StampaQuotidiana ,
La
sera
del
3
marzo
1904
si
alzò
per
la
prima
volta
il
sipario
sulla
vicenda
di
Aligi
e
di
Mila
di
Codra
.
Nasceva
alla
vita
dello
spettacolo
,
dopo
esser
nata
sui
grandi
fogli
di
carta
a
mano
del
manoscritto
-
fu
poi
riprodotto
in
un
facsimile
che
reca
tutte
le
tracce
della
sua
elaborazione
-
la
Figlia
di
Jorio
.
II
sipario
si
aprì
puntualmente
alle
20.45
.
Per
chi
volesse
saperlo
,
i
prezzi
d
'
ingresso
al
teatro
Lirico
di
Milano
erano
,
per
quei
tempi
,
eccezionalissimi
.
I
palchi
costavano
120
lire
:
una
poltrona
30
lire
.
Prezzi
,
dunque
,
scaligeri
.
Nevicava
fitto
.
Una
fila
interminabile
di
carrozze
padronali
,
con
pariglie
e
cocchieri
in
tuba
,
sostava
sotto
alla
neve
in
via
Larga
e
nelle
strade
adiacenti
.
Gabriele
d
'
Annunzio
avrebbe
compiuto
di
lì
a
pochi
giorni
i
quarantun
anni
.
Virgilio
Talli
,
che
aveva
messo
in
scena
la
«
tragedia
pastorale
»
e
guidato
e
concertato
la
recitazione
,
ne
aveva
quarantasette
,
come
Oreste
Calabresi
cui
era
affidato
il
ruolo
di
Lazaro
di
Rojo
.
Ruggero
Ruggeri
che
vestiva
i
panni
di
Aligi
ne
aveva
trentatré
,
e
trentuno
Irma
Gramatica
,
cui
era
stata
affidata
la
parte
della
protagonista
.
La
Talli
-
Gramatica
-
Calabresi
(
Ruggeri
non
aveva
ancora
il
nome
«
in
ditta
»
,
come
si
dice
nel
gergo
dei
comici
)
era
indicata
,
nelle
conversazioni
degli
appassionati
di
teatro
,
come
la
«
compagnia
dei
giovani
»
,
animata
,
pur
sotto
la
disciplina
ferrea
di
Talli
,
da
tendenze
«
rivoluzionarie
»
.
Lyda
Borelli
faceva
parte
della
compagnia
nel
gruppo
delle
attrici
giovani
:
ed
era
appena
una
giovinetta
.
Le
erano
affidate
le
battute
di
Favetta
.
Ornella
-
ecco
un
nome
inventato
da
D
'
Annunzio
che
diventò
popolare
quasi
come
quelli
dei
personaggi
dei
melodrammi
:
furono
moltissime
le
bambine
che
ebbero
il
suo
nome
-
era
Giannina
Chiantoni
.
Il
poeta
non
aveva
avuto
sempre
favorevole
il
pubblico
nelle
sue
prove
di
autore
teatrale
:
aveva
conosciuto
,
anzi
,
qualche
duro
assalto
negativo
da
parte
delle
platee
,
per
quanto
sostenuto
con
appassionata
fede
da
Eleonora
Duse
,
che
gli
era
stata
compagna
in
tutte
le
sue
esperienze
di
palcoscenico
.
L
'
attesa
era
,
in
ogni
modo
,
immensa
.
La
vittoria
doveva
essere
superba
:
certamente
la
più
alta
di
tutto
il
teatro
dannunziano
.
Una
cronaca
dell
'
«
Illustrazione
Italiana
»
narra
che
il
poeta
fu
chiamato
alla
ribalta
«
le
dieci
,
le
quindici
volte
...
»
.
Era
proprio
il
segno
del
trionfo
perché
,
in
quegli
anni
,
due
o
tre
chiamate
dopo
ogni
atto
già
erano
la
misura
di
un
vivo
successo
.
Il
teatro
di
prosa
non
conosceva
una
robusta
claque
.
Da
parte
di
Virgilio
Talli
fu
la
prova
più
alta
e
più
faticosa
delle
sue
capacità
di
«
regista
»
,
come
si
direbbe
oggi
:
di
«
capocomico
»
come
si
diceva
allora
.
E
fu
anche
una
prova
di
diplomazia
,
di
pazienza
,
di
sottile
intuito
organizzativo
.
Il
grande
«
capocomico
»
non
doveva
armeggiare
solamente
per
rispondere
degnamente
all
'
attesa
e
alle
esigenze
dello
scrittore
:
doveva
anche
,
senza
mostrare
di
immischiarsi
nei
fatti
personali
dell
'
autore
,
prevedere
,
ed
esser
pronto
ad
agire
di
conseguenza
,
una
grossa
crisi
di
carattere
sentimentale
che
avrebbe
potuto
mettere
in
pericolo
,
da
un
momento
all
'
altro
,
la
realizzazione
dello
spettacolo
.
La
cronaca
,
oggi
,
si
impadronisce
subito
di
qualsiasi
episodio
sentimentale
delle
dive
.
Viviamo
nel
tempo
delle
conferenze
stampa
,
nel
corso
delle
quali
mogli
o
amanti
che
si
suppongono
tradite
dettano
ai
cronisti
la
storia
dei
loro
dissidi
d
'
amore
.
Allora
,
nel
1904
,
la
discrezione
della
stampa
era
ancora
obbligatoria
.
Delle
avventure
sentimentali
si
parlava
sottovoce
.
Le
amanti
deluse
piangevano
in
silenzio
,
senza
offrire
le
proprie
lacrime
ai
lampi
dei
fotoreporters
.
L
'
andata
in
scena
della
Figlia
di
Jorio
doveva
coincidere
con
la
crisi
finale
di
quella
che
,
dopo
l
'
amore
di
De
Mussct
per
George
Sand
,
poteva
essere
definita
«
la
passione
del
secolo
»
.
Sarebbe
inutile
,
di
ciò
,
ricercare
la
traccia
nei
giornali
del
1904
,
.
e
,
per
molti
anni
ancora
,
ricercarne
qualche
indicazione
precisa
nei
libri
di
storia
e
di
biografia
teatrale
.
L
'
autobiografia
di
'
falli
è
molto
velata
in
proposito
.
I
libri
che
narrano
la
vita
della
Duse
-
almeno
quelli
scritti
sotto
la
sua
diretta
ispirazione
-
usano
,
in
proposito
,
lunghe
,
caute
,
morbide
perifrasi
.
La
versione
ufficiale
dei
fatti
che
portarono
alla
rinuncia
della
Duse
a
dare
vita
al
personaggio
di
Mila
di
Codra
è
quella
che
attribuisce
la
rinuncia
ad
un
«
molesto
raffreddore
»
.
Virgilio
Talli
non
aveva
studiato
medicina
,
ma
con
tutta
probabilità
aveva
previsto
questo
«
raffreddore
»
sino
da
otto
mesi
prima
quando
tramite
Adolfo
Orvieto
-
il
direttore
del
Marzocco
-
era
stato
convocato
da
D
'
Annunzio
alla
Capponcina
per
sentirsi
affidare
la
messa
in
scena
della
tragedia
.
D
'
Annunzio
e
Talli
erano
stati
compagni
di
collegio
al
Cicognini
di
Prato
.
Talli
che
aveva
sei
anni
più
cli
D
'
Annunzio
era
stato
,
al
Cicognini
,
uno
,
dei
«
grandi
»
,
mentre
il
figlio
del
pescarese
don
Francesco
d
'
Annunzio
era
uno
dei
«
piccoli
»
.
S
'
erano
poi
,
effettivamente
,
perduti
di
vista
,
Il
poeta
,
incontrandosi
con
Talli
nell
'
atmosfera
di
sagrestia
e
di
antiquariato
che
caratterizzava
l
'
arredamento
della
villetta
fiesolana
,
evocò
a
lungo
,
e
molto
con
l
'
immaginazione
,
gli
anni
di
collegio
.
Poi
raccontò
la
trama
della
tragedia
.
Il
nome
e
la
figura
della
Figlia
di
Jorio
erano
già
noti
attraverso
il
quadro
di
Francesco
Paolo
Michetti
che
,
vari
anni
prima
,
aveva
avuto
un
successo
clamoroso
di
pubblico
.
D
'
Annunzio
disse
che
la
parte
di
Mila
sarebbe
stata
interpretata
da
Eleonora
Duse
,
almeno
nelle
città
principali
,
e
soprattutto
nella
prima
presentazione
dell
'
opera
al
pubblico
.
Innanzi
a
tanto
nome
Talli
non
aveva
che
da
inchinarsi
.
In
quanto
ad
essere
sicuro
di
aver
Eleonora
alla
«
prima
»
aveva
segretamente
molti
dubbi
.
Per
quanto
le
cronache
fossero
,
in
materia
di
«
notiziari
amorosi
»
,
assolutamente
mute
,
nessuno
ignorava
-
e
forse
non
lo
ignorava
la
stessa
Duse
-
che
una
nuova
donna
era
entrata
nel
labirinto
di
fascini
del
poeta
.
Si
trattava
di
una
donna
giovane
e
molto
bella
,
di
alta
nascita
-
era
figlia
di
un
presidente
del
Consiglio
dei
ministri
-
e
di
nobile
matrimonio
.
Alessandra
Starabba
di
Rudinì
maritata
marchesa
Carlotti
,
la
cui
vita
doveva
essere
travolta
dal
tempestoso
sentimento
che
la
unì
al
poeta
e
che
doveva
trovare
pace
più
tardi
solamente
quando
volle
vestire
l
'
abito
di
clausura
delle
Carmelitane
,
aveva
sollevato
grande
rumore
negli
ambienti
del
patriziato
veronese
con
i
suoi
atteggiamenti
e
costumi
di
donna
«
moderna
»
.
Ancora
molti
anni
dopo
,
a
Verona
,
le
signore
la
ricordavano
alla
guida
di
un
tiro
a
quattro
o
in
sella
di
maldomi
cavalli
da
corsa
.
Si
favoleggiava
che
,
dovendo
per
la
prima
volta
ricevere
il
poeta
nella
sua
villa
,
avesse
fatto
cospargere
di
rose
tutto
il
viale
del
parco
.
Il
poeta
l
'
aveva
incontrata
a
Firenze
e
,
poi
,
sulla
riva
del
Garda
,
a
San
Vigilio
,
dove
la
marchesa
possedeva
una
grande
villa
.
Essa
era
insomma
colei
che
,
nella
biografia
delle
donne
che
hanno
impegnato
il
loro
cuore
nella
fede
per
D
'
Annunzio
,
prese
il
nome
di
«
Dama
del
Garda
»
.
La
collaborazione
teatrale
fra
il
poeta
e
la
«
divina
Eleonora
»
era
,
prima
di
tutto
,
alleanza
di
un
amore
entusiastico
.
Si
sarebbe
mantenuta
questa
collaborazione
il
giorno
in
cui
Eleonora
avesse
dubitato
,
o
saputo
con
certezza
,
di
questo
nuovo
«
romanzo
»
di
Gabriele
?
Era
ciò
che
rendeva
assai
perplesso
Talli
il
quale
ad
ogni
buon
conto
-
egli
aveva
anche
la
responsabilità
organizzativa
ed
economica
dello
spettacolo
-
per
evitare
troppo
gravi
sorprese
pensò
bene
,
ad
insaputa
del
poeta
,
di
passare
il
copione
in
lettura
a
Irma
Gramatica
,
dicendole
di
tenersi
pronta
non
solo
per
le
«
riprese
»
della
tragedia
pastorale
,
ma
,
addirittura
,
per
la
«
prima
»
qualora
il
segreto
dramma
d
'
amore
della
Duse
fosse
giunto
ad
una
crisi
irreparabile
.
Tutto
questo
retroscena
non
era
materia
di
cronaca
,
ma
era
noto
negli
ambienti
teatrali
,
e
di
qui
,
con
i
«
si
dice
»
dei
salotti
mondani
,
era
diventato
notissimo
anche
al
pubblico
.
La
curiosità
per
l
'
imminente
avvenimento
ne
era
così
anche
più
acuita
.
E
intanto
si
parlava
dell
'
impegno
con
cui
gli
amici
abruzzesi
di
Gabriele
,
con
alla
testa
Michetti
,
andavano
raccogliendo
nei
villaggi
d
'
Abruzzo
tutta
la
suppellettile
folcloristica
necessaria
per
la
messa
in
scena
:
vecchi
costumi
,
orci
,
borracce
intarsiate
,
gioielli
,
scialli
,
scapolari
.
Michetti
e
Ferraguti
preparavano
i
bozzetti
per
le
scene
che
Rovescalli
,
lo
scenografo
della
Scala
,
doveva
dipingere
in
grande
.
Michetti
disegnava
il
costume
di
Mila
per
la
Duse
e
il
bozzetto
veniva
mandato
da
Talli
alla
sartoria
teatrale
.
Il
poeta
aveva
letto
il
copione
agli
attori
e
Irma
Gramatica
-
che
lo
aveva
già
letto
di
nascosto
-
obbedendo
a
Talli
fingeva
di
non
conoscerne
nemmeno
una
parola
.
D
'
Annunzio
continuava
a
parlare
della
Duse
come
di
una
interprete
sicura
.
Ed
egli
era
forse
sicuro
che
,
all
'
ultimo
,
la
sua
autorità
di
poeta
avrebbe
avuto
il
potere
di
placare
nella
Duse
le
ansie
,
i
crucci
,
le
gelosie
della
donna
.
Si
vide
che
egli
si
era
sbagliato
.
E
le
cronache
cominciarono
a
parlare
della
salute
della
Duse
,
di
vaghe
indisposizioni
,
di
abbassamenti
di
voce
,
di
persistenti
faringiti
.
Quello
che
segretamente
giungeva
alla
sua
conclusione
,
mentre
si
iniziavano
le
prove
,
era
il
dramma
più
grave
e
tormentoso
della
vita
della
grande
attrice
.
Alla
fine
si
capì
che
era
impossibile
parlare
di
accomodamenti
e
di
rinvii
.
Velatamente
,
raccontando
la
vita
della
Duse
,
Olga
Signorelli
,
richiamandosi
ad
un
brano
del
Fuoco
,
dice
così
di
quell
'
ora
:
«...Nulla
era
accaduto
,
nulla
accadeva
...
Nessuna
parola
era
stata
proferita
che
stabilisse
un
termine
,
che
accennasse
ad
una
interruzione
...
E
nondimeno
ella
sentiva
in
quel
punto
l
'
impossibilità
assoluta
di
seguitare
a
vivere
accanto
all
'amato...»
.
La
crisi
arrivava
al
culmine
.
Meno
poeticamente
Talli
,
che
era
stato
in
grande
agitazione
e
l
'
aveva
confidato
a
Marco
Praga
fin
dal
gennaio
-
il
poeta
era
spessissimo
a
Verona
,
si
sapeva
perché
e
nelle
sue
epistole
parlava
lietamente
di
cavalcate
e
di
cacce
-
racconta
che
,
alla
fine
,
il
poeta
stesso
aveva
detto
non
esser
«
ormai
prudente
prolungare
troppo
un
'
illusione
che
avrebbe
potuto
procurare
dispiaceri
non
lievi
...
»
.
Il
nome
della
Duse
non
fu
più
pronunciato
e
il
costume
di
Mila
fu
portato
nel
camerino
di
Irma
Gramatica
.
La
sera
del
3
marzo
,
a
Genova
,
costretta
a
letto
in
albergo
dalla
febbre
,
avendo
compagna
Matilde
Serao
,
Eleonora
Duse
,
mentre
a
Milano
si
apriva
il
sipario
del
Lirico
,
declamò
a
se
stessa
la
tragedia
.
La
sapeva
a
memoria
dal
primo
all
'
ultimo
verso
.
E
continuò
sino
alla
fine
,
nella
notte
,
sino
alla
battuta
suprema
:
«
La
fiamma
è
bella
!
La
fiamma
è
bella
!
»
.
