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PAUL CÉZANNE ( CARRÀ CARLO , 1919 )
StampaPeriodica ,
Assiduo e fervido riedificatore sull ' annoso Principio della pittura , Paul Cézanne , fin dalla prima gioventù fece della coscienza di se stesso l ' ideale supremo e alla fortuna e alla facile fama antepose l ' importanza del fine . Trovandosi fra le brigate scempie dei caffè e degli ateliers parigini , benché più degli altri addottrinato , raramente interloquiva , e quando l ' osava doveva poi smaltire vane e cocenti arrabbiature . Allora , egli , si meravigliava seco medesimo di essersi scompagnato dalle solitudini della sua Provenza , da quelle vedute aperte , da quelle vallette fertili , da quelle acque lucenti e dai soli chiari di Aix . Evitare adunque più che poteva quella gente incostante e frivola della capitale , fin che non avesse ultimato i suoi studi pittorici , divenne subito la sua rarissima cura . Ridottosi a Aix a vivere rusticamente con sua sorella , Paul Cézanne , piccolo rentier , rinuncia per sempre ad avere un pubblico . E se egli ora ripiega su di sé per meglio adattare alle nuove circostanze , il suo temperamento di uomo sensibile e scontroso , tutta la sua soddisfazione la trova nel lavoro indirizzato a promuovere opere di gioia durevole . Fu così che , quasi senza accorgersene , gli avvenne di scoprire presto alcune principalissime verità pittoriche , non solo ignorate ma del tutto diverse e contrarie alle opinioni del suo tempo , e di farsi , a sua insaputa , sublime e focoso iniziatore di una nuova èra artistica . Ma quanto fosse per fa storia dell ' arte il valore delle sue invenzioni e quale la stratificazione dei suoi duri progressi , la portata delle sue conquiste , ci voleva proprio che la morte venisse , traendo , come si suoi dire , alla luce la sua opera di grande artista sacrificato ; di modo che si potrebbe ripetere di lui che passato di vita , allora finalmente fosse per vivere . Con tutto ciò , l ' incertezza sui suoi meriti persiste ad essere tale che gli stessi ammiratori della sua arte discordano grandemente fra di loro . Sarebbe quindi bene intenderci una buona volta sui punti fondamentali del suo portato , se non si vuole arrivare presto ad una forma curiosa di violenta deturpazione . Nell ' ordine intellettuale bisogna essere cauti e scrupolosamente obbiettivi , più di quello che si è per il presente perché , in fin dei conti , se quello che avvenne a lui da vivo fu cosa amarissima , quello che va succedendo ora è addirittura inquietante ; dimostrando fra l ' altro la condizione in cui viene a trovarsi la memoria d ' un uomo che fu disusatamente superiore alla propria epoca . Si urli pure contro la critica com ' è ora costume , ma per noi essa si risolve in cosa sterile solamente quando non l ' accompagnano risultanti positive . Studiando altre volte l ' opera del Cézanne , cercammo soprattutto di districare dai fatti patenti i semi riposti , e se ora riprendiamo lo stesso soggetto non perché siano variate sostanzialmente le nostre opinioni , ché anzi alcuni esempi di quelle disamine si potrebbero invocare qui con più chiara notizia . Però , innanzi ad ogni altra cosa , ci sia permesso di far osservare che oggigiorno si continua a mescolare con troppa baldanza il suo nome con quello degli impressionisti e postimpressionisti , alla maniera del gioco dei dadi , non curando se in cotesto modo si dimostri d ' ignorare che la sua personalità è sostanzialmente differente . Io credo , per esempio , che spetti assolutamente , dopo il Courbet , al Cézanne il primo posto nella pittura contemporanea , e che lo stesso Renoir gli sia di molto inferiore ; ancorché sia pronto a riconoscere che il buon decoratore di maioliche di Sèvres non manca di leggiadria e di pregi rari , puri e delicati . Ma questi suoi meriti , per quanto insigni , non credo siano tuttavia paragonabili , nell ' ambito delle differenze , a quelli di Cézanne per pienezza e costituzione . In quanto a Van Gogh , Monet , Degas , Pisarro , Toulose - Lautrec , ecc . a me basta saperli tutti - compreso il Gauguin indubbiamente superiore agli altri - a gran distanza dal Cézanne , per dire che se questi fossero vissuti in tempi più chiari non che sovrastare il nostro , mai si sarebbero levati a quella fama che ebbero e che tuttora hanno . Per dirla in breve costoro riuscirono soltanto a legare membri d ' incerta risonanza , e niuna cosa ci vieterebbe di giudicarli dall ' effetto che fanno le loro tele qualora venissero paragonate a quelle del Cézanne . Sono di quelle opere scaturite da indole che non soffre freno , per la quale la vita , prima che la bellezza , costituisce lo scopo , la qualcosa è scusabile nelle epoche di smarrimento o di ripresa ; non giungendo mai alla grandezza vera , non sopportano un puro giudizio estetico . Per queste ed altre diversissime ragioni non faremo dunque qui alcun pensiero irriverente a loro riguardo , ché anzi , per chi ben intende , le nostre stesse riserve acconsentono loro lode . E che questo sia vero o no , quello che conta è che infine il Cézanne non solo pensa per linee , colori , volumi e superfici ma tutti li avanza per senso , vigore e caldezza d ' animo , per cui riesce , in maniera tutta sua particolare , ad infondere alla sua pittura un austero imperativo che ne ingrandisce il possesso . Una mela , una pipa di gesso , una bottiglia , la cosa più ordinaria , gli è più che sufficiente per svegliarci nella mente tutto un ordine spaziato di sensazioni squisite . Possiamo anche farci una prima idea del suo stile da certi rilievi che si distinguono per tono , atti in modo singolare a tenere in gran parte il nostro animo e a rinnovarlo con diversissimi aspetti . Con ciò non si vuoi mica dire che tutte le sue opere siano egualmente in tutti i punti vive e sostanziose ! Ma Paul Cézanne era nato veramente per dipingere come gli uccelli son nati per volare . Nessuno più di lui ebbe in odio le invenzioni meccaniche , né più di lui alcuno ha sentito in modo così intimo e profondo il problema di ottenere col puro impiego dei mezzi pittorici un massimo di espressione . Così in lui la colorazione si fa sostanziale nel tono che ha l ' ufficio di rialzare i volumi , la luce si fa peso in una materia omogenea e carnosa , che è il lato più profondo del suo genio drammatico . Così la sua gioiosa alchimia si appesantisce a poco a poco in un agglomerato di pennellate quadre e digradanti per meglio fissare alcuni risultati positivi . Fin da questo momento si potrebbe dire che Cézanne si stacca risolutamente dalla scuola impressionista . Ora le sue sensazioni vengono inserite sul " principio delle evidenze " e si adagiano in movimenti che hanno cessato di svolgersi . Ma il suo istinto eroico non gli permette d ' indugiare in cotesto genere di compiacenze sensuali , più di quello che comporta la coscienza della differenza che corre tra un ' arte che lavora sul puro naturale visivo e quella che , pur non negligendo lo studio della realtà esterna , ha per fine certi aspetti metafisici . Volle adunque il Cézanne , aggiungere al senso della naturalezza e della concezione viva e diretta una corrente di classicità , nella quale il trasparire del fine e il volontario assoggettamento a severa legge si facessero valere . Certamente tra un ideale e la sua forma sensibile vi è sempre un grande divario e anche nell ' opera sua dobbiamo riconoscere che non sempre la forma trova espressione piena e gagliarda . Tuttavia , i suoi propositi nuovi essendo rivolti ad un ordine e ad una percezione d ' arte di non limitata irradiazione , ancorché la perfetta corrispondenza della forma allo scopo gli sia irraggiungibile , l ' idea che si è fatto ora del quadro lo conduce , pure attraverso ansie e incertezze , al portamento fiero e dignitoso delle forme . Colui il quale si è procurato il piacere squisito di ricercare per suo conto quest ' ordine superiore , sa che questo non è esercizio intellettualistico ma istinto ritrovato e sete di un più ampio possesso , e potrà quindi affermare , senza tema di cadere in rimorso , che l ' arte del Cézanne come la vita è uno slancio che tende ad una conchiusione , e che non si limita a voler essere l ' espressione d ' un temperamento entusiastico , tutto febbre e fuoco , al quale gli elementi intellettuali servono come qualità occasionali . Spirito colto e austero , Paul Cézanne cerca la soluzione del problema plastico non del " motivo " , che è concetto limitato al giuoco delle masse , delle linee , dei colori , dei lumi e delle ombre , . ma nel " soggetto " , che , lungi dall ' essere letteratura , è problema di superficie e di profondità , linguaggio poetico dell ' anima . Siamo nella seconda fase della sua arte . Ora le stesse " nature morte " non gli appariranno più che come buona materia versata su di un tessuto accidentato , o come dire " saggi " staccati di una unità più vasta e complessa . Per le stesse e simili cause egli è portato a ricercare la sostanza degli antichi ordini naturali e le antiche norme dell ' arte , mirando a perfezionarle e a rifonderle col nuovo spirito . Il che sarà sempre gran merito suo , dato che quando si volle andar oltre e rinnovare sui punti fondamentali , non che non riuscirvi , si tornò indietro , e venne meno quello che s ' era faticosamente acquistato . Niuno può infatti sapere fin dove sarebbe montato il male senza il suo vigoroso intervento . E se ciò non costituisce la maggiore delle sue doti , le cose dette servono abbastanza per farcelo più vicino , più umano , più nostro d ' ogni altro pittore di quel tempo . A questo punto Paul Cézanne , sente le prime ondate di quello che si potrebbe chiamare il suo " umanismo plastico " , in cui taluni scrittori vollero scorgere la cagione principale della sua rapida decadenza . Ma se anche fosse probabile che " rifare il Museo davanti alla Natura " era una delle sue insane fissazioni , dobbiamo però ammettere che questo concetto non è poi tanto balordo se può tuttora servire per farci rigorosi e severi con noi stessi . Infatti a noi sembra che anche il Cézanne ne abbia tratto reale giovamento da quest ' idea del duraturo , ancorché la pittura oramai gli venga giù in apparenza meno bene di prima . Si direbbe che la sua rigorosa tecnica si sperda e si sprofondi in vaghi umori melanconici e ondeggi in rapporti lontani . Ma se la ricca materia non fluisce più in forme condensate ed energiche e gli elementi , che gli erano divenuti famigliari , gli pongono degli strani inconvenienti o devono essere da lui alterati per necessità del nuovo concetto costruttivo ; se c ' è sempre una parte che gli sfugge ; una zona che non è stata osservata ; se gli è difficile afferrare la sintesi della visione ; non per questo le sue figure e i suoi paesi pencolano in una espressione contrastata ; ché anzi simili constatazioni confermano vieppiù l ' interesse con cui la sua lucente volontà rinuncia alla ricchezza apparente per una misura di semplificazione essenziale . Mai come ora le distese , le colline , i casali gli apparirono in tutto il rilievo della loro immobile esistenza e la divinità plastica dell ' essere