StampaQuotidiana ,
Shante
-
Bani
,
in
Bessarabia
,
2
luglio
Il
tempo
era
incerto
,
un
vento
vivido
e
freddo
trascorreva
ieri
sibilando
nelle
immense
distese
di
giunchi
,
dove
pascolano
mandre
di
buoi
e
branchi
di
cavalli
.
Dopo
cinque
ore
e
mezza
,
verso
le
dieci
,
eravamo
vicini
a
Stefanesti
(
da
Jasci
a
Stefanesti
,
per
circa
ottanta
chilometri
,
la
strada
si
svolge
lungo
la
riva
destra
del
Prut
,
sul
ciglio
dell
'
ampia
valle
paludosa
che
sino
a
pochi
giorni
or
sono
segnava
il
confine
tra
la
Romania
e
la
Russia
)
e
già
si
intravedevano
,
nella
nebbiosa
mattina
,
tutta
striata
di
sole
,
i
tetti
di
lamiera
di
quel
grosso
borgo
,
quasi
una
cittadina
,
quando
un
rombo
di
motori
e
lo
schianto
caratteristico
dei
proiettili
della
difesa
contraerea
ci
consigliavano
di
fermarci
e
di
nascondere
le
macchine
sotto
un
gruppo
di
alberi
.
Dopo
alcuni
istanti
,
le
prime
bombe
sovietiche
scoppiavano
,
laggiù
,
davanti
a
noi
,
fra
le
case
di
Stefanesti
.
Era
un
bombardamento
violento
,
insistente
:
che
ebbe
fine
soltanto
allorché
si
profilarono
nel
cielo
grigio
gli
apparecchi
di
una
pattuglia
di
Messerschmitt
.
La
battaglia
aerea
si
svolse
nelle
dense
nubi
,
fuori
del
nostro
sguardo
,
si
allontanò
nel
cielo
della
Bessarabia
.
Così
potemmo
rimetterci
in
moto
,
ed
entrammo
in
Stefanesti
.
Di
quella
graziosa
cittadina
del
Prut
non
è
rimasto
ormai
,
dopo
i
continui
bombardamenti
sovietici
,
che
un
mucchio
di
rovine
fumanti
.
Molte
case
bruciavano
,
nelle
strade
deserte
gruppi
di
soldati
tedeschi
passavano
recando
barelle
pietosamente
coperte
di
tele
cerate
,
in
una
piazzetta
dietro
la
chiesa
due
grossi
autotrasporti
germanici
,
colpiti
in
pieno
,
non
erano
ormai
che
un
ammasso
di
ferraglia
contorta
.
Una
grossa
bomba
era
caduta
proprio
davanti
all
'
entrata
di
quella
specie
di
giardino
che
è
intorno
alla
chiesa
,
a
pochi
passi
dal
piccolo
cimitero
dove
dormono
i
soldati
tedeschi
vittime
dei
bombardamenti
dei
giorni
scorsi
.
In
piedi
,
in
mezzo
al
crocicchio
,
il
Feldgendarme
stava
rigido
,
immobile
,
il
viso
inondato
di
sangue
:
non
s
'
era
mosso
dal
suo
posto
.
"
Per
andare
al
ponte
?
"
,
gli
domandammo
.
Alzò
la
paletta
bianca
e
rossa
,
stese
il
braccio
nella
direzione
del
ponte
.
E
,
nel
voltarsi
che
fece
,
notò
cinque
o
sei
ragazzi
,
il
maggiore
avrà
avuto
dieci
anni
,
che
s
'
erano
raccolti
,
tutti
spauriti
,
sulla
soglia
del
caffè
che
è
all
'
angolo
della
strada
.
(
Nell
'
insegna
che
pendeva
divelta
sulla
porta
lessi
macchinalmente
Cafe
Central
de
Iancu
Liebermann
.
)
L
'
interno
appariva
distrutto
,
un
po
'
di
fumo
usciva
dalla
porta
.
"
Weg
,
weg
,
Kinder
!
"
,
gridò
il
Feldgendarme
con
voce
dura
e
insieme
bonaria
.
Sorrideva
asciugandosi
col
dorso
della
mano
il
viso
insanguinato
.
A
quella
voce
i
ragazzi
fuggirono
in
silenzio
,
si
nascosero
fra
le
macerie
d
'
una
casa
poeti
distante
.
Il
Feldgendarme
ci
disse
,
ridendo
,
che
stavano
lì
tutto
il
giorno
a
guardarlo
sollevar
le
braccia
,
agitar
la
paletta
,
voltarsi
di
scatto
per
lasciar
via
libera
.
