StampaQuotidiana ,
Direttore
del
Piccolo
Teatro
,
Paolo
Grassi
,
presentando
questa
commedia
,
primo
tentativo
di
Cesare
Zavattini
in
teatro
,
ha
scritto
che
non
si
tratta
tanto
di
una
commedia
quanto
d
'
una
conferenza
biografica
,
d
'
una
specie
di
«
mostra
personale
»
dell
'
autore
.
È
giusto
.
Se
qualcuno
,
questa
sera
,
si
è
recato
alla
«
Fenice
»
per
la
prima
rappresentazione
di
Come
nasce
un
soggetto
cinematografico
aspettandosi
di
assistere
ad
una
commedia
costruita
secondo
i
moduli
normali
(
la
cui
gamma
varia
,
naturalmente
,
dalla
tradizione
all
'
avanguardia
)
non
può
che
esserne
rimasto
deluso
.
Ma
costui
dimostrerebbe
di
non
aver
capito
lo
spirito
dell
'
iniziativa
presa
dal
Piccolo
Teatro
:
che
era
di
portare
alla
prova
del
palcoscenico
la
particolarissima
fantasia
di
questo
scrittore
:
non
uno
Zavattini
drammaturgo
,
regolarmente
inquadrato
entro
le
tecniche
(
e
le
convenzioni
)
,
uno
Zavattini
cioè
che
probabilmente
non
avremo
mai
;
ma
la
sua
fantasia
,
surreale
,
tenera
,
crepuscolare
,
con
la
lacrima
;
stupefacente
e
un
tantino
meccanica
.
Nella
sua
non
folta
produzione
letteraria
Zavattini
,
lo
sanno
tutti
,
ha
un
versante
diaristico
,
autobiografico
.
Egli
ha
il
gusto
della
confessioncella
quotidiana
,
del
giornalismo
privato
.
Come
nasce
un
soggetto
cinematografico
è
una
lunga
pagina
di
quei
suoi
diari
portata
in
termini
drammatici
.
Se
sfrondiamo
lo
spettacolo
di
tutti
i
particolari
accessori
(
che
sono
molti
,
alcuni
funzionali
,
numerosi
altri
no
)
,
esso
si
riduce
a
questo
:
Antonio
,
scrittore
di
cinema
,
che
ha
raggiunto
con
il
suo
lavoro
l
'
agiatezza
,
che
ha
una
bella
moglie
in
procinto
di
dargli
un
bambino
,
una
comoda
casa
,
insomma
una
solida
posizione
borghese
,
morde
il
freno
della
censura
e
del
conformismo
,
sente
la
punta
della
solidarietà
sociale
,
il
«
dolore
del
mondo
»
,
insomma
,
o
come
volete
chiamarlo
,
che
gli
arriva
,
se
appena
tende
l
'
orecchio
,
simile
al
rombo
del
mare
in
una
conchiglia
.
Che
può
fare
?
Come
due
carabinieri
gli
stanno
ai
fianchi
,
mentre
lavora
,
da
una
parte
il
censore
,
dall
'
altra
il
produttore
,
voci
alleate
,
quantunque
a
volte
discordi
,
della
convenzione
morale
e
dell
'
utile
economico
.
In
uno
stato
di
esterrefatto
fervore
,
che
si
prolunga
per
una
buona
metà
del
primo
tempo
,
egli
propone
ai
due
diversi
spunti
e
idee
che
vengono
regolarmente
bocciati
,
finché
trova
la
storia
dell
'
occhio
.
Un
disoccupato
,
Giacomo
N
.
,
accetta
di
vendere
uno
dei
propri
occhi
a
un
guercio
riccone
,
un
grosso
industriale
che
si
sente
gravemente
menomato
nella
condotta
dei
propri
affari
dal
fatto
di
vederci
da
una
parte
sola
.
Sennonché
,
già
pattuito
il
compenso
,
dodici
milioni
,
un
istante
prima
che
l
'
operazione
venga
eseguita
,
Giacomo
e
sua
moglie
si
pentono
e
fuggono
.
Vengono
inseguiti
e
ripresi
.
È
la
società
che
non
permette
loro
di
uscire
dal
cerchio
di
un
crudele
dare
e
avere
.
A
una
conclusione
simile
del
progettato
film
sia
il
produttore
che
il
censore
,
naturalmente
,
si
oppongono
.
Ed
è
allora
che
Antonio
si
ribella
,
abbandona
la
casa
,
la
comoda
posizione
borghese
,
la
bella
moglie
e
torna
alla
sua
vecchia
abitazione
e
condizione
,
di
quando
ancora
non
era
celebre
e
ricco
,
fra
la
gente
del
popolo
.
A
questo
punto
però
si
rivela
la
sua
insufficienza
morale
.
