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Vilipendio del professore ( Romeo Rosario , 1975 )
StampaQuotidiana ,
La politica scolastica dei governi che si sono succeduti dal 1968 in poi sarà registrata fra le pagine più ingloriose della recente storia del nostro paese . Non che negli anni precedenti le cose andassero nel migliore dei modi , ché anzi una certa responsabilità nei guai del periodo successivo va anche attribuita ai ritardi e alle carenze con le quali allora si fronteggiarono i problemi derivanti dall ' espansione scolastica e dal mutare dei tempi : anche se un minimo di giustizia vuole che di quegli anni si ricordino altresì la creazione della media unica , l ' obbligo scolastico portato a 14 anni , il salutare rinnovamento della didattica nelle elementari . Ma ritardi e carenze in materia scolastica sono riferibili alle medesime ragioni che hanno ostacolato il sollecito adeguamento di tanti altri aspetti delle nostre strutture pubbliche alla tumultuosa trasformazione del dopoguerra . Invece , dopo il 1968 si è assistito al fatto davvero senza precedenti della degradazione della scuola a strumento di ordine pubblico , destinato a trattenere e assorbire , costi quel che costi , spinte e minacce d ' ordine politico che il governo non si sente di affrontare sul terreno loro proprio , come metodi e iniziative politiche . E poiché scuola in questo caso vuol dire essenzialmente professori e insegnanti , su di essi si è sistematicamente esercitato il ricatto dei detentori del potere ( e cioè non solo del governo e dei partiti che lo sorreggono ) , i quali hanno scaricato sui docenti il compito impossibile di fronteggiare problemi che la scuola è istituzionalmente impreparata a risolvere , nell ' atto stesso in cui ne minavano l ' autorità morale e disciplinare con una campagna denigratoria spesso riecheggiata in settori e a livelli ai quali non sarebbe mai dovuta pervenire . Vittime maggiori dell ' operazione sono stati i docenti delle scuole medie superiori , dove la contestazione ha assunto le forme più violente e aggressive , e dove nel tempo stesso gli insegnanti potevano contare su risorse e libertà d ' iniziativa assai minori di quelle a disposizione dei colleghi universitari . Si è così assistito allo spettacolo indegno di vecchi servitori dello Stato e uomini di scuola costretti in situazioni impossibili , alla mercè di turbe rotte a tutte le astuzie della disputa politica , spesso manovrate dall ' esterno , e non di rado addestrate alle tecniche della guerriglia urbana . Non è stato difficile , per costoro , costringere anche professori seri e valenti a optare tra cedimenti pagati col sacrificio di tutti i valori della professione e rinunce che spesso coincidono con l ' indigenza e con la fine anticipata del proprio inserimento sociale . Senza contare esiti più dolorosi , di cui taluno è riuscito , anche di recente , ad attraversare la cortina di silenzio che troppo spesso la nostra libera stampa stende su queste cose . Con i risultati , sul livello del processo educativo e sulla salute politica del paese , che sono sotto gli occhi di tutti . « Chi ha permesso che a una società accadesse questo ha colpe che nessun tribunale giudicherebbe con indulgenza » , scrive Vittoria Ronchey in un singolare diario scolastico ( Figlioli miei , marxisti immaginari , Rizzoli , Milano 1975 , pp. 175 ) che esce in questi giorni , e che sotto il velo trasparente dell ' invenzione letteraria rievoca una serie di vicende della cui verità ideale nessuno che abbia in qualche modo partecipato al dramma della nostra scuola negli anni recenti può dubitare . Il libro si affida anche a un ' abile costruzione narrativa , che riesce a creare una sorta di suspense intorno alle esperienze di un ' ignara professoressa di filosofia e storia nei licei , da Bergamo approdata in un istituto romano dove le sue illusioni di progressismo pedagogico vengono infine alla prova della realtà . Quelle illusioni escono per buona parte infrante e calpestate nello scontro con una situazione nella quale protervia di