StampaQuotidiana ,
Guardiamo
sempre
a
Santena
,
e
Santena
ci
risponde
:
Venezia
e
Roma
.
Guardiamo
ai
convenzionisti
,
e
ci
rispondono
:
Tappa
e
disarmo
.
Ebbene
,
no
.
Né
tappa
né
disarmo
.
Quest
'
è
il
nostro
programma
dell
'
avvenire
,
questa
la
posizione
nostra
franca
,
netta
,
decisa
.
Ma
la
Convenzione
è
legge
.
Sì
,
è
legge
,
e
la
rispetteremo
.
Ma
noi
le
daremo
altro
sviluppo
da
quello
che
intenderebbero
darle
i
loro
autori
.
Mentr
'
essi
abdicarono
al
programma
del
Conte
Cavour
,
noi
lo
vorremo
compito
fino
alla
sua
ultima
sillaba
.
Noi
,
soli
difensori
delle
Questioni
urgenti
di
Massimo
d
'
Azeglio
quand
'
era
vivo
Cavour
,
contro
il
briaco
schiamazzare
d
'
una
stampa
che
appena
allora
vagìa
di
politica
,
noi
non
apostatiamo
alla
nostra
fede
come
fan
essi
che
oggi
accettano
quello
contro
cui
bestemmiavano
allora
.
Noi
,
cui
piacque
sentir
le
nobili
ire
della
stampa
a
noi
ostile
contro
il
programma
di
raccoglimento
del
Conte
di
San
Martino
,
non
apostatiamo
oggi
al
nostro
grido
che
«
il
disarmo
con
Venezia
in
catene
sarebbe
tradimento
»
,
ma
subendo
la
inesorabile
necessità
a
cui
ci
trascina
la
Convenzione
fatta
legge
,
ci
adopreremo
perché
si
arrestino
,
per
quanto
è
possibile
,
le
ultime
conseguenze
di
un
atto
che
ci
condurrebbe
sa
Dio
a
quali
tristi
sciagure
.
Per
far
ciò
bisogna
che
il
Piemonte
corra
dietro
all
'
Italia
,
che
gli
si
tenta
rapire
.
Bisogna
rispettare
la
legge
del
trasporto
ma
star
sentinelle
col
moschetto
al
viso
per
attendere
l
'
ultimo
minuto
dei
due
anni
in
cui
la
Francia
s
'
è
impegnata
a
trarre
il
Corpo
d
'
occupazione
da
Roma
.
Bisogna
completare
l
'
Italia
con
Venezia
nostra
,
colla
Monarchia
in
Campidoglio
.
Eccoci
fermi
nei
nostri
principii
,
eccoci
saldi
sempre
alla
nostra
bandiera
.
Chi
vede
in
noi
il
municipalismo
,
ci
guarda
colle
lenti
proprie
.
Come
non
conosciamo
consorterie
,
come
non
conosciamo
partiti
,
come
non
conosciamo
interessi
che
ci
leghino
a
una
piuttostoché
ad
altra
contrada
,
così
non
conosciamo
municipii
.
Il
nostro
campanile
è
in
Campidoglio
.
Il
nostro
programma
è
quello
del
Conte
Cavour
!
StampaQuotidiana ,
Ogni
sforzo
diretto
a
porre
fine
alla
violenza
e
a
conciliare
gli
animi
esasperati
non
può
non
essere
guardato
con
benevolenza
e
secondato
con
sincero
desiderio
di
successo
.
Ma
perché
il
successo
sia
non
apparente
,
ma
reale
e
fecondo
di
utili
risultati
per
il
Paese
,
bisogna
che
i
vantaggi
conseguiti
dalla
parte
nazionale
sulla
parte
antinazionale
,
dall
'
Italia
sull
'
antitalia
abbiano
pieno
riconoscimento
e
siano
consolidati
in
quel
nuovo
stato
di
fatto
,
che
seguirà
all
'
accordo
.
Diversamente
sarebbe
non
una
pace
,
ma
una
semplice
tregua
a
tutto
vantaggio
dei
nemici
interni
,
che
la
pusillanime
tolleranza
o
assenza
dei
governanti
aveva
resi
audaci
e
spavaldi
e
che
la
spontanea
reazione
delle
giovani
forze
nazionali
,
dopo
averli
costretti
ad
una
disperata
difensiva
,
li
ha
ridotti
a
chiedere
mercé
.
Il
Popolo
italiano
non
è
una
scolaresca
in
vacanza
,
che
dopo
avere
giocato
alla
guerra
,
si
diverte
a
stipulare
la
pace
.
La
pace
interna
deve
essere
una
cosa
seria
,
appunto
perché
la
guerra
interna
è
stata
una
cosa
triste
ed
atroce
.
Come
coi
nemici
esterni
così
coi
nemici
interni
l
'
Italia
non
può
volere
una
pace
di
compromesso
,
ma
una
pace
vittoriosa
.
Ora
una
pace
vittoriosa
all
'
interno
non
può
voler
dire
semplicemente
la
fine
della
materiale
violenza
,
ma
il
riconoscimento
pieno
ed
universale
della
supremazia
morale
dell
'
Italia
,
l
'
osservanza
per
tutti
del
culto
,
per
lo
meno
esterno
,
della
Patria
.
Se
la
fine
della
violenza
non
deve
essere
l
'
effetto
dell
'
esaurimento
fisico
delle
parti
contendenti
o
di
un
intervento
coercitivo
del
potere
pubblico
,
ma
l
'
oggetto
di
una
regolare
stipulazione
contrattuale
,
questa
non
può
avere
per
presupposto
il
diritto
ad
una
incondizionata
libertà
di
manifestare
e
di
esaltare
la
propria
idealità
,
anche
se
in
contrasto
ed
in
ispregio
con
l
'
idea
sovrana
di
Patria
.
Non
si
può
contrattare
il
rispetto
alla
bandiera
nazionale
,
mediante
il
corrispettivo
del
rispetto
alla
bandiera
rossa
.
Al
disarmo
materiale
della
parte
nazionale
deve
corrispondere
da
parte
degli
elementi
sovversivi
il
disarmo
degli
spiriti
almeno
nelle
loro
manifestazioni
esteriori
.
Ora
sono
gli
uomini
,
che
si
assumono
la
responsabilità
di
rappresentarli
,
in
grado
di
garantire
che
non
avranno
più
a
ripetersi
gli
oltraggi
alla
bandiera
nazionale
,
il
vilipendio
dell
'
esercito
,
gli
insulti
ai
combattenti
e
le
offese
alla
vittoria
italiana
,
che
già
furono
in
onore
nelle
manifestazioni
pubbliche
e
sulla
stampa
di
loro
parte
?
Di
non
permettere
più
lo
sventolio
delle
bandiere
rosse
nei
loro
municipi
e
nelle
sedi
delle
loro
organizzazioni
,
i
voti
antipatriottici
nei
loro
consessi
?
Se
sì
,
firmino
pure
l
'
accordo
e
la
pace
sarà
fatta
.
Se
no
,
è
perfettamente
inutile
che
si
reciti
la
commedia
della
pace
interna
,
mediante
la
stipulazione
di
un
regolare
protocollo
di
rappresentanti
senza
credenziali
.
È
inutile
,
perché
la
violenza
,
non
potrà
mai
essere
eliminata
finché
permangono
le
provocazioni
alla
violenza
.
Noi
non
possiamo
ammettere
che
i
simboli
della
Patria
,
come
la
bandiera
nazionale
,
e
gli
organi
essenziali
della
Patria
,
come
l
'
esercito
,
siano
identificati
ai
simboli
e
agli
organi
di
un
partito
e
quindi
equiparati
,
nel
mutuo
rispetto
e
nella
mutua
tolleranza
,
ai
simboli
e
agli
organi
di
un
altro
partito
,
che
disconosce
la
Patria
in
tutti
i
suoi
attributi
e
in
tutti
i
suoi
simboli
.
Perciò
un
accordo
per
la
pacificazione
non
può
avere
per
oggetto
che
o
la
garanzia
dei
capi
socialisti
dell
'
ossequio
da
parte
dei
loro
seguaci
alle
forme
e
agli
istituti
che
incarnano
e
simboleggiano
la
maestà
della
Patria
;
o
l
'
impegno
da
parte
degli
stessi
capi
di
consentire
acché
lo
Stato
reprima
fermamente
,
anche
,
se
occorre
,
mercé
nuovi
provvedimenti
legislativi
,
ogni
forma
di
vilipendio
alla
Patria
e
ogni
offesa
alla
coscienza
nazionale
.
StampaQuotidiana ,
La
storia
del
mondo
voltava
pagina
.
Quando
Luigi
Barzini
,
ragazzo
di
Orvieto
,
scese
a
Roma
,
arruolato
in
un
modesto
giornale
,
che
mescolava
i
piccoli
entrefilets
con
i
«
pupazzetti
»
nel
genere
di
quelli
di
Vamba
e
di
Gandolin
,
e
fu
scovato
da
Luigi
Albertini
e
spedito
a
Londra
come
corrispondente
del
«
Corriere
della
Sera
»
,
erano
,
senza
che
molti
se
ne
rendessero
conto
,
anni
di
avvenimenti
favolosi
.
Dalla
lanterna
magica
si
passava
alle
pellicole
dei
Lumière
,
la
Patti
e
Tamagno
incidevano
i
loro
primi
«
cilindri
di
cera
»
per
il
fonografo
,
Marconi
studiava
il
telegrafo
senza
fili
,
l
'
uomo
si
ostinava
a
tentare
di
volare
affidato
ad
un
paio
d
'
ali
simili
a
quelle
di
un
pipistrello
.
Molto
cambiava
nel
mondo
.
Al
corredo
dei
soldati
giapponesi
sarebbe
stata
aggiunta
di
lì
a
poco
una
zappetta
per
scavare
,
idea
difensiva
del
tutto
nuova
,
una
trincea
.