Intanto
,
mentre
l
'
ispiratrice
piangeva
disfatta
sul
cuscino
,
il
pubblico
chiamava
il
poeta
in
trionfo
alla
ribalta
.
La
Figlia
di
Jorio
iniziava
la
sua
vita
di
poesia
:
Eleonora
Duse
quella
della
sua
lunga
disperata
melanconia
.
StampaQuotidiana ,
Si
dice
da
taluno
che
un
trasferimento
immediato
della
capitale
a
Roma
sia
impossibile
materialmente
e
moralmente
.
Rispondiamo
che
IMPOSSIBILE
è
invece
il
NON
ANDARVI
.
Cosa
fatta
capo
ha
.
Fin
da
questo
momento
la
Capitale
è
Roma
,
Roma
sola
,
e
chi
non
se
ne
accorge
è
cieco
dell
'
intelletto
.
A
Roma
,
a
Roma
sola
è
rivolto
l
'
occhio
,
il
pensiero
,
il
cuore
della
Nazione
.
A
Roma
accorrono
come
al
centro
a
cui
tende
ogni
cosa
italiana
,
come
al
crogiuolo
in
cui
s
'
affinerà
domani
l
'
opinione
pubblica
nazionale
,
tutti
i
partiti
,
tutte
le
forze
vive
e
capaci
d
'
influenza
politica
.
Domani
il
giornalismo
della
grande
Metropoli
sarà
quello
che
avrà
nome
e
sostanza
di
giornalismo
della
Capitale
.
Domani
Roma
e
l
'
Italia
convenuta
in
Roma
chiederanno
a
se
stesse
:
«
Dov
'
è
il
governo
?
Natura
abhorret
a
vacuo
.
Dov
'
è
il
governo
?
»
.
È
urgente
che
a
tal
domanda
si
possa
rispondere
:
«
Al
Quirinale
!
Al
Quirinale
!
»
.
Badateci
!
Se
il
vuoto
si
prolunga
altri
lo
riempie
.
Natura
abhorret
a
vacuo
.
Se
non
andate
voi
ci
andrà
la
Repubblica
.
Badateci
!
I
meridionali
non
vorran
più
risalire
oltre
Roma
;
e
i
settentrionali
che
anelano
alla
stabilità
della
cosa
pubblica
vi
scongiurano
d
'
uscir
dal
provvisorio
al
più
presto
possibile
,
e
di
portare
al
Congresso
un
fatto
compiuto
dinanzi
al
quale
la
diplomazia
s
'
inchini
,
e
non
una
passeggiata
militare
a
cui
d
'
un
tratto
di
penna
si
possa
dare
contrordine
.
StampaQuotidiana ,
Uno
dei
membri
della
delegazione
italiana
,
testé
ritornato
dalla
Russia
sovietica
,
riferì
ai
lavoratori
torinesi
che
la
tribuna
destinata
all
'
accoglienza
della
delegazione
di
Kronstadt
era
fregiata
con
la
seguente
iscrizione
:
"
Evviva
lo
sciopero
generale
torinese
dell
'
aprile
1920
"
.
Gli
operai
appresero
questa
notizia
con
molto
piacere
e
grande
soddisfazione
.
La
maggior
parte
dei
componenti
la
delegazione
italiana
recatasi
in
Russia
erano
stati
contrari
allo
sciopero
generale
d
'
aprile
.
Essi
sostenevano
nei
loro
articoli
contro
lo
sciopero
che
gli
operai
torinesi
erano
stati
vittime
di
un
'
illusione
e
avevano
sopravvalutato
l
'
importanza
dello
sciopero
.
I
lavoratori
torinesi
appresero
perciò
con
piacere
l
'
atto
di
simpatia
dei
compagni
di
Kronstadt
ed
essi
si
dissero
:
"
I
nostri
compagni
comunisti
russi
hanno
meglio
compreso
e
valutato
l
'
importanza
dello
sciopero
di
aprile
che
non
gli
opportunisti
italiani
,
dando
così
a
questi
ultimi
una
buona
lezione
"
.
Lo
sciopero
di
aprile
Il
movimento
torinese
dell
'
aprile
fu
infatti
un
grandioso
avvenimento
nella
storia
non
soltanto
del
proletariato
italiano
,
ma
di
quello
europeo
,
e
possiamo
dirlo
,
nella
storia
del
proletariato
di
tutto
il
mondo
.
Per
la
prima
volta
nella
storia
,
si
verificò
infatti
il
caso
di
un
proletariato
che
impegna
la
lotta
per
il
controllo
della
produzione
,
senza
essere
stato
spinto
all
'
azione
dalla
fame
o
dalla
disoccupazione
.
Di
più
non
fu
soltanto
una
minoranza
,
un
'
avanguardia
della
classe
operaia
che
intraprese
la
lotta
,
ma
la
massa
intiera
dei
lavoratori
di
Torino
scese
in
campo
e
portò
la
lotta
,
incurante
di
privazioni
e
di
sacrifizi
,
fino
alla
fine
.
I
metallurgici
scioperarono
per
un
mese
,
le
altre
categorie
dieci
giorni
.
Lo
sciopero
generale
degli
ultimi
dieci
anni
dilagò
in
tutto
il
Piemonte
,
mobilizzando
circa
mezzo
milione
di
operai
industriali
e
agricoli
,
e
coinvolse
quindi
circa
quattro
milioni
di
popolazione
.
I
capitalisti
italiani
tesero
tutte
le
loro
forze
per
soffocare
il
movimento
operaio
torinese
;
tutti
i
mezzi
dello
Stato
borghese
furono
posti
a
loro
disposizione
,
mentre
gli
operai
sostennero
da
soli
la
lotta
senza
alcun
aiuto
né
dalla
direzione
del
Partito
socialista
,
né
dalla
Confederazione
Generale
del
Lavoro
.
Anzi
,
i
dirigenti
del
Partito
e
della
Confederazione
schernirono
i
lavoratori
e
contadini
italiani
da
qualsiasi
azione
rivoluzionaria
colla
quale
essi
intendevano
manifestare
la
loro
solidarietà
coi
fratelli
torinesi
,
e
portare
a
essi
un
efficace
aiuto
.
Ma
gli
operai
torinesi
non
si
perdettero
d
'
animo
.
Essi
sopportarono
tutto
il
peso
della
reazione
capitalista
,
osservarono
la
disciplina
fino
all
'
ultimo
momento
e
rimasero
fino
dopo
la
disfatta
fedeli
alla
bandiera
del
comunismo
e
della
rivoluzione
mondiale
.
Anarchici
e
sindacalisti
La
propaganda
degli
anarchici
e
sindacalisti
contro
la
disciplina
di
partito
e
la
dittatura
del
proletariato
non
ebbe
alcuna
influenza
sulle
masse
,
anche
quando
,
causa
del
tradimento
dei
dirigenti
,
lo
sciopero
terminò
con
una
sconfitta
.
I
lavoratori
torinesi
giurarono
anzi
di
intensificare
la
lotta
rivoluzionaria
e
di
condurla
su
due
fronti
:
da
una
parte
contro
la
borghesia
vittoriosa
,
dall
'
altra
contro
i
capi
traditori
.
La
coscienza
e
la
disciplina
rivoluzionaria
,
di
cui
le
masse
torinesi
hanno
dato
prova
,
hanno
la
loro
base
storica
nelle
condizioni
economiche
e
politiche
in
cui
si
è
sviluppata
la
lotta
di
classe
a
Torino
.
Torino
è
un
centro
di
carattere
prettamente
industriale
.
Quasi
tre
quarti
della
popolazione
,
che
conta
mezzo
milione
di
abitanti
,
è
composta
di
operai
:
gli
elementi
piccolo
-
borghesi
sono
una
quantità
infima
.
A
Torino
vi
è
inoltre
una
massa
compatta
di
impiegati
e
tecnici
,
che
sono
organizzati
nei
sindacati
e
aderiscono
alla
Camera
del
Lavoro
.
Essi
furono
durante
tutti
i
grandi
scioperi
a
fianco
degli
operai
,
e
hanno
quindi
,
se
non
tutti
,
almeno
la
maggior
parte
,
acquistato
la
psicologia
del
vero
proletariato
,
in
lotta
contro
il
capitale
,
per
la
rivoluzione
e
il
comunismo
.
Due
insurrezioni
armate
Durante
la
guerra
imperialista
del
1914-18
,
Torino
vide
due
insurrezioni
armate
:
la
prima
insurrezione
,
che
scoppiò
nel
maggio
1915
,
aveva
l
'
obiettivo
di
impedire
l
'
intervento
dell
'
Italia
nella
guerra
contro
la
Germania
(
in
questa
occasione
venne
saccheggiata
la
Casa
del
popolo
)
;
la
seconda
insurrezione
,
nell
'
agosto
1917
,
assunse
il
carattere
di
una
lotta
rivoluzionaria
armata
,
su
grande
scala
.
La
notizia
della
Rivoluzione
di
marzo
in
Russia
era
stata
accolta
a
Torino
con
gioia
indescrivibile
.
Gli
operai
piangevano
di
commozione
quando
appresero
la
notizia
che
il
potere
dello
zar
era
stato
rovesciato
dai
lavoratori
di
Pietrogrado
.
Ma
i
lavoratori
torinesi
non
si
lasciarono
infinocchiare
dalla
fraseologia
demagogica
di
Kerenski
e
dei
menscevichi
(...)
.
Quando
nel
luglio
del
1917
arrivò
a
Torino
la
missione
inviata
nell
'
Europa
occidentale
dal
Soviet
di
Pietrogrado
,
i
delegati
Smirnov
e
Goldemberg
,
che
si
presentarono
dinanzi
a
una
folla
di
cinquantamila
operai
,
vennero
accolti
da
grida
assordanti
di
"
Evviva
Lenin
!
Evviva
i
bolscevichi
!
"
.
Goldemberg
non
era
troppo
soddisfatto
di
questa
accoglienza
;
egli
non
riusciva
a
capire
in
che
maniera
il
compagno
Lenin
si
fosse
acquistata
tanta
popolarità
fra
gli
operai
torinesi
.
E
non
bisogna
dimenticare
che
questo
episodio
avvenne
dopo
la
repressione
della
rivolta
bolscevica
del
luglio
,
che
la
stampa
borghese
italiana
infuriava
contro
Lenin
e
contro
i
bolscevichi
,
denunziandoli
come
briganti
,
intriganti
,
agenti
e
spie
dell
'
imperialismo
tedesco
.
Dal
principio
della
guerra
italiana
(
24
maggio
1915
)
il
proletariato
torinese
non
aveva
fatto
nessuna
manifestazione
di
massa
.
Barricate
,
trincee
,
reticolati
L
'
imponente
comizio
che
era
stato
organizzato
in
onore
dei
delegati
del
Soviet
pietrogradese
segnò
l
'
inizio
di
un
nuovo
periodo
di
movimenti
di
masse
.
Non
passò
un
mese
,
che
i
lavoratori
torinesi
insorsero
con
le
armi
in
pugno
contro
l
'
imperialismo
e
il
militarismo
italiano
.
L
'
insurrezione
scoppiò
il
23
agosto
1917
.
Per
cinque
giorni
gli
operai
combatterono
nelle
vie
della
città
.
Gli
insorti
,
che
disponevano
di
fucili
,
granate
e
mitragliatrici
,
riuscirono
persino
a
occupare
alcuni
quartieri
della
città
e
tentarono
tre
o
quattro
volte
di
impadronirsi
del
centro
ove
si
trovavano
le
istituzioni
governative
e
i
comandi
militari
.
Ma
i
due
anni
di
guerra
e
di
reazione
avevano
indebolito
la
già
forte
organizzazione
del
proletariato
,
e
gli
operai
inferiori
di
armamento
furono
vinti
.
Invano
sperarono
in
un
appoggio
da
parte
dei
soldati
;
questi
si
lasciarono
ingannare
dall
'
insinuazione
che
la
rivolta
era
stata
inscenata
dai
tedeschi
.
Il
popolo
eresse
barricate
,
scavò
trincee
,
circondò
qualche
rione
di
reticolati
a
corrente
elettrica
e
respinse
per
cinque
giorni
tutti
gli
attacchi
delle
truppe
e
della
polizia
.
Caddero
più
di
500
operai
,
più
di
2000
vennero
gravemente
feriti
,
Dopo
la
sconfitta
i
migliori
elementi
furono
arrestati
e
allontanati
e
il
movimento
proletario
perdette
di
intensità
rivoluzionaria
.
Ma
i
sentimenti
comunisti
del
proletariato
torinese
non
erano
spenti
.
Nel
dopoguerra
Dopo
la
fine
della
guerra
imperialista
il
movimento
proletario
fece
rapidi
progressi
.
La
massa
operaia
di
Torino
comprese
che
il
periodo
storico
aperto
dalla
guerra
era
profondamente
diverso
dall
'
epoca
precedente
la
guerra
.
La
classe
operaia
torinese
intuì
subito
che
la
III
Internazionale
è
un
'
organizzazione
del
proletariato
mondiale
per
la
direzione
della
guerra
civile
,
per
la
conquista
del
potere
politico
,
per
l
'
istituzione
della
dittatura
proletaria
,
per
la
creazione
di
un
nuovo
ordine
nei
rapporti
economici
e
sociali
.
I
problemi
della
rivoluzione
,
economici
e
politici
,
formavano
oggetto
di
discussione
in
tutte
le
assemblee
degli
operai
.
Le
migliori
forze
dell
'
avanguardia
operaia
si
riunirono
per
diffondere
un
settimanale
di
indirizzo
comunista
,
"
l
'
Ordine
Nuovo
"
.
Nelle
colonne
di
questo
settimanale
si
trattarono
i
vari
problemi
della
rivoluzione
;
l
'
organizzazione
rivoluzionaria
delle
masse
che
dovevano
conquistare
i
sindacati
alla
causa
del
comunismo
;
il
trasferimento
della
lotta
sindacale
dal
campo
grettamente
corporativista
e
riformista
,
sul
terreno
della
lotta
rivoluzionaria
,
del
controllo
sulla
produzione
e
della
dittatura
del
proletariato
.
Anche
la
questione
dei
Consigli
di
fabbrica
fu
posta
all
'
ordine
del
giorno
.
Nelle
aziende
torinesi
esistevano
già
prima
piccoli
comitati
operai
,
riconosciuti
dai
capitalisti
,
e
alcuni
di
essi
avevano
già
ingaggiato
la
lotta
contro
il
funzionarismo
,
lo
spirito
riformista
e
le
tendenze
costituzionali
dei
sindacati
.
Ma
la
maggior
parte
di
questi
comitati
non
erano
creature
dei
sindacati
;
le
liste
dei
candidati
per
questi
comitati
(
commissioni
interne
)
venivano
proposte
dalle
organizzazioni
sindacali
,
le
quali
sceglievano
di
preferenza
operai
di
tendenze
opportuniste
che
non
avrebbero
dato
delle
noie
ai
padroni
,
e
avrebbero
soffocato
in
germe
ogni
azione
di
massa
.
I
seguaci
dell
'
"
Ordine
Nuovo
"
perorarono
nella
loro
propaganda
in
prima
linea
la
trasformazione
delle
commissioni
interne
,
e
il
principio
che
la
formazione
delle
liste
dei
candidati
dovesse
avvenire
nel
seno
della
massa
operaia
e
non
dalle
cime
della
burocrazia
sindacale
.
I
compiti
che
essi
assegnarono
ai
Consigli
di
fabbrica
furono
il
controllo
sulla
produzione
,
l
'
armamento
e
la
preparazione
militare
delle
masse
,
la
loro
preparazione
politica
e
tecnica
.
Essi
non
dovevano
più
compiere
l
'
antica
funzione
di
cani
da
guardia
che
proteggono
gli
interessi
delle
classi
dominanti
,
né
frenare
le
masse
nelle
loro
azioni
contro
il
regime
capitalistico
.
