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StampaQuotidiana ,
Un drappello di Viterbesi , circa 90 a 100 , si armò fuori della città il giorno 30 settembre , marciò su Bomarzo , lasciando la città di Viterbo tranquilla , forse per non promuovere un immediato intervento delle truppe italiane ; a Bomarzo , col concorso dell ' intera popolazione , proclamò il governo nazionale . Nello stesso giorno alle 3 pom . gli insorti si impossessarono delle porte della città di Acquapendente , mentre i carabinieri pontifici si ritiravano in caserma , ed ivi resistettero sino ad essere fatti prigionieri . Gli insorti s ' impossessarono della cassa erariale , e ingrossati , marciarono lasciando in Acquapendente istituito il governo nazionale . L ' insurrezione delle provincie romane è certa , generale . Si aspettano notizie di Roma , ove il fermento si fa ognor più vivo . Le truppe al confine dànno segni evidenti di simpatia al movimento , talché una repressione allo slancio nazionale , in soccorso di Roma , si rende ognora più difficile , anzi impossibile . Le notizie di dilatazione del movimento insurrezionale proseguirono e proseguono ad arrivare telegraficamente al governo dalla frontiera . La proporzione delle camicie rosse sinora si conosceva minima nella forza insurrezionale , talché è evidente il fondo locale , quando pure dimenticassimo che molti cittadini delle provincie romane la indossavano essi stessi nelle file dei volontari , sempre e recentemente nella campagna del 1866 . È stata aperta una sottoscrizione per soccorrere i feriti . Nessun uomo di cuore mancherà all ' appello .
StampaQuotidiana ,
L ' incapacità odierna dei governi italiani a svolgere una politica da grande potenza , in armonia con la posizione storica della Nazione la quale non può né deve rinunciarvi , pena la vita e la fortuna dei suoi 40 milioni di abitanti risiede essenzialmente su due ordini di fattori , solo apparentemente contraddittori . Il primo consiste nella già rilevata instabilità e discontinuità di governo , che il parlamentarismo rende sempre più radicata nelle consuetudini politiche del Paese ; il secondo è nel dominio assoluto e continuativo della burocrazia , che muove e guida i governi , secondo le sue vedute particolari , all ' infuori di ogni pronta volontà nazionale o del cosiddetto legislatore e tanto meno dei delegati parlamentari posti a capo dei dicasteri . La discontinuità dell ' azione governativa e la continuità dell ' azione burocratica , anziché contrastarsi e correggersi o integrarsi per un fine socialmente utile , si sommano invece per accrescere l ' impotenza dello Stato ad iniziare la ricostruzione politica , economica e sociale del dopoguerra . Il mutevole avvicendarsi dei gabinetti , composti di figure mediocri , senza idee proprie , moltiplica gli errori , ritarda le decisioni sugli affari di ordinaria amministrazione , complica lo studio dei problemi d ' importanza nazionale . La persistente presenza di una mentalità burocratica nelle fucine legislative dei Ministeri , consolida gli errori , ne impedisce la correzione , ne prolunga gli effetti nel tempo , preparando il terreno giuridico fatalmente favorevole alla ripetizione di errori similari . Non potrebbe spiegarsi altrimenti la odierna crisi di funzionamento dei governi e del Parlamento , nell ' azione politica e nell ' attività legislativa . I ministri prendono a prestito idee dai direttori generali ; il Parlamento approva , spesso senza rettifiche se non di dettaglio , le leggi ideate , preparate e redatte fuori di esso . Governo e Parlamento hanno abdicato le proprie funzioni nelle mani di una vera dittatura invisibile ma potente . È giuocoforza riconoscere che questo fattore consuetudinario della potenza burocratica , anziché temperare , correggere e frenare il regime parlamentare , secondo i dettami e gli scopi di una grande politica nazionale , serve oggi a perpetuare l ' impotenza dello Stato a risolvere il problema nazionale . Non si può risanare il bilancio , perché non si possono ridurre le spese che alimentano la burocrazia e rafforzano il parlamentarismo : impiegati e deputati non intendono suicidarsi pel raggiungimento del pareggio . Perciò il metodo inglese delle economie è inimitabile e inattuabile in Italia . Non si possono riordinare i servizi pubblici , il cui costo è progressivo per lo Stato mentre l ' utilità di essi scema pel pubblico , perché vi osta il meccanismo dei ruoli organici e traverso il quale si moltiplicano uffici e sperperi di denaro pubblico , allargando la base del dominio burocratico . Nelle ferrovie vi sono 42 mila funzionari giudicati superflui dalle competenti autorità e che si potrebbero eliminare anche senza riduzioni di servizio pubblico . Ebbene non si riesce a licenziarne nemmeno una parte e bisogna attendere che se ne vadano spontaneamente , in un periodo più o meno lungo di anni . Quanti ? Vi sono nell ' amministrazione ferroviaria degli avventizi , maschi e femmine , che non hanno nessun diritto acquisito di restarvi . Le occasioni propizie per