umano gli fu più presente . Osservando il processo elaborativo della sua arte si deve dunque ammettere che se la sua succolenta materia si è impoverita nei sali , non per questo dobbiamo escludere si tratti del graduale sviluppo dei medesimi pregi ; perché infine i suoi presagi sono leali e opportuni e le opere successive ne chiariranno la prudenza . Infatti , come poteva un pittore abituato a scrutare di continuo sé stesso e similmente i suoi rapporti colla natura , non accorgersi che nella sovrabbondanza dei succhi egli andava apparecchiando al sentimento genuino dell ' arte una sopravvivenza di elementi artificiali ? Come poteva non accorgersi che questi elementi tecnici illudono con un falso interesse sensuale apparendo come i più fini pregi dello stile mentre ne costituiscono in realtà i vizi maggiori ? Che importa che ci siano dei pittori detti grandi che di questo genere di decadenza fanno un ' applicazione sistematica e che sovrattutto i giovani siano sempre pronti ad ammirarli proprio per ciò che essi hanno di deteriore ? Nessuna meraviglia quindi che oggi si esalti il lato decadente delle " nature morte " cézanniane e pochi si curino di ricercare le ragioni per le quali egli si affaticò tanto per liberarsene . Concluderemo questo punto del nostro discorso dicendo che i " giocatori di carte " , " l ' arlecchino " costituiscono i primi approcci ad una più complessa realtà che si esaurisce nei " satiri " e nelle variazioni delle " bagnanti " . Ora , egli vorrebbe riprendere gli stessi " ritratti " e i suoi vecchi " paesi " per inserirli in un soggetto trascendente la composizione . Evidentemente i gravi gorghi spirituali non gli danno più le vertigini . E non dobbiamo dimenticare , volendo stabilire il giusto significato dell ' arte cézanniana , che la pittura dopo il Coubert si era limitata ad una parte puramente disegnativa o pittoresca , e che soltanto col nostro ritentò un ' immediatezza d ' immersione totale senza però rinnegare il modi antichi . Qui risiede forse l ' intimo e perfetto valore che lo ricongiunge direttamente con la tradizione , intendo dire la nostra , italiana . Ma per specificare meglio la nostra idea , aggiungeremo che egli risolve il problema plastico alla maniera dei veneziani e cioè nel colore - tono più che in quella lineare che vien da Giotto e da Masaccio . Egli sente che la tradizione perde ogni diritto solamente quando non trova un ' eco nell ' anima dell ' artista . Ma dai modelli classici egli non domanda che la prima spinta . Si potrebbe fare a questo punto una erudita ricerca delle geniture e tirar fuori il Greco , il Tintoretto ed altri illustri , ma siccome questo bisogno di rientrare nella regola si fa sentire soltanto quando il pittore sente di avere in sé medesimo i germi della storia , e analoghe avvertenze si ritrovano in tutti i migliori ingegni fioriti nei secoli , a noi questa ricerca appare piuttosto superflua . Non è il caso qui di ricordare che l ' ingegno è sempre indipendente e non procede affatto per meccaniche derivazioni , come erroneamente credono le nature incolte e primitive . Tuttavia un buon punto di partenza facilita in tutti casi la via , essendo che ogni ideale , vago da principio , si segna a mano a mano nelle esperienze , si contorna e si colorisce . Ma rientriamo in argomento che non è questo il luogo per vedere come le idee nascono , ma soltanto come s ' inquadrano nella realtà dei fatti . Paul Cézanne nega l ' impressionismo e perché sa che le relazioni fra le cose mutano senza fine e che il loro numero è incalcolabile . Chi cerca nei corpi la risultante di rapporti geometrici rompe la legge che è risoluzione essenziale . Allontanarsi dal procedimento del puro chiaroscuro e rigettare la " negazione impressionista del tono locale " era , non v ' è dubbio , una di quelle arditezze da spiacere a tutti ; tanto a quelli che erano rimasti attaccati al concetto d ' una pittura il cui centro essenziale rimanesse impassibile , quanto agli altri che per risentire le forze circostanti deformarono il centro essenziale e si esaurirono in una mera speculazione numerica della luce . Nessuna meraviglia che ambo le scuole non potendo riconoscerlo come uno dei loro , si adoperassero a lasciarlo più che mai nella sua aspra solitudine . Crediamo di aver chiarito al lettore come intendiamo noi i dati dell ' arte cézanniana e se le nostre parole spiaceranno a molti e però ce le apporranno a difetto , diremo che non è in nostro potere il dare ad essi significato diverso . Agli occhi della nostra generazione l ' immagine di Paul Cézanne si fa sempre più viva , eccita la fantasia e serve d ' impulso e di esempio nei nuovi tentativi vittoriosi . Eppure se ammettiamo che la sua opera sia sommamente degna di essere posta a perpetua lode , avendo il Cézanne ritrovato uno stile austero e gagliardo , un ' eloquenza pittorica che può parere roba di altri secoli , noi crediamo altresì che se la sua opera ci vieta di retrocedere ci offre anche un impegno che obbliga a progredire . Ripigliarsi quindi ai suoi dettami è certamente cosa degna ma non si dovrebbe mai obliare che la materia su cui versano le operazioni dell ' arte si modifica per successo di tempo e con essa variano anche i mezzi . Ancorché , Paul Cézanne , sia l ' unico pittore dei nostri tempi , che abbia saputo disegnare sobriamente alcune fattezze delle cose nella loro compostezza riposata , non si può disconoscere che nella sua opera i caratteri e le situazioni prevalgono quasi sempre sul contenuto . Si deve dunque concludere che nell ' atto della creazione se egli aveva la padronanza della materia divenuta forma , non sapeva però adottare la forma ad un contenuto pensato preventivamente . Malgrado ciò , e per non essere fraintesi , ripeteremo che quando il suo rispetto alle cose si appalesa in forma colta e bene individuata , egli , meglio , di ogni altro pittore moderno , con pochi segni e tocchi ci fa errare in un delirio dolcissimo . E basterà riconoscere i lati particolarmente espressivi delle sue pitture , per porlo fra i maggiori che abbiano contribuito a sviscerare qualche verità sostanziale . Abbiamo certamente tralasciate cose assai e toccherà ad altri riempire il vuoto . Se non è valso a dimostrare come ha veduto la realtà , né , quello che più conta , come ha saputo fermarla in un numero ragguardevole di opere , questo grave , ombroso e sagace solitario , riandando al quale “ Mestizia e terror mette nel core ” , quello che si è detto nelle presenti note avrà tuttavia concorso - non sembri audace pensarlo - a far capire , se non altro , quanto la sua arte sia difficile a definirsi , per il suo contenuto umano , e per quei caratteri peculiari da cui la sua forma plastica traeva la più pura espressione .
Il grande Lama e i piccoli indiani ( Mieli Paolo , 1977 )
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Roma , giovedì 17 febbraio . Passerà alla storia come « quel giovedì grasso del '77» in cui Luciano Lama , segretario del più grande sindacato comunista d ' Europa , fu preso a sassate dagli studenti ultras e costretto a lasciare la cittadella universitaria romana . Quasi sicuramente gli storici che nei prossimi anni si occuperanno di questi fatti lasceranno da parte le polemiche sulle origini materiali degli incidenti ( chi ha dato il primo spintone , la prima bastonata , chi ha tirato il primo sampietrino ? È più grave lanciare sacchetti di vernice sui sindacalisti come hanno fatto gli « indiani metropolitani » o innaffiare col getto di un estintore gli studenti come ha fatto un membro del servizio d ' ordine del PCI ? ) e si dedicheranno alla ricerca delle cause di quello che quasi all ' unanimità e un po ' ingenerosamente è stato definito l ' « errore di Lama » . E cosa diranno di questo errore ? Che è stato generato dalla convinzione di poter riportare l ' ordine nelle università con un misto di forza e di consenso ; che è stato reso possibile dalle false informazioni che il segretario della federazione comunista romana Paolo Ciofi , alcuni sindacalisti della CGIL - scuola , il segretario della Federazione giovanile comunista Massimo D ' Alema avevano trasmesso per quattordici giorni ai vertici del PCI ( « Andrà tutto liscio come l ' olio » aveva detto Ciofi la sera prima degli incidenti ) ; che è stato favorito dalla mancanza di precauzioni « psicologiche » come per esempio incontri tra sindacalisti e rappresentanti degli studenti , diretti ad allentare la tensione : una tensione che aveva raggiunto l ' apice proprio quel giorno ( alcuni lavoratori del PCI avevano forzato il blocco degli occupanti ai cancelli dell ' ateneo e la sera la Camera del Lavoro aveva chiesto la riapertura dell ' università ) . Ma la storia non ammette recriminazioni . I lamenti ( « Perché noi comunisti eravamo tremila e non trentamila ? » ) , le tardive esortazioni ( « È una questione di ordine pubblico : bisognava mandare subito i carabinieri a sgombrare l ' occupazione » gridava Giuliano Ferrara dirigente del PCI torinese ) , i giustificati timori ( « Se Cossiga fa sgombrare adesso l ' università sembrerà però che noi sindacalisti abbiamo bisogno della polizia per far valere le nostre ragioni » ) che quel giovedì nero animavano la discussione davanti alla sede del PCI di via dei Frentani , appena pronunciati venivano già superati dai fatti . Il ministro dell ' Interno aveva immediatamente deciso di sfruttare la situazione per espugnare l ' università e rilanciare la campagna sull ' ordine pubblico , accolta con ovazioni di consenso di tutta la stampa . I giornali , anche quelli che in passato avevano più strizzato l ' occhio al PCI , si rivolgevano al « grande partito della classe operaia » in tono brusco e risentito : « Ma come ? , vi stavamo spalancando le porte del governo nella speranza che riportaste l ' ordine nelle fabbriche e nelle piazze e ora scopriamo che non ne siete capaci » . Lentamente si metteva in moto anche il fronte di quelli che sperano nel ritorno a un governo di centrosinistra : dai democristiani di osservanza fanfaniana ( « Eccoli qui i comunisti di sempre , illiberali e prevaricatori » ) ad alcuni settori del PSI ( un dirigente della Federazione giovanile socialista ha dichiarato in un ' assemblea ad architettura : « Avete ragione voi , la venuta di Lama nell ' università è stata una grave provocazione » ) , erano tutti all ' erta . Il PCI si è sentito alle corde : Lama continuava a ricevere telegrammi di formale solidarietà ma appena chiedeva uno sciopero o almeno una manifestazione di solidarietà che lo riconfermasse leader prestigioso di un grande sindacato , riceveva risposte elusive . Nelle sezioni e nei consigli di fabbrica le spiegazioni ufficiali ( « Quell ' università lì è una Reggio Calabria zeppa di provocatori , fascisti , figli della borghesia agiata » ) erano accolte con sufficienza e in molti casi apertamente discusse ; nelle piazze che il sindacato , per le sue divisioni interne aveva lasciato deserte , non riusciva a riempire , affluivano invece , fin dal sabato , decine di migliaia di studenti inscenandovi manifestazioni che lasciavano poco spazio al teppismo . Conseguenze . Per la prima volta dall ' autunno del '69 , quando fu espulso il gruppo del Manifesto , il PCI è stato percorso da un terremoto interno di discussioni che continueranno per molte settimane . E l ' autocritica che la direzione del PCI si è fatta il 19 febbraio ( « È mancata da parte nostra una piena e immediata comprensione del clima che si era creato nell ' ateneo » ) contribuirà ad alimentare il dibattito . I termini del problema sono semplici . C ' è un partito che si presenta come « partito di lotta e di governo » e che una volta messo alla prova davanti a un movimento di massa è costretto a battere in ritirata fornendo spiegazioni improvvisate e convenzionali ( « È un fenomeno fascista » ha affermato Gianni Cervetti , membro della direzione del PCI davanti agli operai milanesi dell ' Alfa Romeo riuniti a congresso nella sezione Ho Ci - Minh ) . C ' è un sindacato che ha paura di mobilitarsi su temi estranei alla difesa del salario perché non vuole disperdere le sue energie , ma teme anche che , una volta decisa la ritirata su un fronte , ci sia il rischio di diventare vulnerabile anche su tutti gli altri fronti . Cosa accadrà nei prossimi giorni ? Esaminiamo le mosse che presumibilmente faranno i protagonisti di questa vicenda . Il movimento degli studenti . Lo scontro con Lama , per loro , è stato provvidenziale . Nei giorni precedenti quel giovedì grasso il movimento degli studenti aveva conosciuto una fase di stanca tale che l ' avrebbe potuto portare alla dissoluzione . La visita di Lama lo ha rilanciato . Nelle ore di battaglia calda contro il servizio d ' ordine del PCI e del sindacato , contro il senato accademico e la polizia , gli studenti ultras hanno ritrovato l ' unità e la galvanizzazione perdute . Ora si dettano obiettivi « mobilitanti » : « Rioccupiamo appena possibile l ' ateneo e riprendiamo a batterci per gli appelli d ' esame settimanali , per l ' orario a cartellino dei professori , per l ' università aperta il sabato e la domenica , per i corsi serali , per la ristrutturazione dell ' insegnamento » . Ma gli obiettivi reali del movimento non riescono a definirli . Senza questi è probabile che gli studenti conosceranno una seconda impasse . Come fare allora ? Sabato e domenica prossimi gli studenti di tutta Italia si incontreranno a Roma per discuterne . Probabilmente metteranno a punto un programma che le forze politiche dovranno valutare con grande attenzione perché sarà il testo base a cui faranno riferimento i disoccupati intellettuali italiani . Cosa chiederanno ? Nientemeno che il salario generalizzato per tutti coloro che hanno più di diciotto anni . Poi chiederanno , anche , la diminuzione delle ore di lavoro nelle fabbriche e l ' aumento invece di quelle di studio per gli operai . In questo modo sperano che si creino nuovi posti di lavoro . Si tratta in altre parole di trasformare le 150 ore in 500 ore di studio annuali per ogni operaio . Soluzione , com ' è facile arguire , del tutto utopistica . Il Partito comunista italiano . Cosa farà il PCI lo ha annunciato con un articolo sull ' « Unità » Alberto Asor Rosa , l ' unico intellettuale comunista che abbia capito fin dai primi giorni cosa stava succedendo nelle università . « Noi comunisti » afferma Asor Rosa « abbiamo fatto la scelta di difendere un tipo di società in trasformazione al cui centro sta la classe operaia organizzata . Gli studenti sono invece una " seconda società " , che intende scaricare addosso alla società che noi difendiamo un turbine distruttivo . » D ' altra parte , continua Asor Rosa , come possiamo stupircene ? « L ' austerità ha un senso in quanto è rivolta ai settori produttivi della società , ai lavoratori , i quali in quanto produttori e consumatori al tempo stesso possono se vogliono calibrare un rapporto diverso tra questi due aspetti della vita . » Ma chi non lavora , e ha la prospettiva di non lavorare e non guadagnare per anni , come fa a praticare su se stesso l ' austerità ? Come fa a ridurre i consumi chi non consuma niente ? Tra le righe Asor Rosa denuncia l ' assenza di una proposta del PCI nei confronti dei disoccupati . E si può leggere anche un invito alla chiarezza : se il PCI ha deciso di difendere ad oltranza gli occupati lo dica , e non si stupisca poi se i disoccupati reagiscono anche contro di lui . Oltre a questo problema generale c ' è poi la questione più specifica della riforma universitaria . Come può il PCI , dopo aver appoggiato per dieci anni la « scuola liberalizzata e di massa » , favorire adesso la creazione di una università che sforni quadri veramente selezionati da inserire nei gangli del sistema produttivo per rimetterlo in moto ? Qualcuno a mezza voce suggerisce l ' unica risposta possibile : accordare il salario minimo ai disoccupati e ricominciare con la scuola selettiva a partire dalla prossima generazione . Si chiede , cioè , alla società un sacrificio per sostentare la generazione che ha compiuto gli studi tra il 1968 e oggi , in vista di prepararne una culturalmente e professionalmente più attrezzata . Il sindacato . Di quel che farà il sindacato si occupa Sandro Magister nell ' articolo che segue . C ' è però da sottolineare un elemento . Se il PCI decide di seguire i suggerimenti di Asor Rosa e cioè di difendere ad oltranza gli operai occupati , sarà quasi inevitabile che questi entrino in rotta di collisione con i giovani disoccupati . Quel giorno il movimento operaio italiano non si potrà presentare all ' appuntamento con in tasca soltanto l ' accusa di « fascismo » da lanciare contro i senza lavoro arrabbiati . Anche perché può succedere che , nel clima incandescente che si verrebbe a creare , gli stessi operai occupati si uniscano alla battaglia contro « l ' aumento della produttività basato sull ' intensificazione dello sfruttamento » . Non sarebbe la prima volta , nella storia , che un sindacato forte e potente viene travolto sotto il fuoco concentrico del governo , degli industriali , degli operai stanchi e dei disoccupati arrabbiati .
STORIA DEL MELODRAMMA ITALIANO ( MALIPIERO FRANCESCO , 1919 )
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In Italia , durante il XVI secolo e per buona parte del secolo XVII , vissero molti musicisti , i quali , invece di dar sfogo alla loro ispirazione , erano affetti da una strana mania contrappuntistica , che valeva appena a rivelare la loro grande abilità tecnica . " Naturalmente " i compositori di questo tipo furono numerosi . A titolo di curiosità ancora oggi si ristampano e , di quando in quando , si eseguiscono le opere di un Pierluigi da Palestrina , di un Gesualdo da Verona ; e di qualche altro , ma tali esumazioni lasciano il tempo che trovano . La puerilità e , allo stesso tempo , la temerarietà dei cosidetti polifonisti erano ineffabili . Un certo Orazio Vecchi osò persino scrivere una commedia musicale in istile madrigalesco che intitolò : Anfiparnasso . Manca di ogni ispirazione melodica e anche l ' infimo dei nostri " cantanti " non troverebbe in questa elocubrazione accademica la possibilità di sfoggiare le sue qualità canore . Verso la fine del cinquecento e al principio del seicento , a Firenze , una combriccola di intellettuali si cacciò in testa di resuscitare la tragedia greca , creando un pseudo - melodramma , che con l ' opera d ' oggi non ha nulla a che fare . Questa combriccola , chiamata anche Camerata fiorentina , s ' illudeva d ' imprigionare il genio musicale nel cervello e perciò le opere che ci ha tramandato sono tutte cerebrali . In esse si cerca un ' espressione musicale parallela all ' espressione poetica e drammatica ; ne viene di conseguenza che l ' ispirazione , cioè la vena melodica , deve adattarsi a deplorevoli rinunzie . Soltanto a un musicista del XVII secolo , che oggi alcuni musicomani osano collocare fra i genii della musica , si deve una grande riconoscenza : a Claudio Monteverdi , " inventore " di quell ' accordo di settima di dominante che nell ' ottocento divenne una delle più potenti energie musicali , sopprimendo tutti gli altri accordi , meno quello della tonica necessario per finire i differenti brani musicali ( arie , duetti , ecc . ecc . ) di cui è composto un melodramma . Dall ' alternarsi dell ' accordo , di dominante e tonica , di tonica e dominante , nacque appunto lo stile cadenzato , cioè quello stile delizioso che , negli ultimi cent ' anni , ha permesso di fruttare le belle voci e le immense miniere di melodia che abbondano in Italia , specialmente dove fioriscono limoni ed aranci . Nel passato in Italia vi furono musicisti che si dedicarono alla musica da camera , all ' oratorio , alla musica istrumentale , forme musicali più adatte ai popoli nordici e che vennero distrutte , nell ' ottocento , dal fascino della melodia intensificato dall ' interpretazione dei nostri sublimi cantanti . Sarebbe ingiusto dimenticare ciò che dobbiamo pure al settecento : quantunque già nel seicento i seguaci della Camerata fiorentina avessero tentato di sviluppare le " arie " , fu il settecento che determinò definitivamente la forma dell ' opera " a pezzi " che permette il completo trionfo del cantante . Più si confronta l ' epoca aurea dell ' opera italiana , l ' ottocento , con quelle precedenti , più ci si convince che essa non ha " quasi " nessun debito di riconoscenza col passato , per la mancanza di legami materiali e ideali con questo . L ' ottocento musicale italiano è un ' immensa " gola " da cui sgorga un torrente di melodia . L ' orchestra , che nel settecento cominciava a diventare pericolosa , vi è soppressa , l ' armonia vi è bandita , si canta come le cicale sotto il bel sole italico . Il canto è riuscito dunque a sopprimere la musica ed è molto strano che si sia poi confuso il canto non pure con la musica , ma col dramma , quantunque l ' evoluzione di questo genere sia stata tale da considerare quantità trascurabile tutto ciò che non torni utile al cantante . Si canta perché si canta , e grazie a questa esuberanza a poco a poco si è potuto organizzare la grande esportazione della melodia e dei cantanti , si son potute istituire solide aziende commerciali , le quali hanno monopolizzato la musica italiana , sfruttando così una delle più singolari manifestazioni del genio latino . Per merito dell ' America e di qualche altro paese di cuccagna , si son potute accumulare considerevoli ricchezze che furono di grande utilità per il nostro paese . I musicisti arrivati amarono sempre il lusso e una vita " comoda " . Persino l ' industria automobilistica ne ha risentito parecchi vantaggi . Bella è poi la lotta che tiene deste tante energie per la conquista del titolo di " cigno nazionale " che può essere conferito soltanto a un " operista " . È questa una grande tradizione che suscita in tutti gli italiani la scintilla del nazionalismo . Spetta al melodramma anche il merito di aver resa famosa la musicalità italiana , che è stata apprezzata e riconosciuta in tutto il mondo , tant ' è vero che , quando l ' Italia entrò in guerra , alleati e nemici si stupirono che i soldati di un popolo tanto canterino potessero sopportare il fragore delle cannonate !
