StampaQuotidiana ,
Avevamo
quasi
quasi
finito
per
credere
alla
serietà
degli
storici
ed
alla
loro
esattezza
.
Tanti
volumi
,
saggi
e
contributi
,
tanto
minuzioso
,
paziente
esame
dei
fatti
più
remoti
e
più
insignificanti
,
non
potevano
non
impressionare
favorevolmente
,
e
dinanzi
alla
serie
interminabile
di
volumi
che
ci
descrivevano
con
la
massima
precisione
le
vicende
di
una
battaglia
punico
-
romana
,
d
'
una
lotta
elettorale
greca
,
o
gli
amori
omosessuali
di
un
imperatore
qualsiasi
,
il
volto
dei
profani
rimaneva
attonito
e
credevamo
,
credevamo
fiduciosamente
.
Ma
ahimè
,
la
storia
oggi
la
fanno
i
giornali
,
e
i
giornalisti
hanno
rovinato
anche
il
mestiere
degli
storici
.
In
un
altro
periodo
,
nel
quale
sia
possibile
,
più
calmi
e
meno
premuti
dall
'
affannoso
precipitare
degli
avvenimenti
,
riandare
la
storia
che
oggi
viviamo
e
sorriderne
,
quale
magnifico
tema
per
un
elogio
della
menzogna
!
Ma
quale
terribile
manifestazione
della
impossibilità
di
conoscere
la
verità
vera
anche
dei
fatti
più
noti
e
più
prossimi
!
La
storia
documentata
delle
nostre
epoche
non
vale
in
verità
più
delle
leggende
e
dei
miti
che
di
bocca
in
bocca
,
di
generazione
in
generazione
si
tramandavano
i
popoli
antichi
che
non
avevano
scrittura
,
né
biblioteche
e
non
conoscevano
il
metodo
moderno
critico
e
positivo
.
Due
giorni
or
sono
un
quotidiano
torinese
annunciava
seriamente
che
«
gli
austriaci
fuggono
così
in
fretta
che
neppure
la
cavalleria
russa
può
raggiungerli
...
»
Ed
è
di
ieri
la
fantasmagorica
storia
di
Issa
Borlettinaz
,
un
capobanda
albanese
che
in
due
o
tre
mesi
la
«
Stampa
»
riuscì
a
far
marciare
per
i
turchi
contro
i
serbi
,
per
questi
contro
quelli
e
,
dopo
averlo
ammazzato
e
fatto
risuscitare
,
a
spedirlo
in
guerra
a
fianco
dei
greci
contro
i
serbi
.
Ed
ai
giornali
fanno
degno
riscontro
i
libri
.
Nell
'
Italie
en
guerre
,
pubblicato
in
questi
giorni
da
Henri
Charriaut
in
una
biblioteca
di
filosofia
scientifica
,
edita
a
Parigi
dal
Flammarion
(
e
mi
assicurano
che
autore
e
editore
passano
in
Francia
per
persone
serie
)
,
ho
letto
delle
storielle
graziosissime
sui
socialisti
italiani
e
sul
nostro
contegno
.
Naturalmente
la
storia
dei
periodo
precedente
l
'
intervento
italiano
,
quella
delle
giornate
di
maggio
,
l
'
esame
delle
tendenze
e
del
contegno
dei
vari
partiti
politici
,
è
fatta
nel
solito
modo
partigiano
e
stupido
.
Ma
vi
sono
dei
particolari
semplicemente
buffi
.
Turati
avrebbe
detto
a
suoi
colleghi
della
direzione
del
partito
:
«
Quanto
il
Kaiser
e
Francesco
Giuseppe
vi
hanno
pagato
?
»
«
Il
socialista
Südekum
arrivò
a
Roma
con
le
mani
piene
per
ampie
distribuzioni
...
»
«
Il
settarismo
dei
discorsi
di
Claudio
Treves
fece
ribrezzo
anche
a
dei
neutralisti
e
a
dei
socialisti
»
.
E
non
poteva
mancare
l
'
accenno
ai
marchi
tedeschi
:
«
Il
Partito
socialista
rifiutò
le
200
000
lire
(
di
Greulich
)
-
e
questo
gesto
lo
onora
-
ma
tutti
sono
convinti
in
Italia
che
la
manna
germanica
non
fu
da
molti
sdegnata
»
.
E
si
citano
dei
fatti
e
si
fanno
dei
nomi
.
Un
collaboratore
del
«
Correspondent
»
ha
raccontato
:
«
Da
molto
tempo
numerose
organizzazioni
operaie
di
tendenza
rivoluzionaria
sono
sostenute
finanziariamente
da
possenti
sindacati
socialisti
tedeschi
.
Si
tratta
specialmente
delle
Federazioni
dei
muratori
e
dei
metallurgici
,
i
segretariati
delle
quali
ricevono
importanti
sussidi
da
oltre
Reno
»
.
Oh
Buozzi
,
Colombino
e
Quaglino
,
rivoluzionari
e
pagati
dai
tedeschi
!
Chi
vi
conosce
più
.
E
riportando
un
brano
del
nostro
«
Grido
»
commemorante
il
compagno
Marchetti
,
caduto
in
guerra
,
il
bravo
autore
commette
qualche
leggera
svista
.
Diceva
l
'
articolo
:
«
partì
con
la
sua
fede
»
.
Traduce
:
«
il
était
parti
avec
foi
»
.
Ed
in
seguito
:
«
L
'
avvocato
Caldara
,
il
sindaco
socialista
di
Milano
,
proclamò
il
suo
accordo
con
Mussolini
»
.
Ed
ancora
:
«
A
Roma
l
'
Unione
socialista
approvò
Mussolini
»
.
Così
si
scrive
,
oggi
,
la
storia
.
La
quale
,
come
insegnano
Cicerone
e
la
pedagogia
sperimentale
,
è
«
la
maestra
della
vita
»
.
StampaQuotidiana ,
L
'
indignazione
contro
Persano
,
contro
Angioletti
,
contro
Lamarmora
patrono
d
'
entrambi
e
per
suo
conto
responsabile
degli
spropositi
per
cui
la
giornata
del
24
giugno
non
fu
una
vittoria
,
è
vivissima
,
profonda
,
inestinguibile
in
tutta
l
'
Italia
.
I
giornali
che
ci
giungono
da
ogni
angolo
del
paese
ne
sono
eloquenti
interpreti
,
e
siamo
lieti
che
sotto
il
ministero
-
riparatore
-
Ricasoli
-
Depretis
nessun
sequestro
abbia
avuto
luogo
.
I
momenti
sono
gravi
.
Lasciate
che
la
verità
arrivi
al
Re
e
alla
Nazione
se
volete
che
entrambi
si
salvino
e
trionfino
!
Le
notizie
particolari
che
riceviamo
quest
'
oggi
sulle
cose
della
flotta
confermano
quelle
date
ieri
,
con
ciò
solo
che
si
esprimono
più
amaramente
contro
l
'
inettitudine
dell
'
ammiraglio
.
I
corrispondenti
lamentano
tutti
con
ira
e
dolore
che
il
Lamarmora
(
sotto
la
presidenza
del
quale
il
Persano
era
stato
nominato
)
non
abbia
voluto
acconsentire
alla
rimozione
di
esso
domandata
dal
Depretis
!
Ah
,
perché
l
'
egregio
Depretis
non
ha
insistito
in
nome
della
Nazione
intiera
domandando
anche
la
rimozione
del
ministro
che
si
opponeva
?
Ma
il
giorno
della
giustizia
è
imminente
per
tutti
;
e
questa
volta
speriamo
che
la
sperienza
ci
avrà
insegnato
quanto
sia
fallace
consiglio
quello
di
portare
nelle
cose
della
guerra
gli
occhiali
diplomatici
come
nel
50
e
nel
60
quando
essendo
quistione
o
di
mettere
Persano
sotto
Consiglio
di
guerra
,
o
di
dargli
il
gran
cordone
come
a
tutti
gli
altri
comandanti
supremi
,
si
preferì
questo
secondo
partito
per
non
mostrare
in
pubblico
le
nostre
magagne
.
