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La diagnosi del fascismo dell ' amico Mazzali svolge elementi in gran parte analoghi a quelli fissati in tre anni di battaglie da Rivoluzione Liberale . Il problema per i Gruppi di Rivoluzione Liberale è quindi di discutere la connessione posta dal Mazzali tra profezia marxistica e liquidazione del fascismo . Altrove abbiamo detto che questa è l ' ora di Marx . Ma s ' intende che noi pensiamo ad un Marx vitale in una situazione caratteristicamente italiana . In questo senso la tattica che propone Rivouzione Liberale contro il fascismo è la seguente : Nessuna illusione di liquidare il fascismo coi giochetti parlamentari , con le combinazioni della maggioranza , con lo Stato Maggiore , con la rivolta dei vari Delcroix e simili aborti morali . Il problema italiano è di liquidare lo spirito e le forme del trasformismo , dell ' accomodantismo , della corruzione oligarchica che fu rappresentato dai vecchi ceti sedicenti democratici e che il fascismo portò alle estreme misure di impudicizia e di trafficantismo . Crediamo al movimento operaio come alla sola forza – che per le riserve di spirito combattivo di cui dispone , per la sua volontà di redenzione potrà opporre alle vecchie cricche , pronte sempre a patteggiare , la sua inesorabile intransigenza . Le esperienze passate ci insegnano che il movimento operaio alla resa dei conti avrà bisogno di una classe dirigente sicura e moderna , dotata di spirito di sacrificio e di maturità storica . Comunque si liquidi la questione del ministero Mussolini ( noi non abbiamo alcuna sollecitudine per le azioni di Salandra , di Giolitti , di Caviglia o di Di Giorgio ! ) la situazione da cui è nato il fascismo si liquiderà soltanto con la ripresa del movimento operaio . Questa è connessa con il miglioramento della nostra classe capitalistica , con le attitudini della nostra economia a vivere nel commercio mondiale non semplicemente da parassita . La recente campagna di Einaudi ha questo senso profondo . Per secondare la ripresa operaia contro il fascismo perciò non bisogna invocare profezie o proporre schemi di nuove società ( se in Italia dovessimo aspettare le tre condizioni di Sorel , la questione sarebbe piuttosto allungata ! ) ma aiutare i partiti seri e moderni a liberarsi dai costumi giolittiani , a migliorare i loro quadri nella lotta senza quartiere e senza lusinghe , a preparare le condizioni in cui le moderne democrazie non saranno più schiave di nessuna oligarchia . La guerra al fascismo è questione di maturità storica , politica , economica della nostra economia , delle nostre classi dirigenti , dei ceti operai e industriali .
BILANCIO ( P.G. , 1924 )
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Rivoluzione Liberale si è astenuta dal discutere la condotta del1'Aventino per ragioni ovvie . Le questioni di tattica non si trattano in sede di critica ideale . Nell ' impostazione aventiniana noi abbiamo le nostre responsabilità . Non potevamo rinnegarle anche se di volta in volta sentivamo qualche dissenso pratico . In sostanza Rivoluzione Liberale proclamò l ' Aventino ( non collaborare con la critica ) nel novembre 1922 . Nel momento in cui anche le opposizioni parlamentari accettavano il nostro criterio e si portavano sulla nostra linea di battaglia , noi non dovevamo chiedere loro onestamente se non l ' intransigenza . L ' Aventino avrà tutti i torti di scarsa azione pratica e di scarsa omogeneità che gli si rimproverano , ma , volenti o no gli stessi noi componenti singoli , ha ubbidito a questa linea di intransigenza . Nel novembre 1922 c ' eravamo soltanto noi a dichiarare che non avremmo patteggiato , che non avremmo collaborato con la critica ; tutti gli altri proponevano delle condizioni ( scioglimento della milizia , normalizzazione , ecc . ) , non rifiutavano di discutere . Nel giugno 1924 invece anche i parlamentari accettavano la nostra impostazione integrale . L ' Aventino ha avuto almeno per questo una grande ripercussione morale . È una vittoria del carattere degli italiani . Impostare così la battaglia voleva dire rinunciar a realizzare per dieci anni : noi lo dichiarammo francamente e continuamente dal novembre 1922 ad oggi . Il 3 gennaio non ci ha sorpreso . Noi sappiamo che Mussolini è il più forte , che la maggioranza degli italiani è con lui . Se l ' Aventino nutrì qualche illusione , questo fu il suo torto ; è possibile che oggi le illusioni siano cadute . Il gran risultato dell ' Aventino è stato di chiarire le posizioni . Sono scomparse per sempre le situazioni centriste . Oggi le opposizioni dell ' aula , le opposizioni dei fascisti onorari , come Bonomi , fanno ridere . Costoro incominciano a pensare sul serio a collaborare , altrimenti che con la critica , senonché Mussolini li avrà sul mercato per poco prezzo : non sono più necessari neanche a lui . Mussolini può tranquillamente far a meno di proporre la nomina di Bonomi a senatore . I ceti dominanti ( plutocrazia , agrari , corte , esercito , burocrazia ) hanno trovato in Mussolini e nei suoi compagni gli uomini in cui riporre piena fiducia . Potevano nel passato pensare agli uomini delle opposizioni costituzionali e dell ' aula come a una riserva : oggi non più . Le vecchie classi politiche giolittiane e salandrine sono definitivamente liquidate : gli uomini dell ’ ante guerra sono tutti finiti . Di questo risultato , che il fascismo avrebbe potuto raggiungere più presto senza le sue manovre trasformiste , ma che tuttavia ha ormai raggiunto , noi non siamo meno lieti dei fascisti . L ' Aventino ha anche contato sulle classi medie . Ma queste per la loro natura equivoca sono sempre col vincitore , anche se ostentavano mesi or sono di leggere il Becco giallo . Sono rimasti alle opposizioni non le classi medie , non gli avvocati , non i professori , ma alcuni individui di queste categorie che per la loro educazione e la loro dignità sentono esigenze di critica e di idee . È confortante che questi individui siano in certo modo numerosi , per esempio , più numerosi di quel che non fossero nel Risorgimento . In questo momento soffrono di un pericoloso disorientamento : hanno bisogno di studi seri , di raccoglimento ; ma sono una sicura riserva di carattere e di indipendenza per l ' Italia di domani . Quei partiti aventiniani che si annunciavano come rappresentanti delle classi medie , come futuri partiti di governo , i partiti di democrazia e in parte i popolari e gli unitari perderanno terreno nel prossimo futuro . Così lo perderanno , l ' hanno già perduto , liberali e combattenti : essi mobilitavano dei malcontenti : ma Mussolini è un tattico molto abile nello spostare e convertire malcontenti : oppositori oggi , domani soddisfatti , non si può fare su costoro nessun calcolo politico serio . Le prossime elezioni , che Mussolini saprà preparare con la consueta abilità giolittiana , mostreranno che tutte queste posizioni sono indebolite : anche l ' Aventino tornerà decimato alla Camera e ne trarranno vantaggi massimalisti e comunisti . Comunque bisogna essere sicuri sin d ' ora che , con o senza violenze , la prossima Camera sarà – a collegio uninominale – più fida al Duce che la presente . In compenso le opposizioni avranno guadagnato in qualità , disporranno di pattuglie scelte , scaltrite alla difficile lotta , pronte a tutto . L ' Aventino ha tutto l ' interesse di tornare da una campagna elettorale con un minor numero di deputati : perderà l ' attuale pesantezza , potrà combattere con agilità e rapidità . Messe così le cose , deve essere acquisito che la sola riserva solida di ogni nuova politica futura è il movimento operaio . Se intorno all ' Aventino si è venuta formando un ' élite di giovani che capiscono la situazione , che non si fanno illusioni , essi hanno il dovere di smetterla con le inconcludenti polemiche contro i comunisti che minacciano di diventare un inutile diversivo , di non occuparsi di teoria delle classi medie , di non escogitare astuzie di colpi di mano , ma di lavorare con lealtà per il fronte unico operaio , anche se questo lavoro , per le attuali condizioni di depressione delle masse , non è per dare frutti immediati .
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Il movimento operaio più vecchio e potente del mondo sta attraversando una crisi che solo parzialmente è da porsi in relazione colla depressione economica che colpisce l ' Inghilterra . Da quattro anni un quinto della classe lavoratrice è disoccupata o occupata con orari ridotti ; i quadri delle Unioni sono discesi da più di otto a poco più di cinque milioni ; le casse sono esauste dopo i troppo prolungati sussidi . Si aggiunga la lotta che ancora permane tra il vecchio unionismo corporativista specie degli operai specializzati e il nuovo unionismo dei non specializzati ; gli attriti e le dispute continue per la « demarcazione » , particolarmente gravi in un periodo di trasformazione delle organizzazioni di « mestiere » in organizzazioni di « industria » ; le difficoltà per la fusione ( amalgamation ) di Trade - Unions similari che si impone anche per fronteggiare l ' analogo processo che si svolge nel campo padronale . Questi però sono tutti fattori transeunti . Fate che la pressione della crisi si allenti e la molla scatterà col vigore antico . Invece la più intima crisi che rode il colosso sindacale britannico , e che dai più non è avvertita , è la crisi d ' una enorme forza in potenza cui mancano gli strumenti di realizzazione , l ' innesto per una azione durevole ed efficace specie sul terreno economico . Sta nei limiti ferrei che il movimento di resistenza incontra in regime capitalistico . Superati i quali , sia pur poco , intervengono quasi automaticamente forze naturali ( evasione di capitali , emigrazione d ' industrie , introduzione di macchine , disoccupazione , concorrenza ... ) e artificiali ( cioè non propriamente economiche il fascismo in parte ne costituisce un esempio ) a ristabilire il turbato equilibrio . La possibilità di miglioramento nelle condizioni materiali della classe salariata organizzata , che in un primo periodo si dimostrano veramente imponenti dietro lo stimolo della lega , vanno gradatamente riducendosi col perfezionarsi del meccanismo unionistico . La lega conserva , sì , la importantissima funzione di perpetuamente adeguare i salari agli aumentati profitti e costo della vita e soprattutto all ' aumentato dividendo nazionale ; ma appare invece quasi del tutto impotente a mutare stabilmente la quota relativa a remunerazione del lavoro nei confronti della quota relativa a remunerazione dei possessori di capitale . In una parola : il movimento sindacale difficilmente può incidere in maniera permanente il profitto capitalistico . La lega appare più uno strumento negativo che colle sue stesse mani pone il problema del suo superamento ; è una forza sempre più immane cui sembra mancare , rebus sic stantibus , l ' alimento per una vita rigogliosa . È una sorta di circolo chiuso quello nel quale va cacciandosi in tutti i paesi il moto sindacale , anche perché , coll ' estendersi del movimento di organizzazione , i miglioramenti ottenuti vengono talora in buona parte sopportati dalla stessa classe salariata per il noto fenomeno della traslazione . Se il moto sindacale non trova un via d ' uscita , non elimina o non supera l ' ostacolo che si erge sul suo cammino , finirà per farsi assorbire e sopraffare da quello stesso ordinamento capitalistico contro il quale scese in lotta aperta . A questo punto sorge manifestamente il problema politico . Il movimento di resistenza si allea così coi partiti e crea esso stesso ( in Inghilterra col Labour Party ) il suo organo politico mentre nel campo economico cerca di sfociare verso lidi vasti , sia attraverso statizzazioni e municipalizzazioni , sia particolarmente attraverso la cooperazione nelle sue varie forme . In Inghilterra assistiamo attualmente al tentativo di innestare il moto sindacale sul cooperativo . In Inghilterra la cooperazione di consumo si è andata sviluppando in modo prodigioso , accompagnata da una tale somma di esperienze in ogni campo giuridico compreso da meritare ampissimo studio . Notevolissimo quello dei coniugi Webb , la notissima coppia intellettuale che metodicamente venne illustrando in più che trent ' anni di lavoro la storia , i postulati , le tendenze del mondo del lavoro britannico . I Webb , socialisti fabiani , evoluzionisti spenceriani , ferreamente legati alla realtà passata ed attuale e quindi ribelli ad ogni schema avveniristico che di questa realtà e delle sue lezioni non tenga tutto il conto dovuto , ritengono che il socialismo si avrà solo e necessariamente coll ' estendersi al massimo della cooperazione di consumo , in uno collo svilupparsi dell ' azione dello Stato e delle municipalità . Il ragionamento dei Webb è presto riassunto . L ' unica , la vera , l ' autentica democrazia è la democrazia dei consumatori . Col movimento cooperativo di consumo si provvede un metodo per il quale la produzione , a differenza che in regime capitalistico , non si svolge coll ' incentivo del profitto . La eliminazione del profitto o la sua redistribuzione avviene secondo un criterio schiettamente democratico perché si proporziona non alla quota di capitale posseduto , ma all ' ammontare delle compere . La cooperativa di consumo non ha quindi interesse ad aumentare i profitti al di là dello stretto necessario per fronteggiare le contingenze del mercato ; per ragioni fisiologiche ha da essere aperta a tutti , tendere anzi perpetuamente ad espandersi lottando contro i trust capitalistici ; è interessata grandemente a che i metodi di produzione , i processi tecnici si perfezionino continuamente . Quel che veramente caratterizza la democrazia dei consumatori è la sua forma volontaria . Il socialismo dei Webb vuol essere di marca liberista . Le cooperative entrano in concorrenza colle imprese private , colle municipalità , talora anche tra di loro . E in genere nella lotta vincono e ancor più vinceranno perché non avendo alcuna inferiorità in sede economica sono immensamente superiori in sede politica e morale . Ciascuna cooperativa o gruppo di cooperative organizzerà anche le sue fonti di rifornimento , avrà i suoi centri di produzione attraverso un fenomeno di integrazione non sconosciuto in economia . Si partirebbe dal consumo , tesi cara al Gide , per giungere alla produzione capovolgendo l ' attuale processo economico . E già oggi non poche cooperative posseggono aziende agrarie , latterie , manifatture , e quelle all ' ingrosso esercitano molti rami di produzione e lo stesso commercio internazionale . Non vi è nulla di utopistico , secondo i Webb , nel prevedere il graduale cooperativizzarsi del mondo , almeno britannico . In nessun ramo si è palesata una reale inferiorità . Questione di tempo e di uomini . Il salariato però non scomparirebbe in un regime a cooperazione universalizzata . Così il problema grave delle relazioni tra consumatori e produttori . Esso si risolverebbe , dicono i Webb , non risolvendosi . Tutti gli appartenenti alla classe salariata ( dal direttore all ' ultimo avventizio ) sono o dovrebbero essere simultaneamente membri delle società cooperative come consumatori e delle loro Trade - Unions come produttori . I contrasti certo non si eliminerebbero ; già oggi tra le organizzazioni degli impiegati in aziende cooperative e i dirigenti si hanno lotte clamorose , scioperi replicati ; le relazioni tra unionisti e cooperatori , malgrado gli organi cuscinetto , non sono delle più facili . Ma , osservano i Webb , è anche vero che le cooperative fanno ai loro impiegati (200.000) le migliori condizioni di impiego del mercato garantendo in molti casi un minimum di salario . Col miglioramento delle condizioni generali molte questioni spinose si risolveranno automaticamente . Per quasi un secolo , incalzano i nostri autori rivolgendosi ai loro asprissimi critici , i gildisti , il nostro movimento è stato combattuto , sabotato , quando non del tutto ignorato , perché violerebbe i principi fondamentali in una organizzazione socialista e cioè controllo operaio e in genere autogoverno nell ' industria . Ma , per quanto magnifici siano cotesti postulati , novanta anni di esperienze e letteralmente migliaia di tentativi in una mezza dozzina di paesi , in