StampaQuotidiana ,
C
'
è
un
solo
motivo
di
ottimismo
intorno
a
noi
.
E
non
viene
certamente
dalla
Calabria
:
dove
la
lotta
continua
,
aspra
,
impietosa
,
ostinata
negli
animi
prima
ancora
che
nelle
piazze
,
dove
le
barricate
della
periferia
sanfedista
di
Reggio
-
emula
ormai
degli
eserciti
della
Santa
Fede
-
scompaiono
e
ricompaiono
nel
giro
di
poche
ore
,
malinconico
simbolo
di
una
guerra
civile
che
l
'
imprevidenza
di
un
'
intera
classe
politica
,
governo
e
opposizione
,
non
è
riuscita
né
a
prevenire
né
a
comporre
.
Non
viene
da
Torino
:
dove
le
decine
di
migliaia
di
sospensioni
dal
lavoro
decise
dalla
Fiat
e
dalla
Lancia
indicano
il
grado
di
pericolosa
stretta
cui
va
incontro
il
nostro
sistema
produttivo
,
malgrado
tutti
gli
ottimismi
ufficiali
o
ufficiosi
,
che
non
possono
dissimulare
la
realtà
di
una
stagnazione
produttiva
inquietante
alla
lunga
soprattutto
per
i
riflessi
nell
'
occupazione
operaia
.
Non
viene
da
Roma
:
dove
le
polemiche
dei
partiti
sulla
violenza
sono
ancora
avvolte
in
un
labirinto
di
ipocrisie
e
di
strumentalizzazioni
,
che
nascondono
o
aggirano
il
problema
fondamentale
che
è
uno
e
uno
soltanto
,
la
necessità
dello
Stato
di
opporre
la
maestà
della
sua
legge
,
severa
e
imparziale
verso
tutti
,
agli
assalti
della
sedizione
o
della
rivolta
,
da
qualunque
parte
provengano
(
l
'
ha
detto
,
con
parole
alte
e
ferme
,
al
congresso
socialdemocratico
un
antifascista
come
Aldo
Garosci
che
non
ha
bisogno
,
in
materia
di
lealtà
e
di
fedeltà
democratica
,
di
prendere
lezioni
da
nessuno
:
contro
ogni
tipo
di
squadrismo
nero
o
rosso
esiste
solo
la
legge
,
eguale
per
tutti
,
della
Repubblica
)
.
L
'
orizzonte
della
politica
interna
non
giustifica
quindi
soverchie
illusioni
o
euforie
.
Ma
c
'
è
un
capitolo
che
negli
ultimi
giorni
ha
registrato
una
svolta
confortante
:
il
capitolo
dell
'
Europa
.
Gli
accordi
suggellati
a
Bruxelles
per
l
'
armonizzazione
delle
politiche
economiche
dei
Sei
e
per
l
'
instaurazione
di
una
moneta
comune
entro
dieci
anni
,
pur
circondati
da
riserve
e
da
condizioni
esplicite
,
hanno
riaperto
sull
'
Italia
,
travagliata
dalle
sue
lotte
municipali
e
dai
suoi
fermenti
di
degradante
anarchismo
,
la
speranza
europea
,
quella
speranza
che
accompagnò
gli
anni
degasperiani
e
illuminò
le
grandi
fatiche
della
ricostruzione
.
È
inutile
soffermarsi
sugli
ostacoli
,
che
sono
ancora
grandi
,
al
raggiungimento
della
sovrannazionalità
.
Un
fatto
è
certo
:
con
De
Gaulle
il
«
sì
»
francese
alla
sperimentazione
decisa
a
Bruxelles
non
si
sarebbe
avuto
.
Qualcosa
è
cambiato
in
Francia
,
qualcosa
sta
cambiando
un
po
'
dovunque
:
il
via
alla
ripresa
del
processo
europeistico
,
a
quattordici
anni
dai
trattati
di
Roma
,
è
ormai
un
dato
acquisito
.
Le
fasi
sono
graduali
:
i
passaggi
dall
'
una
all
'
altra
incerti
.
Occorreranno
tre
anni
di
«
prova
»
:
tre
anni
in
cui
l
'
intesa
di
Bruxelles
funzionerà
soprattutto
a
livello
tecnico
,
si
rifletterà
nel
sostegno
reciproco
delle
valute
comunitarie
sui
mercati
mondiali
,
nella
restrizione
dei
margini
di
fluttuazione
delle
monete
europee
,
in
una
maggiore
e
più
articolata
interpenetrazione
dei
capitali
.
La
Germania
di
Bonn
,
che
è
oggi
il
paese
economicamente
più
solido
,
conserva
il
diritto
-
attraverso
la
famosa
«
clausola
di
salvaguardia
»
-
di
far
decadere
nel
1975
le
misure
di
sostegno
monetario
reciproco
qualora
nel
frattempo
non
sia
stato
raggiunto
un
accordo
soddisfacente
sul
passaggio
alla
seconda
fase
.
La
Francia
di
Pompidou
non
fa
getto
almeno
formale
di
nessuno
dei
simboli
della
sua
disdegnosa
e
aristocratica
sovranità
nazionale
;
ammette
appena
un
diritto
di
intervento
e
di
controllo
del
Parlamento
europeo
.
