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EMANCIPAZIONE DEL CINEMA ITALIANO ( MUSSOLINI VITTORIO , 1936 )
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Per la nostra cinematografia il seguir la scuola americana ( quale altra esiste ? nemmeno più la russa ) può dir molto . Allontanando la leggerezza storica di alcuni film americani , stroncando il cinema cattiva copia del teatro , assorbendo ( e sarà facile ) la freschezza , l ' audacia , la forza e l ' esuberanza chiassosa ma sana che si trova nella maggior parte delle pellicole d ' oltre oceano , la nostra industria , potenziata dall ' apposita Direzione , si eleverà a quella maturità materiale e spirituale che aprirà la porta al più grande successo . Dal punto di vista morale ( Vigilanti cura ) , la nostra giovinezza trova logicamente meno volgare e sensuale una sfilata di cento belle ragazze che non la trita farsa a doppio senso di pura marca francese , piena di sottintesi , di malcelate nudità e di cerebralismi sterili . E così pure i grossi mattoni a tendenza nettamente filosofico - politico - cerebrale e le commediole tanto care ai tedeschi ( con quanta arte , grazia e umorismo i registi americani svolgono questi leggerissimi temi ! ) , non hanno il potere magico di distrarre e divertire lo spettatore , còmpito primo e spesso dimenticato di ogni film che si rispetti . In una Europa così divisa politicamente , così diversa di temperamento , slancio , esigenze , non può sorgere l ' espressione collettiva da contrapporre vantaggiosamente a quella dei maghi di California . Noi italiani dobbiamo sentirci più vicini a loro che non plaudire a quella tendenza nettamente conservatrice di cui è permeata la produzione filmistica europea . Non ci sarà d ' ostacolo la profonda differenza che esiste tra noi e gli americani : alla nostra intelligenza il saper scegliere e il saper scartare . Il giorno che il cinema italiano saprà essere sempre più aderente alla psicologia della rinnovata gente d ' Italia , siamo certi che la nostra produzione , appunto perché dotata di un suo carattere , saprà conquistare i mercati esteri e giungere anche in America ad interessare con la nostra saggezza fascista , e ad esaltare con la nostra forza costruttrice , quel popolo giovane , ricco , esuberante , mal guidato e giudicato ; e risolverà la situazione finanziaria mercé l ' assorbimento dei nostri film da parte di un grande mercato . Abbiamo avvertito : non accodiamoci al cinema europeo d ' oggi .
I POPOLI AFRICANI DINANZI ALLO SCHERMO ( RAVA MAURIZIO , 1936 )
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In un vasto impero qual è quello che per sempre ci appartiene , il pericolo di una contaminazione della nostra razza , è naturalmente assai più grande che non fosse nelle scarse colonie da noi possedute fin oggi , anche perché sarà ed è augurabile , anzi necessario che sia sempre maggiore il numero degli italiani i quali vi si stabiliranno costituendovi una vera e propria nuova Italia d ' oltre - mare ... La censura sulle pellicole destinate agli indigeni , o alle quali gli indigeni possono essere ammessi , non sarà mai abbastanza severa . Né basterà quella eseguita preventivamente in Italia sia pure che del comitato di censura facciano parte essenzialissima persone per esperienza conoscitrici degli indigeni ma occorrerà una seconda e più rigorosa commissione centrale di censura ad Addis Abeba , costituita da chi la conoscenza dell ' indigeno abbia rinnovato e rinnovi ogni giorno sui posti . E non ancora basterà , poiché per le accennate differenze tra popolazioni , è consigliabile che i commissari o residenti delle varie località periferiche o quanto meno un funzionario adatto e scrupoloso in loro vece , riesaminino le pellicole prima di autorizzare in ciascuno dei cinque governi la proiezione ai propri amministrati . Quanto scriviamo potrà sembrare a prima vista un ' esagerazione , tanto ai cineasti che non conoscono gli indigeni da una parte , quanto ai coloniali e ai colonialisti che non conoscono gli effetti dello schermo sugli indigeni dall ' altra . Ma non lo è . Ripetiamo e sosteniamo che l ' influsso esercitato dalla proiezione cinematografica sugli indigeni , per tutto , e sopra tutto per ciò che riguarda il prestigio della razza dominatrice , è enorme ...
Gli studenti e la sinistra ( Scalfari Eugenio , 1968 )
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Gli studenti italiani protestano . Ormai non passa giorno senza che la cronaca non registri l ' occupazione d ' una facoltà , la sospensione d ' un corso di studi , le dimissioni d ' un rettore o d ' un preside , gli scontri con la polizia . Vogliono la riforma dell ' università . Vogliono che finisca la guerra in Vietnam . Vogliono il potere studentesco . Vogliono la rivoluzione . Sono contro l ' America , contro la civiltà dei consumi , contro i partiti ( comunisti compresi ) , contro il governo , contro il sistema : soprattutto contro il sistema . La loro e una " contestazione globale del sistema " . Da almeno un paio danni questi fermenti agitavano le masse studentesche , ma negli ultimi tre mesi sono esplosi . Prima si poteva anche fingere che non stesse succedendo niente all ' università . Oggi non si può più . E d ' altra parte il fenomeno non è isolato : quello che accade nelle università italiane non è che la ripetizione puntuale di quanto avviene a Berkeley , a Berlino , a Parigi , a Bruxelles , a Madrid , e perfino , a Praga e a Mosca . Per non parlar di Pechino . In ogni paese con spunti diversi , con occasioni diverse , ma con un unico obbiettivo , che è appunto di " contestare il sistema " . Ciascuno contesta il proprio , il che fai sì che questi giovani siano , in ogni paese , all ' opposizione , senza compromessi , senza mezze misure . E soprattutto senza indulgenze , il che li porta a rifiutare solidarietà non richieste , e qualche volta offerte più per amore della moda che per convinta adesione . Quando il movimento , in autunno , entrò nella sua fase acuta , le autorità ( e cioè i rettori , i professori , i genitori , e poi il governo e i partiti ) tentarono da prima di blandire