StampaQuotidiana ,
«
La
cosa
che
donna
M
.
temeva
è
ormai
una
certezza
.
Bisognerà
trovare
un
mezzo
per
rimediare
prontamente
...
La
madre
finora
non
sa
nulla
:
dubita
soltanto
.
Il
caso
è
stranissimo
.
Io
prima
avrei
giurato
che
non
poteva
essere
.
Tu
che
pensi
?
Che
mi
consigli
?
»
Così
scriveva
Gabriele
al
padre
nel
maggio
del
1883
.
È
la
tipica
lettera
del
giovanotto
meridionale
salito
in
città
a
fare
fortuna
che
ha
«
commenato
'
o
gliommere
»
,
cioè
ha
combinato
il
pasticcio
e
ora
non
sa
più
a
che
santo
votarsi
:
sbalordito
,
teme
le
ire
del
padre
suo
,
della
madre
di
lei
,
teme
le
chiacchiere
di
amici
e
conoscenti
,
ma
al
tempo
stesso
,
sotto
sotto
,
si
compiace
della
sua
grossa
avventura
.
Donna
M
.
,
e
cioè
Maria
Hardouin
duchessina
di
Galles
,
era
incinta
.
La
nobiltà
romana
,
da
lei
impersonata
,
gli
aveva
ceduto
a
tal
punto
.
Una
nobiltà
di
mezza
tacca
,
certo
:
il
padre
di
lei
,
Jules
Hardouin
,
era
sottufficiale
degli
ussari
.
Accantonato
col
suo
plotone
al
pian
terreno
di
palazzo
Altemps
,
aveva
sedotto
la
vedova
del
duca
di
Gallese
,
l
'
aveva
sposata
e
papa
Pio
IX
gli
concesse
allora
la
nomina
a
sottotenente
.
Non
solo
:
la
duchessa
sedotta
e
impalmata
ottenne
dal
pontefice
anche
il
passaggio
del
titolo
nobiliare
al
suo
aitante
ex
sergentone
.
E
ora
quel
titolo
,
grazie
a
una
seconda
seduzione
,
veniva
a
ornare
la
nomea
del
giovanissimo
Gabriele
.
Quel
bel
ragazzino
biondo
,
ricciuto
,
piccoletto
,
capellutissimo
,
dagli
occhi
azzurri
,
era
evidentemente
destinato
a
far
carriera
.
Gli
amici
romani
del
Fanfulla
,
della
Cronaca
bizantina
,
e
infine
della
Tribuna
,
ne
erano
anch
'
essi
,
a
modo
loro
,
sedotti
,
e
se
lo
coccolavano
,
se
lo
portavano
dietro
a
mangiar
pane
e
ricotta
,
a
pellegrinare
sull
'
Appia
antica
,
a
recitare
a
gran
voce
un
'
ode
carducciana
.
«
In
lui
era
tanto
spontaneo
il
senso
della
barbarie
e
tanto
curiosamente
commisto
a
una
nativa
gentilezza
di
donna
,
che
lo
avresti
detto
una
di
quelle
querce
educate
al
tempo
del
barocchismo
e
potate
in
guisa
da
dar
sembianza
d
'
una
qualche
cosa
poco
selvatica
.
»
Sono
parole
di
Eduardo
Scarfoglio
,
che
di
lì
a
poco
doveva
scoprire
,
con
appassionata
disillusione
,
quanto
poco
barbara
fosse
la
sua
giovane
amica
quercia
pescarese
.
Gabriele
,
che
sino
ad
allora
girava
con
la
chioma
irsuta
,
senza
cravatta
,
con
indosso
una
stenta
giacchetta
,
si
trasformò
rapidamente
in
un
damerino
,
accolto
in
tutti
i
salotti
e
in
non
poche
alcove
.
La
prova
eccola
lì
,
donna
Maria
incinta
,
il
matrimonio
irrevocabile
,
i
parenti
di
lei
sdegnati
ma
pur
sempre
costretti
ad
accettare
gli
sponsali
,
e
a
trovare
per
Gabriele
un
posto
degno
e
sicuro
:
cinquecento
lire
alla
Tribuna
,
per
redigere
la
cronaca
mondana
.
