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L’ITALIA SARÀ ( - , 1861 )
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Chi avesse detto solo due anni fa , che l ’ Italia così barbaramente stracciata e divisa in sette Stati dovesse , come un sol uomo , levarsi per domandare la sua nazionalità , ed in breve tempo veder cadere tre principi , essere indebolito un quarto che aveva tutta l ’ influenza sull ’ Italia , ed il Papa ed il Borbone di Napoli sentirsi cedere il trono sotto i loro piedi , certo avrebbe creduto sentire una delle utopie del profeta dell ’ idea , e l ’ avrebbe accolta con dispregio come cosa quasi impossibile . Eppure è un fatto . Due figli d ’ Italia si sono levati , Vittorio Emanuele e Garibaldi , ed han preso l ’ impegno di raccorre le sparse membra della lacerata patria , e ricostituirla . L ’ Amico , di Casa non si occupa di politica , né pretende di entrare negli inestricabili labirinti della diplomazia : ma salendo a più alte cagioni , osa predire che l ’ Italia sarà fra breve una grande nazione . Chi non è ateo deve ammettere una Provvidenza ; chi è cristiano deve ammettere le dichiarazioni della Prole di Dio . Il castigo più grande che Dio dà a un popolo è quello di togliergli la sua nazionalità ; quel popolo è morto come popolo : ed in questo solo senso aveano ragione i nostri grandi nemici La Martine e Metternich , di dire che l ’ Italia è la terra dei morti , e che essa non è che una espressione geografica . L ’ Italia oggi s ’ incammina a riacquistare la sua vita di nazione , e già ha fatto dei passi mirabili . Continuerà essa in questa via fino a giungere allo scopo sublime che si è proposta ? Se calcoliamo le cose umanamente , non ci sembra che vi possa essere il minimo dubbio . I partiti che impedivano la unione sono spariti ; e qui dobbiamo dare la meritata lode al partito repubblicano , il quale ha ceduto per l ’ amor della unione , ed ha mandato i suoi più bravi campioni a spargere il sangue al grido d ’ Italia e Vittorio Emanuele . La diplomazia non osteggia , almeno apertamente , la nostra nazionalità ; il non intervento è proclamato ; l ’ unione dei popoli è ammirabile ; l ’ Austria è resa impotente ; il Papa non è più ascoltato ; il Borbone stesso è sceso a patti col popolo , che tiene il broncio alle sue forzate concessioni ; Garibaldi fa meraviglie ; Vittorio Emanuele è proclamato dappertutto . Tutto insomma ci dice che l ’ Italia sarà , e sarà fra breve . Ma quel libro divino nel quale troviamo insegnamenti in tutto , la Bibbia , ci dice che “ la giustizia eleva la nazione " (Prov., XIV , 34 ) . La giustizia , s ’ intende bene , non quella che così si chiama , e che è amministrata dai magistrati , ma quella giustizia che vien da Dio , e che è ne ’ cuori veramente religiosi ; in una parola , la religione eleva la nazione . Ma qual è questa religione ? Non è certo quella delle scomuniche e delle maledizioni che si esercita in corte di Roma ; quella religione anzi è quella che ha diviso l ’ Italia , e l ’ ha condotta al Medioevo . Non è neppure la religione dell ’ inquisizione che ha desolato Italia e Spagna ; quella religione spopola gli Stati , ruina il commercio , ed è sorgente di mille mali . Non è neppure la religione dei bigotti , che consiste in grossolane superstizioni ; quella religione empierà i conventi , moltiplicherà i preti e li arricchirà , e toglierà tante braccia e tante ricchezze alla patria e al commercio . L ’ elevamento della nazione deve venire da Dio . Ora come è possibile che Dio elevi una nazione se essa disprezza gli ordini che Dio gli ha dati per il suo bene ? Gli ordini di Dio sono nella sua parola : ecco la giustizia che eleva la nazione . La religione che ci è rivelata nella divina parola ci fa chiaramente sentire la nostra eguaglianza : essa ci dice che tutti abbiamo lo stesso niente per principio , lo stesso Dio per creatore , lo stesso Adamo per padre ; ma rivelandoci la nostra uguaglianza ci predica l ’ ordine ; affinché tutto proceda senza confusione ; così a colui che si stima grande , la religione gli dice : non insuperbirti , ma se sei al di sopra de ’ tuoi fratelli , lo sei per servirli ; e a colui che si vede piccolo , la religione dice : non avvilirti , perciocché innanzi a Dio la tua piccolezza sparisce . La religione vuole che noi “ parliamo con verità gli uni agli altri ” (Efes., IV , 25 ) ; e così sono aboliti gl ’ inganni . La religione vuole che si renda a Cesare quello che è di Cesare , ed a Dio quello che è di Dio ; che si " renda a ciascuno il debito : il tributo a chi si deve il tributo ; la gabella a chi la gabella ; il timore a chi il timore ; l ’ onore a chi l ’ onore " (Rom., XIII , 7 ) . La religione vuole che ci amiamo tutti come membra di un corpo , e ci aiutiamo scambievolmente ; che " niuno cerchi il suo proprio , ma ciascuno cerchi ciò che è per altri " (Cor., X , 24 ) . Se tali principi si mettessero in esecuzione , vi potrebbe essere alcun dubbio sulla ricostituzione della cara patria nostra ? Dio faccia splender dall ’ alto la luce della sua santa parola sulla cara patria , ed essa sarà elevata a nazione , anzi primeggerà fra le nazioni .
MIGUEL DE UNAMUNO ( PAPINI GIOVANNI , 1906 )
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Noialtri ci occupiamo assai meno della Spagna di quel che gli spagnoli si occupino di noi . Della vecchia Spagna conosciamo appena un libro , il Don Quijote , e due o tre nomi : Calderon , Lope de Voga , Sant ' Ignazio . Della Spagna ultima , della Spagna presente nulla . Noi abbiamo uno dei più illustri spagnolisti del mondo , Arturo Farinelli , ma non abbiamo saputo dargli neppure una cattedra e deve campar la vita insegnando italiano e lo spagnolo in Austria , alla scuola di Commercio di Innsbruck . Abbiamo buoni studiosi di letteratura spagnola , ( Schiff , Restori , De Lollis , Sanvisenti , Savj Lopez , Mele ) ma costoro non si occupano che di cose vecchie e la loro Spagna finisce col secolo XVII . Noi siamo abituati troppo ad associare l ' idea di ricchezza e di potenza con quella di cultura e di genialità e non pensiamo che un paese può avere dei grandi uomini anche se ha perduto le sue colonie e se la sua rendita è al di sotto della pari . La Spagna non è oggi una nazione prospera e forte ma appunto per questo è più favorevole allo sviluppo di certi sentimenti e alla creazione di certe opere . In Italia nessuno conosce le opere di quel delizioso e melanconico analista che fu Angel Ganivet , e ben pochi , credo , conoscono i libri di don Miguel Unamuno . Costui è professore di greco , è basco , ha quarant ' anni , è Rettore dell ' Università di Salamanca ed è uno dei più singolari rappresentanti dell ' idealismo contemporaneo . Ha scritto dei romanzi ( Paz en la guerra , 1897 , Amor y pedagogia , 1902 ) dei saggi di filosofia sociale ( De la ensenanza superior en Espana ; 1899 , Entorno al casticosmo , 1902 ) dei bozzetti di costumi e di luoghi ( Paisajes , 1902; De mi pais , 1903 ) e poi articoli , conferenze , discorsi e lettere , sopratutto molte lettere . Egli ha tutte le qualità degli apostoli : la fede , l ' attività , il disprezzo del ridicolo , la simpatia intuitiva per gli sconosciuti che possono essere vicini alla sua anima . Egli vuol essere un po ' il confessore della Spagna contemporanea e il suo scopo sarebbe quello di far tornare gli spagnoli alle tradizioni della loro anima nazionale . Non si rigenera la Spagna , egli dice , portandola a imitare ciò che fanno le altre nazioni , cercando di creare industrie , rendendola ricca . La Spagna ha la sua missione nel mondo : quella di rappresentare , dinanzi alla paganità latina , e all ' avidità anglo - sassone , le idee della rinuncia e dell ' immortalità . La Spagna dovrebbe essere una nazione di cavalieri asceti . Gli stessi aspetti della terra di Castiglia , solitaria , arida , popolata solo di rigide encinas , danno il senso dell ' infinito e il bisogno dell ' unione con Dio . La rigenerazione della Spagna è un problema morale e perciò un problema religioso . Miguel de Unamuno dà molta importanza alla religione e per quanto cattolico non si spaventa né delle teorie della evoluzione dei dogmi né delle sante pazzie del misticismo . Il libro che fa meglio comprendere l ' anima sua e che costituisce , per ora , il più completo programma ch ' egli abbia offerto al suo paese è quello che ha pubblicato l ' anno scorso col titolo di Vida de D . Quijote y Sancho ( Madrid , F . Fè ) che non è né un riassunto né un commento filologico o storico ma una interpretazione morale della meravigliosa opera del Cervantes . Egli segue passo a passo le vicende dello infelice cavaliere e del suo compagno e dopo averle ricordate con brevi parole ne cerca il significato e ne trae gl ' insegnamenti . E per far comprendere tutto quello che c ' è di eroico e di religioso nel gran libro del Monco egli richiama ogni momento le gesta o le parole delle più alte e nobili anime rappresentatrici della Spagna : il Cid Campeador , Santa Teresa , Inigo di Loyola , Calderon de la Barca . Questo libro di Unamuno si presenta , così , come una specie di Vangelo dello Spagnolismo , ma non dello Spagnolismo quale noi siamo abituati a disprezzarlo attraverso i ricordi della dominazione della Spagna già in decadenza , ma di uno Spagnolismo ch ' è quasi l ' opposto di quello e che riconosce come virtù il disprezzo della vita comoda , degli affari , della morte , e l ' amore dell ' avventura e della povertà , il coraggio della solitudine e della pazzia . Tutto questo insegna Don Chisciotte , secondo Unamuno , e non il pessimismo come voleva Turgheniev o la fine del misticismo cavalleresco come intende ora il Peladan . È inutile aggiungere che sto dalla parte di Unamuno . lo sento per lui una simpatia istintiva che è dovuta , probabilmente , alle somiglianze delle nostre anime e dei nostri scopi . Egli vuol fare per la Spagna ciò che io vorrei fare per l ' Italia e riconosco pure come mio principal patrono l ' immortale Don Chisciotte il quale non è mai veramente morto nel mondo , perché se morisse davvero la vita diverrebbe qualcosa di orribile , una specie di sotterraneo senza luce , abitato da bestie soddisfatte . Miguel Unamuno è oggi il sacerdote principe della Religione di Don Quijote di cui sono , per mia gloria e fortuna , un fervoroso fedele e ho provato il bisogno , appena l ' ho scoperto , di mandargli il saluto del suo fratello ignoto , in questa rivista che si onora di esser l ' organo del don chisciottismo italiano .
