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StampaPeriodica ,
Che fortuna aveva avuto Giorgio Sharp a trovare quel grosso diamante ! ... Tutti i minatori di Rifle Channel , nella regione diamantifera dei Monti Azzurri , in Australia , lo invidiavano senza però volergli male . La fortuna era toccata stavolta a Giorgio Sharp ? ... Bene ; domani sarebbe capitata ad un altro , poi ad un altro ancora . Ma ecco , una mattina , tutto il campo a rumore , Giorgio Sharp strillava come un ossesso : il suo tesoro , il grosso diamante , il « Gran Mogol » del Rifle Channel , era sparito . Qualcuno glielo aveva rubato durante la notte , mentre egli dormiva nella sua capanna . Lo teneva sempre al collo , come si tiene una reliquia , chiuso in un sacchetto di cuoio appeso a una catenella . Un ladro abile , uno dei suoi compagni di miniera , senza dubbio , glielo aveva sottratto nel sonno . Bisognava cercarlo , ritrovarlo ad ogni costo , e punire il colpevole . Nel campo diamantifero di Rifle Channel non vi erano polizia e corte giudiziaria . I minatori stessi amministravano da sé soli la loro giustizia . Ognuno diventava all ' occorrenza poliziotto e giudice così quella mattina tutti si misero a disposizione di Giorgio Sharp , per le ricerche della preziosa pietra sparita e per la scoperta del ladro . Le indagini non furono lunghe : i minatori s ' erano divisi il compito due a due , e fu così che Edoardo Ridge e John Davis , frugando nella capanna di Jim Lakenson , vi trovarono il sacchetto di cuoio con la catenella , ma vuoto . Fu uno stupore generale . Jim Lakenson , il giovane e bel minatore , la perla dell ' onestà a Rifle Channel così rigido osservatore delle leggi del campo , il ladro del diamante ! ... Chi l ' avrebbe mai creduto ? ... Jim Lakenson fu arrestato e chiuso nella più solida capanna , ben legato , ad attendervi le decisioni dei suoi compagni . Se si fosse trovato anche il diamante sparito , la cosa avrebbe avuto un corso spiccio : ma ora si trattava invece d ' indurre il colpevole a restituire la bella preda . Jim Lakenson protestava energicamente la sua innocenza . - Ma come spiegate voi la presenza del sacchetto , che conteneva il diamante , nascosto nella vostra capanna ? gli fu chiesto . Non la spiego , egli rispose Dico solo che è assurdo credermi tanto stupido da conservare presso di me una prova così evidente di colpabilità . Eppure ... Mi sarebbe stato facile disfarmene , appena compiuto il furto , se ne fossi io l ' autore . Qualcuno che mi odia ed ha ragioni ignote per perdermi , deve avere messo nella capanna che mi appartiene , durante una mia assenza , il sacchetto per farmi apparire colpevole . Io giuro dinanzi a Dio che sono innocente . I minatori , non sono , abitualmente , logici ; la vita rude e semplice che conducono li rende ingenui . Essi avevano in mano una prova : doveva bastare . Noi siamo disposti a limitare la punizione che vi meritate all ' allontanamento dal campo , e alla privazione di ogni vostro bene , dissero a Jim Lakenson ma a patto che restituiate il diamante . È impossibile , non l ' ho rubato io . Badate , le nostre leggi sono inesorabili : è per voi l ' impiccagione , se non confessate . Vi diamo tre giorni di tempo . Tutto fu inutile . Con una fiera ostinazione Jim Lakenson insisteva nel proclamare la sua innocenza . Allo spirare del periodo accordatogli , venne deciso perciò di applicare senz ' altro la legge del campo , e di eseguire la sentenza di morte . Lo sciagurato fu condotto in uno spiazzo , ove tutti i minatori s ' erano raccolti attorno ad una forca eretta nel centro , e uno di essi gli gettò al collo il nodo scorsoio . Sono innocente ; gridò il giovane con voce alta e ferma . Un giorno la verità vi sarà rivelata . E Dio perdoni John Davis , che ha trovato la prova della mia supposta colpa ... e che pure mi è sempre stato amico ! Tu conosci ogni mio segreto , John , sai che non ho al mondo che una persona cara , Mary Chadwick , la fanciulla che doveva diventare mia moglie . Portale tu , almeno , il mio ultimo pensiero , dille che muoio innocente , col suo dolce nome diletto sulle labbra . John Davis , lo farai ? Nel silenzio , solenne , nessuno rispose . John Davis , dove sei ? ... Perché non mi rispondi ? insistette il condannato . Tutti si volsero a cercare l ' uomo che Jim invocava . Non era presente . L ' assenza parve strana e sospetta , venne sospesa l ' esecuzione della sentenza , per ritrovare prima il minatore che il condannato aveva scelto come depositario delle sue estreme volontà . A un tratto voci di richiamo echeggiarono dal pendio della montagna più vicina . I minatori vi accorsero , e uno spettacolo impressionante apparve ai loro occhi . John Davis era riverso a terra , livido in volto , gli occhi sbarrati in un ' atroce espressione di strazio e di terrore , la bava alla bocca , il respiro sibilante , come nell ' agonia ... Due uomini tentarono di sollevarlo ; ma un gemito angoscioso e una dura resistenza lo impedirono . L ' infelice aveva la mano destra imprigionata sotto un masso il quale gliela serrava come in una morsa . Con i picconi usati a modo di leva , i minatori riuscirono con fatica a sollevare la pesante pietra . Un grido generale di sorpresa si levò : la mano destra era affondata in una cavità naturale del monte , e con le dita irrigidite serrava tenacemente qualcosa . A forza la stretta fu allentata ... e nella luce del sole brillò un diamante : il diamante rubato ! John Davis guardò i compagni con l ' occhio smarrito ; poi balbettò : Sì ... sono io il colpevole di tutto ... ho rubato io la preziosa pietra , nascondendola poi qui dentro ... ho portato io nella capanna di Jim Lakenson il sacchetto ... perché la prova del furto cadesse su di lui ... e lo perdesse ... L ' odiavo ... Egli possedeva l ' amore di Mary Chadwick , ch ' io volevo per me ; dovevo perciò sopprimerlo : doppiamente . La sua morte doveva essere anche la sua infamia , affinché la fanciulla lo dimenticasse disprezzandone la memoria , e potesse quindi amare me . La ricchezza ... l ' amore ... Voi tutti eravate raccolti intorno alla forca ... intenti all ' opera di giustizia ... Era il momento buono per fuggire , col diamante , raggiungere in città la ragazza , convincerla a seguirmi . Già ella mi credeva ricco , prima del furto ... E sono venuto qui ... a riprendere la mia pietra preziosa ... Ah , la punizione del Cielo ! ... Ad un tratto , uno scricchiolio sinistro , un urto enorme , un dolore atroce . Quel masso incastrato nell ' anfratto si era abbassato imprigionandomi ... Non bisogna fare del male ... troppo : si sconta sempre ... Lasciatemi morire ... Chiedo perdono a tutti ... Tacque e reclinò la testa . Pochi minuti dopo era morto .
Gli ottanta giorni di Kennedy ( Barbato Andrea , 1968 )
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Los Angeles . Quella notte , all ' Hotel Ambassador , due ore prima che si chiudessero le urne delle primarie californiane , il parcheggio principale davanti alla facciata era già pieno , la sbarra di controllo abbassata . Gli uscieri in giacca verde si sbracciavano a indicare la strada alle macchine in arrivo che dovevano traversare il cortile e il giardino dell ' albergo , in una fila lentissima , e fermarsi in un piazzale interno . A quell ' ora , fra quelle auto , ce n ' era già una , confusa fra mille , che in quel pomeriggio coperto di smog era arrivata dal nord lungo la Pasadena Freeway , portando all ' Ambassador Shiran Shiran . Ero stato incerto per un po ' , quella volta , se seguire Kennedy anche nella notte elettorale della California , come facevo ormai quasi tutti i giorni da sei settimane , o se andare invece un po ' più su sullo stesso Wilshire Boulevard , al Beverly Hilton , dove Eugene McCarthy avrebbe aspettato i risultati delle votazioni . I raduni notturni di McCarthy , che fossero di vittoria ( come nel Wisconsin o nell ' Oregon ) , odi sconfitta ( come nell ' Indiana e nel Nebraska ) , erano sempre più allegri e pittoreschi . Ora poi , sulla costa West , fra orchestre di chitarre e hippies appena rasati , la festa era anche più rumorosa . Ma quella sera , pensavo , essere accanto a Robert Kennedy voleva dire assistere comunque ad una svolta : se avesse perduto , si sarebbe ritirato , se avesse vinto si sarebbe trovato a due soli gradini ( la primaria di New York e la Convenzione ) dalla nomina democratica d ' agosto . I sondaggi erano ancora indecisi , gli davano un vantaggio malsicuro , che poteva essere rovesciato dal voto degli incerti . La direzione dell ' Ambassador aveva scelto per la propria pubblicità uno slogan non certo reticente : « Il più bell ' albergo del mondo » . Molte volte , nei giorni prima di martedì , tornando da una giornata di campagna elettorale o di motorcades con la colonna di Kennedy , o accompagnando McCarthy all ' Ambassador per un discorso alla gente della Chamber Of Commerce ( un po ' allibita a sentire attaccare senza mezzi termini Hoover e 1'FBI , la CIA e i generali , il presidente e il segretario di Stato , o a sentire il paragone fra il Vaticano prima del Concilio e la pretesa di infallibilità del Dipartimento di Stato ) , m ' ero chiesto di passaggio su cosa si fondasse la fama d ' eleganza dell ' Ambassador . È un labirinto sontuoso , con fontane illuminate , gallerie di negozi , vestiboli carichi di mogani e di damaschi , saloni tropicali con finte palme laminate d ' oro , portieri in marsina rossa e alamari dorati . È d ' oro anche l ' elicottero che atterra sul piazzale davanti all ' albergo , e porta i clienti all ' aeroporto internazionale , giù a Santa Monica evitando loro il fastidio delle lunghe ore da una periferia all ' altra sulle autostrade , dove gli automobilisti storditi leggono , dettano appunti , ascoltano dischie ( è la polizia del traffico a confermarlo ) fanno perfino l ' amore , alternandosi naturalmente alla guida . C ' era già una gran folla , all ' Ambassador . C ' erano riflettori puntati dovunque , e da una stanza del piano terra giungeva una musica allegra ma solenne , una tipica musica repubblicana , fra la marcetta e l ' inno militare . Ai sostenitori di Kennedy , infatti , si mescolavano quelli di Max Rafferty , aspirante senatore della California , impegnato in una primaria difficile , ma sicuro di raccogliere molti consensi con le sue proposte di guerra ad oltranza nel Vietnam e di mano d ' acciaio contro ogni forma di protesta interna . La gente di Rafferty si riconosceva a prima vista : vecchie signore severe , accompagnate da uomini accigliati . Guardavano con un certo sdegno quell ' invasione , fra i damaschi dell ' albergo , dei ragazzi negri venuti persino da Watts , delle adolescenti kennedyane in paglietta e minigonna minuscola , di tutti quelli che cantavano o già gridavano . Allegri molto prima della certezza della vittoria . La Embassy room , al primo piano , era teoricamente riservata alla stampa . Ma agli occhielli delle giacche maschili o sui colletti dei vestiti femminili erano spuntati a decine dei cartelli in verde chiaro , su cui era scritto : « Embassy roompress » . Qualcuno aveva un registratore a transistor , o una macchina fotografica da dilettante . Altri , organizzatori di sezioni periferiche , o semplicemente amici e sostenitori , non avevano certamente nessun reportage e nessuna cronaca da fare . Inoltre , la sorveglianza era piuttosto trascurata . Alla porta , c ' era un solo agente di polizia , col suo cappello a punte e le manette legate alla cintura che , a quell ' ora , faceva entrare chiunque lo chiedesse . A Los Angeles si votava ancora . Anzi , proprio nell ' ultima ora , nei quartieri urbani più affollati , gli elettori s ' erano fatti più numerosi , ed era naturale , perché solo da poco erano tornati nelle loro remote suburbie , dopo la giornata di lavoro e dopo la interminabile cavalcata sulle autostrade . Ma nella Embassy room era già difficile camminare , sedersi , o perfino respirare . Sul fondo , ai due lati dell ' Embassy room , due palchetti di legno : a sinistra il podio con i microfoni , quello dove Kennedy sarebbe apparso più tardi , a destra il plotone delle telecamere e delle cineprese ; una tenda azzurra chiudeva lo sfondo dietro la piccola tribuna , ed era facile per chiunque oltrepassarla . Al di là , fra pile di vassoi d ' alluminio , scatole di bicchieri , casse di bibite , apparecchi di refrigerazione , cominciavano i corridoi delle cucine . C ' ero entrato per caso , nell ' attesa dei primi risultati , per vedere se ci fosse stato un passaggio verso la vera sala stampa , quella con le telescriventi e le macchine della Western Union , che era in quella direzione , ma al di là della folla che gremiva la sala . Un corridoio buio , un po ' in penombra , finiva in una cucina , dove camerieri e cameriere lavavano montagne di piatti e di tazze . Non avevo visto nessun altro , non avevo trovato il passaggio che cercavo . Quei corridoi non riportavano nei saloni principali , ma solo verso le uscite di servizio e verso i montacarichi . Erano le retrovie della festa . Non vi arrivava quasi il rumore della folla , ma l ' aria era troppo calda . Tornando , e superando