Barzini
aveva
ventidue
anni
al
tempo
di
Adua
,
dove
cadde
ucciso
il
primo
inviato
speciale
italiano
.
Il
suo
spirito
di
italiano
rimase
per
tutta
la
vita
,
per
quel
ricordo
,
legato
al
problema
di
una
dignità
da
salvare
.
Il
giornalismo
al
cui
servizio
lo
chiamò
Luigi
Albertini
-
Barzini
aveva
ventiquattro
anni
,
Albertini
ventotto
-
sarebbe
stato
del
tutto
diverso
da
quello
dei
Bottero
,
dei
Bersezio
,
dei
Mercatelli
,
dei
Gobbi
-
Belcredi
,
dei
Roux
e
del
principe
Sciarra
.
Fosse
rimasto
a
Roma
,
Barzini
sarebbe
probabilmente
naufragato
nelle
cronache
,
nei
pettegolezzi
e
fra
i
«
pupazzetti
»
di
Montecitorio
.
Albertini
mandava
Ugo
Ojetti
,
altro
coetaneo
,
a
conoscere
le
terre
d
'
oltre
Adriatico
da
cui
sarebbe
giunta
in
Italia
la
bellissima
Principessa
Elena
e
,
subito
dopo
,
lo
mandava
in
Calabria
sulle
tracce
del
brigante
Musolino
.
A
Barzini
,
alto
,
magro
,
pettinato
con
una
riga
in
mezzo
,
Albertini
consegnò
le
chiavi
del
mondo
ad
un
'
età
in
cui
,
mentre
l
'
Ottocento
tramontava
,
era
ancora
difficile
che
si
affidassero
ai
ragazzi
le
chiavi
di
casa
.
Negli
uffici
del
«
Corriere
»
Barzini
non
ebbe
mai
una
propria
scrivania
.
A
casa
,
per
vari
anni
,
non
ebbe
il
telefono
,
in
una
Milano
che
nel
1906
aveva
solamente
mille
apparecchi
.
Il
figlio
non
ci
racconta
se
suo
padre
«
batteva
»
a
macchina
.
La
stilografica
era
appena
nata
ed
era
una
novità
addirittura
entusiasmante
,
tanto
che
certi
giornalisti
intitolavano
Stilografiche
le
loro
rubriche
.
Gli
articoli
di
viaggio
e
le
corrispondenze
si
chiamavano
Lettere
da
Londra
o
Lettere
dalla
Russia
o
addirittura
,
più
tardi
,
Lettere
dal
fronte
perché
erano
proprio
delle
lettere
da
porto
doppio
,
impostate
con
francobolli
da
15
centesimi
.
Milano
non
toccava
il
mezzo
milione
di
abitanti
.
Barzini
andava
in
terre
lontane
:
e
,
nelle
terre
lontane
,
viaggiava
ancora
a
cavallo
.
Nei
conti
che
,
al
ritorno
,
consegnava
all
'
amministratore
Eugenio
Balzan
,
c
'
erano
«
voci
»
che
oggi
sanno
di
favola
:
cavallo
,
stalla
,
striglia
,
avena
,
carrube
.
La
Cina
per
la
guerra
dei
Boxers
;
la
Siberia
vista
dalla
Transiberiana
;
la
tragica
epopea
della
guerra
russo
-
giapponese
fino
alla
battaglia
di
Mukden
;
infine
i
16
mila
chilometri
di
viaggio
in
automobile
da
Pechino
a
Parigi
:
sono
i
sette
anni
stupefacenti
di
Barzini
,
scrittore
lento
,
pieno
di
dubbi
e
di
tormenti
,
infaticabile
nello
sforzo
di
raggiungere
una
«
limpidità
»
che
fino
allora
,
salvo
per
De
Amicis
,
sembrava
negata
alla
nostra
prosa
non
solamente
giornalistica
.
Per
chi
conosce
i
suoi
predecessori
,
la
differenza
di
tono
appare
evidente
.
Barzini
non
amoreggia
con
i
crepuscolari
:
non
è
un
seguace
del
«
naturalismo
»
e
,
soprattutto
,
non
si
lascia
prendere
nemmeno
con
la
punta
del
mignolo
nelle
tagliole
del
dannunzianesimo
.
Sempre
salvo
da
ogni
contagio
,
è
probabile
che
leggesse
assai
poco
i
suoi
contemporanei
.
Era
tutto
teso
a
«
vedere
»
,
si
fidava
più
della
memoria
visiva
che
non
del
taccuino
.
Collega
di
due
grossi
bibliofili
come
Ojetti
e
Simoni
,
in
casa
-
salii
una
volta
,
a
vent
'
anni
,
al
suo
quarto
piano
-
non
aveva
vistose
librerie
.
I
libri
erano
quasi
tutti
,
probabilmente
,
di
sua
moglie
,
ch
'
era
buona
scrittrice
:
e
per
quanto
io
guardassi
attorno
sulle
pareti
e
sugli
scaffali
e
persino
nei
corridoi
,
non
aveva
souvenirs
de
voyage
non
,
come
avevo
immaginato
,
selle
arabe
,
fucili
dal
calcio
intarsiato
di
madreperla
,
tappeti
,
gualdrappe
di
cammelli
,
paraventi
cinesi
,
ventagli
giapponesi
.
Anche
le
sue
pagine
di
viaggio
nel
mondo
delle
geishe
,
o
nella
vecchia
Pechino
,
o
nelle
città
czariste
,
non
convogliano
in
sé
colori
di
rigatteria
o
di
esotismo
turistico
,
per
esempio
alla
Pierre
Loti
o
alla
Claude
Farrère
.
Barzini
tornava
a
casa
con
un
bagaglio
leggerissimo
,
sempre
pronto
a
ripartire
all
'
indomani
.
Egli
credeva
,
penso
,
solamente
nel
filtro
della
memoria
e
nel
potere
,
che
chiamerei
epistolare
,
del
suo
stile
.
Di
qui
la
chiarezza
del
suo
colloquio
con
il
lettore
,
una
parola
senza
riboboli
e
senza
barocchismi
,
un
disegno
descrittivo
netto
,
e
mai
il
fiato
corto
o
il
fiato
grosso
,
e
mai
il
compiacimento
del
«
pezzo
»
che
strizza
l
'
occhio
sul
virtuosismo
e
dice
:
«
Guardate
quanto
son
bravo
!
»
.
Un
intuito
infallibile
negli
«
attacchi
»
-
chi
fa
il
nostro
mestiere
sa
che
nelle
prime
righe
si
mette
tutto
in
gioco
-
,
nessun
crescendo
retorico
,
mai
troppa
spinta
nel
premere
il
pedale
.
Dopo
quasi
sessant
'
anni
la
prosa
di
queste
«
avventure
»
non
ha
forfora
,
non
ha
chiazze
di
sopraggiunta
calvizie
,
non
ha
rughe
o
zampe
di
gallina
,
non
ci
appare
,
mai
in
«
costume
»
,
non
denuncia
un
«
gusto
»
.
La
sua
lezione
è
ancora
valida
,
dopo
che
tre
generazioni
si
sono
lustrate
le
maniche
sul
tavolo
a
buttar
fuori
prosa
che
faccia
velocemente
girare
la
rotativa
.
StampaQuotidiana ,
Il
telegrafo
aveva
alquanto
addolcito
il
tuono
di
superiorità
assunto
dal
discorso
napoleonico
nella
parte
che
concerne
la
quistione
italiana
.
L
'
Imperatore
non
ha
detto
solamente
:
«
Nel
mezzogiorno
dell
'
Europa
la
nostra
azione
doveva
esercitarsi
con
maggiore
risolutezza
»
ma
ha
voluto
esplicitamente
rivendicare
la
Convenzione
come
un
atto
suo
proprio
e
personalissimo
.
Egli
così
s
'
è
espresso
:
«
Nel
mezzogiorno
dell
'
Europa
l
'
azione
della
Francia
doveva
esercitarsi
con
maggior
risolutezza
.
IO
HO
VOLUTO
render
possibile
la
soluzione
di
un
difficile
problema
»
.
Davanti
a
questo
J
'
AI
VOULU
che
cosa
resta
della
famosa
formula
del
ministero
passato
«
indipendenti
sempre
,
isolati
mai
?
»
.
J
'
ai
voulu
,
e
l
'
Italia
(
salvo
il
piccolo
Stato
ai
piedi
delle
Alpi
a
cui
le
membra
sparse
della
patria
italiana
cercavano
di
riattaccarsi
per
mezzo
di
deboli
legami
)
ha
trangugiata
la
pillola
non
solo
con
rassegnazione
,
ma
con
entusiasmo
.
Questo
divario
d
'
opinione
tra
il
resto
d
'
Italia
e
il
piccolo
paese
porge
al
discorso
imperiale
naturalissima
occasione
di
fulminare
i
pregiudizi
anti
-
convenzionisti
,
e
di
lasciar
cadere
dalla
penna
un
'
idea
nuova
espressa
in
modo
irréprochable
,
l
'
idea
cioè
che
tra
le
membra
della
patria
italiana
e
il
piccolo
paese
ai
piedi
delle
Alpi
corra
un
non
so
che
di
distinto
,
o
in
altri
termini
,
che
l
'
Italia
che
si
proclama
costituita
definitivamente
senza
Venezia
e
senza
Roma
,
potrà
esserlo
anche
senza
il
piccolo
paese
.
Ma
del
piccolo
paese
che
cosa
intendesi
di
fare
?
Un
Regno
a
parte
perché
serva
di
cuscino
intermedio
per
rammorbidire
gli
attriti
fra
la
Francia
e
l
'
Italia
futura
,
come
prima
fra
la
Francia
e
l
'
Austria
?
Oppure
addirittura
dipartimenti
francesi
?
Oh
bene
!