METANOPOLI LA CITTÀ PER I TECNICI ( Bianciardi Luciano , 1957 )
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La periferia di corso Lodi si perde a poco a poco in un disordine di sterrati , depositi di rottami , piccole fabbriche di vernici , concerie , e intanto si profila , sotto la foschia del primo mattino , la campagna lombarda , intirizzita dal gelo : i campi bianchi di brina , i pioppi scheletrici , un fosso d ' acqua sporca e turbinosa , che fuma all ' aria tesa e frizzante . Quel fossaccio che poi , mi dicono , è uno dei canali di scolo delle fogne milanesi , fiancheggia la via Emilia per tutto il nostro viaggio . Il comune di San Donato , il primo fuori di Milano sulla strada di Lodi , non ha l ' aria di un vero e proprio villaggio . S ' incontrano all ' improvviso poche case raccolte attorno a una vecchia chiesa : casette vecchie e povere , uno o due piani al massimo . Una serve da municipio , a un pianterreno c ' è un negozietto che vende un po ' di tutto , dagli alimentari agli utensili domestici . Il nome sulla porta è vecchio e sbiadito . « Posteria » . Si stenta a credere che questo comune di San Donato milanese conti quasi cinquemila abitanti ; ci si chiede dove siano , dove abitino . Eppure è così . San Donato milanese è un grosso comune ; non solo , è un comune in continua crescita . Ecco come si è sviluppata la popolazione in soli cinque anni : 1951 : 2663; 1952 : 2762; 1953 : 2920; 1954 : 3255; 1955 : 3983;1956 : 4954 . Non solo ; si afferma che entro tre anni la popolazione sarà ancora moltiplicata , con l ' insediamento di 10-12 mila nuovi abitanti . Secondo previsioni attendibili , in breve tempo tutta la zona raggiungerà complessivamente i quarantamila abitanti . Qualche frazione vicina ( che un tempo era soltanto un piccolo nucleo di casupole e di cascine ) è repentinamente cresciuta , come gonfiata da un ' improvvisa idropisia edilizia : ecco la Certosa , per esempio , così simile ad una periferia di provincia , con le case che vengono su a fungaia , alte e basse , coi colori degli intonachi balordi e contraddittori , e con la solita proliferazione di baracche e di abitazioni fortunose . Ma San Donato , voglio dire il centro amministrativo , pare rimasto tale e quale . Dov ' è dunque la novità ? Non è difficile rendersene conto : basta fare due e trecento metri , ed ecco Metanopoli , che compare in mezzo alla campagna , improvvisa , come dipinta su di un fondale da un urbanista megalomane . Proprio sulla strada , sulla via Emilia , una serie di box dove sostano macchine ed autocarri carichi di bombole vuote : è , come avverte un gran cartello , la stazione di rifornimento del metano . Poi , poco più avanti , si spalanca un piazzale immenso , tutto lastricato a cubetti di porfido , che disegnano per terra , a perdita d ' occhio , una interminabile serie di volute . Il piazzale è chiuso , giù in fondo , dal basso e lunghissimo edificio che ospita la stazione di servizio per gli autocarri : aria , acqua , garage e riparazioni . E una stazione di sosta per automezzi , un ' enorme stazione , all ' uscita di Milano , dove comincia la via Emilia e dove comincerà la « Strada del sole » . Proprio lì davanti un cartello avvisa che siamo al capolinea milanese della famosa autostrada , che per ora , tuttavia , è solo un cartello , un progetto , un esiguo recinto di filo spinato , con dentro uno sterro sconvolto dai bulldozer . Sul ciglio della strada un cartello dice : « Motel : albergo ristorante Metanopoli » . C ' è tutto : mensa , alloggio , bagno , piscina , lustrascarpe . Motel è voce americana e diffusa in Italia dal film Niagara e dal diario statunitense di Simone de Beauvoir . Sta a indicare l ' albergo di transito sulle grandi strade continentali , formato da una o due stanzette , con annesso il garage per l ' auto e per la roulotte . A rigore questo dunque non è un motel , ma un normale albergo di transito , di ambiziosa fattura , con un atrio lustro e comodo , e dappertutto legno , nichel e materie plastiche . Dovrebbe essere una costruzione « moderna » ; in realtà , essa si limita ad esibire uno stile tra « tirolo » e « far - west » , del tutto incomprensibile nel paesaggio lombardo . Al ristorante si mangia abbastanza bene anche con cinquecento lire . La città è dietro il piazzale : si apre un vialone larghissimo , spalancato al vento tagliente di gennaio , coi pali della luce , che , dai due lati , incombono arditamente verso il centro . Da una parte un lunghissimo muro , dall ' altra tante costruzioni tutte uguali . Il vialone porta il nome di Alcide De Gasperi , le strade minori , fra una fila di edifici e l ' altra , s ' intitolano a Galilei , a Fermi , ai nomi di altri scienziati poco noti ai profani . Ci vuol poco a capire che da questa parte c ' è la zona operante della città . Dalle finestre infatti s ' intravedono strumenti di laboratorio , macchine , tubi . Qui la SNAM ha i suoi centri di studio , alcuni collegati con il Politecnico di Milano . Non zona industriale , dunque , ma centro di ricerca : è probabilmente una città di tecnici , non di operai , e l ' aspetto borghese della zona residenziale ce lo conferma . Percorrendo il vialone Alcide De Gasperi , si trova , in fondo , piazza Santa Barbara , protettrice , come è noto , di minatori , artiglieri , e di tutti coloro che abbiano a che fare con roba esplosiva ; anche quelli del metano , dunque . Un ' altra piazza immensa , interrotta però , questa , da brevi strisce di aiole verdi , molto curate . Ogni pochi metri ecco spuntare da terra un tubo ricurvo , dipinto in giallo ; serve , mi spiegano , per l ' irrigazione delle aiole . La piazza è dominata dalla più straordinaria chiesa che mi sia mai accaduto di vedere . È un edificio monumentale e insieme semplicissimo : una specie di capannone col timpano altissimo e acuto , come per suggerire una elevazione che di fatto non c ' è . Ai quattro lati sorgono altrettante gugliette appuntite , color verde tenero . I colori sono la cosa meno prevedibile di questo duomo di Metanopoli . Pare come se sulla facciata bianca fossero stati applicati dei pannelli rettangolari , quale verde tenero , come le guglie , quale rosa pallido , quale cinerino . Le strade dietro la chiesa , nella zona residenziale , son tutte alberate e divise da aiole verdi . Gli alberi sovente sono dei pioppi : il pioppo è la pianta tipica della pianura padana , di cui rompe la piattezza con la sua acuta spinta al cielo . Ma qui sono pioppi di trapianto in attesa che rinsaldino le radici li hanno legati con quattro filo di ferro , presto arrugginiti all ' aria umida della zona . Le case son tutte belle e tutte uguali , con pochi segni palesi di vita interna . In mezzo alle case , quasi in fondo a via Soresina , la lunga e bassa costruzione che ospita i negozi , alcuni ancora interminati e vuoti . La città di Metanopoli è dunque di Fondazione recentissima , anzi , non è ancora terminata : via Enrico Fermi esiste , per esempio , soltanto di nome , e proprio all ' ingresso della città , quasi stilla strada , sorge lo scheletro di un altissimo edificio poligonale , con le strutture portanti di ferro , rosso di minio fresco , ed i piani di cemento e mattoni forati . il primo dei grattacieli di Metanopoli ; di un secondo si inizierà presto la costruzione . La città è stata fondata dalla SNAM , che è poi una filiazione dell ' ENI sorta per lo sfruttamento del metano . Qui , come si è detto , non vi sono stabilimenti di produzione o di trasformazione , ma soltanto un centro studi . Tanto vero che la SNAM non paga al comune di San Donato l ' Icap , l ' imposta che grava sulle attività industriali , commerciali , professionali e artigiane . Ha preferito edificare la sua città a San Donato per due ragioni : per tenersi vicinissima a Milano , ma fuori dei confini comunali , e pagare così minori imposte , e poi per tenersi al capolinea di due grandi vie di comunicazione , l ' Emilia e la futura strada del sole . Del comune di San Donato la SNAM , cioè l ' ENI , possiede mille pertiche , cioè 