StampaPeriodica ,
Assiduo
e
fervido
riedificatore
sull
'
annoso
Principio
della
pittura
,
Paul
Cézanne
,
fin
dalla
prima
gioventù
fece
della
coscienza
di
se
stesso
l
'
ideale
supremo
e
alla
fortuna
e
alla
facile
fama
antepose
l
'
importanza
del
fine
.
Trovandosi
fra
le
brigate
scempie
dei
caffè
e
degli
ateliers
parigini
,
benché
più
degli
altri
addottrinato
,
raramente
interloquiva
,
e
quando
l
'
osava
doveva
poi
smaltire
vane
e
cocenti
arrabbiature
.
Allora
,
egli
,
si
meravigliava
seco
medesimo
di
essersi
scompagnato
dalle
solitudini
della
sua
Provenza
,
da
quelle
vedute
aperte
,
da
quelle
vallette
fertili
,
da
quelle
acque
lucenti
e
dai
soli
chiari
di
Aix
.
Evitare
adunque
più
che
poteva
quella
gente
incostante
e
frivola
della
capitale
,
fin
che
non
avesse
ultimato
i
suoi
studi
pittorici
,
divenne
subito
la
sua
rarissima
cura
.
Ridottosi
a
Aix
a
vivere
rusticamente
con
sua
sorella
,
Paul
Cézanne
,
piccolo
rentier
,
rinuncia
per
sempre
ad
avere
un
pubblico
.
E
se
egli
ora
ripiega
su
di
sé
per
meglio
adattare
alle
nuove
circostanze
,
il
suo
temperamento
di
uomo
sensibile
e
scontroso
,
tutta
la
sua
soddisfazione
la
trova
nel
lavoro
indirizzato
a
promuovere
opere
di
gioia
durevole
.
Fu
così
che
,
quasi
senza
accorgersene
,
gli
avvenne
di
scoprire
presto
alcune
principalissime
verità
pittoriche
,
non
solo
ignorate
ma
del
tutto
diverse
e
contrarie
alle
opinioni
del
suo
tempo
,
e
di
farsi
,
a
sua
insaputa
,
sublime
e
focoso
iniziatore
di
una
nuova
èra
artistica
.
Ma
quanto
fosse
per
fa
storia
dell
'
arte
il
valore
delle
sue
invenzioni
e
quale
la
stratificazione
dei
suoi
duri
progressi
,
la
portata
delle
sue
conquiste
,
ci
voleva
proprio
che
la
morte
venisse
,
traendo
,
come
si
suoi
dire
,
alla
luce
la
sua
opera
di
grande
artista
sacrificato
;
di
modo
che
si
potrebbe
ripetere
di
lui
che
passato
di
vita
,
allora
finalmente
fosse
per
vivere
.
Con
tutto
ciò
,
l
'
incertezza
sui
suoi
meriti
persiste
ad
essere
tale
che
gli
stessi
ammiratori
della
sua
arte
discordano
grandemente
fra
di
loro
.
Sarebbe
quindi
bene
intenderci
una
buona
volta
sui
punti
fondamentali
del
suo
portato
,
se
non
si
vuole
arrivare
presto
ad
una
forma
curiosa
di
violenta
deturpazione
.
Nell
'
ordine
intellettuale
bisogna
essere
cauti
e
scrupolosamente
obbiettivi
,
più
di
quello
che
si
è
per
il
presente
perché
,
in
fin
dei
conti
,
se
quello
che
avvenne
a
lui
da
vivo
fu
cosa
amarissima
,
quello
che
va
succedendo
ora
è
addirittura
inquietante
;
dimostrando
fra
l
'
altro
la
condizione
in
cui
viene
a
trovarsi
la
memoria
d
'
un
uomo
che
fu
disusatamente
superiore
alla
propria
epoca
.
Si
urli
pure
contro
la
critica
com
'
è
ora
costume
,
ma
per
noi
essa
si
risolve
in
cosa
sterile
solamente
quando
non
l
'
accompagnano
risultanti
positive
.
Studiando
altre
volte
l
'
opera
del
Cézanne
,
cercammo
soprattutto
di
districare
dai
fatti
patenti
i
semi
riposti
,
e
se
ora
riprendiamo
lo
stesso
soggetto
non
perché
siano
variate
sostanzialmente
le
nostre
opinioni
,
ché
anzi
alcuni
esempi
di
quelle
disamine
si
potrebbero
invocare
qui
con
più
chiara
notizia
.
Però
,
innanzi
ad
ogni
altra
cosa
,
ci
sia
permesso
di
far
osservare
che
oggigiorno
si
continua
a
mescolare
con
troppa
baldanza
il
suo
nome
con
quello
degli
impressionisti
e
postimpressionisti
,
alla
maniera
del
gioco
dei
dadi
,
non
curando
se
in
cotesto
modo
si
dimostri
d
'
ignorare
che
la
sua
personalità
è
sostanzialmente
differente
.
Io
credo
,
per
esempio
,
che
spetti
assolutamente
,
dopo
il
Courbet
,
al
Cézanne
il
primo
posto
nella
pittura
contemporanea
,
e
che
lo
stesso
Renoir
gli
sia
di
molto
inferiore
;
ancorché
sia
pronto
a
riconoscere
che
il
buon
decoratore
di
maioliche
di
Sèvres
non
manca
di
leggiadria
e
di
pregi
rari
,
puri
e
delicati
.
Ma
questi
suoi
meriti
,
per
quanto
insigni
,
non
credo
siano
tuttavia
paragonabili
,
nell
'
ambito
delle
differenze
,
a
quelli
di
Cézanne
per
pienezza
e
costituzione
.
In
quanto
a
Van
Gogh
,
Monet
,
Degas
,
Pisarro
,
Toulose
-
Lautrec
,
ecc
.
a
me
basta
saperli
tutti
-
compreso
il
Gauguin
indubbiamente
superiore
agli
altri
-
a
gran
distanza
dal
Cézanne
,
per
dire
che
se
questi
fossero
vissuti
in
tempi
più
chiari
non
che
sovrastare
il
nostro
,
mai
si
sarebbero
levati
a
quella
fama
che
ebbero
e
che
tuttora
hanno
.
Per
dirla
in
breve
costoro
riuscirono
soltanto
a
legare
membri
d
'
incerta
risonanza
,
e
niuna
cosa
ci
vieterebbe
di
giudicarli
dall
'
effetto
che
fanno
le
loro
tele
qualora
venissero
paragonate
a
quelle
del
Cézanne
.
Sono
di
quelle
opere
scaturite
da
indole
che
non
soffre
freno
,
per
la
quale
la
vita
,
prima
che
la
bellezza
,
costituisce
lo
scopo
,
la
qualcosa
è
scusabile
nelle
epoche
di
smarrimento
o
di
ripresa
;
non
giungendo
mai
alla
grandezza
vera
,
non
sopportano
un
puro
giudizio
estetico
.
Per
queste
ed
altre
diversissime
ragioni
non
faremo
dunque
qui
alcun
pensiero
irriverente
a
loro
riguardo
,
ché
anzi
,
per
chi
ben
intende
,
le
nostre
stesse
riserve
acconsentono
loro
lode
.
E
che
questo
sia
vero
o
no
,
quello
che
conta
è
che
infine
il
Cézanne
non
solo
pensa
per
linee
,
colori
,
volumi
e
superfici
ma
tutti
li
avanza
per
senso
,
vigore
e
caldezza
d
'
animo
,
per
cui
riesce
,
in
maniera
tutta
sua
particolare
,
ad
infondere
alla
sua
pittura
un
austero
imperativo
che
ne
ingrandisce
il
possesso
.
Una
mela
,
una
pipa
di
gesso
,
una
bottiglia
,
la
cosa
più
ordinaria
,
gli
è
più
che
sufficiente
per
svegliarci
nella
mente
tutto
un
ordine
spaziato
di
sensazioni
squisite
.
Possiamo
anche
farci
una
prima
idea
del
suo
stile
da
certi
rilievi
che
si
distinguono
per
tono
,
atti
in
modo
singolare
a
tenere
in
gran
parte
il
nostro
animo
e
a
rinnovarlo
con
diversissimi
aspetti
.
Con
ciò
non
si
vuoi
mica
dire
che
tutte
le
sue
opere
siano
egualmente
in
tutti
i
punti
vive
e
sostanziose
!
Ma
Paul
Cézanne
era
nato
veramente
per
dipingere
come
gli
uccelli
son
nati
per
volare
.
Nessuno
più
di
lui
ebbe
in
odio
le
invenzioni
meccaniche
,
né
più
di
lui
alcuno
ha
sentito
in
modo
così
intimo
e
profondo
il
problema
di
ottenere
col
puro
impiego
dei
mezzi
pittorici
un
massimo
di
espressione
.
Così
in
lui
la
colorazione
si
fa
sostanziale
nel
tono
che
ha
l
'
ufficio
di
rialzare
i
volumi
,
la
luce
si
fa
peso
in
una
materia
omogenea
e
carnosa
,
che
è
il
lato
più
profondo
del
suo
genio
drammatico
.
Così
la
sua
gioiosa
alchimia
si
appesantisce
a
poco
a
poco
in
un
agglomerato
di
pennellate
quadre
e
digradanti
per
meglio
fissare
alcuni
risultati
positivi
.
Fin
da
questo
momento
si
potrebbe
dire
che
Cézanne
si
stacca
risolutamente
dalla
scuola
impressionista
.
Ora
le
sue
sensazioni
vengono
inserite
sul
"
principio
delle
evidenze
"
e
si
adagiano
in
movimenti
che
hanno
cessato
di
svolgersi
.
Ma
il
suo
istinto
eroico
non
gli
permette
d
'
indugiare
in
cotesto
genere
di
compiacenze
sensuali
,
più
di
quello
che
comporta
la
coscienza
della
differenza
che
corre
tra
un
'
arte
che
lavora
sul
puro
naturale
visivo
e
quella
che
,
pur
non
negligendo
lo
studio
della
realtà
esterna
,
ha
per
fine
certi
aspetti
metafisici
.
Volle
adunque
il
Cézanne
,
aggiungere
al
senso
della
naturalezza
e
della
concezione
viva
e
diretta
una
corrente
di
classicità
,
nella
quale
il
trasparire
del
fine
e
il
volontario
assoggettamento
a
severa
legge
si
facessero
valere
.
Certamente
tra
un
ideale
e
la
sua
forma
sensibile
vi
è
sempre
un
grande
divario
e
anche
nell
'
opera
sua
dobbiamo
riconoscere
che
non
sempre
la
forma
trova
espressione
piena
e
gagliarda
.
Tuttavia
,
i
suoi
propositi
nuovi
essendo
rivolti
ad
un
ordine
e
ad
una
percezione
d
'
arte
di
non
limitata
irradiazione
,
ancorché
la
perfetta
corrispondenza
della
forma
allo
scopo
gli
sia
irraggiungibile
,
l
'
idea
che
si
è
fatto
ora
del
quadro
lo
conduce
,
pure
attraverso
ansie
e
incertezze
,
al
portamento
fiero
e
dignitoso
delle
forme
.
Colui
il
quale
si
è
procurato
il
piacere
squisito
di
ricercare
per
suo
conto
quest
'
ordine
superiore
,
sa
che
questo
non
è
esercizio
intellettualistico
ma
istinto
ritrovato
e
sete
di
un
più
ampio
possesso
,
e
potrà
quindi
affermare
,
senza
tema
di
cadere
in
rimorso
,
che
l
'
arte
del
Cézanne
come
la
vita
è
uno
slancio
che
tende
ad
una
conchiusione
,
e
che
non
si
limita
a
voler
essere
l
'
espressione
d
'
un
temperamento
entusiastico
,
tutto
febbre
e
fuoco
,
al
quale
gli
elementi
intellettuali
servono
come
qualità
occasionali
.
Spirito
colto
e
austero
,
Paul
Cézanne
cerca
la
soluzione
del
problema
plastico
non
del
"
motivo
"
,
che
è
concetto
limitato
al
giuoco
delle
masse
,
delle
linee
,
dei
colori
,
dei
lumi
e
delle
ombre
,
.
ma
nel
"
soggetto
"
,
che
,
lungi
dall
'
essere
letteratura
,
è
problema
di
superficie
e
di
profondità
,
linguaggio
poetico
dell
'
anima
.
Siamo
nella
seconda
fase
della
sua
arte
.
Ora
le
stesse
"
nature
morte
"
non
gli
appariranno
più
che
come
buona
materia
versata
su
di
un
tessuto
accidentato
,
o
come
dire
"
saggi
"
staccati
di
una
unità
più
vasta
e
complessa
.
Per
le
stesse
e
simili
cause
egli
è
portato
a
ricercare
la
sostanza
degli
antichi
ordini
naturali
e
le
antiche
norme
dell
'
arte
,
mirando
a
perfezionarle
e
a
rifonderle
col
nuovo
spirito
.
Il
che
sarà
sempre
gran
merito
suo
,
dato
che
quando
si
volle
andar
oltre
e
rinnovare
sui
punti
fondamentali
,
non
che
non
riuscirvi
,
si
tornò
indietro
,
e
venne
meno
quello
che
s
'
era
faticosamente
acquistato
.
Niuno
può
infatti
sapere
fin
dove
sarebbe
montato
il
male
senza
il
suo
vigoroso
intervento
.
E
se
ciò
non
costituisce
la
maggiore
delle
sue
doti
,
le
cose
dette
servono
abbastanza
per
farcelo
più
vicino
,
più
umano
,
più
nostro
d
'
ogni
altro
pittore
di
quel
tempo
.
A
questo
punto
Paul
Cézanne
,
sente
le
prime
ondate
di
quello
che
si
potrebbe
chiamare
il
suo
"
umanismo
plastico
"
,
in
cui
taluni
scrittori
vollero
scorgere
la
cagione
principale
della
sua
rapida
decadenza
.
Ma
se
anche
fosse
probabile
che
"
rifare
il
Museo
davanti
alla
Natura
"
era
una
delle
sue
insane
fissazioni
,
dobbiamo
però
ammettere
che
questo
concetto
non
è
poi
tanto
balordo
se
può
tuttora
servire
per
farci
rigorosi
e
severi
con
noi
stessi
.
Infatti
a
noi
sembra
che
anche
il
Cézanne
ne
abbia
tratto
reale
giovamento
da
quest
'
idea
del
duraturo
,
ancorché
la
pittura
oramai
gli
venga
giù
in
apparenza
meno
bene
di
prima
.
Si
direbbe
che
la
sua
rigorosa
tecnica
si
sperda
e
si
sprofondi
in
vaghi
umori
melanconici
e
ondeggi
in
rapporti
lontani
.
Ma
se
la
ricca
materia
non
fluisce
più
in
forme
condensate
ed
energiche
e
gli
elementi
,
che
gli
erano
divenuti
famigliari
,
gli
pongono
degli
strani
inconvenienti
o
devono
essere
da
lui
alterati
per
necessità
del
nuovo
concetto
costruttivo
;
se
c
'
è
sempre
una
parte
che
gli
sfugge
;
una
zona
che
non
è
stata
osservata
;
se
gli
è
difficile
afferrare
la
sintesi
della
visione
;
non
per
questo
le
sue
figure
e
i
suoi
paesi
pencolano
in
una
espressione
contrastata
;
ché
anzi
simili
constatazioni
confermano
vieppiù
l
'
interesse
con
cui
la
sua
lucente
volontà
rinuncia
alla
ricchezza
apparente
per
una
misura
di
semplificazione
essenziale
.
Mai
come
ora
le
distese
,
le
colline
,
i
casali
gli
apparirono
in
tutto
il
rilievo
della
loro
immobile
esistenza
e
la
divinità
plastica
dell
'
essere
umano
gli
fu
più
presente
.
Osservando
il
processo
elaborativo
della
sua
arte
si
deve
dunque
ammettere
che
se
la
sua
succolenta
materia
si
è
impoverita
nei
sali
,
non
per
questo
dobbiamo
escludere
si
tratti
del
graduale
sviluppo
dei
medesimi
pregi
;
perché
infine
i
suoi
presagi
sono
leali
e
opportuni
e
le
opere
successive
ne
chiariranno
la
prudenza
.
Infatti
,
come
poteva
un
pittore
abituato
a
scrutare
di
continuo
sé
stesso
e
similmente
i
suoi
rapporti
colla
natura
,
non
accorgersi
che
nella
sovrabbondanza
dei
succhi
egli
andava
apparecchiando
al
sentimento
genuino
dell
'
arte
una
sopravvivenza
di
elementi
artificiali
?
