StampaPeriodica ,
Chi
avesse
detto
solo
due
anni
fa
,
che
l
Italia
così
barbaramente
stracciata
e
divisa
in
sette
Stati
dovesse
,
come
un
sol
uomo
,
levarsi
per
domandare
la
sua
nazionalità
,
ed
in
breve
tempo
veder
cadere
tre
principi
,
essere
indebolito
un
quarto
che
aveva
tutta
l
influenza
sull
Italia
,
ed
il
Papa
ed
il
Borbone
di
Napoli
sentirsi
cedere
il
trono
sotto
i
loro
piedi
,
certo
avrebbe
creduto
sentire
una
delle
utopie
del
profeta
dell
idea
,
e
l
avrebbe
accolta
con
dispregio
come
cosa
quasi
impossibile
.
Eppure
è
un
fatto
.
Due
figli
d
Italia
si
sono
levati
,
Vittorio
Emanuele
e
Garibaldi
,
ed
han
preso
l
impegno
di
raccorre
le
sparse
membra
della
lacerata
patria
,
e
ricostituirla
.
L
Amico
,
di
Casa
non
si
occupa
di
politica
,
né
pretende
di
entrare
negli
inestricabili
labirinti
della
diplomazia
:
ma
salendo
a
più
alte
cagioni
,
osa
predire
che
l
Italia
sarà
fra
breve
una
grande
nazione
.
Chi
non
è
ateo
deve
ammettere
una
Provvidenza
;
chi
è
cristiano
deve
ammettere
le
dichiarazioni
della
Prole
di
Dio
.
Il
castigo
più
grande
che
Dio
dà
a
un
popolo
è
quello
di
togliergli
la
sua
nazionalità
;
quel
popolo
è
morto
come
popolo
:
ed
in
questo
solo
senso
aveano
ragione
i
nostri
grandi
nemici
La
Martine
e
Metternich
,
di
dire
che
l
Italia
è
la
terra
dei
morti
,
e
che
essa
non
è
che
una
espressione
geografica
.
L
Italia
oggi
s
incammina
a
riacquistare
la
sua
vita
di
nazione
,
e
già
ha
fatto
dei
passi
mirabili
.
Continuerà
essa
in
questa
via
fino
a
giungere
allo
scopo
sublime
che
si
è
proposta
?
Se
calcoliamo
le
cose
umanamente
,
non
ci
sembra
che
vi
possa
essere
il
minimo
dubbio
.
I
partiti
che
impedivano
la
unione
sono
spariti
;
e
qui
dobbiamo
dare
la
meritata
lode
al
partito
repubblicano
,
il
quale
ha
ceduto
per
l
amor
della
unione
,
ed
ha
mandato
i
suoi
più
bravi
campioni
a
spargere
il
sangue
al
grido
d
Italia
e
Vittorio
Emanuele
.
La
diplomazia
non
osteggia
,
almeno
apertamente
,
la
nostra
nazionalità
;
il
non
intervento
è
proclamato
;
l
unione
dei
popoli
è
ammirabile
;
l
Austria
è
resa
impotente
;
il
Papa
non
è
più
ascoltato
;
il
Borbone
stesso
è
sceso
a
patti
col
popolo
,
che
tiene
il
broncio
alle
sue
forzate
concessioni
;
Garibaldi
fa
meraviglie
;
Vittorio
Emanuele
è
proclamato
dappertutto
.
Tutto
insomma
ci
dice
che
l
Italia
sarà
,
e
sarà
fra
breve
.
Ma
quel
libro
divino
nel
quale
troviamo
insegnamenti
in
tutto
,
la
Bibbia
,
ci
dice
che
la
giustizia
eleva
la
nazione
"
(Prov.,
XIV
,
34
)
.
La
giustizia
,
s
intende
bene
,
non
quella
che
così
si
chiama
,
e
che
è
amministrata
dai
magistrati
,
ma
quella
giustizia
che
vien
da
Dio
,
e
che
è
ne
cuori
veramente
religiosi
;
in
una
parola
,
la
religione
eleva
la
nazione
.
Ma
qual
è
questa
religione
?
Non
è
certo
quella
delle
scomuniche
e
delle
maledizioni
che
si
esercita
in
corte
di
Roma
;
quella
religione
anzi
è
quella
che
ha
diviso
l
Italia
,
e
l
ha
condotta
al
Medioevo
.
Non
è
neppure
la
religione
dell
inquisizione
che
ha
desolato
Italia
e
Spagna
;
quella
religione
spopola
gli
Stati
,
ruina
il
commercio
,
ed
è
sorgente
di
mille
mali
.
Non
è
neppure
la
religione
dei
bigotti
,
che
consiste
in
grossolane
superstizioni
;
quella
religione
empierà
i
conventi
,
moltiplicherà
i
preti
e
li
arricchirà
,
e
toglierà
tante
braccia
e
tante
ricchezze
alla
patria
e
al
commercio
.
L
elevamento
della
nazione
deve
venire
da
Dio
.
Ora
come
è
possibile
che
Dio
elevi
una
nazione
se
essa
disprezza
gli
ordini
che
Dio
gli
ha
dati
per
il
suo
bene
?
Gli
ordini
di
Dio
sono
nella
sua
parola
:
ecco
la
giustizia
che
eleva
la
nazione
.
La
religione
che
ci
è
rivelata
nella
divina
parola
ci
fa
chiaramente
sentire
la
nostra
eguaglianza
:
essa
ci
dice
che
tutti
abbiamo
lo
stesso
niente
per
principio
,
lo
stesso
Dio
per
creatore
,
lo
stesso
Adamo
per
padre
;
ma
rivelandoci
la
nostra
uguaglianza
ci
predica
l
ordine
;
affinché
tutto
proceda
senza
confusione
;
così
a
colui
che
si
stima
grande
,
la
religione
gli
dice
:
non
insuperbirti
,
ma
se
sei
al
di
sopra
de
tuoi
fratelli
,
lo
sei
per
servirli
;
e
a
colui
che
si
vede
piccolo
,
la
religione
dice
:
non
avvilirti
,
perciocché
innanzi
a
Dio
la
tua
piccolezza
sparisce
.
La
religione
vuole
che
noi
parliamo
con
verità
gli
uni
agli
altri
(Efes.,
IV
,
25
)
;
e
così
sono
aboliti
gl
inganni
.
La
religione
vuole
che
si
renda
a
Cesare
quello
che
è
di
Cesare
,
ed
a
Dio
quello
che
è
di
Dio
;
che
si
"
renda
a
ciascuno
il
debito
:
il
tributo
a
chi
si
deve
il
tributo
;
la
gabella
a
chi
la
gabella
;
il
timore
a
chi
il
timore
;
l
onore
a
chi
l
onore
"
(Rom.,
XIII
,
7
)
.
La
religione
vuole
che
ci
amiamo
tutti
come
membra
di
un
corpo
,
e
ci
aiutiamo
scambievolmente
;
che
"
niuno
cerchi
il
suo
proprio
,
ma
ciascuno
cerchi
ciò
che
è
per
altri
"
(Cor.,
X
,
24
)
.
Se
tali
principi
si
mettessero
in
esecuzione
,
vi
potrebbe
essere
alcun
dubbio
sulla
ricostituzione
della
cara
patria
nostra
?
Dio
faccia
splender
dall
alto
la
luce
della
sua
santa
parola
sulla
cara
patria
,
ed
essa
sarà
elevata
a
nazione
,
anzi
primeggerà
fra
le
nazioni
.
StampaPeriodica ,
Noialtri
ci
occupiamo
assai
meno
della
Spagna
di
quel
che
gli
spagnoli
si
occupino
di
noi
.
Della
vecchia
Spagna
conosciamo
appena
un
libro
,
il
Don
Quijote
,
e
due
o
tre
nomi
:
Calderon
,
Lope
de
Voga
,
Sant
'
Ignazio
.
Della
Spagna
ultima
,
della
Spagna
presente
nulla
.
Noi
abbiamo
uno
dei
più
illustri
spagnolisti
del
mondo
,
Arturo
Farinelli
,
ma
non
abbiamo
saputo
dargli
neppure
una
cattedra
e
deve
campar
la
vita
insegnando
italiano
e
lo
spagnolo
in
Austria
,
alla
scuola
di
Commercio
di
Innsbruck
.
Abbiamo
buoni
studiosi
di
letteratura
spagnola
,
(
Schiff
,
Restori
,
De
Lollis
,
Sanvisenti
,
Savj
Lopez
,
Mele
)
ma
costoro
non
si
occupano
che
di
cose
vecchie
e
la
loro
Spagna
finisce
col
secolo
XVII
.
Noi
siamo
abituati
troppo
ad
associare
l
'
idea
di
ricchezza
e
di
potenza
con
quella
di
cultura
e
di
genialità
e
non
pensiamo
che
un
paese
può
avere
dei
grandi
uomini
anche
se
ha
perduto
le
sue
colonie
e
se
la
sua
rendita
è
al
di
sotto
della
pari
.
La
Spagna
non
è
oggi
una
nazione
prospera
e
forte
ma
appunto
per
questo
è
più
favorevole
allo
sviluppo
di
certi
sentimenti
e
alla
creazione
di
certe
opere
.
In
Italia
nessuno
conosce
le
opere
di
quel
delizioso
e
melanconico
analista
che
fu
Angel
Ganivet
,
e
ben
pochi
,
credo
,
conoscono
i
libri
di
don
Miguel
Unamuno
.
Costui
è
professore
di
greco
,
è
basco
,
ha
quarant
'
anni
,
è
Rettore
dell
'
Università
di
Salamanca
ed
è
uno
dei
più
singolari
rappresentanti
dell
'
idealismo
contemporaneo
.
Ha
scritto
dei
romanzi
(
Paz
en
la
guerra
,
1897
,
Amor
y
pedagogia
,
1902
)
dei
saggi
di
filosofia
sociale
(
De
la
ensenanza
superior
en
Espana
;
1899
,
Entorno
al
casticosmo
,
1902
)
dei
bozzetti
di
costumi
e
di
luoghi
(
Paisajes
,
1902;
De
mi
pais
,
1903
)
e
poi
articoli
,
conferenze
,
discorsi
e
lettere
,
sopratutto
molte
lettere
.
Egli
ha
tutte
le
qualità
degli
apostoli
:
la
fede
,
l
'
attività
,
il
disprezzo
del
ridicolo
,
la
simpatia
intuitiva
per
gli
sconosciuti
che
possono
essere
vicini
alla
sua
anima
.
Egli
vuol
essere
un
po
'
il
confessore
della
Spagna
contemporanea
e
il
suo
scopo
sarebbe
quello
di
far
tornare
gli
spagnoli
alle
tradizioni
della
loro
anima
nazionale
.
Non
si
rigenera
la
Spagna
,
egli
dice
,
portandola
a
imitare
ciò
che
fanno
le
altre
nazioni
,
cercando
di
creare
industrie
,
rendendola
ricca
.
La
Spagna
ha
la
sua
missione
nel
mondo
:
quella
di
rappresentare
,
dinanzi
alla
paganità
latina
,
e
all
'
avidità
anglo
-
sassone
,
le
idee
della
rinuncia
e
dell
'
immortalità
.
La
Spagna
dovrebbe
essere
una
nazione
di
cavalieri
asceti
.
Gli
stessi
aspetti
della
terra
di
Castiglia
,
solitaria
,
arida
,
popolata
solo
di
rigide
encinas
,
danno
il
senso
dell
'
infinito
e
il
bisogno
dell
'
unione
con
Dio
.
La
rigenerazione
della
Spagna
è
un
problema
morale
e
perciò
un
problema
religioso
.
Miguel
de
Unamuno
dà
molta
importanza
alla
religione
e
per
quanto
cattolico
non
si
spaventa
né
delle
teorie
della
evoluzione
dei
dogmi
né
delle
sante
pazzie
del
misticismo
.
Il
libro
che
fa
meglio
comprendere
l
'
anima
sua
e
che
costituisce
,
per
ora
,
il
più
completo
programma
ch
'
egli
abbia
offerto
al
suo
paese
è
quello
che
ha
pubblicato
l
'
anno
scorso
col
titolo
di
Vida
de
D
.
Quijote
y
Sancho
(
Madrid
,
F
.
Fè
)
che
non
è
né
un
riassunto
né
un
commento
filologico
o
storico
ma
una
interpretazione
morale
della
meravigliosa
opera
del
Cervantes
.
Egli
segue
passo
a
passo
le
vicende
dello
infelice
cavaliere
e
del
suo
compagno
e
dopo
averle
ricordate
con
brevi
parole
ne
cerca
il
significato
e
ne
trae
gl
'
insegnamenti
.
