StampaPeriodica ,
Per
la
nostra
cinematografia
il
seguir
la
scuola
americana
(
quale
altra
esiste
?
nemmeno
più
la
russa
)
può
dir
molto
.
Allontanando
la
leggerezza
storica
di
alcuni
film
americani
,
stroncando
il
cinema
cattiva
copia
del
teatro
,
assorbendo
(
e
sarà
facile
)
la
freschezza
,
l
'
audacia
,
la
forza
e
l
'
esuberanza
chiassosa
ma
sana
che
si
trova
nella
maggior
parte
delle
pellicole
d
'
oltre
oceano
,
la
nostra
industria
,
potenziata
dall
'
apposita
Direzione
,
si
eleverà
a
quella
maturità
materiale
e
spirituale
che
aprirà
la
porta
al
più
grande
successo
.
Dal
punto
di
vista
morale
(
Vigilanti
cura
)
,
la
nostra
giovinezza
trova
logicamente
meno
volgare
e
sensuale
una
sfilata
di
cento
belle
ragazze
che
non
la
trita
farsa
a
doppio
senso
di
pura
marca
francese
,
piena
di
sottintesi
,
di
malcelate
nudità
e
di
cerebralismi
sterili
.
E
così
pure
i
grossi
mattoni
a
tendenza
nettamente
filosofico
-
politico
-
cerebrale
e
le
commediole
tanto
care
ai
tedeschi
(
con
quanta
arte
,
grazia
e
umorismo
i
registi
americani
svolgono
questi
leggerissimi
temi
!
)
,
non
hanno
il
potere
magico
di
distrarre
e
divertire
lo
spettatore
,
còmpito
primo
e
spesso
dimenticato
di
ogni
film
che
si
rispetti
.
In
una
Europa
così
divisa
politicamente
,
così
diversa
di
temperamento
,
slancio
,
esigenze
,
non
può
sorgere
l
'
espressione
collettiva
da
contrapporre
vantaggiosamente
a
quella
dei
maghi
di
California
.
Noi
italiani
dobbiamo
sentirci
più
vicini
a
loro
che
non
plaudire
a
quella
tendenza
nettamente
conservatrice
di
cui
è
permeata
la
produzione
filmistica
europea
.
Non
ci
sarà
d
'
ostacolo
la
profonda
differenza
che
esiste
tra
noi
e
gli
americani
:
alla
nostra
intelligenza
il
saper
scegliere
e
il
saper
scartare
.
Il
giorno
che
il
cinema
italiano
saprà
essere
sempre
più
aderente
alla
psicologia
della
rinnovata
gente
d
'
Italia
,
siamo
certi
che
la
nostra
produzione
,
appunto
perché
dotata
di
un
suo
carattere
,
saprà
conquistare
i
mercati
esteri
e
giungere
anche
in
America
ad
interessare
con
la
nostra
saggezza
fascista
,
e
ad
esaltare
con
la
nostra
forza
costruttrice
,
quel
popolo
giovane
,
ricco
,
esuberante
,
mal
guidato
e
giudicato
;
e
risolverà
la
situazione
finanziaria
mercé
l
'
assorbimento
dei
nostri
film
da
parte
di
un
grande
mercato
.
Abbiamo
avvertito
:
non
accodiamoci
al
cinema
europeo
d
'
oggi
.
StampaPeriodica ,
In
un
vasto
impero
qual
è
quello
che
per
sempre
ci
appartiene
,
il
pericolo
di
una
contaminazione
della
nostra
razza
,
è
naturalmente
assai
più
grande
che
non
fosse
nelle
scarse
colonie
da
noi
possedute
fin
oggi
,
anche
perché
sarà
ed
è
augurabile
,
anzi
necessario
che
sia
sempre
maggiore
il
numero
degli
italiani
i
quali
vi
si
stabiliranno
costituendovi
una
vera
e
propria
nuova
Italia
d
'
oltre
-
mare
...
La
censura
sulle
pellicole
destinate
agli
indigeni
,
o
alle
quali
gli
indigeni
possono
essere
ammessi
,
non
sarà
mai
abbastanza
severa
.
Né
basterà
quella
eseguita
preventivamente
in
Italia
sia
pure
che
del
comitato
di
censura
facciano
parte
essenzialissima
persone
per
esperienza
conoscitrici
degli
indigeni
ma
occorrerà
una
seconda
e
più
rigorosa
commissione
centrale
di
censura
ad
Addis
Abeba
,
costituita
da
chi
la
conoscenza
dell
'
indigeno
abbia
rinnovato
e
rinnovi
ogni
giorno
sui
posti
.
E
non
ancora
basterà
,
poiché
per
le
accennate
differenze
tra
popolazioni
,
è
consigliabile
che
i
commissari
o
residenti
delle
varie
località
periferiche
o
quanto
meno
un
funzionario
adatto
e
scrupoloso
in
loro
vece
,
riesaminino
le
pellicole
prima
di
autorizzare
in
ciascuno
dei
cinque
governi
la
proiezione
ai
propri
amministrati
.
Quanto
scriviamo
potrà
sembrare
a
prima
vista
un
'
esagerazione
,
tanto
ai
cineasti
che
non
conoscono
gli
indigeni
da
una
parte
,
quanto
ai
coloniali
e
ai
colonialisti
che
non
conoscono
gli
effetti
dello
schermo
sugli
indigeni
dall
'
altra
.
Ma
non
lo
è
.
Ripetiamo
e
sosteniamo
che
l
'
influsso
esercitato
dalla
proiezione
cinematografica
sugli
indigeni
,
per
tutto
,
e
sopra
tutto
per
ciò
che
riguarda
il
prestigio
della
razza
dominatrice
,
è
enorme
...
StampaPeriodica ,
Gli
studenti
italiani
protestano
.
Ormai
non
passa
giorno
senza
che
la
cronaca
non
registri
l
'
occupazione
d
'
una
facoltà
,
la
sospensione
d
'
un
corso
di
studi
,
le
dimissioni
d
'
un
rettore
o
d
'
un
preside
,
gli
scontri
con
la
polizia
.
Vogliono
la
riforma
dell
'
università
.
Vogliono
che
finisca
la
guerra
in
Vietnam
.
Vogliono
il
potere
studentesco
.
Vogliono
la
rivoluzione
.
Sono
contro
l
'
America
,
contro
la
civiltà
dei
consumi
,
contro
i
partiti
(
comunisti
compresi
)
,
contro
il
governo
,
contro
il
sistema
:
soprattutto
contro
il
sistema
.
La
loro
e
una
"
contestazione
globale
del
sistema
"
.
Da
almeno
un
paio
danni
questi
fermenti
agitavano
le
masse
studentesche
,
ma
negli
ultimi
tre
mesi
sono
esplosi
.
Prima
si
poteva
anche
fingere
che
non
stesse
succedendo
niente
all
'
università
.
Oggi
non
si
può
più
.
E
d
'
altra
parte
il
fenomeno
non
è
isolato
:
quello
che
accade
nelle
università
italiane
non
è
che
la
ripetizione
puntuale
di
quanto
avviene
a
Berkeley
,
a
Berlino
,
a
Parigi
,
a
Bruxelles
,
a
Madrid
,
e
perfino
,
a
Praga
e
a
Mosca
.
Per
non
parlar
di
Pechino
.
In
ogni
paese
con
spunti
diversi
,
con
occasioni
diverse
,
ma
con
un
unico
obbiettivo
,
che
è
appunto
di
"
contestare
il
sistema
"
.
Ciascuno
contesta
il
proprio
,
il
che
fai
sì
che
questi
giovani
siano
,
in
ogni
paese
,
all
'
opposizione
,
senza
compromessi
,
senza
mezze
misure
.
E
soprattutto
senza
indulgenze
,
il
che
li
porta
a
rifiutare
solidarietà
non
richieste
,
e
qualche
volta
offerte
più
per
amore
della
moda
che
per
convinta
adesione
.
Quando
il
movimento
,
in
autunno
,
entrò
nella
sua
fase
acuta
,
le
autorità
(
e
cioè
i
rettori
,
i
professori
,
i
genitori
,
e
poi
il
governo
e
i
partiti
)
tentarono
da
prima
di
blandire
questi
ragazzi
riottosi
.
«
Certo
»
dicevano
i
più
illuminati
«
gli
studenti
hanno
ragione
.
La
scuola
italiana
è
vecchia
di
cent
'
anni
.
I
metodi
son
poco
meno
che
borbonici
,
le
attrezzature
insufficienti
,
la
mancanza
di
spazio
paurosa
,
l
'
assenteismo
di
molti
insegnanti
indecoroso
.
Le
rivendicazioni
ali
questi
ragazzi
sono
sacrosante
.
Bisogna
stare
dalla
loro
parte
,
aiutarli
a
vincere
»
.
