StampaQuotidiana ,
Il
trattato
della
pacificazione
che
doveva
mettere
d
'
accordo
il
fascismo
e
il
socialismo
,
non
solo
non
ha
raggiunto
questo
risultato
,
ma
minaccia
di
raggiungerne
un
altro
affatto
diverso
ed
opposto
:
quello
di
dividere
il
fascismo
.
In
verità
i
fascisti
non
sono
divisi
da
un
diverso
proposito
di
eseguire
o
non
eseguire
il
trattato
,
giacché
il
trattato
,
in
quanto
i
fascisti
anche
in
passato
non
furono
mai
gli
iniziatori
ed
i
provocatori
della
violenza
,
ma
contennero
la
loro
azione
soltanto
sul
terreno
della
offensiva
e
della
necessaria
controffensiva
,
era
stato
da
essi
osservato
anche
prima
che
fosse
stipulato
ed
ha
continuato
ad
esserlo
dopo
.
L
'
opinione
fascista
è
invece
divisa
da
un
'
opposta
valutazione
della
convenienza
politica
del
trattato
medesimo
.
Noi
non
intendiamo
entrare
nel
merito
del
presente
dissidio
e
tanto
meno
erigerci
a
giudici
fra
le
due
tendenze
:
dei
concordatori
e
degli
anticoncordatori
.
Riconosciamo
che
vi
sono
ragioni
per
sostenere
tanto
l
'
uno
che
l
'
altro
punto
di
vista
,
ma
riconosciamo
altresì
che
la
necessità
di
mantenere
integra
l
'
unità
del
movimento
fascista
supera
di
gran
lunga
i
singoli
motivi
di
divisione
.
Durante
le
trattative
,
noi
abbiamo
fatto
presente
,
con
scrupolosa
esattezza
tutte
le
ragioni
che
,
a
nostro
avviso
,
stavano
contro
il
fatto
stesso
della
stipulazione
del
trattato
,
indipendentemente
dal
suo
eventuale
contenuto
.
Ragioni
che
potevano
riassumersi
in
queste
tre
fondamentali
eccezioni
di
carattere
pregiudiziale
:
implicito
disconoscimento
del
dovere
elementare
,
da
parte
dello
Stato
,
di
non
abbandonare
all
'
iniziativa
e
all
'
azione
dei
singoli
partiti
o
fazioni
,
il
compito
di
tutelare
l
'
ordine
pubblico
,
che
deve
invece
restare
di
esclusiva
competenza
dello
Stato
sovrano
;
implicito
riconoscimento
del
monopolio
della
rappresentanza
degli
interessi
sindacali
e
dell
'
organizzazione
della
classe
lavoratrice
da
parte
dei
socialisti
;
implicita
alterazione
del
carattere
puramente
nazionale
,
non
fazioso
e
antisovversivo
,
del
fascismo
.
Con
l
'
accordo
diretto
,
fuori
dello
Stato
,
infatti
,
il
fascismo
non
solo
disconosceva
quello
che
aveva
sempre
affermato
,
che
cioè
lo
Stato
aveva
il
preciso
dovere
di
reprimere
prontamente
ed
energicamente
ogni
tentativo
diretto
a
sovvertire
ed
a
turbare
l
'
ordine
nazionale
,
ma
veniva
a
porsi
sullo
stesso
terreno
dei
socialisti
,
cioè
di
una
fazione
che
pretende
di
agire
fuori
dello
Stato
e
fuori
dell
'
ordine
nazionale
,
ed
inoltre
riconosceva
questi
ultimi
come
i
legittimi
e
naturali
rappresentanti
degli
interessi
delle
classi
lavoratrici
,
avulsi
da
quelli
della
Nazione
.
Ma
di
fronte
a
questi
motivi
d
'
ordine
ideale
,
a
trattato
firmato
,
abbiamo
tenuto
a
mettere
in
rilievo
i
vantaggi
d
'
ordine
pratico
,
che
il
trattato
stesso
avrebbe
potuto
apportare
,
e
cioè
:
primo
,
la
chiara
dimostrazione
del
vivo
desiderio
della
parte
fascista
di
raggiungere
la
pace
civile
,
anche
a
costo
del
sacrificio
dei
proprii
interessi
di
partito
;
secondo
,
la
facilitazione
del
compito
del
Governo
d
'
intervenire
finalmente
a
rintuzzare
la
tracotanza
degli
elementi
antinazionali
.
Senonché
oggi
noi
crediamo
che
l
'
opportunità
di
una
tale
polemica
sia
stata
superata
dai
fatti
.
Essa
oggi
non
avrebbe
tanto
lo
scopo
di
chiarire
l
'
atteggiamento
da
assumere
di
fronte
agli
avversari
,
quanto
quello
di
rincrudire
i
motivi
di
divisione
e
di
dissidio
nel
campo
fascista
.
A
che
pro
infatti
,
discutere
se
il
trattato
sia
stato
un
accorgimento
o
un
errore
,
un
bene
o
un
male
,
quando
il
trattato
di
fatto
più
non
esiste
?
Per
quanto
discusso
e
bistrattato
nel
campo
fascista
,
il
trattato
era
stato
sostanzialmente
osservato
dai
fascisti
;
era
stato
osservato
,
anche
se
non
da
tutti
riconosciuto
,
perché
,
per
osservarlo
,
i
fascisti
non
avevano
che
da
continuare
nella
attitudine
che
avevano
ancora
prima
osservata
.
Dalla
parte
socialista
invece
il
trattato
non
solo
fu
materialmente
violato
,
ma
fu
anche
formalmente
denunciato
.
Mentre
i
fascisti
facevano
parole
,
i
socialisti
facevano
fatti
.
Mentre
gli
uni
imprecavano
al
trattato
,
gli
altri
lo
infrangevano
e
lo
proclamavano
irrito
e
nullo
.
Se
così
stanno
le
cose
,
la
condotta
dei
fascisti
ci
sembra
chiara
e
semplice
:
innanzi
tutto
por
termine
alla
polemica
sulla
convenienza
del
trattato
:
polemica
inattuale
e
inopportuna
,
che
non
ha
più
lo
scopo
di
evitare
il
fatto
puramente
formale
della
stipulazione
del
trattato
,
oramai
irrevocabile
,
e
non
può
avere
neppure
lo
scopo
di
sottrarli
all
'
esecuzione
di
obblighi
onerosi
e
senza
corrispettivi
,
dal
momento
che
essi
sono
stati
liberati
da
ogni
obbligo
dalla
inadempienza
e
dalla
formale
denuncia
dell
'
altra
parte
contraente
;
ma
che
viceversa
può
avere
il
risultato
funesto
di
approfondire
una
divisione
che
deve
essere
a
tutti
i
costi
evitata
.
In
secondo
luogo
dare
atto
ai
socialisti
della
loro
condotta
contraria
al
trattato
e
prendere
atto
dell
'
avvenuta
denuncia
e
reclamare
energicamente
dallo
Stato
,
che
ciò
che
non
si
è
potuto
ottenere
per
via
d
'
accordi
,
si
ottenga
,
più
onestamente
e
più
legittimamente
,
per
opera
del
suo
doveroso
intervento
.
Così
le
cose
,
dopo
un
esperimento
che
nella
sua
artificiosa
costruzione
ha
avuto
pure
il
merito
di
dimostrare
la
buona
volontà
della
parte
nazionale
,
saranno
rimesse
sul
loro
naturale
terreno
:
il
terreno
dell
'
ordine
giuridico
e
politico
normale
,
nel
quale
l
'
autorità
dello
Stato
deve
imperare
sovrana
e
colpire
tutti
i
tentativi
diretti
a
sovvertire
gli
ordinamenti
costituzionali
,
a
violare
la
libertà
di
lavoro
,
a
distruggere
le
istituzioni
nazionali
.
Anziché
perseverare
in
una
lotta
intestina
,
che
non
giova
alla
loro
vigorosa
azione
contro
i
nemici
interni
della
Patria
,
i
fascisti
devono
ancora
una
volta
mettere
in
mora
il
Governo
perché
compia
intero
il
suo
dovere
contro
costoro
,
se
non
vuole
che
la
violenza
fascista
si
sostituisca
al
suo
legittimo
potere
coercitivo
,
nell
'
interesse
della
Nazione
.
StampaQuotidiana ,
Carnera
debutta
a
Milano
nelle
giostre
ammaestrate
della
lotta
libera
,
del
catch
.
Mi
dicono
che
abbia
nuovamente
fortuna
.
L
'
ho
conosciuto
molti
anni
fa
,
a
Barcellona
,
ed
è
probabile
,
è
anzi
sicuro
,
che
egli
non
si
ricordi
affatto
di
me
.
Eppure
,
appunto
perché
egli
mi
fece
tornare
fanciullo
,
fui
il
suo
profeta
.
Attorno
a
lui
i
grandi
saggi
,
i
grandi
sapienti
della
scienza
sportiva
segretamente
sghignazzavano
.
Essi
lo
avevano
già
visto
a
Milano
,
in
una
esibizione
di
pugilato
al
Palazzo
dello
Sport
,
lo
avevano
inquadrato
dal
basso
in
alto
,
arcuando
scetticamente
un
sopracciglio
,
lo
avevano
scientificamente
«
soppesato
»
.
Avevano
guardato
le
vene
varicose
delle
sue
gambe
affaticate
per
sostenere
quella
sua
mole
torreggiante
:
avevano
detto
che
il
suo
pugno
era
lento
come
un
«
merci
»
;
gli
negavano
ogni
intelligenza
e
ogni
spirito
combattivo
.
Davanti
alle
loro
definizioni
-
«
colosso
dai
piedi
d
'
argilla
»
,
o
,
più
popolarescamente
,
«
sacco
di
patate
»
-
io
tremavo
,
prendendo
il
treno
che
,
sul
finire
del
novembre
1930
,
mi
portava
in
Spagna
per
assistere
al
suo
incontro
con
Paolino
Uzcudum
.
Avevo
visto
al
lavoro
,
quattro
o
cinque
anni
prima
,
il
«
toro
di
Bilbao
»
.
Contro
l
'
ex
spaccalegna
che
aveva
il
torace
ampio
,
quadrato
,
solido
come
una
cassaforte
cosa
avrebbe
fatto
quel
marmittone
di
gigantesco
emigrato
friulano
?
