StampaQuotidiana ,
Sono
uno
dei
pochissimi
romani
che
hanno
imbandierato
le
finestre
il
primo
giorno
del
'61
.
Non
per
conformismo
,
ma
per
schietta
adesione
alla
celebrazione
del
centenario
di
questo
Stato
italiano
che
ho
servito
e
servo
;
che
prima
di
me
servirono
mio
padre
,
prima
ancora
figure
sbiadite
nel
ricordo
di
zii
e
prozii
lontani
nel
tempo
;
che
tutti
i
miei
vecchi
amarono
,
non
sentendolo
il
datore
di
lavoro
alle
cui
vicende
il
prestatore
d
'
opera
partecipa
solo
per
quel
che
possano
riflettersi
su
lui
,
ma
come
l
'
azienda
familiare
di
cui
si
è
parte
,
pure
se
si
occupi
in
essa
il
posto
più
modesto
.
Centenario
.
Non
hanno
valore
i
dubbi
che
talora
si
affacciano
,
di
distinzione
tra
nascita
dello
Stato
e
formazione
dell
'
unità
.
L
'
Italia
una
e
lo
Stato
nacquero
ad
un
tempo
nel
'60-'61
.
Allora
si
ebbe
il
grande
problema
,
di
fare
convivere
insieme
popolazioni
che
parlavano
la
medesima
lingua
,
avevano
la
stessa
religione
,
tradizioni
in
gran
parte
comuni
,
ma
istituzioni
,
coscienza
di
ciò
che
sia
vita
associata
,
forma
statale
,
economie
,
profondamente
diverse
.
Allora
sorsero
i
grossi
problemi
.
L
'
annessione
del
Veneto
nel
'66
non
ne
pose
alcuno
;
quella
di
Roma
nel
'70
,
la
questione
delle
relazioni
con
la
S
.
Sede
,
problema
mondiale
,
ma
nessuna
difficoltà
di
amalgamare
altri
italiani
allo
Stato
già
formatosi
;
Trento
e
Trieste
posero
problemi
di
popolazioni
alloglotte
,
della
vita
economica
di
Trieste
,
ma
non
c
'
era
alcuna
difficoltà
di
fare
convivere
italiani
con
altri
italiani
.
Nel
'60-'61
si
era
affrontato
il
punto
cruciale
dell
'
unificazione
.
Anche
per
questo
penso
che
a
torto
nelle
celebrazioni
si
consideri
sempre
Massimo
d
'
Azeglio
come
personalità
di
secondo
piano
:
lui
ch
'
era
il
piemontese
che
più
si
era
preoccupato
,
quando
ancora
nessuno
pensava
alla
unificazione
come
a
qualcosa
di
prossimo
,
di
scrutare
gl
'
italiani
di
regioni
lontane
,
di
comprenderli
ed
amarli
;
e
quegli
che
nel
'49
aprì
la
strada
fra
gli
sterpi
,
sorresse
il
re
,
anche
non
più
ministro
,
nella
crisi
del
'55
,
contro
le
spinte
molteplici
ad
abbandonare
prima
il
regime
costituzionale
,
poi
la
strada
liberale
.
Sento
dunque
questo
centenario
come
una
solennità
familiare
,
ciò
che
non
significa
che
il
cuore
sia
lieto
.
Nel
bilancio
dei
cento
anni
,
molti
elementi
favorevoli
.
Indubbia
ascesa
in
tutti
gli
strati
,
in
tutti
i
ceti
:
anche
se
non
sia
agevole
istituire
la
comparazione
che
sarebbe
più
interessante
,
con
la
contemporanea
ascesa
degli
altri
popoli
d
'
Europa
.
Ascesa
non
solo
economica
,
ma
nella
gentilezza
dei
costumi
,
nella
cultura
,
nell
'
allargamento
degli
orizzonti
,
e
direi
anche
-
se
pure
sappia
d
'
incontrare
parecchi
dissensi
-
nel
fondo
vero
della
religiosità
,
il
ricordarsi
di
essere
inseriti
in
una
collettività
e
di
avere
gli
altri
uomini
come
fratelli
che
occorre
aiutare
,
anche
quando
sia
difficile
amarli
.
Replicatissimi
collaudi
dell
'
unità
.
Sì
che
mi
offende
come
una
troppo
palese
falsità
ogni
spunto
polemico
che
accenni
a
possibilità
di
sue
incrinature
,
ad
esempio
per
l
'
istituzione
delle
regioni
.
Un
affermarsi
continuo
di
nostre
attività
in
paesi
ed
in
campi
nuovi
,
una
spinta
vitale
,
per
cui
chi
parla
di
popoli
invecchiati
ed
esausti
(
e
sono
espressioni
su
cui
fo
sempre
ampie
riserve
)
,
non
include
mai
tra
questi
il
nostro
.
Ma
se
direi
rafforzato
un
senso
di
solidarietà
umana
,
il
senso
cristiano
,
tanto
non
ripeterei
per
quella
solidarietà
-
di
minor
valore
agli
occhi
di
Dio
,
ma
che
è
il
cemento
delle
costruzioni
terrene
-
che
chiamo
economico
-
giuridica
,
e
che
permette
il
costituirsi
di
una
società
civile
.
Cento
anni
or
sono
ci
si
poteva
dilaniare
intorno
ai
principi
ed
alle
leggi
che
dovessero
reggere
lo
Stato
,
intorno
alla
forma
monarchica
o
repubblicana
,
e
c
'
era
ancora
chi
avrebbe
voluto
vedere
rinascere
i
vecchi
Stati
come
i
soli
legittimi
;
ma
tutti
erano
d
'
accordo
su
certi
principi
.
