StampaQuotidiana ,
Il
cosiddetto
divorzio
fra
l
'
arte
odierna
e
il
pubblico
non
è
un
fatto
di
questi
giorni
.
Anche
cinquanta
,
anche
cento
anni
fa
-
e
si
potrebbe
risalire
ben
più
addietro
-
esisteva
un
'
arte
per
pochi
,
un
'
arte
per
iniziati
.
Leopardi
e
Baudelaire
non
ebbero
in
vita
entusiastici
consensi
e
Manet
dovette
schiaffeggiare
un
suo
denigratore
per
trasformarlo
in
un
suo
devoto
famulo
e
mecenate
.
Tuttavia
,
nel
secolo
scorso
,
il
pubblico
degli
iniziati
era
ancora
un
pubblico
,
non
una
pattuglia
di
artisti
falliti
.
Coloro
che
,
alla
fine
dell
'
Ottocento
,
si
accostavano
al
Parsifal
e
alla
Tetralogia
,
erudendosi
su
ponderose
«
guide
tematiche
»
e
seguendo
col
dito
i
temi
conduttori
,
erano
avvocati
,
medici
,
commercianti
,
non
sempre
musicisti
o
poeti
mancati
.
Oggi
le
cose
non
vanno
più
così
.
Solo
l
'
uomo
del
mestiere
(
fallito
o
no
)
,
solo
«
l
'
addetto
ai
lavori
»
può
sperare
di
trarre
non
dico
ricreazione
,
ma
minor
spavento
da
certe
forme
d
'
arte
che
rifiutano
categoricamente
di
incarnarsi
in
modo
troppo
visibile
e
sensibile
.
Andate
ad
ascoltare
l
'
Ode
a
Napoleone
di
Arnold
Schönberg
:
un
uomo
recita
versi
di
Byron
(
brutti
)
a
voce
stentorea
.
Il
suo
grido
riesce
e
non
riesce
a
sormontare
un
mare
di
borborigmi
e
di
dissonanze
che
non
ingenerano
sorpresa
bensì
noia
,
perché
l
'
orecchio
è
pronto
ad
assuefarsi
ai
nuovi
timbri
,
alle
nuove
stonature
.
Il
pezzo
dura
a
lungo
,
non
vive
durante
l
'
esecuzione
né
può
sperare
di
vivere
dopo
,
perché
non
incide
in
nulla
che
sia
veramente
vivo
in
noi
.
Se
l
'
esempio
non
basta
,
provatevi
a
leggere
una
poesia
«
ininterrotta
»
di
Eluard
o
,
peggio
,
di
un
suo
seguace
:
vi
troverete
pagine
composte
di
filze
di
aggettivi
(
centinaia
di
aggettivi
)
senz
'
alcuno
sostantivo
:
vi
troverete
liriche
in
cui
ogni
verso
cammina
per
conto
suo
,
ha
un
senso
in
sé
,
ma
non
lega
con
gli
altri
.
La
sintassi
non
c
'
è
o
è
respinta
su
un
piano
non
pure
extra
-
logico
,
ma
anche
extra
-
intuitivo
.
È
sostenuta
,
tutt
'
al
più
,
da
una
meccanica
associazione
di
idee
.
Chi
legge
deve
fabbricarsi
la
poesia
per
conto
proprio
;
l
'
autore
non
ha
scelto
per
lui
,
non
ha
voluto
qualcosa
per
lui
,
si
è
limitato
a
fornirgli
una
possibilità
di
poesia
.
È
molto
,
ma
è
troppo
poco
per
durare
dopo
la
lettura
.
Un
'
arte
che
distrugge
la
forma
pretendendo
di
affinarla
si
preclude
la
sua
seconda
e
maggiore
vita
:
quella
della
memoria
e
della
circolazione
spicciola
.
E
cercherò
di
spiegare
qual
è
questa
seconda
vita
dell
'
arte
,
per
non
essere
frainteso
.
È
vero
:
l
'
opera
d
'
arte
non
creata
,
il
libro
non
scritto
,
il
capolavoro
che
poteva
nascere
e
non
nacque
sono
mere
astrazioni
e
illusioni
.
Un
frammento
di
musica
o
di
poesia
,
una
pagina
,
un
quadro
cominciano
a
vivere
nell
'
atto
della
loro
creazione
ma
compiono
la
loro
esistenza
quando
vengono
ricevuti
,
intesi
o
fraintesi
da
qualcuno
:
dal
pubblico
.
Compiono
la
loro
vita
quando
circolano
,
e
non
importa
se
la
circolazione
sia
vasta
o
ristretta
;
a
rigore
,
il
pubblico
può
essere
formato
da
una
sola
persona
,
purché
questa
persona
non
sia
l
'
autore
stesso
.
Tutti
d
'
accordo
su
questo
punto
,
non
bisogna
però
cader
nell
'
errore
di
credere
che
l
'
appercezione
,
o
consumazione
,
di
un
particolare
momento
o
frammento
espressivo
debba
essere
necessariamente
quasi
sincrona
al
suo
presentarsi
a
noi
con
un
immediato
rapporto
di
causa
a
effetto
.
