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SCHIAVI O PADRONI? ( FERRERO GUGLIELMO , 1921 )
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Dalla Sicilia all ' Alaska , dagli Urali allo stretto di Magellano il popolo si grida schiavo dei ricchi . A loro volta i ricchi si dicono vittime della insopportabile tirannia del popolo , ormai potente e prepotente per le sue irresistibili pretese . " Io sono schiavo del Capitale " grida il Lavoro , " Il Lavoro è il tiranno più insolente , che sia apparso nella storia " risponde il Capitale . Tutti e due si sentono in catena , e ciascuno maledice l ' altro come il suo carceriere . Chi ha ragione e chi ha torto ? Tutti e due . Ambedue sono incatenati . Né l ' uno né l ' altro si lamentano a torto . Ma nessuno dei due ha ragione di maledire l ' altro come carceriere e aguzzino , perché tutti e due sono schiavi di un terzo tiranno ; degli strumenti che il Lavoro e il Capitale hanno creati insieme , sperando che sarebbero servi docili e ubbidienti . La storia di questo immenso errore è strana e recondita . Nessuno la conosce . Dal principio dei secoli l ' uomo aveva fabbricato gli oggetti che gli occorrevano con le sue mani , facendosi aiutare nella sua casa da pochi servi modesti e docili , il Bue , il Cavallo , l ' Asino , l ' Acqua , il Vento , il Fuoco . Il Fuoco era tra questi servi domestici il più modesto e il più docile . Rannicchiato in un cantuccio della casa , quel vecchio schiavo riscaldava l ' inverno il suo padrone e gli cuoceva ogni giorno il desinare e la cena ; qualche volta usciva con lui , lo accompagnava alla guerra , e lo aiutava a bruciare le messi e le città dei nemici . In compagnia di questi servi , l ' uomo aveva vissuto per secoli , guadagnando il pane con il sudore della fronte , espiando con il lavoro il peccato dell ' Eden . Aveva vissuto poveramente , ma non inutilmente . Poiché in quei secoli ha costruito il Partenone e Nôtre Dame ; ha scritto i Dialoghi di Platone , il Vangelo e la Divina Commedia ; ha scolpito la Vittoria di Samotracia e dipinto la Primavera del Botticelli ; ha fondato l ' Impero Romano , cristianizzato l ' Europa , scoperto l ' America . Ma un giorno l ' uomo fece una meravigliosa scoperta . Quel modesto schiavo che da tanti secoli si rincantucciava sotto la cappa del camino , che gli cuoceva le vivande e lo riscaldava l ' inverno , era un Demone travestito . Sapeva animare e far muovere certi portentosi giganti di ferro , ciechi , sordi , senza cervello , ma capaci , come uomini senzienti e intelligenti , di filare , di tessere , di camminare , di martellare , di tagliare , di cucire , di seminare , di falciare , di scavare la terra ; e quanto più veloci degli uomini ! Infaticabili addirittura . Quei giganti avevano la meravigliosa virtù di scorciare il tempo , facendo in un ' ora l ' opera di un giorno , in un giorno l ' opera di una settimana , in una settimana , l ' opera di un mese . E per di più , essendo di ferro , ciechi , sordi e senza cervello , non conoscevano capricci ! Quando il Fuoco ordinava , subito si muovevano ; e via di corsa , notte e giorno , finché il Fuoco , stanco , dicesse " basta ! " addormentandosi sul suo letto di ceneri . L ' uomo fu inebriato dalla scoperta . Se il Fuoco era l ' animatore di questi giganti di ferro , non era egli padrone del Fuoco ? Se in groppa a quei giganti poteva correre , senza muoversi e senza ansare , la terra ed i mari , aspettando addirittura di salire in aria con gli uccelli e di nuotare sott ' acqua con i pesci , quale dei tesori nascosti sotto la terra potrebbe sfuggire alla sua cupidigia ? Lo spazio , il gran nemico che da tanti secoli opponeva la sua immensità inerte alla irrequieta fantasia degli uomini mal servita da troppe piccole gambe , non era debellato ? Se lo spazio era debellato e se quei giganti erano capaci di fare in un ' ora il lavoro di un giorno , l ' uomo non potrebbe finalmente riscattare la condanna pronunciata nell ' Eden In sudore vultus tui vesceris pane ? Godersi un ' abbondanza crescente a prezzo di un lavoro accorciato ? Insieme con le macchine mosse dal vapore e dall ' elettricità è apparsa nella civiltà occidentale una doppia aspirazione : dominare la terra e la natura ; liberarsi dalla schiavitù del lavoro senza ricascare nelle catene della penuria . Ma questo doppio sogno si è avverato soltanto a mezzo . L ' uomo è oggi il signore della terra e della natura . Ha vinto lo spazio , costretto il pianeta a consegnargli tutti i suoi tesori , anche quelli che aveva riposti nei nascondigli più segreti , spezzato perfino le catene della gravità , levandosi a volo . Ma non è riuscito a spezzare quelle del lavoro : anzi più arricchiva e cresceva di potenza , più affannosamente ha dovuto lavorare . - Con le macchine mosse dal vapore e dall ' elettricità incomincia l ' insonnia del mondo . Qual ' è il tormento comune di tutti , poveri e ricchi , nella civiltà occidentale ? L ' inumana fatica a cui siamo tutti condannati . Noi viviamo nelle comodità e negli svaghi , abbastanza sicuri a paragone dei nostri padri , liberi da molti vincoli e nodi , che una volta parevano inseparabili da ogni esistenza bene ordinata : ma dobbiamo lavorare , lavorare , lavorare ; e non possiamo interrompere l ' opera nostra neppure un minuto per ripigliar fiato . Non solo ognuno di noi deve produrre , ma deve anche consumare , quanto più può , ossia sforzarsi e affaticarsi ancora , fino all ' estrema misura delle sue forze . Chi corre il mondo d ' uno in altro albergo , chi legge , chi va al teatro , al ballo o ad un banchetto sontuoso , chi gioca di braccia e di gambe , chi muta abito in ossequio ad una legge di fastose eleganze , compie uno sforzo che , pur mirando a procurare un divertimento o una soddisfazione , richiede tempo e costa fatica , quanto il produrre ricchezza . La parte del giorno in cui non siamo condannati a produrre ricchezze , siamo condannati a consumare quelle prodotte dagli altri divertendoci , ci piaccia o non ci piaccia . Non siamo quasi mai liberi di vivere a nostro gusto , divertendoci quando ci talenta e riposandoci quando ci garba meglio . Quando ritorniamo a casa , dopo aver compiuto il nostro compito quotidiano , quando usciamo dall ' ergastolo del lavoro a cui ci ha condannati il destino , noi ricuperiamo la libertà . Incomincia allora un altro e non meno imperioso dovere : dar lavoro agli altri , consumando quel che essi producono , con i divertimenti , i giochi , i lussi , le occupazioni intellettuali o artistiche , talora anche con i vizi , le orgie e le disoccupazioni imposte dal costume , dalla voga , dall ' imitazione , dalla vanità , dal rango o dall ' autosuggestione . Quanti si sono alla fine persuasi di doversi disperare per la privazione che li renderebbe invece felici , se fossero liberi ! a quanti i sollazzi e i piaceri sono tormenti imposti ! L ' uomo moderno non è nemmeno più libero di riposarsi quanto dovrebbe per non ammalare . Deve lavorare e divertirsi a prezzo della salute e della vita . " Muori , ma produci e consuma " - gli gridano i tempi . Lavoro e divertimento rubano a poco a poco anche le ore del sonno all ' uomo , che non ha ancora inventato la macchina per allungare il tempo . Come è accaduto questo scambio singolare ? Perché l ' uomo è più schiavo che mai del lavoro , oggi che tanti milioni di schiavi infaticabili , dal corpo di metallo e dall ' anima di fuoco , lavorano per lui ? Perché non ha più neppure il tempo di dormire quando fa in un ' ora quel che i padri in un mese ? Perché il tempo gli scarseggia quanto più dovrebbe abbondargli ? Questa è stata appunto la beffa atroce di quei giganti di ferro . Sebbene ciechi , sordi e senza cervello , quanto furono più furbi del : loro incauto creatore ! Sono riusciti a fare schiavo l ' uomo che li aveva creati per essere da loro servito come un semidio ; e in che modo ? Accendendo in lui desideri e speranze illimitate . L ' uomo può godere dell ' abbondanza in due modi : o contentandosi di meno di ciò che ha , o procurandosi più di quello che desidera ; o riducendo i suoi bisogni , o accrescendo la sua ricchezza . Tutte le civiltà che furono prima della rivoluzione francese si attennero al primo modo ; la civiltà occidentale , da un secolo in qua , al secondo . Inebriata dalla potenza dei nuovi strumenti , la civiltà occidentale è stata presa da una smania insaziabile di nuove maggiori ricchezze . Produrre , produrre , produrre : le parve felicità e gloria supreme . Ma a che gioverebbe produrre tante ricchezze se non si consumassero ? Onde l ' universale schiavitù del produrre e del consumare : del produrre per poter consumare ; del consumare per poter produrre . Oggi la plebe accusa i ricchi di essere insaziabili . È vero : ma sei ricchi non fossero tormentati da questa pazzia di arricchire , risparmierebbero ogni anno una parte delle loro entrate per fabbricare e mettere in movimento nuove macchine ? E se , invece di risparmiarla per fabbricare nuovi giganti di ferro senza cervello . la spendessero in piacere e in lussi , le industrie , l ' agricoltura e il commercio prospererebbero così largamente ? E donde scaturisce l ' agiatezza della plebe moderna , ignota ai secoli precedenti , se non da questa universale prosperità ? I ricchi accusano spesso la plebe di essere incontentabile , di aver sete quanto più beve , di aspirare ormai a tutti i comodi e a tutti i lussi dei ricchi . Ma se le moltitudini si contentassero di vivere ancora all ' antica , povere e semplici , con quali clienti le industrie e i commerci prospererebbero ? Quanti capitali dei ricchi , colpiti da improvvisa sterilità , non darebbero più frutto ? Invano ricchi e poveri si accusano a vicenda di essere tiranni . Oggi non c ' è nella civiltà occidentale che un solo tiranno , ma spietato : quel popolo innumere di giganti di metallo animati dal fuoco , che ci costringono tutti a lavorare e a far baldoria , senza tregua , ci piaccia o non ci piaccia : perché se i poveri o i ricchi , i grandi , la condizione media , o la plebe , volessero vivere più semplicemente , la gran macchina del mondo si fermerebbe . Non le macchine lavorano oggi per soddisfare i nostri bisogni ; ma noi dobbiamo imporre noi stessi , anche quando ci piacerebbe di vivere semplicemente , tutti i bisogni che son necessari , affinché le macchine che noi abbiamo create possano continuare a creare un ' abbondanza che ci tormenta . Tutti soffrono sotto questi tiranni ; nessuno può liberarsene ; e perciò ciascuno accusa l ' altro . Il grande impegno che toglie il sonno alla civiltà occidentale è proprio questo . Non distruggere , come nemici del genere umano , questi giganti di ferro animati dal fuoco , ma neppur moltiplicarli ciecamente , facendo del mondo la loro preda e il loro schiavo . Rifarli servi dell ' uomo che li ha creati , docili al suo cenno . Rompere la catena della loro tirannia . Schiavi dei nostri schiavi o padroni ? Questo è il dilemma . Questa è la prova . Questo è il cimento . Per vincerlo è necessario non dimenticare che la civiltà occidentale è stata incatenata da questi suoi schiavi di ferro e di fuoco , perché prima ha aspirato a una ricchezza e a una potenza illimitate .
ADUNATE E RITI DI MASSE ( APOLLONIO MARIO , 1935 )
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Giova fermarsi su alcune parole fasciste ... La prima di queste forme espressive e quella che condiziona tutte le altre , è la adunata . Sarà perché nella vita militare il segnale di adunata è fra i più allegri e cordiali , sarà perché nel ricordo di tutti è rimasto il senso di un ritrovare attivamente il perché del fare e dell ' essere dopo la precarietà un po ' stupefatta e vuota della pausa , ma la parola suona come uno squillo . Il senso ne è diventato più complesso , dai primi anni dello squadrismo : ha perso la sfumatura combattentistica di chi sembrava ritrovarvi i giorni indimenticabili del sacrificio guerresco ; e a nessuno verrebbe in mente di considerar pausa inattiva la vita " borghese " ; in compenso questa vita " borghese " d ’ ogni giorno acquista una vivacità e una serietà insospettate quando da un momento all ' altro , non la interrompe , ma la riassume e la condiziona , lo squillo dell ' " adunata " ... Ma la più ricca e sintetica di queste " parole " è il saluto al Duce . Due battute che riassumono la storia di un ' epoca , o forse la nostra storia di sempre , fatta di collo - qui animosi fra l ' eroe e la moltitudine . " Saluto al Duce ! " è un comando , e , quasi più che comando , un tèma proposto : è , nello stesso tempo , l ' affermazione della volontà creativa di un Capo . Al comando risponde il grido collettivo , che chiama sulla pluralità concorde dei molti quella volontà e l ' integra in sé . " A noi " era frase ignota nella lingua italiana : forse perché mancava , se non la cosa , la nitida coscienza della cosa ? Comunque è stata ben consacrata in tante pagine , dall ' arditismo ad oggi . Offriamo soltanto rapidi spunti alla riflessione di chi voglia pensare . Si osservi il ritmo dei gesti , nelle adunate , dal " passo di parata " alla marcia di una folla . C ' è qualcosa di animoso e , insieme , di esattamente proporzionato . Il dinamismo non si irrigidisce mai nel meccanismo : c ' è sempre intorno al gesto risoluto la vibrazione di una simpatia spontanea . Lo si confronti con altre forme di parola e di gesto presso altri popoli che hanno capito non solo l ' importanza , ma la necessità di queste espressioni corali . Nella spettacolosità delle adunate russe avverti il senso di una massa amorfa che si plasma pigramente e alquanto passivamente nelle forme indicate da una fantasia di coreografo più che dalla coscienza totale di un politico . Nelle parate hitleriane senti l ' impegno scrupoloso di obbedire a una formula geometrica di cui importa , più che il vivo aderirvi , la esattezza e la validità astratta ...