Come
poteva
non
accorgersi
che
questi
elementi
tecnici
illudono
con
un
falso
interesse
sensuale
apparendo
come
i
più
fini
pregi
dello
stile
mentre
ne
costituiscono
in
realtà
i
vizi
maggiori
?
Che
importa
che
ci
siano
dei
pittori
detti
grandi
che
di
questo
genere
di
decadenza
fanno
un
'
applicazione
sistematica
e
che
sovrattutto
i
giovani
siano
sempre
pronti
ad
ammirarli
proprio
per
ciò
che
essi
hanno
di
deteriore
?
Nessuna
meraviglia
quindi
che
oggi
si
esalti
il
lato
decadente
delle
"
nature
morte
"
cézanniane
e
pochi
si
curino
di
ricercare
le
ragioni
per
le
quali
egli
si
affaticò
tanto
per
liberarsene
.
Concluderemo
questo
punto
del
nostro
discorso
dicendo
che
i
"
giocatori
di
carte
"
,
"
l
'
arlecchino
"
costituiscono
i
primi
approcci
ad
una
più
complessa
realtà
che
si
esaurisce
nei
"
satiri
"
e
nelle
variazioni
delle
"
bagnanti
"
.
Ora
,
egli
vorrebbe
riprendere
gli
stessi
"
ritratti
"
e
i
suoi
vecchi
"
paesi
"
per
inserirli
in
un
soggetto
trascendente
la
composizione
.
Evidentemente
i
gravi
gorghi
spirituali
non
gli
danno
più
le
vertigini
.
E
non
dobbiamo
dimenticare
,
volendo
stabilire
il
giusto
significato
dell
'
arte
cézanniana
,
che
la
pittura
dopo
il
Coubert
si
era
limitata
ad
una
parte
puramente
disegnativa
o
pittoresca
,
e
che
soltanto
col
nostro
ritentò
un
'
immediatezza
d
'
immersione
totale
senza
però
rinnegare
il
modi
antichi
.
Qui
risiede
forse
l
'
intimo
e
perfetto
valore
che
lo
ricongiunge
direttamente
con
la
tradizione
,
intendo
dire
la
nostra
,
italiana
.
Ma
per
specificare
meglio
la
nostra
idea
,
aggiungeremo
che
egli
risolve
il
problema
plastico
alla
maniera
dei
veneziani
e
cioè
nel
colore
-
tono
più
che
in
quella
lineare
che
vien
da
Giotto
e
da
Masaccio
.
Egli
sente
che
la
tradizione
perde
ogni
diritto
solamente
quando
non
trova
un
'
eco
nell
'
anima
dell
'
artista
.
Ma
dai
modelli
classici
egli
non
domanda
che
la
prima
spinta
.
Si
potrebbe
fare
a
questo
punto
una
erudita
ricerca
delle
geniture
e
tirar
fuori
il
Greco
,
il
Tintoretto
ed
altri
illustri
,
ma
siccome
questo
bisogno
di
rientrare
nella
regola
si
fa
sentire
soltanto
quando
il
pittore
sente
di
avere
in
sé
medesimo
i
germi
della
storia
,
e
analoghe
avvertenze
si
ritrovano
in
tutti
i
migliori
ingegni
fioriti
nei
secoli
,
a
noi
questa
ricerca
appare
piuttosto
superflua
.
Non
è
il
caso
qui
di
ricordare
che
l
'
ingegno
è
sempre
indipendente
e
non
procede
affatto
per
meccaniche
derivazioni
,
come
erroneamente
credono
le
nature
incolte
e
primitive
.
Tuttavia
un
buon
punto
di
partenza
facilita
in
tutti
casi
la
via
,
essendo
che
ogni
ideale
,
vago
da
principio
,
si
segna
a
mano
a
mano
nelle
esperienze
,
si
contorna
e
si
colorisce
.
Ma
rientriamo
in
argomento
che
non
è
questo
il
luogo
per
vedere
come
le
idee
nascono
,
ma
soltanto
come
s
'
inquadrano
nella
realtà
dei
fatti
.
Paul
Cézanne
nega
l
'
impressionismo
e
perché
sa
che
le
relazioni
fra
le
cose
mutano
senza
fine
e
che
il
loro
numero
è
incalcolabile
.
Chi
cerca
nei
corpi
la
risultante
di
rapporti
geometrici
rompe
la
legge
che
è
risoluzione
essenziale
.
Allontanarsi
dal
procedimento
del
puro
chiaroscuro
e
rigettare
la
"
negazione
impressionista
del
tono
locale
"
era
,
non
v
'
è
dubbio
,
una
di
quelle
arditezze
da
spiacere
a
tutti
;
tanto
a
quelli
che
erano
rimasti
attaccati
al
concetto
d
'
una
pittura
il
cui
centro
essenziale
rimanesse
impassibile
,
quanto
agli
altri
che
per
risentire
le
forze
circostanti
deformarono
il
centro
essenziale
e
si
esaurirono
in
una
mera
speculazione
numerica
della
luce
.
Nessuna
meraviglia
che
ambo
le
scuole
non
potendo
riconoscerlo
come
uno
dei
loro
,
si
adoperassero
a
lasciarlo
più
che
mai
nella
sua
aspra
solitudine
.
Crediamo
di
aver
chiarito
al
lettore
come
intendiamo
noi
i
dati
dell
'
arte
cézanniana
e
se
le
nostre
parole
spiaceranno
a
molti
e
però
ce
le
apporranno
a
difetto
,
diremo
che
non
è
in
nostro
potere
il
dare
ad
essi
significato
diverso
.
Agli
occhi
della
nostra
generazione
l
'
immagine
di
Paul
Cézanne
si
fa
sempre
più
viva
,
eccita
la
fantasia
e
serve
d
'
impulso
e
di
esempio
nei
nuovi
tentativi
vittoriosi
.
Eppure
se
ammettiamo
che
la
sua
opera
sia
sommamente
degna
di
essere
posta
a
perpetua
lode
,
avendo
il
Cézanne
ritrovato
uno
stile
austero
e
gagliardo
,
un
'
eloquenza
pittorica
che
può
parere
roba
di
altri
secoli
,
noi
crediamo
altresì
che
se
la
sua
opera
ci
vieta
di
retrocedere
ci
offre
anche
un
impegno
che
obbliga
a
progredire
.
Ripigliarsi
quindi
ai
suoi
dettami
è
certamente
cosa
degna
ma
non
si
dovrebbe
mai
obliare
che
la
materia
su
cui
versano
le
operazioni
dell
'
arte
si
modifica
per
successo
di
tempo
e
con
essa
variano
anche
i
mezzi
.
Ancorché
,
Paul
Cézanne
,
sia
l
'
unico
pittore
dei
nostri
tempi
,
che
abbia
saputo
disegnare
sobriamente
alcune
fattezze
delle
cose
nella
loro
compostezza
riposata
,
non
si
può
disconoscere
che
nella
sua
opera
i
caratteri
e
le
situazioni
prevalgono
quasi
sempre
sul
contenuto
.
Si
deve
dunque
concludere
che
nell
'
atto
della
creazione
se
egli
aveva
la
padronanza
della
materia
divenuta
forma
,
non
sapeva
però
adottare
la
forma
ad
un
contenuto
pensato
preventivamente
.
Malgrado
ciò
,
e
per
non
essere
fraintesi
,
ripeteremo
che
quando
il
suo
rispetto
alle
cose
si
appalesa
in
forma
colta
e
bene
individuata
,
egli
,
meglio
,
di
ogni
altro
pittore
moderno
,
con
pochi
segni
e
tocchi
ci
fa
errare
in
un
delirio
dolcissimo
.
E
basterà
riconoscere
i
lati
particolarmente
espressivi
delle
sue
pitture
,
per
porlo
fra
i
maggiori
che
abbiano
contribuito
a
sviscerare
qualche
verità
sostanziale
.
Abbiamo
certamente
tralasciate
cose
assai
e
toccherà
ad
altri
riempire
il
vuoto
.
Se
non
è
valso
a
dimostrare
come
ha
veduto
la
realtà
,
né
,
quello
che
più
conta
,
come
ha
saputo
fermarla
in
un
numero
ragguardevole
di
opere
,
questo
grave
,
ombroso
e
sagace
solitario
,
riandando
al
quale
Mestizia
e
terror
mette
nel
core
,
quello
che
si
è
detto
nelle
presenti
note
avrà
tuttavia
concorso
-
non
sembri
audace
pensarlo
-
a
far
capire
,
se
non
altro
,
quanto
la
sua
arte
sia
difficile
a
definirsi
,
per
il
suo
contenuto
umano
,
e
per
quei
caratteri
peculiari
da
cui
la
sua
forma
plastica
traeva
la
più
pura
espressione
.
StampaPeriodica ,
Roma
,
giovedì
17
febbraio
.
Passerà
alla
storia
come
«
quel
giovedì
grasso
del
'77»
in
cui
Luciano
Lama
,
segretario
del
più
grande
sindacato
comunista
d
'
Europa
,
fu
preso
a
sassate
dagli
studenti
ultras
e
costretto
a
lasciare
la
cittadella
universitaria
romana
.
Quasi
sicuramente
gli
storici
che
nei
prossimi
anni
si
occuperanno
di
questi
fatti
lasceranno
da
parte
le
polemiche
sulle
origini
materiali
degli
incidenti
(
chi
ha
dato
il
primo
spintone
,
la
prima
bastonata
,
chi
ha
tirato
il
primo
sampietrino
?
È
più
grave
lanciare
sacchetti
di
vernice
sui
sindacalisti
come
hanno
fatto
gli
«
indiani
metropolitani
»
o
innaffiare
col
getto
di
un
estintore
gli
studenti
come
ha
fatto
un
membro
del
servizio
d
'
ordine
del
PCI
?
)
e
si
dedicheranno
alla
ricerca
delle
cause
di
quello
che
quasi
all
'
unanimità
e
un
po
'
ingenerosamente
è
stato
definito
l
'
«
errore
di
Lama
»
.
E
cosa
diranno
di
questo
errore
?
Che
è
stato
generato
dalla
convinzione
di
poter
riportare
l
'
ordine
nelle
università
con
un
misto
di
forza
e
di
consenso
;
che
è
stato
reso
possibile
dalle
false
informazioni
che
il
segretario
della
federazione
comunista
romana
Paolo
Ciofi
,
alcuni
sindacalisti
della
CGIL
-
scuola
,
il
segretario
della
Federazione
giovanile
comunista
Massimo
D
'
Alema
avevano
trasmesso
per
quattordici
giorni
ai
vertici
del
PCI
(
«
Andrà
tutto
liscio
come
l
'
olio
»
aveva
detto
Ciofi
la
sera
prima
degli
incidenti
)
;
che
è
stato
favorito
dalla
mancanza
di
precauzioni
«
psicologiche
»
come
per
esempio
incontri
tra
sindacalisti
e
rappresentanti
degli
studenti
,
diretti
ad
allentare
la
tensione
:
una
tensione
che
aveva
raggiunto
l
'
apice
proprio
quel
giorno
(
alcuni
lavoratori
del
PCI
avevano
forzato
il
blocco
degli
occupanti
ai
cancelli
dell
'
ateneo
e
la
sera
la
Camera
del
Lavoro
aveva
chiesto
la
riapertura
dell
'
università
)
.
Ma
la
storia
non
ammette
recriminazioni
.
I
lamenti
(
«
Perché
noi
comunisti
eravamo
tremila
e
non
trentamila
?
»
)
,
le
tardive
esortazioni
(
«
È
una
questione
di
ordine
pubblico
:
bisognava
mandare
subito
i
carabinieri
a
sgombrare
l
'
occupazione
»
gridava
Giuliano
Ferrara
dirigente
del
PCI
torinese
)
,
i
giustificati
timori
(
«
Se
Cossiga
fa
sgombrare
adesso
l
'
università
sembrerà
però
che
noi
sindacalisti
abbiamo
bisogno
della
polizia
per
far
valere
le
nostre
ragioni
»
)
che
quel
giovedì
nero
animavano
la
discussione
davanti
alla
sede
del
PCI
di
via
dei
Frentani
,
appena
pronunciati
venivano
già
superati
dai
fatti
.
Il
ministro
dell
'
Interno
aveva
immediatamente
deciso
di
sfruttare
la
situazione
per
espugnare
l
'
università
e
rilanciare
la
campagna
sull
'
ordine
pubblico
,
accolta
con
ovazioni
di
consenso
di
tutta
la
stampa
.
I
giornali
,
anche
quelli
che
in
passato
avevano
più
strizzato
l
'
occhio
al
PCI
,
si
rivolgevano
al
«
grande
partito
della
classe
operaia
»
in
tono
brusco
e
risentito
:
«
Ma
come
?
,
vi
stavamo
spalancando
le
porte
del
governo
nella
speranza
che
riportaste
l
'
ordine
nelle
fabbriche
e
nelle
piazze
e
ora
scopriamo
che
non
ne
siete
capaci
»
.
Lentamente
si
metteva
in
moto
anche
il
fronte
di
quelli
che
sperano
nel
ritorno
a
un
governo
di
centrosinistra
:
dai
democristiani
di
osservanza
fanfaniana
(
«
Eccoli
qui
i
comunisti
di
sempre
,
illiberali
e
prevaricatori
»
)
ad
alcuni
settori
del
PSI
(
un
dirigente
della
Federazione
giovanile
socialista
ha
dichiarato
in
un
'
assemblea
ad
architettura
:
«
Avete
ragione
voi
,
la
venuta
di
Lama
nell
'
università
è
stata
una
grave
provocazione
»
)
,
erano
tutti
all
'
erta
.
Il
PCI
si
è
sentito
alle
corde
:
Lama
continuava
a
ricevere
telegrammi
di
formale
solidarietà
ma
appena
chiedeva
uno
sciopero
o
almeno
una
manifestazione
di
solidarietà
che
lo
riconfermasse
leader
prestigioso
di
un
grande
sindacato
,
riceveva
risposte
elusive
.
Nelle
sezioni
e
nei
consigli
di
fabbrica
le
spiegazioni
ufficiali
(
«
Quell
'
università
lì
è
una
Reggio
Calabria
zeppa
di
provocatori
,
fascisti
,
figli
della
borghesia
agiata
»
)
erano
accolte
con
sufficienza
e
in
molti
casi
apertamente
discusse
;
nelle
piazze
che
il
sindacato
,
per
le
sue
divisioni
interne
aveva
lasciato
deserte
,
non
riusciva
a
riempire
,
affluivano
invece
,
fin
dal
sabato
,
decine
di
migliaia
di
studenti
inscenandovi
manifestazioni
che
lasciavano
poco
spazio
al
teppismo
.
Conseguenze
.
Per
la
prima
volta
dall
'
autunno
del
'69
,
quando
fu
espulso
il
gruppo
del
Manifesto
,
il
PCI
è
stato
percorso
da
un
terremoto
interno
di
discussioni
che
continueranno
per
molte
settimane
.
E
l
'
autocritica
che
la
direzione
del
PCI
si
è
fatta
il
19
febbraio
(
«
È
mancata
da
parte
nostra
una
piena
e
immediata
comprensione
del
clima
che
si
era
creato
nell
'
ateneo
»
)
contribuirà
ad
alimentare
il
dibattito
.
I
termini
del
problema
sono
semplici
.
C
'
è
un
partito
che
si
presenta
come
«
partito
di
lotta
e
di
governo
»
e
che
una
volta
messo
alla
prova
davanti
a
un
movimento
di
massa
è
costretto
a
battere
in
ritirata
fornendo
spiegazioni
improvvisate
e
convenzionali
(
«
È
un
fenomeno
fascista
»
ha
affermato
Gianni
Cervetti
,
membro
della
direzione
del
PCI
davanti
agli
operai
milanesi
dell
'
Alfa
Romeo
riuniti
a
congresso
nella
sezione
Ho
Ci
-
Minh
)
.
C
'
è
un
sindacato
che
ha
paura
di
mobilitarsi
su
temi
estranei
alla
difesa
del
salario
perché
non
vuole
disperdere
le
sue
energie
,
ma
teme
anche
che
,
una
volta
decisa
la
ritirata
su
un
fronte
,
ci
sia
il
rischio
di
diventare
vulnerabile
anche
su
tutti
gli
altri
fronti
.
Cosa
accadrà
nei
prossimi
giorni
?
Esaminiamo
le
mosse
che
presumibilmente
faranno
i
protagonisti
di
questa
vicenda
.
Il
movimento
degli
studenti
.
Lo
scontro
con
Lama
,
per
loro
,
è
stato
provvidenziale
.