Si
credeva
che
il
Persano
avrebbe
compresa
questa
indulgenza
diplomatica
,
esclusivamente
diplomatica
,
e
sarebbesi
ritirato
da
se
medesimo
.
Ma
sventuratamente
non
tutti
capiscono
le
satire
salvo
quando
esse
sono
(
come
suol
dirsi
)
da
panattaio
,
e
si
rivelano
sotto
la
forma
d
'
un
Consiglio
di
guerra
!
Ed
eccoci
ora
a
pagare
il
fio
della
nostra
credulità
!
StampaQuotidiana ,
Sono
i
giorni
della
réclame
per
gli
abbonamenti
.
I
direttori
e
gli
amministratori
dei
giornali
borghesi
rassettano
la
loro
vetrina
,
passano
una
mano
di
vernice
sulla
loro
insegna
e
richiamano
l
'
attenzione
del
passante
(
cioè
del
lettore
)
sulla
loro
merce
.
La
merce
è
quel
foglio
a
quattro
o
sei
pagine
che
va
ogni
mattino
od
ogni
sera
a
iniettare
nello
spirito
del
lettore
le
maniere
di
sentire
e
di
giudicare
i
fatti
dell
'
attuale
politica
,
che
convengono
ai
produttori
e
venditori
di
carta
stampata
.
Vogliamo
tentare
di
discorrere
,
con
gli
operai
specialmente
,
dell
'
importanza
e
della
gravità
di
quell
'
atto
apparentemente
così
innocente
,
che
consiste
nel
scegliere
il
giornale
cui
si
vuole
abbonarsi
.
E
'
una
scelta
piena
di
insidie
e
di
pericoli
che
dovrebbe
essere
fatta
con
coscienza
,
con
criterio
e
dopo
maturata
riflessione
.
Anzitutto
l
'
operaio
deve
negare
recisamente
qualsiasi
solidarietà
col
giornale
borghese
.
Egli
dovrebbe
ricordarsi
sempre
,
sempre
,
sempre
,
che
il
giornale
borghese
(
qualunque
sia
la
sua
tinta
)
è
uno
strumento
di
lotta
mosso
da
idee
e
da
interessi
che
sono
in
contrasto
coi
suoi
.
Tutto
ciò
che
stampa
è
costantemente
influenzato
da
un
'
idea
:
servire
la
classe
dominante
,
che
si
traduce
ineluttabilmente
in
un
fatto
:
combattere
la
classe
lavoratrice
.
E
difatti
,
dalla
prima
all
'
ultima
riga
,
il
giornale
borghese
sente
e
rivela
questa
preoccupazione
.
Ma
il
bello
,
cioè
il
brutto
,
sta
in
ciò
:
che
invece
di
domandare
quattrini
alla
classe
borghese
per
essere
sostenuto
nell
'
opera
di
difesa
spietata
in
suo
favore
,
il
giornale
borghese
riesce
a
farsi
pagare
...
dalla
stessa
classe
lavoratrice
che
egli
combatte
sempre
.
E
la
classe
lavoratrice
paga
,
puntualmente
,
generosamente
.
Centinaia
di
migliaia
di
operai
,
danno
regolarmente
ogni
giorno
il
loro
soldino
al
giornale
borghese
,
concorrendo
così
a
creare
la
sua
potenza
.
Perché
?
Se
lo
domandate
al
primo
operaio
che
vedete
nel
tram
o
per
la
via
con
un
foglio
borghese
spiegato
dinanzi
,
voi
vi
sentite
rispondere
:
"
Perché
ho
bisogno
di
sapere
cosa
c
'
è
di
nuovo
"
.
E
non
gli
passa
neanche
per
la
mente
che
le
notizie
e
gli
ingredienti
coi
quali
sono
cucinate
possono
essere
esposti
con
un
'
arte
che
diriga
il
suo
pensiero
e
influisca
sul
suo
spirito
in
un
determinato
senso
.
Eppure
egli
sa
che
il
tal
giornale
è
codino
,
che
il
tal
altro
è
palancaio
,
che
il
terzo
,
il
quarto
,
il
quinto
,
sono
legati
a
gruppi
politici
che
hanno
interessi
diametralmente
opposti
ai
suoi
.
Tutti
i
giorni
poi
,
capita
a
questo
stesso
operaio
di
poter
constatare
personalmente
che
i
giornali
borghesi
raccontano
i
fatti
anche
più
semplici
in
modo
di
favorire
la
classe
borghese
e
la
politica
borghese
a
danno
della
politica
e
della
classe
proletaria
.
Scoppia
uno
sciopero
?
Per
il
giornale
borghese
gli
operai
hanno
sempre
torto
.
Avviene
una
dimostrazione
?
I
dimostranti
,
sol
perché
siano
operai
,
sono
sempre
dei
turbolenti
,
dei
faziosi
,
dei
teppisti
.
Il
governo
emana
una
legge
?
E
'
sempre
buona
,
utile
e
giusta
,
anche
se
è
...
viceversa
.
Si
svolge
una
lotta
elettorale
,
politica
od
amministrativa
?
I
candidati
e
i
programmi
migliori
sono
sempre
quelli
dei
partiti
borghesi
.
E
non
parliamo
di
tutti
i
fatti
che
il
giornale
borghese
o
tace
,
o
travisa
,
o
falsifica
,
per
ingannare
,
illudere
,
e
mantenere
nell
'
ignoranza
il
pubblico
dei
lavoratori
.
Malgrado
ciò
,
l
'
acquiescenza
colpevole
dell
'
operaio
verso
il
giornale
borghese
è
senza
limiti
.
Bisogna
reagire
contro
di
essa
e
richiamare
l
'
operaio
all
'
esatta
valutazione
della
realtà
.
Bisogna
dire
e
ripetere
che
quel
soldino
buttato
là
distrattamente
nella
mano
dello
strillone
è
un
proiettile
consegnato
al
giornale
borghese
che
lo
scaglierà
poi
,
al
momento
opportuno
,
contro
la
massa
operaia
.
Se
gli
operai
si
persuadessero
di
questa
elementarissima
verità
,
imparerebbero
a
boicottare
la
stampa
borghese
con
quella
stessa
compattezza
e
disciplina
con
cui
la
borghesia
boicotta
i
giornali
degli
operai
,
cioè
la
stampa
socialista
.
Non
date
aiuti
di
danaro
alla
stampa
borghese
che
è
vostra
avversaria
:
ecco
quale
deve
essere
il
nostro
grido
di
guerra
in
questo
momento
che
è
caratterizzato
dalla
campagna
per
gli
abbonamenti
fatta
da
tutti
i
giornali
borghesi
.
Boicottateli
,
boicottateli
,
boicottateli
!
StampaQuotidiana ,
Il
poeta
è
morto
la
sera
del
primo
marzo
del
1938
,
alle
19.55
.
Da
un
paio
di
giorni
non
si
sentiva
bene
,
ma
non
voleva
riconoscerlo
.
Aveva
settantacinque
anni
.
L
'
uomo
aveva
goduto
di
una
salute
di
ferro
,
piccolo
,
magro
,
muscoloso
,
alieno
dal
vino
e
dal
fumo
.
Una
sola
volta
aveva
provato
a
fumare
,
ad
Arcachon
,
e
si
era
sentito
male
.
Ai
liquori
dava
nomi
pittoreschi
ma
non
li
beveva
.
Mangiava
poco
,
aveva
sempre
mangiato
poco
.
La
sua
tavola
da
pranzo
,
al
Vittoriale
,
nel
lato
dell
'
edificio
costruito
da
Gian
Carlo
Maroni
,
ha
una
apparenza
fastosissima
,
con
una
tovaglia
lumeggiata
d
'
oro
e
coperta
da
infiniti
ninnoli
preziosi
.
