StampaQuotidiana ,
Era
di
quasi
un
anno
o
forse
di
due
superiore
per
età
al
suo
futuro
marito
,
la
duchessina
Maria
di
Gallese
,
quando
conobbe
Gabriele
d
'
Annunzio
,
che
allora
,
in
fatto
di
titoli
araldici
,
aveva
solamente
quello
del
tutto
immaginario
di
Duca
Minimo
con
il
quale
firmava
le
note
di
cronaca
mondana
sulla
appena
nata
«
Tribuna
»
di
Roma
.
La
fama
aveva
già
accarezzato
la
fronte
,
ancora
aureolata
di
riccioli
biondi
,
dell
'
autore
delle
Novelle
della
Pescara
e
di
Primo
Vere
,
che
distribuiva
uno
per
uno
i
ricordi
dei
suoi
giovanili
amori
romani
,
in
parte
veri
e
in
parte
immaginari
,
nei
versi
morbidissimi
e
qua
e
là
lussuosamente
torbidi
di
Isaotta
Guttadauro
.
Gabriele
era
allora
,
soprattutto
,
poeta
d
'
amore
,
teso
a
spiare
le
veneri
agresti
d
'
Abruzzo
e
quelle
,
vestite
di
raso
e
velluto
,
delle
alcove
eleganti
di
Roma
.
Piccolo
di
statura
,
ma
bello
nel
volto
,
ornatissimo
nella
parola
,
e
indicato
già
,
nell
'
età
in
cui
gli
altri
giovani
si
affannano
sui
banchi
dell
'
università
,
come
il
poeta
destinato
a
raccogliere
lo
scettro
della
poesia
in
Italia
,
i
parenti
di
Maria
di
Gallese
furono
certamente
imprudenti
a
sceglierlo
per
dare
qualche
lezione
di
letteratura
italiana
alla
giovane
e
bellissima
duchessina
di
cui
si
voleva
completare
l
'
educazione
.
In
pochi
giorni
,
alternando
la
lettura
dei
classici
del
Trecento
e
del
Cinquecento
con
qualche
passeggiata
fra
le
antichità
di
Roma
,
o
alla
quercia
del
Tasso
o
alla
tomba
di
Cecilia
Metella
-
si
sa
che
le
«
passeggiate
»
sono
state
uno
dei
migliori
punti
di
partenza
per
la
poesia
di
D
'
Annunzio
-
i
due
si
trovarono
romanticissimamente
innamorati
.
Come
in
un
romanzo
,
la
giovane
patrizia
si
era
innamorata
di
un
giovane
,
ricco
solo
della
sua
poesia
e
di
qualche
piccolo
bene
familiare
a
Pescara
,
severamente
custodito
dal
padre
Don
Francesco
e
dalla
madre
Donna
Luisa
.
Quella
del
poeta
era
una
famiglia
borghese
,
di
piccoli
proprietari
terrieri
e
di
armatori
di
paranze
abruzzesi
.
La
madre
di
Maria
,
dopo
avere
sposato
un
duca
di
Gallese
che
non
le
aveva
dato
figli
,
si
era
unita
con
un
giovane
ufficiale
francese
,
venuto
a
Roma
con
gli
Zuavi
che
Napoleone
III
aveva
mandato
a
difendere
Pio
IX
:
l
'
ufficiale
si
chiamava
Hardouin
.
Lo
stesso
Pontefice
si
era
interessato
per
la
buona
riuscita
del
secondo
matrimonio
.
Maria
apparteneva
dunque
a
quella
che
si
chiamava
ancora
l
'
aristocrazia
nera
,
papalina
.
La
distanza
sociale
fra
i
due
innamorati
era
grande
.
Gabriele
,
futuro
sterminatore
di
cuori
femminili
,
la
superò
di
un
balzo
,
come
se
si
fosse
trattato
,
per
lui
volontario
di
un
anno
in
Cavalleria
,
di
superare
al
galoppo
una
staccionata
in
una
prateria
dell
'
Agro
romano
.
Disse
a
Maria
:
«
Fuggiamo
!
»
.
Maria
acconsentì
e
preparò
la
fuga
.
Allora
non
si
fuggiva
più
a
cavallo
,
né
si
poteva
ancora
fuggire
in
automobile
.
I
due
fidanzati
segreti
si
trovarono
in
un
treno
fumoso
,
alla
stazione
Termini
,
su
un
vagone
diretto
a
Firenze
.