la tenda e le porticine che conducevano nel salone , ci si poteva fermare in un piccolo vano parallelo al palco , dove i managers della campagna kennedyana avevano messo il loro tavolo . Da lì , come ha fatto dall ' Indiana in poi , Salinger avrebbe seguito di minuto in minuto , con qualche anticipo sulle notizie ufficiali , l ' andamento delle elezioni . I telefoni erano pronti a ricevere le prime cifre dai quartieri generali dei vari distretti . I tre televisori erano sintonizzati sulle tre reti principali . La mappa con le aree e i distretti elettorali era pronta , ancora con lo spazio bianco per i primi numeri che Salinger stesso avrebbe scritto via via . Arrivarono le otto , e pochi minuti dopo si ebbero i primissimi risultati , poche decine di voti sui molti milioni della California . Nella Embassy room , l ' unico modo , per tutti , di seguire da vicino l ' andamento delle cifre , era quello di non perdere d ' occhio uno dei televisori appoggiati ad ogni angolo della stanza . I televisori trasmettevano i programmi di diversi canali e quella sera , per la prima volta , anche divergenti . Pochi minuti dopo l ' inizio del conteggio , ad un angolo della grande sala si sentì un urlo collettivo di gioia . Una delle reti , la CBS , aveva pronosticato già vincitore Kennedy , con un largo margine su McCarthy . Un ' altra rete , la NBC , continuava invece a trasmettere i risultati sicuri , senza azzardarsi a far profezie , e perciò nei suoi tabelloni McCarthy era ancora nettamente in testa , e doveva restarvi per alcune ore . Pochi sapevano a chi credere . L ' entusiasmo rumorosissimo di metà della sala si spegneva dinanzi all ' apprensione dell ' altra metà . Sotto il palco ancora vuoto , un instancabile gruppo di giovani inneggiava da ore a Kennedy . Verso le dieci venne la conferma che Kennedy aveva già vinto una primaria , quella del South Dakota , uno Stato molto più piccolo della California , in cui il conteggio era stato rapido . Ma in California , cosa accadeva ? Perché ritardavano i risultati ? Perché i pronostici erano incerti o contraddittori ? Normalmente , l ' elettorato americano è molto omogeneo , una percentuale di risultati si stabilisce dopo pochi minuti , anche con poche migliaia di voti , ed è destinata a cambiare di poco . In cinque primarie principali , alle nove di sera il risultato era già sicuro , e alle dieci i candidati avevano già fatto le loro dichiarazioni di vittoria , o le loro ammissioni di sconfitta . Ma questa volta erano i voti dell ' immensa , imprevedibile zona di Los Angeles a ritardare . E mentre San Francisco vedeva McCarthy in testa nei voti già contati , solo un pronostico azzardato poteva far pensare che il Sud della California avrebbe rovesciato il risultato . Per molte ore la vittoria di Kennedy , già sancita dagli elettori , rimase sepolta nelle macchine dei conteggi . « La California ha già parlato » diceva un commentatore televisivo , « ma noi non possiamo ancora sapere cosa ha detto . » Era successo che i nuovi calcolatori elettronici , installati in certe zone a rimpiazzare le vecchie schede con la matita e il segno di croce , si erano comportati in modo bizzarro . A Fresno , uno di questi computer era stato mal programmato , e gli scrutatori non sapevano come interpretare i risultati finali . In piena notte , un tecnico della compagnia che aveva fornito il calcolatore fu portato all ' aeroporto di Tulsa , nell ' Oklahoma , mille miglia più a est di Fresno , e spedito di corsa con un jet a consultare la macchina impazzita . A Los Angeles , le schede votate con il sistema elettronico dovevano essere caricate sulle macchine della polizia in ogni seggio elettorale , e raccolte in una centrale elettronica . La raccolta fu lunghissima , impacciata da pignolerie burocratiche . Erano quasi le undici quando le grandi Ford nere , con le sirene e i fari accesi , si gettarono a tutta velocità sulle strade di Los Angeles per raggiungere il cervello meccanico che avrebbe calcolato i risultati . C ' era molto traffico , in quel mostruoso sistema stradale di Los Angeles , le macchine della polizia arrivarono con grande ritardo . Il conteggio non poté cominciare prima delle undici e trenta . Nella Embassy room s ' aspettava ancora . Aspettavano anche i sostenitori di Rafferty , perché anch ' egli era battuto a San Francisco , ma s ' aspettava di riguadagnare lo svantaggio a Los Angeles . La sala del seminterrato dove Kennedy doveva scendere dopo la Embassy room era la più rumorosa . Fuori , l ' albergo era silenzioso , assediato dalle auto ferme . Non c ' erano più di cinque agenti di polizia in tutto , alle uscite o nella hall , anche essi stanchissimi d ' aspettare . Gli uomini di Kennedy non sapevano più cosa dire , né osavano azzardare previsioni . Salinger , con la sua camicia rosa e il suo sigaro , annotava cifre su cifre , e ogni tanto bisbigliava ai giornalisti qualche dato positivo , qualche sintomo di vittoria . Intorno a lui , nella stanza a fianco del palco , erano praticamente ammessi solo quei giornalisti accreditati per l ' intera campagna di Kennedy , gente con la quale eravamo stati per molte settimane dall ' alba a notte fonda , stanchi di vedere sempre e dovunque la stessa monotona scena d ' entusiasmo , con poco da raccontare e pochissimo da fotografare . Le primarie erano finite . Un avviso degli organizzatori , affisso al muro , diceva che ci sarebbe stato comunque un aereo riservato che avrebbe portato tutti sulla costa Est , per seguire le elezioni di New York del 18 giugno . Ma ormai , la campagna vera e propria era finita . Ci conoscevamo tutti . Avevamo fatto miglia e miglia seduti sul cofano delle macchine , o nel pullman che seguiva la macchina scoperta di Kennedy . Eravamo stati a Indianapolis e a Gary , nell ' Indiana , sul treno bianco rosso e blu che aveva attraversato lo Stato . Avevamo cominciato ad accordare le nostre abitudini con quelle di Kennedy , ad abituarci ai suoi ritardi e ai suoi mutamenti di programma . Lo aspettavamo la mattina all ' uscita dell ' albergo , e sapevamo che sarebbe arrivato quando vedevamo scendere Freckles , il cocker irlandese bianco e nero che non è mancato ad un solo discorso o ad un solo corteo . Poi si partiva rapidi , come per un viaggio d ' affari . Non c ' era scorta , se non un motociclista che qualche volta precedeva il breve e veloce corteo per fermare il traffico ai semafori rossi . Così , in treno o in aereo , in auto o in barca eravamo andati all ' Università di Bloomington e a quella di Creighton , a Omaha e a Lincoln nel Nebraska , negli Shopping centers e nei quartieri negri , nelle piazze e nei saloni degli alberghi , salendo e scendendo mille volte , travolti anche noi dalla folla , ascoltando discorsi forzatamente sempre simili ma davanti a un pubblico sempre nuovo . Eravamo atterrati in decine di aeroporti , e ci eravamo abituati a sentire la musica delle bande non appena i motori a pistone di quell ' incredibile velivolo elettorale si fermavano . Eravamo andati a Portland e a Salem , nell ' Oregon , e sulla spiaggia lunghissima di Astoria , dove il fiume Columbia sbocca nel Pacifico , accanto ai relitti d ' un veliero inglese . E Kennedy s ' era messo a correre sulla spiaggia , s ' era tolto le scarpe , aveva lasciato indietro tutti , e s ' era tuffato in quel mare gelido e violetto . Eravamo diventati amici di Bili Barry , rossiccio , gigantesco , un ex agente di sicurezza di una banca di Manhattan , che era anche l ' unica guardia del corpo di Kennedy , e Io sosteneva per ore diritto sulla macchina scoperta , per proteggerlo dagli ammiratori più che dai nemici . Ed eravamo andati a Oakland , nella baia di San Francisco , in un giro nei ghetti negri , inseguiti da frotte di ragazzi in bicicletta , schiacciati da folle inarrestabili . O sulle spiagge dell ' Alta California , fra i ricchi contadini del deserto irrigato , fra i messicani poverissimi , fra gli studenti . Eravamo andati a Disneyland , la domenica prima delle elezioni , sempre con Kennedy sulla ferrovia che scavalca un falso Matterhorn , o sul barcone a ruote che naviga su un falso Mississippi , e che naturalmente si chiama Mark Twain . Quante miglia avevamo fatto , insieme , era impossibile calcolarlo . Ci rivedevamo ogni mattina come un gruppo d ' amici che avevano uno strano viaggio da fare : insieme ad astronauti , a scrittori , a cantanti , a senatori , a campioni sportivi . Con la prospettiva , ogni giorno , d ' essere schiacciati o smarriti nella calca , con il rischio di un volo aereo movimentato , con la sicurezza di tornare in città con almeno cinque ore di ritardo , a notte fonda . Avevamo visto Kennedy preoccupato , felice , stanco , ironico , aggressivo . Gli altoparlanti a batteria non funzionavano quasi mai . In cima alla collina più alta di San Francisco , Kennedy dovette parlare gridando con le mani attorno alla bocca , perché un gruppo di negri suonava pestando sui tamburi di latta con delle mazze di legno . L ' avevamo visto , stanco , scendere dal palco e tacere per molti minuti prima di trovare la forza di riprendere . Conoscevamo a memoria tutto quello che avrebbe detto , e perfino i gesti che avrebbe fatto , il pollice alzato per indicare un augurio di vittoria , o le dita della mano destra nel palmo della sinistra per elencare le cose da fare , i programmi da svolgere . Ci domandavamo , e non eravamo stati ancora capaci di rispondere a questa domanda , se era un uomo timido come sembrava a volte , o durissimo e deciso come appariva altre . I suoi discorsi trovavano vena via via che la campagna avanzava . Ora era diventato più ironico , e perfino più sicuro , da quando s ' era rassegnato alla ipotesi di una possibile sconfitta . Eravamo andati con lui anche nel palazzetto dell ' ABC di San Francisco , all ' angolo fra la Hary e la Golden Gate Avenue , dove s ' era incontrato con McCarthy in quel dibattito che deluse tutti . Kennedy appariva nervoso , teso . Fuori , sulla strada , i suoi organizzatori s ' erano fatti battere , non avevano pensato a convocare dei sostenitori , e c ' era solo la gente di McCarthy , che cantava in coro : « Eugene in sixtyeight , Kennedy can wait » . Quando Kennedy parlava della guerra , del reclutamento , dei problemi razziali , delle città , non predicava la rivoluzione . Sembrava impossibile che un uomo con un simile programma di buon senso potesse suscitare tante ostilità , potesse essere dipinto come un nemico di tanti avversari . Alla sua prima elezione , il « Morning Star » e l ' « Evening News » , nell ' Indiana , per settimane intere lo ritrassero come un insolente e ambizioso politicante , che veniva fra gli hosiers , gli abitanti dell ' Indiana , a comprare voti . « Stanotte dormirò meglio » disse Bob la sera della vittoria nell ' Indiana , « perché so che Eugene Pulliam , il proprietario di quei due giornali , dormirà peggio . » Ma non era Kennedy la novità a cui stavamo assistendo . Era la gente intorno a lui , sempre più numerosa e convinta , quasi che le cose che Kennedy diceva le avesse sapute e condivise da sempre , quasi che si stesse chiudendo una parentesi nella vita americana , e tornasse alla normalità . Scoprire che era tanto numerosa , l ' altra America ( e ancor più numerosa se la sommavano all ' America di McCarthy ) , era uno stupore quotidiano . Quella sera di martedì , nella Embassy room , era proprio questo discorso che veniva alle labbra degli uomini di Kennedy , incerti sull ' esito del voto , ancora in attesa dei risultati . È vero , i nemici erano molti : e bastava pensare a Sam Yorty , il sindaco di Los Angeles , per capire che Kennedy quella sera stava , per modo di dire , in territorio nemico . Forse non era stato per caso che la polizia di Los Angeles aveva contato i semafori rossi passati dal corteo di Kennedy il giorno prima e aveva fatto cento multe alla motorcade del senatore . Sì , i nemici erano molti , ma oltre l ' ottanta per cento dei democratici volevano una politica nuova . Comunque si ripartissero i voti della California , chiunque avesse vinto quando quelle dannate macchine elettroniche si fossero messe a funzionare , era chiaro che otto , quasi nove elettori democratici su dieci volevano Kennedy o McCarthy : qui , come in tutti gli altri Stati dove s ' erano svolte le primarie . Mancavano pochi minuti a mezzanotte quando i primi risultati di Los Angeles cominciarono ad arrivare . La gente si stringeva di nuovo intorno ai televisori . Il Sud California aveva votato massicciamente per Bob : i messicani , i negri , i contadini delle vallate stavano rovesciando il risultato . Si ricominciava a cantare , a gridare in coro . Si sentivano altre musiche dai saloni vicini , perché anche il falco Rafferty stava vincendo la sua gara . Ora non s ' aspettava che lui , Kennedy . Era rimasto nella sua stanza al settimo piano , pronto a scendere solo quando il risultato fosse stato sicuro , per poterlo commentare . La gente aveva fatto ala intorno all ' entrata principale del salone , e le telecamere inquadravano quel punto , perché era da lì che ci si aspettava che Kennedy venisse . Poi , ad un tratto , si spostarono tutti verso