I CAMPIONATI DI TIRO A SEGNO A ROMA ( FAVIA DEL CORE M. , 1935 )
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Il tiro a segno vive ore splendenti di apoteosi : l ' esercizio delle armi , al quale molti di noi si dedicarono da bambini , più per un pretesto di vita all ' aperto e perché offriva domenicalmente la possibilità di una passeggiata , fucile in spalla , dalla sede cittadina al vicino poligono di tiro , ottiene in quest ' ora eroica della Nazione , il suo posto al sole insieme col riconoscimento ufficiale e con la consacrazione della sua utilità . Il concetto del cittadino - soldato , che con le organizzazioni giovanili del Regime si è venuto decisamente affermando , vede la sua riaffermazione in una grandiosa manifestazione grandiosa per il crisma impresso dalla più alta espressione del Fascismo che ha onorato e potenziato l ' avvenimento , per il numero stragrande dei partecipanti circa diecimila , per la cospicua presenza delle rappresentanze estere circa settecento , per il numero delle prove contemplate dal programma , per le categorie di cittadini alle quali sono aperte le prove stesse [ … ] La presenza di Mussolini alla inaugurazione dei tiri ha fatto felici tutti : dagli alti gradi dell ' esercito , che hanno tenuto sotto la loro egida questa grandiosa manifestazione , alle personalità incaricate della organizzazione , ai concorrenti che non sapevano contenere la loro gioia , ai reparti di truppa in grigio verde . Essi hanno avuto il supremo onore di averlo tra loro tiratore fra i tiratori ed hanno visto in lui , come sempre , il luminoso esempio nella via da seguire . Poi , quando il Duce ha imbracciato il fucile e con polso fermo , e con occhio sicuro ha segnato la " sua " serie di colpi , e quando contemporaneamente al sibilo della sirena il crepitare del fuoco accelerato dei tiratori componenti il plotone d ' onore ha annunciato che l ' ottava gara generale ed i campionati mondiali erano ufficialmente e virtualmente iniziati , l ' ardente passione ha esploso in tutta la sua potenza , ed ancora una volta il Capo del Governo si è trovato al centro di una ardente dimostrazione che superava , con luminosa evidenza , la particolare contingenza confermando che tutto il popolo italiano è oggi più che mai con Lui , pronto ad imbracciare l ' arma al servizio di una Italia grande , rispettata e temuta , come Lui la vuole . Essere forti per essere temuti ! ...
DALLA SANREMO AL GIRO D'ITALIA ( ROGHI BRUNO , 1935 )
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Adesso è in cantiere il Giro d ' Italia . Se la Sanremo imposta le sfide , il Giro le risolve . Il Giro di quest ' anno , inoltre , varrà a stringere i tempi di un ' altra sfida , leale ma strenua , e sopratutto necessaria , nella quale il ciclismo nazionale è impegnato con i suoi atleti , il suo prestigio e la sua organizzazione . C ' è , infatti , da scomporre il rapporto gerarchico che da anni aduggia la più vasta manifestazione ciclistica italiana , tenuta un gradino più sotto dal Giro di Francia , la corsa - caravanserraglio che il settantenne , furbissimo e accortissimo Enrico Desgranges difende con la punta della sua penna icastica e col taglio dei suoi milioni invidiabili . Lotta leale : non si vuole limitare artificiosamente l ' importanza del Giro di Francia , corsa e organizzazione formidabili , nonostante i carnevaleschi apparati pubblicitari . Si diventa più piccoli se , per parere alti , s ' impiccolisce a parole l ' antagonista . Bisogna sollevarsi sulla punta dei piedi e tirare le corde del collo . Lotta strenua : il Giro d ' Italia non vuole essere il suddito del fratello più vecchio . Non può accettare supinamente un vassallaggio insostenibile . Perciò gli organizzatori , con l ' altissimo conforto dell ' altissimo riconoscimento , dànno volontà , danaro , passione per potenziare vieppiù una colossale corsa a traguardi che , al di là del significato atletico , svolge vittoriosamente un ’ autentica opera di propaganda popolare . Dunque un Giro d ' Italia tutto in lettere maiuscole . Lo schieramento totalitario dei corridori italiani . Una rappresentanza in gamba di atleti stranieri . Un elenco ghiottissimo di premi . E il Giro di Francia ? La Federazione ciclistica italiana non ha ancora preso decisioni definitive circa la partecipazione di atleti indigeni alla corsa francese . Finiremo per andarci . È bene tornare là dove Ottavio Bottecchia , con quel suo profilo di sparviero , ha vinto due volte . Ma tornarci da buoni amici , da pari a pari , e non già da tre volte buoni parenti poveri . I tempi del " grazie , veniamo " sono tramontatissimi . Questi sono i tempi del " prima mettiamoci d 'accordo."
