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LA TUA EREDITA' ( GRAMSCI ANTONIO , 1918 )
StampaQuotidiana ,
La società contemporanea : una fiera rumorosa di uomini in delirio ; nel centro della fiera una giostra che rotea turbinosamente , fulmineamente . Ognuno dei presenti vuol saltare in groppa a un lucente e ben bardato cavallino , a una sirena dai languidi occhi ; vuole adagiarsi nei morbidi cuscini di una carrozzella . E ' un precipitarsi disordinato e caotico della folla in tumulto , è un osceno acrobatismo di arti scimmieschi . Diecimila cadono riversi , dopo essersi fiaccate le membra , uno per diecimila passa , si aderge su questi corpi innumeri , spicca il salto giusto , e trasvola nel turbine infernale . Tu vuoi partecipare alla gara . Hai probabilità , anche tu , di fortuna . Arrivare significa diventar ricco , essere signore della vita , conquistare la propria libertà . Ecco : la libertà . Fermiamoci . La ricchezza non è un fine , certamente ; se diventa fine si chiama avidità ( avarizia ) . E ' mezzo per un fine : la libertà . Un soldo che possiedi , è un soldo di libertà a tua disposizione , è un soldo di libera scelta . La proprietà è la garanzia che questa libertà sarà continua . La proprietà di una parte di ricchezza ( strumento di lavoro ) è possibilità di ampliare ancora il dominio della personale libertà . Il diritto di eredità è la garanzia che la tua personale libertà sarà anche della tua prole , dei tuoi cari . Poiché il tuo fine non è un circoscritto fatto materiale , poiché tu non sei un avido di benessere meccanico , ma di libertà , consegue che il tuo fine non è individuale : è un ' immortalità . Senti che i tuoi figli ti continueranno , come tu continui i tuoi padri , e vuoi garantita la libertà del tuo spirito immortale . Questa immortalità è ammessa dai laici , dai filosofi : essa appunto è dai filosofi chiamata Spirito , e viene fatta coincidere con la Storia , perché tutto umano , perché non ha nulla da spartire con lo spirito ( anima ) trascendente , ultraterreno , delle religioni . E ' pura attività : tu sei attivo , lavori , partecipi dell ' immortalità del lavoro , ma vuoi vedere esteriormente questa perennità del tuo io : la cerchi nei tuoi discendenti , nelle garanzie di libertà che loro assicuri . Tutti gli uomini hanno questa aspirazione , tutti gli uomini vogliono diventare proprietari di libertà , di libertà garantita , di libertà trasmissibile . Se essa è il sommo bene , è naturale si cerchi di farne partecipi i propri cari , è naturale si accetti il sacrifizio per creare questa libertà , anche sicuri di non goderla se stessi , solo per assicurarla ai propri cari . La preoccupazione diventa in taluni casi così pungente da spingere al delitto , alla perversione , al suicidio . Madri si prostituiscono per racimolare un peculio di libertà ai figli ; padri si uccidono con l ' apparenza della disgrazia perché i figli godano subito l ' assicurazione della libertà . La libertà è solo un privilegio : ecco perché si manifestano queste perversioni . La società è una fiera : la fortuna è una giostra . La maggioranza deve necessariamente fallire nella gara atroce . E ' dunque essa non - spirito , non partecipa essa della immortalità della storia ? Esiste la immortalità senza l ' esteriore continuità ? Certo no . Esistendo , trasforma il mondo , suscita quindi forme esteriori . Ebbene , anche tu , che non sei ricco , che non sei capitalista , che non garantisci alla tua immortalità nessuna esteriore continuazione di libertà , erediti e lasci un retaggio . Non saresti uomo , altrimenti , non saresti spirito , non saresti storia . Bisogna che di questa verità tu abbia consapevolezza , che questa consapevolezza tu approfondisca in te e diffonda negli altri . Essa è la tua forza , è la chiave del tuo destino e del destino dei tuoi cari . La proprietà è il rapporto giuridico esistente tra un cittadino e un bene . Essa è dunque un valore sociale , puramente contingente ; è garantita da tutti , che la garantiscono solo in quanto sperano , ognuno singolarmente , giungere a goderla . I pochi sono liberi , nel possesso dei beni , e trasmettono questa libertà ad altri pochi , perché i molti sperano , hanno la velleità di essere liberi , non ne hanno la volontà . La volontà è adeguazione dei mezzi al fine , quindi è specialmente ricerca di mezzi congrui . Il privilegio della libertà sussiste perché la società è una fiera , perché è un disordine perenne . La speranza che tu hai di saltare immediatamente in groppa a un cavallino della giostra , ti fa elemento del disordine , della perenne fiera : tu sei una rotellina della macchina infernale che fa roteare la giostra : se , nella gara , fallisci , tu sei causa del tuo fallire , se ti fiacchi le ossa , tu sei un suicida . Da elemento di disordine devi diventare elemento d ' ordine . All ' essere Immediatamente ( vaga speranza , probabilità minima ) , devi preferire la certezza , anche se non immediata , la certezza per i tuoi figli . Il fine rimane immutato , i mezzi per raggiungerlo sono i soli mezzi congrui a tua disposizione : l ' associazione , l ' organizzazione . Se la proprietà è solo un valore sociale , il solo fatto che esiste un organismo - forza proponentesi di renderla bene comune , garanzia di libertà per tutti , la trasforma , la rende aleatoria in quanto privilegio , cioè la diminuisce ora in pro della collettività , ne fa compartecipe già ora la collettività . Questa diminuzione , questa compartecipazione potenziale è una eredità che tu trasmetti . Certo è più evidente , più palpabile l ' eredità dei capitalisti ; ma se rifletti anche la tua non è trascurabile cosa . Anche tu hai un retaggio : i tuoi ascendenti , che hanno fatto la rivoluzione contro il feudalismo , ti hanno lasciato in eredità il diritto alla vita ( tu non puoi essere ucciso arbitrariamente : ti par piccola cosa ? ) , la libertà individuale ( per incarcerarti devi essere giudicato colpevole d ' un crimine ) , il diritto di muoverti per lavorare in una terra piuttosto che in un ' altra , a tua scelta , secondo la tua utilità . Godi una eredità più recente : la libertà di scioperare , la libertà di associarti con altri per discutere i tuoi interessi immediati e per proporti , in comunione con altri , il fine maggiore della tua vita : la libertà per te , o almeno per i tuoi discendenti . Ti paiono piccole eredità queste ? Esse hanno notevolmente diminuito il privilegio dei pochi . Perché non ti proponi di ampliarle e diminuire ancora , conseguentemente , il privilegio ? Queste eredità sono il frutto del lavoro di molti , non del solo padre tuo , del solo tuo nonno o bisnonno . Sono frutto inconsapevole , perciò piccolo . Diventa tu consapevole , diffondi la tua consapevolezza : quale eredità superiore a quelle del passato non trasmetterai tu all ' avvenire ? Quale più concreta sicurezza di libertà per i tuoi figli , per l ' immortalità del tuo spirito ? Invece di una proprietà individuale , preoccupati di lasciare maggiore possibilità per l ' avvento della proprietà collettiva , della libertà per tutti , perché tutti uguali dinanzi al lavoro , allo strumento di lavoro . Questa tua eredità ha anch ' essa una forma esteriore : l ' associazione . Quanto più forte è l ' associazione , tanto più vicina è l ' ora di riscuotere allo sportello della storia . Chi riscuoterà ? Tu stesso , forse , per la tua quota . Lavora come se il fine fosse immediato , ma non trascurare perciò di suscitare mezzi più potenti , nel caso non fosse immediato : sacrificati , perché tu pensi ai tuoi figli , ai tuoi cari . Rafforza le associazioni che hanno questo fine : liberare la collettività , dando a lei la proprietà della ricchezza . L ' associazione economica ti garantisce la riscossione quotidiana dei benefizi che frutta l ' eredità lasciatati dai tuoi padri nullatenenti : rafforzala con la tua adesione , aumenterai così l ' eredità dei tuoi figli . L ' associazione politica , il Partito socialista , è l ' organo di educazione , di elevazione ; per esso tu sentirai la collettività , ti spoglierai dei tuoi egoismi personali , imparerai a lavorare disinteressatamente per l ' avvenire che è di tutti , quindi anche tuo e dei tuoi . Per esso metterai il tuo sacrifizio e il tuo lavoro con quello degli altri , moltiplicandone il valore per il valore del comune sacrifizio . L ' associazione di cultura ti renderà più degno del tuo compito sociale , ti educherà a pensar bene , migliorerà il tuo spirito : per essa parteciperai al patrimonio di pensiero , di esperienze spirituali , di intelligenza , di bellezza del passato e del presente . Diffondi questa piccola verità : nella società attuale , che è fiera , che è giostra , tutti singolarmente possono diventar ricchi ( liberi ) , ma , necessariamente , solo pochi lo diventano ; la ricerca della proprietà , dell ' eredità individuale ha uno riuscito per diecimila falliti . I diecimila non falliranno invece nella ricerca dell ' eredità sociale ; che si associno , che da elemento di disordine diventino elemento d ' ordine , e avranno avvicinato di diecimila probabilità il raggiungimento del fine stesso . Intanto tu fa il tuo dovere : dà la tua parte di attività , di spiritualità al comune patrimonio sociale attuale . lavora perché sia trasmesso , migliorato e ampliato , ai tuoi discendenti : cura la tua eredità , cura l ' eredità che sola sei certo di poter lasciare .
