StampaQuotidiana ,
È
un
luogo
comune
-
o
era
tale
sino
a
ieri
-
che
l
'
arte
non
conosce
progressi
o
evoluzione
e
che
l
'
artista
,
sparendo
,
porta
con
sé
un
segreto
che
non
può
essere
appreso
da
chi
si
impadronisca
dei
suoi
moduli
,
del
suo
ricettario
tecnico
e
del
suo
«
stampino
»
.
Oggi
questa
verità
sembra
essere
contraddetta
dal
crescente
peso
della
tecnica
in
tutte
le
arti
,
e
dalla
sempre
maggiore
adattabilità
del
pubblico
ai
trucchi
di
laboratorio
dell
'
artista
,
ai
suoi
segreti
di
mestiere
.
Ancora
cinquanta
,
trenta
anni
fa
,
chi
voleva
raccontare
una
storia
(
romanziere
o
drammaturgo
che
fosse
)
procedeva
in
ordine
cronologico
,
dall
'
a
fino
alla
zeta
,
mantenendo
in
vita
almeno
una
delle
maltrattate
unità
aristoteliche
.
Si
giunse
al
romanzo
che
si
svolge
e
si
legge
in
due
sole
ore
(
La
signorina
Elsa
di
Schnitzler
e
anche
Les
lauriers
sont
coupés
di
Edouard
Dujardin
,
ventiquattr
'
ore
di
una
vita
e
poche
ore
di
lettura
)
,
ottenendo
con
ciò
un
'
unità
direi
quasi
fisica
,
di
respirazione
,
che
era
senza
precedenti
nella
storia
dell
'
arte
narrativa
(
al
polo
opposto
l
'
Ulysses
,
ventiquattro
ore
di
vita
e
ventiquattro
mesi
di
lettura
)
.
Un
narratore
,
un
drammaturgo
moderno
si
vergognerebbe
di
seguire
simili
procedimenti
e
si
guarderebbe
bene
dal
rispettare
la
cronologia
.
Si
cammina
ormai
dalla
zeta
verso
l
'
a
,
dalla
fine
si
risale
al
principio
.
Il
protagonista
,
se
ce
n
'
è
uno
,
muore
fin
dall
'
inizio
e
il
pubblico
o
il
lettore
devono
risalire
a
ritroso
la
corrente
.
Nel
teatro
non
esistono
più
cambiamenti
di
scena
;
basta
che
un
servo
spinga
innanzi
una
poltrona
o
una
sedia
di
paglia
o
un
alberello
in
un
vaso
di
coccio
per
creare
la
reggia
o
la
casa
del
povero
o
il
bosco
.
Basta
che
un
personaggio
si
tolga
un
golf
da
sport
e
indossi
invece
una
giacchetta
,
facendo
precedere
o
seguire
l
'
operazione
da
tremuli
lamenti
di
pifferi
che
abbiano
la
funzione
della
dissolvenza
cinematografica
,
cd
ecco
creato
un
salto
temporale
di
dieci
o
di
vent
'
anni
.
Il
passato
,
il
presente
e
il
futuro
sono
mescolati
come
gli
ingredienti
di
un
cocktail
,
i
fantasmi
passeggiano
fra
i
vivi
,
le
voci
degli
attori
sono
integrate
da
ruggiti
di
altoparlanti
nascosti
nelle
gallerie
o
nei
palchi
.
Il
pubblico
,
che
fino
a
pochi
anni
fa
non
avrebbe
capito
nulla
di
quanto
avveniva
,
lo
stesso
pubblico
che
quando
guarda
un
quadro
moderno
storce
il
naso
e
si
chiede
«
che
cosa
vuol
dire
»
e
si
mostra
ancora
esigentissimo
in
fatto
di
verosimiglianza
rappresentativa
,
è
invece
dispostissimo
ad
accettare
,
in
altra
sede
,
le
più
audaci
scomposizioni
.
Si
dice
,
e
credo
sia
vero
,
che
a
ciò
non
sia
estraneo
l
'
influsso
cinematografico
che
ha
creato
un
linguaggio
allusivo
ormai
alla
portata
di
tutti
.
Io
personalmente
,
quando
vado
al
cinematografo
,
non
comprendo
quasi
nulla
di
quanto
avviene
sullo
schermo
;
ma
mi
accorgo
che
accanto
a
me
stanno
persone
non
più
colte
,
ma
più
allenate
al
nuovo
linguaggio
,
alle
quali
nulla
sfugge
.
Entrano
nel
cinema
e
nel
teatro
clementi
che
la
poesia
ha
conosciuto
e
padroneggiato
da
secoli
;
ma
vi
entrano
da
padroni
assoluti
,
tecnicizzati
e
non
più
legati
all
'
arte
della
parola
.