quasi tutte le industrie , hanno dimostrato in modo inequivocabile , qualunque sia la ragione , che la conduzione di una impresa da parte dei produttori , comunque organizzati , è una forma impraticabile di organizzazione industriale , voi chiedete che siano gli stessi dipendenti ad eleggere i loro superiori , parlate nelle unioni e nelle cooperative , questo sistema ha fatto buona prova . È una questione di psicologia . Non si sceglie colui al quale si dovrà obbedire . Nella cooperativa di produzione si lavora per il profitto , per il massimo profitto ; è un egoismo a basi più larghe dell ' attuale che si organizza . La cooperativa di produzione è misoneistica , avversa ai mutamenti , ai perfezionamenti tecnici . In essa si riaffermano lo sfruttamento e la oppressione dei deboli da parte dei lavoratori più abili e specializzati . Tende a chiudersi , ad assumere salariati , a peggiorare le condizioni di lavoro , a non rispettare il minimum di esistenza . L ' esperienza ha dimostrato il fiasco della cooperazione di produzione come mezzo di realizzazione di un massimo di utilità e di giustizia sociale . E la spiegazione è ancora una volta semplice e d ' indole psicologica : nessuno è buon giudice nel suo caso particolare . Il piccolo gruppo produttore finisce inevitabilmente per vedere l ' interesse generale attraverso il suo proprio e particolare . Si accusa il movimento della cooperazione di consumo di non realizzare i postulati democratici . Ma che cosa è più rispondente al principio democratico ? Che a guidarlo siano , in concreto , i quattro milioni e più di cooperatori o i duecentomila impiegati ? Non esaltiamo poi troppo , dicono i Webb , la figura e l ' opera del « produttore » . La produzione dei beni e dei servigi , ben lungi dal costituire la base fondamentale della vita sociale , viene e verrà assumendo una importanza ognora decrescente . La democrazia nel campo della produzione è mezzo , non fine . Si lavora per vivere , non si vive per lavorare . Si deve tendere ad assicurare ad ogni cittadino non tanto la libertà nella produzione , quanto la più larga libertà e possibilità nella sua vita che per tre quarti si svolge fuori della fabbrica . Abbiamo troppo disprezzato la funzione sociale del consumo . Anch ' essa ha un aspetto creativo e positivo . Tutta la organizzazione della comunità dovrebbe essere indirizzata non tanto a produrre i beni quanto a goderli e a farli godere nel modo migliore e più giusto . Con questo roseo epicureismo il sogno cooperativo è compiuto . Lo sforzo di emancipazione operaia è spacciato . La servitù nel mondo economico non scompare , ma si trasforma ; servi dell ' umanità , non più del privato sfruttatore . E la questione sociale è risolta , la pace assicurata , il socialismo realizzato ... Il dissidio tra cooperatori di consumo e di produzione , che sembrava oramai risolto col fallimento del cooperativismo di produzione , si è riacceso in questi ultimi anni fortissimo in sede pratica e teorica per opera di un gruppo di giovani , specie intellettuali ( Penty , Orage , Hobson , Cole , ecc . ) . La scuola gildista , sorta per opera del Penty nel 1907 e contrassegnata da tendenze socialiste utopistiche e piccoli borghesi , s ' è venuta profondamente modificando specie per l ' influsso del socialismo continentale e del mondo operaio . Concorrono in essa svariate e contraddittorie influenze dall ' Owen al Ruskin e al Morris , dal Marx al Sorel , diversamente combinate nei singoli scrittori . Ad un estremo ad esempio : il Penty , col suo disprezzo pel macchinismo , per la divisione del lavoro , per l ' odierna economia a prezzi fluttuanti e a produzione su grande scala , e in sintesi per l ' attuale civiltà quantitativa . Vecchi motivi utopistici , vecchi spunti ruskiniani che si volatilizzano al contatto colla realtà . In altri scrittori prevalgono invece motivi morali e religiosi . Cervello realista , spirito freddo , equilibrato , dalla educazione marxistica veramente eccezionale in terra inglese , è G . D . H . Cole , di gran lunga il più originale fra i gildisti . La sua critica contro il collettivismo accentratore e la rosea ed anonima democrazia dei consumatori è spietata . Egli ha sentito come pochi altri , potentemente influenzato dal sindacalismo rivoluzionario , che il succo della rivoluzione socialista non sta tanto in un mutamento delle condizioni e dei metodi di distribuzione , quanto nel mutamento dei metodi di produzione e conduzione delle imprese . Attraverso una propaganda decennale è riuscito ad imporre al movimento sindacale , dando una forma concreta alle vaghe per quanto sempre più incalzanti esigenze e aspirazioni delle masse , i due motivi fondamentali di lotta : controllo operaio e autogoverno nell ' industria . L ' operaio cosa , numero , materia grigia estranea alla vita della fabbrica moderna deve riacquistare in seno alla fabbrica , e non fuori come vogliono i Webb , tutta la personalità . Il problema operaio è problema di coscienza , di dignità , di libertà . Gli operai stessi non si accontentano più del semplice « miglioramento » economico ; il fine che intendono raggiungere colla Trade - Union si allarga , si sposta ; vogliono divenire attivi compartecipi della vita della azienda . La simpatia per le gilde medievali non vuol significare il desiderio di copiare la struttura del mondo corporativo . Ma lo spirito animatore delle gilde medievali dove l ' ente e i lavoratori associati in uno coll ' opera da compiere erano una cosa sola viva e vibrante , dove il principio dell ' autogoverno era normalmente praticato , dove non si disprezzavano le esigenze artistiche e qualitative , ecco ciò che il mondo moderno può , deve imparare volgendo lo sguardo al passato . La democrazia dei consumatori è un bubbola , una truffa volgare . Nessuna vera democrazia può basarsi su un elemento indifferenziato e negativo quale è il consumo . Si potrebbero ripetere le caustiche parole del Pareto : Se un legame solidale può instaurarsi tra gli uomini perché consumano , allora un eguale legame solidale può instaurarsi tra gli uomini perché portano vesti , camminano , respirano ... La solidarietà , questo mistero psicologico , che di fatto necessita per affermarsi d ' essere diretta contro qualcuno o qualche cosa , è tanto più forte quanto più ristretto , anche numericamente , è l ' ambito nel quale si palesa e più vivaci , possenti , positivi sono gli interessi dai quali scaturisce . Non sappiamo che farcene , dicono i gildisti riprendendo e realizzando il concetto soreliano di produttore , di una pseudo democrazia basata sulla massa grigia ed assenteista dei consumatori dove , per il solo fatto del consumo , l ' imperatore di tutte le Indie può teoricamente esser socio nella medesima cooperativa coll ' ultimo disgraziato di East End . Non sappiamo che farcene di un mutamento sociale che elimini il padrone singolo , l ' imprenditore privato , per regalarci il padrone collettivo , sia esso Stato , comune , cooperativa . La guerra colla onnipotenza della burocrazia statale ce lo ha dimostrato a sufficienza . Il problema delle ineguaglianze nella distribuzione è certo importantissimo ; ma se per risolvere quello occorre riaffermare in eterno la schiavitù del produttore , è preferibile , almeno in un primo tempo , un sistema per cui la direzione e il controllo dell ' industria vengano esercitate cumulativamente da operai e imprenditori . Potere e responsabilità nel campo della produzione hanno da essere dei produttori . La forma attuale di democrazia poggiata sul suffragio universale , pur avendo una indubbia funzione , non provvede agli affari della comunità in base al positivo volere dei suoi membri . Il suffragio universale , come diceva tra noi il Salvemini , è più una forza negativa . Il potere economico precede il politico . Finché nella organizzazione economica domina l ' autocrazia , la casta , la divisione in classi , non si può parlare di vera democrazia . Lo Stato ( altro motivo sindacalista - marxista ) va distrutto o grandemente mutilato . Esso è oggi il comitato di affari della classe dominante . Col cadere del privilegio economico e col libero riorganizzarsi della produzione per opera di gruppi autonomi federali di produttori , avremo non più uno , ma due , ma più Stati . Ogni associazione sostanzialmente è Stato . La trasformazione dovrà poggiare sul sindacato . Oggi il moto sindacale è estraneo alla conduzione delle industrie , può imporre solo proibizioni . Dovrebbe interessarsi del lato positivo , reclamare il diritto di regolare l ' assunzione e il licenziamento della manodopera , partecipare almeno in parte alla direzione e al controllo delle imprese , imporre il diritto di elezione o comunque di scelta dei sorveglianti da parte degli interessati . Per ogni funzione che richiede una cooperazione di volontà come tipicamente segue nel mondo industriale moderno , occorre che il dirigente immediato sia imposto dal basso . Certo l ' evoluzione in questo campo sarà lentissima , perché gli operai furono purtroppo abituati a considerare coloro che detengono l ' autorità nella industria capitalistica come i loro naturali nemici , e non possono , di un tratto , mutare i loro costumi ... I gildisti si rendono perfettamente conto della lentezza del processo di realizzazione specie per quanto ha riguardo al lato morale . Mentre il socialismo di Stato , come ben dice il Bauer , è sempre possibile a qualunque grado di sviluppo sia arrivata la massa dei lavoratori , un socialismo invece che debba avere per base il « self governing workshop » , cioè l ' autodirezione delle aziende , è possibile solo quando la classe lavoratrice , con la progressiva estensione dei suoi controlli sull ' industria , abbia già acquistata la capacità intellettuale e morale , che è premessa necessaria alla direzione industriale indipendente . Sarebbe quindi erroneo voler affrettatamente concludere sulla base delle recenti esperienze , per ora non troppo felici . L ' unità economica elementare è la gilda . È sì una cooperativa di produzione , ma a base nazionale federata con tutte le altre gilde ed emanazione della rispettiva organizzazione sindacale . Non deve tendere al conseguimento dei profitti , ma produrre sulla base del costo avendo speciale riguardo alla qualità dei prodotti : realizzando la più stretta intimità fra lavoratori manuali e tecnici ed organizzandosi nel modo più democratico . Il salario ha da essere commisurato ai bisogni dell ' esistenza , s ' intende entro certi limiti , e soprattutto avere carattere di continuità . La gilda deve garantire sempre , in ogni eventualità ( malattia , disoccupazione ) i mezzi di sussistenza . Nell ' amministrazione interna la gilda sarebbe libera dalla ingerenza di altri organi , Stato compreso . Ma allorquando entra in rapporti con altri enti , allorquando si tratta di indirizzare la produzione e di stabilire i prezzi delle merci , la decisione spetterebbe ad un comitato misto dove , oltre ai rappresentanti della gilda , siederebbero i rappresentanti degli interessi generali ( Stato , municipalità , cooperativa di consumo ) . Lo Stato , in un regime gildista , sarebbe solo nominalmente il proprietario di tutti i beni delle gilde . Grandi differenze quindi dalle nostre cooperative di produzione non appaiono , salvo per quanto ha riguardo alla maggiore vastità dell ' organismo concepito , e come vedremo , alla struttura interna della gilda . Le prime esperienze che si sono avute in Inghilterra tra il '21 e il '23 non furono sempre fortunate , e seguirono in uno degli ambienti più conservatori dell ' unionismo inglese ed economicamente arretrato , cioè nella industria edilizia dove le necessità di capitale sono minori e più facile era ottenere lavoro specie dagli enti pubblici e cooperativi per la crisi degli alloggi . Ciascuna gilda è retta da un comitato di gilda composto dai rappresentanti delle organizzazioni degli operai e tecnici della industria edile della regione . È una sorta di consiglio di amministrazione cui spettano la nomina dei dirigenti e la direzione dell ' impresa . Può suddividersi in sottocomitati per le varie questioni ed in questi una metà dei posti è riservata ai delegati dei lavoratori impiegati nella gilda . Abbiamo inoltre il comitato di fabbrica o consiglio di azienda eletto dagli operai di ogni gilda con funzioni tecnico - disciplinari e al quale spetta la nomina dei sorveglianti . In pratica nei primi tempi questo dualismo nella direzione fu assai dannoso e si palesò fonte di discussioni e di crisi . Si volle assurdamente rinunciare dapprima ad ogni capitale di esercizio ritenendo che fosse sufficiente ottenere anticipi settimanali dai clienti . Col risultato di far sorgere le gilde come funghi , senza conveniente preparazione . Solo più tardi , nel '22 , fu sottoscritto dal sindacato degli edili un prestito di 150.000 sterline . Nel frattempo si costituirono organismi federali . La « National Building Guild » cui facevano capo circa 140 gilde edilizie e un « Consiglio nazionale » . La depressione economica fu la causa più che altro occasionale della crisi che nel dicembre 1922 condusse al fallimento molte gilde , compresa la National Building Guild . Mancò in molti casi una sufficiente preparazione morale , difettarono per errore teorico i capitali , ci si volle tenere troppo aderenti allo schema ideale . Talora anche dal lato disciplinare e direzione tecnica i risultati non furono brillanti . Il dualismo tra il comitato di gilda ed il comitato di fabbrica fu assai dannoso ; il secondo voleva intervenire in ogni questione anche tecnica . Salvo casi rarissimi sul mercato libero fu impossibile sostenere la concorrenza . Non è detto davvero che il semifiasco sia definitivo . Molti errori si eviteranno per l ' avvenire . Le gilde ancora in piedi hanno mutato i sistemi di conduzione . Intanto i postulati gildisti e soprattutto lo spirito con cui i gildisti guardano al problema operaio hanno profondamente permeato il mondo unionistico britannico . Ad esempio la federazione minatori che prima della guerra chiedeva la nazionalizzazione e l ' amministrazione statale , dopo le esperienze belliche , presentò nel '19 alla Coal Industry Commission uno schema di nazionalizzazione schiettamente gildista . L ' idea del controllo e della condirezione nella industria che specie nel periodo bellico si diffuse grandemente indubbiamente tornerà sulle scene appena superata la crisi attuale . Altra proposta gildista che ha avuto sinora parziali applicazioni è la stipulazione di contratti collettivi tra Trade - Unions e imprenditore per la fornitura della manodopera necessaria già inquadrata , sorveglianti compresi ; così che l ' imprenditore remunererebbe non più il singolo operaio ma il sindacato che penserebbe poi alla redistribuzione . Queste due opposte concezioni del divenire socialistico che si sono venute drammaticamente scontrando in Inghilterra meritano più ampio studio e col presente ho inteso quasi esclusivamente limitarmi alla parte informativa . L ' esperienza inglese non ha favorito per ora i primi accenni ad un movimento di cooperazione nel campo della produzione che , partendo dal sindacato professionale , evitasse gli errori e gli egoismi di molte cooperative di produzione . In Germania i risultati delle gilde edili sono assai più confortanti . Sta poi di fatto che il movimento cooperativo di consumo , anche universalizzandosi come predicono i Webb , non può risolvere quello che si avvia ad essere nei paesi più evoluti il problema fondamentale , il problema della emancipazione operaia . La cooperazione di consumo non elimina il salariato , né gli scioperi , né gli urti di categoria . In questo contrasto tra una aspirazione di libertà e di autogoverno rispondente alle esigenze di masse sempre più vaste di lavoratori e una realtà che non ne permette almeno per ora in Inghilterra una rapida concretazione , sta la vera crisi del mondo del lavoro britannico e la sorgente delle lotte future . Il circolo vizioso non si spezza colla cooperazione di consumo , né sembra per ora superabile coi metodi gildisti . Né si supera con una spallata rivoluzionaria che non può mutare l ' ambiente economico . Solo l ' esperienza , liberamente attuata , coi suoi risultati magari dapprima dolorosi e negativi , potrà indicarci la via nuova negli anni a venire .