Peppino De Filippo ( Vergani Orio , 1959 )
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Ecco , davanti a me , un viso « da magistrato » , quello di Peppino De Filippo . Trent ' anni fa , il viso di un giovanissimo pretore di primissima nomina , che ha vinto pochi giorni prima il concorso . Poi , di anno in anno , ha fatto carriera : dal magistrato di Pretura è giunto al Tribunale , è arrivato alle Assise , si avvia verso la Cassazione : lo vedrò con la toga della Corte Costituzionale : sempre magistrato è . Il viso un po ' assorto , in cui appare ogni tanto , pungente , un elemento di arguzia : un viso di calma dignità e un poco timido : ogni tanto , nella vita , la sua voce è insidiata da un trepidare che può sembrar persino un impaccio d ' una breve parvenza di balbuzie . Un magistrato un po ' filosofo , che ha avuto l ' infanzia non sempre comoda di tanti napoletani : che ha avuto compagni di scuola molto poveri e che conosce a fondo , pietoso , le miserie dell ' umanità . Dice giustamente Peppino : « In fondo , io ripugno dal comico di mezza misura e sono tutto fuorché un " brillante " : io sto tutto nella farsa o tutto nella tragedia : e la farsa sta gomito a gomito con la tragedia ... » . Ecco un giudizio da magistrato che non riesce a dividere gli uomini in due rigorose categorie , angeli e demoni : pietoso per i loro peccati , sorridente e un po ' dubitoso per le loro virtù . Con questo spirito , il « magistrato » Peppino ha scritto una cinquantina di commedie , con centinaia di personaggi dell ' umanità grigia , « buoni » intrisi di astuzia , sciocchi con lampi di genio , straccioni con una speranza di eleganza , tristanzuoli con una scintilla d ' oro di poesia , prepotenti che se la fanno sotto , cornuti illuminati da una incancellabile fede nella purità : una giornata di pioggia , un desiderio di sole ; le manette pronte , ma un sogno di guanti bianchi . Attore dall ' età di sei anni - il debutto avvenne con la particina del bambino Peppiniello in Miseria e nobiltà - De Filippo potrebbe raccontare a non finire storie di allegra , ma non sempre allegra , povertà . Era il mondo dei poveri guitti girovaghi - aveva lasciato la Compagnia di Vincenzo Scarpetta - nelle province napoletane . Ogni tanto , la sorte portava ad avventurarsi fino nell ' Abruzzo e nelle Marche . Peppino faceva un po ' di tutto : prosa , varietà , macchiettista in miseri teatrucoli , pianista in cinematografi di campagna , pittore di manifesti - la sua vera passione era quella della pittura - trovarobe , corista di operette . Fu in quegli anni lontani , addirittura amministratore della piccola troupe . Erano arrivati nelle Marche a piedi , risalendo dalle spiagge abruzzesi : e si erano addentrati in una vallata verso Jesi . Lassù , erano rimasti incastrati in un paesello di collina . Avevano montato il loro teatrino ambulante in uno sterrato fuori le mura : era nato così un piccolo teatro con « comodo di fave » . Il fondale dava sulla campagna buia : in quel buio , gli attori avevano scoperto alcuni campi di fave . Fra un atto e l ' altro , scivolavano giù dal rustico palcoscenico , facevano una rapida scorpacciata di fave , e poi , rinfrancati tornavano alla ribalta a recitare . Quando si trattò di ripartire da quel paesello , Peppino scese verso Ancona , per trovare un teatrino che li ospitasse . Era lui , o no , l ' amministratore ? Ed ecco nella torrida estate , Peppino partire a piedi , accompagnato dal « segretario » che era totalmente calvo . Ma perché i due attori avevano sulle guance una folta barba ? Nera , Peppino , e bianca , fluente il « segretario » , con un paio di occhiali neri da povero cieco . Fu Peppino a inventare , per diminuire la fatica della marcia , il sistema che oggi si chiama dell ' autostop . Erano luoghi quasi deserti . Ogni tanto si vedeva arrivare un carretto tirato da un somaro . Il « segretario » si sosteneva al braccio di Peppino , marciando curvo sotto il solleone . Quando il carretto li raggiungeva , Peppino indicava pietosamente il vegliardo : « Ci potreste dare un passaggio ? » . Il contadino si impietosiva e li accompagnava sino alla prima svolta , seduti sulle fascine . Un altro miglio a piedi , e poi spuntava un altro carretto . Quando Peppino De Filippo non reciterà più Le metamorfosi di un suonatore ambulante , cercheremo di raccontare ai nostri figli e ai nostri nipoti la scenetta in cui , affamatissimo « posteggiatore » , cerca di vedere chiaro in un certo imbroglio per il quale è richiesta la sua complicità . Il suonatore è napoletano e , come tale , gesticola vivacemente : le sue mani sono in continuo movimento e , ogni tanto , si protendono e restano sospese a mezz ' aria . Gli interlocutori credono che egli abbia finito di parlare , che l ' affare sia concluso e che sia venuto il momento di salutarsi : afferrano la mano del suonatore e la stringono cordialmente . Il discorso , invece , non è affatto finito . Bisogna liberare quella mano e riprendere la conversazione interrotta . Gli altri sono sempre pronti a stringere , sul più bello , la mano dell ' ambulante che non può frenare la sua mimica partenopea e che , se non muove le mani , non può parlare . La graduazione della sorpresa , dell ' impaccio , dell ' inquietudine , che prende e quasi paralizza l ' eloquenza del suonatore ambulante , crea un « crescendo comico » forse ineguagliato in questi ultimi anni : certo il più sottile e trascinante . Quando cercheremo di riferire questa scenetta ai nostri figli e ai nostri nipoti stenteremo a farci capire , come non capivamo i nostri vecchi quando ci parlavano del « gioco del ferro da stiro » di Eleonora Duse nella Locandiera o della « scena del candeliere » di Ermete Novelli nella farsa Felice il cerimonioso . Sono scoperte , gioie , sorrisi di cui gode solamente « chi vede » : intraducibili per « sentito dire » . Per questo , il teatro è forse fatto di incantesimi paragonabili a quelli dell ' amore , bellissimi quando viviamo il nostro amore , mentre , se ci raccontano quelli degli altri , ci sono assolutamente indifferenti .