Questa
tavola
non
vide
quasi
mai
il
poeta
a
pranzo
o
a
cena
.
I
suoi
digiuni
non
nascevano
da
un
particolare
ascetismo
,
ma
dalla
volontà
di
tenere
il
cervello
sgombro
,
di
non
rendere
opaca
l
'
intelligenza
con
le
fatiche
della
digestione
,
che
avevano
,
diceva
,
fatto
appisolare
persino
gli
Apostoli
.
Mangiava
spesso
nello
studio
dell
'
ultimo
piano
,
dove
si
chiudeva
alle
volte
per
intere
settimane
.
Una
cameriera
,
chiamata
a
seconda
degli
umori
con
il
nome
di
«
fante
»
o
di
«
suora
»
,
gli
passava
attraverso
la
porta
un
vassoietto
e
tornava
di
lì
a
poco
a
prenderlo
,
sempre
attraverso
lo
spiraglio
.
Capitava
spesso
che
non
ci
fosse
nulla
per
l
'
ospite
arrivato
all
'
improvviso
.
Era
dunque
un
uomo
sano
e
ancora
robusto
per
la
sua
età
.
Quando
venne
a
Milano
per
correggere
le
bozze
delle
Faville
,
volle
provarsi
nella
lotta
greco
-
romana
con
un
giovane
giornalista
che
era
andato
a
visitarlo
.
Il
giovanotto
sentì
,
sotto
le
sue
mani
,
muscoli
ancora
pronti
e
forti
.
Molte
chiacchiere
erano
state
fatte
su
malattie
di
cui
avrebbe
dovuto
soffrire
.
I
suoi
medici
di
Salò
che
lo
sottoposero
in
varie
occasioni
ad
analisi
e
radioscopie
potevano
testimoniare
il
contrario
.
Le
sue
radiografie
e
la
sua
cartella
clinica
esistono
ancora
,
e
certificano
che
il
sangue
era
perfetto
,
il
cuore
perfetto
,
i
polmoni
perfetti
.
Era
malato
,
se
mai
,
del
male
della
clausura
:
era
il
male
della
melanconia
di
un
uomo
che
aveva
trasformato
in
abitudine
l
'
antica
volontà
di
isolarsi
dal
mondo
per
lavorare
.
Anche
negli
ultimi
anni
,
quando
il
suo
lavoro
cessò
di
essere
creativo
,
egli
passava
infinite
ore
allo
scrittoio
,
in
una
atmosfera
irrespirabile
.
Le
sue
stanze
,
d
'
inverno
,
erano
sempre
riscaldate
a
trenta
gradi
,
prima
con
grandi
stufe
di
terracotta
e
infine
con
termosifoni
,
che
si
spegnevano
solamente
in
maggio
.
Passava
talvolta
intere
settimane
e
mesi
senza
uscire
dalle
sue
stanze
,
dove
nascondeva
le
sue
irritazioni
e
le
sue
melanconie
.
Era
triste
anche
di
sentirsi
invecchiare
e
di
dover
confessare
,
come
aveva
fatto
in
una
nota
del
Notturno
nel
1921
,
che
i
suoi
pensieri
,
come
quelli
di
Michelangelo
,
erano
tutti
carichi
di
morte
.
Mentre
in
gioventù
non
aveva
mai
usato
,
per
lavorare
,
altro
eccitante
che
il
digiuno
,
anche
di
caffè
non
aveva
mai
abusato
,
invecchiando
non
seppe
evitare
qualche
eccitante
che
mani
malevole
gli
porgevano
.
Un
paio
di
anni
prima
di
morire
poté
disintossicarsi
del
tutto
.
Fu
più
alacre
e
persino
più
lieto
.
Le
visite
si
erano
fatte
ormai
rare
.
D
'
Annunzio
non
aveva
voglia
di
farsi
vedere
invecchiato
.
Anche
i
suoi
messaggi
erano
meno
frequenti
.
Il
telegrafo
di
Gardone
lavorava
sempre
meno
,
il
cannone
della
nave
Puglia
tuonava
di
rado
e
il
mas
di
Buccari
restava
placidamente
ancorato
nella
sua
darsena
.
Leggere
gli
costava
molta
fatica
,
e
si
temeva
anche
che
l
'
unico
occhio
superstite
si
indebolisse
definitivamente
.
D
'
Annunzio
era
stato
sempre
un
uomo
di
grande
coraggio
.
Di
una
sola
persona
aveva
paura
:
del
dentista
.
Si
può
dire
senza
offendere
la
sua
memoria
,
poiché
non
si
parla
dell
'
adolescente
bellissimo
negli
anni
di
Isaotta
Guttadauro
ma
del
vecchio
settantacinquenne
chiuso
nella
silenziosa
villa
di
Gardone
,
che
il
mal
di
denti
era
stato
uno
dei
fastidi
maggiori
della
vecchiaia
di
D
'
Annunzio
.
Un
dentista
di
Salò
era
riuscito
a
preparare
il
calco
per
un
apparecchio
che
gli
avrebbe
consentito
di
mangiare
senza
fatica
-
il
poeta
non
mangiava
mai
alla
presenza
di
ospiti
perché
non
voleva
mostrare
come
gli
fosse
faticoso
masticare
-
ma
l
'
apparecchio
non
fu
mai
fatto
perché
D
'
Annunzio
dichiarò
alla
fine
che
non
si
sarebbe
mai
adattato
a
portarlo
.
La
morte
venne
dunque
improvvisa
,
preceduta
solo
da
qualche
lieve
malessere
al
quale
D
'
Annunzio
non
volle
dare
importanza
.
Gian
Carlo
Maroni
,
l
'
architetto
del
Vittoriale
,
aveva
insistito
inutilmente
perché
l
'
amico
si
facesse
visitare
da
un
medico
.
D
'
Annunzio
aveva
risposto
chiudendosi
in
studio
.
Maroni
,
quelle
notti
,
che
furono
le
ultime
di
una
convivenza
e
di
una
amicizia
durata
diciassette
anni
,
le
passava
nella
poltrona
di
una
stanza
adiacente
alla
camera
da
letto
dove
D
'
Annunzio
era
agitato
dall
'
insonnia
.
Una
cameriera
era
incaricata
di
vigilare
durante
il
giorno
,
non
vista
,
su
quello
che
il
poeta
faceva
.
D
'
Annunzio
passò
le
ultime
ore
del
pomeriggio
del
primo
marzo
nel
grande
studio
al
primo
piano
,
quello
del
mappamondo
,
con
le
pareti
coperte
di
libri
fino
al
soffitto
.
Le
finestre
,
al
solito
,
erano
oscurate
.
In
quelle
stanze
si
viveva
sempre
alla
luce
artificiale
.
Verso
le
sette
,
il
poeta
passò
nello
studiolo
che
precede
la
camera
da
letto
.
È
una
piccola
stanza
con
grandi
antichi
armadi
usati
anche
come
guardaroba
personale
.
C
'
è
un
piccolo
tavolo
dove
spesso
D
'
Annunzio
si
soffermava
per
qualche
lavoro
.
Su
quel
tavolo
c
'
erano
e
ci
sono
ancora
dei
vasi
pieni
di
penne
,
di
matite
e
scatolette
che
contengono
i
sigilli
di
carta
dorata
a
rilievo
con
i
quali
chiudeva
le
lettere
.
Nel
cassetto
di
un
armadietto
sono
ancora
i
rotoli
dei
nastri
con
i
colori
di
Fiume
,
azzurri
e
rossi
,
che
il
poeta
usava
per
i
pacchi
dei
doni
che
amava
fare
agli
ospiti
.
Non
mancavano
la
carta
assorbente
e
il
calamaio
.