il palco , e verso la tenda azzurra . Dal vano , dietro al tavolo di Salinger , potevamo vederlo arrivare . Aveva accanto i visi di sempre , la moglie si fermava ogni tanto ad aspettarlo quando lui s ' attardava per stringere una mano . Passò fra i vassoi d ' alluminio , le casse di bicchieri , i banconi della cucina . Arrivò sul palco . Ci volle un po ' prima che potesse parlare , perché la gente intorno non riusciva a tacere . Ringraziò tutti cercando nel gruppo foltissimo che gli era attorno le persone che nominava , e indicandole all ' applauso . Non si negò una battuta : « Non m ' importa quando attaccano me , ma quando se la pigliano con il mio cane ... » . Poi rinnovò un esplicito invito a McCarthy a congiungere le forze . Alzando le dita in segno di vittoria , dette l ' appuntamento alla folla per Chicago , la città della Convenzione . Pochi minuti prima che finisse di parlare , le camere della televisione erano state frettolosamente spostate dall ' ingresso principale e dalla hall . Doveva essere arrivata la notizia che Kennedy non sarebbe uscito da quella parte , ma sarebbe ripassato dalle cucine . Un mutamento di programma dell ' ultimo istante , forse . S ' avviò dietro la tenda , di nuovo verso il corridoio che aveva già percorso . Lentamente pressato dalla folla dei suoi aiutanti e collaboratori . Era impossibile restargli vicino . Nel salone , la gente continuava a gridare , a cantare , a battere ritmicamente le mani . Pochi sentirono i rumori delle esplosioni . La gente che era vicina al corridoio urlò ; fu un urlo che si trasmise velocemente ; pochissimi avevano visto , nessuno sapeva con certezza ciò che era accaduto . Un uomo uscì dalla calca , salì sul palco , e fece con le dita un gesto come d ' una pistola puntata contro la tempia . Agli angoli della grande sala , a quel punto , c ' era ancora gente che applaudiva di gioia , che non aveva capito ... Le cineprese spente ripresero a girare immagini di gente che cadeva a terra , scoppiava in lacrime , gridava di disperazione , piangeva . Un uomo che era stato accanto a me tutta la sera , con all ' occhiello un bottone della marcia dei poveri , salì sul podio , e cominciò a chiedere al microfono se c ' era un dottore . Lo ripeté due , cinque , dieci volte . Dalla porta principale , finalmente , erano apparsi degli agenti di polizia , alcuni con l ' elmetto dorato delle pattuglie stradali . Non sapevano cosa fare , dove andare . Smith , il cognato di Kennedy , pregò dal palco che tutta la gente uscisse , e quietamente , piangendo , gli obbedirono . Ora potevano rimanere dentro la Embassy room solo i giornalisti . Dalla porta accanto alla tenda , fu portata nella sala una donna coperta di sangue , ferita al fianco e alla testa . Fu sdraiata su un tavolo . Un altro ferito , un uomo , attraversò il salone sorretto sotto le ascelle da due persone . Corsi verso il corridoio della cucina : si sentiva gridare , la voce di qualcuno che conoscevo diceva a tutti d ' andare via , di fare largo , di spostarsi . Era semibuio , ma il corridoio era tagliato dalle luci delle telecamere mobili , che continuavano a girare . Erano passati non più di cinque o sei minuti da quando avevamo sentito quei rumori che ora sapevamo essere state esplosioni . Kennedy non riuscivamo a vederlo , era disteso a terra dietro la gente che premeva in quello stretto spazio , in quel corridoio che non avrebbe dovuto percorrere e dove tuttavia l ' assassino era appostato , da più di mezz ' ora . Ci respinsero indietro una o due volte . Nel buio , vedevamo gente che si chinava , che urlava ordini incomprensibili , che cercava di fare largo . Riconobbi Bili Barry , senza giacca , la camicia strappata , un livido sulla fronte . Non so quanti minuti passarono prima che arrivasse , all ' altra uscita del corridoio , l ' ambulanza . Il passaggio s ' aprì , la folla che s ' accalcava uscì all ' aperto dietro i feriti , vedemmo Ethel Kennedy salire sulla macchina , tremando , gridando qualcosa al portantino che l ' aveva preceduta nell ' interno . Quando l ' ambulanza partì , tornammo indietro : uno sguardo in quel passaggio fra la cucina e il montacarichi , il tempo di vedere dei tavoli vuoti , della gente sdraiata a terra . Poi , di nuovo nella Embassy room : avevano spento le luci , sbarrato le porte . Fuori , nella hall , s ' era ammassata la gente , non si poteva uscire . In ginocchio sui tappeti , riversi sui divani , molti piangevano . S ' aprì una porticina laterale , e uscì un gruppo di agenti , che camminava veloce ed in fila . Non riuscirono a impedire che la gente s ' accorgesse che fra loro , stretto fermamente , c ' era un giovane . Corremmo in molti dietro a quel gruppo , lungo le scale che portavano al seminterrato . Altra gente era lungo i corridoi , o all ' uscita . Gridavano che volevano ucciderlo , linciarlo . Un uomo in abito da sera si scagliò contro la linea degli agenti mentre Shiran veniva caricato sulla macchina , ma non fece in tempo a raggiungere il bersaglio con il suo pugno alzato . Quando tornammo su , nella sala stampa , attraverso i vari racconti e le testimonianze si stava ormai ricostruendo in ogni particolare quello che era accaduto . Uscimmo dall ' Ambassador verso le due di mattina . C ' erano ancora i sostenitori di Rafferty , con le loro pagliette colorate , i manifesti bianchi e verdi , e le facce più severe che addolorate . Il piazzale era deserto , solo alcuni agenti di polizia controllavano nervosamente che nessuno entrasse nell ' albergo . Avevo voglia di insultarli . Al di là del cancello , ricominciavano i boulevards e le freeways , il traffico sembrava normale , monotono , meno di un miglio più avanti , sul Wilshire Boulevard , s ' accendevano le torce rosse della polizia , la strada era sbarrata dalle lines gialle . Kennedy era all ' ospedale . Poi vennero l ' attesa , il viaggio da Los Angeles a New York , la folla di San Patrizio , il treno verso Washington , la tomba di Arlington . Come sembrava insopportabile , l ' America , all ' improvviso . E come sarà difficile riconciliarsi con lei , dopo quella notte all ' Ambassador .
StampaPeriodica ,
Gast e Fanny si conobbero un giorno nella giungla di Nagepur , in drammatiche circostanze . Fanny era la figlia di mister James Bordley , imprenditore inglese che da alcuni anni aveva assunto importanti lavori stradali in India , e possedeva un elegante bungalow , nei pressi di Nagepur piccolo posto abitato da operai indigeni e da alcune famiglie europee . A venti anni Fanny Bordley era una bella ragazza , a cui tutti volevano bene per la sua bontà e la sua cortesia . Gli Indù la salutavano con una specie di adorazione , quando la incontravano mentre scendeva , sola , al vicino affluente del Gange , dove amava recarsi spesso a pescare in una barca legata dentro una breve insenatura , sulla quale le grandi piante stendevano un ' ombra deliziosa . Ed ella godeva , talvolta , di raccogliersi in quell ' angolo fresco e tranquillo , a leggere , mentre la canna restava abbandonata con la lenza immersa e l ' esca senza preda , per la scarsità del pesce . Un pomeriggio la sua attenzione , tutta presa dalle pagine di libro , fu improvvisamente attratta da un guaito , a cui seguirono uno sparo d ' arma da fuoco e un fragore di rami violentemente smossi nella foresta cupa e misteriosa . Palpitando d ' ansia e di curiosità non priva d ' una certa apprensione , ella fissò lo sguardo alla giungla , e tese l ' udito . Passarono alcuni minuti di silenzio , poi Fanny vide comparire un cane che si trascinava a stento verso il fiume , come per sfuggire ad un pericolo o per cercare un aiuto , un conforto . Dalla gola gli usciva un gemito che aveva quasi echi umani . La povera bestia ad un tratto si fermò , guardò la giovane donna , poi si lasciò cadere al suolo , rassegnata . Fanny saltò sulla riva , s ' avvicinò al cane , e s ' accorse che aveva una delle gambe posteriori orribilmente straziata e sanguinante . Ella si prese in braccio il povero animale , lo portò vicino all ' acqua , gli lavò la piaga , e gliela fasciò con la sciarpa di seta che aveva al collo . Il cane lasciava fare , ma nei suoi occhi era una commovente espressione di tenerezza . Caro , ti senti meglio ora ? ... Sì ... Bravo ... Chissà come ti chiami ? Gast ! disse una voce dietro le sue spalle . C ' è il nome costì , sul collare , signorina . Fanny si voltò con un piccolo grido : e si vide lì , a due passi , un giovane che indossava l ' uniforme di ufficiale dei Lanceri , e stringeva per la canna , a guisa di bastone , un fucile da caccia . Grazie signorina , delle cure che avete prestato al mio cane . Deve la sua ferita alla zampata di una pantera nera contro la quale s ' era scagliato coraggiosamente , dopo averla scovata . Ha del fegato , Gast , ve lo assicuro . Ma stavolta s ' è imbattuto in un avversario più forte . Io però ho fatto le sue vendette , poiché la belva è là , ora ; stecchita , con una palla nel cervello . A chi ho l ' onore di parlare ? ... Io sono il tenente Roberto Stuart , dei Lanceri . Fanny disse a sua volta il proprio nome . Gast taceva e guardava ora il padrone ora l ' infermiera , che la fortuna gli aveva fatto trovare , con un ' espressione indescrivibile . Vi era nelle sue pupille una luce di gioia che inteneriva . Strano che abbiate scovata una belva in questi paraggi osservò un po ' preoccupata la fanciulla . Noi non ne abbiamo mai avuto sentore ... Signorina , l ' India è la terra delle sorprese e dei pericoli inaspettati . Bisogna stare sempre in guardia . E sorrise con malizia , il giovane ufficiale . Fanny notò che aveva dei bellissimi denti , e abbassò il volto , arrossendo un poco . Si lasciarono , con un cortese saluto ; il tenente s ' allontanò portando in braccio il suo povero ferito , Fanny rientrò al bungalow . Gast guarì , ma rimase un po ' zoppicante . Il giorno in cui poté riaccompagnare il suo padrone a caccia , la sua gioia non ebbe limiti : sembrava impazzito . E ' nato cacciatore come me , questo caro demonio ! disse l ' ufficiale battendogli con la destra la testa intelligente . Attento Gast a non farti conciare così una seconda volta . Non bis in idem . Ma , appena nella giungla , il cane sembrò dimenticarsi del padrone , e , abbaiando a festa , via , di corsa , verso la piccola insenatura del fiume . Sulla riva si fermò , ammutolito . La barca c ' era , lì ; al solito posto : ma vuota . Roberto Stuart raggiunse il cane e , vedendolo in quella posa malinconica e di delusione , capì . Povera bestia ! mormorò e lo chiamò : Gast , andiamo ... L ' animale lo seguì , svogliato , inquieto , distratto , meritandosi i rimproveri aspri del padrone . Le volte successive fu lo stesso . Gast correva al fiume come un innamorato all ' appuntamento , e sempre restava male , non trovando chi cercava . Anche il tenente era un po ' stupito e quasi offeso di quell ' assenza . Non gli sarebbe spiaciuto di rivedere quella graziosa fanciulla che , nel lasciarlo , dopo la loro strana conoscenza , si era dimenticata , o lo aveva fatto apposta ? ... d ' invitarlo al bungalow , almeno per conoscere suo padre . Che le fosse riuscito proprio così odioso ? ... S ' indispettì , si ingelosì quasi dell ' ostinata e vana predilezione che Gast dimostrava , e decise di scegliere un ' altra zona della foresta per le sue gite cinegetiche . E un giorno , infatti , uscì prendendo un ' altra direzione ; ma sul margine della giungla il cane s ' avviò per lo stesso sentiero di prima . L ' ufficiale lo richiamò inutilmente . Gast si fermava , lo fissava con due occhi supplici , buoni , promettenti , poi riprendeva lento a camminare verso il fiume . Roberto , suo malgrado , dovette seguirlo . Ad un tratto Gast si mise a latrare allegramente , e si slanciò di corsa verso la piccola insenatura vicina ; v ' era la barca , e sui cuscini della sentina , con la testa appoggiata alla prora , Fanny addormentata . Il cane raggiunse la riva e d ' un balzo fu sul bordo dell ' imbarcazione , mentre Roberto , giungendo a sua volta alla sponda ombrosa , s ' arrestava di colpo , esterrefatto . Dall ' alto di un ramo sporgente sull ' acqua , proprio sopra il battello , una grossa liana pendeva , dondolando . Una liana ? ... L ' ufficiale vide meglio ; era un rettile enorme , orrendo , tutto avidamente teso alla preda ignara che già la sua testa dalla fauci spalancate sfiorava . Gast emise un ululo terribile , un formidabile ringhio e si slanciò . In quel momento Fanny si destò e scorgendo quella spaventosa testa vicina alla sua diede un grido straziante . Il serpente dondolò più furiosamente e si contorse : qualcosa si era appeso al suo viscido corpo rotondo : delle punte acute erano penetrate nel suo collo , mordendo a furia , formidabilmente . Allora Roberto Stuart puntò calmo il fucile e sparò due volte , con precisione matematica ... Poco dopo le acque del fiume ingoiavano il corpo inerte di un enorme rettile , e tre esseri felici s ' avviavano ad un civettuolo bungalow : Gast , tutto fiero , avanti ; dietro , al braccio , un ufficiale dei Lanceri inglesi e una bella fanciulla bionda . E si tenevano , questi , per mano , eloquentemente .