L'ALLOCUZIONE DI MUSSOLINI ( FRACCHIA UMBERTO , 1926 )
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... Si è diffuso e consolidato il grande pregiudizio che tra letteratura e politica , tra politica ed arte , sia un dissidio insanabile . Peggio ancora , si è diffusa l ' errata opinione che la politica del Fascismo sia una politica , non dirò antiletteraria , che sarebbe un ridurre il problema a proporzioni troppo meschine , ma negatrice di quei valori intellettuali che nella vita di una nazione sono appunto rappresentati dalla letteratura , dalle arti , e da ogni forma di attività spirituale . In realtà altra invece dovrebbe essere , ed è non appena si esca dalle zone basse e medie della politica , la base dei rapporti fra politica ed arte , fra politica e letteratura . Il principio morale su cui poggiano questi rapporti è quello generale dell ' agis quod agis : e cioè che il buon cittadino , se non è uomo politico , non deve tener dietro alle minuzie dell ' azione politica militante , ma semplicemente considerarsi come un soldato della Nazione , pronto ai suoi grandi richiami ; e per il resto coltivare il proprio campo , qualunque esso sia , senza risparmio né di fede né di fatica , lasciando che gli uomini politici assolvano il loro compito ed esercitino il loro potere . Questo giornale ha dichiarato apertamente , nell ' annunziare or sono sei mesi il suo programma , di aderire a tale principio . Ma afflitti e avviliti da esempi che spesso , nella pratica , hanno smentito la dottrina , vedendoci costretti di giorno in giorno a farci più piccoli e muti dinanzi al trionfante illetterato , le parole che Benito Mussolini ha pronunciate la settimana scorsa non possono non toccarci profondamente . Egli , con poche frasi incisive , il cui accento di sincerità appare chiaro anche alla lettura , ha rotto il cerchio di malevolenza che si stava stringendo a poco a poco intorno a noi scrittori : riconoscendo innanzi tutto allo scrittore italiano una missione nel periodo storico che attraversiamo ; quindi rendendo giustizia ai migliori , col mettere al bando quelli che usurpano la loro fama o nomea di scrittori ... Non si fa " imperialismo spirituale " con i brutti romanzi , con le metriche zoppe , con gli zibaldoni rettorici , con le commedie convenzionali . E quando si vorranno veramente stabilire le gerarchie , si vedrà che proprio i tanto derisi e calunniati " letterati puri , " sono i soli legittimi , degni e validi portatori di un " imperialismo spirituale italiano " che non tenti di risuscitare un passato da ogni vivo intelletto messo in disuso , o di accreditare qualche nuova fama scroccata ...
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Il Carro di Tespi lirico : a sommo del boccascena la sigla del Dopolavoro , impresario che non cerca guadagni e soltanto , senza lesinare sulle spese , vuol dare al popolo la possibilità di godere della buona musica e del bel canto . La funzione educativa e sociale di questo magnanimo impresario che ha come suo il segno del Littorio non ha bisogno di essere dimostrata : chi alla " prima " milanese ha distolto per un momento gli occhi dal palcoscenico per guardare le migliaia di volti allineati in platea ne ha avuto una prova in quell ' espressione raccolta e rapita ad un tempo ch ' era di tutti gli spettatori ... Dopo una recita , anche questa ottimamente riuscita , di Tosca , il Carro di Tespi lirico ha lasciato Milano . Attrezzato con i mezzi più moderni in pochissimo tempo tutto si smonta , si ripiega . Il Carro parte , va altrove a offrire il suo dono spirituale ; parte salutandoci con le note di Giovinezza : di quella musica che fa sonora la nostra passione più viva .
COI LITTORI IN CASA DEL DUCE ( SINISGALLI LEONARDO , 1934 )
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Appena sceso dal cavallo bianco , ha carezzato la fronte della bestia ed è venuto tra noi . È stato circondato da un gruppo di giovani alti e scuri : io ch ' ero distante , riuscivo appena a vedere sul berretto la cordicella di caporale d ' onore . A poco a poco , nel breve spazio che c ' è tra lo steccato del campo ostacoli e villa Torlonia , ho potuto avvicinarmi sempre più , fino a sentire la sua voce . Poi l ' ho visto sorridere apertamente . Si parlava tra noi della sua salute , del suo fiato , del suo occhio . E non riuscivamo a vincere la forte commozione che ci veniva dalla presenza del suo corpo tra i nostri corpi . So che a molte domande , anche semplici , che ci ha rivolte , appena seduti con lui a colazione , noi abbiamo risposto male e assai imbarazzati . La mattina era piena di sole , le foglie lustre e la sabbia . Donna Rachele ci guardava dal terrazzo , gli ultimi due figli erano scesi e osservavano con curiosità la grande " M " nera e la piccola " m " d ' oro disegnati sui maglioni . Era evidente nel Suo volto la grande felicità di trovarsi tra i giovani di sangue migliore , allevati , si può dire , col suo respiro . Giovani tutti sui vent ' anni con " le midolle fatte dei triangoli più gentili . " Ci guardava come animali di razza o modelli . Il suo sguardo veniva sempre più addentro .