Un naïf in casa Marx ( D'Amico Fedele , 1975 )
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In un ' edizione per ogni verso superba e , come tutti sanno , con successo grandissimo , la Scala ha presentato al Teatro Lirico 1'«azione scenica » di Luigi Nono Al gran sole carico d ' amore : messa in scena , sotto la bacchetta di Claudio Abbado , da un ' équipe sovietica ( Jurij Ljubimov primo regista e David Borovskij primo scenografo del Teatro alla Taganka di Mosca , Leonid Jakobson coreografo del Kirov di Leningrado ) , solisti di canto Slavska Taskova Paoletti , Kristina Goranceva , Franca Fabbri , Luisella Ciaffi Ricagno , Eleonora Jankovic , Mario Basiola , Federico Davià , Gianni Socci , prima ballerina Rosalia Kovacs , maestri del coro Romano Gandolfi e Vittorio Rosetta . Forse a intendere che cosa questo Nono - Ljubimov sia sarà bene chiarire subito che cosa non è : non è quel messaggio « politico » , anzi marxista , che s ' è preteso . Marxismo salvo errore è critica , analisi dialettica , indagine su perché e percome ; e la politica in genere , qualcosa di simile . Ma da questo ci estromette , qui , già la struttura del testo . La quale , nonostante il sottotitolo , non un ' « azione » ci offre ma un collage d ' interiezioni : un seguito di detti , versi , battute ( di Che Guevara , Brecht , Gramsci , Marx , Lenin , Tania Bunke eccetera ) , a evocare immagini della Comune , di Cuba , Viet Nam , Torino postbellica , Russia 1905 ( accuratamente esclusa restandone beninteso , « nel quadro » d ' un asse Giudecca - Mosca , la Cina ) . Ma immagini , appunto , fotogrammi : con oppressori soltanto oppressori di qua , e oppressi soltanto oppressi di là . Nono , è vero , ha dichiarato di proscrivere la « contrapposizione di personaggi positivi e negativi » quale « elemento di schematizzazione estremamente superficiale » ; ma in pratica tale contrapposizione si riscontra anche in questa sua ultima fatica , che pure estremamente superficiale non è . Nell ' interesse dunque della medesima ci permettiamo di correggerlo : non è necessariamente superficiale , soltanto non è marxista ; piuttosto , riuscirà moralistica , forse sentimentale . Il marxismo non sta nel ridurre il « borghese » a un protervo delinquente bensì nel rivelare la parte , complicata alquanto , che la « borghesia » nel processo della storia sostiene . Il che non vuol dire che alla scena in cui la tuba di Thiers , razzisticamente vilipeso come un disgustoso nanerottolo , è presa a calci da un Bismarck cavalcante una specie di tubo Innocenti , ovvero al sarcastico e coreograficamente geniale ballet noir che la segue , l ' inventore del marxismo non si sarebbe divertito . Perfino superflue vengono poi rese queste considerazioni dalla realizzazione musicale , dove novantanove parole su cento non raggiungono lo spettatore e innumerevoli « voci » , estrapolate come sono da personaggi visibili , risultano materialmente irrelate ad alcunché . Come potrebbe Gramsci farcisi presente se non solo la sua unica battuta non arriva al nostro orecchio , ma il suo fisico personaggio non è in scena ? Pensare che tra i capi d ' accusa di quegli assessori milanesi che volevano interdire il lavoro come propaganda di partito era la presenza di Bandiera rossa ; della quale neppure l ' orecchio supersonico di Abbado potrebbe estrarre , dal groviglio della partitura , le parole né le note . Accertare , all ' inizio , che siamo ai giorni della Comune è già difficile ; ma chi poi , nella donna che dopo le prime incomprensibili battute del coro ne intona un ' altra incomprensibile non meno , ravviserebbe mai quel collegamento tra la Comune e la guerrigliera caduta in Bolivia un secolo dopo che l ' autore asserisce di proporci ? Che ora siffatti ermetismi , questo celare le chiavi d ' un significato in allusioni e antefatti affidati al programma di sala , delle liturgie del negativo praticate dall ' avanguardia d ' oggi siano un elemento indispensabile , è ben noto ; sta nelle regole del loro gioco . Ma con i fini di quest ' avanguardia la ferma tendenza di Nono al positivo e all ' immediatezza agitatoria ha ben poco a che fare . Diversamente da coloro , Nono è ciò che appare : stavolta dunque , è il combinato disposto tra ciò che la musica e lo spettacolo sensibilmente ci esibiscono ; ritraendosi le Tanie , i Viet Nam , gli assalti al Moncada , in una nebbia di ipotetiche allusioni . Laddove l ' assunto generale non è nebuloso affatto , consistendo in una serie di variazioni su un tema ben elementare : la povertà insorge contro il potere , ne è brutalmente repressa , piange la sconfitta , torna ad insorgere , è di nuovo conculcata e così via . Allo spettacolo sono affidate le variazioni ; che la fantasia e la scenotecnica di Ljubimov centrano come più icasticamente non si potrebbe . Alla musica invece il tema , l ' invariante , l ' « ostinato » ; ch ' essa fornisce , al suo modo naif , benissimo . Conta infatti , questa musica , su pochissime corde , ognuna tesa a una sua funzione , e immutabile da cima a fondo . Così la « repressione » è nell ' orchestra , che a parte moderate truculenze della percussione si fonda ossessivamente sui clusters ( cioè « grappoli » di note cromaticamente adiacenti ) assegnati , di volta in volta , a timbri omogenei ; mentre gli sfrigolii dei nastri elettronici ( realizzati con la collaborazione di Marino Zuccheri ) suggeriscono ovviamente inquietudine , sventura . Alle voci è affidato invece il pianto degli oppressi : nello sfondo alle lacrimanti , in distinte polifonie da ex voto dei cori , in primo piano alle canore volute delle soliste , sfogate su grandi sbalzi di registro fino alla stratosfera dei sovracuti . E in queste appunto è l ' acme espressiva del tutto : perché nell ' idea della donna come verifica « naturale » dell ' umano , dunque nella voce femminile , è l ' ispirazione prima del lavoro ; e perché quei loro arabeschi non sono melodie compiute ma indeterminati aneliti verso la melodia , struggente gemito di prefiche che va lamentando la sua stessa impossibilità di costituirsi in discorso . Giacché ancora una volta la differenza fra Nono e l ' avanguardia « negativa » è qui ; ciò che in coloro è strangolamento del canto , in lui è ingenua tensione a raggiungerlo . Ma stavolta , collocata come pedale a quella lanterna magica , questa tensione significa , nei suoi limiti , più che mai . A meraviglia l ' organica afasia di Nono , questa « infanzia » in cerca della parola , riflette il disarmante candore con cui vittime sprovvedute aspirano ad un riscatto del quale non riescono a configurarsi i termini . E quanto ai clusters . Si pensi all ' abuso che ne fa un Penderecki . Ma quale differenza . Senza dubbio la maestria di Penderecki sta a quella di Nono come dieci a uno . Ma dei suoi arnesi Penderecki usa al modo dell ' industriale che cinicamente sceglie di produrre mitra o medicinali in base a pure considerazioni di mercato . Invece Nono usa i suoi solo in quanto mezzi adatti ad esprimere quel punto esclamativo che è l ' alfa e l ' omega della sua Weltanschauung ; dunque perché , semplicemente , ci crede . Ora appunto questo crederci , questo aver qui creduto , Nono , in quel che faceva , si comunica allo spettatore , lo riscalda e convince . L ' amore di cui questo suo sole è carico non sarà così sublime come ci vanno raccontando , ma è autentico , una verità . Mentre i vari diavoli di Loudon e passioni secondo san Luca son carichi soltanto di ben costrutte menzogne .
LISTA BLOCCATA DE 'LA RONDA' ( MARGUTTE , 1919 )
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La seguente lista fu respinta dalla Prefettura di * * * per esser giunta con tre ore di ritardo . Chi la portava cadde da cavallo . Il male si è che s ' eran anticipati parecchi quattrini , le schede bell ' e stampate e , quel che più conta , impegnato il nome di gente di molto merito . Il contrassegno della scheda era il tamburino che si vede sulla copertina de La Ronda ( Roma , Piazza Venezia , 88 ) . Peccato ! Ma sarà per un ' altra volta . VINCENZO CARDARELLI . Pubblicista . Nato in vista del mare Tirreno , in terra etrusca . Il secolare travaglio della vita l ' ha fatto esperto dei vizi e dei valori umani . Soffrendo d ' insonnia , le pensa tutte : e certe volte vicino a lui ci si sente inquieti come in una foresta d ' alberi genealogici che cominciassero a mormorare . La sua gioviale e provocante camerateria si stampa profondamente nella memoria delle persone di passaggio . Gli amici rodono il freno , ma non se ne possono distaccare : perderebbero uno spettacolo troppo bello : di Cardarelli ce n ' è uno solo . Nondimeno i cocciuti girano al largo . Avendo da ragazzo cominciato a scrivere con tutta la sua testa fu detto subito che avrebbe fatto strada . Da principio fu redattore dell ' Avanti ! e propagandista ; ma voltosi poi tutto alle discipline letterarie vi fece un ingresso da padrone . Ammoniva e parlava come un fondatore . Tuttavia non si lasciò prendere dalle brutte febbri del nuovo e tenne fede ai grandi scrittori e alla vecchia umanità . Stampati i Prologhi , illuminazioni antelucane e canzoni di primo mattino , scrisse i Viaggi nel tempo . Esercitò per un anno la critica teatrale sul Tempo , lasciando di sé un dolceamaro ricordo ad autori , attori , comparse macchinisti e pubblico . Ora sta lavorando alle Favole della Genesi , che è come dire che rifà il mondo da capo , e con più criterio di prima . EMILIO CECCHI . Esquire . Nato a Firenze al tempo della Regina Vittoria . Come a tutti i veri scrittori il padre contrariavane l ' onorata vocazione delle lettere facendolo meglio atto ai fòndaci e alle dogane . Per non disobbedire il fanciulletto impiegava tutti i ritagli del suo tempo ad apprendere i principi delle lingue classiche e moderne , facendosene in breve ora padrone e conquistando , appena possibile , un posto di prim ' ordine nella giovane letteratura fiorentina , offrendosi a covare per suo conto le uova dei letterati più in voga e rompendole poi tutte allegramente . Critico letterario prima della Voce e poi della Tribuna , ha tenuto a battesimo le migliori speranze della poesia e della prosa italiana , macellando fra tanto modestamente tutti i capintesta degli allora correnti generi letterari . Egli è l ' Eliminatore , il Gastigatore , il Capitano Nemo di quest ' acque confusionarie , e non fu mai visto boja più elegante . Scoppiata la guerra posò la mannaia e partì per il fronte . Sul finire della conflagrazione fu in Inghilterra con incarichi d ' alta diplomazia . Di ritorno , interrogato sul Ponte Vecchio di dove venisse , rispose come il Guerin Meschino : " Dal mondo " . Ora se ne vive romito al Ponte dell ' Ariccia in forse tra il brigantaggio e la critica letteraria . Ma il giorno che Cecchi si desse al brigantaggio , poiché egli è veramente il campione della squisitezza e del disinteresse , tutta la classe sarebbe riscattata e glorificata . Ha scritto il Kipling , il Pascoli , la Storia della letteratura inglese , e altri libri raccoglie e prepara , goccia a goccia . RICCARDO BACCHELLI . Possidente . Nato a Bologna essendo consoli Acri e Carducci . Il padre fu fondatore nella città nativa di grandi istituti , d ' acquedotti , strade , giardini e altri abbellimenti edilizi . Il figliolo sopporta a pena d ' esserne il Cincinnato . A dirla tutta egli è il giovane Goethe bolognese che vien fuori da tutto il nostro sturm und drang post carducciano . Nel romanzo , nella novella , nella lirica , nel dramma , nella critica e nell ' epigramma , e non ha trent ' anni , egli ha lasciato segni d ' una potente individualità . Benché la sua opera non possa tutta andare senza previa scelta nelle mani delle virtuose giovanette , tuttavia essa è piena di significati morali da capo a fondo . È uno scrittore che va in ogni modo avvicinato con cautela , giacché non si posa mai su quel ramo che v ' aspettereste . Ma se cacciate sulle sue orme , ben avventurata sarà la vostra caccia . Quando i giovani avranno digerito la sua opera , forse s ' accorgeranno di star meglio e impareranno a vivere . Se il vecchio console Carducci avesse fatto a tempo a leggere alcuni dei Poemi Lirici sarebbe morto con più fiducia . Tutta l ' opera di Bacchelli esprime la febbre del nostro tempo e la nostra decisa volontà di guarire . Ha scritto il Filo meraviglioso , i Poemi lirici , le Memorie del tempo presente , l ' Amleto , e ora Spartaco . La sua dichiarata fedeltà alla Monarchia lo designa al favore degli uomini d ' ordine . Ha combattuto , a monte e a mare . ANTONIO BALDINI . Baccelliere in lettere . Di sangue arabo - tosco - romagnolo la passione delle lettere gli s ' è sviluppata grado a grado e a lasciarlo fare chi sa dove arriva . Pertanto la sua indole conciliante gli ha valso qualche condiscendenza da parte di vecchi e nuovi letterati . Le sue corrispondenze sull ' Illustrazione Italiana sono ricercatissime la domenica al caffè dei vecchi pensionati , e gli scrittori d ' avanguardia gli suppongono ancora qualche malizia d ' avanzo . Ma egli è tenace conservatore del patrimonio letterario nazionale , nimicissimo del libero scambio , avverso a tutti i programmi libertari , sostenitore dei vecchi generi letterari . Messo avanti , una volta , da un critico giovane come rinnovatore della sintassi e dell ' interpunzione giura che non l ' ha fatto a posta . Avendo molto dormito colla testa sui libri , la sua vita non la si può discorrere per colore e sorprese . Scrupoloso economo delle sue forze giace al sole , come lo prega il vecchio sangue arabo , e aspetta che le frutta cadano dal ramo . È sua la frase " Signori , la letteratura non è un terno al lotto " . Ha combattuto e ha scritto Nostro Purgatorio . Venuta la pace ha letto il Canto di Bellacqua alla Casa di Dante . Ma i giovini letterati non stuzzichino i cani che dormono . AURELIO SAFFI . Docente nelle scuole governative . È nato a Bologna ed è nipote del Bajardo della Romagna . La politica in lui sonnecchia con rari sussulti . La