StampaQuotidiana ,
Signore
e
signori
,
I
maestri
elementari
della
provincia
di
Treviso
mi
hanno
chiesto
s
'
io
volessi
fare
una
conferenza
davanti
a
tanta
eletta
cittadinanza
,
e
a
essi
io
non
poteva
dire
di
no
.
Da
lungo
tempo
ho
in
grandissimo
affetto
questa
classe
di
persone
così
utile
allo
Stato
,
alle
provincie
,
ai
comuni
,
e
a
cui
Stato
,
provincie
e
comuni
danno
retribuzione
così
inferiore
a
quella
che
meriterebbe
per
il
beneficio
prestato
e
che
sempre
si
domanda
da
essa
.
Ma
,
se
la
mia
parola
riuscirà
meno
gradita
di
quanto
desidero
,
ne
darete
colpa
non
ai
maestri
elementari
che
me
l
'
hanno
chiesta
,
bensì
a
me
pel
soggetto
che
ho
scelto
,
come
quello
su
cui
più
si
fermò
la
mia
mente
.
Ché
se
il
soggetto
è
facile
a
concepire
,
è
pur
difficile
a
esser
trattato
,
e
se
sarebbe
facile
ad
altri
il
discorrerne
e
provocare
la
vostra
approvazione
,
potrà
forse
esser
difficile
a
me
.
So
come
alcuni
fanno
a
carezzare
le
umane
passioni
e
a
secondare
i
comuni
pregiudizi
;
quanto
a
me
mi
rivolgo
alla
vostra
ragione
,
e
desidero
che
una
parola
calma
,
tranquilla
e
serena
scenda
nella
vostra
coscienza
;
e
se
in
essa
troverà
una
approvazione
,
io
sarò
abbastanza
contento
.
In
queste
parole
:
religione
,
clericalismo
e
scuole
,
sono
compresi
taluni
dei
maggiori
interessi
della
umana
società
,
e
io
cercherò
di
controbilanciare
il
torto
e
il
diritto
di
ognuno
,
per
poi
misurare
l
'
influenza
di
quella
delle
tre
parole
che
ci
indica
il
bene
e
di
quella
che
ci
indica
il
male
.
Per
misurare
però
quale
sia
l
'
influenza
delle
scuole
e
della
religione
da
una
parte
,
e
del
clericalismo
dall
'
altra
,
bisognerà
,
o
signori
,
che
abbiate
l
'
animo
calmo
come
l
'
ho
io
,
e
che
nel
sentirmi
vi
preoccupiate
,
come
me
,
d
'
esser
chiari
,
precisi
,
giusti
e
soprattutto
sinceri
.
La
maggior
parte
di
coloro
che
discorrono
di
religione
e
di
clericalismo
non
sono
,
a
mio
parere
,
sinceri
.
Alcuni
sono
pieni
di
furore
contro
il
clericalismo
,
e
hanno
ragione
;
ma
il
loro
furore
va
più
in
là
e
offende
la
religione
medesima
.
E
d
'
altra
parte
,
se
i
loro
avversari
gridano
:
«
Religione
!
Religione
!
Dio
!
Dio
!
»
,
in
fondo
del
loro
cuore
tutto
questo
non
c
'
è
.
Non
è
già
per
amor
di
religione
che
parlano
,
non
è
per
Dio
che
si
agitano
,
ma
per
loro
stessi
,
per
le
loro
passioni
mondane
,
pel
desiderio
sfrenato
che
hanno
di
dominare
e
di
farsi
avanti
.
Sono
quindi
due
insincerità
che
si
armano
,
e
furiose
combattono
l
'
una
contro
l
'
altra
,
pur
avendo
ciascuna
delle
due
parti
gran
bisogno
dell
'
altra
.
Ora
noi
dobbiamo
distinguere
la
religione
dal
clericalismo
,
e
dire
apertamente
ciò
che
di
ognuno
si
pensa
.
Religione
e
clericalismo
son
due
cose
ben
differenti
:
non
diverse
,
ma
opposte
.
Il
sentimento
religioso
nasce
con
l
'
uomo
al
primo
urto
che
sente
dalla
natura
in
cui
vive
,
di
questa
natura
della
quale
non
sa
donde
sia
caduta
,
né
dove
vada
.
