StampaQuotidiana ,
La
società
contemporanea
:
una
fiera
rumorosa
di
uomini
in
delirio
;
nel
centro
della
fiera
una
giostra
che
rotea
turbinosamente
,
fulmineamente
.
Ognuno
dei
presenti
vuol
saltare
in
groppa
a
un
lucente
e
ben
bardato
cavallino
,
a
una
sirena
dai
languidi
occhi
;
vuole
adagiarsi
nei
morbidi
cuscini
di
una
carrozzella
.
E
'
un
precipitarsi
disordinato
e
caotico
della
folla
in
tumulto
,
è
un
osceno
acrobatismo
di
arti
scimmieschi
.
Diecimila
cadono
riversi
,
dopo
essersi
fiaccate
le
membra
,
uno
per
diecimila
passa
,
si
aderge
su
questi
corpi
innumeri
,
spicca
il
salto
giusto
,
e
trasvola
nel
turbine
infernale
.
Tu
vuoi
partecipare
alla
gara
.
Hai
probabilità
,
anche
tu
,
di
fortuna
.
Arrivare
significa
diventar
ricco
,
essere
signore
della
vita
,
conquistare
la
propria
libertà
.
Ecco
:
la
libertà
.
Fermiamoci
.
La
ricchezza
non
è
un
fine
,
certamente
;
se
diventa
fine
si
chiama
avidità
(
avarizia
)
.
E
'
mezzo
per
un
fine
:
la
libertà
.
Un
soldo
che
possiedi
,
è
un
soldo
di
libertà
a
tua
disposizione
,
è
un
soldo
di
libera
scelta
.
La
proprietà
è
la
garanzia
che
questa
libertà
sarà
continua
.
La
proprietà
di
una
parte
di
ricchezza
(
strumento
di
lavoro
)
è
possibilità
di
ampliare
ancora
il
dominio
della
personale
libertà
.
Il
diritto
di
eredità
è
la
garanzia
che
la
tua
personale
libertà
sarà
anche
della
tua
prole
,
dei
tuoi
cari
.
Poiché
il
tuo
fine
non
è
un
circoscritto
fatto
materiale
,
poiché
tu
non
sei
un
avido
di
benessere
meccanico
,
ma
di
libertà
,
consegue
che
il
tuo
fine
non
è
individuale
:
è
un
'
immortalità
.
Senti
che
i
tuoi
figli
ti
continueranno
,
come
tu
continui
i
tuoi
padri
,
e
vuoi
garantita
la
libertà
del
tuo
spirito
immortale
.
Questa
immortalità
è
ammessa
dai
laici
,
dai
filosofi
:
essa
appunto
è
dai
filosofi
chiamata
Spirito
,
e
viene
fatta
coincidere
con
la
Storia
,
perché
tutto
umano
,
perché
non
ha
nulla
da
spartire
con
lo
spirito
(
anima
)
trascendente
,
ultraterreno
,
delle
religioni
.
E
'
pura
attività
:
tu
sei
attivo
,
lavori
,
partecipi
dell
'
immortalità
del
lavoro
,
ma
vuoi
vedere
esteriormente
questa
perennità
del
tuo
io
:
la
cerchi
nei
tuoi
discendenti
,
nelle
garanzie
di
libertà
che
loro
assicuri
.
Tutti
gli
uomini
hanno
questa
aspirazione
,
tutti
gli
uomini
vogliono
diventare
proprietari
di
libertà
,
di
libertà
garantita
,
di
libertà
trasmissibile
.
Se
essa
è
il
sommo
bene
,
è
naturale
si
cerchi
di
farne
partecipi
i
propri
cari
,
è
naturale
si
accetti
il
sacrifizio
per
creare
questa
libertà
,
anche
sicuri
di
non
goderla
se
stessi
,
solo
per
assicurarla
ai
propri
cari
.
La
preoccupazione
diventa
in
taluni
casi
così
pungente
da
spingere
al
delitto
,
alla
perversione
,
al
suicidio
.
Madri
si
prostituiscono
per
racimolare
un
peculio
di
libertà
ai
figli
;
padri
si
uccidono
con
l
'
apparenza
della
disgrazia
perché
i
figli
godano
subito
l
'
assicurazione
della
libertà
.
La
libertà
è
solo
un
privilegio
:
ecco
perché
si
manifestano
queste
perversioni
.
La
società
è
una
fiera
:
la
fortuna
è
una
giostra
.
La
maggioranza
deve
necessariamente
fallire
nella
gara
atroce
.
E
'
dunque
essa
non
-
spirito
,
non
partecipa
essa
della
immortalità
della
storia
?
Esiste
la
immortalità
senza
l
'
esteriore
continuità
?
Certo
no
.
Esistendo
,
trasforma
il
mondo
,
suscita
quindi
forme
esteriori
.
Ebbene
,
anche
tu
,
che
non
sei
ricco
,
che
non
sei
capitalista
,
che
non
garantisci
alla
tua
immortalità
nessuna
esteriore
continuazione
di
libertà
,
erediti
e
lasci
un
retaggio
.
Non
saresti
uomo
,
altrimenti
,
non
saresti
spirito
,
non
saresti
storia
.
Bisogna
che
di
questa
verità
tu
abbia
consapevolezza
,
che
questa
consapevolezza
tu
approfondisca
in
te
e
diffonda
negli
altri
.
Essa
è
la
tua
forza
,
è
la
chiave
del
tuo
destino
e
del
destino
dei
tuoi
cari
.
La
proprietà
è
il
rapporto
giuridico
esistente
tra
un
cittadino
e
un
bene
.
Essa
è
dunque
un
valore
sociale
,
puramente
contingente
;
è
garantita
da
tutti
,
che
la
garantiscono
solo
in
quanto
sperano
,
ognuno
singolarmente
,
giungere
a
goderla
.
I
pochi
sono
liberi
,
nel
possesso
dei
beni
,
e
trasmettono
questa
libertà
ad
altri
pochi
,
perché
i
molti
sperano
,
hanno
la
velleità
di
essere
liberi
,
non
ne
hanno
la
volontà
.
La
volontà
è
adeguazione
dei
mezzi
al
fine
,
quindi
è
specialmente
ricerca
di
mezzi
congrui
.
Il
privilegio
della
libertà
sussiste
perché
la
società
è
una
fiera
,
perché
è
un
disordine
perenne
.
La
speranza
che
tu
hai
di
saltare
immediatamente
in
groppa
a
un
cavallino
della
giostra
,
ti
fa
elemento
del
disordine
,
della
perenne
fiera
:
tu
sei
una
rotellina
della
macchina
infernale
che
fa
roteare
la
giostra
:
se
,
nella
gara
,
fallisci
,
tu
sei
causa
del
tuo
fallire
,
se
ti
fiacchi
le
ossa
,
tu
sei
un
suicida
.
Da
elemento
di
disordine
devi
diventare
elemento
d
'
ordine
.
All
'
essere
Immediatamente
(
vaga
speranza
,
probabilità
minima
)
,
devi
preferire
la
certezza
,
anche
se
non
immediata
,
la
certezza
per
i
tuoi
figli
.
Il
fine
rimane
immutato
,
i
mezzi
per
raggiungerlo
sono
i
soli
mezzi
congrui
a
tua
disposizione
:
l
'
associazione
,
l
'
organizzazione
.
Se
la
proprietà
è
solo
un
valore
sociale
,
il
solo
fatto
che
esiste
un
organismo
-
forza
proponentesi
di
renderla
bene
comune
,
garanzia
di
libertà
per
tutti
,
la
trasforma
,
la
rende
aleatoria
in
quanto
privilegio
,
cioè
la
diminuisce
ora
in
pro
della
collettività
,
ne
fa
compartecipe
già
ora
la
collettività
.
Questa
diminuzione
,
questa
compartecipazione
potenziale
è
una
eredità
che
tu
trasmetti
.
Certo
è
più
evidente
,
più
palpabile
l
'
eredità
dei
capitalisti
;
ma
se
rifletti
anche
la
tua
non
è
trascurabile
cosa
.
Anche
tu
hai
un
retaggio
:
i
tuoi
ascendenti
,
che
hanno
fatto
la
rivoluzione
contro
il
feudalismo
,
ti
hanno
lasciato
in
eredità
il
diritto
alla
vita
(
tu
non
puoi
essere
ucciso
arbitrariamente
:
ti
par
piccola
cosa
?
)
,
la
libertà
individuale
(
per
incarcerarti
devi
essere
giudicato
colpevole
d
'
un
crimine
)
,
il
diritto
di
muoverti
per
lavorare
in
una
terra
piuttosto
che
in
un
'
altra
,
a
tua
scelta
,
secondo
la
tua
utilità
.
Godi
una
eredità
più
recente
:
la
libertà
di
scioperare
,
la
libertà
di
associarti
con
altri
per
discutere
i
tuoi
interessi
immediati
e
per
proporti
,
in
comunione
con
altri
,
il
fine
maggiore
della
tua
vita
:
la
libertà
per
te
,
o
almeno
per
i
tuoi
discendenti
.
Ti
paiono
piccole
eredità
queste
?
Esse
hanno
notevolmente
diminuito
il
privilegio
dei
pochi
.
Perché
non
ti
proponi
di
ampliarle
e
diminuire
ancora
,
conseguentemente
,
il
privilegio
?
Queste
eredità
sono
il
frutto
del
lavoro
di
molti
,
non
del
solo
padre
tuo
,
del
solo
tuo
nonno
o
bisnonno
.
Sono
frutto
inconsapevole
,
perciò
piccolo
.
Diventa
tu
consapevole
,
diffondi
la
tua
consapevolezza
:
quale
eredità
superiore
a
quelle
del
passato
non
trasmetterai
tu
all
'
avvenire
?
Quale
più
concreta
sicurezza
di
libertà
per
i
tuoi
figli
,
per
l
'
immortalità
del
tuo
spirito
?
Invece
di
una
proprietà
individuale
,
preoccupati
di
lasciare
maggiore
possibilità
per
l
'
avvento
della
proprietà
collettiva
,
della
libertà
per
tutti
,
perché
tutti
uguali
dinanzi
al
lavoro
,
allo
strumento
di
lavoro
.
Questa
tua
eredità
ha
anch
'
essa
una
forma
esteriore
:
l
'
associazione
.
Quanto
più
forte
è
l
'
associazione
,
tanto
più
vicina
è
l
'
ora
di
riscuotere
allo
sportello
della
storia
.
Chi
riscuoterà
?
Tu
stesso
,
forse
,
per
la
tua
quota
.
Lavora
come
se
il
fine
fosse
immediato
,
ma
non
trascurare
perciò
di
suscitare
mezzi
più
potenti
,
nel
caso
non
fosse
immediato
:
sacrificati
,
perché
tu
pensi
ai
tuoi
figli
,
ai
tuoi
cari
.