questi ragazzi riottosi . « Certo » dicevano i più illuminati « gli studenti hanno ragione . La scuola italiana è vecchia di cent ' anni . I metodi son poco meno che borbonici , le attrezzature insufficienti , la mancanza di spazio paurosa , l ' assenteismo di molti insegnanti indecoroso . Le rivendicazioni ali questi ragazzi sono sacrosante . Bisogna stare dalla loro parte , aiutarli a vincere » . Poi s ' è visto che il metodo " blando " non serviva a niente , se lo scopo di chi lo usava era quello di " costituzionalizzare " il movimento , perché il movimento cresceva d ' intensità e si diffondeva sempre di più , e perché gli studenti passavano rapidamente dalle rivendicazioni settoriali a temi di protesta assai più generali . È accaduto allora che , da una parte e dall ' altra , le distanze crescessero e le possibilità di comprendersi diminuissero fino a ridursi rapidamente a zero . Fin quando , negli ultimi tempi , la protesta studentesca è arrivata a mettere in discussione l ' intera struttura economica , culturale e ideologica della società italiana , scontrandosi addirittura col partito comunista , accusato di " gradualismo " , ed eleggendo Mao e Guevara ad unici capi spirituali del movimento . Ormai sono assai pochi quei professori ( anche tra i più aperti ) disposti a far proprie le tesi dei comitati di agitazione studentesca , e sono pochissimi gli studenti " rivoluzionari " disposti a dar credito all ' intellettuale di " sinistra " , anche se questi abbia alle sue spalle un passato che parla per lui ( il caso di Moravia e il dibattito da noi pubblicato la scorsa settimana tra lui e un gruppo di studenti sono significativi di questa situazione , impensabile fino a sei mesi fa ) . Il movimento studentesco è isolato . S ' è radicalizzato , si è esteso , ha individuato con chiarezza i suoi obbiettivi , ma ha perso i collegamenti con il grosso della sinistra . Gli è accaduto qualcosa di simile a quanto avvenne l ' anno scorso al movimento negro in America . Il " Black power " ( di cui non a caso i comitati d ' agitazione studentesca riecheggiano gli slogans ) è diventato forte ma si è isolato . In un certo senso , è diventato forte perché sai è isolato . Agli studenti sta accadendo la medesima cosa . Riuscirà la sinistra italiana a riassorbire e ad utilizzare costruttivamente il movimento studentesco ? Riuscirà a farne l ' elemento propulsivo d ' una politica , la forza d ' urto e di trasformazione d ' un sistema che appare sempre meno capace di autoriformarsi ? Finora non si vedono segni che diano adito a speranze in questa direzione . La sinistra tradizionale , cioè i tradizionali partiti che la compongono , hanno cercato ( senza riuscirvi affatto ) di non perdere il contatto col movimento studentesco , largheggiando in riconoscimenti verbali e verbosi , con l ' occhio ai possibili spostamenti e alle possibili " frane " , che potranno verificarsi nel prossimo maggio a causa del voto giovanile . La preoccupazione elettorale ha dominato su tutto . Così comunisti e socialisti di varia osservanza hanno assolto tutti gli errori , tutti gli eccessi e tutte le ingenuità dei comitati d ' agitazione studenteschi , senza tuttavia far propria nessuna delle tesi politiche e ideologiche cui l ' azione dei comitati s ' ispira . Il governo di centro - sinistra ha , in questo settore , registrato il più clamoroso dei suoi non pochi fallimenti . Era partito iscrivendo la riforma della scuola , e quella universitaria in particolare , al numero uno del suo programma . La legislatura si chiude senza che quelle leggi siano neppure state discusse , lasciando la scuola e l ' università in uno stato di caos pauroso , e con scarsissime speranze per l ' avvenire . Eppure tutti sanno perfettamente che una società e una classe dirigente sono esattamente quelle che la scuola forma o , per dirla in altre parole , che ogni classe dirigente ha la scuola che si merita . Ci sono tanti problemi di terribile importanza da affrontare nell ' immediato futuro . Quello del movimento studentesco e d ' una riconciliazione di sostanza tra i giovani e la sinistra politica , non e certo uno dei minori né dei più semplici .
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Non si può giurare davvero che il mondo dei frak e delle capigliature al platino siano tutto il mondo ; ma i sentimenti che suscita il cinema non restano al di qua e al di là d ' una ribalta : essi prendono interamente possesso del pubblico . Tutti si mettono in frak e tutte posseggono chiome platinate . E dopo , è una delusione che scava solchi profondi non solo con l ' invidia verso una società irraggiungibile , ma con l ' umiliazione di sentirsi dei riformati della vita , la quale si svolge soltanto in un dato ambiente : triste o lieto che sia . Nessuna censura , per quanto intelligente , può entrare nel merito di questa visione della vita ; come non può eliminare certe emanazioni sottili e velenose dei capolavori passati in giudicato dalla letteratura e ridotti pel cinema com ' è largamente in uso . Per esempio , Anna Karenina che tiene ancora il cartellone nei sobborghi e nei paesi , ha un alcoolico profumo " comunista " quale può formarsi da un Tolstoi messo alla portata dei sensi elementari del pubblico . Ma poteva la " mentalità " borghese lasciarsi sfuggire l ' invidiabile occasione di mettere in scena l ' eterno triangolo mogliemarito - amante ? Noi costruiamo sotto il libero sole una civiltà nuova ; ma poi tolleriamo che nel buio delle sale si mostri la vita di società che dovrebbero restare straniere al nostro spirito ; o , per rimanere nel campo dell ' educazione popolare , di ambienti che presuppongono non solo le classi sociali , ma le caste . Ci sentiamo però contrari ad una produzione che riveli espressamente un suo scopo educativo , perché allora si otterrebbe l ' effetto contrario e perché il cinema dev ' essere tutt ' intero a differenza forse della letteratura e del teatro accessibile alla generalità . Un " classismo " cinematografico sarebbe veramente deplorevole . Preferiamo restare ottimisti sull ' evoluzione antitradizionalista e antiborghese del cinema ...