E
per
far
comprendere
tutto
quello
che
c
'
è
di
eroico
e
di
religioso
nel
gran
libro
del
Monco
egli
richiama
ogni
momento
le
gesta
o
le
parole
delle
più
alte
e
nobili
anime
rappresentatrici
della
Spagna
:
il
Cid
Campeador
,
Santa
Teresa
,
Inigo
di
Loyola
,
Calderon
de
la
Barca
.
Questo
libro
di
Unamuno
si
presenta
,
così
,
come
una
specie
di
Vangelo
dello
Spagnolismo
,
ma
non
dello
Spagnolismo
quale
noi
siamo
abituati
a
disprezzarlo
attraverso
i
ricordi
della
dominazione
della
Spagna
già
in
decadenza
,
ma
di
uno
Spagnolismo
ch
'
è
quasi
l
'
opposto
di
quello
e
che
riconosce
come
virtù
il
disprezzo
della
vita
comoda
,
degli
affari
,
della
morte
,
e
l
'
amore
dell
'
avventura
e
della
povertà
,
il
coraggio
della
solitudine
e
della
pazzia
.
Tutto
questo
insegna
Don
Chisciotte
,
secondo
Unamuno
,
e
non
il
pessimismo
come
voleva
Turgheniev
o
la
fine
del
misticismo
cavalleresco
come
intende
ora
il
Peladan
.
È
inutile
aggiungere
che
sto
dalla
parte
di
Unamuno
.
lo
sento
per
lui
una
simpatia
istintiva
che
è
dovuta
,
probabilmente
,
alle
somiglianze
delle
nostre
anime
e
dei
nostri
scopi
.
Egli
vuol
fare
per
la
Spagna
ciò
che
io
vorrei
fare
per
l
'
Italia
e
riconosco
pure
come
mio
principal
patrono
l
'
immortale
Don
Chisciotte
il
quale
non
è
mai
veramente
morto
nel
mondo
,
perché
se
morisse
davvero
la
vita
diverrebbe
qualcosa
di
orribile
,
una
specie
di
sotterraneo
senza
luce
,
abitato
da
bestie
soddisfatte
.
Miguel
Unamuno
è
oggi
il
sacerdote
principe
della
Religione
di
Don
Quijote
di
cui
sono
,
per
mia
gloria
e
fortuna
,
un
fervoroso
fedele
e
ho
provato
il
bisogno
,
appena
l
'
ho
scoperto
,
di
mandargli
il
saluto
del
suo
fratello
ignoto
,
in
questa
rivista
che
si
onora
di
esser
l
'
organo
del
don
chisciottismo
italiano
.
StampaPeriodica ,
La
periferia
di
corso
Lodi
si
perde
a
poco
a
poco
in
un
disordine
di
sterrati
,
depositi
di
rottami
,
piccole
fabbriche
di
vernici
,
concerie
,
e
intanto
si
profila
,
sotto
la
foschia
del
primo
mattino
,
la
campagna
lombarda
,
intirizzita
dal
gelo
:
i
campi
bianchi
di
brina
,
i
pioppi
scheletrici
,
un
fosso
d
'
acqua
sporca
e
turbinosa
,
che
fuma
all
'
aria
tesa
e
frizzante
.
Quel
fossaccio
che
poi
,
mi
dicono
,
è
uno
dei
canali
di
scolo
delle
fogne
milanesi
,
fiancheggia
la
via
Emilia
per
tutto
il
nostro
viaggio
.
Il
comune
di
San
Donato
,
il
primo
fuori
di
Milano
sulla
strada
di
Lodi
,
non
ha
l
'
aria
di
un
vero
e
proprio
villaggio
.
S
'
incontrano
all
'
improvviso
poche
case
raccolte
attorno
a
una
vecchia
chiesa
:
casette
vecchie
e
povere
,
uno
o
due
piani
al
massimo
.
Una
serve
da
municipio
,
a
un
pianterreno
c
'
è
un
negozietto
che
vende
un
po
'
di
tutto
,
dagli
alimentari
agli
utensili
domestici
.
Il
nome
sulla
porta
è
vecchio
e
sbiadito
.
«
Posteria
»
.
Si
stenta
a
credere
che
questo
comune
di
San
Donato
milanese
conti
quasi
cinquemila
abitanti
;
ci
si
chiede
dove
siano
,
dove
abitino
.
Eppure
è
così
.
San
Donato
milanese
è
un
grosso
comune
;
non
solo
,
è
un
comune
in
continua
crescita
.
Ecco
come
si
è
sviluppata
la
popolazione
in
soli
cinque
anni
:
1951
:
2663;
1952
:
2762;
1953
:
2920;
1954
:
3255;
1955
:
3983;1956
:
4954
.
Non
solo
;
si
afferma
che
entro
tre
anni
la
popolazione
sarà
ancora
moltiplicata
,
con
l
'
insediamento
di
10-12
mila
nuovi
abitanti
.
Secondo
previsioni
attendibili
,
in
breve
tempo
tutta
la
zona
raggiungerà
complessivamente
i
quarantamila
abitanti
.
Qualche
frazione
vicina
(
che
un
tempo
era
soltanto
un
piccolo
nucleo
di
casupole
e
di
cascine
)
è
repentinamente
cresciuta
,
come
gonfiata
da
un
'
improvvisa
idropisia
edilizia
:
ecco
la
Certosa
,
per
esempio
,
così
simile
ad
una
periferia
di
provincia
,
con
le
case
che
vengono
su
a
fungaia
,
alte
e
basse
,
coi
colori
degli
intonachi
balordi
e
contraddittori
,
e
con
la
solita
proliferazione
di
baracche
e
di
abitazioni
fortunose
.
Ma
San
Donato
,
voglio
dire
il
centro
amministrativo
,
pare
rimasto
tale
e
quale
.
Dov
'
è
dunque
la
novità
?
Non
è
difficile
rendersene
conto
:
basta
fare
due
e
trecento
metri
,
ed
ecco
Metanopoli
,
che
compare
in
mezzo
alla
campagna
,
improvvisa
,
come
dipinta
su
di
un
fondale
da
un
urbanista
megalomane
.
Proprio
sulla
strada
,
sulla
via
Emilia
,
una
serie
di
box
dove
sostano
macchine
ed
autocarri
carichi
di
bombole
vuote
:
è
,
come
avverte
un
gran
cartello
,
la
stazione
di
rifornimento
del
metano
.
Poi
,
poco
più
avanti
,
si
spalanca
un
piazzale
immenso
,
tutto
lastricato
a
cubetti
di
porfido
,
che
disegnano
per
terra
,
a
perdita
d
'
occhio
,
una
interminabile
serie
di
volute
.
Il
piazzale
è
chiuso
,
giù
in
fondo
,
dal
basso
e
lunghissimo
edificio
che
ospita
la
stazione
di
servizio
per
gli
autocarri
:
aria
,
acqua
,
garage
e
riparazioni
.
E
una
stazione
di
sosta
per
automezzi
,
un
'
enorme
stazione
,
all
'
uscita
di
Milano
,
dove
comincia
la
via
Emilia
e
dove
comincerà
la
«
Strada
del
sole
»
.
Proprio
lì
davanti
un
cartello
avvisa
che
siamo
al
capolinea
milanese
della
famosa
autostrada
,
che
per
ora
,
tuttavia
,
è
solo
un
cartello
,
un
progetto
,
un
esiguo
recinto
di
filo
spinato
,
con
dentro
uno
sterro
sconvolto
dai
bulldozer
.
Sul
ciglio
della
strada
un
cartello
dice
:
«
Motel
:
albergo
ristorante
Metanopoli
»
.
C
'
è
tutto
:
mensa
,
alloggio
,
bagno
,
piscina
,
lustrascarpe
.
Motel
è
voce
americana
e
diffusa
in
Italia
dal
film
Niagara
e
dal
diario
statunitense
di
Simone
de
Beauvoir
.
Sta
a
indicare
l
'
albergo
di
transito
sulle
grandi
strade
continentali
,
formato
da
una
o
due
stanzette
,
con
annesso
il
garage
per
l
'
auto
e
per
la
roulotte
.
A
rigore
questo
dunque
non
è
un
motel
,
ma
un
normale
albergo
di
transito
,
di
ambiziosa
fattura
,
con
un
atrio
lustro
e
comodo
,
e
dappertutto
legno
,
nichel
e
materie
plastiche
.
Dovrebbe
essere
una
costruzione
«
moderna
»
;
in
realtà
,
essa
si
limita
ad
esibire
uno
stile
tra
«
tirolo
»
e
«
far
-
west
»
,
del
tutto
incomprensibile
nel
paesaggio
lombardo
.
Al
ristorante
si
mangia
abbastanza
bene
anche
con
cinquecento
lire
.
La
città
è
dietro
il
piazzale
:
si
apre
un
vialone
larghissimo
,
spalancato
al
vento
tagliente
di
gennaio
,
coi
pali
della
luce
,
che
,
dai
due
lati
,
incombono
arditamente
verso
il
centro
.
Da
una
parte
un
lunghissimo
muro
,
dall
'
altra
tante
costruzioni
tutte
uguali
.
Il
vialone
porta
il
nome
di
Alcide
De
Gasperi
,
le
strade
minori
,
fra
una
fila
di
edifici
e
l
'
altra
,
s
'
intitolano
a
Galilei
,
a
Fermi
,
ai
nomi
di
altri
scienziati
poco
noti
ai
profani
.
Ci
vuol
poco
a
capire
che
da
questa
parte
c
'
è
la
zona
operante
della
città
.
Dalle
finestre
infatti
s
'
intravedono
strumenti
di
laboratorio
,
macchine
,
tubi
.
Qui
la
SNAM
ha
i
suoi
centri
di
studio
,
alcuni
collegati
con
il
Politecnico
di
Milano
.
Non
zona
industriale
,
dunque
,
ma
centro
di
ricerca
:
è
probabilmente
una
città
di
tecnici
,
non
di
operai
,
e
l
'
aspetto
borghese
della
zona
residenziale
ce
lo
conferma
.
Percorrendo
il
vialone
Alcide
De
Gasperi
,
si
trova
,
in
fondo
,
piazza
Santa
Barbara
,
protettrice
,
come
è
noto
,
di
minatori
,
artiglieri
,
e
di
tutti
coloro
che
abbiano
a
che
fare
con
roba
esplosiva
;
anche
quelli
del
metano
,
dunque
.
Un
'
altra
piazza
immensa
,
interrotta
però
,
questa
,
da
brevi
strisce
di
aiole
verdi
,
molto
curate
.
Ogni
pochi
metri
ecco
spuntare
da
terra
un
tubo
ricurvo
,
dipinto
in
giallo
;
serve
,
mi
spiegano
,
per
l
'
irrigazione
delle
aiole
.
La
piazza
è
dominata
dalla
più
straordinaria
chiesa
che
mi
sia
mai
accaduto
di
vedere
.
È
un
edificio
monumentale
e
insieme
semplicissimo
:
una
specie
di
capannone
col
timpano
altissimo
e
acuto
,
come
per
suggerire
una
elevazione
che
di
fatto
non
c
'
è
.
Ai
quattro
lati
sorgono
altrettante
gugliette
appuntite
,
color
verde
tenero
.
I
colori
sono
la
cosa
meno
prevedibile
di
questo
duomo
di
Metanopoli
.
Pare
come
se
sulla
facciata
bianca
fossero
stati
applicati
dei
pannelli
rettangolari
,
quale
verde
tenero
,
come
le
guglie
,
quale
rosa
pallido
,
quale
cinerino
.
Le
strade
dietro
la
chiesa
,
nella
zona
residenziale
,
son
tutte
alberate
e
divise
da
aiole
verdi
.
Gli
alberi
sovente
sono
dei
pioppi
:
il
pioppo
è
la
pianta
tipica
della
pianura
padana
,
di
cui
rompe
la
piattezza
con
la
sua
acuta
spinta
al
cielo
.
Ma
qui
sono
pioppi
di
trapianto
in
attesa
che
rinsaldino
le
radici
li
hanno
legati
con
quattro
filo
di
ferro
,
presto
arrugginiti
all
'
aria
umida
della
zona
.
Le
case
son
tutte
belle
e
tutte
uguali
,
con
pochi
segni
palesi
di
vita
interna
.
In
mezzo
alle
case
,
quasi
in
fondo
a
via
Soresina
,
la
lunga
e
bassa
costruzione
che
ospita
i
negozi
,
alcuni
ancora
interminati
e
vuoti
.
La
città
di
Metanopoli
è
dunque
di
Fondazione
recentissima
,
anzi
,
non
è
ancora
terminata
:
via
Enrico
Fermi
esiste
,
per
esempio
,
soltanto
di
nome
,
e
proprio
all
'
ingresso
della
città
,
quasi
stilla
strada
,
sorge
lo
scheletro
di
un
altissimo
edificio
poligonale
,
con
le
strutture
portanti
di
ferro
,
rosso
di
minio
fresco
,
ed
i
piani
di
cemento
e
mattoni
forati
.
il
primo
dei
grattacieli
di
Metanopoli
;
di
un
secondo
si
inizierà
presto
la
costruzione
.
