StampaQuotidiana ,
Il
dottor
Aldo
Crespi
è
morto
alla
bella
età
di
93
anni
,
ma
credo
che
avrebbe
fatto
volentieri
a
meno
di
arrivarci
.
Sebbene
lucidissimo
,
o
forse
proprio
per
questo
,
l
'
ultimo
periodo
lo
ha
trascorso
in
amara
solitudine
,
distaccato
dal
mondo
,
chiuso
nella
sua
casa
senz
'
altra
compagnia
che
quella
dei
propri
ricordi
.
I
ricordi
del
dottor
Aldo
erano
il
Corriere
della
Sera
,
di
cui
per
quasi
mezzo
secolo
fu
proprietario
e
editore
insieme
ai
suoi
due
fratelli
Mario
e
Vittorio
,
scomparsi
da
tempo
.
Fu
nel
'25
che
,
secondo
una
certa
leggenda
,
essi
"
s
'
impadronirono
"
del
giornale
di
via
Solferino
,
estromettendone
Albertini
con
l
'
aiuto
del
fascismo
.
Non
è
qui
il
caso
di
far
polemiche
.
Ma
crediamo
che
,
se
fosse
sopravvissuto
,
lo
stesso
Albertini
,
nella
sua
immacolata
onestà
,
avrebbe
contestato
questa
versione
dei
fatti
.
La
maggioranza
azionaria
del
Corriere
era
già
,
grazie
al
loro
padre
Benigno
,
in
mano
ai
Crespi
.
Quando
Mussolini
ne
decise
l
'
allontanamento
,
fu
lo
stesso
Albertini
a
proporre
loro
di
rilevare
la
sua
quota
,
che
venne
pagata
-
a
quanto
ne
so
-
una
cinquantina
di
milioni
:
prezzo
considerato
,
coi
milioni
di
quei
tempi
,
abbastanza
equo
.
Dei
tre
,
il
dottor
Aldo
era
di
gran
lunga
quello
più
attaccato
al
giornale
.
Ma
di
questo
amore
erano
a
conoscenza
solo
gl
'
intimi
perché
era
considerato
peccaminoso
.
I
fratelli
Crespi
non
erano
litigiosi
come
quelli
Perrone
del
Messaggero
,
che
trascorsero
la
vita
a
farsi
processi
tra
loro
.
Però
si
sorvegliavano
strettamente
,
in
modo
che
nessuno
potesse
apparire
più
editore
dell
'
altro
.
La
legge
di
famiglia
imponeva
che
le
decisioni
le
prendessero
d
'
accordo
,
ma
l
'
accordo
era
difficile
da
trovare
.
Nel
bagno
annesso
al
loro
ufficio
c
'
erano
tre
saponi
e
tre
salviette
,
ognuna
con
la
sua
cifra
:
anche
l
'
epidermide
volevano
salva
dal
contagio
.
In
quell
'
ufficio
,
il
dottor
Aldo
avrebbe
volentieri
trascorso
le
sue
giornate
,
domenica
compresa
.
Ma
siccome
gli
altri
due
ci
venivano
una
volta
sola
alla
settimana
,
anche
lui
si
sentiva
in
obbligo
di
osservare
la
regola
.
Vi
arrivavano
insieme
,
in
modo
da
escludere
"
precedenze
"
passando
da
una
porticina
quasi
di
servizio
per
non
farsi
notare
.
Una
volta
che
,
trovandola
chiusa
,
imboccarono
quella
principale
,
furono
bruscamente
scacciati
da
un
fattorino
che
,
non
avendoli
mai
visti
,
non
sapeva
chi
fossero
.
Nemmeno
io
,
in
trentasette
anni
di
Corriere
,
li
ho
mai
visti
passare
per
le
stanze
e
gli
anditi
della
redazione
.
Fuori
di
lì
li
conobbi
,
e
qualche
volta
li
incontravo
,
ma
dalla
conversazione
era
severamente
bandito
l
'
argomento
del
giornale
.
Del
giornale
,
parlavano
solo
col
direttore
,
poco
anche
con
lui
,
e
tutti
e
tre
insieme
.