Il
sentimento
religioso
è
tale
da
unire
l
'
animo
suo
con
tutto
ciò
che
lo
circonda
;
è
un
sentimento
molto
intimo
che
mette
l
'
uomo
in
relazione
con
quello
che
è
sopra
di
lui
,
come
della
stessa
natura
.
E
l
'
uomo
viene
in
grado
di
trovare
una
risposta
alle
terribili
domande
,
alle
quali
ogni
scienza
è
impotente
,
e
delle
quali
oggi
dice
di
non
volersi
curare
,
ma
domani
cercherà
di
rispondervi
.
Col
sentimento
veramente
religioso
l
'
uomo
frena
la
sua
fantasia
che
gli
chiede
:
«
d
'
onde
tu
vieni
?
dove
tu
vai
?
»
;
ed
è
nostra
sventura
aver
sempre
queste
domande
dinanzi
!
E
non
v
'
illudete
,
o
signori
;
questo
sentimento
religioso
assume
necessariamente
forma
di
culto
;
poiché
una
volta
che
l
'
uomo
abbia
concepito
qualche
cosa
al
di
sopra
di
lui
,
è
naturale
egli
domandi
a
se
stesso
come
questo
qualche
cosa
,
che
chiama
Dio
,
debba
o
possa
essere
propiziabile
.
Ed
è
così
,
che
tra
lui
e
questo
Dio
sorge
il
sacerdote
.
Che
cosa
è
il
sacerdote
?
È
l
'
interprete
dell
'
uomo
a
Dio
,
di
Dio
all
'
uomo
;
ma
questo
sacerdote
che
viene
nell
'
umana
società
per
mettere
in
relazione
l
'
uomo
con
Dio
,
corrompe
presto
l
'
ufficio
suo
,
e
,
preso
un
altissimo
posto
nella
umana
coscienza
,
se
n
'
avvantaggia
naturalmente
.
I
sacerdoti
formano
una
classe
,
una
casta
,
portata
alla
ricerca
di
dominio
e
onori
.
Il
sentimento
è
affatto
diverso
da
quello
che
doveva
essere
;
non
ha
più
per
oggetto
Iddio
,
non
la
mediazione
fra
l
'
uomo
e
l
'
idealità
pura
,
ma
il
proprio
interesse
,
la
propria
ambizione
.
Questa
la
corruttela
del
sacerdozio
.
Or
bene
,
o
signori
,
come
quel
primo
sentimento
si
dice
religione
,
questo
secondo
,
con
nome
moderno
,
che
corrisponde
però
a
una
cosa
antica
,
si
dice
clericalismo
.
La
religione
o
il
sentimento
religioso
è
,
come
abbiamo
visto
,
la
relazione
fra
uomo
e
Dio
;
il
clericalismo
surroga
alla
relazione
dell
'
uomo
con
Dio
l
'
interesse
proprio
del
sacerdote
.
E
che
cosa
dobbiamo
fare
?
Questa
è
una
perversione
del
retto
principio
,
è
una
corruttela
.
Come
correggerla
,
come
impedirla
?
Vi
sono
parecchi
i
quali
non
sono
sinceri
,
e
che
gridano
ad
alta
voce
contro
questi
clericali
.
Io
,
per
conto
mio
,
li
lascio
vivere
,
come
lascio
vivere
tutti
;
ma
esamino
loro
come
esamino
tutti
.
Culto
e
Dio
sono
troppo
connessi
fra
loro
perché
si
possano
dividere
e
far
sì
che
uno
venga
scacciato
e
l
'
altro
resti
.
Basta
osservare
che
tutte
le
speculazioni
moderne
,
tutte
le
dottrine
scientifiche
o
filosofiche
,
che
vogliono
acquistare
una
efficacia
pratica
,
hanno
bisogno
d
'
un
culto
.
Il
mio
amico
Coppino
,
ministro
della
pubblica
istruzione
,
nel
suo
discorso
ad
Alba
ha
detto
che
nell
'
avvenire
la
religione
professata
da
tutti
sarà
la
«
religione
del
dovere
»
.
È
una
frase
,
per
quanto
bella
,
e
gli
uomini
di
Stato
più
degli
altri
dovrebbero
guardarsi
dalle
frasi
.
Il
dovere
sarà
la
religione
di
pochi
,
e
anche
in
quei
pochi
questo
dovere
sarà
come
una
voce
che
parlerà
fuori
di
loro
.
Dio
non
si
caccia
dal
mondo
,
no
.