Ora
Gabriele
lanciava
una
firma
che
avrà
fortuna
,
Duca
Minimo
,
prendeva
lezioni
di
cavallo
e
di
scherma
,
che
gli
saranno
assai
utili
in
un
paio
di
duelli
,
cominciava
a
far
debiti
,
entrava
nel
suo
turbinoso
giro
di
avventure
galanti
.
«
La
giovinezza
mia
barbara
e
forte
in
braccio
de
le
femmine
si
uccide
»
.
Olga
Ossani
era
una
cronista
mondana
,
e
si
firmava
Febea
:
più
anziana
di
Gabriele
,
precocemente
canuta
,
spregiudicata
,
avviò
lei
questo
amorazzo
redazionale
,
e
guidava
il
suo
giovane
amico
,
padre
da
poche
settimane
,
nell
'
«
alta
selva
»
di
Villa
Medici
,
e
gli
insegnava
certi
suoi
strani
riti
paleocristiani
.
Nel
Piacere
la
Ossani
si
chiamerà
Elena
Muti
,
e
il
suo
amore
con
Gabriele
durerà
esattamente
quanto
l
'
amore
di
Elena
per
Andrea
Sperelli
.
Ma
il
libro
fu
dedicato
alla
moglie
:
è
già
cominciata
una
specie
di
staffetta
,
per
cui
sul
frontespizio
del
libro
figura
il
nome
della
donna
abbandonata
,
mentre
il
nuovo
amore
ne
costituisce
la
materia
.
Eduardo
Scarfoglio
è
ormai
un
ex
amico
e
diventa
critico
mordace
:
«
Risaotto
al
pomidauro
»
,
scrive
sul
Corriere
di
Roma
,
all
'
uscita
dell
'
Isaotta
Guttadauro
,
e
i
due
scendono
sul
terreno
,
spada
alla
mano
.
Proprio
Scarfoglio
gli
aveva
fatto
da
padrino
nel
primo
duello
,
con
un
certo
Magnico
:
ferito
di
fendente
alla
testa
,
il
medico
lo
curò
con
una
soluzione
di
cloruro
di
ferro
,
che
bastò
a
fermare
il
sangue
,
ma
anche
gli
bruciò
il
bulbo
dei
capelli
,
avviando
già
da
allora
la
rapida
calvizie
del
poeta
.
Il
nuovo
amico
adesso
è
Adolfo
De
Bosis
,
che
organizza
una
crociera
argonautica
.
Sopra
un
panfilo
a
vela
,
la
«
Lady
Giare
»
,
innalzando
la
bandiera
di
Shelley
,
bianca
e
azzurra
con
tre
conchiglie
,
salparono
da
Ortona
,
decisi
a
far
cabotaggio
lungo
la
adriatica
,
fino
a
Venezia
,
a
Trieste
,
a
Fiume
,
e
poi
giù
giù
verso
Spalato
,
Zara
e
Gattaro
(
luoghi
che
entrano
adesso
nella
poetica
dannunziana
)
.
Portavano
con
sé
tappeti
persiani
e
vasellame
d
'
argento
,
e
a
ogni
porto
scendevano
a
terra
per
prepararsi
il
tè
.
«
Mo
arriveno
li
ggiochi
»
,
dicevano
i
pescatori
abruzzesi
e
marchigiani
al
veder
stendere
quei
tappeti
,
convinti
che
fosse
una
compagnia
di
saltimbanchi
.
Avevano
scelto
la
ciurma
con
un
criterio
estetico
,
e
cioè
s
'
erano
presi
due
marinai
dal
nome
sonante
.
Ippolito
Santillozzo
e
Valente
Veniero
.
Purtroppo
l
'
uno
non
aveva
mai
navigato
a
vela
,
l
'
altro
era
un
mezzo
deficiente
,
e
fu
così
che
la
«
Lady
Giare
»
dopo
Rimini
perse
la
rotta
,
e
il
vento
la
portava
al
largo
.
Li
salvò
,
per
loro
buona
sorte
,
una
nave
da
guerra
che
incrociava
da
quelle
parti
,
e
li
rimorchiò
a
Venezia
.