ESPRESSIONE DI MUSSOLINI ( GATTO ALFONSO , 1934 )
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Quando Mussolini parla della Patria trova la sua situazione di contemplatore , il sentimento suo più intimo , direi più individuale . Di una estrema realtà la sua Patria è costante : di una posizione nel tempo e nello spazio la sua terra è precisa : figura e storia assunte nello stesso ordine di sguardo . Così il Duce quando parla , si esprime : gli italiani che ascoltano comprendono prima di tutto come Mussolini debba esprimersi in quella forma e non altrimenti : con quelle parole giuste e rilevate , per rendere concreta nell ' azione del linguaggio la sua storia di uomo . La folla in cui Mussolini trova ridestata e precisa di presagi la sua memoria , la sua vita sente la sua animazione disposta allo sguardo del Capo : vi si approssima sempre più , ripopolandosi e propagandosi in sé sola : diventa vero popolo , ma concreto , presente , senza astrazioni . E Mussolini ne ha il senso , allo sguardo aperto , al corpo orientato : Mussolini lo vede , lo misura esistente dal bisogno che ne ha in sé : Mussolini lo chiama per lo spazio che esso occupa e difende , per il lavoro aperto nelle case , nelle scuole , nelle officine . Le città italiane diventano la natura operosa di questo popolo che ha memoria lunga e di un giorno amato interamente si rende piena la vita , e non dimentica più le parole ferme per cui si senti esistere e tremare . Le città continuano , l ' una nell ' altra : tutte le porte aperte alla voce . Il Duce parla : l ' orizzonte è nel giro rapido dei suoi occhi . Non può che vedere come le sue parole diventino l ' attenzione stessa del popolo che le ascolta : l ' unità è assoluta , inamovibile : una vera distesa della Patria . Questo è il sentimento che il Capo realizza per tutti.Quando Mussolini parla del Lavoro , trova il suo destino di uomo , la sua mano , ed il segno di un ' autentica durezza . L ' operaio è richiamato ad una sua qualità , ad un suo bisogno di esprimersi nel lavoro , di esistere per la vita che crea od assicura a tutti ed a se stesso . Le ragioni della società economiche , esatte , e persino meccaniche nell ' individuo che le rende sue , diventano volontari sentimenti ed espressive attitudini . Il Capo che vive di lavoro ha dato agli operai il riconoscimento della loro individualità , della loro intelligenza alla produzione : questi si sono visti esistere per Lui , raggiunti da un compito , da una responsabilità , dall ' evidenza stessa del loro ordine . Anche in questo , Mussolini non ha parlato , ma si è espresso : ha trovato la sua memoria senza rimorsi , la sua vita senza riposo ; si è potuto mostrare al popolo senza le riserve dell ' uomo temperato ed ipocrita per fortuna : ed ha indicato le ragioni della sua volontà , della sua opera nel tempo che dura ed ha durato a realizzarle . Così , nel lavoro , Mussolini ha indicato agli operai il sentimento della vita stessa , il risveglio assiduo dell ' individualità e della fede nei mezzi concessi all ' uomo : volontà , intelligenza , amore dell ' opera . Il Duce si è espresso nell ' unico sentimento in cui ha sempre vissuto : Milano era questa città della sua memoria , del suo lavoro ed insieme la metropoli dei più perfetti operai d ' Europa , dei più instancabili iniziatori di vita : qui , dove la volontà degli uomini è dura , Mussolini ha risentito tutto il suo carattere e l ' esistenza fisica , la virilità dell ' Italia . La piazza era aperta dal popolo dei lavoratori : nell ' immagine della patria , questi erano soldati : nel corpo della terra italiana , questi erano i figli . Ed i legami sintattici , con cui Mussolini è passato a parlare della " preparazione integrale e militare del Popolo italiano , " erano stretti a questa estrema unità di intenti in cui il lavoro assicura la pace e rende preparata ogni guerra . Per Mussolini è questo il punto che bisogna notare i legami precisi della espressione , il passaggio opportuno da un pensiero ad un altro restano congiunti , incarnati all ' unità del loro stato : questa realtà unica brucia le intenzioni , ma assolve i destini . Egli ha parlato di tutti gli aspetti dello Stato per renderlo sicuro nelle relazioni del suo essere e del suo divenire . I rapporti intimi della memoria del Capo sono così leciti e concreti impegni per il futuro . Ma ricordiamo i legami intimi del suo ordine mentale : " Le due cose si tengono . " " Così stando le cose voi non vi sorprenderete che noi oggi puntiamo decisamente sulla preparazione integrale e militare del Popolo italiano . " Sono i rilievi del pensiero dominante di Mussolini : qui l ' espressione diventa inamovibile , cruciale . Ed il popolo è stretto ad un ' attenzione su cui cala anche il gesto del Capo : le sue mani strette , mordenti : il suo volto penetrato dagli occhi . In questa estrema semplicità e precisione di linguaggio , Mussolini determina la intelligenza del popolo , ne coglie la ansia e vi affida in modo aperto le conclusioni più definite . " Il vostro contegno davanti a questa esposizione è così finemente intelligente , che dimostra , e mi riprova , che mentre i metodi di lavoro della diplomazia devono essere riservati , si può benissimo parlare direttamente al popolo , quando si vogliano segnare le direttive della politica estera di un grande paese come l 'Italia." Qui il popolo si riconobbe vivo : tutta la piazza ebbe un tremito umano : il Capo aveva visto , aveva risentito , quasi in un modo fisico , l ' estrema sensibilità della folla . Questa concordia fu un risalto per tutti : l ' ora chiara della sera slargava Milano , liberandola in un respiro di strade mosse dal popolo . Immaginammo l ' Italia imbandierata da questo vento . Ora possiamo dire che davanti al popolo di Milano , Mussolini ha espresso il suo sentimento di Capo , dando alla memoria una sete sempre più tesa di futuro . Tra questi luoghi che seppero la sua vita dura e polemica , in questa terra fedele , il Duce si è commosso ed ha additato , a tutti , la necessità di risentire ancora sveglio e pronto il cuore . Ha ribadito , un ' altra volta , che " gli indifferenti non hanno mai fatto , né mai faranno la Storia . " Noi aggiungiamo che anche la natura li respinge ; anche la morte li trascura . I poeti , gli artisti sanno negare ogni diritto di vero agli esseri inanimati della vita ; sanno negare ogni rifugio di astrazione agli esiliati della morale . I poeti , come gli operai , lavorano per la continuità della vita .
