria . Costi quel che costi , vogliamo finalmente snidare il nemico dal suo covo e strozzarlo con queste nostre dita , inesorabilmente , guardando a Roma Madre fatta più luminosa dalla nostra determinazione audace , più grande dalla nostra conquista . Morire ? E chi se ne frega ? Evviva la guerra !
Ma quanto è laico, Eminenza! ( Sartori Giovanni , 2000 )
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La nota pastorale del 13 settembre dell ' arcivescovo di Bologna , cardinale Giacomo Biffi , è stata lanciata così dall ' Ansa , la nostra massima agenzia di stampa : « Immigrazione . Biffi allo Stato : favorite i cattolici » . Le agenzie di stampa devono , appunto « lanciare » . E di quel lancio sono stato un po ' vittima anche io perché - subito intervistato telefonicamente - ho troppo precipitosamente risposto che « quella tesi non mi convince per niente » . Che non mi convinca resta vero . Ma dopo aver letto l ' intero testo del cardinale devo fare ammenda e desidero riconoscere che quel testo , nel suo insieme , fa onore al suo estensore . Per una volta - mi succede oramai di rado - mi inchino . Certo , l ' ottica dell ' uomo di Chiesa è diversa da quella del laico , e quindi da quella del sottoscritto . Il cardinale Biffi deve dare priorità alla sua fede , e perciò alla « buona religione » . A me interessa , invece , la « buona società » . Ma ferma restando questa differenza di fondo e di priorità , l ' intervento del cardinale mi fa riflettere su quanto una « fede intelligente » sia vicina e conciliabile con la « intelligenza della ragione » . Seguo , nel citare , l ' ordine della esposizione del cardinale di Bologna . 1 . « Dobbiamo riconoscere che il fenomeno di una massiccia integrazione ci ha colti un po ' tutti di sorpresa . È stato colto di sorpresa lo Stato [...] che pare non abbia ancora recuperata la capacità di gestire razionalmente la situazione riconducendola entro le regole irrinunciabili [...] di una ordinata convivenza civile . E sono state colte di sorpresa anche le comunità cristiane [...] sprovviste sinora di una visione non astratta , non settoriale [...] Le generiche esaltazioni della solidarietà e del primato della carità evangelica [...] si dimostrano più bene intenzionate che utili quando non si confrontano davvero con la complessità del problema e la ruvidezza della realtà effettuale » . Queste , è proprio il caso di dire , sono parole sante . E davvero responsabili . 2 . « Non è compito della Chiesa come tale di risolvere ogni problema sociale » . Più che vero . Ma fa piacere che sia un cardinale ad asserirlo , e che poi sia un alto prelato a ricordare allo Stato quali siano i suoi doveri . Occorre , scrive , che « ci si preoccupi seriamente di salvare l ' identità propria della nazione . L ' Italia non è una landa deserta senza storia , senza tradizioni vive e vitali , senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale , da popolare indiscriminatamente come se non ci fosse un patrimonio di umanesimo e di civiltà che non deve andare perduto » . Anche le comunità cristiane « non possono non valutare attentamente i singoli e i diversi gruppi » ; ma , alla fin fine , i criteri per ammettere gli immigrati sono di competenza delle autorità civili , fermo restando che quei criteri « non possono essere solamente economici e previdenziali » e che « le condizioni di partenza dei nuovi arrivati non sono egualmente propizie » ai fini di « una possibile e auspicabile [...] integrazione » . Di nuovo , parole sante . E fa dispiacere dover notare che una lezione come quella impartita dal cardinale di Bologna non ci sia mai o quasi mai arrivata dai nostri politici . Tra l ' altro , non ci è mai arrivata dalle nostre cattolicissime Maria Rosa Russo Jervolino quando governava il Viminale , né tanto meno dal ministro Livia Turco che ora risponde al cardinale che « la legge più severa sull ' immigrazione porta il mio nome » . Davvero ? Entrare clandestinamente in un paese è un reato , così come è un reato rifiutare di fornire le proprie generalità . E la severissima legislazione italiana cosa fa ? Fornisce al clandestino anonimo un foglio di via e poi lo rilascia , e così di fatto lo fa entrare e gli consente di sparire . Peccato che il cardinale Biffi non la possa sostituire . Pur essendo anche lui cattolico , farebbe molto meglio di lei . 3 . Il punto dolente dell ' immigrazione è quello dell ' immigrazione islamica . Il presule di Bologna lo dichiara senza perifrasi : « Il caso dei musulmani va trattato con una particolare attenzione . Essi hanno [...] un diritto di famiglia incompatibile con il nostro , una concezione della donna lontanissima dalla nostra ( sino ad ammettere la pratica della poligamia ) . Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralistica della vita pubblica [...] la perfetta immedesimazione tra religione e politica fa parte della loro fede irrinunciabile , anche se a proclamarla e a farla valere aspettano prudentemente di essere diventati preponderanti » . Livia Turco si affretta a controbattere così : « Non dimentichiamo tutto ciò che accomuna e non divide le tre grandi religioni , il cristianesimo , l ' ebraismo e L ' islamismo » . In attesa che il ministro Turco mi ricordi quel che evidentemente io dimentico , mi pregio ricordarle ( qualora sia lei a non saperlo ) che la parola Islàm vuol dire sottomissione , che la parola araba per libertà - horriayai - esprime soltanto una situazione di non schiavitù ( dal che risulta che il nostro concetto di libertà al positivo è estraneo alla concezione islamica del mondo ) , e che alla nostra separazione tra Chiesa e Stato il musulmano contrappone la concezione dell ' Eddin - Dawa , che vuoi dire religione - Stato . Ciò posto , le sarei davvero obbligato se una volta tanto lei precisasse che razza di cittadino italiano osservante delle leggi italiane risulterebbe dalla « cittadinizzazione » del suddetto islamico . Per ora un gruppettino di studenti islamici delle scuole genovesi ha chiesto che il crocefisso venga eliminato dalle aule , ed è stato subito accontentato . In barba alla vanteria della Turco che le leggi degli immigrati devono sottostare a quelle italiane . Io , laico , del crocefisso non faccio certo un caso capitale . Ma a lei , cattolica , l ' episodio non appare un pessimo esordio della integrazione scolastica dell ' islamico ? Max Weber distingueva tra etica della responsabilità ( una moralità che mette in conto le conseguenze delle nostre azioni ) ed etica dei principi ( nella quale la buona intenzione è tutto e il cattivo esito viene ignorato ) . L ' etica della responsabilità è , se si vuole , impura perché è pilotata da un capire , mentre l ' etica dei principi è pura , ma per ciò stesso ottusa ( non sa , non capisce ) e irresponsabile . La chiesa di Giovanni Paolo II ha largamente sposato un ' etica dei principi . Niente profilattici , anche se quel niente incrementa l ' Aids . Niente contraccettivi , anche se quel niente produce un eccesso di centinaia di milioni di bambini destinati a morire di fame . La giustificazione è che provvederà la Provvidenza . In attesa stravince l ' imprevidenza . Ben venga , allora , un cardinale che si ricorda dell ' etica della responsabilità . Ne sia lodato il Signore .