Dio
non
si
caccia
dall
'
umana
coscienza
,
perché
è
quello
che
vi
ha
di
più
profondo
nella
coscienza
stessa
.
Egli
fu
concepito
da
tutti
e
in
tutti
i
popoli
come
un
grande
ideale
di
bontà
,
di
virtù
e
d
'
amore
.
Perché
,
volendo
pensare
che
cosa
dia
la
somma
di
ogni
passione
,
pensiamo
subito
a
Dio
;
perché
questo
Dio
è
l
'
archeo
,
è
il
centro
di
ogni
idealità
umana
,
e
l
'
uomo
lo
pone
dinanzi
a
sé
come
la
meta
sua
naturale
più
elevata
.
Questo
è
Dio
,
ed
esso
si
alza
nella
vostra
coscienza
e
vi
segna
la
via
.
E
se
voi
poteste
cacciare
dalla
umana
società
questo
Dio
,
che
vi
segue
dovunque
,
un
immenso
buio
vi
avvolgerebbe
,
e
invano
cerchereste
di
uscirne
,
in
cerca
di
luce
.
E
sapete
ora
voi
quali
sono
i
nemici
principali
di
questo
Dio
che
vi
riscalda
il
cuore
e
costante
brilla
nel
vostro
pensiero
?
I
clericali
,
sì
,
quei
clericali
di
cui
ho
parlato
poc
'
anzi
;
quei
clericali
che
non
vogliono
Dio
avanti
e
sopra
di
loro
perché
vogliono
un
Dio
,
che
anziché
essere
la
loro
guida
,
sia
mancipio
loro
;
non
che
li
ispiri
ad
amore
del
bello
e
del
buono
,
ma
che
conservi
la
loro
prosperità
mondana
alla
quale
,
per
ogni
via
,
sono
arrivati
.
Eppure
atei
e
cristiani
,
clericali
e
miscredenti
vanno
a
braccetto
:
e
per
quanto
possano
parere
nemici
nei
giornali
e
nei
comizi
,
sono
amici
,
e
gli
uni
operano
gli
stessi
effetti
degli
altri
,
quantunque
siano
opposte
le
mire
.
Il
clericalismo
è
la
negazione
di
Dio
,
è
l
'
abbassamento
di
tutte
le
idealità
che
l
'
umana
coscienza
ha
concepito
in
Dio
.
E
noi
dobbiamo
combatterlo
,
ma
combatterlo
come
pratica
una
società
civile
.
Noi
in
Italia
abbiamo
poi
una
ragione
speciale
che
ne
consiglia
la
lotta
,
ed
è
la
sua
ambiziosa
voglia
di
riacquisto
del
potere
temporale
del
papa
che
il
clericale
non
potrebbe
restaurare
senza
rovina
del
pontefice
stesso
,
che
non
sarebbe
in
grado
di
tener
Roma
neppure
una
settimana
.
E
noi
dobbiamo
combatterlo
perché
questa
Italia
,
come
l
'
abbiamo
fatta
,
una
sul
durevole
fondamento
della
monarchia
,
è
veramente
intangibile
.
Se
però
dobbiamo
distruggere
questo
nemico
,
non
ce
lo
facciamo
in
fantasia
più
grosso
di
quello
che
è
.
Non
facciamolo
più
numeroso
di
quanto
esso
veramente
sia
.
E
ora
,
conosciuti
gli
errori
degli
altri
,
veniamo
a
notarne
anche
qualcheduno
dei
nostri
.
Già
,
se
udite
che
intorno
a
voi
si
levi
il
grido
contro
il
clericale
,
non
dovete
poi
credere
,
come
potrebbe
parere
,
che
ogni
religioso
sia
clericale
,
che
sia
clericale
ogni
prete
.
Una
buona
parte
dei
preti
deplora
il
moderno
indirizzo
della
curia
romana
,
l
'
indirizzo
da
essa
dato
al
clero
minore
;
e
quelli
son
sacerdoti
pii
,
pieni
di
sentimento
veramente
religioso
,
che
vedono
la
corruttela
di
cui
la
curia
romana
sempre
più
si
ricopre
.
Questi
buoni
preti
vedono
fuorviato
l
'
indirizzo
dei
loro
colleghi
,
ma
non
osano
parlare
o
parlano
sottovoce
,
e
non
osano
gridare
per
fermare
questa
fiumana
che
minaccia
di
sommergere
tutto
quello
che
in
più
anni
sono
giunti
a
raccogliere
.
