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A ogni altra considerazione sul film che Pasolini ha tratto dal « Vangelo secondo Matteo » bisogna avanzare una premessa : l ' azzardo ha avuto già il suo premio nel coraggio , nella buona fede , nella rigorosa aderenza al testo sacro . Non soltanto il film è assolutamente ortodosso , tanto che la « Pro Civitate Christiana » ha sentito il bisogno , con un certo candore , di rilasciare una dichiarazione per avallare la pellicola , ma ha persino i caratteri chiesti dallo schema conciliare ai mezzi di comunicazione sociale intesi a diffondere la parola evangelica . Pasolini , che ha dedicato il suo film alla « cara , lieta , familiare memoria di Giovanni XXIII » , sta dunque per prepararci la sorpresa di una conversione ? Per evitare equivoci ricordiamo le sue parole : « Io non credo che Cristo sia figlio di Dio , perché non sono un credente , almeno nella coscienza . Ma credo che Cristo sia divino : credo cioè che in lui l ' umanità sia così alta , vigorosa , ideale , da andare al di là dei comuni termini dell ' umanità » . E confessò che per lui , scrittore razionalista , l ' idea di fare un film sul Vangelo era frutto di « una furiosa ondata irrazionalistica » . « Voglio fare pura opera di poesia » . Questo è dunque il versante dal quale il film va giudicato : come un ' opera di poesia . Più esattamente , come un ' illustrazione del testo di Matteo . Nel film , infatti , non c ' è una parola scritta da Pasolini . Messosi di fronte il Vangelo , lo scrittore - regista ha cercato di individuarvi i passaggi più significativi , rinunziando a una restituzione integrale che avrebbe allungato di troppo la pellicola , e quelli ha inteso tradurli con immagini realistiche , descrizioni ambientali e forti Tipizzazioni , integrati dalle scarse battute di dialogo tramandate dall ' evangelista . Ispirandosi alla tradizione figurativa tre e quattrocentesca italiana , in prevalenza a Piero della Francesca , scegliendo un commento sonoro nel quale si va da Bach a Mozart alle canzoni popolari e agli spirituals negri , collocando l ' azione nei luoghi più aspri dell ' Italia meridionale , Pasolini ha poi voluto dare un forte rilievo formale al complesso dell ' opera , intesa , così ha detto , come un « racconto epico - lirico in chiave nazionale - popolare » . Vale a dire come la storia di un mito religioso , quale fu vissuto da un popolo in miseria , oppresso da soldati stranieri e da una prepotente classe dirigente . Senza tuttavia riferimenti storici precisi ( il film è così privo di preoccupazioni di verosimiglianza che sullo sfondo della deposizione , in una curva , si vede passare un pullman , e i personaggi , salvo il protagonista - che ha la voce di Enrico Maria Salerno - parlano con uno spiccato accento meridionale ) : anzi continuamente risolvendo i fatti e le parole in emozioni estetiche , grazie a un potere di visualizzazione che il testo di Matteo contiene in sommo grado , e il bravo regista vuole estrarre e volgere al dramma . La trasfigurazione del reale è compiuta da Pasolini con lunghi silenzi : pur essendo condotto con modi realistici , ed echi moderni che giungono sino ad alludere agli squadristi fascisti nelle guardie di Erode , il film è in realtà tutto una sublime astrazione intellettuale . È un capolavoro di letteratura , che si appoggia su due pilastri : da un lato un testo carico di metafore , dall ' altro una serie di tessere , figurativamente splendide , che per l ' abbondanza delle ellissi non si compongono in mosaico narrativo . Ammirabile per l ' intelligenza del contrappunto fra la figura di Cristo ( il giovane spagnolo Enrique Irazoqui , finalmente liberato dalla soggezione alla tradizione iconografica più vieta , che voleva Gesù biondo e con i capelli sciolti sulle spalle ) , ardente nella propria certezza di essere il figlio di Dio , alto e magro , di parola elegante , e le figure dei suoi rozzi apostoli , spinti dalla fede ma talvolta ancora perplessi tra la sicumera dei farisei , ornati di alti turbanti , e la spontanea attesa del