E
trionfa
la
regia
,
che
è
l
'
arte
di
cavare
il
massimo
effetto
dal
testo
potenzialmente
più
suscettibile
d
'
integrazione
.
Si
dà
già
il
caso
di
qualcuno
che
pensa
a
ricavare
un
dramma
da
un
film
non
suo
,
riducendolo
per
il
teatro
e
rendendolo
perciò
ancor
più
cinematografico
,
sebbene
in
diverso
modo
.
Nella
migliore
delle
ipotesi
,
questo
autore
si
illuderà
di
aggiungere
un
pizzico
di
poesia
(
verbale
)
a
un
'
azione
che
è
già
emotiva
in
sé
,
di
effetto
sicuro
,
immancabile
.
Questo
furibondo
progresso
della
tecnica
è
senza
dubbio
molto
interessante
ma
prescinde
da
un
fatto
essenziale
:
che
la
poesia
è
l
'
arte
della
parola
e
che
nessuno
sforzo
di
regista
può
sostituire
la
parola
dov
'
essa
manchi
.
Molti
hanno
potuto
rileggersi
l
'
Amleto
o
il
Sogno
di
una
notte
di
mezza
estate
dopo
aver
assistito
alle
rappresentazioni
che
ne
davano
Moissi
o
Lawrence
Olivier
o
Max
Reinhardt
.
Trovavano
senza
dubbio
un
'
altra
cosa
,
ma
era
immancabile
l
'
incontro
con
la
poesia
.
In
Shakespeare
e
in
Calderón
,
nel
Marlowe
e
nel
Kleist
un
albero
è
veramente
sufficiente
a
creare
una
foresta
,
un
trono
basta
a
immetterci
in
un
palazzo
reale
.
Non
credo
che
una
rappresentazione
realistica
dei
loro
lavori
,
condotta
con
macchinosi
cambiamenti
di
scena
e
scrupolo
di
verosimiglianza
storica
nei
costumi
e
negli
arredamenti
,
sarebbe
oggi
sopportabile
.
Provatevi
invece
a
immaginarvi
certi
recenti
lavori
teatrali
privandoli
dell
'
apparato
registico
che
li
rende
interessanti
,
e
resterete
certamente
a
mani
vuote
.
Il
guaio
è
che
,
anche
in
questo
campo
,
indietro
non
si
torna
e
che
i
nuovi
elementi
spettacolari
sono
ormai
entrati
nel
gusto
corrente
,
sono
diventati
un
linguaggio
convenzionale
che
ha
ben
poco
bisogno
della
parola
.
Il
nostro
tempo
è
visivo
e
acustico
,
ma
non
sa
che
farsene
della
musica
,
della
pittura
e
della
poesia
.
Perché
la
tecnica
della
presentazione
e
dell
'
adattamento
(
sia
essa
autoregia
di
scrittori
o
regia
di
teatranti
,
scienza
del
college
e
della
scomposizione
)
non
coincide
quasi
mai
col
centro
dell
'
ispirazione
artistica
?
Semplicemente
perché
è
prevedibile
e
calcolabile
.
Alain
-
uno
dei
francesi
che
ha
scritto
di
estetica
con
maggiore
acutezza
,
sebbene
senza
un
metodo
e
un
ordine
apparenti
-
ha
distinto
l
'
opera
dell
'
artista
da
quella
dell
'
artigiano
in
base
a
questa
differenza
.
L
'
artigiano
copia
esattamente
un
modello
,
sa
dove
vuole
arrivare
e
i
mezzi
che
a
lui
occorrono
.
Anche
l
'
artista
ha
usa
certa
idea
,
ma
assai
oscura
e
imprecisata
.
In
lui
il
punto
di
partenza
è
una
spinta
,
non
un
programma
.
Strada
facendo
,
quella
certa
idea
si
trasforma
e
appare
del
tutto
irriconoscibile
.
E
può
dirsi
così
che
l
'
artista
conosce
se
stesso
soltanto
a
cose
fatte
,
dopo
aver
lottato
contro
un
ostacolo
,
che
è
(
nel
caso
della
poesia
)
la
parola
,
il
mezzo
espressivo
.
Qui
la
tecnica
può
veramente
identificarsi
con
l
'
espressione
.
Non
però
la
tecnica
artigianesca
,
esattamente
dosabile
e
prevedibile
di
chi
sostituisce
il
calcolo
degli
effetti
alla
libera
irradiazione
della
parola
poetica
.
Mi
rendo
conto
che
in
un
romanzo
,
in
un
'
opera
teatrale
e
in
genere
in
tutti
i
generi
più
costruiti
,
la
poesia
è
come
il
sangue
,
che
per
circolare
ha
bisogno
di
una
rete
di
vene
,
di
un
sistema
di
canali
.