La
città
è
stata
fondata
dalla
SNAM
,
che
è
poi
una
filiazione
dell
'
ENI
sorta
per
lo
sfruttamento
del
metano
.
Qui
,
come
si
è
detto
,
non
vi
sono
stabilimenti
di
produzione
o
di
trasformazione
,
ma
soltanto
un
centro
studi
.
Tanto
vero
che
la
SNAM
non
paga
al
comune
di
San
Donato
l
'
Icap
,
l
'
imposta
che
grava
sulle
attività
industriali
,
commerciali
,
professionali
e
artigiane
.
Ha
preferito
edificare
la
sua
città
a
San
Donato
per
due
ragioni
:
per
tenersi
vicinissima
a
Milano
,
ma
fuori
dei
confini
comunali
,
e
pagare
così
minori
imposte
,
e
poi
per
tenersi
al
capolinea
di
due
grandi
vie
di
comunicazione
,
l
'
Emilia
e
la
futura
strada
del
sole
.
Del
comune
di
San
Donato
la
SNAM
,
cioè
l
'
ENI
,
possiede
mille
pertiche
,
cioè
654.000
metri
quadrati
,
pari
a
circa
un
terzo
della
superficie
totale
del
comune
stesso
.
Il
terreno
,
in
conseguenza
di
questo
acquisto
massiccio
e
dell
'
incremento
edilizio
,
è
salito
enormemente
di
prezzo
.
Quasi
dieci
volte
e
più
:
dalle
sei
-
settecento
lire
al
metro
quadrato
del
1950
siamo
ora
sulle
cinquemila
,
con
punte
sulle
ottomila
lire
al
metro
quadrato
.
La
popolazione
di
Metanopoli
non
è
mai
indigena
:
la
SNAM
ha
reclutato
altrove
i
suoi
dipendenti
,
che
son
divenuti
suoi
abitanti
.
Dal
Veneto
,
dalla
Toscana
,
dal
Lazio
,
dal
Napoletano
,
dalle
Puglie
:
dalle
regioni
insomma
che
tradizionalmente
danno
la
maggior
quota
di
migrazione
verso
Milano
.
Gli
abitanti
vecchi
,
quelli
di
San
Donato
e
delle
frazioni
vicine
,
li
chiamano
tutti
«
terroni
»
ed
hanno
ribattezzato
,
per
conto
loro
,
la
città
nuova
col
nome
di
Metanopoli
.
Ma
rapporti
,
fra
gli
uni
e
gli
altri
,
fra
i
vecchi
ed
i
nuovi
,
fra
i
metanopolitani
ed
i
sandonatesi
,
se
ne
stabiliscono
di
rado
,
i
sandonatesi
erano
in
origine
salariati
,
operai
della
campagna
;
qualcuno
addirittura
giornaliero
.
Poi
hanno
cominciato
a
cambiar
mestiere
,
ed
oggi
più
della
metà
sono
operai
;
ma
lavorano
a
Milano
.
A
Metanopoli
nessuno
di
loro
è
entrato
come
dipendente
stabile
e
come
abitatore
delle
nuove
case
.
La
vita
di
Metanopoli
è
chiusa
,
pertanto
,
anche
fisicamente
,
all
'
ambiente
esterno
,
alla
campagna
lombarda
.
Gli
abitanti
di
San
Donato
,
abitano
accanto
alla
città
del
metano
,
ma
non
hanno
ancora
il
gas
in
casa
,
nonostante
lo
chiedano
da
tre
anni
.
Non
ancora
,
prima
e
oltre
il
metano
,
troppe
altre
cose
che
servono
a
dar
la
base
del
vivere
civile
:
basti
pensare
alle
tristissime
condizioni
igieniche
delle
vecchie
cascine
sandonatesi
,
non
è
sovrapponendo
un
'
isola
di
razionalità
(
astratta
razionalità
)
urbanistica
che
si
fa
progredire
la
civiltà
nella
campagna
milanese
.
StampaPeriodica ,
La
Commissione
bicamerale
per
le
riforme
costituzionali
ha
chiuso
i
battenti
.
Felicemente
o
infelicemente
?
Per
il
Palazzo
felicemente
,
visto
che
ne
è
uscito
un
accordo
.
Ma
per
il
paese
infelicemente
,
se
è
vero
-
come
sostengo
-
che
l
'
accordo
è
stato
pessimo
.
E
un
cattivo
accordo
che
peggiora
le
cose
non
dà
,
o
non
dovrebbe
dare
,
felicità
.
Si
capisce
che
non
ci
sono
quasi
mai
accordi
assolutamente
cattivi
,
così
come
non
ci
sono
quasi
mai
accordi
perfetti
.
Un
cattivo
accordo
è
dunque
un
'
intesa
nella
quale
le
malefatte
nettamente
prevalgono
sulle
cose
ben
fatte
.
I
difensori
d
'
ufficio
dell
'
operato
della
Bicamerale
si
arroccano
su
due
argomenti
.
Il
primo
è
che
qualsiasi
accordo
è
meglio
di
nessun
accordo
.
Il
secondo
è
che
,
come
dicevo
,
nell
'
operato
dei
70
bene
e
male
si
mescolano
.
Ma
con
questo
argomento
,
il
secondo
,
si
redime
tutto
:
si
redime
la
guerra
(
che
Hegel
equipara
al
vento
che
disperde
i
miasmi
che
aleggiano
sulle
paludi
)
,
si
redime
la
tortura
(
che
consente
di
ottenere
la
confessione
dei
torturati
)
,
si
redime
magari
anche
Pol
Pot
(
che
riduce
l
'
esplosione
demografica
)
.
Quali
sarebbero
,
allora
,
le
acquisizioni
positive
della
Bicamerale
?
Che
gli
italiani
,
mai
sazi
di
elezioni
,
potranno
finalmente
votare
per
il
capo
dello
Stato
?
Il
loro
tripudio
sarà
breve
quando
si
accorgeranno
di
aver
votato
per
un
sotto
-
capo
di
Stato
.
Il
federalismo
?
Poveri
noi
,
che
caos
.
La
riforma
della
magistratura
?
Di
questa
ancora
non
si
sa
,
ma
tutto
lascia
prevedere
che
la
nostra
giustizia
resterà
in
crisi
.
Accetto
,
dunque
,
che
nelle
pieghe
del
male
si
possa
nascondere
anche
del
bene
;
ma
spiegatemi
,
per
favore
,
qual
è
.
Quanto
al
primo
punto
,
e
cioè
che
qualsiasi
accordo
è
meglio
di
niente
,
questa
è
una
vera
stortura
.
Chi
ragiona
così
fa
dell
'
accordo
un
valore
assoluto
,
un
valore
in
sé
.
Invece
l
'
accordo
è
uno
strumento
per
conseguire
un
fine
.
Accordo
a
quale
scopo
?
Per
che
cosa
?
Stranamente
(
ma
non
tanto
,
a
ripensarci
)
la
Bicamerale
non
se
l
'
è
quasi
mai
chiesto
.
L
'
importante
,
per
i
70
,
è
stato
soltanto
mettersi
d
'
accordo
fra
di
loro
,
ai
loro
fini
.
Non
hanno
cercato
di
scrivere
una
buona
Costituzione
ma
,
assai
più
,
di
evitare
riforme
che
li
danneggiassero
.
E
ci
sono
magnificamente
riusciti
.
Ci
sono
riusciti
mettendo
la
Costituzione
all
'
asta
:
tanto
a
me
,
tanto
a
te
;
io
chiedo
cento
,
concludiamo
per
cinquanta
.
Il
risultato
è
sotto
gli
occhi
di
tutti
:
il
trionfo
dei
partitini
,
che
si
sono
assicurati
l
'
eternità
e
un
rinforzato
potere
di
interdizione
e
di
ricatto
;
un
contentino
presidenzialista
per
la
pubblicità
di
Gianfranco
Fini
;
un
contentino
parlamentarista
per
gli
antipresidenzialisti
:
un
misto
di
cane
e
di
gatto
,
un
can
-
gatto
.
Torniamo
alla
domanda
che
i
bicameralisti
hanno
disatteso
:
perché
una
Seconda
Repubblica
?
Perché
una
nuova
Costituzione
?
Ovviamente
perché
abbiamo
problemi
di
disfunzionalità
sistemica
che
dobbiamo
risolvere
:
primo
,
ridurre
la
frammentazione
partitica
;
secondo
,
rinforzare
la
governabilità
.
Due
obiettivi
che
sono
strettamente
collegati
.
I
partiti
sono
le
gambe
sulle
quali
la
governabilità
dovrebbe
camminare
;
e
se
le
gambe
sono
zoppe
e
troppe
,
allora
la
governabilità
va
all
'
aria
e
non
c
'
è
barba
di
marchingegno
costituzionale
che
possa
rimediare
.
Orbene
,
questi
due
obiettivi
e
gli
strumenti
per
perseguirli
sono
stati
non
soltanto
mancati
,
ma
addirittura
capovolti
.
Il
progetto
magnifico
e
progressivo
siglato
dalla
quadriglia
D
'
Alema
-
Marini
-
Berlusconi
-
Fini
,
in
breve
Damabefi
,
ci
garantisce
una
decina
di
partiti
,
e
governi
di
cinque
anni
di
veti
incrociati
.
Se
non
sarà
una
dieta
polacca
,
poco
ci
manca
.
Meglio
l
'
accordo
Damabefi
che
nessun
accordo
?
Confesso
di
essere
interdetto
.
Perché
non
è
che
nessun
accordo
ci
lascia
con
nulla
,
librati
nel
vuoto
.
Se
non
siamo
capaci
di
creare
una
nuova
Costituzione
sensata
,
l
'
alternativa
è
restare
con
il
sistema
parlamentare
che
abbiamo
,
e
tornare
a
lavorare
sul
suo
miglioramento
.
Se
il
nuovo
è
peggio
dell
'
esistente
,
allora
meglio
l
'
esistente
.
Davanti
alla
Costituzione
Damabefi
l
'
alternativa
non
è
,
ripeto
,
il
niente
o
il
caos
.
E
riconoscere
che
la
Bicamerale
ha
fatto
autogol
.
E
se
l
'
autogol
delegittima
la
classe
politica
che
l
'
ha
fatto
,
chi
è
causa
del
suo
mal
pianga
se
stesso
.
A
questi
argomenti
si
risponde
in
coro
,
dal
Palazzo
e
dintorni
,
che
in
politica
gli
accordi
si
fanno
sempre
come
sono
stati
fatti
in
Bicamerale
,
che
io
di
politica
proprio
non
mastico
,
e
che
la
mia
opposizione
è
professionale
,
astratta
,
addirittura
egolatrica
.
Per
esempio
,
di
me
Silvio
Berlusconi
scrive
(
«
Corriere
della
Sera
»
,
28
giugno
)
che
«
per
un
Professore
l
'
importante
è
il
modello
,
il
teorema
.
Il
modello
è
perfetto
,
l
'
ha
fatto
il
Professore
,
è
bello
,
gli
piace
»
.
Spiegando
che
chi
«
è
innamorato
per
professione
delle
astrazioni
accademiche
poco
si
cura
della
realtà
,
e
rifiuta
perciò
di
sottoporre
i
suoi
modelli
alla
verifica
dei
fatti
»
.
Troppo
onore
,
deputato
Berlusconi
:
lei
mi
accredita
un
merito
che
non
mi
spetta
.
Il
modello
«
fatto
dal
Professore
»
è
stato
fatto
una
quarantina
d
'
anni
fa
da
un
certo
Debré
,
si
chiama
Quinta
Repubblica
,
e
funziona
da
altrettanto
tempo
in
una
capitale
che
si
chiama
Parigi
.
Aggiungo
che
siccome
la
Francia
degli
anni
Cinquanta
era
molto
simile
,
politicamente
,
all
'
Italia
degli
anni
Novanta
,
l
'
argomento
che
il
prototipo
francese
non
si
presta
a
trapianti
è
pretestuoso
.
Ma
veniamo
al
punto
:
chi
è
che
,
in
politica
,
è
bravo
.
Io
racconterò
la
vicenda
della
Bicamerale
così
come
la
conosco
in
prima
persona
.
Dal
che
potrà
risultare
quant
'
è
bello
il
primato
della
politica
,
dove
stanno
gli
sbagli
e
chi
li
ha
fatti
.
La
vicenda
dura
,
per
l
'
esattezza
,
da
quando
cadde
il
governo
Berlusconi
(
dicembre
1994
)
.
Dopo
un
anno
di
governo
Dini
,
nel
febbraio
1996
venne
tentato
il
governo
di
Antonio
Maccanico
.