StampaPeriodica ,
Nei sei anni che tennero dietro a Versailles l ' Europa ha cercato un equilibrio di pace seguendo successivamente due vie opposte . L ' immediato dopo guerra fu dominato da preoccupazioni e suscettibilità nazionaliste . Non era un nazionalismo pericoloso perché non si esprimeva in vere e proprie ambizioni ma in una piccola politica scontrosa , di corte vedute . Ispiratori Poincaré , Theunis , Bonar Law , ecc . ; risultato : l ' avventura delle riparazioni . Con lo scacco di Ludendorf in Baviera , il venir meno delle inquietudini rivoluzionarie in Sassonia , Ungheria , Italia , furono tolti anche i pretesti di questa mentalità . Così la liquidazione della crisi economica mondiale portò all ' esperimento di sinistra : Mac Donald , Herriot , Marx . Questo esperimento fallì prima di cominciare , benché l ' indirizzo di politica estera inaugurato durante la parentesi democratica sia anche oggi in rigore . Il fallimento delle sinistre è dovuto alla situazione interna di tutti i paesi d ' Europa . Le classi operaie non sono in grado di conquistare il potere politico e dal 1914 in poi le classi medie , col loro stupido chauvinisme si sono alleate alla causa delle classi dominanti e dei poteri costituiti . Lo Stato democratico non è riuscito a diventare Stato autonomista ; i poteri locali sono sempre alla mercé del centro ; la strapotenza del potere centrale riduce le classi medie a funzioni parassitarie , le rende burocratiche e schiave . La guerra ha spogliato economicamente le classi medie , togliendo loro con l ' indipendenza economica la dignità e l ' iniziativa politica : per vivere esse hanno dovuto ricorrere allo Stato ; accettandone un impiego sono diventate complici dei poteri costituiti . A questo si riduce la crisi delle democrazie in Europa . In Inghilterra , in Francia , in Belgio , in Germania si ha dunque una situazione conservatrice . Il mondo non va né a destra né a sinistra . Nei quattro tipici Stati centro - occidentali le democrazie sono vinte ma non sgominate . In tutti e quattro però la reazione sembra definitivamente allontanata : un colpo di forza o una avventura militare sono diventati difficili e improbabili . Sono dunque in errore in Italia tanto i fascisti – i quali parlano di internazionale fascista e vantano i consensi che vengono a Mussolini dall ' estero – quanto le opposizioni che vedono nella situazione internazionale un elemento di instabilità del governo presente in Italia . Se si vuol discutere intorno al prestigio dell ' Italia all ' estero bisogna portare altri argomenti e partire da un altro punto di vista . L ' importanza dell ' Italia nella politica europea dipendeva direttamente e oggettivamente dall ' esistenza di una forte Austria e di una Turchia pericolosa . In queste condizioni un ruolo decisivo era sempre assicurato all ' Italia nel dissidio tra Europa centrale e occidentale . D ' altra parte l ' Inghilterra era necessariamente interessata all ' esistenza di uno Stato libero e liberale nel Mediterraneo contro ogni pericolo che venisse da Oriente . Mancando questa felice situazione ( che fu sfruttata a suo tempo da Venezia e nel secolo scorso da Cavour ) la funzione europea dell ' Italia diminuisce nel momento stesso in cui essa abbatte l ' Impero d ' Asburgo . Il centro della politica è definitivamente sul Reno ; il Mediterraneo si avvia a una seconda decadenza ; le tre penisole meridionali restano abbandonate al loro isolamento , tutte e tre dominate all ' interno da difficilissime situazioni agrarie . L ' Italia è più povera delle altre due penisole ; ma nonostante la retorica e la vanità nazionalista che la travaglia , ha lavorato più fermamente da due secoli in qua per salvarsi dal tramonto delle razze meridionali . L ' industrialismo del triangolo Genova - Torino - Milano , la questione meridionale , l ' immaturità della lotta politica , lo spirito medioevale delle classi agrarie , la crisi del cattolicesimo rimangono tuttavia come le tragiche incognite del nostro avvenire . Il fascismo è un episodio di questi problemi e di queste incertezze . Niente possono capire gli stranieri di tali crisi . Un antifascista all ' estero si trova a parlare un gergo assurdo . Quei ventimila intellettuali o politici , non ispirati dall ' Agenzia Havas o dagli eredi di Northeliffe , onesti e colti , che in tutti i paesi civili rappresentano la parte più intelligente dei ceti medi , non vedono di buon occhio il fascismo ma vi disarmano con la loro ingenuità a base di Risorgimento e di liberalismo . La loro protesta è indice di nobili cuori , ripugnanti alla violenza e alla demagogia , ma sopravaluta gli italiani credendo che essi soffrano per la libertà perduta . Un esempio caratteristico di questa candida fiducia dei liberali inglesi nella maturità dell ' Italia si ha nella nota lettera di Steed . Naturalmente questi antifascisti europei sono una minoranza . Le plebi a cui si dirigono il Daily Mail e il Petit Parisien amano invece la demagogia sovversiva della reazione . Mussolini gode di una popolarità indiscussa tra i piccoli borghesi di tutto il mondo . Il suo prestigio deriva dal mito antibolscevico . Tutti sanno che il movimento operaio in Italia è stato stroncato dalle sue debolezze interne nella primavera del 1920 ben prima che si formassero le squadre d ' azione . Ma queste sottigliezze sfuggono a osservatori superficiali privi di qualunque preparazione a comprendere le cose italiane . Si ebbero forti diffidenze verso Mussolini all ' estero nel principio del suo esperimento . Si temeva l ' eredità di Napoleone III , il turbamento della pace europea . Dopo Corfù questi timori sono svaniti . Ora Mussolini è inquadrato nei piani conservatori delle Potenze occidentali . Dal Foreign Office e dal Quai d ' Orsay si vede con simpatia un Governo antibolscevico nel Mediterraneo come in Polonia , in Bulgaria , in Cecoslovacchia . Le classi dominanti inglesi rappresentate dal Morning Post , il radicalismo plutocratico caillauttista , il nazionalismo belga valutano l ' Italia con machiavellica noncuranza dal punto di vista della sua efficienza esterna : non nutrono preoccupazioni sulla proclamata capacità rivoluzionaria della marcia su Roma , paghi che a Roma le iniziative di politica estera non creino imbarazzi alla politica di accerchiamento della Russia . La politica europea va riducendosi al duello tra Russia e Inghilterra preveduto da Marx , se pure in forma opposta ; e l ' Inghilterra conservatrice gioca sulla paura del bolscevismo per non lasciare agli altri popoli iniziative politiche .
StampaPeriodica ,
I Fin dal III Congresso del partito ( Lione ) , ed anzi già durante le discussioni preparatorie del congresso che si tennero nel 1925 , nell ' Ufficio politico e nel Comitato centrale , si affacciò la necessità di dare un programma al partito . Superata la crisi interna e conquistata una superiore maturità ideologica e politica il partito cominciò a vedere i problemi della rivoluzione italiana e i propri compiti con occhi nuovi . Fino al 1923-1924 noi ci sentivamo il partito di una frazione del proletariato , di una frazione che voleva diventare maggioranza attraverso la « conquista molecolare » dei proletari e limitandosi ad operare entro gli organismi tradizionali del proletariato italiano . Questa ristrettezza del nostro campo politico limitò la nostra azione e impedì al partito di presentarsi di fronte alle grandi masse come il partito del proletariato italiano e la guida di tutta la popolazione lavoratrice . Basta rievocare la posizione assunta dal partito in numerose occasioni , dal 1921 alla fine del 1923 , per convincersene . È verso la seconda metà del 1924 ( crisi Matteotti ) che noi incominciamo ad avere un respiro politico più ampio , ed a manovrare nel giuoco delle forze politiche per presentarci come un « partito di governo » di fronte alle masse lavoratrici . Dal periodo che si potrebbe chiamare « di organizzazione » passiamo al periodo della vera e propria azione politica . Non vorrei che i compagni fossero tratti a credere che io pensi che i due periodi si caratterizzano nettamente e che essi diano , come i momenti di un processo logico , la spiegazione dello sviluppo del nostro partito . Infatti non è vero che dal 1921 al 1924 noi ci siamo occupati di organizzazione e non di politica ; né è possibile pensare che dopo il 1924 noi abbiamo trascurato o sottovalutato i problemi di organizzazione . Il periodo 1921-1924 è prevalentemente « interno » e di propaganda ; nel secondo quello nel quale siamo tuttora noi affrontiamo tutti i problemi interni ed esterni : il partito vede meglio , anzi , i problemi interni e li risolve nella misura e nel modo in cui è capace di vedere e di affrontare i propri compiti politici . Il momento tipico del passaggio dall ' uno all ' altro periodo è stato quello della trasformazione organica del partito sulla base delle cellule . Dal 1924-1925 in poi non ci sentiamo più il partito di una frazione del proletariato , ma il partito politico rivoluzionario del proletariato , di tutto il proletariato italiano . A questo risultato siamo giunti liberandoci dagli ultimi residui della ideologia massimalista ( dei quali si nutriscono oggi avidamente i gruppi di opposizione che sono fuori del nostro partito ) ed affrontando risolutamente i problemi della strategia e della tattica seguendo gli insegnamenti del marxismo - leninismo , sulla base della analisi della struttura della società italiana , dello sviluppo del capitalismo italiano e delle contraddizioni che esso genera , della formazione e del movimento delle classi ; cioè impossessandoci del metodo di analisi marxista . II Il bisogno di darci il programma è coinciso con l ' allargarsi della visione dei nostri compiti storici e politici . Non tutti i compagni , è vero , vedono ancora tutti questi compiti e sanno adeguare ad essi la propria azione . Non tutti i compagni riescono ancora a concepire il carattere « popolare » e « nazionale » della rivoluzione proletaria , che il partito rivoluzionario del proletariato deve trascinare e dirigere tutta la popolazione lavoratrice , che esso deve avere , perciò , un programma di azione applicando il quale esso riesce a portare alla insurrezione ed alla lotta per il potere le masse decisive del proletariato urbano e dei lavoratori della campagna , e deve avere un programma di governo « nazionale » dei lavoratori che risponda ai bisogni e agli interessi della totalità della popolazione lavoratrice , cioè della stragrande maggioranza della popolazione . La debolezza ideologica e politica che è restata in alcuni strati del nostro partito , e che dovrà essere e sarà necessariamente superata nel corso del nostro lavoro , trova una spiegazione nelle condizioni estremamente difficili che ci sono state fatte dalla situazione italiana , durante gli otto anni della nostra esistenza . Nelle nostre file , tuttora , il rivoluzionarismo della frase sostituisce qua e là il rivoluzionarismo marxista . La coscienza del « governo » , del « potere » , dello « Stato » che si forma e si sviluppa nel partito , il quale è « governo » , è « potere » , è « Stato » in sviluppo non è ben radicata tra noi . È pur vero che questa « coscienza » si sviluppa con lo sviluppo stesso del processo rivoluzionario e si allarga fino a diventare coscienza di tutto il proletariato ; ma essa è anche un eccitatore del processo e ne determina la orientazione . Date , quindi , al partito il programma vuol dire rafforzare in esso la coscienza del potere , elevarlo politicamente nella comprensione dei gravissimi compiti che esso deve assolvere . Ma dare il programma al partito vuol dire anche dare il programma al proletariato , vuol dire porre il partito comunista di fronte a tutto il proletariato come il proprio e solo partito , accelerare il dislocamento degli operai e dei salariati agricoli verso il loro partito ; e quindi porre il proletariato , dinanzi alle grandi masse popolari , come l ' erede e il solo erede della borghesia e del capitalismo al potere . III La necessità per il nostro partito di avere il programma non è contestabile , e credo che non sarà contestata . Piuttosto da molte parti ci si domanderà : « Ma il PCI non aveva già un programma ? E se non lo aveva come è potuto andare avanti per otto anni ? È possibile che il partito si dia il programma solo dopo otto o nove anni di esistenza ? » . A domande simili noi già rispondemmo trattando della questione del programma della Internazionale comunista . Noi siamo arrivati al programma della Internazionale comunista attraverso ad una esperienza complessa . Ma ciò non vuoi dire che dal 1919 ( e io direi meglio dal 1917 ) la Internazionale comunista marciasse alla giornata . Tutti i documenti fondamentali , dal I Congresso della Internazionale in poi , sono stati dei documenti programmatici o hanno fissato problemi di tattica generale . Il programma della Internazionale comunista coordina tutta la imponente esperienza ideologica e politica della Internazionale nel corso dei suoi primi nove anni di vita e presenta , per la prima volta dopo il 1847 , un documento che fissa gli obiettivi della lotta rivoluzionaria del partito comunista mondiale . Anche noi abbiamo dovuto seguire la strada delle esperienze ideologiche e politiche del nostro partito per giungere alla formulazione del programma . Ma ciò non vuol dire che il nostro partito , dal 1921 , abbia marciato alla giornata . Al Congresso di Livorno ( San Marco , 1921 ) noi non abbiamo approvato un programma , bensì una mozione programmatica della forma di quelle che erano adottate dai partiti della seconda Internazionale Questa mozione è una dichiarazione di principio del comunismo marxista la quale può e deve essere accettata da chiunque si richiami al marxismo rivoluzionario . Essa non è però né un programma della Internazionale comunista ( perché vi mancano l ' analisi della situazione mondiale del capitalismo , la descrizione del processo che porta alla morte inevitabile del capitalismo , l ' analisi delle forze motrici rivoluzionarie mondiali , le direttive della lotta per la dittatura proletaria , la indicazione di che cosa farà il proletariato quando avrà preso il potere , ecc . ) né è un programma del PCI ( perché vi mancano l ' analisi della struttura del capitalismo italiano , della formazione e dei rapporti fra le classi della società italiana , della stabilizzazione italiana , la indicazione dei compiti che si pongono al PCI per realizzare il blocco operaio - contadino , ecc . ecc . ) La mozione programmatica di Livorno non fu essa a distinguerci dai cosiddetti comunisti unitari ( massimalisti ) e dagli opportunisti . I massimalisti , infatti , non potevano allora non aderire ai principi espressi nella nostra mozione , e la loro grande maggioranza non sarebbe aliena dall ' approvarli , a parole , anche oggi . I punti di differenziazione tra noi e i massimalisti , nel 1921 , furono precisamente i rapporti internazionali ed i problemi concreti della rivoluzione italiana ; il che è quanto dire che il dissenso che portò alla scissione fu determinato non già da una divergenza sui principi generali , divergenza che gli opportunisti negano sempre , ma da una divergenza decisiva sul terreno della applicazione dei principi generali ai problemi concreti della rivoluzione italiana . È in questo momento che l ' opportunismo centrista si svela , sempre . La discussione con i centristi e la divisione da essi nel Congresso socialista di Livorno , avvennero : a ) sui ventuno punti posti dalla Internazionale comunista come condizione per la entrata dei partiti socialisti nella organizzazione comunista mondiale , e quindi sulla esclusione dei riformisti e degli opportunisti del PSI , sulla centralizzazione rivoluzionaria dei partiti e della Internazionale comunista , sul compito delle frazioni comuniste , sui rapporti tra partiti e sindacati , ecc . ; b ) sulla contemporaneità internazionale della rivoluzione , teoria evocata dai riformisti e dagli opportunisti per mascherare la loro profonda essenza controrivoluzionaria , e contro la quale i comunisti allora si batterono ( questa teoria è oggi passata nel patrimonio ideologico della opposizione sedicente di « sinistra » la quale , al contrario , è una opposizione di destra mascherata ) ; c ) sui problemi agrario , nazionale e coloniale . Il dissenso fu perciò programmatico ; ma il nostro programma non era stato elaborato , precisato , era generico , si riallacciava a taluni elementi generali ( in specie ai documenti fondamentali del II Congresso della Internazionale ) . Se noi avessimo potuto ( ma ciò non era possibile ) presentarci a Livorno con un programma organico , il dissenso con i centristi e con gli opportunisti sarebbe stato ancora , immediatamente , più profondo e appariscente . IV Ma potevamo noi andare a Livorno con il programma ? E , prima di tutto , che cosa significa avere un programma ? Avere un programma significa realizzare il massimo di unità ideologica nell ' interno del partito . Avevamo noi questa unità ideologica interna nel gennaio 1921 ? No : noi non l ' avevamo . Il nostro partito si era formato attraverso alla fusione di tre aggruppamenti : la frazione astensionista del PSI ( Bordiga ) ; il gruppo dell ' Ordine nuovo ( Gramsci ) , la sinistra socialista rivoluzionaria ( Gennari - Bombacci - Marabini , ecc . ) . Questi tre aggruppamenti muovevano da posizioni ideologiche differenti , più o meno sviluppate , ed erano fusi nella convinzione della necessità di dare al proletariato italiano il suo partito rivoluzionario . Basta rileggere , oggi , a distanza di otto anni il resoconto del Congresso di Livorno e gli interventi degli oratori comunisti per convincersi che una unità ideologica nel gennaio 1921 non esisteva fra i comunisti . Ciò , del resto , era risaputo da noi , e anche fuori del nostro partito . Al Congresso di Livorno alcuni oratori riformisti e centristi dissero ad alta voce che i comunisti non erano d ' accordo su tutte le questioni , quasi a denunziare una nostra debolezza costituzionale . Ben rispose Terracini che questo era un problema nostro , del futuro PCI , e che avremmo successivamente affrontato e risolto . Mancando una unità ideologica , ci mancava anche una esperienza autonoma , di partito . Senza l ' una e l ' altra un programma comunista , che non sia uno schema artificiale , non è possibile formularlo . V La nostra revisione ideologica , che accompagna lo sforzo verso la unità ideologica , è divenuta profonda dopo l ' avvento del fascismo al potere , durante il 1925 , sebbene verso di essa come abbiamo detto il partito si fosse già mosso nella seconda metà del 1924 e nella preparazione del III Congresso . Le tesi del III Congresso del partito , che hanno un filo unico che le lega , pur avendo alcune manchevolezze che solo oggi siamo in grado di vedere e di completare , rappresentano un grande balzo in avanti per il partito . Le esigenze programmatiche vi si risentono in modo evidente . Tutta la prima parte delle tesi politiche ha contenuto programmatico . Per la prima volta i problemi essenziali della rivoluzione proletaria italiana sono visti dai comunisti , e sono visti con occhio marxista . Il II Congresso ( Roma 1922 ) non ci aveva dato nulla di tutto questo : le tesi di Roma barcamenavano una teoria della tattica generale , ma non affrontavano i problemi della rivoluzione italiana . Né il programma di azione presentato dal Comitato esecutivo e dalla delegazione del PCI al IV Congresso mondiale ( 1922 ) colmava la lacuna . Il III Congresso del partito segna , perciò , un punto fermo nella maturazione ideologica del partito , ed è una vittoria politica per