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RELIGIONE, CLERICALISMO E SCUOLE ( BONGHI RUGGIERO , 1886 )
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Signore e signori , I maestri elementari della provincia di Treviso mi hanno chiesto s ' io volessi fare una conferenza davanti a tanta eletta cittadinanza , e a essi io non poteva dire di no . Da lungo tempo ho in grandissimo affetto questa classe di persone così utile allo Stato , alle provincie , ai comuni , e a cui Stato , provincie e comuni danno retribuzione così inferiore a quella che meriterebbe per il beneficio prestato e che sempre si domanda da essa . Ma , se la mia parola riuscirà meno gradita di quanto desidero , ne darete colpa non ai maestri elementari che me l ' hanno chiesta , bensì a me pel soggetto che ho scelto , come quello su cui più si fermò la mia mente . Ché se il soggetto è facile a concepire , è pur difficile a esser trattato , e se sarebbe facile ad altri il discorrerne e provocare la vostra approvazione , potrà forse esser difficile a me . So come alcuni fanno a carezzare le umane passioni e a secondare i comuni pregiudizi ; quanto a me mi rivolgo alla vostra ragione , e desidero che una parola calma , tranquilla e serena scenda nella vostra coscienza ; e se in essa troverà una approvazione , io sarò abbastanza contento . In queste parole : religione , clericalismo e scuole , sono compresi taluni dei maggiori interessi della umana società , e io cercherò di controbilanciare il torto e il diritto di ognuno , per poi misurare l ' influenza di quella delle tre parole che ci indica il bene e di quella che ci indica il male . Per misurare però quale sia l ' influenza delle scuole e della religione da una parte , e del clericalismo dall ' altra , bisognerà , o signori , che abbiate l ' animo calmo come l ' ho io , e che nel sentirmi vi preoccupiate , come me , d ' esser chiari , precisi , giusti e soprattutto sinceri . La maggior parte di coloro che discorrono di religione e di clericalismo non sono , a mio parere , sinceri . Alcuni sono pieni di furore contro il clericalismo , e hanno ragione ; ma il loro furore va più in là e offende la religione medesima . E d ' altra parte , se i loro avversari gridano : « Religione ! Religione ! Dio ! Dio ! » , in fondo del loro cuore tutto questo non c ' è . Non è già per amor di religione che parlano , non è per Dio che si agitano , ma per loro stessi , per le loro passioni mondane , pel desiderio sfrenato che hanno di dominare e di farsi avanti . Sono quindi due insincerità che si armano , e furiose combattono l ' una contro l ' altra , pur avendo ciascuna delle due parti gran bisogno dell ' altra . Ora noi dobbiamo distinguere la religione dal clericalismo , e dire apertamente ciò che di ognuno si pensa . Religione e clericalismo son due cose ben differenti : non diverse , ma opposte . Il sentimento religioso nasce con l ' uomo al primo urto che sente dalla natura in cui vive , di questa natura della quale non sa donde sia caduta , né dove vada . Il sentimento religioso è tale da unire l ' animo suo con tutto ciò che lo circonda ; è un sentimento molto intimo che mette l ' uomo in relazione con quello che è sopra di lui , come della stessa natura . E l ' uomo viene in grado di trovare una risposta alle terribili domande , alle quali ogni scienza è impotente , e delle quali oggi dice di non volersi curare , ma domani cercherà di rispondervi . Col sentimento veramente religioso l ' uomo frena la sua fantasia che gli chiede : « d ' onde tu vieni ? dove tu vai ? » ; ed è nostra sventura aver sempre queste domande dinanzi ! E non v ' illudete , o signori ; questo sentimento religioso assume necessariamente forma di culto ; poiché una volta che l ' uomo abbia concepito qualche cosa al di sopra di lui , è naturale egli domandi a se stesso come questo qualche cosa , che chiama Dio , debba o possa essere propiziabile . Ed è così , che tra lui e questo Dio sorge il sacerdote . Che cosa è il sacerdote ? È l ' interprete dell ' uomo a Dio , di Dio all ' uomo ; ma questo sacerdote che viene nell ' umana società per mettere in relazione l ' uomo con Dio , corrompe presto l ' ufficio suo , e , preso un altissimo posto nella umana coscienza , se n ' avvantaggia naturalmente . I sacerdoti formano una classe , una casta , portata alla ricerca di dominio e onori . Il sentimento è affatto diverso da quello che doveva essere ; non ha più per oggetto Iddio , non la mediazione fra l ' uomo e l ' idealità pura , ma il proprio interesse , la propria ambizione . Questa la corruttela del sacerdozio . Or bene , o signori , come quel primo sentimento si dice religione , questo secondo , con nome moderno , che corrisponde però a una cosa antica , si dice clericalismo . La religione o il sentimento religioso è , come abbiamo visto , la relazione fra uomo e Dio ; il clericalismo surroga alla relazione dell ' uomo con Dio l ' interesse proprio del sacerdote . E che cosa dobbiamo fare ? Questa è una perversione del retto principio , è una corruttela . Come correggerla , come impedirla ? Vi sono parecchi i quali non sono sinceri , e che gridano ad alta voce contro questi clericali . Io , per conto mio , li lascio vivere , come lascio vivere tutti ; ma esamino loro come esamino tutti . Culto e Dio sono troppo connessi fra loro perché si possano dividere e far sì che uno venga scacciato e l ' altro resti . Basta osservare che tutte le speculazioni moderne , tutte le dottrine scientifiche o filosofiche , che vogliono acquistare una efficacia pratica , hanno bisogno d ' un culto . Il mio amico Coppino , ministro della pubblica istruzione , nel suo discorso ad Alba ha detto che nell ' avvenire la religione professata da tutti sarà la « religione del dovere » . È una frase , per quanto bella , e gli uomini di Stato più degli altri dovrebbero guardarsi dalle frasi . Il dovere sarà la religione di pochi , e anche in quei pochi questo dovere sarà come una voce che parlerà fuori di loro . Dio non si caccia dal mondo , no . Dio non si caccia dall ' umana coscienza , perché è quello che vi ha di più profondo nella coscienza stessa . Egli fu concepito da tutti e in tutti i popoli come un grande ideale di bontà , di virtù e d ' amore . Perché , volendo pensare che cosa dia la somma di ogni passione , pensiamo subito a Dio ; perché questo Dio è l ' archeo , è il centro di ogni idealità umana , e l ' uomo lo pone dinanzi a sé come la meta sua naturale più elevata . Questo è Dio , ed esso si alza nella vostra coscienza e vi segna la via . E se voi poteste cacciare dalla umana società questo Dio , che vi segue dovunque , un immenso buio vi avvolgerebbe , e invano cerchereste di uscirne , in cerca di luce . E sapete ora voi quali sono i nemici principali di questo Dio che vi riscalda il cuore e costante brilla nel vostro pensiero ? I clericali , sì , quei clericali di cui ho parlato poc ' anzi ; quei clericali che non vogliono Dio avanti e sopra di loro perché vogliono un Dio , che anziché essere la loro guida , sia mancipio loro ; non che li ispiri ad amore del bello e del buono , ma che conservi la loro prosperità mondana alla quale , per ogni via , sono arrivati . Eppure atei e cristiani , clericali e miscredenti vanno a braccetto : e per quanto possano parere nemici nei giornali e nei comizi , sono amici , e gli uni operano gli stessi effetti degli altri , quantunque siano opposte le mire . Il clericalismo è la negazione di Dio , è l ' abbassamento di tutte le idealità che l ' umana coscienza ha concepito in Dio . E noi dobbiamo combatterlo , ma combatterlo come pratica una società civile . Noi in Italia abbiamo poi una ragione speciale che ne consiglia la lotta , ed è la sua ambiziosa voglia di riacquisto del potere temporale del papa che il clericale non potrebbe restaurare senza rovina del pontefice stesso , che non sarebbe in grado di tener Roma neppure una settimana . E noi dobbiamo combatterlo perché questa Italia , come l ' abbiamo fatta , una sul durevole fondamento della monarchia , è veramente intangibile . Se però dobbiamo distruggere questo nemico , non ce lo facciamo in fantasia più grosso di quello che è . Non facciamolo più numeroso di quanto esso veramente sia . E ora , conosciuti gli errori degli altri , veniamo a notarne anche qualcheduno dei nostri . Già , se udite che intorno a voi si levi il grido contro il clericale , non dovete poi credere , come potrebbe parere , che ogni religioso sia clericale , che sia clericale ogni prete . Una buona parte dei preti deplora il moderno indirizzo della curia romana , l ' indirizzo da essa dato al clero minore ; e quelli son sacerdoti pii , pieni di sentimento veramente religioso , che vedono la corruttela di cui la curia romana sempre più si ricopre . Questi buoni preti vedono fuorviato l ' indirizzo dei loro colleghi , ma non osano parlare o parlano sottovoce , e non osano gridare per fermare questa fiumana che minaccia di sommergere tutto