654.000 metri quadrati , pari a circa un terzo della superficie totale del comune stesso . Il terreno , in conseguenza di questo acquisto massiccio e dell ' incremento edilizio , è salito enormemente di prezzo . Quasi dieci volte e più : dalle sei - settecento lire al metro quadrato del 1950 siamo ora sulle cinquemila , con punte sulle ottomila lire al metro quadrato . La popolazione di Metanopoli non è mai indigena : la SNAM ha reclutato altrove i suoi dipendenti , che son divenuti suoi abitanti . Dal Veneto , dalla Toscana , dal Lazio , dal Napoletano , dalle Puglie : dalle regioni insomma che tradizionalmente danno la maggior quota di migrazione verso Milano . Gli abitanti vecchi , quelli di San Donato e delle frazioni vicine , li chiamano tutti « terroni » ed hanno ribattezzato , per conto loro , la città nuova col nome di Metanopoli . Ma rapporti , fra gli uni e gli altri , fra i vecchi ed i nuovi , fra i metanopolitani ed i sandonatesi , se ne stabiliscono di rado , i sandonatesi erano in origine salariati , operai della campagna ; qualcuno addirittura giornaliero . Poi hanno cominciato a cambiar mestiere , ed oggi più della metà sono operai ; ma lavorano a Milano . A Metanopoli nessuno di loro è entrato come dipendente stabile e come abitatore delle nuove case . La vita di Metanopoli è chiusa , pertanto , anche fisicamente , all ' ambiente esterno , alla campagna lombarda . Gli abitanti di San Donato , abitano accanto alla città del metano , ma non hanno ancora il gas in casa , nonostante lo chiedano da tre anni . Non ancora , prima e oltre il metano , troppe altre cose che servono a dar la base del vivere civile : basti pensare alle tristissime condizioni igieniche delle vecchie cascine sandonatesi , non è sovrapponendo un ' isola di razionalità ( astratta razionalità ) urbanistica che si fa progredire la civiltà nella campagna milanese .
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La Commissione bicamerale per le riforme costituzionali ha chiuso i battenti . Felicemente o infelicemente ? Per il Palazzo felicemente , visto che ne è uscito un accordo . Ma per il paese infelicemente , se è vero - come sostengo - che l ' accordo è stato pessimo . E un cattivo accordo che peggiora le cose non dà , o non dovrebbe dare , felicità . Si capisce che non ci sono quasi mai accordi assolutamente cattivi , così come non ci sono quasi mai accordi perfetti . Un cattivo accordo è dunque un ' intesa nella quale le malefatte nettamente prevalgono sulle cose ben fatte . I difensori d ' ufficio dell ' operato della Bicamerale si arroccano su due argomenti . Il primo è che qualsiasi accordo è meglio di nessun accordo . Il secondo è che , come dicevo , nell ' operato dei 70 bene e male si mescolano . Ma con questo argomento , il secondo , si redime tutto : si redime la guerra ( che Hegel equipara al vento che disperde i miasmi che aleggiano sulle paludi ) , si redime la tortura ( che consente di ottenere la confessione dei torturati ) , si redime magari anche Pol Pot ( che riduce l ' esplosione demografica ) . Quali sarebbero , allora , le acquisizioni positive della Bicamerale ? Che gli italiani , mai sazi di elezioni , potranno finalmente votare per il capo dello Stato ? Il loro tripudio sarà breve quando si accorgeranno di aver votato per un sotto - capo di Stato . Il federalismo ? Poveri noi , che caos . La riforma della magistratura ? Di questa ancora non si sa , ma tutto lascia prevedere che la nostra giustizia resterà in crisi . Accetto , dunque , che nelle pieghe del male si possa nascondere anche del bene ; ma spiegatemi , per favore , qual è . Quanto al primo punto , e cioè che qualsiasi accordo è meglio di niente , questa è una vera stortura . Chi ragiona così fa dell ' accordo un valore assoluto , un valore in sé . Invece l ' accordo è uno strumento per conseguire un fine . Accordo a quale scopo ? Per che cosa ? Stranamente ( ma non tanto , a ripensarci ) la Bicamerale non se l ' è quasi mai chiesto . L ' importante , per i 70 , è stato soltanto mettersi d ' accordo fra di loro , ai loro fini . Non hanno cercato di scrivere una buona Costituzione ma , assai più , di evitare riforme che li danneggiassero . E ci sono magnificamente riusciti . Ci sono riusciti mettendo la Costituzione all ' asta : tanto a me , tanto a te ; io chiedo cento , concludiamo per cinquanta . Il risultato è sotto gli occhi di tutti : il trionfo dei partitini , che si sono assicurati l ' eternità e un rinforzato potere di interdizione e di ricatto ; un contentino presidenzialista per la pubblicità di Gianfranco Fini ; un contentino parlamentarista per gli antipresidenzialisti : un misto di cane e di gatto , un can - gatto . Torniamo alla domanda che i bicameralisti hanno disatteso : perché una Seconda Repubblica ? Perché una nuova Costituzione ? Ovviamente perché abbiamo problemi di disfunzionalità sistemica che dobbiamo risolvere : primo , ridurre la frammentazione partitica ; secondo , rinforzare la governabilità . Due obiettivi che sono strettamente collegati . I partiti sono le gambe sulle quali la governabilità dovrebbe camminare ; e se le gambe sono zoppe e troppe , allora la governabilità va all ' aria e non c ' è barba di marchingegno costituzionale che possa rimediare . Orbene , questi due obiettivi e gli strumenti per perseguirli sono stati non soltanto mancati , ma addirittura capovolti . Il progetto magnifico e progressivo siglato dalla quadriglia D ' Alema - Marini - Berlusconi - Fini , in breve Damabefi , ci garantisce una decina di partiti , e governi di cinque anni di veti incrociati . Se non sarà una dieta polacca , poco ci manca . Meglio l ' accordo Damabefi che nessun accordo ? Confesso di essere interdetto . Perché non è che nessun accordo ci lascia con nulla , librati nel vuoto . Se non siamo capaci di creare una nuova Costituzione sensata , l ' alternativa è restare con il sistema parlamentare che abbiamo , e tornare a lavorare sul suo miglioramento . Se il nuovo è peggio dell ' esistente , allora meglio l ' esistente . Davanti alla Costituzione Damabefi l ' alternativa non è , ripeto , il niente o il caos . E riconoscere che la Bicamerale ha fatto autogol . E se l ' autogol delegittima la classe politica che l ' ha fatto , chi è causa del suo mal pianga se stesso . A questi argomenti si risponde in coro , dal Palazzo e dintorni , che in politica gli accordi si fanno sempre come sono stati fatti in Bicamerale , che io di politica proprio non mastico , e che la mia opposizione è professionale , astratta , addirittura egolatrica . Per esempio , di me Silvio Berlusconi scrive ( « Corriere della Sera » , 28 giugno ) che « per un Professore l ' importante è il modello , il teorema . Il modello è perfetto , l ' ha fatto il Professore , è bello , gli piace » . Spiegando che chi « è innamorato per professione delle astrazioni accademiche poco si cura della realtà , e rifiuta perciò di sottoporre i suoi modelli alla verifica dei fatti » . Troppo onore , deputato Berlusconi : lei mi accredita un merito che non mi spetta . Il modello « fatto dal Professore » è stato fatto una quarantina d ' anni fa da un certo Debré , si chiama Quinta Repubblica , e funziona da altrettanto tempo in una capitale che si chiama Parigi . Aggiungo che siccome la Francia degli anni Cinquanta era molto simile , politicamente , all ' Italia degli anni Novanta , l ' argomento che il prototipo francese non si presta a trapianti è pretestuoso . Ma veniamo al punto : chi è che , in politica , è bravo . Io racconterò la vicenda della Bicamerale così come la conosco in prima persona . Dal che potrà risultare quant ' è bello il primato della politica , dove stanno gli sbagli e chi li ha fatti . La vicenda dura , per l ' esattezza , da quando cadde il governo Berlusconi ( dicembre 1994 ) . Dopo un anno di governo Dini , nel febbraio 1996 venne tentato il governo di Antonio Maccanico . In quel momento mi parve , e sostenni , che nessuna riforma costituzionale sarebbe stata possibile senza un ' intesa preventiva fra i tre maggiori