Primo
Camera
,
da
ragazzino
,
aveva
frequentato
le
scuole
dei
mosaicisti
di
Sequals
,
dove
l
'
arte
delle
«
tessere
»
è
tramandata
,
dicono
,
sin
dai
tempi
di
Aquileia
.
Mosaicista
contro
Spaccalegna
.
Chi
avrebbe
vinto
?
Segretamente
puntai
sul
Mosaicista
.
Emilio
Colombo
,
mattatore
bonariamente
roboante
del
giornalismo
sportivo
,
lo
indovinò
:
e
mi
guardava
con
sorridente
,
amichevole
pietà
.
Condannato
io
pure
alla
vecchia
legge
che
impone
al
cronista
sportivo
il
pronostico
,
dopo
aver
visto
Carnera
,
dopo
aver
parlato
con
Carnera
,
scrissi
:
«
Il
Mosaicista
batterà
il
Legnaiolo
»
.
A
Carnera
chiesi
:
«
Come
va
?
»
.
Mi
rispose
:
«Così...»
.
Eravamo
nella
stanza
di
un
albergo
sulle
Ramblas
di
Barcellona
.
Camera
era
disteso
sul
letto
e
un
cinese
lo
massaggiava
.
Seduto
vicino
al
letto
stava
il
suo
manager
,
il
giornalista
che
lo
aveva
scoperto
due
o
tre
anni
prima
in
un
baraccone
di
lottatori
da
fiera
.
Il
giornalista
era
un
ometto
piccolo
che
pesava
cinquantacinque
chili
contro
í
centoventi
del
suo
pupillo
,
e
che
aveva
un
accenno
di
baffi
alla
Menjou
.
Vigilava
sul
massaggio
e
vigilava
,
mi
sembrò
,
anche
sulle
risposte
del
gigante
,
che
,
prima
di
parlare
,
lo
guardava
intimidito
come
fa
un
grande
cane
con
il
suo
piccolo
padrone
.
Sull
'
attaccapanni
era
appesa
la
giacca
di
Carnera
:
vasta
come
un
paltò
.
Di
sotto
il
letto
,
spuntavano
le
famosissime
scarpe
del
gigante
,
che
per
qualche
tempo
furono
celebri
come
le
scarpe
di
Charlot
.
I
vetri
erano
socchiusi
:
l
'
estate
torrida
.
Il
nudo
colosso
era
depilato
scrupolosamente
:
la
mano
untuosa
del
cinese
correva
sul
torace
,
sul
ventre
,
sulle
cosce
,
sulle
reni
.
La
stanza
era
piccola
:
sembrava
che
i
piedi
del
gigante
la
occupassero
tutta
.
Sapevo
la
sua
storia
ed
era
inutile
me
la
facessi
ripetere
.
Al
paese
,
un
pane
scarsissimo
,
come
in
tante
case
delle
Prealpi
friulane
.
A
dodici
anni
,
un
biglietto
di
terza
classe
,
l
'
indirizzo
di
un
cugino
in
un
villaggio
delle
Lande
francesi
.
Il
colossale
ragazzo
friulano
aveva
ripercorso
la
strada
che
vent
'
anni
prima
era
stata
familiare
a
Gabriele
D
'
Annunzio
quando
cantava
press
'
a
poco
così
:
«
Ascolto
il
grido
della
procellaria
/
nel
vento
della
Landa
solitaria
...
»
.
Ma
il
grido
delle
procellarie
non
interessava
il
ragazzo
:
egli
non
udiva
altro
che
il
grido
,
molto
più
insistente
,
dell
'
appetito
.
Mosaicista
,
legnaiolo
,
manovale
,
muratore
:
nessun
mestiere
gli
dava
abbastanza
da
sfamarsi
.
Alla
meglio
,
masticò
qualche
lenta
parola
di
francese
,
con
una
voce
cupa
e
gutturale
.
Aveva
ossa
colossali
da
uomo
delle
caverne
:
ma
rivestite
di
poca
carne
.
Il
padrone
di
un
baraccone
disse
.
«
A
forza
di
zappa
,
lo
farò
ingrassare
e
ne
farò
un
numero
che
sbalordirà
tutti
i
villaggi
delle
Lande
e
della
Guascogna
»
.
Così
,
fiutando
come
un
cane
randagio
un
calderone
di
minestra
,
il
ragazzo
,
vagabondo
da
un
cantiere
all
'
altro
,
trova
la
sua
strada
che
lo
porta
alle
tende
delle
baracche
e
dei
circhi
.
Alla
sera
,
nelle
luci
dell
'
acetilene
,
sta
in
fila
con
gli
altri
lottatori
sulla
pedana
della
baracca
.
soia
a
stando
di
due
palmi
tutti
i
compagni
.
In
pochi
mesi
tocca
i
centotrenta
chili
e
supera
di
parecchio
i
due
metri
di
statura
.
Un
futuro
corazziere
?
No
.
Non
potrebbe
farlo
perché
ha
i
piedi
appiattiti
dal
peso
che
su
essi
sovrasta
.
A
vedere
quei
torace
,
là
,
sul
letto
d
'
albergo
di
Barcellona
,
non
si
poteva
far
a
meno
di
dire
:
«
Questo
è
certamente
l
'
uomo
più
forte
del
mondo
»
.
Il
Padreterno
s
'
era
tolto
il
capriccio
di
fare
venire
al
mondo
una
statua
.
Dalla
cintola
in
su
,
Carnera
era
un
capolavoro
della
creazione
.
Quel
«
sacco
di
patate
»
era
degno
di
Fidia
,
di
Giove
,
dei
Ciclopi
.
Si
deve
a
quel
torace
se
il
mondo
ha
avuto
il
«
romanzo
Carnera
»
,
la
sua
strana
storia
di
Tarzan
tante
volte
gabbato
dai
piccoli
uomini
furbi
,
colossale
e
-
dicevano
i
saggi
-
incapace
di
cattiveria
,
ibrido
di
semidio
e
di
disgraziato
,
imbarcato
sull
'
altalena
della
vita
che
,
una
volta
,
lo
portava
verso
la
ricchezza
e
,
un
'
altra
volta
,
giù
nella
miseria
,
costretto
sempre
a
risalire
faticosamente
.
Vinse
a
Barcellona
.
Rivinse
Per
lui
,
si
mosse
anche
Mussolini
.
L
'
Italia
ebbe
in
questo
emigrante
friulano
dalla
voce
gutturale
e
dal
mento
«
senza
grinta
»
,
senza
volontà
in
un
tempo
di
«
mascelle
volitive
»
il
suo
unico
campione
del
mondo
.
Poi
,
il
ko
,
í
lestofanti
che
lo
abbandonano
dopo
aver
fatto
volatilizzare
i
suoi
guadagni
,
persino
un
periodo
di
immobilità
per
una
paralisi
,
e
il
lento
,
affranto
risollevarsi
e
di
nuovo
la
povertà
del
vagabondo
che
vende
per
le
strade
,
davanti
a
un
tavolino
pieghevole
,
bustine
di
lamette
da
barba
.
Adesso
,
con
il
catch
ammaestrato
,
pare
abbia
fatto
nuovamente
fortuna
.
StampaQuotidiana ,
La
Gazzetta
Ufficiale
dopo
aver
dato
il
dispaccio
del
passaggio
del
Mincio
così
si
esprime
:
«
Pubblicando
il
precedente
dispaccio
sulle
notizie
della
guerra
,
prendiamo
l
'
occasione
per
esortare
il
pubblico
a
non
accogliere
le
varie
voci
che
per
leggerezza
o
per
fini
malvagi
si
vogliono
mettere
in
giro
in
simili
casi
.
«
Il
governo
,
per
corrispondere
alla
giusta
ansietà
del
paese
,
ha
disposto
che
le
notizie
pervenute
dal
campo
siano
immediatamente
distribuite
a
tutti
i
giornali
senza
distinzione
,
e
comunicate
per
telegrafo
alle
autorità
politiche
delle
provincie
,
perché
esse
le
rendano
alla
loro
volta
di
pubblica
ragione
.
«
Queste
comunicazioni
,
le
sole
che
siano
e
si
abbiano
da
ritenere
come
ufficiali
,
saranno
autenticate
dalla
firma
del
ministro
o
del
segretario
generale
dell
'
interno
.
«
Non
si
può
d
'
altra
parte
presumere
che
si
abbiano
da
dare
notizie
ogni
giorno
.
Si
comprende
facilmente
che
la
più
ovvia
prudenza
vieta
di
parlare
dei
movimenti
e
delle
operazioni
militari
prima
che
i
movimenti
e
le
operazioni
siano
compiuti
,
e
che
i
Corpi
di
marcia
non
fanno
sapere
il
loro
indirizzo
,
il
quale
,
anche
sapendosi
,
dovrebbe
in
ogni
modo
esser
taciuto
»
.
Noi
vogliamo
sperare
che
i
riguardi
che
si
avranno
per
la
stampa
a
Firenze
saranno
usati
anche
altrove
,
poiché
in
questi
momenti
di
febbrile
ansietà
preme
a
tutti
ugualmente
d
'
avere
notizie
sollecite
ed
esatte
,
e
tutti
vi
hanno
uguale
diritto
.
Molti
dispacci
arriveranno
a
notte
inoltrata
.
E
perché
non
dovranno
essere
comunicati
immediatamente
ai
giornali
?
Non
dee
forse
il
governo
,
egli
pel
primo
,
avere
al
cuore
di
non
lasciare
il
pubblico
nell
'
incertezza
,
poiché
solo
l
'
incertezza
degli
animi
può
talvolta
far
parer
vera
per
qualche
ora
una
falsa
notizia
inventata
da
qualche
nemico
?
Oltre
a
ciò
che
vale
aver
votate
disposizioni
per
impedire
i
falsi
allarmi
e
ragguagli
sui
movimenti
dell
'
esercito
,
se
poi
si
lascia
che
il
pubblico
sia
ingannato
con
trappolerie
,
come
ben
dice
La
Provincia
?
Certe
mistificazioni
e
particolarmente
in
momenti
sì
gravi
si
debbono
impedire
ad
ogni
modo
.
Ma
che
diremo
della
redazione
dei
dispacci
?