quello che in più anni sono giunti a raccogliere . Ma perché non si adoprano a fermarla ? Perché non sono ancora riesciti a produrre un effetto utile ? Perché sono soli . Ogni qualvolta pare debba aversi uno dei tali effetti , è allora che il sentimento religioso vacilla . E intanto noi non ci risolviamo né ad apprezzare né a disprezzare cotali loro sentimenti . Questa la cagione per la quale i sacerdoti hanno perduto e sempre più si allontanano dall ' ufficio loro . Questi messaggeri di Dio conoscono tutti il danno del moderno indirizzo , e pur lasciano che si confonda religione e clericalismo . E difetto della politica nostra se in essi non troviamo uno strumento d ' aiuto contro il clericalismo prevalente nella maggior parte del clero e della curia romana . Non perciò dobbiamo scoraggiarci . La Chiesa è oggi tutta nelle mani del pontefice come mai . Dirò come disse un vescovo : i parroci sono soldati dei vescovi ; i vescovi del sommo pontefice . Tale organizzazione della Chiesa non risponde in origine a nessun testo del Vangelo , e a capo di essa sta il primo sacerdote del mondo , che vuol essere il più ostinato clericale del mondo . Ebbene , vedete , in questo momento il nostro paese è contristato da un ' aspra battaglia contro questo clero viziato . Voi ne avete visto i motivi e i primi scontri . Leone XIII – del quale io parlo sempre con grande rispetto – ha pubblicato un Breve a favore dei gesuiti , e il ministro guardasigilli del quale io parlo sempre con grande libertà ha subito cominciato a reagire , con un gesto discutibile , a cacciare tre o quattro monache dal convento della Sapienza . Però mentre vediamo costrette queste quattro monache a uscire dal loro convento , vediamo pure che al tempo stesso si fanno monache una ventina di giovani . Il ministro non ha autorità , né la pretende , di impedire che giovani donne pronuncino voti , e la monacazione in questo tempo di discordia è divenuta più grande di quanto fosse in addietro . Il ministro non ha con questo suo atto violata la legge : egli invece più rigorosamente l ' ha eseguita , ma in maniera diversa di quanto ha fatto finora e troppo mettendo il paese a rumore . Perché voi sapete che il ministro guardasigilli ha un grande difetto . Egli non fa nulla senza trombetta : non sospende un pretore per una giornata senza avvisarne tutti , o taluni almeno dei giornali d ' Italia . Codesta sua ultima azione è contraria a quella che deve compiere un governo il quale voglia eseguire la legge in modo che dall ' esecuzione di essa si possano ritrarre i maggiori benefizi che la legge stessa promette . Aggiungiamo una osservazione . Leone XIII e il ministro , negli atti che ho ricordato , hanno commesso il medesimo errore : quello di non considerare che gli altri nei loro atti non guardano soltanto quello che sono , ma anche quello che sembrano alla società . Per non aver fatto ciò , ministro e pontefice han provocato un movimento che in un paese più ardente del nostro avrebbe provocato conseguenze , l ' estensione delle quali non sarebbe possibile misurare . In un paese invece calmo come il nostro , dopo un certo spazio di tempo passerà tutto senza lasciare traccia di sé , e poiché il fumo è molto maggiore della vampa , fra qualche giorno nessuno ci penserà più . Ma le menti restano così piene di confusione , e se ne ricava un ' impressione capace di promuovere i malumori più grandi . Al paese importa molto la battaglia contro il clericalismo , ma l ' impressione e il moto troppo vivi finiscono in nulla , come una bolla di sapone che per un momento abbia brillato di vivi colori . Così non si combatte il clero , a punti di spilla , a dispetti , a piccoli sdegni , che offendono non solo il nemico che si dice di voler combattere , ma , come ho detto , anche la religione . Con queste piccole vessazioni il clericalismo si rinforza , perché questi atti , per quanto legali , alla maggior parte dei cittadini ripugnano . Questi atti non fanno che generare risentimenti , discreditare e togliere la fiducia a coloro che vorrebbero operar pel bene . Noi dobbiamo convincerci che questa lotta furiosa produce l ' effetto opposto di quello che si desidera . Parecchi confondono la maniera di combattere il clericalismo in un paese dispotico con quella buona in un paese libero : la maniera propria d ' un paese in cui ognuno può parlare e fare a sua posta , con quella delle società dove il cittadino deve trattenere persino l ' espressione del proprio dolore . Il clero non si combatte con questi piccoli sfoghi e io sono persuaso che l ' unico mezzo per ottenere qualcosa sia un ' azione costante e seria da parte dello Stato , a cui spetta però segnare il limite della propria azione e le relazioni di esso con tutti gli altri organismi che vivono intorno e dentro di lui . Bisogna che questa azione del governo sia coerente e ferma . Il che però non è facile in un governo come il nostro troppo in balia dei partiti ; bisogna che l ' azione non sia diretta così da produrre uno o l ' altro dolore , ma con perfetta chiarezza di idee e senza inimicizie verso tutto quello che nella Chiesa vi può essere di utile . Questa la forma teorica dell ' azione dello Stato . Ne potrei anche più determinare i confini , ma sarebbe troppo lungo discorso : potrei segnare l ' orbita di tutti questi organismi che riguardano lo Stato e la Chiesa ; ma qui mi ricordo della terza parola del tema che impresi a trattare , e mi limito dunque a dirvi l ' azione tra Stato e Chiesa rispetto alle scuole . La Chiesa pretende di poter insegnare da sola , e questo diritto lo deriva da talune parole di Cristo . Ma se Cristo ha dato a essa l ' autorità d ' insegnare , è chiaro che intendeva alludere alle dottrine che meglio fossero adeguate a quelle che insegnava lui . D ' altra parte , quelle alte parole io le venero , ma non credo che esse mi vietino di esaminar le moderne dottrine religiose che non sono in tutto e per tutto quelle di Cristo . Così noi non possiamo in nessuna guisa consentire che la Chiesa abbia veramente diritto d ' insegnare più che non l ' abbia lo Stato . Il quale , come tutore di quelli infiniti organismi che si muovono dentro di lui , ha anche il diritto di invigilare sul modo col quale da altri s ' insegna . Perciò l ' autorità dello Stato riguardo all ' insegnamento comprende tre grandi funzioni : autorizzare all ' insegnamento quelli che abbiano voglia di farlo , vigilare mentre s ' insegna , accertare i frutti dell ' insegnamento dato dagli altri . Lo Stato italiano non ha pur troppo un organismo capace di esercitare queste tre funzioni , rispetto alle quali esso è ancora molto imperfetto e deficiente . Esso non ha provveduto in modo sicuro e sincero perché l ' autorizzazione sia data in maniera che ognuno che insegna dia garanzia morale e materiale . Circa all ' invigilare mentre s ' insegna , noi vediamo come manchi tuttora una organizzazione adatta all ' uopo . Quanto poi all ' accertare i frutti dell ' insegnamento possiamo dire che i mezzi dei quali lo Stato si serve non sono atti . Gli esami , ad esempio , non sono che un vaglio , alla prima mossa del quale gli asini non passano , ma alla seconda passano tutti ! Lo Stato non esercita rispetto alle scuole ecclesiastiche quel diritto che dovrebbe , e avrebbe più d ' un valido motivo per intromettersi nell ' educazione delle scuole private e clericali del Regno . Lo Stato è obbligato d ' insegnar molto , d ' istruire , di educare , eppure nelle scuole dello Stato s ' istruisce poco e si educa punto . È assolutamente necessario che esso riordini le sue scuole in una scuola elementare in cui non si tenga conto delle classi che le stanno d ' attorno ; in una scuola tecnica che abbia , come non ha ora , un fine immediato ; in un istituto tecnico che non dia ai frequentatori di certe sezioni troppe ore di studio e a quelli delle altre troppe poche . Lo Stato ha bisogno di riordinare il liceo , dove si dovrebbe insegnare a leggere l ' italiano , a scrivere il latino e a compitare il greco , e dove invece si fa poco di tutto questo e quel poco anche male . È chiaro che l ' impressione che lo Stato quale educatore esercita nei padri di famiglia è la ragione diretta del seguito che hanno i maestri nelle scuole clericali . Una delle principali ragioni che spingono a far disertare le scuole laiche , è certamente il cattivo concetto che essi si sono fatti dell ' educazione che lo Stato stesso impartisce . I padri di famiglia vogliono che i figlioli ritornino presso di loro elemento di concordia e di pace ; vogliono che nell ' animo dei loro figlioli siano introdotti sentimenti che non siano per nulla contrari ai sentimenti loro . E l ' erroneo indirizzo delle nostre scuole induce con quasi pieno convincimento ad abbandonarle per quelle clericali . È una prova che l ' istruzione nelle scuole laiche non procede quale dovrebbe , la vediamo nel fatto che taluni istituti di educazione si sono appropriati la disciplina militare , che ha già dato buoni risultati . L ' esperienza di qualche anno ha dimostrato che questa disciplina produce in poco tempo gli stessi effetti utili che produce nei giovani il servizio militare . Lasciando all ' avvenire di risolvere pienamente questa questione , l ' attuale ministro della pubblica istruzione ha visto e sentito intanto i difetti dei suoi convitti ; ed era naturale dovessero sentirli e vederli anche i padri di famiglia . E qui si presenta un altro mezzo per combattere il clericalismo : quello di ordinare le scuole in modo che l ' educazione sia proporzionata alle diverse classi della società , di ordinarla in modo che nella scuola non s ' insegni religione , ma non s ' insegni l ' opposto , distruggendo nell ' animo dei giovani i sentimenti appresi nelle famiglie . E la paura di ciò che distoglie i genitori dal mandare i figlioli nelle nostre scuole . Uno dei diritti dello Stato è quello di autorizzare a insegnar , e per questo lo Stato ha bisogno di stabilire le condizioni intellettuali e morali che debbono richiedersi negli aspiranti all ' insegnamento . Queste condizioni sono definite dalle leggi , ma queste leggi sono troppo deboli , troppo facili a frodarsi . Da noi le leggi sono fatte così : in un articolo d ' una di esse è detto che per esser dottore bisogna fare questo e quest ' altro , e nell ' articolo seguente si afferma che però si può esser dottore anche senza aver fatto questo e quest ' altro ! Ecco la grande necessità di irrigidire le condizioni predette . Lasciamo pure a tutti il diritto d ' insegnare , ma ciò soltanto a comuni e rigide condizioni . Noi vediamo sempre esercitato l ' insegnamento da un numero crescente di frati e di preti . Bene , eleviamo le condizioni stesse : è l ' unico mezzo per frenare tanta ambizione d ' insegnamento . Ma sovratutto rendiamole tali che non ci sia il modo di violarle o facilmente potersene esimere . In questi dieci ultimi anni in cui voi sentiste di essere governati tanto liberamente , sono state rilasciate a frati e a preti molte più autorizzazioni d ' insegnamento che non nei tempi addietro , e rilasciate anche con molto minor rigore . E vi lagnate poi perché un numero troppo grande di ministri di Dio abbia ottenuto tale facoltà , e vi chiedete a chi ne spetti la colpa ? Chiedetelo ai deputati che privatamente hanno insistito in favore di tali autorizzazioni ! Chiedetelo a quei ben noti deputati che , mentre combattono in piazza i clericali , affidano i figli loro ai preti perché li educhino . Chiedetelo a questi ipocriti peggiori dei clericali stessi : a codesti autori di un ' ipocrisia che uccide l ' anima del paese , che insegna a non guardarsi liberamente in viso : a questa ipocrisia che dà al paese il diritto di credere che tutto ciò che gli si dice in pubblico sia sfacciata menzogna . L ' oscillazione con cui procede lo Stato rispetto alla Chiesa , gli ha impedito di fermare il suo stesso pensiero su troppe cose rilevanti . E l ' oscillazione da esso discende ai liberali che si trovano combattuti fra opposte correnti : da una parte codesti liberali – quantunque tale parola sia stata talmente usurpata da non saper più cosa voglia dire – sentono affermare che il culto e i riti sono tutte cose vane e inutili , dall ' altra invece l ' opposto . Invece bisogna pensare a ciò che di bene e di male fa il clero per la natura stessa della sua organizzazione , e per la intima relazione ch ' esso ha , non solo con la plebe , ma con la classe più agiata : influenza morale che non risolverà né oggi né domani né mai in un fatto sensibile , in una violazione qualunque , ma si esercita su tutta la società , e tutta la penetra . Allo Stato deve importare che questa influenza si eserciti possibilmente in un modo piuttosto che in un altro ; e dico possibilmente , perché anche i clericali debbono aver molta libertà di pensare . In queste condizioni lo Stato deve trovare un rimedio al dominio del clericalismo nell ' insegnamento filosofico , e far in modo che la scienza umana aleggi , ventili , penetri nell ' insegnamento che tuttora si dà nei seminari . Bisogna che anche ciò che si insegna in quei collegi risponda ai migliori principi della civiltà e della scienza ; e cessi la rozzezza d ' oggi , in cui la maggior parte dei preti non conosce , quand ' anche lo conosca , che il breviario . Insomma è importante per lo Stato che la mente dei preti sia elevata , il più possibile . Lo Stato può far questo in due modi . La teologia è una scienza intorno alla quale si è creato una vera enciclopedia di scienze cui spettano i problemi filosofici più alti dello scibile umano . Ora , mentre queste scienze sono seriamente studiate in Germania , in Inghilterra , in Francia , qui da noi invece sono quasi del tutto soppresse . Bisogna rialzarle adunque , e saranno feconde di libertà anche nelle menti oggi schiave . Bisogna che il prete sia istruito nella scienza propria e nel suo dovere : bisogna che il prete non possa chiamarsi tale se non dopo esser passato attraverso a tutto quello studio che lo Stato crede più opportuno per la cultura generale del paese . Noi abbiamo lasciato troppo libera la Chiesa non intervenendo nel formare la mente dei preti . Solo il sacerdote arrivato al suo ufficio attraverso una cultura laica potrà concorrere a elevare la mente e il cuore delle plebi . Si combatte adunque il clericalismo nelle scuole rinvigorendo i mezzi d ' ispezione ; rinforzando le condizioni alle quali devono sottostare gl ' insegnamenti ; rendendo le scuole dello Stato buone educatrici , pur non avendo il colore di religiose ; ma lo si combatte sovrattutto elevando l ' istruzione del clero e sottraendolo all ' influenza esclusiva della gerarchia ecclesiastica . Credo di avere brevemente percorso il soggetto che mi ero proposto . Potrei essermi fermato più a lungo su ciascuno di questi argomenti , ma avrei abusato della vostra pazienza , e d ' altronde ognuno di essi avrebbe potuto e dovuto esser tema di una speciale conferenza . Se la mia parola vi è parsa scevra di odio , se ho misurato come meglio potevo il torto e la ragione da una parte e dall ' altra , se non ho nascosto il danno che il clericalismo arreca al paese e non ho lodato i mezzi meschini e chiassosi per combatterlo , se tutto ciò ho fatto con qualche chiarezza , sono abbastanza soddisfatto . E prima di finire mi rivolgo ai maestri elementari , ai quali in questa battaglia contro il clericalismo , in questa lotta per elevare il livello morale e intellettuale del paese , spetta una delle parti principali . Coloro che continuano a ripetere che il maestro elementare ha vinto la battaglia di Sadowa sbagliano di grosso . I popoli civili furono più volte sommersi dai barbari , tant ' è vero che i Greci leggevano meglio dei Romani e giacquero sconfitti . Le battaglie sono in generale vinte dal genio e dalla forza . Non aspettino adunque i nostri maestri tale gloria per loro , ma una gloria più vera e sincera : quella d ' aver diffuso nel popolo italiano la cultura e l ' amore della patria . Siano ministri di luce e di pace , ma lascino allo Stato la missione di rendere le scuole , nelle quali essi si adoperano , più proporzionate a produrre gli effetti che si desiderano , più ricche d ' insegnamento , più pratiche e più vicine agli interessi e ai bisogni delle classi che le frequentano . Domandate questo allo Stato , e aspettate che altri domandi per voi il miglioramento della vostra condizione materiale . Già vedete che il ministro d ' istruzione , sebbene ancora imperfettamente , qualcosa ha fatto , poco certo , dacché lo stato vostro è ancora misero . La vostra classe manca ancora di quelle guarentigie che vi abbisognano per attendere tranquillamente ai vostri doveri . I maestri sono più in rapporto con le classi infime che più delle altre frequentano le scuole elementari ; quelle essi devono apparecchiare ai sentimenti indispensabili a ogni società umana . Devono temperar le voglie di mutar queste condizioni per vie e modi che la storia antica e moderna ha dimostrato incapaci di riuscita . Devono persuadersi che non hanno l ' obbligo dallo Stato d ' insegnar la religione , ma devono pure guardarsi dall ' introdurre nell ' animo degli allievi una inclinazione irreligiosa , perché non è stato mai detto che la religione non raddolcisca i dolori degli uomini . Sia missione loro , non insegnando religione , di lasciar l ' animo degli umili aperto a quei sentimenti che con la religione s ' accompagnano e valgono sempre a rendere meno invidiabile chi sta in alto per le ineguaglianze necessarie della vita . È questa l ' alta azione affidata sovrattutto al maestro , che , dopo il parroco del paese , è la persona più intimamente legata al popolo : aiutandolo se liberale , correggendolo se clericale . I maestri siano per quanto possono ministri di luce e di pace : di luce in un mondo che dà ancora generosi bagliori , di pace in un mondo tuttora combattuto fra infiniti contrasti .