Nei
giorni
precedenti
quel
giovedì
grasso
il
movimento
degli
studenti
aveva
conosciuto
una
fase
di
stanca
tale
che
l
'
avrebbe
potuto
portare
alla
dissoluzione
.
La
visita
di
Lama
lo
ha
rilanciato
.
Nelle
ore
di
battaglia
calda
contro
il
servizio
d
'
ordine
del
PCI
e
del
sindacato
,
contro
il
senato
accademico
e
la
polizia
,
gli
studenti
ultras
hanno
ritrovato
l
'
unità
e
la
galvanizzazione
perdute
.
Ora
si
dettano
obiettivi
«
mobilitanti
»
:
«
Rioccupiamo
appena
possibile
l
'
ateneo
e
riprendiamo
a
batterci
per
gli
appelli
d
'
esame
settimanali
,
per
l
'
orario
a
cartellino
dei
professori
,
per
l
'
università
aperta
il
sabato
e
la
domenica
,
per
i
corsi
serali
,
per
la
ristrutturazione
dell
'
insegnamento
»
.
Ma
gli
obiettivi
reali
del
movimento
non
riescono
a
definirli
.
Senza
questi
è
probabile
che
gli
studenti
conosceranno
una
seconda
impasse
.
Come
fare
allora
?
Sabato
e
domenica
prossimi
gli
studenti
di
tutta
Italia
si
incontreranno
a
Roma
per
discuterne
.
Probabilmente
metteranno
a
punto
un
programma
che
le
forze
politiche
dovranno
valutare
con
grande
attenzione
perché
sarà
il
testo
base
a
cui
faranno
riferimento
i
disoccupati
intellettuali
italiani
.
Cosa
chiederanno
?
Nientemeno
che
il
salario
generalizzato
per
tutti
coloro
che
hanno
più
di
diciotto
anni
.
Poi
chiederanno
,
anche
,
la
diminuzione
delle
ore
di
lavoro
nelle
fabbriche
e
l
'
aumento
invece
di
quelle
di
studio
per
gli
operai
.
In
questo
modo
sperano
che
si
creino
nuovi
posti
di
lavoro
.
Si
tratta
in
altre
parole
di
trasformare
le
150
ore
in
500
ore
di
studio
annuali
per
ogni
operaio
.
Soluzione
,
com
'
è
facile
arguire
,
del
tutto
utopistica
.
Il
Partito
comunista
italiano
.
Cosa
farà
il
PCI
lo
ha
annunciato
con
un
articolo
sull
'
«
Unità
»
Alberto
Asor
Rosa
,
l
'
unico
intellettuale
comunista
che
abbia
capito
fin
dai
primi
giorni
cosa
stava
succedendo
nelle
università
.
«
Noi
comunisti
»
afferma
Asor
Rosa
«
abbiamo
fatto
la
scelta
di
difendere
un
tipo
di
società
in
trasformazione
al
cui
centro
sta
la
classe
operaia
organizzata
.
Gli
studenti
sono
invece
una
"
seconda
società
"
,
che
intende
scaricare
addosso
alla
società
che
noi
difendiamo
un
turbine
distruttivo
.
»
D
'
altra
parte
,
continua
Asor
Rosa
,
come
possiamo
stupircene
?
«
L
'
austerità
ha
un
senso
in
quanto
è
rivolta
ai
settori
produttivi
della
società
,
ai
lavoratori
,
i
quali
in
quanto
produttori
e
consumatori
al
tempo
stesso
possono
se
vogliono
calibrare
un
rapporto
diverso
tra
questi
due
aspetti
della
vita
.
»
Ma
chi
non
lavora
,
e
ha
la
prospettiva
di
non
lavorare
e
non
guadagnare
per
anni
,
come
fa
a
praticare
su
se
stesso
l
'
austerità
?
Come
fa
a
ridurre
i
consumi
chi
non
consuma
niente
?
Tra
le
righe
Asor
Rosa
denuncia
l
'
assenza
di
una
proposta
del
PCI
nei
confronti
dei
disoccupati
.
E
si
può
leggere
anche
un
invito
alla
chiarezza
:
se
il
PCI
ha
deciso
di
difendere
ad
oltranza
gli
occupati
lo
dica
,
e
non
si
stupisca
poi
se
i
disoccupati
reagiscono
anche
contro
di
lui
.
Oltre
a
questo
problema
generale
c
'
è
poi
la
questione
più
specifica
della
riforma
universitaria
.
Come
può
il
PCI
,
dopo
aver
appoggiato
per
dieci
anni
la
«
scuola
liberalizzata
e
di
massa
»
,
favorire
adesso
la
creazione
di
una
università
che
sforni
quadri
veramente
selezionati
da
inserire
nei
gangli
del
sistema
produttivo
per
rimetterlo
in
moto
?
Qualcuno
a
mezza
voce
suggerisce
l
'
unica
risposta
possibile
:
accordare
il
salario
minimo
ai
disoccupati
e
ricominciare
con
la
scuola
selettiva
a
partire
dalla
prossima
generazione
.
Si
chiede
,
cioè
,
alla
società
un
sacrificio
per
sostentare
la
generazione
che
ha
compiuto
gli
studi
tra
il
1968
e
oggi
,
in
vista
di
prepararne
una
culturalmente
e
professionalmente
più
attrezzata
.
Il
sindacato
.
Di
quel
che
farà
il
sindacato
si
occupa
Sandro
Magister
nell
'
articolo
che
segue
.
C
'
è
però
da
sottolineare
un
elemento
.
Se
il
PCI
decide
di
seguire
i
suggerimenti
di
Asor
Rosa
e
cioè
di
difendere
ad
oltranza
gli
operai
occupati
,
sarà
quasi
inevitabile
che
questi
entrino
in
rotta
di
collisione
con
i
giovani
disoccupati
.
Quel
giorno
il
movimento
operaio
italiano
non
si
potrà
presentare
all
'
appuntamento
con
in
tasca
soltanto
l
'
accusa
di
«
fascismo
»
da
lanciare
contro
i
senza
lavoro
arrabbiati
.
Anche
perché
può
succedere
che
,
nel
clima
incandescente
che
si
verrebbe
a
creare
,
gli
stessi
operai
occupati
si
uniscano
alla
battaglia
contro
«
l
'
aumento
della
produttività
basato
sull
'
intensificazione
dello
sfruttamento
»
.
Non
sarebbe
la
prima
volta
,
nella
storia
,
che
un
sindacato
forte
e
potente
viene
travolto
sotto
il
fuoco
concentrico
del
governo
,
degli
industriali
,
degli
operai
stanchi
e
dei
disoccupati
arrabbiati
.
StampaPeriodica ,
In
Italia
,
durante
il
XVI
secolo
e
per
buona
parte
del
secolo
XVII
,
vissero
molti
musicisti
,
i
quali
,
invece
di
dar
sfogo
alla
loro
ispirazione
,
erano
affetti
da
una
strana
mania
contrappuntistica
,
che
valeva
appena
a
rivelare
la
loro
grande
abilità
tecnica
.
"
Naturalmente
"
i
compositori
di
questo
tipo
furono
numerosi
.
A
titolo
di
curiosità
ancora
oggi
si
ristampano
e
,
di
quando
in
quando
,
si
eseguiscono
le
opere
di
un
Pierluigi
da
Palestrina
,
di
un
Gesualdo
da
Verona
;
e
di
qualche
altro
,
ma
tali
esumazioni
lasciano
il
tempo
che
trovano
.
La
puerilità
e
,
allo
stesso
tempo
,
la
temerarietà
dei
cosidetti
polifonisti
erano
ineffabili
.
Un
certo
Orazio
Vecchi
osò
persino
scrivere
una
commedia
musicale
in
istile
madrigalesco
che
intitolò
:
Anfiparnasso
.
Manca
di
ogni
ispirazione
melodica
e
anche
l
'
infimo
dei
nostri
"
cantanti
"
non
troverebbe
in
questa
elocubrazione
accademica
la
possibilità
di
sfoggiare
le
sue
qualità
canore
.
Verso
la
fine
del
cinquecento
e
al
principio
del
seicento
,
a
Firenze
,
una
combriccola
di
intellettuali
si
cacciò
in
testa
di
resuscitare
la
tragedia
greca
,
creando
un
pseudo
-
melodramma
,
che
con
l
'
opera
d
'
oggi
non
ha
nulla
a
che
fare
.
Questa
combriccola
,
chiamata
anche
Camerata
fiorentina
,
s
'
illudeva
d
'
imprigionare
il
genio
musicale
nel
cervello
e
perciò
le
opere
che
ci
ha
tramandato
sono
tutte
cerebrali
.
In
esse
si
cerca
un
'
espressione
musicale
parallela
all
'
espressione
poetica
e
drammatica
;
ne
viene
di
conseguenza
che
l
'
ispirazione
,
cioè
la
vena
melodica
,
deve
adattarsi
a
deplorevoli
rinunzie
.
Soltanto
a
un
musicista
del
XVII
secolo
,
che
oggi
alcuni
musicomani
osano
collocare
fra
i
genii
della
musica
,
si
deve
una
grande
riconoscenza
:
a
Claudio
Monteverdi
,
"
inventore
"
di
quell
'
accordo
di
settima
di
dominante
che
nell
'
ottocento
divenne
una
delle
più
potenti
energie
musicali
,
sopprimendo
tutti
gli
altri
accordi
,
meno
quello
della
tonica
necessario
per
finire
i
differenti
brani
musicali
(
arie
,
duetti
,
ecc
.
ecc
.
)
di
cui
è
composto
un
melodramma
.
Dall
'
alternarsi
dell
'
accordo
,
di
dominante
e
tonica
,
di
tonica
e
dominante
,
nacque
appunto
lo
stile
cadenzato
,
cioè
quello
stile
delizioso
che
,
negli
ultimi
cent
'
anni
,
ha
permesso
di
fruttare
le
belle
voci
e
le
immense
miniere
di
melodia
che
abbondano
in
Italia
,
specialmente
dove
fioriscono
limoni
ed
aranci
.
Nel
passato
in
Italia
vi
furono
musicisti
che
si
dedicarono
alla
musica
da
camera
,
all
'
oratorio
,
alla
musica
istrumentale
,
forme
musicali
più
adatte
ai
popoli
nordici
e
che
vennero
distrutte
,
nell
'
ottocento
,
dal
fascino
della
melodia
intensificato
dall
'
interpretazione
dei
nostri
sublimi
cantanti
.
Sarebbe
ingiusto
dimenticare
ciò
che
dobbiamo
pure
al
settecento
:
quantunque
già
nel
seicento
i
seguaci
della
Camerata
fiorentina
avessero
tentato
di
sviluppare
le
"
arie
"
,
fu
il
settecento
che
determinò
definitivamente
la
forma
dell
'
opera
"
a
pezzi
"
che
permette
il
completo
trionfo
del
cantante
.
Più
si
confronta
l
'
epoca
aurea
dell
'
opera
italiana
,
l
'
ottocento
,
con
quelle
precedenti
,
più
ci
si
convince
che
essa
non
ha
"
quasi
"
nessun
debito
di
riconoscenza
col
passato
,
per
la
mancanza
di
legami
materiali
e
ideali
con
questo
.
L
'
ottocento
musicale
italiano
è
un
'
immensa
"
gola
"
da
cui
sgorga
un
torrente
di
melodia
.
L
'
orchestra
,
che
nel
settecento
cominciava
a
diventare
pericolosa
,
vi
è
soppressa
,
l
'
armonia
vi
è
bandita
,
si
canta
come
le
cicale
sotto
il
bel
sole
italico
.
Il
canto
è
riuscito
dunque
a
sopprimere
la
musica
ed
è
molto
strano
che
si
sia
poi
confuso
il
canto
non
pure
con
la
musica
,
ma
col
dramma
,
quantunque
l
'
evoluzione
di
questo
genere
sia
stata
tale
da
considerare
quantità
trascurabile
tutto
ciò
che
non
torni
utile
al
cantante
.
Si
canta
perché
si
canta
,
e
grazie
a
questa
esuberanza
a
poco
a
poco
si
è
potuto
organizzare
la
grande
esportazione
della
melodia
e
dei
cantanti
,
si
son
potute
istituire
solide
aziende
commerciali
,
le
quali
hanno
monopolizzato
la
musica
italiana
,
sfruttando
così
una
delle
più
singolari
manifestazioni
del
genio
latino
.
Per
merito
dell
'
America
e
di
qualche
altro
paese
di
cuccagna
,
si
son
potute
accumulare
considerevoli
ricchezze
che
furono
di
grande
utilità
per
il
nostro
paese
.
I
musicisti
arrivati
amarono
sempre
il
lusso
e
una
vita
"
comoda
"
.
Persino
l
'
industria
automobilistica
ne
ha
risentito
parecchi
vantaggi
.
Bella
è
poi
la
lotta
che
tiene
deste
tante
energie
per
la
conquista
del
titolo
di
"
cigno
nazionale
"
che
può
essere
conferito
soltanto
a
un
"
operista
"
.
È
questa
una
grande
tradizione
che
suscita
in
tutti
gli
italiani
la
scintilla
del
nazionalismo
.
Spetta
al
melodramma
anche
il
merito
di
aver
resa
famosa
la
musicalità
italiana
,
che
è
stata
apprezzata
e
riconosciuta
in
tutto
il
mondo
,
tant
'
è
vero
che
,
quando
l
'
Italia
entrò
in
guerra
,
alleati
e
nemici
si
stupirono
che
i
soldati
di
un
popolo
tanto
canterino
potessero
sopportare
il
fragore
delle
cannonate
!
StampaPeriodica ,
In
un
'
edizione
per
ogni
verso
superba
e
,
come
tutti
sanno
,
con
successo
grandissimo
,
la
Scala
ha
presentato
al
Teatro
Lirico
1'«azione
scenica
»
di
Luigi
Nono
Al
gran
sole
carico
d
'
amore
:
messa
in
scena
,
sotto
la
bacchetta
di
Claudio
Abbado
,
da
un
'
équipe
sovietica
(
Jurij
Ljubimov
primo
regista
e
David
Borovskij
primo
scenografo
del
Teatro
alla
Taganka
di
Mosca
,
Leonid
Jakobson
coreografo
del
Kirov
di
Leningrado
)
,
solisti
di
canto
Slavska
Taskova
Paoletti
,
Kristina
Goranceva
,
Franca
Fabbri
,
Luisella
Ciaffi
Ricagno
,
Eleonora
Jankovic
,
Mario
Basiola
,
Federico
Davià
,
Gianni
Socci
,
prima
ballerina
Rosalia
Kovacs
,
maestri
del
coro
Romano
Gandolfi
e
Vittorio
Rosetta
.
Forse
a
intendere
che
cosa
questo
Nono
-
Ljubimov
sia
sarà
bene
chiarire
subito
che
cosa
non
è
:
non
è
quel
messaggio
«
politico
»
,
anzi
marxista
,
che
s
'
è
preteso
.
Marxismo
salvo
errore
è
critica
,
analisi
dialettica
,
indagine
su
perché
e
percome
;
e
la
politica
in
genere
,
qualcosa
di
simile
.
Ma
da
questo
ci
estromette
,
qui
,
già
la
struttura
del
testo
.
La
quale
,
nonostante
il
sottotitolo
,
non
un
'
«
azione
»
ci
offre
ma
un
collage
d
'
interiezioni
:
un
seguito
di
detti
,
versi
,
battute
(
di
Che
Guevara
,
Brecht
,
Gramsci
,
Marx
,
Lenin
,
Tania
Bunke
eccetera
)
,
a
evocare
immagini
della
Comune
,
di
Cuba
,
Viet
Nam
,
Torino
postbellica
,
Russia
1905
(
accuratamente
esclusa
restandone
beninteso
,
«
nel
quadro
»
d
'
un
asse
Giudecca
-
Mosca
,
la
Cina
)
.
Ma
immagini
,
appunto
,
fotogrammi
:
con
oppressori
soltanto
oppressori
di
qua
,
e
oppressi
soltanto
oppressi
di
là
.
Nono
,
è
vero
,
ha
dichiarato
di
proscrivere
la
«
contrapposizione
di
personaggi
positivi
e
negativi
»
quale
«
elemento
di
schematizzazione
estremamente
superficiale
»
;
ma
in
pratica
tale
contrapposizione
si
riscontra
anche
in
questa
sua
ultima
fatica
,
che
pure
estremamente
superficiale
non
è
.
Nell
'
interesse
dunque
della
medesima
ci
permettiamo
di
correggerlo
:
non
è
necessariamente
superficiale
,
soltanto
non
è
marxista
;
piuttosto
,
riuscirà
moralistica
,
forse
sentimentale
.