il proletariato italiano . La lotta contro il « sinistrismo » si è iniziata come una lotta sulle questioni della tattica e della organizzazione . Successivamente si è visto che il sinistrismo » rappresentava anche una deviazione nella « strategia » . Il dissenso con i « sinistri » era perciò programmatico . Le posizioni ideologiche che noi abbiamo conquistato lottando contro il sinistrismo sono state delle posizioni programmatiche . Dai dissensi sulla strategia , sulla tattica e sulla organizzazione siamo giunti a precisare : a ) che il sinistrismo non ha nessuna dimestichezza con il metodo dialettico di Marx , non è capace di compiere delle analisi ; b ) che esso non ha mai fatto una analisi della società italiana , delle classi e dei loro rapporti , e del processo di formazione del blocco operaio - contadino ; c ) che esso ha una concezione errata della natura e del ruolo dei partito comunista , e dei rapporti tra il proletariato e le altre classi che si muovono o che sono portate a muoversi contro il regime del capitalismo ; d ) che esso nega o restringe il compito del partito di intervenire con la sua azione politica , al fine di dislocare strati di masse influenzati da altri partiti e portarli sotto la influenza dei comunisti ; e ) che esso svaluta l ' attività di fronte unico e la sua organizzazione , ecc . Queste deviazioni di tipo « sinistroide » , ma caratteristiche del massimalismo , sono state battute decisamente dal partito senza possibilità di resurrezione in grande stile . Il nostro partito ha pure combattuto le deviazioni di destra , le quali si presentarono però sempre in esso come scarsamente vivaci . Esse non ebbero una seria base proletaria nel partito , e furono piuttosto la espressione della mentalità di gruppi di vecchi leaders che non erano riusciti a digerire la teoria e la pratica della Internazionale comunista da essi accettate quando ancora non le conoscevano . VI Dal III Congresso in poi il partito ha sviluppato le sue capacità politiche e la sua preparazione ideologica . I documenti del settembre 1926 ( risoluzione politica , risoluzione sul lavoro nel Mezzogiorno ) sono già degli sviluppi delle tesi di Lione . Il lavoro politico del partito compiuto nel 1925-1926-1927 sulla base delle direttive derivate da una giusta analisi della situazione , lo ha imposto decisamente all ' attenzione delle masse lavoratrici italiane . Il lavoro politico e di organizzazione , negli ultimi anni , malgrado le gravi difficoltà del nostro lavoro , non solo non ha indebolito il lavoro ideologico , ma lo ha migliorato ed esteso a uno strato più vasto di compagni . Lo Stato operaio ha portato innanzi lo studio di alcuni problemi che non erano stati ancora approfonditi , in particolare lo studio della situazione economica e quello del fascismo . Noi abbiamo , quindi , oggi una maturità sufficiente per passare alla formulazione del programma . D ' altra parte , dopo l ' approvazione del programma della Internazionale comunista , che è il programma del nostro partito mondiale , tutte le sezioni della Internazionale debbono passare a darsi i propri programmi nazionali , dei quali il programma mondiale è la premessa essenziale . Il Comitato centrale del nostro partito , già da alcuni mesi , ha nominato una commissione del programma , la quale , però , non ha potuto ancora iniziare il lavoro . Io mi limiterò , qui , ad esprimere alcune opinioni personali di carattere generale sul programma da dare al nostro partito , le quali potranno essere utilizzate o rigettate dalla commissione . Quale deve essere il tipo di programma da dare al nostro partito ? Da quanto ho sopra detto escludo che il programma possa essere una semplice dichiarazione di principi , quali erano , ad esempio , quelli del 1892 ( Genova ) e del 1919 ( Bologna ) del PSI , e quale fu quello approvato al nostro I Congresso ( 1921 ) . D ' altronde noi non abbiamo più bisogno , oggi , di incastrare nei nostri programmi nazionali una dichiarazione di principi , giacché il programma della Internazionale comunista che è la premessa di ogni programma nazionale , è una sufficientissima elaborazione dei principi della Internazionale comunista . I programmi nazionali della seconda Internazionale ( la seconda Internazionale non ha mai avuto un programma mondiale perché non ha mai avuto una politica ed una organizzazione dirette e centralizzate internazionalmente ) erano fatti sul tipo di mozioni , comprendenti due parti : una affermazione di principi , breve e talora brevissima , ed una esposizione delle rivendicazioni parziali ( programma massimo e programma minimo ) . Noi sappiamo che nella seconda Internazionale si andarono dimenticando a poco a poco i principi , e il programma delle rivendicazioni parziali ( delle riforme , diciamo meglio ) divenne il vero programma dei partiti della vecchia socialdemocrazia . Il programma della Internazionale comunista è tornato al tipo del manifesto , nel quale i principi e le rivendicazioni parziali sono tra loro legati in modo armonico , per cui l ' obiettivo della lotta per la dittatura proletaria non è mai perduto di vista , anzi tutto il processo di lotte parziali è visto come un mezzo per la conquista e la direzione delle masse sulla via della rivoluzione e della dittatura proletaria . Io penso che il programma del PCI debba mantenere il tipo del programma della Internazionale che risponde alla migliore tradizione del marxismo militante . Ho sotto gli occhi i progetti di programmi presentati dai partiti comunisti della Germania , del Giappone e della Bulgaria alla commissione del programma del IV Congresso . Sono certo che i compagni di questi partiti , nel redigere i programmi dei loro partiti , ricominceranno il loro ex novo . Infatti il vecchio progetto del partito comunista tedesco non era se non una lunga esposizione , e abbastanza pesante nella forma , della analisi del capitalismo mondiale del dopoguerra , e dei principi sui quali si è costituita la Internazionale comunista . Cito i titoli dei capitoli : 1 . L ' epoca dell ' imperialismo ; 2 . La guerra mondiale ; 3 . I trattati di pace imperialisti ; 4 . La crisi del capitalismo ; 5 . La presa del potere politico : a ) il proletariato come potenza motrice e classe dirigente della trasformazione socialista ; 6 ) il ruolo del partito comunista ecc . ; c ) il ruolo della violenza ; d ) la democrazia borghese ; e ) misure transitorie che preludono alla conquista del potere politico ; 6 . Trasformazione del regime capitalista in regime socialista , ecc . Non si tratta di un progetto di programma del Partito comunista tedesco , ma piuttosto di un contributo alla elaborazione di un programma della Internazionale comunista . Infatti i problemi della rivoluzione tedesca non vi sono visti in modo particolare . Questo progetto di programma , indipendentemente dal suo valore intrinseco ( esso fu scritto nel 1922 ) , non potrebbe servire ai compagni e al proletariato tedesco . Il progetto di programma del Partito comunista giapponese si avvicina al tipo di un programma nazionale : esso , infatti , è preceduto da una nota nella quale è detto che il progetto vuol essere un capitolo nel quale si pongano i problemi della rivoluzione e della lotta rivoluzionaria nel Giappone . Ma anche come capitolo complementare esso è insufficiente , non dà una idea della struttura economica e sociale del Giappone , non indica la soluzione comunista dei problemi particolari che si presentano alle masse lavoratrici del Giappone . Il progetto del Partito comunista bulgaro è più vicino a quello che mi sembra debba essere adottato dai partiti e dal nostro , toltane la prima parte che è già , e meglio elaborata , nel programma della Internazionale comunista . Però nel vecchio progetto del Partito comunista bulgaro mancano i problemi della strategia e della tattica . Il nostro programma , a parer mio , deve essere un programma di azione ed un programma di governo . Dobbiamo nel nostro programma analizzare il sistema mondiale del capitalismo , il suo sviluppo e il suo declino ? O la crisi generale del capitalismo e l ' aprirsi dell ' èra delle rivoluzioni proletarie ? O riaffermare i principi del comunismo ? No , tutto ciò non è necessario . Tutto ciò è nel programma della Internazionale comunista , del quale il nostro è una parte complementare . D ' altronde noi non possiamo limitarci ad un programma di azione , cioè ad indicare quali sono le forze che il proletariato deve abbattere , con quali mezzi e con quali azioni esso deve riuscire a conquistare , a trascinare e a dirigere le masse contro lo Stato borghese , e quali sono i compiti che al partito si pongono , per vincere , nella lotta del proletariato per il potere . Il nostro programma deve rispondere anche ad un ' altra esigenza , e a delle domande che le grandi masse ci pongono : « Che cosa voi farete quando avrete il potere nelle mani ? » . Gli italiani vogliono conoscere quale sarà il carattere e l ' ampiezza del loro potere . I contadini poveri avranno o no la terra ? E cosa darà il governo ai mezzadri , ai fittavoli , ai piccoli proprietari coltivatori ? E come sarà regolato il problema del debito pubblico ? E quello del debito estero ? E il problema meridionale ? E il problema delle minoranze nazionali ? E il problema coloniale ? E quello della istruzione , dell ' igiene , dell ' assistenza sociale , della Chiesa e della religione , dell ' esercito , ecc . ecc . ? Si tratta , quindi , né più ne meno che di fissare il programma di governo dei comunisti italiani . Se noi non rispondiamo a queste esigenze il nostro programma non avrà un valore verso l ' esterno , verso le masse , un valore di propaganda e di agitazione , ma sarà un documento interno , che interesserà solo i compagni . E certo che non è possibile , oggi , fare un programma di governo dettagliato ; non è possibile senza cadere nell ' artifizio ; giacché non è possibile prevedere tutte le modificazioni che il processo rivoluzionario italiano porterà nelle numerose branche della vita del paese ; ma vi sono dei problemi essenziali , fondamentali la cui gravità è causa ed effetto dello sviluppo delle contraddizioni del capitalismo : di essi e di altri problemi secondari , sì , ma ai quali il capitalismo non può dare una soluzione noi possiamo e dobbiamo indicare fin da oggi la soluzione comunista , la soluzione che noi daremo quando il proletariato avrà preso il potere . VII La forma del programma deve essere la più semplice possibile . Su questa questione noi dobbiamo insistere . Dato che il programma non potrà essere breve , esso dovrà essere semplice , di lettura facile e gradevole . Dobbiamo cercar di uscire , una volta tanto , dalla forma irta , arida dei nostri documenti . Bisognerà abbandonare il frasario e la terminologia scientifici , e quelli che sono divenuti abituali nel nostro linguaggio . Noi adoperiamo accenti del linguaggio e della cultura dell ' avvenire , perché noi esprimiamo nuovi e superiori bisogni dell ' umanità ed una civiltà nuova . Ma le masse a cui dobbiamo parlare sono ancora immerse nella società capitalistica : esse non ci comprendono se non parliamo il loro linguaggio . Noi dobbiamo preparare un documento che possa essere compreso da tutti gli operai italiani , pur non potendosi esigere che esso possa essere adattato alla capacità dell ' ultimo cafone del mio paese . Documento che serva alla propaganda diretta : voglio dire che non abbia bisogno di troppe interpretazioni orali sussidiarie . Il carattere semplice del documento non può contraddire alla serietà della esposizione ed alla precisione dei concetti . VIII Il programma dovrebbe essere composto di quattro parti : Analisi della struttura economica e della società italiana . ( Bisognerà tradurre queste formulazioni in linguaggio più comprensibile per le masse . ) Questa analisi è indispensabile : senza di essa ci manca la spiegazione del senso del processo di sviluppo del capitalismo italiano . Non mi soffermo qui a indicare tutti i punti che questa prima parte dovrà toccare . Dall ' analisi della struttura economica si dovrà passare a vedere come si sono formate le classi , e quali sono stati i loro rapporti reciproci e le modificazioni di questi rapporti sino al 1914 . Io chiuderei questa prima parte al 1914 . Il periodo che si apre con la guerra ha delle caratteristiche particolari : è il periodo della fase rivoluzionaria . Nella prima parte credo che dovrebbe anche essere fatta una descrizione della funzione avuta dai partiti borghesi ( partiti tradizionali , giolittismo , ecc . ) e dai partiti e movimenti proletari : anarchismo , socialismo ( riformismo , integralismo , intransigentismo ) , sindacalismo oltreché del carattere del repubblicanesimo , del clericalismo e dell ' autonomismo meridionale . La guerra del 1914 , inizio della rivoluzione proletaria . Bisognerà dire qualche cosa sulle forze che hanno spinto il capitale italiano a spezzare la neutralità e ad entrare nel conflitto . E , quindi , i caratteri nuovi della crisi del capitalismo italiano aggravata dai trattati di pace . Il movimento rivoluzionario in Italia e la sconfitta del 1920 . La stabilizzazione e i suoi caratteri tipici : il fascismo . Le modificazioni di struttura che si manifestano con lo sviluppo relativo della tecnica , e con la riorganizzazione della produzione . Impossibilità storica per il capitalismo italiano di ritornare alle forme democratiche . Prospettive . Qui bisognerà dire quali spostamenti di classe hanno operato la crisi del dopoguerra e il fascismo , e come si sono orientate politicamente le classi lavoratrici ( operai e contadini ) fino al 1921 e successivamente , precisando la funzione del partito comunista nel processo di riorganizzazione delle masse . Quindi una critica delle posizioni della opposizione costituzionale e della « concentrazione » , e la dimostrazione che l ' abbattimento del fascismo non è possibile senza l ' abbattimento del capitalismo , e che la direzione della lotta vittoriosa delle masse lavoratrici contro il fascismo non può spettare che alla classe proletaria italiana , diretta dal partito comunista , il quale deve organizzare e dirigere la insurrezione armata delle masse rivolta alla conquista del potere . La terza parte deve comprendere il programma di governo dei comunisti , cioè deve dire che cosa si propongono i comunisti di fare dopo avere abbattuto il potere del fascismo e del capitalismo , nel periodo di transizione dal capitalismo al socialismo ( dittatura del proletariato ) . Bisognerà dire quali misure prenderà il governo operaio immediatamente dopo essersi costituito allo scopo di affrontare i conati della controrivoluzione e di togliere il potere economico al capitalismo ; in che modo lo Stato operaio si organizzerà , organizzerà l ' industria , l ' agricoltura , il consumo , la finanza , ecc . ; come affronterà la questione della terra , del Mezzogiorno , delle minoranze nazionali , delle colonie , del debito pubblico , del debito estero , delle imposte , ecc . Ritengo che questa parte debba essere sufficientemente sviluppata , e debba dare una risposta alle più importanti questioni che non solo gli operai , ma pure e specialmente i contadini , i piccoli esercenti , gli intellettuali e i tecnici pongono ogni qualvolta essi si sforzano di immaginarsi come i comunisti potrebbero dirigere lo Stato , e di raffigurarsi concretamente che cosa sia la dittatura del proletariato . d ) La quarta parte dovrebbe contenere i problemi della strategia , della tattica e della organizzazione del partito e della lotta rivoluzionaria , cioè il programma di azione . Il nostro programma di azione approvato dal Comitato centrale nel mese di ottobre 1927 e pubblicato nel n . 10 di Lo Stato operaio ( anno II ) ci dà una traccia che noi possiamo ricalcare . Bisogna però tener presente che il programma non è solo destinato ai compagni ma anche alle masse per cui in questa quarta parte occorre evitare una forma troppo didascalica , che può avere ed ha il suo valore quando un documento è indirizzato all ' interno , ai membri del partito , ma genera confusione se il documento è fatto per tutti i lavoratori . Richiamandosi alle parti a ) e b ) la parte d ) indicherà quali sono le forze motrici rivoluzionarie fondamentali della rivoluzione proletaria , a che punto oggi è il processo di formazione del blocco operaio - contadino , cosa occorre fare per accelerarlo . Quindi tutta la serie dei compiti che spettano al partito , di natura interna ( organizzativi , ideologici ) ed esterna ( di propaganda , di agitazione , di organizzazione delle masse ) , nella direzione operaia e contadina , sul terreno del lavoro coloniale e delle minoranze nazionali , ecc . Né dimenticare che il nostro è il partito della insurrezione , e perciò i problemi della insurrezione ( lavoro militare , lavoro nell ' armata , ecc . ) debbono avere un posto importante nel programma . IX Lo studio e la preparazione del programma non deve essere un compito affidato esclusivamente alla commissione del programma . D ' abitudine le commissioni lavorano in modo chiuso , e poi presentano alla discussione degli organismi che le hanno nominate un progetto di documento . Io credo che alla preparazione del programma debbono partecipare tutti gli elementi attivi del partito , tanto quelli che lavorano in Italia quanto quelli che sono sparsi nei cinque continenti . In che modo questa larga collaborazione si può ottenere ? La commissione stabilirà il tipo di programma che ritiene utile adottare , la sua struttura e le sue parti generali e particolari . Questo primo risultato del suo lavoro sarà reso pubblico a mezzo di Lo Stato operaio . Da questo momento il lavoro di studio e di preparazione del programma seguirà due direzioni : una verso l ' interno della commissione , ed una verso l ' esterno , verso i compagni e perché no ? verso la massa dei simpatizzanti . La commissione affiderà a ciascuno dei suoi membri lo studio di una parte del programma . I risultati di questi studi verranno pubblicati in uno o più articoli sulla rivista del partito . Su questi articoli la discussione pubblica dovrebbe essere aperta non solo ai membri della commissione ma ai compagni tutti . D ' altra parte i compagni non solo possono trattare sulla rivista le questioni poste dalla commissione , ma anche altre che non siano state poste . La discussione pubblica sul programma potrà offrire una buona occasione per una chiarificazione delle posizioni ideologiche e delle direttive del partito . Sebbene noi vogliamo avere presto il programma , non possiamo pretendere di averlo prima di alcuni mesi . Abbiamo , perciò , il tempo necessario per studiarlo e per prepararlo . Tutto il materiale della discussione pubblica verrà raccolto ed esaminato dalla commissione , e ridiscusso nella commissione la quale elaborerà il progetto di programma che sarà portato all ' esame ed all ' approvazione del Comitato centrale del partito . Approvato dal Comitato centrale del partito il progetto di programma resterà allo stato di progetto fino a quando non potrà essere convocato il IV Congresso del partito , giacché il programma non può essere approvato definitivamente se non da un congresso . Poniamoci , intanto , allo studio della questione del programma . Esso contribuirà ad elevare il livello ideologico dei compagni ; ed alla fine noi riesciremo a dimostrare che il nostro partito non solo sa stare degnamente al proprio posto di lotta ma è in grado di dare una soluzione a tutti i problemi della popolazione lavoratrice italiana , dinanzi alla direzione della lotta rivoluzionaria contro il fascismo ed alla successione al regime del fascismo e del capitalismo .