Messa
facilmente
la
polizia
sulle
loro
tracce
,
furono
scovati
in
una
stanza
d
'
albergo
con
le
finestre
sull
'
Arno
.
I
Gallese
sembra
volessero
far
arrestare
il
rapitore
;
ma
si
lasciarono
indurre
a
consigli
più
miti
e
acconsentirono
che
la
fuga
,
anche
perché
Maria
era
ormai
maggiorenne
,
si
concludesse
con
un
matrimonio
.
Il
primo
figlio
si
chiamò
Mario
,
il
secondo
Veniero
,
il
terzo
e
ultimo
-
assomigliò
più
di
tutti
alla
madre
bellissima
,
ma
ebbe
dalla
sorte
un
dono
umano
che
era
stato
forse
'
negato
tanto
al
suo
grande
padre
poeta
quanto
a
sua
madre
,
quello
della
mitezza
mesta
e
melanconica
dell
'
animo
-
si
chiamò
Gabriellino
.
Maria
Hardouin
di
Gallese
,
principessa
di
Montenevoso
,
non
amava
riandare
al
suo
passato
,
al
suo
lontanissimo
passato
.
Parlando
di
suo
marito
non
diceva
«
mio
marito
»
,
ma
«
Gabriele
»
.
Lo
diceva
con
una
voce
apparentemente
indifferente
,
straordinariamente
fresca
per
la
sua
età
,
quasi
avesse
parlato
di
un
estraneo
.
Probabilmente
la
figura
del
marito
aveva
voluto
da
moltissimi
anni
cancellarla
dal
ricordo
:
collocando
al
suo
posto
l
'
immagine
di
un
amico
di
cui
aveva
conosciuto
,
certamente
come
nessun
'
altra
,
le
virtù
e
i
difetti
.
Gli
anni
dell
'
unione
giovanile
non
erano
stati
né
felici
né
facili
.
Maria
era
donna
tale
da
poter
amare
,
ma
non
certamente
da
lasciarsi
dominare
da
un
uomo
né
per
debolezza
,
né
per
vanità
,
né
per
tornaconto
.
Gabriele
non
aveva
né
la
forza
morale
né
la
fedele
schiettezza
amorosa
per
essere
totalmente
un
buon
marito
e
un
buon
padre
di
famiglia
:
assomigliava
troppo
ai
suoi
personaggi
per
poter
esserlo
.
Maria
di
Gallese
era
,
invece
,
il
contrario
dei
personaggi
dannunziani
:
il
suo
sangue
per
metà
francese
,
un
sano
sangue
provinciale
francese
,
la
faceva
fiera
,
sanamente
realista
,
contraria
alla
retorica
,
più
facile
,
anche
negli
ultimissimi
anni
,
all
'
ironia
che
alle
pose
di
donna
fatale
.
La
sua
eleganza
era
autentica
,
quanto
forse
era
di
dubbio
gusto
quella
di
Gabriele
:
anche
l
'
eleganza
del
suo
spirito
.
Capì
di
non
poter
sbarrare
il
passo
al
marito
,
che
correva
dietro
ad
ogni
tentazione
,
né
voleva
seguirlo
,
lei
donna
francesemente
«
pratica
»
,
nelle
sue
esperienze
economicamente
pericolose
di
un
po
'
smemorato
«
signore
delle
lettere
»
.
Gabriele
non
pensava
,
se
non
a
tratti
e
con
lunghe
amnesie
,
all
'
educazione
dei
figli
.
I
suoi
amori
extraconiugali
facevano
parte
delle
cronache
mondane
d
'
ogni
giorno
.
Gli
anni
che
la
coppia
di
così
differenti
caratteri
passò
nella
casa
al
numero
2
di
via
Gregoriana
-
in
un
appartamentino
al
quarto
piano
con
un
balcone
che
dominava
il
palazzotto
dello
Zuccari
dove
Gabriele
immaginava
vivesse
il
protagonista
del
Piacere
-
furono
tormentati
da
una
disillusione
di
cui
Maria
non
fece
forse
mai
colpa
diretta
al
poeta
quanto
a
se
stessa
,
per
essersi
lasciata
illudere
.