Il
marxismo
non
sta
nel
ridurre
il
«
borghese
»
a
un
protervo
delinquente
bensì
nel
rivelare
la
parte
,
complicata
alquanto
,
che
la
«
borghesia
»
nel
processo
della
storia
sostiene
.
Il
che
non
vuol
dire
che
alla
scena
in
cui
la
tuba
di
Thiers
,
razzisticamente
vilipeso
come
un
disgustoso
nanerottolo
,
è
presa
a
calci
da
un
Bismarck
cavalcante
una
specie
di
tubo
Innocenti
,
ovvero
al
sarcastico
e
coreograficamente
geniale
ballet
noir
che
la
segue
,
l
'
inventore
del
marxismo
non
si
sarebbe
divertito
.
Perfino
superflue
vengono
poi
rese
queste
considerazioni
dalla
realizzazione
musicale
,
dove
novantanove
parole
su
cento
non
raggiungono
lo
spettatore
e
innumerevoli
«
voci
»
,
estrapolate
come
sono
da
personaggi
visibili
,
risultano
materialmente
irrelate
ad
alcunché
.
Come
potrebbe
Gramsci
farcisi
presente
se
non
solo
la
sua
unica
battuta
non
arriva
al
nostro
orecchio
,
ma
il
suo
fisico
personaggio
non
è
in
scena
?
Pensare
che
tra
i
capi
d
'
accusa
di
quegli
assessori
milanesi
che
volevano
interdire
il
lavoro
come
propaganda
di
partito
era
la
presenza
di
Bandiera
rossa
;
della
quale
neppure
l
'
orecchio
supersonico
di
Abbado
potrebbe
estrarre
,
dal
groviglio
della
partitura
,
le
parole
né
le
note
.
Accertare
,
all
'
inizio
,
che
siamo
ai
giorni
della
Comune
è
già
difficile
;
ma
chi
poi
,
nella
donna
che
dopo
le
prime
incomprensibili
battute
del
coro
ne
intona
un
'
altra
incomprensibile
non
meno
,
ravviserebbe
mai
quel
collegamento
tra
la
Comune
e
la
guerrigliera
caduta
in
Bolivia
un
secolo
dopo
che
l
'
autore
asserisce
di
proporci
?
Che
ora
siffatti
ermetismi
,
questo
celare
le
chiavi
d
'
un
significato
in
allusioni
e
antefatti
affidati
al
programma
di
sala
,
delle
liturgie
del
negativo
praticate
dall
'
avanguardia
d
'
oggi
siano
un
elemento
indispensabile
,
è
ben
noto
;
sta
nelle
regole
del
loro
gioco
.
Ma
con
i
fini
di
quest
'
avanguardia
la
ferma
tendenza
di
Nono
al
positivo
e
all
'
immediatezza
agitatoria
ha
ben
poco
a
che
fare
.
Diversamente
da
coloro
,
Nono
è
ciò
che
appare
:
stavolta
dunque
,
è
il
combinato
disposto
tra
ciò
che
la
musica
e
lo
spettacolo
sensibilmente
ci
esibiscono
;
ritraendosi
le
Tanie
,
i
Viet
Nam
,
gli
assalti
al
Moncada
,
in
una
nebbia
di
ipotetiche
allusioni
.
Laddove
l
'
assunto
generale
non
è
nebuloso
affatto
,
consistendo
in
una
serie
di
variazioni
su
un
tema
ben
elementare
:
la
povertà
insorge
contro
il
potere
,
ne
è
brutalmente
repressa
,
piange
la
sconfitta
,
torna
ad
insorgere
,
è
di
nuovo
conculcata
e
così
via
.
Allo
spettacolo
sono
affidate
le
variazioni
;
che
la
fantasia
e
la
scenotecnica
di
Ljubimov
centrano
come
più
icasticamente
non
si
potrebbe
.
Alla
musica
invece
il
tema
,
l
'
invariante
,
l
'
«
ostinato
»
;
ch
'
essa
fornisce
,
al
suo
modo
naif
,
benissimo
.
Conta
infatti
,
questa
musica
,
su
pochissime
corde
,
ognuna
tesa
a
una
sua
funzione
,
e
immutabile
da
cima
a
fondo
.
Così
la
«
repressione
»
è
nell
'
orchestra
,
che
a
parte
moderate
truculenze
della
percussione
si
fonda
ossessivamente
sui
clusters
(
cioè
«
grappoli
»
di
note
cromaticamente
adiacenti
)
assegnati
,
di
volta
in
volta
,
a
timbri
omogenei
;
mentre
gli
sfrigolii
dei
nastri
elettronici
(
realizzati
con
la
collaborazione
di
Marino
Zuccheri
)
suggeriscono
ovviamente
inquietudine
,
sventura
.
Alle
voci
è
affidato
invece
il
pianto
degli
oppressi
:
nello
sfondo
alle
lacrimanti
,
in
distinte
polifonie
da
ex
voto
dei
cori
,
in
primo
piano
alle
canore
volute
delle
soliste
,
sfogate
su
grandi
sbalzi
di
registro
fino
alla
stratosfera
dei
sovracuti
.
E
in
queste
appunto
è
l
'
acme
espressiva
del
tutto
:
perché
nell
'
idea
della
donna
come
verifica
«
naturale
»
dell
'
umano
,
dunque
nella
voce
femminile
,
è
l
'
ispirazione
prima
del
lavoro
;
e
perché
quei
loro
arabeschi
non
sono
melodie
compiute
ma
indeterminati
aneliti
verso
la
melodia
,
struggente
gemito
di
prefiche
che
va
lamentando
la
sua
stessa
impossibilità
di
costituirsi
in
discorso
.
Giacché
ancora
una
volta
la
differenza
fra
Nono
e
l
'
avanguardia
«
negativa
»
è
qui
;
ciò
che
in
coloro
è
strangolamento
del
canto
,
in
lui
è
ingenua
tensione
a
raggiungerlo
.
Ma
stavolta
,
collocata
come
pedale
a
quella
lanterna
magica
,
questa
tensione
significa
,
nei
suoi
limiti
,
più
che
mai
.
A
meraviglia
l
'
organica
afasia
di
Nono
,
questa
«
infanzia
»
in
cerca
della
parola
,
riflette
il
disarmante
candore
con
cui
vittime
sprovvedute
aspirano
ad
un
riscatto
del
quale
non
riescono
a
configurarsi
i
termini
.
E
quanto
ai
clusters
.
Si
pensi
all
'
abuso
che
ne
fa
un
Penderecki
.
Ma
quale
differenza
.
Senza
dubbio
la
maestria
di
Penderecki
sta
a
quella
di
Nono
come
dieci
a
uno
.
Ma
dei
suoi
arnesi
Penderecki
usa
al
modo
dell
'
industriale
che
cinicamente
sceglie
di
produrre
mitra
o
medicinali
in
base
a
pure
considerazioni
di
mercato
.
Invece
Nono
usa
i
suoi
solo
in
quanto
mezzi
adatti
ad
esprimere
quel
punto
esclamativo
che
è
l
'
alfa
e
l
'
omega
della
sua
Weltanschauung
;
dunque
perché
,
semplicemente
,
ci
crede
.
Ora
appunto
questo
crederci
,
questo
aver
qui
creduto
,
Nono
,
in
quel
che
faceva
,
si
comunica
allo
spettatore
,
lo
riscalda
e
convince
.
L
'
amore
di
cui
questo
suo
sole
è
carico
non
sarà
così
sublime
come
ci
vanno
raccontando
,
ma
è
autentico
,
una
verità
.
Mentre
i
vari
diavoli
di
Loudon
e
passioni
secondo
san
Luca
son
carichi
soltanto
di
ben
costrutte
menzogne
.
StampaPeriodica ,
La
seguente
lista
fu
respinta
dalla
Prefettura
di
*
*
*
per
esser
giunta
con
tre
ore
di
ritardo
.
Chi
la
portava
cadde
da
cavallo
.
Il
male
si
è
che
s
'
eran
anticipati
parecchi
quattrini
,
le
schede
bell
'
e
stampate
e
,
quel
che
più
conta
,
impegnato
il
nome
di
gente
di
molto
merito
.
Il
contrassegno
della
scheda
era
il
tamburino
che
si
vede
sulla
copertina
de
La
Ronda
(
Roma
,
Piazza
Venezia
,
88
)
.
Peccato
!
Ma
sarà
per
un
'
altra
volta
.
VINCENZO
CARDARELLI
.
Pubblicista
.
Nato
in
vista
del
mare
Tirreno
,
in
terra
etrusca
.
Il
secolare
travaglio
della
vita
l
'
ha
fatto
esperto
dei
vizi
e
dei
valori
umani
.
Soffrendo
d
'
insonnia
,
le
pensa
tutte
:
e
certe
volte
vicino
a
lui
ci
si
sente
inquieti
come
in
una
foresta
d
'
alberi
genealogici
che
cominciassero
a
mormorare
.
La
sua
gioviale
e
provocante
camerateria
si
stampa
profondamente
nella
memoria
delle
persone
di
passaggio
.
Gli
amici
rodono
il
freno
,
ma
non
se
ne
possono
distaccare
:
perderebbero
uno
spettacolo
troppo
bello
:
di
Cardarelli
ce
n
'
è
uno
solo
.
Nondimeno
i
cocciuti
girano
al
largo
.
Avendo
da
ragazzo
cominciato
a
scrivere
con
tutta
la
sua
testa
fu
detto
subito
che
avrebbe
fatto
strada
.
Da
principio
fu
redattore
dell
'
Avanti
!
e
propagandista
;
ma
voltosi
poi
tutto
alle
discipline
letterarie
vi
fece
un
ingresso
da
padrone
.
Ammoniva
e
parlava
come
un
fondatore
.
Tuttavia
non
si
lasciò
prendere
dalle
brutte
febbri
del
nuovo
e
tenne
fede
ai
grandi
scrittori
e
alla
vecchia
umanità
.
Stampati
i
Prologhi
,
illuminazioni
antelucane
e
canzoni
di
primo
mattino
,
scrisse
i
Viaggi
nel
tempo
.
Esercitò
per
un
anno
la
critica
teatrale
sul
Tempo
,
lasciando
di
sé
un
dolceamaro
ricordo
ad
autori
,
attori
,
comparse
macchinisti
e
pubblico
.
Ora
sta
lavorando
alle
Favole
della
Genesi
,
che
è
come
dire
che
rifà
il
mondo
da
capo
,
e
con
più
criterio
di
prima
.
EMILIO
CECCHI
.
Esquire
.
Nato
a
Firenze
al
tempo
della
Regina
Vittoria
.
Come
a
tutti
i
veri
scrittori
il
padre
contrariavane
l
'
onorata
vocazione
delle
lettere
facendolo
meglio
atto
ai
fòndaci
e
alle
dogane
.
Per
non
disobbedire
il
fanciulletto
impiegava
tutti
i
ritagli
del
suo
tempo
ad
apprendere
i
principi
delle
lingue
classiche
e
moderne
,
facendosene
in
breve
ora
padrone
e
conquistando
,
appena
possibile
,
un
posto
di
prim
'
ordine
nella
giovane
letteratura
fiorentina
,
offrendosi
a
covare
per
suo
conto
le
uova
dei
letterati
più
in
voga
e
rompendole
poi
tutte
allegramente
.
Critico
letterario
prima
della
Voce
e
poi
della
Tribuna
,
ha
tenuto
a
battesimo
le
migliori
speranze
della
poesia
e
della
prosa
italiana
,
macellando
fra
tanto
modestamente
tutti
i
capintesta
degli
allora
correnti
generi
letterari
.
Egli
è
l
'
Eliminatore
,
il
Gastigatore
,
il
Capitano
Nemo
di
quest
'
acque
confusionarie
,
e
non
fu
mai
visto
boja
più
elegante
.
Scoppiata
la
guerra
posò
la
mannaia
e
partì
per
il
fronte
.
Sul
finire
della
conflagrazione
fu
in
Inghilterra
con
incarichi
d
'
alta
diplomazia
.
Di
ritorno
,
interrogato
sul
Ponte
Vecchio
di
dove
venisse
,
rispose
come
il
Guerin
Meschino
:
"
Dal
mondo
"
.
Ora
se
ne
vive
romito
al
Ponte
dell
'
Ariccia
in
forse
tra
il
brigantaggio
e
la
critica
letteraria
.
Ma
il
giorno
che
Cecchi
si
desse
al
brigantaggio
,
poiché
egli
è
veramente
il
campione
della
squisitezza
e
del
disinteresse
,
tutta
la
classe
sarebbe
riscattata
e
glorificata
.
Ha
scritto
il
Kipling
,
il
Pascoli
,
la
Storia
della
letteratura
inglese
,
e
altri
libri
raccoglie
e
prepara
,
goccia
a
goccia
.
RICCARDO
BACCHELLI
.
Possidente
.
Nato
a
Bologna
essendo
consoli
Acri
e
Carducci
.
Il
padre
fu
fondatore
nella
città
nativa
di
grandi
istituti
,
d
'
acquedotti
,
strade
,
giardini
e
altri
abbellimenti
edilizi
.
Il
figliolo
sopporta
a
pena
d
'
esserne
il
Cincinnato
.
A
dirla
tutta
egli
è
il
giovane
Goethe
bolognese
che
vien
fuori
da
tutto
il
nostro
sturm
und
drang
post
carducciano
.
Nel
romanzo
,
nella
novella
,
nella
lirica
,
nel
dramma
,
nella
critica
e
nell
'
epigramma
,
e
non
ha
trent
'
anni
,
egli
ha
lasciato
segni
d
'
una
potente
individualità
.
Benché
la
sua
opera
non
possa
tutta
andare
senza
previa
scelta
nelle
mani
delle
virtuose
giovanette
,
tuttavia
essa
è
piena
di
significati
morali
da
capo
a
fondo
.
È
uno
scrittore
che
va
in
ogni
modo
avvicinato
con
cautela
,
giacché
non
si
posa
mai
su
quel
ramo
che
v
'
aspettereste
.
Ma
se
cacciate
sulle
sue
orme
,
ben
avventurata
sarà
la
vostra
caccia
.
Quando
i
giovani
avranno
digerito
la
sua
opera
,
forse
s
'
accorgeranno
di
star
meglio
e
impareranno
a
vivere
.
Se
il
vecchio
console
Carducci
avesse
fatto
a
tempo
a
leggere
alcuni
dei
Poemi
Lirici
sarebbe
morto
con
più
fiducia
.
Tutta
l
'
opera
di
Bacchelli
esprime
la
febbre
del
nostro
tempo
e
la
nostra
decisa
volontà
di
guarire
.
Ha
scritto
il
Filo
meraviglioso
,
i
Poemi
lirici
,
le
Memorie
del
tempo
presente
,
l
'
Amleto
,
e
ora
Spartaco
.
La
sua
dichiarata
fedeltà
alla
Monarchia
lo
designa
al
favore
degli
uomini
d
'
ordine
.
Ha
combattuto
,
a
monte
e
a
mare
.
ANTONIO
BALDINI
.
Baccelliere
in
lettere
.
Di
sangue
arabo
-
tosco
-
romagnolo
la
passione
delle
lettere
gli
s
'
è
sviluppata
grado
a
grado
e
a
lasciarlo
fare
chi
sa
dove
arriva
.
Pertanto
la
sua
indole
conciliante
gli
ha
valso
qualche
condiscendenza
da
parte
di
vecchi
e
nuovi
letterati
.
Le
sue
corrispondenze
sull
'
Illustrazione
Italiana
sono
ricercatissime
la
domenica
al
caffè
dei
vecchi
pensionati
,
e
gli
scrittori
d
'
avanguardia
gli
suppongono
ancora
qualche
malizia
d
'
avanzo
.
Ma
egli
è
tenace
conservatore
del
patrimonio
letterario
nazionale
,
nimicissimo
del
libero
scambio
,
avverso
a
tutti
i
programmi
libertari
,
sostenitore
dei
vecchi
generi
letterari
.
Messo
avanti
,
una
volta
,
da
un
critico
giovane
come
rinnovatore
della
sintassi
e
dell
'
interpunzione
giura
che
non
l
'
ha
fatto
a
posta
.
Avendo
molto
dormito
colla
testa
sui
libri
,
la
sua
vita
non
la
si
può
discorrere
per
colore
e
sorprese
.
Scrupoloso
economo
delle
sue
forze
giace
al
sole
,
come
lo
prega
il
vecchio
sangue
arabo
,
e
aspetta
che
le
frutta
cadano
dal
ramo
.