Tale
era
il
dettato
costituzionale
di
quella
curiosa
monarchia
trina
.
Fu
parecchio
dopo
la
Liberazione
che
seppi
di
dover
loro
qualcosa
.
I
tedeschi
mi
avevano
arrestato
e
sulla
mia
testa
pendeva
la
condanna
a
morte
.
Qualcuno
della
Gestapo
andò
dai
Crespi
e
chiese
,
per
la
mia
pelle
,
un
milione
.
I
Crespi
lo
sborsarono
senza
batter
ciglio
.
Ma
questo
racconto
mi
fu
fatto
dietro
giuramento
di
non
farne
mai
parola
con
loro
.
Dopo
vent
'
anni
mi
considerai
esentato
dall
'
impegno
e
,
morti
ormai
Mario
e
Vittorio
,
ne
parlai
col
dottor
Aldo
.
Non
negò
,
ma
finse
di
non
ricordar
bene
come
si
erano
svolte
le
cose
,
poi
concluse
:
«
Se
andarono
veramente
così
,
non
fu
un
cattivo
affare
»
,
e
cambiò
discorso
.
A
quei
tempi
,
avevo
stabilito
con
lui
una
certa
dimestichezza
,
e
qualche
volta
m
'
invitava
al
Biffo
,
la
bella
villa
che
aveva
in
Brianza
.
Non
mi
ci
trovavo
molto
ad
agio
perché
sua
moglie
Giuseppina
ne
aveva
fatto
un
centro
di
mondanità
,
nella
quale
ho
sempre
guazzato
male
.
Ma
credo
che
il
dottor
Aldo
mi
c
'
invitasse
appunto
per
avere
sotto
mano
qualcuno
che
ci
guazzasse
male
quanto
lui
e
gli
facesse
compagnia
nelle
passeggiate
nel
parco
e
nella
sua
appartata
libreria
.
I
suoi
interessi
erano
più
letterari
che
politici
.
Era
uomo
di
buone
,
anche
se
non
vaste
letture
,
tutte
nel
filone
e
nel
gusto
di
quel
cattolicesimo
liberale
manzoniano
,
ch
'
era
tipico
della
grande
borghesia
milanese
,
quando
Milano
aveva
una
grande
borghesia
.
Scriveva
anche
,
ma
di
nascosto
.
E
ricordo
lo
sgomento
che
s
'
impadronì
di
tutti
noi
al
Corriere
,
quando
si
seppe
che
aveva
pubblicato
un
libro
sotto
lo
pseudonimo
Alpi
.
A
chi
sarebbe
toccata
la
difficile
incombenza
di
recensirlo
in
modo
da
evitare
lo
sgarbo
di
una
stroncatura
senza
cadere
nella
piaggeria
?
Per
fortuna
giunse
,
discreto
ma
perentorio
,
l
'
ordine
d
'
ignorare
il
libro
.
Quando
,
con
l
'
animo
sollevato
dal
cessato
pericolo
,
mi
decisi
a
leggerlo
,
mi
accorsi
che
si
poteva
parlarne
bene
senza
ricorrere
al
falso
:
non
erano
più
che
bozzetti
e
ritratti
di
personaggi
della
vita
ambrosiana
,
ma
centrati
e
vivaci
,
pur
tra
i
vezzi
un
po
'
stantii
di
uno
stile
ottocentesco
.
Non
mi
sono
mai
accorto
ch
'
egli
fosse
il
"
padrone
"
nel
senso
che
a
questa
parola
davano
i
giornali
concorrenti
e
avversari
.
Mai
,
in
trentasette
anni
,
mi
fece
rilievi
su
qualche
articolo
,
o
mi
suggerì
argomenti
.
Una
sola
volta
ricevetti
da
lui
un
biglietto
di
sommessa
doglianza
,
che
conservo
,
e
che
cominciava
così
:
«
Caro
Montanelli
,
Ella
sa
con
quanta
simpatia
,
partecipazione
e
ammirazione
ho
seguito
e
seguo
i
suoi
scritti
,
sempre
trovandovi
(
anche
nei
più
impertinenti
)
motivi
di
consenso
.