Poi
s
'
è
visto
che
il
metodo
"
blando
"
non
serviva
a
niente
,
se
lo
scopo
di
chi
lo
usava
era
quello
di
"
costituzionalizzare
"
il
movimento
,
perché
il
movimento
cresceva
d
'
intensità
e
si
diffondeva
sempre
di
più
,
e
perché
gli
studenti
passavano
rapidamente
dalle
rivendicazioni
settoriali
a
temi
di
protesta
assai
più
generali
.
È
accaduto
allora
che
,
da
una
parte
e
dall
'
altra
,
le
distanze
crescessero
e
le
possibilità
di
comprendersi
diminuissero
fino
a
ridursi
rapidamente
a
zero
.
Fin
quando
,
negli
ultimi
tempi
,
la
protesta
studentesca
è
arrivata
a
mettere
in
discussione
l
'
intera
struttura
economica
,
culturale
e
ideologica
della
società
italiana
,
scontrandosi
addirittura
col
partito
comunista
,
accusato
di
"
gradualismo
"
,
ed
eleggendo
Mao
e
Guevara
ad
unici
capi
spirituali
del
movimento
.
Ormai
sono
assai
pochi
quei
professori
(
anche
tra
i
più
aperti
)
disposti
a
far
proprie
le
tesi
dei
comitati
di
agitazione
studentesca
,
e
sono
pochissimi
gli
studenti
"
rivoluzionari
"
disposti
a
dar
credito
all
'
intellettuale
di
"
sinistra
"
,
anche
se
questi
abbia
alle
sue
spalle
un
passato
che
parla
per
lui
(
il
caso
di
Moravia
e
il
dibattito
da
noi
pubblicato
la
scorsa
settimana
tra
lui
e
un
gruppo
di
studenti
sono
significativi
di
questa
situazione
,
impensabile
fino
a
sei
mesi
fa
)
.
Il
movimento
studentesco
è
isolato
.
S
'
è
radicalizzato
,
si
è
esteso
,
ha
individuato
con
chiarezza
i
suoi
obbiettivi
,
ma
ha
perso
i
collegamenti
con
il
grosso
della
sinistra
.
Gli
è
accaduto
qualcosa
di
simile
a
quanto
avvenne
l
'
anno
scorso
al
movimento
negro
in
America
.
Il
"
Black
power
"
(
di
cui
non
a
caso
i
comitati
d
'
agitazione
studentesca
riecheggiano
gli
slogans
)
è
diventato
forte
ma
si
è
isolato
.
In
un
certo
senso
,
è
diventato
forte
perché
sai
è
isolato
.
Agli
studenti
sta
accadendo
la
medesima
cosa
.
Riuscirà
la
sinistra
italiana
a
riassorbire
e
ad
utilizzare
costruttivamente
il
movimento
studentesco
?
Riuscirà
a
farne
l
'
elemento
propulsivo
d
'
una
politica
,
la
forza
d
'
urto
e
di
trasformazione
d
'
un
sistema
che
appare
sempre
meno
capace
di
autoriformarsi
?
Finora
non
si
vedono
segni
che
diano
adito
a
speranze
in
questa
direzione
.
La
sinistra
tradizionale
,
cioè
i
tradizionali
partiti
che
la
compongono
,
hanno
cercato
(
senza
riuscirvi
affatto
)
di
non
perdere
il
contatto
col
movimento
studentesco
,
largheggiando
in
riconoscimenti
verbali
e
verbosi
,
con
l
'
occhio
ai
possibili
spostamenti
e
alle
possibili
"
frane
"
,
che
potranno
verificarsi
nel
prossimo
maggio
a
causa
del
voto
giovanile
.
La
preoccupazione
elettorale
ha
dominato
su
tutto
.
Così
comunisti
e
socialisti
di
varia
osservanza
hanno
assolto
tutti
gli
errori
,
tutti
gli
eccessi
e
tutte
le
ingenuità
dei
comitati
d
'
agitazione
studenteschi
,
senza
tuttavia
far
propria
nessuna
delle
tesi
politiche
e
ideologiche
cui
l
'
azione
dei
comitati
s
'
ispira
.
Il
governo
di
centro
-
sinistra
ha
,
in
questo
settore
,
registrato
il
più
clamoroso
dei
suoi
non
pochi
fallimenti
.
Era
partito
iscrivendo
la
riforma
della
scuola
,
e
quella
universitaria
in
particolare
,
al
numero
uno
del
suo
programma
.
La
legislatura
si
chiude
senza
che
quelle
leggi
siano
neppure
state
discusse
,
lasciando
la
scuola
e
l
'
università
in
uno
stato
di
caos
pauroso
,
e
con
scarsissime
speranze
per
l
'
avvenire
.
Eppure
tutti
sanno
perfettamente
che
una
società
e
una
classe
dirigente
sono
esattamente
quelle
che
la
scuola
forma
o
,
per
dirla
in
altre
parole
,
che
ogni
classe
dirigente
ha
la
scuola
che
si
merita
.
Ci
sono
tanti
problemi
di
terribile
importanza
da
affrontare
nell
'
immediato
futuro
.
Quello
del
movimento
studentesco
e
d
'
una
riconciliazione
di
sostanza
tra
i
giovani
e
la
sinistra
politica
,
non
e
certo
uno
dei
minori
né
dei
più
semplici
.
StampaPeriodica ,
Non
si
può
giurare
davvero
che
il
mondo
dei
frak
e
delle
capigliature
al
platino
siano
tutto
il
mondo
;
ma
i
sentimenti
che
suscita
il
cinema
non
restano
al
di
qua
e
al
di
là
d
'
una
ribalta
:
essi
prendono
interamente
possesso
del
pubblico
.
Tutti
si
mettono
in
frak
e
tutte
posseggono
chiome
platinate
.
E
dopo
,
è
una
delusione
che
scava
solchi
profondi
non
solo
con
l
'
invidia
verso
una
società
irraggiungibile
,
ma
con
l
'
umiliazione
di
sentirsi
dei
riformati
della
vita
,
la
quale
si
svolge
soltanto
in
un
dato
ambiente
:
triste
o
lieto
che
sia
.
Nessuna
censura
,
per
quanto
intelligente
,
può
entrare
nel
merito
di
questa
visione
della
vita
;
come
non
può
eliminare
certe
emanazioni
sottili
e
velenose
dei
capolavori
passati
in
giudicato
dalla
letteratura
e
ridotti
pel
cinema
com
'
è
largamente
in
uso
.
Per
esempio
,
Anna
Karenina
che
tiene
ancora
il
cartellone
nei
sobborghi
e
nei
paesi
,
ha
un
alcoolico
profumo
"
comunista
"
quale
può
formarsi
da
un
Tolstoi
messo
alla
portata
dei
sensi
elementari
del
pubblico
.
Ma
poteva
la
"
mentalità
"
borghese
lasciarsi
sfuggire
l
'
invidiabile
occasione
di
mettere
in
scena
l
'
eterno
triangolo
mogliemarito
-
amante
?
Noi
costruiamo
sotto
il
libero
sole
una
civiltà
nuova
;
ma
poi
tolleriamo
che
nel
buio
delle
sale
si
mostri
la
vita
di
società
che
dovrebbero
restare
straniere
al
nostro
spirito
;
o
,
per
rimanere
nel
campo
dell
'
educazione
popolare
,
di
ambienti
che
presuppongono
non
solo
le
classi
sociali
,
ma
le
caste
.
Ci
sentiamo
però
contrari
ad
una
produzione
che
riveli
espressamente
un
suo
scopo
educativo
,
perché
allora
si
otterrebbe
l
'
effetto
contrario
e
perché
il
cinema
dev
'
essere
tutt
'
intero
a
differenza
forse
della
letteratura
e
del
teatro
accessibile
alla
generalità
.
Un
"
classismo
"
cinematografico
sarebbe
veramente
deplorevole
.
Preferiamo
restare
ottimisti
sull
'
evoluzione
antitradizionalista
e
antiborghese
del
cinema
...
StampaPeriodica ,
Milano
.
La
mattina
successiva
al
grande
corteo
studentesco
-
popolare
che
ha
fatto
sfilare
cinquantamila
persone
per
il
centro
di
Milano
protestando
contro
la
repressione
,
ho
incontrato
lo
stato
maggiore
del
movimento
studentesco
,
Mario
Capanna
,
Luca
Cafiero
e
una
decina
d
'
altri
che
,
con
compiti
di
varia
natura
accuratamente
ripartiti
,
hanno
organizzato
e
diretto
la
manifestazione
del
31
gennaio
.
S
'
erano
riuniti
a
colazione
in
un
'
osteria
fuori
città
,
lungo
il
Naviglio
pavese
,
circondata
da
una
campagna
nebbiosa
solcata
da
canali
e
da
lunghi
filari
di
pioppi
Quando
sono
arrivato
all
'
osteria
dell
'
appuntamento
stavano
già
mangiando
mentre
uno
di
loro
leggeva
ad
alta
voce
l
'
articolo
domenicale
del
"
Corriere
della
Sera
"
.
