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Peppino De Filippo ( Vergani Orio , 1959 )
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Ecco , davanti a me , un viso « da magistrato » , quello di Peppino De Filippo . Trent ' anni fa , il viso di un giovanissimo pretore di primissima nomina , che ha vinto pochi giorni prima il concorso . Poi , di anno in anno , ha fatto carriera : dal magistrato di Pretura è giunto al Tribunale , è arrivato alle Assise , si avvia verso la Cassazione : lo vedrò con la toga della Corte Costituzionale : sempre magistrato è . Il viso un po ' assorto , in cui appare ogni tanto , pungente , un elemento di arguzia : un viso di calma dignità e un poco timido : ogni tanto , nella vita , la sua voce è insidiata da un trepidare che può sembrar persino un impaccio d ' una breve parvenza di balbuzie . Un magistrato un po ' filosofo , che ha avuto l ' infanzia non sempre comoda di tanti napoletani : che ha avuto compagni di scuola molto poveri e che conosce a fondo , pietoso , le miserie dell ' umanità . Dice giustamente Peppino : « In fondo , io ripugno dal comico di mezza misura e sono tutto fuorché un " brillante " : io sto tutto nella farsa o tutto nella tragedia : e la farsa sta gomito a gomito con la tragedia ... » . Ecco un giudizio da magistrato che non riesce a dividere gli uomini in due rigorose categorie , angeli e demoni : pietoso per i loro peccati , sorridente e un po ' dubitoso per le loro virtù . Con questo spirito , il « magistrato » Peppino ha scritto una cinquantina di commedie , con centinaia di personaggi dell ' umanità grigia , « buoni » intrisi di astuzia , sciocchi con lampi di genio , straccioni con una speranza di eleganza , tristanzuoli con una scintilla d ' oro di poesia , prepotenti che se la fanno sotto , cornuti illuminati da una incancellabile fede nella purità : una giornata di pioggia , un desiderio di sole ; le manette pronte , ma un sogno di guanti bianchi . Attore dall ' età di sei anni - il debutto avvenne con la particina del bambino Peppiniello in Miseria e nobiltà - De Filippo potrebbe raccontare a non finire storie di allegra , ma non sempre allegra , povertà . Era il mondo dei poveri guitti girovaghi - aveva lasciato la Compagnia di Vincenzo Scarpetta - nelle province napoletane . Ogni tanto , la sorte portava ad avventurarsi fino nell ' Abruzzo e nelle Marche . Peppino faceva un po ' di tutto : prosa , varietà , macchiettista in miseri teatrucoli , pianista in cinematografi di campagna , pittore di manifesti - la sua vera passione era quella della pittura - trovarobe , corista di operette . Fu in quegli anni lontani , addirittura amministratore della piccola troupe . Erano arrivati nelle Marche a piedi , risalendo dalle spiagge abruzzesi : e si erano addentrati in una vallata verso Jesi . Lassù , erano rimasti incastrati in un paesello di collina . Avevano montato il loro teatrino ambulante in uno sterrato fuori le mura : era nato così un piccolo teatro con « comodo di fave » . Il fondale dava sulla campagna buia : in quel buio , gli attori avevano scoperto alcuni campi di fave . Fra un atto e l ' altro , scivolavano giù dal rustico palcoscenico , facevano una rapida scorpacciata di fave , e poi , rinfrancati tornavano alla ribalta a recitare . Quando si trattò di ripartire da quel paesello , Peppino scese verso Ancona , per trovare un teatrino che li ospitasse . Era lui , o no , l ' amministratore ? Ed ecco nella torrida estate , Peppino partire a piedi , accompagnato dal « segretario » che era totalmente calvo . Ma perché i due attori avevano sulle guance una folta barba ? Nera , Peppino , e bianca , fluente il « segretario » , con un paio di occhiali neri da povero cieco . Fu Peppino a inventare , per diminuire la fatica della marcia , il sistema che oggi si chiama dell ' autostop . Erano luoghi quasi deserti . Ogni tanto si vedeva arrivare un carretto tirato da un somaro . Il « segretario » si sosteneva al braccio di Peppino , marciando curvo sotto il solleone . Quando il carretto li raggiungeva , Peppino indicava pietosamente il vegliardo : « Ci potreste dare un passaggio ? » . Il contadino si impietosiva e li accompagnava sino alla prima svolta , seduti sulle fascine . Un altro miglio a piedi , e poi spuntava un altro carretto . Quando Peppino De Filippo non reciterà più Le metamorfosi di un suonatore ambulante , cercheremo di raccontare ai nostri figli e ai nostri nipoti la scenetta in cui , affamatissimo « posteggiatore » , cerca di vedere chiaro in un certo imbroglio per il quale è richiesta la sua complicità . Il suonatore è napoletano e , come tale , gesticola vivacemente : le sue mani sono in continuo movimento e , ogni tanto , si protendono e restano sospese a mezz ' aria . Gli interlocutori credono che egli abbia finito di parlare , che l ' affare sia concluso e che sia venuto il momento di salutarsi : afferrano la mano del suonatore e la stringono cordialmente . Il discorso , invece , non è affatto finito . Bisogna liberare quella mano e riprendere la conversazione interrotta . Gli altri sono sempre pronti a stringere , sul più bello , la mano dell ' ambulante che non può frenare la sua mimica partenopea e che , se non muove le mani , non può parlare . La graduazione della sorpresa , dell ' impaccio , dell ' inquietudine , che prende e quasi paralizza l ' eloquenza del suonatore ambulante , crea un « crescendo comico » forse ineguagliato in questi ultimi anni : certo il più sottile e trascinante . Quando cercheremo di riferire questa scenetta ai nostri figli e ai nostri nipoti stenteremo a farci capire , come non capivamo i nostri vecchi quando ci parlavano del « gioco del ferro da stiro » di Eleonora Duse nella Locandiera o della « scena del candeliere » di Ermete Novelli nella farsa Felice il cerimonioso . Sono scoperte , gioie , sorrisi di cui gode solamente « chi vede » : intraducibili per « sentito dire » . Per questo , il teatro è forse fatto di incantesimi paragonabili a quelli dell ' amore , bellissimi quando viviamo il nostro amore , mentre , se ci raccontano quelli degli altri , ci sono assolutamente indifferenti .