"
Non
se
ne
vanno
neppure
quando
piovon
le
bombe
"
,
aggiunse
.
"
Hanno
più
paura
di
me
che
delle
bombe
sovietiche
:
ma
appena
volto
la
schiena
...
"
E
infatti
eran
là
,
che
spuntavan
cauti
da
dietro
un
muro
in
rovina
.
"
Nichts
zu
machen
"
,
disse
il
Feldgendarme
ridendo
.
I
ponti
sul
Prut
,
a
Stefanesti
,
erano
due
,
costruiti
di
grosse
travi
di
legno
:
all
'
inizio
delle
ostilità
,
i
russi
riuscirono
a
farli
saltare
.
E
pareva
che
la
distruzione
dei
due
ponti
avesse
reso
impossibile
ai
tedeschi
il
passaggio
del
fiume
.
In
questo
settore
,
infatti
nei
primi
giorni
della
guerra
,
le
truppe
germaniche
non
si
son
mosse
.
Neppure
un
colpo
di
cannone
,
neppure
un
colpo
di
fucile
partiva
dalla
riva
romena
contro
la
riva
sovietica
.
Un
vero
idillio
.
La
guerra
,
qui
,
si
svolgeva
nell
'
aria
,
fra
gli
apparecchi
sovietici
che
bombardavano
Stefanesti
e
le
formazioni
da
caccia
germaniche
,
appoggiate
dalla
"
Flak
"
.
Ma
ieri
l
'
altro
,
improvvisamente
,
i
pontieri
tedeschi
,
tranquilli
sotto
il
fuoco
russo
,
si
sono
messi
a
costruire
un
ponte
di
barche
,
e
dopo
tre
ore
dall
'
inizio
del
combattimento
i
carri
armati
d
'
una
Panzerdivision
scorrazzavano
lungo
la
riva
sovietica
.
Attraversiamo
stamane
il
ponte
di
barche
,
presso
il
quale
l
'
organizzazione
Todt
sta
già
costruendo
un
secondo
ponte
.
Sebbene
disturbato
dai
continui
bombardamenti
aerei
,
il
lavoro
procede
rapido
e
ordinato
,
come
se
le
truppe
sovietiche
fossero
a
cento
chilometri
di
distanza
;
eppure
non
sono
che
a
una
ventina
di
chilometri
,
laggiù
,
dietro
le
colline
.
Passiamo
sotto
il
rustico
arco
trionfale
,
sormontato
dall
'
emblema
della
falce
e
del
martello
,
che
i
bolscevichi
innalzavano
a
ogni
loro
posto
di
frontiera
.
Non
una
casa
del
villaggio
sovietico
,
antistante
a
Stefanesti
,
appare
distrutta
.
I
tedeschi
hanno
voluto
rispettare
le
case
di
quei
poveri
contadini
romeni
di
Bessarabia
;
hanno
varcato
il
fiume
senza
sparare
un
solo
colpo
di
artiglieria
,
con
una
audacia
fredda
e
insolente
.
Una
decina
di
bianche
croci
di
legno
di
acacia
sono
allineate
sul
ciglio
della
strada
,
presso
il
villaggio
intatto
.
Mi
fermo
a
leggere
i
nomi
dei
caduti
:
sono
tutti
giovanissimi
,
ragazzi
dai
venti
ai
venticinque
anni
.
I
soldati
tedeschi
scendono
dalle
loro
macchine
,
strappano
dei
fiori
di
campo
,
li
depongono
sulle
tombe
dei
compagni
.
Mi
guardo
intorno
.
Le
case
del
villaggio
sono
linde
,
dai
muti
bianchi
di
calce
,
dai
tetti
di
paglia
.
Gli
infissi
delle
finestre
sono
di
legno
traforato
a
mano
,
con
bei
ricami
d
'
intarsio
.
Gruppi
di
donne
e
di
ragazzi
,
in
piedi
dietro
la
staccionata
del
piccolo
giardino
che
circonda
ogni
casa
,
guardano
passare
la
colonna
motorizzata
.
I
vecchi
,
seduti
sulle
soglie
,
stanno
immoti
,
il
viso
lievemente
piegato
sul
petto
.
Non
ci
sono
giovanotti
,
né
uomini
dai
trenta
ai
quarant
'
anni
.
Molti
bambini
,
molte
ragazze
,
giovanissime
,
e
non
senza
grazia
nei
loro
vestiti
dai
colori
vivaci
,
la
fronte
coperta
dalla
pezzuola
bianca
o
rossa
.