«Lascia o raddoppia?» ( Vergani Orio , 1958 )
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Nel mio mestiere di « spettatore pagato » , di cronista teatrale , l ' unica poltrona comoda è quella da cui , in casa mia , assisto al solo spettacolo per il quale io pure sono spettatore pagante . In quella poltrona , che nelle altre ore accoglie , per ormai riconosciuto dominio , i riposi del mio cane , anch ' io , a mio modo , mi acciambello , spettatore senza bretelle e senza cravatta : mi crogiolo nell ' ozio , padre di pigri pensieri : il cane si accovaccia ai miei piedi , come nelle antiche statue , emblema della fedeltà , e ogni tanto , più per farsi ricordare che per vera smania della sua giovane candida dentatura , mordicchia delicatamente una mia pantofola . Me ne sto , come si diceva nell ' Ottocento , in panciolle . Ho vicino un posacenere che , dal bracciolo della poltrona , la mia mano può raggiungere descrivendo appena un decimo o un dodicesimo di semicerchio : e , se il segnale dell ' inizio di Lascia o raddoppia ? ha affrettato la fine del pranzo , ho vicino a me , in una bonaria natura morta , il bicchiere , l ' ultimo modesto « gotto » serale di vino . Come per milioni di italiani Lascia o raddoppia ? ha sostituito per me , una volta alla settimana , il caminetto , con le sue quiete fantasie covate nello spettacolo della fiamma e della brace , ha sostituito quelli che , al tempo dei nonni , erano gli interminabili romanzi di appendice con i loro colpi di scena con i loro puntini di sospensione , con il loro « Il seguito a domani » . Lascia o raddoppia ? è uno dei pochi giochi che , nella sua elementarità , non susciti , verso i suoi personaggi , invidie e che non ci spinga sul sentiero della malignità . Mike Bongiorno va e viene per casa nostra , e anche per casa mia , come fosse il figlio , che abbiamo visto crescere , del nostro vicino di pianerottolo : ci sembra addirittura , ormai , di averlo visto bambino pedalare sul triciclo dell ' onomastico . Avevamo per molto tempo dubitato che quel simpatico ragazzino potesse trovare la sua strada , nella vita , con quel suo futuro volto da « primo impiego » . Quanto a Edy Campagnoli , vorremmo dire che abbiamo visto anche lei crescere sulle nostre scale , pupetta , scolaretta con le caldarroste nel grembiule , e , alla fine , bella ragazza che ci è sembrato tante volte di intravedere dietro ai cristalli di un negozio di profumeria ? No . Con la Campagnoli , come con le giovani donne in genere , le vie della confidenza sono più difficili : ogni donna ha il suo tout petit mystère : ogni donna sta al centro di un piccolo o grande labirinto : la sua scarsa eloquenza iniziale non era quella della Sfinge e non ci aiutava a conoscerla : il suo garbo discreto era per noi simile a quello di una bella giovane infermiera di un dentista che assista con un « sorriso di giacinto » all ' estrazione di un nervo da un dente cariato . Personaggi di casa dunque : anche il notaio , laggiù ; anche gli assistenti al tavolo di fondo , un po ' incolori ; anche i valletti , esattamente neutri . Personaggi di un romanzo a dispense che ad ogni capitolo regala milioni , attraverso quei gettoni d ' oro che nelle fotografie sembrano dischetti di cartone senza peso . Lascia o raddoppia ? è un gioco castissimo : i décolletés , che hanno invaso anche le copertine dei libri gialli , vi sono rigorosamente esclusi : resteranno memorabili i gesti con cui la Campagnoli ha coperto con una mano lo scollo , una sera che dovette chinarsi a raccattare qualcosa , e quello con cui evitò che , a puntarle un distintivo sul petto , si avvicinasse la mano di un concorrente . Spettacolo castissimo . Spettacolo che talvolta sfiora una periferia dickensiana , più spesso quella di Sans famille di Hector Malot , talvolta quella dell ' ottocentesco Volere è potere tratto da Carattere dell ' inglese Smiles , libro educativo che un poco zuppificò , un poco esaltò l ' infanzia di tanti miei coetanei . Davanti al vecchio problema se sia l ' arte che imita la vita , o la vita che imita l ' arte , il gioco della televisione allinea i suoi concorrenti come i personaggi di una bibliotechina , prevalentemente rosea , nella quale , di volta in volta , troviamo personaggi alla Fucini e alla Paolieri , certi toni alla Guareschi o addirittura delle settecentesche pièces larmoyantes . Certe volte una paginetta di Carolina Invernizio o di Anna Vertua Gentile : altre volte un po ' di Tutta Frusaglia : certi contadini toscani discesi pari pari da un capitolo di Ildefonso Nieri , gastronomi alla Jarro , esperti di teatro che risalgono agli atti unici dialettali di Gino Rocca . Lascia o raddoppia ? ha avuto persino in qualche personaggio il riflesso di certi capitoli di Moravia . Ha avuto i suoi testardi , i suoi caparbi , i suoi litigiosi , i suoi misantropi molieriani : persino l ' americano gentile come lo sognano molte ragazze . Pírandello è il grande assente : Mike Bongiorno sta cercando in questi giorni di creare , attraverso un concorrente siciliano , un personaggio del Musco minore con qualche sommesso accenno al « gallismo » di Brancati . Immensa , forse troppo abbondante la schiera dei « figli di Emilio Colombo » , il Pindaro del pedale e del gol , guidati dal lungocrinito Lauro Bordin .
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Noi deploriamo che la maggioranza dei cattolici e degli uomini d ' ordine abbia in buona fede presa sul principio una posizione che li ha poi condotti a trovarsi in urto con l ' evidenza dei fatti e coi principii elementari del diritto umano ; ma fiat iustitia et pereat mundus : nessuna avversione di razza o di religione , nessuna necessità di difesa politica legittima la soppressione della verità , il sacrificio di una vita , il tormento d ' un ' anima , il vilipendio di una famiglia , la morte civile d ' un colpevole . Come abbiano potuto , con tanta ferocia , i nazionalisti e gli antisemiti assumere una causa così ripugnante , senza indagare , se mai nella loro lotta disperata per un ideale patriottico contro la massoneria e il giudaismo , calpestassero il fondamento stesso del proprio programma e creassero agli avversari una posizione di favore , è un fenomeno che non si spiega se non tenendo conto degli acciecamenti che la passione produce : l ' avervi però persistito , e il persistervi tuttora , malgrado tutto quello che di triste è accaduto , malgrado tutta la luce che si è sprigionata dal cozzo terribile , malgrado le rivelazioni , le confessioni , le inchieste , tradisce una cecità irreparabile . La Francia ha bisogno che questa brutta pagina della sua storia contemporanea si chiuda ; e a chiudersi pare infatti vicina : ciò non accadrà forse se non attraverso nuove convulsioni : ma è sperabile che gli uomini onesti d ' ogni partito si convincano finalmente che oggi alla Francia occorre una cosa sola : far giustizia ; giustizia riparatrice del passato , giustizia punitrice degli autori della sventura e dell ' onta riversatasi sul paese .
UOMINI IN CARNE E OSSA ( GRAMSCI ANTONIO , 1921 )
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Gli operai della Fiat sono ritornati al lavoro . Tradimento ? Rinnegamento delle idealità rivoluzionarie ? Gli operai della Fiat sono uomini in carne e ossa . Hanno resistito per un mese . Sapevano di lottare e resistere non solo per sé , non solo per la restante massa operaia torinese , ma per tutta la classe operaia italiana . Hanno resistito per un mese . Erano estenuati fisicamente perché da molte settimane e da molti mesi i loro salari erano ridotti e non erano più sufficienti al sostentamento familiare , eppure hanno resistito per un mese . Erano completamente isolati dalla nazione , immersi in un ambiente generale di stanchezza , di indifferenza , di ostilità , eppure hanno resistito per un mese . Sapevano di non poter sperare aiuto alcuno dal di fuori : sapevano che ormai alla classe operaia italiana erano stati recisi i tendini , sapevano di essere condannati alla sconfitta , eppure hanno resistito per un mese . Non c ' è vergogna nella sconfitta degli operai della Fiat . Non si può domandare a una massa di uomini che è aggredita dalle più dure necessità dell ' esistenza , che ha la responsabilità dell ' esistenza di una popolazione di 40.000 persone , non si può domandare più di quanto hanno dato questi compagni che sono ritornati al lavoro , tristemente , accoratamente , consapevoli della immediata impossibilità di resistere più oltre o di reagire . Specialmente noi comunisti , che viviamo gomito a gomito con gli operai , che ne conosciamo i bisogni , che della situazione abbiamo una concezione realistica , dobbiamo comprendere il perché di questa conclusione della lotta torinese . Da troppi anni le masse lottano , da troppi anni esse si esauriscono in azioni di dettaglio , sperperando i loro mezzi e le loro energie . E ' stato questo il rimprovero che fin dal maggio 1919 noi dell ' " Ordine Nuovo " abbiamo incessantemente mosso alle centrali del movimento operaio e socialista : non abusate troppo della resistenza e della virtù di sacrificio del proletariato ; si tratta di uomini comuni , uomini reali , sottoposti alle stesse debolezze di tutti gli uomini comuni che si vedono passare nelle strade , bere nelle taverne , discorrere a crocchi sulle piazze , che hanno frame e freddo , che si commuovono a sentir piangere i loro bambini e lamentarsi acremente le loro donne . Il nostro ottimismo rivoluzionario è stato sempre sostanziato da questa visione crudamente pessimistica della realtà umana , con cui inesorabilmente bisogna fare i conti . Già un anno fa noi avevamo previsto quale sbocco fatalmente avrebbe avuto la situazione italiana , se i dirigenti responsabili avessero continuato nella loro tattica di schiamazzo rivoluzionario e di pratica opportunistica . E abbiamo lottato disperatamente per richiamare questi responsabili a una visione più reale , a una pratica più congrua e più adeguata allo svolgersi degli avvenimenti . Oggi scontiamo il fio , anche noi , dell ' inettitudine e della cecità altrui ; oggi anche il proletariato torinese deve sostenere l ' urto dell ' avversario , rafforzato dalla non resistenza degli altri . Non c ' è nessuna vergogna nella resa degli operai della Fiat . Ciò che doveva avvenire è avvenuto implacabilmente . La classe operaia italiana è livellata sotto il rullo compressore della reazione capitalistica . Per quanto tempo ? Nulla è perduto se rimane intatta la coscienza e la fede , se i corpi si arrendono ma non gli animi . Gli operai della Fiat per anni e anni hanno lottato strenuamente , hanno bagnato del loro sangue le strade , hanno sofferto la fame e il freddo ; essi rimangono , per questo loro passato glorioso , all ' avanguardia del proletariato italiano , essi rimangono militi fedeli e devoti della rivoluzione . Hanno fatto quanto è dato fare a uomini di carne ed ossa ; togliamoci il cappello dinanzi alla loro umiliazione , perché anche in essa è qualcosa di grande che si impone ai sinceri e agli onesti .
Zarah Leander ( Vergani Orio , 1948 )
StampaQuotidiana ,
È una donna ancora molto bella , Zarah Leander . Anche se la prima giovinezza sta staccandosi se pure molto dolcemente da lei , il suo volto ne ha acquistato un rilievo drammatico profondo . I suoi occhi sono stati e sono molto famosi , leggendariamente inquietanti . Ieri sera al Mediolanum , eccoli gli occhi di questa signora vestita di bianco che , quasi immobile davanti al microfono , cantava alcune canzoni in francese e in svedese . Non sono occhi particolarmente grandi , o particolarmente splendenti . Il loro colore , nella piena luce della ribalta , è mescolato d ' oro cupo e di qualche nota azzurra . Sono occhi difficili da raccontare : occhi d ' attrice come li vide un tempo , intensi , De Nittis in Sarah Bernhardt e Albert Besnard in Réjane : occhi un poco distanti e dallo sguardo raramente afferrabile . Anche Colette ha di questi occhi vibrati , fatti più per la malinconia che per il sorriso : occhi , direi , da confessione drammatica . Il canto di Zarah Leander è , come il suo sguardo , vibrato . È il canto in tono di contralto di una dicitrice dalla concitata veemenza , quasi virile , che in certi momenti spalanca brutalmente le porte sulla verità . Una voce inattesa per il nostro orecchio latino abituato alle tonalità canore definite e a un modellato delle parole meno rapinoso e meno sferzante . Raquel Meller - arrivata anche lei venticinque anni fa , alla fine della prima guerra mondiale , al music - hall dopo le esperienze del cinema - aveva nel canto la stessa virtù plastica , anche se la musica della Violetera , che fu la sua grande creazione , era di sentimenti meno neo - realisti di quelli delle canzoni francesi che la Leander canta come in un soliloquio di disperata confessione femminile , così come si può immaginare che una donna parli solo quando è sicura di essere assolutamente sola .