Gabriele
ebbe
lì
la
notizia
della
nascita
del
terzo
figlio
(
che
battezzò
Veniero
)
,
ma
non
si
mosse
.
Aveva
mandato
via
anche
Barbara
Leoni
e
adesso
pensava
solo
a
discutere
di
problemi
navali
con
certi
ufficiali
della
«
Barbarigo
»
.
Degli
amori
con
Barbara
Leoni
dava
un
resoconto
quasi
cronistico
nel
Trionfo
della
Morte
che
uscì
nel
1887
,
quando
già
era
cominciata
una
storia
d
'
amore
nuova
,
con
la
nobildonna
napoletana
Maria
Gravina
Cruyllas
.
A
lei
è
dedicato
L
'
innocente
,
che
pure
ha
per
protagonista
,
ancora
,
Barbara
,
anzi
contiene
,
ricopiati
pari
pari
,
interi
brani
di
lettere
a
lei
.
A
questo
punto
tu
cominci
a
pensare
che
a
Gabriele
importasse
più
la
letteratura
che
le
donne
.
«
Se
veramente
pel
mio
letto
passassero
tutte
le
donne
che
don
Giovanni
sognava
»
,
scriveva
a
Barbara
addolorata
e
offesa
,
«
tu
dovresti
esserne
quasi
lieta
alla
fine
:
perché
tutte
certamente
,
certamente
,
mi
lascerebbero
il
rimpianto
e
il
desiderio
furioso
di
te
»
.
Certi
biografi
affermano
che
la
Barbara
Leoni
fu
il
più
grande
amore
del
poeta
.
Altri
danno
il
primo
posto
alla
Eleonora
Duse
.
Ma
chi
segua
questa
catena
di
storie
che
si
accavallano
e
si
confondono
e
sfumano
l
'
una
nell
'
altra
senza
visibili
differenze
,
è
indotto
a
concludere
che
grandi
amori
nella
vita
di
D
'
Annunzio
non
ce
ne
furono
,
e
che
egli
anzi
soffrì
d
'
una
innata
incapacità
di
affetti
profondi
.
E
che
non
ebbe
neanche
una
profonda
sensualità
.
Infatti
una
sensualità
autentica
presuppone
sempre
una
radice
interiore
di
impegno
morale
,
che
D
'
Annunzio
non
ebbe
mai
.
Nei
rapporti
con
le
donne
,
e
così
con
gli
animali
e
con
gli
oggetti
,
D
'
Annunzio
portò
una
sensibilità
acuta
,
anche
esasperata
,
ma
sempre
epidermica
.
Vagheggiò
il
piacere
come
esperienza
tattile
,
olfattiva
,
visiva
,
non
di
più
.
Fu
tutto
pelle
,
tutto
vellicamento
,
e
portò
al
parossismo
quest
'
arte
.
Ha
scritto
il
Croce
che
egli
fu
«
dilettante
di
sensazioni
»
.
Non
sta
a
noi
dire
qui
se
è
veramente
così
.
Ecco
come
racconta
il
ritorno
da
una
cavalcata
peri
poggi
intorno
a
Settignano
:
«
Balzavamo
di
sella
,
su
lo
spiazzo
,
palpando
il
collo
della
bestia
generosa
col
guanto
inzuppato
.
I
garzoni
accorrevano
...
Il
palafreniere
curvo
su
la
lettiera
asciutta
,
con
una
manciata
di
paglia
per
ogni
mano
,
e
quello
che
tuffava
la
spugna
nella
secchia
tenendo
la
coda
o
il
piede
,
ognuno
accompagnava
la
bisogna
con
un
certo
soffiare
ch
'
era
come
un
suono
lieve
di
persuasione
e
di
blandimento
...
Di
posta
in
posta
,
palpavo
con
la
mano
senza
guanto
la
spalla
le
reni
l
'
anca
per
sentirle
asciutte
;
e
più
d
'
una
volta
eccitavo
lo
zelo
con
l
'
esempio
,
in
gara
di
prontezza
,
ché
tu
sai
quanto
mi
piaccia
fra
i
destri
essere
più
destro
»
.