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I nostri critici di tutte le risme , e che vanno dai fascisti ai trotskisti , trovano una contraddizione tra il nostro programma socialista e il nostro piano d ' azione contadina . Molti fra di essi ( e il signor Modigliani lo ha ripetuto recentemente ) osano affermare che noi non siamo così « ferocemente ( ? ) marxisti » o socializzatori nella campagna , come si crede ; altri pensano che noi ordiamo un trucco per i contadini allo scopo di averli dalla nostra parte nella lotta per la dittatura ; ma che poi , a vittoria ottenuta e consolidata , mostreremo loro la nostra « ferocia ( ? ) socializzatrice » . Saragat nel suo pietoso opuscolo sul Piano quinquennale , ha detto della politica di zig - zag seguita da Lenin e dal Partito comunista dell ' unione dei soviet dopo Ottobre , Salvemini ha affermato alla « Amendola » che i comunisti russi , nella questione della politica agraria , « vanno a tentoni » . I critici nostri più sereni non capiscono niente , o molto poco , della nostra politica agraria e contadina . In realtà i nostri critici o sono confessatamente antimarxisti , o abusano vergognosamente del nome di marxisti , fino al punto di fare di un Marx un portatore di verità rivelate . Marx e Engels hanno già luminosamente dimostrato come una delle condizioni di sviluppo del capitalismo è la ineguaglianza di sviluppo tra la città ( industria ) e la campagna ( agricoltura ) . Questa legge è valida in ogni caso : ma essa riceve una conferma schiacciante laddove esistono residui di forme economiche precapitalistiche , dove la rivoluzione democratica borghese , non è giunta alle sue estreme conseguenze , mentre si è formato e si è sviluppato il capitalismo finanziario . Un fenomeno della stessa natura lo si ha , su scala più vasta , su scala internazionale , tra le metropoli capitalistiche e la periferia coloniale o semicoloniale . Quale ne è la conseguenza dal punto di vinta dello sviluppo rivoluzionario ? I non marxisti , incapaci di vedere i fenomeni che avvengono nella campagna prodotti dallo sviluppo del capitalismo , brancolano davvero nel buio e allestiscono numerosi progetti per difendere la piccola proprietà , per allargarla , ecc ... ; cantando le lodi della vita agreste , facendo l ' apologia dell ' « idiotismo campagnolo » e disputando sul valore della grande e della piccola azienda . I cosiddetti aggiornatori di Marx pretenderebbero che il processo di proletarizzazione nella campagna avvenisse al cento per cento , per avere la prova della giustezza della profezia ( ? ) marxista . Siccome ciò non è avvenuto ( e non avverrà ) , quindi Marx si è sbagliato , e quindi non bisogna violentare le leggi naturali : è verso la piccola proprietà agricola che bisogna orientarsi , armonizzandola con un po ' di socialismo industriale . I marxisti del tipo massimalista ( perdonate la contraddizione ! ) e che sono né più né meno che dei marxisti volgari , si preoccupano meno di ciò che è la realtà che di inseguire le loro fantasie , e pensano che il socialismo in agricoltura sarà opera di poco conto , quando il proletariato avrà nelle mani il potere ( ma il potere bisognerà pur prenderlo , egregi amici , e questo non è cosa da poco conto ... ) . Serrati pensava che l ' Armata rossa avrebbe imposto il socialismo in agricoltura . Non si era egli neppur domandato chi avrebbe formato l ' Armata rossa ! Noi abbiamo già mostrato ( coi dati a nostra disposizione ) la tendenza del processo di differenziazione di classe nella campagna per quanto riguarda l ' Italia , tendenza che lo sviluppo del capitale finanziario eccitato dal fascismo accelera , e che è accelerata altresì dalla spinta della crisi generale economica , e dalla crisi agraria che ne è un aspetto particolare , e particolarmente grave . La stessa tendenza si osserva in tutti i paesi . Noi abbiamo parlato , per l ' Italia , di centralizzazione della proprietà ( diminuzione del numero dei proprietari in generale , aumento della quantità di terra posseduta da una piccola parte di essi ) . Siamo stati assai prudenti nel giungere a delle conclusioni sulla concentrazione della proprietà ( raggruppamento fisico delle diverse proprietà dello stesso proprietario ) , la quale , del resto , non si accompagna sempre alla centralizzazione ; e gli studiosi di questioni agrarie sanno che quello della concentrazione della proprietà è problema di difficilissima soluzione . Soprattutto abbiamo dimostrato che nell ' epoca del capitale finanziario il processo di concentrazione della proprietà agraria non avviene principalmente per la via della centralizzazione della terra ; ma per numerose altre vie le quali danno più spesso l ' illusione della piccola e media proprietà ; ma fanno in realtà dei piccoli e medi coltivatori una dipendenza del grande capitalismo . Noi studiamo le tendenze dei fenomeni : essi si accompagnano a delle trasformazioni dei rapporti sociali , esse danno la linea del movimento di tali rapporti e sono la vera indicazione scientifica alla quale è possibile far corrispondere una politica . La deduzione che occorre tirare da questi fatti è che le economie piccole e medie vanno in rovina ( non parliamo solo dei piccoli e medi proprietari , ma di tutte le categorie dei piccoli e medi coltivatori ) . Molte economie forti ( contadini ricchi ) sono gravemente scosse . Il numero dei salariati e dei braccianti ( e quindi dei salariati senza lavoro ) aumenta paurosamente . Il fenomeno è senza dubbio aggravato dalla crisi attuale ; ma esso è un prodotto della crisi generale del capitalismo , essenzialmente . Dato il carattere della crisi generale del capitalismo , la crisi agraria è sempre più chiaramente una crisi contadina , la cui soluzione è impossibile fuori della via rivoluzionaria . Gli obiettivi della rivoluzione contadina sono quelli della liberazione della terra dal giogo del grande capitalismo , del capitale finanziario . I contadini , anche quelli che sanno leggere e scrivere , non sanno qual è , in fondo , il loro nemico : essi lo vedono nel proprietario che dà a colonia o a mezzadria la terra , lo vedono nelle banche , nelle società che forniscono loro concimi e macchine , nelle società di assicurazioni , nell ' esattore , ecc ... Ma noi , che sappiamo leggere e scrivere , conosciamo il congegno di questa formidabile macchina . I contadini cacciati dalla terra vogliono ritornarvi . Molti braccianti vogliono la terra . In conclusione i contadini non sono spinti verso il socialismo , ma verso il possesso individuale della terra , dalla quale il capitalismo li caccia . Essi vogliono essere liberi sulla terra che lavorano . Il movimento dei contadini è dunque in una direzione democratico - borghese ; ma è contro il grande capitalismo . Questa contraddizione è il risultato della differenza di sviluppo fra città e campagna . Ma solo gli utopisti piccolo - borghesi di Giustizia e Libertà possono credere di dare una risposta alla esigenza dei lavoratori della terra salvando capra e cavoli . O si viene incontro alla spinta rivoluzionaria dei contadini , e allora bisogna abbattere il dominio economico e politico del capitalismo ; o si vuole salvare il regime capitalistico e allora è solo con l ' inganno e con la frode che occorrerà trattare i contadini , dando loro a credere che una ridistribuzione , dietro acquisto , della proprietà terriera possa risolvere i loro problemi . Perciò noi diciamo che la salvezza dei contadini lavoratori , in Italia , è in una via di sviluppo non capitalistica della economia agraria . Questa via suppone l ' abbattimento del potere politico del capitalismo , la rivoluzione proletaria , la dittatura del proletariato , la socializzazione della grande industria , delle miniere , delle banche , dei trasporti , del commercio estero e del commercio interno all ' ingrosso , l ' espropriazione dei grandi proprietari senza nessunissima indennità ecc ... La rivoluzione proletaria dà la terra ai contadini nello stesso momento in cui distrugge i centri essenziali del capitalismo . Dà la terra ai contadini mentre inizia lo sviluppo dell ' industria socialista . Difende il contadino contro il riprodursi dei fenomeni di differenziazione di classe sopprimendo la compravendita della terra . Nello stesso tempo in cui compie la rivoluzione democratico - borghese , la rivoluzione proletaria pone le condizioni che ne limitano , ne ostacolano lo sviluppo naturale , il quale sviluppo naturale sarebbe quello capitalistico borghese . La via di sviluppo non capitalistica della economia contadina comprende le forme e le condizioni del passaggio verso il socialismo in agricoltura . Questa via può essere più o meno lunga , più o meno accidentata . Essa continua la lotta di classe , in altre forme . Ma nelle condizioni del potere assicurato alla classe operaia , in stretta unione con i contadini poveri , garantendosi l ' alleanza degli operai e dei contadini poveri coi contadini medi , sviluppandosi l ' industria socialista , la cooperazione di scambio tra città e campagna , e le aziende agricole socialiste modello , e la cultura tra le masse , il passaggio potrà essere più rapido . Non vi è dunque una contraddizione tra il nostro programma agrario e le rivendicazioni transitorie della rivoluzione proletaria , corrispondenti alla soluzione dei problemi non risolti dalla rivoluzione democratico - borghese . Queste rivendicazioni noi non possiamo eluderle ; ma non eludendole noi restiamo pur sempre sulla linea dello sviluppo conseguente della rivoluzione socialista ; anzi , restiamo sulla via giusta , senza saltare al di sopra delle masse e senza fermarci a mezza via il che equivarrebbe ad una sconfitta della rivoluzione proletaria . I nostri critici volgari modulano numerose variazioni sul tema della « terra ai contadini » . Il Salvemini ( ci occupiamo di lui perché è fra i tecnici più accreditati di Giustizia e Libertà ed è il padre del progetto di riforma agraria di questa organizzazione ) , il Salvemini ha fatto molto spirito nel suo recente rapporto alla « Amendola » di Parigi intorno al motivo della divisione della terra . Egli ha sottolineata la stupidità di una nostra frase « sui quattro milioni di salariati da lanciare contro la grande proprietà » . Perché tanto spirito ? Perché il Salvemini e tutti i nostri critici volgari ritengono che l ' essenziale della nostra formula « la terra ai contadini » sia la divisione della terra ai contadini che non ne hanno . Avendo ridotta ad una banalità questa nostra formula strategica e cadendo nel tecnicismo piccolo - borghese , è facile fare dello scherzo . È necessario , perciò , ripetere che « la terra ai contadini » vuol dire , per noi , prima di tutto ed essenzialmente , la lotta dei salariati agricoli e dei contadini lavoratori contro la grande proprietà fondiaria e contro il grande capitalismo agrario , per il loro abbattimento . In tal senso , l ' immagine figurata dei quattro milioni di salariati da scagliare contro la grande proprietà è del tutto esatta . Ed è esatta anche come numero , perché per noi le donne dei salariati e i figli ( non quelli di un anno , purtroppo ! ) sono da scagliare nella lotta . Potrà la rivoluzione dare a tutti i braccianti che la vogliono , la terra ? Posto così il problema , esso sembra imbarazzante , ma solo a quelli che usano confettare gli stronzoli della saggezza . La rivoluzione dovrà dare la terra a tutti i salariati che la vogliono , e dovrà fare il possibile di darne ancora un supplemento a quelli che ne hanno poca . E dove si andrà a prendere questa terra ? Il fatto che in Italia non c ' è tanta terra da darne a tutti i senza terra , anche dopo che fosse stata spezzata l ' azienda agricola industrializzata , significa che in Italia si porrà in modo più urgente il problema del socialismo in agricoltura . Noi abbiamo in Italia condizioni più favorevoli assai di quanto non esistessero in Russia nel 1917 , per marciare verso il socialismo nella campagna . Noi abbiamo aziende capitalistiche moderne , attrezzate ; noi abbiamo un ' educazione tecnica che mancava assolutamente ai contadini russi ed una condizione politica ed associativa tra i salariati agricoli , ed una esperienza di lotta di classe che non ci sembra trovino riscontro in nessun altro paese del mondo . Questi elementi sono a favore di un processo accelerato verso la economia socialista . Ciò che occorre è che i salariati agricoli si convincano che l ' economia socialista è per essi vantaggiosa . Se essi , specie nelle zone fondamentali di bracciantato , si convinceranno ( e noi