Il
telegramma
da
Firenze
di
ieri
mattina
fu
universalmente
deplorato
.
Esso
non
ha
senso
comune
,
ed
è
spiaciuto
appunto
perché
inintelligibile
.
Che
una
guerra
coll
'
Austria
fosse
cosa
seria
sapevasi
già
prima
e
si
è
detto
su
tutti
i
toni
.
L
'
Italia
s
'
è
dunque
preparata
a
tutto
,
e
saprà
far
fronte
a
tutto
.
Essa
non
ha
mestieri
di
telegrammi
amfibologici
;
di
telegrammi
in
contradizione
tra
di
loro
come
accadeva
tra
il
dispaccio
fiorentino
e
quello
più
soddisfacente
della
prefettura
di
Brescia
!
StampaQuotidiana ,
Gli
uomini
che
dirigono
il
movimento
fascista
hanno
reso
stamane
un
grande
servizio
alla
Nazione
.
Sta
di
fatto
che
oggi
il
tema
del
trattato
di
pace
,
stipulato
fra
il
gruppo
parlamentare
fascista
per
conto
anche
di
tutte
le
più
attive
forze
nazionali
e
il
gruppo
parlamentare
socialista
anch
'
esso
rappresentante
indiretto
di
una
vasta
massa
,
in
cui
confluivano
le
correnti
sovversive
del
Paese
non
costituisce
più
un
motivo
di
dibattiti
veramente
importanti
,
e
non
può
costituire
un
degno
motivo
di
scissioni
o
di
divergenze
veramente
giustificate
.
Suscettibile
come
sono
,
in
fondo
,
tutte
le
cose
umane
di
critiche
e
di
osservazioni
fondate
,
al
momento
in
cui
esso
fu
stipulato
,
è
entrato
ormai
nella
vita
stessa
della
Nazione
e
appartiene
al
passato
:
al
passato
da
cui
è
sorta
l
'
odierna
situazione
politica
,
profondamente
differente
e
certo
assai
migliore
di
quella
che
preoccupava
le
coscienze
all
'
indomani
delle
elezioni
generali
.
Per
questa
ragione
,
è
perfettamente
onesto
e
giusto
e
non
è
per
nulla
,
come
qualche
avversario
in
malafede
sussurra
,
ipocrita
reticenza
il
fatto
che
oggi
su
questo
passato
non
si
discuta
più
,
e
si
evitino
dissensi
e
recriminazioni
inutili
,
sterili
,
dannose
.
Ed
è
altrettanto
onesto
e
giusto
che
nell
'
odierno
congresso
fascista
le
principali
discussioni
vengano
impostate
sulle
direttive
dell
'
azione
avvenire
,
che
sulle
sorti
del
movimento
avranno
una
così
grande
influenza
,
invece
che
sulle
vicende
passate
.
Ma
è
altresì
vero
che
questo
superamento
delle
più
sterili
divergenze
,
compiuto
per
affrontare
in
pieno
la
realtà
della
situazione
odierna
,
dimostra
una
vera
superiorità
spirituale
del
movimento
fascista
su
gli
altri
partiti
,
le
cui
discussioni
difficilmente
escono
dal
chiuso
dei
più
gretti
personalismi
e
delle
più
vane
recriminazioni
.
Questa
superiorità
spirituale
,
certamente
provocata
dalla
coscienza
di
consapevolmente
servire
un
altissimo
interesse
,
quale
è
quello
della
Patria
,
siamo
certi
si
manterrà
nelle
discussioni
imminenti
,
in
cui
le
direttive
del
fascismo
saranno
determinate
.
La
funzione
politica
del
fascismo
,
che
primo
è
riuscito
ad
inquadrare
le
grandi
masse
in
un
'
azione
politica
schiettamente
nazionale
,
è
di
enorme
importanza
,
e
di
un
valore
assolutamente
decisivo
per
l
'
avvenire
del
Paese
.
Per
questo
,
oggi
tutte
le
coscienze
puramente
italiane
seguono
con
cuore
trepidante
le
sorti
dell
'
adunata
fascista
e
le
modalità
attraverso
le
quali
il
nuovo
partito
,
l
'
immancabile
caposaldo
di
tutte
le
concentrazioni
di
forze
essenzialmente
nazionali
,
vi
si
definisce
e
vi
si
concreta
.
Noi
esprimiamo
l
'
augurio
,
col
più
fervido
cuore
,
che
il
Partito
Nazionale
Fascista
,
attraverso
il
quale
le
masse
dei
combattenti
vittoriosi
,
e
dei
più
attivi
lavoratori
,
potranno
inquadrarsi
sotto
la
bandiera
della
Patria
,
ed
accanto
al
quale
il
movimento
nazionalista
,
con
le
sue
caratteristiche
dottrinali
e
intellettuali
di
lucida
e
chiaroveggente
minoranza
,
può
intensamente
agire
,
sorga
dalle
odierne
discussioni
romane
quanto
mai
forte
,
compatto
,
sostanzialmente
fuso
su
alcune
chiarissime
direttive
essenziali
,
che
ne
faciliteranno
l
'
opera
utile
e
necessaria
.
La
crisi
politica
italiana
,
che
dura
dal
giorno
in
cui
tacque
e
si
spense
l
'
attività
di
una
Destra
nazionale
,
si
potrà
così
avviare
verso
il
suo
componimento
:
verso
un
più
stabile
equilibrio
dei
partiti
,
che
assicuri
alla
Nazione
la
continuità
dell
'
opera
necessaria
a
raggiungere
i
fini
essenziali
di
sviluppo
e
di
espansione
.
Su
questa
linea
,
è
stato
mosso
oggi
,
nel
mausoleo
di
Augusto
,
un
passo
di
cospicua
importanza
.
L
'
attiva
e
consapevole
coscienza
nazionale
che
anima
i
duci
del
fascismo
farà
sì
che
altri
se
ne
compiranno
in
questi
giorni
,
affinché
il
nuovo
Partito
divenga
veramente
uno
dei
capisaldi
essenziali
della
ricostruzione
nazionale
.
StampaQuotidiana ,
Racconta
un
vecchio
collega
bolognese
:
«
Me
lo
ricordo
,
come
fosse
adesso
.
Antonio
Cervi
era
un
uomo
buono
,
cordiale
,
sempre
di
buon
umore
.
Una
vera
eccezione
,
vederlo
preoccupato
.
Per
questo
non
mi
sono
passati
di
mente
i
giorni
dell
'
ultima
settimana
dell
'
aprile
del
1901
.
Non
si
poteva
dire
che
Antonio
Cervi
fosse
di
malumore
,
ma
certamente
non
era
il
solito
Cervi
.
Finalmente
si
sfogò
con
me
.
"
Sto
aspettando
,
di
giorno
in
giorno
,
che
mi
nasca
un
bambino
.
Ora
,
maschio
o
femmina
che
sia
,
non
vorrei
che
mi
combinasse
lo
scherzo
di
nascere
la
sera
di
una
'
prima
'
'
.
Lo
so
che
è
difficile
farglielo
capire
,
ma
bisognerebbe
che
lo
sapesse
subito
.
Se
uno
è
figlio
di
un
critico
drammatico
,
non
si
nasce
mai
la
sera
di
una
'
prima
'
"
»
.
Antonio
Cervi
-
il
suo
pseudonimo
era
quello
,
un
po
'
misterioso
,
di
Gace
,
che
,
secondo
quanto
ricorda
il
figlio
Gino
,
ma
che
ignorano
i
dizionari
,
dovrebbe
essere
un
personaggio
della
Mitologia
-
era
critico
drammatico
del
«
Resto
del
Carlino
»
.
Il
piccolo
Gino
«
obbedì
»
.
Il
3
maggio
del
1901
non
c
'
era
nessuna
«
prima
»
né
al
Teatro
Brunetti
,
né
al
Corso
,
ne
al
Contavalli
,
né
al
Nazionale
che
aveva
proprio
in
quel
tempo
lasciato
l
'
antico
bizzarro
nome
di
Teatro
della
Nosadella
,
né
all
'
Arena
del
Sole
.
Antonio
Cervi
poté
dunque
restare
a
casa
e
ricevere
dalla
levatrice
l
'
annuncio
:
«
È
un
bel
maschio
!
»
.
Gino
Cervi
è
dunque
l
'
unico
attore
che
sia
figlio
di
un
critico
drammatico
.
Suo
padre
lo
fu
per
trentaquattro
anni
,
dal
1889
al
1923
.
Rincasava
nel
pieno
della
notte
,
alle
tre
e
alle
quattro
del
mattino
.
Entrava
in
punta
di
piedi
per
non
svegliare
i
bambini
.
Stava
ancora
un
po
'
sveglio
,
per
leggere
il
giornale
di
cui
aveva
portato
a
casa
una
delle
prime
copie
fresche
di
inchiostro
.
Alla
mattina
,
erano
i
bambini
,
che
per
andare
a
scuola
,
dovevano
uscire
in
punta
di
piedi
.
A
mezzogiorno
,
all
'
ora
dei
tortellini
,
il
papà
parlava
di
quanto
aveva
sentito
a
teatro
la
sera
avanti
:
esprimeva
certe
opinioni
che
nel
giornale
erano
state
attenuate
o
velate
.
Per
non
rovinare
le
Compagnie
,
i
critici
dei
giornali
importanti
non
potevano
divertirsi
al
gioco
del
massacro
,
mordendo
e
sbriciolando
a
destra
e
a
sinistra
.
Anche
allora
si
diceva
che
il
teatro
era
«
in
crisi
»
.
Le
Compagnie
primarie
erano
una
quarantina
,
sempre
con
non
meno
di
una
trentina
di
attori
scritturati
;
quelle
secondarie
un
'
ottantina
e
un
centinaio
quelle
di
terz
'
ordine
.
L
'
Italia
aveva
una
popolazione
viaggiante
di
45
mila
attori
e
attrici
.
Bologna
era
la
loro
segreta
capitale
,
come
si
dice
che
Gonzaga
,
presso
Mantova
,
sia
quella
degli
zingari
.
Gino
respirò
sempre
teatro
.