Il
Piemonte
risponde
intanto
alla
frase
imperiale
,
ricordandosi
l
'
eroe
biellese
,
e
gridando
VIVA
PIETRO
MICCA
!
Il
Piemonte
ha
da
lagnarsi
altamente
di
alcune
provincie
italiane
,
ma
i
torti
di
fratelli
non
gli
faranno
rinnegare
la
madre
.
E
poi
or
ch
'
è
palese
che
la
Convenzione
non
è
cosa
italiana
,
perchè
avrebbe
rancori
contro
gente
che
non
sapeva
quello
che
si
facesse
?
Viva
l
'
Italia
!
Viva
Pietro
Micca
!
StampaQuotidiana ,
Mentre
a
Roma
si
tratta
,
a
Bologna
,
cioè
nella
culla
del
fascismo
e
dove
il
fascismo
conserva
ancora
intatto
lo
spirito
delle
sue
origini
,
si
rivendica
il
carattere
di
pura
ed
energica
resistenza
nazionale
del
movimento
fascista
e
si
proclama
l
'
assoluta
impossibilità
per
il
fascismo
,
in
quanto
forza
spontaneamente
e
direttamente
espressa
dalle
viscere
della
società
italiana
per
supplire
alla
negligenza
dello
Stato
,
a
salvaguardia
dei
suoi
caratteri
nazionali
,
di
venire
a
diretto
contatto
con
le
forze
antinazionali
e
di
collaborare
,
sia
pure
accidentalmente
con
esse
,
ad
un
'
opera
di
apparente
pacificazione
.
A
nessuno
può
sfuggire
l
'
importanza
di
una
tale
declinatoria
delle
cosidette
trattative
di
pace
,
fatta
non
soltanto
dall
'
organizzazione
fascista
più
autentica
e
combattiva
,
ma
fatta
anche
in
nome
dei
principii
più
essenziali
del
fascismo
e
di
un
interesse
altissimo
,
che
non
solo
trascende
la
latta
delle
fazioni
,
ma
respinge
energicamente
per
proprio
conto
il
carattere
fazioso
che
si
vorrebbe
attribuire
all
'
azione
fascista
.
È
in
sostanza
una
pregiudiziale
assai
grave
,
che
le
organizzazioni
emiliane
-
romagnole
riunite
a
congresso
muovono
ai
tentativi
di
pacificazione
.
Questi
tentativi
esse
dicono
muovono
dal
presupposto
che
la
lotta
cruenta
che
ora
si
combatte
è
opera
di
due
fazioni
egualmente
dannose
all
'
interesse
nazionale
,
perché
entrambe
le
fazioni
si
sono
poste
volontariamente
fuori
della
legge
e
in
egual
modo
disconoscono
l
'
autorità
dello
Stato
.
Ora
il
fascismo
non
può
in
alcun
modo
rinunziare
a
ciò
che
costituisce
la
sua
stessa
ragion
d
'
essere
e
che
apparve
nitidamente
a
tutti
al
momento
della
sua
origine
:
e
cioè
che
il
fascismo
non
è
un
fenomeno
classista
,
che
spieghi
un
'
azione
di
ostilità
offensiva
contro
altre
espressioni
di
interessi
classisti
,
nei
quali
si
scompone
l
'
unità
dello
spirito
nazionale
,
ma
è
l
'
espressione
integrale
di
questo
,
in
quanto
assume
una
funzione
di
resistenza
alle
sopraffazioni
delle
forze
centrifughe
,
che
vorrebbero
dilaniarlo
e
dissolverlo
;
che
il
fascismo
,
insomma
,
non
è
una
fazione
in
contrasto
con
altre
fazioni
dentro
lo
Stato
e
al
disopra
dello
Stato
,
ma
un
fattore
di
conservazione
nazionale
,
che
si
sprigiona
direttamente
dalle
intime
latebre
della
società
nazionale
,
quando
la
funzione
protettiva
dello
Stato
le
è
venuta
meno
.
Esso
quindi
non
può
ritrarsi
dalla
sua
posizione
di
battaglia
,
finché
lo
Stato
non
venga
a
rilevarlo
:
è
l
'
esercito
irregolare
,
che
ha
occupato
alcune
posizioni
e
le
difende
strenuamente
dai
contrattacchi
nemici
,
finché
non
intervenga
l
'
esercito
regolare
a
disimpegnarlo
e
a
prendere
il
suo
posto
.
Trattare
col
nemico
,
prima
che
questo
momento
sia
giunto
,
sarebbe
un
tradimento
.
Accedere
alle
trattative
significa
porsi
volontariamente
sullo
stesso
piano
dei
socialisti
,
cioè
ammettere
di
essere
una
fazione
fra
le
altre
e
disconoscere
,
come
le
altre
,
l
'
autorità
dello
Stato
,
che
è
in
se
stessa
e
dovrà
alla
fine
,
contro
tutte
le
paure
e
le
esitazioni
dei
governanti
,
essere
riconosciuta
da
tutti
sovrana
.
Le
trattative
rappresentano
quindi
una
insidia
:
il
loro
vero
scopo
non
sarebbe
quello
di
raggiungere
sinceramente
la
pacificazione
,
quanto
quello
di
compromettere
il
fascismo
e
fargli
perdere
la
coscienza
del
suo
vero
compito
politico
insieme
con
la
coscienza
della
sua
superiorità
morale
.
Ora
a
meno
che
non
si
possa
dimostrare
che
,
contro
la
stringente
efficacia
di
queste
eccezioni
pregiudiziali
,
sussiste
la
necessità
di
più
impellenti
ragioni
di
opportunità
politica
,
sì
da
poter
loro
contrapporre
efficacemente
un
cave
a
consequentiariis
,
dobbiamo
convenire
che
gli
argomenti
addotti
dal
Congresso
emiliano
-
romagnolo
non
potranno
non
produrre
una
forte
impressione
ed
esercitare
una
notevole
influenza
sulle
trattative
in
corso
.
StampaQuotidiana ,
Su
un
fondo
rosso
tempestato
di
grosse
stelle
,
un
manifesto
porta
a
grandi
maiuscole
il
nome
di
Harry
Belafonte
.
Nelle
vetrine
della
galleria
da
cui
si
accede
al
milanese
Teatro
Nuovo
,
le
custodie
di
cartoncino
dei
dischi
microsolco
ripetono
il
suo
nome
.
Ed
ecco
in
altri
manifesti
il
suo
viso
,
il
suo
viso
di
bel
giovanotto
dalla
bocca
ridente
e
dagli
occhi
lievemente
tristi
,
segnati
da
un
enigmatico
lampo
di
intesa
.
Al
proscenio
si
presenta
molto
confidenzialmente
in
maniche
di
camicia
:
prima
parte
del
concerto
,
camicia
cilestrina
di
un
tono
che
varia
d
'
intensità
sotto
ai
riflessi
delle
«
gelatine
»
di
riflettori
e
bilance
;
seconda
parte
,
una
camicia
color
rosso
geranio
;
terza
parte
,
una
camicia
bianca
fittamente
rigata
.
Attorno
alla
vita
una
cintura
di
pelle
nera
con
un
fregio
d
'
argento
di
cui
gli
spettatori
miopi
non
possono
dire
il
disegno
.
Teatro
esauritissimo
.
Ecco
l
'
uomo
che
a
quanto
si
dice
guadagna
ventidue
milioni
la
settimana
cantando
e
soprattutto
vendendo
a
centinaia
di
migliaia
di
copie
ogni
edizione
dei
suoi
dischi
e
toccando
talvolta
il
record
del
milione
di
copie
.
Ecco
il
re
del
Calypso
,
nome
omerico
leggermente
magico
,
emigrato
laggiù
fra
le
isole
e
sulle
coste
d
'
oltreoceano
,
addirittura
-
se
si
volesse
credere
agli
studi
classici
-
dall
'
Odissea
e
dalla
leggenda
di
Ulisse
e
della
ninfa
Calypso
,
che
incantò
d
'
amore
il
grande
naufrago
per
sette
anni
e
non
lo
lasciò
partire
finché
non
lo
ordinò
Zeus
.
Ecco
l
'
uomo
di
trent
'
anni
che
si
è
scoperto
cantante
quasi
per
caso
dopo
avere
tentato
in
un
primo
tempo
di
affermarsi
come
attore
all
'
Arnerican
Negro
Theater
.
Ecco
un
uomo
tipico
della
«
leggenda
americana
»
,
venuto
su
dal
nulla
,
dopo
aver
lavorato
-
quando
sul
suo
destino
musicale
c
'
era
pochissimo
da
contare
-
in
una
industria
di
abbigliamento
e
dopo
aver
gestito
un
piccolo
ristorante
nel
Greenwich
Village
.
Venire
su
dal
nulla
sottintende
una
vita
di
fatiche
,
mestieri
umili
,
l
'
amarezza
del
ragazzo
«
colorato
»
che
incontra
sempre
motivo
di
melanconia
nei
rapporti
razziali
di
quella
che
pure
è
la
sua
terra
natale
.
Eccolo
davanti
a
noi
,
celebre
e
acclamatissimo
.
Le
fortune
sono
cominciate
nel
1950
:
il
ragazzo
,
che
cantava
in
coro
con
gli
avventori
della
trattoria
al
Greenwich
Village
,
batte
pochi
anni
dopo
tutti
i
primati
di
incassi
della
musica
leggera
.
Adesso
è
qui
,
per
la
prima
volta
approdato
in
Europa
,
al
centro
del
palcoscenico
sgombro
,
contro
un
fondale
che
muta
tono
sotto
ai
diffusori
di
luci
colorate
.
Gli
sta
davanti
il
microfono
che
gli
stampa
sulla
camicia
un
'
ombra
come
l
'
emblema
araldico
del
suo
destino
.