Se
così
fosse
la
musica
sarebbe
goduta
soltanto
al
momento
dell
'
esecuzione
,
la
poesia
e
la
pittura
soltanto
nel
momento
in
cui
l
'
occhio
si
posa
sul
foglio
stampato
o
sulla
tela
dipinta
.
Finita
la
causa
,
finito
il
narcotico
,
tutto
cesserebbe
;
si
charta
cadit
dovrà
svanire
nel
nulla
ogni
bagliore
di
musica
o
di
commozione
poetica
.
Io
non
dico
che
tale
sia
,
consapevolmente
,
l
'
abbaglio
estetico
di
molti
artisti
moderni
:
ma
rilevo
che
,
conscia
o
no
,
una
grossolana
materializzazione
del
fatto
artistico
è
alla
radice
di
molte
esperienze
d
'
oggi
.
Per
essa
viene
del
tutto
misconosciuta
quella
che
è
la
seconda
vita
dell
'
arte
,
il
suo
oscuro
pellegrinaggio
attraverso
la
coscienza
e
la
memoria
degli
uomini
,
il
suo
totale
riflusso
alla
vita
donde
l
'
arte
stessa
ha
tratto
il
suo
primo
alimento
.
Sono
pienamente
convinto
che
un
arabesco
musicale
che
non
è
un
motivo
,
non
è
un
'
«
idea
»
perché
l
'
orecchio
non
l
'
avverte
come
tale
,
un
tenia
che
non
è
un
tema
perché
non
sarà
mai
riconoscibile
,
un
verso
o
una
serie
di
versi
,
una
situazione
o
una
figura
di
romanzo
che
non
potranno
tornare
mai
a
noi
,
magari
alterati
e
contaminati
,
non
appartengono
veramente
al
mondo
della
forma
,
al
mondo
dell
'
arte
espressa
.
È
questo
secondo
momento
,
di
consumazione
minuta
e
magari
di
fraintendimento
,
quello
che
in
arte
m
'
interessa
di
più
.
Paradossalmente
si
potrebbe
dire
che
musica
pittura
e
poesia
nascono
alla
comprensione
quando
vengono
presentate
,
ma
non
vivono
veramente
se
non
hanno
il
potere
di
continuare
ad
agire
con
le
loro
forze
al
di
là
di
tale
momento
,
sciogliendosi
,
rispecchiandosi
in
quella
particolare
situazione
di
vita
che
le
ha
rese
possibili
.
Godere
un
'
opera
d
'
arte
o
un
suo
momento
è
insomma
un
ritrovarla
fuori
sede
;
solo
in
quell
'
istante
il
circolo
della
comprensione
è
perfetto
e
l
'
arte
si
salda
con
la
vita
come
tutti
i
romantici
hanno
sognato
.
Io
non
posso
vedere
un
codazzo
d
'
indifferenti
a
un
funerale
né
posso
sentir
soffiare
la
bora
senza
ricordarmi
dello
Zeno
di
Italo
Svevo
;
non
posso
guardare
alcune
merveilleuses
d
'
oggi
senza
pensare
a
Modigliani
e
a
Matisse
;
non
posso
contemplare
certi
figli
di
portinaia
o
di
mendicante
senza
che
mi
torni
dinanzi
il
bambino
ebreo
di
Medardo
Rosso
;
non
posso
pensare
a
qualche
strano
animale
-
zebra
o
zebù
-
senza
che
si
apra
in
me
lo
Zoo
di
Paul
Klee
;
non
posso
incontrare
chi
so
io
-
Clizia
o
Angela
oppure
...
omissis
omissis
-
senza
rivedere
arcani
volti
di
Piero
e
del
Mantegna
e
senza
che
un
verso
manzoniano
(
«
era
folgore
l
'
aspetto
»
)
mi
avvampi
la
memoria
;
e
neppure
posso
-
se
scendo
di
qualche
gradino
-
individuare
alcuni
episodi
dell
'
eterna
lotta
fra
il
diavolo
e
l
'
acqua
santa
senza
sentirmi
in
cuore
(
con
la
voce
di
Rosina
Storchio
)
l
'
avvolgente
,
felino
miagolio
dell
'
aria
di
San
Sulpizio
.
Fin
qui
ho
dato
esempi
chiari
ma
forse
troppo
ovvi
di
ciò
che
io
intendo
per
circolazione
di
un
momento
espressivo
o
di
un
'
intera
figura
d
'
artista
,
riassunta
in
suo
atteggiamento
;
ma
non
occorre
pensare
a
nomi
grossi
per
spiegare
l
'
intensità
del
fenomeno
.
Non
c
'
è
frase
musicale
o
poetica
,
figura
dipinta
o
raccontata
che
non
abbiano
fatto
presa
,
che
non
abbiano
inciso
su
una
vita
,
modificato
un
destino
,
alleviato
o
aggravato
un
dolore
.