Subito
dopo
le
aste
-
in
quell
'
anno
fu
portato
in
braccio
a
vedere
i
funerali
di
Carducci
-
imparò
a
leggere
sulle
colonne
del
«
Resto
del
Carlino
»
,
per
la
curiosità
di
sapere
che
cosa
scrivesse
suo
padre
.
Imparò
il
significato
di
certe
frasi
:
«
reiterati
applausi
,
recitazione
incisiva
,
palesi
segni
di
dissenso
,
bene
gli
altri
»
.
Imparò
presto
alcuni
nomi
assai
difficili
:
Shakespeare
,
Marivaux
,
Bjørnstjerne
Bjørnson
,
Portoriche
.
Sognava
i
teatri
come
regge
misteriose
,
con
i
palchetti
dorati
,
con
le
poltrone
di
velluto
rosso
.
In
casa
erano
familiari
i
nomi
di
Panzacchi
,
di
Lipparini
,
di
Olindo
Guerrini
,
di
Testoni
sulle
cui
ginocchia
il
piccolo
Gino
aveva
ballato
.
Accompagnando
il
padre
a
spasso
,
Gino
-
polpacci
nudi
,
giubba
alla
marinara
col
fischietto
nel
nodo
della
cravatta
-
entrava
nella
libreria
di
Zanichelli
.
Ogni
tanto
Antonio
si
fermava
a
parlare
con
un
grosso
uomo
dall
'
aspetto
di
timido
campagnolo
vestito
di
nero
.
Era
Giovanni
Pascoli
.
Di
Carducci
si
parlava
come
di
un
Nume
scomparso
fra
le
nuvole
ma
sempre
misteriosamente
presente
.
Antonio
Cervi
,
al
cui
cuore
cordiale
era
stata
sempre
cara
la
parte
del
paciere
,
era
riuscito
a
riconciliare
Carducci
con
D
'
Annunzio
-
non
c
'
erano
mai
stati
veri
attriti
,
ma
certe
diffidenze
sì
-
nel
famoso
banchetto
in
cui
,
avendo
Carducci
offerto
il
vino
a
D
'
Annunzio
,
questi
aveva
detto
:
«
Grazie
...
Non
bevo
mai
...
»
il
Leone
di
Maremma
aveva
risposto
un
po
'
bruscamente
:
«
Io
,
sempre
!
»
.
Bologna
,
era
amica
del
teatro
fin
dal
Seicento
,
quando
ogni
famiglia
patrizia
aveva
un
suo
piccolo
palcoscenico
,
in
casa
Zoppio
,
in
casa
Pepoli
,
in
casa
Casali
,
all
'
accademia
degli
Ardenti
o
dei
Riaccesi
.
Nel
Settecento
,
c
'
era
stato
un
teatro
persino
nel
Palazzo
del
Podestà
.
I
patrizi
avevano
le
loro
sale
da
spettacolo
anche
nelle
ville
sui
colli
.
Per
quella
privata
della
famiglia
Albergati
,
che
ospitava
durante
l
'
estate
tutto
il
patriziato
bolognese
,
Goldoni
scrisse
cinque
commedie
,
fra
le
quali
Il
cavaliere
di
spirito
e
l
'
Osteria
della
Posta
.
Perché
gli
attori
volevano
bene
a
Bologna
?
C
'
erano
camere
,
alloggi
,
locande
a
poco
prezzo
.
Le
padrone
di
casa
erano
cordiali
,
socievoli
,
aspettavano
molto
pazientemente
l
'
affitto
,
magari
da
un
anno
all
'
altro
.
Le
porzioni
di
fettuccine
erano
abbondantissime
.
La
popolazione
amava
passeggiare
fino
a
notte
tarda
,
certi
caffè
erano
aperti
fino
all
'
alba
.
Alla
legione
degli
attori
,
delle
attrici
,
dei
generici
e
delle
attricette
si
aggiungevano
gli
innumerevoli
filodrammatici
.
Ogni
tanto
questi
ultimi
organizzavano
tournées
nei
centri
anche
più
minuscoli
della
provincia
,
sino
al
Po
e
fino
in
Romagna
,
e
rinforzavano
il
loro
complesso
chiamando
a
parteciparvi
qualche
attore
di
più
larga
esperienza
.
Anche
Gino
,
mentre
studiava
greco
al
liceo
-
suo
padre
era
stato
inflessibile
per
il
greco
e
per
il
latino
-
bazzicava
la
filodrammatica
del
Circolo
degli
impiegati
civili
.
Fu
l
'
Arena
del
Sole
il
primo
teatro
dove
,
bambino
,
una
domenica
Gino
Cervi
debuttò
come
spettatore
:
uscendo
,
vide
al
caffè
quel
grande
e
melanconico
vecchio
attore
,
oscillante
fra
il
genio
e
la
follia
,
che
fu
Enrico
Capelli
:
in
gioventù
Amleto
quasi
impareggiabile
,
e
,
in
vecchiaia
,
ridotto
a
tale
povertà
e
trasandatezza
da
tingersi
i
capelli
con
qualche
spazzolata
di
lucido
da
scarpe
.
All
'
Arena
del
Sole
si
assisteva
agli
spettacoli
in
maniche
di
camicia
.
Se
una
commedia
non
piaceva
,
i
cuscini
volavano
dalle
gradinate
fino
alla
ribalta
.
Negli
intervalli
gli
spettatori
si
passavano
il
fiasco
di
Sangiovese
,
la
bottiglia
di
lambrusco
,
bevendo
a
canna
.
Fu
in
quel
teatro
che
il
«
figlio
del
critico
»
,
entrato
con
la
tessera
del
padre
,
vide
da
ragazzo
Zacconi
e
Ruggeri
,
come
aveva
visto
nel
1914
,
dal
loggione
del
Brunetti
,
Sarah
Bernhardt
che
recitava
ancora
ad
onta
di
una
gamba
amputata
.
Studente
universitario
,
Cervi
avrebbe
forse
fatto
l
'
avvocato
o
sarebbe
entrato
un
giorno
o
l
'
altro
al
«
Resto
del
Carlino
»
se
la
morte
del
padre
nel
1923
non
lo
avesse
lasciato
libero
di
decidere
del
suo
destino
.
Fu
un
altro
attore
bolognese
che
veniva
lui
pure
dai
filodrammatici
,
Nerio
Bernardi
-
il
cui
vero
nome
era
quello
antico
e
dottorale
di
Irnerio
-
a
dirgli
,
come
si
fa
con
chi
deve
imparare
a
nuotare
:
«
Buttati
!
»
.
E
fu
così
che
,
seguendo
quel
consiglio
,
lo
scolaro
,
cui
Lipparini
aveva
fatto
tante
volte
declamare
al
liceo
l
'
Ode
al
Clitumno
e
il
Canto
di
un
pastore
errante
,
diventò
attore
,
debuttando
nella
Vergine
folle
di
Bataille
,
accanto
ad
Alda
Borelli
.
Un
anno
dopo
era
a
Roma
,
cercava
sulla
guida
dove
si
trovasse
una
ignota
via
dove
si
stava
aprendo
un
nuovo
piccolo
teatro
,
il
primo
dei
futuri
«
Piccoli
Teatri
»
d
'
Italia
.
Trovò
là
dentro
un
gruppo
di
suoi
coetanei
che
,
già
prima
di
iniziare
gli
spettacoli
,
si
dibattevano
in
un
labirinto
di
debiti
:
ma
a
capo
di
quei
ragazzi
c
'
era
un
signore
con
la
barbetta
già
quasi
bianca
che
Cervi
aveva
già
visto
,
una
volta
,
come
autore
,
alla
ribalta
dell
'
Arena
del
Sole
.
Il
vecchio
signore
era
Luigi
Pirandello
.
Quella
attraverso
la
quale
,
in
vicolo
Odescalchi
,
entrava
il
giovane
figlio
del
critico
bolognese
poteva
sembrare
una
porta
assai
piccola
.
Cervi
,
figlio
di
un
uomo
che
tanto
intelligentemente
aveva
amato
e
servito
il
teatro
,
si
accorse
che
era
la
porta
grande
di
una
intelligenza
rinnovatrice
.
StampaQuotidiana ,
Tutte
le
corrispondenze
,
tutti
i
ragguagli
personali
che
riceviamo
circa
il
fatto
d
'
armi
del
24
concordano
nel
presentare
quella
battaglia
come
uno
scontro
indeciso
bensì
,
ma
glorioso
e
rassicurante
per
le
armi
nostre
.
Diciamo
rassicurante
perché
ha
troncata
ogni
quistione
circa
la
qualità
,
la
stoffa
dell
'
esercito
italiano
.
Questo
esercito
è
una
creazione
così
recente
,
che
nel
concetto
di
molti
,
particolarmente
all
'
estero
,
la
sua
consistenza
parea
alquanto
problematica
.
Non
pochi
giornali
già
sentenziavano
che
finché
la
fortuna
gli
arriderebbe
l
'
esercito
italiano
avrebbe
fatto
mirabilia
,
ma
non
così
agevolmente
avrebbe
sopportati
quei
rigori
della
sorte
,
a
cui
nessun
esercito
(
per
quanto
abbia
certa
la
vittoria
finale
)
può
completamente
sfuggire
nell
'
arduo
cammino
che
a
questa
conduce
.
Ebbene
ora
il
problema
è
sciolto
.
L
'
esercito
italiano
ha
fatte
le
sue
prime
prove
non
sotto
il
sorriso
della
fortuna
,
ma
nelle
condizioni
più
sfavorevoli
.
Le
divisioni
che
sono
state
impegnate
han
dovuto
combattere
contro
un
nemico
più
numeroso
fortificatosi
nelle
posizioni
più
formidabili
,
più
studiate
,
e
più
potentemente
armate
.
E
tuttavia
non
solo
l
'
esercito
ha
confermate
le
speranze
che
si
avevano
nel
suo
slancio
per
l
'
attacco
,
ma
ha
rivelate
le
più
preziose
qualità
per
dominare
i
casi
avversi
,
una
solidità
a
tutta
prova
,
una
indomita
tenacità
,
una
consistenza
di
ferro
!
VIVA
IL
SOLDATO
ITALIANO
!
L
'
esercito
ha
dormito
sul
campo
di
battaglia
,
sulle
posizioni
conquistate
;
ha
preso
al
nemico
un
numero
di
prigionieri
uguale
a
quello
che
il
nemico
si
vanta
d
'
aver
preso
a
noi
.