In
quel
momento
mi
parve
,
e
sostenni
,
che
nessuna
riforma
costituzionale
sarebbe
stata
possibile
senza
un
'
intesa
preventiva
fra
i
tre
maggiori
partiti
,
e
cioè
di
larga
maggioranza
trasversale
.
Siccome
al
Pds
premeva
(
giustamente
)
un
sistema
elettorale
a
doppio
turno
,
mentre
il
Polo
reclamava
un
generico
presidenzialismo
,
mi
venne
l
'
idea
,
elementare
e
banale
,
di
uno
scambio
fra
doppio
turno
e
semipresidenzialismo
.
E
siccome
non
tutti
gli
scambi
lo
sono
,
tengo
a
sottolineare
che
il
mio
era
«
alto
e
nobile
»
,
visto
che
proponeva
un
sistema
esistente
e
ben
funzionante
,
e
che
non
era
per
nulla
(
come
appare
alla
logica
aggrovigliata
dell
'
onorevole
Ciriaco
De
Mita
)
uno
spezzatino
:
non
spezzava
nulla
,
era
il
modello
francese
mantenuto
integro
,
stessa
testa
con
gli
stessi
piedi
.
Il
tentativo
Maccanico
fallì
per
un
soffio
.
Scrissi
allora
che
avevamo
perduto
,
per
colpa
congiunta
di
D
'
Alema
e
di
Fini
,
un
treno
che
non
sarebbe
ripassato
.
Difatti
non
stava
ripassando
quando
mi
incontrai
con
Massimo
D
'
Alema
,
a
metà
marzo
del
1997
.
E
poiché
a
me
non
era
venuta
nel
frattempo
nessuna
idea
nuova
,
in
quell
'
occasione
riproposi
a
D
'
Alema
lo
scambio
dell
'
anno
prima
.
Io
ho
sempre
ritenuto
scorretto
riferire
di
un
incontro
privato
.
Ma
dato
che
su
quell
'
incontro
ci
sono
state
numerose
fughe
di
notizie
,
in
larga
parte
fantasiose
,
forse
a
questo
punto
occorre
darne
la
versione
autentica
.
Dunque
,
a
quel
mio
suggerimento
D
'
Alema
rispose
,
prendendomi
in
contropiede
,
così
:
vede
,
professore
,
oggi
chi
non
vuole
nessun
presidenzialismo
è
Berlusconi
.
Pur
raggelato
,
gli
chiesi
:
mi
autorizza
ad
andare
da
Berlusconi
a
dirgli
che
è
lui
che
blocca
l
'
intesa
?
Senz
'
altro
,
fu
la
risposta
di
D
'
Alema
.
Il
che
non
mi
rendeva
(
come
è
stato
scioccamente
scritto
)
suo
ambasciatore
.
Ma
sottintendeva
che
un
sì
di
Berlusconi
avrebbe
sbloccato
la
trattativa
.
Adelante
Pedro
,
feci
il
giro
delle
sette
chiese
,
vidi
un
po
'
tutti
,
incluso
Berlusconi
,
e
il
4
aprile
tornai
a
Botteghe
Oscure
.
Per
riferire
che
Fini
accettava
il
doppio
turno
,
nella
formulazione
che
avevo
proposto
;
e
che
Berlusconi
mi
aveva
autorizzato
a
confermare
che
la
formula
del
semipresidenzialismo
a
lui
stava
bene
.
Immaginavo
che
D
'
Alema
sarebbe
stato
contento
.
Immaginavo
male
.
D
'
Alema
mi
ascoltò
accigliato
;
mi
disse
in
quel
momento
(
non
quando
mi
aveva
mandato
allo
sbaraglio
)
che
lui
aveva
cambiato
disegno
;
e
mi
congedò
esortandomi
a
tornare
agli
studi
,
e
a
lasciare
la
politica
a
lui
.
Difatti
mi
sono
rimesso
alla
finestra
,
imparando
quel
che
dirò
tra
poco
.
Racconto
tutto
ciò
perché
mi
sento
dire
da
ogni
parte
che
l
'
accordo
,
stavolta
basso
e
ignobile
,
raggiunto
in
extremis
a
fine
giugno
da
Damabefi
è
stato
«
il
migliore
possibile
»
.
No
.
La
storia
di
cui
ho
riferito
dimostra
di
no
.
La
verità
è
che
la
sera
del
5
aprile
1997
D
'
Alema
,
Berlusconi
e
Fini
avrebbero
potuto
benissimo
incontrarsi
in
casa
di
Gianni
Letta
e
accordarsi
in
un
lampo
su
una
buona
Seconda
Repubblica
.
Non
è
accaduto
,
ma
era
possibile
.
Possibilissimo
.
Anzi
,
era
quasi
fatta
.
Il
successo
della
Bicamerale
,
un
successo
vero
,
era
a
portata
di
mano
.
Invece
è
stato
regalato
alle
ortiche
.
Perché
?
E
importante
,
in
cose
importanti
,
capire
come
è
andata
.
Guardando
dalla
mia
finestra
,
quel
che
sono
riuscito
a
vedere
è
che
D
'
Alema
ha
sbagliato
tutto
.
Lo
dico
con
dispiacere
,
perché
in
D
'
Alema
ho
creduto
.
Dubitavo
da
tempo
,
fin
dal
tempo
della
vicenda
Maccanico
,
del
suo
coraggio
;
ma
ritenevo
che
avesse
una
visione
,
che
non
fosse
un
tatticista
come
gli
altri
.
Così
ritenevo
.
Ma
temo
di
essermi
sbagliato
.
Succede
anche
a
me
.
Intanto
,
e
per
cominciare
,
D
'
Alema
ha
ingannato
tutti
coloro
che
lo
hanno
insediato
alla
presidenza
della
Bicamerale
.
Soltanto
a
maggio
D
'
Alema
ci
ha
detto
che
la
sua
linea
di
azione
era
ispirata
da
amore
di
Ulivo
,
e
che
la
sua
priorità
era
salvare
il
governo
Prodi
.
No
,
onorevole
D
'
Alema
.
In
tal
caso
lei
non
doveva
né
cercare
né
accettare
la
presidenza
della
Bicamerale
.
Perché
come
presidente
della
Bicamerale
la
sua
priorità
doveva
essere
la
Costituzione
,
la
ricerca
di
un
buon
accordo
costituzionale
.
Nel
gestire
la
Bicamerale
per
salvare
il
governo
Prodi
,
pertanto
,
lei
si
è
messo
in
una
posizione
falsa
che
ha
falsato
tutto
il
gioco
.
Fra
l
'
altro
,
non
c
'
è
bisogno
di
essere
professori
per
capire
che
una
traballantissima
e
risicatissima
maggioranza
di
centro
-
sinistra
non
poteva
essere
in
alcun
modo
una
maggioranza
di
riforma
.
La
quadratura
del
cerchio
in
partenza
non
c
'
era
;
se
l
'
è
creata
lei
giocando
contemporaneamente
su
due
tavoli
.
Ed
è
per
questo
che
lei
è
approdato
a
un
cerchio
quadrato
,
oppure
a
un
quadrato
circolare
;
insomma
,
al
pasticciaccio
al
quale
è
approdato
.
Ciò
premesso
,
resta
da
spiegare
perché
D
'
Alema
il
4
aprile
abbia
buttato
via
un
ragionevolissimo
accordo
che
aveva
già
in
tasca
e
imboccato
l
'
impervia
e
assai
dubbia
via
del
cosiddetto
premierato
forte
,
di
un
premier
quasi
-
israeliano
,
quasi
-
eletto
(
e
,
in
sostanza
,
come
-
se
-
eletto
)
.
Non
è
che
con
questa
trovata
D
'
Alema
accontentasse
Franco
Marini
e
i
popolari
,
avversi
a
ogni
«
direttismo
»
.
E
nemmeno
accontentava
,
così
,
Fausto
Bertinotti
.
Accontentava
almeno
il
suo
partito
,
il
Pds
?
Per
quel
che
mi
consta
,
no
.
Le
resistenze
che
D
'
Alema
incontra
nel
Pds
sono
di
coloro
che
restano
ancorati
alla
tradizione
parlamentarista
del
partito
.
Allora
,
perché
D
'
Alema
si
è
buttato
davvero
a
corpo
morto
sul
premierato
all
'
israeliana
?
Visto
che
mi
si
rimproverava
di
non
capire
la
realtà
della
politica
,
sarò
realista
:
tanto
realista
quanto
lo
sono
i
politici
che
osservo
.
Che
cosa
è
successo
a
D
'
Alema
?
E
successo
,
dice
il
mio
realismo
,
che
D
'
Alema
si
è
promosso
al
rango
del
più
furbo
di
tutti
.
Può
darsi
,
per
esempio
,
che
D
'
Alema
abbia
ritenuto
che
le
sue
chance
di
essere
eletto
presidente
della
Repubblica
erano
modeste
,
mentre
il
premierato
forte
era
un
vestito
fatto
su
misura
per
lui
.
Inoltre
D
'
Alema
può
aver
pensato
che
sul
premier
di
elezione
diretta
avrebbe
potuto
imbrogliare
facilmente
Berlusconi
,
e
poi
ottenere
l
'
assenso
di
Fini
.
Berlusconi
,
si
sa
,
non
ha
mai
percepito
che
tra
presidenzialismo
e
premierato
ci
fosse
differenza
;
dunque
Berlusconi
non
era
un
problema
.
Quanto
a
Fini
,
anche
lui
stava
facendo
il
furbo
.
Diceva
presidenzialismo
,
ma
poi
,
si
sapeva
,
era
pronto
a
salvare
l
'
onore
anche
con
l
'
elezione
diretta
del
capo
del
governo
.
Forse
,
mentre
io
ingenuamente
giravo
le
sette
chiese
,
l
'
intesa
era
già
,
nell
'
aria
,
questa
.
Non
lo
so
.
Ma
quel
mattacchione
di
Umberto
Bossi
è
riuscito
all
'
ultimo
minuto
a
farla
saltare
.
Nel
gioco
dei
furbi
,
è
andata
a
finire
che
il
più
furbo
è
stato
lui
.
Congetture
a
parte
,
quel
che
è
certo
è
che
D
'
Alema
,
pur
di
ottenere
il
premierato
forte
,
ha
venduto
tutto
.
Soprattutto
ha
rinunciato
a
quel
doppio
turno
che
per
il
Pds
era
vitale
.
Perché
D
'
Alema
il
doppio
turno
lo
ha
ritirato
fuori
soltanto
all
'
ultimo
,
per
il
semipresidenzialismo
alla
francese
.
Ma
,
vedi
caso
,
per
il
premierato
forte
non
era
necessario
.
E
,
vedi
caso
,
l
'
abbandono
del
doppio
turno
andava
bene
al
Berlusconi
ispirato
da
Gianni
Pilo
,
e
gli
guadagnava
il
plauso
dei
cespugli
.
Non
contento
,
D
'
Alema
ha
anche
disperatamente
cercato
di
comprare
Bossi
,
regalandogli
tutto
il
federalismo
che
in
poche
notti
Francesco
D
'
Onofrio
è
riuscito
a
mettere
assieme
.
Dunque
,
pur
facendo
in
finale
buon
viso
a
cattivo
gioco
,
D
'
Alema
esce
sconfittissimo
dalla
sua
gestione
della
Bicamerale
.
Purtroppo
ne
esce
anche
sconfittissima
la
stessa
ragion
d
'
essere
di
una
riforma
costituzionale
.
I
davvero
contenti
dovrebbero
essere
gli
ex
democristiani
che
salvano
tutte
le
loro
poltrone
,
e
Bertinotti
che
potrà
continuare
a
rafforzarsi
.
Ma
gli
italiani
contenti
non
dovrebbero
essere
.
La
televisione
di
Stato
(
aggiunta
,
s
'
intende
,
a
quella
di
Berlusconi
)
ci
ha
annunziato
il
30
giugno
sera
che
«
per
la
prima
volta
una
commissione
bicamerale
ha
fatto
centro
»
.
Cornuti
,
mazziati
e
anche
soddisfatti
.
Grazie
a
questi
media
,
finiremo
proprio
così
.
StampaPeriodica ,
La
villa
era
stata
costruita
oltre
la
città
di
P
...
,
in
solitaria
aperta
campagna
;
ma
già
qualche
tempo
prima
che
nascesse
Sergio
agli
abitanti
della
città
doveva
essere
piaciuto
quel
luogo
se
qua
e
là
,
senza
alcun
ordine
come
vengono
i
desideri
,
erano
sorte
tre
ville
.
Alcune
avevano
la
facciata
rivolta
al
levar
del
sole
,
altre
guardavano
le
crete
lontane
.
Forse
la
loro
varia
disposizione
rispondeva
al
carattere
delle
persone
che
vi
abitavano
.
Tranquillità
,
soggezione
verso
la
natura
i
cui
segni
si
ripetono
ogni
giorno
più
desiderati
dall
'
apparire
del
sole
.