Il
distacco
avvenne
gradualmente
,
senza
esser
mai
totale
dal
punto
di
vista
dell
'
amicizia
,
che
sopravvisse
,
se
pur
di
lontano
,
se
pure
quasi
solamente
attraverso
alle
lettere
,
finché
il
poeta
,
vecchio
,
confermò
,
dopo
tante
esperienze
,
di
voler
avere
vicino
,
come
la
più
spiritualmente
rispettata
delle
compagne
,
la
donna
cui
,
in
lontanissimi
tempi
,
aveva
dato
l
'
amore
dei
venti
anni
.
Di
tutto
questo
Maria
d
'
Annunzio
parlava
poco
:
si
può
dire
,
anzi
,
che
non
parlasse
mai
.
Non
ignorava
certamente
che
la
sua
vita
non
lieta
di
moglie
del
poeta
era
notissima
.
Le
vicende
sentimentali
di
suo
marito
appartengono
alla
storia
letteraria
e
alla
storia
di
una
delle
più
singolari
esperienze
umane
.
Non
era
certamente
il
caso
di
conversare
con
lei
di
inganni
grandi
e
piccoli
per
cercare
di
indovinare
quali
potevano
essere
state
e
quali
potevano
essere
ancora
le
sue
reazioni
innanzi
a
certi
nomi
celeberrimi
che
,
se
non
nel
cuore
,
certo
nella
vita
di
Gabriele
avevano
pesato
molto
.
Spostando
la
propria
figura
dal
piedistallo
di
moglie
a
quello
di
amica
così
come
aveva
saputo
signorilmente
fare
da
moltissimi
anni
,
essa
poteva
vivere
indifferentemente
fra
le
immagini
,
molte
delle
quali
diventate
poesia
,
di
altre
donne
nelle
quali
,
forse
eternamente
innamorato
solo
di
se
stesso
,
Gabriele
,
come
Narciso
,
s
'
era
eternamente
specchiato
.
Per
questo
aveva
potuto
serenamente
incontrarsi
con
lui
,
quando
egli
l
'
aveva
chiamata
al
Vittoriale
,
e
considerarsi
,
in
una
villa
a
lei
destinata
nel
parco
,
la
sua
ospite
amica
che
tutto
sapeva
e
tutto
,
se
non
perdonato
,
aveva
compatito
.
La
sua
vita
,
dopo
il
distacco
dal
marito
,
era
stata
per
molto
tempo
difficile
.
A
Roma
aveva
vissuto
per
molti
anni
in
un
piccolo
appartamento
di
piazza
di
Spagna
,
mettendo
a
frutto
,
per
vivere
,
la
sua
perizia
nel
ritrovare
,
scegliere
e
ordinare
le
belle
cose
antiche
.
Non
aveva
,
Donna
Maria
,
come
del
resto
i
figli
,
certamente
gravato
sui
bilanci
spesso
disordinati
del
poeta
.
Solo
dopo
la
morte
di
lui
aveva
ricevuto
un
vitalizio
sui
suoi
diritti
d
'
autore
e
l
'
usufrutto
perenne
della
villa
Mirabella
entro
il
secondo
recinto
del
Vittoriale
.
Aveva
finito
per
lasciare
anche
la
sua
ultima
dimora
romana
,
una
pensione
in
una
traversa
di
via
Veneto
,
per
vivere
la
metà
dell
'
anno
a
Gardone
e
l
'
altra
metà
a
Parigi
,
dove
suo
figlio
Veniero
,
con
i
suoi
guadagni
di
ingegnere
in
America
,
le
aveva
comperato
e
donato
un
appartamentino
vicino
all
'
Etoile
.
Ad
onta
della
tardissima
età
viaggiava
da
sola
e
a
Parigi
viveva
sola
,
dopo
che
le
era
morta
,
sotto
ad
un
bombardamento
,
una
fedele
cameriera
.
Durante
la
occupazione
tedesca
non
aveva
voluto
restare
sul
lago
di
Garda
,
preferendo
,
a
ottant
'
anni
di
parecchio
passati
,
vivere
in
solitudine
nella
città
dei
suoi
avi
francesi
.
Al
suo
ritorno
aveva
saputo
che
la
sua
casa
di
Gardone
era
stata
abitata
da
una
tragica
creatura
:
da
Claretta
Petacci
,
che
di
lì
era
partita
per
andare
alla
morte
.
Aveva
detto
:
«
È
destino
che
io
,
senza
romanzo
,
viva
accanto
ai
romanzi
!