Al
Vittoriale
non
era
mai
entrata
,
almeno
per
l
'
uso
personale
del
poeta
,
una
macchina
da
scrivere
.
D
'
Annunzio
la
odiava
così
come
odiava
il
telefono
.
Una
volta
aveva
dichiarato
che
considerava
un
'
ingiuria
il
consiglio
di
usare
il
dictaphon
.
Era
contrario
ad
ogni
forma
di
trascrizione
meccanica
della
voce
e
non
aveva
quasi
mai
acconsentito
che
il
cinema
sonoro
registrasse
la
sua
parola
.
D
'
Annunzio
sedette
al
tavolo
.
Forse
di
lì
a
poco
avrebbe
chiamato
la
«
fante
»
per
farsi
portare
da
mangiare
.
La
«
fante
»
,
che
lo
«
spiava
»
da
una
delle
camere
vicine
lo
vide
con
il
braccio
appoggiato
al
tavolino
,
in
un
atteggiamento
che
non
dava
adito
ad
alcuna
preoccupazione
.
Su
quel
tavolino
c
'
era
e
c
'
è
ancora
il
vecchio
lunario
del
Barbanera
che
D
'
Annunzio
,
per
il
suo
amore
delle
vecchie
tradizioni
abruzzesi
,
aveva
voluto
che
,
come
ogni
anno
,
fosse
comprato
all
'
inizio
del
1938
.
Al
primo
marzo
il
lunario
annunciava
la
morte
di
un
grande
uomo
.
Mancavano
dieci
minuti
alle
otto
,
quando
la
cameriera
si
sentì
chiamare
,
D
'
Annunzio
voleva
un
bicchiere
d
'
acqua
.
Gli
fu
portato
.
Non
disse
nulla
e
bevve
.
La
donna
si
accorse
di
qualcosa
d
'
insolito
nell
'
aspetto
del
«
padrone
»
,
come
il
senso
di
una
grave
fatica
.
Il
respiro
era
basso
e
affannoso
,
Maroni
accorse
.
Il
poeta
aveva
reclinato
la
testa
sul
tavolo
e
stava
per
cadere
dalla
sedia
.
Fu
sostenuto
e
portato
sul
letto
della
camera
accanto
.
Maroni
stesso
gli
fece
immediatamente
due
iniezioni
di
olio
canforato
.
Ma
il
cuore
del
poeta
che
aveva
dato
voce
ad
Aligi
era
già
spento
,
senza
dolore
.
Pochi
minuti
dopo
l
'
arciprete
della
chiesa
di
San
Nicolò
,
don
Fava
,
entrava
al
Vittoriale
per
dare
l
'
assoluzione
alla
spoglia
del
poeta
.
D
'
Annunzio
si
era
molte
volte
lamentato
in
vita
che
le
campane
della
chiesa
,
a
Gardone
,
suonavano
troppo
a
lungo
e
aveva
cercato
di
frenare
gli
scampanii
con
elemosine
per
i
poveri
.
Alle
otto
in
punto
,
il
vecchio
campanaro
Valentino
cominciò
a
suonare
a
morto
.
StampaQuotidiana ,
Per
le
ragioni
già
da
noi
esposte
in
un
numero
precedente
la
Prussia
ormai
si
lava
le
mani
delle
quistioni
austro
-
italiche
circa
il
Tirolo
e
l
'
Istria
.
La
Francia
che
vuol
sempre
lasciare
un
po
'
di
carne
al
fuoco
per
avere
occasione
di
metterci
la
zampa
in
avvenire
;
la
Francia
che
in
questa
guerra
confidava
di
poter
fare
il
Deus
ex
machina
a
benefizio
della
Prussia
battuta
dall
'
Austria
,
e
per
ciò
costretta
a
cedere
,
in
premio
dell
'
aiuto
,
le
provincie
renane
;
la
Francia
a
cui
le
inaspettate
vittorie
anzi
vittorione
prussiane
han
troncate
quelle
speranze
,
è
ben
lieta
che
un
germe
di
guerre
future
resti
ancora
tra
l
'
Italia
e
l
'
Austria
in
ordine
a
Trento
e
all
'
Istria
,
perché
intanto
essa
ha
tempo
di
provvedere
in
fretta
e
in
furia
a
cambiare
il
suo
armamento
per
renderlo
almeno
uguale
a
quello
dei
prussiani
,
e
poi
grazie
ai
germi
di
guerra
tenuti
vivi
essa
pensa
accortamente
che
Deus
providebit
.
A
questo
modo
l
'
Italia
che
credeva
di
dare
le
sue
ultime
battaglie
in
questa
guerra
,
e
di
potere
in
seguito
attendere
seriamente
ai
fatti
suoi
,
dovrà
di
nuovo
continuare
a
stare
armata
perché
non
avrà
presi
all
'
Austria
che
i
forti
avanzati
e
le
avrà
lasciata
in
mano
la
vera
cittadella
da
cui
gli
Austriaci
son
soliti
irrompere
,
vale
a
dire
il
Tirolo
italiano
!
La
notizia
di
un
comando
affidato
in
questo
momento
al
D
'
Amico
,
partecipe
di
tutta
la
responsabilità
che
pesa
sul
Persano
,
ha
fatta
pessima
impressione
in
tutto
il
paese
.
Si
confida
che
il
governo
si
affretterà
di
smentirla
.
StampaQuotidiana ,
I
nostri
avversari
non
si
preoccupano
di
giudicare
l
'
atteggiamento
dei
socialisti
alla
stregua
dei
principi
e
dei
metodi
che
i
socialisti
hanno
sempre
professato
e
seguito
.
Far
ciò
vorrebbe
dire
giudicare
veramente
,
e
fare
cosa
concreta
.
Essi
non
tentano
neppure
questo
giudizio
,
ne
sono
incapaci
.
Dinanzi
a
degli
uomini
di
carattere
,
perdono
la
bussola
,
brancolano
nel
buio
,
si
disperano
in
tutti
i
vicoli
ciechi
del
pettegolezzo
,
della
maldicenza
,
della
diffamazione
.
Non
comprendono
un
contegno
rettilineo
,
rigidamente
coerente
.
Sono
ipnotizzati
dai
fatti
,
dall
'
attualità
.
Non
comprendono
l
'
uomo
di
carattere
,
che
i
fatti
pesa
e
giudica
non
tanto
in
sé
e
per
sé
quanto
con
la
concatenazione
che
hanno
col
passato
e
con
l
'
avvenire
.
Che
i
fatti
giudica
quindi
specialmente
per
i
loro
effetti
,
per
la
loro
eternità
.
Sono
dei
mistici
del
fatto
.
E
il
mistico
non
può
giudicare
,
può
solamente
benedire
o
odiare
.
Ma
è
questa
la
forza
dei
socialisti
italiani
.
Aver
conservato
un
carattere
.
Essere
riusciti
a
vincere
i
sentimentalismi
,
essere
riusciti
a
strozzare
i
palpiti
del
cuore
,
come
stimoli
all
'
azione
,
come
stimolo
alle
manifestazione
di
vita
collettiva
.
I
socialisti
italiani
hanno
realizzato
,
in
questo
periodo
della
storia
,
l
'
umanità
più
perfetta
per
i
fini
della
Storia
.
L
'
umanità
che
non
cade
nelle
facili
trappole
dell
'
illusione
.
L
'
umanità
che
ha
rinnegato
come
inutili
e
nocive
,
le
forme
inferiori
della
vita
spirituale
:
l
'
impulso
del
buon
cuore
e
del
sentimentalismo
.
Le
ha
rinnegate
coscientemente
.
Perché
ha
saputo
assimilare
gli
insegnamenti
dei
suoi
maestri
più
grandi
,
e
gli
insegnamenti
che
scaturivano
spontaneamente
dalla
realtà
borghese
morsa
dai
reagenti
della
critica
socialista
.