non abbiamo dubbi ) , le attuali aziende agrarie capitalistiche saranno facilmente trasformate in aziende agricole di Stato . Laddove i salariati non si convinceranno subito noi spezzeremo anche l ' azienda industrializzata , noi compiremo un tal misfatto contro la produzione , giacché l ' interesse primo della rivoluzione è di assicurarsi una vittoria durevole ( Lenin ) . Ma queste misure antieconomiche non saranno generali , e saranno di non lunga durata . Giacché lo sviluppo del socialismo in agricoltura , nello Stato proletario che ne è la condizione , sarà l ' unica via per risolvere la « questione demografica » , la quale è una « questione » solo in regime capitalistico e di sfruttamento dell ' uomo sull ' uomo ; ma non esisterà più in regime socialista . Tutti i piccoli borghesi riformatori italiani , in polemica con noi trovano irreale il nostro programma perché l ' Italia non ha materie prime ed ha una popolazione numerosa . Ogni operaio che abbia fatto le nostre scuole di partito sa che oltre al resto , sono proprio queste ragioni che pongono dinanzi al proletariato italiano ed ai contadini lavoratori la inevitabilità del socialismo . I piccoli borghesi riformatori non comprendono che il problema delle materie prime non si pone , come problema della produzione , che dopo la vittoria del proletariato ; e che allora esso acquista un carattere diverso da quello che ha oggi . In via astratta è facile dimostrare che un paese che non sia la Russia , che non possegga cioè tutto ciò che possiede la Russia in ricchezze naturali , può iniziare egualmente la costruzione di una economia socialista , forzando gli inesauribili campi della scienza e della tecnica . Ma perché fare delle dimostrazioni in astratto , quando vi è una Russia socialista in sviluppo , e quando facilmente è comprensibile che una rivoluzione proletaria vittoriosa in Italia sconvolgerebbe gli attuali rapporti europei ? Credete voi che la Russia abbia utilizzato meno le contraddizioni interimperialistiche e l ' appoggio del proletariato mondiale che le sue ricchezze naturali , per vincere e per svilupparsi ? I capitalisti si sono appropriati delle fonti di materie prime con le guerre coloniali ; il proletariato le troverà nella rivoluzione stessa : queste sono le due vie per risolvere il problema delle materie prime . Infatti Giustizia e Libertà sceglie la prima via , poiché non può scegliere la seconda : ma non ne trova una terza . La teoria dell ' espansione democratica italiana sostenuta dal Salvemini è , in fondo , la teoria nazional - sindacalista della « nazione proletaria » con il correttivo della limitazione delle nascite . La questione demografica , per Salvemini , si risolve così : dare la terra ai contadini e far emigrare i braccianti . Dove emigreranno i braccianti ? Si porrà subito un problema della emigrazione , e quindi della difesa dell ' emigrazione , e quindi espansione . Tutti i motivi della « nazione proletaria » coi quali Corradini e Labriola , Orano ed altri sostennero la impresa libica e le altre imprese di guerra ; tutti i motivi sui quali poggia la propaganda imperialistica attuale ( « espanderci o esplodere » , ecc ... ) sono fatti propri dal Salvemini e dalla compagnia di Giustizia e Libertà . Sono i motivi dell ' imperialismo aggressivo italiano , del fascismo , della prossima guerra fascista . Invece per noi la questione delle materie prime e quella della sovrapopolazione si risolvono nel socialismo . Nel socialismo ogni donna può fare o no dei figli , può interrompere quante volte vuole la gravidanza ; è questa una libertà individuale che essa si sarà conquistata con la rivoluzione ; ma non è una direttiva sociale , ché , in tal caso , significherebbe il fallimento del socialismo . Lo sviluppo senza limiti della tecnica , che solo il socialismo può promuovere , non si risolve nella inutilizzazione di una massa crescente di forza di lavoro , bensì in una diminuzione dello sforzo sociale per produrre i beni necessari all ' esistenza . Lo sviluppo della tecnica , in regime capitalista , ha come conseguenza la formazione di un esercito di disoccupati , il regime socialista ha bisogno di tutti , i quali invece di 8 ore , lavoreranno 7 ore , e poi 6 , e poi 5 dando il resto del tempo allo sviluppo culturale , fino a distruggere la differenza esistente fra lavoro fisico e lavoro intellettuale . Noi comunisti , ed il proletariato rivoluzionario , non vediamo come una disgrazia l ' accrescimento della popolazione , della natalità : la dottrina della limitazione delle nascite , come dottrina sociale , è una dottrina borghese ; e il fatto che il fascismo le abbia mosso contro una tanto accanita guerra si spiega con la debolezza dell ' imperialismo italiano che , in mancanza di popolazioni di colore da sfruttare , in mancanza di un apparato tecnico sviluppato , ha bisogno di una massa di schiavi italiani e proletari che gli assicurino il profitto . Salvemini proclama che il dogma della socializzazione della terra deve essere abbandonato . I riformisti italiani , che avevano scritto nello statuto della Federterra che non poteva essere membro della organizzazione chi non volesse lottare per il fine della socializzazione della terra , hanno fatto proprio l ' invito salveminiano . Si sono essi pentiti degli errori commessi ? A noi sembra che oggi come ieri essi vogliano impedire la rivoluzione contadina , e ritornare quatti quatti alla comoda politica delle cooperative che faceva imbestiare , a suo tempo , il professor Salvemini . I capi di Giustizia e Libertà , che non possono fare a meno di occuparsi di noi ( e ciò fa loro onore , perché mostra che sono presenti nella situazione ) hanno però la disgrazia di non studiarci , per lo meno con altrettanta cura di quanto non ne mettiamo noi nell ' occuparci delle loro cose . E perciò è nata in essi una sorta di convinzione che noi siamo , noi comunisti italiani , molto transigenti in fatto di socializzazione dell ' agricoltura . « In Italia » , essi dicono , « i comunisti sono assai transigenti , ecc . » I nostri critici apprenderanno con piacere ( ? ) che i comunisti francesi sono più transigenti di quelli italiani , mentre i comunisti cubani sono meno transigenti dei comunisti russi . Che cosa è questa storia della transigenza di cui parlano i capi di Giustizia e Libertà ? Non è altro che il modo nel quale noi rispondiamo alla questione agraria nelle diverse situazioni . Polemizzando con Bakunin , Marx disse già : « ... dove il contadino esiste in grandi masse come proprietario privato di terra , dove esso costituisce persino una maggioranza più o meno considerevole , come in tutti gli Stati dell ' Europa occidentale , dove non è scomparso e sostituito dal bracciante , come in Inghilterra , avviene quanto segue : o il contadino ostacola , fa fallire qualsiasi rivoluzione operaia , come ha fatto sinora in Francia , oppure il proletariato ( poiché il contadino proprietario non appartiene al proletariato e anche quando , per la sua situazione , vi appartiene , non crede di appartenervi ) deve , come governo , prendere delle misure in seguito alle quali il contadino migliora immediatamente la sua situazione ed è così conquistato alla rivoluzione ; misure che , tuttavia , in embrione , facilitano il passaggio dalla proprietà privata della terra alla proprietà collettiva ; in modo che il contadino vi pervenga economicamente da sé ... » . Questa direttiva del modo di portare il contadino al socialismo è giusta sempre , ma varia , dunque , a seconda che la tradizione della proprietà privata della terra sia più o meno forte , più o meno diffusa ( rapporti tra i proprietari e le altre categorie contadine , e il proletariato agricolo ) , sia sparita ( come nelle piantagioni dell ' America centrale e meridionale ) . In altri termini , è più facile nazionalizzare e socializzare le piantagioni di caucciú o di caffè del Brasile che la terra del contadino francese . Noi siamo , quindi , « transigenti » , perché sappiamo partire dallo stadio attuale di sviluppo della economia agricola italiana e dall ' orientamento delle spinte che mettono in movimento i contadini , per facilitare la vittoria del proletariato e per porre le condizioni dell ' avviamento al socialismo . In altre parole , noi siamo i soli veri socialisti , i socialisti che socializzeranno tutta l ' economia . È questa la via seguita dai comunisti russi , la via scientifica . Non ve ne è un ' altra . Dunque , noi non abbiamo abbandonato « il dogma » della socializzazione : chi lo ha abbandonato sono coloro che non erano socialisti quando lo sbandieravano a destra e a manca , allontanando dal proletariato industriale i contadini , e sabotando la rivoluzione . La nostra « transigenza » significa la consapevolezza della realtà , il rigetto di ogni utopismo o menzogna , la utilizzazione delle forze reali delle masse povere o impoverite della campagna italiana ( italiana ) e dell ' obiettivo verso cui esse si muovono o si muoveranno . I nostri avversari piccolo - borghesi capiscono certo istintivamente il senso di questa strategia , tanto che nessuno di essi è sul nostro fronte contadino : la nostra « transigenza » li impaurisce . E allora ci confutano su terreno tecnico . Oibò ! Vogliono dimostrarci che l ' industria agraria è diversa dalle altre industrie ( bontà loro ) , che i mutamenti di clima e di altitudine richiedono metodi di coltura differenti ( quanta scienza sprecata , egregio Lussu : non ti pare ? ) : e ci dicono che per certe colture la piccola azienda non è sostituibile con la grande , ed altre cose eccellenti . Qui ci piacerebbe fare una scorribanda sulle possibilità tecniche nell ' agricoltura in regime socialista , e far raccapricciare i « tecnici » di Giustizia e Libertà . L ' applicazione della chimica e della elettricità all ' agricoltura e la regolamentazione dei venti e delle precipitazioni che oggi sono ancora nello stadio infantile , e che con il socialismo avranno un impulso gigantesco , scardineranno tutte le meschine e limitate opinioni dei nostri tecnici . La Russia comincia a darne esempi ( sono i primi esempi ) che aprono orizzonti nuovi e non intravvisti prima . Ma anche restando al livello attuale della tecnica , chi ha mai detto che la piccola azienda debba essere per forza legata alla proprietà privata ? I1 Salvemini ha imparato alla scuola elementare che il piccolo contadino pianta l ' albero perché è sicuro che suo figlio ne godrà i frutti . Roba da mettersi a piangere di commozione . ( E dire che nessuno si commuove quando il contadino che ha piantato l ’ albero deve vendere tutto e piantare baracca e burattini ! ) Ma , il socialismo , oltreché cambiare la natura cambia l ' uomo ? Salvemini non potrà crederci . Se ne accerti . Il socialismo cambia l ' uomo e i suoi sentimenti . Perché il senso della proprietà privata è così forte e radicato ? Nel mondo la proprietà privata non è sempre esistita , non è una legge di natura . Il modo di produzione è la base d ' ogni civiltà e d ' ogni cultura . Perciò noi ridiamo delle obiezioni « tecniche » al socialismo in agricoltura . Il proletariato è portatore di uno sviluppo tecnico infinite volte superiore all ' attuale , illimitato . Abbiamo il diritto di domandarci : sono davvero dei « tecnici » i nostri contraddittori ? O non sono solo dei furbi propagandisti dell ' avversario ? Giacché il tecnico che abbia il possesso delle immense possibilità scientifiche non può aver paura della rivoluzione proletaria . Direi quasi che esso dovrebbe desiderarla per poter espandere le sue facoltà e contribuire con tutte le forze intellettuali all ' elevamento prodigioso dell ' umanità . È ciò che dicono i tecnici d ' America , di Germania e di altri paesi che lavorano nella Russia del piano . Sono dei tecnici i nostri contraddittori ? Sono soprattutto dei funzionari del capitalismo , senza dignità scientifica , senza ambizione di ricerca . La loro confutazione tecnica non scalfisce il nostro programma socialista , né il nostro programma di azione contadina . L ' uno e l ' altro sono sulla stessa linea di sviluppo , che è quella della rivoluzione proletaria . Per fortuna nostra e della rivoluzione nel mondo oggi abbiamo una grande esperienza che sino a quindici anni fa ci mancava . Essa è tale da distruggere una ad una tutte le critiche avversarie . Questa esperienza deve essere conosciuta dalle larghe masse dei contadini italiani . I quali faranno come in Russia , costringendo gli attuali sedicenti benefattori di Giustizia e Libertà e della « concentrazione » a morire di disperazione .