Rafforza
le
associazioni
che
hanno
questo
fine
:
liberare
la
collettività
,
dando
a
lei
la
proprietà
della
ricchezza
.
L
'
associazione
economica
ti
garantisce
la
riscossione
quotidiana
dei
benefizi
che
frutta
l
'
eredità
lasciatati
dai
tuoi
padri
nullatenenti
:
rafforzala
con
la
tua
adesione
,
aumenterai
così
l
'
eredità
dei
tuoi
figli
.
L
'
associazione
politica
,
il
Partito
socialista
,
è
l
'
organo
di
educazione
,
di
elevazione
;
per
esso
tu
sentirai
la
collettività
,
ti
spoglierai
dei
tuoi
egoismi
personali
,
imparerai
a
lavorare
disinteressatamente
per
l
'
avvenire
che
è
di
tutti
,
quindi
anche
tuo
e
dei
tuoi
.
Per
esso
metterai
il
tuo
sacrifizio
e
il
tuo
lavoro
con
quello
degli
altri
,
moltiplicandone
il
valore
per
il
valore
del
comune
sacrifizio
.
L
'
associazione
di
cultura
ti
renderà
più
degno
del
tuo
compito
sociale
,
ti
educherà
a
pensar
bene
,
migliorerà
il
tuo
spirito
:
per
essa
parteciperai
al
patrimonio
di
pensiero
,
di
esperienze
spirituali
,
di
intelligenza
,
di
bellezza
del
passato
e
del
presente
.
Diffondi
questa
piccola
verità
:
nella
società
attuale
,
che
è
fiera
,
che
è
giostra
,
tutti
singolarmente
possono
diventar
ricchi
(
liberi
)
,
ma
,
necessariamente
,
solo
pochi
lo
diventano
;
la
ricerca
della
proprietà
,
dell
'
eredità
individuale
ha
uno
riuscito
per
diecimila
falliti
.
I
diecimila
non
falliranno
invece
nella
ricerca
dell
'
eredità
sociale
;
che
si
associno
,
che
da
elemento
di
disordine
diventino
elemento
d
'
ordine
,
e
avranno
avvicinato
di
diecimila
probabilità
il
raggiungimento
del
fine
stesso
.
Intanto
tu
fa
il
tuo
dovere
:
dà
la
tua
parte
di
attività
,
di
spiritualità
al
comune
patrimonio
sociale
attuale
.
lavora
perché
sia
trasmesso
,
migliorato
e
ampliato
,
ai
tuoi
discendenti
:
cura
la
tua
eredità
,
cura
l
'
eredità
che
sola
sei
certo
di
poter
lasciare
.
StampaQuotidiana ,
Ecco
,
davanti
a
me
,
un
viso
«
da
magistrato
»
,
quello
di
Peppino
De
Filippo
.
Trent
'
anni
fa
,
il
viso
di
un
giovanissimo
pretore
di
primissima
nomina
,
che
ha
vinto
pochi
giorni
prima
il
concorso
.
Poi
,
di
anno
in
anno
,
ha
fatto
carriera
:
dal
magistrato
di
Pretura
è
giunto
al
Tribunale
,
è
arrivato
alle
Assise
,
si
avvia
verso
la
Cassazione
:
lo
vedrò
con
la
toga
della
Corte
Costituzionale
:
sempre
magistrato
è
.
Il
viso
un
po
'
assorto
,
in
cui
appare
ogni
tanto
,
pungente
,
un
elemento
di
arguzia
:
un
viso
di
calma
dignità
e
un
poco
timido
:
ogni
tanto
,
nella
vita
,
la
sua
voce
è
insidiata
da
un
trepidare
che
può
sembrar
persino
un
impaccio
d
'
una
breve
parvenza
di
balbuzie
.
Un
magistrato
un
po
'
filosofo
,
che
ha
avuto
l
'
infanzia
non
sempre
comoda
di
tanti
napoletani
:
che
ha
avuto
compagni
di
scuola
molto
poveri
e
che
conosce
a
fondo
,
pietoso
,
le
miserie
dell
'
umanità
.
Dice
giustamente
Peppino
:
«
In
fondo
,
io
ripugno
dal
comico
di
mezza
misura
e
sono
tutto
fuorché
un
"
brillante
"
:
io
sto
tutto
nella
farsa
o
tutto
nella
tragedia
:
e
la
farsa
sta
gomito
a
gomito
con
la
tragedia
...
»
.
Ecco
un
giudizio
da
magistrato
che
non
riesce
a
dividere
gli
uomini
in
due
rigorose
categorie
,
angeli
e
demoni
:
pietoso
per
i
loro
peccati
,
sorridente
e
un
po
'
dubitoso
per
le
loro
virtù
.
Con
questo
spirito
,
il
«
magistrato
»
Peppino
ha
scritto
una
cinquantina
di
commedie
,
con
centinaia
di
personaggi
dell
'
umanità
grigia
,
«
buoni
»
intrisi
di
astuzia
,
sciocchi
con
lampi
di
genio
,
straccioni
con
una
speranza
di
eleganza
,
tristanzuoli
con
una
scintilla
d
'
oro
di
poesia
,
prepotenti
che
se
la
fanno
sotto
,
cornuti
illuminati
da
una
incancellabile
fede
nella
purità
:
una
giornata
di
pioggia
,
un
desiderio
di
sole
;
le
manette
pronte
,
ma
un
sogno
di
guanti
bianchi
.
Attore
dall
'
età
di
sei
anni
-
il
debutto
avvenne
con
la
particina
del
bambino
Peppiniello
in
Miseria
e
nobiltà
-
De
Filippo
potrebbe
raccontare
a
non
finire
storie
di
allegra
,
ma
non
sempre
allegra
,
povertà
.
Era
il
mondo
dei
poveri
guitti
girovaghi
-
aveva
lasciato
la
Compagnia
di
Vincenzo
Scarpetta
-
nelle
province
napoletane
.
Ogni
tanto
,
la
sorte
portava
ad
avventurarsi
fino
nell
'
Abruzzo
e
nelle
Marche
.
Peppino
faceva
un
po
'
di
tutto
:
prosa
,
varietà
,
macchiettista
in
miseri
teatrucoli
,
pianista
in
cinematografi
di
campagna
,
pittore
di
manifesti
-
la
sua
vera
passione
era
quella
della
pittura
-
trovarobe
,
corista
di
operette
.
Fu
in
quegli
anni
lontani
,
addirittura
amministratore
della
piccola
troupe
.
Erano
arrivati
nelle
Marche
a
piedi
,
risalendo
dalle
spiagge
abruzzesi
:
e
si
erano
addentrati
in
una
vallata
verso
Jesi
.
Lassù
,
erano
rimasti
incastrati
in
un
paesello
di
collina
.
Avevano
montato
il
loro
teatrino
ambulante
in
uno
sterrato
fuori
le
mura
:
era
nato
così
un
piccolo
teatro
con
«
comodo
di
fave
»
.
Il
fondale
dava
sulla
campagna
buia
:
in
quel
buio
,
gli
attori
avevano
scoperto
alcuni
campi
di
fave
.
Fra
un
atto
e
l
'
altro
,
scivolavano
giù
dal
rustico
palcoscenico
,
facevano
una
rapida
scorpacciata
di
fave
,
e
poi
,
rinfrancati
tornavano
alla
ribalta
a
recitare
.
Quando
si
trattò
di
ripartire
da
quel
paesello
,
Peppino
scese
verso
Ancona
,
per
trovare
un
teatrino
che
li
ospitasse
.
Era
lui
,
o
no
,
l
'
amministratore
?
Ed
ecco
nella
torrida
estate
,
Peppino
partire
a
piedi
,
accompagnato
dal
«
segretario
»
che
era
totalmente
calvo
.
Ma
perché
i
due
attori
avevano
sulle
guance
una
folta
barba
?
Nera
,
Peppino
,
e
bianca
,
fluente
il
«
segretario
»
,
con
un
paio
di
occhiali
neri
da
povero
cieco
.
Fu
Peppino
a
inventare
,
per
diminuire
la
fatica
della
marcia
,
il
sistema
che
oggi
si
chiama
dell
'
autostop
.
Erano
luoghi
quasi
deserti
.
Ogni
tanto
si
vedeva
arrivare
un
carretto
tirato
da
un
somaro
.
Il
«
segretario
»
si
sosteneva
al
braccio
di
Peppino
,
marciando
curvo
sotto
il
solleone
.
Quando
il
carretto
li
raggiungeva
,
Peppino
indicava
pietosamente
il
vegliardo
:
«
Ci
potreste
dare
un
passaggio
?
»
.
Il
contadino
si
impietosiva
e
li
accompagnava
sino
alla
prima
svolta
,
seduti
sulle
fascine
.
Un
altro
miglio
a
piedi
,
e
poi
spuntava
un
altro
carretto
.
Quando
Peppino
De
Filippo
non
reciterà
più
Le
metamorfosi
di
un
suonatore
ambulante
,
cercheremo
di
raccontare
ai
nostri
figli
e
ai
nostri
nipoti
la
scenetta
in
cui
,
affamatissimo
«
posteggiatore
»
,
cerca
di
vedere
chiaro
in
un
certo
imbroglio
per
il
quale
è
richiesta
la
sua
complicità
.
Il
suonatore
è
napoletano
e
,
come
tale
,
gesticola
vivacemente
:
le
sue
mani
sono
in
continuo
movimento
e
,
ogni
tanto
,
si
protendono
e
restano
sospese
a
mezz
'
aria
.
Gli
interlocutori
credono
che
egli
abbia
finito
di
parlare
,
che
l
'
affare
sia
concluso
e
che
sia
venuto
il
momento
di
salutarsi
:
afferrano
la
mano
del
suonatore
e
la
stringono
cordialmente
.
Il
discorso
,
invece
,
non
è
affatto
finito
.
Bisogna
liberare
quella
mano
e
riprendere
la
conversazione
interrotta
.
Gli
altri
sono
sempre
pronti
a
stringere
,
sul
più
bello
,
la
mano
dell
'
ambulante
che
non
può
frenare
la
sua
mimica
partenopea
e
che
,
se
non
muove
le
mani
,
non
può
parlare
.
La
graduazione
della
sorpresa
,
dell
'
impaccio
,
dell
'
inquietudine
,
che
prende
e
quasi
paralizza
l
'
eloquenza
del
suonatore
ambulante
,
crea
un
«
crescendo
comico
»
forse
ineguagliato
in
questi
ultimi
anni
:
certo
il
più
sottile
e
trascinante
.
Quando
cercheremo
di
riferire
questa
scenetta
ai
nostri
figli
e
ai
nostri
nipoti
stenteremo
a
farci
capire
,
come
non
capivamo
i
nostri
vecchi
quando
ci
parlavano
del
«
gioco
del
ferro
da
stiro
»
di
Eleonora
Duse
nella
Locandiera
o
della
«
scena
del
candeliere
»
di
Ermete
Novelli
nella
farsa
Felice
il
cerimonioso
.