Ma
perché
non
si
adoprano
a
fermarla
?
Perché
non
sono
ancora
riesciti
a
produrre
un
effetto
utile
?
Perché
sono
soli
.
Ogni
qualvolta
pare
debba
aversi
uno
dei
tali
effetti
,
è
allora
che
il
sentimento
religioso
vacilla
.
E
intanto
noi
non
ci
risolviamo
né
ad
apprezzare
né
a
disprezzare
cotali
loro
sentimenti
.
Questa
la
cagione
per
la
quale
i
sacerdoti
hanno
perduto
e
sempre
più
si
allontanano
dall
'
ufficio
loro
.
Questi
messaggeri
di
Dio
conoscono
tutti
il
danno
del
moderno
indirizzo
,
e
pur
lasciano
che
si
confonda
religione
e
clericalismo
.
E
difetto
della
politica
nostra
se
in
essi
non
troviamo
uno
strumento
d
'
aiuto
contro
il
clericalismo
prevalente
nella
maggior
parte
del
clero
e
della
curia
romana
.
Non
perciò
dobbiamo
scoraggiarci
.
La
Chiesa
è
oggi
tutta
nelle
mani
del
pontefice
come
mai
.
Dirò
come
disse
un
vescovo
:
i
parroci
sono
soldati
dei
vescovi
;
i
vescovi
del
sommo
pontefice
.
Tale
organizzazione
della
Chiesa
non
risponde
in
origine
a
nessun
testo
del
Vangelo
,
e
a
capo
di
essa
sta
il
primo
sacerdote
del
mondo
,
che
vuol
essere
il
più
ostinato
clericale
del
mondo
.
Ebbene
,
vedete
,
in
questo
momento
il
nostro
paese
è
contristato
da
un
'
aspra
battaglia
contro
questo
clero
viziato
.
Voi
ne
avete
visto
i
motivi
e
i
primi
scontri
.
Leone
XIII
del
quale
io
parlo
sempre
con
grande
rispetto
ha
pubblicato
un
Breve
a
favore
dei
gesuiti
,
e
il
ministro
guardasigilli
del
quale
io
parlo
sempre
con
grande
libertà
ha
subito
cominciato
a
reagire
,
con
un
gesto
discutibile
,
a
cacciare
tre
o
quattro
monache
dal
convento
della
Sapienza
.
Però
mentre
vediamo
costrette
queste
quattro
monache
a
uscire
dal
loro
convento
,
vediamo
pure
che
al
tempo
stesso
si
fanno
monache
una
ventina
di
giovani
.
Il
ministro
non
ha
autorità
,
né
la
pretende
,
di
impedire
che
giovani
donne
pronuncino
voti
,
e
la
monacazione
in
questo
tempo
di
discordia
è
divenuta
più
grande
di
quanto
fosse
in
addietro
.
Il
ministro
non
ha
con
questo
suo
atto
violata
la
legge
:
egli
invece
più
rigorosamente
l
'
ha
eseguita
,
ma
in
maniera
diversa
di
quanto
ha
fatto
finora
e
troppo
mettendo
il
paese
a
rumore
.
Perché
voi
sapete
che
il
ministro
guardasigilli
ha
un
grande
difetto
.
Egli
non
fa
nulla
senza
trombetta
:
non
sospende
un
pretore
per
una
giornata
senza
avvisarne
tutti
,
o
taluni
almeno
dei
giornali
d
'
Italia
.
Codesta
sua
ultima
azione
è
contraria
a
quella
che
deve
compiere
un
governo
il
quale
voglia
eseguire
la
legge
in
modo
che
dall
'
esecuzione
di
essa
si
possano
ritrarre
i
maggiori
benefizi
che
la
legge
stessa
promette
.
Aggiungiamo
una
osservazione
.
Leone
XIII
e
il
ministro
,
negli
atti
che
ho
ricordato
,
hanno
commesso
il
medesimo
errore
:
quello
di
non
considerare
che
gli
altri
nei
loro
atti
non
guardano
soltanto
quello
che
sono
,
ma
anche
quello
che
sembrano
alla
società
.
Per
non
aver
fatto
ciò
,
ministro
e
pontefice
han
provocato
un
movimento
che
in
un
paese
più
ardente
del
nostro
avrebbe
provocato
conseguenze
,
l
'
estensione
delle
quali
non
sarebbe
possibile
misurare
.