StampaPeriodica ,
Nelle ultime settimane un certo numero di Programmi e Dichiarazioni programmatiche sono spuntati nel campo dell ' « antifascismo » democratico . L ' avvenimento non è senza significato e senza valore , specie ove si consideri che questi partiti della democrazia più o meno sociale hanno rifuggito , negli ultimi anni , da ogni precisazione programmatica adducendo , a conforto della loro tesi , che i programmi limitano le adesioni e restringono le coalizioni . Ora , invece , ciascuno di questi partiti e gruppi tiene a mettere fuori il proprio programma , le diverse coalizioni nelle quali essi si raggruppano fanno le proprie dichiarazioni programmatiche , e tutte queste elaborazioni si accompagnano a una recrudescenza delle crisi nel seno dei vari partiti e aggruppamenti , crisi che scoppiano talora in scissioni ideologiche profonde ed in spezzature organiche , mentre uno sforzo verso nuove formazioni politiche e nuovi raggruppamenti è più o meno palese e continuo . Non è difficile scoprire il senso di questi fenomeni . Man mano che la crisi economica si aggrava , in Italia e negli altri paesi , gettando nuove masse di proletari fuori della produzione , peggiorando sempre più le condizioni dei proletari , impoverendo i ceti intermedi della società , nella misura in cui il proletariato ed i lavoratori sono spinti alla lotta , e lottano in difesa delle loro condizioni elementari di esistenza e delle loro elementari libertà , di fronte alla esperienza italiana e mondiale della lotta di classe , ai problemi che essa pone alle masse , alle soluzioni della situazione che essa indica le soluzioni della presa del potere e della diretta sua gestione da parte del proletariato , della vittoria della dittatura del proletariato di fronte all ' inasprirsi delle contraddizioni della società italiana , alla radicalizzazione crescente delle masse proletarie , alla orientazione di strati notevoli di contadini , ed anche di piccola borghesia urbana , verso la soluzione russa , soviettista , comunista , della crisi , i partiti e i gruppi dell ' e antifascismo » democratico , e della socialdemocrazia d ' ogni sfumatura , sono costretti a dire ciò che pensano , cosa vogliono , come giudicano la situazione e i suoi sviluppi , ed essi rispondono a questa necessità in modo difficoltoso e contorto , perché le loro basi sociali sono mobilissime , perché il proletariato sfugge sempre più alla loro influenza , perché il partito comunista penetra sempre più profondamente nel proletariato e negli strati popolari . La elaborazione e la presentazione dei recenti Programmi e Dichiarazioni programmatiche risponde a un riaggruppamento che si sta operando , in questo momento , nelle file dell ' « antifascismo » democratico , dal quale sembrerebbe delinearsi la tendenza al formarsi di una « concentrazione » di « sinistra » che vorrebbe collocarsi tra noi e la « concentrazione » attuale . Il fatto nuovo sintomatico e interessante è una certa revisione delle sue posizioni tradizionali ideologiche e politiche che si manifesta nel partito repubblicano , e questa revisione parrebbe voler essere alla base di una nuova coalizione politica sedicente « a sinistra » della « concentrazione » di Nenni , Rosselli e compagni . La crisi del vecchio partito repubblicano è incominciata dal momento in cui si affermò e andò sviluppandosi la organizzazione di classe del proletariato italiano . Sebbene il partito repubblicano non fu mai ricacciato del tutto fuori dalle file del proletariato , tra le quali mantenne qua e là sempre alcune posizioni , esso andò divenendo un partito di piccoli borghesi di città , di intellettuali , di artigiani e contadini medi e medio ricchi , tra i quali difese i principi della lotta contro la conquista monarchica dell ' Italia elaborando le tesi dell ' associazionismo , come forma perfetta della organizzazione sociale , del regionalismo e delle autonomie regionali , cercando di conciliare in un sistema intellettualistico , nel quale si trovano , peraltro , alcuni motivi storici reali , le posizioni diverse e contrastanti dei maestri del repubblicanesimo italiano ( Mazzini , Cattaneo , Ferrari ) . Nel campo del problemismo che prima della guerra occupò gruppi diversi di giovani intellettuali italiani in vena di riformare L ' Italia il partito repubblicano alimentò i propri vizi letterari organici . Naturalmente , come ogni repubblicano piccolo - borghese « porta la patria in cor » , i nostri repubblicani furono il fiore del patriottismo , e gli antesignani del movimento irredentista trentotriestino nella madre patria . La guerra dette un nuovo colpo al partito repubblicano , perché gli avvenimenti che seguirono ai grandi fatti del 1915-1818 gli tolsero la possibilità di avere una funzione intermedia tra la difesa della monarchia e la lotta proletaria per il potere , che trascinava le grandi masse . Perciò il partito repubblicano fu in preda ad una lotta interna , tra tradizionalisti , centristi e revisionisti , i quali ultimi volevano gettare un trampolino verso le posizioni di classe , conciliando le vecchie posizioni con le nuove . Questa lotta di tendenze era né più né meno che una lotta di classi e di gruppi sociali nell ' interno del partito , e si volse nella fascistizzazione rapida di alcune organizzazioni repubblicane ( Romagna ) e nello spostamento circospetto e moderato verso posizioni classiste dell ' ala revisionista . Fu durante il periodo matteottiano , e soprattutto nella seconda fase di questo periodo ( 1925 ) che il partito repubblicano sembrò avere ed ebbe realmente una posizione dirigente nella formazione di una concentrazione dei gruppi e partiti di « sinistra » del fallito Aventino , su una base repubblicana , formazione che ebbe la sua consacrazione nel 1927 , nella emigrazione . Questo momento , però , anziché segnare il rifiorire del partito repubblicano fu l ' inizio dell ' ultima sua crisi nella quale esso si dibatte da cinque anni , e dalla quale cerca di uscire con uno sforzo che , per essere conseguente . dovrebbe portare alla liquidazione di questo partito , il che non è certo nelle intenzioni nemmeno dei suoi estremi riformatori . La eliminazione verificatasi negli ultimi anni dalle file del partito repubblicano , per morte naturale o per inserimento nel fascismo o per abbandono della lotta , il che equivale all ' inserimento di alcuni capi borghesi della vecchia tendenza di destra , ha lasciato il partito nelle mani di un gruppo di intellettuali , scarsamente legati alla loro base , e nella misura in cui sono legati a questa , sensibili al processo di immiserimento che la crisi sviluppa nelle campagne e tra i ceti medi . A ciò si aggiungano la esperienza internazionale della lotta di classe vissuta dal gruppo emigrato , lo sviluppo della rivoluzione proletaria mondiale e i successi della edificazione socialista nell ' URSS , la bancarotta fraudolenta della socialdemocrazia e la trasformazione reazionaria della democrazia in tutti i paesi . In mezzo a questo fermento sociale spettacoloso del mondo d ' oggi i mazziniani sono diventati una semplice curiosità storica ; ma quel che per essi è peggio le loro basi sociali sono sospinte verso una lotta conseguente i cui sviluppi i nostri repubblicani non si erano mai sognati di prevedere . Il partito repubblicano , che è stato tra gli iniziatori principali della « concentrazione antifascista » , ad un certo momento se ne è allontanato . Senza entrare nella disputa sulle ragioni occasionali che motivarono questa decisione , e che non ci riguardano , il fatto è che i repubblicani sono usciti dalla « concentrazione » con un voto di congresso , e ne sono usciti quando nella « concentrazione » è entrato il gruppo di Giustizia e Libertà . È facile comprendere che un partito democratico quale è il partito repubblicano , e che sta tra il gruppo di Giustizia e Libertà che gli ha rubato tutto il programma , compreso quello delle autonomie e del regionalismo , il partito socialista riformista ( Ufficio Buozzi compreso ) che ha la priorità , per diritto di anzianità , nell ' ammannire programmi di riforme sociali e che è oggi diventato repubblicano , resta schiacciato in un amplesso mortale . Giustizia e Libertà getta la sua furba riforma agraria ai contadini repubblicani ricchi e medio ricchi della Romagna , assieme alla rivendicazione della repubblica ; agli artigiani , alla piccola borghesia di città , agli intellettuali , Giustizia e Libertà dà quanto poteva offrire il partito repubblicano ( con tutta la serie di citazioni di passi classici mazziniani da rinverdire l ' orgoglio sopito dei vecchi repubblicani addormentati ) . E sul fronte proletario , il partito socialista lavora meglio di quanto non lo potessero i repubblicani ... Che fare ? La Direzione del partito repubblicano lancia una Dichiarazione programmatica . Nel momento in cui scriviamo abbiamo solo conoscenza della Premessa , e ci ripromettiamo di ritornare sul documento quando ne avremo avuto la seconda parte , quella che tratterà dei problemi particolari , che è quanto dire la parte essenziale , giacché i concetti astratti , da soli , valgono politicamente ancora poco . Ora , in questa Premessa vi è uno sforzo disperato di conciliazione del mazzinianesimo con qualcuna delle posizioni fondamentali del marxismo , per appoggiare il quale sforzo è stata cavata fuori una frase del Mazzini del 1834 ( « l ' epoca nuova è destinata a costruire l ' umanità , il socialismo » ) , che si richiama ai concetti del socialismo piccolo - borghese utopistico dell ' epoca , del socialismo di Louis Blanc . Quindi il documento è pieno di contraddizioni . Non si osa abbandonare il . concetto di cittadino , che è un concetto storico borghese , ma si afferma che il diritto di proprietà privata non dovrà sopravvivere nella Repubblica italiana , concetto che a parte l ' avventatezza superficiale da cui è prodotto è la negazione del cittadino e dei suoi diritti , tra i quali , nella Carta storica , è proprio quello sacro della proprietà . ( Ma perché mai i repubblicani e tutti gli altri che dicono di voler attentare più o meno al diritto di proprietà restano nella Lega dei diritti dell ' uomo e del cittadino ? ) E così mentre si riconosce che non vi può essere uguaglianza politica se non vi è uguaglianza economico - sociale , e con estrema timidezza si afferma che il proletariato deve avere la funzione di guida della rivoluzione antifascista , intesa come rivoluzione per l ' uguaglianza economico - sociale , si nega , poi , al proletariato la funzione di guida ( di direzione ) dello Stato che uscirà da questa rivoluzione , giacché « un regime di libertà è quello in cui il proletariato può liberamente assumere il posto che gli assegnano il suo grado di capacità e di coscienza , ecc . » , il che annulla il concetto della marcia rivoluzionaria verso la uguaglianza sociale , la quale marcia se è storicamente ammessa deve trascinare tutte le conseguenze di organizzazione prima e dopo la rivoluzione ( egemonia del proletariato nella lotta rivoluzionaria , Stato operaio , ecc . ) . Ma , per ora , non vogliamo indugiare intorno ad una confutazione di tal sorta . Ci interessa di sottolineare il fatto che il partito repubblicano si sforza di abbandonare talune posizioni sue fondamentali , dopodiché , indipendentemente dagli sviluppi inevitabili di queste premesse , il partito repubblicano dato che vorrà ancora chiamarsi così , sarà un altro partito . Anzi , diciamo senz ' altro che se il congresso del partito repubblicano approvasse questa Dichiarazione programmatica , nello stesso momento esso dichiarerebbe la fine del partito repubblicano tradizionale , e la formazione di un altro partito socialdemocratico , repubblicano , anarco - massimalista , la cui vitalità non è spiegabile che in un periodo di scarsa attività politica delle grandi masse popolari italiane , e dal fatto che il partito repubblicano si è acconciato alla piccola vita della emigrazione . Non bisogna stupirsi di fronte a queste crisi , trasformazioni , revisioni , scissioni nell ' « antifascismo » democratico . La marcia verso l ' aprirsi di una crisi rivoluzionaria , e la crisi rivoluzionaria stessa , non sono possibili all ' infuori di rotture e crisi nei partiti della borghesia e della piccola borghesia , di decomposizioni e ricomposizioni di gruppi e partiti , di elaborazione di nuovi programmi , accordi , coalizioni . Il fascismo del 1926-1927 non era già più quello del 1922-1923; ma pure la « concentrazione » del 1927 non era più l ' Aventino . La stessa « concentrazione » del 1932 non è più la stessa del 1927 . Da cartello dei partiti detti « di sinistra » la « concentrazione » si è trasformata in un curioso amalgama di insegne . Giustizia e Libertà è definito il fronte italiano della « concentrazione » ; ma Giustizia e Libertà ha un programma che non è quello della « concentrazione » . Però la « concentrazione » è diretta dagli uomini di Giustizia e Libertà ( Cianca è il direttore della Libertà e Rosselli il relatore della Dichiarazione programmatica della « concentrazione » ) . Ora , Giustizia e Libertà , che dovrebbe essere la organizzazione interna della « concentrazione » , parla di repubblica e basta ; ma la « concentrazione » alla cui testa sono gli stessi uomini di Giustizia e Libertà adopera la formula di « repubblica fondata sulle classi lavoratrici » ; la « concentrazione » parla di terra ai contadini , senz ' altra aggiunta e Giustizia e Libertà parla di modesta indennità da dare ai proprietari espropriati , ecc . Il partito socialista che è nella « concentrazione » e in Giustizia e Libertà propugna una repubblica democratica dei lavoratori , altrove una repubblica presidiata dalle classi lavoratrici , altrove una repubblica socialista ; esso evita di parlare dell ' indennità da dare o meno ai grandi proprietari da espropriare , propugna la nazionalizzazione di certe industrie che la « concentrazione » e Giustizia e Libertà vogliono invece socializzare ! I riformisti vogliono nazionalizzare come membri del partito , socializzare come membri della « concentrazione » e di Giustizia e Libertà ; come membri del partito vogliono una repubblica democratica dei lavoratori ( ma cos ' è ? ) e magari una repubblica socialista ; ma come adepti di Giustizia e Libertà si accontentano di una repubblica tout court . Come membri di Giustizia e Libertà i riformisti si impegnano a battersi per una modesta indennità ai proprietari di terre espropriati ; ma come membri del partito non sanno bene se la indennità dovrà o no essere versata ai proprietari . Tutti , poi , concentrazionisti , seguaci di Giustizia e Libertà , riformisti , sono nella Lega internazionale dei diritti dell ’ uomo , per la quale la proprietà individuale è sacra , e nella quale tutta questa brava gente si riconosce come gente lepida e scherzevole . È comprensibile che , dinanzi ai grossi problemi dell ' ora , la parte proletaria che è nei diversi aggruppamenti concentrazionisti , ed anche quella costituita da intellettuali poveri , ricerchi soluzioni concrete e radicali alla situazione e si sforzi di trovare la via di un fronte di lotta diverso da quello che offrono loro i capi . Noi abbiamo detto che la crisi del partito repubblicano è sintomatica , e lo è senza dubbio ; ma tutti gli altri gruppi e partiti della « concentrazione » e Giustizia e libertà - e non solo il partito repubblicano sono in crisi . Il motivo della crisi è di fondo , è di classe , anche se coloro che sono alla opposizione da « sinistra » non vedono ancora con chiarezza tutte le questioni , ed esprimono in modo insufficiente ed inadeguato la loro opposizione . Tipica , a questo riguardo , è la posizione dell ' operaio socialista Bianco , da lui sostenuta recentemente nella sezione di Parigi . Il Bianco crede ancora che il partito socialista possa condurre una azione proletaria , e ciò si comprende ché altrimenti egli ne uscirebbe . Ma quale è la preoccupazione di questo operaio , in mezzo a un mucchio di opinioni errate e confuse ? È la preoccupazione del fronte proletario di lotta . Questa preoccupazione è generale in tutto il proletariato , in Italia e fuori , e i capi socialisti lo sanno a tal punto che essi rimettono in discussione nei loro congressi e conferenze il tema della unità proletaria , tema che dovrebbe servire ad annebbiare dinanzi agli occhi degli operai socialisti la questione urgente della unità del fronte di lotta , per l ' azione immediata in difesa dei salari , per il pane e per le libertà elementari dei lavoratori . Negli stessi rari gruppi di Giustizia e Libertà nel paese la preoccupazione del fronte unico proletario di lotta soverchia di molto le elucubrazioni letterarie dei piccoli borghesi che dirigono , per conto degli interessi della borghesia , questa organizzazione . E tra gli operai massimalisti non vi è forse questa spinta verso l ' unità del fronte proletario di lotta ? La stessa revisione attuale che si opera nel partito repubblicano è la conseguenza di uno spostamento verso il proletariato e la sua lotta rivoluzionaria delle basi sociali di questo partito . Tutti i dati della situazione oggettiva , e i dati degli atteggiamenti delle classi lavoratrici soggette alla dominazione fascista , influenzate dal fascismo e dalle ideologie dell ' « antifascismo » democratico , dicono che i lavoratori cercano un fronte unico di azione . I capi dei partiti e gruppi dell ' « antifascismo » democratico non vogliono il fronte unico , dicendo che questo è uno strumento di azione comunista . Giorno verrà in cui gli operai e i lavoratori , oggi ancora legati a questi partiti , dovranno riconoscere di essere stati per molti anni strumenti di una infame politica antiproletaria . Ma volete sapere , operai , lavoratori che militate in organizzazioni e partiti avversi al nostro , perché i vostri capi dicono che il fronte unico di classe , il vostro fronte autonomo di lotta , è uno strumento di disgregazione di questi partiti , che viene adoperato dai comunisti ? Perché il fronte unico sviluppa al massimo grado l ' azione di classe , discrimina in modo netto le posizioni di classe , e , di conseguenza , diminuisce di molto , fino a far scomparire , la distanza artificiale che oggi divide gli operai e i lavoratori comunisti dagli altri operai e dagli altri lavoratori . Noi comunisti siamo pronti a stabilire il fronte di lotta con qualsivoglia organizzazione o gruppo di proletari disposto a battersi per una rivendicazione di classe , quale che sia . Come noi non chiediamo agli operai e lavoratori non comunisti di rinunciare alle loro posizioni ideologiche , quale condizione per entrare nel fronte unico di lotta , così non vogliamo che altri chieda a noi di rinunciare di un millesimo alle nostre posizioni . Ma il fronte di lotta noi lo vogliamo stabilire per batterci contro il capitalismo , contro la borghesia , per le questioni che ci interessano e ci accomunano . Vogliamo lottare assieme per difenderei nostri salari ? Perché i nostri fratelli disoccupati e i loro figli non muoiano di fame ? Per la liberazione dei nostri compagni carcerati ? Per la libertà di organizzazione e di stampa , per il diritto di sciopero ? Contro la guerra che sta per trascinarci tutti ad un nuovo massacro ? Per la difesa della Unione dei soviet ? Chi è , dove è quel proletario che non comprenda che queste rivendicazioni ( e altre simili ) sono le sue , della sua classe , e non sia disposto a stringere la mano al suo compagno comunista , socialista , anarchico , cattolico per un patto fraterno di lotta in comune ? Chi impedisce questa unione di milioni di sfruttati per la difesa del pane , per la conquista di migliori condizioni di esistenza , e della libertà ? Sono forse i comunisti ? Dove mai è avvenuto che i comunisti commettessero un simile crimine contro la classe operaia ? Se ve ne fosse qualcuno , denunziatelo dinanzi al proletariato , e noi , assieme , lo copriremo d ' infamia . No , i comunisti non sono l ' impedimento al fronte unico , occorre onestamente riconoscerlo . Certo , noi combattiamo senza tanti complimenti le posizioni dei capi socialdemocratici e democratici . Se queste posizioni sono anche quelle dei gregari , noi le combattiamo egualmente , tra i gregari , sia pure in maniera differente . Gli è che noi siamo comunisti , e i nostri avversari sono anticomunisti , sono contro la rivoluzione proletaria . Con non minore accanimento noi combattiamo il fascismo , il che non ci impedisce di avvicinare gli operai fascisti , di conquistarli a noi , se è possibile ( ed è possibile ) , e soprattutto di stabilire delle intese temporanee con essi , per una lotta parziale , nella officina , in un villaggio . Gli operai socialisti e repubblicani debbono sapere che le divisioni ideologiche attuali che li dividono dai comunisti hanno meno importanza delle identità di interessi sociali che li uniscono a questi . Essi debbono sapere che la distanza sociale che li separa dai programmi dei loro partiti e concentrazioni è di gran lunga più grande dei legami naturali che li avvicinano ai comunisti . In questi congressi , a questi operai , noi diciamo : « Fronte unico proletario ! » . Lo diciamo , lo gridiamo ad essi ed agli altri operai di altri partiti : « Fronte unico proletario ! » . È questo l ' imperativo dell ' ora che viviamo . È questa la traduzione concreta dell ' incitamento : « Proletari di tutti i paesi unitevi ! » . È questo il mezzo attraverso il quale noi formeremo una potente arma di combattimento che giungerà a rovesciare il regime della schiavitù e della fame , il regime del fascismo e del capitalismo .