Tutti
hanno
gli
occhi
ridenti
,
ma
il
viso
è
pallido
,
di
una
tristezza
quasi
dura
.
Non
è
il
pallore
della
fame
,
ma
di
un
sentimento
che
non
saprei
spiegare
a
parole
.
È
tutto
un
complesso
morale
,
di
cui
dirò
forse
in
seguito
,
quando
io
pure
sarò
riuscito
a
capire
il
segreto
di
quegli
occhi
ridenti
in
quei
visi
pallidi
e
tristi
.
Fa
meraviglia
vedere
il
bestiame
pascolare
nei
prati
,
i
campi
biondi
di
messi
ondeggiare
nel
vento
,
le
galline
razzolare
fra
i
cingoli
dei
carri
armati
,
sulla
strada
polverosa
.
Abbiamo
lasciato
poc
'
anzi
la
riva
romena
coperta
di
fango
,
qui
troviamo
la
polvere
.
E
ciò
dipende
,
credo
,
dal
fatto
che
la
riva
romena
è
bassa
,
paludosa
,
in
contrasto
con
la
riva
sovietica
,
a
poco
a
poco
elevantesi
in
ampi
ondeggiamenti
per
gl
'
immensi
cerchi
di
un
anfiteatro
di
colline
coperte
di
biade
e
di
boschi
.
Appena
fuori
del
villaggio
è
ferma
la
colonna
motorizzata
tedesca
con
la
quale
dobbiamo
proseguire
verso
la
linea
del
fuoco
.
Verso
mezzogiorno
la
colonna
si
mette
in
moto
.
Un
'
altissima
nube
di
polvere
si
solleva
al
nostro
passaggio
,
offusca
il
verde
delle
colline
,
sembra
il
fumo
di
un
vasto
incendio
.
Le
colonne
di
avanguardia
ci
precedono
di
poche
ore
,
i
segni
della
battaglia
intorno
a
noi
sono
,
si
può
dire
,
ancora
caldi
.
E
sono
i
segni
di
scontri
rapidi
e
violenti
,
piuttosto
che
le
tracce
di
combattimenti
veri
e
propri
.
L
'
attacco
tedesco
in
questo
settore
ha
progredito
lentamente
,
ma
senza
soste
:
superando
con
alternativa
continua
di
manovre
e
di
urti
la
mobilità
della
difesa
russa
che
,
appoggiata
da
carri
armati
,
lancia
frequenti
puntate
controffensive
contro
la
testa
e
contro
i
fianchi
delle
colonne
.
Ma
sono
contrattacchi
condotti
debolmente
,
più
per
ritardare
che
per
arrestare
la
marcia
tedesca
.
Sembra
,
tuttavia
,
che
da
stamane
le
truppe
sovietiche
reagiscano
con
maggiore
violenza
,
sulle
colline
a
est
e
a
nord
di
Zaicani
,
a
una
decina
di
chilometri
da
qui
.
Il
rombo
delle
artiglierie
,
cui
si
accompagna
lo
schianto
secco
delle
batterie
contraeree
,
si
fa
di
ora
in
ora
più
cupo
.
Procediamo
con
lentezza
,
sia
per
l
'
ingombro
del
traffico
,
sia
per
superare
gli
ostacoli
di
cui
i
russi
,
ritirandosi
,
hanno
seminato
il
terreno
.
Ogni
tanto
la
strada
è
interrotta
dal
cratere
di
una
mina
.
(
Intorno
,
per
un
gran
raggio
,
carcasse
di
automobili
sventrate
dallo
scoppio
,
motociclette
contorte
,
elmi
di
acciaio
sparsi
nell
'erba.)
Di
mano
in
mano
che
saliamo
verso
il
sommo
della
collina
che
sovrasta
Stefanesti
,
il
terreno
vien
mostrando
più
frequenti
e
profonde
le
tracce
della
lotta
.
Ogni
metro
è
sconvolto
dalie
buche
dei
proiettili
.
Finché
,
a
una
svolta
,
coricato
sul
fianco
proprio
sul
ciglio
della
strada
,
ci
appare
un
carro
armato
sovietico
,
le
lunghe
canne
dei
suoi
due
cannoni
puntate
verso
la
valle
.
È
qui
che
la
battaglia
si
è
protratta
a
lungo
,
rabbiosa
e
accanita
.