Come
si
vede
,
il
lavoro
degli
uomini
è
guardato
solo
in
quanto
occasione
che
mette
in
rilievo
un
bel
gesto
,
un
bel
contrasto
visivo
o
sonoro
,
e
gli
animali
si
riducono
a
sensazione
tattile
,
assaporata
sottilmente
(
prima
col
guanto
e
poi
senza
)
.
Anche
il
figlio
neonato
,
la
prima
volta
che
lo
vede
,
gli
suscita
sensazioni
di
questo
tipo
:
«
È
una
cosa
molle
,
rosea
,
calda
,
palpitante
,
che
a
volte
si
muove
tutta
e
ha
degli
annaspamenti
di
ragno
,
delle
grazie
di
scimmia
giovane
,
degli
accenti
talora
bestiali
,
talora
sovrumani
»
.
E
quando
una
sua
nuova
amante
,
la
Alessandra
di
Rudinì
,
la
«
Nike
»
ammalata
,
dovette
subire
tre
operazioni
,
lui
volle
essere
presente
,
e
così
racconta
:
«
Non
so
quale
ebrezza
di
volontà
m
'
infiammi
e
moltiplichi
le
mie
forze
...
Per
la
terza
volta
ho
tenuto
nelle
mie
mani
le
mani
della
vittima
mentre
la
sua
anima
si
profondava
nel
buio
,
sotto
la
maschera
del
cloroformio
;
e
m
'
è
parso
di
assistere
a
tre
agonie
e
ho
udito
salire
da
ciascuna
parole
inaudite
,
parole
che
non
possono
essere
dette
se
non
alla
soglia
della
morte
...
»
.
Anche
un
corpo
sofferente
e
dilaniato
diventava
ragione
di
godimento
epidermico
.
Era
veramente
un
dilettante
di
sensazioni
,
che
nulla
si
negava
pur
di
accrescere
questo
suo
estetico
diletto
.
La
casa
della
Capponcina
,
con
ventun
servitori
,
otto
cavalli
e
trentanove
cani
,
stracolma
di
oggetti
,
di
mobili
antichi
,
di
stalli
da
oratorio
,
di
cuscini
,
di
tappeti
,
turiboli
,
ferri
battuti
,
damaschi
(
una
prefigurazione
del
Vittoriale
)
,
sta
a
provare
quel
furibondo
bisogno
del
superfluo
,
necessario
a
lui
quanto
l
'
aria
che
respirava
.
Già
allora
correvano
sul
suo
conto
le
voci
più
strane
,
e
lui
non
faceva
nulla
per
smentirle
,
anzi
non
di
rado
le
metteva
in
circolazione
,
un
po
'
per
burla
,
un
po
'
sul
serio
.
Ad
ognuna
delle
sue
numerose
cadute
da
cavallo
,
qualche
giornale
stampava
che
D
'
Annunzio
era
morto
.
Alla
villa
di
Settignano
,
diceva
la
gente
,
D
'
Annunzio
beve
filtri
d
'
amore
nel
cranio
d
'
una
vergine
.
E
indossa
pantofole
di
pelle
umana
.
E
sostiene
il
suo
declinante
vigore
mangiando
carne
di
neonato
.
Cavalca
nudo
sulla
spiaggia
di
Bocca
d
'
Arno
,
in
compagnia
di
una
Diana
caucasica
,
matta
della
più
nera
mattezza
slava
.
La
slava
matta
,
un
amore
brevissimo
,
era
Natalia
Golubev
,
alta
,
bionda
,
formosa
.
E
se
,
come
abbiamo
visto
,
tornando
da
una
cavalcata
sostava
ad
ammirare
il
bel
gesto
d
'
un
palafreniere
,
finita
la
suggestione
estetizzante
,
il
prossimo
gli
diventava
all
'
improvviso
odioso
,
meschino
,
vile
e
repellente
.
Un
giorno
in
pretura
per
una
causa
da
lui
stesso
promossa
,
lo
ricorda
così
:
«
Cara
contessa
,
sono
rimasto
fino
a
mezzogiorno
e
mezzo
nell
'
orrendo
fetore
del
prossimo
.
E
debbo
tornare
in
pretura
alle
tre
!
Mi
compianga
»
.