L
'
entusiasmo
per
i
Consigli
La
propaganda
per
i
Consigli
di
fabbrica
venne
accolta
con
entusiasmo
dalle
masse
;
nel
corso
di
mezzo
anno
vennero
costituiti
Consigli
di
fabbrica
in
tutte
le
fabbriche
e
officine
metallurgiche
,
i
comunisti
conquistarono
la
maggioranza
nel
sindacato
metallurgici
;
il
principio
dei
Consigli
di
fabbrica
e
del
controllo
sulla
produzione
venne
approvato
e
accettato
dalla
maggioranza
del
Congresso
e
dalla
maggior
parte
dei
sindacati
appartenenti
alla
Camera
del
Lavoro
.
L
'
organizzazione
dei
Consigli
di
fabbrica
si
basa
sui
seguenti
principi
:
in
ogni
fabbrica
in
ogni
officina
viene
costituito
un
organismo
sulla
base
della
rappresentanza
(
e
non
sull
'
antica
base
del
sistema
burocratico
)
il
quale
realizza
la
forza
del
proletariato
,
la
lotta
contro
l
'
ordine
capitalistico
o
esercita
il
controllo
sulla
produzione
,
educando
tutta
la
massa
operaia
per
la
lotta
rivoluzionaria
e
per
la
creazione
dello
Stato
operaio
.
Il
Consiglio
di
fabbrica
deve
essere
formato
secondo
il
principio
dell
'
organizzazione
per
industria
;
esso
deve
rappresentare
per
la
classe
operaia
il
modello
della
società
comunista
,
alla
quale
si
arriverà
attraverso
la
dittatura
del
proletariato
;
in
questa
società
non
esisteranno
più
divisioni
di
classe
,
tutti
i
rapporti
sociali
saranno
regolati
secondo
le
esigenze
tecniche
della
produzione
e
della
organizzazione
corrispondente
,
e
non
saranno
subordinati
a
un
potere
statale
organizzato
.
La
classe
operaia
deve
comprendere
tutta
la
bellezza
e
nobiltà
dell
'
ideale
per
il
quale
essa
lotta
e
si
sacrifica
;
essa
deve
rendersi
conto
che
per
raggiungere
questo
ideale
è
necessario
passare
attraverso
alcune
tappe
;
essa
deve
riconoscere
la
necessità
della
disciplina
rivoluzionaria
e
della
dittatura
.
Ogni
azienda
si
suddivide
in
reparti
e
ogni
reparto
in
squadre
di
mestiere
;
ogni
squadra
compie
una
determinata
parte
del
lavoro
;
gli
operai
di
ogni
squadra
eleggono
un
operaio
con
mandato
imperativo
e
condizionato
.
L
'
assemblea
dei
delegati
di
tutta
l
'
azienda
forma
un
Consiglio
che
elegge
dal
suo
seno
un
comitato
esecutivo
.
L
'
assemblea
dei
segretari
politici
dei
comitati
esecutivi
forma
il
comitato
centrale
dei
Consigli
che
elegge
dal
suo
seno
un
comitato
urbano
di
studio
per
la
organizzazione
della
propaganda
,
la
elaborazione
dei
piani
di
lavoro
,
per
l
'
approvazione
dei
progetti
e
delle
proposte
delle
singole
aziende
perfino
di
singoli
operai
,
e
infine
per
la
direzione
generale
di
tutto
il
movimento
.
Consigli
e
commissioni
interne
durante
gli
scioperi
Alcuni
compiti
dei
Consigli
di
fabbrica
hanno
carattere
prettamente
tecnico
e
perfino
industriale
,
come
ad
esempio
,
il
controllo
sul
personale
tecnico
,
il
licenziamento
di
dipendenti
che
si
dimostrano
nemici
della
classe
operaia
,
la
lotta
con
la
direzione
per
la
conquista
dei
diritti
e
libertà
,
il
controllo
della
produzione
dell
'
azienda
e
delle
operazioni
finanziarie
.
I
Consigli
di
fabbrica
presero
presto
radici
.
Le
masse
accolsero
volentieri
questa
forma
di
organizzazione
comunista
,
si
schierarono
intorno
ai
comitati
esecutivi
e
appoggiarono
energicamente
la
lotta
contro
l
'
autocrazia
capitalista
.
Quantunque
né
gli
industriali
,
né
la
burocrazia
sindacale
volessero
riconoscere
i
Consigli
e
i
comitati
,
questi
ottennero
tuttavia
notevoli
successi
:
essi
scacciarono
gli
agenti
e
le
spie
dei
capitalisti
,
annodarono
rapporti
con
gli
impiegati
e
coi
tecnici
per
avere
delle
informazioni
d
'
indole
finanziaria
e
industriale
;
negli
affari
dell
'
azienda
essi
concentrarono
nelle
loro
mani
il
potere
disciplinare
e
dimostrarono
alle
masse
disunite
e
disgregate
ciò
che
significa
la
gestione
diretta
degli
operai
nell
'
industria
.
L
'
attività
dei
Consigli
e
delle
commissioni
interne
si
manifestò
più
chiaramente
durante
gli
scioperi
;
questi
scioperi
perdettero
il
loro
carattere
impulsivo
,
fortuito
e
divennero
l
'
espressione
dell
'
attività
cosciente
delle
masse
rivoluzionarie
.
L
'
organizzazione
tecnica
dei
Consigli
e
delle
commissioni
interne
,
la
loro
capacità
di
azione
si
perfezionò
talmente
,
che
fu
possibile
ottenere
in
cinque
minuti
la
sospensione
dal
lavoro
di
15
mila
operai
dispersi
in
42
reparti
della
Fiat
.
Il
3
dicembre
1919
i
Consigli
di
fabbrica
diedero
una
prova
tangibile
della
loro
capacità
di
dirigere
movimenti
di
masse
in
grande
stile
;
dietro
ordine
della
sezione
socialista
,
che
concentrava
nelle
sue
mani
tutto
il
meccanismo
del
movimento
di
massa
,
i
Consigli
di
fabbrica
mobilizzarono
senza
alcuna
preparazione
,
nel
corso
di
un
'
ora
,
centoventimila
operai
,
inquadrati
secondo
le
aziende
.
Un
'
ora
dopo
si
precipitò
l
'
armata
proletaria
come
una
valanga
fino
al
centro
della
città
e
spazzò
dalle
strade
e
dalle
piazze
tutto
il
canagliume
nazionalista
e
militarista
.
La
lotta
contro
i
Consigli
Alla
testa
del
movimento
per
la
costruzione
dei
Consigli
di
fabbrica
furono
i
comunisti
appartenenti
alla
sezione
socialista
e
alle
organizzazioni
sindacali
;
vi
presero
pure
parte
gli
anarchici
,
i
quali
cercarono
di
contrapporre
la
loro
fraseologia
ampollosa
al
linguaggio
chiaro
e
preciso
dei
comunisti
marxisti
.
Il
movimento
incontrò
la
resistenza
accanita
dei
funzionari
sindacali
,
della
direzione
del
Partito
socialista
e
dell
'
"
Avanti
!
"
.
La
polemica
di
questa
gente
si
basava
sulla
differenza
fra
il
concetto
di
Consiglio
di
fabbrica
e
quello
di
Soviet
.
Le
loro
conclusioni
ebbero
un
carattere
puramente
teorico
,
astratto
,
burocratico
.
Dietro
le
loro
frasi
altisonanti
si
celava
il
desiderio
di
evitare
la
partecipazione
diretta
delle
masse
alla
lotta
rivoluzionaria
,
il
desiderio
di
conservare
la
tutela
delle
organizzazioni
sindacali
sulle
masse
.
I
componenti
la
direzione
del
Partito
si
rifiutarono
sempre
di
prendere
l
'
iniziativa
di
una
azione
rivoluzionaria
,
prima
che
non
fosse
attuato
un
piano
di
azione
coordinato
,
ma
non
facevano
mai
nulla
per
preparare
ed
elaborare
questo
piano
.
Il
movimento
torinese
non
riuscì
però
ad
uscire
dall
'
ambito
locale
,
poiché
tutto
il
meccanismo
burocratico
dei
sindacati
venne
messo
in
moto
per
impedire
che
le
masse
operaie
delle
altre
parti
d
'
Italia
seguissero
l
'
esempio
di
Torino
.
Il
movimento
torinese
venne
deriso
,
schernito
,
calunniato
e
criticato
in
tutti
i
modi
.
Le
aspre
critiche
degli
organismi
sindacali
e
della
direzione
del
Partito
socialista
incoraggiarono
nuovamente
i
capitalisti
i
quali
non
ebbero
più
freno
nella
loro
lotta
contro
il
proletariato
torinese
e
contro
i
Consigli
di
fabbrica
.
La
conferenza
degli
industriali
,
tenutasi
nel
marzo
1920
a
Milano
,
elaborò
un
piano
d
'
attacco
;
ma
i
"
tutori
della
classe
operaia
"
,
le
organizzazioni
economiche
e
politiche
non
si
curarono
di
questo
fatto
.
Abbandonato
da
tutti
,
il
proletariato
torinese
fu
costretto
ad
affrontare
da
solo
,
colle
proprie
forze
,
il
capitalismo
nazionale
e
il
potere
dello
Stato
.
Torino
venne
inondata
da
un
esercito
di
poliziotti
;
intorno
alla
città
si
piazzarono
cannoni
e
mitragliatrici
nei
punti
strategici
.
E
quando
tutto
questo
apparato
militare
fu
pronto
,
i
capitalisti
cominciarono
a
provocare
il
proletariato
.
E
'
vero
che
di
fronte
a
queste
gravissime
condizioni
di
lotta
il
proletariato
esitò
ad
accettare
la
sfida
;
ma
quando
si
vide
che
lo
scontro
era
inevitabile
,
la
classe
operaia
uscì
coraggiosamente
dalle
sue
posizioni
di
riserva
e
volle
che
la
lotta
fosse
condotta
fino
alla
sua
fine
vittoriosa
.
Il
Consiglio
nazionale
socialista
di
Milano
I
metallurgici
scioperarono
un
mese
intero
,
le
altre
categorie
dieci
giorni
;
l
'
industria
in
tutta
la
provincia
era
ferma
,
le
comunicazioni
paralizzate
.
Il
proletariato
torinese
fu
però
isolato
dal
resto
d
'
Italia
;
gli
organi
centrali
non
fecero
niente
per
aiutarlo
;
ma
non
pubblicarono
nemmeno
un
manifesto
per
spiegare
al
popolo
italiano
l
'
importanza
della
lotta
dei
lavoratori
torinesi
;
L
'
"
Avanti
!
"
si
rifiutò
di
pubblicare
il
manifesto
della
sezione
torinese
del
partito
.
I
compagni
torinesi
si
buscarono
dappertutto
epiteti
di
anarchici
e
avventurieri
.
In
quell
'
epoca
si
doveva
avere
a
Torino
il
Consiglio
nazionale
del
Partito
;
tale
convegno
venne
però
trasferito
a
Milano
,
perché
una
città
"
in
preda
a
uno
sciopero
generale
"
sembrava
poco
adatta
come
teatro
di
discussioni
socialiste
.
In
questa
occasione
si
manifestò
tutta
l
'
impotenza
degli
uomini
chiamati
a
dirigere
il
Partito
;
mentre
la
massa
operaia
difendeva
a
Torino
coraggiosamente
i
Consigli
di
fabbrica
,
la
prima
organizzazione
basata
sulla
democrazia
operaia
,
incarnante
il
potere
del
proletario
,
a
Milano
si
chiacchierava
intorno
a
progetti
e
metodi
teorici
per
la
formazione
di
Consigli
come
forma
di
potere
politico
da
conquistare
dal
proletariato
;
si
discuteva
sul
modo
di
sistemare
le
conquiste
non
avvenute
e
si
abbandonava
il
proletariato
torinese
al
suo
destino
,
si
lasciava
alla
borghesia
la
possibilità
di
distruggere
il
potere
operaio
già
conquistato
.
Le
masse
proletarie
italiane
manifestarono
la
loro
solidarietà
coi
compagni
torinesi
in
varie
forme
;
i
ferrovieri
di
Pisa
,
Livorno
e
Firenze
si
rifiutarono
di
trasportare
le
truppe
destinate
a
Torino
,
i
lavoratori
dei
porti
e
i
marinari
di
Livorno
e
Genova
sabotarono
il
movimento
dei
porti
;
il
proletariato
di
molte
città
scese
in
sciopero
contro
gli
ordini
dei
sindacati
.
Lo
sciopero
generale
di
Torino
e
del
Piemonte
cozzò
contro
il
sabotaggio
e
la
resistenza
delle
organizzazioni
sindacali
e
del
Partito
stesso
.
Esso
fu
tuttavia
di
grande
importanza
educativa
perché
dimostrò
che
l
'
unione
pratica
degli
operai
e
contadini
è
possibile
,
e
riprovò
l
'
urgente
necessità
di
lottare
contro
tutto
il
meccanismo
burocratico
delle
organizzazioni
sindacali
,
che
sono
il
più
solido
appoggio
per
l
'
opera
opportunistica
dei
parlamentari
e
dei
riformisti
mirante
al
soffocamento
di
ogni
movimento
rivoluzionario
delle
masse
lavoratrici
.
StampaQuotidiana ,
Ogni
tanto
,
la
Divina
passa
sotto
alla
mia
finestra
nella
piazzetta
del
porticciolo
di
Portofino
.
La
Divina
è
«
diventata
di
casa
»
.
Domani
o
dopodomani
-
mi
ha
detto
lo
scrittore
americano
Truman
Capote
-
tornerà
qui
per
qualche
giorno
.
L
'
altra
sera
,
si
dimostrava
più
acclimatata
o
più
fiduciosa
nella
discrezione
della
gente
:
aveva
riposto
nella
borsa
i
suoi
grandi
occhiali
neri
,
e
,
passando
davanti
al
gelataio
o
davanti
alla
vetrina
della
piccola
friggitoria
,
non
affrettava
il
passo
,
e
lasciava
che
,
sia
pure
in
una
cauta
distanza
,
il
riverbero
della
modesta
luce
dei
due
spacci
le
sfiorasse
il
volto
.
Nemmeno
per
lei
ha
una
qualche
eccezione
la
regola
della
piazzetta
:
le
automobili
non
possono
entrare
.
Anche
la
Divina
deve
obbedire
al
divieto
marcato
da
una
vecchia
catena
:
l
'
auto
dei
suoi
ospiti
sosta
cinquanta
metri
più
in
là
,
nel
posteggio
scavato
nella
gola
della
valle
.
Anche
lei
deve
attraversare
la
piazza
a
piedi
,
andare
a
piedi
alla
Calata
,
o
salire
a
piedi
per
il
viottolo
scosceso
che
sale
a
San
Giorgio
.
La
catena
non
è
stata
abbassata
,
nessun
baldo
giovane
in
maglietta
da
marinaio
posticcio
si
è
fatto
avanti
per
portarla
in
collo
,
così
come
essa
,
quasi
trent
'
anni
or
sono
,
in
una
scena
della
Carne
e
il
diavolo
si
faceva
portare
con
un
abbandono
d
'
amore
che
la
memoria
fa
sembrare
incomparabile
.
La
Divina
,
se
desidera
evitare
la
troppa
luce
delle
trattorie
e
dei
caffè
,
i
troppi
sguardi
curiosi
deve
fidarsi
solo
delle
proprie
gambe
e
dei
propri
zoccoli
camminando
là
dove
,
forse
,
l
'
acciottolato
è
più
rude
.
Là
era
la
penombra
,
e
nel
suo
filo
ultimo
,
al
di
là
del
quale
si
iniziava
il
buio
della
notte
,
la
Divina
camminava
appartata
,
equilibrandosi
sugli
zoccoli
che
le
signore
dei
caffè
giudicavano
,
con
una
rapida
occhiata
,
assai
fuori
moda
.
In
quel
filo
di
penombra
dove
la
luce
sfuma
e
dove
il
buio
ancora
non
nasconde
,
passa
dunque
colei
che
fu
chiamata
la
Divina
così
come
Eleonora
Duse
fu
chiamata
,
dai
suoi
compagni
d
'
arte
,
la
Signora
.