«
Tocca
ai
partiti
democratici
»
,
leggeva
il
giovane
senza
mascherare
il
proprio
disaccordo
«
scongiurare
prima
che
sia
troppo
tardi
la
frattura
del
paese
su
un
tema
pretestuoso
e
inesistente
come
la
repressione
.
Esso
rischia
di
favorire
la
collusione
tra
anarchismo
filomaoista
e
forze
del
movimento
operaio
organizzato
,
proprio
la
collusione
che
occorre
a
tutti
i
costi
impedire
»
.
E
tutti
gli
altri
,
tra
un
boccone
e
l
'
altro
,
commentavano
con
ironiche
espressioni
di
dissenso
.
Avevano
ancora
davanti
agli
occhi
quell
'
immenso
corteo
di
tre
chilometri
della
sera
prima
,
con
la
testa
già
in
piazza
del
Duomo
e
la
coda
ancora
davanti
all
'
università
,
un
fiume
disciplinato
ma
imponente
e
rabbioso
,
gremito
di
striscioni
e
bandiere
rosse
,
formato
da
studenti
,
da
militanti
comunisti
e
socialisti
,
da
operai
e
da
solidi
borghesi
col
cappotto
buono
e
il
conto
in
banca
ma
con
la
memoria
ancora
fresca
-
nonostante
i
molti
anni
trascorsi
-
della
loro
resistenza
sulle
colline
dell
'
oltrepò
o
in
val
d
'
Ossola
.
Perciò
ridevano
allegri
,
Capanna
,
Cafiero
,
Toscano
e
gli
altri
loro
giovani
compagni
.
perché
erano
sicuri
che
quella
collusione
era
già
avvenuta
e
sarebbe
durata
e
,
se
non
avessero
,
commesso
errori
,
si
sarebbe
trasformala
in
una
solida
alleanza
politica
,
dalla
quale
finalmente
,
con
pazienza
e
fatica
e
tempo
ma
con
certezza
,
sarebbe
nata
la
rivoluzione
.
Questi
erano
i
loro
discorsi
di
allegri
ragazzi
affamati
e
finalmente
rilassati
dopo
tante
ore
di
tensione
quando
,
sedutomi
con
loro
,
dissi
:
«
Dovreste
fare
un
monumento
al
questore
per
le
botte
che
v
'
ha
fatto
dare
,
il
21
gennaio
e
le
settimane
precedenti
.
Senza
quelle
botte
e
senza
i
fascisti
radunati
a
Milano
,
ieri
sera
non
avreste
avuto
intorno
cinquantamila
persone
»
.
Allora
ridiventarono
seri
e
gravi
,
così
come
li
avevo
visti
il
giorno
prisma
nelle
ore
di
preparazione
del
corteo
e
poi
in
strada
in
mezzo
ai
loro
compagni
e
poi
ancora
,
sciolte
le
file
,
nell
'
aula
magna
della
statale
tra
migliaia
di
studenti
a
fare
il
bilancio
politico
di
quanto
era
accaduto
.
Seri
e
gravi
perché
sapevano
che
la
parte
più
difficile
del
lavoro
che
volevano
fare
cominciava
proprio
in
quel
momento
.
Prima
era
stata
fantasia
e
rabbia
,
allegria
e
socialismo
,
spavalderia
e
pensiero
di
Mito
;
ma
ora
,
acquisito
il
primo
grosso
successo
,
subentrava
la
politica
,
i
problemi
della
definizione
ideologica
,
la
necessità
e
la
scelta
delle
alleanze
.
Che
cosa
era
veramente
accaduto
il
giorno
prima
?
Una
festa
di
popolo
,
coane
avevo
sentito
dire
ad
un
pittore
che
marciava
accanto
a
me
entusiasta
e
felice
?
I
lna
"
kermesse
"
democratica
?
Un
soprassalto
antifascista
?
O
un
fatto
politico
?
E
quale
?
«
Noi
abbiano
)
un
grande
vantaggio
sui
compagni
delle
altre
università
.
,
dice
Mario
Capanna
perché
operiamo
a
Milano
.
Milano
è
oggi
la
capitale
dell
'
Italia
moderna
,
è
una
città
composita
,
un
calderone
dove
c
'
è
tutto
e
tutto
bolle
ad
alta
temperatura
.
C
'
è
il
capitalismo
nelle
sue
espressioni
più
avanzate
e
c
'
è
la
classe
operaia
con
le
stie
istituzioni
più
organizzate
,
c
'
è
la
borghesia
reazionaria
e
quella
progressista
,
la
programmazione
dei
tecnocrati
e
il
tumulto
degli
immigrati
meridionali
.
In
pochi
chilometri
quadrati
sono
raccolte
tutte
le
tensioni
e
i
conflitti
del
paese
.
Queste
tensioni
non
sono
più
contenibili
nel
quadro
del
sistema
.
Ciò
che
è
accaduto
ieri
sera
è
questo
:
tutte
le
tensioni
e
i
conflitti
si
sono
incontrati
e
catalizzati
in
un
'
azione
di
massa
.
Di
qui
bisogna
cominciare
per
capire
quanto
è
accaduto
e
quanto
bisogna
fare
d
'
ora
in
poi
»
.
Di
qui
dunque
bisogna
cominciar
.
Ma
e
dopo
?
Il
marxismo
-
leninismo
degli
studenti
della
statale
può
fornire
la
piattaforma
di
sintesi
per
le
tensioni
che
,
per
dirla
come
lui
,
non
sono
più
componibili
dentro
il
quadro
del
"
sistema
"
?
C
'
è
un
episodio
che
vale
la
pena
di
raccontare
perché
serve
,
almeno
in
parte
,
a
rispondere
a
queste
domande
.
La
sera
del
il
gennaio
,
quando
il
corteo
si
mise
in
moto
da
piazza
Santo
Stefano
,
il
primo
grande
striscione
rosso
che
apriva
la
sfilata
diceva
:
"
Viva
il
marxismo
-
leninismo
viva
il
pensiero
di
Mao
Tse
-
tung
"
.
All
'
altezza
di
piazza
del
Duomo
però
lo
striscione
di
testa
era
cambiato
;
diceva
:
"
II
movimento
studentesco
contro
la
repressione
per
l
'
unità
e
per
il
socialismo
"
.
Uno
slogan
che
unisce
Gli
organizzatori
s
'
erano
resi
conto
che
il
secondo
slogan
unificava
i
cinquanta
mila
dimostranti
,
consentiva
di
coinvolgere
anche
i
nuovi
,
ed
insoliti
,
compagni
di
strada
,
anzi
di
piazza
,
tutti
d
'
estrazione
professional
-
impiegatizia
,
mentre
il
primo
li
avrebbe
divisi
.
E
avevano
rinunciato
ari
rama
caratterizzazione
ideologica
che
pure
gli
stava
molto
a
cuore
(
come
spiegarono
poi
nel
corso
dell
'
assemblea
conclusiva
all
'
università
)
per
render
possibile
una
manifestazione
di
massa
che
aveva
predominanti
caratteristiche
democratiche
.
«
Va
bene
»
,
dice
Cafiero
,
«
è
giusto
,
un
movimento
di
massa
non
può
identificarsi
con
una
soltanto
delle
sue
componenti
.
Rimane
però
il
fatto
che
l
'
iniziativa
politica
,
la
guida
e
il
punto
di
raccolta
è
stata
fornita
dal
movimento
studentesco
e
che
intorno
ad
esso
s
'
è
riunita
la
coscienza
democratica
della
città
.
I
militanti
comunisti
erano
molti
,
probabilmente
diecimila
.
S
'
erano
schierati
a
metà
corteo
i
ne
costituivano
una
buona
parte
.
Ma
non
è
stato
il
partito
comunista
a
prendere
l
'
iniziativa
e
se
l
'
avesse
fatto
dubito
che
avrebbe
raccolto
una
massa
così
grande
di
persone
.
Di
operai
ce
n
'
erano
moltissimi
,
quasi
la
pietà
dei
dimostranti
erano
operai
.
anche
se
non
erano
stati
chiamati
a
raccolta
dai
sindacati
.
I
socialisti
c
'
erano
,
ma
non
per
una
chiamata
del
loro
partito
.
Come
si
spiega
tutto
questo
?
Eppure
il
movimento
studentesco
a
Milano
non
è
un
generico
punto
di
raccolta
,
si
sa
bene
a
quale
ideologia
s
'
ispira
,
quali
obiettivi
politici
indica
.
È
un
movimento
rivoluzionario
.
Dunque
il
fatto
politico
è
che
attorno
ad
un
movimento
rivoluzionario
hanno
fatto
massa
forze
organizzate
o
semplici
,
cittadini
che
rivoluzionari
non
sono
o
che
avevano
cessato
di
esserlo
»
.
