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Belluno , 10 - È stato un genocidio . Lo gridano i pochi sopravvissuti , resi folli dal terrore della valanga d ' acqua e dalla disperazione di trovarsi soli e impotenti a superare una realtà tragica , fatta oramai di nulla , o meglio fatta di sassi e melma amalgamati dal sangue dei loro cari . Una realtà che ha sconvolto all ' improvviso la fisionomia di intieri paesi , ma che era purtroppo prevedibile da anni , da quando ancora all ' inizio dei lavori del grande invaso idroelettrico del Vajont i tecnici sapevano di costruire su terreno argilloso e franabile , che perciò potevano portare alla catastrofe . Genocidio quindi , da gridare ad alta voce a tutti , affinché il grido scuota le coscienze del popolo e il popolo , la cui pelle non conta mai niente di fronte ai dividenti dei padroni del vapore , spazzi via alfine con un ' ondata di collera e di sdegno chi gioca impunemente , a sangue freddo , con la vita di migliaia di creature umane , allo scopo di accrescere i propri profitti e il proprio potere . Che qualcuno , se ne ha il coraggio , mi smentisca in questo momento . Io assumo la responsabilità di quanto dico ; i colpevoli si assumano la responsabilità di quanto hanno fatto . E la giustizia giudichi . Affermo che si sono responsabilità morali e materiali . Ho seguito la vicenda dell ' invaso del Vajont con passione non solo da giornalista , ma di figlia di questo popolo contadino e montanaro che si ribella alla retorica delle « virtù tradizionali » che mal nasconde il cinismo dello sfruttamento più spietato . Con questo cuore ho seguito tutte le vicissitudini , le resistenze , le paure dei montanari di Erto contro la « Sade » , non per impedirle di costruire il grande bacino idroelettrico del Vajont , ma per impedire di compiere un delitto . L ' intuito e l ' esperienza di quei montanari , confortati peraltro da pareri di grandi geologi , indicavano la Valle del Vajont non adatta a reggere la pressione di 160 milioni di metri - cubi d ' acqua . La realtà ha dimostrato la ragione dei montanari , non quella dei tecnici della « Sade » . La società elettrica sapeva che le pareti dell ' invaso erano formate dal terreno di una enorme frana caduta centinaia di anni fa , sulla quale è sorto in seguito il paese di Erto . Sapeva che il Monte Toc era esso stesso parte di quella frana e che era prevedibile che l ' acqua immessa nel bacino dovesse erodere piano piano il sottosuolo e provocare disastri . Quattro anni fa , quando è stata esperimentata la resistenza del bacino , grosse fenditure avevano segnato le case di S . Martino e delle altre frazioni di Erto alle pendici del Toc . Esse piano piano si estesero a ridosso del monte , facendo nascere la paura tra gli abitanti di Erto . Costoro si appellarono inutilmente ad ogni autorità possibile dando veste giuridica ad un largo comitato unitario che lottò per anni nel tentativo di opporsi alla costruzione dell ' invaso , sorretto anche dall ' autorevole parere tecnico del geologo prof. Gortani , contrario in pieno alla perizia del geologo della « Sade » , prof. Dal Piaz . Il prof. Gortani riteneva , infatti , pazzesco costruire il bacino su un terreno tanto inadatto come quello di Erto . Il comitato inoltrò ricorsi . Organizzò petizioni e pubbliche proteste . Interessò autorità governative e amministratori locali . Presso qualcuna di queste autorità la voce del comitato venne accolta . Il Consiglio provinciale , in data 15 febbraio 1961 , votava all ' unanimità un ordine del giorno per chiedere la revoca di ogni concessione alla « Sade » per inadempienze di legge . In esso si faceva preciso riferimento alla situazione del Vajont chiedendo l ' approntamento tempestivo di tutte le misure di sicurezza per garantire la incolumità di quelle popolazioni . Fu una presa di posizione che restò senza risposta . Cosa sarebbe successo se il monte fosse franato nel lago al massimo della sua capienza ? Io mi feci portavoce di quei montanari e scrissi per « l ' Unità » un articolo , indicando quello che sarebbe potuto accadere e che oggi è accaduto così come esattamente lo avevo descritto . La pubblica autorità mi accusò di propagare notizie false e tendenziose atte a turbare l ' ordine pubblico . L ' autorità giudiziaria mi incriminò di reato , senza peraltro recarsi sul posto per accertare la verità . Venni processato a Milano assieme al direttore responsabile dell ' « Unità » . A Milano si offersero generosamente di venire a testimoniare tanti abitanti di Erto che mi ebbero vicina nelle loro proteste , nelle loro pubbliche manifestazioni , nel sostenere la lotta ; cosa che non fecero tanti parlamentari governativi e non governativi di allora , malgrado fossero stati ufficialmente invitati ad intervenire dalla popolazione . Io e il compagno onorevole Bettiol , che rappresentavamo il Partito comunista , fummo solo e sempre gli unici a sostenere attivamente le ragioni dei montanari di Erto . Essi mi difesero energicamente davanti ai giudici del Tribunale di Milano e dimostrarono , con prove e testimonianze , non solo che io avevo scritto la verità , ma che tutto il paese si trovava in pericolo e che , assieme ad Erto , anche i paesi del Longaronese correvano rischi . I giudici mi assolsero , ma le autorità che dovevano tener conto dei fatti e impedire un possibile massacro , diedero invece via libera alla « Sade » per i suoi esperimenti criminosi . Fatti , oltretutto , con i miliardi del popolo italiano , i tanti miliardi che il governo diede alla « Sade » a fondo perduto per la costruzione del lago artificiale e che , magari , ora stanno al sicuro oltre frontiera . Miliardi rubati al popolo , col consenso delle autorità di governo . Quelle stessa autorità che gestendo oggi gli impianti idroelettrici , e sapendo che da circa un mese la situazione del Vajont peggiorava , non hanno provveduto a scongiurare la immane sciagura che si è abbattuta stanotte sul Bellunese , creando un cimitero su una vasta zona popolata . Sto scrivendo queste righe col cuore stretto dai rimorsi per non aver fatto di più per indurre il popolo di queste terre a ribellarsi alla minaccia mortale che ora è diventata una tragica realtà . Oggi tuttavia non si può soltanto piangere . È tempo di imparare qualcosa .