Mi
permetta
quindi
,
per
una
volta
,
di
fare
eccezione
e
di
esprimerle
un
addolorato
dissenso
-
di
cui
tuttavia
Ella
è
liberissimo
di
non
tenere
alcun
conto
-
per
quanto
ha
detto
a
proposito
della
conversione
di
Manzoni
...
»
.
Ecco
:
quando
parlava
da
"
padrone
"
,
il
dottor
Aldo
Crespi
lo
faceva
in
questi
termini
,
e
solo
per
difendere
Manzoni
.
Poco
prima
di
passar
la
mano
alla
figlia
nella
gestione
del
Corriere
,
lo
incontrai
ai
giardini
,
di
fronte
ai
quali
abitava
e
dove
,
quando
era
a
Milano
,
andava
sovente
a
passeggiare
.
Non
mi
fece
cenno
delle
sue
intenzioni
di
ritiro
.
Mi
disse
soltanto
che
si
sentiva
molto
stanco
-
aveva
passato
da
un
pezzo
gli
ottanta
-
e
infatti
la
sua
alta
e
fragile
figura
non
era
più
dritta
come
una
volta
.
Poi
,
si
rinchiuse
in
casa
,
e
non
lo
rividi
che
quando
mi
pregò
di
passare
da
lui
per
ringraziarmi
di
un
libro
che
gli
avevo
mandato
.
Capii
che
si
trattava
di
una
scusa
,
e
lo
era
.
Per
la
prima
volta
,
mi
chiese
esplicitamente
cosa
pensavo
del
Corriere
nella
sua
nuova
versione
.
Altrettanto
esplicitamente
glielo
dissi
.
Un
velo
di
tristezza
gli
scese
sugli
occhi
.
«
Me
lo
immaginavo
»
rispose
,
e
parlammo
d
'
altro
,
a
lungo
e
affettuosamente
.
Capii
che
quello
era
un
addio
,
e
infatti
non
ci
vedemmo
più
.
Quando
seppe
che
anch
'
io
me
n
'
ero
andato
,
mi
scrisse
una
lettera
che
"
affidata
al
riserbo
dell
'
amico
"
,
non
chiedeva
risposta
,
anzi
la
escludeva
.
A
mia
volta
gliene
scrissi
una
quando
seppi
che
anche
l
'
ultima
fetta
di
Corriere
,
quella
ch
'
era
stata
sua
,
era
passata
in
proprietà
ad
altro
editore
.
Gli
chiedevo
se
potevo
andarlo
a
trovare
.
Attraverso
un
comune
amico
mi
pregò
di
non
farlo
"
perché
temeva
di
commuoversi
"
.
L
'
ultimo
messaggio
,
anch
'
esso
orale
,
me
lo
mandò
attraverso
il
medesimo
amico
,
pochi
giorni
dopo
l
'
uscita
del
Giornale
:
«
Grazie
»
diceva
«
di
avermi
ridato
da
leggere
un
Corriere
»
.
Il
dottor
Aldo
morì
allora
,
credo
.
E
con
lui
moriva
un
certo
tipo
di
editore
,
il
cui
unico
torto
è
stato
quello
di
non
aver
allevato
dei
successori
.
Non
erano
stati
i
Crespi
a
fare
la
grandezza
del
Corriere
,
ma
erano
stati
i
Crespi
,
e
particolarmente
il
dottor
Aldo
,
a
salvarne
quanto
,
nei
mutati
tempi
,
si
poteva
salvare
.
Non
ho
mai
capito
se
il
Corriere
era
com
'
era
perché
lui
era
così
,
o
se
lui
era
così
perché
il
Corriere
era
com
'
era
.
So
soltanto
che
,
senza
mai
interferirvi
,
quest
'
uomo
schivo
e
discreto
sapeva
fare
tutt
'
uno
di
se
stesso
e
del
suo
giornale
.
Che
al
Corriere
ci
fosse
un
padrone
noi
ci
accorgemmo
solo
quando
lui
non
fu
più
tale
.
E
anche
per
questo
ce
ne
andammo
.