disfarsene non sono mancate : lo sciopero ferroviario , l ' agitazione e l ' entrata dei mutilati , in conclusione : sono rimasti avventizi , donne e mutilati . Occorre oggi un direttore delle Ferrovie energico , fattivo , competente , al quale urge affidare delle responsabilità ; la sua nomina sollecita al posto vacante è invocata dai partiti nazionali , dalla stampa , dai parlamentari , dalla parte migliore dell ' opinione pubblica . Tutto questo non basta : occorre che il Consiglio dei Ministri si aduni ripetutamente e discuta , senza concludere , o per concludere , sulla divergenza delle opinioni , che occorre prima un programma e poi un direttore . E si può proseguire . Nell ' amministrazione postelegrafonica aumenta il disordine ; esistono alle poste criteri amministrativi del tutto differenti da quelli in auge presso i telefoni . La gestione contabile di questi ultimi per mancanza di norme ben definite reca numerosi conti sospesi ed alle casse compartimentali il denaro ristagna mentre dovrebbe compiere la sua normale funzione circolatoria . Intanto il servizio è sempre più insufficiente , ed i privati organizzano trasporti automobilistici per le corrispondenze e per i pacchi , non osando più affidarli allo Stato . I furti e gli smarrimenti delle corrispondenze e delle merci in regime di trasporti di Stato aumentano : è stato dimostrato che il sistema attuale delle registrazioni per le raccomandate esonera dalle responsabilità il personale mentre ne accresce il numero al doppio del necessario . Che cosa si può fare per eliminare questi danni gravissimi per l ' economia nazionale oltre che per la vita civile ? Nulla sembra perché la burocrazia non può prendere seriamente in esame progetti di semplificazione , di sfrondamento e di riduzioni che danneggerebbero soprattutto e immediatamente se stessa . Né basta ! Mentre si accumulano accuse contro lo Stato ferroviere , postalegrafonico , commerciante , industriale e soprattutto monopolista , ecco che si vorrebbe il monopolio di Stato assoluto per le assicurazioni , rafforzando gli errori di una legge che risponde a concetti ormai sorpassati pel mutato clima politico e per la nuova situazione di fatto creatasi dopo la vittoria . Dopo la nazionalizzazione delle grandi imprese private di assicurazione che avevano sede nella sconfitta e dispersa Austria e la trasformazione dell ' Italia in nazione esportatrice di assicurazioni , si presenta la migliore occasione , oggi , per temperare e correggere gli effetti di quella legge dannosa allo sviluppo di un ' attività assai promettente ; ma nulla si riesce a fare perché l ' ostilità burocratica si impenna di fronte al pericolo di una minaccia qualsiasi , e sia pure lieve , alle aziende autonome burocratizzate , o sue dipendenti . Né , passando nel campo della vera e propria politica economica , ancora si spenge l ' eco malaugurante dell ' intenzione di insistere sull ' errore della nominatività dei titoli , giudicato tale ormai da chiunque abbia competenza economica , e , dopo il pellegrinaggio a Cavour , le voci di altre riforme finanziarie sparse da gruppi parlamentari fanno fremere di orrore il contribuente non ancora organizzato in capaci leghe di resistenza . Intanto aumenta lo sperpero del pubblico denaro per la politica di classe delle amministrazioni locali , per le cooperative , per l ' edilizia e prossimamente , per il latifondo . Ancora e sempre la burocrazia imperante ha in mano le redini di tutto questo movimento impressionante di aumento delle spese . Nessun indizio di rinsavimento appare all ' orizzonte . Nessun indizio dello sforzo ricostruttivo si scorge . La costanza con la quale si perdura in indirizzi di politica errati e si perpetuano metodi nefasti , è veramente impressionante . Orbene : non si può credere che tutte queste verità saranno sempre sterili per la coscienza pubblica . Non si può ammettere che la ribellione non si maturi ormai nella pubblica opinione . I partiti nazionali non lo possono e non lo debbono ammettere . Essi non possono certo chiedere a governi di rovesciare improvvisamente una situazione di fatto così grave e per molteplici ragioni ormai radicatesi poderosamente nel cuore della vita amministrativa . Non si può chiedere l ' impossibile . Ma essi hanno il diritto di pretendere almeno un primo atto di resipiscenza e di energia , almeno la risoluzione iniziale e di dettaglio di quei problemi che costituiscono la flora parassitaia del problema nazionale della ricostruzione . Essi domandano e debbono esigere almeno che si getti da lato la supina acquiescenza , l ' assenteismo e l ' indifferentismo dei dirigenti verso il progressivo attentato alla vita economica del Paese . Se i Governi rinunciano ancora a soddisfare a questo minimum di desiderata , essi condannano , fin d ' adesso , lo Stato a farsi integrare da forze sindacate più o meno saldamente , con un pericolo evidente di poter tralignare da buone intenzioni e propositi , e col danno certo di dover cominciare a rinnegare e distruggere l ' autorità dello Stato per restaurarla .