GLI ANALFABETI NELLE ELEZIONI POLITICHE ( SONNINO SIDNEY , 1877 )
StampaQuotidiana ,
Firenze , li 4 novembre 1877 Gentilissimo sig . Direttore . Ora che sono di moda le proposte di riforma , più o meno radicali , della nostra legge comunale e provinciale , vorrei anch ' io suggerire un emendamento , lievissimo nella forma , ma importante per la sostanza , con il quale si verrebbe a rimediare ad una grave lacuna della legislazione attuale , lacuna a cui non si è in alcun modo provveduto né nella proposta di legge ministeriale né in quella della commissione parlamentare . Secondo la legge del 1865 come pure secondo i nuovi progetti presentati alla Camera l ' analfabeta è per regola generale , e salvo alcuni casi eccezionali tassativamente determinati dal legislatore , escluso affatto dall ' elettorato . Il solo motivo che giustifichi una tale esclusione è quello , che l ' analfabeta non può essere mai certo del suo voto , dovendosi fidare alla buona fede altrui ; e non è quindi interamente libero nell ' esercizio del suo diritto . Insomma non si ha nessuna sicurezza della sincerità del voto dell ' analfabeta . Noto , in parentesi , per chi non lo sapesse , che nelle elezioni amministrative la legge non richiede che il voto sia scritto di proprio pugno dall ' elettore , onde la giurisprudenza , sebbene non perfettamente concorde nei suoi giudizi sulla maggiore o minore capacità di scrivere richiesta dall ' elettore , ha però ritenuto sempre come requisito indispensabile quello di saper leggere un nome scritto da mano altrui . E sin qui nulla avrei da criticare , quanto alla questione teorica . Ma vediamo un poco quali sono nella pratica gli effetti di una tale esclusione . Avverto che mi restringerò a parlare della Toscana , come quella regione che è meglio cognita alla maggioranza dei lettori della « Nazione » ; le mie osservazioni però si possono applicare egualmente a quasi tutte le diverse regioni d ' Italia , e più specialmente in cui vige , come contratto agricolo , la mezzadria , sotto una qualunque delle sue molteplici forme . L ' esclusione degli analfabeti dall ' elettorato amministrativo non ha una grande importanza pratica nelle nostre città , e nemmeno nei paesi e nelle borgate , ma invece porta alla radiazione dalle liste elettorali della maggioranza dei contadini . E perché mai ? Perché i capoccia , ossia i capi delle famiglie coloniche , sono per la maggior parte illetterati , sebbene per censo avrebbero quasi tutti diritto all ' elettorato , sia in proprio come imposti da tasse di famiglia , sia imputando nel loro censo , in virtù dell ' art . 24 della legge del 1865 un terzo delle imposte reali pagate dal padrone del fondo . Or bene , siffatta esclusione della massa dei contadini dalle liste elettorali amministrative è , come ben sa chiunque ha pratica d ' amministrazione , un danno grandissimo per il nostro paese . Essa disturba la proporzionalità della rappresentanza dei diversi interessi nei consigli comunali , e , specialmente nei comuni di natura mista , cioè in parte urbani e in parte rurali , produce sconci gravissimi , ed ingiustizie ed oppressioni non poche , dando il potere esclusivamente in mano ad una piccola minoranza cittadina . Pei democratici dovrebbe essere argomento di dolore il veder leso a questo modo il principio delle maggioranze , come pure il principio del diritto di ogni contribuente di vegliare sulla gestione del denaro pubblico ; e d ' altra parte i conservatori dovrebbero deplorare la insufficiente rappresentanza della classe dei contadini , la quale è , per sua natura , conservatrice , e nemica delle rivoluzioni , delle guerre , e dei cataclismi . Il capoccia delle nostre famiglie coloniche , sebbene pur troppo spesso illetterato , è tutt ' altro che ignorante o rozzo ; ha invece buon senso , ha esperienza , una discreta cultura tecnica , ed una grande conoscenza degli uomini . E non si dica che l ' esclusione dei contadini dalle liste elettorali dipenda da colpa dei proprietari , i quali avendo in tante questioni interessi conformi a quelli dei contadini , dorrebbero adoperarsi ed insegnare a questi a leggere ed a scrivere . Ed invero non si può sperare né pretendere che i vecchi capoccia , uomini che hanno quasi tutti dai quarant ' anni in su , ed hanno sulle spalle tutto il peso del sostentamento della famiglia , possano ora andare a scuola ad imparare l ' abbicì . Le scuole serviranno per la nuova generazione , ma oramai i vecchi sono quel che sono . Di qui a venti o trent ' anni si sarà , forse , riparato all ' inconveniente attuale coll ' istruzione elementare più diffusa , ma intanto in venti o trent ' anni c ' è il tempo di mandare in rovina tutti i bilanci comunali e di fare dei danni incalcolabili ed irreparabili . E come si può sperare che i proprietari si adoprino efficacemente a diffondere l ' istruzione nelle campagne , quando non dovranno fruire del vantaggio di una tal diffusione che di qui a vent ' anni o più , mentre saranno per risentirne immediatamente i pesi per l ' aumentata spesa delle scuole , per la minore docilità dei contadini , ecc . Non esigiamo eroismi dalla media degli uomini , a qualunque classe appartengano ; e se vogliano che i proprietari si adoprino a tutt ' uomo all ' incremento dell ' istruzione pubblica , malgrado i danni diretti che ad essi ne proverranno , dobbiamo d ' altra parte far sì , che essi possano risentirne anche un qualche vantaggio immediato . Se no , faremo un buco nell ' acqua con tutte le nostre leggi di istruzione obbligatoria . « Ma dunque ? mi si domanderà vorreste forse dare il voto agli analfabeti ? » No ; tutt ' altro . E qui scendo alla parte positiva del mio ragionamento . L ' art . 22 dispone che « il padre può delegare ad uno dei figli l ' esercizio dei suoi diritti elettorali , purché nel delegato concorrano gli altri requisiti prescritti per essere elettori » . Con questa savia disposizione parrebbe che si fosse provveduto a tutto , poiché il padre che sarebbe elettore per censo ma che si trovasse escluso dalle liste perché analfabeta , delegherebbe il suo diritto ad uno dei suoi figli , il quale o avrà già frequentato la scuola elementare , oppure potrà sempre , andando alle scuole serali , acquistare ben presto la capacità di leggere e scrivere un nome sopra una scheda . Ma nossignori ! Ci stanno di mezzo le formole giuridiche . « Non si può delegare ad altri facoltà che non si hanno » . Dunque il padre che non è elettore , perché analfabeta , non può delegare nulla al figlio letterato . E quando in Italia si è trovato una formula giuridica , non c ' è più logica che tenga ; e gl ' Intendenti piemontesi decisero che il padre analfabeta non può delegare il censo al figlio . Questa decisione a me pare ingiusta ed assurda . All ' analfabeta si toglie l ' elettorato perché mancano in lui le garanzie di libertà e di sincerità del voto ; e non per punirlo , ché ogni pena siffatta , in Italia , sarebbe una iniquità . Ma quali sono le ragioni per cui un analfabeta non potrebbe , con egual cognizione di causa che un presidente dell ' Accademia della Crusca , delegare il suo voto al figlio ? Qui si tratta soltanto della questione se quel tale Tizio , il quale paga un censo adequato , abbia o no fiducia sufficiente nel suo figlio per delegare a lui la rappresentanza civica di quegl ' interessi familiari che hanno , per regola , diritto ad una voce nell ' elezione della autorità locale . E dovendosi tal delegazione far sempre per atto autentico , qual è la garanzia che manchi nel caso dell ' analfabeta più che in qualunque altro caso ? Quando ammettiate la delegazione del censo del padre analfabeta al figlio letterato , avrete in questi un elettore che sa leggere e scrivere e che rappresenta una somma d ' interessi nel comune . Quale può dunque essere la ragione di una tal esclusione ? Io non saprei davvero escogitarne una buona . Qui si tratta di una vera e propria delegazione di censo da padre a figlio , e non di altro ; tant ' è vero , che la delegazione è sempre revocabile , e che il padre che può essere elettore per capacità oltreché per censo , può , anche attualmente , delegare al figlio il censo restando egli stesso elettore . Ciò per la teoria . Quanto poi alla pratica , si otterrebbero colla delegazione del censo fatta dal padre analfabeta parecchi vantaggi grandissimi in primo luogo una classe importantissima della nostra popolazione tornerebbe ad avere la sua giusta parte d ' influenza nella gestione delle amministrazioni locali ; e in secondo luogo i proprietari avrebbero d ' ora in poi in moltissimi comuni un interesse diretto ed immediato alla diffusione dell ' istruzione elementare nelle campagne , interesse che ora manca affatto . In qualche provincia d ' Italia per esempio nel Palermitano , la deputazione provinciale ha , di fatto , ammesso la delegazione di censo fatta dal padre analfabeta ; ma questa ammissione è reputata generalmente illegale , e condannata dai commentatori della legge del 1865 . Le nuove proposte di legge presentate alla Camera ripetono a questo riguardo le disposizioni della legge attuale , senza pronunciarsi sulla questione che ho esaminato : mi reputerei davvero fortunato se , in occasione delle prossime discussioni parlamentari , potessi con questi rozzi appunti richiamare su di essa l ' attenzione dei nostri uomini pubblici . Le stringo cordialmente la mano confermandomi suo devotissimo SIDNEY SONNINO .