Era
la
causa
contro
un
contadino
di
Settignano
,
certo
Volpi
;
colpevole
di
aver
ucciso
con
un
colpo
di
vanga
un
cane
del
D
'
Annunzio
,
che
faceva
strage
di
galline
nei
pollai
dei
dintorni
.
Il
poeta
ne
parla
con
accenti
quasi
ebbri
:
«
Io
sono
stato
accolto
con
pazza
gioia
dai
miei
cani
innumerevoli
,
che
sono
il
terrore
del
vicinato
.
Nella
mia
assenza
hanno
trucidato
una
cinquantina
fra
polli
e
anatre
!
Ieri
li
ho
condotti
a
gran
galoppo
su
per
la
spiaggia
,
tra
le
grida
dei
bagnanti
e
dei
pescatori
»
.
Per
i
danni
ai
pollai
offriva
,
magnanimo
,
cinque
lire
in
cambio
d
'
ogni
capo
azzannato
.
Ora
,
si
è
parlato
di
bontà
del
D
'
Annunzio
verso
gli
umili
:
qualche
suo
vecchio
servitore
che
ho
conosciuto
al
Vittoriale
mi
ha
detto
dei
suoi
modi
cortesi
e
signorili
,
della
sua
generosità
.
È
vero
:
è
anche
vero
che
D
'
Annunzio
ebbe
a
volte
certe
impennate
da
populista
.
Ma
amore
per
gli
umili
non
ne
ebbe
mai
,
e
la
sostanza
della
sua
generosità
la
ritroviamo
in
un
ricordo
di
lui
ragazzo
al
Cicognini
,
quando
ebbe
il
permesso
dal
rettore
di
recarsi
in
libera
uscita
a
Firenze
e
ne
profittò
per
visitare
un
bordello
.
Ci
andò
in
carrozza
e
scese
all
'
imbocco
di
via
dell
'
Amorino
.
«
Balzai
giù
dal
legno
;
accomiatai
il
cocchiere
;
gli
fui
prodigo
.
Già
incominciavo
a
esercitare
la
prodigalità
come
un
mezzo
di
allontanamento
,
come
un
modo
di
recidere
i
vincoli
e
di
confermare
le
distanze
.
»
Così
il
danaro
che
dava
.
Quello
che
ricevette
gli
parve
,
sempre
,
un
debito
del
mondo
intero
verso
di
lui
.
Per
esempio
,
sappiamo
tutti
quanto
siano
sempre
stati
,
e
sempre
siano
,
vaghi
e
precari
i
rapporti
fra
editore
e
scrittore
.
Raramente
rimangono
sul
puro
piano
commerciale
(
io
scrivo
,
tu
stampi
,
questo
il
contratto
,
tanto
la
percentuale
,
punto
e
basta
)
.
Tendono
invece
ad
assomigliare
ai
rapporti
fra
società
sportiva
e
centravanti
,
fra
impresario
dell
'
opera
e
primadonna
:
ripicche
,
gelosie
,
scenate
,
sberleffi
,
improvvisi
ritorni
d
'
amore
.
Ma
Gabriele
,
in
questo
,
ha
superato
ogni
esempio
,
anche
futuro
,
anche
ipotetico
.
La
sua
corrispondenza
con
Treves
meriterebbe
un
articolo
apposta
.
Aveva
ventidue
anni
,
era
uno
sconosciuto
,
e
già
gli
scriveva
così
:
«
Per
le
poesie
chiedo
4000
lire
;
concessione
,
per
cinque
anni
.
Questo
a
lei
non
converrà
,
certamente
;
quindi
sarà
inutile
ragionare
»
.
E
il
Treves
,
di
rimando
:
«
Vedo
che
con
lei
i
rapporti
sarebbero
molto
difficili
,
avendo
acquisito
idee
erronee
sul
movimento
letterario
in
Italia
.
Le
rimando
quindi
le
sue
novelle
»
.
Invece
trovarono
il
modo
di
mettersi
d
'
accordo
,
e
le
lettere
si
susseguirono
fitte
fino
all
'
«
esilio
»
in
Francia
.
Inevitabile
che
il
Treves
non
gli
volesse
mai
bene
davvero
,
anche
se
ne
subì
il
fascino
e
la
seduzione
.