I
socialisti
italiani
sono
rimasti
incrollabili
entro
i
ranghi
determinati
dall
'
esigenza
delle
classi
sociali
.
Non
si
sono
turbati
,
come
collettività
,
per
gli
spettacoli
dolorosi
che
si
presentano
ai
loro
occhi
.
Non
sono
svenuti
,
come
collettività
,
quando
è
stato
loro
scagliato
fra
i
piedi
il
cadavere
ancora
palpitante
di
un
bambino
assassinato
.
La
commozione
che
ogni
singolo
ha
provato
,
la
stretta
al
cuore
,
le
simpatie
che
ogni
singolo
ha
potuto
provare
,
non
hanno
scalfito
la
granitica
compattezza
della
classe
.
Se
ogni
singolo
ha
un
cuore
,
la
classe
,
come
tale
,
non
ha
cuore
nel
senso
che
alla
parola
è
solito
dare
l
'
umanesimo
infrollito
.
La
classe
ha
una
volontà
,
la
classe
ha
un
carattere
.
Di
questa
volontà
,
di
questo
carattere
è
plasmata
tutta
la
sua
vita
,
senza
alcun
residuo
.
Come
classe
non
può
avere
solidarietà
che
di
classe
,
altra
forma
di
lotta
che
quella
di
classe
,
altra
nazione
che
la
classe
,
cioè
l
'
Internazionale
.
Il
suo
cuore
non
è
che
la
coscienza
del
suo
essere
classe
,
la
coscienza
dei
suoi
fini
,
la
coscienza
del
suo
avvenire
.
Dell
'
avvenire
che
è
solamente
suo
,
per
il
quale
non
domanda
solidarietà
e
collaborazione
a
nessuno
,
per
il
quale
non
vuole
che
palpiti
il
cuore
di
nessuno
,
ma
palpiti
solo
,
nella
sua
immensa
potenzialità
dinamica
e
creatrice
,
la
sua
volontà
tenace
,
implacabili
contro
tutto
e
tutti
che
a
lei
siano
estranei
.
I
nostri
avversari
non
comprendono
questo
.
In
Italia
non
si
conosce
il
carattere
.
Ed
è
questa
l
'
unica
cosa
in
cui
i
socialisti
possano
giovare
,
e
abbiano
giovato
all
'
italianità
.
Hanno
dato
all
'
Italia
ciò
che
finora
le
è
sempre
mancato
.
Un
esempio
vivo
e
drammaticamente
palpitante
di
carattere
adamantino
e
fieramente
superbo
di
se
stesso
.
StampaQuotidiana ,
Era
di
quasi
un
anno
o
forse
di
due
superiore
per
età
al
suo
futuro
marito
,
la
duchessina
Maria
di
Gallese
,
quando
conobbe
Gabriele
d
'
Annunzio
,
che
allora
,
in
fatto
di
titoli
araldici
,
aveva
solamente
quello
del
tutto
immaginario
di
Duca
Minimo
con
il
quale
firmava
le
note
di
cronaca
mondana
sulla
appena
nata
«
Tribuna
»
di
Roma
.
La
fama
aveva
già
accarezzato
la
fronte
,
ancora
aureolata
di
riccioli
biondi
,
dell
'
autore
delle
Novelle
della
Pescara
e
di
Primo
Vere
,
che
distribuiva
uno
per
uno
i
ricordi
dei
suoi
giovanili
amori
romani
,
in
parte
veri
e
in
parte
immaginari
,
nei
versi
morbidissimi
e
qua
e
là
lussuosamente
torbidi
di
Isaotta
Guttadauro
.
Gabriele
era
allora
,
soprattutto
,
poeta
d
'
amore
,
teso
a
spiare
le
veneri
agresti
d
'
Abruzzo
e
quelle
,
vestite
di
raso
e
velluto
,
delle
alcove
eleganti
di
Roma
.
Piccolo
di
statura
,
ma
bello
nel
volto
,
ornatissimo
nella
parola
,
e
indicato
già
,
nell
'
età
in
cui
gli
altri
giovani
si
affannano
sui
banchi
dell
'
università
,
come
il
poeta
destinato
a
raccogliere
lo
scettro
della
poesia
in
Italia
,
i
parenti
di
Maria
di
Gallese
furono
certamente
imprudenti
a
sceglierlo
per
dare
qualche
lezione
di
letteratura
italiana
alla
giovane
e
bellissima
duchessina
di
cui
si
voleva
completare
l
'
educazione
.
In
pochi
giorni
,
alternando
la
lettura
dei
classici
del
Trecento
e
del
Cinquecento
con
qualche
passeggiata
fra
le
antichità
di
Roma
,
o
alla
quercia
del
Tasso
o
alla
tomba
di
Cecilia
Metella
-
si
sa
che
le
«
passeggiate
»
sono
state
uno
dei
migliori
punti
di
partenza
per
la
poesia
di
D
'
Annunzio
-
i
due
si
trovarono
romanticissimamente
innamorati
.
Come
in
un
romanzo
,
la
giovane
patrizia
si
era
innamorata
di
un
giovane
,
ricco
solo
della
sua
poesia
e
di
qualche
piccolo
bene
familiare
a
Pescara
,
severamente
custodito
dal
padre
Don
Francesco
e
dalla
madre
Donna
Luisa
.
Quella
del
poeta
era
una
famiglia
borghese
,
di
piccoli
proprietari
terrieri
e
di
armatori
di
paranze
abruzzesi
.
La
madre
di
Maria
,
dopo
avere
sposato
un
duca
di
Gallese
che
non
le
aveva
dato
figli
,
si
era
unita
con
un
giovane
ufficiale
francese
,
venuto
a
Roma
con
gli
Zuavi
che
Napoleone
III
aveva
mandato
a
difendere
Pio
IX
:
l
'
ufficiale
si
chiamava
Hardouin
.
Lo
stesso
Pontefice
si
era
interessato
per
la
buona
riuscita
del
secondo
matrimonio
.
Maria
apparteneva
dunque
a
quella
che
si
chiamava
ancora
l
'
aristocrazia
nera
,
papalina
.
La
distanza
sociale
fra
i
due
innamorati
era
grande
.
Gabriele
,
futuro
sterminatore
di
cuori
femminili
,
la
superò
di
un
balzo
,
come
se
si
fosse
trattato
,
per
lui
volontario
di
un
anno
in
Cavalleria
,
di
superare
al
galoppo
una
staccionata
in
una
prateria
dell
'
Agro
romano
.
Disse
a
Maria
:
«
Fuggiamo
!
»
.
Maria
acconsentì
e
preparò
la
fuga
.
Allora
non
si
fuggiva
più
a
cavallo
,
né
si
poteva
ancora
fuggire
in
automobile
.
I
due
fidanzati
segreti
si
trovarono
in
un
treno
fumoso
,
alla
stazione
Termini
,
su
un
vagone
diretto
a
Firenze
.
Messa
facilmente
la
polizia
sulle
loro
tracce
,
furono
scovati
in
una
stanza
d
'
albergo
con
le
finestre
sull
'
Arno
.
I
Gallese
sembra
volessero
far
arrestare
il
rapitore
;
ma
si
lasciarono
indurre
a
consigli
più
miti
e
acconsentirono
che
la
fuga
,
anche
perché
Maria
era
ormai
maggiorenne
,
si
concludesse
con
un
matrimonio
.
Il
primo
figlio
si
chiamò
Mario
,
il
secondo
Veniero
,
il
terzo
e
ultimo
-
assomigliò
più
di
tutti
alla
madre
bellissima
,
ma
ebbe
dalla
sorte
un
dono
umano
che
era
stato
forse
'
negato
tanto
al
suo
grande
padre
poeta
quanto
a
sua
madre
,
quello
della
mitezza
mesta
e
melanconica
dell
'
animo
-
si
chiamò
Gabriellino
.