partiti , e cioè di larga maggioranza trasversale . Siccome al Pds premeva ( giustamente ) un sistema elettorale a doppio turno , mentre il Polo reclamava un generico presidenzialismo , mi venne l ' idea , elementare e banale , di uno scambio fra doppio turno e semipresidenzialismo . E siccome non tutti gli scambi lo sono , tengo a sottolineare che il mio era « alto e nobile » , visto che proponeva un sistema esistente e ben funzionante , e che non era per nulla ( come appare alla logica aggrovigliata dell ' onorevole Ciriaco De Mita ) uno spezzatino : non spezzava nulla , era il modello francese mantenuto integro , stessa testa con gli stessi piedi . Il tentativo Maccanico fallì per un soffio . Scrissi allora che avevamo perduto , per colpa congiunta di D ' Alema e di Fini , un treno che non sarebbe ripassato . Difatti non stava ripassando quando mi incontrai con Massimo D ' Alema , a metà marzo del 1997 . E poiché a me non era venuta nel frattempo nessuna idea nuova , in quell ' occasione riproposi a D ' Alema lo scambio dell ' anno prima . Io ho sempre ritenuto scorretto riferire di un incontro privato . Ma dato che su quell ' incontro ci sono state numerose fughe di notizie , in larga parte fantasiose , forse a questo punto occorre darne la versione autentica . Dunque , a quel mio suggerimento D ' Alema rispose , prendendomi in contropiede , così : vede , professore , oggi chi non vuole nessun presidenzialismo è Berlusconi . Pur raggelato , gli chiesi : mi autorizza ad andare da Berlusconi a dirgli che è lui che blocca l ' intesa ? Senz ' altro , fu la risposta di D ' Alema . Il che non mi rendeva ( come è stato scioccamente scritto ) suo ambasciatore . Ma sottintendeva che un sì di Berlusconi avrebbe sbloccato la trattativa . Adelante Pedro , feci il giro delle sette chiese , vidi un po ' tutti , incluso Berlusconi , e il 4 aprile tornai a Botteghe Oscure . Per riferire che Fini accettava il doppio turno , nella formulazione che avevo proposto ; e che Berlusconi mi aveva autorizzato a confermare che la formula del semipresidenzialismo a lui stava bene . Immaginavo che D ' Alema sarebbe stato contento . Immaginavo male . D ' Alema mi ascoltò accigliato ; mi disse in quel momento ( non quando mi aveva mandato allo sbaraglio ) che lui aveva cambiato disegno ; e mi congedò esortandomi a tornare agli studi , e a lasciare la politica a lui . Difatti mi sono rimesso alla finestra , imparando quel che dirò tra poco . Racconto tutto ciò perché mi sento dire da ogni parte che l ' accordo , stavolta basso e ignobile , raggiunto in extremis a fine giugno da Damabefi è stato « il migliore possibile » . No . La storia di cui ho riferito dimostra di no . La verità è che la sera del 5 aprile 1997 D ' Alema , Berlusconi e Fini avrebbero potuto benissimo incontrarsi in casa di Gianni Letta e accordarsi in un lampo su una buona Seconda Repubblica . Non è accaduto , ma era possibile . Possibilissimo . Anzi , era quasi fatta . Il successo della Bicamerale , un successo vero , era a portata di mano . Invece è stato regalato alle ortiche . Perché ? E importante , in cose importanti , capire come è andata . Guardando dalla mia finestra , quel che sono riuscito a vedere è che D ' Alema ha sbagliato tutto . Lo dico con dispiacere , perché in D ' Alema ho creduto . Dubitavo da tempo , fin dal tempo della vicenda Maccanico , del suo coraggio ; ma ritenevo che avesse una visione , che non fosse un tatticista come gli altri . Così ritenevo . Ma temo di essermi sbagliato . Succede anche a me . Intanto , e per cominciare , D ' Alema ha ingannato tutti coloro che lo hanno insediato alla presidenza della Bicamerale . Soltanto a maggio D ' Alema ci ha detto che la sua linea di azione era ispirata da amore di Ulivo , e che la sua priorità era salvare il governo Prodi . No , onorevole D ' Alema . In tal caso lei non doveva né cercare né accettare la presidenza della Bicamerale . Perché come presidente della Bicamerale la sua priorità doveva essere la Costituzione , la ricerca di un buon accordo costituzionale . Nel gestire la Bicamerale per salvare il governo Prodi , pertanto , lei si è messo in una posizione falsa che ha falsato tutto il gioco . Fra l ' altro , non c ' è bisogno di essere professori per capire che una traballantissima e risicatissima maggioranza di centro - sinistra non poteva essere in alcun modo una maggioranza di riforma . La quadratura del cerchio in partenza non c ' era ; se l ' è creata lei giocando contemporaneamente su due tavoli . Ed è per questo che lei è approdato a un cerchio quadrato , oppure a un quadrato circolare ; insomma , al pasticciaccio al quale è approdato . Ciò premesso , resta da spiegare perché D ' Alema il 4 aprile abbia buttato via un ragionevolissimo accordo che aveva già in tasca e imboccato l ' impervia e assai dubbia via del cosiddetto premierato forte , di un premier quasi - israeliano , quasi - eletto ( e , in sostanza , come - se - eletto ) . Non è che con questa trovata D ' Alema accontentasse Franco Marini e i popolari , avversi a ogni « direttismo » . E nemmeno accontentava , così , Fausto Bertinotti . Accontentava almeno il suo partito , il Pds ? Per quel che mi consta , no . Le resistenze che D ' Alema incontra nel Pds sono di coloro che restano ancorati alla tradizione parlamentarista del partito . Allora , perché D ' Alema si è buttato davvero a corpo morto sul premierato all ' israeliana ? Visto che mi si rimproverava di non capire la realtà della politica , sarò realista : tanto realista quanto lo sono i politici che osservo . Che cosa è successo a D ' Alema ? E successo , dice il mio realismo , che D ' Alema si è promosso al rango del più furbo di tutti . Può darsi , per esempio , che D ' Alema abbia ritenuto che le sue chance di essere eletto presidente della Repubblica erano modeste , mentre il premierato forte era un vestito fatto su misura per lui . Inoltre D ' Alema può aver pensato che sul premier di elezione diretta avrebbe potuto imbrogliare facilmente Berlusconi , e poi ottenere l ' assenso di Fini . Berlusconi , si sa , non ha mai percepito che tra presidenzialismo e premierato ci fosse differenza ; dunque Berlusconi non era un problema . Quanto a Fini , anche lui stava facendo il furbo . Diceva presidenzialismo , ma poi , si sapeva , era pronto a salvare l ' onore anche con l ' elezione diretta del capo del governo . Forse , mentre io ingenuamente giravo le sette chiese , l ' intesa era già , nell ' aria , questa . Non lo so . Ma quel mattacchione di Umberto Bossi è riuscito all ' ultimo minuto a farla saltare . Nel gioco dei furbi , è andata a finire che il più furbo è stato lui . Congetture a parte , quel che è certo è che D ' Alema , pur di ottenere il premierato forte , ha venduto tutto . Soprattutto ha rinunciato a quel doppio turno che per il Pds era vitale . Perché D ' Alema il doppio turno lo ha ritirato fuori soltanto all ' ultimo , per il semipresidenzialismo alla francese . Ma , vedi caso , per il premierato forte non era necessario . E , vedi caso , l ' abbandono del doppio turno andava bene al Berlusconi ispirato da Gianni Pilo , e gli guadagnava il plauso dei cespugli . Non contento , D ' Alema ha anche disperatamente cercato di comprare Bossi , regalandogli tutto il federalismo che in poche notti Francesco D ' Onofrio è riuscito a mettere assieme . Dunque , pur facendo in finale buon viso a cattivo gioco , D ' Alema esce sconfittissimo dalla sua gestione della Bicamerale . Purtroppo ne esce anche sconfittissima la stessa ragion d ' essere di una riforma costituzionale . I davvero contenti dovrebbero essere gli ex democristiani che salvano tutte le loro poltrone , e Bertinotti che potrà continuare a rafforzarsi . Ma gli italiani contenti non dovrebbero essere . La televisione di Stato ( aggiunta , s ' intende , a quella di Berlusconi ) ci ha annunziato il 30 giugno sera che « per la prima volta una commissione bicamerale ha fatto centro » . Cornuti , mazziati e anche soddisfatti . Grazie a questi media , finiremo proprio così .