INSEGNAMENTI ( GRAMSCI ANTONIO , 1922 )
StampaQuotidiana ,
Le conclusioni che si possono trarre dall ' andamento di questa manifestazione di Primo Maggio sono confortanti . La manifestazione è riuscita come intervento di masse , come estensione di solidarietà operaia . Ha dimostrato come il proletariato italiano malgrado la reazione è sempre rosso . Ed è anche riuscita come prova di spirito di combattività che si risveglia nelle file dei lavoratori . I fascisti si sono preoccupati di dimostrare col loro contegno e colle loro stesse dichiarazioni che si trattava di una manifestazione antifascista . E tale è stato il significato della astensione dal lavoro e dell ' intervento alle dimostrazioni di grandissime masse , da un capo all ' altro d ' Italia , e senza escludere le zone percosse dal fascismo . Se i cortei non si sono fatti si deve alla imposizione del governo : se si fossero potuti tenere , oggi conteremmo un maggior numero di morti operai , ma anche un maggior numero di morti fascisti . Tuttavia , accanto alla confortante constatazione della vastità ed imponenza della manifestazione e dell ' elevato morale della massa , dobbiamo porre quella che l ' organizzazione ha lasciato in generale a desiderare . La cosa non è senza ragione : la tattica dell ' unità di fronte adottata in questo Primo Maggio da tutti gli organismi proletari , esperimento dell ' Alleanza del lavoro italiana , ha recato insieme questo benefizio e questo vantaggio , che vanno dai comunisti attentamente considerati . Ci limitiamo qui ad accennare brevemente alla cosa , in presenza del comunicato diramato dal Comitato dell ' Alleanza del lavoro dopo il Primo Maggio . Con la tattica dell ' unità di fronte si sono potute radunare ai comizi di Primo Maggio grandi moltitudini operaie anche dove era ben chiaro nella coscienza fin dell ' ultimo intervenuto che non si trattava della solita e tradizionale coreografia , ma di una giornata di lotta . Ma questa dimostrazione dell ' avversione del proletariato alla reazione e al fascismo , dello spirito di classe che tuttora anima le grandi moltitudini di lavoratori , non è abbastanza per poter aver ragione del fascismo e della reazione . Il fascismo non sarà soffocato da unanimità platoniche : le rivoltelle e i pugni non saranno rese impotenti col gettarvi sopra una materassa . Il fascismo non ha il numero , ma ha l ' organizzazione , unitaria e centralizzata , ed è in ciò la sua forza , integrata nella centralizzazione del potere ufficiale borghese . L ' Alleanza del lavoro che oggi ha permesso di raggruppare masse imponenti deve divenire capace di inquadrarle con disciplina unitaria . Qui è il compito dei comunisti , nel conseguire questo risultato , verso il quale non si è fatto che il primo passo . Quando sarà possibile che le grandi adunate possano contare sul concorso proletario , e nello stesso tempo su una razionale preparazione delle nostre forze , allora il proletariato potrà dominare il suo nemico . In questo Primo Maggio si è potuto notare che i comizi e i movimenti concordati dalle organizzazioni alleate mancavano un po ' di preparazione organizzativa anche al modesto effetto della loro protezione dagli attacchi degli avversari , e questo dipendeva dal fatto che non era ben chiaro chi avesse organizzato i comizi e disposto il piano del loro svolgimento sotto tutti gli aspetti . I comitati locali dell ' Alleanza non sono che di recente formazione , e non hanno chiara consistenza organizzativa , e sufficienti poteri . Tuttavia , è già un gran vantaggio quello di aver potuto avere radunate comuni delle masse , perché ciò eleva il morale proletario e consente ai comunisti di portare a tutto il proletariato la loro franca parola . Tutto un ulteriore sviluppo dell ' interessante esperimento italiano della tattica del fronte unico condurrà ad integrare con questo vantaggio innegabile l ' altro dell ' effettiva ed intima unità di organizzazione . L ' argomento si presta ad importantissime considerazioni : vogliamo ora solo notare che il terreno sindacale su cui l ' Alleanza è costituita , permette ai comunisti di premere perché essa divenga sempre più stretta organizzativamente , giungendosi così all ' unità sindacale proletaria che sempre noi abbiamo auspicata e che il programma del Partito comunista solo può e dovrà riempire di contenuto rivoluzionario . Per ora vi è da reagire contro il carattere pigro ed incerto che ha fino ad oggi la dirigenza dell ' Alleanza del lavoro . I comunisti hanno già formulato in modo preciso e concreto le loro proposte per lo sviluppo , per il ravvivamento , per il potenziamento dell ' Alleanza , che potrebbe , se la campagna non venisse spinta energicamente innanzi , parallelamente alle eloquenti esperienze dell ' azione proletaria , degenerare in una burocratica ed ingombrante diplomazia di capi esitanti ed opportunisti . Quanto le proposte comuniste siano urgenti lo dimostra il contegno passivo dell ' Alleanza dinanzi alle gravissime provocazioni che hanno subito il Primo Maggio le folle operaie e , nonostante gli inviti all ' azione giunti da tante parti , lo dimostra la sua insensibilità alla pressione che viene oggi dal proletariato italiano disposto a procedere rapidamente sulla via della controffensiva . E lo dimostra , eloquentissimo documento , il comunicato diramato dal Comitato nazionale , che con le sue frasi piatte e banali declina la suggestione sorgente dalle masse anelanti la lotta : comunicato al quale non vogliamo scrivere altro commento , sicuri che , come la quistione è ormai irrevocabilmente posta innanzi alle masse , così queste non mancheranno di commentare e giudicare esse , per trarre da quest ' altra delusione nuovo stimolo a proseguire sull ' aspra ma sicura via della loro riscossa .
Leo Longanesi ( Vergani Orio , 1959 )
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Il mio primissimo ricordo di Longanesi risale lontano , ai tempi , attorno al 1925 , di una gita notturna da Bologna a Ferrara . Quanti anni aveva ? Una ventina . Non credo avesse terminato gli studi regolari : era piccolo di statura - i tre « piccoli » di Roma , quando vi si trasferì , erano , con lui , il pittore Bartoli e il pittore Maccari , che allora si arrangiava a far della modesta « cucina » giornalistica - , aveva , nel viso pallido di autodidatta , due occhi che sembravano pronti solamente all ' ironia o alla rissa . Il braccio , entro la manica dell ' abito scuro , lo sentii solido : la mano gentile , ma , nella stretta , dura . In sei dentro l ' automobile che ci portava a Ferrara con gran rumore di ferraglia e inquietanti sobbalzi , non s ' era sentito parlare che lui , il ragazzaccio seduto su uno strapuntino . A Ferrara ci aspettava l ' Alfonsa , un ' ostessa che pareva la sorella dell ' Esopo di Velázquez , cucinando una salama da sugo e , sulla soglia dell ' osteria , un candido ottuagenario , il professor Agnelli che qualche decennio prima aveva ricevuto dalle mani di Giosuè Carducci l ' autografo dell ' ode che dice : «...o Ferrara bella ne la splendida ora d ' Aprile - : ama il memore sole tra solitaria pace ... » ; avvenimento che aveva reso tremulo e orgoglioso per tutta la vita il buon umanista ferrarese . Subito dopo la salama da sugo , il vecchio professore ci aveva portato davanti al palazzo della Biblioteca , aveva tirato fuori un mazzo di chiavi , ci aveva fatto salire al primo piano alla luce di una lanterna cieca , e , aperto con una minuscola chiavetta un armadio vetrato , ne aveva tirato fuori un ' ampolla entro la quale galleggiava in un misterioso liquido brodoso , un « precordio » , il cuore di Vincenzo Monti . Apparizione macabra che il ventenne bolognese mi commentò con un furtivo colpo di gomito . Letterato , in quegli anni , Longanesi non lo era affatto e , del resto , non lo fu mai : ma , fra i primi libri che aveva pubblicato , Dio sa a costo di quali debiti e di quali prestiti che gli faceva la mamma , c ' era stato un volume di Bacchelli , litteratissimo . Pittore non era - le sue prime caricature avevano ancora una grafia studentesca - ma aveva « scoperto » Giorgio Morandi . Anche come artista grafico era alle prime esperienze : aveva stampato , a sedici anni , una rivistina con la copertina di carta azzurrina , di quelle leggere e lievemente spugnose , che si usavano per stampare i « pianeti » della fortuna . Aveva meno di vent ' anni ed era in corrispondenza con Ardengo Soffici . Si era salvato , per la minore età , dal contagio di certo futurismo provinciale . Non era ancora nato all ' epoca dei trionfi di De Carolis e di Sartorio . Sua mamma l ' aveva messo al mondo in tempo sicuro per salvarlo dalle suggestioni del michelangiolismo e del liberty . Quando buona parte dei ragazzi italiani che prendevano la penna in mano pitigrilleggiavano , Longanesi aveva probabilmente letto gli elzeviri di Alfredo Oriani ritagliati da suo padre nel « Carlino » . Nel suo mondo non c ' era nessun residuo di « pascoliamo » , nessuna tendenza all ' intenerimento e alla poetica melanconia professionale dei minori pascoliani . Questo straordinario improvvisatore maturò alla letteratura molto lentamente , intento , prima di tutto , a scoprire il proprio mondo e la scala dei suoi sentimenti e il suo talvolta stridente movimento di contraddizioni . Intanto , la sua vocazione era soprattutto quella del lettore : non avendo la possibilità di scrivere « L ' Italiano » tutto da solo , trovò i suoi compagni e anche i suoi maestri , talvolta scrittori di una certa pigrizia : e gli uni e gli altri stimolava a scrivere , sino a creare sotto agli occhi della gente , senza che quasi nessuno in principio se