Attore
,
cantante
,
narratore
sui
toni
di
elegia
,
di
melanconia
,
di
ironia
fanciullesca
,
di
patetico
pianto
e
di
accorato
lamento
sull
'
onda
di
note
,
di
motivi
che
direttamente
arrivano
dall
'
accorato
,
trasognato
folclore
delle
genti
di
colore
,
Belafonte
dà
il
senso
che
la
musica
gli
si
sia
tutta
affinata
nel
cuore
e
nei
nervi
:
una
straordinaria
spontaneità
che
farebbe
pensare
ad
una
sorta
di
poetica
improvvisazione
,
ad
una
specie
di
istintiva
confessione
fatta
a
se
stesso
quasi
in
segreto
.
StampaQuotidiana ,
Memento
,
Italia
,
che
fosti
polvere
e
che
puoi
polvere
ridiventare
.
Memento
del
tuo
ieri
,
ancora
avvolto
di
tenebre
e
di
gramaglie
.
Dove
più
splendida
è
la
natura
,
dove
più
imponente
all
'
uomo
rivelasi
la
grandezza
di
Dio
,
nell
'
incantevole
azzurro
di
un
mare
raccolto
in
una
conca
di
fiori
,
dove
mugghiano
e
gittan
fiamme
i
vulcani
,
ivi
che
più
grande
parea
dovess
'
essere
la
felicità
di
un
popolo
privilegiato
,
era
invece
più
vasta
la
tenebra
,
più
terribile
il
lutto
,
più
disperata
la
condizione
di
quei
tuoi
figli
.
Memento
,
Italia
,
che
questa
sventura
durò
per
secoli
su
quella
terra
di
paradiso
,
e
che
solo
da
ieri
ritornata
al
sorriso
di
Dio
,
alla
luce
della
libertà
,
potrebbe
,
se
non
hai
senno
,
ritornare
nella
tenebra
e
nel
lutto
.
Memento
,
Italia
,
che
fosti
polvere
e
che
puoi
polvere
ridiventare
.
Dove
l
'
ingegno
svegliato
,
e
la
fortezza
degli
animi
,
ha
fatto
più
ubertosa
e
più
colta
la
contrada
,
cui
ingemmano
le
fiorenti
colline
e
le
ridenti
vallate
della
Brianza
,
ivi
per
secoli
pesò
il
dominio
della
razza
straniera
,
e
fino
a
ieri
i
patiboli
erano
lo
stemma
dell
'
ultimo
impero
.
Memento
,
Italia
,
quante
lagrime
e
quanto
sangue
t
'
ha
costata
la
redenzione
di
quella
contrada
,
e
quanti
secoli
di
nuova
servitù
le
ripeserebbero
addosso
,
se
colle
tue
nuove
divisioni
apristi
le
porte
al
ridominio
del
vinto
di
ieri
.
Nelle
contrade
più
vicine
al
sito
,
d
'
onde
chi
usurpa
il
nome
di
Vicario
del
Dio
di
carità
e
d
'
amore
,
avrebbe
dovuto
effondere
uno
spirito
di
carità
e
d
'
amore
,
ivi
fu
più
lungo
e
più
atroce
e
più
spietato
il
martirio
delle
tue
genti
.
La
luce
della
libertà
inondò
tutta
quella
sacra
terra
che
conserva
il
nome
d
'
Emilia
,
e
dove
l
'
immoralità
era
legge
di
governo
,
che
si
insegnava
fra
un
versetto
e
l
'
altro
della
dottrina
cristiana
,
ora
la
virtù
delle
oneste
coscienze
è
diventata
il
dogma
dei
tuoi
figli
redenti
.
Memento
,
Italia
,
che
fu
lungo
,
infinito
,
il
regno
dell
'
ignoranza
in
quelle
afflitte
contrade
.
Memento
,
Italia
,
che
fosti
polvere
,
e
che
puoi
polvere
ridiventare
.
Memento
,
Italia
,
che
quella
terra
gentile
dove
le
Arti
hanno
piantato
il
loro
tempio
immortale
,
d
'
onde
Dante
,
Sole
dell
'
intelletto
,
illuminò
l
'
Universo
,
va
ora
a
diventare
il
tuo
nido
.
Falla
forte
come
la
tua
rude
culla
dell
'
Alpi
,
e
infondi
in
quelle
miti
contrade
dei
fiori
,
in
quei
templi
delle
arti
,
una
vena
dell
'
ira
di
Dante
,
uno
spiro
dell
'
anima
di
Buonarroti
,
un
lampo
di
sdegno
del
forte
figlio
di
Gavinara
.
Memento
,
Italia
,
che
in
quella
contrada
ove
tutto
è
tradizione
eloquente
di
glorie
patrie
levan
dritte
al
cielo
le
loro
merlature
le
torri
memori
delle
fraterne
discordie
dell
'
evo
medio
Memento
che
quelle
discordie
perpetuarono
le
tue
sventure
Memento
,
Italia
,
che
fosti
polvere
,
e
che
puoi
polvere
ridiventare
.
Qui
dove
è
meno
fantastico
il
cielo
,
dove
meno
azzurri
e
meno
caldi
i
tramonti
,
dove
agli
incandescenti
vulcani
s
'
alzan
contro
le
cresce
algenti
delle
naturali
nostre
bastite
,
è
un
popolo
calmo
e
forte
,
che
messo
a
guardia
dell
'
Alpi
,
ha
difeso
sempre
con
onore
il
suo
suolo
,
e
stette
così
fermo
alle
minaccie
e
ai
perigli
,
che
meritò
l
'
onore
di
slanciarsi
a
romper
le
catene
degli
altri
.
Perch
'
ei
fu
forte
,
perch
'
ei
fu
sobrio
,
perch
'
ei
volle
di
qua
dove
iniziò
l
'
impresa
,
compirla
,
alcuni
tuoi
figli
gli
furono
ingratamente
addosso
.
Memento
,
Italia
,
che
questa
eredità
di
Caino
fu
la
più
atroce
sventura
,
che
pesò
sui
figli
tuoi
e
che
converse
l
'
antica
loro
potenza
nella
servitù
dei
secoli
.
Grida
,
o
Italia
,
colla
tua
voce
di
madre
autorevole
,
che
cessi
una
volta
la
ingiuria
,
se
vogliono
che
l
'
abbracciamento
si
compia
sincero
,
e
che
la
reazione
dell
'
offeso
non
perpetui
la
divisione
,
che
ci
riconduca
tutti
in
catene
.
Là
dove
l
'
onda
bacia
i
marmorei
palagi
della
Grande
Mendica
,
che
fu
per
14
secoli
strapotente
,
e
reina
,
ora
per
queste
discordie
ricalò
la
disperazione
ed
il
lutto
.
Là
dove
un
giorno
si
trionfava
del
mondo
,
ora
s
'
è
schiavi
d
'
un
Prete
.
Memento
,
Italia
,
che
quelle
tue
figlie
imprecano
a
te
per
le
discordie
dei
tuoi
figli
.
Parla
colla
tua
voce
di
madre
,
e
imponi
la
concordia
e
le
armi
,
con
cui
sole
si
può
rompere
la
servitù
.
Memento
,
Italia
,
dei
tanti
morti
,
che
solo
nei
tre
lustri
dell
'
ultimo
tuo
sforzo
,
ti
ha
costati
per
liberarti
in
parte
.
Memento
,
dei
molti
che
ti
costerà
la
liberazione
delle
ultime
tue
sorelle
Imponi
,
Italia
,
la
concordia
e
l
'
armi
Imponi
la
fede
in
questa
sacra
bandiera
,
sul
cui
campo
v
'
è
una
croce
non
deturpata
dagli
spergiuri
,
di
cui
il
Prete
di
Roma
ha
coverto
quella
di
Cristo
.
Memento
,
che
fosti
polvere
,
e
che
puoi
polvere
ridiventare
.
StampaQuotidiana ,
Il
cosidetto
trattato
di
pace
siamo
dolenti
e
soddisfatti
nel
medesimo
tempo
di
applicare
questo
termine
di
politica
internazionale
ad
un
fatto
di
politica
interna
fra
fascisti
e
socialisti
è
un
fatto
compiuto
.
I
negoziatori
sotto
l
'
esperta
e
sapiente
guida
del
Presidente
della
Camera
hanno
dovuto
superare
non
poche
difficoltà
per
concluderlo
,
difficoltà
dipendenti
non
tanto
dal
contenuto
del
modus
vivendi
concreto
che
si
cercava
di
stabilire
,
quanto
dalla
posizione
di
disagio
morale
e
politico
,
in
cui
ciascuna
delle
parti
veniva
a
trovarsi
per
il
fatto
di
essersi
messa
a
contatto
dell
'
altra
,
sopra
uno
stesso
piano
morale
e
politico
.
Specialmente
nell
'
implicito
riconoscimento
della
qualità
di
belligerante
della
parte
fascista
,
presupponeva
in
questa
parte
un
tale
spirito
di
sacrificio
e
di
rinunzia
alla
superiore
posizione
di
fattore
politico
operante
non
in
senso
partigiano
ma
nazionale
,
che
non
tutti
erano
disposti
a
sopportare
e
che
le
organizzazioni
emiliane
-
romagnole
esplicitamente
respingevano
.
Ma
queste
pregiudiziali
di
amor
proprio
politico
,
furono
superate
dalle
più
evidenti
necessità
d
'
ordine
generale
,
che
prevalsero
nella
valutazione
dei
capi
fascisti
;
e
noi
,
che
pure
abbiamo
dato
perché
il
problema
fosse
integrato
in
tutti
i
suoi
elementi
il
massimo
rilievo
a
quelle
pregiudiziali
di
carattere
morale
,
non
possiamo
non
compiacercene
.
Così
pure
non
abbiamo
alcuna
difficoltà
di
dare
atto
all
'
on
.