Che
le
leggi
dovessero
essere
chiare
e
comprensibili
a
tutti
,
ed
una
volta
emesse
dovessero
venire
rispettate
;
che
chi
mancava
avesse
ad
essere
punito
;
che
fosse
compito
dei
governanti
far
obbedire
alle
leggi
,
proporne
il
mutamento
quando
apparissero
vecchie
o
inadeguate
,
ma
non
consentire
mai
fossero
eluse
;
che
i
magistrati
dovessero
applicarle
secondo
il
loro
spirito
;
che
chi
spontaneamente
s
'
inquadrava
nei
ranghi
delle
amministrazioni
pubbliche
assumesse
con
ciò
un
più
intenso
obbligo
di
fedeltà
,
promettesse
di
servire
attivamente
,
avendo
in
mente
il
bene
dello
Stato
,
ed
accettasse
altresì
una
obbedienza
più
austera
di
quella
degli
altri
cittadini
;
che
si
dovessero
pagare
le
imposte
e
non
fosse
lecito
mentire
allo
Stato
:
erano
punti
su
cui
convenivano
Solaro
della
Margarita
come
Cavour
,
D
'
Azeglio
come
Garibaldi
,
Minghetti
come
Mazzini
.
E
tutti
credevano
negli
elettori
che
devono
scegliere
il
più
degno
,
nei
capi
di
un
'
amministrazione
,
pubblica
o
privata
,
tenuti
a
chiamare
il
più
capace
,
anche
a
scapito
dei
propri
figli
(
c
'
è
una
commovente
lettera
di
Quintino
Sella
indignato
per
ciò
che
,
in
una
società
privata
,
si
è
nominato
ad
alto
posto
un
amico
)
.
Sarebbe
falso
creare
una
immagine
agiografica
del
Risorgimento
,
in
cui
tutti
i
grandi
della
politica
o
dell
'
amministrazione
apparissero
puri
,
non
tocchi
da
debolezze
umane
.
Ma
credo
possa
dirsi
che
non
mancava
la
fede
nei
principi
;
i
meno
buoni
erano
nella
posizione
del
prete
che
pecca
,
senza
che
al
peccato
si
accompagni
alcun
dubbio
intorno
al
valore
delle
leggi
della
Chiesa
.
E
questa
fede
nei
principi
che
mi
sembra
venuta
meno
.
Direi
che
oggi
si
sentano
perfettamente
a
posto
con
la
coscienza
i
potenti
dell
'
economia
che
chiedono
trattati
internazionali
e
leggi
guardando
solo
al
loro
ramo
,
incuranti
degli
altri
;
i
burocrati
che
allestiscono
disegni
di
legge
volutamente
oscuri
,
i
quali
saranno
approvati
senza
che
si
comprenda
ciò
che
nascondono
tra
le
righe
,
gli
ampissimi
poteri
che
lasciano
a
chi
applicherà
quelle
norme
;
i
grandi
capi
che
preferiscono
l
'
amico
,
il
compagno
di
partito
,
quegli
che
può
dare
qualcosa
in
contraccambio
,
al
più
meritevole
,
e
che
chiudono
gli
occhi
,
perché
l
'
interesse
di
partito
lo
vuole
,
su
mancamenti
gravissimi
,
che
sfiorano
la
legge
penale
;
i
gruppi
che
vogliono
imporre
il
loro
interesse
allo
Stato
anche
con
l
'
arma
dello
sciopero
,
noncuranti
se
il
Parlamento
non
ritenga
che
quell
'
interesse
possa
venire
anteposto
ad
altri
;
gli
infiniti
evasori
dell
'
obbligo
della
testimonianza
,
o
di
quello
dell
'
imposta
;
quanti
irridono
alle
norme
di
circolazione
stradale
.
Ci
sono
molti
credenti
,
per
cui
lo
Stato
è
ciò
ch
'
era
la
casa
chiusa
nella
mente
di
parecchi
benpensanti
:
il
luogo
dove
si
deve
dare
sfogo
al
peccato
,
per
non
commetterlo
poi
altrove
.
Tutto
muta
,
e
non
mi
allarmerebbe
che
pure
lo
Stato
,
forma
storica
,
s
'
indebolisse
ed
invecchiasse
,
ove
sorgessero
altre
istituzioni
che
ne
prendessero
il
posto
.
Ma
nessuna
se
ne
delinea
;
non
si
profila
un
ideale
teocratico
,
né
uno
anarchico
.
C
'
è
un
diffuso
egoismo
,
una
diffusa
volontà
'
di
non
sacrificarsi
;
e
su
questa
nulla
si
costruisce
.
Tale
la
meditazione
che
mi
sembra
vada
fatta
nell
'
anno
del
centenario
.
Gli
economisti
insegnano
che
non
possono
esserci
investimenti
non
preceduti
da
risparmio
.
Anche
nell
'
ambito
delle
istituzioni
,
nulla
si
può
lasciare
di
sano
ai
propri
figli
,
se
si
è
dato
ad
ogni
ora
sfogo
ai
nostri
egoismi
.
Prima
di
affermare
(
come
mi
sento
ripetere
irosamente
ogni
volta
che
tocco
questo
argomento
)
che
non
si
ha
alcuna
ragione
di
amare
lo
Stato
,
di
servirlo
con
animo
diverso
da
quello
di
chi
porge
riluttante
le
spalle
al
duro
giogo
che
non
può
evitare
,
occorrerebbe
chiedersi
se
non
sia
dato
migliorarlo
,
se
per
migliorarlo
non
necessiti
un
po
'
di
amore
.
E
se
ancora
la
risposta
sia
negativa
,
avvisare
ad
un
'
altra
forma
di
solidarietà
(
non
vaga
,
non
tutta
interiore
)
che
lo
possa
sostituire
.