Da
quel
filo
di
penombra
,
ogni
giorno
un
millimetro
,
essa
va
lentamente
portandosi
verso
l
'
ombra
dove
più
non
entra
che
la
luce
della
storia
.
La
sua
è
la
storia
di
uno
sguardo
,
di
un
volto
,
di
un
sorriso
,
di
un
palpito
melanconico
delle
pupille
,
di
un
bacio
e
,
forse
più
che
di
un
bacio
,
di
un
sospiro
.
È
la
storia
del
volto
che
lei
ha
dato
alla
Signora
delle
Camelie
e
ad
Anna
Karenina
:
un
volto
che
ormai
,
per
la
nostra
generazione
,
non
si
separa
più
dai
due
volti
immortali
modellati
dalla
poesia
teatrale
e
dal
romanzo
.
Quel
volto
sta
adesso
all
'
ultima
ribalta
della
penombra
:
presto
verrà
l
'
età
con
i
suoi
colpi
di
lima
pesanti
;
la
luce
di
quegli
occhi
si
attenuerà
;
l
'
enigma
di
quelle
pupille
sembrerà
,
a
chi
non
sappia
ritrovarne
l
'
impallidito
mistero
,
un
modesto
rebus
da
vecchia
raccolta
di
ingialliti
settimanali
dei
padri
e
dei
nonni
.
Io
,
mentre
Greta
passa
in
quella
penombra
,
o
nel
breve
riflesso
della
piccola
festosa
luce
della
botteguccia
del
gelataio
sotto
alla
mia
finestra
,
penso
alla
immensa
fatica
e
forse
all
'
immensa
noia
e
certo
alla
fatale
tristezza
di
portare
in
giro
quel
volto
che
con
il
tempo
si
farà
stanco
,
che
già
oggi
è
un
po
'
stanco
,
e
di
sentir
su
di
esso
il
peso
,
il
carico
,
il
giogo
di
infiniti
,
di
innumerevoli
sguardi
,
curiosi
,
avidi
e
persino
spietati
.
Questo
è
il
destino
di
chi
,
volendo
tornare
forse
ad
essere
una
donna
come
tante
altre
e
,
anzi
,
a
differenza
delle
altre
desiderosa
solamente
di
non
essere
guardata
,
porta
,
sotto
il
cappellaccio
di
paglia
o
sotto
il
fazzoletto
malamente
annodato
,
un
volto
che
fa
parte
della
storia
del
Novecento
,
di
questo
strano
secolo
in
cui
,
forse
più
di
ogni
altra
cosa
il
dominio
dell
'
Immagine
ci
lega
alle
misteriose
catene
della
poesia
e
della
bellezza
.
Il
suo
destino
è
stato
di
non
avere
un
«
romanzo
»
,
pure
avendo
dato
il
suo
viso
alle
protagoniste
di
venti
o
trenta
romanzi
.
Avrebbe
potuto
essere
tutte
le
donne
:
le
donne
vere
e
le
donne
immaginarie
,
le
donne
della
poesia
e
le
donne
della
cronaca
,
Laura
de
Sade
,
Ilaria
del
Carretto
,
Emma
Bovary
,
Maria
Tarnowska
,
Hedda
Gabler
,
e
persino
Nanà
e
persino
Zazà
.
Dove
passa
lei
,
sono
esse
che
passano
.
Ma
lei
,
la
Divina
,
lei
Greta
Garbo
mi
sembra
che
là
,
nella
penombra
,
vada
come
appesantita
dal
corteo
che
quelle
,
invisibili
,
fanno
alla
sua
figura
,
ormai
più
che
fragile
,
un
po
'
affaticata
:
le
altre
che
le
hanno
rapito
il
diritto
di
avere
un
'
anima
solamente
sua
,
come
nel
racconto
di
Poe
del
pittore
che
,
per
dipingere
il
Ritratto
ovale
,
ogni
giorno
con
un
colpo
di
pennello
porta
via
qualcosa
dall
'
anima
della
sua
modella
.
Dal
caffè
,
dai
tavoli
delle
trattorie
,
dalle
pietre
del
molo
della
Calata
,
dalle
finestre
,
dai
terrazzini
,
o
fra
le
siepi
leggere
illuminate
a
festa
,
o
fra
i
sartiami
dei
velieri
o
fra
le
sagome
bianche
degli
yachts
dove
le
accada
di
salire
,
le
donne
,
le
giovinette
la
guardano
.
L
'
altra
sera
,
era
sulla
illuminatissima
barca
del
duca
di
Windsor
che
non
volle
essere
re
e
imperatore
.
Gli
sguardi
hanno
potuto
contare
quante
volte
ha
vuotato
,
prima
di
mezzanotte
,
il
suo
bicchiere
di
whisky
.
Si
sa
tutto
:
l
'
hanno
vista
a
pranzo
nella
loggia
di
una
trattoria
del
molo
,
e
si
sa
,
fino
al
più
minuscolo
boccone
,
cosa
ha
mangiato
.
Si
sa
che
ha
rifiutato
,
con
uno
strano
riso
,
di
firmare
un
album
.
Da
una
settimana
,
da
dieci
giorni
ci
si
domanda
:
«
È
bella
?
»
.
E
la
stessa
domanda
ricomincerà
,
fra
un
tavolino
e
l
'
altro
dei
caffè
,
fra
due
giorni
,
quando
ritornerà
.
Si
sente
dire
:
«
Io
trovo
ancora
bellissima
la
fronte
...
Per
me
,
la
bocca
è
un
po
'
stanca
...
Io
non
posso
perdonarle
quei
calzoni
...
E
io
non
le
perdono
quella
maglietta
...
Lei
,
avvocato
,
le
ha
guardato
i
piedi
?
»
.
Quando
,
l
'
altra
sera
,
ha
attraversato
la
piazzetta
al
braccio
dell
'
attrice
Lilli
Palmer
,
le
signore
di
Portofino
hanno
affrettato
il
passo
per
poter
confrontare
la
loro
statura
con
la
sua
.
Gruppi
di
ragazzette
hanno
abbandonato
i
tavolini
del
gelataio
per
vederla
da
vicino
e
sono
tornate
sghignazzando
,
dicendo
che
è
brutta
.
Mi
è
passata
accanto
.
L
'
antica
,
prodigiosa
bellezza
è
ancora
evidente
sotto
al
velo
di
melanconia
dell
'
età
che
sembra
consumarla
dal
di
dentro
.
Le
tempie
,
lo
zigomo
,
l
'
arco
dell
'
orbita
sono
ancora
perfetti
anche
se
tendono
ad
appassire
.
Parlava
a
bassa
voce
,
ridendo
donnescamente
,
con
l
'
amica
che
le
dava
il
braccio
.
È
sparita
nella
penombra
.
Ho
pensato
che
,
mentre
è
facile
,
è
quasi
istintivo
immaginare
nude
le
donne
,
è
difficile
immaginare
nuda
Greta
Garbo
.
Non
so
se
questo
sia
più
segno
di
rispetto
o
melanconia
d
'
amore
.
StampaQuotidiana ,
V
'
è
egli
puntura
più
dolorosa
per
chi
nei
ceppi
,
negli
esili
,
rincorso
dagli
sgherri
,
appiattato
nel
solingo
studio
,
minacciato
dai
carnefici
,
non
ha
per
lunghi
anni
risparmiato
né
pericoli
,
né
fatica
perché
la
patria
sua
fosse
indipendente
da
ogni
forestiero
,
e
libera
nei
suoi
ordini
di
governo
;
vi
ha
egli
,
diciamo
,
puntura
più
dolorosa
per
lui
che
il
vedere
,
il
sentire
,
oggi
,
tanti
sussurrare
sommessamente
che
,
quanto
son
persuasi
dei
benefici
che
l
'
indipendenza
può
portare
all
'
Italia
,
tanto
cominciano
a
sospettare
che
la
libertà
politica
non
sia
in
grado
di
fargliene
;
e
che
una
prova
di
sei
o
sette
anni
mostra
oramai
che
un
governo
,
in
cui
vi
fosse
meno
luogo
a
parole
e
più
a
spazio
ai
fatti
,
sarebbe
meglio
in
grado
di
sanare
le
piaghe
che
nel
bel
corpo
d
'
Italia
,
oggi
,
come
ai
tempi
di
Petrarca
,
si
vedono
sì
spesse
?
Ebbene
,
costoro
seguono
un
'
apparenza
ingannevole
;
e
la
sostanza
delle
cose
sfugge
loro
.
Sì
,
l
'
Italia
ha
le
finanze
in
dissesto
,
e
l
'
amministrazione
sossopra
;
le
mutazioni
dei
ministeri
,
troppo
frequenti
,
hanno
impedito
che
nessuna
cosa
pigliasse
un
assetto
a
dirittura
stabile
;
le
discussioni
dei
parlamenti
hanno
talora
indugiato
d
'
un
anno
o
più
provvedimenti
che
,
presi
un
anno
prima
,
avrebbero
soffocato
nel
nascere
le
difficoltà
che
ora
ci
assiepano
;
il
demonio
del
parteggiare
ci
ha
tenuto
troppo
la
mano
nei
capelli
,
e
abbiamo
sciupato
nelle
gare
il
tempo
che
dovevano
spendere
a
fare
;
l
'
imitazione
della
Francia
ci
ha
sedotti
troppo
,
e
,
consumati
nelle
discussioni
astratte
e
teoriche
dei
diritti
,
ci
siamo
lasciati
a
sviare
dalla
considerazione
e
dall
'
esame
concreto
dei
fatti
.
Sì
,
è
vero
;
gli
elettori
hanno
scambiato
la
viltà
col
coraggio
,
e
,
assuefatti
a
governi
assoluti
,
non
hanno
inteso
le
necessità
dei
governi
liberi
.
Sì
,
si
son
lasciati
sopraffare
dalle
accuse
bugiarde
,
dalle
calunnie
demagogiche
di
quelli
che
,
all
'
indomani
della
libertà
,
colle
grida
scomposte
e
coi
finti
ardori
,
tentavano
di
far
dimenticare
la
lor
condotta
della
vigilia
;
e
,
invidiosi
d
'
ogni
primato
morale
,
d
'
ogni
influenza
legittima
acquistata
,
d
'
ogni
virtù
civile
,
versavano
la
bava
velenosa
del
loro
animo
sopra
i
migliori
,
sopra
quegli
stessi
che
avevano
loro
aperta
la
bocca
già
serva
.
Sì
,
tutto
questo
è
vero
;
è
dolorosamente
vero
;
ma
chi
gli
ha
educati
cotesti
italiani
,
dei
quali
ci
lagniamo
nelle
assemblee
,
nei
collegi
,
nei
circoli
,
nei
giornali
?
È
la
libertà
forse
?
Coloro
i
quali
la
vollero
e
la
vogliono
,
non
la
vollero
e
non
la
vogliono
se
non
perché
sanno
ch
'
essa
è
la
sola
Dea
adatta
a
svegliare
colla
gran
voce
tutto
un
popolo
,
e
a
ridargli
vigore
morale
;
sola
in
grado
di
suscitarne
le
virtù
sonnolente
,
di
acuire
le
menti
,
di
sferzare
gli
animi
,
di
agitare
gl
'
interessi
,
di
provocare
la
gara
di
tutti
sopra
ogni
cosa
,
e
di
farne
prorompere
quell
'
emulazione
rigogliosa
che
sopraffà
e
vince
gli
ostacoli
.
Quale
è
la
radice
dei
tanti
mali
dei
quali
ci
lagniamo
,
la
radice
sola
dalla
quale
pullulano
tutti
,
così
vari
e
diversi
come
sono
?
Una
sola
.
La
poca
operosità
intellettuale
,
morale
,
economica
di
ciascuno
di
noi
.
Noi
non
siamo
contenti
del
governo
,
né
delle
assemblee
,
e
abbiamo
ragione
.
Ma
il
governo
e
le
assemblee
hanno
ragione
d
'
essere
contenti
di
ciascun
cittadino
?
Ciascun
cittadino
di
essere
contento
di
sé
?
Il
governo
e
le
assemblee
hanno
una
gran
parte
nella
prosperità
dei
paesi
liberi
;
chi
lo
nega
?
Ma
non
l
'
hanno
tutta
;
e
ne
spetta
una
grandissima
al
complesso
della
cittadinanza
.
Questa
ha
egli
fatta
la
sua
?
Chi
l
'
affermerebbe
?
E
se
la
camera
ultima
è
riuscita
così
inferiore
al
bisogno
,
non
è
stato
perché
,
non
creata
,
come
la
prima
,
in
un
gran
momento
d
'
eccitazione
morale
e
politica
,
ha
ritratto
troppo
fedelmente
l
'
inerzia
scapigliata
,
discorde
,
querula
del
paese
stesso
?
Non
è
chiaro
,
quindi
,
che
una
rigenerazione
morale
,
intima
,
quella
di
cui
abbisogniamo
tutti
;
che
in
questa
sola
è
il
germe
d
'
ogni
altro
bene
,
il
seme
di
ogni
operosità
intellettuale
,
d
'
ogni
prosperità
economica
;
il
fondamento
su
cui
possiamo
solo
sperare
di
edificare
parlamenti
e
governi
che
ci
contentino
o
ci
soddisfacciano
?
Ora
,
questa
rigenerazione
morale
non
possiamo
aspettarla
che
dalla
libertà
politica
.
Chi
crede
che
,
facendo
gettito
della
libertà
,
rimedierebbe
prima
ai
mali
del
paese
,
deve
credere
che
anche
dando
a
tracannare
oppio
a
chi
dorme
,
riuscirebbe
a
svegliarlo
.
Chi
sussurra
questo
consiglio
al
paese
o
a
sé
,
consiglia
a
Esaù
di
vendere
la
sua
primogenitura
.
Se
con
i
parlamenti
l
'
Italia
non
è
riuscita
a
porsi
affatto
in
assetto
,
senza
quelli
non
avrebbe
anche
principiato
a
mettersi
insieme
;
non
sarebbe
stata
neanche
in
grado
di
stare
insieme
sinora
.
Sono
state
le
influenze
onorate
,
vigorose
,
fide
degli
uomini
i
quali
si
sono
raccolti
nel
primo
parlamento
dell
'
Italia
,
quelle
le
quali
hanno
dato
modo
a
un
governo
centrale
,
insolito
e
nuovo
,
e
nei
principi
scarso
di
forza
,
di
stendere
la
sua
azione
,
d
'
imporre
la
volontà
sua
da
un
capo
all
'
altro
d
'
un
paese
diviso
sin
allora
in
sette
Stati
,
discordi
d
'
abitudini
,
di
legislazione
,
di
storia
,
di
sentimenti
,
di
desideri
.
Nessun
'
opera
potrebb
'
essere
compiuta
in
Italia
,
senza
difficoltà
infinite
,
quando
in
un
parlamento
comune
non
vi
fosse
modo
di
temperare
le
voglie
diverse
,
di
moderare
e
conciliare
gl
'
interessi
contraddittori
.
La
libertà
,
quindi
,
che
sola
può
rifondere
il
succhio
della
vita
nelle
nostre
membra
stanche
,
può
anche
sola
compiere
l
'
opera
ch
'
essa
ha
principiato
,
e
tenerla
,
sin
che
dura
,
insieme
.
È
facile
,
quando
si
sentono
i
dolori
d
'
una
situazione
,
immaginarne
un
'
altra
diversa
,
e
fantasticare
che
in
questa
non
si
sentirebbero
.
Ma
è
fallace
illusione
;
fate
che
arrivi
coi
fatti
l
'
altra
situazione
che
oggi
sognate
,
e
ne
proverete
nelle
midolle
gli
aculei
.
Il
pericolo
,
che
un
uso
non
retto
delle
forme
parlamentari
del
governo
ancora
per
un
anno
o
due
creerebbe
,
è
appunto
questo
:
che
nel
paese
si
generi
quell
'
illusione
fallace
,
e
non
si
accorga
di
essere
caduto
d
'
un
errore
in
un
altro
,
se
non
quando
fosse
troppo
tardi
.