Mussolini
che
il
movimento
fascista
sia
stato
da
lui
fondato
il
22
marzo
1919
e
non
abbia
avuto
la
sua
culla
a
Bologna
dopo
quella
data
come
noi
avevamo
scritto
sebbene
fosse
evidente
che
noi
con
quella
espressione
non
abbiamo
inteso
alludere
all
'
atto
di
nascita
in
senso
cronologico
del
fascismo
,
ma
all
'
origine
della
sua
forza
politica
,
la
quale
senza
dubbio
meglio
si
sviluppò
e
si
affermò
in
quelle
regioni
dove
l
'
opera
di
spossessamento
dello
Stato
da
parte
del
socialismo
era
stata
compiuta
quasi
totalmente
.
Oggi
che
il
trattato
di
pace
è
stato
firmato
dobbiamo
porne
in
rilievo
gli
aspetti
buoni
e
valorizzarne
la
portata
nazionale
,
la
quale
pure
esiste
,
e
potrà
essere
tanto
più
efficiente
,
quanto
più
diventerà
chiara
nella
coscienza
pubblica
e
soprattutto
in
quella
parte
di
essa
,
che
avendo
una
più
squisita
sensibilità
patriottica
,
è
maggiormente
portata
ad
assumere
un
atteggiamento
di
risoluta
intransigenza
.
Questo
non
sminuisce
affatto
il
valore
delle
riserve
che
abbiamo
già
fatte
:
fuori
di
queste
,
il
valore
politico
del
trattato
consiste
,
secondo
noi
,
in
due
punti
essenziali
,
che
del
resto
sono
stati
assai
bene
illustrati
dall
'
on
.
Mussolini
nella
sua
recente
intervista
.
Innanzi
tutto
sta
il
fatto
che
il
trattato
separa
nettamente
l
'
azione
dei
socialisti
da
quella
dei
comunisti
.
Tale
separazione
già
esisteva
all
'
interno
,
ora
essa
comincia
ad
apparire
e
ad
operare
anche
verso
l
'
esterno
.
Con
ciò
non
si
vuol
intendere
che
lo
spirito
del
socialismo
si
sia
essenzialmente
modificato
;
sarebbe
una
illusione
il
credere
che
il
partito
socialista
da
antinazionale
sia
diventato
nazionale
,
per
il
semplice
fatto
del
Trattato
.
Ma
soltanto
che
l
'
atteggiamento
antinazionale
dei
socialisti
tende
a
differenziarsi
da
quello
dei
comunisti
:
il
che
però
potrà
avere
il
risultato
pratico
di
rendere
meno
difficile
il
compito
di
repressione
dello
Stato
quando
una
volontà
dello
Stato
sia
per
sorgere
contro
le
violenze
comuniste
.
La
solidarietà
antinazionale
dei
socialisti
coi
comunisti
malgrado
tutte
le
riserve
dell
'
on
.
Modigliani
in
nome
dell
'
internazionalismo
non
può
non
ricevere
un
forte
colpo
dal
Trattato
,
che
esclude
i
comunisti
.
Rimane
sempre
un
lato
oscuro
:
ed
è
nelle
conseguenze
che
tra
i
socialisti
,
che
i
comunisti
accusano
di
«
conversione
alla
vigliaccheria
»
,
potrebbero
avere
un
eventuale
inasprimento
di
lotta
tra
fascisti
e
comunisti
o
un
'
azione
decisamente
repressiva
dello
Stato
.
Il
secondo
punto
degno
di
rilievo
,
dal
punto
di
vista
nazionale
,
è
che
il
trattato
attesta
la
volontà
di
por
termine
alla
funzione
contingente
e
diciamo
pure
rivoluzionaria
del
fascismo
e
di
iniziare
lo
svolgimento
di
un
'
attività
politica
più
normale
e
nazionale
in
senso
positivo
.
Intendiamoci
,
non
già
che
il
trattato
segni
concretamente
il
passaggio
dall
'
azione
diretta
all
'
azione
politica
e
rigidamente
legalitaria
del
fascismo
.
Questo
non
si
ottiene
per
via
di
decreti
,
ma
per
via
di
evoluzione
storica
,
la
quale
non
può
essere
affrettata
che
entro
limiti
assai
modesti
.
Tuttavia
l
'
affermare
pubblicamente
che
questa
volontà
esiste
e
il
consacrarla
in
un
documento
solenne
è
già
un
contribuire
efficacemente
a
che
essa
si
realizzi
.
Il
trattato
,
insomma
,
esprime
non
soltanto
la
speranza
,
ma
il
proposito
che
il
fascismo
da
fattore
contingente
,
che
ha
compiuto
mirabilmente
la
sua
funzione
in
un
momento
eccezionale
della
vita
del
paese
,
diventi
un
fattore
politico
normale
,
un
elemento
di
propulsione
di
politica
nazionale
in
una
vita
politica
ricostituita
.
Ora
il
nazionalismo
,
che
ha
validamente
sostenuto
il
fascismo
nel
periodo
più
turbolento
della
sua
vita
,
che
gli
è
stato
accanto
anche
in
momenti
più
difficili
della
sua
attività
anche
quando
tutti
coloro
che
lo
avevano
esaltato
cominciavano
a
disertare
la
causa
;
il
nazionalismo
,
che
pure
attraverso
gli
atteggiamenti
estremisti
ed
eccessivi
che
il
fascismo
era
stato
costretto
assumere
,
aveva
saputo
distinguere
quanto
di
serio
e
di
solido
politicamente
vi
era
nella
sostanza
di
questo
improvvisato
movimento
;
non
può
non
affrettare
coi
suoi
voti
la
trasformazione
di
esso
in
un
fattore
permanente
della
politica
normale
del
nostro
Paese
.
Fuori
degli
atteggiamenti
esteriori
diversi
,
che
le
contingenze
eccezionali
possono
aver
consigliato
all
'
uno
e
all
'
altro
di
assumere
,
il
fondamento
dei
due
movimenti
politici
non
potrà
non
risultare
in
luce
più
viva
,
quando
la
normalità
della
vita
politica
italiana
sarà
pienamente
ristabilita
.
StampaQuotidiana ,
Tarquinia
,
quando
vi
nacque
il
primo
maggio
del
1887
Vincenzo
Cardarelli
,
si
chiamava
ancora
come
ai
tempi
dello
Stato
di
Santa
Romana
Chiesa
,
con
il
bonario
nome
agricolo
di
Corneto
perché
nei
suoi
poggi
solitari
cresceva
spontaneamente
l
'
arbusto
del
corniolo
che
copre
tutto
l
'
alto
Lazio
con
quella
vegetazione
cui
si
dà
il
nome
di
«
macchia
»
,
propizia
un
tempo
ai
briganti
che
sulle
strade
dirette
verso
Roma
aspettavano
di
far
pagare
duri
pedaggi
alle
diligenze
.
Cardarelli
nacque
da
madre
marchigiana
e
da
padre
«
etrusco
»
,
come
egli
amò
sempre
dire
.
Il
cognome
di
famiglia
era
Caldarelli
,
il
bambino
fu
battezzato
con
un
nome
assai
diffuso
in
tutta
quella
che
adesso
è
la
provincia
di
Viterbo
:
Nazareno
.
Nella
adolescenza
vissuta
a
Roma
,
quel
Caldarelli
,
adattandosi
alla
pronuncia
romana
che
trasforma
coltello
in
cortello
e
caldo
in
cardo
,
diventò
Cardarelli
.
In
quanto
a
Nazareno
,
nome
non
molto
adatto
per
un
giovane
letterato
che
vantava
idee
vagamente
sovversive
,
fu
cambiato
con
quello
di
Vincenzo
,
che
era
il
secondo
di
battesimo
.
La
famiglia
di
Cardarelli
conduceva
al
paese
una
vita
umile
.
Se
non
sbagliammo
su
quanto
lasciava
intendere
,
ma
senza
troppe
precisazioni
,
il
poeta
dei
Prologhi
quando
,
ragazzi
,
lo
conoscemmo
a
Roma
,
il
padre
aveva
cercato
inutilmente
di
assicurarsi
una
vita
pacifica
conducendo
un
'
osteria
nei
pressi
della
stazione
di
Corneto
.
Anche
Cardarelli
era
dunque
figlio
di
un
oste
,
come
lo
era
stato
a
Siena
,
Federigo
Tozzi
.
Nel
ricordo
,
o
,
per
meglio
dire
,
nel
mondo
di
favola
epica
che
Cardarelli
costruì
sulle
memorie
del
paese
della
sua
infanzia
,
il
posto
della
madre
è
minore
di
quello
del
padre
.
Tra
l
'
ascendenza
marchigiana
e
quella
etrusca
,
Cardarelli
scelse
e
sostenne
sempre
la
seconda
.
Egli
era
infatti
sceso
a
Roma
con
tutti
i
complessi
di
inferiorità
del
ragazzo
di
provincia
e
addirittura
di
campagna
,
senza
titoli
di
studio
e
con
le
tasche
imbottite
solamente
di
volumetti
della
Universale
Sonzogno
.
Dichiarandosi
etrusco
,
egli
iniziava
quella
che
gli
sembrava
dovesse
essere
la
sua
lunga
e
ininterrotta
polemica
fra
due
civiltà
.
Arrivò
a
Roma
nei
primi
anni
del
Novecento
,
in
una
città
ancora
intellettualmente
infatuata
di
D
'
Annunzio
e
del
tutto
assomigliante
a
quella
descritta
nei
capitoli
del
Piacere
.
Campava
di
piccoli
impieghi
:
fu
,
tra
l
'
altro
,
segretario
di
una
cooperativa
socialista
di
scalpellini
,
di
quei
«
selciaioli
»
che
lastricavano
Roma
con
blocchetti
quadrati
di
granito
.