sua vera ringhiera è la poesia e l ' arte poetica . È l ' uomo di più sottili pasti che si conosca : è il Succi della poesia e della prosa italiana . Sarebbe carnivoro , ma a fin di bene . La sua analisi è più trafittiva che tutte l ' altre analisi . Nato cacciatore d ' ermellini in terra di bufali , non se ne dà per inteso e mantiene la posta . Dei giovani fondatori di riviste egli è il più schivo e il più conclusivo . In ronda è quello che drizza le orecchie ai rumori lontani e all ' occorrenza si svena come il mistico pellicano . Gran signore dell ' amicizia , potrebbe far suo il motto liberale del Marchese di Pescara : " Per vui se fa " . Ha scritto tutto quello che tiene nei cassetti . LORENZO MONTANO . Industriale . Veronese . Carattere dominante , l ' ottimismo . Egli è il buon macchinista che fida nella sua macchina e non ammette che i cantonieri possano rubare il salario allo Stato . Per grazia specialissima degl ' Iddei , dove gli altri uomini di lettere vedono ostacoli , nebbie e disservizio , egli vede la via sempre libera , le belle rotaie lucide , i segnali aperti e non un filo di fumo all ' orizzonte . Dalla stessa stazione di partenza si può dire ch ' è uscito con applauso : figuriamoci che sarà a quella d ' arrivo . Il carico che porta è senz ' ammanchi e senza avarie . Ne abbiamo i registri in regola . L ' abbiamo assicurato contro gl ' incendi , i deragliamenti , furti e simili . Tutto lascia credere che il suo treno arriverà senza un minuto di ritardo e ch ' egli avrà diritto alla gratificazione . Non più tardo curante dei propri diritti che del proprio dovere , s ' è fatto portare nella macchina i sedili di velluto della la classe e il plaid per arrotolarselo alle gambe . Ha scritto con questo il Diario di un bighellone . Ha combattuto con questo sul Carso coi granatieri di Sardegna , ma gente allegra il ciel l ' aiuta . BRUNO BARILLI . Compositore . Di padre pittore e scenografo nato in quel di Fano nel secolo scorso , anche di Barili ce n ' è uno solo e lasciarselo scappare sarebbe un delitto . Di calda , corrucciata , umorosa e dimentica natura , egli è uno dei più carichi e melodiosi accumulatori di musica che si conosca . Invece di cinque sensi ne ha dodici e tutti accavallati . Vicinissimo com ' è alla natura , rallegrasi quando tuona , e sente le carogne da lontano dieci miglia . Le ventiquattr ' ore della giornata temono di lui , perché quando s ' accorge che lo seguono le mette in sordina . Morto Dumas padre è vano sperare che ci sia chi possa raccontare la sua vita peninsulare e balcanica di clerico vagante e di buon pirata innamorato . Vive in musica e scrive in musica . Lo stile delle sue cronache musicali nel Tempo è sì pieno di foco spirituale che ne riluce tutto di fuori e le commessure non reggono ; i tipografi le compongono cogli occhiali da spaccapietra per via delle schegge . Ha composto Medusa , opera in tre atti . Ora dà l ' ultima mano a Emiral , opera albanese che i rivi di musica faran chiamare " Mesopotamia " . ARMANDO SPADINI , pittore fiorentino dell ' antica razza , che non si lascia scorare né dai soggetti abusati , né dalla grandezza delle tele , né dal numero delle figure , né dalla luce del sole , né dalla pena del lavoro : facilissimo nel far suo , ma pure scrupoloso , provocatore e attento risolvitore delle difficoltà , non meno eccellente che grazioso , insomma ornatissimo dipintore . Egli nacque all ' arte nei giorni e sui fogli di quel Leonardo fiorentino e papiniano che senza contrasto vuolsi essere stato il primo banditore delle nuove energie nazionali : oggi , nel pieno sviluppo della sua attività , è l ' amico della Ronda , che gli dà voto in lista per la bontà e la modestia dei suoi costumi , pel suo rispetto alla tradizione e pel riposo del settimo giorno . È da sapere che i Sette Savi della Ronda usano tutti i sabati sera ritrovarsi alle pergole del cav . Spadini alla villetta Parioli per salutare al tramonto l ' amico sole , mangiando e scolando quelle quattro nature morte ( uva , fichi , caldarroste e bottiglie ) con le quali questi uomini all ' antica non rifiutano di coronare le speculazioni e il lavoro della settimana .
ESSERE ITALIANI ( GRANZOTTO GIANNI , 1939 )
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Il sempre pia e sempre meglio affidato dal Duce agli Italiani come consegna per l ' anno XVIII riassume categoricamente i doveri imposti dalla nostra privilegiata situazione politica e morale . Dobbiamo preparare l ’ avvento al nostro Impero di giustizia , alla nuova Europa fondata su una pace , non occasionale e forzata , ma nutrita ad una equità illuminatrice , ad uno spirito di collaborazione tra i popoli su di un terreno di comune lavoro e di non contrastanti necessità . Raggiungere l ' equilibrio delle singole forze nazionali , commisurato alle potenze produttive e costruttrici di ciascuna di esse , alla loro forza sociale , alle possibili e naturali influenze geografiche ed economiche . In questo quadro spetta all ' Italia un posto di prim ' ordine . Gli Italiani debbono essere non soltanto degni , ma preparati a questo avvenire . Bisogna lavorare sodo , studiare con passione , perfezionare le proprie forze ed attitudini produttive , tecniche , scientifiche ; portare alla massima efficienza l ' organizzazione politica interna ; avanzare con metodo verso gli obiettivi tracciati dal sistema corporativo , dando vita , nerbo , sostanza agli istituti posti in questo campo a fondamento della nostra organizzazione politica e sociale , nella quale sopratutto vogliamo affermare la nostra originalità civile ; potenziare sempre più le forze armate a sicurissimo presidio della nostra ascesa nel mondo ; permeare gli spiriti dell ' idea imperiale , perché soltanto vince chi si convince ; stimolare le forze della cultura e dell ' arte , avanguardia spirituale di ogni avanzata nel campo internazionale . Sempre più e sempre meglio : se questa è la nostra consegna di combattimento , non vi è che un modo di poterla eseguire : essere sempre più e sempre meglio italiani . Mai come ora abbiamo sentito che il Fascismo ha scavato fino alle radici del nostro costume e della nostra tradizione per ritrovare il filone della più genuina italianità . L ' Italia ha un volto suo , una voce sua , una sua cadenza di pensiero e di azione . L ' equilibrio al quale essa richiama i popoli sul terreno internazionale è un equilibrio che la sua saggezza millenaria , rinvigorita da una rivoluzione di giovanissime energie , ha tramandato come patrimonio d ' esperienze di generazione in generazione . Essere italiani significa credere in questa spirituale eredità . Credere nel mediterraneo equilibrio tra ragione ed istinto , tra logica e sentimento , tra lo spirito e l ' atto , tra l ' ideale ed il pratico , tra il fine ed i mezzi , tra l ' individuale e il collettivo , tra libertà e autorità , tra tradizione e rivoluzione . Nel mare della storia c ' è sempre una via e una sola che si offre ai popoli come la migliore da percorrere , tra tante rotte ove è aperto il cammino . Talora , questa migliore tra le vie perché quella ove pienamente si identificano , con l ' azione da compiere , lo spirito della civiltà e della storia di quel popolo è anche l ' unica che conduca al porto delle conquiste . L ' Italia , dopo aver tenuto tante rotte ardite per aprirsi la via del libero mare , oggi ha indirizzato la sua navigazione su questo sicuro cammino . Qui ha ritrovato la sua vera natura e civiltà , il portato divino ed umano della sua storia . Bisogna dare braccia e menti per spianare questa strada . Il nostro destino è un destino d ' armonia , perché siamo uomini mediterranei , che non sanno distruggere ma costruire . Né si creda sia l ' armonia senza forza ; al contrario , senza forza armonia non vive , non continua . Mai come ora abbiamo sentito l ' orgoglio di questo destino , l ' importanza di essere italiani , la necessità di esserlo nel modo più esclusivo , più completo , più genuino . Bisogna , oggi , essere sempre più e sempre meglio italiani ; ad ogni costo . Questa è la nostra posizione nella guerra civile d ' Europa .
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Le sterminate pianure dell ' Europa orientale , dell ' Asia , dell ' Africa o delle Americhe , piatte , uniformi , monotone , danno l ' immagine della stasi , di quell ' infinito immobile che preclude , per il fatto stesso della sua incommensurabilità , ogni possibilità di mutamenti e di reazioni , per cui provoca nella psiche dell ' uomo il senso della nullità del proprio io , dell ' inutilità di un ' attività intensamente fattiva , donde deriva quel profondo senso di fatalismo , di abulia , che caratterizza per lo più le genti di quelle terre e ne fa dei popoli , in generale , profondamente passivi . Di contro il terreno rotto , elevato , continuamente diverso , che esprime nella rudezza delle sue pieghe , delle sue cime , dei suoi rilievi , l ' espressione di profonde attività endogene , di vasti sommovimenti , di lotte gigantesche e rinnovatrici ; il ritmo delle acque dei fiumi , che sembra additi la necessità di seguirne la corsa verso le piane ubertose ; il movimento irrequieto , perenne , possente del mare , che sintetizza e sublima il senso del mutevole , dell ' incalzante , dell ' ignoto , provocano nell ' animo umano quel profondo spirito di dinamismo , di necessità di vincere gli ostacoli , di dominare con la propria forza le forze della natura , di scrutarne tutti gli aspetti , di vedere sempre più lontano , di foggiarsi un corpo ed una menTe modellati su quello stesso piano di movimento e di forze . Tale è appunto l ' italiano , saldo e ferrigno come le sue montagne ; volitivo e ardito come le cime che svettano verso il cielo ; ardimentoso e ansioso di nuove vie come gli additano i corsi dei suoi fiumi e gli orizzonti del suo mare ; plastico nelle sue capacità intellettive e fattive come richiedono aspetti naturali così mutevoli e così differenti ; duttile come gli impongono le necessità della vita dura , che deve svolgersi ora sul monte ed ora sul piano , ora fra le nevi ed ora sul mare . Donde quelle caratteristiche perfettamente tipiche ed esclusive della razza italiana : della resistenza e dell ' amore al lavoro , della possibilità di impossessarsi di qualunque tecnica e di svolgere le attività più diverse , di concepire la vita dura come la vera vita , la quale è imposta dalle condizioni naturali ambientali . Ma su questa natura fisica già così variamente modellata e così polimorfa si dispiega tutta la vita vegetale , stupenda , multiforme , policroma ... Tutta questa meravigliosa armonia di colori e di luci , tutta questa varietà di forme così perfettamente intonate , tutto questo susseguirsi e inframmezzarsi di quadri sempre differenti e sempre stupendi , ha inciso nel cervello della nostra razza una orma profonda , unica , inconfondibile , assolutamente diversa da quella da ogni altra posseduta . Il culto della bellezza , la gioia delLa vita , la ricerca dell ' armonia delle forme e degli atti , la dedizione profonda alla natura come esaltazione del proprio io , il profondo senso di solidarietà e di fratellanza , che sono le caratteristiche della psiche delL ' italiano , hanno la loro origine in questa costituzione dell ' ambiente naturale . E perciò ogni italiano ha profondamente radicato in sé il culto dell ' arte ; per questo l ' Italia ha avuto sempre un ' arte sua propria , unica , unitaria , espressione di questa stupenda natura ; è ispirandosi a quelle forme , a quelle luci , a quei colori , che le arti figurative hanno dato i loro capolavori . Da ognuna si sprigiona l ' adorazione della luce , del colore , della forma ; ovunque vi è l ' esaltazione della natura ; ovunque vi è la negazione del chiuso , del cupo , del riflesso ; l ' arte figurativa non è mai dura , arcigna , costretta entro una cerebralità puramente voluta , ma in essa vi è sempre l ' anima che canta , che canta la natura , quella natura che San Francesco , il più italiano dei Santi italiani , amava come nessuno più di lui ha amato , perché in quell ' amore e in quell ' esaltazione Egli sentiva l ' esaltazione delle opere di Dio , sentiva l ' amore degli uomini verso le opere di Dio e verso i fratelli . E questo canto che si sprigiona dall ' architettura , dalla pittura e dalla scultura , questo canto che diviene vero canto nella nostra musica e nella nostra poesia , estrinsecazione soggettiva della natura che ci è stata donata , è l ' espressione della psiche dell ' italiano ; canto che è in tutta la nostra razza sotto una forma subcosciente , ma che affiora ad ogni istante nell ' artigiano che modella un oggetto e cerca imprimergli l ' impronta del bello , nel costruttore che dà alla sua opera una forma personale , nel contadino che tende i tralci della vite in una certa armonia , nell ' artista sommo che esprime dal suo cervello il capolavoro ... La razza italiana ha perciò queste caratteristiche biopsichiche , che sono sue ed esclusivamente sue ; caratteristiche che gli sono state impresse dai fattori naturali ambientali . L ' ambiente ha modellato la psiche dell ' italiano , e poiché questo ambiente è unico e nessun altro paese del mondo ne possiede di eguali , così anche la razza che vive in questa nostra terra ha una sua impronta psicologica che le è esclusiva ; più ancora dei tratti somatici , più ancora delle strutture morfologiche , la razza italiana ha una sua assoluta individualità psichica e spirituale ; quella che l ' ambiente le ha offerto , quella che la natura , così varia , così profonda , così stupenda , le ha impresso , dandole così il dono della serenità , della giocondità , della laboriosità , dandole quella cerebralità spirituale che è il culto del bello , della scienza , della filosofia , il culto della forma e il culto del pensiero , il culto soprattutto della sua unicità , della sua grandezza e del suo destino , che fanno perciò del popolo italiano un ' unità razziale compatta , omogenea e completa .