D
'
Annunzio
,
se
escludiamo
,
forse
,
Ciccillo
Michetti
,
non
ebbe
mai
un
amico
vero
.
Lamentava
la
litigiosità
altrui
,
ma
era
pronto
a
far
causa
contro
Eduardo
Scarpetta
,
che
gli
andava
parodiando
sulle
scene
La
figlia
di
Jorio
.
Accettava
danaro
dagli
strozzini
,
e
poi
imprecava
quando
gli
strozzini
facevano
il
mestier
loro
,
e
cioè
lo
strozzavano
.
Non
seppe
mai
farsi
una
donna
,
allo
stesso
modo
in
cui
non
seppe
mai
farsi
una
casa
,
e
vagò
invece
da
un
quartiere
all
'
altro
di
Roma
,
e
poi
da
Roma
a
Francavilla
,
a
Napoli
,
a
Venezia
,
a
Settignano
,
a
Bocca
d
'
Arno
,
a
Ostia
,
a
Romena
,
ad
Arcachon
.
Dilettante
anche
come
padrone
di
casa
,
diventava
professionista
solo
al
tavolo
di
lavoro
:
allora
dimenticava
le
donne
,
i
cavalli
,
i
cani
,
i
begli
oggetti
,
gli
amici
,
persino
i
pasti
.
Imponeva
a
se
medesimo
una
disciplina
di
ferro
.
E
sapeva
farsi
pagare
,
sempre
,
da
tutti
,
e
bene
.
Eppure
il
professionista
non
bastò
mai
a
pagare
i
capricci
del
dilettante
.
Nel
1910
la
situazione
era
diventata
insostenibile
,
ed
egli
tentò
le
più
strambe
vie
d
'
uscita
.
Pensò
addirittura
di
impiantare
un
'
industria
profumiera
,
e
di
mettere
in
commercio
un
'
essenza
di
sua
invenzione
,
che
battezzò
«
acqua
nunzia
»
:
cercava
nelle
farmacie
e
dagli
erboristi
ambra
,
belzuino
,
rose
,
gelsomini
,
zagare
.
Fu
un
fallimento
.
Poi
saltò
fuori
un
emigrato
abruzzese
,
diventato
milionario
in
Argentina
,
certo
Giovanni
del
Guzzo
.
Aveva
il
rimedio
:
si
fece
dare
dal
poeta
diciassette
manoscritti
,
un
'
automobile
usata
marca
«
Florentia
»
,
e
la
promessa
di
scrivere
un
'
ode
per
il
centenario
della
indipendenza
argentina
,
e
di
tenere
un
ciclo
di
conferenze
nei
maggiori
teatri
di
quel
Paese
.
In
cambio
assicurava
a
D
'
Annunzio
un
guadagno
di
almeno
300mila
lire
,
che
sarebbe
servito
a
colmare
i
debiti
.
Per
sé
avrebbe
trattenuto
il
venti
per
cento
.
Questo
Del
Guzzo
pensò
anche
di
comperare
la
Capponcina
e
di
trasformarla
in
museo
,
con
biglietto
d
'
ingresso
di
lire
due
.
Il
poeta
parve
acconsentire
,
e
così
firmarono
un
«
patto
d
'
alleanza
»
con
tutte
le
clausole
in
bell
'
italiano
e
in
bella
scrittura
.
Ma
prima
d
'
imbarcarsi
per
l
'
Argentina
il
poeta
dichiarò
che
gli
era
indispensabile
recarsi
a
Parigi
per
farsi
curare
i
denti
da
uno
specialista
.
Arrivò
in
Francia
il
28
marzo
1910
,
e
ci
rimase
cinque
anni
.
Intanto
alla
Capponcina
mettevano
all
'
asta
tutto
,
esclusi
i
muri
:
statue
di
santi
,
stalli
d
'
oratorio
,
coperte
di
damasco
,
un
cavallo
,
torciere
in
ferro
battuto
,
materassi
di
lana
,
orologi
,
uno
iatagan
arabo
,
colonne
di
marmo
,
tele
,
terrecotte
,
libri
antichi
e
calamai
.
L
'
asta
durò
otto
giorni
e
diede
un
ricavato
di
centotrentamila
lire
.