La
povertà
e
una
naturale
tendenza
al
disdegno
,
tipica
quasi
sempre
dei
timidi
,
lo
tenevano
lontano
dal
pur
ristretto
mondo
intellettuale
romano
dei
Diego
Angeli
,
dei
Domenico
Gnoli
,
dei
Fausto
Salvatori
e
da
quello
dialettale
e
ironico
di
Trilussa
.
Entrato
come
cronista
all
'
«
Avanti
!
»
di
Leonida
Bissolati
,
cominciò
a
pubblicare
qualche
breve
prosa
firmata
con
lo
pseudonimo
dannunzianeggiante
di
Simonetto
.
Diventò
,
come
giornalista
,
frequentatore
della
terza
saletta
di
Aragno
:
ma
forse
più
che
altro
perché
i
suoi
guadagni
,
molto
aleatori
e
sottili
,
non
gli
permettevano
spesso
di
nutrirsi
altro
che
di
caffellatte
.
Oltretutto
,
Aragno
era
l
'
evasione
dal
chiuso
delle
piccole
camere
in
qualche
modesta
pensione
di
famiglia
dove
era
obbligato
a
vivere
,
spesso
con
un
tavolino
traballante
come
tutta
scrivania
.
Sui
tavolini
di
marmo
del
caffè
,
nei
pomeriggi
solitari
,
quando
i
giornalisti
si
trasferivano
nella
tribuna
stampa
di
Montecitorio
o
nella
sala
al
pianoterra
del
palazzo
delle
Poste
a
San
Silvestro
dove
avevano
i
loro
uffici
di
corrispondenza
,
Cardarelli
scriveva
le
sue
prime
prose
e
lungamente
le
correggeva
e
le
limava
,
sino
a
impararle
addirittura
a
memoria
.
Aragno
fu
per
molti
anni
la
sua
«
casa
»
,
il
luogo
delle
sue
«
declamazioni
»
e
delle
sue
indispettite
rampogne
.
Da
Aragno
conobbe
il
giovanissimo
pittore
Amerigo
Bartoli
,
che
gli
fu
amico
fedelissimo
per
tutta
la
vita
,
e
che
a
lui
e
agli
amici
letterati
del
tempo
della
«
Ronda
»
doveva
dedicare
il
quadro
degli
Amici
al
caffè
.
Vi
appariva
abitualmente
alle
due
del
pomeriggio
perché
si
alzava
molto
tardi
per
evitare
la
spesa
di
una
colazione
regolare
,
e
si
tratteneva
quasi
l
'
intera
giornata
,
spesso
ne
era
l
'
ultimo
cliente
nottambulo
.
I
camerieri
,
cominciando
dal
vecchio
Forina
che
sembra
avesse
fatto
,
in
gioventù
,
qualche
piccolo
prestito
a
D
'
Annunzio
e
dall
'
eternamente
biondo
Leonetti
che
teneva
chilometrici
conti
di
tazze
di
caffè
pagate
con
lunghi
ritardi
,
avevano
per
lui
,
per
quanto
ancora
ignoto
,
un
singolare
affettuoso
rispetto
.
Era
,
fisicamente
,
uno
di
quegli
uomini
che
le
donne
definiscono
«
interessanti
»
.
Pallido
,
quasi
esangue
in
volto
,
assomigliava
vagamente
a
Ruggero
Ruggeri
.
Vestito
poveramente
ma
,
con
un
aggettivo
che
gli
piacque
,
sempre
in
modo
«
decente
»
anche
se
il
suo
guardaroba
fu
spesso
composto
solamente
di
abiti
smessi
dai
suoi
amici
,
nascondeva
con
un
fiero
pudore
una
sua
menomazione
fisica
:
aveva
un
braccio
rinsecchito
e
quasi
paralizzato
da
un
attacco
di
poliomielite
che
da
fanciullo
l
'
aveva
portato
vicino
alla
morte
.
Questo
problema
fisico
aveva
forse
influito
su
certe
asprezze
del
suo
carattere
e
acuito
in
lui
un
senso
di
difesa
che
poteva
essere
affidato
solamente
alla
parola
,
e
alla
polemica
talvolta
bruciante
.
Parlava
con
una
bella
voce
lievemente
velata
,
talvolta
come
trasognato
,
talvolta
irridente
e
tagliente
:
per
l
'
eleganza
della
parola
e
per
la
lucidità
della
sua
polemica
,
lo
chiamavano
scherzosamente
«
l
'
incantatore
di
serpenti
»
.
I
suoi
primi
amici
letterari
-
al
tempo
della
giovinezza
dei
poco
più
che
ventenni
Antonio
Baldini
e
Umberto
Fracchia
e
degli
incontri
con
Emilio
Cecchi
e
con
Armando
Spadini
-
furono
conquistati
,
forse
più
che
dai
suoi
rarissimi
scritti
,
dal
misterioso
incantesimo
della
sua
parola
.
È
probabile
-
nella
sua
camera
ammobiliata
aveva
ben
pochi
libri
,
gettati
alla
rinfusa
in
un
cassetto
del
comò
con
la
sua
scarsa
biancheria
-
che
la
sua
cultura
di
autodidatta
fosse
racchiusa
nella
lettura
di
poche
opere
,
che
lo
fecero
vivere
nel
clima
di
Nietzsche
e
soprattutto
in
quello
di
Leopardi
:
quando
fondò
«
La
Ronda
»
,
lo
indicò
come
il
maggiore
fra
quelli
che
la
rivista
,
indicando
i
maestri
dell
'
alto
stile
italiano
,
chiamava
i
«
convitati
di
pietra
»
.
Cultura
non
molto
diffusa
,
in
una
intelligenza
però
assai
profonda
.
Gran
parte
di
lui
si
esauriva
nei
suoi
colloqui
con
gli
amici
,
e
soprattutto
in
quella
specie
di
lungo
monologo
che
fu
la
sua
vita
.
Le
sue
prime
prose
-
le
pagine
liriche
che
intitolò
poi
I
Prologhi
-
apparvero
poco
prima
della
Grande
Guerra
nella
rivista
«
Lirica
»
,
in
cui
debuttarono
con
lui
giovani
scrittori
come
Antonio
Baldíni
,
Fracchia
,
Rosso
di
San
Secondo
.
La
rivista
doveva
durare
pochi
numeri
:
il
conflitto
portò
alla
sua
sospensione
.
Cardarelli
rimase
quasi
del
tutto
solo
a
Roma
,
nel
caffè
Aragno
reso
deserto
dalla
mobilitazione
.
Il
dannunzianesimo
letterario
decadeva
nell
'
interesse
dei
giovani
,
il
Futurismo
non
aveva
avuto
una
particolare
risonanza
romana
.
Cardarelli
era
rimasto
appartato
nei
confronti
dei
movimenti
di
«
Lacerba
»
e
della
«
Voce
»
.
Scrittore
lentissimo
,
componeva
le
poesie
che
più
tardi
sarebbero
state
riunite
in
sottili
volumi
e
finalmente
raccolte
tutte
da
Mondadori
.
La
salute
sempre
malferma
,
qualche
vicissitudine
d
'
amore
-
nel
piccolo
mondo
delle
Lettere
certe
sue
giovanili
passioni
rimasero
,
per
così
dire
,
storiche
-
l
'
inquietudine
di
uno
spirito
inappagabile
lo
portarono
a
viaggiare
verso
climi
più
propizi
di
quello
degli
inverni
romani
,
a
Venezia
e
in
Riviera
.
Tentò
anche
un
soggiorno
milanese
:
ma
la
nostalgia
di
A
ragno
gli
fece
ben
presto
riprendere
il
treno
.
Egli
era
,
in
verità
,
assai
simile
all
'
enfant
malade
apparentemente
cinico
e
crudele
,
sostanzialmente
melanconico
,
caro
a
certi
romanzieri
crepuscolari
francesi
.
L
'
uomo
era
affascinante
;
per
lui
il
mecenatismo
nasceva
spontaneo
anche
e
soprattutto
da
parte
di
gente
non
ricca
.
Cardarelli
ebbe
sempre
amici
segretamente
pronti
,
e
affettuosi
,
anche
se
il
suo
carattere
era
assai
difficile
.
Appartenendo
alla
razza
dei
déracinés
o
dei
poètes
maudits
,
si
comprendeva
che
la
sua
apparente
infingardaggine
derivava
da
latenti
stati
di
depressioni
melanconiche
.
Le
donne
che
lo
amarono
lo
considerarono
appartenente
alla
razza
degli
«
angeli
caduti
»
,
lievemente
demoniaci
.
Diventava
vanitoso
come
un
fanciullo
,
quando
una
famosa
diva
del
«
muto
»
lo
mandava
a
prendere
con
una
carrozza
padronale
a
due
cavalli
per
conversare
con
lui
di
letteratura
nelle
poltrone
di
un
albergo
romano
a
via
Veneto
.
Poi
capitava
di
vederlo
silenzioso
e
assorto
quando
,
al
crepuscolo
o
alla
notte
,
percorreva
il
lungotevere
per
soffermarsi
a
tentar
di
declamare
a
qualche
venere
vagante
il
Canto
del
pastore
di
Leopardi
,
con
una
aspirazione
tolstoiana
di
redenzione
attraverso
alla
poesia
.
Per
qualche
tempo
,
fu
critico
drammatico
del
«
Tempo
»
,
chiamato
da
Giovanni
Papini
che
al
giornale
di
Filippo
Naldi
aveva
voluto
Bruno
Barilli
e
Ardengo
Soffici
.
La
rapida
scrittura
notturna
,
mentre
la
tipografia
attendeva
impaziente
le
cartelle
,
gli
riusciva
penosa
:
presto
interruppe
quel
lavoro
,
dopo
aver
però
scritto
alcuni
saggi
assai
acuti
su
Shakespeare
,
Ibsen
,
Shaw
e
sul
primo
Pirandello
.
La
fine
della
guerra
gli
restituì
i
suoi
amici
.