Maria
Hardouin
di
Gallese
,
principessa
di
Montenevoso
,
non
amava
riandare
al
suo
passato
,
al
suo
lontanissimo
passato
.
Parlando
di
suo
marito
non
diceva
«
mio
marito
»
,
ma
«
Gabriele
»
.
Lo
diceva
con
una
voce
apparentemente
indifferente
,
straordinariamente
fresca
per
la
sua
età
,
quasi
avesse
parlato
di
un
estraneo
.
Probabilmente
la
figura
del
marito
aveva
voluto
da
moltissimi
anni
cancellarla
dal
ricordo
:
collocando
al
suo
posto
l
'
immagine
di
un
amico
di
cui
aveva
conosciuto
,
certamente
come
nessun
'
altra
,
le
virtù
e
i
difetti
.
Gli
anni
dell
'
unione
giovanile
non
erano
stati
né
felici
né
facili
.
Maria
era
donna
tale
da
poter
amare
,
ma
non
certamente
da
lasciarsi
dominare
da
un
uomo
né
per
debolezza
,
né
per
vanità
,
né
per
tornaconto
.
Gabriele
non
aveva
né
la
forza
morale
né
la
fedele
schiettezza
amorosa
per
essere
totalmente
un
buon
marito
e
un
buon
padre
di
famiglia
:
assomigliava
troppo
ai
suoi
personaggi
per
poter
esserlo
.
Maria
di
Gallese
era
,
invece
,
il
contrario
dei
personaggi
dannunziani
:
il
suo
sangue
per
metà
francese
,
un
sano
sangue
provinciale
francese
,
la
faceva
fiera
,
sanamente
realista
,
contraria
alla
retorica
,
più
facile
,
anche
negli
ultimissimi
anni
,
all
'
ironia
che
alle
pose
di
donna
fatale
.
La
sua
eleganza
era
autentica
,
quanto
forse
era
di
dubbio
gusto
quella
di
Gabriele
:
anche
l
'
eleganza
del
suo
spirito
.
Capì
di
non
poter
sbarrare
il
passo
al
marito
,
che
correva
dietro
ad
ogni
tentazione
,
né
voleva
seguirlo
,
lei
donna
francesemente
«
pratica
»
,
nelle
sue
esperienze
economicamente
pericolose
di
un
po
'
smemorato
«
signore
delle
lettere
»
.
Gabriele
non
pensava
,
se
non
a
tratti
e
con
lunghe
amnesie
,
all
'
educazione
dei
figli
.
I
suoi
amori
extraconiugali
facevano
parte
delle
cronache
mondane
d
'
ogni
giorno
.
Gli
anni
che
la
coppia
di
così
differenti
caratteri
passò
nella
casa
al
numero
2
di
via
Gregoriana
-
in
un
appartamentino
al
quarto
piano
con
un
balcone
che
dominava
il
palazzotto
dello
Zuccari
dove
Gabriele
immaginava
vivesse
il
protagonista
del
Piacere
-
furono
tormentati
da
una
disillusione
di
cui
Maria
non
fece
forse
mai
colpa
diretta
al
poeta
quanto
a
se
stessa
,
per
essersi
lasciata
illudere
.
Il
distacco
avvenne
gradualmente
,
senza
esser
mai
totale
dal
punto
di
vista
dell
'
amicizia
,
che
sopravvisse
,
se
pur
di
lontano
,
se
pure
quasi
solamente
attraverso
alle
lettere
,
finché
il
poeta
,
vecchio
,
confermò
,
dopo
tante
esperienze
,
di
voler
avere
vicino
,
come
la
più
spiritualmente
rispettata
delle
compagne
,
la
donna
cui
,
in
lontanissimi
tempi
,
aveva
dato
l
'
amore
dei
venti
anni
.
Di
tutto
questo
Maria
d
'
Annunzio
parlava
poco
:
si
può
dire
,
anzi
,
che
non
parlasse
mai
.
Non
ignorava
certamente
che
la
sua
vita
non
lieta
di
moglie
del
poeta
era
notissima
.
Le
vicende
sentimentali
di
suo
marito
appartengono
alla
storia
letteraria
e
alla
storia
di
una
delle
più
singolari
esperienze
umane
.
Non
era
certamente
il
caso
di
conversare
con
lei
di
inganni
grandi
e
piccoli
per
cercare
di
indovinare
quali
potevano
essere
state
e
quali
potevano
essere
ancora
le
sue
reazioni
innanzi
a
certi
nomi
celeberrimi
che
,
se
non
nel
cuore
,
certo
nella
vita
di
Gabriele
avevano
pesato
molto
.
Spostando
la
propria
figura
dal
piedistallo
di
moglie
a
quello
di
amica
così
come
aveva
saputo
signorilmente
fare
da
moltissimi
anni
,
essa
poteva
vivere
indifferentemente
fra
le
immagini
,
molte
delle
quali
diventate
poesia
,
di
altre
donne
nelle
quali
,
forse
eternamente
innamorato
solo
di
se
stesso
,
Gabriele
,
come
Narciso
,
s
'
era
eternamente
specchiato
.
Per
questo
aveva
potuto
serenamente
incontrarsi
con
lui
,
quando
egli
l
'
aveva
chiamata
al
Vittoriale
,
e
considerarsi
,
in
una
villa
a
lei
destinata
nel
parco
,
la
sua
ospite
amica
che
tutto
sapeva
e
tutto
,
se
non
perdonato
,
aveva
compatito
.
La
sua
vita
,
dopo
il
distacco
dal
marito
,
era
stata
per
molto
tempo
difficile
.
A
Roma
aveva
vissuto
per
molti
anni
in
un
piccolo
appartamento
di
piazza
di
Spagna
,
mettendo
a
frutto
,
per
vivere
,
la
sua
perizia
nel
ritrovare
,
scegliere
e
ordinare
le
belle
cose
antiche
.
Non
aveva
,
Donna
Maria
,
come
del
resto
i
figli
,
certamente
gravato
sui
bilanci
spesso
disordinati
del
poeta
.
Solo
dopo
la
morte
di
lui
aveva
ricevuto
un
vitalizio
sui
suoi
diritti
d
'
autore
e
l
'
usufrutto
perenne
della
villa
Mirabella
entro
il
secondo
recinto
del
Vittoriale
.
Aveva
finito
per
lasciare
anche
la
sua
ultima
dimora
romana
,
una
pensione
in
una
traversa
di
via
Veneto
,
per
vivere
la
metà
dell
'
anno
a
Gardone
e
l
'
altra
metà
a
Parigi
,
dove
suo
figlio
Veniero
,
con
i
suoi
guadagni
di
ingegnere
in
America
,
le
aveva
comperato
e
donato
un
appartamentino
vicino
all
'
Etoile
.
Ad
onta
della
tardissima
età
viaggiava
da
sola
e
a
Parigi
viveva
sola
,
dopo
che
le
era
morta
,
sotto
ad
un
bombardamento
,
una
fedele
cameriera
.
Durante
la
occupazione
tedesca
non
aveva
voluto
restare
sul
lago
di
Garda
,
preferendo
,
a
ottant
'
anni
di
parecchio
passati
,
vivere
in
solitudine
nella
città
dei
suoi
avi
francesi
.
Al
suo
ritorno
aveva
saputo
che
la
sua
casa
di
Gardone
era
stata
abitata
da
una
tragica
creatura
:
da
Claretta
Petacci
,
che
di
lì
era
partita
per
andare
alla
morte
.
Aveva
detto
:
«
È
destino
che
io
,
senza
romanzo
,
viva
accanto
ai
romanzi
!
»
.
Era
stata
bellissima
,
come
testimoniava
,
alla
Mirabella
,
un
grande
ritratto
dipinto
da
La
Gandara
che
D
'
Annunzio
vi
aveva
fatto
collocare
come
per
dire
che
quella
casa
era
della
donna
che
non
aveva
mai
dimenticato
.