TORINO, 12 DICEMBRE ( - , 1866 )
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Eccoci al giorno solenne . Non è tempo di vane frasi . Riporteremo bensì il sunto del memorando discorso pronunciato dal Conte di Cavour il giorno in cui la Camera votò che Roma Capitale acclamata dall ' opinione nazionale fosse congiunta all ' Italia . « Se noi , diceva in sostanza l ' immortale statista , non potessimo far valere il potente argomento che Roma è la Capitale necessaria d ' Italia , non otterremmo giammai il consenso del mondo cattolico e della Francia da cui esso è rappresentato a Roma . « Supponiamo infatti che la sede del pontefice non sia a Roma , ma in una città collocata in una provincia non del tutto necessaria all ' Italia , p . e . in Aquileia . Alle nostre domande di riavere Aquileia la diplomazia risponderebbe che , non essendoci questa strettamente necessaria , non franca la spesa di sconvolgere l ' ordinamento materiale del cattolicismo per soddisfare i nostri desideri . « Importa adunque fondare le nostre ragioni sulla considerazione che Roma è indispensabile all ' Italia come Capitale . « Egli è evidente che quando Roma sarà libera la quistione del trasferimento sarà oggetto di nuove deliberazioni . Ma portiamoci al giorno in cui si dovrà discutere tra coloro che vogliono andare a Roma immediatamente , e quelli che vogliono differire . Ebbene se i 200 deputati delle provincie meridionali nel venire al Parlamento si trovassero di passaggio sur una piazza di Roma e una forza irresistibile li distogliesse dal proseguire il viaggio ? ... » . Ai deputati delle provincie meridionali la risposta a questa ipotesi del Conte di Cavour ! A noi basta aver ricordato in questo giorno il voto solenne che proclamava Roma Capitale necessaria d ' Italia , e rammentate le ragioni principali di quel voto nazionale !
BILANCI ROSSI ( GRAMSCI ANTONIO , 1919 )
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I bilanci rossi della Russia soviettista sono passivi , crudelmente passivi . Il " Momento " ne piange come un vitellino , il " Momento " ne soffre con tutta l ' anima sua francescana . Pensate , pensate : 13.700 persone fucilate al primo gennaio 1919 come controrivoluzionarie , senza contare quelle condannate " per intuizione " ; pensate , pensate , lo ha dichiarato lo stesso commissario Lissoflski . E diciassette miliardi di deficit , pensate , pensate , piangete , piangete , o cuoricini di burro alberganti nei seni di zucchero filato delle tenere Perpetue o dei sentimenti curati ! Vade retro , o comunismo , qua l ' aspersorio contro il Soviet ; crudeli e nefandissimi mostri apocalittici , giammai fascinerete le tenerissime Perpetue , giammai udrete Te Deum in vostra gloria ! Quando mai apparve sulla incruenta terra una macchina di strage , un flagello distruttore di vite e di miliardi , così orripilante come la Rivoluzione soviettista ? Cos ' è stata la strage degli Albigesi ? Un gioco da giardino d ' infanzia : e , per carità , non pensate mica che Innocenzo papa sia stato un precursore dell ' " intuizionismo " , quando predicava di uccidere , di uccidere , poiché tanto il Signor Iddio Misericordioso avrebbe , egli , nel suo onnisapere , sceverato la bianca agnella dalla pecora tignosa ; dimostrerete di essere solo un volgare anticlericale , senza rudimento alcuno di teologia e di catechismo . Cos ' è stata la guerra dei contadini in Germania ? Un giocattolo di Norimberga , sebbene si affermi abbia distrutto dodici milioni di vite umane . Cosa sono state le distruzioni di fiamminghi , di Incas , e di marrani commessi dai cattolicissimi re spagnoli ? Servizi alla santa religione sono stati , corvées devotissime di vassalli del Signor Nostro Onnipotente Gesù Cristo . Cosa sono i dieci milioni di morti e dieci milioni di invalidi e mutilati , eredità della guerra che Sua Santità Benedetto ha definito " inutile strage " , ma che il " Momento " crede utilissima , poiché Sua Santità è Pontefice della Chiesa Cattolica , mentre il " Momento " è solo organo del Partito popolare italiano ? Cosa sono i venti milioni di morti per grippe o febbre spagnola , o peste polmonare , ossia peste di guerra , determinata e propagata e coltivata dalle condizioni create e lasciate dalla guerra ? Cosa sono le migliaia e migliaia di creature umane che muoiono quotidianamente di fame , di scorbuto , di assideramento in Romania , in Boemia , in Armenia , in India , per accennare solo a paesi amici dell ' Intesa ? Cosa sono gli ottanta miliardi di deficit del bilancio Italiano , i centoventi miliardi del bilancio francese , i duemila miliardi di danni determinati dalla guerra ? Cosa sono stati i cinquecentomila russi sterminati dal governo zarista nella repressione dei Soviet del 1905 ? Cosa farebbero i ventimilioni di russi che verrebbero sterminati se trionfasse la controrivoluzione dei generali Krasnof , Denikin e Kolciak , gli amici dell ' Intesa che fanno impiccare ed esporre per tre giorni un operaio su dieci dei paesi che riescono a riconquistare , gli amici dell ' Intesa che spediscono a Pietrogrado vagoni piombati di soldati soviettisti tagliati a pezzettini ? Cosa sono , cosa sono ? ... Bazzecole , piccolezze , azioni magnanime , in confronto di 13.700 fucilati e 17 miliardi di deficit . La rivoluzione sociale è il flagello , è il mostro apocalittico . Cos ' è , cosa vale infatti una vita proletaria in confronto di una vita borghese ? Studiate economia , che diamine ; un borghese vale almeno diecimila proletari ; i 13.700 fucilati dai Soviet valgono dunque 137 milioni di proletari e non sono 137 milioni di proletari che il capitalismo internazionale ha svenato per i suoi affari , per concimare le sue messi . Piangete , piangete , dunque , tenerissime Perpetue e sensibilissimi curati del Piemonte , e non lasciatevi fascinare dal comunismo , dal Soviet , dalla rivoluzione sociale .