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Anno 1760 . Ferdinando , terzo tra i figli di Carlo , ascende il trono delle Due Sicilie , andando il padre a regnare in Ispagna . Primi decreti furono nuovi ordini per caccie , nuove pene , tratti di corda . Prime occupazioni , vergognare conversar coi sapienti , boriarsi di colpire cignali , cervi , uccelli , adescar pesci : millanterie da barbaro . 1767 . Ferdinando a 16 anni divenuto maggiore vende il pesce pubblicamente , serbando pratiche , aspetto ed avarizia di pescivendolo , non mai legge un libro o scrittura , e tediandogli sottoscrivere segna gli atti con sigillo . 1768 . Ferdinando s ’ ammoglia con Maria Carolina d ’ Austria ! Donna che fece ovunque cattivissima prova . 1776 . Ferdinando per istinto favorisce i baroni i quali col feudalismo stringono talmente i popoli costretti a vivere sotto graticci o nelle grotte a somiglianza de ’ bruti . 1777 . Ferdinando già padre d ’ un figlio vende in Portici maccheroni e vino alzando bettola , i cortigiani e la regina simulavano i garzoni e l ’ ostessa . Giocando al pallone fa da manigoldi mettere a forza sopra una coperta e balestrare in aria fra le risa della plebaglia il nobile abate Mazzinghi toscano , che poi muore di melanconia . 1789 . Ferdinando e Maria Carolina maritano due principesse a due arciduchi d ’ Austria , e promettono l ’ ereditario Francesco all ’ arciduchessa Maria Clementina : tristi principî della simpatia tedesca in Italia , e del coro dei Borboni in Napoli . 1792 . Ferdinando per i movimenti di Francia condanna dieci mila , e dodici mila chiude nelle carceri e galere , e gran parte nelle isole di Lampedusa e Tremiti , torna in uso la frusta ; le sole spie e gli atti inquisitori sono prove a condannarsi . 1793 . Ferdinando fa chiudere nei sotterranei di Santermo molti dotti e nobili vigilati da custodi spietati ; crea la Giunta di Stato e quella di Polizia onde processarli , solamente perché praticarono con quei della flotta francese . 1794 . Ferdinando apre un prestito per sostenere la guerra contro i Francesi : i cittadini , le chiese si spogliano per affetto , ma finalmente si veggono da lui rubati 37 milioni di ducati dalle sostanze dei cittadini . Id . Ferdinando decreta che la Giunta di Stato sia ad modum belli e ad horas ; i giudici dispari ; la pena , morte , ergastolo , esilio ; l ’ accusato non possa parlare ; le sentenze inappellabili . Il procuratore fiscale diceva aver prove per venti mila colpevoli , sospetti per cinquanta mila . Prima di morire , la tortura : e questo tribunale condannò nel capo Vincenzo Vitaliano di 22 anni , Emmanuele di Deo di 20 , Vincenzo Pagliani di 19 , gentiluomini . Altri tre alle galere , 20 al confine , 13 a pene minori . La sentenza non parlava di alcun delitto , vergognando castigare chi amava la patria . 1795 . Ferdinando , per istigazione di Acton ministro e drudo della regina , fa chiudere nella fortezza di Gaeta Medici , grande di corte , Colonna , Caracciolo , Pignatelli , Serra , Caraffa , Riari , tutti duchi o conti , ed i dotti Mario Pagano , Ignazio Craia , Domenico Bisceglie , Teodoro Monticelli , e sulle istanze del Cardinal Ruffo crea una giunta per loro , li fa martoriare per mancanze di prove , e largheggia in doni e croci verso le spie . Id . Ferdinando diviene più tiranno a Palermo contro il popolo affamato e scontento dell ’ arcivescovo Lopez reggente l ’ isola , fa torturare e morire l ’ avvocato Blasi , molti vanno alle galere e all ’ esilio , e la famiglia reale teme di tutto , fa saggiare i cibi , le camere del sonno , e tutto questo perché ? ... 1797 . Ferdinando ammoglia l ’ ereditario Francesco coll ’ arciduchessa Clementina . Innesto di una nuova umanità in Italia ! ... 1798 . Ferdinando con suo bando dato in Roma 8 dicembre anima i Napoletani contro i Francesi e dice : “ Difendono il re e padre loro che cimenta la vita pronto a sacrificarla per conservare a ’ suoi sudditi l ’ onore e il viver libero . ” Id . Ferdinando dopo aver fatto massacrare i sudditi nella stolta guerra contro la Francia lascia Napoli e si salva in Sicilia , dà il bottino ai tesori dello Stato per 20 milioni di ducati , lasciando la nazione infelice in guerra senza ordini , povera , incerta . Tale delitto , non perdonabile per volger di fortuna o dei tempi compiva il padre dei popoli il 27 dicembre ! 1799 . Gaetano Mammone belva più che uomo , che beveva il sangue de ’ suoi ed altrui , salassi per diletto , gradiva a mensa un capo d ’ uomo frescamente reciso , tracannava liquori nei teschi umani , uccidendo di sua mano 400 Francesi e Napoletani : a questo mostro scrivevano Ferdinando e Carolina col titolo : “ Mio generale e mio amico . ” Id . Ferdinando manda in Calabria a ristabilire l ’ ordine Fabrizio cardinale Ruffo nato di tristo seme , scostumato in gioventù , lascivo in vecchiaia : assale la città di Crotone , vi mena stragi , spogli , libidini e crudeltà infinite da vincere i Busiri e i Falaride . La stessa tragica fine corse Altamura grossa città dove 3 giorni infuriò la vendetta , profanando un monastero , e tali cose compiendo da cui ributta la natura ; e dopo la sazietà di ribalderie assolve tutti .
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Per quante preghiere abbiamo rivolte - privatamente e pubblicamente - ai nostri contemporanei essi non riescono a non occuparsi di noi . Il loro egoismo intellettuale li porta involontariamente a far del rumore intorno al nostro lavoro e potrebbe accadere che le continue tentazioni della celebrità ci distogliessero da conquiste assai più grandi . Inglesi e francesi , preti e anticlericali , socialisti e mondani si interessano delle cose nostre con uno zelo che non avremmo mai sperato e non si restringono a manifestare il loro interesse col leggere ma anche collo scrivere . Come possiamo noi impedire - in un tempo mancante di ogni censura - queste esplosioni di meraviglia o di sdegno ? Miss Aelfrida Tillyard , ad esempio , ha consacrato al Fiorentine Movement un intero articolo nella Indipendent Review ( aprile 1906 ) e il movimento fiorentino , per essa , consiste nel Leonardo e nei libri della Biblioteca del Leonardo . Come fare a biasimarla della sua ammirazione per noi tutti , anche se questa ammirazione è accompagnata da qualche misrepresentation sopra le origini e le attitudini del nostro gruppo ? E neppure possiamo fare a meno di ringraziare Maurice Muret il quale nel suo recente libro sulla Litterature italienne d ' aujourd - hui ( Paris , Perrin ) consacra un capitolo al Neo Machiavelisme fiorentino ( 311 - 315 ) e proclama nella prefazione : " Demain L ' Europe entière connaitra le jeunes théoriciens ingenieusement paradoxaux du Leonardo " ( p . X . ) . Come resistere poi quando , in una delle più importanti riviste cattoliche dell ' Europa , gli Studi Religiosi , diretti da Salvatore Minocchi , leggiamo a proposito del Leonardo , " il giovane e vitale periodico che ha già attirato la nostra attenzione " , queste parole : " È un fatto che ci consola grandemente il vedere dei giovani pieni d ' ingegno , d ' energia , di volontà di vivere , sorgere separatamente da noi , indipendentemente da noi , a combattere nello stesso campo con un programma così simile al nostro : giovani che sono nauseati dal gretto positivismo imperante nella scienza e nella vita , ridotta a un freddo ed egoistico meccanismo ; giovani che vogliono agire per i grandi ideali , che credono nelle supreme invisibili forze della vita e dell ' universo e tentano di raggiungerle e di possederle " , ( Studi Religiosi , a . VI , 1906 , fasc . 1 , p . 115 ) . Forse il Minocchi ci rappresenta assai più vicini a lui di quel che non siamo , ma non per questo possiamo negare le affinità e non contraccambiare le simpatie . Del resto dal pericolo di apparir clericali ci salvano i giornali socialisti , i quali , con mirabile diligenza , continuano a tener dietro alle cose nostre . Nel " Tempo " ( 13 aprile ) F . Momigliano chiama la nostra " una rivista un po ' impertinente , un po ' stravagante , un po ' meravigliosa , ma vivace , combattiva ed originale " , e nel " Lavoro " ( 25 aprile ) Giuseppe Rensi , che pure è stata una delle nostre vittime , parla così del Leonardo : " Questa rivista , affascinante ed odiosa nel medesimo tempo , di cui talvolta saresti tentato di fare un livre de chevet , talaltra di gettarla dalla finestra , ma che in ogni modo è sempre interessante , anche quando insolentisce ed ingiuria ... " e continua preconizzando a me in persona la sorte di restauratore italico della magia . Cosa più strana ancora : perfino Firenze comincia ad accorgersi che da più di tre anni c ' è dentro le sue mura un gruppo di persone che lavorano e che fanno parlar di sé e il Nuovo Giornale , l ' ultimo quotidiano in data e il primo in qualità , ha creduto bene di occupare due colonne e mezzo con un articolo del nostro Emilio Cecchi consacrato appunto al Leonardo e agli ultimi nostri libri ( 29 aprile ) . Volendo schermagliare a tutti i costi ci sarebbe da ridire su alcune affermazioni e valutazioni del nostro amico ma siamo costretti a riconoscere la sua serietà di analisi e i suoi sforzi per esser sincero , cosa più difficile e inutile di quel che non si creda . Ma se Dio vuole non parlano del Leonardo solo i benevoli e possiamo finalmente citare qualcuno che si fa beffe di noi . Si tratta di un giornaletto di Napoli , intitolato , con una certa mancanza di modestia , il " Libero Pensiero " , e che apre degli abbonamenti di sostegno a Lire 5 l ' anno . Avvertiamo però che l ’ abbonamento semplice costa lire 1,50 e che si mandano le cartoline vaglia a Napoli , Via dell ' Università , n . 9 . Nel n . 6 dell ' anno III , di questo giornaletto , sotto la rubrica Frusta Letteraria , c ' è uno scritterello intitolato il Binomio del Leonardo , il quale vorrebbe - credo - essere maligno e riesce invece , appena appena , ad essere sciocco . Non ne citeremo che l ' epigrafe : Antyciram navigant . È la vecchia , eterna , inevitabile accusa di pazzia data a tutti quelli che non vogliono dire le cose che dicono tutti . Quando si decideranno gli imbecilli d ' Italia a trovarne una altra ?
UNO, DUE... (E TRE?) ( FERRETTI LANDO , 1938 )
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Ora di trionfo , questa , ora di gloria per lo sport dell ' Italia fascista . Nel giro breve di un ' ottava , tra domenica e domenica , l ' urlo dei sessantamila spettatori dello stadio parigino di Colombes , acclamanti nei calciatori azzurri i campioni del mondo , si è ripercosso sino alle verdeggianti piste di Longchamps ; e da eco si è fatto grido più alto , come fiamma che accenda vastità di fuoco maggiore . Non più sessanta , ma cento e cinquantamila francesi esaltavano in " Nearco " il cavallo più forte d ' Europa ; forse , anche del mondo . E la stretta di mano protocollare del presidente Lebrun sigillava , per la seconda volta , una vittoria assoluta e indiscussa del Fascismo . Due grandi , decisive affermazioni , dunque , quelle del 19 e del 26 giugno dell ' anno XVI , due magici risultati da segnarsi sul libro d ' oro dello sport ; ma anche e , sopratutto , due dimostrazioni di forza del Regime , il cui valore è accresciuto dal tempo e dal luogo in cui si sono verificate . Undici atleti con la maglia segnata dal fascio littorio , combattono ( è questo il giusto termine ) in quella fossa di leoni che è la Marsiglia dei fuorusciti e dei compagni politici del bolscevico radicale signor Herriot ; combattono non contro undici cavallereschi avversari , ma contro una città , un pregiudizio , un ’ ingiusta violenza . E vincono . Eliminata la Norvegia , essi devono fare i conti coi padroni di casa : i francesi . Li affrontano nella loro capitale , li dominano . Ed eccoci al terzo atto : il più bello per noi , il più orribile per i nostri nemici . La squadra degli amici brasiliani non è che un pretesto al canagliume marsigliese , risultato e avanzo di tutte le degeneranti libidini del più sporco approdo marittimo del Mediterraneo , per prendersi la rivincita contro i calciatori fascisti già vincitori della Norvegia . " Nous les aurons , le maccaroni " sembra di sentir gridare dalle immonde bocche , con contorno di epiteti da trivio . I nostri giocatori sono attesi al varco , come in un agguato , come in un selvaggio attentato di centomila contro dieci . Ma la superiorità di giuoco degli azzurri è tale che anche il Brasile è vinto , sicché la squadra può ritornare a Parigi inseguendo , con sicuro passo , il volo della decisiva vittoria , mentre la rabbia impotente dell ' antifascismo si accanisce in turpitudine di parole dagli angiporti della " Belle de Mai " . Ora , ecco i cavallereschi rivali d ' Ungheria di fronte ai campioni della giovinezza fascista per l ' urto decisivo : qui lo sport può trionfare ; ed infatti trionfa confermando di fronte ad un ' immensa folla attonita l ' indiscusso primato del calcio italiano . Ma se questo rinnovato trionfo dello sport fascista nel più popolare e diffuso giuoco dei nostri tempi ( potrebbe dirsi che il calcio è un ' espressione fisionomica di vita di massa del momento come il cinematografo ) rappresenta soltanto un consolidamento di posizioni già raggiunte , la vittoria di " Nearco " ci ha portato ad altri traguardi , ci ha rivelati al mondo nella luce nuova della nostra organizzazione agricola e industriale . Perchè il creare una razza , il produrre animali d ' eccezione , l ' allevarli , il condurli alle supreme conquiste in campo internazionale non è solo indizio di maturità sportiva di un popolo , sibbene di attitudine a creare e a vincere in ogni settore di attività produttiva . Il popolo parigino , in special modo , che dell ' ippica fa , da secoli , oggetto del suo amore e che d ' essa conosce , da competente , le difficoltà e il valore , ha potuto , più di ogni altro , comprendere l ' importanza della vittoria di " Nearco " . Noi italiani , fuori e dentro i confini , sportivi o no , non abbiamo valutato , non valutiamo ; ci siamo commossi , ed ancora tremiamo di gioia vedendo in questo puro - sangue che sbaraglia tanti generosi rivali , come un simbolo dell ' irresistibile marcia degli italiani di Mussolini . Ora ci attende il " Tour " : le maglie dei calciatori azzurri sono nelle valigie dei campioni del pedale , come viatico ed amuleto sicuro . Ma il segno più forte del terzo , invocato , sperato , previsto trionfo è nella volontà tetragona con cui lottano e vincono , al di là dei confini , gli atleti d ' Italia nel nome di Mussolini .