Aveva
sorriso
,
la
vegliarda
infaticabile
,
quando
le
era
stato
mostrato
un
volume
francese
intitolato
Paris
,
mon
coeur
nel
quale
quel
ritratto
era
riprodotto
per
far
conoscere
il
«
tipo
ormai
classico
della
donna
francese
,
dell
'
elegante
parigina
dei
tempi
di
Maurice
Donnay
e
di
Paul
Bourget
»
.
Pur
nella
tardissima
età
,
sottile
nella
figura
,
rapida
e
leggera
nel
passo
,
con
i
capelli
colorati
di
rosso
e
pettinati
come
quelli
delle
donne
di
Boldini
,
la
si
vedeva
andar
in
su
e
in
giù
,
a
piedi
,
per
i
sentieri
della
collina
del
Vittoriale
,
veramente
simile
,
nella
figura
,
a
quelle
ormai
tramontate
immagini
che
ispiravano
un
tempo
il
concetto
dell
'
alta
e
scintillante
aristocrazia
.
Attendeva
da
anni
serenamente
la
morte
,
ma
intanto
parlava
della
vita
come
di
un
bene
che
non
si
sarebbe
esaurito
mai
.
Fissava
convegni
e
viaggi
a
distanza
di
mesi
e
di
anni
,
e
intanto
,
fermandosi
in
un
certo
angolo
del
parco
,
pensava
anche
a
quella
che
poteva
essere
la
sua
ultima
dimora
.
Comprendeva
,
nella
sua
fierezza
di
gran
dama
,
di
non
poter
chiedere
d
'
essere
seppellita
vicino
al
marito
,
dopo
tanti
trascorsi
che
avevano
per
quarant
'
anni
annebbiata
la
loro
unione
.
Aveva
indicato
,
per
sé
,
un
angolo
del
parco
e
un
sarcofago
di
pietra
come
quelli
nei
quali
Gabriele
aveva
chiuso
le
spoglie
dei
suoi
legionari
:
ma
diceva
che
doveva
essere
ornato
,
a
mosaico
,
con
i
profili
di
due
pavoni
.
Amava
viaggiare
,
ma
ogni
volta
,
quando
partiva
per
Parigi
o
per
Charleville
,
la
patria
del
poeta
Rimbaud
,
dove
aveva
parenti
e
amici
fedeli
,
lasciava
ad
una
persona
fidata
,
confermando
così
il
suo
istinto
di
donna
ordinata
e
pratica
come
sono
quasi
sempre
le
francesi
,
una
busta
con
il
denaro
che
considerava
potesse
essere
all
'
improvviso
necessario
per
riportarla
,
morta
,
in
patria
.
La
sua
vitalità
era
sempre
stata
straordinaria
.
Aveva
una
attenzione
estrema
nel
non
rivelare
i
suoi
anni
.
Nel
1882
,
quando
conobbe
il
diciannovenne
D
'
Annunzio
,
sembra
che
la
duchessina
fosse
già
maggiorenne
.
Lo
era
già
,
in
ogni
modo
,
nel
1883
,
quando
si
sposò
.
Per
la
sua
età
,
dunque
,
bisognava
tirare
a
indovinare
,
facendo
oscillare
il
pendolo
fra
i
novantadue
delle
opinioni
ottimiste
e
i
novantacinque
dei
«
pessimisti
»
.
La
primavera
scorsa
,
ospitata
in
una
clinica
di
Riva
del
Garda
,
aveva
dichiarato
,
in
tono
di
celia
,
di
avere
sessantacinque
anni
:
e
nessuno
aveva
osato
contraddirla
perché
le
sue
risposte
potevano
essere
sferzanti
.
Sette
anni
or
sono
,
mi
aveva
tenuto
un
po
'
il
broncio
perché
,
scrivendo
dopo
la
morte
del
figlio
suo
Gabriellino
,
avevo
parlato
di
lei
come
di
una
«
vecchia
signora
»
.
Doveva
essere
già
allora
vicino
agli
ottantasette
anni
.
StampaQuotidiana ,
La
Nemesi
italiana
dovrebbe
esser
sazia
!
Cavour
,
La
Farina
,
D
'
Azeglio
,
Farini
,
quattro
vessilliferi
,
quattro
combattenti
,
quattro
trionfatori
della
libertà
nazionale
!
E
tutti
quattro
morti
!
E
tutti
quattro
erano
cuori
onesti
,
che
non
specularono
sulla
patria
,
ma
consumarono
per
essa
con
santa
abnegazione
la
vita
!
Cavour
ricco
di
censo
avito
consumò
notevole
porzione
del
suo
retaggio
a
gloria
della
Nazione
Ministro
del
piccolo
Piemonte
,
rappresentò
a
Parigi
splendidamente
le
parti
di
un
ministro
di
Re
d
'
Italia
.
La
Farina
morì
lasciando
quasi
nell
'
indigenza
la
propria
famiglia
.
D
'
Azeglio
conservando
alta
al
di
fuori
la
dignità
dell
'
antica
sua
posizione
,
lavorava
per
vivere
nel
suo
studio
d
'
artista
e
bisognoso
di
vendere
i
suoi
capi
d
'
arte
regalava
ai
Sovrani
!
Farini
schernito
per
un
motto
che
fu
il
vero
suo
dogma
rifiutò
dai
modenesi
splendide
ricompense
per
conservarsi
la
gloria
di
morir
povero
.
Italiani
!
versiamo
un
fiore
sulla
tomba
di
Carlo
Luigi
Farini
È
un
'
altra
piramide
,
è
un
altro
monumento
,
che
l
'
Italia
pianterà
nella
sua
moderna
via
Appia
.
Bisogna
che
sovra
colonne
eterne
imparino
i
popoli
che
verranno
,
che
se
l
'
Italia
ha
tra
i
vivi
degli
speculatori
delle
sue
glorie
e
dei
suoi
lutti
,
ell
'
ha
tra
i
suoi
morti
delle
glorie
pure
contro
cui
si
spunta
ogni
dardo
di
schifosa
ira
di
parte
.
Che
queste
quattro
tombe
possano
chiamar
l
'
Italia
,
per
gratitudine
almeno
,
a
non
disfar
l
'
opera
dei
quattro
architetti
che
vi
riposano
.
StampaQuotidiana ,
Un
anno
è
trascorso
,
dal
giorno
in
cui
il
popolo
russo
costringeva
lo
zar
Nicola
II
ad
abdicare
e
prendere
la
via
dell
'
esilio
.
La
commemorazione
dell
'
anniversario
è
poco
lieta
.
Dolore
,
rovina
,
apparenza
di
sfacelo
,
controffensiva
borghese
con
le
baionette
e
le
mitragliatrici
tedesche
.
E
'
finita
la
rivoluzione
russa
?
E
'
fallito
,
in
Russia
,
il
proletariato
,
nel
più
grande
dei
tentativi
di
riscossa
che
esso
abbia
mai
tentato
nella
storia
?
Le
apparenze
sono
sconfortanti
:
i
generali
tedeschi
sono
arrivati
ad
Odessa
:
i
giapponesi
si
dice
stiano
per
intervenire
;
50
milioni
di
cittadini
sono
stati
staccati
dalla
rivoluzione
,
e
con
essi
le
terre
più
fertili
,
gli
sbocchi
al
mare
,
le
strade
della
civiltà
e
della
vita
economica
.
La
rivoluzione
nata
dal
dolore
e
dalla
disperazione
,
continua
nel
dolore
e
nelle
sofferenze
,
stretta
in
un
anello
di
potenze
nemiche
,
immersa
in
un
mondo
economico
refrattario
alle
sue
idealità
,
ai
suoi
fini
.