Il
conte
Aurelio
Saffi
,
nipote
del
«
quadrumviro
»
della
repubblica
romana
,
si
fece
finanziatore
di
una
rivista
che
si
intitolò
«
La
Ronda
»
.
La
rivista
aveva
un
ufficio
vicino
all
'
Altare
della
Patria
:
Cardarelli
ebbe
finalmente
una
poltrona
,
una
scrivania
,
uno
stipendio
.
Da
Bologna
arrivava
Riccardo
Bacchelli
,
da
Verona
Lorenzo
Montano
:
Baldini
giungeva
in
tram
da
via
dei
Serpenti
,
Emilio
Cecchi
da
corso
Italia
,
Bruno
Barilli
dal
parco
di
Villa
Strolfen
,
Armando
Spadini
dalla
villetta
sul
colle
dei
Parioli
ancora
non
conquistato
dal
pubblico
dei
«
quartieri
alti
»
.
«
La
Ronda
»
ebbe
un
'
importanza
formativa
per
le
generazioni
che
seguivano
quella
«
vociana
»
;
Bacchellí
scriveva
le
tragedie
di
Spartaco
e
di
Amleto
o
saggi
di
politica
liberale
.
Barilli
vi
pubblicava
le
sue
prose
barocche
che
dovevano
influire
persino
sulla
pittura
di
Scipione
.
Comparvero
sulla
«
Ronda
»
i
primi
scritti
di
Savinio
.
Cardarelli
vi
esercitava
la
sua
predicazione
leopardiana
e
,
cercando
di
frenare
i
suoi
umori
polemici
verso
gli
amici
,
visse
comunque
la
sua
stagione
letterariamente
più
intensa
.
I
giovani
lo
guardavano
come
un
caposcuola
.
Fu
il
tempo
più
felice
della
sua
non
felice
esistenza
.
Il
giovane
Malaparte
sospirava
per
sedere
al
suo
tavolo
.
Il
ragazzo
Longanesi
lo
ascoltava
in
silenzio
.
Cardarelli
diventava
persino
gioviale
:
con
gli
amici
,
si
concedeva
qualche
cenetta
nelle
osterie
fuori
porta
e
davanti
ad
un
piatto
di
fave
e
pecorino
parlava
dei
pastori
del
suo
paese
.
Sono
di
quel
tempo
le
sue
prose
più
belle
,
quelle
che
probabilmente
meglio
affideranno
il
suo
nome
alla
storia
letteraria
del
Novecento
:
contenute
in
un
primo
tempo
in
un
piccolo
quaderno
della
Terza
pagina
con
il
titolo
di
Terra
genitrice
e
riprese
poi
quasi
integralmente
in
un
volume
edito
dal
giovane
Leo
Longanesi
con
il
nuovo
titolo
de
Il
sole
a
picco
;
prose
dedicate
alle
memorie
,
quasi
favolose
,
del
paese
della
sua
infanzia
,
evocazioni
di
quelle
terre
dove
aveva
sostato
qualche
anno
prima
,
ignoto
viaggiatore
,
lo
scrittore
inglese
D.H.
Lawrence
.
Cardarelli
aveva
trentasette
anni
:
con
quel
volumetto
longanesiano
ebbe
l
'
affettuoso
alloro
del
premio
Bagutta
di
cui
Cardarelli
attese
nervosamente
il
piccolo
vaglia
a
Roma
.
A
Milano
le
edizioni
di
Bottega
di
Poesia
stamparono
i
suoi
«
Canti
»
,
uno
dei
quali
cominciava
:
«
Domani
ho
quarant
'anni...»
.
«
La
Ronda
»
morì
presto
.
Cardarelli
fece
un
breve
viaggio
in
Russia
e
tentò
di
nuovo
il
giornalismo
che
tanto
lo
affaticava
.
Era
evidente
che
a
soli
quarant
'
anni
le
scarse
forze
della
sua
gioventù
andavano
già
spegnendosi
.
Preso
nel
cerchio
di
una
inquietudine
amara
,
la
sola
forza
che
gli
restava
era
quella
della
sua
malinconica
eloquenza
,
delle
sue
ire
improvvise
.
Più
che
scrivere
pagine
nuove
,
andava
ripubblicando
quelle
vecchie
,
che
pur
non
erano
molte
.
Andava
stentatamente
d
'
accordo
con
i
vecchi
amici
,
nessuno
dei
quali
però
lo
abbandonò
.
Segretamente
aveva
paura
della
povertà
,
ora
che
una
precoce
vecchiaia
andava
avvicinandosi
.
Aspettò
la
nomina
ad
Accademico
d
'
Italia
,
e
non
l
'
ebbe
.
Viveva
in
un
«
letto
di
famiglia
»
in
casa
di
un
cameriere
di
Aragno
.
La
vita
gli
si
mostrò
sempre
più
squallida
.
La
guerra
del
'40
aprì
nel
suo
cuore
di
malato
alti
sgomenti
.
Roma
stessa
non
assomigliava
più
a
quella
della
sua
giovinezza
.
Ogni
tanto
i
compaesani
lo
volevano
con
loro
a
Tarquinia
per
celebrare
in
lui
quello
che
ormai
era
considerato
l
'
ultimo
poeta
della
Etruria
.
Sotto
ad
una
apparente
albagia
,
ammalato
,
incapace
ormai
d
'
ogni
lavoro
,
il
dopoguerra
lo
vide
trasferito
in
una
pensione
di
via
Veneto
,
per
cercare
un
po
'
di
sole
sul
marciapiede
di
destra
che
sembra
la
«
Riviera
di
Roma
»
.
Per
qualche
tempo
,
riuscì
ad
attraversare
la
strada
per
raggiungere
i
banchi
della
Libreria
Rossetti
dove
aveva
gli
ultimi
contatti
con
la
letteratura
vecchia
e
giovane
.
Riceveva
un
piccolo
stipendio
per
dare
il
suo
nome
di
direttore
alla
«
Fiera
letteraria
»
.
Da
Milano
gli
erano
arrivati
aiuti
affettuosi
.
Non
ancora
del
tutto
vecchio
,
Cardarelli
viveva
nel
timore
della
povertà
assoluta
se
la
vecchiaia
si
fosse
prolungata
e
se
la
memoria
della
sua
breve
stagione
di
poesia
si
fosse
spenta
.
Accettava
umilmente
anche
doni
segreti
di
vestiario
,
di
biancheria
,
di
maglie
,
di
scialli
.
La
sua
malattia
,
che
lo
portava
lentamente
all
'
immobilità
,
gli
gelava
le
vene
.
In
piena
estate
,
con
tre
cappotti
addosso
,
durante
lo
scirocco
romano
,
Cardarelli
aveva
freddo
come
in
Siberia
.
Quando
,
in
un
torrido
settembre
partenopeo
,
ricevette
,
assieme
a
Dino
Buzzati
,
il
Premio
Napoli
,
volle
in
albergo
una
stufa
elettrica
e
dormì
senza
levarsi
da
dosso
i
pastrani
per
non
morire
,
diceva
,
assiderato
.
Due
amici
lo
portarono
in
braccio
su
per
le
scale
e
attraverso
i
saloni
del
Palazzo
Reale
per
la
consegna
del
Premio
.
La
voce
gli
si
era
fatta
fioca
ma
aveva
ancora
qualche
soffocato
accento
di
disagio
e
di
polemica
se
non
addirittura
d
'
ira
caparbia
.
A
sentire
che
non
poteva
più
reggersi
in
piedi
,
gli
occhi
alteri
si
riempivano
di
malfrenate
lagrime
.
Bisogna
dire
che
la
morte
ha
avuto
alla
fine
pietà
di
lui
,
per
lasciare
a
noi
che
lo
ascoltammo
,
che
lo
leggemmo
,
che
lo
amammo
,
il
puro
acquetato
e
limpido
ricordo
della
sua
anima
di
poeta
,
lampeggiante
nel
mesto
profilo
di
un
'
esistenza
amara
e
melanconica
come
di
chi
avesse
troppo
a
lungo
respirato
l
'
aura
mortale
delle
tombe
trimillenarie
delle
genti
etrusche
.
StampaQuotidiana ,
Fra
le
moltissime
lettere
di
adesione
che
riceviamo
,
scegliamo
alla
rinfusa
le
più
brevi
,
che
basteranno
a
dimostrare
come
ogni
classe
della
società
prenderebbe
parte
alla
sottoscrizione
.
Torino
,
15
febbraio
1866
.
«
Caro
dottor
Bottero
,
Non
saprei
lodare
abbastanza
la
magnifica
proposta
contenuta
nel
num
.
45
del
pregiato
giornale
da
lei
diretto
,
riguardo
ad
un
Consorzio
Nazionale
,
per
pagare
i
debiti
dello
Stato
;
e
secondo
me
sarebbe
il
vero
mezzo
per
affrancare
la
patria
,
onde
poter
essere
alleati
con
tutti
,
ma
servi
di
nessuno
,
e
in
appoggio
di
questo
mi
fo
un
dovere
di
offrire
L
.
720
pagabili
in
12
rate
mensili
di
L
.
60
sulla
pensione
che
percepisco
dallo
Stato
per
le
ferite
riportate
nelle
campagne
di
guerra
combattute
per
la
libertà
d
'
Italia
.
Spero
che
l
'
onore
nazionale
,
l
'
amore
della
patria
,
ed
il
desiderio
della
libertà
sarà
stimolo
agli
italiani
a
concorrervi
.
La
saluto
,
ecc
.
Maggiore
CHIESA
LIBERIO
»
.
«
Signor
Direttore
,
Aderendo
alla
proposta
fatta
dalla
Gazzetta
del
Popolo
di
formare
un
Consorzio
per
il
pagamento
dei
debiti
nazionali
,
mi
dichiaro
pronto
a
contribuire
con
sei
mesi
di
stipendio
del
mio
grado
di
maggiore
di
fanteria
.