In
un
paese
invece
calmo
come
il
nostro
,
dopo
un
certo
spazio
di
tempo
passerà
tutto
senza
lasciare
traccia
di
sé
,
e
poiché
il
fumo
è
molto
maggiore
della
vampa
,
fra
qualche
giorno
nessuno
ci
penserà
più
.
Ma
le
menti
restano
così
piene
di
confusione
,
e
se
ne
ricava
un
'
impressione
capace
di
promuovere
i
malumori
più
grandi
.
Al
paese
importa
molto
la
battaglia
contro
il
clericalismo
,
ma
l
'
impressione
e
il
moto
troppo
vivi
finiscono
in
nulla
,
come
una
bolla
di
sapone
che
per
un
momento
abbia
brillato
di
vivi
colori
.
Così
non
si
combatte
il
clero
,
a
punti
di
spilla
,
a
dispetti
,
a
piccoli
sdegni
,
che
offendono
non
solo
il
nemico
che
si
dice
di
voler
combattere
,
ma
,
come
ho
detto
,
anche
la
religione
.
Con
queste
piccole
vessazioni
il
clericalismo
si
rinforza
,
perché
questi
atti
,
per
quanto
legali
,
alla
maggior
parte
dei
cittadini
ripugnano
.
Questi
atti
non
fanno
che
generare
risentimenti
,
discreditare
e
togliere
la
fiducia
a
coloro
che
vorrebbero
operar
pel
bene
.
Noi
dobbiamo
convincerci
che
questa
lotta
furiosa
produce
l
'
effetto
opposto
di
quello
che
si
desidera
.
Parecchi
confondono
la
maniera
di
combattere
il
clericalismo
in
un
paese
dispotico
con
quella
buona
in
un
paese
libero
:
la
maniera
propria
d
'
un
paese
in
cui
ognuno
può
parlare
e
fare
a
sua
posta
,
con
quella
delle
società
dove
il
cittadino
deve
trattenere
persino
l
'
espressione
del
proprio
dolore
.
Il
clero
non
si
combatte
con
questi
piccoli
sfoghi
e
io
sono
persuaso
che
l
'
unico
mezzo
per
ottenere
qualcosa
sia
un
'
azione
costante
e
seria
da
parte
dello
Stato
,
a
cui
spetta
però
segnare
il
limite
della
propria
azione
e
le
relazioni
di
esso
con
tutti
gli
altri
organismi
che
vivono
intorno
e
dentro
di
lui
.
Bisogna
che
questa
azione
del
governo
sia
coerente
e
ferma
.
Il
che
però
non
è
facile
in
un
governo
come
il
nostro
troppo
in
balia
dei
partiti
;
bisogna
che
l
'
azione
non
sia
diretta
così
da
produrre
uno
o
l
'
altro
dolore
,
ma
con
perfetta
chiarezza
di
idee
e
senza
inimicizie
verso
tutto
quello
che
nella
Chiesa
vi
può
essere
di
utile
.
Questa
la
forma
teorica
dell
'
azione
dello
Stato
.
Ne
potrei
anche
più
determinare
i
confini
,
ma
sarebbe
troppo
lungo
discorso
:
potrei
segnare
l
'
orbita
di
tutti
questi
organismi
che
riguardano
lo
Stato
e
la
Chiesa
;
ma
qui
mi
ricordo
della
terza
parola
del
tema
che
impresi
a
trattare
,
e
mi
limito
dunque
a
dirvi
l
'
azione
tra
Stato
e
Chiesa
rispetto
alle
scuole
.
La
Chiesa
pretende
di
poter
insegnare
da
sola
,
e
questo
diritto
lo
deriva
da
talune
parole
di
Cristo
.
Ma
se
Cristo
ha
dato
a
essa
l
'
autorità
d
'
insegnare
,
è
chiaro
che
intendeva
alludere
alle
dottrine
che
meglio
fossero
adeguate
a
quelle
che
insegnava
lui
.
D
'
altra
parte
,
quelle
alte
parole
io
le
venero
,
ma
non
credo
che
esse
mi
vietino
di
esaminar
le
moderne
dottrine
religiose
che
non
sono
in
tutto
e
per
tutto
quelle
di
Cristo
.
Così
noi
non
possiamo
in
nessuna
guisa
consentire
che
la
Chiesa
abbia
veramente
diritto
d
'
insegnare
più
che
non
l
'
abbia
lo
Stato
.