TORINO, 17 OTTOBRE ( - , 1867 )
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Il movimento romano non si allarga solamente negli Stati detti Pontifici , ma si ripercuote anche nell ' interno del Regno con crescente intensità . Il numero dei volontari che sarebbero pronti a partire , ove non s ' opponesse la mancanza d ' armi e di mezzi , già supera di molto le migliaia nel solo Piemonte . Al nostro uffizio è come una processione continua benché più volte abbiamo ripetuto che non si fanno arruolamenti né pubblici né clandestini , e che alla rivoluzione romana non sono gli uomini che manchino , ma solo le armi e i denari . Noi siamo lieti di questo entusiasmo , ma dobbiamo ripetere che non facciamo spedizione alcuna di volontari , e che quindi è inutile rivolgersi a noi . Noi teniamo ordine di mandare soccorsi di denaro e di ripetere che partano quelli soltanto i quali possano disporre di mezzi propri . Gli altri aspettino per non correre il rischio di far sciupare inutilmente i mezzi limitati di cui il Comitato può disporre . Il mezzo più efficace di aiutare gli insorti sta nel denaro . Chiunque sorga promotore di sottoscrizioni e ne spedisca l ' importo al Comitato Centrale ha ben meritato dell ' insurrezione . Importantissima sotto questo aspetto è la parte che molti Municipi vanno prendendo alla sottoscrizione nazionale . Né trattasi già di Municipi secondari , ma anche di illustri città come Brescia , Cremona , ed altre . Siccome l ' esempio sarà imitato , il governo del Re si troverà di fronte ad una agitazione di nuovo genere , ad una dimostrazione d ' una imponenza eccezionale . La sottoscrizione è pei feriti , dunque non porge alcun pretesto ad un divieto a termini di legge . Ma il significato dell ' atto patriottico resta intiero , ed è tale manifestazione dell ' opinione pubblica , che il governo italiano se fosse bene ispirato dovrebbe essere già a Roma . Non diremo altro per ora . La grande dimostrazione è appena sull ' esordire , ed è già divenuta gigante . Precorrere e guidare od essere rimorchiato , ecco l ' alternativa che si para dinanzi al governo italiano ! Precorra ! Il movimento romano non può e non deve abortire , e a nessun patto abortirà . Lo ripetiamo adunque : o precorrere con lode , od essere rimorchiato con danno . Cavour non avrebbe esitato .
TORINO, 3 NOVEMBRE ( - , 1867 )
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Lo scioglimento del Comitato Centrale di Soccorso in ossequio agli ordini del governo francese , dà luogo alla seguente domanda : Gli onorevoli Senatori e Deputati che componevano quel Comitato non potranno più riunirsi attorno al letto di Cairoli infermo ! Qual legge può loro farne divieto ? Nessuna . Dunque ? Dunque continua e continuerà a pubblicarsi il Bollettino di quelli onorandissimi patrioti , con questo solo divario che invece di chiamarsi Bollettino del Comitato Centrale , ora si chiama , con risparmio di tre parole , semplicemente Bollettino . L ' articolo del Codice Penale Lorenese in forza del quale lo scioglimento è stato intimato , è concepito nei termini seguenti : « Ogni toscano , o abitante di Toscana , il quale commettendo nel territorio di un altro Stato atti ostili , non approvati dal Governo , ha esposto il Granducato al pericolo di una guerra , è punito con la casa di forza da tre a dieci anni , e se ne è seguita la guerra , la detta pena può estendersi fino a venti anni » . Il trasferimento della capitale ha dunque ridotto l ' Italia alle proporzioni di un Granducato ? ! Si vuol dunque davvero dar ragione alla celebre e tremenda lettera di Ricci Vincenzo ? La Riforma alla lettura di quell ' articolo prorompe in queste parole : « La prima impressione che ogni animo retto deve sentirne è quella d ' una immensa meraviglia , quasi d ' incredulità ; impressione che deve far luogo ad una indignazione profonda » . E per verità codesta applicazione di legge è la ricognizione dello Stato Pontificio contrariamente al diritto nazionale italiano che stabilisce Roma capitale d ' Italia ; essa è un nuovo trovato della Consorteria per affermare quella Rinunzia a Roma che è la base della antinazionale e nefanda politica dei Convenzionisti . Ma chi vivrà vedrà .