È
sua
la
frase
"
Signori
,
la
letteratura
non
è
un
terno
al
lotto
"
.
Ha
combattuto
e
ha
scritto
Nostro
Purgatorio
.
Venuta
la
pace
ha
letto
il
Canto
di
Bellacqua
alla
Casa
di
Dante
.
Ma
i
giovini
letterati
non
stuzzichino
i
cani
che
dormono
.
AURELIO
SAFFI
.
Docente
nelle
scuole
governative
.
È
nato
a
Bologna
ed
è
nipote
del
Bajardo
della
Romagna
.
La
politica
in
lui
sonnecchia
con
rari
sussulti
.
La
sua
vera
ringhiera
è
la
poesia
e
l
'
arte
poetica
.
È
l
'
uomo
di
più
sottili
pasti
che
si
conosca
:
è
il
Succi
della
poesia
e
della
prosa
italiana
.
Sarebbe
carnivoro
,
ma
a
fin
di
bene
.
La
sua
analisi
è
più
trafittiva
che
tutte
l
'
altre
analisi
.
Nato
cacciatore
d
'
ermellini
in
terra
di
bufali
,
non
se
ne
dà
per
inteso
e
mantiene
la
posta
.
Dei
giovani
fondatori
di
riviste
egli
è
il
più
schivo
e
il
più
conclusivo
.
In
ronda
è
quello
che
drizza
le
orecchie
ai
rumori
lontani
e
all
'
occorrenza
si
svena
come
il
mistico
pellicano
.
Gran
signore
dell
'
amicizia
,
potrebbe
far
suo
il
motto
liberale
del
Marchese
di
Pescara
:
"
Per
vui
se
fa
"
.
Ha
scritto
tutto
quello
che
tiene
nei
cassetti
.
LORENZO
MONTANO
.
Industriale
.
Veronese
.
Carattere
dominante
,
l
'
ottimismo
.
Egli
è
il
buon
macchinista
che
fida
nella
sua
macchina
e
non
ammette
che
i
cantonieri
possano
rubare
il
salario
allo
Stato
.
Per
grazia
specialissima
degl
'
Iddei
,
dove
gli
altri
uomini
di
lettere
vedono
ostacoli
,
nebbie
e
disservizio
,
egli
vede
la
via
sempre
libera
,
le
belle
rotaie
lucide
,
i
segnali
aperti
e
non
un
filo
di
fumo
all
'
orizzonte
.
Dalla
stessa
stazione
di
partenza
si
può
dire
ch
'
è
uscito
con
applauso
:
figuriamoci
che
sarà
a
quella
d
'
arrivo
.
Il
carico
che
porta
è
senz
'
ammanchi
e
senza
avarie
.
Ne
abbiamo
i
registri
in
regola
.
L
'
abbiamo
assicurato
contro
gl
'
incendi
,
i
deragliamenti
,
furti
e
simili
.
Tutto
lascia
credere
che
il
suo
treno
arriverà
senza
un
minuto
di
ritardo
e
ch
'
egli
avrà
diritto
alla
gratificazione
.
Non
più
tardo
curante
dei
propri
diritti
che
del
proprio
dovere
,
s
'
è
fatto
portare
nella
macchina
i
sedili
di
velluto
della
la
classe
e
il
plaid
per
arrotolarselo
alle
gambe
.
Ha
scritto
con
questo
il
Diario
di
un
bighellone
.
Ha
combattuto
con
questo
sul
Carso
coi
granatieri
di
Sardegna
,
ma
gente
allegra
il
ciel
l
'
aiuta
.
BRUNO
BARILLI
.
Compositore
.
Di
padre
pittore
e
scenografo
nato
in
quel
di
Fano
nel
secolo
scorso
,
anche
di
Barili
ce
n
'
è
uno
solo
e
lasciarselo
scappare
sarebbe
un
delitto
.
Di
calda
,
corrucciata
,
umorosa
e
dimentica
natura
,
egli
è
uno
dei
più
carichi
e
melodiosi
accumulatori
di
musica
che
si
conosca
.
Invece
di
cinque
sensi
ne
ha
dodici
e
tutti
accavallati
.
Vicinissimo
com
'
è
alla
natura
,
rallegrasi
quando
tuona
,
e
sente
le
carogne
da
lontano
dieci
miglia
.
Le
ventiquattr
'
ore
della
giornata
temono
di
lui
,
perché
quando
s
'
accorge
che
lo
seguono
le
mette
in
sordina
.
Morto
Dumas
padre
è
vano
sperare
che
ci
sia
chi
possa
raccontare
la
sua
vita
peninsulare
e
balcanica
di
clerico
vagante
e
di
buon
pirata
innamorato
.
Vive
in
musica
e
scrive
in
musica
.
Lo
stile
delle
sue
cronache
musicali
nel
Tempo
è
sì
pieno
di
foco
spirituale
che
ne
riluce
tutto
di
fuori
e
le
commessure
non
reggono
;
i
tipografi
le
compongono
cogli
occhiali
da
spaccapietra
per
via
delle
schegge
.
Ha
composto
Medusa
,
opera
in
tre
atti
.
Ora
dà
l
'
ultima
mano
a
Emiral
,
opera
albanese
che
i
rivi
di
musica
faran
chiamare
"
Mesopotamia
"
.
ARMANDO
SPADINI
,
pittore
fiorentino
dell
'
antica
razza
,
che
non
si
lascia
scorare
né
dai
soggetti
abusati
,
né
dalla
grandezza
delle
tele
,
né
dal
numero
delle
figure
,
né
dalla
luce
del
sole
,
né
dalla
pena
del
lavoro
:
facilissimo
nel
far
suo
,
ma
pure
scrupoloso
,
provocatore
e
attento
risolvitore
delle
difficoltà
,
non
meno
eccellente
che
grazioso
,
insomma
ornatissimo
dipintore
.
Egli
nacque
all
'
arte
nei
giorni
e
sui
fogli
di
quel
Leonardo
fiorentino
e
papiniano
che
senza
contrasto
vuolsi
essere
stato
il
primo
banditore
delle
nuove
energie
nazionali
:
oggi
,
nel
pieno
sviluppo
della
sua
attività
,
è
l
'
amico
della
Ronda
,
che
gli
dà
voto
in
lista
per
la
bontà
e
la
modestia
dei
suoi
costumi
,
pel
suo
rispetto
alla
tradizione
e
pel
riposo
del
settimo
giorno
.
È
da
sapere
che
i
Sette
Savi
della
Ronda
usano
tutti
i
sabati
sera
ritrovarsi
alle
pergole
del
cav
.
Spadini
alla
villetta
Parioli
per
salutare
al
tramonto
l
'
amico
sole
,
mangiando
e
scolando
quelle
quattro
nature
morte
(
uva
,
fichi
,
caldarroste
e
bottiglie
)
con
le
quali
questi
uomini
all
'
antica
non
rifiutano
di
coronare
le
speculazioni
e
il
lavoro
della
settimana
.
StampaPeriodica ,
Il
sempre
pia
e
sempre
meglio
affidato
dal
Duce
agli
Italiani
come
consegna
per
l
'
anno
XVIII
riassume
categoricamente
i
doveri
imposti
dalla
nostra
privilegiata
situazione
politica
e
morale
.
Dobbiamo
preparare
l
avvento
al
nostro
Impero
di
giustizia
,
alla
nuova
Europa
fondata
su
una
pace
,
non
occasionale
e
forzata
,
ma
nutrita
ad
una
equità
illuminatrice
,
ad
uno
spirito
di
collaborazione
tra
i
popoli
su
di
un
terreno
di
comune
lavoro
e
di
non
contrastanti
necessità
.
Raggiungere
l
'
equilibrio
delle
singole
forze
nazionali
,
commisurato
alle
potenze
produttive
e
costruttrici
di
ciascuna
di
esse
,
alla
loro
forza
sociale
,
alle
possibili
e
naturali
influenze
geografiche
ed
economiche
.
In
questo
quadro
spetta
all
'
Italia
un
posto
di
prim
'
ordine
.
Gli
Italiani
debbono
essere
non
soltanto
degni
,
ma
preparati
a
questo
avvenire
.
Bisogna
lavorare
sodo
,
studiare
con
passione
,
perfezionare
le
proprie
forze
ed
attitudini
produttive
,
tecniche
,
scientifiche
;
portare
alla
massima
efficienza
l
'
organizzazione
politica
interna
;
avanzare
con
metodo
verso
gli
obiettivi
tracciati
dal
sistema
corporativo
,
dando
vita
,
nerbo
,
sostanza
agli
istituti
posti
in
questo
campo
a
fondamento
della
nostra
organizzazione
politica
e
sociale
,
nella
quale
sopratutto
vogliamo
affermare
la
nostra
originalità
civile
;
potenziare
sempre
più
le
forze
armate
a
sicurissimo
presidio
della
nostra
ascesa
nel
mondo
;
permeare
gli
spiriti
dell
'
idea
imperiale
,
perché
soltanto
vince
chi
si
convince
;
stimolare
le
forze
della
cultura
e
dell
'
arte
,
avanguardia
spirituale
di
ogni
avanzata
nel
campo
internazionale
.
Sempre
più
e
sempre
meglio
:
se
questa
è
la
nostra
consegna
di
combattimento
,
non
vi
è
che
un
modo
di
poterla
eseguire
:
essere
sempre
più
e
sempre
meglio
italiani
.
Mai
come
ora
abbiamo
sentito
che
il
Fascismo
ha
scavato
fino
alle
radici
del
nostro
costume
e
della
nostra
tradizione
per
ritrovare
il
filone
della
più
genuina
italianità
.
L
'
Italia
ha
un
volto
suo
,
una
voce
sua
,
una
sua
cadenza
di
pensiero
e
di
azione
.
L
'
equilibrio
al
quale
essa
richiama
i
popoli
sul
terreno
internazionale
è
un
equilibrio
che
la
sua
saggezza
millenaria
,
rinvigorita
da
una
rivoluzione
di
giovanissime
energie
,
ha
tramandato
come
patrimonio
d
'
esperienze
di
generazione
in
generazione
.
Essere
italiani
significa
credere
in
questa
spirituale
eredità
.
Credere
nel
mediterraneo
equilibrio
tra
ragione
ed
istinto
,
tra
logica
e
sentimento
,
tra
lo
spirito
e
l
'
atto
,
tra
l
'
ideale
ed
il
pratico
,
tra
il
fine
ed
i
mezzi
,
tra
l
'
individuale
e
il
collettivo
,
tra
libertà
e
autorità
,
tra
tradizione
e
rivoluzione
.
Nel
mare
della
storia
c
'
è
sempre
una
via
e
una
sola
che
si
offre
ai
popoli
come
la
migliore
da
percorrere
,
tra
tante
rotte
ove
è
aperto
il
cammino
.
Talora
,
questa
migliore
tra
le
vie
perché
quella
ove
pienamente
si
identificano
,
con
l
'
azione
da
compiere
,
lo
spirito
della
civiltà
e
della
storia
di
quel
popolo
è
anche
l
'
unica
che
conduca
al
porto
delle
conquiste
.
L
'
Italia
,
dopo
aver
tenuto
tante
rotte
ardite
per
aprirsi
la
via
del
libero
mare
,
oggi
ha
indirizzato
la
sua
navigazione
su
questo
sicuro
cammino
.
Qui
ha
ritrovato
la
sua
vera
natura
e
civiltà
,
il
portato
divino
ed
umano
della
sua
storia
.
Bisogna
dare
braccia
e
menti
per
spianare
questa
strada
.
Il
nostro
destino
è
un
destino
d
'
armonia
,
perché
siamo
uomini
mediterranei
,
che
non
sanno
distruggere
ma
costruire
.
Né
si
creda
sia
l
'
armonia
senza
forza
;
al
contrario
,
senza
forza
armonia
non
vive
,
non
continua
.
Mai
come
ora
abbiamo
sentito
l
'
orgoglio
di
questo
destino
,
l
'
importanza
di
essere
italiani
,
la
necessità
di
esserlo
nel
modo
più
esclusivo
,
più
completo
,
più
genuino
.
Bisogna
,
oggi
,
essere
sempre
più
e
sempre
meglio
italiani
;
ad
ogni
costo
.
Questa
è
la
nostra
posizione
nella
guerra
civile
d
'
Europa
.
StampaPeriodica ,
Le
sterminate
pianure
dell
'
Europa
orientale
,
dell
'
Asia
,
dell
'
Africa
o
delle
Americhe
,
piatte
,
uniformi
,
monotone
,
danno
l
'
immagine
della
stasi
,
di
quell
'
infinito
immobile
che
preclude
,
per
il
fatto
stesso
della
sua
incommensurabilità
,
ogni
possibilità
di
mutamenti
e
di
reazioni
,
per
cui
provoca
nella
psiche
dell
'
uomo
il
senso
della
nullità
del
proprio
io
,
dell
'
inutilità
di
un
'
attività
intensamente
fattiva
,
donde
deriva
quel
profondo
senso
di
fatalismo
,
di
abulia
,
che
caratterizza
per
lo
più
le
genti
di
quelle
terre
e
ne
fa
dei
popoli
,
in
generale
,
profondamente
passivi
.
Di
contro
il
terreno
rotto
,
elevato
,
continuamente
diverso
,
che
esprime
nella
rudezza
delle
sue
pieghe
,
delle
sue
cime
,
dei
suoi
rilievi
,
l
'
espressione
di
profonde
attività
endogene
,
di
vasti
sommovimenti
,
di
lotte
gigantesche
e
rinnovatrici
;
il
ritmo
delle
acque
dei
fiumi
,
che
sembra
additi
la
necessità
di
seguirne
la
corsa
verso
le
piane
ubertose
;
il
movimento
irrequieto
,
perenne
,
possente
del
mare
,
che
sintetizza
e
sublima
il
senso
del
mutevole
,
dell
'
incalzante
,
dell
'
ignoto
,
provocano
nell
'
animo
umano
quel
profondo
spirito
di
dinamismo
,
di
necessità
di
vincere
gli
ostacoli
,
di
dominare
con
la
propria
forza
le
forze
della
natura
,
di
scrutarne
tutti
gli
aspetti
,
di
vedere
sempre
più
lontano
,
di
foggiarsi
un
corpo
ed
una
menTe
modellati
su
quello
stesso
piano
di
movimento
e
di
forze
.
Tale
è
appunto
l
'
italiano
,
saldo
e
ferrigno
come
le
sue
montagne
;
volitivo
e
ardito
come
le
cime
che
svettano
verso
il
cielo
;
ardimentoso
e
ansioso
di
nuove
vie
come
gli
additano
i
corsi
dei
suoi
fiumi
e
gli
orizzonti
del
suo
mare
;
plastico
nelle
sue
capacità
intellettive
e
fattive
come
richiedono
aspetti
naturali
così
mutevoli
e
così
differenti
;
duttile
come
gli
impongono
le
necessità
della
vita
dura
,
che
deve
svolgersi
ora
sul
monte
ed
ora
sul
piano
,
ora
fra
le
nevi
ed
ora
sul
mare
.
Donde
quelle
caratteristiche
perfettamente
tipiche
ed
esclusive
della
razza
italiana
:
della
resistenza
e
dell
'
amore
al
lavoro
,
della
possibilità
di
impossessarsi
di
qualunque
tecnica
e
di
svolgere
le
attività
più
diverse
,
di
concepire
la
vita
dura
come
la
vera
vita
,
la
quale
è
imposta
dalle
condizioni
naturali
ambientali
.
Ma
su
questa
natura
fisica
già
così
variamente
modellata
e
così
polimorfa
si
dispiega
tutta
la
vita
vegetale
,
stupenda
,
multiforme
,
policroma
...
Tutta
questa
meravigliosa
armonia
di
colori
e
di
luci
,
tutta
questa
varietà
di
forme
così
perfettamente
intonate
,
tutto
questo
susseguirsi
e
inframmezzarsi
di
quadri
sempre
differenti
e
sempre
stupendi
,
ha
inciso
nel
cervello
della
nostra
razza
una
orma
profonda
,
unica
,
inconfondibile
,
assolutamente
diversa
da
quella
da
ogni
altra
posseduta
.
Il
culto
della
bellezza
,
la
gioia
delLa
vita
,
la
ricerca
dell
'
armonia
delle
forme
e
degli
atti
,
la
dedizione
profonda
alla
natura
come
esaltazione
del
proprio
io
,
il
profondo
senso
di
solidarietà
e
di
fratellanza
,
che
sono
le
caratteristiche
della
psiche
delL
'
italiano
,
hanno
la
loro
origine
in
questa
costituzione
dell
'
ambiente
naturale
.