Di Giacomo Salvatore ( Vergani Orio , 1949 )
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Cerco di ritrovare , per le vie di Napoli , la figura di Salvatore Di Giacomo . Mi dice un amico : « Sta nell 'aria...» . Si guarda attorno , fa un cenno , indica qualcosa con un gesto circolare . È vero . Sta nell ' aria , il suo monumento è la strada di Napoli , il vicolo di Napoli , è la « tavernella » , è il « munasterio » è il « funndeco » di Napoli : è il sole , è l ' acqua , è lo scoglio , è il pino di Napoli . Bellissima convinzione : un po ' retorica . Napoli non ha fatto molto per il suo poeta . Gli ha dedicato una strada verso Posillipo e una lapide sotto alla finestra di « Marechiare » in ricordo di quella canzone tanto bella , scritta a diciotto anni , e la cui fama , mi hanno detto , un po ' lo infastidiva . Le proposte per onorare Di Giacomo non sono mancate : intelligenti , affettuose , entusiastiche . Si partì dalla semplice idea di un busto , si arrivò a quella di dedicare al suo ricordo un boschetto o una esedra arborea sul colle di Posillipo . Altri propose che le sue spoglie fossero collocate accanto a quelle di Giacomo Leopardi ; e subito qualcuno ricordò , sia pure a bassa voce , i dubbi sull ' autenticità delle ossa di Leopardi , di quel povero scheletro cui mancherebbe addirittura la testa . Città , più dolorosa che lieta , mi pare Napoli , piena di crucci , di affanni , di disastri cui è difficile rimediare . Le perle e le melanconie dei vivi sono tante che forse non si ha tempo di pensare a quelle dei morti , che forse vivono già nell ' eterna serenità . Un anno dopo la morte del poeta una lapide , è vero , fu collocata sulla casa dove era nato . Poi venne la guerra e vennero le incursioni aeree . Quella casa è stata colpita , è crollata , per un miracolo era rimasto in piedi il pezzo di muro dove era collocata la lastra di marmo . In mezzo a quello sfacelo e sotto le altre incursioni , la lapide restava , alla meglio , appiccicata a quel rudere . Poi cadde anche lei ; sparì : non si sa , naturalmente , dove sia andata a finire . Anche al numero 107 di via Santa Lucia , dove abitò gli ultimi anni della sua vita , di fronte a quella chiesa della Madonna della Catena dove vanno a pregare tutte le donnette del quartiere , il cui nome ricorre in ogni poesia e in ogni canzone napoletana , non c ' è un segno di ricordo . Forse era fatale che fosse così . Non si possono trasformare in musei degli appartamenti piccolo - borghesi , come quello in cui visse Di Giacomo , come tutti gli altri scrittori del suo tempo e non solamente napoletani . Non avevano , quegli scrittori , ville , eremi , Capponcine e Vittoriali . In una casa con cento finestre , come si può « eternare » la finestra di un poeta ? Mi dicono : « È nell 'aria...» . Di Giacomo ha i suoi fedeli , che credo siano tutti , o quasi , gente fra i cinquanta e gli ottant ' anni , legati al suo ricordo , oltre che dalla grandezza della sua poesia , anche da una certa nostalgia per la Napoli della loro gioventù , la « vecchia Napoli » , la cui vita intellettuale dava ancora dei punti a quelle di tutte le altre città italiane . Leopardi l ' aveva esaltata , moribondo , con il canto della Ginestra : Francesco De Sanctis aveva fatto da Napoli il dono all ' Italia intera di quella Storia della letteratura che , all ' Italia unita da pochi anni , aveva fatto per la prima volta intendere l ' unità dello spirito italiano attraverso i secoli . A suo modo , l ' Ottocento intellettuale di Napoli assomigliava , nella varietà e nella fecondità dei suoi aspetti , all ' Ottocento di Parigi , a quello che fu chiamato lo « stupido » Ottocento ' e che era invece - ce ne accorgiamo adesso a metà del Novecento - il prodigioso Ottocento . È probabile che Di Giacomo debba essere spogliato di un suo fogliame ottocentesco , liberato da una sorta di macchiaiolismo per far venire in luce tutto ciò che giustamente di virgineo e di greco fu trovato nella sua arte ed in talune sue illuminate sillabazioni di fremiti e sussurri . Fatto il lavoro di cernita , spogliata l ' ammirazione per lui del fatto affettuoso , il poeta resterà , e certamente in molte parti grandissimo e di misura italiana fra le più nobili . Segno di questa sua vitalità e di questa sua insostituibilità è il fatto che , a Napoli , per chi arriva da fuori , il suo nome e la sua opera sono ancora il miglior punto di orientamento quando ci si accorge subito che , dopo di lui , non è più il caso di parlare di « poesia napoletana » , essendo ormai spenti anche tutti i suoi rivali e i suoi epigoni . È nell ' aria anche un ' eredità non raccolta nel paese dove i Russo , i Bovio , i Murolo non hanno avuto una discendenza , né si pretende che possano averla , poiché anche la poesia ha le sue stagioni e non si può farla rinverdire artificialmente . Quella cara stagione è finita , quel giardino è chiuso : ma lo sentite come , dietro al muricciolo , profumano ancora i fiori della poesia di Di Giacomo ? Sono andato , una sera dopo il tramonto , a salutare la vedova del poeta , donna Elisa Di Giacomo , nella sua casa affacciata sui giardini della Riviera di Ghiaia . Donna Elisa era di almeno vent ' anni più giovane del poeta - bibliotecario quando , studentessa di lettere , andò da lui , in biblioteca , per chiedergli alcuni consigli su una tesi di laurea . Fu lei che , furtiva , depose sul tavolo del poeta un mazzolino di viole o di ciclamini . Salvatore viveva con la madre , era un vecchio ragazzo sentimentale e inquieto , molto timido forse sotto il suo largo cappello alla guappa . La studentessa dovette attendere assai prima che il poeta riuscisse a compiere il gran passo . Passeggiavano al sole , per via Caracciolo . Ad una parete della stanza c ' è un ' istantanea in cui la signorina Elisa ha tutta la grazia di un tempo in cui il sorriso della donna che si teneva a braccio del suo futuro sposo aveva la luce di un sentimento che oggi può sembrare ottocentesco e che si chiama Fiducia . Prima di diventare la sposa , fu la donna della poesia di Don Salvatore , quella dei malinconici struggimenti e degli inquieti sospiri , quella che a maggio saliva alla tavernella ' ncopp ' Antignano . Stamno a na tavulclla / tutte e dduie . Chiavo chiano / s ' allunga sta manella / e m ' accarezza ' a mano ... Adesso la signorina Elisa di un tempo è Donna Elisa , la professoressa che è andata quest ' anno in pensione , sottile nella figura , arguta nel volto . Vive sola al secondo piano di uno dei tanti vecchi solenni palazzi nobili di Napoli che hanno tutti , nel cortile e negli scaloni semibui , non so quale aria conventuale . In un nobile silenzio , vive con le finestre aperte su questa Napoli molto affettuosa ma - penso io - un po ' distratta , la buona signora che si vide morire fra le braccia , con lunghi anni di malattia , il vecchio poeta intristito . Questa è la Madonna di Di Giacomo : e quello lì , in quel disegno a penna di Paolo Vietri , il genero di Morelli , è lui , come era a diciotto anni .
StampaQuotidiana ,
In molte parti d ' Italia l ' annunzio dell ' entrata delle truppe italiane nell ' Agro Romano è stato festeggiato con luminarie e dimostrazioni popolari . E questo è bene . Il Piemonte ha esultato ma s ' è astenuto finora dal farne pubblica manifestazione con feste speciali . E questa è previdenza . L ' occupazione infatti dell ' Agro Romano è già molto anzi moltissimo ; ma non è né il tutto né il più . Finché il vessillo tricolore non sventola sul Campidoglio , finché l ' esercito italiano non è in Roma come nella Capitale del Regno e col programma dei plebisciti , qui si temon tuttora e incagli e insidie ; qui si teme fra gli altri l ' ostinato sistema dell ' Oasi religiosa del settembrista Minghetti mandato a fare propaganda a Vienna . Queste apprensioni saran vane , saranno esagerate ; ma esistono e consigliano alle popolazioni di stare all ' erta e vigilare perché nell ' ebbrezza d ' entusiasmi anticipati non si accettino convenzioni illusorie e mezzi termini non conformi al diritto plebiscitario . Facendo vivo plauso a questo contegno delle popolazioni noi abbiamo fiducia che il giorno in cui l ' entrata in Roma avrà realmente avuto luogo anche ogni angolo del Piemonte si coprirà di fuochi di gioia . Nessun municipio manchi a questo dovere . Celebrando il compimento della unità nazionale , voi celebrate , o piemontesi , l ' opera più sublime a cui abbiate posto mano ! Il giorno in cui Roma tornerà all ' Italia , negli uomini giusti di tutti i paesi brillerà ( non fosse che per un secondo ! ) un pensiero di riconoscenza pei vostri martiri , per la vostra costanza , per la parola d ' ordine di ROMA CAPITALE D ' ITALIA che voi sapeste irremovibilmente opporre al grande inganno del 64 . Molti furono i giorni d ' amarezza , : molti i disinganni e le individuali evoluzioni ; il ministero di Mentana poté rompere con arti oblique un celebre fascio , e riaprire al Minghetti l ' adito al portafoglio . Ma la sua gioia fu passeggera . Si lusingava d ' aver diviso , imbavagliato il Piemonte , e non era riuscito che ad ingombrare la propria nave di pesantissima zavorra che la traeva a fondo Onore alla costanza piemontese ! Municipio di Torino ! La festa per l ' entrata a Roma ha per te un significato più speciale e più caro . Sii degno di Roma e di te stesso !