INIZIO DI ROMANZO ( BILENCHI ROMANO , 1939 )
StampaPeriodica ,
La villa era stata costruita oltre la città di P ... , in solitaria aperta campagna ; ma già qualche tempo prima che nascesse Sergio agli abitanti della città doveva essere piaciuto quel luogo se qua e là , senza alcun ordine come vengono i desideri , erano sorte tre ville . Alcune avevano la facciata rivolta al levar del sole , altre guardavano le crete lontane . Forse la loro varia disposizione rispondeva al carattere delle persone che vi abitavano . Tranquillità , soggezione verso la natura i cui segni si ripetono ogni giorno più desiderati dall ' apparire del sole . Istinto di avventura e amore per il creato nelle sue bizzarrie significava fissare le crete poiché da loro provenivano su quell ' angolo di terra effluvi di un mondo chimerico . La facciata della villa guardava le colline dietro le quali si consumava il tramonto e in lontananza aveva a sinistra le crete , a destra e più vicina la città ; ma porte e finestre si aprivano in ogni muro e in egual numero come se il suo costruttore avesse voluto godere di tutte le bellezze circostanti , prossime e lontane . Un viottolo campestre , via via allargato , continuato , rafforzato era stato trasformato in una grande strada che andava da P ... verso il Sud , oltre le crete ; e che ora , da tempo cessato su di essa il lavoro degli uomini , lambiva placida e invitante , il giardino , chiuso da una cancellata resa quasi invisibile da un folto strato di fiori e di piante , sul davanti della villa . Al di là della strada , una trentina di metri più a Sud , era una casa di contadini appoggiata ad un monticello , oltre il quale una piccola valle e poi la catena delle colline . Il giardino si estendeva vastissimo anche dietro la villa , colmo di alberi , senza alcun segno di cinta in modo che pareva continuarsi degradando nei campi e nei prati . Chi veniva da P ... , percorsi tre chilometri tra giardini , orti e campi , si trovava , superata una piccola chiesa detta di Sant ' Antonio , dinanzi alle due costruzioni l ' una quasi di fronte all ' altra ; allora la strada subito dopo svoltava ad un tratto scomparendo dietro la casa dei contadini senza lasciar capire quale fosse la sua direzione ; e il monticello e gli alberi del giardino impedivano di girare quegli ostacoli con lo sguardo . Ma oltrepassato quella specie di valico , il paesaggio si apriva in una immensa pianura circondata per tre quarti dalle colline e dalle crete . Nella pianura , e molte in vicinanza della strada , erano le altre ville . A guardarle dall ' alto delle colline , rade e morbidamente adagiate sul verde della campagna , non spiccavano in modo particolare , ma percorrendo la strada non permettevano di pensare ai prati , alle vigne , agli alberi . Solo un cancello rustico tra due pilastri di mattoni rossi sormontato da una piccola tettoia era bello ; al di là delle sue sbarre si apriva un lungo viale che portava ad una villa accuratamente nascosta da grandi piante verdi . Così avrebbero dovuto essere anche le altre ville ! Quella non disturbava i passeggeri incantati ; anzi introduceva accenni di segretezza , di mistero nel paesaggio tutto aperto sotto il cielo . Pareva che tra tutti gli abitatori della strada maestra solo i suoi proprietari avessero stabilito naturali rapporti con la campagna . Nella villa dinanzi alla casa dei contadini abitavano Sergio , Marta sua madre , Bruno suo padre , la nonna Giovanna e Vera , sorella di Bruno . Possedevano alcuni poderi nella pianura e di quelli vivevano . Quando Sergio fu capace di notare qualcosa della campagna e di comprendere i discorsi dei familiari , le ville sorgevano già ai margini della strada e altrove , esisteva anche la villa in fondo al lungo viale dietro al cancello rustico . Per molti anni nulla sarebbe cambiato . Non una casa nuova . I signori , iniziata l ' invasione della pianura , dovevano essersi ingelositi delle bellezze di quel luogo meraviglioso e ne avevano impedito agli altri il godimento . Il primo contatto di Sergio con la natura avvenne attraverso le colline . Seppe poi che anche prima di allora lo avevano condotto per la campagna ma non se ne ricordava per la sua età infantile . Presto le colline stabilirono l ' amicizia tra Sergio e la natura . Soli , per mesi e mesi , Sergio e Marta salirono lassù tutti i pomeriggi . Poi Sergio si ammalò gravemente . Un intero anno passò in letto . Lo portarono al mare ; e l ' inverno successivo rimase chiuso nella villa . Infine il dottore gli ordinò di girare di nuovo per la campagna . Il babbo lo condusse allora a piedi e in carrozza , nei luoghi da lui preferiti . Una volta si spinsero fino alle crete , partendo la mattina prestissimo . Poi quelle gite cessarono . Il babbo non andò più a prenderlo ; ma un giorno in un ' ora insolita , comparve Marta e insieme fecero di nuovo una passeggiata sulle colline . Tutti i pomeriggi tornarono lassù . Delle gite in compagnia del babbo , eccettuata quella nelle crete , Sergio non rammentò quasi nulla . Anche le cose di cui serbava una immagine le credeva assai più lontane di dove arrivava la sua vista , esistenti oltre l ' orizzonte . Fu da capo tutto nuovo per lui . La strada per le colline incominciava dietro la casa dei contadini ; qui erano cani cuccioli morbidi come piccole oche che Sergio rivide con meraviglia . Della città Sergio sapeva soltanto che vi abitavano i nonni materni i quali , ogni tanto , andavano alla villa . Qualche volta Sergio aveva accompagnato Bruno , Marta e Vera in città ad un caffé situato in una grande piazza . Bibite rosse e una banda che suonava su di un palco vicino ai tavolini . Tutto gli era piaciuto . Un giorno , subito dopo la guarigione , aveva sentito dire che sarebbe andato a stare in città dai nonni per la scuola , ma la sua gracilità aveva impedito l ' attuazione di quel progetto . Marta e Vera gli avrebbero insegnato piano piano a leggere e a scrivere , poi una maestra sarebbe andata alla villa per portarlo avanti negli studi . Soltanto dopo avrebbe potuto , fortificato da altri anni passati in campagna , frequentare la scuola in città . Da allora i rapporti di Sergio con la città erano di attesa . Appena intravista , egli sapeva che in un futuro imprecisato ma certo vi avrebbe iniziato una vita diversa e se la immaginava come un oggetto da possedersi più tardi . Il tempo passò , Marta e Vera incominciarono a insegnargli a leggere e a scrivere , gli lessero esse stesse libri interessanti , ma la maestra non comparve mai alla villa e non si parlò più della scuola . Dei poderi di proprietà della nonna e del babbo Sergio sapeva ancor meno che della città ; nessuno ve lo aveva condotto ; Vera e Marta vi alludevano con gesti di noia . Non sapeva neppure dove fossero situati . Dalle colline , una volta , Marta aveva puntato il dito verso la pianura dicendo : - Vedi quella macchia sulla strada ? È il babbo che va in carrozza a visitare i poderi . Sono dietro l ' ultima casa bianca . - Sergio era appena riuscito dopo molto tempo , data la sua incapacità di fissare lo sguardo su un solo punto della vasta campagna , a scoprire la carrozza che procedeva a stento sulla strada come un insetto meschino . Ai poderi accudivano il babbo e la nonna . Il babbo vi andava quasi ogni giorno e alla vendemmia e alla divisione degli altri raccolti tentava di portarci anche Marta e Vera ; ma quelle non ne volevano sapere . Stavano a discutere lungamente dinanzi alla carrozza e appena la nonna voltava loro le spalle facevano gesti minacciosi a Bruno perché desistesse dai suoi insistenti inviti e dalle accuse di disinteresse . Il babbo fingeva di non accorgersi dei loro gesti e parlava sorridendo , divertito della loro rabbia a stento repressa . Sergio conosceva solo i contadini che si recavano alla villa coi panieri pieni di erbaggi e di frutta . Più grande , l ' idea di andare in un posto di sua proprietà in mezzo all ' ampia pianura gli divenne insopportabile come se dovesse entrare in una stanza con le finestre chiuse quando oltre quelle si apriva un magnifico paesaggio . Nonostante le ville e le case dei contadini , aveva sempre pensato che la campagna non fosse stata di alcuno ; e non si spinse mai fino ai poderi . A lungo , la parte più importante della sua vita si svolse sulle colline .