«
Forse
stanno
scoprendo
di
esserlo
ancora
o
di
esserlo
di
nuovo
»
dice
Capanna
.
Difficile
stabilirlo
.
Bisogna
riflettere
,
capire
,
domandarsi
.
E
non
perché
,
un
corteo
contro
la
repressione
sia
riuscito
bene
,
ma
perché
numerosi
segni
avvertono
che
da
molti
mesi
ormai
l
'
atmosfera
,
a
sinistra
sta
cambiando
,
i
sindacati
Io
hanno
capito
e
sono
stati
i
primi
a
rinnovarsi
.
I
partiti
l
'
hanno
capito
stolto
meno
e
la
loro
presa
e
infatti
.
in
netto
declino
.
Non
ce
n
'
e
alcuno
tra
di
essi
che
riuscirebbe
oggi
a
portare
in
piazza
cinquantamila
persone
e
farle
marciare
per
due
ore
,
in
pacifico
corteo
.
E
soprattutto
:
non
ce
n
'
è
alcuno
che
susciti
entusiasmi
,
antichi
ricordi
e
fresche
speranze
.
Che
stiamo
al
governo
o
che
stiano
all
'
opposizione
,
danno
la
sensazione
di
amministrare
il
potere
non
per
conto
del
paese
ma
per
conto
delle
loro
burocrazie
.
Forse
sarà
un
giudizio
ingeneroso
,
ma
questo
pensa
la
gente
,
a
sinistra
soprattutto
.
E
cerca
altri
strumenti
per
far
politica
.
altri
punti
di
raccolta
,
un
modo
nuovo
per
partecipare
e
pesare
sulla
vita
collettiva
.
Questa
e
già
,
sia
pure
assai
confusamente
,
una
prima
maniera
di
scoprirsi
rivoluzionari
.
È
indubbio
che
l
'
insofferenza
per
le
burocrazie
,
per
la
vita
sociale
intesa
cono
un
soffocante
e
paralizzante
dominio
delle
burocrazie
,
siano
stati
gli
elementi
essenziali
che
hanno
mobilitato
in
questi
mesi
le
masse
degli
operai
,
degli
studenti
c
della
borghesia
progressista
.
La
protesta
contro
la
repressione
è
un
aspetto
di
questo
sentimento
generale
.
Non
si
possono
denunciare
,
migliaia
di
operati
per
violazione
di
domicilio
sol
perché
hanno
tenuto
la
loro
assemblea
in
fabbrica
,
senza
che
il
sentimento
generale
non
si
ribelli
.
C
'
erano
parecchie
migliaia
di
professionisti
,
d
'
impiegati
,
di
dirigenti
d
'
azienda
la
sera
del
il
gennaio
,
li
si
distingueva
a
primo
colpo
,
niente
barbe
colletto
e
cravatta
,
tutt
'
al
più
un
cappotto
sportivo
per
non
stonare
troppo
col
loro
paletot
di
cammello
in
mezzo
a
un
fiume
di
giubbotti
e
di
maglioni
.
E
faceva
una
certa
impressione
vederli
anche
loro
scandire
slogan
dissacranti
,
come
"
Giudici
,
questori
,
servi
dei
padroni
"
oppure
"
Lo
stato
borghese
si
abbatte
non
si
cambia
"
.
Erano
lì
perché
improvvisamente
folgorati
dal
pensiero
di
Mao
?
Non
credo
.
Erano
lì
perché
stavano
scoprendo
che
anche
la
loro
vita
,
quella
,
professionale
e
quella
privata
e
dominata
e
soffocata
dalla
"
cosa
"
,
come
l
'
ha
chiamata
Sartre
,
cioè
dalla
burocrazia
quella
dello
stato
,
quella
del
partito
,
quella
dell
'
associazione
professionale
,
quella
dell
'
azienda
.
Si
ribellano
contro
la
"
cosa
"
;
la
"
cosa
"
creata
e
mantenuta
dal
sistema
capitalista
come
farebbero
,
se
vivessero
altrove
,
contro
la
"
cosa
"
creata
e
mantenuta
dal
regime
comunista
.
Nel
linguaggio
tecnico
degli
iniziati
questo
atteggiamento
si
chiara
"
spontaneismo
"
e
i
miei
giovani
interlocutori
dell
'
osteria
del
Naviglio
ne
diffidano
.
Perché
con
lo
spontaneismo
non
si
va
molto
avanti
,
ci
vuole
un
approfondimento
ideologico
,
un
lavoro
organizzativo
,
uno
sbocco
politico
.
Ed
è
quanto
essi
si
propongono
infatti
di
fare
,
anzi
che
hanno
gin
cominciato
a
fare
.
«
Col
marxismo
-
leninismo
?
»
.
«
Sì
,
col
marxismo
-
leninismo
,
ma
applicato
alle
condizioni
italiane
,
cioè
di
un
paese
di
capitalismo
maturo
»
.
Chi
sono
i
suoi
alleati
«
Non
s
'
è
mai
visto
»
,
dico
,
«
il
marxismo
-
leninismo
applicato
ad
un
paese
di
capitalismo
maturo
.
Che
vuol
dire
?
Basta
quell
'
aggiunta
per
cambiare
l
'
intera
prospettiva
.
Non
vi
viene
in
mente
che
,
in
un
paese
di
capitalismo
maturo
,
il
marxismo
-
leninismo
potrebbe
significare
revisionismo
e
riformismo
,
cioè
tutte
quelle
linee
politiche
che
voi
detestate
e
condannate
?
»
»
.
No
,
non
gli
viene
in
mente
.
Sono
sempre
più
convinti
che
lo
stato
borghese
si
abbatte
ma
non
si
cambia
.
«
Chi
lo
abbatterà
?
»
.
«
La
classe
operaia
»
.
«
Da
sola
?
In
un
paese
di
"
capitalismo
avanzato
"
la
classe
operaia
è
minoranza
,
il
sistema
provvede
a
disarticolarla
ogni
giorno
,
la
diversifica
in
interessi
contrastanti
,
la
specializza
con
mestieri
»
.
«
Non
da
sola
.
Coi
suoi
alleati
»
.
«
Chi
sono
i
suoi
alleati
?
»
.
«
I
ceti
medi
proletarizzati
»
.
Cioè
,
loro
stessi
,
perché
questa
è
la
loro
condizione
sociale
.
Così
almeno
essi
la
sentono
e
l
'
hanno
anche
scritto
in
un
libretto
rosso
che
tipograficamente
ricorda
le
massime
di
Mao
e
che
è
già
stato
venduto
a
decine
di
migliaia
di
copie
.
È
intitolato
:
"
La
situazione
attuale
e
i
compiti
politici
del
movimento
studentesco
"
.
Ad
un
certo
punto
c
'
è
scritto
:
«
L
'
aspetto
principale
delle
attuali
contraddizioni
sociali
è
costituito
dalla
richiesta
-
sempre
più
di
massa
-
di
istruzione
,
di
qualificazione
e
,
conseguentemente
di
impiego
e
dall
'
impossibilità
di
ottenerli
.
Il
movimento
studentesco
non
è
il
movimento
operaio
;
esso
è
l
'
espressione
di
massa
della
presa
di
coscienza
politica
rivoluzionaria
dei
ceti
medi
»
.
In
realtà
,
forse
senza
rendersene
conto
,
questi
neorivoluzionari
fanno
appello
alla
borghesia
per
abbattere
lo
stato
borghese
.
Sembra
un
paradosso
,
ma
finisce
di
esserlo
se
lo
stato
borghese
,
diventa
soltanto
uno
stato
burocratico
.
In
fondo
borghesia
e
classe
operaia
,
tutte
le
volte
che
si
sono
trovate
di
fronte
la
"
cosa
"
,
hanno
sempre
marciato
insieme
.
StampaPeriodica ,
Se
noi
fidiamo
,
oggi
,
che
l
'
Italia
sia
alla
vigilia
di
un
rinascimento
,
anche
artistico
,
è
perché
tra
popolo
e
creatori
l
'
abisso
romantico
si
viene
colmando
.
C
'
è
in
Italia
un
capo
di
governo
e
duce
di
giovani
moltitudini
che
va
incontro
agli
artisti
del
tempo
suo
,
li
intende
,
li
riconosce
,
li
esalta
pubblicamente
,
chiede
loro
di
adeguarsi
al
ritmo
di
rinascita
che
egli
ha
impresso
a
tutta
la
vita
nazionale
.
Chiede
loro
gli
archi
per
i
nuovi
trionfi
,
le
cupole
per
le
nuove
preghiere
,
la
terza
Roma
per
l
'
impero
di
domani
.