Da
quest
'
illusione
spetta
di
scaltrirlo
a
tutti
quelli
i
quali
hanno
col
consiglio
,
colla
penna
,
colla
parola
qualche
influenza
sopra
esso
.
Ma
,
nel
farlo
,
è
utile
persuadersi
,
è
utile
fissarsi
bene
in
mente
,
che
inganna
se
medesimo
chiunque
si
dice
amico
della
libertà
,
e
procura
insieme
di
stornare
i
suffragi
degli
elettori
dall
'
elezione
d
'
un
uomo
provato
d
'
animo
e
di
mente
,
e
di
rivolgerli
,
invece
,
a
quella
d
'
un
misero
e
vizioso
intrigante
,
d
'
un
povero
strumento
logoro
di
partito
,
d
'
uno
spirito
incerto
,
vano
,
flaccido
,
senza
costrutto
.
La
libertà
è
il
principio
d
'
ogni
bene
e
d
'
ogni
vita
:
persino
viziata
,
agitata
,
scarmigliata
,
val
meglio
che
un
dispotismo
tranquillo
;
sono
più
i
semi
che
feconda
essa
col
soffio
,
che
non
quelli
che
il
dispotismo
promette
di
sapere
schiudere
nella
stufa
.
Ma
scapigliata
,
scarmigliata
,
sconclusionata
,
le
masse
non
la
tollerano
,
perché
impazienti
dei
danni
che
intanto
soffrono
.
Ciò
è
necessario
che
ricordino
bene
tutti
coloro
i
quali
desiderano
veramente
che
essa
duri
e
prosperi
;
tutti
coloro
i
quali
,
sapendo
le
prove
ch
'
essa
ha
fatte
in
Grecia
e
in
Roma
,
in
Inghilterra
e
in
America
,
sperano
che
le
rinnovi
tra
noi
.
Tra
pochi
giorni
dovranno
i
circoli
,
i
giornali
proporre
agli
elettori
i
nomi
sui
quali
raccogliere
i
loro
suffragi
.
Quei
nomi
saranno
il
solo
e
il
migliore
indizio
della
saldezza
dei
loro
criteri
,
e
della
verità
dei
loro
affetti
a
quella
libertà
che
Alfieri
invocava
con
quei
ferocissimi
e
santissimi
versi
:
O
Dea
,
tu
figlia
del
valor
,
che
aggiugni
Duo
gran
contrari
,
indipendenza
e
leggi
;
Tu
che
da
'
miei
venti
anni
il
cor
mi
pungi
E
miei
studi
e
mia
vita
arbitra
reggi
:
pur
aggiungendo
che
non
la
riconosceva
in
quella
che
,
camuffata
del
suo
nome
,
vociava
e
si
dimenava
ai
suoi
tempi
,
sulle
rive
della
Senna
:
Licenza
è
questa
;
alla
lasciva
gota
Ben
la
conosco
:
e
d
'
ogni
pudor
priva
Volger
s
'
affretta
la
sua
breve
rota
.
StampaQuotidiana ,
I
comunisti
non
avranno
la
maggioranza
nel
congresso
confederale
che
sta
per
riunirsi
a
Livorno
;
è
anzi
quasi
certo
che
neppure
nei
futuri
congressi
,
nonostante
ogni
sforzo
di
propaganda
e
organizzazione
,
i
comunisti
avranno
la
maggioranza
.
La
situazione
si
presenta
in
questi
termini
:
per
avere
la
maggioranza
nei
congressi
,
i
comunisti
dovrebbero
essere
in
grado
di
rinnovare
radicalmente
lo
statuto
,
ma
per
rinnovare
lo
statuto
è
necessario
avere
già
la
maggioranza
.
Se
i
comunisti
si
lasciassero
impigliare
in
questo
circolo
vizioso
,
essi
farebbero
il
giuoco
della
burocrazia
sindacale
:
è
necessario
perciò
che
l
'
opposizione
abbia
un
indirizzo
preciso
e
un
metodo
capace
di
spezzare
l
'
attuale
condizione
di
cose
.
La
Confederazione
generale
del
lavoro
(
negli
altri
paesi
esiste
una
situazione
identica
a
quella
italiana
)
è
un
meccanismo
di
governo
che
non
può
essere
paragonato
allo
Stato
parlamentare
borghese
:
essa
può
trovare
dei
modelli
solo
nelle
antiche
organizzazioni
statali
assire
e
babilonesi
o
nelle
associazioni
guerriere
che
ancor
oggi
nascono
e
si
sviluppano
in
Mongolia
e
in
Cina
.
Ciò
si
spiega
da
un
punto
di
vista
storico
.
Le
masse
sono
entrate
nel
movimento
sindacale
per
la
paura
di
essere
schiacciate
da
un
avversario
che
sanno
strapotente
e
del
quale
non
sono
in
grado
di
prevedere
i
colpi
e
le
iniziative
.
Preoccupate
di
questa
loro
condizione
di
inferiorità
assoluta
,
prive
di
ogni
educazione
costituzionale
,
le
masse
hanno
completamente
abdicato
a
ogni
sovranità
e
a
ogni
potere
;
l
'
organizzazione
è
per
loro
diventata
una
stessa
cosa
con
la
persona
dell
'
organizzatore
,
allo
stesso
modo
che
per
un
esercito
in
campo
la
persona
del
condottiero
diventa
il
palladio
della
salute
comune
,
diventa
la
garanzia
del
successo
e
della
vittoria
.
Sarebbe
stato
il
compito
del
Partito
socialista
dare
alle
masse
proletarie
la
preparazione
politica
e
l
'
educazione
costituzionale
di
cui
esse
difettavano
.
Sarebbe
stato
compito
del
partito
socialista
innovare
gradualmente
le
forme
organizzative
e
trasferire
il
massimo
del
potere
nelle
mani
delle
masse
.
Il
Partito
non
fece
nulla
in
questo
senso
;
l
'
organizzazione
fu
completamente
lasciata
in
balìa
di
un
ristretto
gruppo
di
funzionari
,
che
minuziosamente
montarono
su
la
macchina
che
oggi
dà
loro
l
'
assoluto
dominio
.
Sette
anni
senza
congresso
hanno
permesso
di
più
:
tutto
un
nugolo
di
funzionari
è
stato
scaglionato
nelle
più
importanti
posizioni
,
e
si
è
costituita
una
fortezza
imprendibile
e
inaccessibile
anche
ai
più
tenaci
e
volenterosi
.
Il
Congresso
socialista
di
Livorno
si
spiega
solo
per
questa
condizione
di
cose
esistente
nel
campo
sindacale
:
il
Partito
socialista
è
completamente
caduto
nelle
mani
della
burocrazia
sindacale
che
,
del
resto
,
col
suo
personale
e
coi
mezzi
delle
organizzazioni
,
aveva
procurato
la
maggioranza
alla
tendenza
unitaria
;
il
Partito
socialista
è
ridotto
a
far
da
giannizzero
ai
mandarini
e
ai
condottieri
che
sono
alla
testa
delle
Federazioni
e
della
Confederazione
.
I
comunisti
devono
riconoscere
questo
stato
di
fatto
e
operare
conseguentemente
.
I
comunisti
devono
considerare
la
Confederazione
alla
stessa
stregua
dello
Stato
parlamentare
,
cioè
come
un
organismo
la
cui
conquista
non
può
avvenire
per
vie
costituzionali
.
Inoltre
la
questione
confederale
deve
essere
riguardata
tenendo
conto
di
questi
altri
postulati
:
che
si
vuole
raggiungere
l
'
unità
proletaria
e
che
si
vuole
impostare
in
senso
rivoluzionario
il
problema
del
controllo
sulla
produzione
.
Il
campo
di
attività
del
Partito
comunista
è
tutta
la
massa
degli
operai
e
contadini
;
la
Confederazione
è
teatro
di
maggior
propaganda
e
maggiore
attività
solo
perché
numericamente
abbraccia
la
maggior
parte
degli
operai
e
contadini
italiani
organizzati
,
cioè
più
consapevoli
e
preparati
.
La
lotta
per
la
formazione
e
per
lo
sviluppo
dei
Consigli
di
fabbrica
e
di
azienda
crediamo
sia
la
lotta
specifica
del
Partito
comunista
.
Essa
deve
porre
in
grado
il
partito
di
innestarsi
direttamente
con
una
organizzazione
accentrata
della
massa
operaia
,
organizzazione
che
deve
essere
riconosciuta
dalle
masse
come
l
'
unica
competente
e
autorizzata
a
emanare
parole
d
'
ordine
per
l
'
azione
generale
.
Con
la
lotta
per
i
Consigli
sarà
possibile
conquistare
in
modo
stabile
e
permanente
la
maggioranza
della
Confederazione
,
e
giungere
,
se
non
nel
periodo
rivoluzionario
,
certo
nel
periodo
postrivoluzionario
,
a
conquistare
anche
i
posti
direttivi
.
Questo
processo
si
è
verificato
in
Russia
:
nelle
giornate
rivoluzionarie
del
novembre
1917
,
i
proclami
e
i
manifesti
del
Partito
bolscevico
non
recavano
la
firma
dell
'
Unione
panrussa
dei
sindacati
,
recavano
la
firma
della
Centrale
panrussa
dei
Consigli
di
fabbrica
.
E
'
certo
importante
avere
nel
seno
della
Confederazione
una
forte
minoranza
comunista
organizzata
e
centralizzata
,
e
a
questo
fine
devono
essere
rivolti
tutti
i
nostri
sforzi
di
propaganda
e
di
azione
.
Ma
più
importante
storicamente
e
tatticamente
è
che
nessuno
sforzo
sia
risparmiato
perché
subito
dopo
il
Congresso
di
Livorno
sia
possibile
convocare
un
congresso
dei
Consigli
e
delle
Commissioni
interne
di
tutte
le
fabbriche
e
le
aziende
italiane
e
che
da
questo
congresso
venga
nominata
una
Centrale
che
abbracci
nei
suoi
quadri
organizzativi
tutta
la
massa
operaia
.
StampaQuotidiana ,
Quest
'
accoppiamento
di
cognomi
parrà
irriverente
a
molti
;
e
l
'
avremmo
cansato
,
se
non
fossimo
sicuri
,
che
a
taluni
di
questi
riuscirà
dispettoso
il
Mazzini
messo
insieme
col
Mastai
,
l
'
avvenire
speranzoso
aggiogato
col
passato
semispento
;
ad
altri
invece
,
sembrerà
appunto
il
contrario
:
intollerabile
il
congiungere
colla
costanza
eterna
della
fede
l
'
illusione
passeggera
della
fantasia
e
della
passioni
.
Pure
,
così
gli
uni
come
gli
altri
possono
fare
questa
considerazione
:
che
v
'
è
al
mondo
persone
le
quali
credono
infallibile
per
l
'
appunto
l
'
opposto
di
ciò
ch
'
essi
credono
tale
e
che
noi
,
quindi
,
i
quali
non
siamo
qui
a
giudicare
chi
dei
due
abbia
ragione
,
tra
perché
non
è
il
nostro
proponimento
,
e
perché
anche
né
dagli
uni
né
dagli
altri
ce
ne
sarebbe
riconosciuta
la
competenza
,
ma
ci
contentiamo
di
rilevare
i
tratti
umani
delle
cose
umane
,
abbiamo
il
diritto
d
'
indicare
le
somiglianze
nella
condotta
di
quelli
che
raccolgono
in
sé
la
suprema
autorità
e
guida
delle
due
avverse
opinioni
.
E
ora
questa
somiglianza
balza
agli
occhi
di
tutti
.
Come
Pio
IX
vuol
rimanere
prigioniero
per
forza
,
così
il
Mazzini
vuol
rimanere
per
forze
esule
.
Né
l
'
uno
né
l
'
altro
teme
di
aggiungere
al
tipo
comico
dell
'
ammalato
immaginario
quello
del
prigioniero
,
dell
'
esule
immaginario
.
Il
governo
italiano
è
condannato
a
fare
rispetto
all
'
uno
il
carceriere
,
rispetto
all
'
altro
lo
scacciatore
,
malgrado
suo
.
Né
quegli
,
né
questi
accetta
da
esso
la
libertà
di
cittadino
;
anzi
,
diciamo
meglio
,
Pio
IX
ricusa
persino
la
libertà
di
sovrano
.
Può
parere
alla
prima
che
ci
corra
questo
divario
:
Pio
IX
si
può
dire
spogliato
della
dignità
di
principe
,
che
ha
pur
tenuto
sino
a
ieri
l
'
altro
:
il
che
Mazzini
non
può
pretendere
di
sé
.
Ma
anche
questi
è
stato
presidente
della
Repubblica
romana
;
e
d
'
altra
parte
,
il
dispetto
dell
'
esser
scaduto
testé
da
un
altissimo
grado
non
è
minore
di
quello
di
non
averlo
mai
potuto
raggiungere
;
e
Pio
IX
resta
pontefice
della
cattolicità
,
mentre
il
Mazzini
non
è
anche
riuscito
a
essere
né
principe
,
né
pontefice
della
Repubblica
universale
.
Nella
verità
,
è
lo
stesso
criterio
che
inspira
la
lor
condotta
,
anzi
la
costringe
a
essere
quale
è
.
Le
potenze
,
ch
'
essi
devono
mantenere
o
fondare
,
sono
tali
che
tutta
la
forza
ne
consiste
nella
impressione
fatta
da
talune
idee
e
sentimenti
sulle
coscienze
.
Sfumano
affatto
,
se
quelli
che
n
'
hanno
la
principale
rappresentanza
,
paiono
patteggiare
con
i
rappresentanti
delle
idee
e
dei
sentimenti
opposti
.
Sfumano
tanto
più
quanto
più
si
chiede
loro
di
scendere
a
patti
,
mentre
appaiono
fiaccati
e
deboli
.
I
pontefici
,
quando
nessuno
dubitava
della
legittimità
del
lor
principato
,
hanno
potuto
cedere
ai
re
e
agli
imperatori
cristiani
l
'
esercizio
di
taluni
dei
diritti
appartenenti
alla
Chiesa
;
ma
Pio
IX
,
cacciato
di
Roma
e
chiuso
in
Vaticano
,
non
può
o
non
crede
di
potere
,
più
che
potesse
o
volesse
Gregorio
VII
esule
.
Il
Mazzini
,
da
parte
sua
,
sente
che
,
messo
in
carcere
da
uno
sbirro
mentre
andava
cospirando
di
città
in
città
,
rovinerebbe
il
suo
credito
affatto
,
se
paresse
contento
di
essere
liberato
di
carcere
e
vivesse
,
come
ogni
altro
cittadino
,
tra
noi
,
pur
lavorando
per
promuovere
le
idee
sue
,
sotto
la
protezione
delle
leggi
e
del
re
.
Per
non
morir
affatto
gli
bisogna
o
star
lontano
e
parere
minaccioso
,
oppure
venire
,
sì
,
al
di
qua
delle
Alpi
,
ma
camuffato
da
operaio
o
altrimenti
,
con
finta
barba
,
e
con
falsi
mostacci
,
così
da
non
essere
riconosciuto
e
da
potere
dare
qualche
verosimile
pretesto
alla
polizia
,
che
ne
segue
i
passi
,
di
non
mettergli
sino
dal
primo
le
mani
addosso
.
Non
è
possibile
mantenere
ad
altro
patto
l
'
ardore
nelle
loro
reciproche
chiese
.
L
'
apparenza
d
'
un
'
umile
ragionevolezza
li
spegnerebbe
affatto
.
Ed
è
disperato
,
parrebbe
il
disputare
così
coll
'
uno
come
coll
'
altro
,
e
l
'
opporsi
ad
argomenti
adatti
a
sviarli
dal
loro
proponimento
.