IL CARNEFICE E LA VITTIMA ( GRAMSCI ANTONIO , 1921 )
StampaQuotidiana ,
Il governo e la stampa borghese cercano un diversivo per mascherare il fallimento delle trattative di pace tra i parlamentari fascisti e i parlamentari riformisti . Il diversivo è già trovato : il Partito comunista . Il Partito comunista non vuole la pacificazione , il Partito comunista è la causa di tutte le disgrazie e di tutte le sofferenze che si abbattono sul popolo italiano , il Partito comunista è un ' associazione di briganti , di assassini , di delinquenti comuni , il Partito comunista è l ' origine sola del fascismo . Siccome il Partito comunista non vuole la pacificazione , così il governo di Bonomi non può fare a meno di continuare a lasciar fare ai fascisti tutto ciò che ai fascisti farà piacere . Le centinaia e migliaia di depositi di armi e munizioni che i fascisti spesso pubblicamente hanno accumulato non verranno sequestrati . Le mitragliatrici , i cannoni lanciafiamme , i moschetti saranno lasciati ai fascisti . I fascisti potranno ancora sfilare nelle città , incolonnati , col moschetto in spalla , con l ' elmetto in testa , coi tascapane pieni di bombe . Lo Stato non interverrà , non applicherà le leggi , non aprirà le prigioni , non disturberà i giudici . Lo Stato non è , per ciò che riguarda i fascisti , un ' amministrazione delle leggi , un ' organizzazione repressiva e punitiva ; lo Stato non esiste per i fascisti , lo Stato riconosce nei fascisti una autorità indipendente e tratta con loro , da pari a pari , e riconosce loro il diritto , se non avverrà la pacificazione , di continuare impunemente a incendiare , ad assassinare , a invadere città e villaggi , a decretare esili e scioglimenti di pubbliche amministrazioni . C ' è dell ' ironia in questa azione pacificatrice del governo italiano . Chi sarà dunque il custode e il garante del " trattato di pace " ? Chi si fiderà delle parole di un governo che in tal modo , clamorosamente , confessa o di essere impotente o di essere in malafede ? Come farà rispettare la " carta " che dovrebbe essere giurata dai sovversivi e dai fascisti , questo governo che non fa rispettare la carta fondamentale dello Stato giurata dal re al popolo italiano ? I comunisti non parteciperanno certamente a questo " mercato di sciocchi " , non compiranno certamente questo delitto contro il popolo italiano . Non può esserci pace tra il carnefice e la sua vittima , non può esserci pace tra il popolo e i suoi massacratori . Il Partito comunista si assume tutte le responsabilità di questo suo atteggiamento . Sa di diventare il bersaglio della coalizione reazionaria , ma è sicuro che anche se " pacifista " diverrebbe egualmente il bersaglio della reazione coalizzata . La classe operaia italiana ha già visto quanto valgono le parole del governo italiano , dopo lo sgombero delle fabbriche occupate . Non dovevano esserci rappresaglie : a migliaia gli operai sono stati cacciati in galera , e i tribunali sudano sette camicie per imbastire un colossale complotto ; a centinaia di migliaia gli operai sono stati buttati sulla strada a crepare di fame con le loro famiglie . A Torino anche gli operai socialisti hanno già avuto la scottatura per la loro fiducia nella parola dei reazionari : hanno firmato un patto ; oggi è venuta la loro volta , oggi essi vengono licenziati . Chi fa rispettare ai reazionari i patti , le promesse , i giuramenti ? Ma non dimostrano essi , già prima della pacificazione , tutta la loro malafede ? Non è coi comunisti , non è col Partito comunista come piccolo nucleo di individui associati , che la reazione è in collera ; essa è in collera con la classe operaia e contadina , come massa di salariati schiavi del capitale , essa ha paura che la classe lavoratrice nella sua totalità , sia essa comunista , socialista , repubblicana , popolare , oppressa , taglieggiata , affamata , insorga contro i suoi sfruttatori e capovolga gli attuali rapporti di classe . A Ferrara non si era neppure ancora formata una sezione comunista , eppure a Ferrara il fascismo è stato particolarmente feroce . In tutte le zone agricole , nel Polesine , nel Reggiano , nelle Puglie , dove il fascismo ha instaurato il regime coloniale , il Partito comunista , essenzialmente operaio e urbano , aveva scarsissime forze . Dove il Partito comunista era specialmente forte , come a Torino , il fascismo ha tardato fino al mese di aprile ad entrare in campo . La sua aggressività ha coinciso con la crisi industriale , con la serrata della Fiat , ed è apparsa luminosamente come una coordinata tattica della lotta capitalistica contro l ' organizzazione sindacale . Il fascismo non è una particolare associazione , come non è una particolare organizzazione il comunismo : il fascismo non è un movimento sociale , è l ' espressione organica della classe proprietaria in lotta contro le esigenze vitali della classe lavoratrice , della classe proprietaria che vuole , con la fame e con la morte dei lavoratori ricostruire il sistema economico rovinato dalla guerra imperialista . In questa lotta l ' iniziativa appartiene ancora alla classe proprietaria , come al fascismo appartiene l ' iniziativa della guerra civile : la classe lavoratrice è la vittima della guerra di classe e non può esserci pace tra la vittima e il carnefice . Chi oggi vuole trascinare il proletariato alla pacificazione , è già anch ' egli un carnefice : per la pietà che ispirano oggi i dieci uccisi , costoro preparano per domani la strage di mille . Non è neppure pietà cotesta , è ipocrisia vile ; il Partito comunista non vuole essere né ipocrita né vile , appunto perché sente davvero la pietà umana per il destino atroce del popolo lavoratore .