C
'
è
in
Italia
un
manipolo
di
buoni
artisti
-
vecchi
,
giovani
,
giovanissimi
-
che
si
stringono
in
corporazione
,
che
si
adunano
sotto
il
segno
littorio
,
che
assembrano
il
meglio
delle
loro
fatiche
-
con
una
gran
volontà
di
purificarsi
definitiva
-
mente
d
'
ogni
accento
straniero
alla
loro
razza
,
o
straniero
all
'
arte
-
in
una
esposizione
polemica
e
dimostrativa
alla
quale
impongono
orgogliosamente
il
nome
della
loro
speranza
:
il
Novecento
Italiano
.
Anche
gli
artisti
,
anche
gl
'
intellettuali
italiani
,
dunque
-
come
i
politici
,
come
i
tecnici
-
guardano
finalmente
con
maschio
amore
al
loro
secolo
,
risoluti
a
conquistarlo
.
Si
sono
messi
al
passo
con
noi
.
Li
riconosciamo
,
ci
riconoscono
.
Ora
restano
indietro
,
soli
,
gl
'
inguaribili
nemici
della
realtà
,
gl
'
intellettuali
onanisti
,
i
letterati
nostalgici
,
coloro
che
sospirano
i
tempi
andati
o
sognano
impossibili
arcadie
di
là
da
venire
;
i
bastardi
romantici
,
i
poetucoli
dell
'
esotismo
nello
spazio
o
nel
tempo
.
Il
Novecento
Italiano
!
Un
secolo
è
,
a
noi
mortali
,
patria
nel
tempo
.
E
noi
ormai
sappiamo
che
questa
patria
,
come
l
'
altra
,
-
secondo
il
motto
inscritto
sui
gagliardetti
delle
corporazioni
-
non
si
nega
ma
si
conquista
.
StampaPeriodica ,
Vorrei
occuparmi
questa
settimana
del
ruolo
avuto
dall
'
onorevole
Emilio
Colombo
nella
storia
della
finanza
italiana
.
Credo
sia
giusto
parlare
già
di
storia
e
non
di
semplice
cronaca
a
proposito
dell
'
onorevole
Colombo
:
un
personaggio
che
emana
autorevolezza
ad
ogni
movimento
che
fa
e
ad
ogni
pensiero
che
esprime
.
Colombo
è
oggi
più
che
mai
d
'
attualità
.
Infatti
le
finanze
italiane
stanno
inesorabilmente
affondando
;
a
causa
di
molti
errori
e
di
vere
c
proprie
colpe
commesse
dai
governi
e
dai
partiti
che
si
sono
susseguiti
per
anni
ed
anni
alla
direzione
della
cosa
pubblica
.
Tra
le
varie
e
molteplici
responsabilità
sarebbe
ingiusto
addossare
a
lui
un
peso
esclusivo
,
ma
sarebbe
altrettanto
ingiusto
dar
credito
al
cliché
del
ministro
del
Tesoro
lungoveggente
,
solo
consapevole
del
pericolo
e
solo
pronto
ad
opporvisi
.
Ahimè
,
le
cose
non
stanno
così
.
Forse
Colombo
non
merita
il
titolo
di
"
affondatore
"
che
si
sarebbe
tentati
di
attribuirgli
;
ma
certo
la
sua
gestione
finanziaria
non
si
può
definir
brillante
.
L
'
onorevolc
Emilio
Colombo
appare
molto
per
tempo
all
'
orizzonte
politico
italiano
,
debutta
giovanissimo
come
sottosegretario
all
'
Agricoltura
,
si
fa
luce
quale
diletto
allievo
di
Antonio
Segni
e
,
dopo
il
piccolo
"
golpe
"
della
Donius
Mariae
che
detronizza
Fanfani
nel
1959
,
fa
già
parte
dei
cinque
o
sei
cavalli
di
razza
del
gruppo
doroteo
.
Da
allora
inizia
un
'
ascesa
ininterrotta
nell
'
olimpo
ministeriale
che
lo
porterà
anche
,
tra
il
'70
e
il
'72
,
alla
presidenza
del
Consiglio
.
In
quest
'
ultima
carica
(
a
detta
di
lutti
ed
anche
mia
che
allora
ero
deputato
)
fece
malissimo
.
Ma
in
queste
valutazioni
non
voglio
entrare
.
Qui
interessa
discutere
il
suo
ruolo
principale
,
quello
cioè
di
ministro
del
Tesoro
del
centro
-
sinistra
,
carica
che
con
brevi
intervalli
ha
ricoperto
dal
giugno
1963
ad
oggi
.
Il
suo
arrivo
al
Tesoro
coincise
con
l
'
inizio
d
'
una
grave
crisi
inflazionistica
che
fu
poi
domata
dalla
brusca
frenata
monetaria
della
Banca
d
'
Italia
tra
l
'
ottobre
del
'63
e
il
marzo
del
'64
.
Colombo
(
va
detto
)
non
aveva
alcuna
colpa
di
quella
crisi
.
Va
egualmente
detto
che
ebbe
poco
merito
per
quanto
accadde
dopo
:
se
merito
ci
fu
(
e
ancora
se
ne
discute
tra
gli
economisti
)
esso
spetta
interamente
a
Carli
e
a
Baffi
che
idearono
e
attuarono
la
strategia
di
risanamento
della
bilancia
dei
pagamenti
.
Di
Colombo
in
quell
'
occasione
va
semmai
ricordata
una
grave
scorrettezza
politica
nei
confronti
del
suo
collega
al
Bilancio
e
dei
socialisti
,
quando
,
auspice
l
'
allora
suo
capo
di
gabinetto
Ferdinando
Ventriglia
,
fu
resa
nota
ai
giornali
una
sua
lettera
riservata
che
strumentalizzava
alcuni
pareri
della
commissione
economica
di
Bruxelles
nei
quadro
d
'
una
strategia
di
terrorismo
economico
che
ben
si
adattava
all
'
atmosfera
pesante
di
quella
losca
primavera
.
Lasciamo
andare
,
acqua
passata
.
Dominata
alla
bell
'
e
meglio
la
febbre
del
'63
con
la
gelata
del
'64
,
si
apre
per
l
'
economia
italiana
una
lunga
fase
di
stasi
e
di
declino
.
Con
limitate
oscillazioni
,
quella
fase
è
durata
fino
al
1972
e
Colombo
l
'
ha
gestita
.
Otto
anni
,
sei
dei
quali
passati
al
Tesoro
e
uno
e
mezzo
alla
presidenza
del
Consiglio
.
Quando
arrivò
alla
Tesoreria
trovò
una
spesa
complessiva
di
6
mila
miliardi
e
un
disavanzo
globale
nel
bilancio
di
competenza
di
circa
700
miliardi
;
dieci
anni
dopo
(
sempre
lui
ministro
del
Tesoro
)
la
spesa
era
salita
a
quasi
24
mila
miliardi
(
quadruplicata
)
e
il
disavanzo
di
competenza
a
5300
(
otto
volte
in
più
)
.
I
dati
del
bilancio
di
cassa
sono
anche
peggiori
:
nel
'63
il
ministro
del
Tesoro
trovò
un
disavanzo
di
375
miliardi
;
dieci
anni
dopo
il
disavanzo
era
salito
a
7.400
miliardi
,
con
un
coefficiente
di
moltiplicazione
di
venti
volte
.
S
'
e
poi
venuto
a
sapere
che
la
cifra
esatta
non
è
7.400
ma
9.200
o
giù
di
lì
.
Il
coefficiente
di
moltiplicazione
sale
dunque
a
poco
meno
che
trenta
volte
.
Le
cifre
del
bilancio
statale
,
naturalmente
,
non
rappresentano
la
verità
tutta
intera
,
nel
senso
che
essa
è
ben
peggiore
se
si
prendono
in
considerazione
i
disavanzi
degli
enti
locali
,
quelli
degli
enti
di
previdenza
,
le
operazioni
di
debito
della
Cassa
Depositi
e
Prestiti
e
quant
'
altro
afferisce
all
'
attività
della
pubblica
amministrazione
.
Anche
facendo
il
dovuto
posto
alla
svalutazione
della
moneta
e
rettificando
le
cifre
in
unita
di
misura
costanti
,
s
'
arriva
sempre
a
coefficienti
d
'
aumento
da
capogiro
.
E
poiché
nel
Frattempo
le
Ferrovie
,
le
Poste
,
gli
ospedali
,
l
'
assistenza
delle
mutue
,
l
'
industrializzazione
del
Mezzogiorno
,
l
'
amministrazione
della
giustizia
,
l
'
insegnamento
nelle
scuole
hanno
continuato
a
peggiorare
in
quantità
e
qualità
,
ci
si
domanda
dove
siano
finite
quelle
migliaia
e
migliaia
di
miliardi
che
il
ministro
del
Tesoro
ha
consentito
fossero
spesi
.