Sono
scoperte
,
gioie
,
sorrisi
di
cui
gode
solamente
«
chi
vede
»
:
intraducibili
per
«
sentito
dire
»
.
Per
questo
,
il
teatro
è
forse
fatto
di
incantesimi
paragonabili
a
quelli
dell
'
amore
,
bellissimi
quando
viviamo
il
nostro
amore
,
mentre
,
se
ci
raccontano
quelli
degli
altri
,
ci
sono
assolutamente
indifferenti
.
StampaQuotidiana ,
Eccoci
al
giorno
solenne
.
Non
è
tempo
di
vane
frasi
.
Riporteremo
bensì
il
sunto
del
memorando
discorso
pronunciato
dal
Conte
di
Cavour
il
giorno
in
cui
la
Camera
votò
che
Roma
Capitale
acclamata
dall
'
opinione
nazionale
fosse
congiunta
all
'
Italia
.
«
Se
noi
,
diceva
in
sostanza
l
'
immortale
statista
,
non
potessimo
far
valere
il
potente
argomento
che
Roma
è
la
Capitale
necessaria
d
'
Italia
,
non
otterremmo
giammai
il
consenso
del
mondo
cattolico
e
della
Francia
da
cui
esso
è
rappresentato
a
Roma
.
«
Supponiamo
infatti
che
la
sede
del
pontefice
non
sia
a
Roma
,
ma
in
una
città
collocata
in
una
provincia
non
del
tutto
necessaria
all
'
Italia
,
p
.
e
.
in
Aquileia
.
Alle
nostre
domande
di
riavere
Aquileia
la
diplomazia
risponderebbe
che
,
non
essendoci
questa
strettamente
necessaria
,
non
franca
la
spesa
di
sconvolgere
l
'
ordinamento
materiale
del
cattolicismo
per
soddisfare
i
nostri
desideri
.
«
Importa
adunque
fondare
le
nostre
ragioni
sulla
considerazione
che
Roma
è
indispensabile
all
'
Italia
come
Capitale
.
«
Egli
è
evidente
che
quando
Roma
sarà
libera
la
quistione
del
trasferimento
sarà
oggetto
di
nuove
deliberazioni
.
Ma
portiamoci
al
giorno
in
cui
si
dovrà
discutere
tra
coloro
che
vogliono
andare
a
Roma
immediatamente
,
e
quelli
che
vogliono
differire
.
Ebbene
se
i
200
deputati
delle
provincie
meridionali
nel
venire
al
Parlamento
si
trovassero
di
passaggio
sur
una
piazza
di
Roma
e
una
forza
irresistibile
li
distogliesse
dal
proseguire
il
viaggio
?
...
»
.
Ai
deputati
delle
provincie
meridionali
la
risposta
a
questa
ipotesi
del
Conte
di
Cavour
!
A
noi
basta
aver
ricordato
in
questo
giorno
il
voto
solenne
che
proclamava
Roma
Capitale
necessaria
d
'
Italia
,
e
rammentate
le
ragioni
principali
di
quel
voto
nazionale
!
StampaQuotidiana ,
I
bilanci
rossi
della
Russia
soviettista
sono
passivi
,
crudelmente
passivi
.
Il
"
Momento
"
ne
piange
come
un
vitellino
,
il
"
Momento
"
ne
soffre
con
tutta
l
'
anima
sua
francescana
.
Pensate
,
pensate
:
13.700
persone
fucilate
al
primo
gennaio
1919
come
controrivoluzionarie
,
senza
contare
quelle
condannate
"
per
intuizione
"
;
pensate
,
pensate
,
lo
ha
dichiarato
lo
stesso
commissario
Lissoflski
.
E
diciassette
miliardi
di
deficit
,
pensate
,
pensate
,
piangete
,
piangete
,
o
cuoricini
di
burro
alberganti
nei
seni
di
zucchero
filato
delle
tenere
Perpetue
o
dei
sentimenti
curati
!
Vade
retro
,
o
comunismo
,
qua
l
'
aspersorio
contro
il
Soviet
;
crudeli
e
nefandissimi
mostri
apocalittici
,
giammai
fascinerete
le
tenerissime
Perpetue
,
giammai
udrete
Te
Deum
in
vostra
gloria
!
Quando
mai
apparve
sulla
incruenta
terra
una
macchina
di
strage
,
un
flagello
distruttore
di
vite
e
di
miliardi
,
così
orripilante
come
la
Rivoluzione
soviettista
?
Cos
'
è
stata
la
strage
degli
Albigesi
?
Un
gioco
da
giardino
d
'
infanzia
:
e
,
per
carità
,
non
pensate
mica
che
Innocenzo
papa
sia
stato
un
precursore
dell
'
"
intuizionismo
"
,
quando
predicava
di
uccidere
,
di
uccidere
,
poiché
tanto
il
Signor
Iddio
Misericordioso
avrebbe
,
egli
,
nel
suo
onnisapere
,
sceverato
la
bianca
agnella
dalla
pecora
tignosa
;
dimostrerete
di
essere
solo
un
volgare
anticlericale
,
senza
rudimento
alcuno
di
teologia
e
di
catechismo
.
Cos
'
è
stata
la
guerra
dei
contadini
in
Germania
?
Un
giocattolo
di
Norimberga
,
sebbene
si
affermi
abbia
distrutto
dodici
milioni
di
vite
umane
.
Cosa
sono
state
le
distruzioni
di
fiamminghi
,
di
Incas
,
e
di
marrani
commessi
dai
cattolicissimi
re
spagnoli
?
Servizi
alla
santa
religione
sono
stati
,
corvées
devotissime
di
vassalli
del
Signor
Nostro
Onnipotente
Gesù
Cristo
.
Cosa
sono
i
dieci
milioni
di
morti
e
dieci
milioni
di
invalidi
e
mutilati
,
eredità
della
guerra
che
Sua
Santità
Benedetto
ha
definito
"
inutile
strage
"
,
ma
che
il
"
Momento
"
crede
utilissima
,
poiché
Sua
Santità
è
Pontefice
della
Chiesa
Cattolica
,
mentre
il
"
Momento
"
è
solo
organo
del
Partito
popolare
italiano
?
Cosa
sono
i
venti
milioni
di
morti
per
grippe
o
febbre
spagnola
,
o
peste
polmonare
,
ossia
peste
di
guerra
,
determinata
e
propagata
e
coltivata
dalle
condizioni
create
e
lasciate
dalla
guerra
?
Cosa
sono
le
migliaia
e
migliaia
di
creature
umane
che
muoiono
quotidianamente
di
fame
,
di
scorbuto
,
di
assideramento
in
Romania
,
in
Boemia
,
in
Armenia
,
in
India
,
per
accennare
solo
a
paesi
amici
dell
'
Intesa
?
Cosa
sono
gli
ottanta
miliardi
di
deficit
del
bilancio
Italiano
,
i
centoventi
miliardi
del
bilancio
francese
,
i
duemila
miliardi
di
danni
determinati
dalla
guerra
?
Cosa
sono
stati
i
cinquecentomila
russi
sterminati
dal
governo
zarista
nella
repressione
dei
Soviet
del
1905
?
Cosa
farebbero
i
ventimilioni
di
russi
che
verrebbero
sterminati
se
trionfasse
la
controrivoluzione
dei
generali
Krasnof
,
Denikin
e
Kolciak
,
gli
amici
dell
'
Intesa
che
fanno
impiccare
ed
esporre
per
tre
giorni
un
operaio
su
dieci
dei
paesi
che
riescono
a
riconquistare
,
gli
amici
dell
'
Intesa
che
spediscono
a
Pietrogrado
vagoni
piombati
di
soldati
soviettisti
tagliati
a
pezzettini
?
Cosa
sono
,
cosa
sono
?
...
Bazzecole
,
piccolezze
,
azioni
magnanime
,
in
confronto
di
13.700
fucilati
e
17
miliardi
di
deficit
.
La
rivoluzione
sociale
è
il
flagello
,
è
il
mostro
apocalittico
.
Cos
'
è
,
cosa
vale
infatti
una
vita
proletaria
in
confronto
di
una
vita
borghese
?
Studiate
economia
,
che
diamine
;
un
borghese
vale
almeno
diecimila
proletari
;
i
13.700
fucilati
dai
Soviet
valgono
dunque
137
milioni
di
proletari
e
non
sono
137
milioni
di
proletari
che
il
capitalismo
internazionale
ha
svenato
per
i
suoi
affari
,
per
concimare
le
sue
messi
.
Piangete
,
piangete
,
dunque
,
tenerissime
Perpetue
e
sensibilissimi
curati
del
Piemonte
,
e
non
lasciatevi
fascinare
dal
comunismo
,
dal
Soviet
,
dalla
rivoluzione
sociale
.
StampaQuotidiana ,
Cerco
di
ritrovare
,
per
le
vie
di
Napoli
,
la
figura
di
Salvatore
Di
Giacomo
.
Mi
dice
un
amico
:
«
Sta
nell
'aria...»
.
Si
guarda
attorno
,
fa
un
cenno
,
indica
qualcosa
con
un
gesto
circolare
.
È
vero
.
Sta
nell
'
aria
,
il
suo
monumento
è
la
strada
di
Napoli
,
il
vicolo
di
Napoli
,
è
la
«
tavernella
»
,
è
il
«
munasterio
»
è
il
«
funndeco
»
di
Napoli
:
è
il
sole
,
è
l
'
acqua
,
è
lo
scoglio
,
è
il
pino
di
Napoli
.
Bellissima
convinzione
:
un
po
'
retorica
.
Napoli
non
ha
fatto
molto
per
il
suo
poeta
.
Gli
ha
dedicato
una
strada
verso
Posillipo
e
una
lapide
sotto
alla
finestra
di
«
Marechiare
»
in
ricordo
di
quella
canzone
tanto
bella
,
scritta
a
diciotto
anni
,
e
la
cui
fama
,
mi
hanno
detto
,
un
po
'
lo
infastidiva
.
Le
proposte
per
onorare
Di
Giacomo
non
sono
mancate
:
intelligenti
,
affettuose
,
entusiastiche
.
Si
partì
dalla
semplice
idea
di
un
busto
,
si
arrivò
a
quella
di
dedicare
al
suo
ricordo
un
boschetto
o
una
esedra
arborea
sul
colle
di
Posillipo
.
Altri
propose
che
le
sue
spoglie
fossero
collocate
accanto
a
quelle
di
Giacomo
Leopardi
;
e
subito
qualcuno
ricordò
,
sia
pure
a
bassa
voce
,
i
dubbi
sull
'
autenticità
delle
ossa
di
Leopardi
,
di
quel
povero
scheletro
cui
mancherebbe
addirittura
la
testa
.