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Sono tornato da Praga con disperazione e con rabbia . Dopo aver vissuto per due mesi le speranze e le apprensioni di un popolo , alla cui cultura ho dedicato gran parte della mia esistenza . Tanto più amaro è il mio ritorno in quanto questo magnifico popolo è stato offeso e schiacciato dall ' esercito di un altro paese , della cui letteratura io sono da lunghi anni testimonio ed amico in scritti e lezioni . È tempo di liberarsi ormai di tutte le illusioni e di tutti gli inganni nei riguardi della Russia . È chiaro che la presente avventura sovietica , coperta del solito leucoplasto ideologico , con le sue brutalità e i suoi colpi di teatro , questo miscuglio asiatico di truculenze e di falsi e di minacce e di beffe e di abbracci e di parolone , si inquadra logicamente nella cornice secolare della storia russa , come se nulla fosse cambiato dalla sanguinaria e crudele epoca di Ivàn il Terribile e come se i cecoslovacchi fossero i tartari della città di Kazàn , da lui conquistata . Del resto sia pure così : Kazàn , dicono le cronache del Cinquecento , era una marmitta dentro cui il popolo ribolliva come acqua . Ho trascorso dunque questi due mesi nel Castello degli Scrittori vicino Praga , in continuo contatto coi redattori di « Literarni Listy » , e devo dire che , nonostante l ' ottimismo di alcuni corrispondenti occidentali , le brevi schiarite non hanno mai dissipato dagli animi cecoslovacchi la pesante inquietudine , specie dopo il prolisso ed ambiguo documento di Bratislava . Un orecchio attento coglieva nel tono vagamente rassicurante dei discorsi di Svoboda , Dubcek , Smrkovsky reticenze e circonlocuzioni pervase di angoscia . Ci si aspettava da un giorno all ' altro l ' invasione , e lo scetticismo non si offuscò nemmeno quando fu annunziato dalla stampa che le truppe straniere venute per le manovre se ne erano andate definitivamente . Ci pareva , la notte , riuniti nella sala da pranzo del Castello , di udire un infausto rotolio di carri armati nel silenzio sulla provinciale che lo costeggia . Specie dopo il 18 , quando si sparse la voce che i cosiddetti « alleati » preparavano nuove manovre in territorio cecoslovacco , eravamo certi che una notte ci avrebbe svegliati una nera realtà senza scampo . E infatti così è avvenuto : nella notte tra il 20 e il 21 , appena si seppe che lo straniero avanzava con tutta la sua mostruosa ferraglia e calava dal cielo sull ' aeroporto praghese , gli amici mi convinsero a partire in fretta , prima che fosse troppo tardi , e a dirigermi per strade marginali e poco battute verso il valico di Rozvadov , che porta a Norimberga . Mi dissero : vattene subito , è meglio per tutti noi , potrai meglio aiutarci di fuori che restando qui , in gabbia . Sembra di fare del pathos , ma il congedo dagli scrittori che erano allora al Castello in subbuglio , pieni di astio per la tracotanza dei falsi « alleati » , è stato infinitamente triste , e indimenticabile . In soli trent ' anni la seconda occupazione , con lo stesso fragore di carri pesanti e la stessa tecnica che russi e tedeschi si trasmettono in una gara di emulazione , e questa volta in nome di una « fratellanza » , su cui è ormai posta dai cecoslovacchi una croce . Fratelli : ho finito per odiare questa parola . Correndo in macchina tra le fitte spalliere di boschi della Boemia occidentale , ripensavo alle lunghe , estenuanti discussioni al Castello , durante le quali cercavamo di spiegarci l ' insania sovietica ; ripensavo agli intellettuali a me cari , che avrebbero ora subito nuove persecuzioni ; ripensavo alla solitudine di questo popolo nel cuore dell ' Europa , spezzata in due da una lacerazione irrimediabile . Mi tornava in mente un passo di Jan Prochàzka nel libro Politica per ognuno , uscito da poco : « Ci dicono che stiamo turbando i rapporti con l ' Unione Sovietica e le altre nazioni socialiste , come se contraddicesse il socialismo il fatto che non vogliamo esser sudditi di alcun padrone né padroni di alcun suddito , ma libera terra tra popoli uguali in un mondo giusto . Solo reggendoci sulle nostre gambe , diritti e liberi , possiamo esser buoni amici di amici buoni e disinteressati alleati di alleati disinteressati » . Ma a che è servita questa ininterrotta sequela di assicurazioni , di formule cerimoniali , di asserzioni di fede , di ammansimenti ? Tutta questa strategia di cautele e di attese e di reiterate profferte di amicizia ? Aveva avuto ragione il caricaturista di « Literarni Listy » a raffigurare , in un disegno non pubblicato , Breznev come un rapace Nembo Kid , che si avventa su Praga . Con la ripresa degli attacchi sui giornali della Santa Alleanza marxista si erano accresciute la diffidenza e l ' inquietudine . Il giorno prima dell ' invasione correvano oscure notizie sui movimenti degli aggressori ai confini e sul fatto che Dubcek era stato convocato d ' urgenza da Breznev e che gli alleati tornavano a esigere che il governo cecoslovacco imbavagliasse la stampa e la televisione , spauracchi dei miopi gerarchi , persuasi che l ' umanità debba essere una torpida accolta di servi . È ricominciata , affermavano gli amici , la politica dello spianatoio e del ferro da stiro che livella tutto , risparmiando magari gli anticomunisti , per dissolvere i comunisti dissidenti . Ciò nonostante , e con l ' ansia di far presto , mi ero ingegnato di avere un incontro col capo del governo Cernik , e questi mi aveva promesso di concedermi un ' intervista per « I ] Espresso » . E una vaga promessa avevo ottenuto anche dal segretario di Dubcek per un colloquio , se Dubcek , dopo la partenza di Ceausescu da Praga , avesse avuto un momento di calma . A Cernik il suo consigliere culturale , uno studioso mio amico , aveva trasmesso le quattro domande che qui riporto , come testimonianza di un ' intervista mancata : 1 . Ho ascoltato alla TV alcuni suoi discorsi , signor Primo ministro , e ne ho ammirato la tagliente freddezza e il tono concreto . Eppure molti documenti cecoslovacchi di questi mesi peccano di vuota fraseologia . Non le sembra , signor Primo Ministro , che uno dei principali problemi della nuova società cecoslovacca sia quello di liberarsi dalle vuote frasi roboanti ? 2 . Gli ultimi avvenimenti hanno rimesso in luce le connessioni europee della Cecoslovacchia . Qual è la sua opinione , signor Primo Ministro , sul problema CecoslovacchiaEuropa ? 3 . Dallo scorso gennaio il socialismo cecoslovacco sembra riprendere i temi masarykiani dell ' umanità e della tolleranza . Vede lei , signor Primo Ministro , un nesso tra la dottrina di Masaryk e il nuovo corso ? 4 . Durante la prima Repubblica i rapporti culturali tra Cecoslovacchia e Francia furono più intensi che tra Cecoslovacchia e Italia , soprattutto a causa del fatto che nel nostro paese regnava il fascismo . Pensa , signor Primo Ministro , che la rinnovata Repubblica , nel clima di libertà , cercherà un avvicinamento più stretto con la Repubblica italiana ? Come sembra ozioso tutto questo dinanzi al precipitare delle circostanze . Del resto tutti sentivamo nell ' aria che le cose stavano precipitando . Tra i « misteri » della città d ' oro c ' è anche questo : che le notizie e gli indizi vi si diffondono magicamente , in un attimo . Si sussurrava che i russi , aizzati da Ulbricht e da Gomulka , avrebbero fatto di tutto per ostacolare il congresso straordinario del partito . Ci si lamentava che Dubcek , troppo fiducioso , non curasse di più la sua incolumità personale : quando si recò a Cierna , gli fu chiesto da redattori della TV di farsi proteggere , date le tradizioni sovietiche , ma egli rispose che gli sembrava superfluo , era pronto a tutto . E come lui il popolo , quasi per scaramanzia , voleva evitare ogni misura precauzionale . D ' altronde la coscienza del pericolo non è mai così assoluta , da cancellare del tutto la speranza di salvezza . Ora lo sdegno verso i russi ( gli altri occupanti sono considerati cani al guinzaglio ) avrà toccato le stelle . Ma già negli ultimi giorni della mia permanenza in Cecoslovacchia si veniva mutando in sordo astio l ' indignazione del popolo , sospeso nel vuoto dopo il documento di Bratislava ed esposto , come su un calvario , a salve di calunnie e menzogne . E l ' indignazione è macchina di saldezza per questo popolo , un tempo considerato un ' accolta di piccoli uomini birrosi e tranquilli , da Biedermeier , di figurette da racconti di Capek , e oggi interprete di un dramma eroico che desta lo stupore del mondo e maestro nella tecnica della pazienza e della difesa non violenta . Un popolo che gli aggressori tenteranno di sfaldare , giuocando sui vecchi rancori di famiglia tra cechi e slovacchi , rancori che tuttavia si sono assopiti d ' incanto nell ' ora della minaccia . Ricordo alcune conversazioni del giorno 20 , le ultime . Un amico scrittore paragona il comunismo sovietico a una cipolla : « L ' abbiamo sfogliata per vent ' anni , nonostante il cattivo odore e fingendo che fosse un aroma paradisiaco , nella speranza di giungere un giorno al bulbo , poiché sotto le apparenze negative volevamo toccare la sostanza . E alla fine , con le lacrime agli occhi , ci accorgiamo che anche il bulbo è rozzo e disgustoso » . Un romanziere asserisce : « Non tarderanno a lungo , vedrai . Gli ultimi articoli nei loro giornali sono trombe di guerra . Del resto il meccanismo della dittatura totalitaria non ha altra via d ' uscita . Un regime - laboratorio che estingue l ' intelligenza , riducendo l ' uomo a un numero obbediente , come nel romanzo utopistico Noi di Zamjatin , non può consentire che un piccolo popolo , pur restando fedele al socialismo , deragli dai dogmi e dagli schemi di pietra . E , presumendo di essere l ' eletto , manipola la verità a suo piacimento e offende ogni diritto e vuol essere per di più riconosciuto protettore e fratello . Che differenza c ' è tra Brezncv e Hitler ? Ti dirò di più : Hitler ha appreso la tecnica da loro , dai sovietici , i quali furono i primi ad aprire i Lager e a far professione di intolleranza » . Un poeta mi espone nervosamente una sua forse assurda teoria : « Non mi garba » dice « questo andirivieni dei capi di paese in paese ; questa continua locomozione non promette nulla di buono . Finiranno col prendersi noi e la Jugoslavia e la Romania , giungendo sino ai confini albanesi . Risolveranno tutto in una volta . E sarà la loro fine » . Un altro scrittore mi cita un passo profetico d ' un giornalista ceco del secolo scorso , Hubert Gordon Schauer , il quale , chiedendosi che cosa sarebbe avvenuto se l ' impero austriaco si fosse frantumato e se i tedeschi avessero minacciato la Boemia , scrisse nel 1886 le parole seguenti : « Molti dicono che ci salverebbe la Russia . Ma la Russia è davvero uno Stato amico , sono i russi davvero nostri fratelli , disposti a difenderci ad ogni costo ? E se invece ci sacrificassero al germanesimo , se ci barattassero con assoluta freddezza in cambio della Galizia o dei Balcani ? E se , per un curioso corso della sorte , fossimo loro assegnati e , come fanno ora coi polacchi , ci russificassero o , come coi bulgari , ci privassero dell ' autonomia politica ? So che vi sono alcuni , i quali gioiscono a questo pensiero , ma altri che rifuggono dalla russificazione così come dal germanismo , e per i quali il giogo fraterno è altrettanto sgradevole e forse anche più ripugnante di quello straniero . Vi sono uomini i quali , se si presentasse il dilemma : tedeschizzarsi o russificarsi , rifletterebbero con sangue freddo da qual parte verrebbe maggior giovamento culturale ... » . Il problema è certo cambiato e , dopo l ' invasione sovietica , si pone in termini nuovi : né con gli uni né con gli altri . Ecco perché dall ' inizio delle manovre e ancor più negli ultimi giorni i cecoslovacchi , con risoluzioni e dibattiti , insistono sulla totale neutralità del paese . Fatto è che per almeno cento anni il ricordo dei russi ( per non parlare dei bulgari e dei polacchi ) sarà equivalente a quello dei nazisti , e la stella rossa uguale alla croce uncinata : l ' inconsulta goffaggine dell ' impero sovietico , che si regge sui cingoli e sui cannoni , fingendo di essere eternamente insidiato da eterne controrivoluzioni , ha messo in forse l ' esistenza stessa del comunismo in un paese che poteva diventare il modello di una moderna società comunista . A meno che non si debba concludere che democrazia e comunismo siano inconciliabili . Ma , in questo duello tra Davide e Golia , la corazzata ottusità dei sovietici si è scontrata con l ' inerme tenacia di un popolo che sa essere saldo e compatto come un muro di piombo , uno dei più caparbi popoli della terra , che non tornerà indietro in nessun caso . C ' è da augurarsi che il Golem sovietico dai piedi ferrati abbia il buon senso di ritirarsi e che non perda del tutto la ragione . Se lo straniero dovesse restare nel territorio cecoslovacco , si troverà come nel deserto : la capacità di sabotaggio e di difesa passiva della nazione cecoslovacca è infinita . Siamo agli inizi di una nuova resistenza : scioperi , ostentato disprezzo per gli occupanti , caccia spietata ai collaborazionisti , proliferazione di libere trasmittenti . Una resistenza che si vale delle risorse dei tempi dell ' Austria e del periodo del protettorato nazista e si arricchisce di nuovi trucchi e di strabilianti invenzioni , come il colloquio coi carristi stranieri , per insinuare nei loro animi il dubbio , la distruzione di sigle , targhe , numeri e nomi di strade e cartelli , la segnalazione delle auto degli agenti segreti , e riesce talvolta , con una tecnica collaudata nei giorni del nazismo , persino ad avvisare coloro che stanno per essere arrestati . Nella sua Idea di uno Stato austriaco lo storico ceco Palacky ( 1865 ) affermò : « Siamo stati prima dell ' Austria , saremo ancora dopo di essa » . Potremmo sostituire alla parola « Austria » la parola « Unione Sovietica » . E tutta la fede nella durata e nella rinascita di questo paese , che non vuol vivere , come diceva Masaryk , « sul conto degli altri , dell ' altrui coscienza » , non attenua l ' angoscia per una situazione che , se durasse troppi anni , farebbe della Cecoslovacchia una muta ombra , uno stagno insidioso ma spento , riducendo la sua vita a parvenza di vita , tarpando i suoi impulsi e immiserendo ancor più la sua economia già immiserita da vent ' anni di disastri . Senza pensare ai massacri che deriverebbero da eventuali scoppi di disperata rivolta . Ascoltando ora ogni sera la meravigliosa catena di stazioni cecoslovacche che oppongono la voce della libertà a quella nauseante delle stazioni « collaborazioniste » e « piratiche » , ripenso agli amici , alle loro parole : « Tu tornerai in Occidente , ma noi ... chissà che cosa ci aspetta » . Vorrei nominarli ad uno ad uno , tutti coloro vicino ai quali ho trascorso i mesi più caldi della loro rivoluzione , giornalisti e scrittori , quelli che già lavorano nel sottosuolo e organizzano la lotta clandestina e quelli che sono stati rapiti con metodi da Gestapo . Vorrei rassicurarli del nostro affetto e della nostra ammirazione , dir loro : voi siete la coscienza del mondo . Ma so che le parole , guaste e caricate da troppi abusi , non valgono più nulla .
L’IMPRESA DI DAN ( - , 1933 )
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C ' è qualcuno ! Il pensiero atroce le attraversò il cervello con lo spasimo gelido di una ferita aperta da una lama aguzza e tagliente , e si fermò alle labbra paralizzate , fra i denti inchiodati . La voce era morta lì , in gola , in un grido di spavento improvviso che non aveva potuto uscire . Orfana di padre e di madre , senza parenti a Berlino , dove era venuta qualche anno prima a cercar lavoro , Margherita Staltz abitava , sola , in due piccole stanze su su , nell ' alto di quel casone che pareva un alveare umano che ospitava gente di ogni risma , onesta e disonesta , con visi che le sembravano sempre nuovi . Negli occhi delle donne , quasi tutte brutte e trascurate , ella sorprendeva sempre un ' espressione di curiosità impertinente , di malignità invidiosa ; nello sguardo degli uomini vecchi e giovani , ombre e balenii malsani di cupidigie torve , a volte più chiaramente svelate da goffe o triviali galanterie a cui ella opponeva il suo dignitoso silenzio e un rossore che dava al volto pallido e caldo un ' animazione delicata e più suggestiva . Poiché Margherita Staltz era proprio una bella ragazza dalla testa ai piedi . Provarsi a trovare un difetto , sul serio , in quel suo viso di madonna bruna , in quel suo corpo svelto e morbido , statuario ! Tutti si stupivano che non avesse già un marito , con i suoi ventitré anni suonati o almeno un protettore di quelli ricchi . È una superbiaccia che s ' aspetta forse qualche principe o qualche nababbo ! Così si diceva nell ' alveare . Nessuno pensava che ella potesse essere invece una buona figliola , la quale sognava il suo scampolo di felicità in un ' esistenza quieta e laboriosa , accanto ad un uomo che le volesse bene , proprio sul serio , e a cui volesse un bene uguale anche lei . Margherita Staltz era stata , quella sera , a casa di un ' amica , la quale le aveva fatto fare tardi . Nulla che la mettesse in sospetto aveva notato entrando , e aveva cominciato a spogliarsi per andare a letto . La sua abitazione era formata da una cucinetta e da una camera più vasta , con in fondo , rimpetto alla finestra aperta a guardar un gran mare di tetti , una tenda che nascondeva un ripostiglio . È là che ella aveva , d ' un tratto , veduto qualcosa muoversi , e guardando meglio , perplessa , scorto poi in basso due piedi grossi , d ' uomo . Un tale terrore l ' aveva presa , subito , che non era riuscita ad emettere un grido , un ' invocazione , e ora rimaneva là , mezzo spogliata ormai , immobile , con gli occhi sbarrati e fissi in quelle due scarpe che non sapeva a chi appartenessero ma nelle quali intuiva un nemico , deciso a tutto osare , se aveva potuto nascondersi nella sua camera e come ? per attenderla . Un ladro di denaro o d ' amore ? ... Non sapeva e non osava chiederselo ; eppoi non vi sarebbe neppure riuscita . Tutta la sua vita era concentrata nello sguardo fisso su quei due piedi ignoti . D ' improvviso la tenda si scostò ed un uomo apparve , alto e forte , vestito di scuro , il cappello a cencio calato sugli occhi , un fazzoletto nero sul volto a nasconderlo , per non essere riconosciuto . Ragazza , se sarete buona , se non griderete , disse con tono di voce falsato se non chiamerete aiuto , vi prometto che la vostra vita non correrà alcun pericolo . Non vi chiedo che una cosa sola : spegnete la luce elettrica . Voglio restare al buio ; è necessario . Margherita non si mosse : un ' indicibile angoscia s ' accentuava sempre di più nella sua persona immota . Lo sconosciuto tirò fuori un coltello a serramanico e fece scattare la lama . Vi giuro che , se non spegnete la luce , vi uccido . Sono deciso . Obbedite . La povera fanciulla sentiva dietro la nuca come una mano di gelo , e le parve che la morte fosse già dentro le sue carni , lungo le vie del suo sangue , in uno spaventoso annientamento . Con gesto macchinale , istintivo , fuori di ogni sua volontà , ella sollevò la destra tremante , l ' avvicinò alla peretta della luce elettrica , e premé col pollice il bottone . La camera s ' immerse nel buio profondo e un attimo di silenzio alto e cupo passò . Ad un tratto s ' udirono un urto violento , come di un ' imposta sbattuta contro il muro , un ansito strano , pauroso , un urlo di strazio e di morte , il rumore di una lotta fra due corpi che si rotolano al suolo , poi di nuovo il silenzio . Pochi minuti dopo l ' uscio , spinto con forza , si apriva e due agenti entravano nella stanza e accendevano la luce . Abbattuta sul letto era Margherita Staltz , priva di sensi : ai suoi piedi , accovacciato in olimpica tranquillità , un grosso cane lupo ; sul pavimento , tra il sangue che gli era sgorgato dalla gola squarciata da un formidabile morso , un uomo mascherato . Poco dopo un bel giovane pallido , dall ' aria malata , comparve sulla soglia e camminando a fatica s ' avvicinò alla fanciulla e le posò la mano sulla fronte , in una dolce carezza . Il cane lupo allora si rizzò ed emise una specie di gemito , come di protesta . Bravo , Dan , disse il giovane , tu sei il migliore degli amici , e il più perfetto dei cani . Ti sei meritato tutta la mia riconoscenza . E , volgendosi ai due agenti spiegò : Io abito di fronte a questo abbaino , e conosco la signorina di vista ... Ella non si è mai accorta di me , mentre io ... Sì , voi mi comprendete ! ... Sono convalescente da una lunga malattia , e passo le giornate in casa , vicino alla finestra e la vista di questa gentile fanciulla è per me un raggio di sole . Stasera non potevo coricarmi , non sarei riuscito a prendere sonno : ella ritardava tanto a rincasare ! Eccola finalmente ... Mi son sentito rinascere ; ma improvvisamente ho creduto di morire : un uomo , un bandito , era nella sua camera e stava per farle del male . Ed io non potevo muovermi , non potevo correre in suo aiuto , sebbene solo un breve spazio , fra due tetti così vicini , ci dividesse . Un ' idea mi balenò : il mio Dan , il mio bravo cane lupo , il mio valente cane poliziotto . E m ' è bastato farlo salire sul tetto e indicargli la scena , per vederlo agire con la prontezza e con i risultati che vedete . Poi ho chiamato aiuto e vi ho fatto avvertire . Il vostro nome ? Max Zorn . Oggi Margherita e Max sono marito e moglie e Dan ha due padroni che lo adorano .