La
domanda
è
pertinente
e
la
risposta
è
questa
:
quelle
somme
immense
sono
servite
a
mettere
in
piedi
la
più
gigantesca
struttura
clientelare
che
la
storia
europea
abbia
mai
registrato
dalla
rivoluzione
dell'89
in
poi
.
Le
cifre
della
spesa
corrente
e
del
disavanzo
di
gestione
dello
Stato
hanno
scandito
per
dieci
anni
l
'
avanzata
d
'
una
borghesia
di
Stato
famelica
e
corrotta
,
il
dissanguamento
dell
'
area
economicamente
sana
del
paese
.
il
declino
degli
investimenti
produttivi
.
II
Tesoro
si
sostiene
ormai
soltanto
perché
obbliga
le
banche
a
sottoscrivere
i
suoi
titoli
che
i
privati
non
accettano
più
.
E
su
questa
montagna
di
debiti
prospera
un
'
immensa
camorra
nazionale
annidata
negli
enti
,
nelle
mutue
,
nei
Comuni
,
negli
ospedali
,
nelle
opere
pie
,
nelle
industrie
decotte
,
nel
parastato
.
Di
quell
'
esercito
mantenuto
dall
'
Italia
che
lavora
e
produce
,
il
ministro
del
Tesoro
a
vita
Emilio
Colombo
è
stato
l
'
intendente
.
Della
finanza
italiana
,
spiace
doverlo
dire
,
è
stato
il
becchino
.
StampaPeriodica ,
Nel
campo
della
cinematografia
,
come
in
tutti
gli
altri
campi
,
l
'
Italia
Fascista
sta
facendo
scuola
a
molti
Paesi
europei
.
Tutti
sanno
le
obiezioni
che
gli
artisti
,
"
puri
,
"
gli
esteti
assoluti
del
cinema
,
levano
contro
un
intervento
statale
nella
cinematografia
:
gli
stessi
che
oggi
turibolano
i
risultati
raggiunti
in
Italia
dal
Ministero
per
la
Stampa
e
la
Propaganda
,
dichiaravano
due
anni
or
sono
,
prima
che
nascesse
la
Direzione
Generale
,
che
lo
Stato
non
poteva
né
doveva
intervenire
nella
cinematografia
,
perché
si
trattava
di
un
'
arte
che
non
ammetteva
di
essere
"
irreggimentata
"
e
controllata
.
Quasi
l
'
arte
,
per
divino
diritto
,
dovesse
sfuggire
alla
norma
delle
attività
di
una
Nazione
.
E
dimenticando
che
la
cinematografia
,
oltre
che
un
'
arte
,
è
anche
un
'
industria
a
largo
impiego
di
capitale
e
la
cui
attività
interessa
direttamente
molti
importanti
settori
della
vita
economica
della
Nazione
.
Nei
paesi
demo
-
liberali
queste
obiezioni
erano
ancor
più
ampie
e
più
recise
:
confortate
,
naturalmente
,
dalle
teorie
che
chiedono
l
'
assenteismo
dello
Stato
dalla
vita
nazionale
,
confinando
lo
Stato
in
una
funzione
di
revisore
di
conti
.
Ma
la
pratica
attuazione
del
controllo
statale
sulla
cinematografia
in
Italia
non
ha
mancato
di
attirare
l
'
attenzione
degli
altri
Paesi
su
quanto
si
era
già
realizzato
da
noi
.
E
quello
che
non
si
sarebbe
mai
fatto
di
spontanea
volontà
si
va
facendo
oggi
all
'
estero
con
criterio
imitativo
dell
'
opera
italiana
...
StampaPeriodica ,
Il
14
agosto
,
concluso
il
dibattito
parlamentare
che
ha
ridotto
i
provvedimenti
fiscali
del
governo
ad
un
mantello
d
'
Arlecchino
,
il
ministro
del
Tesoro
si
è
incontrato
col
governatore
della
Banca
d
'
Italia
ed
ha
rilasciato
un
'
intervista
al
"
Corriere
della
Sera
"
.
Compiuti
questi
due
atti
rilevanti
è
partito
,
a
quanto
ci
ha
informati
lo
stesso
"
Corriere
"
per
Madonna
di
Campiglio
per
un
breve
periodo
di
riposo
del
quale
(
ne
siamo
tutti
convinti
)
ha
urgente
bisogno
.
Auguri
.
A
settembre
verrà
il
peggio
,
su
questo
punto
sono
tutti
concordi
:
lo
dice
Carli
in
un
'
intervista
a
"
Panorama
"
nella
quale
lamenta
che
il
Tesoro
continui
a
inondare
l
'
economia
con
un
fiume
di
spese
obbligando
la
Banca
d
'
Italia
"
ad
una
rincorsa
affannosa
"
per
distruggere
almeno
una
parte
della
liquidità
così
allegramente
e
inutilmente
creata
;
lo
dice
il
ministro
del
Bilancio
Giolitti
che
prevede
mesi
terribili
;
e
lo
dice
anche
Colombo
,
sia
pure
con
quel
linguaggio
,
ch
'
è
proprio
dell
'
uomo
autorevole
,
fatto
d
'
incisi
dentro
agli
incisi
,
di
doppie
virgole
a
incastro
e
di
parole
difficili
che
finiscono
invariabilmente
in
"
one
"
e
in
"
ento
"
.
Ad
un
certo
punto
dell
'
intervista
il
giornalista
del
"
Corriere
"
chiede
al
ministro
del
Tesoro
,
alludendo
all
'
articolo
da
me
pubblicato
sull
'
"
Espresso
"
della
settimana
scorsa
:
«
Un
settimanale
le
ha
mosso
l
'
accusa
di
non
essersi
mai
opposto
con
sufficiente
fermezza
alle
richieste
della
struttura
clientelare
dello
Stato
e
d
'
essere
stato
il
becchino
della
finanza
italiana
.
Lei
ritiene
d
'
essere
l
'
uomo
giusto
al
posto
giusto
?
»
.
E
Colombo
con
bella
sicurezza
:
«
«
A
me
tocca
il
dovere
di
dire
se
sono
convinto
d
'
aver
svolto
le
pubbliche
funzioni
che
mi
sono
state
affidate
in
buona
fede
,
onestamente
e
con
il
massimo
impegno
.
La
mia
risposta
e
da
questo
punto
di
vista
fermamente
positiva
.
Altro
discorso
è
quello
delle
condizioni
in
cui
si
svolge
oggi
nel
nostro
paese
l
'
attività
del
ministro
del
Tesoro
.
In
proposito
mi
sentirei
di
aggiungere
ben
poco
al
giudizio
dell
'
onorevole
La
Malfa
.
Quanto
ai
giudizi
storici
che
l
'
autore
dell
'
articolo
sul
settimanale
cui
lei
fa
riferimento
pretende
di
formulare
,
lascerei
stare
.
Se
mai
un
giorno
la
storia
della
finanza
italiana
dovesse
occuparsi
della
mia
attività
in
questi
anni
,
credo
che
mi
toccherebbero
meno
righe
,
ma
più
serie
»
.
Perché
,
onorevole
Colombo
,
lascerebbe
stare
?
Lei
dirige
la
finanza
di
questo
paese
da
undici
anni
.
La
prese
che
era
non
dirò
florida
ma
passabile
.
Ce
la
restituisce
oggi
(
anzi
non
ce
la
restituisce
affatto
perché
continua
a
tenersela
)
ridotta
un
colabrodo
.
E
come
tutta
giustificazione
ci
viene
a
raccontare
che
lei
ha
lavorato
onestamente
e
col
massimo
impegno
.
Vuole
un
certificato
di
buona
condotta
?
E
chi
glielo
negherà
?
Ma
basta
un
certificato
di
buona
condotta
per
fare
d
'
un
deputato
di
Matera
un
ministro
del
Tesoro
?
Via
,
onorevole
Colombo
,
siamo
seri
:
si
sta
discutendo
nientemeno
che
della
bancarotta
finanziaria
dello
Stato
italiano
.
«
Lo
Stato
»
,
ha
detto
Carli
nell
'
intervista
a
"
Panorama
"
,
«
non
riesce
più
a
collocare
i
suoi
titoli
tra
il
pubblico
»
.
E
insiste
:
«
È
necessario
che
il
Tesoro
metta
ordine
nei
suoi
conti
di
cassa
.
Se
ciò
non
avverrà
è
molto
difficile
che
la
politica
monetaria
possa
orientarsi
in
una
direzione
favorevole
allo
sviluppo
»
.
Chi
fa
queste
critiche
non
è
il
collaboratore
d
'
un
settimanale
ma
il
governatore
dell
'
Istituto
d
'
emissione
.
Gli
risponderemo
dicendogli
che
il
ministro
del
Tesoro
a
vita
della
Repubblica
italiana
ha
lavorato
col
massimo
impegno
?
Che
non
poteva
fare
di
più
?