Città
,
più
dolorosa
che
lieta
,
mi
pare
Napoli
,
piena
di
crucci
,
di
affanni
,
di
disastri
cui
è
difficile
rimediare
.
Le
perle
e
le
melanconie
dei
vivi
sono
tante
che
forse
non
si
ha
tempo
di
pensare
a
quelle
dei
morti
,
che
forse
vivono
già
nell
'
eterna
serenità
.
Un
anno
dopo
la
morte
del
poeta
una
lapide
,
è
vero
,
fu
collocata
sulla
casa
dove
era
nato
.
Poi
venne
la
guerra
e
vennero
le
incursioni
aeree
.
Quella
casa
è
stata
colpita
,
è
crollata
,
per
un
miracolo
era
rimasto
in
piedi
il
pezzo
di
muro
dove
era
collocata
la
lastra
di
marmo
.
In
mezzo
a
quello
sfacelo
e
sotto
le
altre
incursioni
,
la
lapide
restava
,
alla
meglio
,
appiccicata
a
quel
rudere
.
Poi
cadde
anche
lei
;
sparì
:
non
si
sa
,
naturalmente
,
dove
sia
andata
a
finire
.
Anche
al
numero
107
di
via
Santa
Lucia
,
dove
abitò
gli
ultimi
anni
della
sua
vita
,
di
fronte
a
quella
chiesa
della
Madonna
della
Catena
dove
vanno
a
pregare
tutte
le
donnette
del
quartiere
,
il
cui
nome
ricorre
in
ogni
poesia
e
in
ogni
canzone
napoletana
,
non
c
'
è
un
segno
di
ricordo
.
Forse
era
fatale
che
fosse
così
.
Non
si
possono
trasformare
in
musei
degli
appartamenti
piccolo
-
borghesi
,
come
quello
in
cui
visse
Di
Giacomo
,
come
tutti
gli
altri
scrittori
del
suo
tempo
e
non
solamente
napoletani
.
Non
avevano
,
quegli
scrittori
,
ville
,
eremi
,
Capponcine
e
Vittoriali
.
In
una
casa
con
cento
finestre
,
come
si
può
«
eternare
»
la
finestra
di
un
poeta
?
Mi
dicono
:
«
È
nell
'aria...»
.
Di
Giacomo
ha
i
suoi
fedeli
,
che
credo
siano
tutti
,
o
quasi
,
gente
fra
i
cinquanta
e
gli
ottant
'
anni
,
legati
al
suo
ricordo
,
oltre
che
dalla
grandezza
della
sua
poesia
,
anche
da
una
certa
nostalgia
per
la
Napoli
della
loro
gioventù
,
la
«
vecchia
Napoli
»
,
la
cui
vita
intellettuale
dava
ancora
dei
punti
a
quelle
di
tutte
le
altre
città
italiane
.
Leopardi
l
'
aveva
esaltata
,
moribondo
,
con
il
canto
della
Ginestra
:
Francesco
De
Sanctis
aveva
fatto
da
Napoli
il
dono
all
'
Italia
intera
di
quella
Storia
della
letteratura
che
,
all
'
Italia
unita
da
pochi
anni
,
aveva
fatto
per
la
prima
volta
intendere
l
'
unità
dello
spirito
italiano
attraverso
i
secoli
.
A
suo
modo
,
l
'
Ottocento
intellettuale
di
Napoli
assomigliava
,
nella
varietà
e
nella
fecondità
dei
suoi
aspetti
,
all
'
Ottocento
di
Parigi
,
a
quello
che
fu
chiamato
lo
«
stupido
»
Ottocento
'
e
che
era
invece
-
ce
ne
accorgiamo
adesso
a
metà
del
Novecento
-
il
prodigioso
Ottocento
.
È
probabile
che
Di
Giacomo
debba
essere
spogliato
di
un
suo
fogliame
ottocentesco
,
liberato
da
una
sorta
di
macchiaiolismo
per
far
venire
in
luce
tutto
ciò
che
giustamente
di
virgineo
e
di
greco
fu
trovato
nella
sua
arte
ed
in
talune
sue
illuminate
sillabazioni
di
fremiti
e
sussurri
.
Fatto
il
lavoro
di
cernita
,
spogliata
l
'
ammirazione
per
lui
del
fatto
affettuoso
,
il
poeta
resterà
,
e
certamente
in
molte
parti
grandissimo
e
di
misura
italiana
fra
le
più
nobili
.
Segno
di
questa
sua
vitalità
e
di
questa
sua
insostituibilità
è
il
fatto
che
,
a
Napoli
,
per
chi
arriva
da
fuori
,
il
suo
nome
e
la
sua
opera
sono
ancora
il
miglior
punto
di
orientamento
quando
ci
si
accorge
subito
che
,
dopo
di
lui
,
non
è
più
il
caso
di
parlare
di
«
poesia
napoletana
»
,
essendo
ormai
spenti
anche
tutti
i
suoi
rivali
e
i
suoi
epigoni
.
È
nell
'
aria
anche
un
'
eredità
non
raccolta
nel
paese
dove
i
Russo
,
i
Bovio
,
i
Murolo
non
hanno
avuto
una
discendenza
,
né
si
pretende
che
possano
averla
,
poiché
anche
la
poesia
ha
le
sue
stagioni
e
non
si
può
farla
rinverdire
artificialmente
.
Quella
cara
stagione
è
finita
,
quel
giardino
è
chiuso
:
ma
lo
sentite
come
,
dietro
al
muricciolo
,
profumano
ancora
i
fiori
della
poesia
di
Di
Giacomo
?
Sono
andato
,
una
sera
dopo
il
tramonto
,
a
salutare
la
vedova
del
poeta
,
donna
Elisa
Di
Giacomo
,
nella
sua
casa
affacciata
sui
giardini
della
Riviera
di
Ghiaia
.
Donna
Elisa
era
di
almeno
vent
'
anni
più
giovane
del
poeta
-
bibliotecario
quando
,
studentessa
di
lettere
,
andò
da
lui
,
in
biblioteca
,
per
chiedergli
alcuni
consigli
su
una
tesi
di
laurea
.
Fu
lei
che
,
furtiva
,
depose
sul
tavolo
del
poeta
un
mazzolino
di
viole
o
di
ciclamini
.
Salvatore
viveva
con
la
madre
,
era
un
vecchio
ragazzo
sentimentale
e
inquieto
,
molto
timido
forse
sotto
il
suo
largo
cappello
alla
guappa
.
La
studentessa
dovette
attendere
assai
prima
che
il
poeta
riuscisse
a
compiere
il
gran
passo
.
Passeggiavano
al
sole
,
per
via
Caracciolo
.
Ad
una
parete
della
stanza
c
'
è
un
'
istantanea
in
cui
la
signorina
Elisa
ha
tutta
la
grazia
di
un
tempo
in
cui
il
sorriso
della
donna
che
si
teneva
a
braccio
del
suo
futuro
sposo
aveva
la
luce
di
un
sentimento
che
oggi
può
sembrare
ottocentesco
e
che
si
chiama
Fiducia
.
Prima
di
diventare
la
sposa
,
fu
la
donna
della
poesia
di
Don
Salvatore
,
quella
dei
malinconici
struggimenti
e
degli
inquieti
sospiri
,
quella
che
a
maggio
saliva
alla
tavernella
'
ncopp
'
Antignano
.
Stamno
a
na
tavulclla
/
tutte
e
dduie
.
Chiavo
chiano
/
s
'
allunga
sta
manella
/
e
m
'
accarezza
'
a
mano
...
Adesso
la
signorina
Elisa
di
un
tempo
è
Donna
Elisa
,
la
professoressa
che
è
andata
quest
'
anno
in
pensione
,
sottile
nella
figura
,
arguta
nel
volto
.
Vive
sola
al
secondo
piano
di
uno
dei
tanti
vecchi
solenni
palazzi
nobili
di
Napoli
che
hanno
tutti
,
nel
cortile
e
negli
scaloni
semibui
,
non
so
quale
aria
conventuale
.
In
un
nobile
silenzio
,
vive
con
le
finestre
aperte
su
questa
Napoli
molto
affettuosa
ma
-
penso
io
-
un
po
'
distratta
,
la
buona
signora
che
si
vide
morire
fra
le
braccia
,
con
lunghi
anni
di
malattia
,
il
vecchio
poeta
intristito
.
Questa
è
la
Madonna
di
Di
Giacomo
:
e
quello
lì
,
in
quel
disegno
a
penna
di
Paolo
Vietri
,
il
genero
di
Morelli
,
è
lui
,
come
era
a
diciotto
anni
.
StampaQuotidiana ,
In
molte
parti
d
'
Italia
l
'
annunzio
dell
'
entrata
delle
truppe
italiane
nell
'
Agro
Romano
è
stato
festeggiato
con
luminarie
e
dimostrazioni
popolari
.
E
questo
è
bene
.
Il
Piemonte
ha
esultato
ma
s
'
è
astenuto
finora
dal
farne
pubblica
manifestazione
con
feste
speciali
.
E
questa
è
previdenza
.
L
'
occupazione
infatti
dell
'
Agro
Romano
è
già
molto
anzi
moltissimo
;
ma
non
è
né
il
tutto
né
il
più
.
Finché
il
vessillo
tricolore
non
sventola
sul
Campidoglio
,
finché
l
'
esercito
italiano
non
è
in
Roma
come
nella
Capitale
del
Regno
e
col
programma
dei
plebisciti
,
qui
si
temon
tuttora
e
incagli
e
insidie
;
qui
si
teme
fra
gli
altri
l
'
ostinato
sistema
dell
'
Oasi
religiosa
del
settembrista
Minghetti
mandato
a
fare
propaganda
a
Vienna
.
Queste
apprensioni
saran
vane
,
saranno
esagerate
;
ma
esistono
e
consigliano
alle
popolazioni
di
stare
all
'
erta
e
vigilare
perché
nell
'
ebbrezza
d
'
entusiasmi
anticipati
non
si
accettino
convenzioni
illusorie
e
mezzi
termini
non
conformi
al
diritto
plebiscitario
.
Facendo
vivo
plauso
a
questo
contegno
delle
popolazioni
noi
abbiamo
fiducia
che
il
giorno
in
cui
l
'
entrata
in
Roma
avrà
realmente
avuto
luogo
anche
ogni
angolo
del
Piemonte
si
coprirà
di
fuochi
di
gioia
.
Nessun
municipio
manchi
a
questo
dovere
.
Celebrando
il
compimento
della
unità
nazionale
,
voi
celebrate
,
o
piemontesi
,
l
'
opera
più
sublime
a
cui
abbiate
posto
mano
!