Il
carro
russo
era
solo
,
appoggiato
da
esigui
reparti
di
fucilieri
del
Turkestan
,
trincerati
qua
e
là
nei
campi
di
grano
e
nei
boschi
.
Sembra
quasi
che
l
'
aria
sia
ancora
piena
del
rombo
delle
esplosioni
,
sospeso
su
noi
con
quella
vibrazione
lunga
che
segue
gli
schianti
rauchi
delle
artiglierie
.
Nubi
di
piccoli
uccelli
grigi
volano
rasente
il
grano
con
un
frullio
di
pallottole
di
mitragliatrice
.
Durante
il
breve
alt
,
impostoci
da
una
delle
tante
interruzioni
stradali
,
scendiamo
a
osservare
il
terreno
della
lotta
.
Il
carro
armato
sovietico
ha
uno
squarcio
nel
fianco
,
da
cui
sporgono
le
interiora
di
ferro
contorto
.
Per
quanto
cerchiamo
intorno
,
non
un
cadavere
russo
.
Le
truppe
bolsceviche
,
quando
è
possibile
,
si
portano
dietro
i
propri
morti
.
Sempre
li
spogliano
delle
carte
che
hanno
indosso
,
e
dei
distintivi
dei
reparti
cui
appartengono
.
Un
gruppo
di
soldati
tedeschi
si
indugia
a
osservare
il
carro
armato
.
Sembra
di
assistere
a
un
sopraluogo
,
a
un
controllo
di
esperti
.
Quello
che
interessa
soprattutto
i
soldati
tedeschi
è
la
qualità
del
materiale
nemico
,
e
il
modo
come
questo
materiale
viene
impiegato
sul
terreno
:
è
la
tecnica
sovietica
,
voglio
dire
,
nel
suo
duplice
aspetto
industriale
e
tattico
.
Osservano
le
piccole
trincee
scavate
dai
russi
,
i
bossoli
delle
cartucce
,
i
fucili
abbandonati
,
le
buche
delle
granate
intorno
al
carro
,
esaminano
l
'
acciaio
del
carro
armato
,
il
congegno
dei
due
cannoni
e
scuotono
la
testa
dicendo
:
"
Ja
,
ja
,
aber
...
"
.
Il
segreto
dei
successi
tedeschi
è
in
gran
parte
in
questo
"
aber
...
"
,
in
questo
"
ma
...
"
.
La
nostra
colonna
si
rimette
in
moto
,
risale
battaglioni
di
fanteria
,
treni
di
artiglieria
,
squadroni
di
cavalleria
.
Il
rombo
dei
motori
squarcia
la
rossa
nube
di
polvere
che
copre
le
colline
.
Fredde
lame
di
sole
tagliano
quella
caligine
densa
,
rimbalzano
sull
'
acciaio
dei
carri
,
sulle
groppe
dei
cavalli
bianchi
di
schiuma
.
Gelide
raffiche
di
vento
formano
nel
polverone
grumi
taglienti
di
terriccio
.
La
bocca
si
riempie
di
sabbia
,
gli
occhi
bruciano
,
le
palpebre
sanguinano
.
Siamo
in
luglio
e
il
freddo
è
intenso
.
Da
quante
ore
siamo
in
cammino
?
Quanti
chilometri
abbiamo
percorso
?
È
già
il
tramonto
,
l
'
umidità
della
sera
imminente
appesantisce
la
nube
di
polvere
,
appanna
l
'
acciaio
dei
carri
.
Il
cannone
batte
all
'
orizzonte
come
un
'
enorme
trave
.
II
rombo
si
avvicina
,
si
allontana
,
in
un
'
alterna
vicenda
di
echi
sonori
o
soffocati
.
A
un
certo
punto
un
motociclista
trasmette
alla
colonna
l
'
ordine
di
fermarsi
e
di
disporsi
per
la
sosta
in
un
prato
che
fiancheggia
la
strada
,
al
riparo
di
un
bosco
.
In
breve
la
colonna
assume
la
formazione
prescritta
per
le
soste
notturne
.
Un
ronzio
di
motori
scende
dal
cielo
sulle
colline
e
sulle
valli
già
umide
d
'
ombra
.
"
Laggiù
si
combatte
"
,
mi
dice
il
tenente
Lauser
,
un
giovanotto
di
Lipsia
,
dalle
spalle
atletiche
e
dagli
occhi
giovanili
dietro
gli
spessi
occhiali
di
miope
(
è
Dozent
in
qualche
università
,
se
non
sbaglio
)
,
e
mi
accenna
un
punto
del
prossimo
orizzonte
dove
la
nube
di
polvere
è
più
alta
,
più
densa
,
simile
al
fumo
di
un
incendio
.