I compagni di piazza ( Scalfari Eugenio , 1970 )
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Milano . La mattina successiva al grande corteo studentesco - popolare che ha fatto sfilare cinquantamila persone per il centro di Milano protestando contro la repressione , ho incontrato lo stato maggiore del movimento studentesco , Mario Capanna , Luca Cafiero e una decina d ' altri che , con compiti di varia natura accuratamente ripartiti , hanno organizzato e diretto la manifestazione del 31 gennaio . S ' erano riuniti a colazione in un ' osteria fuori città , lungo il Naviglio pavese , circondata da una campagna nebbiosa solcata da canali e da lunghi filari di pioppi Quando sono arrivato all ' osteria dell ' appuntamento stavano già mangiando mentre uno di loro leggeva ad alta voce l ' articolo domenicale del " Corriere della Sera " . « Tocca ai partiti democratici » , leggeva il giovane senza mascherare il proprio disaccordo « scongiurare prima che sia troppo tardi la frattura del paese su un tema pretestuoso e inesistente come la repressione . Esso rischia di favorire la collusione tra anarchismo filomaoista e forze del movimento operaio organizzato , proprio la collusione che occorre a tutti i costi impedire » . E tutti gli altri , tra un boccone e l ' altro , commentavano con ironiche espressioni di dissenso . Avevano ancora davanti agli occhi quell ' immenso corteo di tre chilometri della sera prima , con la testa già in piazza del Duomo e la coda ancora davanti all ' università , un fiume disciplinato ma imponente e rabbioso , gremito di striscioni e bandiere rosse , formato da studenti , da militanti comunisti e socialisti , da operai e da solidi borghesi col cappotto buono e il conto in banca ma con la memoria ancora fresca - nonostante i molti anni trascorsi - della loro resistenza sulle colline dell ' oltrepò o in val d ' Ossola . Perciò ridevano allegri , Capanna , Cafiero , Toscano e gli altri loro giovani compagni . perché erano sicuri che quella collusione era già avvenuta e sarebbe durata e , se non avessero , commesso errori , si sarebbe trasformala in una solida alleanza politica , dalla quale finalmente , con pazienza e fatica e tempo ma con certezza , sarebbe nata la rivoluzione . Questi erano i loro discorsi di allegri ragazzi affamati e finalmente rilassati dopo tante ore di tensione quando , sedutomi con loro , dissi : « Dovreste fare un monumento al questore per le botte che v ' ha fatto dare , il 21 gennaio e le settimane precedenti . Senza quelle botte e senza i fascisti radunati a Milano , ieri sera non avreste avuto intorno cinquantamila persone » . Allora ridiventarono seri e gravi , così come li avevo visti il giorno prisma nelle ore di preparazione del corteo e poi in strada in mezzo ai loro compagni e poi ancora , sciolte le file , nell ' aula magna della statale tra migliaia di studenti a fare il bilancio politico di quanto era accaduto . Seri e gravi perché sapevano che la parte più difficile del lavoro che volevano fare cominciava proprio in quel momento . Prima era stata fantasia e rabbia , allegria e socialismo , spavalderia e pensiero di Mito ; ma ora , acquisito il primo grosso successo , subentrava la politica , i problemi della definizione ideologica , la necessità e la scelta delle alleanze . Che cosa era veramente accaduto il giorno prima ? Una festa di popolo , coane avevo sentito dire ad un pittore che marciava accanto a me entusiasta e felice ? I lna " kermesse " democratica ? Un soprassalto antifascista ? O un fatto politico ? E quale ? « Noi abbiano ) un grande vantaggio sui compagni delle altre università . , dice Mario Capanna perché operiamo a Milano . Milano è oggi la capitale dell ' Italia moderna , è una città composita , un calderone dove c ' è tutto e tutto bolle ad alta temperatura . C ' è il capitalismo nelle sue espressioni più avanzate e c ' è la classe operaia con le stie istituzioni più organizzate , c ' è la borghesia reazionaria e quella progressista , la programmazione dei tecnocrati e il tumulto degli immigrati meridionali . In pochi chilometri quadrati sono raccolte tutte le tensioni e i conflitti del paese . Queste tensioni non sono più contenibili nel quadro del sistema . Ciò che è accaduto ieri sera è questo : tutte le tensioni e i conflitti si sono incontrati e catalizzati in un ' azione di massa . Di qui bisogna cominciare per capire quanto è accaduto e quanto bisogna fare d ' ora in poi » . Di qui dunque bisogna cominciar . Ma e dopo ? Il marxismo - leninismo degli studenti della statale può fornire la piattaforma di sintesi per le tensioni che , per dirla come lui , non sono più componibili dentro il quadro del " sistema " ? C ' è un episodio che vale la pena di raccontare perché serve , almeno in parte , a rispondere a queste domande . La sera del il gennaio , quando il corteo si mise in moto da piazza Santo Stefano , il primo grande striscione rosso che apriva la sfilata diceva : " Viva il marxismo - leninismo viva il pensiero di Mao Tse - tung " . All ' altezza di piazza del Duomo però lo striscione di testa era cambiato ; diceva : " II movimento studentesco contro la repressione per l ' unità e per il socialismo " . Uno slogan che unisce Gli organizzatori s ' erano resi conto che il secondo slogan unificava i cinquanta mila dimostranti , consentiva di coinvolgere anche i nuovi , ed insoliti , compagni di strada , anzi di piazza , tutti d ' estrazione professional - impiegatizia , mentre il primo li avrebbe divisi . E avevano rinunciato ari rama caratterizzazione ideologica che pure gli stava molto a cuore ( come spiegarono poi nel corso dell ' assemblea conclusiva all ' università ) per render possibile una manifestazione di massa che aveva predominanti caratteristiche democratiche . « Va bene » , dice Cafiero , « è giusto , un movimento di massa non può identificarsi con una soltanto delle sue componenti . Rimane però il fatto che l ' iniziativa politica , la guida e il punto di raccolta è stata fornita dal movimento studentesco e che intorno ad esso s ' è riunita la coscienza democratica della città . I militanti comunisti erano molti , probabilmente diecimila . S ' erano schierati a metà corteo i ne costituivano una buona parte . Ma non è stato il partito comunista a prendere l ' iniziativa e se l ' avesse fatto dubito che avrebbe raccolto una massa così grande di persone . Di operai ce n ' erano moltissimi , quasi la pietà dei dimostranti erano operai . anche se non erano stati chiamati a raccolta dai sindacati . I socialisti c ' erano , ma non per una chiamata del loro partito . Come si spiega tutto questo ? Eppure il movimento studentesco a Milano non è un generico punto di raccolta , si sa bene a quale ideologia s ' ispira , quali obiettivi politici indica . È un movimento rivoluzionario . Dunque il fatto politico è che attorno ad un movimento rivoluzionario hanno fatto massa forze organizzate o semplici , cittadini che rivoluzionari non sono o che avevano cessato di esserlo » . « Forse stanno scoprendo di esserlo ancora o di esserlo di nuovo » dice Capanna . Difficile stabilirlo . Bisogna riflettere , capire , domandarsi . E non perché , un corteo contro la repressione sia riuscito bene , ma perché numerosi segni avvertono che da molti mesi ormai l ' atmosfera , a sinistra sta cambiando , i sindacati Io hanno capito e sono stati i primi a rinnovarsi . I partiti l ' hanno capito stolto meno e la loro presa e infatti . in netto declino . Non ce n ' e alcuno tra di essi che riuscirebbe oggi a portare in piazza cinquantamila persone e farle marciare per due ore , in pacifico corteo . E soprattutto : non ce n ' è alcuno che susciti entusiasmi , antichi ricordi e fresche speranze . Che stiamo al governo o che stiano all ' opposizione , danno la sensazione di amministrare il potere non per conto del paese ma per conto delle loro burocrazie . Forse sarà un giudizio ingeneroso , ma questo pensa la gente , a sinistra soprattutto . E cerca altri strumenti per far politica . altri punti di raccolta , un modo nuovo per partecipare e pesare sulla vita collettiva . Questa e già , sia pure assai confusamente , una prima maniera di scoprirsi rivoluzionari . È indubbio che l ' insofferenza per le burocrazie , per la vita sociale intesa cono un soffocante e paralizzante dominio delle burocrazie , siano stati gli elementi essenziali che hanno mobilitato in questi mesi le masse degli operai , degli studenti c della borghesia progressista . La protesta contro la repressione è un aspetto di questo sentimento generale . Non si possono denunciare , migliaia di operati per violazione di domicilio sol perché hanno tenuto la loro assemblea in fabbrica , senza che il sentimento generale non si ribelli . C ' erano parecchie migliaia di professionisti , d ' impiegati , di dirigenti d ' azienda la sera del il gennaio , li si distingueva a primo colpo , niente barbe colletto e cravatta , tutt ' al più un cappotto sportivo per non stonare troppo col loro paletot di cammello in mezzo a un fiume di giubbotti e di maglioni . E faceva una certa impressione vederli anche loro scandire slogan dissacranti , come " Giudici , questori , servi dei padroni " oppure " Lo stato borghese si abbatte non si cambia " . Erano lì perché improvvisamente folgorati dal pensiero di Mao ? Non credo . Erano lì perché stavano scoprendo che anche la loro vita , quella , professionale e quella privata e dominata e soffocata dalla " cosa " , come l ' ha chiamata Sartre , cioè dalla burocrazia quella dello stato , quella del partito , quella dell ' associazione professionale , quella dell ' azienda . Si ribellano contro la " cosa " ; la " cosa " creata e mantenuta dal sistema capitalista come farebbero , se vivessero altrove , contro la " cosa " creata e mantenuta dal regime comunista . Nel linguaggio tecnico degli iniziati questo atteggiamento si chiara " spontaneismo " e i miei giovani interlocutori dell ' osteria del Naviglio ne diffidano . Perché con lo spontaneismo non si va molto avanti , ci vuole un approfondimento ideologico , un lavoro organizzativo , uno sbocco politico . Ed è quanto essi si propongono infatti di fare , anzi che hanno gin cominciato a fare . « Col marxismo - leninismo ? » . « Sì , col marxismo - leninismo , ma applicato alle condizioni italiane , cioè di un paese di capitalismo maturo » . Chi sono i suoi alleati « Non s ' è mai visto » , dico , « il marxismo - leninismo applicato ad un paese di capitalismo maturo . Che vuol dire ? Basta quell ' aggiunta per cambiare l ' intera prospettiva . Non vi viene in mente che , in un paese di capitalismo maturo , il marxismo - leninismo potrebbe significare revisionismo e riformismo , cioè tutte quelle linee politiche che voi detestate e condannate ? » » . No , non gli viene in mente . Sono sempre più convinti che lo stato borghese si abbatte ma non si cambia . « Chi lo abbatterà ? » . « La classe operaia » . « Da sola ? In un paese di " capitalismo avanzato " la classe operaia è minoranza , il sistema provvede a disarticolarla ogni giorno , la diversifica in interessi contrastanti , la specializza con mestieri » . « Non da sola . Coi suoi alleati » . « Chi sono i suoi alleati ? » . « I ceti medi proletarizzati » . Cioè , loro stessi , perché questa è la loro condizione sociale . Così almeno essi la sentono e l ' hanno anche scritto in un libretto rosso che tipograficamente ricorda le massime di Mao e che è già stato venduto a decine di migliaia di copie . È intitolato : " La situazione attuale e i compiti politici del movimento studentesco " . Ad un certo punto c ' è scritto : « L ' aspetto principale delle attuali contraddizioni sociali è costituito dalla richiesta - sempre più di massa - di istruzione , di qualificazione e , conseguentemente di impiego e dall ' impossibilità di ottenerli . Il movimento studentesco non è il movimento operaio ; esso è l ' espressione di massa della presa di coscienza politica rivoluzionaria dei ceti medi » . In realtà , forse senza rendersene conto , questi neorivoluzionari fanno appello alla borghesia per abbattere lo stato borghese . Sembra un paradosso , ma finisce di esserlo se lo stato borghese , diventa soltanto uno stato burocratico . In fondo borghesia e classe operaia , tutte le volte che si sono trovate di fronte la " cosa " , hanno sempre marciato insieme .