Se
all
'
indomani
il
Mincio
fu
ripassato
,
ciò
fu
per
cogliere
il
nemico
sovra
altro
punto
meno
sfavorevole
,
e
non
già
in
segno
di
battaglia
perduta
;
e
il
nemico
stesso
ha
compreso
così
bene
di
non
potersi
vantare
della
vittoria
,
che
non
solo
non
ha
inseguiti
i
nostri
,
ma
si
è
affrettato
di
ritirarsi
anch
'
esso
,
e
nel
suo
rapporto
è
stato
relativamente
assai
modesto
.
Eccone
infatto
il
sunto
telegrafico
quale
ce
lo
recano
i
giornali
d
'
oltre
Alpi
:
«
Vienna
,
25
giugno
Il
rapporto
dell
'
arciduca
Alberto
,
in
data
d
'
ieri
,
ore
io
di
sera
,
rende
noti
i
seguenti
fatti
:
«
L
'
armata
austriaca
,
marciando
verso
il
Mincio
,
fu
attaccata
dal
Re
d
'
Italia
.
«
L
'
armata
posta
sotto
il
mio
comando
prese
d
'
assalto
Montevento
,
e
,
verso
le
cinque
,
Custoza
.
Essa
ha
preso
parecchi
cannoni
e
fece
2000
prigionieri
.
Le
nostre
truppe
combatterono
con
una
bravura
ed
una
perseveranza
estrema
,
malgrado
un
insopportabile
calore
.
«
È
constatato
che
il
Re
d
'
Italia
,
alla
testa
di
tre
Corpi
d
'
armata
e
della
cavalleria
di
riserva
,
era
in
marcia
contro
Albaredo
,
credendo
di
trovarci
dietro
l
'
Adige
.
«
Il
principe
Amedeo
ed
alcuni
generali
italiani
sono
feriti
»
.
Fu
solo
il
telegrafo
italiano
che
il
primo
giorno
dipinse
in
nero
la
battaglia
!
Non
v
'
è
parola
che
basti
contro
la
redazione
di
quei
deplorabili
dispacci
che
d
'
una
battaglia
di
cui
l
'
Italia
e
l
'
esercito
debbono
andare
giustamente
superbi
trovarono
il
segreto
di
farne
un
imbroglio
inintelligibile
,
in
cui
un
Corpo
intiero
sarebbesi
svaporato
senza
lasciar
traccia
!
Fortunatamente
il
buonsenso
delle
popolazioni
e
la
fiducia
inalterata
che
tutti
hanno
nell
'
esercito
corresse
gli
errori
del
sciocchissimo
dispaccio
,
e
seppe
sin
dai
primi
momenti
ridurre
le
cose
al
loro
vero
essere
.
Tutta
Italia
echeggia
d
'
un
grido
di
riconoscenza
all
'
esercito
ONORE
AI
VALOROSI
DELLA
BATTAGLIA
DEL
MINCIO
!
StampaQuotidiana ,
Qualche
giorno
fa
apparve
la
notizia
che
il
ministro
Orlando
aveva
pronta
la
relazione
sul
decreto
ministeriale
per
la
scelta
del
greco
e
delle
matematiche
nei
licei
.
E
la
notizia
è
poi
stata
confermata
dai
giornali
ufficiosi
.
Il
decreto
in
sostanza
è
questo
:
fin
qui
lo
studio
del
greco
era
di
cinque
anni
;
ora
i
giovani
possono
ridurlo
a
tre
optando
per
le
matematiche
invece
del
greco
appena
giunti
al
secondo
anno
di
liceo
.
Tale
decreto
mostra
una
tendenza
che
va
rilevata
:
è
un
primo
passo
verso
la
soppressione
graduale
dell
'
insegnamento
classico
.
Oggi
si
è
ancora
oscillanti
e
vacillanti
fra
il
desiderio
di
rinnovare
e
quello
di
conservare
,
domani
non
sarà
più
così
,
e
si
abolirà
il
vecchio
per
il
semplice
motivo
che
si
è
smarrito
il
sentimento
del
suo
valore
vero
.
Questo
dunque
è
necessario
:
illuminare
la
coscienza
pubblica
sul
valore
degli
studii
classici
.
Tali
studii
,
hanno
contro
di
sé
i
modernisti
,
cioè
tutti
coloro
che
fanno
incominciare
il
mondo
dal
giorno
della
loro
nascita
.
C
'
è
una
speciale
vanità
dell
'
uomo
contemporaneo
,
ed
è
quella
della
modernità
;
per
la
quale
la
maggior
parte
de
'
nostri
simili
cólti
,
od
ignoranti
che
si
credon
cólti
,
di
niente
altro
è
vaga
quanto
di
dare
un
calcio
ai
molti
secoli
ed
ai
varii
millenni
di
storia
che
ci
hanno
preceduti
.
La
divina
legge
della
continuità
della
vita
attraverso
i
secoli
e
attraverso
i
millenni
,
per
la
quale
la
durata
dell
'
uomo
è
tanto
più
lunga
dell
'
esistenza
dell
'
individuo
,
e
che
è
quasi
la
nostra
immortalità
terrena
;
questa
divina
legge
per
la
quale
la
vita
dei
popoli
ci
appare
intessuta
di
generazioni
,
come
si
lega
punto
con
punto
,
e
noi
ci
sentiamo
contemporanei
de
nostri
padri
e
respiranti
dello
stesso
respiro
nella
stessa
aria
;
questa
divina
legge
per
cui
l
'
anima
umana
si
sente
vivere
di
là
dall
'
attimo
e
dall
'
atomo
che
sono
la
sua
proprietà
e
la
sua
miseria
,
è
oggi
posta
in
oblio
o
è
disprezzata
.
Vi
è
un
momento
in
cui
per
i
modernisti
tutto
ciò
che
fu
,
finisce
,
e
incomincia
tutto
ciò
che
ora
è
;
di
là
da
quello
la
morte
,
di
qua
la
vita
,
la
cosiddetta
vita
moderna
.
E
quel
momento
è
quello
che
io
ho
detto
segnato
dal
giorno
della
loro
nascita
.
E
potrebbe
dirsi
dalla
Rivoluzione
francese
,
o
dalla
invenzione
del
treno
o
del
telegrafo
,
o
da
Darwin
,
o
da
Carlo
Marx
.
I
modernisti
hanno
visto
come
siano
stati
inventati
il
telegrafo
,
il
treno
e
tante
altre
meraviglie
,
e
come
si
siano
diffuse
le
teorie
dell
'
evoluzione
,
del
socialismo
,
e
i
venerandi
principi
dell'89
,
ed
hanno
concluso
:
Oggi
il
mondo
è
tutt
'
altra
cosa
;
la
vita
,
l
'
umanità
,
la
coscienza
,
la
sapienza
,
la
civiltà
,
il
progresso
sono
tutt
'
altra
cosa
.
E
che
cosa
sono
?
Sono
la
modernità
.
E
così
la
leggenda
,
il
dogma
,
la
religione
della
modernità
,
cioè
di
un
nostro
modo
di
essere
profondamente
diverso
da
quello
dei
nostri
antenati
,
si
sono
stabiliti
e
sono
in
onore
.
È
il
pedantismo
e
il
fanatismo
di
moda
,
dei
quali
,
come
è
naturale
,
i
greci
ed
i
romani
non
hanno
più
fieri
nemici
.
Contro
le
cosiddette
lingue
e
letterature
morte
i
modernisti
gridano
come
i
giacobini
di
Francia
gridavano
contro
l
'
«
Ancien
Régime
»
.
Greco
,
latino
,
vecchia
accademia
,
avanzo
di
«
Ancien
Régime
»
,
via
!
È
il
grido
della
nuova
rettorica
.
Ebbene
,
questa
nuova
rettorica
ha
torto
,
e
lo
ha
perché
confonde
molte
cose
.
Confonde
la
vita
con
alcune
sue
forme
esteriori
,
con
alcune
sue
condizioni
materiali
.
Si
pensi
ciò
che
si
vuole
,
ma
solo
alcune
condizioni
materiali
,
solo
alcune
forme
esteriori
sono
mutate
;
la
vita
,
l
'
anima
umana
,
l
'
umanità
no
.
È
della
vita
,
dell
'
anima
umana
,
dell
'
umanità
,
lo
stesso
che
dell
'
arte
;
e
come
non
si
può
dire
che
l
'
arte
abbia
mutato
sostanza
e
sia
progredita
da
Omero
a
Dante
,
da
Dante
a
non
so
quale
grande
poeta
de
'
giorni
nostri
,
così
non
si
può
dire
di
questo
nostro
essere
animato
e
vivente
(
che
ha
nell
'
arte
e
nella
storia
il
suo
specchio
)
dalla
civiltà
dei
romani
a
quella
dei
popoli
contemporanei
.
Io
non
conosco
una
invenzione
morale
,
per
così
dire
,
della
umanità
di
oggi
o
della
umanità
di
ieri
,
la
quale
veramente
agisca
sopra
la
sua
sostanza
psichica
e
valga
a
mutarla
.
Conosco
molte
vecchie
ciarlatanerie
che
vogliono
passare
per
nuove
verità
.
Le
nuove
verità
e
le
invenzioni
sono
quelle
della
scienza
che
ha
fornito
la
vita
esteriore
e
materiale
di
nuovi
istrumenti
più
potenti
degli
antichi
.
Tali
istrumenti
ci
hanno
fatto
queste
nuove
condizioni
:
maggiore
velocità
e
maggiore
varietà
.
Noi
abbiamo
per
le
nostre
notti
una
copia
senza
paragone
più
grande
di
luce
e
un
numero
più
grande
di
lumi
,
e
abbiamo
veicoli
che
ci
trasportano
da
un
capo
all
'
altro
del
mondo
con
una
velocità
che
tenta
emulare
quella
de
'
nostri
pensieri
,
e
abbiamo
macchine
che
lavorano
per
noi
.
Abbiamo
qualche
alleato
e
qualche
schiavo
di
più
nella
natura
,
e
mentre
gli
antichi
avevano
soltanto
qualche
animale
domestico
,
il
vento
per
la
vela
e
il
fuoco
,
noi
abbiamo
e
animali
domestici
e
il
vento
e
il
fuoco
e
la
forza
dei
fulmini
e
le
forze
di
altri
elementi
in
nostro
potere
.