ne accorgesse , non solo uno « stile Longanesi » ma addirittura una « scuola » che poteva portare il suo nome , quando , in pratica , egli non aveva scritto ancora che un piccolo mucchio di paginette quasi clandestine . Per non vivere a carico dei genitori che aveva trascinato a trasferirsi a Roma , si « arrangiava » in ogni maniera e in ogni mestiere affine alle Lettere , alla tipografia , alla Pittura , al Teatro . Disegnò anche , fra l ' altro , i caratteri per le scatole e le bustine di sigarette del Monopolio di Tripoli . Fra gli scrittori che s ' era portati avanti sottobraccio basterà ricordare Ansaldo , Buzzati , Soldati , l ' americano Furst . Ad ogni numero , l ' uscita dell ' « Italiano » era un ' avventura . Preso nel giro di cento tentazioni dell ' intelligenza , amico della discussione al caffè , fra nuvole di fumo di sigarette , seduto sul divano foderato di tela color pulce del vecchio Aragno dove s ' era spento l ' ultimo anelito della « Ronda » e dove Malaparte aveva inutilmente tentato di ridar vita a « La Voce » , Longanesi non ebbe forse mai il tempo di fare , della letteratura , un preciso mestiere di romanziere , di novelliere o di elzevirista . Questo amico , laudatore e resuscitatore di un Ottocento rivissuto in una nostalgia di ordine e di pulizia morale , non poteva trovare i suoi maestri fra gli scrittori dell ' ultimo e del medio Ottocento , che gli aveva dato il gusto della bella tipografia al di fuori dei canoni neoclassici del Bodoni , in un clima di stampa popolaresca e clandestina come era stata quella del '48 . Dove poteva trovare , se mai , questi maestri di un impressionismo e , più di tutto , di un dramma dell ' Ottocento ? Nelle conversazioni del Doctor Veritas , nelle critiche sapienti di Panzacchi , fra i moribondi di Palazzo Carignano di Petruccelli della Gattina ; fra le complicazioni etimologiche e il breve narcisismo del Dossi ; nei monologhi di Gandolin ; nelle arguzie bonarie di Jarro ; negli acquerelli di Anton Giulio Barrili ; nel Cantoni , in Rernigio Zena , nelle novelle di Camillo Boito ? Se mai qualche tono , forse senza averli letti , poteva avvicinarlo a certe pagine garibaldine di Nino Costa e di Eugenio Checchi e dell ' Abba . Purtroppo lo spettacolo che gli offriva la patria non aveva , dal punto di vista morale , molto di eccitante , ispirando piuttosto il dissidio , il dubbio , lo scatto d ' ira anche se la giovinezza induceva allo sforzo di credere . Per impegnarsi in una precisa opera narrativa gli mancava lo specchio di una società che avrebbe forse potuto fare di lui un piccolo Balzac , tanta si rivelò poi la forza concisa di certi ritratti di piccoli o di grassi borghesi . La sua ispirazione più diretta l ' aveva , mi sembra , da certe noie e melanconie di quella giornata ispiratrice di tutto un secolo di letteratura , che è la domenica : era la solitudine in cui si ritrovava con tanto spleen quest ' uomo facondo , dalla frenetica mimica , dall ' intenso gusto dell ' imitazione caricaturale che , in altri ambienti , avrebbe fatto di lui un vivacissimo attore . Ad osservarlo bene il suo mondo fu un mondo di rovine : Longanesi si muove in uno scenario di ruderi , che non sono quelli del Foro Romano fra cui si aggirava Goethe , ma che si rivelavano al suo occhio come i ruderi di una civiltà cosiddetta moderna , con cento tare e cento vizi : come se attorno gli fosse crollata la Roma di Corso Vittorio , di Via Cavour , di Piazza Termini , le architetture dei Ministeri e dei ponti falsamente trionfali sul Tevere . Letterato di « rovine » , come di rovine vere o immaginarie erano stati pittori e incisori , il Pannini e il Piranesi . Tra quei selci , fra quei cementi armati , fra le casupole di Via del Gambero e le grigie palazzate dei Lungotevere , correvano , galoppavano , si acquattavano nel polverone piccoli uomini dai cento sotterfugi e dalle mille vanità e bugie , falsamente rigorosi , segretamente lascivi . Non ebbe mai fretta di scrivere : aveva molto più fretta di insegnare e , in silenzio , per se stesso , di provarsi e di sperimentarsi . Forse più che nel largo « Museo Grevin » del costume e della storia politica , i suoi umori desolati ed amari si filtravano più essenziali in certe note di diari che avrebbero potuto far di lui il Renard italiano . La sua vita aveva avuto ore molto dure : si stava rifacendo le ossa a Milano che gli fu amica generosa : forse credeva di avere molto , moltissimo tempo davanti a sé . Si preparava , un giorno o l ' altro , a rimboccarsi le maniche , mandando , per le Lettere e per la Pittura , ogni altra cosa a carte quarantotto . Non si accorgeva di correre su una rotaia che , ad un certo punto , si interrompeva . Si trovò , senza più un battito del cuore , su una sedia del suo ufficetto di Via Bigli . Le idee di cento libri che avrebbe suggerito di scrivere ai suoi amici restarono ferme in quella sua pallida immobilità che sembrò tanto , tanto strana , tra pacchi di ingiallite fotografie del tempo umbertino e di antiche vignette di Costantin Guys e di Daumier .
StampaQuotidiana ,
Sempre fedeli al nostro programma che difendemmo omai sempre colla libera e feconda discussione , nemici ognora della intransigenza ma fermi fautori del progresso civile ed economico del nostro paese , vi rivolgiamo oggi la parola perché domani nel segreto delle urne voi deponiate quel plebiscito di favore e di fiducia verso uomini che più volte vi diedero prova luminosa di solerte e patriottica amministrazione . Per forza di legge , per le maggiori guarentigie di libertà concesse dallo Stato , per l ' allargamento del suffragio popolare voi siete chiamati domani a rinnovare il Consiglio Comunale ed eleggere 6 Consiglieri provinciali . Non potete errare nella scelta , imperocché il partito liberale progressista , scevro da utopie politiche , nemico di ogni personalità e di maneggi elettorali , si ripresenta a voi con grandi garanzie : la fiducia della pubblica opinione che da vari anni lo ritenne , come difatti lo è moralmente il grande e benefico partito di maggioranza – il passato periodo di tempo speso unicamente pel bene del paese , al compimento di riforme , di lavori , d ' igiene e pubblico progresso ! Checché hanno sbraitato e malignato gli avversari , l ' omai compiuto acquedotto di S . Marco di acque pure e salutari , la viabilità interna ed esterna stabilita , la riselciatura , le fontane , gli abbeveratoi ed i cimiteri rurali in tutte le frazioni , il pubblico mattatoio , le opere di sventramento e di redenzione morali d ' interi quartieri col rialzamento del ponte di S . Antonio e del taglio del palazzo Marcatili , le strade obbligatorie di Venagrande e Casteltrosino , la riforma scolastica sia in città che nelle ville , tutto ciò in parte è stato compiuto , in parte si completerà , essendo stato convalidato , come di legge , sia la vendita dei beni comunali come la creazione del prestito straordinario . Questo vasto ed importantissimo programma , che fu accolto con entusiasmo da tutta la città , è valida garanzia di un vicinissimo , grande e lungo lavoro , immediatamente utile alle classi operaie . La libertà è la vita della democrazia – il governo di questo popolo laborioso e perseverante sta nella forza , nel lavoro . Per cui se il nostro partito cittadino progressista ha dato e compierà un programma di civili riforme e di utili e lucrosi lavori , le classi operaie trovano in esso la vera democrazia non di declamatori ma di onesti e solerti amministratori . Il paese è sempre più forte , temuto e rispettato , laddove il popolo lavora , s ' educa e s ' incivilisce ed allora in esso la libertà è vivo fuoco , sublime stimolo alla tempra delle coscienze , alla patriottica formazione del carattere italiano , unica base della forza nazionale . Nel Comune , istituzione civile eminentemente democratica , non deve violentare la politica le idee superiori di Stato e di governo non devono influenzare l ' amministrazione del circoscritto territorio – terranno esse forti e divisi gli uomini nelle aspirazioni , ma li manterrà sempre uniti nella ricerca del bene di tutti i cittadini . La civiltà dei tempi creò i Municipi in Italia , come la più bella e democratica rappresentanza di una grande famiglia , nella quale non vi devono essere cadetti , né primogeniti del Medio Evo . Tutti egualmente rappresentati perché la vera forza del Comune sta nell ' equilibrio costante delle varie classi sociali . Il partito liberale progressista si ripresenta alle urne fiducioso di ritrovare il favore del corpo elettorale promettendo l ' immediata esecuzione delle riforme tutte , già approvate , e di proseguire sempre nella via del progresso e della civiltà , senza fermarsi , combattendo pel trionfo della sua venerata bandiera ! La lista che a voi si presenta è composta di onesti e probi cittadini appartenenti alle varie classi sociali . Il vecchio partito progressista ridotto a quindici consiglieri viene rafforzato da ottimi elementi che rappresentano il censo , il territorio esterno , gli industriali , i reduci delle patrie battaglie , i professionisti e gli operai . Alla minoranza , affermatasi con programma radicale , spetta l ' obbligo di completare l ' amministrazione Comunale , perché si ottenga il vero bene del paese e delle classi operaie . ELETTORI ! Il nostro giornale che sostenne sempre contro avversari intransigenti , e stampe bugiarde il trionfo di tutte le riforme cittadine , che si volevano gettare da prepotenti ed interessati nelle voragini di esercizi o di perdizioni , a danno del popolo ed a scorno degli operai vi raccomanda caldamente i maggiori suffragi alla lista liberale progressista .