A
Pio
IX
,
di
certo
,
non
è
rincresciuto
se
non
il
dover
pure
rimanere
in
Roma
,
il
che
potrebbe
farlo
credere
meno
ostinato
e
tenace
di
quello
che
è
davvero
;
il
Mazzini
,
certo
,
non
s
'
addolora
,
se
non
d
'
aver
pure
dovuto
traversare
l
'
Italia
prima
di
ripassare
le
Alpi
,
senza
che
nessuno
gli
desse
noia
,
o
s
'
accorgesse
,
non
che
d
'
altro
di
lui
.
La
persecuzione
è
uno
dei
principali
elementi
di
rigoglio
e
di
vita
così
per
l
'
una
come
per
l
'
altra
fede
.
E
invero
,
per
la
fede
di
noi
liberali
,
gente
a
modo
discreta
,
fredda
,
mediocre
,
se
si
vuole
,
la
vita
è
tutt
'
altro
.
Noi
proponiamo
ad
amendue
di
tenere
il
presente
nelle
lor
mani
od
occupar
l
'
avvenire
,
se
possono
,
con
tutti
i
mezzi
che
ci
paiono
soli
leciti
al
propagamento
delle
opinioni
e
delle
persuasioni
di
qualunque
natura
siano
;
ma
non
con
altri
.
Ecco
la
società
,
diciamo
loro
,
davanti
a
voi
;
non
vi
permettiamo
né
di
martoriarla
perché
crede
a
un
modo
,
né
di
mandarla
sossopra
perché
crede
a
un
altro
;
ma
scrivete
,
parlate
,
ragionate
,
associatevi
pure
,
ordinatevi
,
predicate
dai
pulpiti
o
sermonate
dalle
tribune
;
insomma
,
convincete
,
se
vi
riesce
,
mantenete
le
convinzioni
vecchie
o
insinuatene
di
nuove
;
questo
non
vi
vogliamo
,
né
possiamo
impedire
,
e
ci
limitiamo
a
mantenervi
tutti
tranquilli
nel
giro
dei
vostri
diritti
e
doveri
insino
a
che
la
lotta
dura
,
e
durerà
,
per
fortuna
dell
'
uomo
,
sempre
,
poiché
senza
di
essa
egli
marcirebbe
e
vi
prenderemo
,
secondo
il
nostro
giudizio
,
parte
anche
noi
.
Ci
sono
tra
noi
anche
molti
cattolici
e
cristiani
,
molti
i
quali
fermamente
credono
che
la
parola
di
Cristo
sia
stata
e
sia
parola
di
verità
e
di
vita
,
e
la
Chiesa
cattolica
la
conservi
più
sana
e
intatta
d
'
ogni
altra
;
ma
questi
cattolici
,
che
stanno
con
noi
,
credono
che
appunto
la
lor
fede
non
riprenderà
tutto
l
'
antico
suo
spirito
,
tutta
la
sua
antica
forza
di
restaurare
e
di
rinnovare
l
'
uomo
,
se
non
quando
il
sacerdote
,
che
ne
è
l
'
interprete
,
ritorni
a
fidare
,
come
una
volta
,
solo
sulla
virtù
e
sulla
sua
dottrina
.
E
così
vi
possono
essere
tra
noi
liberali
molti
,
i
quali
o
non
credono
che
la
monarchia
costituzionale
sia
l
'
ultima
parola
delle
società
politiche
,
o
non
si
sgomentano
per
ciò
solo
che
il
Capo
dello
Stato
deva
essere
eletto
a
suffragio
di
popolo
,
anziché
ereditario
;
ma
ritengono
altresì
che
nei
popoli
,
i
quali
si
vogliono
ordinare
a
repubblica
,
si
devono
formare
prima
,
o
esistere
,
taluni
sentimenti
e
condizioni
morali
e
sociali
.
A
nessuno
è
vietato
di
procurare
di
formarli
in
Italia
,
di
prepararli
via
via
;
ma
a
chi
può
essere
lecito
l
'
immaginare
che
ci
sono
,
e
con
questa
immaginazione
mandarci
tutti
all
'
aria
,
come
se
ci
fossero
?
Al
Mazzini
non
è
possibile
consigliare
nulla
,
né
mette
conto
;
a
Pio
IX
neanche
,
perché
non
sentirebbe
.
Ma
al
capo
della
cattolicità
giova
dire
quello
che
all
'
altro
sarebbe
soverchio
l
'
inculcare
.
È
impossibile
difatti
,
ch
'
egli
scordi
o
trascuri
ciò
che
la
fede
,
di
cui
egli
è
dottore
vivo
,
promette
all
'
uomo
;
ciò
di
cui
anzi
essa
afferma
di
essere
sola
lo
strumento
indispensabile
.
Ebbene
,
se
questa
dottrina
è
vera
e
al
pontefice
non
può
parere
altrimenti
che
tale
,
quale
enorme
responsabilità
è
la
sua
,
se
ne
lascia
cadere
in
maggiore
disordine
nella
sua
patria
stessa
il
governo
e
la
regola
e
la
credenza
?
Se
,
nel
contrasto
,
lascia
che
se
ne
spezzino
le
fibre
e
i
nerbi
?
Se
l
'
uccide
colle
sue
mani
stesse
nel
cuore
di
molti
,
i
quali
sentono
pure
il
bisogno
di
non
negare
da
una
parte
ciò
che
la
ragione
dice
loro
legittimo
,
e
non
negare
dall
'
altra
ciò
che
la
coscienza
grida
loro
essere
santo
?
La
cattolicità
non
può
essere
retta
al
modo
che
si
farebbe
d
'
una
setta
.
O
il
papa
è
cattolico
e
crede
,
e
bisogna
che
la
regga
nel
modo
che
i
tempi
vogliono
e
le
condizioni
presenti
delle
società
civili
consentono
;
o
se
persiste
nell
'
ostinazione
sua
,
vuol
dire
,
che
nel
principio
cattolico
ogni
vigore
morale
si
è
estinto
,
e
,
nel
capo
della
Chiesa
,
il
principe
durato
troppo
tempo
ha
spento
il
pontefice
.
StampaQuotidiana ,
Ogni
volta
che
la
politica
manda
a
effetto
una
operazione
contro
la
classe
operaia
,
i
primi
a
gioirne
o
,
"
meglio
"
,
i
primi
a
dare
manifestazioni
esteriori
della
loro
contentezza
non
sono
i
"
pezzi
grossi
"
,
commissari
di
polizia
od
ufficiali
delle
regie
guardie
o
dei
carabinieri
,
ma
sono
i
più
umili
agenti
,
i
più
modesti
carabinieri
,
l
'
ultima
delle
guardie
regie
.
Sono
cioè
gli
agenti
del
governo
usciti
dalle
file
del
proletariato
più
arretrato
,
costretti
a
questo
passo
dalla
miseria
o
dalla
speranza
di
trovare
,
abbandonando
il
campo
o
l
'
officina
,
una
vita
migliore
,
dalla
persuasione
di
divenire
qualche
cosa
di
più
di
un
povero
contadino
relegato
in
un
paesetto
sperduto
fra
i
monti
,
di
un
manovale
abbruttito
dal
quotidiano
lavoro
d
'
officina
.
Questa
gente
odia
,
dopo
averne
disertato
le
file
,
la
classe
lavoratrice
con
un
accanimento
che
supera
ogni
immaginazione
.
"
Ecco
le
armi
"
,
urlò
trionfante
non
so
se
un
agente
investigativo
od
un
carabiniere
in
borghese
,
scoprendo
una
rivoltella
durante
la
perquisizione
all
'
"
Ordine
Nuovo
"
.
E
rimase
stupito
,
spiacente
che
nonostante
tutta
la
buona
volontà
non
si
riusciva
a
trovare
nulla
di
compromettente
per
il
nostro
giornale
.
Pochi
minuti
dopo
,
un
altro
agente
udendo
uno
scambio
di
parole
tra
il
commissario
ed
un
nostro
redattore
,
esclamò
:
"
Finiremo
per
arrestarli
tutti
!
Li
arresteremo
tutti
!
"
A
questo
pensiero
la
sua
bocca
si
aprì
ad
un
riso
tanto
cattivo
da
sbalordire
chiunque
non
sia
abituato
a
questo
genere
di
fratellanza
umana
.
Ho
compreso
allora
perché
nelle
caserme
e
nei
posti
di
polizia
,
carabinieri
,
guardie
regie
ed
agenti
gareggino
nel
bastonare
gli
operai
arrestati
,
nel
rallegrarsi
delle
loro
torture
.
E
'
un
odio
di
lunga
data
.
Gli
agenti
dello
Stato
addetti
al
mantenimento
dell
'
ordine
pubblico
sentono
attorno
a
sé
il
disprezzo
che
tutta
la
classe
lavoratrice
ha
per
i
rinnegati
,
per
quelli
che
sono
passati
nell
'
altro
campo
,
per
i
mercenari
che
impegnano
ogni
loro
energia
per
soffocare
qualsiasi
movimento
del
proletariato
.
E
al
disprezzo
del
proletariato
s
'
aggiunge
quello
di
gran
parte
della
borghesia
che
guarda
con
occhio
diffidente
tutta
questa
puzza
di
questura
.
Perché
?
Perché
questa
è
la
sorte
di
tutti
i
mercenari
:
al
disprezzo
e
all
'
odio
degli
avversari
s
'
aggiunge
quasi
sempre
il
disprezzo
dei
padroni
.
Ed
è
naturale
,
è
umano
che
nell
'
animo
di
questa
gente
mal
pagata
,
che
non
sempre
riesce
a
procurarsi
quanto
occorre
per
una
vita
piena
di
stenti
e
di
privazioni
e
che
si
sente
circondata
da
una
barriera
che
la
divide
dagli
altri
uomini
,
che
la
mette
quasi
fuori
dalla
società
,
germogli
l
'
odio
,
metta
radici
la
crudeltà
:
odio
contro
quelli
che
prima
erano
i
fratelli
,
i
compagni
di
lavoro
e
che
ora
disprezzano
con
maggior
forza
,
crudeltà
che
si
esplica
contro
di
essi
sotto
mille
forme
diverse
.
Così
,
arrestare
un
operaio
è
una
gioia
,
un
trionfo
,
bastonarlo
e
malmenarlo
,
una
festa
,
rinchiuderlo
in
carcere
una
rivincita
.
Solo
nel
momento
in
cui
essi
tengono
un
uomo
fra
le
mani
e
sanno
di
poter
disporre
della
sua
libertà
,
della
sua
incolumità
,
sentono
di
possedere
una
forza
che
in
qualche
momento
della
vita
li
rende
superiori
ai
loro
simili
.
La
gioia
di
acciuffare
un
uomo
non
proviene
dalla
consapevolezza
di
servire
la
legge
,
di
difendere
l
'
integrità
dello
Stato
:
è
una
piccola
bassa
soddisfazione
personale
,
è
la
gioia
di
poter
dire
:
"
Io
sono
più
forte
"
.
Quale
altra
gioia
possono
essi
provare
?
Quanti
di
essi
sono
in
grado
di
formarsi
una
famiglia
senza
che
la
vita
di
stenti
diventi
vita
di
patimenti
?
Non
è
forse
vero
che
a
molti
di
questi
transfughi
del
proletariato
la
vita
non
riserva
altre
soddisfazioni
che
qualche
umile
offerta
di
una
passeggiatrice
notturna
in
cerca
di
protezione
?
Noi
li
abbiamo
visti
pochi
giorni
or
sono
nella
nostra
redazione
.
Moltissimi
,
dall
'
abito
,
potevano
benissimo
essere
scambiati
per
operai
in
miseria
.
E
'
certo
che
erano
umilmente
,
più
che
umilmente
vestiti
non
solo
per
introdursi
tra
gli
operai
,
per
raccoglierne
i
discorsi
,
per
spiarli
,
ma
anche
perché
non
potrebbero
fare
diversamente
.
E
guardavano
con
odio
gli
operai
veri
,
quelli
che
si
dibattono
tra
la
reazione
e
la
fame
e
cercano
affannosamente
la
via
della
liberazione
.
Essi
comprendevano
,
sentivano
che
chi
lotta
è
sempre
superiore
a
chi
serve
.
E
quando
hanno
ammanettato
i
giovani
che
difendevano
il
giornale
del
loro
partito
,
il
giornale
della
loro
classe
,
il
loro
giornale
,
gli
agenti
hanno
avuto
un
lampo
di
trionfo
,
hanno
riso
.
Ma
non
era
un
riso
spontaneo
,
giocondo
.
Era
un
riso
a
cui
erano
costretti
dalla
rabbia
,
dal
disprezzo
degli
altri
,
dalla
loro
vita
,
dal
destino
a
cui
non
potevano
sottrarsi
.
Quel
riso
era
la
smorfia
di
Gwynplaine
.
StampaQuotidiana ,
Restai
sgomento
,
la
prima
volta
che
-
era
il
settembre
del
1929
-
entrai
nella
chiesa
del
Santo
Sepolcro
:
e
,
ripetendo
come
una
bestemmia
le
parole
con
le
quali
l
'
Angelo
annunciò
a
Maria
di
Magdala
la
Resurrezione
,
stavo
per
dire
:
«
Non
est
hic
!
Non
è
qui
!
»
.
L
'
attesa
di
quell
'
istante
metteva
a
nudo
il
cuore
.
L
'
ospite
inquieto
che
accompagnavo
giù
per
gli
acciottolati
della
via
del
Mercato
,
era
l
'
anima
.
E
io
portavo
quei
giorni
la
mia
anima
,
solitario
,
per
le
strade
di
Gerusalemme
.
La
mia
anima
era
stata
a
lungo
offesa
:
per
le
vie
si
era
combattuto
,
avevo
visto
uomini
inseguirsi
e
pugnalarsi
ai
crocicchi
:
colpi
di
fucile
partivano
dalle
terrazze
:
solo
dopo
tre
giorni
gli
spari
erano
cessati
e
io
avevo
potuto
concedermi
una
mattinata
per
entrare
nella
città
vecchia
a
visitare
il
Santo
Sepolcro
.
Lo
stato
d
'
assedio
continuava
:
alla
Porta
di
David
mi
avevano
fatto
sostare
fra
i
contadini
arabi
che
recavano
con
i
somarelli
gli
ortaggi
al
Mercato
.
I
gendarmi
inglesi
avevano
perquisito
minuziosamente
loro
e
me
.
Portavo
pistole
o
bombe
?
Il
gendarme
che
si
chinava
a
palparmi
le
tasche
mandava
odore
di
sigaretta
virginia
.
La
mia
anima
era
nuda
come
una
vena
scoperta
.
La
giornata
non
era
bella
:
il
cielo
era
insolitamente
grigio
.
Bisogna
rendersi
conto
che
,
per
quanto
raramente
,
piove
anche
a
Gerusalemme
,
e
il
suo
scenario
può
colorirsi
di
grigio
e
di
fango
.
Tutta
la
pittura
sacra
è
invece
una
serie
di
immagini
senza
piogge
e
senza
fango
.
Quel
cielo
grigio
dopo
tre
giornate
di
spari
e
di
uccisioni
,
trovava
il
mio
spirito
impreparato
.
All
'
albergo
ero
stato
assediato
dagli
inviti
a
recarmi
al
disseppellimento
di
alcuni
israeliti
uccisi
dagli
arabi
nei
complotti
di
quei
giorni
,
e
sepolti
frettolosamente
dopo
essere
stati
evirati
.
Ero
fuggito
dall
'
albergo
,
ma
mi
pareva
d
'
essere
inseguito
dall
'
odore
di
quelle
lugubri
fosse
.
L
'
anima
era
stata
lungamente
e
profondamente
offesa
.
Beata
,
mi
dicevo
,
la
dolce
cecità
di
chi
altro
non
vede
che
la
meta
:
beata
l
'
ansia
innamorata
di
chi
altro
non
conosce
che
la
pietra
dell
'
arrivo
:
beata
la
verginità
di
spirito
di
chi
non
discerne
il
peccato
difeso
dallo
scudo
dell
'
innocenza
.