QUARANTADUE ( - , 1922 )
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Quarantadue sono gli iscritti a parlare sulle comunicazioni del Governo ; e , a quanto si assicura , sono già in aumento . Saliranno a cinquanta e a più di cinquanta e cioè all ' ottavo dei presenti che si calcola saranno quattrocento . Questa proporzione è assurda e ridicola . È una vecchia tradizione abitudinaria , che bisogna abbandonare . È intollerabile . Sono pregati quanti , custodi degl ' immortali principii , credessero di riconoscere nelle nostre parole un proposito di violare una delle tante libertà , la libertà di parola , di ricordarsi di quello che inutilmente è stato detto e scritto e ripetuto tutte le volte che , dopo una crisi , o ad una riapertura di Camera , ci sia stata la solita accademia sulle comunicazioni del governo . In quelle occasioni , da tutte le parti , compresa la stampa socialdemocratica , si è deplorato le chiacchiere inutili , la logorante esposizione di tutto lo scibile , l ' indisciplina dei gruppi incapaci di designare un rappresentante , la vanità dei singoli , preoccupati di collocare il proprio discorso , e via di seguito . E la deplorazione è stata vana , sempre vana , tanto da diventare anche essa un ' accademia rituale come la discussione . Noi crediamo invece che si debba finirla con l ' una e con l ' altra accademia . La libertà di parola non c ' entra . Poiché in un Parlamento bene ordinato il diritto di parlare trova norme e limiti spontanei nella disciplina dei gruppi , nella sostanza dei discorsi , nella condotta degli ascoltatori . In Inghilterra e in Francia è norma quasi costante che le dichiarazioni del governo abbiano la sanzione del voto nella giornata stessa in cui sono state pronunziate . Soltanto in Italia un voto può arrivare dopo una settimana . Ci pare poi che questa sia una buona occasione per finirla . C ' è un governo che si costituisce con atti , che si è già affermato con atti , che vuol continuare per atti . Gli atti per la costituzione del governo , gli atti del governo , sono noti , definiti . La Camera quindi può , deve anzi giudicarli , senza prolisse e variopinte interpretazioni . Le comunicazioni del governo saranno appoggiate a questi atti e non saranno il solito discorso , che entra in gara con altri discorsi , che si conclude in un secondo discorso , che provochi i vani discorsetti delle dichiarazioni di voto . Non ci deve essere posto per la chiacchiera , soprattutto per la chiacchiera personale dei numerosi deputati , i quali debbono risolvere pubblicamente il loro caso di coscienza , per passare dal culto socialdemocratico al filofascismo . Questi casi di coscienza siano risoluti col voto , e basta . Tutto il resto non avrebbe alcun interesse . Potrebbe anzi fare schifo . La Camera deve , se ne è capace , dimostrare alla Nazione di assolvere ancora un qualche compito . Serio , positivo , quale certamente non è indicato dal numero degli oratori , chiamandoli così , iscritti per la discussione sulle comunicazioni del governo . La Camera deve ricordarsi di avere , con i suoi lunghi periodi di vanità parolaia , con i suoi volgarissimi e abietti litigi , con la sua incontinenza demagogica nel compromettere la solidità del bilancio , toccato l ' estremo della degenerazione parlamentaristica , di aver essa dato al Paese il tristo spettacolo di un istituto in paralisi , in dissoluzione . La Camera ha oggi la responsabilità delle sue colpe , dei suoi errori , la cui diagnosi è stata inutilmente ripetuta . Spetta oggi alla Camera di dimostrarsi almeno capace di contrizione .