Che
«
le
condizioni
nelle
quali
ha
dovuto
operare
sono
difficili
,
anzi
impossibili
»
,
come
ha
scritto
sull
'
"
Espresso
"
l
'
onorevole
La
Malfa
?
Vede
,
onorevole
Colombo
,
La
Malfa
ha
perfettamente
ragione
;
lei
no
.
La
Malfa
appartiene
ad
un
partito
che
conta
10
deputati
su
630;
lei
è
uno
dei
leaders
storici
d
'
un
partito
di
280
deputati
,
che
da
ventisette
anni
detiene
ininterrottamente
la
presidenza
del
Consiglio
,
tutti
i
ministeri
-
chiave
,
tutti
i
grandi
enti
economici
,
le
Partecipazioni
Statali
,
l
'
intero
sistema
delle
casse
di
risparmio
,
i
grandi
Comuni
che
affondano
in
una
montagna
di
debiti
,
quasi
tutti
i
grandi
enti
mutualistici
e
,
naturalmente
,
il
Tesoro
.
Tra
la
posizione
di
La
Malfa
e
la
sua
corre
dunque
un
abisso
.
La
verità
è
che
le
impossibili
condizioni
nelle
quali
il
ministro
del
Tesoro
La
Malfa
ha
dovuto
operare
per
otto
mesi
lei
ha
contribuito
a
crearle
in
undici
anni
.
Per
chi
non
le
ricordasse
,
faccio
l
'
elenco
di
quelle
condizioni
traendolo
appunto
dalla
lettera
indirizzataci
da
La
Malfa
la
settimana
scorsa
:
1
.
Il
ministro
del
Tesoro
è
continuamente
alle
prese
con
la
schiera
famelica
di
tutti
gli
altri
ministri
che
sollecitano
spese
sempre
maggiori
.
2
.
È
alle
prese
con
22
commissioni
parlamentari
che
votano
leggi
e
leggine
di
spesa
a
getto
continuo
.
3
.
È
alle
prese
coi
disavanzi
incontrollabili
dei
Comuni
e
delle
Province
.
È
alle
prese
coi
disavanzi
delle
aziende
autonome
e
degli
enti
a
partecipazione
statale
.
5
.
Infine
è
alle
prese
con
le
consorterie
clientelari
del
pubblico
impiego
.
«
Se
il
ministro
ha
coscienza
delle
proprie
responsabilità
»
,
concludeva
La
Malfa
,
«
resisterà
una
settimana
,
un
mese
,
due
mesi
,
alcuni
mesi
,
ma
poi
o
si
abbandonerà
al
fatale
corso
delle
cose
o
si
dimetterà
»
.
Ebbene
:
lei
onorevole
Colombo
non
si
è
mai
dimesso
,
ché
anzi
sta
lì
da
undici
anni
.
Ma
a
differenza
di
altri
,
lei
aveva
il
potere
politico
per
rimuovere
quelle
condizioni
,
che
sono
nate
e
si
sono
consolidate
anche
,
se
non
soprattutto
,
a
causa
della
sua
inspiegabile
passività
e
dell
'
attivismo
famelico
del
suo
partito
.
Ha
preferito
abbandonarsi
"
al
fatale
corso
delle
cose
"
e
tutto
sommato
ci
si
deve
trovare
abbastanza
bene
visto
che
non
se
ne
tirerebbe
fuori
per
nessuna
ragione
.
Questa
essendo
la
situazione
,
noi
possiamo
anche
darle
il
certificato
chi
buona
condotta
che
lei
richiede
,
ma
riconfermiamo
che
della
finanza
italiana
lei
è
stato
il
becchino
.
Dopo
tutto
,
ci
sono
anche
dei
becchini
che
organizzano
col
massimo
impegno
bellissimi
funerali
.
StampaPeriodica ,
Roma
.
Seicento
secondi
,
tra
le
nove
e
cinque
e
le
nove
e
quindici
di
giovedì
16
marzo
.
E
il
tempo
servito
alle
Brigate
Rosse
per
uccidere
cinque
agenti
di
scorta
,
rapire
il
presidente
della
DC
Aldo
Moro
,
far
perdere
le
proprie
tracce
e
assestare
un
colpo
allo
stomaco
della
fragile
Repubblica
italiana
.
Senza
commettere
un
solo
errore
,
con
una
perfezione
tecnica
che
ha
prodotto
nell
'
opinione
pubblica
un
disorientamento
forse
maggiore
di
quello
causato
dal
sequestro
di
Moro
in
sé
.
L
'
operazione
scatta
poco
prima
dell
'
alba
,
in
via
Brunetti
,
una
piccola
strada
vicino
a
piazza
del
Popolo
.
Qui
un
gruppo
di
«
sconosciuti
»
squarcia
le
quattro
ruote
del
pulmino
appartenente
al
fioraio
Antonio
Spiriticchio
.
Scopo
dell
'
azione
impedire
al
fioraio
di
andare
,
come
ogni
mattina
,
a
vendere
tulipani
e
mimose
all
'
angolo
tra
via
Stresa
e
via
Fani
.
Al
suo
posto
ci
sarà
uno
dei
dodici
brigatisti
(
la
donna
)
,
che
farà
da
palo
ai
rapitori
del
presidente
democristiano
.
Altri
quattro
,
travestiti
da
steward
delle
linee
aeree
,
si
nasconderanno
davanti
al
bar
Olivetti
,
da
mesi
chiuso
perché
fallito
.
Gli
altri
sette
saranno
sulle
cinque
automobili
e
sulla
Honda
che
subito
dopo
il
fulmineo
attacco
porteranno
i
terroristi
lontano
dal
luogo
del
rapimento
.
Alle
nove
e
quattro
compare
in
cima
a
via
Fani
l
'
automobile
su
cui
viaggia
Moro
,
seguita
a
pochi
metri
dalla
vettura
di
scorta
.
Il
leader
democristiano
,
diretto
alla
breve
messa
mattutina
cui
assiste
ogni
giorno
,
sta
sfogliando
i
giornali
seduto
sul
sedile
posteriore
.
Il
suo
taccuino
prevede
una
giornata
molto
importante
:
alla
Camera
si
discute
il
varo
del
governo
nato
dal
suo
lento
lavorio
durato
cinquantaquattro
giorni
.
Moro
continua
a
leggere
i
giornali
.
La
scorta
è
tranquilla
in
entrambe
le
vetture
.
Dopo
qualche
attimo
le
due
vetture
sono
superate
dall
'
automobile
dei
brigatisti
,
targata
corpo
diplomatico
;
questa
,
appena
giunta
davanti
al
bar
chiuso
frena
bruscamente
provocando
un
tamponamento
tra
la
macchina
di
Moro
e
quella
della
scorta
.
Quel
che
accade
nelle
frazioni
di
secondo
successive
non
è
ancora
stato
ricostruito
con
precisione
;
di
certo
si
sa
solo
che
i
brigatisti
hanno
colpito
uno
ad
uno
gli
uomini
della
scorta
(
solo
un
agente
è
riuscito
ad
uscire
dalla
macchina
e
a
sparare
tre
colpi
di
pistola
prima
di
essere
centrato
da
un
proiettile
in
fronte
)
,
afferrano
Moro
e
si
dileguano
per
via
Stresa
e
via
Trionfale
.
Di
lì
,
almeno
una
parte
di
loro
si
dirige
in
via
Belli
,
una
stradina
privata
per
accedere
alla
quale
è
necessario
tagliare
con
un
tronchese
una
catenella
,
poi
in
via
Massimi
e
infine
in
via
Licinio
Calvo
,
un
'
altra
piccola
strada
destinata
a
passare
alla
storia
come
simbolo
dell
'
inefficienza
della
polizia
italiana
.
Qui
,
infatti
,
alle
nove
e
venticinque
del
16
marzo
i
brigatisti
lasciano
una
sola
macchina
;
qualche
ora
dopo
ne
porteranno
un
'
altra
e
due
giorni
dopo
una
terza
.
Il
tutto
sotto
lo
sguardo
di
polizia
e
autorità
inquirenti
.
Quelle
stesse
autorità
inquirenti
che
intanto
fanno
trasmettere
per
TV
20
foto
di
«
brigatisti
»
la
metà
delle
quali
non
sono
di
brigatisti
,
due
sono
della
stessa
persona
e
altre
due
di
persone
già
in
prigione
da
tempo
.
Ma
queste
non
sono
le
sole
prove
di
inadeguatezza
e
smarrimento
offerte
dagli
inquirenti
in
questa
settimana
.
La
mattina
di
quel
giovedì
di
passione
,
politici
e
sindacalisti
avevano
tenuto
i
nervi
abbastanza
saldi
.