allievi e complicità di colleghi costringono al fine la protagonista ad abbandonare la scuola . Su questo sfondo si dispiega una serie di esempi significativi delle tecniche psicologiche , delle chiusure mentali , delle azioni di concreta ostilità con le quali tanta parte del corpo insegnante è stata forzata a subire un tipo di scuola che ripugna alle sue convinzioni più profonde . Ma soprattutto la vicenda offre all ' autrice l ' occasione di una serie di riflessioni sulla crisi della scuola , di cui qui si vagliano gli aspetti essenziali alla luce , insieme , di un serio impegno culturale e di un ' autentica vocazione educativa . I1 risultato forse più rilevante dell ' analisi è l ' individuazione della corresponsabilità che , nell ' origine della crisi , unisce l ' aggressione politica montata dall ' estremismo di sinistra contro la supposta « cinghia di trasmissione del sistema » , e il permissivismo pedagogico di derivazione americana . Su questo schema di fondo una serie di determinazioni particolari danno materia alle pagine più valide e più impegnative del libro . Sarà dunque da ricordare la segnalazione , di indiscutibile evidenza , della responsabilità che nell ' aggressione contro la scuola spetta a quei docenti estremisti dalle cui classi è quasi sempre partita la prima ondata dell ' attacco ; e , con essa collegata , la precisa accusa rivolta ai docenti comunisti , a parole sempre pronti a distinguersi dai gruppuscoli , ma di fatto impegnati ad assicurarne la impunità anche di fronte agli eccessi meno giustificabili . E , in fatto di docenti , sia consentito , a chi li ha visti all ' opera , di esprimere la propria intera solidarietà con la denuncia dei « vecchi demagoghi imbellettati » , quali sono apparsi agli occhi della scrittrice tanti professori universitari venuti a patti indecorosi con la contestazione anche su questioni inerenti agli studi che dovevano essere la loro ragione di vita . L ' autrice , a suo tempo allieva riconoscente di quei « maestri » , non tace la propria sconfortata delusione : e chi indaga le ragioni della crisi di ideali e di modelli di vita che investe tanta parte della gioventù intellettuale farà bene a non trascurare l ' effetto disastroso che su di essa hanno avuto gli esempi di questo tipo . Con ciò non si vuole certo esonerare dalle sue responsabilità la classe politica , alla quale spettava di impedire che si creassero le situazioni sulle quali fatti come questi si sono determinati : ma i tempi straordinari richiedevano , e tuttora richiedono ai professori , specie universitari , prove che eccedono i limiti dei loro ordinari doveri . E tuttavia , se dovessi indicare dove la punta accuminata di questo libro scava più in fondo , additerei piuttosto la seconda direzione , della pedagogia velleitaria e parolaia , fondata su nozioni di così povero contenuto intellettuale e di tanta impotenza operativa . A essa hanno attinto a piene mani i molti che andavano alla ricerca di alibi ai propri cedimenti . Specialmente il culto dello « spontaneismo pedagogico » , correlato al disinvolto abbandono della tradizione culturale - che poi vuol dire l ' intero nostro patrimonio intellettuale , umanistico e scientifico - come strumento educativo , ha spesso fornito una mano volenterosa ai banditori della crociata contro l ' « integrazione nella società borghese » . Milioni di giovani hanno già fatto le spese di siffatti esperimenti politico - culturali , sul terreno intellettuale e su quello morale . Resta solo da sperare che libri come questo contribuiscano a indurre le forze politiche democratiche a impegnarsi sempre più direttamente in una scuola che appare sempre meno in grado di riscattarsi con forze proprie . E alla speranza vogliamo anche aggiungere l ' augurio che i recenti decreti delegati , miranti a coinvolgere più direttamente la società nella vita della scuola , siano anche il segno che la classe politica ha preso finalmente coscienza della sua responsabilità di assicurare ai nostri figli un ' educazione adeguata ai cittadini di un paese libero e civile .