TORINO, 7 NOVEMBRE ( - , 1867 )
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Nel numero di ieri ci siamo resi interpreti dei sentimenti dei nostri concittadini . La quistione di Roma , santificata da nuovo sangue , è più sacra e più viva che mai per il popolo italiano , il quale non si sente né vinto né sconfortato per gli intoppi presenti . Garibaldi vittorioso a Monterotondo , e sopraffatto dal numero a Mentana , appare più sublime che mai al cuore ed alla mente d ' Italia , che in lui vede il propugnatore dell ' onore nazionale . Ma oggi non è giorno di commenti .
CONTRO LA NAZIONE ( - , 1920 )
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« Noi constatiamo che , ogni giorno che passa , le esigenze della Nazione appaiono in contrasto sempre più chiaro con principii e con metodi che il massimalismo dichiara di professare » . Queste sono parole del manifesto di Turati , Treves ed altri , fra i quali l ' on . Buozzi , quello stesso che dovrebbe condurre le schiere dei metallurgici . Sono parole timide e tardive , imposte dalla evidenza di un male che ha già fatto tutto il suo male . Sono la confessione , non sappiamo più quanto tempestiva , di una colpa . Quando durante la guerra , crisi per eccellenza della Nazione , e dopo la vittoria , suprema e massima conquista della Nazione , noi abbiamo ostinatamente denunziato il fine antinazionale del socialismo ufficiale , anche i firmatari del manifesto ci hanno risposto negando , deliberati di ignorare la Nazione per la classe . Oggi che , con la acquiescenza prima , con la complicità poi durante il governo di Nitti della cosiddetta classe politica dirigente , è stato distrutto , nella diffamazione dello sforzo bellico , nella dilapidazione del patrimonio morale della vittoria , il beneficio nazionale e però anche del proletariato , il benefizio italiano della guerra vinta , oggi soltanto , quando tutto il male è stato fatto e si impone a coloro che ne sono stati anch ' essi autori , più o meno inconsapevoli , si osa affermare l ' esistenza di una Nazione , la cui vita è minacciata dalla propaganda massimalista . Non occorre più ricercare prove di sotterranei e obliqui rapporti con lo straniero , bolscevico e non bolscevico ; non occorre sorprendere i colloqui notturni del rappresentante russo Vodosonoff con l ' on . Bucco e qualche redattore dell ' Avanti ! ; non occorre cercare la documentazione di sollecitazioni , diciamo così , jugoslave all ' improvviso sciopero generale della Venezia Giulia . Quando si deve ammettere che l ' azione massimalista è in contrasto con la Nazione , dopo un mostruoso esperimento in corpore vili oggi ben chiaro per tutti , la coincidenza dell ' interesse straniero e nemico con i moti operai , anche esibiti in formule economiche , è inevitabile . È nella cosa . Ci sia una Russia bolscevica , costretta dalla disperazione a propagare con oro il suo male ; ci sia una Jugoslavia , altrimenti impotente a contrastarci la vittoria , interessata ad avere una Italia paralizzata a prezzo minore di un qualsiasi tentativo bellico ; ci siano una Francia , un ' Inghilterra , desiderose di eliminare di fatto l ' Italia dal rango di grande potenza , sanguinosamente conquistato , non più per loro sopraffazione egemonica , ma per dissoluzione interna italiana ; ci siano oppure no a collaborare queste forze , avverse o addirittura nemiche , questo è certo : che il massimalismo nostrano lavora contro la Nazione a benefizio dello straniero . Anche quando finga di mantenersi , come nella lotta dei metallurgici , nei termini di una competizione sociale . Poiché , ammesso , ciò che non è , che i ripetuti assalti delle categorie organizzate sieno di carattere economico , è inoppugnabile che , dopo la conquista degli alti salari avvenuta durante la guerra stessa , l ' Italia doveva saper decidere , se nella formidabile lotta di accaparramento di produzione e di mercato , uscita dalla guerra , e in cui si gettavano giganteschi concorrenti , l ' industria italiana , cresciuta nella guerra , sarebbe stata sorretta dalla vittoria o umiliata come in una sconfitta . Ebbene ciò che oggi avviene è semplicemente questo : che la sconfitta , respinta al nemico vinto in campo aperto , è stata trasferita all ' azione interna del massimalismo . Questo , dopo Vittorio Veneto , ha voluto e vuole riportare l ' Italia a Caporetto senza il Piave . Anche se si tratti di una Caporetto economica . Poiché basterà aggiungere alla schiavitù delle materie prime , a quelle del tonnellaggio e del cambio , anche la schiavitù derivante dall ' inevitabile crollo della produzione stritolata nei puerili e criminali esperimenti di gestione collettiva , falliti miseramente anche in Russia per preparare all ' Italia le condizioni di una servitù politica . Ma quando si consideri che il movimento economico è baldanzosamente indicato come movimento politico , di deliberato carattere antinazionale , alimentato soltanto dalla diffamazione della guerra e della vittoria , quello che è un fatto inevitabile della stessa contesa economica nei termini che assume , diventa il proposito confessato , contro cui lo stesso manifesto socialista è obbligato di porsi . Ebbene questo proposito è di pochi e di miserabili . Ma ha un complice : il governo oggi è inferiore a quella stessa timida e tardiva resipiscenza tentata dai firmatari del manifesto . Il suo preteso agnosticismo nel conflitto economico , è in realtà fumosa cecità politica e torbida insensibilità nazionale . Il governo ignora di dover difendere il patrimonio comune , il patrimonio nazionale . Di doverlo difendere da un assalto che , consapevolmente o non , serve tutte le forze antinazionali e soltanto le forze antinazionali . Le formule , da esso cercate d ' ora in ora , sono miserabili pretesti . La sua inazione , quando basterebbe una modesta azione restauratrice , è un delitto . Esso tradisce , poiché quest ' ora che noi viviamo non è di rivoluzione , no , ma di disfatta . Di disfatta , dopo la vittoria sul campo !
TORINO, 14 NOVEMBRE ( - , 1867 )
StampaQuotidiana ,
Alcuni giornali d ' altre città danno come prossima la partenza di Garibaldi per l ' America sopra un bastimento noleggiato in Inghilterra dai due figli del Generale . L ' imbarco avrebbe luogo d ' accordo col governo ( ? ) prima della convocazione del Parlamento . Questa voce era corsa anche a Torino con questa variante però che l ' allontanamento di Garibaldi sarebbe voluto dal governo italiano sotto pretesto che importa anzitutto alleviare l ' occupazione francese , che pertanto Garibaldi deve eclissarsi per qualche tempo ( ! ) , e Roma cessare d ' essere l ' argomento di eccitazione . In premio di ciò avremmo tra breve la soluzione necessaria della quistione romana ... ! Polvere agli occhi . Quale di queste due versioni sia la vera lo sapremo tra breve , perché Garibaldi , sia che resti in Italia , come speriamo , sia che chiegga ospitalità alla libera terra d ' America , farà certamente conoscere i suoi intendimenti . Riserviamo per ciò il nostro giudizio sopra cosa di tanta gravità , e ci limiteremo a far osservare che il ministero s ' illude stranamente se crede che Roma nelle mani del Papa possa mai cessare di essere in Italia argomento di eccitazione ! Il movimento garibaldino non è una di quelle imprese esclusivamente militari che cessano affatto colla sconfitta d ' uno dei due eserciti . Espressione d ' un bisogno nazionale e umanitario , il movimento garibaldino può avere una sosta apparente , ma nel fatto continuerà irresistibile , reso più forte dall ' apostolato dei reduci , più sublime dal sangue dei martiri , e non cesserà se non quando quel bisogno sarà soddisfatto . Coi Bandiera eran pochi individui ; col Pisacane poche decine ; ma dal sangue dei Bandiera e dei Pisacane sorsero i mille e i mille : il sangue di Mentana sarà assai più fecondo . Finché la questione di Roma non abbia ottenuto uno scioglimento definitivo , non v ' è distanza che valga ad eclissare Garibaldi , il generale di Roma . Se fosse effetto di violenza , l ' allontanamento del Generale sarebbe un nuovo e più fiero oltraggio al sentimento nazionale , vale a dire una nuova imprudenza , una nuova provocazione .