Istinto
di
avventura
e
amore
per
il
creato
nelle
sue
bizzarrie
significava
fissare
le
crete
poiché
da
loro
provenivano
su
quell
'
angolo
di
terra
effluvi
di
un
mondo
chimerico
.
La
facciata
della
villa
guardava
le
colline
dietro
le
quali
si
consumava
il
tramonto
e
in
lontananza
aveva
a
sinistra
le
crete
,
a
destra
e
più
vicina
la
città
;
ma
porte
e
finestre
si
aprivano
in
ogni
muro
e
in
egual
numero
come
se
il
suo
costruttore
avesse
voluto
godere
di
tutte
le
bellezze
circostanti
,
prossime
e
lontane
.
Un
viottolo
campestre
,
via
via
allargato
,
continuato
,
rafforzato
era
stato
trasformato
in
una
grande
strada
che
andava
da
P
...
verso
il
Sud
,
oltre
le
crete
;
e
che
ora
,
da
tempo
cessato
su
di
essa
il
lavoro
degli
uomini
,
lambiva
placida
e
invitante
,
il
giardino
,
chiuso
da
una
cancellata
resa
quasi
invisibile
da
un
folto
strato
di
fiori
e
di
piante
,
sul
davanti
della
villa
.
Al
di
là
della
strada
,
una
trentina
di
metri
più
a
Sud
,
era
una
casa
di
contadini
appoggiata
ad
un
monticello
,
oltre
il
quale
una
piccola
valle
e
poi
la
catena
delle
colline
.
Il
giardino
si
estendeva
vastissimo
anche
dietro
la
villa
,
colmo
di
alberi
,
senza
alcun
segno
di
cinta
in
modo
che
pareva
continuarsi
degradando
nei
campi
e
nei
prati
.
Chi
veniva
da
P
...
,
percorsi
tre
chilometri
tra
giardini
,
orti
e
campi
,
si
trovava
,
superata
una
piccola
chiesa
detta
di
Sant
'
Antonio
,
dinanzi
alle
due
costruzioni
l
'
una
quasi
di
fronte
all
'
altra
;
allora
la
strada
subito
dopo
svoltava
ad
un
tratto
scomparendo
dietro
la
casa
dei
contadini
senza
lasciar
capire
quale
fosse
la
sua
direzione
;
e
il
monticello
e
gli
alberi
del
giardino
impedivano
di
girare
quegli
ostacoli
con
lo
sguardo
.
Ma
oltrepassato
quella
specie
di
valico
,
il
paesaggio
si
apriva
in
una
immensa
pianura
circondata
per
tre
quarti
dalle
colline
e
dalle
crete
.
Nella
pianura
,
e
molte
in
vicinanza
della
strada
,
erano
le
altre
ville
.
A
guardarle
dall
'
alto
delle
colline
,
rade
e
morbidamente
adagiate
sul
verde
della
campagna
,
non
spiccavano
in
modo
particolare
,
ma
percorrendo
la
strada
non
permettevano
di
pensare
ai
prati
,
alle
vigne
,
agli
alberi
.
Solo
un
cancello
rustico
tra
due
pilastri
di
mattoni
rossi
sormontato
da
una
piccola
tettoia
era
bello
;
al
di
là
delle
sue
sbarre
si
apriva
un
lungo
viale
che
portava
ad
una
villa
accuratamente
nascosta
da
grandi
piante
verdi
.
Così
avrebbero
dovuto
essere
anche
le
altre
ville
!
Quella
non
disturbava
i
passeggeri
incantati
;
anzi
introduceva
accenni
di
segretezza
,
di
mistero
nel
paesaggio
tutto
aperto
sotto
il
cielo
.
Pareva
che
tra
tutti
gli
abitatori
della
strada
maestra
solo
i
suoi
proprietari
avessero
stabilito
naturali
rapporti
con
la
campagna
.
Nella
villa
dinanzi
alla
casa
dei
contadini
abitavano
Sergio
,
Marta
sua
madre
,
Bruno
suo
padre
,
la
nonna
Giovanna
e
Vera
,
sorella
di
Bruno
.
Possedevano
alcuni
poderi
nella
pianura
e
di
quelli
vivevano
.
Quando
Sergio
fu
capace
di
notare
qualcosa
della
campagna
e
di
comprendere
i
discorsi
dei
familiari
,
le
ville
sorgevano
già
ai
margini
della
strada
e
altrove
,
esisteva
anche
la
villa
in
fondo
al
lungo
viale
dietro
al
cancello
rustico
.
Per
molti
anni
nulla
sarebbe
cambiato
.
Non
una
casa
nuova
.
I
signori
,
iniziata
l
'
invasione
della
pianura
,
dovevano
essersi
ingelositi
delle
bellezze
di
quel
luogo
meraviglioso
e
ne
avevano
impedito
agli
altri
il
godimento
.
Il
primo
contatto
di
Sergio
con
la
natura
avvenne
attraverso
le
colline
.
Seppe
poi
che
anche
prima
di
allora
lo
avevano
condotto
per
la
campagna
ma
non
se
ne
ricordava
per
la
sua
età
infantile
.
Presto
le
colline
stabilirono
l
'
amicizia
tra
Sergio
e
la
natura
.
Soli
,
per
mesi
e
mesi
,
Sergio
e
Marta
salirono
lassù
tutti
i
pomeriggi
.
Poi
Sergio
si
ammalò
gravemente
.
Un
intero
anno
passò
in
letto
.
Lo
portarono
al
mare
;
e
l
'
inverno
successivo
rimase
chiuso
nella
villa
.
Infine
il
dottore
gli
ordinò
di
girare
di
nuovo
per
la
campagna
.
Il
babbo
lo
condusse
allora
a
piedi
e
in
carrozza
,
nei
luoghi
da
lui
preferiti
.
Una
volta
si
spinsero
fino
alle
crete
,
partendo
la
mattina
prestissimo
.
Poi
quelle
gite
cessarono
.
Il
babbo
non
andò
più
a
prenderlo
;
ma
un
giorno
in
un
'
ora
insolita
,
comparve
Marta
e
insieme
fecero
di
nuovo
una
passeggiata
sulle
colline
.
Tutti
i
pomeriggi
tornarono
lassù
.
Delle
gite
in
compagnia
del
babbo
,
eccettuata
quella
nelle
crete
,
Sergio
non
rammentò
quasi
nulla
.
Anche
le
cose
di
cui
serbava
una
immagine
le
credeva
assai
più
lontane
di
dove
arrivava
la
sua
vista
,
esistenti
oltre
l
'
orizzonte
.
Fu
da
capo
tutto
nuovo
per
lui
.
La
strada
per
le
colline
incominciava
dietro
la
casa
dei
contadini
;
qui
erano
cani
cuccioli
morbidi
come
piccole
oche
che
Sergio
rivide
con
meraviglia
.
Della
città
Sergio
sapeva
soltanto
che
vi
abitavano
i
nonni
materni
i
quali
,
ogni
tanto
,
andavano
alla
villa
.
Qualche
volta
Sergio
aveva
accompagnato
Bruno
,
Marta
e
Vera
in
città
ad
un
caffé
situato
in
una
grande
piazza
.
Bibite
rosse
e
una
banda
che
suonava
su
di
un
palco
vicino
ai
tavolini
.
Tutto
gli
era
piaciuto
.
Un
giorno
,
subito
dopo
la
guarigione
,
aveva
sentito
dire
che
sarebbe
andato
a
stare
in
città
dai
nonni
per
la
scuola
,
ma
la
sua
gracilità
aveva
impedito
l
'
attuazione
di
quel
progetto
.
Marta
e
Vera
gli
avrebbero
insegnato
piano
piano
a
leggere
e
a
scrivere
,
poi
una
maestra
sarebbe
andata
alla
villa
per
portarlo
avanti
negli
studi
.
Soltanto
dopo
avrebbe
potuto
,
fortificato
da
altri
anni
passati
in
campagna
,
frequentare
la
scuola
in
città
.
Da
allora
i
rapporti
di
Sergio
con
la
città
erano
di
attesa
.
Appena
intravista
,
egli
sapeva
che
in
un
futuro
imprecisato
ma
certo
vi
avrebbe
iniziato
una
vita
diversa
e
se
la
immaginava
come
un
oggetto
da
possedersi
più
tardi
.
Il
tempo
passò
,
Marta
e
Vera
incominciarono
a
insegnargli
a
leggere
e
a
scrivere
,
gli
lessero
esse
stesse
libri
interessanti
,
ma
la
maestra
non
comparve
mai
alla
villa
e
non
si
parlò
più
della
scuola
.
Dei
poderi
di
proprietà
della
nonna
e
del
babbo
Sergio
sapeva
ancor
meno
che
della
città
;
nessuno
ve
lo
aveva
condotto
;
Vera
e
Marta
vi
alludevano
con
gesti
di
noia
.
Non
sapeva
neppure
dove
fossero
situati
.
Dalle
colline
,
una
volta
,
Marta
aveva
puntato
il
dito
verso
la
pianura
dicendo
:
-
Vedi
quella
macchia
sulla
strada
?
È
il
babbo
che
va
in
carrozza
a
visitare
i
poderi
.
Sono
dietro
l
'
ultima
casa
bianca
.
-
Sergio
era
appena
riuscito
dopo
molto
tempo
,
data
la
sua
incapacità
di
fissare
lo
sguardo
su
un
solo
punto
della
vasta
campagna
,
a
scoprire
la
carrozza
che
procedeva
a
stento
sulla
strada
come
un
insetto
meschino
.
Ai
poderi
accudivano
il
babbo
e
la
nonna
.
Il
babbo
vi
andava
quasi
ogni
giorno
e
alla
vendemmia
e
alla
divisione
degli
altri
raccolti
tentava
di
portarci
anche
Marta
e
Vera
;
ma
quelle
non
ne
volevano
sapere
.
Stavano
a
discutere
lungamente
dinanzi
alla
carrozza
e
appena
la
nonna
voltava
loro
le
spalle
facevano
gesti
minacciosi
a
Bruno
perché
desistesse
dai
suoi
insistenti
inviti
e
dalle
accuse
di
disinteresse
.
Il
babbo
fingeva
di
non
accorgersi
dei
loro
gesti
e
parlava
sorridendo
,
divertito
della
loro
rabbia
a
stento
repressa
.
Sergio
conosceva
solo
i
contadini
che
si
recavano
alla
villa
coi
panieri
pieni
di
erbaggi
e
di
frutta
.
Più
grande
,
l
'
idea
di
andare
in
un
posto
di
sua
proprietà
in
mezzo
all
'
ampia
pianura
gli
divenne
insopportabile
come
se
dovesse
entrare
in
una
stanza
con
le
finestre
chiuse
quando
oltre
quelle
si
apriva
un
magnifico
paesaggio
.
Nonostante
le
ville
e
le
case
dei
contadini
,
aveva
sempre
pensato
che
la
campagna
non
fosse
stata
di
alcuno
;
e
non
si
spinse
mai
fino
ai
poderi
.
A
lungo
,
la
parte
più
importante
della
sua
vita
si
svolse
sulle
colline
.
StampaPeriodica ,
L
'
atteggiamento
dell
'
intellettuale
di
fronte
alla
letteratura
si
traduce
,
spesso
,
nella
creazione
di
uno
spazio
vuoto
in
cui
egli
consuma
impunemente
la
propria
indifferenza
storica
.
La
"
precisione
dei
metodi
"
,
valida
ancora
come
difesa
dell
'
arte
contro
"
i
cattivi
artisti
"
,
corre
il
rischio
di
divenire
un
alibi
con
cui
il
letterato
proscioglie
se
stesso
da
ogni
obbligo
morale
e
civile
.
In
questo
contesto
,
l
'
unica
via
di
uscita
,
secondo
Gatto
,
sembra
consistere
nel
rifiuto
di
una
letteratura
conformistica
,
ripetitiva
di
formule
già
acquisite
,
e
nella
scelta
coraggiosa
di
una
"
espressione
"
nuova
,
la
quale
sia
in
grado
di
cogliere
immediatamente
la
"
nostra
dolorosa
storia
di
uomini
"
.
Solo
attraverso
la
spregiudicata
ricerca
di
una
"
difficoltosa
sintassi
"
è
possibile
tradurre
nella
letteratura
il
segno
qualificante
del
nostro
tempo
.
Bisogna
andare
al
fondo
di
noi
stessi
,
convincersi
che
in
qualche
mese
di
praticantato
è
possibile
trovare
il
passo
letterario
con
cui
mettersi
in
gara
con
tutti
gli
scrittori
che
si
preoccupano
di
mantenere
una
media
delle
proposte
con
cui
s
'
incalzano
e
non
si
risolvono
da
anni
.