La
luce
è
stata
sforzata
sino
all
'
incendio
,
il
suono
e
la
musica
sino
al
fragore
,
la
velocità
sino
alla
vertigine
;
le
città
son
diventate
popolazioni
di
regni
,
il
lavoro
della
pace
frenetico
come
il
tumulto
della
guerra
.
Se
vi
è
una
novità
è
l
'
eccesso
e
la
frenesia
dell
'
eccesso
.
Se
vi
è
una
novità
è
questa
:
nello
sforzo
tragico
ed
epico
che
l
'
uomo
ha
sempre
fatto
e
sempre
farà
per
eguagliare
la
sua
volontà
col
suo
atto
,
perché
il
suo
braccio
sia
attivo
come
la
sua
mente
;
noi
siamo
giunti
al
punto
che
gli
istrumenti
di
quello
sforzo
,
se
ancora
sono
men
repentini
del
nostro
animo
,
sono
però
di
già
superiori
alla
resistenza
dei
nostri
muscoli
e
dei
nostri
nervi
.
Ma
l
'
uomo
è
lo
stesso
.
Ponete
l
'
uomo
in
Parigi
,
in
Londra
,
in
New
York
,
in
Roma
moderna
,
o
nella
Roma
antica
,
in
Atene
,
in
Babilonia
,
in
Cartagine
,
e
che
si
chiami
o
Cesare
,
o
Napoleone
,
o
Chamberlain
,
Eschilo
o
Shakespeare
,
Enrico
Ferri
o
non
so
quale
dei
demagoghi
ateniesi
o
quiriti
;
l
'
uomo
è
lo
stesso
.
L
'
uomo
è
la
moltitudine
.
L
'
uomo
,
la
moltitudine
e
le
loro
passioni
.
Le
passioni
operaie
,
del
bene
e
del
male
,
furie
dell
'
uomo
e
dei
popoli
,
tali
sono
quali
furono
.
L
'
amore
,
il
desiderio
,
l
'
ambizione
ardono
oggi
come
arsero
nel
sangue
e
nelle
ossa
dei
nostri
padri
e
dei
padri
dei
nostri
padri
.
E
l
'
ammirazione
delle
cose
naturali
e
della
bellezza
creata
dagli
uomini
,
l
'
arte
,
l
'
eloquenza
e
la
magnanimità
e
il
saper
morire
per
una
idea
,
e
il
tendere
con
gli
atti
e
con
i
fatti
verso
le
visioni
dell
'
idea
,
e
tutte
le
numerose
forme
dell
'
umana
virtù
,
quali
furono
un
tempo
tali
sono
oggi
.
Noi
usciamo
da
un
'
officina
delle
nostre
città
,
dove
turbinano
e
strepitano
cento
macchine
;
ma
se
andiamo
in
campagna
,
la
vista
di
un
aratro
che
sembra
continui
da
una
giornata
perduta
in
una
antichità
favolosa
la
sua
lenta
e
silenziosa
opera
del
solco
,
metterà
nei
nostri
cuori
quella
stessa
pace
che
ci
dona
quando
passa
nei
versi
di
Virgilio
.
Un
semplice
canto
agreste
ha
sui
nostri
cuori
la
stessa
potenza
,
sebbene
ora
nelle
nostre
orchestre
l
'
intrico
dei
suoni
sia
come
quello
degli
alberi
in
una
foresta
,
dei
loro
rami
e
delle
loro
radici
.
Consideriamo
la
guerra
.
Tutto
sembra
mutato
.
Più
vasti
corpi
di
combattenti
si
muovono
su
più
vasti
spazii
;
è
fra
loro
ciò
che
sarebbe
parso
inverosimile
ai
soldati
antichi
che
si
azzuffavano
:
la
distanza
.
Hanno
una
nuova
forza
di
terrore
:
il
fragore
.
La
rozza
arma
antica
si
è
moltiplicata
in
più
foggie
d
'
armi
,
fatte
dalla
scienza
della
distruzione
,
di
congegni
più
delicati
che
non
abbia
l
'
arnese
del
pacifico
lavoro
.
La
civiltà
più
ingegnosa
e
l
'
opera
di
strage
della
bestialità
primordiale
si
uniscono
.
Ed
ecco
il
fatto
:
non
ostante
tutte
le
mutazioni
e
tutto
quanto
si
è
ingrandito
,
moltiplicato
,
congegnato
,
l
'
uomo
porta
sul
campo
di
battaglia
lo
stesso
animo
di
una
volta
,
l
'
animo
deliberato
a
uccidere
o
a
morire
.
Per
questo
,
leggendo
le
battaglie
degli
achei
e
dei
troiani
nei
libri
d
'
Omero
noi
possiamo
provare
in
fondo
le
medesime
sensazioni
che
leggendo
nei
giornali
la
guerra
russo
-
giapponese
.
StampaQuotidiana ,
È
sistema
?
È
incapacità
?
Nol
sappiamo
.
Questo
sappiamo
che
la
è
cosa
ormai
incomportabile
.
Vi
ricordate
il
modo
inqualificabile
con
cui
il
telegrafo
annunziò
il
combattimento
del
24
?
Citiamolo
nuovamente
ad
aeternam
rei
memoriam
,
poiché
ormai
una
lezione
è
indispensabile
.
Ecco
il
dispaccio
:
«
Firenze
,
25
Quartier
generale
principale
,
24
,
ore
10,45
pom
.
Oggi
ebbe
luogo
un
accanito
combattimento
che
durò
dall
'
alba
quasi
fino
al
cadere
del
giorno
.
Il
primo
Corpo
d
'
armata
che
doveva
occupare
le
posizioni
tra
Peschiera
e
Verona
non
riuscì
nell
'
attacco
.
Il
secondo
e
terzo
Corpo
non
poterono
liberare
il
primo
dall
'
assalto
che
ebbe
a
sostenere
di
forze
preponderanti
.
Essi
sono
però
quasi
intatti
»
.
Pareva
dunque
che
il
primo
Corpo
fosse
distrutto
completamente
(
o
poco
meno
)
e
che
gli
altri
Corpi
avessero
preso
parte
alla
battaglia
,
tutti
e
due
,
il
che
pel
Corpo
di
Cucchiari
era
falso
del
tutto
!
Un
dispaccio
di
tal
natura
era
esso
opera
dello
stato
maggiore
?
Ma
è
impossibile
ch
'
esso
ignorasse
che
UN
INTIERO
CORPO
d
'
armata
non
era
stato
menomamente
impegnato
!
Volevansi
dunque
scusare
enormi
spropositi
con
una
falsa
notizia
che
poteva
gettare
lo
sgomento
nell
'
intiero
paese
?
Se
alla
lettura
di
quel
dispaccio
la
nazione
si
fosse
lasciata
prendere
da
sgomento
(
come
forse
alcuni
volevano
)
e
avesse
chinato
il
capo
alla
cessione
della
Venezia
alla
Francia
,
a
che
punto
saremmo
oramai
d
'
impotenza
,
d
'
umiliazione
,
d
'
obbrobrio
?
Ora
siamo
da
capo
.
Un
altro
telegramma
viene
a
darci
notizia
della
prima
battaglia
navale
;
ma
in
un
modo
così
oscuro
ed
anzi
(
ci
si
permetta
la
parola
)
in
un
modo
così
STUPIDO
,
che
non
potrebbesi
volere
di
peggio
!
Ci
si
annunzia
che
già
si
cominciava
lo
sbarco
al
porto
di
S
.
Giorgio
di
Lissa
quando
le
vedette
segnalarono
la
squadra
nemica
.
Ciò
vuol
dire
che
fummo
sorpresi
in
piena
operazione
.
Ma
il
telegrafo
soggiunge
tosto
che
l
'
armata
italiana
mosse
ad
incontrare
l
'
armata
nemica
,
ed
ebbe
luogo
una
battaglia
.
Con
qual
concetto
direttivo
?
Ombre
e
tenebre
!
Sappiamo
bensì
che
l
'
Affondatore
s
'
è
gettato
contro
il
nemico
,
ma
non
si
dice
quando
.
Sembra
anzi
che
a
tutta
prima
il
combattimento
sia
stato
accanitissimo
contro
la
corazzata
Re
d
'
Italia
,
la
quale
col
suo
proprio
sacrifizio
,
e
coll
'
aiuto
dell
'
eroico
equipaggio
della
cannoniera
Palestro
,
avrebbe
salvata
la
giornata
e
la
flotta
stessa
mentre
questa
si
rimetteva
in
assetto
.
Il
sacrificio
benché
dolorosissimo
sarebbe
stato
pur
temperato
dalla
notizia
che
la
flotta
italiana
è
rimasta
padrona
delle
acque
del
combattimento
(
e
speriamo
anche
del
porto
S
.
Giorgio
)
.
Ma
l
'
autore
del
dispaccio
s
'
è
affrettato
di
far
precedere
la
più
tormentosa
,
la
più
tetra
reticenza
dicendo
:
«
Nessun
altro
bastimento
dell
'
armata
fu
perduto
o
cadde
in
mano
del
nemico
»
.
Ma
infelice
!
Non
capivi
tu
che
ciò
suonava
lo
stesso
che
il
dire
doverci
noi
leccar
le
mani
per
esserne
salvi
a
tal
mercato
?
!
Quali
erano
le
nostre
forze
?
Niente
!
Quali
quelle
del
nemico
?
Niente
!
Quali
furono
i
bastimenti
impegnati
da
una
parte
e
dall
'
altra
?
Niente
!
L
'
Italia
intiera
rimase
sotto
l
'
impressione
di
una
vera
disfatta
sino
all
'
arrivo
del
dispaccio
suppletivo
che
annunziava
le
perdite
degli
austriaci
!
Onore
alla
flotta
,
sublime
ed
eroica
malgrado
gli
orrendi
spropositi
dell
'
ex
ministro
generale
di
cavalleria
!
Onore
alla
flotta
e
ai
generosi
estinti
!
Ma
Dio
non
voglia
che
tanto
sangue
sia
sparso
invano
!