Il
giorno
in
cui
Roma
tornerà
all
'
Italia
,
negli
uomini
giusti
di
tutti
i
paesi
brillerà
(
non
fosse
che
per
un
secondo
!
)
un
pensiero
di
riconoscenza
pei
vostri
martiri
,
per
la
vostra
costanza
,
per
la
parola
d
'
ordine
di
ROMA
CAPITALE
D
'
ITALIA
che
voi
sapeste
irremovibilmente
opporre
al
grande
inganno
del
64
.
Molti
furono
i
giorni
d
'
amarezza
,
:
molti
i
disinganni
e
le
individuali
evoluzioni
;
il
ministero
di
Mentana
poté
rompere
con
arti
oblique
un
celebre
fascio
,
e
riaprire
al
Minghetti
l
'
adito
al
portafoglio
.
Ma
la
sua
gioia
fu
passeggera
.
Si
lusingava
d
'
aver
diviso
,
imbavagliato
il
Piemonte
,
e
non
era
riuscito
che
ad
ingombrare
la
propria
nave
di
pesantissima
zavorra
che
la
traeva
a
fondo
Onore
alla
costanza
piemontese
!
Municipio
di
Torino
!
La
festa
per
l
'
entrata
a
Roma
ha
per
te
un
significato
più
speciale
e
più
caro
.
Sii
degno
di
Roma
e
di
te
stesso
!
StampaQuotidiana ,
Il
governo
e
la
stampa
borghese
cercano
un
diversivo
per
mascherare
il
fallimento
delle
trattative
di
pace
tra
i
parlamentari
fascisti
e
i
parlamentari
riformisti
.
Il
diversivo
è
già
trovato
:
il
Partito
comunista
.
Il
Partito
comunista
non
vuole
la
pacificazione
,
il
Partito
comunista
è
la
causa
di
tutte
le
disgrazie
e
di
tutte
le
sofferenze
che
si
abbattono
sul
popolo
italiano
,
il
Partito
comunista
è
un
'
associazione
di
briganti
,
di
assassini
,
di
delinquenti
comuni
,
il
Partito
comunista
è
l
'
origine
sola
del
fascismo
.
Siccome
il
Partito
comunista
non
vuole
la
pacificazione
,
così
il
governo
di
Bonomi
non
può
fare
a
meno
di
continuare
a
lasciar
fare
ai
fascisti
tutto
ciò
che
ai
fascisti
farà
piacere
.
Le
centinaia
e
migliaia
di
depositi
di
armi
e
munizioni
che
i
fascisti
spesso
pubblicamente
hanno
accumulato
non
verranno
sequestrati
.
Le
mitragliatrici
,
i
cannoni
lanciafiamme
,
i
moschetti
saranno
lasciati
ai
fascisti
.
I
fascisti
potranno
ancora
sfilare
nelle
città
,
incolonnati
,
col
moschetto
in
spalla
,
con
l
'
elmetto
in
testa
,
coi
tascapane
pieni
di
bombe
.
Lo
Stato
non
interverrà
,
non
applicherà
le
leggi
,
non
aprirà
le
prigioni
,
non
disturberà
i
giudici
.
Lo
Stato
non
è
,
per
ciò
che
riguarda
i
fascisti
,
un
'
amministrazione
delle
leggi
,
un
'
organizzazione
repressiva
e
punitiva
;
lo
Stato
non
esiste
per
i
fascisti
,
lo
Stato
riconosce
nei
fascisti
una
autorità
indipendente
e
tratta
con
loro
,
da
pari
a
pari
,
e
riconosce
loro
il
diritto
,
se
non
avverrà
la
pacificazione
,
di
continuare
impunemente
a
incendiare
,
ad
assassinare
,
a
invadere
città
e
villaggi
,
a
decretare
esili
e
scioglimenti
di
pubbliche
amministrazioni
.
C
'
è
dell
'
ironia
in
questa
azione
pacificatrice
del
governo
italiano
.
Chi
sarà
dunque
il
custode
e
il
garante
del
"
trattato
di
pace
"
?
Chi
si
fiderà
delle
parole
di
un
governo
che
in
tal
modo
,
clamorosamente
,
confessa
o
di
essere
impotente
o
di
essere
in
malafede
?
Come
farà
rispettare
la
"
carta
"
che
dovrebbe
essere
giurata
dai
sovversivi
e
dai
fascisti
,
questo
governo
che
non
fa
rispettare
la
carta
fondamentale
dello
Stato
giurata
dal
re
al
popolo
italiano
?
I
comunisti
non
parteciperanno
certamente
a
questo
"
mercato
di
sciocchi
"
,
non
compiranno
certamente
questo
delitto
contro
il
popolo
italiano
.
Non
può
esserci
pace
tra
il
carnefice
e
la
sua
vittima
,
non
può
esserci
pace
tra
il
popolo
e
i
suoi
massacratori
.
Il
Partito
comunista
si
assume
tutte
le
responsabilità
di
questo
suo
atteggiamento
.
Sa
di
diventare
il
bersaglio
della
coalizione
reazionaria
,
ma
è
sicuro
che
anche
se
"
pacifista
"
diverrebbe
egualmente
il
bersaglio
della
reazione
coalizzata
.
La
classe
operaia
italiana
ha
già
visto
quanto
valgono
le
parole
del
governo
italiano
,
dopo
lo
sgombero
delle
fabbriche
occupate
.
Non
dovevano
esserci
rappresaglie
:
a
migliaia
gli
operai
sono
stati
cacciati
in
galera
,
e
i
tribunali
sudano
sette
camicie
per
imbastire
un
colossale
complotto
;
a
centinaia
di
migliaia
gli
operai
sono
stati
buttati
sulla
strada
a
crepare
di
fame
con
le
loro
famiglie
.
A
Torino
anche
gli
operai
socialisti
hanno
già
avuto
la
scottatura
per
la
loro
fiducia
nella
parola
dei
reazionari
:
hanno
firmato
un
patto
;
oggi
è
venuta
la
loro
volta
,
oggi
essi
vengono
licenziati
.
Chi
fa
rispettare
ai
reazionari
i
patti
,
le
promesse
,
i
giuramenti
?
Ma
non
dimostrano
essi
,
già
prima
della
pacificazione
,
tutta
la
loro
malafede
?
Non
è
coi
comunisti
,
non
è
col
Partito
comunista
come
piccolo
nucleo
di
individui
associati
,
che
la
reazione
è
in
collera
;
essa
è
in
collera
con
la
classe
operaia
e
contadina
,
come
massa
di
salariati
schiavi
del
capitale
,
essa
ha
paura
che
la
classe
lavoratrice
nella
sua
totalità
,
sia
essa
comunista
,
socialista
,
repubblicana
,
popolare
,
oppressa
,
taglieggiata
,
affamata
,
insorga
contro
i
suoi
sfruttatori
e
capovolga
gli
attuali
rapporti
di
classe
.
A
Ferrara
non
si
era
neppure
ancora
formata
una
sezione
comunista
,
eppure
a
Ferrara
il
fascismo
è
stato
particolarmente
feroce
.
In
tutte
le
zone
agricole
,
nel
Polesine
,
nel
Reggiano
,
nelle
Puglie
,
dove
il
fascismo
ha
instaurato
il
regime
coloniale
,
il
Partito
comunista
,
essenzialmente
operaio
e
urbano
,
aveva
scarsissime
forze
.
Dove
il
Partito
comunista
era
specialmente
forte
,
come
a
Torino
,
il
fascismo
ha
tardato
fino
al
mese
di
aprile
ad
entrare
in
campo
.
La
sua
aggressività
ha
coinciso
con
la
crisi
industriale
,
con
la
serrata
della
Fiat
,
ed
è
apparsa
luminosamente
come
una
coordinata
tattica
della
lotta
capitalistica
contro
l
'
organizzazione
sindacale
.
Il
fascismo
non
è
una
particolare
associazione
,
come
non
è
una
particolare
organizzazione
il
comunismo
:
il
fascismo
non
è
un
movimento
sociale
,
è
l
'
espressione
organica
della
classe
proprietaria
in
lotta
contro
le
esigenze
vitali
della
classe
lavoratrice
,
della
classe
proprietaria
che
vuole
,
con
la
fame
e
con
la
morte
dei
lavoratori
ricostruire
il
sistema
economico
rovinato
dalla
guerra
imperialista
.
In
questa
lotta
l
'
iniziativa
appartiene
ancora
alla
classe
proprietaria
,
come
al
fascismo
appartiene
l
'
iniziativa
della
guerra
civile
:
la
classe
lavoratrice
è
la
vittima
della
guerra
di
classe
e
non
può
esserci
pace
tra
la
vittima
e
il
carnefice
.
Chi
oggi
vuole
trascinare
il
proletariato
alla
pacificazione
,
è
già
anch
'
egli
un
carnefice
:
per
la
pietà
che
ispirano
oggi
i
dieci
uccisi
,
costoro
preparano
per
domani
la
strage
di
mille
.
Non
è
neppure
pietà
cotesta
,
è
ipocrisia
vile
;
il
Partito
comunista
non
vuole
essere
né
ipocrita
né
vile
,
appunto
perché
sente
davvero
la
pietà
umana
per
il
destino
atroce
del
popolo
lavoratore
.
StampaQuotidiana ,
Trent
'
anni
sono
passati
dalla
sua
morte
e
ormai
,
in
questi
tre
decenni
,
sono
andati
scomparendo
quasi
tutti
coloro
che
conobbero
Eleonora
e
l
'
ascoltarono
nel
tempo
della
sua
più
fervida
stagione
che
,
vista
adesso
nella
prospettiva
della
storia
,
non
sembra
sia
stata
quella
dannunziana
,
anche
se
questa
fu
la
più
folta
di
eventi
e
di
cronaca
.
Nel
teatro
di
D
'
Annunzio
,
probabilmente
,
la
Duse
esaurì
la
sua
forza
vitale
non
tanto
per
le
vicissitudini
di
una
passione
che
ebbe
molte
illuminazioni
,
ma
anche
molti
disinganni
,
quanto
perché
,
prima
di
D
'
Annunzio
,
nei
testi
che
recitava
c
'
era
sempre
stata
,
bene
o
male
,
la
vita
,
mentre
,
dal
Sogno
di
un
mattino
di
primavera
in
poi
,
il
teatro
di
Gabriele
le
offrì
più
che
altro
perfettissime
parole
d
'
oro
.
La
Duse
apparteneva
-
o
la
precedeva
di
poco
-
alla
generazione
del
verismo
venuta
al
mondo
delle
scene
italiane
quasi
in
reazione
ai
tragici
paludamenti
di
Adelaide
Ristori
e
al
«
velluto
»
e
al
«
tuono
»
di
Ernesto
Rossi
e
di
Tommaso
Salvini
.