FRA LA GENTE ( - , 1934 )
StampaPeriodica ,
Inconscio esempio dell ' idea di UNO , vive la gente che lavora duramente per proseguire . Senza sbandamenti , accigliata , ostinata , è come la radice che avanza nella terra e non sa di essere radice : sostiene un albero favoloso e crede di essere povera . Sta , ferma nel faticoso tormento perché il sangue è fedele all ' origine . In questa fedeltà tutti si ritrovano : dall ' alto vengono i destinati a ritrovare la terra nel suo più intimo senso , e là trovano altri uomini che li guardano forti e trasognati . Da una parte e dall ' altra sempre sono nuove scoperte e vie nuove di comprensione . Il popolo è attentissimo alla discesa del Duce fino a lui , difficile è disarmare la sua diffidenza , chiede sincerità anche brutale . Nel mezzo stanno muraglie di consuetudini , nebbie senza più nome rimaste da tempi morti , e un vuoto pauroso slocato da occhi brucianti . Ma le antiche epoche ritornano e si riassumono nel nuovo che c ' è attorno . Ora il popolo si trova esposto alla vertigine in una limpidità feroce : chi non ha coraggio muore . Risulta subito che moltissimi hanno coraggio e vivono in silenzio e lavoro . Si svolge l ' avventura , il motivo di una nuova inquietudine è da conoscere . Una folla in attesa vive in una zona popolata di significati fantastici , specchio dei suoi desideri . Ogni senso è teso ad accogliere una certezza , ad indovinare la realtà di un Uomo : veramente qui l ' Italia vive un punto essenziale della sua fatica . Nella città sono le grosse famiglie aggruppate in poco spazio nelle case enormi tutte finestre , cortili , echi , che inventano di continuo con intuizione primitiva una viva figura . La pensano davanti ad ogni fatto , a ogni difficoltà , a ogni dolore , vorrebbero chiedere consiglio per le faccende intime , per questa pena che è andare avanti in quattro , sei , dieci . E Lui va avanti con tutti , migliaia e migliaia . Questo pensiero lo allontana come un gigante improvvisamente rivelato . Allora lo si crea vicino di persona ogni giorno con passione silenziosa e superstiziosa stupefazione , a gara . È un mito modernissimo ; vivo , reso famigliare con un ' ombra non confessata di paura ; come un parente mai conosciuto che stia lontano da noi , lavorando per noi : può essere qui da un momento all ' altro e allora ci troveremo distrutti dalla sua presenza soverchiante opposta alla nostra piccola realtà . Il popolo si è creata l ' immagine dell ' Uomo come un appoggio , ma lo sbigottisce con la sua presenza . Improvvisamente entra in casa , non c ' è neppure il tempo di infilare la giacca , guarda , osserva , sorride e , perdio ! domanda dei figli , della famiglia , della minestra che sta cuocendo . Ha una voce che scava le parole nell ' aria come una costruzione . La base e la vetta si sono ritrovate nella espressione semplice dei veri valori , ora si conoscono . L ' invenzione del Duce era reale , la sua presenza si può accostare a ogni fatto , a ogni esistere essenziale . Arriva al fianco dell ' operaio , al fianco gli lavora , se ne va , parla al popolo , è tra i Balilla , bonifica i territori , nelle case saluta le vecchie e i bambini , lavora la terra con i contadini , governa l ' Italia , fatica . Il popolo allora perfeziona il mito sempre nutrito di fantastiche possibilità e di asprezza nel credere . Non si riesce mai nelle cose belle e inutili al mondo , ma a vivere si riesce sempre , sempre anche feriti ; e questa è la terra nostra degli Italiani dove dovremmo morire quando la consegna lo comanderà . Vivere ! è l ' ordine , e il popolo vive , stringe i denti e vive , urla e vive , soffre e vive ; ride e vive , muore e vive , ubbidisce . Vicina è sempre una presenza che sa di lui il misero interesse , la preoccupazione minuta , l ' affanno di ogni respiro . Ciò rende stupefatti come a una rivelazione soprannaturale , e i giorni ne derivano la piena e rarefatta atmosfera di un rito . La città ancora una volta ha rivelato questo , non tanto da parte di alcuni vecchi crani gonfi e scricchiolanti , quanto da parte dell ' anonimo popolo . Per le strade a ogni ora i passanti si ritrovavano reclute a una vigilia , camminavano con sicurezza , dimostravano di non temere sorprese : chi lavora è sempre primo . Si rinnovò lo sbigottimento delle felici apparizioni e dei contrasti improvvisi ; nelle case visitate i mobili e i cibi e le persone portavano l ' impronta delle ore elette . C ' era nelle espressioni riservate e fedeli degli uomini , delle donne e dei bambini il segno primo della nascita incorrotta o risanata , la persuasione di un credere ostinato . La notte , voglio pensare questi uomini sparsi nelle case , il sonno era corpo ; ma le ultime parole salutavano i bambini e davano a loro con la fiducia del riposo l ' inconscio bene di un mondo pulito e forte . Questa è speranza e realtà insieme .
