StampaQuotidiana ,
Tanto
per
cominciare
,
stamani
dal
terrazzo
si
vedeva
il
Monte
Rosa
,
illuminato
a
gloria
da
un
impensabile
sole
novembrino
.
E
poi
Inter
-
Bologna
è
sempre
stata
una
bella
partita
:
due
anni
or
sono
finì
sei
a
quattro
,
e
fu
roba
da
infarto
,
velocissima
,
manovrata
,
pulita
.
E
comunque
l
'
Inter
bisogna
vederla
sempre
:
non
a
caso
è
già
entrata
nella
storia
della
poesia
contemporanea
,
insieme
alle
sole
Juve
e
Triestina
;
ha
un
pubblico
fra
i
più
passionali
,
un
po
'
simile
negli
umori
ai
contradaioli
senesi
.
Insomma
,
si
va
.
Lo
stadio
è
lustro
,
riverniciato
:
danno
fastidio
le
due
pubblicità
di
lancette
che
chiudono
le
porte
,
e
quella
specie
di
teepee
da
pellerossa
che
al
centro
parla
di
«
fibra
viva
»
.
Cos
'
altro
non
va
?
Ecco
,
ci
vorrebbe
il
cartellone
luminoso
,
per
le
formazioni
delle
squadre
,
tanto
più
che
gli
altoparlanti
gracchiano
,
e
si
capisce
poco
.
Ci
vorrebbe
anche
l
'
orologio
grande
,
che
segni
lo
scorrere
dei
minuti
,
altrimenti
trovi
sempre
un
tifoso
che
ti
domanda
di
continuo
quanto
manca
.
In
ogni
modo
sono
entrati
:
dalla
parte
nostra
c
'
è
Facchetti
,
quello
dal
compasso
lungo
,
e
siccome
contrasta
Perani
,
che
è
un
'
aletta
bassa
,
speriamo
che
non
faccia
come
a
Mosca
.
Invece
se
la
cava
bene
,
e
il
pubblico
l
'
applaude
.
Applaude
Ricami
,
incoraggia
Mazzola
(
lo
chiamano
«
Sandrino
»
e
se
sbaglia
danno
la
colpa
al
rigore
che
sbagliò
domenica
scorsa
a
Roma
,
e
che
lo
avrebbe
demoralizzato
)
;
applaude
soprattutto
Corso
,
cioè
Mariolino
,
che
fa
sempre
bene
,
non
ne
sbaglia
una
.
Quando
poi
Bulgarelli
resta
a
terra
,
e
i
suoi
compagni
lanciati
verso
il
go1
non
buttano
fuori
la
palla
,
e
ci
pensa
invece
lui
,
allora
gli
applausi
diventano
uragano
.
Bravo
,
corretto
e
sportivo
:
tenace
nel
gioco
,
specialmente
con
Bulgarelli
che
è
il
suo
più
naturale
avversario
,
ma
sportivo
.
Con
Jair
usano
due
misure
.
Se
dribbla
due
avversari
è
«
il
negretto
»
,
ma
se
poi
insiste
e
dribbla
anche
se
medesimo
,
allora
diventa
«
quel
negher
lì
»
.
Intervallo
:
rimettono
a
posto
le
lamette
e
la
tenda
indiana
,
ricominciano
a
vendere
boccette
di
cognac
e
di
amaro
(
per
la
verità
dicono
di
«
amarildo
»
)
entrano
in
campo
certi
municipali
in
divisa
e
coi
rastrelli
rattoppano
il
terreno
,
da
chissà
dove
compare
il
Rollamatic
,
vestito
da
boscaiolo
canadese
,
va
a
sedersi
sulla
panchina
di
Fulvio
Bernardini
,
e
mette
ordine
nei
suoi
appunti
.
Poi
sparisce
,
chissà
dove
,
e
sulla
panchina
c
'
è
di
nuovo
l
'
allenatore
,
tranquillo
,
sorridente
,
con
gli
occhiali
,
come
un
vero
dottore
.
E
pensare
che
ai
suoi
tempi
era
il
miglior
centrocampista
d
'
Europa
:
da
quanto
era
bravo
,
lo
escludevano
dalla
Nazionale
.
Gli
altri
,
dicevano
,
non
sarebbero
stati
in
grado
di
capire
le
finezze
del
suo
gioco
.
Ed
era
vero
.
Ora
il
compasso
lungo
s
'
è
spostato
dall
'
altra
parte
,
l
'
ombra
degli
spalti
erti
ha
invaso
quasi
tutto
il
campo
,
il
gioco
continua
velocissimo
e
a
uno
a
uno
si
sfiatano
tutti
,
per
primo
Haller
,
il
biondo
tavolone
duro
come
il
sasso
.
La
gente
si
sgola
,
ma
si
capisce
di
già
che
finisce
zero
a
zero
.
Hanno
accesi
i
transistors
,
e
gli
onnivori
del
gioco
del
calcio
guardano
la
partita
e
ne
ascoltano
intanto
altre
sei
.
Quando
il
discorso
cade
sulla
nostra
,
vien
fatto
di
controllare
se
il
cronista
dice
giusto
o
se
invece
tira
a
indovinare
.
Dice
giusto
.
Quando
l
'
arbitro
dà
il
segno
della
fine
,
fischiano
,
ma
hanno
torto
,
perché
gol
non
ce
ne
sono
stati
è
vero
,
ma
la
partita
vale
quella
di
due
anni
or
sono
:
veloce
,
manovrata
e
pulita
.
Tutti
fanno
calca
alle
sbarre
,
c
'
è
un
po
'
di
pigia
pigia
,
ma
fra
poco
siamo
liberi
:
lo
stadio
si
vuota
.
A
guardarlo
da
lontano
,
con
tutta
la
gente
che
scende
per
la
rampa
elicoidale
,
sembra
un
enorme
bullone
che
tenti
di
avvitarsi
al
cielo
.