Certo
,
l
'
emozione
aveva
provocato
qualche
sbandamento
:
Carlo
Donat
Cattin
imputava
quant
'
era
accaduto
all
'
accordo
con
i
comunisti
per
dar
vita
al
nuovo
governo
Andreotti
,
Ugo
La
Malfa
chiedeva
l
'
introduzione
della
pena
di
morte
,
il
senatore
Giuseppe
Saragat
suggeriva
di
impiegare
i
paracadutisti
nella
guerra
alle
Brigate
Rosse
,
alcuni
deputati
DC
suggerivano
al
ministro
dell
'
Interno
Francesco
Cossiga
di
dimettersi
,
altri
erano
sopraffatti
da
crisi
di
pianto
.
Ma
nel
complesso
la
reazione
politica
(
scioperi
e
manifestazioni
convocati
a
metà
mattina
,
edizioni
straordinarie
dei
giornali
di
partito
)
era
riuscita
ad
arginare
la
paura
e
gli
isterismi
che
si
manifestavano
qua
e
là
nella
popolazione
(
accaparramento
di
generi
alimentari
e
rintanamento
nelle
case
ne
erano
apparsi
i
segnali
più
vistosi
)
.
La
proclamazione
dello
sciopero
generale
,
ripopolando
le
piazze
,
contribuì
a
sbloccare
queste
psicosi
.
Inizialmente
nel
Partito
comunista
qualcuno
,
come
Giancarlo
Pajetta
,
aveva
giudicato
sbagliata
la
decisione
di
Lama
,
Benvenuto
e
Macario
di
indire
lo
sciopero
.
Ma
doveva
ricredersi
quando
alle
Botteghe
Oscure
cominciarono
ad
arrivare
le
notizie
dalle
fabbriche
:
quasi
dappertutto
gli
operai
,
spesso
prima
ancora
delle
direttive
delle
confederazioni
,
avevano
incrociato
spontaneamente
le
braccia
.
Se
lo
sciopero
non
fosse
stato
indetto
,
si
sarebbe
verificato
un
clamoroso
caso
di
scavalcamento
.
Nel
pomeriggio
però
la
classe
politica
commise
i
primi
errori
:
il
dibattito
parlamentare
per
il
precipitoso
(
anche
se
giustificato
)
varo
del
governo
fu
trasmesso
in
televisione
senza
un
'
adeguata
chiave
di
lettura
,
col
risultato
che
buona
parte
dei
telespettatori
o
si
sentivano
disorientati
,
o
sospettarono
che
si
trattasse
d
'
un
diversivo
dal
vero
,
tragico
problema
del
momento
.
Lo
stesso
presidente
del
Consiglio
Giulio
Andreotti
,
forse
stremato
dalla
tensione
(
fra
l
'
esposizione
del
programma
alla
Camera
e
quella
al
Senato
fu
costretto
a
cambiare
l
'
abito
inzuppato
dal
sudore
e
fu
paralizzato
da
conati
di
vomito
)
,
non
offrì
ai
parlamentari
e
al
pubblico
quel
che
ci
si
attendeva
da
lui
:
un
chiaro
,
esauriente
punto
sulla
situazione
.
Emozione
e
urgenza
erano
comunque
buone
attenuanti
,
in
quei
primi
errori
.
Più
tardi
,
cioè
nei
giorni
immediatamente
successivi
,
non
lo
potevano
più
essere
.
I
giorni
successivi
sono
stati
occupati
da
tutti
i
partiti
in
un
estenuante
susseguirsi
di
vertici
che
portavano
a
risultati
poco
vistosi
.
Fu
senz
'
altro
una
consolazione
veder
seduti
a
uno
stesso
tavolo
Berlinguer
,
Zaccagnini
,
Craxi
,
Biasini
e
Romita
.
Ma
la
cosa
non
produsse
effetti
di
gran
rilievo
.
Lunghe
discussioni
sull
'
eventualità
di
mettere
una
taglia
da
un
miliardo
sui
rapitori
di
Moro
(
si
è
deciso
di
no
)
,
sull
'
opportunità
di
impiegare
l
'
esercito
nella
ricerca
dei
terroristi
(
si
è
deciso
di
sì
,
dopo
due
giorni
)
,
sulla
proclamazione
dello
stato
di
pericolo
pubblico
(
si
è
deciso
di
no
)
,
sull
'
istituzione
di
un
fermo
di
polizia
di
quattro
giorni
(
si
è
deciso
di
no
)
,
sul
potenziamento
delle
tecniche
e
dei
mezzi
(
si
è
rimasti
nel
generico
)
.
E
dopo
questa
sequela
di
esclusioni
e
rinvii
quali
misure
si
sono
adottate
?
Il
governo
ha
riesumato
i
provvedimenti
previsti
dall
'
accordo
del
luglio
scorso
.
Nel
frattempo
la
mobilitazione
popolare
cominciava
a
venir
meno
,
il
transatlantico
di
Montecitorio
iniziava
a
svuotarsi
(
sabato
e
domenica
è
rimasto
come
sempre
deserto
)
e
il
sequestro
di
Moro
stava
diventando
un
affare
di
normale
amministrazione
.
Intanto
cominciavano
a
parlare
gli
«
esegeti
»
.
Qualcuno
(
il
deputato
comunista
Antonello
Trombadori
,
il
democristiano
Andrea
Borruso
,
il
neoministro
del
Lavoro
Vincenzo
Scotti
)
ha
intravisto
in
ciò
che
è
successo
alla
fine
della
scorsa
settimana
quasi
una
prova
generale
in
vista
di
un
colpo
di
Stato
,
nessuno
di
loro
si
è
avventurato
alla
ricerca
di
chi
potrebbe
tentare
oggi
un
golpe
nel
nostro
paese
,
«
ma
bisogna
stare
ugualmente
attenti
perché
quando
lo
straordinario
diventa
ordinario
»
ha
detto
Scotti
parafrasando
un
motto
di
Che
Guevara
,
«
qualcuno
può
tentare
un
colpo
di
Stato
»
.
Quasi
a
suggerire
che
tra
non
molto
tempo
anche
il
rapimento
Moro
potrà
essere
considerato
come
un
fatto
ordinario
,
uno
tra
i
tanti
segnali
della
crisi
endemica
della
società
italiana
.
Se
e
quando
accadrà
,
quello
sarà
il
segno
che
l
'
Italia
è
entrata
in
una
di
quelle
fasi
della
storia
(
come
furono
la
crisi
della
Repubblica
di
Weimar
in
Germania
,
l
'
assassinio
di
Dollfuss
nel
'34
in
Austria
,
l
'
ondata
di
terrorismo
in
Spagna
alla
metà
degli
anni
Trenta
,
per
non
parlare
di
ciò
che
è
accaduto
in
quasi
tutta
l
'
America
latina
tra
gli
anni
Sessanta
e
l
'
inizio
degli
anni
Settanta
)
che
sfociano
nella
guerra
civile
,
nel
colpo
di
Stato
o
in
tutti
e
due
.
In
questo
senso
è
altrettanto
sintomatica
e
inquietante
la
comparsa
a
Milano
di
un
primo
«
squadrone
della
morte
»
(
uccisione
a
freddo
di
due
giovani
d
'
estrema
sinistra
a
Milano
)
.
Così
come
inquietante
è
il
modo
con
cui
stampa
,
televisione
,
partiti
sembrano
sperare
che
la
soluzione
dei
problemi
venuti
alla
luce
col
rapimento
di
Moro
possa
venire
indagando
meglio
su
che
tipo
di
«
testina
Ibm
»
abbia
battuto
il
messaggio
delle
Brigate
Rosse
,
o
ispezionando
con
maggiore
accuratezza
via
Licinio
Calvo
.
Fino
a
questo
momento
,
non
sembra
probabile
che
polizia
,
o
carabinieri
,
o
guardia
di
finanza
,
o
l
'
esercito
,
o
tecnici
inviati
dalla
Germania
federale
troveranno
la
«
prigione
del
popolo
»
in
cui
l
'
onorevole
Moro
è
rinchiuso
e
«
processato
»
.
Se
anche
ci
riuscissero
-
come
tutti
sperano
-
i
problemi
posti
da
questo
parossistico
acutizzarsi
della
violenza
politica
in
forme
nuove
e
terribilmente
efficaci
non
sarebbero
risolti
.
Andrebbero
affrontati
con
un
dibattito
approfondito
,
e
un
coinvolgimento
del
paese
senza
precedenti
:
prima
che
l
'
adozione
di
leggi
super
repressive
,
imposte
dal
succedersi
degli
eventi
prima
ancora
che
dalla
scelta
del
Parlamento
,
appaia
come
l
'
unica
via
praticabile
.
Intanto
,
al
processo
di
Torino
,
Curcio
e
suoi
amici
annunciano
il
processo
ad
Aldo
Moro
,
parlando
come
se
fossero
i
presidenti
di
un
«
controtribunale
»
.
E
il
presidente
del
tribunale
vero
,
mette
a
verbale
.