Nel
marzo
del
1917
il
telegrafo
ci
annunziò
che
un
mondo
era
crollato
in
Russia
:
mondo
effimero
ormai
,
inanimata
parvenza
di
un
potere
che
era
sorto
,
si
era
rafforzato
,
si
era
trascinato
,
con
la
violenza
sanguinosa
,
con
la
compressione
degli
spiriti
,
con
la
tortura
delle
carni
dilaniate
.
Aveva
questo
potere
suscitato
una
grande
macchina
statale
.
170
milioni
di
creature
umane
erano
state
costrette
a
dimenticare
la
loro
umanità
,
la
loro
spiritualità
per
servire
.
A
che
?
All
'
idea
dell
'
Impero
russo
,
del
grande
Stato
russo
che
doveva
arrivare
ai
mari
caldi
e
aperti
per
assicurare
all
'
attività
economica
sbocchi
sicuri
da
ogni
taglia
di
concorrenti
,
da
ogni
sorpresa
di
guerra
.
L
'
Impero
russo
era
una
mostruosa
necessità
del
mondo
moderno
:
per
vivere
,
svilupparsi
,
per
assicurarsi
le
vie
dell
'
attività
,
dieci
razze
,
170
milioni
di
uomini
dovevano
sottostare
a
una
disciplina
statale
feroce
;
dovevano
rinunziare
all
'
umanità
ed
essere
puro
strumento
del
potere
.
Nel
marzo
1917
la
macchina
mostruosa
crolla
,
imputridita
,
disfatta
nella
sua
impotenza
congenita
.
Gli
uomini
si
drizzano
,
si
guardano
negli
occhi
.
Tutti
i
valori
umani
hanno
il
sopravvento
.
L
'
esteriorità
non
ha
più
valore
;
troppo
male
ha
fatto
,
troppi
dolori
ha
prodotto
,
troppo
sangue
ha
versato
.
Incomincia
la
storia
,
la
vera
storia
.
Ognuno
vuole
essere
padrone
del
proprio
destino
,
si
vuole
che
la
società
sia
plasmata
in
ubbidienza
allo
spirito
,
e
non
viceversa
.
L
'
organizzazione
della
convivenza
civile
deve
essere
espressione
di
umanità
,
deve
rispettare
tutte
le
autonomie
,
tutte
le
libertà
.
Incomincia
la
nuova
storia
della
società
umana
,
incominciano
le
esperienze
nuove
della
storia
dello
spirito
umano
.
Esse
vengono
a
coincidere
con
le
espressioni
che
l
'
ideale
socialista
aveva
dato
ai
bisogni
elementari
degli
uomini
.
I
socialisti
come
ceto
politico
salgono
al
potere
senza
troppi
sforzi
:
le
parole
della
loro
fede
coincidono
con
le
aspirazioni
confuse
e
vaghe
del
popolo
russo
.
Essi
devono
realizzare
l
'
organizzazione
nuova
,
devono
dettare
le
nuove
leggi
,
stabilire
i
nuovi
ordinamenti
.
Il
passato
continua
a
sussistere
;
viene
disgregato
.
Si
ha
la
parvenza
dello
sfacelo
,
del
disordine
,
della
confusione
.
Sembra
che
si
ritorni
alla
società
barbarica
,
cioè
alla
non
società
.
Il
passato
continua
a
sussistere
oltre
il
territorio
della
libertà
,
e
preme
e
vuole
prendere
una
rivincita
.
L
'
ordine
nuovo
tarda
a
realizzarsi
.
Tarda
?
O
uomini
scettici
e
perversi
,
non
tarda
,
no
perché
non
si
rifà
una
società
in
un
fiat
,
perché
il
male
del
passato
non
è
un
edifizio
di
cartapesta
cui
si
dà
fuoco
in
un
attimo
.
Doloroso
sforzo
è
la
vita
,
lotta
tenace
contro
le
abitudini
,
contro
l
'
animalità
e
l
'
istinto
grezzo
che
latra
continuamente
.
Non
si
crea
una
società
umana
in
sei
mesi
,
quando
tre
anni
di
guerra
hanno
esaurito
un
paese
,
l
'
hanno
privato
dei
mezzi
meccanici
per
la
vita
civile
.
Non
si
riorganizzano
milioni
e
milioni
di
uomini
in
libertà
,
così
,
semplicemente
,
quando
tutto
è
avverso
,
e
non
sussiste
che
lo
spirito
indomabile
.
La
storia
della
rivoluzione
russa
non
si
è
chiusa
e
non
si
chiuderà
con
l
'
anniversario
del
suo
iniziarsi
.
Come
un
canto
esiste
nella
fantasia
del
poeta
prima
che
sulla
carta
stampata
,
l
'
avvento
dell
'
organizzazione
sociale
esiste
nelle
coscienze
e
nelle
volontà
.
Sono
gli
uomini
cambiati
:
questo
importa
.
Si
vuole
l
'
esteriorità
,
la
carta
stampata
.
Si
stride
per
ogni
insuccesso
,
per
ogni
rovescio
apparente
.
Si
domanda
ai
russi
ciò
che
gli
storici
non
domandano
alle
rivoluzioni
passate
:
la
creazione
fulminea
di
un
ordine
nuovo
.
Si
suppongono
propositi
che
non
sono
mai
esistiti
,
speranze
che
non
sono
mai
state
sognate
.
E
questi
propositi
,
queste
speranze
sono
confrontate
con
la
realtà
attuale
per
concludere
al
fallimento
,
allo
sfacelo
.
Con
la
realtà
che
si
dice
sortita
da
un
anno
di
nuova
storia
,
ma
che
è
sortita
da
secoli
di
bestiale
soppressione
dell
'
uomo
dalla
storia
.
Si
domanda
l
'
impossibile
che
non
è
mai
stato
domandato
agli
uomini
del
passato
.
Quante
volte
la
Rivoluzione
francese
ha
visto
occupata
la
capitale
dai
nemici
?
E
l
'
occupazione
veniva
dopo
che
Napoleone
aveva
organizzato
autoritariamente
le
forze
rivoluzionarie
,
e
aveva
condotto
gli
eserciti
francesi
di
vittoria
in
vittoria
.
E
la
Francia
era
ben
piccola
cosa
in
confronto
della
Russia
sterminata
.
No
,
le
forze
meccaniche
non
prevalgono
mai
nella
storia
:
sono
gli
uomini
,
sono
le
coscienze
,
è
lo
spirito
che
plasma
l
'
esteriore
apparenza
,
e
finisce
sempre
col
trionfare
.
Un
anno
di
storia
si
è
chiuso
,
ma
la
storia
continua
.
StampaQuotidiana ,
La
pace
è
fatta
.
Sia
la
benvenuta
!
Ora
Dio
ci
salvi
da
una
nuova
guerra
,
perché
in
questa
predestinata
Italia
l
'
esercito
sarebbe
comandato
dagli
stessi
uomini
che
han
perduto
a
Custoza
malgrado
la
vittoria
dei
soldati
,
e
non
sempre
avremmo
a
salvarci
dalle
sconfitte
dei
nostri
generali
supremi
i
trionfi
dell
'
esercito
prussiano
!
Dio
ci
salvi
da
una
nuova
guerra
,
perché
i
pieni
poteri
cadrebbero
nelle
mani
di
quelli
stessi
che
nella
loro
avvedutezza
si
lasciarono
strappare
Palermo
da
poche
bande
di
malandrini
.
Dio
ci
salvi
da
una
nuova
guerra
,
perché
le
finanze
sarebbero
sgovernate
dagli
stessi
che
imposero
il
corso
forzato
dei
biglietti
dopo
averlo
stigmatizzato
pochi
giorni
prima
,
dagli
stessi
che
stabilirono
il
prestito
forzato
sulle
basi
eque
e
intelligenti
che
dànno
i
bellissimi
risultati
che
tutti
veggono
!
...
La
pace
è
fatta
.
Dio
voglia
che
non
sia
la
pace
malsana
.
Viva
la
pace
,
viva
la
Venezia
!