»
.
Era
stata
bellissima
,
come
testimoniava
,
alla
Mirabella
,
un
grande
ritratto
dipinto
da
La
Gandara
che
D
'
Annunzio
vi
aveva
fatto
collocare
come
per
dire
che
quella
casa
era
della
donna
che
non
aveva
mai
dimenticato
.
Aveva
sorriso
,
la
vegliarda
infaticabile
,
quando
le
era
stato
mostrato
un
volume
francese
intitolato
Paris
,
mon
coeur
nel
quale
quel
ritratto
era
riprodotto
per
far
conoscere
il
«
tipo
ormai
classico
della
donna
francese
,
dell
'
elegante
parigina
dei
tempi
di
Maurice
Donnay
e
di
Paul
Bourget
»
.
Pur
nella
tardissima
età
,
sottile
nella
figura
,
rapida
e
leggera
nel
passo
,
con
i
capelli
colorati
di
rosso
e
pettinati
come
quelli
delle
donne
di
Boldini
,
la
si
vedeva
andar
in
su
e
in
giù
,
a
piedi
,
per
i
sentieri
della
collina
del
Vittoriale
,
veramente
simile
,
nella
figura
,
a
quelle
ormai
tramontate
immagini
che
ispiravano
un
tempo
il
concetto
dell
'
alta
e
scintillante
aristocrazia
.
Attendeva
da
anni
serenamente
la
morte
,
ma
intanto
parlava
della
vita
come
di
un
bene
che
non
si
sarebbe
esaurito
mai
.
Fissava
convegni
e
viaggi
a
distanza
di
mesi
e
di
anni
,
e
intanto
,
fermandosi
in
un
certo
angolo
del
parco
,
pensava
anche
a
quella
che
poteva
essere
la
sua
ultima
dimora
.
Comprendeva
,
nella
sua
fierezza
di
gran
dama
,
di
non
poter
chiedere
d
'
essere
seppellita
vicino
al
marito
,
dopo
tanti
trascorsi
che
avevano
per
quarant
'
anni
annebbiata
la
loro
unione
.
Aveva
indicato
,
per
sé
,
un
angolo
del
parco
e
un
sarcofago
di
pietra
come
quelli
nei
quali
Gabriele
aveva
chiuso
le
spoglie
dei
suoi
legionari
:
ma
diceva
che
doveva
essere
ornato
,
a
mosaico
,
con
i
profili
di
due
pavoni
.
Amava
viaggiare
,
ma
ogni
volta
,
quando
partiva
per
Parigi
o
per
Charleville
,
la
patria
del
poeta
Rimbaud
,
dove
aveva
parenti
e
amici
fedeli
,
lasciava
ad
una
persona
fidata
,
confermando
così
il
suo
istinto
di
donna
ordinata
e
pratica
come
sono
quasi
sempre
le
francesi
,
una
busta
con
il
denaro
che
considerava
potesse
essere
all
'
improvviso
necessario
per
riportarla
,
morta
,
in
patria
.
La
sua
vitalità
era
sempre
stata
straordinaria
.
Aveva
una
attenzione
estrema
nel
non
rivelare
i
suoi
anni
.
Nel
1882
,
quando
conobbe
il
diciannovenne
D
'
Annunzio
,
sembra
che
la
duchessina
fosse
già
maggiorenne
.
Lo
era
già
,
in
ogni
modo
,
nel
1883
,
quando
si
sposò
.
Per
la
sua
età
,
dunque
,
bisognava
tirare
a
indovinare
,
facendo
oscillare
il
pendolo
fra
i
novantadue
delle
opinioni
ottimiste
e
i
novantacinque
dei
«
pessimisti
»
.
La
primavera
scorsa
,
ospitata
in
una
clinica
di
Riva
del
Garda
,
aveva
dichiarato
,
in
tono
di
celia
,
di
avere
sessantacinque
anni
:
e
nessuno
aveva
osato
contraddirla
perché
le
sue
risposte
potevano
essere
sferzanti
.
Sette
anni
or
sono
,
mi
aveva
tenuto
un
po
'
il
broncio
perché
,
scrivendo
dopo
la
morte
del
figlio
suo
Gabriellino
,
avevo
parlato
di
lei
come
di
una
«
vecchia
signora
»
.
Doveva
essere
già
allora
vicino
agli
ottantasette
anni
.