StampaQuotidiana ,
E
'
certo
troppo
presto
per
una
valutazione
di
ciò
che
la
crisi
aperta
dall
'
iniziativa
socialista
di
fine
d
'
anno
potrà
significare
nella
tormentata
storia
della
nostra
democrazia
.
Anche
se
il
mondo
politico
italiano
sembra
avere
ormai
esaurito
gran
parte
delle
sue
risorse
come
classe
di
governo
,
resta
però
intatta
,
la
sua
capacità
di
produrre
soluzioni
a
sorpresa
,
atte
a
sconvolgere
ogni
previsione
.
Forse
anche
questo
contribuisce
a
spiegare
il
curioso
atteggiamento
dell
'
opinione
democratica
,
italiana
e
straniera
,
davanti
alla
crisi
:
diviso
com
'
è
tra
la
fatalistica
attesa
del
«
compromesso
storico
»
e
delle
sue
inevitabili
risultanti
totalitarie
,
e
una
sorta
di
spensierata
fiducia
che
ancora
una
volta
si
sia
fatto
molto
rumore
per
nulla
,
e
che
tutto
debba
continuare
più
o
meno
come
prima
,
grazie
a
un
'
altra
di
quelle
«
combinazioni
»
di
cui
è
sempre
stata
feconda
la
mente
italiana
.
Ciò
che
invece
sembra
indubitabile
è
la
riprova
del
livello
gravissimo
di
degradazione
del
nostro
sistema
democratico
che
viene
offerta
da
una
crisi
come
questa
,
con
le
responsabilità
che
stanno
alle
sue
origini
e
le
alternative
che
ne
derivano
.
L
'
iniziativa
socialista
si
colloca
infatti
sulla
linea
del
processo
avviato
con
l
'
uscita
del
Psi
dal
governo
dopo
le
elezioni
del
maggio
1968
,
e
sboccato
l
'
anno
successivo
nella
seconda
scissione
socialista
.
Dopo
di
allora
i
socialisti
hanno
rifiutato
sempre
più
nettamente
il
ruolo
di
garanti
dell
'
area
democratica
sulla
sinistra
,
che
avevano
svolto
nei
governi
precedenti
;
e
hanno
invece
cercato
di
presentarsi
come
mediatori
autorizzati
dell
'
ingresso
del
Pci
nell
'
area
del
potere
.
Sulla
sincerità
di
questa
vocazione
sono
lecite
le
più
ampie
riserve
:
ma
il
nuovo
indirizzo
della
politica
del
Psi
mostra
l
'
entità
dei
rischi
politici
che
i
partiti
democratici
si
erano
assunti
nel
tentativo
di
allargare
a
sinistra
lo
spazio
democratico
.
Non
sarebbe
giusto
sottovalutare
le
particolari
difficoltà
che
al
Psi
derivano
dall
'
esistenza
in
Italia
di
un
così
vasto
schieramento
comunista
,
senza
confronti
nel
mondo
occidentale
;
intorno
al
quale
si
aggregano
larghissimi
consensi
delle
classi
operaie
e
dei
lavoratori
in
genere
.
La
soluzione
offerta
ai
socialisti
dal
primo
centro
sinistra
era
stata
quella
di
una
politica
di
moderno
riformismo
,
atto
a
consolidare
ed
estendere
i
suoi
consensi
fra
le
masse
attraverso
un
'
incisiva
azione
di
rottura
in
grado
di
affrontare
i
molti
problemi
insoluti
,
rimasti
sulla
scia
del
tumultuoso
sviluppo
del
paese
:
ma
anch
'
essa
si
risolse
in
un
fallimento
,
certo
per
le
inadempienze
della
Dc
,
ma
anche
per
lo
scarso
mordente
e
la
mancanza
di
aggressività
dell
'
azione
socialista
negli
anni
facili
dei
primi
governi
presieduti
dall
'
on.
Moro
.
Nella
fase
successiva
il
Psi
non
ha
certo
rinunciato
a
mettersi
in
concorrenza
col
Pci
:
ma
per
esercitarla
ha
scelto
un
terreno
che
ha
finito
più
volte
per
metterlo
in
opposizione
con
gli
interessi
generali
del
paese
.
Siamo
tutti
d
'
accordo
sul
fatto
che
la
democrazia
italiana
farebbe
addirittura
un
«
salto
di
qualità
»
se
alla
testa
dell
'
opposizione
di
sinistra
vi
fosse
un
forte
partito
socialista
invece
che
un
Pci
le
cui
professioni
di
democrazia
sono
ancora
soggette
a
tante
riserve
.
Ma
in
vista
di
questo
obiettivo
,
il
Psi
ha
sostituito
alla
politica
delle
riforme
moderne
e
democratiche
,
che
è
propria
dei
grandi
partiti
socialisti
occidentali
,
una
ricerca
spesso
irresponsabile
di
consensi
,
tanto
più
accentuata
quanto
più
il
Pci
tendeva
invece
ad
esibire
la
sua
nuova
fisionomia
di
partito
serio
ed
efficientista
.
Sul
terreno
sindacale
e
su
quello
dell
'
ordine
pubblico
,
sul
piano
della
politica
economica
e
su
quello
della
finanza
e
dei
diritti
civili
,
per
non
parlare
delle
prese
di
posizione
dottrinali
e
di
principio
,
il
Psi
ha
così
svolto
un
ruolo
che
ha
finito
per
associare
il
suo
nome
a
molti
dei
più
gravi
processi
degenerativi
che
si
siano
lamentati
negli
ultimi
anni
:
non
escluse
le
forme
più
screditate
di
clientelismo
e
di
lottizzazione
partitica
.
La
constatazione
che
è
tanto
difficile
governare
l
'
Italia
senza
i
socialisti
quanto
lo
è
governarla
con
loro
,
non
ci
lascia
margine
che
a
speranze
più
o
meno
platoniche
.
All
'
interno
del
Psi
dovrebbe
aver
luogo
un
rinnovamento
profondo
perché
si
possa
contare
che
esso
sostituisca
una
politica
di
grandi
riforme
,
compatibili
con
il
sistema
produttivo
,
alla
facile
concorrenza
con
i
comunisti
sul
terreno
della
demagogia
.
Ma
l
'
esperienza
del
passato
,
con
la
pratica
inveterata
della
doppia
assunzione
di
ruoli
,
di
governo
e
di
opposizione
,
di
cui
i
socialisti
hanno
dato
tante
prove
,
non
ci
permette
di
farci
molto
assegnamento
.
Da
parte
sua
l
'
alternativa
comunista
,
in
termini
di
compromesso
storico
o
di
più
ampie
formazioni
di
governo
,
non
è
,
nelle
condizioni
attuali
,
carica
di
incognite
,
ma
solo
di
catastrofiche
certezze
.
E
quindi
non
si
vede
proprio
a
quale
gancio
certi
italiani
appendano
il
loro
ostinato
ottimismo
.
La
verità
è
che
il
tempo
delle
«
combinazioni
»
e
dei
papocchi
è
finito
per
sempre
.
Siamo
oramai
al
«
giorno
della
civetta
»
.
Per
affrontare
le
eventualità
che
l
'
avvenire
riserva
al
paese
,
una
condizione
sembra
in
ogni
caso
prioritaria
:
che
le
forze
democratiche
,
pur
nella
ricerca
di
tutte
le
possibili
e
inevitabili
collaborazioni
,
conservino
intera
la
propria
autonomia
e
la
propria
saldezza
ideale
e
politica
.
Solo
a
questo
patto
il
rapporto
coi
comunisti
non
si
tramuterà
automaticamente
in
sudditanza
e
asservimento
.