E
perciò
ogni
italiano
ha
profondamente
radicato
in
sé
il
culto
dell
'
arte
;
per
questo
l
'
Italia
ha
avuto
sempre
un
'
arte
sua
propria
,
unica
,
unitaria
,
espressione
di
questa
stupenda
natura
;
è
ispirandosi
a
quelle
forme
,
a
quelle
luci
,
a
quei
colori
,
che
le
arti
figurative
hanno
dato
i
loro
capolavori
.
Da
ognuna
si
sprigiona
l
'
adorazione
della
luce
,
del
colore
,
della
forma
;
ovunque
vi
è
l
'
esaltazione
della
natura
;
ovunque
vi
è
la
negazione
del
chiuso
,
del
cupo
,
del
riflesso
;
l
'
arte
figurativa
non
è
mai
dura
,
arcigna
,
costretta
entro
una
cerebralità
puramente
voluta
,
ma
in
essa
vi
è
sempre
l
'
anima
che
canta
,
che
canta
la
natura
,
quella
natura
che
San
Francesco
,
il
più
italiano
dei
Santi
italiani
,
amava
come
nessuno
più
di
lui
ha
amato
,
perché
in
quell
'
amore
e
in
quell
'
esaltazione
Egli
sentiva
l
'
esaltazione
delle
opere
di
Dio
,
sentiva
l
'
amore
degli
uomini
verso
le
opere
di
Dio
e
verso
i
fratelli
.
E
questo
canto
che
si
sprigiona
dall
'
architettura
,
dalla
pittura
e
dalla
scultura
,
questo
canto
che
diviene
vero
canto
nella
nostra
musica
e
nella
nostra
poesia
,
estrinsecazione
soggettiva
della
natura
che
ci
è
stata
donata
,
è
l
'
espressione
della
psiche
dell
'
italiano
;
canto
che
è
in
tutta
la
nostra
razza
sotto
una
forma
subcosciente
,
ma
che
affiora
ad
ogni
istante
nell
'
artigiano
che
modella
un
oggetto
e
cerca
imprimergli
l
'
impronta
del
bello
,
nel
costruttore
che
dà
alla
sua
opera
una
forma
personale
,
nel
contadino
che
tende
i
tralci
della
vite
in
una
certa
armonia
,
nell
'
artista
sommo
che
esprime
dal
suo
cervello
il
capolavoro
...
La
razza
italiana
ha
perciò
queste
caratteristiche
biopsichiche
,
che
sono
sue
ed
esclusivamente
sue
;
caratteristiche
che
gli
sono
state
impresse
dai
fattori
naturali
ambientali
.
L
'
ambiente
ha
modellato
la
psiche
dell
'
italiano
,
e
poiché
questo
ambiente
è
unico
e
nessun
altro
paese
del
mondo
ne
possiede
di
eguali
,
così
anche
la
razza
che
vive
in
questa
nostra
terra
ha
una
sua
impronta
psicologica
che
le
è
esclusiva
;
più
ancora
dei
tratti
somatici
,
più
ancora
delle
strutture
morfologiche
,
la
razza
italiana
ha
una
sua
assoluta
individualità
psichica
e
spirituale
;
quella
che
l
'
ambiente
le
ha
offerto
,
quella
che
la
natura
,
così
varia
,
così
profonda
,
così
stupenda
,
le
ha
impresso
,
dandole
così
il
dono
della
serenità
,
della
giocondità
,
della
laboriosità
,
dandole
quella
cerebralità
spirituale
che
è
il
culto
del
bello
,
della
scienza
,
della
filosofia
,
il
culto
della
forma
e
il
culto
del
pensiero
,
il
culto
soprattutto
della
sua
unicità
,
della
sua
grandezza
e
del
suo
destino
,
che
fanno
perciò
del
popolo
italiano
un
'
unità
razziale
compatta
,
omogenea
e
completa
.
StampaPeriodica ,
«
Coscientemente
ho
cercato
la
morte
dopo
una
breve
giovinezza
,
che
pure
a
me
pare
eterna
,
essendo
l
'
unica
,
l
'
insostituibile
che
io
avessi
avuto
in
sorte
.
Coscientemente
ho
rinunciato
all
'
inenarrabile
gioia
di
essere
al
mondo
...
ma
ho
pagato
questa
rinuncia
con
uno
strazio
tale
che
solo
un
vivo
può
comprenderlo
.
»
Queste
parole
,
di
trent
'
anni
fa
,
Pier
Paolo
Pasolini
le
scrisse
idealmente
,
a
nome
di
suo
fratello
Guido
,
ucciso
il
7
febbraio
1945
nel
tragico
eccidio
di
Porzus
,
nel
Friuli
.
Le
ritrova
per
me
Giuseppe
Zigaina
,
il
pittore
di
Cervignano
intimo
amico
di
Pasolini
:
l
'
altro
giorno
,
frugando
tra
le
pubblicazioni
di
quella
«
Academiuta
»
(
a
metà
tra
scuola
dominicale
e
accademia
folclorica
)
che
Pasolini
aveva
fondato
a
Casarsa
,
gli
sono
capitate
sott
'
occhio
:
una
specie
di
testamento
spirituale
vergato
,
oltre
la
morte
,
dalla
pietà
fraterna
.
Poi
è
squillato
il
telefono
con
l
'
annuncio
della
morte
dell
'
amico
,
e
Zigaina
è
partito
per
Roma
.
Adesso
si
rigira
in
mano
questa
paginetta
:
«
Credo
»
dice
assorto
Zigaina
«
che
se
potesse
,
dopo
la
morte
,
Pier
Paolo
riscriverebbe
le
stesse
parole
per
sé
»
.
E
mi
sottolinea
una
seconda
frase
:
«
Non
c
'
è
confronto
possibile
fra
tutto
ciò
che
è
di
codesta
vita
e
il
silenzio
terribile
della
morte
...
»
;
e
Pasolini
è
precipitato
anche
lui
nel
silenzio
terribile
della
morte
,
e
queste
frasi
suonano
come
una
straziante
,
impossibile
invocazione
alla
felicità
da
parte
di
uno
che
era
troppo
diverso
dagli
altri
.
«
Ma
è
mai
stato
felice
,
quest
'
uomo
?
»
chiedo
allora
a
Zigaina
e
a
Nico
Naldini
,
il
cugino
e
l
'
amico
fedelissimo
di
Pasolini
,
dall
'
infanzia
ad
oggi
.
Mi
rispondono
tutti
e
due
,
senza
esitare
:
«
È
stato
anche
molto
felice
.
Ma
poche
volte
»
.
Cinquantaquattro
anni
di
vita
,
la
maggior
parte
dei
quali
triturati
dal
rovello
di
sentirsi
respinto
e
offeso
fin
nell
'
attimo
in
cui
la
gloria
più
sembrava
arridergli
;
un
'
adolescenza
spezzata
da
una
tragedia
familiare
(
la
morte
del
fratello
,
lo
strazio
della
madre
,
il
rancore
del
padre
)
;
una
giovinezza
difficile
;
una
maturità
accidentata
dalle
polemiche
e
dai
processi
,
lui
che
era
un
uomo
così
mite
e
riguardoso
.
E
solo
due
o
tre
momenti
di
grande
,
totale
,
solare
felicità
.
Il
primo
di
quei
momenti
è
il
tempo
del
Friuli
,
di
Casarsa
della
Delizia
,
dove
si
era
trasferito
,
da
Bologna
,
al
seguito
del
padre
ufficiale
di
carriera
e
della
madre
maestra
.
La
campagna
e
i
giuochi
dei
ragazzi
lungo
gli
argini
;
la
montagna
e
le
pazze
corse
con
gli
sci
;
la
poesia
che
nasce
.
È
un
mondo
perfetto
dove
l
'
entusiasmo
del
ragazzo
molto
dotato
si
dilata
quasi
senza
costrizioni
,
trasformando
l
'
innocenza
infantile
e
la
scoperta
della
sessualità
nel
mito
di
una
paidia
trionfante
.
Il
7
febbraio
1945
quel
mondo
s
'
incrina
,
ma
non
si
spezza
.
La
morte
del
fratello
Guido
è
brutale
,
in
un
modo
che
quasi
preconizza
la
morte
di
Pier
Paolo
.
Membro
di
una
formazione
di
partigiani
«
bianchi
»
del
Friuli
,
Guido
è
ucciso
nello
sterminio
del
comando
della
«
Osoppo
»
per
opera
di
garibaldini
,
cioè
comunisti
,
persuasi
(
a
torto
)
che
gli
osovani
avessero
avuto
intelligenza
col
nemico
.
La
morte
di
Guido
è
uno
strazio
:
ferito
,
fugge
,
cerca
scampo
in
casa
d
'
una
donna
,
è
scovato
,
trasportato
altrove
in
fin
di
vita
e
sterminato
.
Da
qui
cominciano
per
il
fratello
sopravvissuto
il
calvario
e
l
'
apoteosi
.
Per
una
misteriosa
rivalsa
,
Pasolini
si
avvicina
proprio
ai
comunisti
,
affascinato
da
un
episodio
di
lotta
di
classe
dell
'
immediato
dopoguerra
:
le
lotte
bracciantili
all
'
epoca
del
lodo
De
Gasperi
.
Al
quasi
ellenistico
idillio
originale
si
sovrappone
e
si
fonde
la
felicità
di
sentirsi
profeta
e
vate
d
'
un
pezzo
di
popolo
,
che
si
ritrova
nella
propria
lingua
e
nel
proprio
orgoglio
.
Ma
l
'
arcadia
,
anche
sociale
,
non
è
possibile
.
Vigilia
delle
elezioni
del
18
aprile
'48
:
un
ragazzetto
confessa
al
parroco
d
'
aver
avuto
rapporti
sessuali
con
Pasolini
;
il
prete
,
violando
il
segreto
del
confessionale
,
corre
a
raccontarlo
a
quelli
della
DC
;
i
giornali
cattolici
sbandierano
il
fatto
a
prova
della
protervia
comunista
.
Frettolosamente
il
PCI
locale
prende
le
distanze
dallo
scomodo
poetino
.
Pasolini
ha
28
anni
.
Fugge
a
Roma
.
Due
anni
di
miseria
,
di
umiliazione
,
di
non
lavoro
o
di
lavori
malpagati
.
Eppure
è
il
suo
secondo
periodo
di
grande
felicità
.
Giorno
e
notte
percorre
in
lungo
e
in
largo
la
Roma
barocca
,
e
il
suo
fasto
,
e
la
Roma
popolare
,
e
la
sua
triviale
e
insieme
inesauribile
fantasia
.
Una
realtà
sontuosa
e
stracciona
,
gloriosa
e
bieca
;
ma
Pasolini
è
un
re
Mida
che
trasforma
íl
mondo
che
tocca
.
Il
suo
eros
,
la
sua
forza
fisica
,
la
sua
gioia
di
vivere
sembrano
non
avere
limitazioni
;
l
'
umiliazione
del
'48
pare
dimenticata
.
Ma
la
gloria
e
í
processi
che
gli
arrivano
a
metà
degli
anni
Cinquanta
,
con
Ragazzi
di
vita
,
lo
spingono
in
una
«
diversità
»
che
più
lo
imprigiona
e
più
gli
sembra
oscena
,
disumana
.
«
Diverso
»
com
'
è
per
costrizione
sociale
,
da
questo
momento
lotterà
disperatamente
per
non
rinnegare
se
stesso
.
Ma
come
i
suoi
Riccetti
non
riescono
a
uscire
dall
'
adolescenza
se
non
con
la
morte
,
così
per
Pasolini
le
soluzioni
ottimistiche
di
Una
vita
violenta
(
diventare
un
buon
«
compagno
»
)
non
risolvono
nulla
.
Il
terzo
e
ultimo
momento
di
felicità
è
quello
della
scoperta
della
sopravvivenza
del
sottoproletariato
nel
Terzo
Mondo
,
in
Arabia
,
in
Africa
,
e
dell
'
eros
panico
che
ancora
vi
fiorisce
.
Ma
è
una
felicità
di
ritorno
.
Il
ricordo
della
friulana
felicità
originaria
gli
dà
l
'
illusione
che
l
'
estremo
attimo
fosse
fatto
durare
.
Ma
,
anche
questo
paradiso
cambia
rapidamente
.
È
il
tempo
che
ormai
manca
a
Pasolini
.
A
metà
degli
anni
Cinquanta
,
Pasolini
visitava
la
realtà
24
ore
su
24;
nel
'60
,
come
scrisse
,
vi
dedicava
l
'
intero
pomeriggio
e
la
notte
;
nei
giorni
che
hanno
preceduto
la
sua
morte
,
non
gli
rimaneva
,
per
andare
in
cerca
della
sua
realtà
differente
da
quella
di
tutti
gli
altri
,
se
non
qualche
ora
notturna
.
A
Parigi
,
il
giorno
prima
di
morire
,
racconta
Philippe
Bouvard
,
guardava
sempre
l
'
orologio
:
veniva
da
Stoccolma
,
aveva
fretta
di
tornare
a
Roma
.
A
Roma
,
quel
giorno
fatale
,
ebbe
troppi
impegni
.
Quel
paio
d
'
ore
,
tra
le
22
,
quando
lasciò
Ninetto
Davoli
e
la
famiglia
,
e
l
'
una
circa
in
cui
morì
,
erano
un
tempo
troppo
breve
per
la
felicità
.
StampaPeriodica ,
Aosta
presentasi
in
foggia
antica
ed
illustre
,
con
un
estollersi
di
campanili
e
torri
sui
grigi
tetti
,
fuori
dalle
romane
mura
.
Fanciulle
protestanti
vivono
ivi
,
un
po
'
sdegnose
del
mondo
di
cui
accolgono
ogni
agio
nella
severa
cornice
della
lor
casa
:
schive
come
educande
,
ma
già
donne
,
piene
di
personalità
fiera
e
conscia
nell
'
anima
eretta
come
la
snella
persona
:
e
signorili
spiriti
modernisti
,
alieni
dal
mondan
rumore
,
più
pensatori
che
romanzieri
sono
i
loro
maestri
.
Superba
e
sdegnosa
venustà
calvinista
.
Figlie
dei
primi
banchieri
ugonotti
,
aristocrazia
dell
'
Europa
borghese
,
la
vostra
bellezza
è
nordica
e
spirituale
,
non
austera
,
ma
chiusa
nella
sua
veemenza
,
e
nella
sua
grazia
severa
.
Non
ama
i
palagi
,
né
le
purpuree
feste
,
sì
le
ville
tacite
ed
i
verdi
recessi
.
Ma
Aosta
non
è
ancora
Ginevra
,
se
non
in
questo
suo
secreto
fuggevole
,
e
in
fondo
al
viale
sta
Place
Charles
Albert
.
Più
chiari
sensi
,
più
pacati
affetti
.
Piacemi
lo
spirito
di
vecchiotta
provincialità
quarantottesca
di
questa
piazza
,
il
centro
della
vita
cittadina
borghese
ed
attuale
.
La
Prefettura
,
di
stile
aulico
,
la
caserma
dei
Carabinieri
,
e
,
in
faccia
,
l
'
Ufficio
delle
diligenze
,
e
l
'
Hôtel
de
la
Couronne
.
Il
buon
Piemonte
,
rigido
e
burocratico
:
le
sale
dei
caffè
sotto
i
portici
,
dove
le
sedie
di
velluto
rosso
stanno
in
circolo
intorno
ai
tavolinetti
di
marmo
,
sono
vuote
da
che
le
disertarono
i
cravattoni
neri
che
,
nella
Valle
tradizionalista
,
dovevano
risentire
i
nuovi
eventi
con
l
'
animo
burbero
e
pure
alcun
po
'
commosso
,
di
Solaro
e
di
Cesare
Balbo
.
Meriggi
sonnanbolici
,
in
cui
la
gran
luce
del
sole
stordisce
,
stagnano
fuori
sulla
piazza
deserta
;
ma
,
oltre
i
frontoni
dei
palazzi
aulici
,
ridono
per
la
gran
conca
vaghissime
tinte
,
e
le
supreme
nevi
lontane
,
illustri
al
cospetto
di
tutta
Europa
,
schiudono
sul
piccolo
uno
spiraglio
di
un
lontano
augusto
esotico
mondo
.
Chi
sa
se
facevano
parte
degli
itinerari
romantici
,
se
i
lions
e
le
crinoline
montavano
sull
'
imperiale
per
i
primi
viaggi
di
esplorazione
nel
misterioso
reame
delle
Alpi
?