Ieri
abbiamo
pubblicate
terribili
rivelazioni
,
oggi
diciamo
Onore
e
riconoscenza
agli
uomini
di
buona
volontà
!
Inchiesta
su
tutti
,
ce
n
'
è
bisogno
!
Inchiesta
!
Inchiesta
!
Tra
i
gloriosi
caduti
nella
battaglia
di
Lissa
è
l
'
onorevole
Pier
Carlo
Boggio
,
che
si
trovava
sul
Re
d
'
Italia
!
Amici
perenni
e
avversari
momentanei
abbiam
sempre
amato
il
suo
cuore
eccellente
,
e
stimato
il
suo
alto
ingegno
,
suo
sincero
patriottismo
.
Diremo
di
lui
in
altro
numero
Oggi
non
cel
consente
il
dolore
!
StampaQuotidiana ,
Ancora
una
vittoria
.
La
seconda
in
pochi
giorni
,
nell
'
industria
più
moderna
,
nella
forma
più
moderna
della
gara
e
della
forza
di
nervi
e
d
'
animo
necessaria
per
prender
parte
alle
gare
perigliose
.
Due
vittorie
italiane
.
Salutiamole
con
gioia
.
Quest
'
ultima
noi
l
'
attendevamo
da
due
mesi
,
l
'
abbiamo
seguita
giorno
per
giorno
attraverso
l
'
Asia
e
l
'
Europa
,
il
deserto
,
i
fiumi
,
i
torrenti
,
le
montagne
,
le
foreste
,
attraverso
piogge
e
nevi
e
venti
e
ogni
variazione
di
clima
e
ogni
impedimento
e
insidia
del
suolo
e
popolazioni
del
più
vario
sangue
e
orde
fuggitive
della
più
strana
foggia
.
È
stato
uno
spettacolo
stupendo
vedere
giorno
per
giorno
avvicinarsi
verso
la
mèta
,
verso
la
vittoria
,
verso
di
noi
,
la
piccola
macchina
infaticabile
,
fragile
come
la
carne
umana
,
infrangibile
come
la
volontà
dell
'
uomo
eroico
,
la
piccola
macchina
portante
due
uomini
della
nostra
patria
,
degni
di
esser
celebrati
come
campioni
di
due
tra
le
più
belle
virtù
della
nostra
razza
,
bellissime
nella
loro
unione
insolita
,
lo
slancio
e
la
tenacità
,
la
foga
e
la
pazienza
.
Abbiamo
avuto
per
due
mesi
,
tutti
i
giorni
,
il
nostro
quarto
d
'
ora
di
visione
poetica
,
ed
è
difficile
poter
ritrovare
nella
realtà
un
altro
fatto
grande
che
come
questo
compiutosi
oggi
possa
avere
tutti
i
caratteri
della
poesia
,
tutti
i
caratteri
del
sogno
nato
dal
bisogno
di
evocare
dall
'
ignoto
le
immagini
delle
virtù
che
piantano
più
oltre
i
termini
del
possibile
.
È
stato
il
nostro
sogno
attraverso
gli
spazii
,
ed
è
stato
attraverso
i
tempi
,
perché
gli
aspetti
delle
terre
solitarie
e
intatte
,
le
apparizioni
delle
cavalcate
in
fuga
o
in
inseguimento
lungo
la
via
non
tracciata
,
ci
hanno
di
tanto
in
tanto
riprofondati
nelle
età
della
barbarie
,
della
leggenda
,
dei
primordii
.
E
il
sogno
si
è
avvicinato
per
due
mesi
,
di
giorno
in
giorno
,
di
momento
in
momento
,
infaticabilmente
fedele
alla
nostra
attesa
,
finché
oggi
è
giunto
,
oggi
è
realtà
,
è
vittoria
.
È
la
seconda
vittoria
italiana
in
pochi
giorni
.
Salutiamola
con
gioia
.
Il
sommo
poeta
della
nostra
razza
avventurosa
e
paziente
ebbe
già
un
sogno
simile
prima
de
tempi
,
quando
l
'
anima
gli
s
'
apri
a
un
tratto
come
l
'
oceano
e
per
essa
andò
con
la
«
picciola
compagna
»
il
pellegrino
d
'
Itaca
navigando
di
là
dai
«
riguardi
»
segnati
da
Ercole
.
Chi
non
ricorda
il
canto
XXVI
dell
'
Inferno
?
È
il
canto
dove
Dante
Alighieri
è
più
divinatore
dei
tempi
che
sono
venuti
dopo
di
lui
,
dove
più
ha
previssuto
secondo
lo
spirito
della
nostra
età
,
dove
più
è
coetaneo
nostro
e
oltre
.
È
il
canto
dove
fanno
capo
,
per
finire
,
i
viaggi
degli
uomini
per
i
cieli
,
e
dove
fanno
capo
,
per
cominciare
,
i
loro
viaggi
sulla
terra
.
Qui
il
Medioevo
cessa
e
s
'
inizia
l
'
evo
moderno
.
Qui
è
il
principio
del
Rinascimento
.
«
O
frati
,
dissi
,
che
per
cento
milia
perigli
siete
giunti
all
'
Occidente
,
a
questa
tanto
picciola
vigilia
de
'
vostri
sensi
ch
'
è
del
rimanente
,
non
vogliate
negar
l
'
esperienza
,
diretro
al
sol
,
del
mondo
senza
gente
.
Considerate
la
vostra
semenza
:
fatti
non
foste
a
viver
come
bruti
,
ma
per
seguir
virtute
e
conoscenza
»
.
Li
miei
compagni
fec
'
io
sì
acuti
,
con
questa
orazion
picciola
,
al
cammino
,
che
appena
poscia
li
avrei
rattenuti
.
E
volta
nostra
poppa
nel
mattino
,
de
'
remi
facemmo
ale
al
folle
volo
sempre
acquistando
dal
lato
mancino
.
Ebbene
,
non
ostante
tutte
le
differenze
,
spesso
leggendo
della
corsa
Pechino
-
Parigi
mi
sono
ricordato
del
canto
dantesco
.
Invece
della
vastità
degli
oceani
ho
visto
con
gli
occhi
della
mente
la
vastità
dei
continenti
e
invece
del
«
legno
»
l
'
ordignetto
metallico
;
ma
ho
risentita
la
stessa
«
picciola
orazione
»
che
la
coscienza
dice
dell
'
uomo
magnanimo
,
ho
ritrovati
gli
stessi
uomini
che
alla
loro
«
picciola
vigilia
»
non
vogliono
negare
l
'
«
esperienza
del
mondo
senza
gente
»
,
ho
inteso
lo
sguardo
verso
lo
stesso
«
folle
volo
»
.
L
'
Alighieri
creava
il
mito
di
ciò
che
non
era
nato
ancora
.
Oggi
ciò
che
stava
chiuso
nel
suo
genio
come
il
frutto
della
generazione
nell
'
alvo
materno
,
è
diventato
la
storia
vivente
del
mondo
,
storia
di
follia
come
non
fu
mai
così
travolgente
,
storia
d
'
amore
dell
'
esperienza
come
non
fu
mai
così
divorante
,
storia
di
volo
come
non
fu
mai
così
veemente
.
Di
tale
storia
la
corsa
Pechino
-
Parigi
è
l
'
ultima
gesta
.
È
fin
qui
il
volo
più
folle
.
Ed
è
una
vittoria
italiana
.
Fu
già
celebrata
dal
sommo
poeta
della
nostra
razza
.
Sono
più
vittorie
italiane
.
Della
poesia
avventurosa
e
dell
'
industria
,
della
lotta
degli
uomini
con
gli
uomini
e
degli
uomini
con
la
natura
.
La
lotta
franco
-
italiana
quasi
dispare
in
confronto
a
quella
che
italiani
e
francesi
hanno
dovuto
sostenere
con
la
natura
.
C
'
è
qui
una
bella
forma
tutta
moderna
dell
'
azione
agonistica
:
è
parso
che
gli
uomini
abbian
corsa
la
gara
non
tanto
per
vincersi
gli
uni
con
gli
altri
quanto
per
vedere
quali
di
loro
fossero
più
atti
a
vincere
la
natura
.
È
una
scelta
dei
combattenti
migliori
per
il
combattimento
più
moderno
,
qual
è
l
'
assalto
incessante
che
gli
uomini
dànno
alla
natura
,
perché
questa
renda
tutte
le
sue
potenze
,
ed
essi
possano
convertirle
in
istrumenti
della
loro
vita
.
Così
il
folle
volo
frutta
«
esperienza
»
e
il
folle
assalto
potenza
.
Per
due
volte
,
in
pochi
giorni
,
la
nostra
terra
ha
mostrato
di
produrre
valorosissimi
combattenti
.
I
più
moderni
fra
i
combattenti
.
E
dietro
a
costoro
c
'
è
una
vittoria
pratica
,
la
vittoria
dell
'
industria
.
Dietro
agli
uomini
che
volano
attraverso
i
continenti
per
volare
e
per
vedere
,
e
non
per
altro
;
che
superano
deserti
,
foreste
,
fiumi
,
montagne
,
non
per
altro
se
non
per
il
gusto
di
dire
in
faccia
alla
natura
con
l
'
accento
dell
'
eroe
e
del
fanciullo
:
Qui
m
'
impedisci
e
mi
vuoi
spaventare
,
ma
io
passo
!
;
dietro
a
questi
uomini
,
come
c
'
è
la
scienza
che
cerca
sempre
nuove
esperienze
,
per
sempre
nuove
«
conoscenze
»
,
ancora
secondo
il
canto
di
Dante
,
per
sempre
nuove
potenze
della
vita
umana
;
così
c
'
è
l
'
industria
che
di
continuo
rafforza
le
sue
armi
per
soverchiare
la
concorrenza
straniera
e
accumula
per
questo
nostro
popolo
quel
benessere
da
cui
usciranno
poi
le
vinti
e
i
fatti
delle
sue
volontà
maggiori
.
Il
folle
volo
che
s
'
inizia
nel
poema
sacro
,
l
'
amore
dell
'
avventura
che
è
antico
quanto
il
mondo
,
la
moderna
scienza
e
la
modernissima
industria
,
oggi
ottengono
in
una
quattro
vittorie
nella
nostra
patria
.
E
c
'
è
ancora
una
quinta
vittoria
italiana
.