Tristezza
inconscia
dell
'
abito
mentale
dello
scrittore
che
viaggia
e
che
misura
le
proprie
impressioni
in
rapporto
all
'
attesa
che
di
esse
possono
rendere
,
quando
sono
inquadrate
in
una
pagina
.
Io
ero
,
insomma
,
in
quell
'
anno
lontano
,
«
colui
il
quale
»
si
reca
,
più
che
a
vedere
,
a
constatare
se
ciò
che
si
vede
è
«
superiore
all
'
attesa
»
.
Io
ero
il
disprezzato
scrittore
di
mestiere
che
teme
la
«
disillusione
»
.
E
,
andando
,
chiedevo
di
tutto
ciò
perdono
;
ma
la
prova
dell
'
umiltà
era
dura
,
perché
i
richiami
della
vita
erano
aspri
,
e
continui
gli
oltraggi
lungo
il
cammino
.
Avrei
dovuto
passar
per
la
città
bendato
,
come
le
ambascerie
che
passano
per
i
campi
nemici
.
E
ad
un
certo
punto
anche
la
febbre
di
vedere
e
l
'
affanno
di
giungere
mi
sembravano
,
se
non
un
insulto
,
un
errore
.
Ma
andavo
egualmente
entro
i
vicoli
del
bivacco
saracino
che
apre
i
suoi
fetidi
mercati
fin
sulla
soglia
,
in
su
e
in
giù
per
le
rampe
che
inabissano
il
mercato
ed
elevano
il
tempio
.
Il
vicolo
immondo
rovesciava
sulle
soglie
la
frutta
imputridita
dal
fiato
dell
'
estate
,
le
carni
biancastre
e
il
sangue
raggrumato
e
il
grano
maculato
di
giallo
delle
pecore
macellate
all
'
ombra
del
tugurio
.
Andavo
per
il
sentiero
che
sapeva
di
stalla
e
di
fieno
,
fra
le
risciacquature
dei
piccoli
caffè
riaperti
pigramente
dopo
i
tre
giorni
di
eccidio
e
il
tanfo
delle
friggitorie
,
tra
il
sentore
dei
dolciumi
e
quello
delle
uve
calpestate
da
piedi
distratti
,
in
mezzo
al
traffico
dei
somarelli
che
piegavano
le
ginocchia
sotto
il
peso
,
dei
vasi
d
'
olio
o
dei
bidoni
di
benzina
o
dei
sacchi
di
farina
che
incipriavano
il
lastrico
,
o
che
recavano
a
bisdosso
,
come
sacchi
umani
,
i
cenci
,
i
piedi
sporchi
,
le
braccia
legnose
,
le
grinte
rabbiose
dei
beduini
.
Urtavo
nell
'
indolenza
dei
panciuti
passeggiatori
arabi
vestiti
di
azzurre
palandrane
,
nella
fretta
dei
portatori
che
recavano
,
con
un
cingolo
teso
sulla
fronte
,
carichi
di
ferro
,
di
tavole
e
mobili
e
casse
.
Gli
occhi
vagavano
sulle
camicie
sventolanti
dei
ragazzi
rissosi
,
sugli
sguardi
insanguinati
dei
tracomatosi
,
sugli
arti
rattrappiti
dei
mendicanti
paralitici
,
sui
panni
bisunti
del
vecchio
ebreo
che
scivolava
via
,
in
quella
falsa
quiete
di
armistizio
,
cercando
di
non
farsi
riconoscere
,
sul
velo
nero
dell
'
araba
dal
corpo
intriso
di
caldo
profumo
di
muschio
,
sul
canestro
recato
in
capo
dalla
beduina
chiusa
in
sette
gonnelle
,
sul
calcio
del
moschetto
del
poliziotto
inglese
seduto
ai
crocicchi
,
sul
velo
bianco
della
vecchia
dama
che
insisteva
a
portare
il
costume
coloniale
delle
turiste
inglesi
da
operetta
.
I
sarti
ebrei
,
con
le
labbra
piene
di
aghi
e
di
gugliate
di
filo
,
misuravano
all
'
aria
aperta
giacche
e
camicie
;
i
ciceroni
siriaci
cominciano
a
venir
fuori
dai
loro
nascondigli
,
i
ragazzini
mi
davano
la
caccia
,
per
accompagnarmi
alla
Pietra
dell
'
Unzione
.
Ipocriti
figuri
-
respinti
per
le
vie
,
riapparsi
nel
mezzo
della
Chiesa
-
erano
decisi
ad
approfittare
di
ogni
mio
attimo
di
incertezza
,
di
ogni
mio
segno
di
disorientamento
per
offrirmi
i
loro
servizi
e
per
porgermi
una
canna
con
la
quale
mi
sarebbe
stato
possibile
toccare
,
attraverso
un
pertugio
nel
muro
dell
'
altare
,
la
colonna
della
Flagellazione
.
La
piccola
umanità
assetata
di
mance
mi
inseguiva
sino
alla
Pietra
della
Tomba
,
e
mi
aveva
visto
entrare
,
senza
che
quasi
me
ne
accorgessi
,
in
quello
strano
paesaggio
di
pietre
che
è
la
chiesa
del
Santo
Sepolcro
.
La
difficoltà
di
liberarmi
dagli
intrusi
,
ciceroni
,
guide
,
monelli
,
mendicanti
e
dragomanni
con
i
giubbetti
ricamati
d
'
argento
mi
aveva
spezzato
i
nervi
.
Dimenticavo
che
i
giorni
di
battaglia
e
lo
stato
d
'
assedio
avevano
fatto
stare
per
sette
giorni
quasi
digiuni
i
miei
persecutori
.
L
'
impresa
di
rinserrare
un
mondo
in
uno
scrigno
di
pietre
,
di
mosaici
e
di
bronzi
isterilisce
in
un
attimo
,
alla
prima
visione
,
la
terra
più
feconda
,
la
terra
che
il
passo
di
Gesù
ha
reso
divina
.
Pietre
,
navate
,
ambulacri
,
pareti
di
mosaico
,
foreste
di
candelieri
,
vigneti
metallici
carichi
di
grappoli
di
lampade
,
la
schiera
fitta
dei
cordami
che
pendono
come
sartie
di
navi
per
la
manovra
dell
'
illuminazione
,
tutta
un
'
atmosfera
mista
di
stiva
,
di
magazzino
e
di
fondaco
,
le
incrostature
di
marmi
,
di
smalti
,
di
placche
d
'
argento
,
e
le
incorniciature
d
'
oro
,
i
cancelli
,
le
ringhiere
,
i
ballatoi
,
le
cripte
,
i
sottopassaggi
,
le
tane
degli
spogliatoi
,
le
decorazioni
di
perline
,
di
nastri
rossi
,
di
madreperla
e
persino
di
noci
di
cocco
,
il
soqquadro
e
la
confusione
e
la
rissa
fra
i
colori
e
le
architetture
e
le
sagome
,
fra
altari
di
un
rito
e
controaltari
di
un
altro
,
e
,
da
ogni
parte
,
il
richiamo
di
un
cicerone
inoperoso
e
l
'
urlare
di
un
altro
che
indica
ad
una
comitiva
i
luoghi
della
Via
Crucis
:
«
Qui
stava
la
Madonna
!
Qui
è
apparso
l
'
Angelo
!
Lassù
i
soldati
hanno
giocato
ai
dadi
la
veste
,
del
Redentore
!
»
.
Ecco
quello
che
io
vedevo
,
che
sentivo
,
che
indovinavo
nell
'
atto
di
entrare
.
Quindici
secoli
di
culti
opposti
,
quindici
secoli
di
guerre
,
di
persecuzioni
,
di
capricci
architettonici
,
di
ire
e
di
gelosie
ecclesiastiche
,
di
devozioni
che
volevano
quasi
imbarbarire
il
simbolo
,
di
litigi
,
di
mercati
,
di
abusi
,
di
risse
fra
sagrestani
hanno
qui
la
loro
testimonianza
.
La
Terra
Santa
,
sepolta
sotto
ai
marmi
e
ai
conflitti
,
è
invisibile
.
E
mi
dissi
:
«
Il
Suo
spirito
non
è
qui
...
»
.
Ed
è
qui
,
invece
.
Salii
per
una
scaletta
ripida
e
consunta
sulle
mura
del
Golgota
.
La
collina
del
Martirio
è
chiusa
entro
il
muro
,
squadrata
e
foderata
di
marmi
in
modo
da
formare
,
ora
,
un
altare
pensile
,
tenebroso
sotto
ai
riflessi
degli
ottoni
e
degli
argenti
dei
lampadari
.
In
terra
,
buttato
carponi
,
sotto
l
'
altare
del
rito
greco
,
entro
un
focolare
di
lampade
,
toccai
il
foro
,
incorniciato
d
'
argento
entro
il
pavimento
di
marmo
,
dove
fu
piantata
la
Croce
.
Qui
stavano
,
mi
dissero
,
le
croci
dei
due
ladroni
.
L
'
aria
sapeva
,
quel
giorno
,
di
incenso
,
di
cera
,
di
olio
,
e
io
,
in
quell
'
aria
di
cappella
tenebrosa
,
dovevo
figurarmi
il
cielo
del
tragico
tramonto
sulle
tre
croci
e
il
gesto
beffardo
del
legionario
guercio
che
trafisse
con
la
lancia
il
costato
di
Cristo
.
Qui
era
la
nuda
terra
del
disperato
campo
fuori
dalle
mura
della
città
,
e
laggiù
era
il
breve
giardino
di
Giovanni
d
'
Arimatea
,
cinto
da
un
fragile
muricciolo
a
secco
.
Poche
piante
;
forse
nessuna
:
un
'
erba
rara
e
gialla
,
e
polvere
,
e
la
roccia
affiorante
del
Golgota
.
Tutto
è
stato
incoronato
di
pietre
:
tutto
è
diventato
altare
.
Ma
lo
spirito
è
qui
.
Indietreggiai
,
percorrendo
i
dieci
metri
di
questa
terrazza
ornata
di
alabastri
e
d
'
oro
e
d
'
argento
,
che
una
volta
era
il
nudo
Calvario
,
la
rupe
senz
'
erba
,
e
mi
affacciai
alla
balaustra
che
guarda
sul
labirinto
della
Chiesa
.
Lì
sotto
era
la
pietra
dell
'
Unzione
,
dove
il
Corpo
deposto
fu
avvolto
nel
Sudario
.
Attorno
ad
una
cosa
che
non
avevo
ancora
vista
,
difesa
solamente
da
un
piccolo
cancello
circolare
,
con
tre
o
quattro
ceri
sottili
come
un
mignolo
,
attorno
a
quel
segno
trascurato
di
marmo
,
così
dimesso
nella
povertà
e
nell
'
oblio
,
non
conteso
da
nessun
rito
,
solitario
nel
suo
ricordo
,
la
visione
si
trasformava
,
le
mura
ad
un
tratto
si
facevano
sottili
,
le
architetture
trasparenti
e
tutta
la
costruzione
semibarbarica
e
litigiosa
delle
mura
contese
e
ripartite
fra
quattro
riti
si
dissolveva
,
spariva
,
liberava
d
'
un
tratto
il
suolo
,
il
cielo
,
le
rocce
,
gli
alberelli
del
giardino
di
Giovanni
d
'
Arimatea
,
la
buca
del
Sepolcro
,
i
sentieri
,
le
gramigne
,
la
polvere
,
i
sassi
,
gli
scoscendimenti
del
luogo
sinistro
e
dolcissimo
.
Attorno
a
quel
segno
solitario
e
trascurato
nel
giro
di
poche
fiammelle
,
sparivano
d
'
un
tratto
,
i
quasi
duemila
anni
trascorsi
dall
'
ora
del
Sacrificio
e
la
Terra
Santa
riappariva
attorno
al
luogo
dove
,
inginocchiata
,
Maria
aveva
assistito
al
Supplizio
.
E
vidi
sorgere
,
là
dove
le
mura
erano
sparite
,
l
'
ora
terribile
e
divina
del
Sacrificio
.
Vidi
la
carne
fustigata
e
sanguinante
,
cerea
,
sospesa
alla
Croce
nel
silenzio
della
agonia
.
Il
tramonto
d
'
Oriente
recava
la
voce
roca
della
folla
in
sudore
.
Era
l
'
ora
in
cui
i
colori
si
spengono
e
si
spegneva
anche
il
tenue
verde
del
piccolo
giardino
di
Giovanni
d
'
Arimatea
.
Quella
fossa
che
io
adesso
vedevo
,
tagliata
nella
roccia
,
là
,
dentro
al
piccolo
orto
era
quella
che
Giovanni
aveva
fatto
intagliare
nel
sasso
per
sé
,
era
quella
destinata
a
divenire
il
Sepolcro
della
Resurrezione
.
E
vidi
i
soldati
,
che
già
avevano
tratto
dai
vestiti
del
Crocefisso
una
moneta
per
il
vino
e
una
moneta
forse
per
il
lupanare
,
allontanarsi
in
drappello
,
lasciando
soli
gli
uomini
della
guardia
.
E
vidi
la
folla
,
dissetata
della
sua
sete
di
sangue
,
tornare
per
i
sentieri
bruni
della
sera
alla
città
,
agli
ozi
del
sabato
festivo
,
ai
litigi
sui
gradini
del
tempio
.
StampaQuotidiana ,
Qual
è
l
'
anno
di
nascita
di
un
tenore
?
È
quello
del
giorno
in
cui
,
nascendo
,
manda
i
primi
strilli
,
la
prima
voce
di
pianto
alla
luce
?
O
è
l
'
altro
,
del
misterioso
giorno
in
cui
egli
scopre
,
in
se
stesso
,
la
prima
gioia
del
canto
?
Lo
domandai
tre
o
quattro
anni
fa
,
a
Beniamino
Gigli
.
Avevo
appuntamento
con
lui
,
nella
sua
villa
di
Roma
,
per
una
intervista
.
Lo
avevo
udito
infinite
volte
,
ma
non
lo
avevo
conosciuto
mai
:
e
non
ero
contento
di
scrivergli
e
di
chiedergli
quell
'
intervista
.
Il
tema
di
questo
«
servizio
»
era
stato
suggerito
da
una
notizia
:
Beniamino
Gigli
aveva
annunciato
di
dover
mettere
fine
alla
propria
carriera
.
Era
stanco
e
probabilmente
era
già
molto
ammalato
.
Il
suo
cuore
era
ammalato
e
-
tragico
a
dirlo
-
il
grande
tenore
sapeva
di
essere
,
in
un
certo
senso
,
la
tomba
della
propria
voce
.
Il
corpo
,
gli
occhi
,
il
pensiero
,
l
'
animo
erano
vivissimi
:
ma
la
voce
era
ormai
costretta
a
tacere
,
profondamente
sigillata
dalla
catena
delle
arterie
affaticate
.
Uno
sforzo
per
sprigionarla
poteva
voler
dire
la
morte
.
Di
tutto
ciò
,
naturalmente
,
nella
intervista
non
si
sarebbe
parlato
.
Io
ero
un
poco
nella
situazione
del
medico
che
deve
sempre
sorridere
davanti
all
'
ammalato
.
Dovevo
«
mentire
»
con
lui
,
sorridere
contraddicendo
ad
una
sua
eventuale
melanconia
,
mostrarmi
sicuro
di
un
suo
«
ritorno
»
.
Ero
un
giornalista
:
non
un
confessore
.
Scrivere
?
Sì
:
avrei
scritto
;
ma
pensando
che
lui
,
l
'
intervistato
,
avrebbe
letto
le
mie
parole
.
Queste
,
per
non
allarmarlo
,
avrebbero
dovuto
essere
tutte
«
color
di
rosa
»
:
piene
di
una
purezza
e
di
una
certezza
che
non
potevano
assolutamente
trovare
un
logico
spazio
nel
mio
animo
,
dopo
quanto
alcuni
intimi
mi
avevano
rivelato
sulla
verità
delle
sue
condizioni
.