Occorre
che
finalmente
si
dica
che
è
inutile
la
difesa
del
fatto
letterario
,
se
l
'
intelligenza
dell
'
arte
,
come
iniziativa
di
interesse
vero
e
diretto
,
spetta
a
pochissimi
,
se
la
precisione
dei
metodi
,
come
impegno
mantenuto
principalmente
contro
i
cattivi
artisti
,
è
svolto
fino
alla
salvezza
dall
'
ambiente
con
tutta
la
possibile
e
inavvertita
reazione
alla
storia
che
dovremmo
portare
a
fondo
.
Ormai
tutti
declamano
la
propria
ambizione
di
difendere
quel
"
fatto
letterario
"
in
cui
trovano
l
'
unica
condizione
passiva
per
vivere
:
si
crede
di
poter
mantenere
approssimativamente
un
mito
liberale
di
storicità
ripetendo
il
bisogno
di
un
'
assuefazione
polemica
,
reagendo
costantemente
al
bisogno
di
una
propria
vita
morale
e
sociale
ritardata
e
difficoltosa
rispetto
alle
facili
regole
e
alle
forme
già
acquisite
di
una
letteratura
.
Non
ci
si
accorge
che
giriamo
al
largo
per
non
incontrarci
mai
,
per
non
provare
nemmeno
sgomento
di
noi
stessi
e
della
nostra
indifferenza
storica
:
non
ci
si
accorge
che
,
puntualmente
onesta
e
determinata
,
questa
difesa
del
fatto
letterario
ripete
dall
'
esterno
un
grado
di
civiltà
che
soltanto
pochissimi
scrittori
hanno
posto
con
la
propria
espressione
e
non
con
la
propria
definizione
.
Questi
scrittori
,
in
fin
dei
conti
,
dovrebbero
assicurare
una
vita
polemica
e
media
ai
sostenitori
e
ai
"
secondi
"
:
dovrebbero
restare
combinati
per
un
tempo
indeterminato
nello
spettacolo
letterario
,
nella
gara
dei
detrattori
o
dei
ritardatari
,
o
nella
zelante
difesa
di
quanti
da
essi
ricavano
solo
un
modello
di
stile
o
un
nobile
esempio
di
condotta
lessicale
.
Questo
metodismo
,
sia
pure
avverato
nella
precisione
di
una
critica
in
atto
,
potrebbe
restare
all
'
infinito
una
condotta
storicistica
per
i
lettori
che
cooperano
a
conservare
se
stessi
,
ripetendo
sterilmente
,
nella
formula
dei
doveri
e
delle
situazioni
riflesse
,
la
mancanza
di
una
propria
coscienza
diretta
e
il
bisogno
di
una
determinazione
nei
valori
riconosciuti
passibili
di
imitazione
e
di
contagio
,
cioè
di
ambiente
.
Così
il
fatto
letterario
resta
la
sordina
storicistica
della
poesia
,
la
vetrata
diffusa
ed
immaginosa
di
un
linguaggio
alienato
per
sempre
dagli
scrittori
.
Inavvertitamente
le
precisioni
puntualizzate
restano
sempre
una
verifica
nello
stesso
tempo
astratta
ed
empirica
delle
somiglianze
temporali
dei
testi
:
ed
una
mostruosa
necessità
di
coscienza
e
di
logica
dovrebbe
scaturire
da
questo
sterile
accordo
formale
?
Individualmente
presi
e
costretti
nella
verifica
di
noi
stessi
e
della
nostra
coscienza
resisteremo
sempre
a
definirci
in
un
fatto
letterario
,
rinnegando
la
nostra
dolorosa
storia
di
uomini
,
che
è
la
stessa
difficoltosa
sintassi
e
l
'
unica
elaborazione
condotta
e
scontata
su
un
tempo
concreto
e
valido
?
I
nostri
contemporanei
dovranno
rispondere
a
questa
domanda
ogni
volta
che
troveranno
facilmente
la
via
di
un
gusto
su
cui
sembra
conformato
per
sempre
il
nostrodestino
.
StampaPeriodica ,
I
Un
senso
insormontabile
di
disagio
,
supposto
in
partenza
come
politico
,
e
poi
nobilitato
dai
conflitti
ideologici
,
ha
investito
il
campo
della
cultura
che
è
apparsa
ad
un
certo
momento
impossibilitata
a
tener
dietro
ai
furori
popolari
dei
quali
,
con
l
'
illuminismo
,
si
era
eletta
mandante
.
Colpa
quindi
del
suo
imbastardimento
plebeo
,
a
giudicarla
da
un
punto
di
vista
reazionario
secondo
il
quale
l
'
essere
scesa
nella
piazza
una
prima
volta
la
comprometteva
per
sempre
nel
fluire
della
storia
di
cui
si
è
poi
sentita
sfuggire
il
controllo
.
E
massimamente
questo
,
in
Italia
,
aveva
considerato
l
'
idealismo
che
il
compromesso
avallava
trovando
così
la
sua
formula
.
Cotesto
disagio
essa
cultura
va
adesso
protestando
,
per
bocca
dei
suoi
responsabili
,
contro
le
teorie
fecondate
dalla
sua
stessa
dialettica
;
e
nella
protesta
si
serve
di
una
serpentina
d
'
idee
,
prive
di
originalità
,
allo
scopo
di
ristabilire
l
'
equilibrio
necessario
alla
propria
esistenza
.
È
sorto
così
un
concetto
di
crisi
che
si
vuole
attribuire
genericamente
alla
civiltà
e
che
al
postutto
si
identifica
con
una
"
particolare
"
civiltà
che
pretende
,
oggi
,
di
essere
difesa
dal
profitto
che
la
politica
ha
saputo
ricavare
dai
suoi
suggerimenti
dottrinari
.
(
Sempre
qualora
sia
possibile
scendere
a
considerare
polemicamente
una
civiltà
che
non
sia
"
quella
"
civiltà
)
.
La
cultura
è
scoperta
per
conservazione
in
questa
sua
perplessità
"
sociale
"
;
costretta
alle
conclusioni
temporali
,
non
sa
fare
altro
che
rimettere
in
mano
alle
forze
giovani
la
sua
eredità
filosofica
,
ponendo
come
ultimo
atto
di
forza
la
clausola
di
una
risoluzione
ortodossa
.
Troppo
comodo
protestare
sino
all
'
agonia
un
errore
,
e
fidare
sui
giovani
per
una
difesa
di
fronte
alla
storia
;
e
meschini
quei
giovani
che
accettano
queste
consegne
poliziesche
contro
il
tempo
che
avrà
comunque
,
fatalmente
,
ragione
di
loro
.
Ma
intanto
,
nel
particolare
,
accettiamo
,
noi
giovani
,
da
Huizinga
,
questa
conclusione
che
non
ci
rende
affatto
vanitosi
tanto
poco
sentiamo
di
partecipare
agl
'
interessi
che
la
muovono
:
"
essa
(
la
gioventù
)
si
manifesta
aperta
,
generosa
,
spontanea
,
pronta
ai
godimenti
,
ma
anche
alle
privazioni
,
rapida
nelle
decisioni
,
ardita
e
di
gran
cuore
"
;
e
riconosciamo
,
da
una
fonte
come
altre
responsabile
,
che
"
né
debole
,
né
pigra
,
né
indifferente
"
l
'
ha
fatta
"
il
rallentamento
dei
legami
,
la
confusione
delle
idee
,
lo
svagamento
dalla
meditazione
,
la
dissipazione
dell
'
energia
"
tra
cui
crebbe
;
e
rifiutiamo
per
il
suo
gesto
impreciso
il
compito
generico
"
di
tornare
a
dominare
il
mondo
,
così
com
'
esso
vuol
essere
dominato
,
di
non
lasciarlo
perire
nell
'
orgoglio
o
nella
follia
,
di
ripenetrarlo
nello
spirito
"
.
E
leghiamo
il
vaticinio
del
sapiente
olandese
alle
premesse
di
questo
suo
recente
ragionamento
sulle
cause
di
una
percepita
violenta
Crisi
della
civiltà
(
secondo
il
quale
,
dopo
il
segnale
d
'
allarme
dello
Spengler
(
7
)
,
ne
sarebbe
derivata
coscienza
di
partecipazione
in
tutti
gli
strati
sociali
,
familiarizzati
ormai
col
pensiero
della
possibilità
di
un
tramonto
dell
'
odierna
civiltà
,
mentre
prima
sarebbero
stati
ancora
involti
in
un
'
indiscussa
fede
nel
progresso
)
e
rileviamone
,
per
colmo
d
'
ironia
,
il
rallentamento
dei
legami
,
la
confusione
delle
idee
,
lo
svagamento
della
meditazione
,
la
dissipazione
dell
'
energia
di
cui
ci
fornisce
implicito
documento
.
"
Un
ottimismo
immutabile
rispetto
alle
sorti
della
civiltà
attualmente
non
si
riscontra
più
se
non
in
quelli
che
,
per
mancanza
di
cognizioni
,
non
possono
capire
che
cosa
le
manchi
,
e
quindi
sono
intaccati
essi
stessi
dal
suo
processo
regressivo
,
oppure
in
quelli
che
nella
propria
dottrina
sociale
e
politica
stimano
di
possedere
già
la
civiltà
futura
e
di
poterla
fin
da
ora
diffondere
in
mezzo
alla
povera
umanità
.
Fra
un
pessimismo
convinto
e
la
certezza
di
una
prossima
panacea
stanno
tutti
quelli
che
scorgono
i
gravi
mali
e
gli
acciacchi
del
tempo
,
non
sanno
come
vi
si
possa
rimediare
od
ovviare
,
ma
intanto
lavorano
e
sperano
,
cercano
di
capire
e
sono
disposti
a
sopportare
"
.
Bel
gesto
di
sopportevole
rinuncia
se
non
lo
infirmasse
,
nelle
conclusioni
,
un
angelismo
,
guarda
caso
,
"
attivo
"
della
panacea
filosofica
(
8
)
.
"
Dal
disinteresse
e
dalla
giustizia
,
però
il
mondo
attuale
sembra
più
lontano
di
quanto
sia
stato
per
molti
secoli
,
o
almeno
di
quanto
abbia
preteso
di
esserlo
.
Adesso
si
respinge
da
molti
la
richiesta
di
una
giustizia
e
di
un
benessere
internazionale
perfino
come
principio
teorico
.
La
dottrina
dello
stato
-
potenza
privo
d
'
ogni
freno
anticipa
l
'
assoluzione
al
vincitore
.
Il
mondo
è
insanabilmente
minacciato
dalla
furia
della
guerra
annientatrice
,
che
porta
nel
suo
seno
un
nuovo
e
più
tristo
imbarbarimento
.
Pubbliche
forze
si
adoperano
intanto
perché
l
'
immane
disastro
venga
stornato
,
e
agiscono
nel
senso
della
concordia
e
della
ponderatezza
.
Ma
,
le
forze
di
un
intelligente
internazionalismo
alla
lunga
non
sono
sufficienti
,
se
lo
spirito
pubblico
non
muta
.
Così
come
la
restaurazione
dell
'
ordine
e
il
benessere
(
9
)
non
significano
ancora
di
per
sé
una
purificazione
della
civiltà
,
non
possiamo
aspettarla
neppure
dalla
prevenzione
in
sé
della
guerra
per
mezzo
della
politica
internazionale
.
Una
nuova
civiltà
può
nascere
solo
da
un
'
umanità
purificata
"
.
Purificata
,
è
detto
più
avanti
e
più
indietro
,
nelle
condizioni
fondamentali
della
cultura
.
"
Se
vogliamo
conservare
la
cultura
dobbiamo
continuare
a
creare
cultura
"
.
-
"
Cultura
...
è
l
'
ideale
di
una
comunità
"
.
-
"
La
cultura
deve
avere
un
indirizzo
metafisico
:
altrimenti
non
esiste
"
(
10
)
.
-
"
Non
è
affatto
paradossale
affermare
che
una
civiltà
,
con
un
progresso
realissimo
ed
innegabile
,
potrebbe
arrivare
alla
sua
rovina
"
.
-
"
La
somma
di
tutta
la
scienza
non
è
ancora
diventata
civiltà
"
.
-
"
L
'
istruzione
rende
sotto
-
istruiti
"
.
-
"
Viene
proclamato
intuizione
,
ciò
che
,
in
realtà
,
non
è
altro
che
una
scelta
intenzionale
per
ragione
affettiva
"
.
-
"
La
pretesa
di
superiorità
in
grazia
di
una
pretesa
purezza
di
razza
ha
sempre
avuto
fascino
per
taluni
,
perché
corrisponde
a
un
certo
spirito
romantico
,
non
inceppato
dal
bisogno
di
critica
e
animato
dal
desiderio
di
autoelevazione
"
.