È
quella
dell
'
ingegno
meccanico
che
qui
è
più
agile
e
pronto
nel
concepire
,
e
più
delicato
e
minuzioso
nell
'
eseguire
,
che
non
in
nessun
altro
paese
.
Risplende
il
carattere
della
nostra
razza
animata
e
paziente
'
.
Noi
meritiamo
sempre
lode
,
e
non
di
rado
sopravanziamo
gli
altri
,
per
l
'
arte
di
costruire
i
veicoli
di
terra
e
di
mare
,
le
gigantesche
navi
ed
i
fulminei
automobili
.
Ci
spinge
l
'
istinto
della
velocità
attraverso
la
vastità
.
L
'
istinto
più
moderno
e
così
nostro
da
Roma
in
poi
!
Bisogna
salutare
le
cinque
belle
vittorie
con
gioia
,
e
soprattutto
con
fiducia
.
C
'
è
fra
loro
una
concezione
della
vita
che
giova
spesso
ricordare
.
Consiste
appunto
nel
considerare
la
vita
come
ardua
lotta
e
come
ardua
vittoria
.
Il
vincitore
di
Dieppe
,
ad
uno
che
gli
chiedeva
notizie
della
sua
corsa
,
rispose
:
La
mia
vita
non
contava
più
nulla
in
confronto
della
vittoria
che
mi
pareva
possibile
.
Bisogna
nutrir
fiducia
che
lo
spirito
di
questa
risposta
si
diffonda
e
penetri
addentro
.
Solamente
l
'
avversario
formidabile
e
l
'
animo
generoso
fanno
belle
le
vittorie
.
E
non
si
ricordi
nulla
di
più
in
questo
giorno
di
festa
.
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Questo
inno
in
prosa
fu
pubblicato
nel
«
Giornale
d
'
Italia
»
l11
agosto
del
1907
,
il
giorno
stesso
dell
'
arrivo
del
Principe
Borghese
e
del
Barzini
a
Parigi
.
Soltanto
due
giorni
dopo
il
«
Corriere
della
sera
»
riportava
le
parole
dette
dal
Principe
ai
suoi
festeggiatori
nelle
sale
del
«
Matin
»
.
Eccole
.
«
Voi
avete
esagerato
,
signori
.
Non
fummo
eroi
,
ma
semplicemente
uomini
pazienti
.
Sì
,
la
nostra
sola
virtù
fu
la
pazienza
.
Forse
ne
avemmo
anche
un
'
altra
:
la
perseveranza
.
Tutto
il
segreto
della
nostra
riuscita
consistette
in
questo
:
che
non
pensammo
mai
alla
meta
finale
da
raggiungere
a
Parigi
.
Ogni
giorno
,
alla
sveglia
,
dicevamo
a
noi
stessi
che
bisognava
compiere
perbene
la
tappa
designata
pel
giorno
stesso
.
E
siccome
ogni
giorno
erano
press
'
a
poco
gli
stessi
ostacoli
che
dovevamo
vincere
e
le
stesse
fatiche
che
dovevamo
sopportare
,
così
venimmo
a
capo
,
per
forza
d
'
abitudine
,
degli
uni
e
delle
altre
»
[
N
.
d
.
A
.
]
.
StampaQuotidiana ,
Ad
un
certo
momento
del
suo
«
concerto
»
,
si
rivolge
al
pubblico
e
dice
:
«
Non
bisogna
stupirsi
se
un
uomo
con
i
capelli
grigi
canta
una
canzone
in
onore
della
mamma
...
»
.
Maurice
Chevalier
ha
sessantadue
anni
,
sua
madre
deve
vivere
da
un
pezzo
nella
pace
del
Signore
,
la
buona
donna
di
Menilmontant
che
aveva
messo
al
mondo
dieci
figli
di
cui
,
quando
nacque
Maurice
,
tre
soli
erano
vivi
.
La
ribalta
è
tutta
ornata
di
rose
,
di
garofani
,
di
violette
.
Sulla
sagoma
nera
del
grande
pianoforte
a
coda
spicca
,
posata
lì
dopo
la
prima
canzone
,
l
'
ormai
storica
paglietta
dello
chansonnier
.
Gli
applausi
sono
fitti
,
molte
le
richieste
di
bis
,
molti
i
saluti
ai
refrains
già
noti
e
ritrovati
come
vecchi
amici
.
Ma
a
me
più
di
tutto
,
mentre
Chevalier
canta
la
Prière
in
onore
della
mamma
,
piace
ricordare
proprio
la
singolare
infanzia
di
questo
ultimo
«
birichino
di
Parigi
»
,
degno
di
entrare
in
un
romanzo
di
Louis
-
Henri
Boussenard
forse
più
che
in
uno
dei
foschi
«
documentari
»
di
Zola
.
Straordinaria
vita
,
un
po
'
dickensiana
,
quella
del
ragazzetto
di
Menilmontant
che
,
finite
le
scuole
elementari
,
è
messo
a
faccia
a
faccia
con
la
vita
,
fra
gli
ospedali
dove
viene
ricoverata
sua
madre
e
gli
artigiani
dai
quali
dovrebbe
apprendere
un
mestiere
che
una
volta
è
quello
dell
'
elettricista
,
una
volta
quello
del
pittore
di
bambole
e
,
infine
,
quello
di
operaio
specializzato
a
fabbricare
puntine
da
disegno
.
La
madre
la
chiamavano
la
Louque
e
s
'
era
ridotta
anche
ad
andare
a
servizio
ad
ore
,
nelle
case
dei
vicini
:
i
ragazzi
cercavano
di
guadagnare
qualcosa
.
Maurice
pensò
,
con
il
fratello
,
di
diventare
acrobata
,
finché
a
dodici
anni
imparò
a
memoria
qualche
canzone
.
Storia
forse
non
nuova
,
simile
,
probabilmente
,
a
quella
di
tanti
altri
artisti
,
a
cominciare
,
per
dirne
una
,
da
quella
del
nostro
Petrolini
,
garzone
macellaio
della
romana
piazza
Guglielmo
Pepe
;
ma
straordinaria
sempre
quando
si
stabilisca
il
rapporto
tra
il
punto
di
partenza
e
il
punto
di
arrivo
,
una
conquista
del
pubblico
che
dura
ormai
da
quasi
mezzo
secolo
.
Maurice
ha
i
capelli
grigi
e
quasi
addirittura
argentei
ed
è
ancora
la
vedette
numero
uno
del
music
-
hall
internazionale
,
in
quella
singolare
costellazione
del
teatro
minore
dove
la
musica
non
è
musica
e
dove
l
'
attore
non
è
attore
ma
dove
,
talvolta
,
si
va
più
in
là
del
bel
canto
e
della
bella
recitazione
.
Il
suo
stile
è
fatto
di
schiettezza
,
di
franchezza
,
di
disinvoltura
.
Chevalier
è
la
negazione
dell
'
Uomo
Fatale
,
del
Bellissimo
,
dell
'
Adone
1900
.
Se
si
volesse
trovargli
un
'
assomiglianza
,
egli
si
potrebbe
identificare
con
quel
tipo
«1910»
che
sorprese
la
nostra
infanzia
dagli
avvisi
pubblicitari
dei
primi
rasoi
di
sicurezza
,
quell
'
antico
giovanotto
che
si
radeva
allegramente
davanti
ad
una
finestra
aperta
e
che
suscitava
l
'
ammirazione
di
noi
ragazzi
,
figli
di
una
generazione
che
usava
ancora
,
per
quanto
di
nascosto
,
il
piegabaffi
e
una
pomata
ungherese
per
appuntirli
e
profumarli
.
La
sua
carnagione
ha
il
colorito
sanguigno
dei
gaulois
autentici
:
quello
di
Lucien
Dietrich
e
del
suo
amico
Dédé
Leducq
,
maglia
gialla
del
Tour
1931
.
È
francese
ma
non
assomiglia
a
Menjou
;
non
ha
nulla
di
untuoso
,
di
gommoso
,
di
cerimonioso
:
potrebbe
esser
tutto
(
magari
Fantomas
)
,
ma
mai
un
cameriere
o
un
danseur
mondano
cui
mettere
una
mancia
in
mano
.
La
sua
vena
guascone
è
sottilissima
,
il
boulevard
non
lo
ha
corrotto
.
Chevalier
si
è
presentato
per
la
prima
volta
al
pubblico
a
dodici
anni
,
esattamente
nel
1900
,
con
in
testa
un
berrettuccio
da
ciclista
,
monello
di
periferia
.
Era
un
figlio
del
popolo
,
un
ragazzo
della
strada
,
di
una
delle
sperdute
avenuer
dove
nasceva
la
Parigi
industriale
.
Erano
i
tempi
in
cui
Parigi
era
la
regina
del
teatro
,
i
tempi
della
Réjane
,
della
Lavallière
,
di
Guitry
.
Tristan
Bernard
aveva
la
barba
nera
,
Alfred
Capus
il
monocolo
con
il
nastro
di
seta
e
Abel
Hermant
non
aveva
ancora
scritto
I
Transatlantici
.
Erano
i
tempi
della
piena
gloria
degli
chansonniers
Mayol
e
Bruant
:
nelle
boites
di
Montmartre
si
ricordavano
ancora
gli
anni
in
,
cui
le
parole
per
le
canzonette
venivano
scritte
da
Maurice
Donnay
,
l
'
autore
degli
Amanti
.
Chevalier
debutta
con
il
secolo
,
con
quel
1900
che
oggi
fa
sorridere
con
il
ricordo
della
sua
Esposizione
Universale
.
Mezzo
secolo
di
vita
teatrale
è
passato
davanti
agli
occhi
e
al
sorriso
dell
'
antico
monello
di
Parigi
,
ultima
incarnazione
di
Gavroche
.
Nel
suo
bagaglio
di
canzoni
,
stanno
i
canti
vissuti
fra
due
guerre
,
resistendo
al
jazz
e
opponendo
le
ruote
dei
mulini
a
vento
di
Montmartre
alle
sagome
dei
grattacieli
americani
.
Queste
canzoni
parlano
quasi
tutte
d
'
amore
come
le
novelle
di
Maupassant
:
per
questo
non
invecchiano
e
non
fanno
invecchiare
Maurice
.