Infiniti
amori
sono
sorti
fra
le
spire
di
un
motivuccio
volgare
,
infinite
tragedie
si
sono
suggellate
con
le
battute
di
una
canzonetta
,
di
uno
spiritual
negro
o
con
un
verso
di
cui
nessun
altro
(
forse
nemmeno
l
'
autore
)
si
ricordava
più
.
Si
badi
;
io
non
dico
che
l
'
arte
e
particolarmente
la
musica
e
la
poesia
debbano
essere
facilmente
mnemoniche
,
ricordabili
.
È
un
'
opinione
che
,
in
fatto
di
poesia
,
ho
visto
attribuire
,
in
una
intervista
,
all
'
onorevole
Palmiro
Togliatti
,
e
quando
l
'
ho
letta
mi
sono
rallegrato
di
non
figurare
tra
gli
zelatori
di
quell
'
esteta
(
e
di
quell
'
uomo
)
.
Se
essa
fosse
giusta
,
il
Chiabrera
batterebbe
il
Petrarca
.
Metastasio
rivenderebbe
Shakespeare
e
le
poesie
di
Alice
nel
paese
delle
meraviglie
metterebbero
nel
sacco
tutte
le
odi
di
John
Keats
.
Ma
dico
che
ha
adempiuto
il
suo
fine
e
ha
raggiunto
la
Forma
qualsiasi
espressione
che
abbia
avuto
,
presso
qualcuno
,
un
effetto
taumaturgico
,
liberatore
:
un
effetto
di
liberazione
e
di
comprensione
del
mondo
.
Ripeto
che
tali
effetti
si
raggiungono
a
distanza
e
soo
imprevedibili
.
Talora
un
grande
artista
,
come
Proust
ossessionato
dalla
«
petite
phrase
»
di
Vinteuil
(
Franck
o
Gabriel
Fauré
?
)
,
può
costruire
tutto
un
mondo
su
una
reminiscenza
,
può
organizzarla
,
riportarla
a
un
suo
modo
particolare
di
vivere
;
ma
non
è
necessario
'
giungere
a
tanto
perché
l
'
arte
s
'
intruda
in
noi
e
continui
nel
nostro
petto
un
'
esistenza
assurda
e
incalcolabile
.
E
non
direi
nemmeno
che
la
seconda
vita
dell
'
arte
sia
in
relazione
a
un
'
obiettiva
vitalità
e
importanza
dell
'
arte
stessa
.
Si
può
affrontare
la
morte
per
una
nobilissima
causa
fischiettando
«
Funiculì
funiculà
»
:
si
può
ricordare
un
verso
di
Catullo
entrando
in
un
'
austera
cattedrale
;
si
può
seguire
un
profano
desiderio
anche
associandolo
a
un
'
aria
di
Haendel
piena
d
'
unzione
religiosa
;
si
può
essere
fulminati
da
una
cariatide
dell
'
Erettèion
facendo
coda
allo
sportello
delle
tasse
;
ci
si
può
ricordare
un
verso
del
Poliziano
persino
in
giorni
di
follie
e
di
carneficina
.
Tutto
è
malcerto
,
nulla
è
necessario
nel
mondo
delle
rifrazioni
artistiche
;
l
'
unica
necessità
è
che
tale
rifrazione
prima
o
poi
sia
resa
possibile
.
Gli
artisti
moderni
(
non
parlo
di
tutti
)
che
per
naturale
impotenza
o
per
il
terrore
di
entrare
in
strade
già
battute
o
per
un
malinteso
rispetto
all
'
ineffabilità
della
vita
si
rifiutano
di
darle
una
forma
;
coloro
che
respingono
deliberatamente
ogni
piacevolezza
dal
suono
,
ogni
figuratività
dalla
pittura
,
ogni
progressione
sintattica
dall
'
arte
della
parola
,
si
condannano
semplicemente
a
questo
:
a
non
circolare
,
a
non
esistere
per
nessuno
.
Venuta
meno
la
possibilità
delle
grandi
comunioni
fra
pubblico
e
artisti
,
essi
respingono
anche
quell
'
ultima
ipotesi
di
socialità
che
ha
sempre
un
'
arte
nata
dalla
vita
:
di
tornare
alla
vita
,
di
servire
all
'
uomo
,
di
contare
qualcosa
per
l
'
uomo
.
Lavorano
come
i
castori
,
traforando
il
visibile
e
l
'
invisibile
,
spinti
da
un
impulso
automatico
o
da
un
'
oscura
urgenza
di
sfogo
o
dal
bisogno
di
costruirsi
un
riparo
buio
,
sempre
più
buio
,
sempre
più
nascosto
.
Ma
non
si
salveranno
mai
se
non
avranno
il
coraggio
di
tornare
alla
luce
e
di
fissare
in
volto
gli
altri
uomini
;
non
si
salveranno
se
,
usciti
dalla
strada
e
non
dai
musei
,
non
avranno
il
coraggio
di
dir
parole
che
possano
tornare
nella
strada
.