La
villa
di
Gigli
doveva
essere
stata
costruita
venticinque
anni
prima
,
in
un
quartiere
non
ancora
affollato
.
Era
,
se
ben
ricordo
,
costruita
in
uno
stile
fra
quattrocentesco
e
cinquecentesco
,
come
s
'
era
usato
per
tanti
anni
,
con
riflessi
di
architettura
bramantesca
.
Era
una
casa
solida
,
«
ricca
»
.
All
'
ingresso
si
saliva
per
una
scaletta
esterna
di
taglio
un
po
'
romantico
,
tipo
«
Giulietta
e
Romeo
»
.
L
'
espandersi
della
città
l
'
aveva
un
po
'
soffocata
.
Lontano
si
sentiva
lo
stridore
dei
tram
.
Per
il
viale
correva
un
fiume
di
automobili
e
non
c
'
era
una
«
zona
del
silenzio
»
attorno
alla
casa
dell
'
uomo
dalla
«
voce
di
oro
»
.
Il
giardino
aveva
vialetti
inghiaiati
:
una
lunga
siepe
di
piante
fiorite
lo
divideva
dalla
strada
.
Queste
ville
,
troppo
grandi
,
troppo
«
impegnative
»
per
una
famiglia
sola
,
di
solito
siamo
abituati
a
vederle
trasformate
in
cliniche
private
di
lusso
.
Ebbi
anche
questo
pensiero
triste
quando
mi
trovai
davanti
al
cancelletto
dove
,
su
una
targhetta
d
'
ottone
,
era
inciso
il
nome
del
più
famoso
,
del
massimo
interprete
del
melodramma
italiano
.
Gigli
mi
aspettava
in
giardino
,
seduto
su
una
poltrona
di
giunco
,
collocata
vicino
alla
romantica
scaletta
.
Erano
con
lui
alcuni
amici
.
Un
cane
stava
quieto
quieto
accovacciato
sulla
ghiaia
.
Il
tenore
aveva
perduto
la
floridezza
del
volto
e
della
figura
,
per
quanto
apparisse
ancora
massiccio
.
C
'
era
qualcosa
di
stanco
nelle
sue
guance
,
nel
collo
,
negli
stessi
abiti
,
come
se
il
corpo
si
fosse
all
'
improvviso
infiacchito
.
Era
autunno
,
ma
un
autunno
estremamente
mite
.
Dietro
alla
siepe
si
sentivano
,
sul
marciapiede
,
voci
di
ragazzini
e
ragazzine
che
correvano
sui
pattini
a
rotelle
.
Gigli
parlava
con
voce
piuttosto
bassa
,
come
vigilando
per
non
affaticarsi
.
Lo
guardavo
in
viso
:
le
guance
nascondevano
a
mala
pena
un
tono
cinerino
:
la
sclerotica
dell
'
occhio
era
troppo
bianca
.
Il
respiro
non
appariva
faticoso
;
ma
la
sua
voce
non
aveva
gaiezza
.
Mi
spiegò
che
tutta
la
mattina
aveva
parlato
con
la
moglie
di
Ignazio
Silone
che
l
'
aiutava
nella
stesura
,
in
lingua
inglese
,
delle
sue
memorie
per
un
editore
di
Londra
.
Disse
:
«
Divento
scrittore
,
come
lei
vede
...
segno
che
il
tenore
è
stanco
...
»
.
Poi
,
mi
spiegò
con
termini
quasi
tecnici
quale
sia
il
problema
del
respiro
,
per
un
cantante
:
«
Si
dice
che
cantiamo
con
il
cuore
.
È
vero
,
e
il
cuore
è
,
di
me
,
il
primo
ad
affaticarsi
.
Ma
non
rida
!
Cantiamo
soprattutto
con
il
ventre
.
È
il
diaframma
che
lavora
come
un
mantice
:
è
lui
,
più
che
i
polmoni
,
a
regolare
la
potenza
e
la
durata
dei
respiri
e
a
calibrare
i
fiati
...
Il
cuore
è
un
po
'
stanco
,
e
il
diaframma
è
come
un
organista
che
non
sa
più
regolare
l
'
afflusso
dell
'
aria
nei
mantici
.
Io
di
organi
me
ne
intendo
.
Mio
padre
era
sagrestano
a
Recanati
:
io
cominciai
da
bambino
a
cantare
,
in
chiesa
,
vicino
all
'organo...»
.
La
data
di
nascita
della
voce
?
«
Se
,
come
dice
,
un
tenore
nasce
quando
per
la
prima
volta
scopre
la
gioia
del
canto
,
lei
non
mi
ringiovanisce
troppo
.
Sono
nato
nel
1890
,
secondo
l
'
anagrafe
:
cinque
o
sei
anni
più
tardi
,
secondo
la
musica
...
Come
vede
,
di
annetti
ne
ho
abbastanza
,
sia
in
un
senso
che
nell
'altro...»
.
Aveva
la
bella
,
ampia
,
pacata
pronuncia
dei
marchigiani
.
Glielo
feci
notare
,
benché
l
'
osservazione
fosse
ovvia
,
essendo
lui
nato
a
Recanati
.
Aggiunsi
:
«
Sa
cosa
ho
pensato
?
Che
Leopardi
,
bambino
,
doveva
avere
la
stessa
pronuncia
del
piccolo
Beniamino
Gigli
...
»
.
Sorrise
:
e
commentò
:
«
Oggi
ho
tutt
'
al
più
la
voce
del
papà
di
Leopardi
,
del
vecchio
conte
Monaldo
!
»
.
Aveva
cominciato
a
cantare
da
bambino
.
Da
chi
aveva
ereditato
la
voce
?
Disse
:
«
Non
lo
so
:
ma
penso
spesso
di
averla
ereditata
da
mia
mamma
.
Quand
'
ero
piccino
,
ogni
sera
,
prima
di
mettermi
a
letto
,
mi
faceva
cantare
una
canzoncina
paesana
,
che
in
un
certo
modo
serviva
anche
da
ninnananna
.
Mi
aiutava
a
spogliarmi
e
,
quando
restavo
in
camicia
,
cantavo
:
S
'
io
fossi
una
formica
queste
mura
vorrei
varcar
,
le
varcherei
senza
paura
,
la
mia
bella
a
riveder
.
A
questo
punto
era
mia
mamma
che
attaccava
,
con
una
voce
piccolina
,
ma
soave
e
melodiosa
:
La
mia
mamma
è
una
contessa
il
mio
babbo
un
cavaliere
.
E
poi
si
finiva
cantando
,
insieme
:
Ed
io
povera
meschinella
son
rinchiusa
in
monaster
.
Vuol
saperlo
?
Adesso
che
i
medici
mi
hanno
proibito
di
cantare
,
almeno
per
parecchio
tempo
,
e
sono
come
un
vecchio
pensionato
,
quando
vado
a
letto
,
a
bassa
voce
per
non
svegliare
nessuno
,
prima
di
coricarmi
,
canto
ancora
:
Ed
io
,
povera
meschinella
son
rinchiusa
,
in
monaster
...
Come
vede
,
fra
il
monastero
e
la
casa
di
un
tenore
che
non
può
più
cantare
non
c
'
è
,
in
verità
,
una
grande
differenza
...
»
.
Si
parlò
della
povertà
di
quand
'
era
bambino
:
ma
ne
parlava
come
si
parla
di
una
favola
lontana
:
come
delle
storie
di
Puccettino
.
Il
padre
sagrestano
arrotondava
la
sua
magra
paga
facendo
il
ciabattino
:
con
sette
figli
c
'
era
poco
da
scherzare
.
Probabilmente
,
quando
il
figlio
fu
mandato
a
sette
anni
alla
Schola
Cantorum
di
Recanati
,
sulla
decisione
contribuì
il
fatto
che
ogni
prestazione
dei
piccoli
cantori
era
ricompensata
con
dieci
centesimi
,
con
due
soldi
che
Beniamino
portava
a
casa
nella
tasca
del
grembiule
.
Ma
nessuno
in
casa
si
illudeva
che
quella
paga
potesse
mai
aumentare
;
per
questo
,
a
dieci
anni
lo
avviarono
ad
un
mestiere
più
«
serio
»
,
affidandolo
ad
un
falegname
.
Per
ore
e
ore
,
Beniamino
scaldava
il
pentolino
della
colla
e
sceglieva
i
chiodi
,
nel
cassetto
.
Era
arrivato
,
in
un
paio
di
anni
,
a
saper
lavorare
di
pialla
.
Sua
madre
pensò
ad
un
mestiere
più
pacifico
e
il
piccolo
Beniamino
passò
nella
bottega
di
un
sarto
,
e
di
qui
,
come
garzoncello
,
nella
farmacia
di
Recanati
.
Fu
il
tempo
in
cui
Beniamino
imparò
a
pesare
i
cartocci
di
bicarbonato
,
a
preparare
l
'
elisir
di
china
,
a
versare
l
'
oncia
,
o
le
due
once
di
olio
di
ricino
nei
bicchieri
portati
dalle
madri
di
famiglia
che
dovevano
purgare
i
loro
figli
.
Disse
:
«
Ho
appreso
allora
molti
nomi
delle
medicine
che
mi
fanno
inghiottire
adesso
»
.
La
storia
del
suo
debutto
è
nota
e
risale
al
1905
.
Lo
scoprirono
alcuni
studenti
di
Macerata
.
Mettevano
su
,
per
carnevale
,
una
specie
di
piccola
rivista
che
aveva
anche
una
parte
femminile
.
A
Macerata
non
c
'
era
nessuna
signorina
-
erano
tempi
di
grande
prudenza
-
che
osasse
partecipare
ad
uno
spettacolo
goliardico
.
Uno
degli
studenti
parlò
di
un
ragazzo
che
cantava
a
Recanati
con
una
voce
perfetta
di
soprano
.
Partirono
,
convinsero
Beniamino
a
interpretare
la
parte
di
Angelica
nella
rivistina
che
si
intitolava
La
fuga
di
Angelica
.
Vestito
da
ragazza
in
piquet
bianco
,
con
castissimo
sottanone
lungo
sino
a
coprire
i
piedi
,
la
testa
coperta
da
un
parruccone
che
pareva
fatto
con
la
stoppia
del
grano
turco
,
Gigli
ebbe
il
suo
primo
trionfo
.
Il
sogno
del
teatro
non
doveva
abbandonarlo
più
.
La
voce
di
«
fanciulla
»
stava
per
scomparire
e
al
suo
posto
nasceva
una
bella
voce
di
tenore
.
La
famiglia
si
indebitò
per
mandare
il
ragazzo
a
studiare
,
a
Roma
:
la
spesa
del
viaggio
e
del
trasferimento
-
sessanta
lire
per
lui
e
per
il
fratello
Catervo
che
sarebbe
andato
a
bottega
da
uno
scultore
marchigiano
-
sembrò
folle
.
I
due
ragazzi
«
sbarcarono
»
a
Roma
con
qualche
provvista
alimentare
nella
valigia
.
Il
pane
a
Beniamino
non
sarebbe
mancato
perché
un
farmacista
romano
aveva
accettato
di
assumerlo
come
fattorino
-
commesso
.
La
leggenda
di
Gigli
si
inizia
in
un
dedalo
di
viuzze
romane
;
tante
ore
al
giorno
in
farmacia
,
dal
momento
in
cui
sollevava
le
saracinesche
fino
a
quello
in
cui
le
chiudeva
:
un
lavoro
paziente
nella
retrobottega
,
a
impastar
pillole
e
a
preparare
pastiglie
per
la
tosse
.
Alla
sera
,
cinque
piani
di
scale
per
andare
da
una
vecchia
cantante
che
gli
dava
le
lezioni
.
A
quei
tempi
si
studiava
ancora
il
canto
per
sette
,
otto
,
nove
anni
:
sembra
non
ne
occorressero
di
meno
per
diventare
padroni
della
voce
.
Gigli
mi
disse
:
«
Dovrebbe
essere
così
anche
oggi
»
.
Finché
venne
,
nel
1912
,
il
tempo
di
andare
ad
un
corso
di
perfezionamento
,
all
'
Accademia
di
Santa
Cecilia
,
dal
maestro
Cotogni
.
A
questo
punto
parlai
io
,
per
dire
che
proprio
in
un
giorno
di
uno
di
quegli
ultimi
due
anni
di
studio
,
lo
avevo
sentito
cantare
accompagnato
al
piano
da
Cotogni
.
Gli
raccontai
come
io
fossi
salito
un
giorno
lassù
,
al
terzo
piano
dell
'
Accademia
in
via
dei
Greci
,
per
accompagnare
Vittorio
Podrecca
che
era
segretario
dell
'
Accademia
e
che
,
come
tale
,
doveva
infatti
controfirmare
il
diploma
al
termine
degli
studi
.
Ascoltare
le
lezioni
era
proibito
,
ma
Vittorio
Podrecca
sapeva
che
,
a
me
,
suo
nipote
,
era
noto
il
passato
di
Antonio
Cotogni
.
Il
vecchio
baritono
aveva
quasi
ottant
'
anni
,
era
stato
il
primo
interprete
del
Don
Carlos
di
Verdi
:
Verdi
aveva
pianto
quando
l
'
ignoto
baritono
trasteverino
era
andato
a
Sant
'
Agata
a
cantare
la
romanza
del
marchese
di
Posa
.
Io
volevo
vedere
chi
«
aveva
fatto
piangere
Verdi
»
.
Mi
avevano
detto
che
,
durante
le
lezioni
,
qualche
volta
Cotogni
accennava
ancora
qualche
battuta
di
canto
.
Chissà
!
I
sogni
dei
ragazzini
sono
singolari
:
forse
speravo
di
lagrimare
anch
'
io
,
al
suono
di
quella
voce
.
Era
estate
,
nei
giorni
che
precedevano
gli
esami
:
e
Roma
,
dalle
finestre
dell
'
ultimo
piano
del
palazzo
di
via
dei
Greci
,
era
già
torrida
.
L
'
estate
d
'
oro
batteva
sui
vecchi
tetti
del
Babuino
e
di
via
Margutta
:
il
bastione
del
Pincio
saliva
come
un
sipario
antico
con
le
sue
ghirlande
di
verde
.
Io
ero
appiattato
dietro
ad
una
porta
,
nell
'
ombra
di
un
corridoio
.
Nella
sala
Antonio
Cotogni
stava
al
pianoforte
:
vedevo
le
sue
solide
spalle
,
i
suoi
tenui
capelli
bianchi
,
la
«
voglia
»
bruna
che
gli
macchiava
una
tempia
.
Vicino
a
lui
stava
un
giovane
basso
e
forte
,
in
maniche
di
camicia
,
cui
il
maestro
aveva
permesso
di
slacciare
il
colletto
inamidato
.
Era
lo
«
studente
Gigli
»
che
si
preparava
a
ripassare
una
delle
romanze
dell
'
esame
.
Cosa
avrebbe
cantato
?
O
paradiso
dell
'
Africana
?
Celeste
Aida
?
Spirto
gentil
?
Che
gelida
manina
?
Cantò
la
romanza
di
Edgardo
nella
Lucia
di
Lammermoor
.
Al
vecchio
tenore
,
seduto
nella
sua
melanconica
poltrona
di
giunco
,
avrei
dovuto
dirgli
che
ricordavo
benissimo
le
prime
parole
di
quella
romanza
.
Ma
davanti
al
suo
volto
così
segretamente
velato
di
grigio
,
davanti
agli
occhi
dalla
sclerotica
troppo
bianca
,
non
ebbi
l
'
animo
di
riferire
quel
verso
melanconico
che
dice
Tombe
degli
avi
miei
...
Temetti
per
la
sua
melanconia
:
e
mentii
:
«
Non
mi
dimenticherò
mai
,
caro
Gigli
,
come
ha
battuto
il
mio
cuore
di
ragazzo
di
quattordici
anni
quando
lei
ha
attaccato
Che
gelida
manina
.
Gigli
sorrise
come
preso
nel
ricordo
di
quel
canto
d
'
amore
.
Taceva
.