CONFORMISMO LETTERARIO ( GATTO ALFONSO , 1938 )
StampaPeriodica ,
L ' atteggiamento dell ' intellettuale di fronte alla letteratura si traduce , spesso , nella creazione di uno spazio vuoto in cui egli consuma impunemente la propria indifferenza storica . La " precisione dei metodi " , valida ancora come difesa dell ' arte contro " i cattivi artisti " , corre il rischio di divenire un alibi con cui il letterato proscioglie se stesso da ogni obbligo morale e civile . In questo contesto , l ' unica via di uscita , secondo Gatto , sembra consistere nel rifiuto di una letteratura conformistica , ripetitiva di formule già acquisite , e nella scelta coraggiosa di una " espressione " nuova , la quale sia in grado di cogliere immediatamente la " nostra dolorosa storia di uomini " . Solo attraverso la spregiudicata ricerca di una " difficoltosa sintassi " è possibile tradurre nella letteratura il segno qualificante del nostro tempo . Bisogna andare al fondo di noi stessi , convincersi che in qualche mese di praticantato è possibile trovare il passo letterario con cui mettersi in gara con tutti gli scrittori che si preoccupano di mantenere una media delle proposte con cui s ' incalzano e non si risolvono da anni . Occorre che finalmente si dica che è inutile la difesa del fatto letterario , se l ' intelligenza dell ' arte , come iniziativa di interesse vero e diretto , spetta a pochissimi , se la precisione dei metodi , come impegno mantenuto principalmente contro i cattivi artisti , è svolto fino alla salvezza dall ' ambiente con tutta la possibile e inavvertita reazione alla storia che dovremmo portare a fondo . Ormai tutti declamano la propria ambizione di difendere quel " fatto letterario " in cui trovano l ' unica condizione passiva per vivere : si crede di poter mantenere approssimativamente un mito liberale di storicità ripetendo il bisogno di un ' assuefazione polemica , reagendo costantemente al bisogno di una propria vita morale e sociale ritardata e difficoltosa rispetto alle facili regole e alle forme già acquisite di una letteratura . Non ci si accorge che giriamo al largo per non incontrarci mai , per non provare nemmeno sgomento di noi stessi e della nostra indifferenza storica : non ci si accorge che , puntualmente onesta e determinata , questa difesa del fatto letterario ripete dall ' esterno un grado di civiltà che soltanto pochissimi scrittori hanno posto con la propria espressione e non con la propria definizione . Questi scrittori , in fin dei conti , dovrebbero assicurare una vita polemica e media ai sostenitori e ai " secondi " : dovrebbero restare combinati per un tempo indeterminato nello spettacolo letterario , nella gara dei detrattori o dei ritardatari , o nella zelante difesa di quanti da essi ricavano solo un modello di stile o un nobile esempio di condotta lessicale . Questo metodismo , sia pure avverato nella precisione di una critica in atto , potrebbe restare all ' infinito una condotta storicistica per i lettori che cooperano a conservare se stessi , ripetendo sterilmente , nella formula dei doveri e delle situazioni riflesse , la mancanza di una propria coscienza diretta e il bisogno di una determinazione nei valori riconosciuti passibili di imitazione e di contagio , cioè di ambiente . Così il fatto letterario resta la sordina storicistica della poesia , la vetrata diffusa ed immaginosa di un linguaggio alienato per sempre dagli scrittori . Inavvertitamente le precisioni puntualizzate restano sempre una verifica nello stesso tempo astratta ed empirica delle somiglianze temporali dei testi : ed una mostruosa necessità di coscienza e di logica dovrebbe scaturire da questo sterile accordo formale ? Individualmente presi e costretti nella verifica di noi stessi e della nostra coscienza resisteremo sempre a definirci in un fatto letterario , rinnegando la nostra dolorosa storia di uomini , che è la stessa difficoltosa sintassi e l ' unica elaborazione condotta e scontata su un tempo concreto e valido ? I nostri contemporanei dovranno rispondere a questa domanda ogni volta che troveranno facilmente la via di un gusto su cui sembra conformato per sempre il nostrodestino .
CIVILTÀ IN CRISI? ( PRATOLINI VASCO , 1938 )
StampaPeriodica ,
I Un senso insormontabile di disagio , supposto in partenza come politico , e poi nobilitato dai conflitti ideologici , ha investito il campo della cultura che è apparsa ad un certo momento impossibilitata a tener dietro ai furori popolari dei quali , con l ' illuminismo , si era eletta mandante . Colpa quindi del suo imbastardimento plebeo , a giudicarla da un punto di vista reazionario secondo il quale l ' essere scesa nella piazza una prima volta la comprometteva per sempre nel fluire della storia di cui si è poi sentita sfuggire il controllo . E massimamente questo , in Italia , aveva considerato l ' idealismo che il compromesso avallava trovando così la sua formula . Cotesto disagio essa cultura va adesso protestando , per bocca dei suoi responsabili , contro le teorie fecondate dalla sua stessa dialettica ; e nella protesta si serve di una serpentina d ' idee , prive di originalità , allo scopo di ristabilire l ' equilibrio necessario alla propria esistenza . È sorto così un concetto di crisi che si vuole attribuire genericamente alla civiltà e che al postutto si identifica con una " particolare " civiltà che pretende , oggi , di essere difesa dal profitto che la politica ha saputo ricavare dai suoi suggerimenti dottrinari . ( Sempre qualora sia possibile scendere a considerare polemicamente una civiltà che non sia " quella " civiltà ) . La cultura è scoperta per conservazione in questa sua perplessità " sociale " ; costretta alle conclusioni temporali , non sa fare altro che rimettere in mano alle forze giovani la sua eredità filosofica , ponendo come ultimo atto di forza la clausola di una risoluzione ortodossa . Troppo comodo protestare sino all ' agonia un errore , e fidare sui giovani per una difesa di fronte alla storia ; e meschini quei giovani che accettano queste consegne poliziesche contro il tempo che avrà comunque , fatalmente , ragione di loro . Ma intanto , nel particolare , accettiamo , noi giovani , da Huizinga , questa conclusione che non ci rende affatto vanitosi tanto poco sentiamo di partecipare agl ' interessi che la muovono : " essa ( la gioventù ) si manifesta aperta , generosa , spontanea , pronta ai godimenti , ma anche alle privazioni , rapida nelle decisioni , ardita e di gran cuore " ; e riconosciamo , da una fonte come altre responsabile , che " né debole , né pigra , né indifferente " l ' ha fatta " il rallentamento dei legami , la confusione delle idee , lo svagamento dalla meditazione , la dissipazione dell ' energia " tra cui crebbe ; e rifiutiamo per il suo gesto impreciso il compito generico " di tornare a dominare il mondo , così com ' esso vuol essere dominato , di non lasciarlo perire nell ' orgoglio o nella follia , di ripenetrarlo nello spirito " . E leghiamo il vaticinio del sapiente olandese alle premesse di questo suo recente ragionamento sulle cause di una percepita violenta Crisi della civiltà ( secondo il quale , dopo il segnale d ' allarme dello Spengler ( 7 ) , ne sarebbe derivata coscienza di partecipazione in tutti gli strati sociali , familiarizzati ormai col pensiero della possibilità di un tramonto dell ' odierna civiltà , mentre prima sarebbero stati ancora involti in un ' indiscussa fede nel progresso ) e rileviamone , per colmo d ' ironia , il rallentamento dei legami , la confusione delle idee , lo svagamento della meditazione , la dissipazione dell ' energia di cui ci fornisce implicito documento . " Un ottimismo immutabile rispetto alle sorti della civiltà attualmente non si riscontra più se non in quelli che , per mancanza di cognizioni , non possono capire che cosa le manchi , e quindi sono intaccati essi stessi dal suo processo regressivo , oppure in quelli che nella propria dottrina sociale e politica stimano di possedere già la civiltà futura e di poterla fin da ora diffondere in mezzo alla povera umanità . Fra un pessimismo convinto e la certezza di una prossima panacea stanno tutti quelli che scorgono i gravi mali e gli acciacchi del tempo , non sanno come vi si possa rimediare od ovviare , ma intanto lavorano e sperano , cercano di capire e sono disposti a sopportare " . Bel gesto di sopportevole rinuncia se non lo infirmasse , nelle conclusioni , un angelismo , guarda caso , " attivo " della panacea filosofica ( 8 ) . " Dal disinteresse e dalla giustizia , però il mondo attuale sembra più lontano di quanto sia stato per molti secoli , o almeno di quanto abbia preteso di esserlo . Adesso si respinge da molti la richiesta di una giustizia e di un benessere internazionale perfino come principio teorico . La dottrina dello stato - potenza privo d ' ogni freno anticipa l ' assoluzione al vincitore . Il mondo è insanabilmente minacciato dalla furia della guerra annientatrice , che porta nel suo seno un nuovo e più tristo imbarbarimento . Pubbliche forze si adoperano intanto perché l ' immane disastro venga stornato , e agiscono nel senso della concordia e della ponderatezza . Ma , le forze di un intelligente internazionalismo alla lunga non sono sufficienti , se lo spirito pubblico non muta . Così come la restaurazione dell ' ordine e il benessere ( 9 ) non significano ancora di per sé una purificazione della civiltà , non possiamo aspettarla neppure dalla prevenzione in sé della guerra per mezzo della politica internazionale . Una nuova civiltà può nascere solo da un ' umanità purificata " . Purificata , è detto più avanti e più indietro , nelle condizioni fondamentali della cultura . " Se vogliamo conservare la cultura dobbiamo continuare a creare cultura " . - " Cultura ... è l ' ideale di una comunità " . - " La cultura deve avere un indirizzo metafisico : altrimenti non esiste " ( 10 ) . - " Non è affatto paradossale affermare che una civiltà , con un progresso realissimo ed innegabile , potrebbe arrivare alla sua rovina " . - " La somma di tutta la scienza non è ancora diventata civiltà " . - " L ' istruzione rende sotto - istruiti " . - " Viene proclamato intuizione , ciò che , in realtà , non è altro che una scelta intenzionale per ragione affettiva " . - " La pretesa di superiorità in grazia di una pretesa purezza di razza ha sempre avuto fascino per taluni , perché corrisponde a un certo spirito romantico , non inceppato dal bisogno di critica e animato dal desiderio di autoelevazione " . ( " Una nuova civiltà può nascere solo da una umanità purificata " , e non siamo tanto ingenui da non avere capito la tentazione cattolica che tuttavia non elide il dilemma , soprattutto quando ci viene detto che " la tragicità dell ' esistenza terrena , l ' essere la civitas dei mescolata e intrecciata alla civitas terrena per tutto il tempo che il mondo ha da durare ha