La
famiglia
da
cui
usciva
era
di
attori
dialettali
,
originariamente
chioggiotti
:
figli
cioè
di
una
razza
popolana
in
cui
le
tradizioni
fondamentali
sono
quelle
della
povertà
e
della
delusa
melanconia
.
Agli
attori
dalle
voci
d
'
oro
e
dai
polmoni
di
bronzo
che
essa
avrebbe
dovuto
considerare
i
suoi
maestri
,
sembrò
sempre
una
«
nevrotica
»
,
una
creatura
debole
e
inquieta
.
Essi
erano
abituati
a
dar
voce
ai
giganti
:
a
Ree
Regine
,
e
non
a
gente
di
tutti
i
giorni
,
i
cui
sentimenti
non
erano
di
misura
«
eroica
»
,
ma
,
tutt
'
al
più
,
di
drammaticità
quotidiana
.
Tommaso
Salvini
,
titano
della
scena
ottocentesca
,
la
collocava
un
gradino
più
in
alto
di
Sarah
Bernhardt
,
che
egli
considerava
una
«
meticcia
»
perché
,
non
figlia
d
'
arte
,
e
come
tale
,
quasi
quasi
,
una
grandissima
dilettante
.
Alla
Duse
,
anche
come
figlia
d
'
arte
,
riconosceva
il
diritto
d
'
esser
considerata
un
'
attrice
«
di
razza
»
,
ammirevole
in
un
preciso
gruppo
di
caratteri
,
dai
quali
la
consigliava
di
non
uscire
mai
,
ammirevole
nell
'
esprimere
l
'
amore
contrastato
,
la
gelosia
,
il
dispetto
,
il
rancore
,
la
recriminazione
repressa
dei
torti
ricevuti
,
il
rammarico
o
un
intenso
dolore
,
ma
non
adatta
ai
sentimenti
«
alteri
,
grandi
,
maestosi
»
.
Attrice
della
realtà
drammatica
borghese
e
non
della
misura
tragica
,
attrice
che
,
spiritualmente
e
tecnicamente
,
precedeva
il
gusto
del
Théâtre
Libre
alla
Antoine
,
l
'
incontro
con
D
'
Annunzio
la
convinse
di
aver
trovato
l
'
approdo
al
porto
di
un
superiore
teatro
di
poesia
.
L
'
inchiostro
del
giudizio
di
Tommaso
Salvini
,
che
contiene
forse
non
pochi
elementi
di
saggezza
,
era
ancora
fresco
quando
,
nel
1898
,
con
il
Sogno
di
un
mattino
di
primavera
,
Eleonora
pensò
di
salire
un
gradino
più
in
alto
del
suo
destino
di
interprete
di
anime
«
borghesi
»
.
A
trent
'
anni
dalla
sua
morte
,
gli
spettatori
contemporanei
della
sua
grande
stagione
sono
tutti
scomparsi
.
Restano
,
fra
i
critici
e
gli
storici
del
teatro
,
solo
coloro
stessi
che
l
'
hanno
udita
quasi
esclusivamente
nel
periodo
dannunziano
e
hanno
dovuto
aspettare
il
suo
ritorno
alle
scene
nel
1921
,
ormai
stanca
e
canuta
,
per
riscoprirla
,
dopo
quattordici
anni
di
«
esilio
»
,
negli
accenti
del
dramma
ibseniano
e
del
realismo
venato
di
patetico
romanticismo
di
Praga
.
Nel
tempo
della
riscoperta
della
Duse
-
e
della
sua
scoperta
per
gli
spettatori
che
avevano
poco
più
di
vent
'
anni
quando
essa
uscì
dal
suo
lunghissimo
silenzio
-
la
sua
leggenda
era
già
formata
.
Da
una
parte
,
c
'
era
il
gruppo
degli
anziani
e
dei
vecchi
che
,
pur
ammirandola
,
l
'
avevano
definita
«
nevrotica
»
e
«
pososa
»
,
dall
'
altra
quelli
che
,
parteggiando
per
il
suo
lungo
e
dolente
romanzo
d
'
amore
e
per
il
sacrificio
ch
'
essa
aveva
fatto
al
sogno
di
un
teatro
«
di
poesia
»
-
termine
su
cui
è
difficilissimo
intendersi
-
parlavano
di
lei
come
della
«
santa
»
e
della
«
martire
»
.
Solamente
Santa
Teresa
di
Lisieux
,
solamente
Bernadette
hanno
avuto
biografi
esaltati
e
lagrimanti
come
lo
furono
,
per
la
Duse
,
il
francese
Schneider
e
Matilde
Serao
.
D
'
Annunzio
stesso
,
che
per
una
fatalità
di
temperamenti
l
'
aveva
così
mal
compresa
,
l
'
aveva
chiamata
«
la
Divina
»
.
Le
ciocche
dei
capelli
bianchi
quasi
incolte
,
la
vita
in
ombra
per
tanti
anni
,
una
vaga
aspirazione
religiosa
,
il
suo
sognare
di
essere
maestra
di
giovani
,
la
sua
povertà
nomade
dall
'
uno
all
'
altro
rifugio
segreto
,
la
sua
dichiarazione
,
una
volta
,
di
voler
recitare
solamente
invisibile
,
per
dar
voce
alle
marionette
del
Teatro
dei
Piccoli
nella
Tempesta
di
Shakespeare
,
la
sua
riluttanza
a
mostrare
il
volto
all
'
obbiettivo
di
Cenere
perché
per
lo
schermo
dovevano
bastare
le
sue
sole
mani
,
le
sue
lettere
scritte
in
inchiostro
viola
,
a
velocità
frenetica
,
disseminate
di
puntini
di
sospensione
e
di
sottolineature
,
i
veli
quasi
monastici
e
vagamente
languidi
dei
suoi
cappellini
estivi
,
la
sua
gracilità
,
la
sua
tosse
,
la
sua
febbre
erano
tutti
elementi
della
leggenda
alla
quale
si
affacciarono
nel
1921
gli
spettatori
poco
più
che
ventenni
.
Si
andava
a
sentire
una
donna
o
una
santa
?
Dovevamo
pensare
al
suo
lontano
passato
di
donna
o
dimenticarlo
?
Dovevamo
vederla
solo
come
avesse
avuto
il
capo
coperto
dalla
cenere
dei
deludenti
fuochi
dannunziani
?
La
fortuna
ci
aiutò
:
la
donna
che
,
tra
il
1895
e
il
1921
,
aveva
dato
se
stessa
,
con
l
'
arte
prima
e
poi
con
il
silenzio
,
a
D
'
Annunzio
,
ci
apparve
senza
le
tracce
e
senza
le
cicatrici
gloriose
del
suo
sacrificio
alla
«
bella
parola
»
che
tanto
a
lungo
l
'
aveva
incantata
.
Ci
apparve
,
nella
Donna
del
mare
e
nella
Porta
chiusa
,
la
donna
che
essa
era
stata
nelle
sue
giovanili
ore
grandissime
,
tutta
immersa
nella
Vita
,
in
un
suo
trasumanato
realismo
.
E
non
ci
sembrò
una
semplice
coincidenza
che
Eleonora
fosse
nata
nel
1859
,
tre
anni
dopo
che
Flaubert
aveva
messo
al
mondo
Madame
Bovary
.
Emma
è
del
1856
,
Eleonora
del
1859
.
Si
può
imputare
alla
Duse
d
'
avere
creduto
,
oltre
che
alla
sua
nativa
realtà
poetica
,
in
una
poesia
al
di
fuori
del
«
vero
»
che
le
sembrò
più
alta
della
prima
,
e
di
non
aver
inteso
la
differenza
tra
«
cosa
»
e
«
parola
»
?
Non
era
caduto
nello
stesso
errore
Flaubert
,
scrivendo
la
rimbombante
Salammbô
e
le
Tentazioni
di
Sant
'
Antonio
?
La
sua
crisi
e
il
suo
dramma
segreto
furono
una
crisi
e
un
dramma
di
valutazioni
sbagliate
sotto
l
'
impeto
di
un
entusiasmo
d
'
amore
.
Figlia
della
grande
generazione
della
Bovary
,
dobbiamo
stupirci
che
essa
,
ad
un
certo
momento
,
abbia
creduto
più
nelle
«
atmosfere
»
di
Francesca
e
della
Città
morta
che
in
quelle
del
realismo
e
del
naturalismo
in
cui
,
con
reazione
antiromantica
,
era
nata
?
Essa
fu
certamente
l
'
unica
attrice
degna
di
essere
definita
«
flaubertiana
»
,
la
grande
sorella
italiana
di
Emma
Bovary
e
,
facendo
un
passo
più
avanti
nel
tempo
,
di
Anna
Karenina
.
Ebbe
maestri
?
Figlia
di
attori
oscurissimi
,
sua
prima
maestra
fu
certamente
la
povertà
dei
nomadi
che
le
dette
la
coscienza
di
quel
dovere
ch
'
essa
chiamò
,
umilmente
,
il
lavoro
.
Forse
,
nell
'
infanzia
e
nella
prima
adolescenza
recitò
anche
diversamente
da
come
le
avrebbe
comandato
il
suo
istinto
,
così
come
volevano
attorno
a
lei
la
voce
e
la
cadenza
dei
compagni
.
Nessuno
pensava
che
si
avvicinasse
il
tramonto
del
tempo
romantico
,
e
fanciulla
,
dicendo
quasi
senza
capirle
le
battute
dei
grandi
testi
d
'
amore
,
un
'
eco
romantica
passò
nella
sua
voce
.
Nelle
tragedie
come
la
Francesca
da
Rimini
di
Silvio
Pellico
,
giovinetta
,
declamò
come
poi
non
fece
mai
.
La
liberazione
del
suo
istinto
cominciò
con
le
parole
di
Giulietta
,
nel
dialogo
d
'
amore
con
Romeo
,
con
una
rosa
sfogliata
quasi
ad
ogni
parola
.
La
morte
della
madre
le
aveva
aperto
l
'
anima
alla
verità
del
dolore
.
Negli
anni
del
suo
debutto
,
quella
di
Eleonora
è
una
storia
di
stenti
,
di
lunghe
miserie
,
di
molta
autentica
fame
,
di
abiti
poverissimi
,
di
teatri
squallidi
,
di
inverni
gelidi
,
di
lunghi
notturni
estenuanti
colpi
di
tosse
.
Era
piccola
,
magra
,
bruna
,
fu
detto
,
come
una
calabrese
.
Talvolta
la
sua
gracile
bellezza
fioriva
in
un
improvviso
turgore
dell
'
adolescenza
,
ma
poi
già
si
velava
d
'
ombre
,
si
scavava
intensamente
nelle
guance
dagli
zigomi
risentiti
.
L
'
alto
arco
delle
sopracciglia
sembrava
,
sugli
occhi
vasti
,
profondi
,
un
nido
di
interrogazioni
.