QUESTA CITTÀ ( TOFANELLI ARTURO , 1934 )
StampaPeriodica ,
Milano ( i Galli la chiamarono Mayland , paese di maggio , ma io l ' avrei battezzata terra di Novembre ) , questa vecchia città dalle espansioni misurate e gli affetti segreti , ha intuito subito il pensiero e il cuore del Capo e gli ha risposto con la forza di cui essa soltanto è capace , con crescente popolarità a mano a mano che la verità si faceva strada . Dall ' Avanti ! , a via Paolo da Cannobio , alla Marcia su Roma , ai suoi ritorni sempre più grandiosi , fino a l ' apoteosi di ieri . Qui ci sono i suoi primi amici e gli ultimi , quelli delle adunanze sparute e i nuovi , gli anonimi confusi nella moltitudine . Sua è la città , che pare gli assomigli , in queste strade , in questi navigli , in questo moto severo e pieno di senso , che lui conosce passo per passo e nell ' intima fibra . La città è fresca della sua memoria : ve ne parla la piazza o la modesta trattoria di via Brera , lo strillone del giornale o l ' intellettuale che ha impressi nella mente , e ve li ripete , i suoi gesti , le sue parole , un episodio che caratterizza di colpo la persona . C ' è il senso umano di lui , dell ' uomo tra gli uomini , che ha dato se stesso alla lotta : quando i milanesi parlano del Duce non lo vedono soltanto in divisa di Caporale d ' Onore della Milizia , ma se lo rievocano da cima a fondo vent ' anni di vita in una veloce sequenza di immagini e sorridono contenti . Si possono fidare perché pensano che è giusto che simile lottatore abbia vinto , e danno la loro fedeltà a cuore aperto . E con la fedeltà la disciplina ; se occorre il sacrificio , e al più leggero invito la propria formidabile forza economica : da cristiani impareggiabili , aprono senza lamenti la cassaforte o il portamonete . Il Duce lo sa e loro lo sanno . È un forte e laconico amore ricambiato . Ieri da tutte le strade convogliavano nella piazza del Duomo incontro a lui , non soltanto i cortei dei Gruppi Fascisti , ma continue , interminabili , immense file di operai in tenuta di lavoro , con le mani sporche e il volto annerito . Hanno lasciato il tornio e sono partiti . La Piazza si è pienata di essi , mentre i vecchi fascisti sono rimasti agli imbocchi delle strade , bloccati dalla massa di popolo . Sono venuti da tutte le fabbriche vicine e lontane , a piedi e in bicicletta , lungo l ' Olona e la Martesana , giungendo all ' appuntamento con ore ed ore di anticipo . Dopo il discorso hanno invaso le strade le osterie e i giochi delle bocce , allegri , pienamente soddisfatti . Parleranno per settimane delle frasi precise e credibili che hanno udite . Le ripeteranno la sera alla moglie e ai figli , nei caseggiati di Porta Genova o nelle Cascine di questa dolce campagna , tutta acque e fieni , che racchiude Milano . L ' intesa ora è totale , assoluta . Il prossimo ritorno del Duce non potrà avere aspetti diversi da questi . Quale mai capo di popolo ha parlato ad una folla simile ? Non esisteva piazza del Duomo , né il circolo della periferia , ma tutta un ' unica piazza allagata di uomini ora muti ora gridanti che si estendeva fino al confine dei campi coltivati . Oggi il Fascismo esprime per questa moltitudine di produttori la giustizia presente e la certezza del domani . L ' uomo moderno , stanco per la martoriante battaglia con il lavoro e i bisogni d ' ogni giorno , chiuso nella gabbia del pessimismo o dell ' indifferenza , si è sentito cercato , toccato , scosso dalla vitalità potente e contagiosa di Lui . Dove il Duce è passato , in officine , in case di sfrattati , in povere abitazioni , nella casa del contadino o nella bottega del fabbro di Melegnano con cinque figli , in ospedali e ricoveri , dovunque ha lasciato dietro il suo sorriso di padre e l ' occhio che vede tutto , commozioni profonde capaci di modifiche radicali negli spiriti . Egli ha la facoltà di portare tutto al bello .