(
È
tale
anche
nella
lirica
pura
,
a
dire
il
vero
,
ma
in
questo
caso
la
costruzione
,
l
'
impalcatura
possono
essere
meno
evidenti
.
)
So
altrettanto
bene
che
un
'
opera
destinata
a
larga
diffusione
,
tradotta
in
altre
lingue
,
spesso
svisata
e
deformata
,
ha
un
'
esistenza
di
compromesso
e
che
la
vitalità
di
certe
creazioni
consiste
proprio
nella
loro
docilità
a
prestarsi
a
ogni
sorta
di
collaborazioni
o
malversazioni
.
E
comprendo
perfettamente
che
un
poeta
è
spesso
frainteso
o
inteso
alla
rovescia
,
e
che
in
nessun
caso
critici
e
posteri
lo
leggono
come
egli
voleva
esser
letto
.
Con
questo
credo
di
aver
esaurito
le
ragioni
che
suggeriscono
indulgenza
verso
chi
crea
o
adatta
o
«
monta
»
opere
che
,
volendo
rivolgersi
a
una
vasta
udienza
,
hanno
una
necessità
assoluta
di
giocare
sull
'
equivoco
,
di
confondere
i
sentimenti
con
le
sensazioni
.
Non
si
può
negare
che
se
tutti
gli
artisti
dicessero
«
parlo
per
me
e
per
dieci
persone
»
il
solco
che
divide
l
'
arte
dal
pubblico
diverrebbe
invalicabile
.
Più
o
meno
consciamente
,
coloro
che
solleticano
il
gusto
spettacolare
delle
platee
tengono
fede
a
un
certo
principio
di
universalità
,
si
sforzano
di
parlare
o
balbettare
in
una
lingua
che
tutti
comprendano
.
Non
credo
però
che
sia
prossima
la
fusione
o
l
'
integrazione
del
linguaggio
delle
parole
con
quello
della
tecnica
spettacolare
.
Una
macchina
a
effetto
è
necessariamente
costosa
e
chi
si
decide
a
metterla
in
moto
preferisce
scrivere
o
prendere
a
pretesto
un
'
opera
di
effetto
certo
,
anche
mediocre
ma
infallibile
.
Inoltre
il
meccanismo
tende
a
perfezionarsi
e
in
fatto
d
'
arte
non
è
più
paradossale
pensare
all
'
avvento
della
machine
à
gloire
,
inventata
da
Villiers
de
1'Isle-Adam
,
che
«
emetteva
il
successo
»
in
un
giusto
dosaggio
di
rumori
e
vociferazioni
.
Quel
giorno
il
pubblico
sarà
anche
dispensato
dalla
fatica
dell
'
applauso
.
È
dunque
assai
dubbio
che
l
'
universalità
di
chi
dice
qualche
piccola
cosa
a
tutti
valga
l
'
espressione
di
chi
parla
profondamente
a
pochi
.
E
in
definitiva
,
dopo
aver
pesato
in
tutti
i
sensi
la
questione
,
mi
pare
si
possa
concludere
che
ogni
divulgazione
di
trouvailles
tecniche
arricchisce
superficialmente
il
gusto
delle
masse
,
ma
non
giova
alla
diffusione
della
poesia
.
Qualsiasi
racconto
verista
o
naturalista
potrebbe
essere
riscritto
in
chiave
moderna
,
sostituendo
all
'
analisi
psicologica
l
'
elencazione
del
documentario
,
il
bruto
enunciato
dei
fatti
;
qualsiasi
romanzo
di
James
o
di
Rovetta
o
di
Bourget
potrebbe
fornire
il
canovaccio
di
un
dramma
moderno
,
composto
di
scene
rientranti
l
'
una
nell
'
altra
,
come
i
segmenti
di
un
cannocchiale
,
ricco
di
salti
nel
vuoto
,
di
capovolgimenti
e
di
sdoppiamenti
.
Un
'
arte
che
si
vede
subito
com
'
è
fatta
,
un
'
arte
che
fa
dire
a
tutti
«
come
sono
intelligente
»
,
una
poesia
che
non
importa
conoscere
nei
testi
originali
e
che
consiste
nel
condire
con
una
nuova
salsa
cose
e
situazioni
ormai
logore
,
rappresenta
il
coronamento
di
quello
che
potrebbe
chiamarsi
«
l
'
avanguardismo
borghese
»
.
Val
meno
della
vecchia
avanguardia
-
quella
degli
scapigliati
e
dei
decadenti
-
e
durerà
purtroppo
di
più
perché
concilia
la
vanità
degli
artisti
coi
loro
interessi
.
Essere
à
la
page
,
esser
capiti
da
tutti
e
insieme
guadagnare
qualche
soldo
,
che
tentazione
!