Ebbe
in
verità
,
come
le
maschere
del
Teatro
Antico
,
due
volti
:
l
'
uno
forte
,
sereno
,
anche
ridente
,
perché
non
sempre
la
sua
anima
era
solamente
dolore
;
l
'
altro
scolpito
con
i
segni
della
delusione
come
in
una
cera
scura
,
nella
cera
della
sofferenza
.
Il
volto
della
Locandiera
il
primo
:
quello
della
Signora
delle
camelie
,
il
secondo
.
Illusione
e
delusione
furono
in
modo
sovrano
le
due
espressioni
dominanti
di
quel
viso
che
diventò
celebre
in
tutto
il
mondo
;
reclinato
e
come
concentrato
sulla
fiamma
di
un
sorriso
che
dava
un
fremito
alla
bella
bocca
ampia
:
in
alto
nelle
interrogazioni
del
dolore
come
sotto
al
soffio
di
un
vento
che
volesse
tutto
rimodellarlo
,
in
un
sospiro
o
in
un
gemito
.
Diventò
donna
,
e
recitò
tutto
.
Non
poteva
permettersi
una
scelta
,
né
di
compagni
né
di
repertorio
.
Pareva
dovesse
restare
sempre
una
genericuccia
,
dicevano
che
non
aveva
voce
né
scatto
né
energia
di
dizione
:
pareva
non
avesse
mestiere
,
e
tanto
meno
,
davanti
a
sé
,
un
destino
.
A
Trieste
il
pubblico
fu
duro
:
chiese
che
venisse
cancellata
dalla
locandina
.
Poi
fu
un
primo
passo
avanti
,
recitando
vicino
al
Belli
-
Blanes
,
a
Giovanni
Emanuel
,
a
Giacinta
Pezzana
,
a
Cesare
Rossi
.
A
Napoli
,
una
sera
,
il
pubblico
ebbe
l
'
impressione
di
vedere
per
la
prima
volta
in
scena
la
vera
Ofelia
che
andava
verso
la
morte
.
Rossi
,
Emanuel
,
Giacinta
Pezzana
sono
i
primi
maestri
,
e
subito
la
Duse
diventa
una
loro
pari
.
Eleonora
è
portata
dalla
sorte
a
non
dovere
più
ripetere
l
'
accento
dei
vecchi
modesti
compagni
che
andavano
orecchiando
di
maniera
le
intonazioni
e
il
gesto
dei
grandi
attori
romantici
come
Salvini
e
la
Ristori
.
Rossi
,
Emanuel
e
la
grandissima
Pezzana
le
confermano
che
il
teatro
ha
una
voce
nuova
,
che
cammina
verso
una
verità
più
meditata
,
più
acuta
,
più
intensa
.
L
'
attrice
che
reciterà
Teresa
Raquin
scoprirà
che
il
romanticismo
è
finito
e
che
il
«
vero
»
sta
arrivando
alla
ribalta
.
La
sua
ansia
di
verità
non
chiede
altro
.
Scoperta
la
via
,
riconosce
che
è
quella
verso
cui
la
portava
il
suo
istinto
e
su
cui
la
guida
la
sua
giovanile
meditazione
.
Viene
l
'
ora
di
quelle
che
saranno
le
prime
grandi
creazioni
:
cominciano
gli
anni
vertiginosi
della
Principessa
di
Bagdad
,
della
Moglie
di
Claudio
,
della
Signora
delle
camelie
.
A
ventitré
anni
qualcuno
la
paragonava
già
alla
Bernhardt
.
Amò
.
Ma
l
'
uomo
della
leggenda
era
ancora
un
giovinetto
e
apparve
quando
già
la
giovinezza
di
Eleonora
cominciava
a
sfiorire
.
Amò
come
ogni
altra
donna
uomini
della
sua
vita
di
tutti
i
giorni
:
un
giornalista
napoletano
:
la
lasciò
con
un
figlio
in
grembo
che
doveva
morire
nascendo
.
Fu
sposa
,
ma
senza
torridi
fuochi
d
'
amore
,
di
un
compagno
d
'
arte
,
Tebaldo
Checchi
.
Amò
,
con
un
improvviso
ardore
,
il
compagno
d
'
arte
Flavio
Andò
che
recitava
con
lei
nella
Signora
delle
camelie
.
Per
lui
creò
il
grido
«
Armando
!
Armando
!...»,
che
diventò
leggenda
.
Ma
di
tutto
questo
,
sia
nelle
illusioni
che
negli
errori
-
come
il
distacco
dal
marito
che
lasciò
a
lei
la
cura
della
figlia
Enrichetta
-
si
parlava
,
a
quei
tempi
,
a
bassa
voce
.
La
storia
dei
«
palpiti
»
della
giovane
attrice
,
che
sta
già
conquistando
la
sua
celebrità
nel
mondo
,
non
giunge
che
sommessamente
al
di
là
del
sipario
.
Non
diventa
cronaca
.
Di
amore
,
per
lei
,
devono
parlare
palesemente
al
mondo
solo
i
personaggi
,
ed
ecco
la
Duse
creare
,
come
forse
nessuno
prima
di
lei
aveva
potuto
,
il
personaggio
a
cento
volti
che
sarà
per
tutta
la
vita
quello
della
grande
innamorata
.
La
donna
,
insomma
,
in
funzione
della
passione
,
della
gelosia
,
del
peccato
,
della
espiazione
,
dell
'
abbandono
quasi
allucinante
del
cuore
e
dei
sensi
:
in
funzione
anche
della
perfidia
,
della
civetteria
,
della
crudeltà
.
Non
più
l
'
eroismo
modellato
dalle
grandi
voci
del
romanticismo
,
ma
quello
della
quotidiana
verità
della
natura
umana
.
Verismo
o
cosiddetto
verismo
?
In
molti
casi
,
si
tratta
di
teatro
borghese
,
adattamento
«
domenicale
»
della
verità
,
in
modo
persino
vieto
e
frusto
.
La
Duse
non
amò
le
Odette
e
le
Fernande
.
Ma
essa
sapeva
essere
più
in
alto
dei
testi
che
recitava
,
più
forte
delle
«
battute
»
e
delle
«
scene
madri
»
,
perché
il
suo
lavoro
era
fatto
tutto
di
approfondimento
nell
'
interno
del
personaggio
,
o
,
come
amava
dire
,
nelle
sue
«
fodere
»
.
Cosa
trovava
là
dentro
?
Trovava
se
stessa
,
il
suo
io
di
donna
sempre
pronto
a
rivelarsi
e
a
moltiplicarsi
in
cento
aspetti
.
Non
più
adattamento
da
teatro
domenicale
,
ma
una
sua
verità
che
poteva
assomigliare
,
appunto
,
a
quella
di
Emma
Bovary
o
di
Anna
Karenina
.
L
'
ansia
per
un
«
vero
»
fatto
di
poesia
e
di
meditazione
l
'
agita
sempre
più
intensamente
.
Su
questa
strada
arriverà
a
Ibsen
,
e
sarà
un
giorno
,
a
trent
'
anni
,
l
'
interprete
di
Casa
di
bambola
.
Aveva
già
amato
un
poeta
.
Ma
l
'
amore
per
Boito
fu
probabilmente
l
'
unione
con
un
«
compagno
d
'
intelligenza
»
.
L
'
attrice
è
celebre
ormai
in
tutto
il
mondo
quando
incontra
quello
che
sarà
l
'
uomo
del
suo
destino
.
Per
D
'
Annunzio
fu
«
obbedienza
infiammata
»
.
Non
si
vuole
fare
il
processo
al
«
superuomo
»
.
Ella
stessa
non
lo
fece
mai
.
Sognò
per
lui
ogni
impresa
,
affrontò
ogni
sacrificio
,
lo
stimolò
a
creare
,
lo
difese
contro
il
pubblico
,
modificò
il
proprio
stile
per
adattarlo
alla
sua
parola
,
perdonò
certe
pagine
del
Fuoco
che
l
'
avevano
amareggiata
.
Per
lui
,
più
giovane
di
cinque
anni
,
la
Duse
combatte
la
battaglia
d
'
amore
della
donna
che
sente
già
la
propria
giovinezza
dileguare
.
Di
volta
in
volta
,
si
esalta
e
si
rattrista
e
in
segreto
si
umilia
.
Vuole
amare
le
cose
che
egli
ama
,
leggere
i
libri
ch
'
egli
legge
,
prediligere
le
pitture
,
i
luoghi
,
le
spiagge
che
quel
gran
«
cicerone
»
le
fa
conoscere
.
Anch
'
egli
l
'
ama
,
ma
non
con
devozione
eguale
.
La
Duse
ha
quarantacinque
anni
,
quando
D
'
Annunzio
scrive
la
Figlia
di
Jorio
.
Ma
il
canto
disperato
di
Mila
non
sarà
più
per
lei
dal
momento
in
cui
l
'
attrice
scopre
che
il
castello
dell
'
amore
si
è
incenerito
e
che
davanti
all
'
inganno
bisogna
uscirne
come
una
donna
velata
.
Sono
,
adesso
,
ancora
nuove
strade
,
nuovi
viaggi
,
nuove
esperienze
nei
nomi
di
Ibsen
,
di
Maeterlinck
,
di
Gor
'
kij
.
Essa
è
sempre
più
«
l
'
attrice
del
mondo
»
,
pallida
malata
,
con
un
viso
da
esilio
per
un
dolore
di
cui
non
parla
mai
.
Si
ritira
.
Comincia
il
grande
silenzio
.
Quattordici
anni
e
la
povertà
le
dice
:
«
Bisogna
ritornare
...
»
.
Ormai
la
sua
salute
è
minata
,
un
filo
d
'
aria
fredda
basta
a
ferirla
.
La
sera
del
grande
ritorno
una
specie
di
galleria
di
tela
si
dice
la
protegga
dalle
correnti
d
'
aria
quando
esce
dal
camerino
per
entrare
in
scena
.
Ha
i
capelli
bianchi
,
non
ha
voluto
nemmeno
un
filo
di
cipria
«
per
non
mentire
»
.
I
fiori
saranno
,
da
allora
in
poi
,
sempre
per
una
chiesa
.
«
Dammi
,
Signore
,
un
cuore
vigilante
in
modo
che
nessun
pensiero
estraneo
mi
porti
lontano
da
te
...
»
,
diceva
una
preghiera
che
le
era
cara
.
Ormai
era
tutta
nella
fede
.
Ancora
l
'
Europa
,
ancora
l
'
America
,
sempre
più
stanca
,
sempre
più
fragile
,
finché
basta
uno
scroscio
di
pioggia
,
sulla
porta
chiusa
del
teatro
di
Pittsburgh
,
per
spegnerla
.