Povero Cristo ( Riva Valerio , 1975 )
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« Coscientemente ho cercato la morte dopo una breve giovinezza , che pure a me pare eterna , essendo l ' unica , l ' insostituibile che io avessi avuto in sorte . Coscientemente ho rinunciato all ' inenarrabile gioia di essere al mondo ... ma ho pagato questa rinuncia con uno strazio tale che solo un vivo può comprenderlo . » Queste parole , di trent ' anni fa , Pier Paolo Pasolini le scrisse idealmente , a nome di suo fratello Guido , ucciso il 7 febbraio 1945 nel tragico eccidio di Porzus , nel Friuli . Le ritrova per me Giuseppe Zigaina , il pittore di Cervignano intimo amico di Pasolini : l ' altro giorno , frugando tra le pubblicazioni di quella « Academiuta » ( a metà tra scuola dominicale e accademia folclorica ) che Pasolini aveva fondato a Casarsa , gli sono capitate sott ' occhio : una specie di testamento spirituale vergato , oltre la morte , dalla pietà fraterna . Poi è squillato il telefono con l ' annuncio della morte dell ' amico , e Zigaina è partito per Roma . Adesso si rigira in mano questa paginetta : « Credo » dice assorto Zigaina « che se potesse , dopo la morte , Pier Paolo riscriverebbe le stesse parole per sé » . E mi sottolinea una seconda frase : « Non c ' è confronto possibile fra tutto ciò che è di codesta vita e il silenzio terribile della morte ... » ; e Pasolini è precipitato anche lui nel silenzio terribile della morte , e queste frasi suonano come una straziante , impossibile invocazione alla felicità da parte di uno che era troppo diverso dagli altri . « Ma è mai stato felice , quest ' uomo ? » chiedo allora a Zigaina e a Nico Naldini , il cugino e l ' amico fedelissimo di Pasolini , dall ' infanzia ad oggi . Mi rispondono tutti e due , senza esitare : « È stato anche molto felice . Ma poche volte » . Cinquantaquattro anni di vita , la maggior parte dei quali triturati dal rovello di sentirsi respinto e offeso fin nell ' attimo in cui la gloria più sembrava arridergli ; un ' adolescenza spezzata da una tragedia familiare ( la morte del fratello , lo strazio della madre , il rancore del padre ) ; una giovinezza difficile ; una maturità accidentata dalle polemiche e dai processi , lui che era un uomo così mite e riguardoso . E solo due o tre momenti di grande , totale , solare felicità . Il primo di quei momenti è il tempo del Friuli , di Casarsa della Delizia , dove si era trasferito , da Bologna , al seguito del padre ufficiale di carriera e della madre maestra . La campagna e i giuochi dei ragazzi lungo gli argini ; la montagna e le pazze corse con gli sci ; la poesia che nasce . È un mondo perfetto dove l ' entusiasmo del ragazzo molto dotato si dilata quasi senza costrizioni , trasformando l ' innocenza infantile e la scoperta della sessualità nel mito di una paidia trionfante . Il 7 febbraio 1945 quel mondo s ' incrina , ma non si spezza . La morte del fratello Guido è brutale , in un modo che quasi preconizza la morte di Pier Paolo . Membro di una formazione di partigiani « bianchi » del Friuli , Guido è ucciso nello sterminio del comando della « Osoppo » per opera di garibaldini , cioè comunisti , persuasi ( a torto ) che gli osovani avessero avuto intelligenza col nemico . La morte di Guido è uno strazio : ferito , fugge , cerca scampo in casa d ' una donna , è scovato , trasportato altrove in fin di vita e sterminato . Da qui cominciano per il fratello sopravvissuto il calvario e l ' apoteosi . Per una misteriosa rivalsa , Pasolini si avvicina proprio ai comunisti , affascinato da un episodio di lotta di classe dell ' immediato dopoguerra : le lotte bracciantili all ' epoca del lodo De Gasperi . Al quasi ellenistico idillio originale si sovrappone e si fonde la felicità di sentirsi profeta e vate d ' un pezzo di popolo , che si ritrova nella propria lingua e nel proprio orgoglio . Ma l ' arcadia , anche sociale , non è possibile . Vigilia delle elezioni del 18 aprile '48 : un ragazzetto confessa al parroco d ' aver avuto rapporti sessuali con Pasolini ; il prete , violando il segreto del confessionale , corre a raccontarlo a quelli della DC ; i giornali cattolici sbandierano il fatto a prova della protervia comunista . Frettolosamente il PCI locale prende le distanze dallo scomodo poetino . Pasolini ha 28 anni . Fugge a Roma . Due anni di miseria , di umiliazione , di non lavoro o di lavori malpagati . Eppure è il suo secondo periodo di grande felicità . Giorno e notte percorre in lungo e in largo la Roma barocca , e il suo fasto , e la Roma popolare , e la sua triviale e insieme inesauribile fantasia . Una realtà sontuosa e stracciona , gloriosa e bieca ; ma Pasolini è un re Mida che trasforma íl mondo che tocca . Il suo eros , la sua forza fisica , la sua gioia di vivere sembrano non avere limitazioni ; l ' umiliazione del '48 pare dimenticata . Ma la gloria e í processi che gli arrivano a metà degli anni Cinquanta , con Ragazzi di vita , lo spingono in una « diversità » che più lo imprigiona e più gli sembra oscena , disumana . « Diverso » com ' è per costrizione sociale , da questo momento lotterà disperatamente per non rinnegare se stesso . Ma come i suoi Riccetti non riescono a uscire dall ' adolescenza se non con la morte , così per Pasolini le soluzioni ottimistiche di Una vita violenta ( diventare un buon « compagno » ) non risolvono nulla . Il terzo e ultimo momento di felicità è quello della scoperta della sopravvivenza del sottoproletariato nel Terzo Mondo , in Arabia , in Africa , e dell ' eros panico che ancora vi fiorisce . Ma è una felicità di ritorno . Il ricordo della friulana felicità originaria gli dà l ' illusione che l ' estremo attimo fosse fatto durare . Ma , anche questo paradiso cambia rapidamente . È il tempo che ormai manca a Pasolini . A metà degli anni Cinquanta , Pasolini visitava la realtà 24 ore su 24; nel '60 , come scrisse , vi dedicava l ' intero pomeriggio e la notte ; nei giorni che hanno preceduto la sua morte , non gli rimaneva , per andare in cerca della sua realtà differente da quella di tutti gli altri , se non qualche ora notturna . A Parigi , il giorno prima di morire , racconta Philippe Bouvard , guardava sempre l ' orologio : veniva da Stoccolma , aveva fretta di tornare a Roma . A Roma , quel giorno fatale , ebbe troppi impegni . Quel paio d ' ore , tra le 22 , quando lasciò Ninetto Davoli e la famiglia , e l ' una circa in cui morì , erano un tempo troppo breve per la felicità .