(
"
Una
nuova
civiltà
può
nascere
solo
da
una
umanità
purificata
"
,
e
non
siamo
tanto
ingenui
da
non
avere
capito
la
tentazione
cattolica
che
tuttavia
non
elide
il
dilemma
,
soprattutto
quando
ci
viene
detto
che
"
la
tragicità
dell
'
esistenza
terrena
,
l
'
essere
la
civitas
dei
mescolata
e
intrecciata
alla
civitas
terrena
per
tutto
il
tempo
che
il
mondo
ha
da
durare
ha
fatto
della
storia
della
cristianità
,
cioè
dei
popoli
che
professano
la
fede
di
Cristo
,
tutt
'
altro
che
una
marcia
trionfale
del
cristianesimo
"
)
.
-
"
Un
sano
organismo
statale
è
caratterizzato
dall
'
ordine
e
dalla
disciplina
.
Capovolgendo
:
l
'
ordine
e
la
disciplina
rivelano
un
sano
organismo
statale
.
Come
se
a
fare
il
sonno
del
giusto
bastasse
un
sonno
tranquillo
"
.
-
"
Se
ciascuno
non
fosse
personalmente
convinto
di
dover
resistere
a
un
vizio
capitale
detto
incontinenza
,
la
società
sarebbe
inesorabilmente
in
balia
di
una
degenerazione
sessuale
che
la
condurrebbe
alla
distruzione
"
.
E
ancora
:
"
Nel
mondo
attuale
il
senso
di
essere
tutti
insieme
responsabili
di
tutto
è
indubbiamente
molto
aumentato
,
contemporaneamente
,
e
in
rapporto
con
esso
,
è
enormemente
cresciuto
il
pericolo
di
azioni
di
massa
del
tutto
irresponsabili
"
.
-
"
Ad
ogni
modo
,
ove
si
voglia
affermare
questa
polarità
,
bisognerà
assolutamente
svuotare
i
concetti
di
massa
e
di
élite
di
qualsiasi
contenuto
sociale
,
e
considerarli
solo
in
quanto
espressioni
di
atteggiamenti
spirituali
"
.
-
"
Quando
il
mito
scaccia
il
logos
e
ne
prende
il
posto
,
allora
siamo
alla
soglia
della
barbarie
"
.
Al
tempo
.
Attenzione
a
questa
cultura
ufficiale
,
ordinata
,
storicistica
che
ha
fin
troppo
degenerato
nell
'
onore
reso
all
'
impagabile
aforisma
crociano
su
la
"
bella
conversazione
europea
"
.
Fissiamola
nel
momento
stesso
in
cui
essa
riconosce
che
"
nessuna
grande
trasformazione
nei
rapporti
umani
si
avvera
mai
nella
forma
che
gli
uomini
nell
'
età
immediatamente
precedente
si
sono
immaginata
"
.
Rendiamola
viva
ancora
,
con
la
sua
presenza
nella
storia
,
ed
imputiamola
di
tutti
i
falsi
liberalisti
che
ridussero
alla
tentazione
piccolo
borghese
quelle
masse
incontenibili
negli
interessi
economici
creati
dalla
sua
meccanica
ostruzionistica
;
e
scendiamo
a
confutarla
proprio
laddove
essa
scantona
alla
resa
dei
conti
tra
la
crisi
spirituale
e
le
condizioni
economiche
,
entrambe
da
essa
generate
e
costrette
,
e
lascia
apparire
logico
che
una
dottrina
la
quale
stima
più
l
'
essere
che
il
sapere
debba
comprendere
tra
i
suoi
problemi
anche
la
fine
dell
'
essere
,
ammettendo
che
la
massa
riconosce
senz
'
esitare
,
e
più
convinta
che
mai
,
la
vita
terrena
come
meta
di
ogni
aspirazione
e
di
ogni
azione
(
11
)
.
A
questo
punto
possiamo
anche
confessare
che
Huizinga
ci
serve
da
pretesto
.
Non
ci
sarebbe
infatti
"
mezzo
migliore
di
disabituare
la
gioventù
dal
pensare
,
di
mantenerla
infantile
e
probabilmente
,
per
giunta
,
di
annoiarla
rapidamente
e
a
fondo
"
,
come
capita
troppe
volte
da
troppo
tempo
ai
nostri
vecchi
maestri
.
II
(
12
)
Prima
di
esprimerci
dentro
i
termini
della
cultura
,
servendoci
delle
leve
della
sapienza
,
che
un
individuo
può
muovere
più
o
meno
bene
di
un
altro
individuo
e
viceversa
,
in
una
dialettica
che
pone
,
con
giustizia
,
l
'
abilità
verbale
e
l
'
apprendistato
libresco
a
fondamento
della
ragione
,
bisognerà
scontare
fino
in
fondo
la
nostra
educazione
umanistica
e
riconoscerci
in
essa
,
confessando
il
nostro
sentimento
fino
ai
limiti
estremi
della
passività
,
riducendoci
minimi
dinanzi
alla
storia
.
E
bisognerà
riconoscere
agli
uomini
"
attivi
"
la
nostra
impotenza
a
penetrare
la
loro
temporale
tracotanza
,
riportando
dalla
nostra
vergogna
la
luce
di
una
verità
interiore
che
ci
fa
vivere
nel
compromesso
di
una
continua
esitazione
coi
testi
.
Allora
anche
i
termini
del
ragionamento
ci
tornano
puri
di
significato
e
la
civiltà
viene
a
significarsi
oltre
le
condizioni
fondamentali
della
cultura
,
nella
vissuta
esperienza
dei
rapporti
sociali
(
13
)
,
a
tu
per
tu
cogli
uomini
inibiti
alla
speculazione
a
causa
del
loro
esaurimento
quotidiano
nella
realtà
.
Onde
fornire
aperto
il
senso
del
discorso
diremo
che
ci
resta
sufficiente
ammettere
che
si
possa
concepire
una
discriminazione
iniziale
d
'
interessi
,
economici
o
spirituali
,
fra
gli
individui
per
ritenere
precluso
da
qualsiasi
altro
versante
il
raccordo
fra
i
due
estremi
.
A
costo
di
riconoscerci
come
degli
animali
asociali
,
non
riusciremo
mai
a
vedere
conciliate
nel
tempo
le
ragioni
che
andiamo
via
via
ascoltando
in
noi
stessi
,
a
meno
di
premettere
una
"
carità
"
di
gesti
e
di
pronunciamenti
negli
incontri
della
vita
quotidiana
.
Soltanto
così
avvertiamo
possibile
l
'
evasione
dalla
cronaca
che
vorrebbe
legarci
ai
suoi
interessi
immediati
e
temporali
.
Soltanto
concedendo
alla
società
in
estensione
i
privilegi
fruttati
dalle
singole
positive
esperienze
potremo
conciliare
la
cultura
e
il
nostro
labile
destino
di
letterati
con
la
vita
,
in
quanto
in
ogni
applicazione
è
da
riconoscere
un
mestiere
il
cui
prodotto
va
appunto
al
di
là
della
tecnica
solo
a
patto
di
diventare
umanità
,
e
quindi
acquisibile
e
speculabile
.
A
questo
punto
consideriamo
di
ottenere
l
'
assoluzione
della
cultura
,
reintegrandola
al
suo
grado
formativo
,
nient
'
affatto
come
un
estremo
ed
ineffabile
privilegio
,
ma
come
fattore
preparatorio
e
conclusivo
di
una
civiltà
.
La
quale
civiltà
non
è
affatto
possibile
far
consistere
in
una
continua
vigilanza
e
lotta
armata
contro
la
possibilità
di
una
ricaduta
del
mondo
nella
barbarie
,
e
quindi
in
un
continuo
stato
di
allarme
contro
l
'
evenienza
di
una
"
crisi
"
,
e
in
una
unità
impenetrabile
alle
leggi
morali
e
sociali
modernamente
concepite
;
laddove
è
purtuttavia
vero
che
la
civiltà
saggia
nella
sua
continua
crisi
il
divenire
di
una
società
sempre
più
liberata
dagli
impacci
dell
'
interesse
temporale
.
Torna
di
proposito
concludere
,
in
questo
primo
momento
,
riaffermando
la
inderogabilità
di
un
assolutismo
morale
che
resta
alla
base
di
una
perfettibile
umanità
la
quale
,
pur
non
ripetendosi
nella
storia
,
si
ritrova
tuttavia
nel
tempo
,
con
una
faccia
diversa
ed
uno
spirito
mutato
.
Sarà
questo
un
ragionamento
che
riprenderemo
continuamente
e
di
buon
grado
,
a
commento
delle
letture
che
andiamo
facendo
e
che
investono
direttamente
e
indirettamente
(
v
.
il
libro
di
Huizinga
)
il
concetto
di
una
civiltà
"
privilegiata
"
.
Si
intenderebbe
difendere
un
pensiero
storico
facendolo
nascere
,
come
dice
il
Croce
nella
avvertenza
alla
Storia
come
pensiero
e
come
azione
"
da
un
travaglio
di
passione
pratica
"
che
trascende
se
stesso
"
liberandosene
nel
puro
giudizio
del
vero
"
e
convertendo
,
"
mercé
di
questo
giudizio
,
quella
passione
...
in
risolutezza
di
azione
"
.
Questo
significato
a
noi
appare
intelligibilissimo
e
riconoscibile
nella
immediata
giustificazione
di
uno
storicismo
che
ritrova
ogni
momento
,
nel
"
fatto
"
di
cui
si
serve
,
la
propria
scadenza
.
StampaPeriodica ,
La
critica
al
crocianesimo
,
elemento
comune
di
tutti
i
collaboratori
di
"
Campo
di
Marte
"
,
trova
in
Alfonso
Gatto
uno
dei
più
lucidi
e
decisi
rappresentanti
.
La
poesia
non
può
essere
sottoposta
alla
"
moderata
variazione
di
un
gusto
"
.
Essa
,
appunto
perché
prodotto
di
un
determinato
periodo
storico
,
si
trova
ad
essere
parte
integrante
di
quel
periodo
;
e
quando
la
crisi
di
una
società
determina
la
crisi
dei
valori
tradizionali
,
essa
ne
rimane
fatalmente
coinvolta
.
Ciò
che
A
.
Gatto
mette
qui
a
fuoco
,
è
la
funzione
stessa
della
letteratura
,
e
lo
stretto
legame
che
unisce
il
poeta
al
contesto
storico
e
sociale
all
'
interno
del
quale
egli
opera
.
A
stabilire
un
rapporto
tra
i
diversi
saggi
che
un
critico
,
con
più
o
meno
cura
,
può
aver
scritto
in
un
periodo
,
mettiamo
,
di
cinque
anni
,
si
verificheranno
due
ipotesi
:
che
il
critico
esemplifichi
immutabilmente
un
metodo
esegetico
e
che
usi
di
pretesto
al
suo
discorso
quegli
autori
che
non
lo
smentiscono
:
o
che
si
sforzi
di
cogliere
le
ragioni
della
sua
sensibilità
e
del
suo
gusto
ecletticamente
su
tutte
le
opere
che
gli
ripropongono
la
distinzione
delle
proprie
parti
più
o
meno
riuscite
,
espresse
e
formate
.
In
tutti
e
due
i
casi
risulta
una
sola
apparente
coerenza
:
la
neutralità
del
critico
e
del
criticato
in
nome
di
uno
storicismo
pacifico
che
vuoi
salvare
le
proprie
istituzioni
.
Sul
critico
che
invece
dimostra
di
seguire
e
di
cogliere
nel
linguaggio
di
un
'
opera
la
difficile
proprietà
morale
in
cui
lo
scrittore
o
il
poeta
scopre
le
continue
relazioni
con
se
stesso
-
relazioni
storiche
,
sociali
,
interamente
umane
-
e
che
pone
la
sua
conoscenza
a
fedele
sintomo
della
stessa
storia
cui
si
rivolge
e
si
oppone
,
son
pronte
invece
le
accuse
più
recidive
.
Soltanto
per
questa
prudenza
esistono
critici
che
si
occupano
per
trent
'
anni
di
poesia
con
la
moderata
variazione
di
un
gusto
,
fermandosi
perplessi
al
punto
in
cui
il
vero
poeta
rifiuta
per
crisi
e
per
violenta
antistoria
la
propria
conservazione
e
nel
sentimento
del
tempo
e
della
morte
trova
un
ordine
nuovo
.
Rispetto
alla
storia
esistono
cioè
critici
integralmente
profani
che
si
preoccupano
di
negare
alla
poesia
la
crisi
e
la
violenza
stessa
della
sua
origine
.
Esiste
questo
stato
temporale
degli
studi
la
cui
utilità
conservativa
è
ormai
prossima
alla
reazione
.
La
conclusione
che
si
vuol
vedere
nell
'
opera
di
un
critico
deve
essere
perciò
di
natura
e
di
fedeltà
morale
rispetto
alla
storia
che
il
poeta
e
lo
scrittore
muove
e
non
limita
con
la
sua
presenza
:
gli
errori
di
sopravvalutazione
e
di
credito
in
tal
senso
contano
per
le
ragioni
di
necessità
da
cui
son
mossi
,
dalla
piena
dichiarazione
del
giudizio
.