Eleonora Duse ( Vergani Orio , 1954 )
StampaQuotidiana ,
Trent ' anni sono passati dalla sua morte e ormai , in questi tre decenni , sono andati scomparendo quasi tutti coloro che conobbero Eleonora e l ' ascoltarono nel tempo della sua più fervida stagione che , vista adesso nella prospettiva della storia , non sembra sia stata quella dannunziana , anche se questa fu la più folta di eventi e di cronaca . Nel teatro di D ' Annunzio , probabilmente , la Duse esaurì la sua forza vitale non tanto per le vicissitudini di una passione che ebbe molte illuminazioni , ma anche molti disinganni , quanto perché , prima di D ' Annunzio , nei testi che recitava c ' era sempre stata , bene o male , la vita , mentre , dal Sogno di un mattino di primavera in poi , il teatro di Gabriele le offrì più che altro perfettissime parole d ' oro . La Duse apparteneva - o la precedeva di poco - alla generazione del verismo venuta al mondo delle scene italiane quasi in reazione ai tragici paludamenti di Adelaide Ristori e al « velluto » e al « tuono » di Ernesto Rossi e di Tommaso Salvini . La famiglia da cui usciva era di attori dialettali , originariamente chioggiotti : figli cioè di una razza popolana in cui le tradizioni fondamentali sono quelle della povertà e della delusa melanconia . Agli attori dalle voci d ' oro e dai polmoni di bronzo che essa avrebbe dovuto considerare i suoi maestri , sembrò sempre una « nevrotica » , una creatura debole e inquieta . Essi erano abituati a dar voce ai giganti : a Ree Regine , e non a gente di tutti i giorni , i cui sentimenti non erano di misura « eroica » , ma , tutt ' al più , di drammaticità quotidiana . Tommaso Salvini , titano della scena ottocentesca , la collocava un gradino più in alto di Sarah Bernhardt , che egli considerava una « meticcia » perché , non figlia d ' arte , e come tale , quasi quasi , una grandissima dilettante . Alla Duse , anche come figlia d ' arte , riconosceva il diritto d ' esser considerata un ' attrice « di razza » , ammirevole in un preciso gruppo di caratteri , dai quali la consigliava di non uscire mai , ammirevole nell ' esprimere l ' amore contrastato , la gelosia , il dispetto , il rancore , la recriminazione repressa dei torti ricevuti , il rammarico o un intenso dolore , ma non adatta ai sentimenti « alteri , grandi , maestosi » . Attrice della realtà drammatica borghese e non della misura tragica , attrice che , spiritualmente e tecnicamente , precedeva il gusto del Théâtre Libre alla Antoine , l ' incontro con D ' Annunzio la convinse di aver trovato l ' approdo al porto di un superiore teatro di poesia . L ' inchiostro del giudizio di Tommaso Salvini , che contiene forse non pochi elementi di saggezza , era ancora fresco quando , nel 1898 , con il Sogno di un mattino di primavera , Eleonora pensò di salire un gradino più in alto del suo destino di interprete di anime « borghesi » . A trent ' anni dalla sua morte , gli spettatori contemporanei della sua grande stagione sono tutti scomparsi . Restano , fra i critici e gli storici del teatro , solo coloro stessi che l ' hanno udita quasi esclusivamente nel periodo dannunziano e hanno dovuto aspettare il suo ritorno alle scene nel 1921 , ormai stanca e canuta , per riscoprirla , dopo quattordici anni di « esilio » , negli accenti del dramma ibseniano e del realismo venato di patetico romanticismo di Praga . Nel tempo della riscoperta della Duse - e della sua scoperta per gli spettatori che avevano poco più di vent ' anni quando essa uscì dal suo lunghissimo silenzio - la sua leggenda era già formata . Da una parte , c ' era il gruppo degli anziani e dei vecchi che , pur ammirandola , l ' avevano definita « nevrotica » e « pososa » , dall ' altra quelli che , parteggiando per il suo lungo e dolente romanzo d ' amore e per il sacrificio ch ' essa aveva fatto al sogno di un teatro « di poesia » - termine su cui è difficilissimo intendersi - parlavano di lei come della « santa » e della « martire » . Solamente Santa Teresa di Lisieux , solamente Bernadette hanno avuto biografi esaltati e lagrimanti come lo furono , per la Duse , il francese Schneider e Matilde Serao . D ' Annunzio stesso , che per una fatalità di temperamenti l ' aveva così mal compresa , l ' aveva chiamata « la Divina » . Le ciocche dei capelli bianchi quasi incolte , la vita in ombra per tanti anni , una vaga aspirazione religiosa , il suo sognare di essere maestra di giovani , la sua povertà nomade dall ' uno all ' altro rifugio segreto , la sua dichiarazione , una volta , di voler recitare solamente invisibile , per dar voce alle marionette del Teatro dei Piccoli nella Tempesta di Shakespeare , la sua riluttanza a mostrare il volto all ' obbiettivo di Cenere perché per lo schermo dovevano bastare le sue sole mani , le sue lettere scritte in inchiostro viola , a velocità frenetica , disseminate di puntini di sospensione e di sottolineature , i veli quasi monastici e vagamente languidi dei suoi cappellini estivi , la sua gracilità , la sua tosse , la sua febbre erano tutti elementi della leggenda alla quale si affacciarono nel 1921 gli spettatori poco più che ventenni . Si andava a sentire una donna o una santa ? Dovevamo pensare al suo lontano passato di donna o dimenticarlo ? Dovevamo vederla solo come avesse avuto il capo coperto dalla cenere dei deludenti fuochi dannunziani ? La fortuna ci aiutò : la donna che , tra il 1895 e il 1921 , aveva dato se stessa , con l ' arte prima e poi con il silenzio , a D ' Annunzio , ci apparve senza le tracce e senza le cicatrici gloriose del suo sacrificio alla « bella parola » che tanto a lungo l ' aveva incantata . Ci apparve , nella Donna del mare e nella Porta chiusa , la donna che essa era stata nelle sue giovanili ore grandissime , tutta immersa nella Vita , in un suo trasumanato realismo . E non ci sembrò una semplice coincidenza che Eleonora fosse nata nel 1859 , tre anni dopo che Flaubert aveva messo al mondo Madame Bovary . Emma è del 1856 , Eleonora del 1859 . Si può imputare alla Duse d ' avere creduto , oltre che alla sua nativa realtà poetica , in una poesia al di fuori del « vero » che le sembrò più alta della prima , e di non aver inteso la differenza tra « cosa » e « parola » ? Non era caduto nello stesso errore Flaubert , scrivendo la rimbombante Salammbô e le Tentazioni di Sant ' Antonio ? La sua crisi e il suo dramma segreto furono una crisi e un dramma di valutazioni sbagliate sotto l ' impeto di un entusiasmo d ' amore . Figlia della grande generazione della Bovary , dobbiamo stupirci che essa , ad un certo momento , abbia creduto più nelle « atmosfere » di Francesca e della Città morta che in quelle del realismo e del naturalismo in cui , con reazione antiromantica , era nata ? Essa fu certamente l ' unica attrice degna di essere definita « flaubertiana » , la grande sorella italiana di Emma Bovary e , facendo un passo più avanti nel tempo , di Anna Karenina . Ebbe maestri ? Figlia di attori oscurissimi , sua prima maestra fu certamente la povertà dei nomadi che le dette la coscienza di quel dovere ch ' essa chiamò , umilmente , il lavoro . Forse , nell ' infanzia e nella prima adolescenza recitò anche diversamente da come le avrebbe comandato il suo istinto , così come volevano attorno a lei la voce e la cadenza dei compagni . Nessuno pensava che si avvicinasse il tramonto del tempo romantico , e fanciulla , dicendo quasi senza capirle le battute dei grandi testi d ' amore , un ' eco romantica passò nella sua voce . Nelle tragedie come la Francesca da Rimini di Silvio Pellico , giovinetta , declamò come poi non fece mai . La liberazione del suo istinto cominciò con le parole di Giulietta , nel dialogo d ' amore con Romeo , con una rosa sfogliata quasi ad ogni parola . La morte della madre le aveva aperto l ' anima alla verità del dolore . Negli anni del suo debutto , quella di Eleonora è una storia di stenti , di lunghe miserie , di molta autentica fame , di abiti poverissimi , di teatri squallidi , di inverni gelidi , di lunghi notturni estenuanti colpi di tosse . Era piccola , magra , bruna , fu detto , come una calabrese . Talvolta la sua gracile bellezza fioriva in un improvviso turgore dell ' adolescenza , ma poi già si velava d ' ombre , si scavava intensamente nelle guance dagli zigomi risentiti . L ' alto arco delle sopracciglia sembrava , sugli occhi vasti , profondi , un nido di interrogazioni . Ebbe in verità , come le maschere del Teatro Antico , due volti : l ' uno forte , sereno , anche ridente , perché non sempre la sua anima era solamente dolore ; l ' altro scolpito con i segni della delusione come in una cera scura , nella cera della sofferenza . Il volto della Locandiera il primo : quello della Signora delle camelie , il secondo . Illusione e delusione furono in modo sovrano le due espressioni dominanti di quel viso che diventò celebre in tutto il mondo ; reclinato e come concentrato sulla fiamma di un sorriso che dava un fremito alla bella bocca ampia : in alto nelle interrogazioni del dolore come sotto al soffio di un vento che volesse tutto rimodellarlo , in un sospiro o in un gemito . Diventò donna , e recitò tutto . Non poteva permettersi una scelta , né di compagni né di repertorio . Pareva dovesse restare sempre una genericuccia , dicevano che non aveva voce né scatto né energia di dizione : pareva non avesse mestiere , e tanto meno , davanti a sé , un destino . A Trieste il pubblico fu duro : chiese che venisse cancellata dalla locandina . Poi fu un primo passo avanti , recitando vicino al Belli - Blanes , a Giovanni Emanuel , a Giacinta Pezzana , a Cesare Rossi . A Napoli , una sera , il pubblico ebbe l ' impressione di vedere per la prima volta in scena la vera Ofelia che andava verso la morte . Rossi , Emanuel , Giacinta Pezzana sono i primi maestri , e subito la Duse diventa una loro pari . Eleonora è portata dalla sorte a non dovere più ripetere l ' accento dei vecchi modesti compagni che andavano orecchiando di maniera le intonazioni e il gesto dei grandi attori romantici come Salvini e la Ristori . Rossi , Emanuel e la grandissima Pezzana le confermano che il teatro ha una voce nuova , che cammina verso una verità più meditata , più acuta , più intensa . L ' attrice che reciterà Teresa Raquin scoprirà che il romanticismo è finito e che il « vero » sta arrivando alla ribalta . La sua ansia di verità non chiede altro . Scoperta la via , riconosce che è quella verso cui la portava il suo istinto e su cui la guida la sua giovanile meditazione . Viene l ' ora di quelle che saranno le prime grandi creazioni : cominciano gli anni vertiginosi della Principessa di Bagdad , della Moglie di Claudio , della Signora delle camelie . A ventitré anni qualcuno la paragonava già alla Bernhardt . Amò . Ma l ' uomo della leggenda era ancora un giovinetto e apparve quando già la giovinezza di Eleonora cominciava a sfiorire . Amò come ogni altra donna uomini della sua vita di tutti i giorni : un giornalista napoletano : la lasciò con un figlio in grembo che doveva morire nascendo . Fu sposa , ma senza torridi fuochi d ' amore , di un compagno d ' arte , Tebaldo Checchi . Amò , con un improvviso ardore , il compagno d ' arte Flavio Andò che recitava con lei nella Signora delle camelie . Per lui creò il grido « Armando ! Armando !...», che diventò leggenda . Ma di tutto questo , sia nelle illusioni che negli errori - come il distacco dal marito che lasciò a lei la cura della figlia Enrichetta - si parlava , a quei tempi , a bassa voce . La storia dei « palpiti » della giovane attrice , che sta già conquistando la sua celebrità nel mondo , non giunge che sommessamente al di là del sipario . Non diventa cronaca . Di amore , per lei , devono parlare palesemente al mondo solo i personaggi , ed ecco la Duse creare , come forse nessuno prima di lei aveva potuto , il personaggio a cento volti che sarà per tutta la vita quello della grande innamorata . La donna , insomma , in funzione della passione , della gelosia , del peccato , della espiazione , dell ' abbandono quasi allucinante del cuore e dei sensi : in funzione anche della perfidia , della civetteria , della crudeltà . Non più l ' eroismo modellato dalle grandi voci del romanticismo , ma quello della quotidiana verità della natura umana . Verismo o cosiddetto verismo ? In molti casi , si tratta di teatro borghese , adattamento « domenicale » della verità , in modo persino vieto e frusto . La Duse non amò le Odette e le Fernande . Ma essa sapeva essere più in alto dei testi che recitava , più forte delle « battute » e delle « scene madri » , perché il suo lavoro era fatto tutto di approfondimento nell ' interno del personaggio , o , come amava dire , nelle sue « fodere » . Cosa trovava là dentro ? Trovava se stessa , il suo io di donna sempre pronto a rivelarsi e a moltiplicarsi in cento aspetti . Non più adattamento da teatro domenicale , ma una sua verità che poteva assomigliare , appunto , a quella di Emma Bovary o di Anna Karenina . L ' ansia per un « vero » fatto di poesia e di meditazione l ' agita sempre più intensamente . Su questa strada arriverà a Ibsen , e sarà un giorno , a trent ' anni , l ' interprete di Casa di bambola . Aveva già amato un poeta . Ma l ' amore per Boito fu probabilmente l ' unione con un « compagno d ' intelligenza » . L ' attrice è celebre ormai in tutto il mondo quando incontra quello che sarà l ' uomo del suo destino . Per D ' Annunzio fu « obbedienza infiammata » . Non si vuole fare il processo al « superuomo » . Ella stessa non lo fece mai . Sognò per lui ogni impresa , affrontò ogni sacrificio , lo stimolò a creare , lo difese contro il pubblico , modificò il proprio stile per adattarlo alla sua parola , perdonò certe pagine del Fuoco che l ' avevano amareggiata . Per lui , più giovane di cinque anni , la Duse combatte la battaglia d ' amore della donna che sente già la propria giovinezza dileguare . Di volta in volta , si esalta e si rattrista e in segreto si umilia . Vuole amare le cose che egli ama , leggere i libri ch ' egli legge , prediligere le pitture , i luoghi , le spiagge che quel gran « cicerone » le fa conoscere . Anch ' egli l ' ama , ma non con devozione eguale . La Duse ha quarantacinque anni , quando D ' Annunzio scrive la Figlia di Jorio . Ma il canto disperato di Mila non sarà più per lei dal momento in cui l ' attrice scopre che il castello dell ' amore si è incenerito e che davanti all ' inganno bisogna uscirne come una donna velata . Sono , adesso , ancora nuove strade , nuovi viaggi , nuove esperienze nei nomi di Ibsen , di Maeterlinck , di Gor ' kij . Essa è sempre più « l ' attrice del mondo » , pallida malata , con un viso da esilio per un dolore di cui non parla mai . Si ritira . Comincia il grande silenzio . Quattordici anni e la povertà le dice : « Bisogna ritornare ... » . Ormai la sua salute è minata , un filo d ' aria fredda basta a ferirla . La sera del grande ritorno una specie di galleria di tela si dice la protegga dalle correnti d ' aria quando esce dal camerino per entrare in scena . Ha i capelli bianchi , non ha voluto nemmeno un filo di cipria « per non mentire » . I fiori saranno , da allora in poi , sempre per una chiesa . « Dammi , Signore , un cuore vigilante in modo che nessun pensiero estraneo mi porti lontano da te ... » , diceva una preghiera che le era cara . Ormai era tutta nella fede . Ancora l ' Europa , ancora l ' America , sempre più stanca , sempre più fragile , finché basta uno scroscio di pioggia , sulla porta chiusa del teatro di Pittsburgh , per spegnerla . Così basta poco per morire alle bambine malate del paese dei suoi avi sui canali di Chioggia battuti dal vento dell ' Adriatico , là nel paese dove , a quattro anni , aveva recitato la parte di Cosetta in una riduzione dei Miserabili .