GIO
.
FILIPPO
GHIRELLI
»
.
«
Egregio
signor
Direttore
,
Servo
il
paese
dal
48;
da
circa
sei
anni
ho
raggiunto
il
modesto
stipendio
di
L
.
1600;
non
posseggo
altra
risorsa
e
mi
sommetto
volentieri
alla
sottrazione
di
cento
lire
,
per
contribuire
al
pagamento
dei
debiti
della
Nazione
.
Un
ex
-
sotto
-
commissario
del
genio
militare
ora
aiut
.
contabile
di
2.a
classe
»
.
«
Onorevole
signor
Bottero
,
Oggi
ho
letto
nel
vostro
giornale
l
'
articolo
sull
'
Asta
Pubblica
,
ove
avete
esternato
un
'
idea
che
da
qualche
tempo
mi
rumina
pel
capo
,
senza
però
avere
il
coraggio
di
esternarla
.
Per
l
'
esecuzione
di
questa
mia
si
terrebbe
una
via
differente
alla
vostra
,
ma
ci
raggiungeremmo
sempre
nello
scopo
principale
,
cioè
quello
di
pagare
i
debiti
dello
Stato
.
La
vostra
è
un
'
idea
grande
e
generosa
sotto
ogni
rapporto
,
ma
la
temo
irrealizzabile
;
a
vece
se
voi
al
bello
,
al
grande
,
al
generoso
v
'
unite
anche
un
poco
d
'
utile
,
più
facile
cosa
sarà
venirne
a
capo
,
perché
ben
sapete
che
bisogna
prendere
gli
uomini
come
sono
,
e
non
come
dovrebbero
essere
.
Voi
proponete
di
fare
una
sottoscrizione
a
quote
regalate
,
e
per
conseguenza
perdute
;
a
vece
io
proporrei
di
fare
una
sottoscrizione
per
comperare
i
debiti
della
Nazione
,
onde
toglierla
dal
palese
monopolio
degli
esteri
finanziari
,
e
da
quello
politico
di
certe
potenze
!
!
Secondo
il
mio
sistema
il
sottoscrittore
non
perderebbe
il
capitale
,
ed
in
pari
tempo
ne
ricaverebbe
ancora
un
interesse
annuo
da
convenirsi
,
ma
però
non
maggiore
del
5
per
cento
.
Quando
l
'
Italia
non
avrà
più
debiti
che
verso
i
propri
figli
,
e
che
gli
amministratori
saranno
responsabili
del
loro
operato
,
allora
potremo
occuparci
di
fare
assennati
passi
nella
politica
,
ma
fino
a
tanto
che
non
faremo
bene
gli
affari
nostri
in
linea
di
finanze
,
faremo
sempre
e
poi
sempre
cattiva
politica
.
Riducendo
la
questione
a
minimi
termini
,
bisogna
che
i
figli
si
rendano
possessori
dei
debiti
fatti
dal
padre
Governo
per
non
causare
una
vergognosa
morte
alla
cara
loro
comune
madre
Italia
.
Chi
vi
scrive
è
un
figlio
del
popolo
,
non
ricco
di
fortuna
,
ma
bensì
d
'
affetto
per
la
cara
madre
,
e
promette
di
concorrere
per
lire
Io
mila
all
'
effettuazione
del
presente
progetto
.
Ricevete
,
ecc
.
Torino
,
il
14
febbraio
1866
.
G
.
BONELLI
»
.
«
Signor
Direttore
,
Torino
,
15
febbraio
1866
(
sera
)
.
Quanto
sia
nobile
,
generosa
e
filantropica
la
proposta
relativa
al
debito
nazionale
lo
diranno
la
nazione
ed
i
posteri
.
A
me
,
militare
di
bassa
forza
,
basti
l
'
applaudirla
e
lo
associarmivi
,
dichiarandomi
sin
d
'
ora
pronto
a
sborsare
oltre
alla
quota
che
mi
verrà
assegnata
,
un
soprappiù
di
L
.
20
.
Animo
!
Volere
è
potere
.
Vogliamo
,
perdio
!
L
'
Italia
mostri
anche
in
questa
circostanza
che
non
è
la
terra
dei
morti
né
una
espressione
geografica
,
e
che
ben
s
'
ingannarono
que
'
due
oltramontani
che
l
'
accusarono
per
tale
.
Passo
a
riverirla
,
ecc
.
«
S
I.O
P
.
nei
Carabinieri
Reali
,
Legione
allievi
,
3.0
squadrone
,
nativo
della
provincia
di
Como
»
.
Torino
,
15
febbraio
1866
.
«
Signor
Direttore
,
«
Facendo
plauso
alla
municipalistica
proposta
di
pagare
il
debito
nazionale
fatta
dalla
benemerita
Gazzetta
del
Popolo
a
condizione
che
tutti
,
secondo
le
proprie
forze
,
vi
concorrano
,
mi
sottoscrivo
per
un
quarto
di
più
della
quota
che
sarà
per
toccarmi
.
SAVOJARDO
B
.
F
.
,
tipografo
dei
teatri
»
.
«
Signor
Direttore
,
Un
Consorzio
Nazionale
!
Oh
santissimo
concetto
!
Unica
,
efficacissima
àncora
di
salvamento
in
questi
duri
momenti
,
in
cui
l
'
Italia
veramente
indietreggia
all
'
abisso
!
Non
mi
perderò
,
signor
direttore
,
in
espansioni
cui
vorrebbe
trascinarmi
il
mio
cuore
commosso
innanzi
a
questa
grande
idea
;
all
'
espansione
darò
sfogo
quando
l
'
idea
avrà
preso
un
corpo
ed
un
'
anima
!
Ma
ora
i
nostri
mali
sono
abbastanza
e
anche
troppo
additati
.
Crediamo
noi
di
commuovere
con
ciò
i
nostri
nemici
?
O
speriamo
che
venga
alcuno
a
trarci
d
'
impaccio
?
È
tempo
di
adoperarci
e
adoperarci
efficacemente
per
guarire
questi
mali
.
E
lo
possiamo
se
lo
vogliamo
.
La
concordia
degli
animi
e
l
'
unione
dei
sacrifizi
possono
operare
miracoli
.
L
'
idea
santissima
di
un
Consorzio
Nazionale
è
forse
un
'
utopia
?
Essa
è
più
positiva
che
il
calcolo
di
coloro
che
vogliono
condurci
a
rovina
!
Perché
dunque
non
la
manderemo
ad
effetto
?
La
Società
di
Gianduja
,
invitata
,
se
occorre
,
si
riunisca
di
nuovo
per
farsi
nucleo
di
un
Consorzio
Nazionale
,
il
quale
sotto
la
protezione
del
nostro
bravo
Vittorio
si
costituisca
allo
scopo
di
salvare
l
'
Italia
pagandone
i
debiti
.
A
Gianduja
l
'
onore
dell
'
iniziativa
e
la
benedizione
delle
presenti
e
future
generazioni
d
'
Italia
;
all
'
Italia
gloria
e
risorgimento
!
Bravo
,
signor
direttore
!
Promuova
l
'
attuazione
della
sua
idea
.
Oh
se
potessimo
spingere
l
'
effettuazione
fino
a
renderla
sinonima
di
emancipazione
!
...
Ma
sarà
anche
questo
un
falso
lume
in
tanta
oscurità
?
Accolga
,
ecc
.
Alessandria
,
14
febbraio
1866
.
L
.
VEGLIO
,
maestro
elementare
»
.
«
Signor
Direttore
,
La
parte
più
cospicua
di
mia
sostanza
consiste
in
5
mila
lire
di
rendita
in
fondi
pubblici
italiani
.
Se
volessi
realizzarli
non
ne
ritirerei
che
il
61
e
centesimi
,
mentre
li
ho
comprati
all'80
.
M
'
associo
di
gran
cuore
per
lire
dieci
mila
alla
proposta
di
un
Consorzio
Nazionale
per
pagare
i
debiti
dello
Stato
;
e
a
ciò
mi
muove
non
solo
spirito
di
patriottismo
,
ma
anche
un
legittimo
interesse
,
poiché
nel
caso
che
la
sottoscrizione
riesca
,
il
rialzo
de
'
fondi
pubblici
mi
compenserà
ad
usura
.
Ci
pensino
anche
i
proprietari
che
ora
lamentano
che
la
troppa
quantità
di
carta
allontani
i
capitali
dalle
terre
e
dalle
case
.
Il
vostro
P
.
G
.
»
Riceviamo
una
lettera
di
adesione
alla
proposta
del
Consorzio
Nazionale
,
con
entro
un
biglietto
di
banca
.
Siccome
noi
né
possiamo
né
dobbiamo
ricevere
i
denari
d
'
una
sottoscrizione
di
tal
natura
,
così
avvertiamo
il
gentile
e
generoso
che
si
firma
Un
operaio
che
ha
lavoro
che
:
quel
biglietto
resta
a
sua
disposizione
,
e
sarà
restituito
dietro
le
volute
indicazioni
.
Da
PALLANZA
il
signor
Gio
.
Piceni
ci
scrive
associandosi
alla
proposta
del
Consorzio
Nazionale
offrendo
di
versare
fin
d
'
ora
lire
duemila
,
e
riservandosi
di
aumentare
la
cifra
a
seconda
delle
sue
forze
.
Egli
ci
suggerisce
inoltre
alcune
idee
che
verranno
esaminate
in
seguito
.
Per
ora
importa
che
venga
accettata
l
'
idea
fondamentale
.
La
mancanza
di
spazio
ci
costringe
a
rimandare
a
domani
il
seguito
di
queste
pubblicazioni
.
Ci
è
grato
però
di
dire
fin
d
'
ora
che
già
si
annunziano
adesioni
anche
di
MUNICIPI
.