Quanto
più
preciso
,
intimo
,
inalienabile
,
il
discorso
di
un
critico
accentra
storicamente
le
proprie
responsabilità
ed
esplica
al
limite
sociale
dei
contemporanei
le
ragioni
di
una
umanità
concreta
e
consapevole
che
non
è
immediatamente
documentata
e
polemicamente
resa
attuale
.
De
Sanctis
,
in
tal
senso
,
fu
un
critico
che
,
nella
stretta
chiarificazione
del
-
l
'
unità
morale
dei
poeti
e
degli
scrittori
,
non
rinunziò
ad
alcuna
delle
relazioni
sociali
e
storiche
in
cui
si
sentiva
vivo
e
mortale
.
Una
storia
della
letteratura
sarebbe
,
in
tal
senso
,
ancora
opera
vana
,
da
non
tentare
,
per
conservare
credenza
ad
una
critica
pura
,
irrelata
,
che
si
affianca
con
una
serie
di
monadi
chiuse
agli
esempi
dell
'
arte
?
Pure
questa
consistenza
storica
fu
sempre
fondata
sulle
opposizioni
in
cui
il
poeta
accertò
la
propria
continua
crisi
,
la
sua
poesia
dalla
sua
non
poesia
,
sulla
durata
,
cioè
,
di
un
'
elaborazione
morale
ed
espressiva
provata
da
tutte
le
avversioni
.
In
tale
estrema
disperazione
del
limite
individuale
la
poesia
ha
in
sé
un
movimento
di
crisi
che
è
la
storia
stessa
.
Accettando
l
'
eredità
di
una
critica
puntuale
,
ad
hominem
,
e
portando
lo
storicismo
alle
sue
estreme
conseguenze
,
cioè
al
contatto
dei
contenuti
formalistici
in
cui
strema
sempre
più
il
suo
suolo
esegetico
,
si
dovrebbe
ormai
toccare
con
mano
questa
disperazione
del
limite
individuale
che
solo
in
pochissimi
,
di
riserva
,
si
relega
ad
un
assolutismo
mistico
ed
astorico
.
Occorre
cioè
rompere
l
'
esitazione
e
dare
chiaramente
alla
storia
la
sua
crisi
,
cioè
il
suo
movimento
.
StampaPeriodica ,
L
'
Accademia
anti
-
accademia
...
L
'
Accademia
d
'
Italia
deve
essere
antiaccademica
.
Deve
essere
antiparassitaria
e
antistatica
,
dinamica
,
operosa
,
creatrice
.
Pensiamo
,
insomma
,
che
l
'
Accademia
d
'
Italia
debba
essere
l
'
organo
della
Rivoluzione
fascista
nel
campo
dell
'
arte
.
Pertanto
essa
dovrebbe
avere
per
compito
generale
la
difesa
e
l
'
illustrazione
dello
spirito
italiano
,
attraverso
una
azione
precisa
ed
efficace
su
tutto
quanto
concerne
la
cultura
del
nostro
Paese
,
intesa
questa
come
somma
di
tutte
le
discipline
intellettuali
ed
artistiche
.
Tale
azione
difensiva
dovrebbe
essere
intesa
nel
senso
di
una
saggia
conservazione
spirituale
e
materiale
del
patrimonio
artistico
della
nostra
razza
,
il
quale
deve
essere
maggiormente
protetto
di
quanto
oggi
non
si
faccia
,
sia
dalle
minacce
del
tempo
in
ciò
che
è
opera
distruttibile
,
sia
-
soprattutto
-
dalle
influenze
e
dalle
contaminazioni
straniere
in
ciò
che
è
essenza
e
modo
di
vita
estetica
,
filosofica
,
religiosa
e
morale
,
particolare
alla
nostra
razza
...
La
sua
funzione
di
difesa
ideale
della
nostra
civiltà
artistica
,
in
cui
si
riassumono
le
nostre
più
preziose
virtù
etniche
,
l
'
Accademia
d
'
Italia
può
compierla
con
lo
svalutare
,
attraverso
la
propria
palese
noncuranza
o
con
esplicite
dimostrazioni
ed
atti
pubblici
,
tutte
quelle
manifestazioni
letterarie
,
mistiche
,
artistiche
,
morali
,
ecc
.
,
che
portano
in
tutti
questi
campi
dell
'
intelletto
e
dello
spirito
"
germi
"
di
errori
e
di
degenerazioni
contrastanti
con
la
schietta
genialità
o
spiritualità
creativa
nazionale
.
Con
ciò
l
'
Accademia
combatterebbe
senza
dar
quartiere
,
nell
'
ambito
delle
sue
proprie
funzioni
e
attribuzioni
,
ogni
forma
di
decadenza
dello
spirito
italiano
da
quelle
che
sono
le
sue
caratteristiche
e
proprietà
tradizionali
,
storiche
e
congenite
.
Sopratutte
energica
dovrebbe
essere
la
difesa
della
lingua
nel
suo
carattere
sostanziale
,
senza
pedante
-
rie
,
che
sono
più
dannose
delle
importazioni
,
nella
lingua
parlata
come
in
quella
scritta
,
di
termini
stranieri
italianizzati
.
La
lingua
va
considerata
come
una
cosa
viva
ed
in
continuo
sviluppo
,
ma
non
può
più
essere
impunemente
contaminata
,
oggi
come
ieri
e
sotto
ogni
regime
,
secondo
le
mode
giornalistiche
e
librarie
,
che
tengono
il
campo
letterario
.
E
a
questo
proposito
diciamo
un
altro
basta
con
le
"
sagre
"
in
onore
di
santi
,
di
artisti
e
di
eroi
,
fatte
a
base
di
discorsi
,
articoli
,
monografie
e
saggi
colmi
di
fronzoli
,
di
zeppe
e
di
rettoricume
di
una
lingua
insieme
sgrammaticata
,
roboante
e
contorta
,
che
nessun
italiano
potrebbe
riconoscere
per
propria
.
E
basta
con
molta
della
insopportabile
prosaccia
dei
pseudo
scrittori
fascisti
di
questi
ultimissimi
anni
,
sia
del
giornale
,
sia
del
libro
,
i
quali
hanno
la
pretesa
di
contribuire
a
formare
una
letteratura
fascista
mentre
soffocano
lo
stile
della
nostra
grande
lingua
sotto
un
'
immensa
ondata
di
terminologie
inintelligibili
,
barbariche
e
puerili
.
Il
Ministero
della
cultura
italiana
L
'
Accademia
d
'
Italia
,
poi
,
per
procedere
a
quella
valutazione
particolare
del
valore
dei
singoli
artisti
,
di
cui
dicevamo
poc
'
anzi
,
potrebbe
istituire
premi
di
incoraggiamento
e
facilitare
pubblicazioni
e
manifestazioni
artistiche
di
schietta
impronta
italiana
.
Inoltre
essa
dovrebbe
avere
un
proprio
giornale
periodico
,
cui
,
oltre
gli
accademici
,
darebbero
il
loro
contributo
d
'
idee
e
di
espressioni
artistiche
tutti
coloro
che
l
'
Accademia
stimasse
degni
di
far
ciò
.
Insomma
,
l
'
Accademia
d
'
Italia
dovrebbe
rappresentare
una
specie
di
Ministero
della
cultura
italiana
.
Cioè
,
un
organo
centrale
cui
fossero
naturalmente
avocate
tutte
le
imprese
e
tutte
le
iniziative
di
ordine
e
di
carattere
intellettuale
e
artistico
,
in
merito
alle
quali
essa
potrebbe
emettere
il
suo
parere
,
dare
i
suoi
consigli
,
presentare
le
sue
obiezioni
...
StampaPeriodica ,
Di
fronte
allo
sciovinismo
di
un
'
altra
nazione
dobbiamo
noi
,
starcene
lì
rassegnati
e
astinenti
?
Noi
non
gliela
facciamo
.
Un
modesto
caso
personale
.
Io
mi
sono
incominciato
ad
interessare
alle
questioni
nazionali
nei
rapporti
con
gli
stranieri
,
dal
mio
primo
viaggio
all
'
estero
:
dal
momento
in
cui
ho
incominciato
a
soffrire
il
disprezzo
dei
tedeschi
e
l
'
ironia
dei
francesi
:
lo
sciovinismo
di
ciascuna
nazione
.
Oh
,
sì
certamente
,
se
non
fossero
stati
gli
stranieri
,
anche
io
oggi
la
penserei
come
Benedetto
Croce
.
La
responsabilità
di
un
atto
così
imprudente
,
(
la
temerità
di
creder
caduto
in
error
di
pratica
un
maestro
)
,
per
mio
conto
la
scarico
sui
tedeschi
e
sui
francesi
,
che
mi
hanno
fatto
vedere
uno
spettacolo
talmente
vasto
,
di
deformazione
del
vero
,
fin
nel
sacrosanto
campo
storico
,
da
non
lasciarmi
dubbio
di
sorta
sul
metodo
da
seguire
per
l
'
interesse
nostro
.
Trattasi
di
due
generi
di
mentalità
:
c
'
è
chi
vede
gli
interessi
al
di
sopra
delle
perfezioni
ideali
;
e
c
'
è
quegli
che
intende
sacrificare
qualsiasi
interesse
per
ottenere
uno
stato
di
perfezione
.
Chi
non
avesse
paura
delle
parole
grosse
,
potrebbe
dir
persino
che
c
'
è
chi
sente
la
patria
al
di
sopra
di
tutto
,
e
chi
al
di
sopra
di
tutto
,
compresa
la
patria
,
sente
un
altro
amore
.
Ma
la
parola
patria
,
che
può
esser
compresa
tra
i
sentimenti
che
Croce
dice
"
Vezzeggiati
dal
volgo
,
"
non
mescoliamola
a
queste
chiacchiere
.
Guardiamo
per
ora
la
convenienza
soltanto
.
Oggi
la
politica
intellettuale
va
diretta
tenendo
presente
il
bluffismo
,
l
'
affarismo
,
le
camorre
,
le
invadenze
,
i
soprusi
,
i
complotti
internazionali
di
ciascuna
nazione
.
Questi
piani
strategici
mirano
a
due
fini
:
uno
riguarda
il
primato
morale
,
prezioso
alle
mire
generali
politiche
di
ogni
paese
;
il
secondo
punto
i
mercati
.
(
Vendere
i
libri
,
vendere
i
quadri
,
eccetera
,
portar
simpatie
e
soldi
a
casa
.
)
I
mezzi
usati
da
ambedue
le
correnti
sono
naturalmente
intellettuali
.
Per
esempio
,
il
Seicento
in
pittura
viene
sollecitamente
affermato
un
gran
secolo
perché
la
Germania
ha
accaparrato
quadri
del
Seicento
.
Il
cubismo
trova
critici
di
firma
,
che
ancora
lo
difendono
,
perché
il
tal
mercante
ha
sullo
stomaco
duecento
pezzi
cubisti
.
Picasso
è
tornato
al
cubismo
-
e
fa
ora
il
neoclassico
un
giorno
e
il
cubista
un
altro
-
per
non
far
arrabbiare
nessuno
.
De
Chirico
da
neoclassico
è
tornato
metafisico
perché
così
vuole
il
mercante
Rosemberg
...
Tornando
al
nostro
argomento
,
gli
intellettuali
italiani
dovrebbero
tenersi
d
'
accordo
coi
mercanti
italiani
(
editori
,
antiquari
,
mercanti
d
'
arte
moderna
,
fabbricanti
di
strumenti
intellettuali
)
per
poter
far
la
parte
nostra
nel
campo
della
concorrenza
straniera
.
Io
non
capirei
quindi
le
divisioni
interne
tra
intellettuali
che
hanno
o
avrebbero
opposto
colore
politico
.
Mi
pare
che
gli
argomenti
artistici
non
si
posson
tingere
di
nessun
colore
,
e
non
vedo
dunque
le
cause
delle
spartizioni
che
dividon
le
forze
italiane
in
due
.
Tanto
più
che
una
non
agisce
ad
altro
fine
che
ad
insidiare
anche
all
'
estero
l
'
altra
,
con
quanto
vantaggio
dell
'
interesse
comune
(
sempre
comune
)
non
so
.
Siccome
io
conosco
i
costumi
degli
intellettuali
stranieri
,
ho
risoluto
che
sarebbe
perfino
morale
-
nei
confronti
dei
metodi
loro
-
d
'
usar
addirittura
i
sistemi
della
nostra
vecchia
camorra
.
Questo
è
ottocentesco
e
dunque
anche
di
moda
...
Bando
alle
utopie
,
in
conclusione
,
e
tenersi
fermi
al
sodo
,
altrimenti
ci
fregano
.