Tutto
vero
:
ma
è
altrettanto
vero
che
un
salto
di
qualità
si
è
registrato
nel
meccanismo
dell
'
Europa
comunitaria
,
che
la
fase
della
pura
e
semplice
unione
doganale
è
ormai
chiusa
,
che
la
minaccia
dello
schiacciamento
fra
America
e
Russia
ha
finito
per
risvegliare
,
quasi
in
extremis
,
le
forze
di
resistenza
storica
e
psicologica
del
continente
europeo
,
paralizzate
da
veti
e
da
contrasti
che
sul
piano
mondiale
non
sono
molto
più
importanti
della
guerra
fra
Reggio
e
Catanzaro
per
l
'
Italia
.
Adesso
la
svolta
di
Bruxelles
lancia
una
nuova
sfida
alla
classe
dirigente
italiana
:
una
sfida
di
adeguamento
economico
e
sociale
che
dovrà
essere
superata
per
volgersi
alle
fasi
ulteriori
,
alle
conclusioni
di
un
'
integrazione
più
stretta
segnata
dal
simbolo
unificante
della
moneta
comune
(
altro
che
il
«
tallone
aureo
»
sognato
,
con
lo
spirito
di
Luigi
XIV
,
da
De
Gaulle
!
)
.
Non
è
una
sfida
che
possa
passare
senza
influenzare
gli
indirizzi
di
fondo
della
politica
generale
del
paese
;
non
è
una
sfida
che
possa
essere
vinta
senza
imporre
una
radicale
correzione
di
rotta
alla
nostra
finanza
pubblica
facilona
e
disinvolta
,
alla
nostra
amministrazione
caotica
e
inefficiente
,
al
nostro
statalismo
parassitario
e
dispersivo
,
alle
tensioni
e
vocazioni
inflazioniate
cui
il
corso
delle
aspre
e
violente
lotte
sociali
continua
ad
esporci
,
nonostante
il
ristabilimento
dei
conti
con
l
'
estero
e
il
rafforzamento
della
lira
operati
dal
governo
Colombo
.
Sì
:
la
corsa
per
l
'
Europa
presuppone
sacrifici
e
rinunce
.
Il
presidente
del
Consiglio
,
che
è
un
europeista
convinto
e
benemerito
,
ha
giustamente
esaltato
il
traguardo
di
Bruxelles
,
altrettanto
importante
sul
piano
della
ripresa
psicologica
che
su
quello
degli
avviamenti
concreti
anche
per
l
'
ingresso
di
Londra
nel
Mec
:
ma
ora
toccherà
al
governo
da
lui
presieduto
,
e
a
tutti
i
partiti
che
lo
compongono
,
socialisti
compresi
,
onorare
gli
impegni
che
derivano
dalle
intese
di
Bruxelles
,
intese
«
a
termine
»
,
intese
sottoposte
ad
una
verifica
triennale
,
senza
la
quale
tutto
tornerebbe
in
alto
mare
.
Onorare
quegli
impegni
:
a
costo
di
impopolarità
,
a
costo
di
contrasti
coi
sindacati
e
coi
tanti
settori
corporativi
del
paese
,
a
costo
di
difficoltà
e
di
tensioni
politiche
non
prevedibili
.
Perché
l
'
Italia
possa
rispettare
fino
in
fondo
gli
obblighi
contratti
a
Bruxelles
si
impongono
un
maggior
rigore
nella
gestione
del
bilancio
statale
,
una
maggiore
oculatezza
nella
spesa
pubblica
,
una
completa
revisione
nella
copertura
dei
disavanzi
.
Ma
non
basta
:
tutta
l
'
amministrazione
del
paese
,
in
questa
fase
di
travaglio
e
di
confusione
accentuata
dalla
sovrapposizione
delle
competenze
fra
Stato
regioni
e
comuni
,
dovrà
essere
resa
più
razionale
e
più
moderna
,
tale
da
consentire
veramente
un
impiego
responsabile
delle
risorse
.
E
ogni
sforzo
dovrà
essere
compiuto
per
il
rilancio
degli
investimenti
produttivi
,
per
una
nuova
fase
di
espansione
economica
che
si
svolga
nel
segno
della
stabilità
monetaria
,
contro
tutte
le
suggestioni
avventurose
e
dilapidatrici
del
pauperismo
conciliare
.
Il
peronismo
non
è
conciliabile
con
l
'
Europa
.
La
retorica
delle
rivendicazioni
giustizialiste
,
cara
a
talune
ali
del
movimento
cattolico
e
socialista
,
ci
porterebbe
sulla
via
dell
'
autarchia
e
del
separatismo
:
una
via
che
ha
sullo
sfondo
gli
epiloghi
di
Danzica
,
la
tragedia
della
Polonia
.
L
'
ha
scritto
un
giornale
sempre
obiettivo
,
«
Le
Monde
»
:
«
se
l
'
inflazione
continuerà
a
dilagare
,
sarà
difficile
,
per
non
dire
impossibile
,
armonizzare
le
politiche
economiche
della
comunità
»
.
Chi
lavora
per
lo
scardinamento
del
sistema
,
dalle
opposte
sponde
,
lavora
anche
contro
l
'
Europa
,
la
sola
speranza
che
sia
rimasta
alla
nostra
generazione
dopo
le
delusioni
e
le
follie
di
mezzo
secolo
.