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PUNTO FERMO ( - , 1920 )
StampaQuotidiana ,
La deliberazione della Confederazione delle Industrie merita pieno consenso . Essa chiarisce nettamente come dalla vertenza economica tra operai e industriali metallurgici si sia passati per sottomissione operaia alla propaganda massimalista e per defezione dello Stato nella cosiddetta neutralità del Governo , ad un tentativo di rivolta sociale e politica , i cui risultati già innegabilmente distruttivi vanno oltre le posizioni singole degli industriali e toccano il patrimonio della Nazione , la sua possibilità di vita e di sviluppo nella terribile concorrenza mondiale . Perché possa essere ammessa la trattativa economica , occorre respingere e annullare il tentativo di rivolta . Non di rivoluzione , poiché quando le rappresentanze delle organizzazioni operaie e del partito socialista dichiarano che la presa di possesso dei mezzi di produzione e la gestione diretta non sono , come dovrebbero essere , un fatto di coscienza e di volontà la cui deliberazione non dovrebbe ammettere revoche , ma invece un mezzo di intimidazione per ottenere un aumento di salario di una determinata categoria , si deve confermare quanto ieri abbiamo detto e che cioè negli avvenimenti paralizzatori della vita della Nazione , cominciati con gli scioperi del luglio dell ' anno scorso , non agisce una qualunque forza dinamica costruttiva , ma lo spirito dilapidatore della sconfitta . Persuasi di ciò , persuasi che per la salute dello stesso proletariato , cui la cosiddetta neutralità governativa ha tolto il modo di poter resistere alle impostazioni della minoranza massimalista riuscita ad usurpare l ' autorità dello Stato , persuasi che dopo quattordici mesi di continuo scadimento , occorra finalmente fermarsi ad un punto chiaro di resistenza , riconosciamo alla deliberazione della Confederazione delle Industrie un preciso valore economico , sociale , nazionale . Un valore politico di decisione utile e salutare , sulla quale provare tutte le buone forze che intendono opporsi ad un ' opera di dissolvimento . La difesa della singola industria è oggi compresa nella difesa di un ordinamento economico e sociale , che noi crediamo , soprattutto in questo momento di crisi uscita dalla guerra , il solo capace di impedire la schiavitù economica e quindi politica allo straniero tanto più potente , il solo capace di garantire il faticoso acquisto che l ' Italia ha compiuto per liberarsi dalla condizione e più dallo spirito di minorità mondiale . Questo valore nazionale dell ' ordinamento economico e sociale , da noi affermato contro tutte le miserabili menzogne e calunnie demagogiche , si impone oggi nella lotta contro il comunismo , di cui economicamente è dimostrato dallo stesso esperimento russo l ' effetto distruttivo senza nemmeno il benefizio , anzi col danno della classe che lo compie ; e i cui equivalenti politici , l ' internazionalismo e l ' antimilitarismo , sono stati così in contrasto con la realtà storica da obbligare la Russia a cercar salute soltanto nella negazione risoluta di essi : nella guerra . Ma se consentiamo economicamente , socialmente , nazionalmente e anche moralmente , per uscire con un atto di dignità consapevole da questo marasma di pusillanimità , con la deliberazione della Confederazione delle Industrie , non possiamo non domandare oggi stesso agli industriali che si uniscono in essa , che per l ' efficacia politica di questa deliberazione è necessaria una resipiscenza . Essi debbono oggi veder chiaro anche nelle loro colpe e nelle loro responsabilità , che sono gravi . Essi debbono confessare che a questa coincidenza della loro difesa con quella dei beni materiali e morali della Nazione non sono arrivati con una coscienza politica nazionale . Non pensiamo , questo dicendo , alla nostra particolare azione che tenacemente abbiamo proseguita per creare una coscienza economica nazionale fuori dei luoghi comuni del più vuoto riformismo demagogico , e che è stata così poco intesa dalla classe cosiddetta dirigente . No . Andiamo oltre la nostra dottrina e la nostra posizione e constatiamo che quando forze costruttive della Nazione , le quali hanno il dovere di una superiore chiaroveggenza , hanno consentito e collaborato attivamente e passivamente ad una politica di distruzione della vittoria all ' estero e all ' interno ; quando una classe cosiddetta dirigente consente che si aggiunga al disfattismo della guerra il disfattismo della vittoria , al neutralismo il vilsonismo ; quando si crede estranea alla propria attività di cittadino , dirigente possenti organizzazioni , la custodia e la difesa degli scopi supremi della Nazione , quelli della sua unità territoriale , strategica , spirituale minacciati e offesi in Adriatico , oltre che da prepotenze straniere , dalla nostra ignoranza e malvagità ; quando si accetta che il governo ponga , con l ' amnistia ai disertori e cioè al reato dei reati , le basi della dissoluzione dello Stato e della defezione governativa innanzi alla singola violenza ; quando a governi , che si sottomettono complici agli scioperanti nei pubblici servizi , e tutto questo compiono , si da la propria collaborazione , nella illusione che tutto ciò possa difendere , col danno della Nazione , le proprie posizioni economiche ; quando a chi ostinato denunzia i pericoli di tanta mostruosità si crea l ' isolamento politico e morale , non possiamo non domandare che il valore della deliberazione di Milano sia anche di un punto fermo ad una politica che ha avuto troppe complicità e troppa passività negli autori di quella . Se questo non fosse , dovremmo aspettare la restaurazione della Nazione da forze oscure e non ancora ordinate , le quali certo non potrebbero impedire la più grave crisi che oggi minaccia , e non potrebbero risolverla in fine se non fuori di una legge e a prezzo di rovine .