Volonté Egalité Fraternité ( Augias Corrado , 1971 )
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Roma . Durante le riprese in Tunisia del film Mattei , diretto da Franco Rosi , accadde un giorno che la troupe al completo si allontanò dal set per una breve pausa . Sul luogo della scena rimase Gian Maria Volonté , solo , a capo chino , assorto nella contemplazione delle proprie scarpe . Sul momento nessuno capì bene quell ' insolita concentrazione , poi Rosi ricordò : il giorno prima aveva mostrato all ' attore alcune fotografie del personaggio e Volonté aveva osservato che Mattei usava sedere tenendo le punte dei piedi molto divaricate . Ciò su cui si stava allenando , mentre gli altri bevevano il loro caffè , era imitare con naturalezza quel tipico atteggiamento di Mattei . L ' aneddoto lo racconta lo stesso Rosi ; sul minuscolo schermo della moviola scorrono le sembianze di Enrico Mattei che è in realtà Gian Maria Volonté mentre simula la sbrigativa durezza del grande manager con la stessa disinvoltura con cui bofonchiava il lombardo sgrammaticato e afono del tragico Lulù in La classe operaia va in paradiso . Descrivere chi è Volonté è più difficile di quanto si creda ; un Volonté vero e unico anzi non esiste neanche . Il Gian Maria in carne , ossa e maglione proletario , comunista militante , nato a Milano il 9 aprile 1933 , è molto più evanescente del meno riuscito dei suoi personaggi . Quando parla , nella vita , fissandosi le unghie , fumando una sigaretta dopo l ' altra , sembra un libro stampato . Stampato , naturalmente , a cura di un movimento rivoluzionario : « il problema è » , « nella misura in cui » , « vorremmo un certo tipo di rapporto » . Poi si veste , si trucca , e diventa un commissario di polizia , un operaio , un Enrico Mattei estremamente persuasivi . Per questo virtuosismo trasformistico , insolito nel panorama degli attori italiani , Volonté è diventato quasi d ' improvviso un caso . Se si vedono i suoi ultimi quattro film ( i tre citati più il Sacco e Vanzetti ) una sera dopo l ' altra non ci si sottrae al dubbio di trovarsi ancora una volta di fronte a quel fenomeno molto italiano del mostro che viene dal nulla , di quello molto bravo ( a correre , a elaborare equazioni , a giocare a bridge ) con alle spalle non una schiera di concorrenti battuti ma semplicemente il deserto . Come si spiega insomma che ci ritroviamo un attore di livello mondiale mentre nessuno lo aspettava ? Nel 1969 Gian Maria Volonté , partecipando a un dibattito dell ' « Espresso » sulla condizione dell ' attore aveva fatto propria una dichiarazione della Società attori italiani ( SAI ) nella quale tra l ' altro si diceva : « La categoria degli attori ormai da tempo ha preso coscienza che i concetti di " arte " , " missione " , " sacrificio " ecc. sono strumenti di repressione usati dal potere » . Per fortuna la « presa di coscienza » dettata dalla concitazione di quel periodo Volonté l ' ha dimenticata rapidamente . La strada che invece ha seguito è stata esattamente quella opposta e non c ' è dubbio che buona parte della sua valentia , egli la debba proprio all ' applicazione singolarmente tradizionalista e quasi pedante dei concetti di « arte » , « missione » e « sacrificio » . Cominciamo dall ' arte . Chi ricorda le sue vecchie interpretazioni teatrali sa che in palcoscenico Volonté non rende quanto al cinema . Visto tutto intero , al naturale per due ore di seguito , Volonté regge la prova in modo dignitoso e basta ; sul palcoscenico tende a confondersi con gli altri e quando emerge è per una grinta dura e un po ' legnosa non sempre piacevole . Anche la sua voce è raramente memorabile : quel che gli manca è la capacità di modulare dalla « testa » al « petto » e viceversa , quei salti d ' ottava che ancora oggi non si possono ascoltare senza un fremito di corrotto compiacimento . Al cinema invece succede tutto íl contrario . I suoi personaggi sono costruiti a tutto tondo completi di gesti , voce , tic e manie personali . Facciamo il caso di Indagine su un cittadino , la particolare petulanza del tono di voce impiegato dal commissario Volonté per chiamare I ' « appuntato Panunzio » ha continuato ad essere imitata per mesi dopo la proiezione della pellicola . Ma non si possono dimenticare neanche il sorriso furbo e volgare , il modo di pettinarsi , di camminare dondolando le spalle per i corridoi della Questura tra l ' ossequio dei subalterni ; una camminata nella quale buona parte della burocrazia di Stato potrebbe riconoscersi senza battere ciglio . La conclusione naturalmente è che la diversità non è in Volonté ma nel mezzo . Volonté è uno straordinario attore di cinema perché la sua costruzione del personaggio parte dai dettagli e vive di questi . Del resto lo dice egli stesso : « Io comincio dal copione . Ricopio a mano dieci , quindici , venti volte tutta la mia parte battuta per battuta . Serve a farmi capire ogni parola di ciò che poi dovrò dire » . Questo metodo , insolitamente umile , Volonté lo ha imparato dai vecchi attori dei « carri di Tespi » il teatro girovago della provincia italiana , ultimi baluardi del naturalismo privo di complessi . Prima di iscriversi all ' Accademia d ' arte drammatica , nel 1954 , con i « carri di Tespi » Volonté ha recitato tre anni . Aveva diciotto anni , il suo maestro , Alfredo De Sanctis , quasi novanta ; non deve essere stato gin apprendistato d ' avanguardia . Del resto il culto della tradizione non si limita alla copiatura delle battute . Settimane prima che si cominciasse Indagine su un cittadino la casa di Volonté era tappezzata di fotografie di questori e commissari di polizia . Passeggiando tra quei ritratti l ' attore si impadroniva di un dito nel naso , un sorriso arrogante , un mignolo sollevato con finezza sulla tazza del cappuccino . Non si arriva a Ermete Zacconi che vagava per gli ospedali ad osservare il delirium tremens dal vero ma l ' indirizzo è quello . Elio Petri , che e finora il regista che a Volonté ha dato di più , spiega se lo si interroga in proposito che con quel metodo l ' attore arriva alla « ricostruzione critica del personaggio » dopo averlo « demolito » ; insomma fa quasi balenare Brecht . Altri invece ritengono di poter dire che ci si trova di fronte a un caso clamoroso di recupero romantico e naturalista , attitudini che d ' altronde si accompagnano molto bene a quella rivoluzionaria come , per altri aspetti , l ' impiego del dialetto . La domanda anzi è più che legittima : quanta parte della fortuna di Volonté è legata all ' uso del dialetto ? La risposta la dà Franco Rosi : « I maggiori personaggi cinematografici di Volonté » dice « avevano un ' identità facilitata dai loro tic e dal loro dialetto . Non voglio sminuire la sua bravura nelle parti precedenti ma solo dire che interpretando Mattei , Volonté si è messo per la prima volta nelle condizioni più difficili per un attore . Mattei veste di grigio , ha sempre il cappello in testa e la cravatta al collo , non ha inflessioni riconoscibili . Insomma ha l ' aspetto esterno di un italiano qualsiasi . Eppure anche questa è , secondo me , un ' interpretazione di grande efficacia » . Si ricade allora su un ' altra qualità fondamentale del grande interprete : la capacità mimetica . Da questo punto di vista l ' attore è veramente quella canna vuota di cui sí parla e che gli altri costringono ( o che si costringe da sé ) a risuonare in cento modi diversi . Nessun dubbio che anche Alberto Sordi o Vittorio Gassman siano ottimi attori ; il loro limite però è nel dare vita , film dopo film , a tanti diversi episodi di un personaggio sempre uguale a se stesso : il romano un po ' vile di Sordi , il maldestro spaccamontagne di Gassman . L ' agilità di Volonté invece arriva direttamente da una tradizione che consentiva agli attori di un tempo di interpretare con la stessa disinvolta indifferenza Amleto o Come le foglie . Nessuna meraviglia allora se la comicità di Sordi risulta leggermente straniata a Cuneo e incomprensibile a Zurigo mentre della mimica « meridionale » del commissario di Indagine si può godere ugualmente a Roma e a New York . Tutti questi vantaggi presentano un solo rischio : l ' istrionismo , pericolo sul quale Elio Petri è disposto a concordare con il correttivo però che tutti i grandi attori sono degli istrioni : « Barrymore , Marlon Brando , Eduardo , Jouvet , Jean Gabin . La differenza tra un attore e una persona normale è che il primo è capace di catturare il lato istrionesco e farlo diventare riconoscibile , gli altri no » . Vediamo ora il secondo aspetto : la « missione » . Anche da questo punto di vista Volonté ha modelli famosi e anch ' essi , per fatalità , ottocenteschi : Gustavo Modena e la piccola schiera di attori patrioti e democratici che agirono durante il Risorgimento . Gian Maria Volonté non è un patriota ma è sicuramente un democratico , comunque la sua parentela con Modena è evidente . Nel 1831 , quando scoppiarono i moti carbonari , Gustavo Modena abbandonò improvvisamente la sua attività di attore e corse a combattere accanto ai liberali a Rimini e ad Ancona . Nel 1968 , scoppiata la contestazione studentesca , Gian Maria Volonté rompe improvvisamente il contratto per il film Metti una sera a cena e si unisce ai gruppi della sinistra più intransigente . Nel 1839 Gustavo Modena allestisce per la prima volta al Queen ' s Theatre di Londra alcune scene della Divina Commedia . È uno spettacolo che in seguito riprenderà molto spesso perché gli consente di « realizzare il sogno di un ' arte politica » . Nel 1969 Gian Maria Volonté allestisce alla stazione Termini di Roma una scena di teatro di strada con tre personaggi : « il disoccupato » , « l ' operaio » , « la viaggiatrice » riuscendo a coinvolgere tre o quattrocento viaggiatori in arrivo e in partenza . Nel 1849 Gustavo Modena partecipa alla difesa della Repubblica romana ; nelle pause del combattimento recita negli ospedali in favore dei feriti . Durante l ' autunno caldo Gian Maria Volonté alterna recite e dibattiti politici nelle fabbriche occupate , durante scioperi e cortei . Dopo queste attività alcuni extraparlamentari di particolare intransigenza rimproverano a Volonté la sua partecipazione ai primi due western di Sergio Leone con lo pseudonimo di John Wells . La verità è che nella sua carriera Volonté non ha avuto più cedimenti di quanti non ne giustifichi la ricerca iniziale di un ruolo , di uno stile e probabilmente di una paga . Se ha interpretato Per un pugno di dollari , se ha partecipato alle avventure di Maigret in televisione , se ha recitato Goldoni è anche vero che nel 1960 Volonté ha fatto in teatro Sacco e Vanzetti , nel '62 ha girato Un uomo da bruciare ( storia di Salvatore Carnevale ) , nel '63 Il terrorista , nel '64 ha messo in scena Il Vicario di Hochhuth nel retrobottega della libreria Feltrinelli di Roma dopo che la polizia ne aveva impedito la rappresentazione in teatro . « Io » dice oggi Volonté « scelgo i film che devo fare e se non è un soggetto impegnato in un senso politico preciso non lo faccio . » Dopo l ' arte e la missione , l ' ultimo aspetto è il « sacrificio » . L ' argomento è delicato poiché il sacrificio di Volonté è soprattutto economico e il rischio è di fornire non dati o valutazioni ma pettegolezzi . Comunque poiché si sa che un attore , come d ' altronde ogni altro professionista , ha una sua quotazione ufficiale , si può anche sapere che quella di Volonté , in puri termini di mercato , si aggira sui 150 milioni a pellicola . Quando interpretò il primo filmi di Sergio Leone , Volonté ebbe come compenso 1 milione e 200 mila lire . Al secondo western Per qualche dollaro in più , 4 milioni e mezzo . Anche se la sua quotazione si è moltiplicata per trenta , quaranta volte in pochi anni , registi e produttori sanno che se il soggetto è « impegnato in senso politico preciso » Volonté accetta di farlo per molto meno , « questo » dice il regista Giuliano Montaldo « a me sembra un vero capitale per il cinema italiano . Un regista anche poco conosciuto sa che se il suo soggetto è buono può contare su un attore di prima grandezza allo stesso costo con cui se ne assicurerebbe uno di secondo piano » . Ma la disponibilità di Volonté non si esaurisce sul set . Come nel film La classe operaia , nell ' appartamento di Volonté è un andirivieni ininterrotto di rappresentanti di tutti i gruppi della sinistra che sono indubbiamente molti e tutti in gara tra loro nel dissimulare la riconoscenza sotto la grinta rivoluzionaria . Chi scrive ha sentito personalmente uno di loro commentare in pubblico : « Però , con quello che guadagna , solo mezzo milione ha dato » . La verità su questo attore è un paradosso : Volonté sembra un tipo di interprete nuovo perché in realtà è talmente antico che si è persa la memoria del modello al quale risale . La sua aderenza al canone del grande attore naturalistico di tradizione italiana è perfetta . Anche ad esempio nel suo modo di comportarsi in scena , prima di cominciare a girare ; nel suo bisogno quasi quotidiano di essere spiritualmente medicato e rassicurato circa i fini del film e l ' ideologia che lo sorregge , o anche a proposito di una vicenda personale , di una conversazione avuta la sera precedente . Elio Petri dice : « Credo che gli attori abbiano lo straordinario incanto di essere come bambini . L ' infanzia è l ' età nella quale si gioca ai travestimenti ; passata quella ognuno assume il suo ruolo fisso , eccetto gli attori che possono continuare a giocare per tutta la vita » .