Venivan
di
Francia
,
e
dalla
nebbiosa
Albione
,
al
tempo
che
l
'
Italia
era
ancora
Calabria
,
e
le
misses
sognavan
Fra
Diavolo
spogliandosi
nelle
locande
.
Scoprivano
una
tranquilla
provincia
color
di
santa
Alleanza
,
sul
limite
delle
città
fatali
,
miranti
con
occhi
sfingei
dal
pelago
ignoto
d
'
Italia
,
come
le
tremule
luci
,
a
notte
,
sul
Canalazzo
.
Io
dico
che
partivano
da
Torino
verso
le
due
del
pomeriggio
,
mentre
i
portici
di
Piazza
Castello
tacevano
assonnati
.
E
un
soldato
col
shakò
di
tela
montava
la
guardia
davanti
a
Palazzo
Madama
.
Trovavano
a
Issogne
il
settecento
malvivo
,
lasciato
lì
come
una
masserizia
,
al
giungere
di
Bonaparte
:
forse
dalle
vetrate
qualche
conte
gobbetto
,
in
frak
di
color
pulce
e
parrucca
a
sghimbescio
,
sbirciava
con
l
'
occhialetto
.
Ma
non
sapevan
più
ridere
alle
volteriane
facezie
delle
donne
sospirose
.
Le
sedi
romane
,
inulte
,
sacre
ai
mercati
paesani
;
e
i
mezzadri
prolificavano
nei
comitali
castelli
:
Aosta
la
Veja
.
E
non
era
più
antica
.
Ora
infiliamo
Rue
S
.
Anselme
,
e
nel
percorso
tortuoso
,
tra
le
case
basse
annerite
,
oltre
la
Porta
Romana
,
dal
selciato
erboso
di
verde
antico
,
vedremo
sorgere
il
Medio
Evo
.
Un
Medio
Evo
simpatico
,
comunale
,
sapiente
.
Più
onesto
del
Rinascimento
,
ma
come
lui
luminoso
.
Dalle
botteghe
dell
'
artigiano
esce
ancor
oggi
il
rumore
del
nobile
ferro
battuto
.
La
via
deserta
che
adduce
alla
più
illustre
ed
antica
chiesa
,
par
fatta
apposta
per
le
ambulazioni
vespertine
dei
saggi
antichi
.
Scarsa
tetraggine
,
uscendo
dai
monasteri
,
e
fondono
essi
piacevolmente
al
tramonto
,
quasi
ombra
allungantesi
dai
campanili
spettrali
.
È
la
rozza
scienza
,
che
trae
pettoruta
alla
chiesa
,
pinta
e
scolpita
dalla
rozza
arte
.
La
sanno
lunga
,
i
Dottori
:
sono
stati
allo
studio
in
Bologna
e
in
Parigi
:
percorsero
a
piedi
l
'
Europa
gotica
,
giunsero
ai
confini
della
moresca
:
ovunque
attinsero
scienza
,
e
riscontrarono
fede
.
Battevano
la
sera
alle
porte
dei
monasteri
sorgenti
al
limitare
delle
foreste
,
turriti
e
merlati
come
castelli
,
popolosi
come
città
:
scendeva
a
incontrarli
il
priore
.
Una
e
indistinta
ai
bei
giorni
la
Cristianità
tutta
quanta
.
Frontiere
non
sono
alla
comune
fede
,
ed
agli
usi
:
Troiani
e
Quiriti
son
tutti
cavalieri
cristiani
,
i
monaci
parlano
all
'
Imperatore
.
Oggi
,
all
'
errabondo
Dottore
che
si
fissò
romito
tra
i
monti
,
giungono
ancora
i
messaggi
dai
conventi
di
Francia
e
d
'
Inghilterra
:
le
mule
barbate
recano
le
pergamene
ove
continuansi
le
dotte
dispute
:
Scoto
Eriugena
insidia
,
in
veste
ereticale
.
Escono
al
tramonto
dalle
cellette
ove
trascorsero
il
giorno
a
battagliare
con
Satana
nei
sillogismi
.
Portano
saio
e
cappuccio
,
sono
paludati
e
solenni
:
hanno
il
famulo
a
fianco
.
Le
donne
susurrano
tra
loro
al
passaggio
,
e
li
guardano
,
piene
di
reverenzia
:
ma
essi
non
curano
il
volgo
,
né
l
'
ancella
natura
che
scalda
col
pio
sole
,
le
pietre
dell
'
antica
chiesa
sulla
piazzetta
,
dove
tepore
della
chiara
luce
e
silenzio
,
sono
per
essi
vil
senso
,
per
i
nepoti
poesia
.
Or
vanne
al
tempio
,
e
prega
ivi
,
Dottore
;
e
poi
erra
nel
chiostro
.
Satana
,
in
foggia
di
bestia
dell
'
Apocalisse
,
sogghigna
,
dai
tozzi
capitelli
,
al
passaggio
.
La
via
,
che
procede
oltre
,
e
si
snoda
,
guida
pianamente
,
varcando
i
confini
delle
età
storiche
verso
una
bellezza
consueta
ed
eterna
:
casette
senza
stile
e
senza
ricordi
rivelano
dai
balconi
fioriti
la
dolce
pace
,
cui
sono
propizi
la
voce
del
rio
corrente
sopra
il
selciato
,
e
i
bisbigli
dei
passeri
dentro
gli
orti
murati
.
In
fondo
sta
l
'
Arco
di
Augusto
,
e
intorno
è
già
la
natura
.
Aosta
non
ha
suburbio
.
La
città
,
antica
e
venerabile
,
finisce
nella
campagna
con
immediato
trapasso
,
senza
quelle
orribili
zone
di
transizione
in
cui
si
adunano
,
per
il
disgusto
del
passeggiero
,
i
rifiuti
e
le
imitazioni
miserande
dell
'
una
,
e
le
prime
immagini
deformi
dell
'
altra
:
e
la
febbrile
e
disadorna
vita
delle
metropoli
industriali
ne
venta
incontro
l
'
alito
fumoso
delle
officine
.
Qui
la
vita
cittadina
,
mancando
le
case
basse
intorno
,
diventa
strada
di
campagna
d
'
un
tratto
,
oltre
un
termine
annoso
,
ma
senza
stridore
,
perché
,
per
la
consuetudine
,
l
'
ultima
casa
e
la
campagna
imminente
si
fondono
con
armonia
.
Se
ne
esce
all
'
antica
,
come
se
fosse
ancora
cinta
di
mura
.
E
,
così
breve
e
nettamente
delimitata
,
onusta
di
tradizioni
urbane
,
ella
è
più
"
città
"
,
più
intensamente
intuita
,
nella
sua
individualità
,
come
tale
,
dei
caotici
agglomerati
moderni
;
se
pure
si
sperda
,
con
la
breve
cerchia
,
nel
vasto
seno
,
e
serbi
immediati
contatti
e
comunanze
di
usi
con
la
gran
madre
.
Corrono
alla
periferia
viottoli
chiusi
tra
muri
bianchi
:
e
ai
lati
,
tra
gli
interstizi
,
e
dove
il
muricciuolo
fa
luogo
alla
rustica
staccionata
di
legno
,
appaiono
prati
di
erbe
oscure
,
ove
pascolano
vacche
ed
armenti
-
vacche
pezzate
di
nero
e
bianco
,
di
gambe
corte
,
di
buona
razza
-
ove
scorrono
velocemente
,
non
anche
placati
dell
'
alpina
irruenza
dal
breve
piano
,
acque
dal
grigio
colore
glaciale
.
Noi
immaginiamo
quelle
acque
scroscianti
per
le
forre
di
Val
d
'
Enfer
,
stillanti
nelle
solitudini
dei
mari
di
ghiaccio
,
alziamo
gli
occhi
al
Ruitor
lontano
;
la
maestà
della
Valle
,
per
natura
e
per
storia
due
volte
illustre
,
balena
improvvisa
ed
intera
.
Le
viottole
suburbane
costeggiano
l
'
Anfiteatro
,
le
torri
di
Bramafan
,
del
Lebbroso
,
lasciano
apparire
tra
i
campi
l
'
Arco
d
'
Augusto
.
Romanità
non
metropolitana
,
e
però
più
simpatica
.
La
Roma
austera
delle
Provincie
,
cinta
di
stranieri
aspetti
;
il
morire
del
flutto
classico
,
sul
margine
delle
terre
barbare
,
e
della
nuova
storia
.
È
bene
che
la
vita
si
scosti
dai
luoghi
onusti
del
suo
passato
:
che
siano
silenzio
e
spazio
,
e
chiaro
aere
intorno
alle
vestigia
.
Questa
è
innocenza
e
natura
,
in
confronto
delle
raffinate
città
del
silenzio
,
di
Toscana
e
di
Romagna
.
Qui
non
sangue
e
lussuria
,
qui
non
porpora
ed
oro
:
la
venustà
dei
primordi
,
e
la
rozzezza
.
Nel
vano
tondo
dell
'
Arco
,
il
Crocefisso
.
Rovinavano
dagli
altri
valichi
,
con
fragore
di
acciari
,
pallidi
i
Centurioni
,
lo
scudo
alzato
in
difesa
alle
terga
:
uomini
dagli
occhi
chiari
,
cinti
di
ferine
pelli
inseguivangli
,
e
qui
arrestavano
attoniti
,
solenne
in
vista
la
città
quadrata
.
Illustre
parco
aperto
sull
'
Occidente
:
e
tu
,
città
romana
,
verso
la
mal
doma
Elvezia
,
ultima
scolta
!
Non
so
quale
aspetto
di
confine
romano
ella
conservi
,
se
pure
tant
'
oltre
si
spinse
la
romana
guerra
:
ma
un
termine
di
romanità
doveva
pur
essere
questo
,
al
piede
e
a
guardia
dell
'
Alpi
.
Qui
germogliava
la
nuova
storia
:
in
queste
zone
di
transizione
,
ai
confini
,
dove
le
razze
confluivano
,
e
legionari
miravano
le
terre
ignote
dall
'
alto
dei
valli
turriti
.
Brividi
percorrevano
le
ossa
della
gente
bruna
al
soffiare
del
vento
nordico
,
e
presagi
d
'
intimità
e
di
sensibilità
nuove
scotevangli
,
in
cospetto
della
commossa
natura
.
Più
verdi
le
primavere
elvetiche
,
e
le
donne
straniere
più
bianche
.
Qui
è
la
patria
nostra
più
vera
,
di
noi
occidentali
,
noi
bianchi
,
prima
e
più
che
latini
,
nati
dal
cruento
e
fecondo
amplesso
di
Roma
coi
barbari
.
Qui
dove
le
razze
si
fusero
e
il
nuovo
spirito
sorse
.
Troppo
erano
stanchi
l
'
Oriente
ed
il
Meridione
,
rugosa
e
calva
la
lor
terra
antica
;
la
gleba
mediterranea
era
troppo
onusta
di
storia
:
pietrosa
e
arida
come
un
paesaggio
lunare
,
gialla
,
sabbiosa
,
battuta
dal
sole
,
pari
in
affetto
ai
mondi
morti
.
Ma
il
verde
delle
plaghe
alpine
è
colore
di
vita
,
e
lo
scrosciare
del
vento
fra
le
selvose
chiome
e
dell
'
acque
,
è
tumulto
d
'
intatta
forza
.
Le
terre
vergini
,
appena
sfiorate
dalle
leggere
orme
dei
nomadi
,
colossi
virginei
nelle
nevi
e
nelle
foreste
;
e
in
cima
alle
valli
,
ove
una
folta
vegetazione
cresceva
,
ancor
simile
a
quella
dei
giorni
della
creazione
,
stavano
le
soglie
dell
'
Occidente
.
Giovine
terra
,
dove
le
città
nuove
saranno
erette
,
romano
è
il
vomero
che
ne
traccierà
,
primo
,
i
confini
,
ma
,
fra
mistiche
guglie
,
un
nuovo
spirito
vi
eleggerà
nuova
dimora
.
Con
le
ginocchia
della
mente
inchine
,
io
discesi
nel
sotterraneo
tuo
tempio
,
o
Sant
'
Orso
,
ed
errai
fra
le
colonne
rozze
,
e
i
segni
della
prisca
fede
:
né
sì
commosso
mirerei
,
credo
,
Micene
e
Menfi
,
né
tanta
reverenza
ebbi
per
Roma
,
casa
degli
avi
cara
più
di
ogni
estraneo
palagio
!
Il
cuore
sei
tu
della
Valle
che
fu
sempre
cristiana
:
e
sapevi
di
catacombe
ai
giorni
che
sorgendo
ignota
fra
le
cose
illustri
,
l
'
Arco
,
il
Teatro
,
il
Foro
,
preparavi
nel
sotterraneo
germoglio
la
nuova
vita
:
preparavi
alla
morte
asceti
e
catecumeni
,
e
la
storia
per
te
ricominciava
,
quando
,
nella
gioventù
nuova
,
pur
gli
anni
del
mondo
tornarono
a
contarsi
daccapo
.
Qui
l
'
intimità
,
qui
la
psicologia
,
qui
la
donna
e
la
gentilezza
,
la
natura
ed
il
sentimento
,
il
nostro
modo
,
la
vita
a
noi
occidentali
,
a
noi
moderni
più
cara
.
LE
STRADE
È
interessante
considerare
il
mondo
dal
punto
di
vista
della
strada
:
un
punto
di
vista
umano
e
pittoresco
.
Aggiunge
molto
alla
natura
,
e
nulla
toglie
a
lei
,
che
,
lambendo
sui
margini
le
umane
traccie
,
si
perde
poi
ambigua
e
profonda
ai
due
lati
.
Nel
caso
naturale
le
strade
segnano
un
'
orientazione
.
Sono
ancora
tracciate
dalla
necessità
strutturale
,
e
vi
appare
già
la
libertà
umana
.
È
bello
avere
intuizioni
nuove
di
queste
cose
comuni
,
le
strade
,
i
fiumi
,
le
valli
;
ricrearne
continuamente
l
'
individualità
nello
spirito
.
A
fissarci
un
po
'
sopra
il
pensiero
,
non
si
scorge
altro
più
del
mondo
se
non
questa
serie
di
nastri
bianchi
incrociantisi
qua
fitti
,
là
radi
,
che
si
diramano
bizzarramente
,
si
espandono
in
città
,
si
sperdono
in
sentieruoli
,
e
non
hanno
mai
fine
.
Basta
seguir
la
più
umile
per
guadagnar
la
più
illustre
:
in
cima
alla
stradina
di
casa
,
intima
e
nostra
,
è
la
straniera
metropoli
:
tutte
guidano
a
tutto
.
Una
continuità
lega
il
familiare
all
'
ignoto
.
La
vera
personalità
del
mondo
è
sulle
strade
.
Vi
si
addensano
intorno
le
case
e
gli
uomini
.
I
figli
vi
calcano
le
orme
dei
padri
.
C
'
è
qualche
cosa
di
epico
in
questo
aprirsi
di
vie
da
parte
dei
pionieri
umani
.
Sono
correnti
in
un
mare
amorfo
.
Un
'
unitaria
volontà
le
traccia
e
dirige
sotto
i
più
vari
cieli
,
ma
il
genio
dei
luoghi
si
atteggia
sui
margini
col
suo
volto
mutevole
,
e
l
'
ignota
terra
che
si
attraversa
v
'
innerva
il
suo
sistema
,
vi
riversa
i
prodotti
foggiati
nel
suo
seno
profondo
:
carriaggi
e
uomini
pervengono
alla
massima
dalle
prossime
vie
,
per
un
po
'
la
percorrono
,
poi
l
'
abbandonano
.
Così
la
provincia
si
affaccia
e
respira
sul
mondo
.
Grande
moto
e
fragore
è
sulle
vie
del
mondo
;
la
vita
vi
ferve
col
suo
ritmo
più
esplicito
,
e
col
più
ampio
respiro
,
la
storia
v
'
incede
coi
suoi
carri
falcati
.
Una
perenne
migrazione
di
popoli
si
compie
lungo
il
suo
bianco
miraggio
.
Questa
,
che
mi
si
para
dinanzi
,
è
fra
le
più
illustri
.
Strada
romana
,
e
napoleonica
.
Quante
,
al
tramonto
,
sfolgoranti
metropoli
,
io
,
percorrendola
,
vagheggiai
quali
mete
!
Cupole
di
Bisanzio
,
invero
,
e
guglie
caliginose
del
Nord
,
le
moli
nere
dei
nuvoli
sul
rosso
sfondo
.