MUSSOLINI E IL NOVECENTO ( PAVOLINI ALESSANDRO , 1926 )
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Se noi fidiamo , oggi , che l ' Italia sia alla vigilia di un rinascimento , anche artistico , è perché tra popolo e creatori l ' abisso romantico si viene colmando . C ' è in Italia un capo di governo e duce di giovani moltitudini che va incontro agli artisti del tempo suo , li intende , li riconosce , li esalta pubblicamente , chiede loro di adeguarsi al ritmo di rinascita che egli ha impresso a tutta la vita nazionale . Chiede loro gli archi per i nuovi trionfi , le cupole per le nuove preghiere , la terza Roma per l ' impero di domani . C ' è in Italia un manipolo di buoni artisti - vecchi , giovani , giovanissimi - che si stringono in corporazione , che si adunano sotto il segno littorio , che assembrano il meglio delle loro fatiche - con una gran volontà di purificarsi definitiva - mente d ' ogni accento straniero alla loro razza , o straniero all ' arte - in una esposizione polemica e dimostrativa alla quale impongono orgogliosamente il nome della loro speranza : il Novecento Italiano . Anche gli artisti , anche gl ' intellettuali italiani , dunque - come i politici , come i tecnici - guardano finalmente con maschio amore al loro secolo , risoluti a conquistarlo . Si sono messi al passo con noi . Li riconosciamo , ci riconoscono . Ora restano indietro , soli , gl ' inguaribili nemici della realtà , gl ' intellettuali onanisti , i letterati nostalgici , coloro che sospirano i tempi andati o sognano impossibili arcadie di là da venire ; i bastardi romantici , i poetucoli dell ' esotismo nello spazio o nel tempo . Il Novecento Italiano ! Un secolo è , a noi mortali , patria nel tempo . E noi ormai sappiamo che questa patria , come l ' altra , - secondo il motto inscritto sui gagliardetti delle corporazioni - non si nega ma si conquista .
Il ministro delle allegre Finanze ( Scalfari Eugenio , 1974 )
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Vorrei occuparmi questa settimana del ruolo avuto dall ' onorevole Emilio Colombo nella storia della finanza italiana . Credo sia giusto parlare già di storia e non di semplice cronaca a proposito dell ' onorevole Colombo : un personaggio che emana autorevolezza ad ogni movimento che fa e ad ogni pensiero che esprime . Colombo è oggi più che mai d ' attualità . Infatti le finanze italiane stanno inesorabilmente affondando ; a causa di molti errori e di vere c proprie colpe commesse dai governi e dai partiti che si sono susseguiti per anni ed anni alla direzione della cosa pubblica . Tra le varie e molteplici responsabilità sarebbe ingiusto addossare a lui un peso esclusivo , ma sarebbe altrettanto ingiusto dar credito al cliché del ministro del Tesoro lungoveggente , solo consapevole del pericolo e solo pronto ad opporvisi . Ahimè , le cose non stanno così . Forse Colombo non merita il titolo di " affondatore " che si sarebbe tentati di attribuirgli ; ma certo la sua gestione finanziaria non si può definir brillante . L ' onorevolc Emilio Colombo appare molto per tempo all ' orizzonte politico italiano , debutta giovanissimo come sottosegretario all ' Agricoltura , si fa luce quale diletto allievo di Antonio Segni e , dopo il piccolo " golpe " della Donius Mariae che detronizza Fanfani nel 1959 , fa già parte dei cinque o sei cavalli di razza del gruppo doroteo . Da allora inizia un ' ascesa ininterrotta nell ' olimpo ministeriale che lo porterà anche , tra il '70 e il '72 , alla presidenza del Consiglio . In quest ' ultima carica ( a detta di lutti ed anche mia che allora ero deputato ) fece malissimo . Ma in queste valutazioni non voglio entrare . Qui interessa discutere il suo ruolo principale , quello cioè di ministro del Tesoro del centro - sinistra , carica che con brevi intervalli ha ricoperto dal giugno 1963 ad oggi . Il suo arrivo al Tesoro coincise con l ' inizio d ' una grave crisi inflazionistica che fu poi domata dalla brusca frenata monetaria della Banca d ' Italia tra l ' ottobre del '63 e il marzo del '64 . Colombo ( va detto ) non aveva alcuna colpa di quella crisi . Va egualmente detto che ebbe poco merito per quanto accadde dopo : se merito ci fu ( e ancora se ne discute tra gli economisti ) esso spetta interamente a Carli e a Baffi che idearono e attuarono la strategia di risanamento della bilancia dei pagamenti . Di Colombo in quell ' occasione va semmai ricordata una grave scorrettezza politica nei confronti del suo collega al Bilancio e dei socialisti , quando , auspice l ' allora suo capo di gabinetto Ferdinando Ventriglia , fu resa nota ai giornali una sua lettera riservata che strumentalizzava alcuni pareri della commissione economica di Bruxelles nei quadro d ' una strategia di terrorismo economico che ben si adattava all ' atmosfera pesante di quella losca primavera . Lasciamo andare , acqua passata . Dominata alla bell ' e meglio la febbre del '63 con la gelata del '64 , si apre per l ' economia italiana una lunga fase di stasi e di declino . Con limitate oscillazioni , quella fase è durata fino al 1972 e Colombo l ' ha gestita . Otto anni , sei dei quali passati al Tesoro e uno e mezzo alla presidenza del Consiglio . Quando arrivò alla Tesoreria trovò una spesa complessiva di 6 mila miliardi e un disavanzo globale nel bilancio di competenza di circa 700 miliardi ; dieci anni dopo ( sempre lui ministro del Tesoro ) la spesa era salita a quasi 24 mila miliardi ( quadruplicata ) e il disavanzo di competenza a 5300 ( otto volte in più ) . I dati del bilancio di cassa sono anche peggiori : nel '63 il ministro del Tesoro trovò un disavanzo di 375 miliardi ; dieci anni dopo il disavanzo era salito a 7.400 miliardi , con un coefficiente di moltiplicazione di venti volte . S ' e poi venuto a sapere che la cifra esatta non è 7.400 ma 9.200 o giù di lì . Il coefficiente di moltiplicazione sale dunque a poco meno che trenta volte . Le cifre del bilancio statale , naturalmente , non rappresentano la verità tutta intera , nel senso che essa è ben peggiore se si prendono in considerazione i disavanzi degli enti locali , quelli degli enti di previdenza , le operazioni di debito della Cassa Depositi e Prestiti e quant ' altro afferisce all ' attività della pubblica amministrazione . Anche facendo il dovuto posto alla svalutazione della moneta e rettificando le cifre in unita di misura costanti , s ' arriva sempre a coefficienti d ' aumento da capogiro . E poiché nel Frattempo le Ferrovie , le Poste , gli ospedali , l ' assistenza delle mutue , l ' industrializzazione del Mezzogiorno , l ' amministrazione della giustizia , l ' insegnamento nelle scuole hanno continuato a peggiorare in quantità e qualità , ci si domanda dove siano finite quelle migliaia e migliaia di miliardi che il ministro del Tesoro ha consentito fossero spesi . La domanda è pertinente e la risposta è questa : quelle somme immense sono servite a mettere in piedi la più gigantesca struttura clientelare che la storia europea abbia mai registrato dalla rivoluzione dell'89 in poi . Le cifre della spesa corrente e del disavanzo di gestione dello Stato hanno scandito per dieci anni l ' avanzata d ' una borghesia di Stato famelica e corrotta , il dissanguamento dell ' area economicamente sana del paese . il declino degli investimenti produttivi . II Tesoro si sostiene ormai soltanto perché obbliga le banche a sottoscrivere i suoi titoli che i privati non accettano più . E su questa montagna di debiti prospera un ' immensa camorra nazionale annidata negli enti , nelle mutue , nei Comuni , negli ospedali , nelle opere pie , nelle industrie decotte , nel parastato . Di quell ' esercito mantenuto dall ' Italia che lavora e produce , il ministro del Tesoro a vita Emilio Colombo è stato l ' intendente . Della finanza italiana , spiace doverlo dire , è stato il becchino .