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Per quell ' uomo ho sacrificato tutto , la mia felicità familiare , la stima dei miei congiunti e dei miei amici , la considerazione pubblica . Nessuno fino ad oggi aveva potuto sollevare un dubbio sull ' onestà di doña Juana Despego , gettare sulla sua persona e sul suo nome un ' ombra . Ora non è più così e non me ne lagno . Di quello che ho perduto mi compensa largamente la gioia che questo amore mi dà . Amo e sono amata . Non è la vita , la vera vita questa ? Ciascuno ha le sue idee in proposito rispose , dopo un momento di silenzio , la persona a cui doña Juana Despego faceva il suo sfogo confidenziale . Io la penso diversamente da te ... ma tu non hai figli e sei stata costretta ad unirti ad un uomo che non amavi ... Ecco le tue scuse . Devi però riconoscere , Carmen , che ho fatto dei grandi sacrifici , per lui ... È vero e speriamo ch ' egli li meriti da parte tua ... Sta ' però in guardia , cara ; Jorge Cablado è un artista e ha le virtù e i difetti della sua classe . È bello , giovane e ha il fascino della voce ... Un giorno diventerà un grande tenore se non si rovina ; lo dicono tutti i competenti . Ma è esposto a continue tentazioni , ed è tanto volubile ... Vuoi un consiglio sincero , da chi ti è proprio amica ? ... Non ti scaldare troppo , non ti fare soverchie illusioni , legami come questi si annodano rapidamente , ma , spesso , con altrettanta rapidità si sciolgono ... A queste parole doña Juana Despego si drizzò , rigida e pallidissima , dinanzi all ' amica A Jorge ho dato tutto quello che di più prezioso possedevo , disse con tagliente freddezza , e l ' ho dato con l ' entusiasmo del mio cuore e la dedizione della mia anima , gli sono fedele , e lo credo a me fedele altrettanto . Guai a lui se mi ingannasse ! L ' amica l ' afferrò di scatto fra le sue braccia e la strinse a sé . Cara , cara ... mormorò Sei bella così , e non so quale uomo potrebbe non amarti ... Per il bene che ti voglio mi auguro di ingannarmi . Si separarono . Rimasta sola , doña Juana Despego si buttò a sedere su una poltrona , si prese il volto tra le mani e ruppe in pianto . Mi ha avvelenata l ' anima quella donna , gettando nella mia fede il germe del dubbio ... La gelosia ! E se fosse proprio come Carmen mi ha detto ? Jorge Cablado però si mostrava così innamorato della bella dama la più bella e corteggiata di tutta Mendoza che ella preferì abbandonarsi alle sue illusioni di prima . Qualche tempo passò in questa dolce fiducia , quando una lettera anonima rivelò a doña Juana la crudele verità : il bel tenore la tradiva , un ' altra donna era entrata nella sua vita ; con la forza di un nuovo amore o con la fatuità di un capriccio ? ... Che importava ? Ella si sentì crudelmente offesa , umiliata e con l ' istinto della sua razza , che le riuniva nelle sue vene sangue spagnolo e sangue indiano , sentì germogliare , indomabile , il desiderio della vendetta . La lettera anonima era precisa nei particolari : « Jorge non conosce , né ha mai conosciuto , la fedeltà : in ogni città dove si reca per cantare , miete nel campo femminile ... Evita le avventure fra le belle compagne di scena , perché troppo compromettenti ; ma fuori ! ... Voi , doña Juana , potete constatarlo , recandovi di nascosto a Conception , ove egli attualmente canta , e verificare i motivi delle sue visite in via della Cruz Roja » . Avuta la prova della triste verità , doña Juana Despego non pianse , non si disperò , non supplicò . Attese . Jorge Cablado ritornò a Mendoza . Vi doveva cantare , fra l ' altro , la Tosca . I due si rividero , e da entrambe le parti la finzione fu perfetta ; nessuno si sarebbe mai accorto che l ' antico sentimento profondo era morto fra loro . La bella tradita non mancò una sola volta alle rappresentazioni . All ' ultima replica di Tosca , prima che lo spettacolo incominciasse , ella ricevette la misteriosa visita di un individuo che prendeva ogni precauzione per non essere notato . Ebbene ? domandò all ' uomo che le compariva dinanzi . - Tutto pronto ? Sì , señora , i fucili , carichi a polvere , sono stati sostituiti poco fa con altri carichi a pallottola , e l ' uomo che voi odiate cadrà come Cavaradossi , ma colpito da piombo autentico . Nessuno sospetta di nulla . Le armi sono state inviate al teatro col pretesto che quelle già adoperate si erano guastate e perciò dovevano essere sostituite . Il custode , non avendo nessun motivo di sospetto , le ha ritirate , ed ha consegnato in cambio quelle vecchie . Tutto andrà a seconda dei vostri desideri . Doña Juana prese da un forziere un pacco di biglietti di banca e li consegnò al misterioso visitatore che ringraziò e , salutando profondamente , si allontanò , con le stesse precauzioni che aveva adoperate venendo . Calma , silenziosa , decisa , la vendicativa signora indossò il suo più bell ' abito da sera , quindi si recò a teatro prendendo posto nel suo palco . Lo spettacolo si svolse senza alcun incidente . Cavaradossi cantò la celebre romanza con un ' espressione ancor più appassionata del solito , e quando giunse il plotone di gendarmi che doveva fucilarlo , andò a porsi al consueto posto , con la serenità di chi non ha il minimo sospetto . Osservandolo , doña Juana , ebbe un attimo di commozione , e sentì una voce interna che le diceva : « Impedisci l ' orribile dramma , finché sei ancora in tempo ! » . Ma la selvaggia natura che in lei sopravviveva , l ' orgoglio e l ' amore offesi , la voluttà crudele della vendetta ebbero il sopravvento . No , deve morire ! mormorò a denti stretti . Ecco il momento atteso : i fucili si levano , si abbassano , prendono la mira . Nel palco , doña Juana , livida in volto , si ritrae un poco , comprimendosi il cuore : le sembra che ella morrà , con lui , con l ' uomo che tanto ha amato e odiato , uccisa dal dolore e dal furore . Il comando di morte è dato , eppure i gendarmi sulla scena hanno un attimo di esitazione ... Si direbbe che sentano di non dovere sparare . Poi una scarica e Cavaradossi cade , avanti , come le altre sere , senza un grido . Magistralmente ! Doña Juana si cela il volto nelle mani , mentre il sipario cala e l ' uditorio prorompe in applausi frenetici . Poi la tela si rialza . Doña Juana solleva gli occhi e guarda . Jorge Cablado è là , ritto , sorridente , e s ' inchina a ringraziare , dando la mano a Tosca . Che è avvenuto ? ... Una mano misteriosa , poco prima , aveva consegnato al direttore di scena un biglietto con queste parole : « Per carità , fate sparare in alto ; le armi sono cariche a palla , per vendetta contro Jorge Cablado » . E il direttore di scena aveva dato l ' ordine in tempo . Doña Juana Despego non aveva avuto la mano felice , nello scegliere il suo complice . Era caduta sopra un ammiratore di ... Cavaradossi !
Che faranno senza Nasser ( Gambino Antonio , 1970 )
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Quante volte negli ultimi quindici anni si è provato ad immaginare in che modo Abdel Gamal Nasser sarebbe uscito dalla scena politica ? Pochi ammettevano che egli sarebbe morto , come invece è avvenuto , per malattia naturale , nel suo palazzo presidenziale del Cairo . Specie in Italia dove un buon numero di commentatori politici e uomini pubblici sembrava non aver dubbi in proposito : il presidente egiziano avrebbe finito i suoi giorni in modo violento , vittima di un attentato da parte di uno dei suoi molti nemici o processato sommariamente e giustiziato come si conveniva ad un « dittatore fascista » del suo stampo . Coloro che a lungo hanno detto e scritto queste cose , con incredibile e puntuale monotonia ( anche se oggi tendono a dimenticare simili giudizi ) non dimostravano solo una approssimativa conoscenza della natura del fascismo ( che come movimento reazionario di massa , antioperaio e antisindacale , presuppone l ' esistenza di una società industriale sviluppata ) ; ma ancor più rivelavano di ignorare le tradizioni , le strutture sociali e culturali , i problemi e quindi le condizioni di vita politica dei paesi arretrati del Terzo Mondo ai quali l ' Egitto indubbiamente apparteneva e ancor oggi appartiene . Le masse che la sera di lunedì , al momento in cui radio Cairo ha dato l ' annuncio della morte di Nasser , si sono riversate piangenti nelle strade e nelle piazze della capitale egiziana , hanno dato la migliore risposta circa il carattere dittatoriale del governo dell ' uomo appena scomparso . Il fatto tuttavia che questi giudizi abbiano a lungo prevalso specie in Italia , ha avuto un peso notevole nell ' evoluzione politica del Medio Oriente . Solo in uno sfondo di estremismo si possono spiegare infatti le successive decisioni « punitive » dell ' Occidente , dal rifiuto della vendita di armi della primavera 1955 all ' improvviso ritiro del finanziamento per la diga di Assuan , fino alla follia della spedizione anglo francese di Suez dell ' ottobre 1956 e alla guerra fredda degli anni successivi . Nessuno può sapere quali , in circostanze diverse , sarebbero stati gli sviluppi di questo scacchiere così delicato e fondamentale . È certo che a distanza di anni , dopo tutto quello che da allora è successo nel mondo , dopo che le potenze ex coloniali hanno dovuto incassare ben altri colpi al loro orgoglio e al loro prestigio , appare chiaro che col suo boicottaggio verso il leader dei giovani ufficiali egiziani l ' Occidente dimostrava solo la propria inadeguatezza a comprendere il moto storico di fronte al quale si trovava , la propria incapacità ad accettare il tentativo dei popoli sottosviluppati di liberarsi dai vincoli e dalle servitù a cui ancora erano sottoposti . Le maggiori doti di intuizione furono dimostrate , in quegli anni decisivi , dai dirigenti del nuovo Stato ebraico , nato da poco in Palestina . Sono ormai alcuni anni che David Ben Gurion non nasconde la sua ammirazione per Abdel Gamal Nasser , gli attribuisce in pubbliche dichiarazioni e interviste la qualifica di grande uomo di Stato e di vero patriota . Se queste frasi dimostrano un ripensamento e una correzione di precedenti errori di valutazione , vanno accolte come tali . Ma i fatti dimostrano che furono proprio Ben Gurion e gli uomini a lui più vicini , che sono poi quelli che costituiscono l ' attuale gruppo dirigente israeliano , ad indirizzare i rapporti tra Tel Aviv e il Cairo in una strada senza uscita e a non apprezzare le opportunità che offriva l ' ascesa al potere dei giovani ufficiali autori del colpo di Stato contro Faruk . Salito al potere con un programma di riforme interne , Nasser cercò infatti , nei primi anni del suo governo , di smorzare i risentimenti nati dalla guerra anti - israeliana del 194849 . Questa azione avrebbe avuto successo ? A poco a poco si sarebbe arrivati ad un modus vivendi accettabile da entrambe le parti e infine ad una vera pace ? Difficile oggi dirlo . È però accertato che , mentre una parte dell ' opinione pubblica e della stessa classe dirigente israeliana ( compreso il primo ministro del periodo a cavallo tra il 195455 Moshe Sharett ) cercava di approfittare della situazione favorevole per raggiungere un ' intesa col Cairo ( ed in effetti in quei mesi vi furono contatti indiretti tra egiziani e Israele attraverso l ' ambasciatore indiano al Cairo , lo storico K.M. Panikkar , e il leader socialista maltese Dom Mintoff ) , Ben Gurion e i suoi amici si muovevano in direzione esattamente opposta . I loro sforzi si concretarono prima nel complotto che va sotto il nome di « affare Lavon » ( il tentativo di organizzare , nell ' estate del 1954 , una serie di attentati in edifici di proprietà inglese e americana in Egitto , in modo da spingere Londra e Washington a scagliarsi contro Nasser e possibilmente ad abbatterlo ) e poi , otto mesi più tardi , nella spedizione punitiva contro i campi dell ' esercito egiziano a Gaza che , in risposta ad un limitato incidente di frontiera , provocò la morte di 38 soldati del Cairo . Ben Gurion in quel momento era ritornato al governo , come ministro della Difesa , esattamente da due settimane . Otto mesi più tardi avrebbe sostituito Sharett alla testa del governo . La macchina che nell ' ottobre del 1956 doveva portare alla prima campagna del Sinai era stata ormai messa in moto . L ' occasione propizia offerta dalla formazione al Cairo di un governo di uomini nuovi e non legati all ' impostazione del passato era stata definitivamente perduta . Dovevano passare esattamente undici anni , con in mezzo una nuova guerra , perché si tornasse a creare una situazione altrettanto suscettibile di sviluppi positivi . Nella primavera del 1967 Nasser , forse ingannato dai siriani , forse spinto dai russi , certo preso in un ingranaggio che presto non sarebbe riuscito più a controllare , aveva posto a Israele , con la chiusura dello stretto di Tiran , un ultimatum che lo Stato ebraico , non a torto , considerava inaccettabile . La guerra che era scoppiata all ' inizio di giugno aveva avuto per l ' Egitto e per l ' intero fronte arabo conseguenze