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Sedotta e abbandonata di Pietro Germi ( Grazzini Giovanni , 1964 )
StampaQuotidiana ,
Con Sedotta e abbandonata gli affezionati spettatori di Divorzio all ' italiana si ritrovano in una Sicilia dominata da un grottesco senso dell ' onore , nuovamente si muovono in un clima cupo e afoso con bagliori terrificanti , in cui scoppiano feroci contrasti familiari , e per la seconda volta s ' imbattono in una Stefania Sandrelli concupita da un focoso isolano . Simile la cornice , analogo il desiderio del regista , Pietro Germi , di accusare , raccontando una storia inventata , l ' ipocrisia dei costumi locali e della legislazione italiana , i due film restano tuttavia ben lontani l ' uno dall ' altro . Quanto c ' era , nel primo , di elegante ironia , in Sedotta e abbandonata è divenuto più vivace ma crudo sarcasmo , e quanto in Divorzio all ' italiana era caustico ricamo , qui è spesso pesante e quasi iroso cipiglio . Si ha l ' impressione che Germi , calcando la mano in una pittura d ' ambiente che d ' altronde amalgama toni di diversissima provenienza culturale , da Goya a Buñuel , senza passare attraverso il realismo di Verga e il rigore intellettuale di Pirandello , si stia inventando una Sicilia su misura , quasi un pretesto per una verifica storica del suo gusto di cogliere situazioni umane in cui il tragico e il comico si alleano . Dio ci guardi dal negare che molti siciliani concepiscono l ' onore come un astratto valore formale , e che in un caso come quello raccontato dal film eviterebbero di riparare con l ' ipocrisia d ' un matrimonio forzoso all ' offesa recata a un pregiudizio : è probabile però che in Sedotta e abbandonata ci sia per soprammercato un astio che discende dal dispetto di veder sopravvivere , nel mondo di oggi , queste zone depresse della morale e del costume , e nel contempo una voluttà derisoria nata dal compiacimento di aver individuato un luogo che offre tante risorse di spettacolo beffardo . In casi simili lo sdegno di Germi moralista si azzuffa col piacere di Germi regista , e ne esce un ' opera arrabbiata e in fondo crudele e improbabile . Questa contraddizione è denunciata , nel film , dalla variabilità dello stile , ma soprattutto dalla caduta in quel genere della commedia paesana , ai limiti col vernacolo , che per il troppo colore rinunzia alla finezza del disegno psicologico . Se fate un confronto fra il barone Cefalù e il protagonista di Sedotta e abbandonata , questo grasso , iracondo imprenditore della provincia siciliana al quale è stata violata una figlia , e che non si darà pace finché i due , pur odiandosi , non si saranno sposati , misurate tutta la diversità di stoffa dei due film : l ' uno saldamente ancorato all ' interpretazione squisita di un Mastroianni , l ' altro affidato all ' esperienza di un Saro Urzì , attore valoroso ma irrimediabilmente caratterista . Da questa scelta , e forse dall ' intervento , in sede di sceneggiatura , di Age e Scarpelli , i quali devono avere affollato l ' originario soggetto di Germi e Vincenzoni di episodi collaterali e scenette di dubbio umorismo , derivano tutti i guai del film : la galleria di macchiette , il gioco delle scene e delle controscene , la forzatura comica , l ' insabbiarsi di quella nota tragica che di quando in quando riaffiora , e allora appartiene al Germi migliore , ma cui più spesso si sostituisce una concitata orchestrazione di motivi già largamente scontati dall ' immensa pubblicistica sui costumi siciliani . Della trama basti ricordare , per sommi capi , la linea centrale : la violenza subita da Agnese , studentessa sedicenne , da parte di Peppino , fidanzato d ' una sua sorella , Matilde ; la scoperta dell ' infamia da parte del padre di lei , il rifiuto di Peppino di sposare Agnese perché gli ha ceduto , le chiacchiere della cittadina , le furie del genitore offeso , che architetta un finto rapimento per giustificare agli occhi della gente le nozze . Rifiuto , questa volta , di Agnese , ma finale cedimento dei due giovani ai sacri principi dell ' onore familiare . Il padre muore di crepacuore , ma il giorno stesso dello sposalizio , e perciò chiude gli occhi soddisfatto ; la Matilde defraudata di due fidanzati ( oltre Peppino ha perduto anche un nobile spiantato che il padre le aveva messo attorno ) si fa monaca ; i parenti e gli amici si consolano con i cannoli . Questo il succo della storia , che però si disperde in un gran numero di svolte , alcune indubbiamente intelligenti e raccontate col nerbo e l ' estro del Germi più forte e denso , altre risapute : insomma in una disuguaglianza di livelli stilistici e narrativi che fa maggiormente avvertire lo scarso amalgama dell ' impasto , e rimpiangere la stringatezza d ' un altro film di Germi girato , come questo , a Sciacca : In nome della legge . Fra i molti attori Stefania Sandrelli è un ' Agnese tutta in nero , che talvolta riesce a farci intuire il suo chiuso dolore ; il debuttante Aldo Puglisi è un seduttore anche troppo impacciato ; Leopoldo Trieste ha una mimica efficacissima : su tutti gli altri si riverbera l ' equivoco di una recitazione che toglie in verosimiglianza quanto eccede nei tratti farseschi .