PUNTO FERMO ( - , 1920 )
StampaQuotidiana ,
La deliberazione della Confederazione delle Industrie merita pieno consenso . Essa chiarisce nettamente come dalla vertenza economica tra operai e industriali metallurgici si sia passati per sottomissione operaia alla propaganda massimalista e per defezione dello Stato nella cosiddetta neutralità del Governo , ad un tentativo di rivolta sociale e politica , i cui risultati già innegabilmente distruttivi vanno oltre le posizioni singole degli industriali e toccano il patrimonio della Nazione , la sua possibilità di vita e di sviluppo nella terribile concorrenza mondiale . Perché possa essere ammessa la trattativa economica , occorre respingere e annullare il tentativo di rivolta . Non di rivoluzione , poiché quando le rappresentanze delle organizzazioni operaie e del partito socialista dichiarano che la presa di possesso dei mezzi di produzione e la gestione diretta non sono , come dovrebbero essere , un fatto di coscienza e di volontà la cui deliberazione non dovrebbe ammettere revoche , ma invece un mezzo di intimidazione per ottenere un aumento di salario di una determinata categoria , si deve confermare quanto ieri abbiamo detto e che cioè negli avvenimenti paralizzatori della vita della Nazione , cominciati con gli scioperi del luglio dell ' anno scorso , non agisce una qualunque forza dinamica costruttiva , ma lo spirito dilapidatore della sconfitta . Persuasi di ciò , persuasi che per la salute dello stesso proletariato , cui la cosiddetta neutralità governativa ha tolto il modo di poter resistere alle impostazioni della minoranza massimalista riuscita ad usurpare l ' autorità dello Stato , persuasi che dopo quattordici mesi di continuo scadimento , occorra finalmente fermarsi ad un punto chiaro di resistenza , riconosciamo alla deliberazione della Confederazione delle Industrie un preciso valore economico , sociale , nazionale . Un valore politico di decisione utile e salutare , sulla quale provare tutte le buone forze che intendono opporsi ad un ' opera di dissolvimento . La difesa della singola industria è oggi compresa nella difesa di un ordinamento economico e sociale , che noi crediamo , soprattutto in questo momento di crisi uscita dalla guerra , il solo capace di impedire la schiavitù economica e quindi politica allo straniero tanto più potente , il solo capace di garantire il faticoso acquisto che l ' Italia ha compiuto per liberarsi dalla condizione e più dallo spirito di minorità mondiale . Questo valore nazionale dell ' ordinamento economico e sociale , da noi affermato contro tutte le miserabili menzogne e calunnie demagogiche , si impone oggi nella lotta contro il comunismo , di cui economicamente è dimostrato dallo stesso esperimento russo l ' effetto distruttivo senza nemmeno il benefizio , anzi col danno della classe che lo compie ; e i cui equivalenti politici , l ' internazionalismo e l ' antimilitarismo , sono stati così in contrasto con la realtà storica da obbligare la Russia a cercar salute soltanto nella negazione risoluta di essi : nella guerra . Ma se consentiamo economicamente , socialmente , nazionalmente e anche moralmente , per uscire con un atto di dignità consapevole da questo marasma di pusillanimità , con la deliberazione della Confederazione delle Industrie , non possiamo non domandare oggi stesso agli industriali che si uniscono in essa , che per l ' efficacia politica di questa deliberazione è necessaria una resipiscenza . Essi debbono oggi veder chiaro anche nelle loro colpe e nelle loro responsabilità , che sono gravi . Essi debbono confessare che a questa coincidenza della loro difesa con quella dei beni materiali e morali della Nazione non sono arrivati con una coscienza politica nazionale . Non pensiamo , questo dicendo , alla nostra particolare azione che tenacemente abbiamo proseguita per creare una coscienza economica nazionale fuori dei luoghi comuni del più vuoto riformismo demagogico , e che è stata così poco intesa dalla classe cosiddetta dirigente . No . Andiamo oltre la nostra dottrina e la nostra posizione e constatiamo che quando forze costruttive della Nazione , le quali hanno il dovere di una superiore chiaroveggenza , hanno consentito e collaborato attivamente e passivamente ad una politica di distruzione della vittoria all ' estero e all ' interno ; quando una classe cosiddetta dirigente consente che si aggiunga al disfattismo della guerra il disfattismo della vittoria , al neutralismo il vilsonismo ; quando si crede estranea alla propria attività di cittadino , dirigente possenti organizzazioni , la custodia e la difesa degli scopi supremi della Nazione , quelli della sua unità territoriale , strategica , spirituale minacciati e offesi in Adriatico , oltre che da prepotenze straniere , dalla nostra ignoranza e malvagità ; quando si accetta che il governo ponga , con l ' amnistia ai disertori e cioè al reato dei reati , le basi della dissoluzione dello Stato e della defezione governativa innanzi alla singola violenza ; quando a governi , che si sottomettono complici agli scioperanti nei pubblici servizi , e tutto questo compiono , si da la propria collaborazione , nella illusione che tutto ciò possa difendere , col danno della Nazione , le proprie posizioni economiche ; quando a chi ostinato denunzia i pericoli di tanta mostruosità si crea l ' isolamento politico e morale , non possiamo non domandare che il valore della deliberazione di Milano sia anche di un punto fermo ad una politica che ha avuto troppe complicità e troppa passività negli autori di quella . Se questo non fosse , dovremmo aspettare la restaurazione della Nazione da forze oscure e non ancora ordinate , le quali certo non potrebbero impedire la più grave crisi che oggi minaccia , e non potrebbero risolverla in fine se non fuori di una legge e a prezzo di rovine .