Perché
capitolerà
alla
fine
,
Antonio
?
Cosa
lo
piega
alla
sconfitta
?
Sono
le
insinuazioni
dei
ricordi
,
dirà
qualcuno
,
la
nostalgia
della
vita
di
prima
,
le
memorie
e
gli
affetti
abbandonati
.
Ma
altri
potrà
affermare
,
con
uguali
probabilità
di
non
sbagliarsi
:
è
l
'
impossibilità
di
vivere
tra
gli
uomini
,
lo
dice
lui
stesso
.
Questa
è
comunque
la
parte
più
confusa
della
liricizzante
sceneggiatura
;
inconveniente
pericoloso
,
siamo
alla
svolta
dialettica
della
vicenda
.
Antonio
finirà
con
l
'
immaginare
di
uccidersi
.
In
realtà
non
lo
farà
,
quello
della
morte
sarà
,
nella
commedia
,
un
tetro
sogno
didascalico
per
dar
la
possibilità
all
'
autore
di
dire
determinate
cose
.
Il
falso
ribelle
tornerà
,
invece
,
nel
comodo
alveo
del
compromesso
,
accanto
alla
moglie
esigente
e
dolce
,
fra
i
due
angeli
custodi
della
sua
condizione
economica
e
sociale
:
il
produttore
e
il
censore
.
È
il
film
dell
'
uomo
che
doveva
vendere
un
occhio
avrà
la
conclusione
ottimistica
suggerita
da
costoro
.
Questo
è
il
traliccio
della
sceneggiatura
,
cui
sono
appesi
,
come
a
un
albero
,
le
«
gags
»
,
gli
«
sketches
»
le
«
punte
secche
»
,
i
piccoli
fulmini
satirici
tipici
dello
Zavattini
del
cinema
;
e
,
soprattutto
,
dell
'
umorista
stupefatto
di
I
poveri
matti
e
Parliamo
tanto
di
me
.
Un
orecchio
attento
troverà
anche
,
in
tutto
questo
,
una
certa
dose
di
cattiva
letteratura
;
ma
anche
molto
coraggio
,
vedi
il
quadro
del
prete
che
viene
per
richiamare
il
protagonista
alla
coscienza
religiosa
e
si
lascia
convincere
a
confessarsi
:
Io
ascoltiamo
versare
nell
'
orecchio
del
laico
i
propri
sussurri
di
penitente
.
Le
nostre
riserve
non
sono
su
certi
aspetti
formali
del
poemetto
teatrale
-
cinematografico
,
sappiamo
benissimo
che
Zavattini
è
questo
,
intuizioni
e
lampi
geniali
su
uno
sfondo
di
sentimentalismo
.
Il
fatto
è
piuttosto
che
l
'
individuale
caso
di
coscienza
messo
in
scena
non
riesce
a
diventare
processo
per
tutti
,
richiamo
a
una
responsabilità
collettiva
,
come
deve
essere
sempre
del
teatro
impegnato
sulle
verità
morali
.
Ma
sulla
felicità
inventiva
e
l
'
audacia
polemica
,
specialmente
nella
prima
parte
,
non
ci
sono
dubbi
.
Un
testo
del
genere
lascia
al
regista
una
libertà
solo
apparente
;
in
realtà
determina
la
linea
stilistica
dello
spettacolo
.
Zavattini
ha
inserito
in
questo
suo
lungo
monologo
proiezioni
di
diapositive
,
.
un
impressionante
via
vai
di
«
barzellette
animate
»
,
alcune
canzoni
e
due
minuti
buoni
di
pellicola
al
finale
.
Virginio
Puecher
ha
messo
ordine
nel
mobile
plasma
e
lo
spettacolo
con
le
scene
di
Damiani
e
le
musiche
di
Carpi
ha
l
'
indubbio
marchio
di
fabbrica
delle
produzioni
del
«
Piccolo
»
,
ma
dovrà
essere
rodato
e
snellito
.
Quanto
agli
interpreti
bisognerebbe
esaminarli
in
una
occasione
più
tranquilla
:
ci
limiteremo
a
sottolineare
l
'
appassionato
impegno
di
tutto
il
complesso
,
nel
quale
spiccano
Tino
Buazzelli
,
il
protagonista
,
per
quella
sua
lirica
ironica
concitazione
,
Enzo
Tarascio
e
Andrea
Matteuzzi
suoi
vibranti
antagonisti
dialettici
,
il
recuperato
interprete
di
Ladri
di
biciclette
,
Lamberto
Maggiorani
,
che
supera
con
popolaresca
sincerità
l
'
impaccio
dell
'
esordiente
,
la
bella
Luisa
Rossi
,
Elena
Borgo
,
Lia
Rainer
,
Ottavio
Fanfani
e
Gabriella
Giacobbe
.