L'ITALIA FA SCUOLA ( CHIARINI LUIGI , 1936 )
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Nel campo della cinematografia , come in tutti gli altri campi , l ' Italia Fascista sta facendo scuola a molti Paesi europei . Tutti sanno le obiezioni che gli artisti , " puri , " gli esteti assoluti del cinema , levano contro un intervento statale nella cinematografia : gli stessi che oggi turibolano i risultati raggiunti in Italia dal Ministero per la Stampa e la Propaganda , dichiaravano due anni or sono , prima che nascesse la Direzione Generale , che lo Stato non poteva né doveva intervenire nella cinematografia , perché si trattava di un ' arte che non ammetteva di essere " irreggimentata " e controllata . Quasi l ' arte , per divino diritto , dovesse sfuggire alla norma delle attività di una Nazione . E dimenticando che la cinematografia , oltre che un ' arte , è anche un ' industria a largo impiego di capitale e la cui attività interessa direttamente molti importanti settori della vita economica della Nazione . Nei paesi demo - liberali queste obiezioni erano ancor più ampie e più recise : confortate , naturalmente , dalle teorie che chiedono l ' assenteismo dello Stato dalla vita nazionale , confinando lo Stato in una funzione di revisore di conti . Ma la pratica attuazione del controllo statale sulla cinematografia in Italia non ha mancato di attirare l ' attenzione degli altri Paesi su quanto si era già realizzato da noi . E quello che non si sarebbe mai fatto di spontanea volontà si va facendo oggi all ' estero con criterio imitativo dell ' opera italiana ...
Mamma Dc non gli ha insegnato a dire 'no' ( Scalfari Eugenio , 1974 )
StampaPeriodica ,
Il 14 agosto , concluso il dibattito parlamentare che ha ridotto i provvedimenti fiscali del governo ad un mantello d ' Arlecchino , il ministro del Tesoro si è incontrato col governatore della Banca d ' Italia ed ha rilasciato un ' intervista al " Corriere della Sera " . Compiuti questi due atti rilevanti è partito , a quanto ci ha informati lo stesso " Corriere " per Madonna di Campiglio per un breve periodo di riposo del quale ( ne siamo tutti convinti ) ha urgente bisogno . Auguri . A settembre verrà il peggio , su questo punto sono tutti concordi : lo dice Carli in un ' intervista a " Panorama " nella quale lamenta che il Tesoro continui a inondare l ' economia con un fiume di spese obbligando la Banca d ' Italia " ad una rincorsa affannosa " per distruggere almeno una parte della liquidità così allegramente e inutilmente creata ; lo dice il ministro del Bilancio Giolitti che prevede mesi terribili ; e lo dice anche Colombo , sia pure con quel linguaggio , ch ' è proprio dell ' uomo autorevole , fatto d ' incisi dentro agli incisi , di doppie virgole a incastro e di parole difficili che finiscono invariabilmente in " one " e in " ento " . Ad un certo punto dell ' intervista il giornalista del " Corriere " chiede al ministro del Tesoro , alludendo all ' articolo da me pubblicato sull ' " Espresso " della settimana scorsa : « Un settimanale le ha mosso l ' accusa di non essersi mai opposto con sufficiente fermezza alle richieste della struttura clientelare dello Stato e d ' essere stato il becchino della finanza italiana . Lei ritiene d ' essere l ' uomo giusto al posto giusto ? » . E Colombo con bella sicurezza : « « A me tocca il dovere di dire se sono convinto d ' aver svolto le pubbliche funzioni che mi sono state affidate in buona fede , onestamente e con il massimo impegno . La mia risposta e da questo punto di vista fermamente positiva . Altro discorso è quello delle condizioni in cui si svolge oggi nel nostro paese l ' attività del ministro del Tesoro . In proposito mi sentirei di aggiungere ben poco al giudizio dell ' onorevole La Malfa . Quanto ai giudizi storici che l ' autore dell ' articolo sul settimanale cui lei fa riferimento pretende di formulare , lascerei stare . Se mai un giorno la storia della finanza italiana dovesse occuparsi della mia attività in questi anni , credo che mi toccherebbero meno righe , ma più serie » . Perché , onorevole Colombo , lascerebbe stare ? Lei dirige la finanza di questo paese da undici anni . La prese che era non dirò florida ma passabile . Ce la restituisce oggi ( anzi non ce la restituisce affatto perché continua a tenersela ) ridotta un colabrodo . E come tutta giustificazione ci viene a raccontare che lei ha lavorato onestamente e col massimo impegno . Vuole un certificato di buona condotta ? E chi glielo negherà ? Ma basta un certificato di buona condotta per fare d ' un deputato di Matera un ministro del Tesoro ? Via , onorevole Colombo , siamo seri : si sta discutendo nientemeno che della bancarotta finanziaria dello Stato italiano . « Lo Stato » , ha detto Carli nell ' intervista a " Panorama " , « non riesce più a collocare i suoi titoli tra il pubblico » . E insiste : « È necessario che il Tesoro metta ordine nei suoi conti di cassa . Se ciò non avverrà è molto difficile che la politica monetaria possa orientarsi in una direzione favorevole allo sviluppo » . Chi fa queste critiche non è il collaboratore d ' un settimanale ma il governatore dell ' Istituto d ' emissione . Gli risponderemo dicendogli che il ministro del Tesoro a vita della Repubblica italiana ha lavorato col massimo impegno ? Che non poteva fare di più ? Che « le condizioni nelle quali ha dovuto operare sono difficili , anzi impossibili » , come ha scritto sull ' " Espresso " l ' onorevole La Malfa ? Vede , onorevole Colombo , La Malfa ha perfettamente ragione ; lei no . La Malfa appartiene ad un partito che conta 10 deputati su 630; lei è uno dei leaders storici d ' un partito di 280 deputati , che da ventisette anni detiene ininterrottamente la presidenza del Consiglio , tutti i ministeri - chiave , tutti i grandi enti economici , le Partecipazioni Statali , l ' intero sistema delle casse di risparmio , i grandi Comuni che affondano in una montagna di debiti , quasi tutti i grandi enti mutualistici e , naturalmente , il Tesoro . Tra la posizione di La Malfa e la sua corre dunque un abisso . La verità è che le impossibili condizioni nelle quali il ministro del Tesoro La Malfa ha dovuto operare per otto mesi lei ha contribuito a crearle in undici anni . Per chi non le ricordasse , faccio l ' elenco di quelle condizioni traendolo appunto dalla lettera indirizzataci da La Malfa la settimana scorsa : 1 . Il ministro del Tesoro è continuamente alle prese con la schiera famelica di tutti gli altri ministri che sollecitano spese sempre maggiori . 