popolo lacero ; acceso di virtù propriamente cinematografiche in sequenze come il rimorso e il suicidio di Giuda ; talvolta felice nel serrare nell ' immagine pregnante il senso poeticamente rivoluzionario del testo evangelico , il film ha però scarsa forza avvincente per la frantumazione del racconto , che procede a sbalzi , sulla metà quasi arranca , e solo si riprende sul finale , con la fulminea scena della crocifissione e della resurrezione . Chi volesse cercare le cause dell ' impaccio del film , di quel ripiegarsi in una compostezza formale che non si dispiega in libero canto , dovrebbe rifarsi alla sua ambigua impostazione . Combattuto fra ideologia e sentimento , Pasolini ha tentato di recuperare al suo laicismo i caratteri della religiosità , ma poiché l ' operazione ha un accento volontaristico , gli è sfuggito quel carattere precipuo che è il senso del mistero . Egli ha cercato di ispirarsi a Ordet di Dreyer , ma a differenza di quest ' ultimo l ' intuizione del Vangelo gli si è presentata sotto forma colta , con un corredo figurativo e musicale di estrazione dotta . Quando Cristo dice che il regno dei cieli appartiene piuttosto ai poveri di spirito si rivolge anche a questi traduttori della Parola in un visibile caduco . E s ' intende che queste riserve non intaccano la grande novità dell ' opera , la bellezza della fotografia di Tonino Delli Colli , l ' acume di certe soluzioni , come la serie di dissolvenze per l ' irruente discorso della montagna , la straordinaria evidenza espressiva dei primi piani ( fra gli attori , non tutti professionisti , figurano i poeti Alfonso Gatto , Rodolfo Wilcock , Francesco Leonetti , e la scrittrice Natalia Ginzburg ) , la suggestività dei paesaggi , l ' incisività di alcune figure , come quella della giovane Maria e dell ' angelo del Signore . Fra i meriti del film metteremmo anche l ' idea di situare il processo e la condanna di Gesù in una prospettiva lontana , quasi a significarne l ' inverosimiglianza agli occhi degli apostoli posti in primo piano , se pure in questo continuo collaudare il dramma sull ' emotività dei discepoli il film non rivelasse la debolezza di volere misurare nei testimoni l ' altezza del suo protagonista . Che è una forma di pudore , ma anche un sintomo di freddezza . Le polemiche che hanno accompagnato il Vangelo , sul grado di sincerità di Pasoliní , sull ' eco che vi risuona di un connubio clerico - marxista , esulano da un giudizio obiettivo sul film , anche perché in qualche caso denunciano quello stato di minorità culturale che trova una tipica espressione nell ' incapacità di staccare la figura dell ' autore dalla sua opera . Si potrà , anzi si deve , discutere sull ' opportunità di portare sullo schermo Gesù Cristo , cui forse giova , perché se ne colgano tutte le implicazioni umane e divine , conservare un senso di mistero ; e sulla liceità di accentuare , con una interpretazione realistica che dà alla sua predicazione toni da comizio , il significato di un messaggio sociale il quale va inserito in un più ampio quadro ideologico e morale ; e infine sulla convenienza di raccontare non tanto la vita e la parola di Cristo quanto , come ha fatto Pasolini , il mito di Cristo quale fu ed è inteso dai diseredati . È indubbio tuttavia che l ' esperimento di Pasolini ha un notevolissimo valore di stimolo , distrugge la tradizione oleografica riallacciandosi al più robusto filone dell ' arte d ' ispirazione religiosa , e conferma l ' immenso fascino esercitato dalla figura di Gesù in un mondo che ne sembra tanto lontano . In sede più rigorosamente stilistica la qualità plastica del film , la straordinaria scelta dei volti , cui è affidato il compito - non volendo aggiungere parole al testo di Matteo - di riempire con semplice e potente espressività i vuoti fra le brevi battute di dialogo , collocano questo Vangelo cinematografico in una sorta di laica e moderna pinacoteca che rivela , insieme al gusto per il genere realista del suo ordinatore , una inquieta ricerca del divino nella suprema armonia con cui può comporsi l ' umano .