Un
immenso
aere
fiammeo
si
accoglie
e
brilla
fra
l
'
una
e
l
'
altra
pendice
,
imperial
via
rettilinea
guidante
all
'
apoteosi
.
Nel
volgere
delle
rutilanti
spire
,
il
fiume
ne
è
tutto
corrusco
;
lenta
mole
di
luce
fluida
,
par
scenda
esso
direttamente
dal
sole
,
che
sui
ghiacciai
già
ombrati
sta
immobile
,
nume
accecante
nell
'
ora
sacra
,
fra
una
sempre
più
fitta
vaporosità
d
'
oro
.
Fiammeggia
ancora
pei
vetri
delle
cappellette
,
quando
,
celando
a
tratti
,
agli
svolti
,
la
visione
trionfale
del
fondo
valle
,
la
strada
s
'
ingolfa
nelle
fresche
ombre
,
tra
gli
aspetti
intimi
delle
radure
e
delle
selvette
.
Cari
più
questi
alla
sera
:
la
luna
,
che
allunga
l
'
ombra
di
Ibleto
dai
muri
di
Verrès
,
e
fa
del
mite
Fénis
un
maniero
spettrale
,
pende
poi
su
di
essi
propizia
,
sui
conciliaboli
delle
lepri
e
dei
grilli
.
O
come
attraente
,
nel
suo
verde
mistero
,
dai
margini
,
la
natura
ci
chiama
,
e
la
vita
:
come
ne
svia
dalla
meta
!
Fanciulle
,
cogliendo
fiori
vengonci
incontro
dai
profondi
prati
.
Or
via
,
seguiamole
,
in
libertà
gioconda
.
Che
,
dunque
,
ci
attende
,
entro
la
boscaglia
oscura
?
La
fragola
selvatica
,
e
l
'
anemone
bianco
,
e
la
ninfea
sul
tacito
stagno
.
La
marea
verde
dell
'
erbe
sta
per
sommergere
le
basse
piante
.
Il
caprifoglio
si
avviticchia
ai
tronchi
,
e
il
nostro
desiderio
,
fanciulle
,
vi
cingerà
con
le
fluide
braccia
adducendovi
nel
più
verde
recesso
.
Quando
,
per
la
foresta
,
rimbomberà
il
corno
eroico
?
Quando
,
tra
i
rami
,
riapparirà
il
nastro
bianco
?
Spiccandoci
dal
vostro
fianco
,
poi
che
cadrà
la
sera
,
verso
le
nobili
sedi
dello
spirito
ci
avvieremo
noi
,
cavalieri
del
Graal
.
Veloci
macchine
rombando
distanziano
i
tardi
carri
;
favorevoli
più
questi
allo
spirito
,
montano
quelle
gli
uomini
che
fanno
piccolo
il
mondo
.
Divoratori
dello
spazio
,
banale
cosa
è
la
strada
pei
suoi
moderni
signori
:
uno
schema
della
distanza
;
il
monotono
segue
il
veloce
,
come
il
grigio
la
rapida
sovrapposizione
delle
tinte
.
Ma
poi
,
procedendo
più
adagio
,
vi
scorgiamo
più
cose
:
e
più
cose
,
forse
,
vi
scorgono
i
mendicanti
seduti
sui
paracarri
.
StampaPeriodica ,
L
'
Antologia
della
Voce
,
che
ha
fatto
seguito
a
quella
del
Leonardo
,
dell
'
Hermes
e
del
Regno
(
entrambe
edite
da
Einaudi
)
e
a
quella
della
Critica
sociale
(
edita
da
Feltrinelli
)
,
le
annunciate
antologie
de
Il
Rinnovamento
,
Nova
et
vetera
,
L
'
Anima
,
Lacerba
,
eccetera
,
che
dovrebbero
presto
venire
alla
luce
,
testimoniano
l
'
interesse
sempre
più
acuto
delle
nuove
generazioni
a
ripercorrere
il
cammino
della
cultura
e
dello
spirito
pubblico
del
Novecento
,
per
rintracciarvi
le
origini
dei
problemi
che
ancora
ci
assillano
.
Ed
è
naturale
che
,
in
questo
ritorno
alle
origini
,
il
decennio
giolittiano
-
con
i
suoi
fermenti
e
il
suo
vivace
dibattito
ideale
-
divenga
il
polo
principale
di
attrazione
.
È
troppo
presto
,
forse
,
per
tirare
le
somme
e
giudicare
nel
loro
complesso
codeste
iniziative
editoriali
:
per
ora
si
può
solo
rilevare
che
le
due
antologie
einaudiane
sono
molto
ben
fatte
e
sono
introdotte
con
notevole
intelligenza
da
Delia
Frigessi
e
Angelo
Romanò
:
che
invece
qualche
incertezza
presenta
l
'
antologia
della
Critica
sociale
nella
parte
politica
ed
economica
,
ma
non
nella
parte
culturale
che
qui
più
direttamente
c
'
interessa
.
Tuttavia
,
anche
se
non
è
possibile
un
quadro
d
'
insieme
,
si
può
fin
d
'
ora
notare
che
le
recenti
ricerche
hanno
completamente
capovolto
i
canoni
d
'
interpretazione
di
quel
periodo
che
avevano
dominato
la
cultura
italiana
fino
all
'
ultimo
dopoguerra
.
Vediamo
.
La
reazione
antipositivistica
era
stata
sempre
considerata
una
caratteristica
rinnovatrice
del
movimento
culturale
del
primo
decennio
del
secolo
.
Ora
si
è
portati
a
capovolgere
il
giudizio
.
Non
già
perché
si
voglia
difendere
il
positivismo
negli
aspetti
grossolani
che
facilmente
prestarono
il
fianco
alla
polemica
(
e
anche
alla
irrisione
)
idealistica
:
la
metafisica
che
tradiva
il
significato
più
profondo
della
grande
esperienza
delle
scienze
;
il
determinismo
che
non
lasciava
posto
«
per
l
'
uomo
,
né
per
la
storia
dell
'
uomo
»
;
il
facile
ottimismo
o
la
superficialità
con
cui
si
parlava
di
progresso
e
si
orecchiavano
le
conquiste
scientifiche
.
Si
tende
,
invece
,
a
lasciare
da
parte
-
come
poco
importante
-
la
parte
sistematica
del
positivismo
e
a
richiamare
l
'
attenzione
su
altri
dati
più
interessanti
:
che
il
positivismo
sorge
come
una
sorta
di
nuovo
illuminismo
sulla
base
dell
'
espansione
della
civiltà
borghese
dell
'
Ottocento
;
che
esso
,
pur
cedendo
a
sua
volta
alle
tentazioni
metafisiche
,
rappresenta
il
movimento
di
pensiero
che
fa
della
lotta
contro
la
metafisica
il
punto
cardine
del
suo
programma
;
che
con
esso
si
rilancia
la
fiducia
nella
ragione
umana
,
soffocata
dal
movimento
romantico
;
che
esso
agisce
sull
'
orientamento
ideale
e
sul
costume
di
larghissimi
strati
d
'
intellettuali
,
creando
una
mentalità
laica
,
illuminata
,
aperta
alle
idee
di
progresso
,
chiusa
alle
superstizioni
religiose
,
sicura
delle
possibilità
dell
'
uomo
,
amante
della
scienza
e
dei
risultati
della
sua
applicazione
nei
vari
campi
della
vita
civile
;
che
esso
-
proprio
per
le
caratteristiche
fin
qui
indicate
-
ha
una
funzione
particolarmente
progressiva
nel
nostro
paese
arretrato
,
tagliato
fuori
da
alcuni
secoli
dalle
grandi
correnti
di
pensiero
europee
,
insidiato
dalla
presenza
del
Vaticano
.
Il
positivismo
,
cioè
,
si
presenta
oggi
allo
storico
moderno
come
l
'
aspetto
più
clamoroso
di
un
profondo
rinnovamento
che
si
operò
,
dopo
il
1860
e
la
"
aggiunta
unità
,
fra
gl
'
intellettuali
e
nella
cultura
italiana
.
Rinnovamento
benefico
-
nonostante
i
pericoli
e
le
esagerazioni
-
se
esso
veniva
a
consolidare
e
a
confermare
sulla
base
degli
orientamenti
della
scienza
e
del
pensiero
europei
il
carattere
prevalentemente
laico
della
cultura
italiana
(
derivato
dal
modo
stesso
con
cui
si
era
formato
lo
Stato
nazionale
in
opposizione
alla
Chiesa
)
;
se
contro
l
'
interiorità
e
il
mito
dei
romantici
(
l
'
ideale
staccato
dal
reale
di
cui
parlava
De
Sanctis
)
poneva
il
sapere
scientifico
come
«
l
'
obiettiva
coscienza
del
reale
»
;
se
postulava
una
natura
universale
dell
'
uomo
a
cui
faceva
corrispondere
«
un
'
etica
naturale
,
fondata
su
leggi
psicologiche
e
sociali
»
e
alla
cui
conquista
sembrava
impegnata
la
stessa
storia
che
si
presentava
così
conte
indefinito
progresso
;
se
sotto
l
'
Italia
ideale
sognata
nelle
battaglie
del
Risorgimento
sapeva
scoprire
un
'
Italia
reale
-
fatta
di
bisogni
concreti
,
di
arretratezza
,
di
miseria
-
e
,
quindi
,
faceva
affiorare
anche
da
noi
la
cosiddetta
«
questione
sociale
»
;
se
non
si
accontentava
dell
'
unità
politica
realizzata
nm
si
rendeva
conto
dell
'
esistenza
di
un
problema
del
Mezzogiorno
;
se
aveva
coscienza
di
quanta
Arcadia
fosse
rimasta
nel
nostro
romanticismo
,
di
quanto
fossimo
rimasti
indietro
rispetto
alle
altre
nazioni
e
operava
il
collegamento
con
un
grande
movimento
di
cultura
europeo
,
aprendo
le
finestre
,
rinnovando
l
'
aria
e
liberandoci
da
pregiudizi
,
limiti
provinciali
e
residui
accademici
.
1Int
uguale
capovolgimento
di
giudizio
può
notarsi
,
anche
nei
confronti
della
reazione
antinaturalistica
,
nonostante
che
,
in
questo
campo
,
sia
stato
proprio
un
critico
marxista
,
il
Lukács
,
a
introdurre
uno
schema
d
'
interpretazione
negativo
:
considerando
il
naturalismo
come
una
corruzione
in
senso
fotografico
e
descrittivo
del
grande
realismo
ottocentesco
.
Oggi
si
tende
a
considerare
il
naturalismo
come
un
rinnovamento
importante
e
benefico
della
nostra
letteratura
,
come
il
più
avanzato
tentativo
dl
arte
realistica
compiuto
nella
nostra
storia
letteraria
.
Gli
elementi
di
fondo
di
tale
rinnovamento
sono
gli
stessi
già
indicati
per
il
positivismo
e
sono
alla
base
della
rivolta
un
po
'
velleitaria
degli
Scapigliati
(
e
anche
a
guardar
bene
dell
'
atteggiamento
ribelle
del
primo
Carducci
)
e
,
soprattutto
,
della
grande
arte
di
Verga
e
della
critica
di
Capuana
.
Giustamente
è
stato
osservato
come
non
sia
stato
per
caso
che
la
crisi
letteraria
si
manifestasse
a
Milano
prima
e
piuttosto
che
altrove
.
Perché
«
i
primi
effetti
e
i
più
appariscenti
della
trasformazione
economica
e
sociale
che
era
in
atto
,
coi
suoi
urti
,
coi
suoi
contrasti
interni
e
con
i
rivolgimenti
di
fortune
e
di
opinioni
che
ne
derivavano
,
si
fecero
sentire
appunto
in
quella
città
che
allora
si
avviava
a
essere
,
come
poi
si
disse
,
la
capitale
morale
d
'
Italia
,
e
cioè
la
capitale
dei
traffici
e
degli
affari
,
uno
dei
centri
più
operosi
e
vitali
della
nuova
borghesia
e
della
nuova
cultura
»
.
E
non
fu
un
caso
che
essa
trovasse
i
suoi
maggiori
interpreti
in
Verga
e
Capuana
perché
era
necessario
«
un
passionale
deflusso
dal
centro
alla
periferia
,
dal
Nord
al
Sud
,
dal
vertice
alla
base
,
dal
mondo
della
scioperatezza
e
degli
sperperi
al
mondo
della
diffidenza
e
della
parsimonia
,
dalla
vita
di
lusso
a
quella
dei
bisogni
elementari
e
primordiali
»
per
individuare
il
contenuto
più
nuovo
e
tipico
:
«
la
vita
del
meridione
,
che
nella
struttura
del
nuovo
stato
unitario
non
era
più
un
modo
dl
vita
circoscritto
e
locale
,
ma
assurgeva
già
al
significato
e
all
'
importanza
di
uno
fra
i
più
tormentosi
e
urgenti
problemi
nazionali
»
.
Appunto
sulla
base
di
questo
nuovo
contenuto
sorge
l
'
arte
di
Verga
,
nutrita
essenzialmente
dall
'
analisi
del
molteplice
giuoco
di
forze
economiche
e
sociali
che
determinano
i
comportamenti
,
i
sentimenti
e
il
destino
degli
uomini
.
Ed
è
proprio
il
canone
dell
'
impersonalità
,
quello
studiare
le
forme
e
le
strutture
sociali
come
lo
scienziato
studia
il
prodursi
dei
fenomeni
naturali
,
proprio
quel
suo
«
ritrovare
nella
società
umana
non
già
i
grandi
problemi
morali
ma
-
come
lo
scienziato
nella
natura
-
solo
le
leggi
del
suo
funzionamento
»
,
proprio
tutto
questo
che
gli
è
stato
rimproverato
come
un
limite
e
un
errore
,
consente
invece
al
Verga
di
cogliere
-
al
di
là
delle
contingenze
storiche
e
della
euforia
borghese
-
la
legge
fondamentale
della
società
moderna
,
implacabile
come
il
fato
degli
antichi
greci
,
a
cui
si
assoggettano
i
suoi
personaggi
esponendo
la
nuda
e
dolente
verità
della
loro
condizione
umana
.
Del
resto
,
indipendentemente
dal
Verga
,
per
il
quale
è
stato
riconosciuto
da
tutti
che
l
'
incontro
con
il
verismo
ebbe
una
funzione
liberatrice
,
i
canoni
del
naturalismo
,
che
sono
stati
poi
ferocemente
criticati
e
derisi
,
l
'
impersonalità
e
quindi
il
ritrarre
direttamente
dal
vero
,
quasi
in
modo
fotografico
;
la
scientificità
,
intesa
come
riduzione
degli
elementi
umani
soprattutto
a
quelli
fisici
e
fisiologici
,
in
particolare
a
quelli
della
ereditarietà
e
dell
'
ambiente
;
il
dialetto
o
il
gergo
che
dovevano
rappresentare
il
modo
reale
di
parlare
dei
personaggi
,
se
valutati
nel
momento
storico
cui
furono
postulati
e
in
rapporto
con
i
nuovi
contenuti
che
volevano
esprimere
,
risultano
,
sul
piano
della
poetica
,
non
solo
giustificati
ma
necessari
.
Da
questi
due
giudizi
radicalmente
capovolti
si
possono
ricavare
molte
conseguenze
.
Ci
limiteremo
ad
accennarne
una
:
l
'
infondatezza
della
cosiddetta
sprovincializzazione
che
-
secondo
i
canoni
più
diffusi
d
'
interpretazione
del
Novecento
-
sarebbe
il
merito
fondamentale
dei
movimenti
culturali
del
decennio
giolittiano
.
In
realtà
sia
il
positivismo
che
il
naturalismo
erano
movimenti
europei
:
il
loro
diffondersi
in
Italia
aveva
già
rappresentato
una
rottura
del
nostro
isolamento
culturale
.
Ma
il
positivismo
e
il
naturalismo
ricevettero
in
Italia
una
elaborazione
nazionale
,
mentre
il
famoso
processo
di
europeizzazione
dei
Papini
e
dei
Prezzolini
avvenne
attraverso
forme
di
importazione
a
cui
non
corrispose
un
adeguato
sforzo
di
elaborazione
.
Avvenne
,
cioè
,
in
modo
provinciale
.
Come
si
vede
,
la
problematica
sollevata
da
questi
studi
è
di
estremo
interesse
e
modifica
gli
orizzonti
tradizionali
della
nostra
cultura
.
È
inutile
dire
che
tale
sforzo
ci
appare
benefico
e
che
le
prospettive
verso
le
quali
si
muove
ci
trovano
perfettamente
consenzienti
.