TORINO, 21 SETTEMBRE ( - , 1870 )
StampaQuotidiana ,
L ' Unità Nazionale è compiuta ; l ' Italia ha la sua Capitale naturale ! VIVA ROMA ! VIVA L ' ITALIA ! VIVA L ' ESERCITO LIBERATORE ! La notizia della liberazione di Roma cominciò ieri a spargersi , ma incerta ancora , dopo le due pomeridiane . Dopo le quattro essa si diffuse dovunque ma ancora con qualche restrizione , con qualche dubbio angoscioso . Alle sei il dispaccio dell ' Agenzia - Stefani annunziò la vittoria definitiva , e quasi contemporaneamente l ' autorità politica s ' affrettava a confermarla anch ' essa al Municipio . Un grido di gioia proruppe da ogni petto . Mancava il tempo a dimostrazioni regolari , ma poco monta ; l ' esultanza d ' un popolo sa immaginare . VIVA ROMA !
LA GUERRA È LA GUERRA ( GRAMSCI ANTONIO , 921 )
StampaQuotidiana ,
Comprendere e saper valutare con esattezza il nemico , significa possedere già una condizione necessaria per la vittoria . Comprendere e saper valutare le proprie forze e la loro posizione nel campo di lotta , significa possedere un ' altra importantissima condizione per la vittoria . I fascisti vogliono evidentemente anche a Torino sviluppare fino in fondo il piano generale che ha procurato facili trionfi nelle altre città . Sono stati chiamati contingenti forestieri ( bolognesi , truppe scelte , allenate ) . Sono state intensificate le passeggiate dimostrative , con i propri effettivi inquadrati e incolonnati militarmente . Si ripetono incessantemente le convocazioni improvvise degli aderenti , con l ' ordine di recarsi armati ai convegni : ciò che serve a creare l ' aspettazione di eventi misteriosi ed a determinare così la psicologia della guerra . Le voci allarmistiche vengono diffuse a profusione ( " il primo ucciso sarà uno studente socialista , incendieremo " L ' Ordine Nuovo " , incendieremo la Camera del lavoro , incendieremo la libreria dell ' Act " ) . E ' questo un espediente che si propone due scopi : disgregare le forze proletarie , col panico e con la snervante incertezza dell ' attesa , determinare nei fascisti l ' abitudine dell ' obiettivo da raggiungere . Avranno i fascisti di Torino il facile trionfo che hanno avuto nelle altre città ? Osserviamo intanto che l ' aver domandato aiuti fuori , è una prova della debolezza organica del fascismo torinese . A Torino i fascisti si appoggiano e possono appoggiarsi su una sola categoria della classe piccolo borghese : la categoria degli esercenti , non certo famosa per sublimi virtù guerresche . La classe operaia torinese è certo moralmente superiore ai fascisti e sa di essere moralmente superiore . I controrivoluzionari della Confederazione generale del lavoro vanno affermando ( per avvilire la massa e toglierle ogni capacità di offesa e di difesa ) che gli operai , non avendo fatto la guerra , non possono combattere e vincere il fascismo sul terreno della violenza armata . Per ciò che riguarda Torino , questa affermazione disfattista e controrivoluzionaria è falsa anche obiettivamente . Gli operai torinesi hanno queste esperienze " guerresche " : sciopero generale del maggio 1915 , insurrezione armata di cinque giorni nell ' agosto 1917 , azione manovrata di grandi masse del 2-3 dicembre 1919 , sciopero generale con episodi di tattica irlandese e sviluppo di un piano strategico unitario nell ' aprile 1920 , occupazione delle fabbriche nel settembre scorso con l ' accumulazione di infinite esperienze nell ' ordine militare . Questo quadro obiettivo delle condizioni in cui si svolgerà la lotta ; non ha per nulla lo scopo di attenuare la gravità del pericolo . La classe operaia torinese si trova certo in una buona posizione di guerra , ma nessuna buona posizione può , di per sé , salvare un esercito dalla sconfitta . La buona posizione deve essere sfruttata in tutte le sue possibilità . Guai alla classe operaia se essa permetterà , anche un istante solo , che a Torino i fascisti possano mettere in esecuzione il loro piano , come hanno fatto nelle altre città . La minima debolezza , la minima indecisione potrebbe essere fatale . Al primo tentativo fascista deve seguire rapida , secca , spietata la risposta degli operai e deve questa risposta essere tale che il ricordo ne sia tramandato fino ai pronipoti dei signori capitalisti . Alla guerra come alla guerra , e in guerra i colpi non si danno a patti . Intanto la classe operaia torinese ha già dichiarato , in una mozione del suo partito politico , di considerare i fascisti solo come strumenti di un ' azione che trova i suoi mandanti e responsabilità maggiori in ben altri ambienti . Anche la " Stampa " ha pubblicato ( il 27 gennaio , cinque giorni fa appena ) : " L ' attuale potente organizzazione ( dei fascisti ) è favorita da commercianti , industriali , agricoltori " . Nella guerra e nella rivoluzione aver pietà di dieci significa essere spietati con mille . La classe operaia ungherese ha voluto essere dolce coi suoi oppressori : oggi sconta , e scontano le donne operaie e scontano i bambini operai , la sua dolcezza ; la pietà per i mille ha portato miseria , lutto ; disperazione a milioni di proletari ungheresi . I colpi non si danno a patti . Tanto più implacabili devono essere gli operai , in quanto non c ' è proporzione tra i danni che subisce la classe operaia e i danni che subiscono i capitalisti . La Camera del lavoro è il prodotto degli sforzi di molte generazioni di operaie . E ' costata sacrificio e stenti a centinaia di migliaia di operai , è l ' unica proprietà di centomila famiglie operaie . Se essa viene distrutta , sono annientati questi sforzi , questi sacrifici , questi stenti , questa proprietà . La si vuol distruggere per distruggere l ' organizzazione , per togliere all ' operaio la garanzia del suo pane , del suo tetto , del suo vestire , per togliere questa garanzia alla donna e al figlio dell ' operaio . Pericolo di morte per chi tocca la Camera del lavoro , pericolo di morte per chi favorisce e promuove l ' opera di distruzione ! Cento per uno . Tutte le case degli industriali e dei commercianti non possono salvare la casa del popolo , perché il popolo perde tutto se perde la sua casa . Pericolo di morte per chi attenta al pane dell ' operaio , al pane del figlio dell ' operaio . La guerra è la guerra : chi tenta l ' avventura deve provare il duro morso della belva che ha scatenato . Tutto ciò che l ' operaio ha creato col soldino del suo sacrificio , tutto ciò che le generazioni operaie hanno lentamente e faticosamente elaborato col sangue e col dolore , deve essere rispettato come cosa sacra . Scoppia la tempesta e l ' uragano quando si commettono sacrilegi , e travolge i colpevoli come pagliuzze . Pericolo di morte per chi tocca la proprietà dell ' operaio , dell ' uomo condannato a non aver proprietà . La guerra è la guerra . Guai a chi la scatena . Un militante della classe operaia che debba passare all ' altro mondo , deve avere nel suo viaggio un accompagnamento di prima classe . Se l ' incendio arrossa il pezzo di cielo di una strada , la città deve essere provvista di molti bracieri per riscaldare le donne e i figli degli operai andati in guerra . Guai a chi scatena la guerra . Se l ' Italia non è abituata alla serietà e alla responsabilità , se l ' Italia non è abituata a prendere sul serio nessuno , se l ' Italia borghese si è per caso formata la facile e dolce persuasione che neppure i rivoluzionari italiani sono da prendere sul serio , sia lanciato il dado : siamo persuasi che più di una volpe lascerà la sua coda e l ' astuzia nella tagliola .