2 . È alle prese con 22 commissioni parlamentari che votano leggi e leggine di spesa a getto continuo . 3 . È alle prese coi disavanzi incontrollabili dei Comuni e delle Province . È alle prese coi disavanzi delle aziende autonome e degli enti a partecipazione statale . 5 . Infine è alle prese con le consorterie clientelari del pubblico impiego . « Se il ministro ha coscienza delle proprie responsabilità » , concludeva La Malfa , « resisterà una settimana , un mese , due mesi , alcuni mesi , ma poi o si abbandonerà al fatale corso delle cose o si dimetterà » . Ebbene : lei onorevole Colombo non si è mai dimesso , ché anzi sta lì da undici anni . Ma a differenza di altri , lei aveva il potere politico per rimuovere quelle condizioni , che sono nate e si sono consolidate anche , se non soprattutto , a causa della sua inspiegabile passività e dell ' attivismo famelico del suo partito . Ha preferito abbandonarsi " al fatale corso delle cose " e tutto sommato ci si deve trovare abbastanza bene visto che non se ne tirerebbe fuori per nessuna ragione . Questa essendo la situazione , noi possiamo anche darle il certificato chi buona condotta che lei richiede , ma riconfermiamo che della finanza italiana lei è stato il becchino . Dopo tutto , ci sono anche dei becchini che organizzano col massimo impegno bellissimi funerali .
Sette giorni lunghi un secolo ( Mieli Paolo , 1978 )
StampaPeriodica ,
Roma . Seicento secondi , tra le nove e cinque e le nove e quindici di giovedì 16 marzo . E il tempo servito alle Brigate Rosse per uccidere cinque agenti di scorta , rapire il presidente della DC Aldo Moro , far perdere le proprie tracce e assestare un colpo allo stomaco della fragile Repubblica italiana . Senza commettere un solo errore , con una perfezione tecnica che ha prodotto nell ' opinione pubblica un disorientamento forse maggiore di quello causato dal sequestro di Moro in sé . L ' operazione scatta poco prima dell ' alba , in via Brunetti , una piccola strada vicino a piazza del Popolo . Qui un gruppo di « sconosciuti » squarcia le quattro ruote del pulmino appartenente al fioraio Antonio Spiriticchio . Scopo dell ' azione impedire al fioraio di andare , come ogni mattina , a vendere tulipani e mimose all ' angolo tra via Stresa e via Fani . Al suo posto ci sarà uno dei dodici brigatisti ( la donna ) , che farà da palo ai rapitori del presidente democristiano . Altri quattro , travestiti da steward delle linee aeree , si nasconderanno davanti al bar Olivetti , da mesi chiuso perché fallito . Gli altri sette saranno sulle cinque automobili e sulla Honda che subito dopo il fulmineo attacco porteranno i terroristi lontano dal luogo del rapimento . Alle nove e quattro compare in cima a via Fani l ' automobile su cui viaggia Moro , seguita a pochi metri dalla vettura di scorta . Il leader democristiano , diretto alla breve messa mattutina cui assiste ogni giorno , sta sfogliando i giornali seduto sul sedile posteriore . Il suo taccuino prevede una giornata molto importante : alla Camera si discute il varo del governo nato dal suo lento lavorio durato cinquantaquattro giorni . Moro continua a leggere i giornali . La scorta è tranquilla in entrambe le vetture . Dopo qualche attimo le due vetture sono superate dall ' automobile dei brigatisti , targata corpo diplomatico ; questa , appena giunta davanti al bar chiuso frena bruscamente provocando un tamponamento tra la macchina di Moro e quella della scorta . Quel che accade nelle frazioni di secondo successive non è ancora stato ricostruito con precisione ; di certo si sa solo che i brigatisti hanno colpito uno ad uno gli uomini della scorta ( solo un agente è riuscito ad uscire dalla macchina e a sparare tre colpi di pistola prima di essere centrato da un proiettile in fronte ) , afferrano Moro e si dileguano per via Stresa e via Trionfale . Di lì , almeno una parte di loro si dirige in via Belli , una stradina privata per accedere alla quale è necessario tagliare con un tronchese una catenella , poi in via Massimi e infine in via Licinio Calvo , un ' altra piccola strada destinata a passare alla storia come simbolo dell ' inefficienza della polizia italiana . Qui , infatti , alle nove e venticinque del 16 marzo i brigatisti lasciano una sola macchina ; qualche ora dopo ne porteranno un ' altra e due giorni dopo una terza . Il tutto sotto lo sguardo di polizia e autorità inquirenti . Quelle stesse autorità inquirenti che intanto fanno trasmettere per TV 20 foto di « brigatisti » la metà delle quali non sono di brigatisti , due sono della stessa persona e altre due di persone già in prigione da tempo . Ma queste non sono le sole prove di inadeguatezza e smarrimento offerte dagli inquirenti in questa settimana . La mattina di quel giovedì di passione , politici e sindacalisti avevano tenuto i nervi abbastanza saldi . Certo , l ' emozione aveva provocato qualche sbandamento : Carlo Donat Cattin imputava quant ' era accaduto all ' accordo con i comunisti per dar vita al nuovo governo Andreotti , Ugo La Malfa chiedeva l ' introduzione della pena di morte , il senatore Giuseppe Saragat suggeriva di impiegare i paracadutisti nella guerra alle Brigate Rosse , alcuni deputati DC suggerivano al