fatto della storia della cristianità , cioè dei popoli che professano la fede di Cristo , tutt ' altro che una marcia trionfale del cristianesimo " ) . - " Un sano organismo statale è caratterizzato dall ' ordine e dalla disciplina . Capovolgendo : l ' ordine e la disciplina rivelano un sano organismo statale . Come se a fare il sonno del giusto bastasse un sonno tranquillo " . - " Se ciascuno non fosse personalmente convinto di dover resistere a un vizio capitale detto incontinenza , la società sarebbe inesorabilmente in balia di una degenerazione sessuale che la condurrebbe alla distruzione " . E ancora : " Nel mondo attuale il senso di essere tutti insieme responsabili di tutto è indubbiamente molto aumentato , contemporaneamente , e in rapporto con esso , è enormemente cresciuto il pericolo di azioni di massa del tutto irresponsabili " . - " Ad ogni modo , ove si voglia affermare questa polarità , bisognerà assolutamente svuotare i concetti di massa e di élite di qualsiasi contenuto sociale , e considerarli solo in quanto espressioni di atteggiamenti spirituali " . - " Quando il mito scaccia il logos e ne prende il posto , allora siamo alla soglia della barbarie " . Al tempo . Attenzione a questa cultura ufficiale , ordinata , storicistica che ha fin troppo degenerato nell ' onore reso all ' impagabile aforisma crociano su la " bella conversazione europea " . Fissiamola nel momento stesso in cui essa riconosce che " nessuna grande trasformazione nei rapporti umani si avvera mai nella forma che gli uomini nell ' età immediatamente precedente si sono immaginata " . Rendiamola viva ancora , con la sua presenza nella storia , ed imputiamola di tutti i falsi liberalisti che ridussero alla tentazione piccolo borghese quelle masse incontenibili negli interessi economici creati dalla sua meccanica ostruzionistica ; e scendiamo a confutarla proprio laddove essa scantona alla resa dei conti tra la crisi spirituale e le condizioni economiche , entrambe da essa generate e costrette , e lascia apparire logico che una dottrina la quale stima più l ' essere che il sapere debba comprendere tra i suoi problemi anche la fine dell ' essere , ammettendo che la massa riconosce senz ' esitare , e più convinta che mai , la vita terrena come meta di ogni aspirazione e di ogni azione ( 11 ) . A questo punto possiamo anche confessare che Huizinga ci serve da pretesto . Non ci sarebbe infatti " mezzo migliore di disabituare la gioventù dal pensare , di mantenerla infantile e probabilmente , per giunta , di annoiarla rapidamente e a fondo " , come capita troppe volte da troppo tempo ai nostri vecchi maestri . II ( 12 ) Prima di esprimerci dentro i termini della cultura , servendoci delle leve della sapienza , che un individuo può muovere più o meno bene di un altro individuo e viceversa , in una dialettica che pone , con giustizia , l ' abilità verbale e l ' apprendistato libresco a fondamento della ragione , bisognerà scontare fino in fondo la nostra educazione umanistica e riconoscerci in essa , confessando il nostro sentimento fino ai limiti estremi della passività , riducendoci minimi dinanzi alla storia . E bisognerà riconoscere agli uomini " attivi " la nostra impotenza a penetrare la loro temporale tracotanza , riportando dalla nostra vergogna la luce di una verità interiore che ci fa vivere nel compromesso di una continua esitazione coi testi . Allora anche i termini del ragionamento ci tornano puri di significato e la civiltà viene a significarsi oltre le condizioni fondamentali della cultura , nella vissuta esperienza dei rapporti sociali ( 13 ) , a tu per tu cogli uomini inibiti alla speculazione a causa del loro esaurimento quotidiano nella realtà . Onde fornire aperto il senso del discorso diremo che ci resta sufficiente ammettere che si possa concepire una discriminazione iniziale d ' interessi , economici o spirituali , fra gli individui per ritenere precluso da qualsiasi altro versante il raccordo fra i due estremi . A costo di riconoscerci come degli animali asociali , non riusciremo mai a vedere conciliate nel tempo le ragioni che andiamo via via ascoltando in noi stessi , a meno di premettere una " carità " di gesti e di pronunciamenti negli incontri della vita quotidiana . Soltanto così avvertiamo possibile l ' evasione dalla cronaca che vorrebbe legarci ai suoi interessi immediati e temporali . Soltanto concedendo alla società in estensione i privilegi fruttati dalle singole positive esperienze potremo conciliare la cultura e il nostro labile destino di letterati con la vita , in quanto in ogni applicazione è da riconoscere un mestiere il cui prodotto va appunto al di là della tecnica solo a patto di diventare umanità , e quindi acquisibile e speculabile . A questo punto consideriamo di ottenere l ' assoluzione della cultura , reintegrandola al suo grado formativo , nient ' affatto come un estremo ed ineffabile privilegio , ma come fattore preparatorio e conclusivo di una civiltà . La quale civiltà non è affatto possibile far consistere in una continua vigilanza e lotta armata contro la possibilità di una ricaduta del mondo nella barbarie , e quindi in un continuo stato di allarme contro l ' evenienza di una " crisi " , e in una unità impenetrabile alle leggi morali e sociali modernamente concepite ; laddove è purtuttavia vero che la civiltà saggia nella sua continua crisi il divenire di una società sempre più liberata dagli impacci dell ' interesse temporale . Torna di proposito concludere , in questo primo momento , riaffermando la inderogabilità di un assolutismo morale che resta alla base di una perfettibile umanità la quale , pur non ripetendosi nella storia , si ritrova tuttavia nel tempo , con una faccia diversa ed uno spirito mutato . Sarà questo un ragionamento che riprenderemo continuamente e di buon grado , a commento delle letture che andiamo facendo e che investono direttamente e indirettamente ( v . il libro di Huizinga ) il concetto di una civiltà " privilegiata " . Si intenderebbe difendere un pensiero storico facendolo nascere , come dice il Croce nella avvertenza alla Storia come pensiero e come azione " da un travaglio di passione pratica " che trascende se stesso " liberandosene nel puro giudizio del vero " e convertendo , " mercé di questo giudizio , quella passione ... in risolutezza di azione " . Questo significato a noi appare intelligibilissimo e riconoscibile nella immediata giustificazione di uno storicismo che ritrova ogni momento , nel " fatto " di cui si serve , la propria scadenza .
CRITICA INTEGRALE ( GATTO ALFONSO , 1938 )
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La critica al crocianesimo , elemento comune di tutti i collaboratori di " Campo di Marte " , trova in Alfonso Gatto uno dei più lucidi e decisi rappresentanti . La poesia non può essere sottoposta alla " moderata variazione di un gusto " . Essa , appunto perché prodotto di un determinato periodo storico , si trova ad essere parte integrante di quel periodo ; e quando la crisi di una società determina la crisi dei valori tradizionali , essa ne rimane fatalmente coinvolta . Ciò che A . Gatto mette qui a fuoco , è la funzione stessa della letteratura , e lo stretto legame che unisce il poeta al contesto storico e sociale all ' interno del quale egli opera . A stabilire un rapporto tra i diversi saggi che un critico , con più o meno cura , può aver scritto in un periodo , mettiamo , di cinque anni , si verificheranno due ipotesi : che il critico esemplifichi immutabilmente un metodo esegetico e che usi di pretesto al suo discorso quegli autori che non lo smentiscono : o che si sforzi di cogliere le ragioni della sua sensibilità e del suo gusto ecletticamente su tutte le opere che gli ripropongono la distinzione delle proprie parti più o meno riuscite , espresse e formate . In tutti e due i casi risulta una sola apparente coerenza : la neutralità del critico e del criticato in nome di uno storicismo pacifico che vuoi salvare le proprie istituzioni . Sul critico che invece dimostra di seguire e di cogliere nel linguaggio di un ' opera la difficile proprietà morale in cui lo scrittore o il poeta scopre le continue relazioni con se stesso - relazioni storiche , sociali , interamente umane - e che pone la sua conoscenza a fedele sintomo della stessa storia cui si rivolge e si oppone , son pronte invece le accuse più recidive . Soltanto per questa prudenza esistono critici che si occupano per trent ' anni di poesia con la moderata variazione di un gusto , fermandosi perplessi al punto in cui il vero poeta rifiuta per crisi e per violenta antistoria la propria conservazione e nel sentimento del tempo e della morte trova un ordine nuovo . Rispetto alla storia esistono cioè critici integralmente profani che si preoccupano di negare alla poesia la crisi e la violenza stessa della sua origine . Esiste questo stato temporale degli studi la cui utilità conservativa è ormai prossima alla reazione . La conclusione che si vuol vedere nell ' opera di un critico deve essere perciò di natura e di fedeltà morale rispetto alla storia che il poeta e lo scrittore muove e non limita con la sua presenza : gli errori di sopravvalutazione e di credito in tal senso contano per le ragioni di necessità da cui son mossi , dalla piena dichiarazione del giudizio . Quanto più preciso , intimo , inalienabile , il discorso di un critico accentra storicamente le proprie responsabilità ed esplica al limite sociale dei contemporanei le ragioni di una umanità concreta e consapevole che non è immediatamente documentata e polemicamente resa attuale . De Sanctis , in tal senso , fu un critico che , nella stretta chiarificazione del - l ' unità morale dei poeti e degli scrittori , non rinunziò ad alcuna delle relazioni sociali e storiche in cui si sentiva vivo e mortale . Una storia della letteratura sarebbe , in tal senso , ancora opera vana , da non tentare , per conservare credenza ad una critica pura , irrelata , che si affianca con una serie di monadi chiuse agli esempi dell ' arte ? Pure questa consistenza storica fu sempre fondata sulle opposizioni in cui il poeta accertò la propria continua crisi , la sua poesia dalla sua non poesia , sulla durata , cioè , di un ' elaborazione morale ed espressiva provata da tutte le avversioni . In tale estrema disperazione del limite individuale la poesia ha in sé un movimento di crisi che è la storia stessa . Accettando l ' eredità di una critica puntuale , ad hominem , e portando lo storicismo alle sue estreme conseguenze , cioè al contatto dei contenuti formalistici in cui strema sempre più il suo suolo esegetico , si dovrebbe ormai toccare con mano questa disperazione del limite individuale che solo in pochissimi , di riserva , si relega ad un assolutismo mistico ed astorico . Occorre cioè rompere l ' esitazione e dare chiaramente alla storia la sua crisi , cioè il suo movimento .