Una
sera
verde
si
posa
leggera
sugli
alberi
e
sul
grano
.
Sulla
strada
passano
alcune
autoambulanze
cariche
di
feriti
.
Quanto
diversi
i
feriti
di
questa
guerra
da
quelli
della
guerra
di
venticinque
anni
or
sono
!
L
'
ho
già
detto
altra
volta
:
sembrano
operai
vittime
di
un
infortunio
sul
lavoro
piuttosto
che
soldati
feriti
in
combattimento
.
Fumano
in
silenzio
,
un
po
'
pallidi
.
Un
autobus
della
CFR
di
Bucarest
,
requisito
per
il
servizio
sanitario
,
si
ferma
per
pochi
istanti
vicino
alla
nostra
colonna
.
È
carico
di
feriti
leggeri
,
moltissimi
hanno
la
testa
avvolta
di
bende
.
Un
carrista
tedesco
ha
le
due
braccia
fasciate
fino
alle
spalle
.
Un
compagno
gli
mette
fra
le
labbra
una
sigaretta
accesa
.
L
'
ampio
berretto
basco
di
panno
nero
inclinato
sull
'
occhio
,
il
carrista
fuma
in
silenzio
,
guardandosi
intorno
.
Si
direbbe
che
non
soffrano
.
Forse
il
dolore
non
può
nulla
su
quegli
animi
intimamente
distratti
dallo
strazio
della
ferita
,
su
quegli
animi
assenti
,
segretamente
assorti
.
Passano
quei
volti
pallidi
nella
sera
verde
.
I
soldati
della
nostra
colonna
siedono
sull
'
erba
,
mangiano
fette
di
pane
spalmate
di
marmellata
,
bevono
il
tè
che
si
sono
portati
nel
termos
,
gridano
,
scherzano
fra
loro
,
parlano
a
voce
bassa
.
Non
parlano
della
guerra
.
Ho
osservato
che
non
parlano
mai
della
guerra
.
Cantano
,
ma
quasi
per
conto
proprio
,
non
in
coro
.
Finito
il
breve
pasto
si
mettono
intorno
alle
macchine
,
stringono
dadi
,
bulloni
,
lubrificano
gli
ingranaggi
,
si
stendono
,
sotto
il
ventre
dei
carri
a
verificare
,
ad
aggiustare
.
Poi
,
quando
è
scesa
la
notte
,
si
avvolgono
nelle
coperte
,
dormono
sui
sedili
delle
loro
macchine
.
Mi
avvolgo
anch
'
io
nella
mia
coperta
,
cerco
di
addormentarmi
.
Un
chiarore
nasce
a
poco
a
poco
,
ed
è
il
chiarore
della
luna
.
Io
penso
alla
ritirata
delle
truppe
sovietiche
,
a
quella
loro
triste
,
solitaria
,
disperata
lotta
.
Non
è
la
classica
ritirata
russa
,
quella
di
Guerra
e
pace
,
la
ritirata
nel
bagliore
degli
incendi
,
sulle
vie
ingombre
di
fuggiaschi
,
di
feriti
,
di
armi
abbandonate
.
È
questa
,
una
ritirata
che
lascia
nell
'
aria
la
fredda
,
vuota
,
deserta
atmosfera
dei
cortili
delle
fabbriche
dopo
uno
sciopero
fallito
.
Qualche
arma
per
terra
,
qualche
indumento
,
qualche
carcassa
di
macchine
.
Un
enorme
sciopero
è
fallito
.
Non
c
'
è
forse
,
su
questo
campo
di
battaglia
,
nessun
Andrea
Wolkonski
disteso
nel
grano
,
come
nella
notte
di
Austerlitz
:
ma
soltanto
qualche
stakanovista
dei
carri
armati
,
qualche
fuciliere
del
Turkestan
.
A
un
tratto
odo
passare
gente
sulla
strada
.
Poi
all
'
improvviso
una
voce
rauca
,
una
voce
triste
.
Parla
in
russo
,
dice
:
"
Niet
,
niet
"
,
con
insistenza
,
come
un
grido
.
Dice
:
"
Niet
,
no
"
,
come
una
protesta
.
Il
calpestio
si
allontana
.
Non
posso
vedere
in
viso
i
prigionieri
,
e
a
poco
a
poco
m
'
addormento
,
affondo
a
occhi
chiusi
dentro
la
voce
del
cannone
.