AOSTA LA VEJA ( BURZIO FILIPPO , 1920 )
StampaPeriodica ,
Aosta presentasi in foggia antica ed illustre , con un estollersi di campanili e torri sui grigi tetti , fuori dalle romane mura . Fanciulle protestanti vivono ivi , un po ' sdegnose del mondo di cui accolgono ogni agio nella severa cornice della lor casa : schive come educande , ma già donne , piene di personalità fiera e conscia nell ' anima eretta come la snella persona : e signorili spiriti modernisti , alieni dal mondan rumore , più pensatori che romanzieri sono i loro maestri . Superba e sdegnosa venustà calvinista . Figlie dei primi banchieri ugonotti , aristocrazia dell ' Europa borghese , la vostra bellezza è nordica e spirituale , non austera , ma chiusa nella sua veemenza , e nella sua grazia severa . Non ama i palagi , né le purpuree feste , sì le ville tacite ed i verdi recessi . Ma Aosta non è ancora Ginevra , se non in questo suo secreto fuggevole , e in fondo al viale sta Place Charles Albert . Più chiari sensi , più pacati affetti . Piacemi lo spirito di vecchiotta provincialità quarantottesca di questa piazza , il centro della vita cittadina borghese ed attuale . La Prefettura , di stile aulico , la caserma dei Carabinieri , e , in faccia , l ' Ufficio delle diligenze , e l ' Hôtel de la Couronne . Il buon Piemonte , rigido e burocratico : le sale dei caffè sotto i portici , dove le sedie di velluto rosso stanno in circolo intorno ai tavolinetti di marmo , sono vuote da che le disertarono i cravattoni neri che , nella Valle tradizionalista , dovevano risentire i nuovi eventi con l ' animo burbero e pure alcun po ' commosso , di Solaro e di Cesare Balbo . Meriggi sonnanbolici , in cui la gran luce del sole stordisce , stagnano fuori sulla piazza deserta ; ma , oltre i frontoni dei palazzi aulici , ridono per la gran conca vaghissime tinte , e le supreme nevi lontane , illustri al cospetto di tutta Europa , schiudono sul piccolo uno spiraglio di un lontano augusto esotico mondo . Chi sa se facevano parte degli itinerari romantici , se i lions e le crinoline montavano sull ' imperiale per i primi viaggi di esplorazione nel misterioso reame delle Alpi ? Venivan di Francia , e dalla nebbiosa Albione , al tempo che l ' Italia era ancora Calabria , e le misses sognavan Fra Diavolo spogliandosi nelle locande . Scoprivano una tranquilla provincia color di santa Alleanza , sul limite delle città fatali , miranti con occhi sfingei dal pelago ignoto d ' Italia , come le tremule luci , a notte , sul Canalazzo . Io dico che partivano da Torino verso le due del pomeriggio , mentre i portici di Piazza Castello tacevano assonnati . E un soldato col shakò di tela montava la guardia davanti a Palazzo Madama . Trovavano a Issogne il settecento malvivo , lasciato lì come una masserizia , al giungere di Bonaparte : forse dalle vetrate qualche conte gobbetto , in frak di color pulce e parrucca a sghimbescio , sbirciava con l ' occhialetto . Ma non sapevan più ridere alle volteriane facezie delle donne sospirose . Le sedi romane , inulte , sacre ai mercati paesani ; e i mezzadri prolificavano nei comitali castelli : Aosta la Veja . E non era più antica . Ora infiliamo Rue S . Anselme , e nel percorso tortuoso , tra le case basse annerite , oltre la Porta Romana , dal selciato erboso di verde antico , vedremo sorgere il Medio Evo . Un Medio Evo simpatico , comunale , sapiente . Più onesto del Rinascimento , ma come lui luminoso . Dalle botteghe dell ' artigiano esce ancor oggi il rumore del nobile ferro battuto . La via deserta che adduce alla più illustre ed antica chiesa , par fatta apposta per le ambulazioni vespertine dei saggi antichi . Scarsa tetraggine , uscendo dai monasteri , e fondono essi piacevolmente al tramonto , quasi ombra allungantesi dai campanili spettrali . È la rozza scienza , che trae pettoruta alla chiesa , pinta e scolpita dalla rozza arte . La sanno lunga , i Dottori : sono stati allo studio in Bologna e in Parigi : percorsero a piedi l ' Europa gotica , giunsero ai confini della moresca : ovunque attinsero scienza , e riscontrarono fede . Battevano la sera alle porte dei monasteri sorgenti al limitare delle foreste , turriti e merlati come castelli , popolosi come città : scendeva a incontrarli il priore . Una e indistinta ai bei giorni la Cristianità tutta quanta . Frontiere non sono alla comune fede , ed agli usi : Troiani e Quiriti son tutti cavalieri cristiani , i monaci parlano all ' Imperatore . Oggi , all ' errabondo Dottore che si fissò romito tra i monti , giungono ancora i messaggi dai conventi di Francia e d ' Inghilterra : le mule barbate recano le pergamene ove continuansi le dotte dispute : Scoto Eriugena insidia , in veste ereticale . Escono al tramonto dalle cellette ove trascorsero il giorno a battagliare con Satana nei sillogismi . Portano saio e cappuccio , sono paludati e solenni : hanno il famulo a fianco . Le donne susurrano tra loro al passaggio , e li guardano , piene di reverenzia : ma essi non curano il volgo , né l ' ancella natura che scalda col pio sole , le pietre dell ' antica chiesa sulla piazzetta , dove tepore della chiara luce e silenzio , sono per essi vil senso , per i nepoti poesia . Or vanne al tempio , e prega ivi , Dottore ; e poi erra nel chiostro . Satana , in foggia di bestia dell ' Apocalisse , sogghigna , dai tozzi capitelli , al passaggio . La via , che procede oltre , e si snoda , guida pianamente , varcando i confini delle età storiche verso una bellezza consueta ed eterna : casette senza stile e senza ricordi rivelano dai balconi fioriti la dolce pace , cui sono propizi la voce del rio corrente sopra il selciato , e i bisbigli dei passeri dentro gli orti murati . In fondo sta l ' Arco di Augusto , e intorno è già la natura . Aosta non ha suburbio . La città , antica e venerabile , finisce nella campagna con immediato trapasso , senza quelle orribili zone di transizione in cui si adunano , per il disgusto del passeggiero , i rifiuti e le imitazioni miserande dell ' una , e le prime immagini deformi dell ' altra : e la febbrile e disadorna vita delle metropoli industriali ne venta incontro l ' alito fumoso delle officine . Qui la vita cittadina , mancando le case basse intorno , diventa strada di campagna d ' un tratto , oltre un termine annoso , ma senza stridore , perché , per la consuetudine , l ' ultima casa e la campagna imminente si fondono con armonia . Se ne esce all ' antica , come se fosse ancora cinta di mura . E , così breve e nettamente delimitata , onusta di tradizioni urbane , ella è più " città " , più intensamente intuita , nella sua individualità , come tale , dei caotici agglomerati moderni ; se pure si sperda , con la breve cerchia , nel vasto seno , e serbi immediati contatti e comunanze di usi con la gran madre . Corrono alla periferia viottoli chiusi tra muri bianchi : e ai lati , tra gli interstizi , e dove il muricciuolo fa luogo alla rustica staccionata di legno , appaiono prati di erbe oscure , ove pascolano vacche ed armenti - vacche pezzate di nero e bianco , di gambe corte , di buona razza - ove scorrono velocemente , non anche placati dell ' alpina irruenza dal breve piano , acque dal grigio colore glaciale . Noi immaginiamo quelle acque scroscianti per le forre di Val d ' Enfer , stillanti nelle solitudini dei mari di ghiaccio , alziamo gli occhi al Ruitor lontano ; la maestà della Valle , per natura e per storia due volte illustre , balena improvvisa ed intera . Le viottole suburbane costeggiano l ' Anfiteatro , le torri di Bramafan , del Lebbroso , lasciano apparire tra i campi l ' Arco d ' Augusto . Romanità non metropolitana , e però più simpatica . La Roma austera delle Provincie , cinta di stranieri aspetti ; il morire del flutto classico , sul margine delle terre barbare , e della nuova storia . È bene che la vita si scosti dai luoghi onusti del suo passato : che siano silenzio e spazio , e chiaro aere intorno alle vestigia . Questa è innocenza e natura , in confronto delle raffinate città del silenzio , di Toscana e di Romagna . Qui non sangue e lussuria , qui non porpora ed oro : la venustà dei primordi , e la rozzezza . Nel vano tondo dell ' Arco , il Crocefisso . Rovinavano dagli altri valichi , con fragore di acciari , pallidi i Centurioni , lo scudo alzato in difesa alle terga : uomini dagli occhi chiari , cinti di ferine pelli inseguivangli , e qui arrestavano attoniti , solenne in vista la città quadrata . Illustre parco aperto sull ' Occidente : e tu , città romana , verso la mal doma Elvezia , ultima scolta ! Non so quale aspetto di confine romano ella conservi , se pure tant ' oltre si spinse la romana guerra : ma un termine di romanità doveva pur essere questo , al piede e a guardia dell ' Alpi . Qui germogliava la nuova storia : in queste zone di transizione , ai confini , dove le razze confluivano , e legionari miravano le terre ignote dall ' alto dei valli turriti . Brividi percorrevano le ossa della gente bruna al soffiare del vento nordico , e presagi d ' intimità e di sensibilità nuove scotevangli , in cospetto della commossa natura . Più verdi le primavere elvetiche , e le donne straniere più bianche . Qui è la patria nostra più vera , di noi occidentali , noi bianchi , prima e più che latini , nati dal cruento e fecondo amplesso di Roma coi barbari . Qui dove le razze si fusero e il nuovo spirito sorse . Troppo erano stanchi l ' Oriente ed il Meridione , rugosa e calva la lor terra antica ; la gleba mediterranea era troppo onusta di storia : pietrosa e arida come un paesaggio lunare , gialla , sabbiosa , battuta dal sole , pari in affetto ai mondi morti . Ma il verde delle plaghe alpine è colore di vita , e lo scrosciare del vento fra le selvose chiome e dell ' acque , è tumulto d ' intatta forza . Le terre vergini , appena sfiorate dalle leggere orme dei nomadi , colossi virginei nelle nevi e nelle foreste ; e in cima alle valli , ove una folta vegetazione cresceva , ancor simile a quella dei giorni della creazione , stavano le soglie dell ' Occidente . Giovine terra , dove le città nuove saranno erette , romano è il vomero che ne traccierà , primo , i confini , ma , fra mistiche guglie , un nuovo spirito vi eleggerà nuova dimora . Con le ginocchia della mente inchine , io discesi nel sotterraneo tuo tempio , o Sant ' Orso , ed errai fra le colonne rozze , e i segni della prisca fede : né sì commosso mirerei , credo , Micene e Menfi , né tanta reverenza ebbi per Roma , casa degli avi cara più di ogni estraneo palagio ! Il cuore sei tu della Valle che fu sempre cristiana : e sapevi di catacombe ai giorni che sorgendo ignota fra le cose illustri , l ' Arco , il Teatro , il Foro , preparavi nel sotterraneo germoglio la nuova vita : preparavi alla morte asceti e catecumeni , e la storia per te ricominciava , quando , nella gioventù nuova , pur gli anni del mondo tornarono a contarsi daccapo . Qui l ' intimità , qui la psicologia , qui la donna e la gentilezza , la natura ed il sentimento , il nostro modo , la vita a noi occidentali , a noi moderni più cara . LE STRADE È interessante considerare il mondo dal punto di vista della strada : un punto di vista umano e pittoresco . Aggiunge molto alla natura , e nulla toglie a lei , che , lambendo sui margini le umane traccie , si perde poi ambigua e profonda ai due lati . Nel caso naturale le strade segnano un ' orientazione . Sono ancora tracciate dalla necessità strutturale , e vi appare già la libertà umana . È bello avere intuizioni nuove di queste cose comuni , le strade , i fiumi , le valli ; ricrearne continuamente l ' individualità nello spirito . A fissarci un po ' sopra il pensiero , non si scorge altro più del mondo se non questa serie di nastri bianchi incrociantisi qua fitti , là radi , che si diramano bizzarramente , si espandono in città , si sperdono in sentieruoli , e non hanno mai fine . Basta seguir la più umile per guadagnar la più illustre : in cima alla stradina di casa , intima e nostra , è la straniera metropoli : tutte guidano a tutto . Una continuità lega il familiare all ' ignoto . La vera personalità del mondo è sulle strade . Vi si addensano intorno le case e gli uomini . I figli vi calcano le orme dei padri . C ' è qualche cosa di epico in questo aprirsi di vie da parte dei pionieri umani . Sono correnti in un mare amorfo . Un ' unitaria volontà le traccia e dirige sotto i più vari cieli , ma il genio dei luoghi si atteggia sui margini col suo volto mutevole , e l ' ignota terra che si attraversa v ' innerva il suo sistema , vi riversa i prodotti foggiati nel suo seno profondo : carriaggi e uomini pervengono alla massima dalle prossime vie , per un po ' la percorrono , poi l ' abbandonano . Così la provincia si affaccia e respira sul mondo . Grande moto e fragore è sulle vie del mondo ; la vita vi ferve col suo ritmo più esplicito , e col più ampio respiro , la storia v ' incede coi suoi carri falcati . Una perenne migrazione di popoli si compie lungo il suo bianco miraggio . Questa , che mi si para dinanzi , è fra le più illustri . Strada romana , e napoleonica . Quante , al tramonto , sfolgoranti metropoli , io , percorrendola , vagheggiai quali mete ! Cupole di Bisanzio , invero , e guglie caliginose del Nord , le moli nere dei nuvoli sul rosso sfondo . Un immenso aere fiammeo si accoglie e brilla fra l ' una e l ' altra pendice , imperial via rettilinea guidante all ' apoteosi . Nel volgere delle rutilanti spire , il fiume ne è tutto corrusco ; lenta mole di luce fluida , par scenda esso direttamente dal sole , che sui ghiacciai già ombrati sta immobile , nume accecante nell ' ora sacra , fra una sempre più fitta vaporosità d ' oro . Fiammeggia ancora pei vetri delle cappellette , quando , celando a tratti , agli svolti , la visione trionfale del fondo valle , la strada s ' ingolfa nelle fresche ombre , tra gli aspetti intimi delle radure e delle selvette . Cari più questi alla sera : la luna , che allunga l ' ombra di Ibleto dai muri di Verrès , e fa del mite Fénis un maniero spettrale , pende poi su di essi propizia , sui conciliaboli delle lepri e dei grilli . O come attraente , nel suo verde mistero , dai margini , la natura ci chiama , e la vita : come ne svia dalla meta ! Fanciulle , cogliendo fiori vengonci incontro dai profondi prati . Or via , seguiamole , in libertà gioconda . Che , dunque , ci attende , entro la boscaglia oscura ? La fragola selvatica , e l ' anemone bianco , e la ninfea sul tacito stagno . La marea verde dell ' erbe sta per sommergere le basse piante . Il caprifoglio si avviticchia ai tronchi , e il nostro desiderio , fanciulle , vi cingerà con le fluide braccia adducendovi nel più verde recesso . Quando , per la foresta , rimbomberà il corno eroico ? Quando , tra i rami , riapparirà il nastro bianco ? Spiccandoci dal vostro fianco , poi che cadrà la sera , verso le nobili sedi dello spirito ci avvieremo noi , cavalieri del Graal . Veloci macchine rombando distanziano i tardi carri ; favorevoli più questi allo spirito , montano quelle gli uomini che fanno piccolo il mondo . Divoratori dello spazio , banale cosa è la strada pei suoi moderni signori : uno schema della distanza ; il monotono segue il veloce , come il grigio la rapida sovrapposizione delle tinte . Ma poi , procedendo più adagio , vi scorgiamo più cose : e più cose , forse , vi scorgono i mendicanti seduti sui paracarri .