Così
basta
poco
per
morire
alle
bambine
malate
del
paese
dei
suoi
avi
sui
canali
di
Chioggia
battuti
dal
vento
dell
'
Adriatico
,
là
nel
paese
dove
,
a
quattro
anni
,
aveva
recitato
la
parte
di
Cosetta
in
una
riduzione
dei
Miserabili
.
StampaQuotidiana ,
L
'
Unità
Nazionale
è
compiuta
;
l
'
Italia
ha
la
sua
Capitale
naturale
!
VIVA
ROMA
!
VIVA
L
'
ITALIA
!
VIVA
L
'
ESERCITO
LIBERATORE
!
La
notizia
della
liberazione
di
Roma
cominciò
ieri
a
spargersi
,
ma
incerta
ancora
,
dopo
le
due
pomeridiane
.
Dopo
le
quattro
essa
si
diffuse
dovunque
ma
ancora
con
qualche
restrizione
,
con
qualche
dubbio
angoscioso
.
Alle
sei
il
dispaccio
dell
'
Agenzia
-
Stefani
annunziò
la
vittoria
definitiva
,
e
quasi
contemporaneamente
l
'
autorità
politica
s
'
affrettava
a
confermarla
anch
'
essa
al
Municipio
.
Un
grido
di
gioia
proruppe
da
ogni
petto
.
Mancava
il
tempo
a
dimostrazioni
regolari
,
ma
poco
monta
;
l
'
esultanza
d
'
un
popolo
sa
immaginare
.
VIVA
ROMA
!
StampaQuotidiana ,
Comprendere
e
saper
valutare
con
esattezza
il
nemico
,
significa
possedere
già
una
condizione
necessaria
per
la
vittoria
.
Comprendere
e
saper
valutare
le
proprie
forze
e
la
loro
posizione
nel
campo
di
lotta
,
significa
possedere
un
'
altra
importantissima
condizione
per
la
vittoria
.
I
fascisti
vogliono
evidentemente
anche
a
Torino
sviluppare
fino
in
fondo
il
piano
generale
che
ha
procurato
facili
trionfi
nelle
altre
città
.
Sono
stati
chiamati
contingenti
forestieri
(
bolognesi
,
truppe
scelte
,
allenate
)
.
Sono
state
intensificate
le
passeggiate
dimostrative
,
con
i
propri
effettivi
inquadrati
e
incolonnati
militarmente
.
Si
ripetono
incessantemente
le
convocazioni
improvvise
degli
aderenti
,
con
l
'
ordine
di
recarsi
armati
ai
convegni
:
ciò
che
serve
a
creare
l
'
aspettazione
di
eventi
misteriosi
ed
a
determinare
così
la
psicologia
della
guerra
.
Le
voci
allarmistiche
vengono
diffuse
a
profusione
(
"
il
primo
ucciso
sarà
uno
studente
socialista
,
incendieremo
"
L
'
Ordine
Nuovo
"
,
incendieremo
la
Camera
del
lavoro
,
incendieremo
la
libreria
dell
'
Act
"
)
.
E
'
questo
un
espediente
che
si
propone
due
scopi
:
disgregare
le
forze
proletarie
,
col
panico
e
con
la
snervante
incertezza
dell
'
attesa
,
determinare
nei
fascisti
l
'
abitudine
dell
'
obiettivo
da
raggiungere
.
Avranno
i
fascisti
di
Torino
il
facile
trionfo
che
hanno
avuto
nelle
altre
città
?
Osserviamo
intanto
che
l
'
aver
domandato
aiuti
fuori
,
è
una
prova
della
debolezza
organica
del
fascismo
torinese
.
A
Torino
i
fascisti
si
appoggiano
e
possono
appoggiarsi
su
una
sola
categoria
della
classe
piccolo
borghese
:
la
categoria
degli
esercenti
,
non
certo
famosa
per
sublimi
virtù
guerresche
.
La
classe
operaia
torinese
è
certo
moralmente
superiore
ai
fascisti
e
sa
di
essere
moralmente
superiore
.
I
controrivoluzionari
della
Confederazione
generale
del
lavoro
vanno
affermando
(
per
avvilire
la
massa
e
toglierle
ogni
capacità
di
offesa
e
di
difesa
)
che
gli
operai
,
non
avendo
fatto
la
guerra
,
non
possono
combattere
e
vincere
il
fascismo
sul
terreno
della
violenza
armata
.
Per
ciò
che
riguarda
Torino
,
questa
affermazione
disfattista
e
controrivoluzionaria
è
falsa
anche
obiettivamente
.
Gli
operai
torinesi
hanno
queste
esperienze
"
guerresche
"
:
sciopero
generale
del
maggio
1915
,
insurrezione
armata
di
cinque
giorni
nell
'
agosto
1917
,
azione
manovrata
di
grandi
masse
del
2-3
dicembre
1919
,
sciopero
generale
con
episodi
di
tattica
irlandese
e
sviluppo
di
un
piano
strategico
unitario
nell
'
aprile
1920
,
occupazione
delle
fabbriche
nel
settembre
scorso
con
l
'
accumulazione
di
infinite
esperienze
nell
'
ordine
militare
.
Questo
quadro
obiettivo
delle
condizioni
in
cui
si
svolgerà
la
lotta
;
non
ha
per
nulla
lo
scopo
di
attenuare
la
gravità
del
pericolo
.
La
classe
operaia
torinese
si
trova
certo
in
una
buona
posizione
di
guerra
,
ma
nessuna
buona
posizione
può
,
di
per
sé
,
salvare
un
esercito
dalla
sconfitta
.
La
buona
posizione
deve
essere
sfruttata
in
tutte
le
sue
possibilità
.
Guai
alla
classe
operaia
se
essa
permetterà
,
anche
un
istante
solo
,
che
a
Torino
i
fascisti
possano
mettere
in
esecuzione
il
loro
piano
,
come
hanno
fatto
nelle
altre
città
.
La
minima
debolezza
,
la
minima
indecisione
potrebbe
essere
fatale
.
Al
primo
tentativo
fascista
deve
seguire
rapida
,
secca
,
spietata
la
risposta
degli
operai
e
deve
questa
risposta
essere
tale
che
il
ricordo
ne
sia
tramandato
fino
ai
pronipoti
dei
signori
capitalisti
.
Alla
guerra
come
alla
guerra
,
e
in
guerra
i
colpi
non
si
danno
a
patti
.
Intanto
la
classe
operaia
torinese
ha
già
dichiarato
,
in
una
mozione
del
suo
partito
politico
,
di
considerare
i
fascisti
solo
come
strumenti
di
un
'
azione
che
trova
i
suoi
mandanti
e
responsabilità
maggiori
in
ben
altri
ambienti
.
Anche
la
"
Stampa
"
ha
pubblicato
(
il
27
gennaio
,
cinque
giorni
fa
appena
)
:
"
L
'
attuale
potente
organizzazione
(
dei
fascisti
)
è
favorita
da
commercianti
,
industriali
,
agricoltori
"
.
Nella
guerra
e
nella
rivoluzione
aver
pietà
di
dieci
significa
essere
spietati
con
mille
.
La
classe
operaia
ungherese
ha
voluto
essere
dolce
coi
suoi
oppressori
:
oggi
sconta
,
e
scontano
le
donne
operaie
e
scontano
i
bambini
operai
,
la
sua
dolcezza
;
la
pietà
per
i
mille
ha
portato
miseria
,
lutto
;
disperazione
a
milioni
di
proletari
ungheresi
.
I
colpi
non
si
danno
a
patti
.
Tanto
più
implacabili
devono
essere
gli
operai
,
in
quanto
non
c
'
è
proporzione
tra
i
danni
che
subisce
la
classe
operaia
e
i
danni
che
subiscono
i
capitalisti
.
La
Camera
del
lavoro
è
il
prodotto
degli
sforzi
di
molte
generazioni
di
operaie
.
E
'
costata
sacrificio
e
stenti
a
centinaia
di
migliaia
di
operai
,
è
l
'
unica
proprietà
di
centomila
famiglie
operaie
.
Se
essa
viene
distrutta
,
sono
annientati
questi
sforzi
,
questi
sacrifici
,
questi
stenti
,
questa
proprietà
.
La
si
vuol
distruggere
per
distruggere
l
'
organizzazione
,
per
togliere
all
'
operaio
la
garanzia
del
suo
pane
,
del
suo
tetto
,
del
suo
vestire
,
per
togliere
questa
garanzia
alla
donna
e
al
figlio
dell
'
operaio
.
Pericolo
di
morte
per
chi
tocca
la
Camera
del
lavoro
,
pericolo
di
morte
per
chi
favorisce
e
promuove
l
'
opera
di
distruzione
!
Cento
per
uno
.
Tutte
le
case
degli
industriali
e
dei
commercianti
non
possono
salvare
la
casa
del
popolo
,
perché
il
popolo
perde
tutto
se
perde
la
sua
casa
.
Pericolo
di
morte
per
chi
attenta
al
pane
dell
'
operaio
,
al
pane
del
figlio
dell
'
operaio
.
La
guerra
è
la
guerra
:
chi
tenta
l
'
avventura
deve
provare
il
duro
morso
della
belva
che
ha
scatenato
.
Tutto
ciò
che
l
'
operaio
ha
creato
col
soldino
del
suo
sacrificio
,
tutto
ciò
che
le
generazioni
operaie
hanno
lentamente
e
faticosamente
elaborato
col
sangue
e
col
dolore
,
deve
essere
rispettato
come
cosa
sacra
.
Scoppia
la
tempesta
e
l
'
uragano
quando
si
commettono
sacrilegi
,
e
travolge
i
colpevoli
come
pagliuzze
.
Pericolo
di
morte
per
chi
tocca
la
proprietà
dell
'
operaio
,
dell
'
uomo
condannato
a
non
aver
proprietà
.
La
guerra
è
la
guerra
.
Guai
a
chi
la
scatena
.
Un
militante
della
classe
operaia
che
debba
passare
all
'
altro
mondo
,
deve
avere
nel
suo
viaggio
un
accompagnamento
di
prima
classe
.
Se
l
'
incendio
arrossa
il
pezzo
di
cielo
di
una
strada
,
la
città
deve
essere
provvista
di
molti
bracieri
per
riscaldare
le
donne
e
i
figli
degli
operai
andati
in
guerra
.
Guai
a
chi
scatena
la
guerra
.
Se
l
'
Italia
non
è
abituata
alla
serietà
e
alla
responsabilità
,
se
l
'
Italia
non
è
abituata
a
prendere
sul
serio
nessuno
,
se
l
'
Italia
borghese
si
è
per
caso
formata
la
facile
e
dolce
persuasione
che
neppure
i
rivoluzionari
italiani
sono
da
prendere
sul
serio
,
sia
lanciato
il
dado
:
siamo
persuasi
che
più
di
una
volpe
lascerà
la
sua
coda
e
l
'
astuzia
nella
tagliola
.