ministro dell ' Interno Francesco Cossiga di dimettersi , altri erano sopraffatti da crisi di pianto . Ma nel complesso la reazione politica ( scioperi e manifestazioni convocati a metà mattina , edizioni straordinarie dei giornali di partito ) era riuscita ad arginare la paura e gli isterismi che si manifestavano qua e là nella popolazione ( accaparramento di generi alimentari e rintanamento nelle case ne erano apparsi i segnali più vistosi ) . La proclamazione dello sciopero generale , ripopolando le piazze , contribuì a sbloccare queste psicosi . Inizialmente nel Partito comunista qualcuno , come Giancarlo Pajetta , aveva giudicato sbagliata la decisione di Lama , Benvenuto e Macario di indire lo sciopero . Ma doveva ricredersi quando alle Botteghe Oscure cominciarono ad arrivare le notizie dalle fabbriche : quasi dappertutto gli operai , spesso prima ancora delle direttive delle confederazioni , avevano incrociato spontaneamente le braccia . Se lo sciopero non fosse stato indetto , si sarebbe verificato un clamoroso caso di scavalcamento . Nel pomeriggio però la classe politica commise i primi errori : il dibattito parlamentare per il precipitoso ( anche se giustificato ) varo del governo fu trasmesso in televisione senza un ' adeguata chiave di lettura , col risultato che buona parte dei telespettatori o si sentivano disorientati , o sospettarono che si trattasse d ' un diversivo dal vero , tragico problema del momento . Lo stesso presidente del Consiglio Giulio Andreotti , forse stremato dalla tensione ( fra l ' esposizione del programma alla Camera e quella al Senato fu costretto a cambiare l ' abito inzuppato dal sudore e fu paralizzato da conati di vomito ) , non offrì ai parlamentari e al pubblico quel che ci si attendeva da lui : un chiaro , esauriente punto sulla situazione . Emozione e urgenza erano comunque buone attenuanti , in quei primi errori . Più tardi , cioè nei giorni immediatamente successivi , non lo potevano più essere . I giorni successivi sono stati occupati da tutti i partiti in un estenuante susseguirsi di vertici che portavano a risultati poco vistosi . Fu senz ' altro una consolazione veder seduti a uno stesso tavolo Berlinguer , Zaccagnini , Craxi , Biasini e Romita . Ma la cosa non produsse effetti di gran rilievo . Lunghe discussioni sull ' eventualità di mettere una taglia da un miliardo sui rapitori di Moro ( si è deciso di no ) , sull ' opportunità di impiegare l ' esercito nella ricerca dei terroristi ( si è deciso di sì , dopo due giorni ) , sulla proclamazione dello stato di pericolo pubblico ( si è deciso di no ) , sull ' istituzione di un fermo di polizia di quattro giorni ( si è deciso di no ) , sul potenziamento delle tecniche e dei mezzi ( si è rimasti nel generico ) . E dopo questa sequela di esclusioni e rinvii quali misure si sono adottate ? Il governo ha riesumato i provvedimenti previsti dall ' accordo del luglio scorso . Nel frattempo la mobilitazione popolare cominciava a venir meno , il transatlantico di Montecitorio iniziava a svuotarsi ( sabato e domenica è rimasto come sempre deserto ) e il sequestro di Moro stava diventando un affare di normale amministrazione . Intanto cominciavano a parlare gli « esegeti » . Qualcuno ( il deputato comunista Antonello Trombadori , il democristiano Andrea Borruso , il neoministro del Lavoro Vincenzo Scotti ) ha intravisto in ciò che è successo alla fine della scorsa settimana quasi una prova generale in vista di un colpo di Stato , nessuno di loro si è avventurato alla ricerca di chi potrebbe tentare oggi un golpe nel nostro paese , « ma bisogna stare ugualmente attenti perché quando lo straordinario diventa ordinario » ha detto Scotti parafrasando un motto di Che Guevara , « qualcuno può tentare un colpo di Stato » . Quasi a suggerire che tra non molto tempo anche il rapimento Moro potrà essere considerato come un fatto ordinario , uno tra i tanti segnali della crisi endemica della società italiana . Se e quando accadrà , quello sarà il segno che l ' Italia è entrata in una di quelle fasi della storia ( come furono la crisi della Repubblica di Weimar in Germania , l ' assassinio di Dollfuss nel '34 in Austria , l ' ondata di terrorismo in Spagna alla metà degli anni Trenta , per non parlare di ciò che è accaduto in quasi tutta l ' America latina tra gli anni Sessanta e l ' inizio degli anni Settanta ) che sfociano nella guerra civile , nel colpo di Stato o in tutti e due . In questo senso è altrettanto sintomatica e inquietante la comparsa a Milano di un primo « squadrone della morte » ( uccisione a freddo di due giovani d ' estrema sinistra a Milano ) . Così come inquietante è il modo con cui stampa , televisione , partiti sembrano sperare che la soluzione dei problemi venuti alla luce col rapimento di Moro possa venire indagando meglio su che tipo di « testina Ibm » abbia battuto il messaggio delle Brigate Rosse , o ispezionando con maggiore accuratezza via Licinio Calvo . Fino a questo momento , non sembra probabile che polizia , o carabinieri , o guardia di finanza , o l ' esercito , o tecnici inviati dalla Germania federale troveranno la « prigione del popolo » in cui l ' onorevole Moro è rinchiuso e « processato » . Se anche ci riuscissero - come tutti sperano - i problemi posti da questo parossistico acutizzarsi della violenza politica in forme nuove e terribilmente efficaci non sarebbero risolti . Andrebbero affrontati con un dibattito approfondito , e un coinvolgimento del paese senza precedenti : prima che l ' adozione di leggi super repressive , imposte dal succedersi degli eventi prima ancora che dalla scelta del Parlamento , appaia come l ' unica via praticabile . Intanto , al processo di Torino , Curcio e suoi amici annunciano il processo ad Aldo Moro , parlando come se fossero i presidenti di un « controtribunale » . E il presidente del tribunale vero , mette a verbale .