Antologie ( Salinari Carlo , 1960 )
StampaPeriodica ,
L ' Antologia della Voce , che ha fatto seguito a quella del Leonardo , dell ' Hermes e del Regno ( entrambe edite da Einaudi ) e a quella della Critica sociale ( edita da Feltrinelli ) , le annunciate antologie de Il Rinnovamento , Nova et vetera , L ' Anima , Lacerba , eccetera , che dovrebbero presto venire alla luce , testimoniano l ' interesse sempre più acuto delle nuove generazioni a ripercorrere il cammino della cultura e dello spirito pubblico del Novecento , per rintracciarvi le origini dei problemi che ancora ci assillano . Ed è naturale che , in questo ritorno alle origini , il decennio giolittiano - con i suoi fermenti e il suo vivace dibattito ideale - divenga il polo principale di attrazione . È troppo presto , forse , per tirare le somme e giudicare nel loro complesso codeste iniziative editoriali : per ora si può solo rilevare che le due antologie einaudiane sono molto ben fatte e sono introdotte con notevole intelligenza da Delia Frigessi e Angelo Romanò : che invece qualche incertezza presenta l ' antologia della Critica sociale nella parte politica ed economica , ma non nella parte culturale che qui più direttamente c ' interessa . Tuttavia , anche se non è possibile un quadro d ' insieme , si può fin d ' ora notare che le recenti ricerche hanno completamente capovolto i canoni d ' interpretazione di quel periodo che avevano dominato la cultura italiana fino all ' ultimo dopoguerra . Vediamo . La reazione antipositivistica era stata sempre considerata una caratteristica rinnovatrice del movimento culturale del primo decennio del secolo . Ora si è portati a capovolgere il giudizio . Non già perché si voglia difendere il positivismo negli aspetti grossolani che facilmente prestarono il fianco alla polemica ( e anche alla irrisione ) idealistica : la metafisica che tradiva il significato più profondo della grande esperienza delle scienze ; il determinismo che non lasciava posto « per l ' uomo , né per la storia dell ' uomo » ; il facile ottimismo o la superficialità con cui si parlava di progresso e si orecchiavano le conquiste scientifiche . Si tende , invece , a lasciare da parte - come poco importante - la parte sistematica del positivismo e a richiamare l ' attenzione su altri dati più interessanti : che il positivismo sorge come una sorta di nuovo illuminismo sulla base dell ' espansione della civiltà borghese dell ' Ottocento ; che esso , pur cedendo a sua volta alle tentazioni metafisiche , rappresenta il movimento di pensiero che fa della lotta contro la metafisica il punto cardine del suo programma ; che con esso si rilancia la fiducia nella ragione umana , soffocata dal movimento romantico ; che esso agisce sull ' orientamento ideale e sul costume di larghissimi strati d ' intellettuali , creando una mentalità laica , illuminata , aperta alle idee di progresso , chiusa alle superstizioni religiose , sicura delle possibilità dell ' uomo , amante della scienza e dei risultati della sua applicazione nei vari campi della vita civile ; che esso - proprio per le caratteristiche fin qui indicate - ha una funzione particolarmente progressiva nel nostro paese arretrato , tagliato fuori da alcuni secoli dalle grandi correnti di pensiero europee , insidiato dalla presenza del Vaticano . Il positivismo , cioè , si presenta oggi allo storico moderno come l ' aspetto più clamoroso di un profondo rinnovamento che si operò , dopo il 1860 e la " aggiunta unità , fra gl ' intellettuali e nella cultura italiana . Rinnovamento benefico - nonostante i pericoli e le esagerazioni - se esso veniva a consolidare e a confermare sulla base degli orientamenti della scienza e del pensiero europei il carattere prevalentemente laico della cultura italiana ( derivato dal modo stesso con cui si era formato lo Stato nazionale in opposizione alla Chiesa ) ; se contro l ' interiorità e il mito dei romantici ( l ' ideale staccato dal reale di cui parlava De Sanctis ) poneva il sapere scientifico come « l ' obiettiva coscienza del reale » ; se postulava una natura universale dell ' uomo a cui faceva corrispondere « un ' etica naturale , fondata su leggi psicologiche e sociali » e alla cui conquista sembrava impegnata la stessa storia che si presentava così conte indefinito progresso ; se sotto l ' Italia ideale sognata nelle battaglie del Risorgimento sapeva scoprire un ' Italia reale - fatta di bisogni concreti , di arretratezza , di miseria - e , quindi , faceva affiorare anche da noi la cosiddetta « questione sociale » ; se non si accontentava dell ' unità politica realizzata nm si rendeva conto dell ' esistenza di un problema del Mezzogiorno ; se aveva coscienza di quanta Arcadia fosse rimasta nel nostro romanticismo , di quanto fossimo rimasti indietro rispetto alle altre nazioni e operava il collegamento con un grande movimento di cultura europeo , aprendo le finestre , rinnovando l ' aria e liberandoci da pregiudizi , limiti provinciali e residui accademici . 1Int uguale capovolgimento di giudizio può notarsi , anche nei confronti della reazione antinaturalistica , nonostante che , in questo campo , sia stato proprio un critico marxista , il Lukács , a introdurre uno schema d ' interpretazione negativo : considerando il naturalismo come una corruzione in senso fotografico e descrittivo del grande realismo ottocentesco . Oggi si tende a considerare il naturalismo come un rinnovamento importante e benefico della nostra letteratura , come il più avanzato tentativo dl arte realistica compiuto nella nostra storia letteraria . Gli elementi di fondo di tale rinnovamento sono gli stessi già indicati per il positivismo e sono alla base della rivolta un po ' velleitaria degli Scapigliati ( e anche a guardar bene dell ' atteggiamento ribelle del primo Carducci ) e , soprattutto , della grande arte di Verga e della critica di Capuana . Giustamente è stato osservato come non sia stato per caso che la crisi letteraria si manifestasse a Milano prima e piuttosto che altrove . Perché « i primi effetti e i più appariscenti della trasformazione economica e sociale che era in atto , coi suoi urti , coi suoi contrasti interni e con i rivolgimenti di fortune e di opinioni che ne derivavano , si fecero sentire appunto in quella città che allora si avviava a essere , come poi si disse , la capitale morale d ' Italia , e cioè la capitale dei traffici e degli affari , uno dei centri più operosi e vitali della nuova borghesia e della nuova cultura » . E non fu un caso che essa trovasse i suoi maggiori interpreti in Verga e Capuana perché era necessario « un passionale deflusso dal centro alla periferia , dal Nord al Sud , dal vertice alla base , dal mondo della scioperatezza e degli sperperi al mondo della diffidenza e della parsimonia , dalla vita di lusso a quella dei bisogni elementari e primordiali » per individuare il contenuto più nuovo e tipico : « la vita del meridione , che nella struttura del nuovo stato unitario non era più un modo dl vita circoscritto e locale , ma assurgeva già al significato e all ' importanza di uno fra i più tormentosi e urgenti problemi nazionali » . Appunto sulla base di questo nuovo contenuto sorge l ' arte di Verga , nutrita essenzialmente dall ' analisi del molteplice giuoco di forze economiche e sociali che determinano i comportamenti , i sentimenti e il destino degli uomini . Ed è proprio il canone dell ' impersonalità , quello studiare le forme e le strutture sociali come lo scienziato studia il prodursi dei fenomeni naturali , proprio quel suo « ritrovare nella società umana non già i grandi problemi morali ma - come lo scienziato nella natura - solo le leggi del suo funzionamento » , proprio tutto questo che gli è stato rimproverato come un limite e un errore , consente invece al Verga di cogliere - al di là delle contingenze storiche e della euforia borghese - la legge fondamentale della società moderna , implacabile come il fato degli antichi greci , a cui si assoggettano i suoi personaggi esponendo la nuda e dolente verità della loro condizione umana . Del resto , indipendentemente dal Verga , per il quale è stato riconosciuto da tutti che l ' incontro con il verismo ebbe una funzione liberatrice , i canoni del naturalismo , che sono stati poi ferocemente criticati e derisi , l ' impersonalità e quindi il ritrarre direttamente dal vero , quasi in modo fotografico ; la scientificità , intesa come riduzione degli elementi umani soprattutto a quelli fisici e fisiologici , in particolare a quelli della ereditarietà e dell ' ambiente ; il dialetto o il gergo che dovevano rappresentare il modo reale di parlare dei personaggi , se valutati nel momento storico cui furono postulati e in rapporto con i nuovi contenuti che volevano esprimere , risultano , sul piano della poetica , non solo giustificati ma necessari . Da questi due giudizi radicalmente capovolti si possono ricavare molte conseguenze . Ci limiteremo ad accennarne una : l ' infondatezza della cosiddetta sprovincializzazione che - secondo i canoni più diffusi d ' interpretazione del Novecento - sarebbe il merito fondamentale dei movimenti culturali del decennio giolittiano . In realtà sia il positivismo che il naturalismo erano movimenti europei : il loro diffondersi in Italia aveva già rappresentato una rottura del nostro isolamento culturale . Ma il positivismo e il naturalismo ricevettero in Italia una elaborazione nazionale , mentre il famoso processo di europeizzazione dei Papini e dei Prezzolini avvenne attraverso forme di importazione a cui non corrispose un adeguato sforzo di elaborazione . Avvenne , cioè , in modo provinciale . Come si vede , la problematica sollevata da questi studi è di estremo interesse e modifica gli orizzonti tradizionali della nostra cultura . È inutile dire che tale sforzo ci appare benefico e che le prospettive verso le quali si muove ci trovano perfettamente consenzienti .