StampaQuotidiana ,
Sì , l ' Italia ha diritto di piangere . Ella ha fatto una perdita immensurabile . Sì , l ' Italia pianga , ma pianga col cuore e tenga saldo il cervello . Per quanto sia giusto , per quanto debba esser grave il dolore , guai se sotto al peso di questo l ' Italia s ' accascia . Coraggio . L ' Italia conta ancora dei nobili figli . Per Dio , l ' Italia avrà ancora degli uomini che sappiano porsi a livello della circostanza . Disotto alle grandi sventure germina sempre la concordia . Abbiamo quindi diritto a sperare che tutte le forze italiane si stringeranno in un fascio , per far più impeto allo scherno della fortuna . Noi che vediamo passarci muta la gente dinanzi , noi che vedemmo la scorsa notte affollata la contrada Cavour di una popolazione , che , costernata , volea avere d ' ora in ora notizie sulla salute del grande Cittadino che abbiamo perduto ; noi che vediamo oggi questa popolazione legittimamente cupa , e coll ' espressione solenne del suo dolore ; noi che vediamo l ' industria , il commercio , la città tutta chiusa nella sua ambascia , possiamo facilmente argomentare del lutto , che questa triste notizia avrà steso sulle povere contrade , la cui vita era tutta di speranze . Coraggio . Pensiamo che l ' opera dell ' Uomo di Stato che ci fu tolto non è ancora compiuta . Pensiamo che quanti siamo già liberi , abbiamo bisogno di calma e di ordine . Pensiamo che c ' è Venezia alla quale non manca già la calma e l ' ordine , ma la vita . Per Roma la è una questione a parte , e già risolta in principio ; e che noi , come l ' abbiamo già annunciato , non la calcoliamo la questione vitale . La questione di vita o di morte è Venezia . Noi comprendiamo la immensità del dolore che piomberà al triste annunzio , su quella già desolata contrada . Ebbene ; che al dolore della perdita non si aggiunga la notizia di una ingiusta sfiducia . Noi non andremo a cercare nelle memorie antiche il coraggio ; non pescheremo le nostre forze nelle tombe dei nostri grandi avi ; lascieremo ad altri la pompa delle frasi retoriche ; sì , siamo la terra dei Vico , dei Machiavelli , dei Dante , dei Ferruccio , dei Michelangelo , e di quant ' altri giganti piaccia ad altri evocare - ma oggi queste grandi ombre posson poco per noi lasciamole dunque al loro posto , e , senza tante vanterie vaporose e sonore , diciamoci prosaicamente : coraggio ; Cavour prima di morire parlò della sua Italia . E di che altro poteva quel grande patriota occuparsi anche morendo ? ... Ebbene ! gli amici che raccolsero il suo ultimo sospiro , lo sentirono in tutti questi giorni parlare parole di fiducia pei nostri destini . Cavour non delirava . Egli parlava assennato , e veggente . Chiese egli stesso del Padre Giacomo per confidargli che la sua coscienza era sicura . E compiute in ordine tutte le cose sue , tornò a parlare cogli uomini politici dell ' Italia . E ripetutamente terminava i suoi ragionamenti con queste parole Oh , ma la cosa va , state sicuri che ormai la cosa va . Coraggio , dunque , attingiamo da queste estreme parole la fiducia in noi stessi pei destini della patria . Certo è mancata la colonna più salda , una colonna di porfido ; ma in fine se ci metteremo tutti sotto , l ' edificio non crollerà . Su dunque quanti siamo onesti ( e di fronte alla patria spero il siam tutti ) , facciamoci uniti stigmatizzando senza misericordia chiunque tentasse turbare la calma che ci abbisogna . Che le parole del Conte Cavour sieno profetiche per l ' Italia . Che le sorelle gementi ancora in catene non si lascino abbattere dall ' inattesa sventura . Fu una perdita grave , immensa , ma la storia dei nostri giorni ha notati nelle sue pagine altri figli coraggiosi , e intelligenze illustri . Questi figli , queste intelligenze sono ancor forze vive della Nazione . Cavour ha detto che la cosa ormai va . Ebbene coraggio , viva Dio la deve andare , e l ' andrà .