disastrose . Ma a distanza di due mesi , nonostante la rapida ricostruzione del suo esercito da parte dell ' URSS , Nasser appariva disposto a trarre le conseguenze da quanto era accaduto . Nonostante le apparenze e gli slogan propagandistici ( i tre no : alle trattative dirette , al riconoscimento di Israele , ad un trattato di pace ) fu esattamente questo il significato del vertice arabo di Kartum . Nasser si separava dagli estremisti , smentiva pubblicamente i palestinesi che , attraverso il loro screditato leader Shukeri , seguitavano a invocare la distruzione di Israele , e si dichiarava partigiano di una « soluzione politica » . La vera portata di questa scelta apparve chiara nel giro di poche settimane , quando il governo del Cairo dichiarò di accettare senza condizioni la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell ' ONU del 22 settembre 1967 ( mentre israeliani , e siriani , si rifiutavano di fare altrettanto ) . Si può dire che da allora questa decisione abbia sempre costituito il filo conduttore della politica del Cairo . Sia pure attraverso gli alti e bassi dettati dalla tattica diplomatica e dalle complesse necessità della situazione interna e internazionale , Nasser ha insistito sulla possibilità di trovare un accordo negoziato , ha spostato il discorso dal problema dell ' esistenza di Israele a quello delle sue frontiere , fino ad accettare , nel luglio scorso , il piano Rogers e a tentare , pochi giorni prima della sua scomparsa , la mediazione del conflitto giordano . Questa ultima iniziativa e gli avvenimenti che l ' hanno immediatamente preceduta presentano aspetti ancora tutt ' altro che chiari . Per i primi due giorni dello scontro tra i beduini e i movimenti di resistenza di Arafat e di Habash , il Cairo tace ; solo al terzo giorno , quando si profila il massacro dell ' intera comunità palestinese , l ' Egitto interviene per ammonire Hussein e per arrestare i combattimenti . Nel complesso Nasser sembra desiderare non la distruzione della guerriglia ma certo un suo ridimensionamento , possibilmente sotto la guida del suo leader più moderato Yassir Arafat . Realisticamente il leader egiziano si rende infatti conto che , mentre una pace in Medio Oriente non potrà mai essere trovata se non verranno riconosciute le giuste esigenze del popolo palestinese , chiedere la formazione di uno Stato unitario di arabi , ebrei e cristiani ( come vogliono Habash e Hawtmeh ) equivale ad allontanare per sempre ogni prospettiva di soluzione negoziata . Il discorso di Nasser si interrompe a questo punto e i dubbi che esso avrebbe potuto essere proseguito fino al conseguimento di un risultato positivo sono , oggi non meno di ieri , legittimi . Ci si può chiedere infatti se Israele avrebbe mai finito per rinunziare alle sue aspirazioni annessionistiche , se l ' intera comunità palestinese avrebbe accettato la leadership di Arafat , se Hussein non avrebbe ancora una volta ceduto ai suoi estremisti decisi a raggiungere un accordo con Tel Aviv sopra i cadaveri della guerriglia , se la Siria avrebbe mai abbandonato il campo degli intransigenti . Ma nel caos della situazione mediorientale quello del leader egiziano rappresentava il solo filo logico , il solo punto di riferimento per chi mirava ad una sia pure lenta e progressiva pacificazione . Ora invece le forze centrifughe rischiano di prevalere in ogni campo . I n primo luogo tra i palestinesi . Nasser , infatti , con il suo immenso prestigio poteva coprire Arafat nella fase difficile di sganciamento dagli slogan massimalistici e di avvicinamento a tesi più compatibili con la reale situazione e con i reali rapporti di forza . Sadat o qualsiasi altro leader del Cairo non potrà fare altrettanto . Per quanto riguarda il futuro dell ' Egitto , ogni ipotesi è possibile . Si potrà assistere alla riapparizione di vecchie forze politiche ( come i Fratelli musulmani ) , ad una lotta per il potere tra le varie tendenze dell ' esercito e l ' Unione socialista araba o , infine , alla caduta del paese in uno stato di disgregazione e di tensione . Né si può infine escludere che , sotto la guida di un nuovo leader o di un nuovo gruppo dirigente , l ' Egitto tenda a ripiegarsi su se stesso e , anche per la pressione dei russi ( interessati alla riapertura del canale di Suez ) , finisca per accettare una forma di pace separata con Israele , abbandonando completamente i palestinesi al loro destino . In questo caso quello dei palestinesi si declasserebbe ad un semplice problema di « polizia interna » per Israele . A prescindere da ogni considerazione di carattere morale ( la storia conosce di simili infamie ) è difficile credere che è su queste basi che il Medio Oriente potrà mai raggiungere una vera pace .
COI MINUTI CONTATI ( - , 1940 )
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Stabilito da alcuni anni nell ' Africa Equatoriale , Giovanni Lauri abitava con la moglie e il giovane figlio Federico in una solitaria piantagione , ove aveva costruito egli stesso con l ' aiuto di alcuni indigeni , una piccola casa usando i materiali che gli era stato possibile raccogliere nei dintorni , tra il fango cretoso , i ciottoli di un fresco torrente che scorreva poco lontano , e il legname che la foresta abbondantemente gli forniva con la infinita varietà della sua vegetazione . La scelta del luogo gli era stata suggerita da una scoperta che aveva fatto un giorno percorrendo le rive del piccolo corso d ' acqua , nelle cui arene aveva visto scintillare , sotto i raggi del sole , delle pagliuzze d ' oro , indizio promettente di un lontano giacimento aurifero . E ' una vita di sacrificio , ed anche di pericoli che io v ' impongo conducendovi con me , aveva detto il brav ' uomo alla moglie e al ragazzo ; ma il miraggio di una probabile ricchezza che io del resto agogno soprattutto per voi due , che siete la mia gioia e lo scopo della mia esistenza , mi ha indotto a prendere questa decisione e spero , con l ' aiuto del Cielo , che di essa non avrò a pentirmi . Io e Federico siamo lieti e orgogliosi di dividere con te la dura vita dei colonizzatori e dei minatori , sia fortunato o disgraziato l ' esito di quanto tu intraprendi , era stata la risposta semplice e affettuosamente spontanea della brava donna . Ho avuto per un momento un trepido dubbio per il nostro figliolo che è ancora così giovane ... ma egli ti assomiglia tanto nel fisico gagliardo e nell ' animo audace , e sa essere nella sua intelligenza già così pronto e avveduto , che non ho esitato ad accogliere con piena fiducia la tua proposta . Sei un angelo ... Sono semplicemente tua moglie , cioè una donna che ti vuol bene e che ha fiducia in te . Se tu non mi avessi chiesto di seguirti io e il ragazzo saremmo venuti con te di nostra volontà , senza neppure chiederti dove ci avresti condotti e quale sarebbe stato il nostro destino . Così nella dimora solitaria della foresta equatoriale la vita di quella brava gente si svolgeva felice e piena di speranze . Ogni giorno il Lauri , con due indigeni che avevano accettato di dividere la sua sorte qualunque essa avrebbe potuto essere , si recava ad esplorare le rive del torrente , a frugarne le sabbie a palmo a palmo , riportando dall ' estenuante lavoro purtroppo scarsi frutti , i quali tuttavia erano sufficienti a non far perdere loro la fiducia in un successo che li ricompensasse del sacrificio . La moglie e il figlio restavano ad attenderlo nella casa . Ripetutamente Federico aveva supplicato il padre di condurlo anche lui a prendere parte alle ricerche dell ' oro , ma ne aveva sempre avuto un rifiuto con parole che lo persuadevano subito . E chi resterebbe a tener compagnia a tua madre , e a difenderla in caso di bisogno ? Il piccolo uomo si era sentito inorgoglire per quella missione di fiducia e non aveva insistito più oltre . La giornata volgeva al tramonto . La moglie del Lauri stava preparando in cucina la cena e il figlio le dava una mano ad aiutarla , quando s ' udì alla porta chiusa un colpo come se qualcuno avesse picchiato . I due si guardarono un po ' stupiti , poi la donna domandò : Chi è ? Nessuno risponde ma si ode un altro urto ancora più violento , che fa scuotere l ' uscio e torcere un poco il chiavistello di ferro , a cui già mancava qualche chiodo . Mio Dio ! esclama la donna . Chi mai può essere ? Un nuovo forte colpo investe ancora la porta e fa saltare del tutto il chiavistello ma il battente non si schiude del tutto , poiché con un balzo improvviso Federico si è buttato contro di esso e puntandovi le due mani a braccia tese , coi muscoli già virilmente formati turgidi e duri come corde , la gamba sinistra in avanti piegata ad angolo , la gamba destra tesa indietro e puntata saldamente sul pavimento ineguale , la spinge resistendo al misterioso assalto che fa impeto dal di fuori . Mamma , aiutami ... C ' è un leopardo ! La voce del ragazzo non ha un tremito : il suo volto è rosso per lo sforzo ma senza ombra di paura , i suoi occhi si volgono alla finestra aperta , protetta da sbarre incrociate di legno , a guardare il sole che sta per scomparire . Mamma , aiutami ... bisogna resistere ancora qualche minuto , forse non più di cinque ; poi verrà il babbo a salvarci . La donna , vincendo il terrore e l ' angoscia da cui è presa , si slancia a sua volta accanto al coraggioso figlio cercando di fare appello alle forze che le mancano e gettando il peso del corpo contro la porta che a poco a poco sembra dover cedere al forte formidabile nemico che vuole entrare . Coraggio , mamma ... il babbo sta per venire ; egli ci salverà , vedrai . Dio ti ascolti , figlio . Ne sono sicuro , sai . La madre si sente presa da un nodo di angoscia , immaginando nelle strane parole del suo figliolo una repentina aberrazione mentale prodotta dallo stato d ' animo in cui il suo coraggioso atto lo ha gettato ; ma nel guardarlo con gli occhi che le si gonfiano di pianto lo scorge così pieno di risolutezza e insieme di calma , da sentirsene tutta dominata . Ma è la fine . I due assaliti già sentono di non potere più oltre resistere , quando uno dopo l ' altro echeggiano due colpi di fucile , ai quali fa eco un urlo feroce del leopardo che si divincola per alcuni istanti , poi si rovescia al suolo dibattendosi negli ultimi aneliti dell ' agonia . Marta ... Federico ... s ' ode gridare da fuori . Babbo , babbo , corri ... Poco dopo Giovanni Lauri si precipita nella casa per stringersi fra le braccia la moglie e il figlio sani e salvi . Ma dimmi , Federico domanda poi la madre rinfrancata ormai e sorridente , come hai potuto calcolare con tanta precisione il tempo in cui sarebbe ritornato il babbo a salvarci ? È molto semplice , mamma ; dai minuti che il sole metteva a tramontare del tutto , ben sapendo che il babbo ritorna sempre a casa prima che scendano le tenebre , poiché qui , come sai , la notte cala più rapidamente che altrove . Bastava quindi opporre al leopardo una resistenza di pochi minuti , non più di cinque , ed io mi sentivo la forza di poterlo fare , col tuo aiuto . Giovanni Lauri prese fra le sue braccia la testa del figlio e stampò sulla sua fronte un forte bacio . Così ti ho sognato ; e benedico il Cielo di avermi esaudito . Fra pochi giorni lasceremo questo luogo , per trasferirci altrove . Abbiamo trovato il giacimento d ' oro !
StampaPeriodica ,
Benito Mussolini , Duce del Fascismo e Duce ormai di tutti gli Italiani , che vedono in Lui la espressione più alta della stirpe di questo travagliato dopoguerra , dovrà allenarsi a detestare il maggior numero possibile di scrittori , ché tutti , chi più chi meno , chi male chi bene e chi così e così , vogliono e vorranno parlare di lui , della sua vita passata presente e futura . E ' il destino dei grandi uomini , di quelli grandi sul serio , e degli uomini pubblici in particolar modo . Varrà a confortare il nostro Capo e a mitigare il suo disagio nei confronti di tutti coloro che vogliono occuparsi di lui la ebbrezza " nirvanica " che gli dà il pensiero di non appartenersi più , " di essere di tutti - amato da tutti , odiato da tutti - elemento necessario alla vita altrui " e di potersi dare nel crogiuolo della folla " l ' acre e pur tuttavia riposante gioia della solitudine , " più grande di quella che dona il deserto . Il libro Dux scritto da Margherita G . Sarfatti , giunto in Italia dopo alcune fortunate edizioni straniere , è un ampio e vario contributo alla storia della vita italiana degli ultimi tre lustri ed è immune da quelle odiose adulazioni e deformazioni che offendono , non solo la persona di cui soprattutto si parla , ma lo stesso pubblico dei lettori . Dirò , anzi , che si tratta di un ' opera spregiudicata , nelle interpretazioni e nei giudizi , che non sempre potrebbe piacere a Mussolini , se egli non fosse , per una indiscutibile superiorità , al di là del bene e del male e la sua ormai lunga esposizione nella grande vetrina della notorietà non l ' avesse depurato definitivamente così di ogni falsa e borghese pudicizia , come di ogni vana superbia ...