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L ' Accademia anti - accademia ... L ' Accademia d ' Italia deve essere antiaccademica . Deve essere antiparassitaria e antistatica , dinamica , operosa , creatrice . Pensiamo , insomma , che l ' Accademia d ' Italia debba essere l ' organo della Rivoluzione fascista nel campo dell ' arte . Pertanto essa dovrebbe avere per compito generale la difesa e l ' illustrazione dello spirito italiano , attraverso una azione precisa ed efficace su tutto quanto concerne la cultura del nostro Paese , intesa questa come somma di tutte le discipline intellettuali ed artistiche . Tale azione difensiva dovrebbe essere intesa nel senso di una saggia conservazione spirituale e materiale del patrimonio artistico della nostra razza , il quale deve essere maggiormente protetto di quanto oggi non si faccia , sia dalle minacce del tempo in ciò che è opera distruttibile , sia - soprattutto - dalle influenze e dalle contaminazioni straniere in ciò che è essenza e modo di vita estetica , filosofica , religiosa e morale , particolare alla nostra razza ... La sua funzione di difesa ideale della nostra civiltà artistica , in cui si riassumono le nostre più preziose virtù etniche , l ' Accademia d ' Italia può compierla con lo svalutare , attraverso la propria palese noncuranza o con esplicite dimostrazioni ed atti pubblici , tutte quelle manifestazioni letterarie , mistiche , artistiche , morali , ecc . , che portano in tutti questi campi dell ' intelletto e dello spirito " germi " di errori e di degenerazioni contrastanti con la schietta genialità o spiritualità creativa nazionale . Con ciò l ' Accademia combatterebbe senza dar quartiere , nell ' ambito delle sue proprie funzioni e attribuzioni , ogni forma di decadenza dello spirito italiano da quelle che sono le sue caratteristiche e proprietà tradizionali , storiche e congenite . Sopratutte energica dovrebbe essere la difesa della lingua nel suo carattere sostanziale , senza pedante - rie , che sono più dannose delle importazioni , nella lingua parlata come in quella scritta , di termini stranieri italianizzati . La lingua va considerata come una cosa viva ed in continuo sviluppo , ma non può più essere impunemente contaminata , oggi come ieri e sotto ogni regime , secondo le mode giornalistiche e librarie , che tengono il campo letterario . E a questo proposito diciamo un altro basta con le " sagre " in onore di santi , di artisti e di eroi , fatte a base di discorsi , articoli , monografie e saggi colmi di fronzoli , di zeppe e di rettoricume di una lingua insieme sgrammaticata , roboante e contorta , che nessun italiano potrebbe riconoscere per propria . E basta con molta della insopportabile prosaccia dei pseudo scrittori fascisti di questi ultimissimi anni , sia del giornale , sia del libro , i quali hanno la pretesa di contribuire a formare una letteratura fascista mentre soffocano lo stile della nostra grande lingua sotto un ' immensa ondata di terminologie inintelligibili , barbariche e puerili . Il Ministero della cultura italiana L ' Accademia d ' Italia , poi , per procedere a quella valutazione particolare del valore dei singoli artisti , di cui dicevamo poc ' anzi , potrebbe istituire premi di incoraggiamento e facilitare pubblicazioni e manifestazioni artistiche di schietta impronta italiana . Inoltre essa dovrebbe avere un proprio giornale periodico , cui , oltre gli accademici , darebbero il loro contributo d ' idee e di espressioni artistiche tutti coloro che l ' Accademia stimasse degni di far ciò . Insomma , l ' Accademia d ' Italia dovrebbe rappresentare una specie di Ministero della cultura italiana . Cioè , un organo centrale cui fossero naturalmente avocate tutte le imprese e tutte le iniziative di ordine e di carattere intellettuale e artistico , in merito alle quali essa potrebbe emettere il suo parere , dare i suoi consigli , presentare le sue obiezioni ...
FRONTE UNICO INTELLETTUALE ( BRAGAGLIA ANTON GIULIO , 1927 )
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Di fronte allo sciovinismo di un ' altra nazione dobbiamo noi , starcene lì rassegnati e astinenti ? Noi non gliela facciamo . Un modesto caso personale . Io mi sono incominciato ad interessare alle questioni nazionali nei rapporti con gli stranieri , dal mio primo viaggio all ' estero : dal momento in cui ho incominciato a soffrire il disprezzo dei tedeschi e l ' ironia dei francesi : lo sciovinismo di ciascuna nazione . Oh , sì certamente , se non fossero stati gli stranieri , anche io oggi la penserei come Benedetto Croce . La responsabilità di un atto così imprudente , ( la temerità di creder caduto in error di pratica un maestro ) , per mio conto la scarico sui tedeschi e sui francesi , che mi hanno fatto vedere uno spettacolo talmente vasto , di deformazione del vero , fin nel sacrosanto campo storico , da non lasciarmi dubbio di sorta sul metodo da seguire per l ' interesse nostro . Trattasi di due generi di mentalità : c ' è chi vede gli interessi al di sopra delle perfezioni ideali ; e c ' è quegli che intende sacrificare qualsiasi interesse per ottenere uno stato di perfezione . Chi non avesse paura delle parole grosse , potrebbe dir persino che c ' è chi sente la patria al di sopra di tutto , e chi al di sopra di tutto , compresa la patria , sente un altro amore . Ma la parola patria , che può esser compresa tra i sentimenti che Croce dice " Vezzeggiati dal volgo , " non mescoliamola a queste chiacchiere . Guardiamo per ora la convenienza soltanto . Oggi la politica intellettuale va diretta tenendo presente il bluffismo , l ' affarismo , le camorre , le invadenze , i soprusi , i complotti internazionali di ciascuna nazione . Questi piani strategici mirano a due fini : uno riguarda il primato morale , prezioso alle mire generali politiche di ogni paese ; il secondo punto i mercati . ( Vendere i libri , vendere i quadri , eccetera , portar simpatie e soldi a casa . ) I mezzi usati da ambedue le correnti sono naturalmente intellettuali . Per esempio , il Seicento in pittura viene sollecitamente affermato un gran secolo perché la Germania ha accaparrato quadri del Seicento . Il cubismo trova critici di firma , che ancora lo difendono , perché il tal mercante ha sullo stomaco duecento pezzi cubisti . Picasso è tornato al cubismo - e fa ora il neoclassico un giorno e il cubista un altro - per non far arrabbiare nessuno . De Chirico da neoclassico è tornato metafisico perché così vuole il mercante Rosemberg ... Tornando al nostro argomento , gli intellettuali italiani dovrebbero tenersi d ' accordo coi mercanti italiani ( editori , antiquari , mercanti d ' arte moderna , fabbricanti di strumenti intellettuali ) per poter far la parte nostra nel campo della concorrenza straniera . Io non capirei quindi le divisioni interne tra intellettuali che hanno o avrebbero opposto colore politico . Mi pare che gli argomenti artistici non si posson tingere di nessun colore , e non vedo dunque le cause delle spartizioni che dividon le forze italiane in due . Tanto più che una non agisce ad altro fine che ad insidiare anche all ' estero l ' altra , con quanto vantaggio dell ' interesse comune ( sempre comune ) non so . Siccome io conosco i costumi degli intellettuali stranieri , ho risoluto che sarebbe perfino morale - nei confronti dei metodi loro - d ' usar addirittura i sistemi della nostra vecchia camorra . Questo è ottocentesco e dunque anche di moda ... Bando alle utopie , in conclusione , e tenersi fermi al sodo , altrimenti ci fregano .