Sofia Loren ( Vergani Orio , 1957 )
StampaQuotidiana ,
« Paride » , giudice di bellezza in una lontana stagione di Miss Italia , non mi accorsi di Sofia Scicolone , di Sofia Loren . Richiamato a darle un po ' di attenzione dal telegramma di un vecchio amico , alzai gli occhi verso di lei , le parlai , la misurai e la scrutai attentamente con lo sguardo , la fissai negli occhi , vidi - bisogna dirlo ? - le sue gambe , guardai la sua bocca , chiacchierai una mezz ' ora con lei , seduto su uno sgabello al bar del grande albergo , conclusi l ' incontro con questa melanconica e frettolosa considerazione : « Ecco un ' altra povera ragazza che si illude ... » . Non fui il solo a dire di no , sotto al velo del giudizio segreto , alla futura Sofia Loren . Disse di no anche un altro mio amico , un superesperto in fatto di selezione di belle donne , un « tecnico » . E altri dissero di no , finché il produttore cinematografico Mambretti , un milanese , propose una soluzione , per non mandar via troppo amareggiata la ragazza napoletana . Coniò un titolo di « Miss Eleganza » e propose di assegnarlo - quarta in graduatoria - alla dolente e forse segretamente irritata « piccola Sofia » . La signorina Scicolone ebbe - mi sembra - in dono un abito da sera bianco , e con quell ' abito sfilò quarta sulla passerella di Salsomaggiore . Se , a qualcuno , capitano sott ' occhio le fotografie di quei giorni , osserverà che Sofia non sorride mai : che ha un ' espressione assente e , in qualche fotografia , dura e contratta . Insomma , come dicono a Milano , aveva un gran « magone » . Oggi chi disse « No » Si trova nella situazione in cui si trovarono i maestri del Conservatorio di Milano quando , con in testa il maestro Rolla , dissero « No » a Verdi che chiedeva di essere ammesso e , a titolo di consolazione , gli consigliarono di studiare ancora , privatamente , indicandogli bonariamente due insegnanti , il Negri o il Lavigna . Una mezza offerta di tipo « verdiano » , e cioè di andare a scuola , di studiare da « privatista » fu , per la verità , fatta anche alla signorina Scicolone , tanto per darle , prima ancora che fosse emanato il giudizio finale , un « contentino » . Ma fu un suggerimento a mezza voce , quasi perché si temeva che , annusando la bocciatura , la bella ragazza cominciasse a lagrimare . Ma la futura Sofia Loren non pianse : divenne altera , sicura di sé , e - lo dico arrossendo - quasi sprezzante . Si capiva che si tratteneva solo per rispetto dei capelli grigi dei due giudici che le stavano di fronte . È più che legittimo immaginare che essa da brava napoletana li giudicasse due « fessi » . I fatti le danno ragione . Sofia Scicolone finì il suo bitter . Ci salutò con un sorriso smagliante , in cui palpitava , più che una mondana cordialità , una specie di sfida . Io e il « tecnico » sorridemmo : e poi finimmo , fra di noi , a sghignazzare . Credo che l ' ascensore del Grand Hotel di Salsomaggiore tremi ancora per il nostro ridere convulso , per il nostro ridere spietato . Paride I e Paride II dormirono quella notte come le altre notti di un sonno tranquillissimo . Il nostro giudizio non era stato incrinato dal minimo dubbio . Il « tecnico » era - bisogna dirlo - Remigio Paone , che pilotava non so quanti spettacoli di prosa , di rivista , di danza : che partiva ogni settimana per Parigi o Londra per scegliere , con occhio infallibile , la bellissima fra le belle ; che era allora in un certo senso , il Re delle Bluebell e che veniva ricevuto con profondissimi inchini , fra spari di champagne , quando si presentava al Lido di Parigi per passare in rivista le ragazze da arruolare per gli spettacoli del Nuovo , del Lirico , del Sistina . Lo scopritore di Sofia Loren - quello che aveva mandato il telegramma di segnalazione e di raccomandazione ai due amici - era un uomo che ormai da molti anni si vantava solamente di essere un ottimo pescatore dilettante . Aveva un bellissimo nome , aveva alle spalle una intelligente dinastia milanese : era un Ricordi , discendente cioè da una famiglia di scopritori di geni musicali . Aveva molto viaggiato , aveva condotto una vita molto elegante . È probabile che Sofia Loren si rammenti appena del gentile vecchio signore Alfredo Ricordi che , galantemente e paternamente , la raccomandò agli amici milanesi Vergani e Paone . Chieda , Sofia , e probabilmente le verrà spiegato che fu un Ricordi l ' uomo che per primo fece credito a Verdi . Alfredo Ricordi , rimasto vedovo , aveva trovato la sola consolazione al suo dolore nella vita di mare e nella pesca ; vestiva con un paio di pantaloni da marinaio e con una maglietta da ostricaro . A Portofino o a Cannes non parlava d ' altro che di cefali , di branzini , di ombrine , di pesci - cappone , di sardine , di triglie , di polipi e di murene . Era , bisogna dirlo , un caro attaccabottoni per via di quella sua esclusiva frenesia per la pesca . Cercava inutilmente compagni che sfidassero con lui le notti di burrasca o che lo aiutassero a tirar su la « sciabica » . Sofia Loren - me lo sono chiesto sempre - si ricorderà del caro vecchio , un po ' picchiatello che spedì da Alassio , dove , non potendo più affrontare il mare per l ' artrite , viveva in un appartamentino con le finestre aperte a tutti i venti del Tirreno , il telegramma che ci raccomandava la sua « scoperta » ? Noi leggemmo quel nome . Scicolone . Le ragazze erano già sfilate un paio di volte davanti a noi . Né Paone né io ci ricordavamo di una Scicolone . Con il vecchio Ricordi bisognava però essere gentili . Non buttammo il telegramma nel cestino . Cercammo questa Sofia , questa Scicolone , nel gruppo delle ragazze che , aspettando i turni di chiamata , prendevano al bar una tazza di caffè o una pastiglia di aspirina . Il settembre era torrido , le finestre chiuse per tenere lontani i curiosi ; le ragazze stavano tutto il giorno in costume da bagno , o coperte da un accappatoio , a parlare con le madri o con le amiche . Portavano al lato sinistro del costume da bagno un distintivo con il numero di iscrizione . Questo numero permise a me e a Paone di riconoscere la raccomandata di Alfredo Ricordi , vecchio pescatore malato di artrite . Sofia si era accorta della nostra manovra , dei nostri esami da lontano , del nostro bisbigliare , delle occhiate radenti di Paone , delle mie occhiate furtive dietro agli occhiali . Era bella ? Non ci parve . Prima di tutto ci sembrava appartenesse a quello che i nostri padri , amici delle bellezze floride , chiamavano il genere « pertica » . Troppo alta , troppo magra , troppo poco donna , troppo adolescente , ancora male impastata : e soprattutto « troppo bocca » . Era proprio sulla bocca - oggi è una delle più famose del mondo - che alle nostre occhiate di lontano cascava l ' asino . Quale poteva essere il destino di quella « spilungona » ? Tutt ' al più , con un po ' di fortuna , quello di « puntinista » , di ballerinetta da rivista . Toccò a me avvicinarmi alla ragazza dallo strano nome . Lo feci solo per rendere una cortesia ad Alfredo Ricordi . Le dissi del telegramma , le offrii di avvicinarsi al banco del bar per prendere un aperitivo . Si alzò , venne avanti , sedette su uno dei suoi alti sgabelli : le presentai Paone e le spiegai che si trattava di un celebre impresario teatrale . Sorrise : ma era evidente che non l ' aveva mai sentito nominare . Parlava con un accento napoletano degno dei dialoghi più stringenti di Peppino De Filippo . Cosa aveva di bello ? Non glielo dissi : aveva delle gambe bellissime , ma il mio elogio non poteva soffermarsi su questi particolari anatomici . Non sapevo fingere né entusiasmo né esprimere una qualunque promessa . Ma probabilmente mi sarei salvato davanti al giudizio della posterità proprio per via di quelle gambe . Domandai : « Le piacerebbe fare del teatro dialettale ? Penso che Paone potrebbe presentarla a De Filippo o a Taranto ... » . La ragazza taceva . Io guardai ancora quelle gambe ; dissi : « Le piacerebbe far della rivista ? Sa cantare ? Sa ballare ? Anche se non lo sa , non importa . In tre mesi , Paone potrebbe farla istruire da una brava maestra . Non ti pare , Remigio , che si potrebbe cavarne fuori una bella subrettina ? Se dovessi dire , in passerella la vedo , la vedrei subito ... » . Remigio non aveva l ' aria molto convinta ma , per non contraddirmi , fece un gesto di assenso . « Creda ! - continuai - sarebbe , un primo passo ... Con Macario , per esempio , o con la Osiris , una piccola scrittura si potrebbe pescarla ... » . La ragazza ci guardava senza più sorridere . Si asciugò con il mignolo una goccia di aperitivo che le era caduta , dal bicchiere , su una gamba e si pulì il dito , come una bambina , passandolo sulla bocca . Rispose semplicemente : « Teatro ? No ... Rivista ? No ... O cinema o niente ... » . Farfugliammo qualche parola di risposta , tanto per essere gentili . Lei ripeté : « O Cinema , o niente ! » Ci strinse la mano , ci salutò ; si allontanò sulle lunghissime gambe , sparì verso l ' atrio degli ascensori . La saletta del bar era deserta . Remigio ed io sbottammo a ridere sempre più fragorosamente . « Hai capito che presunzione ? Cinema ? Ma in questo albergo non ci sono specchi nelle camere ? Cinema ! ! ! Con quella bocca ! ! ! » . E il nostro riso si faceva addirittura tonante .