Il
quale
,
come
tutore
di
quelli
infiniti
organismi
che
si
muovono
dentro
di
lui
,
ha
anche
il
diritto
di
invigilare
sul
modo
col
quale
da
altri
s
'
insegna
.
Perciò
l
'
autorità
dello
Stato
riguardo
all
'
insegnamento
comprende
tre
grandi
funzioni
:
autorizzare
all
'
insegnamento
quelli
che
abbiano
voglia
di
farlo
,
vigilare
mentre
s
'
insegna
,
accertare
i
frutti
dell
'
insegnamento
dato
dagli
altri
.
Lo
Stato
italiano
non
ha
pur
troppo
un
organismo
capace
di
esercitare
queste
tre
funzioni
,
rispetto
alle
quali
esso
è
ancora
molto
imperfetto
e
deficiente
.
Esso
non
ha
provveduto
in
modo
sicuro
e
sincero
perché
l
'
autorizzazione
sia
data
in
maniera
che
ognuno
che
insegna
dia
garanzia
morale
e
materiale
.
Circa
all
'
invigilare
mentre
s
'
insegna
,
noi
vediamo
come
manchi
tuttora
una
organizzazione
adatta
all
'
uopo
.
Quanto
poi
all
'
accertare
i
frutti
dell
'
insegnamento
possiamo
dire
che
i
mezzi
dei
quali
lo
Stato
si
serve
non
sono
atti
.
Gli
esami
,
ad
esempio
,
non
sono
che
un
vaglio
,
alla
prima
mossa
del
quale
gli
asini
non
passano
,
ma
alla
seconda
passano
tutti
!
Lo
Stato
non
esercita
rispetto
alle
scuole
ecclesiastiche
quel
diritto
che
dovrebbe
,
e
avrebbe
più
d
'
un
valido
motivo
per
intromettersi
nell
'
educazione
delle
scuole
private
e
clericali
del
Regno
.
Lo
Stato
è
obbligato
d
'
insegnar
molto
,
d
'
istruire
,
di
educare
,
eppure
nelle
scuole
dello
Stato
s
'
istruisce
poco
e
si
educa
punto
.
È
assolutamente
necessario
che
esso
riordini
le
sue
scuole
in
una
scuola
elementare
in
cui
non
si
tenga
conto
delle
classi
che
le
stanno
d
'
attorno
;
in
una
scuola
tecnica
che
abbia
,
come
non
ha
ora
,
un
fine
immediato
;
in
un
istituto
tecnico
che
non
dia
ai
frequentatori
di
certe
sezioni
troppe
ore
di
studio
e
a
quelli
delle
altre
troppe
poche
.
Lo
Stato
ha
bisogno
di
riordinare
il
liceo
,
dove
si
dovrebbe
insegnare
a
leggere
l
'
italiano
,
a
scrivere
il
latino
e
a
compitare
il
greco
,
e
dove
invece
si
fa
poco
di
tutto
questo
e
quel
poco
anche
male
.
È
chiaro
che
l
'
impressione
che
lo
Stato
quale
educatore
esercita
nei
padri
di
famiglia
è
la
ragione
diretta
del
seguito
che
hanno
i
maestri
nelle
scuole
clericali
.
Una
delle
principali
ragioni
che
spingono
a
far
disertare
le
scuole
laiche
,
è
certamente
il
cattivo
concetto
che
essi
si
sono
fatti
dell
'
educazione
che
lo
Stato
stesso
impartisce
.
I
padri
di
famiglia
vogliono
che
i
figlioli
ritornino
presso
di
loro
elemento
di
concordia
e
di
pace
;
vogliono
che
nell
'
animo
dei
loro
figlioli
siano
introdotti
sentimenti
che
non
siano
per
nulla
contrari
ai
sentimenti
loro
.
E
l
'
erroneo
indirizzo
delle
nostre
scuole
induce
con
quasi
pieno
convincimento
ad
abbandonarle
per
quelle
clericali
.
È
una
prova
che
l
'
istruzione
nelle
scuole
laiche
non
procede
quale
dovrebbe
,
la
vediamo
nel
fatto
che
taluni
istituti
di
educazione
si
sono
appropriati
la
disciplina
militare
,
che
ha
già
dato
buoni
risultati
.
L
'
esperienza
di
qualche
anno
ha
dimostrato
che
questa
disciplina
produce
in
poco
tempo
gli
stessi
effetti
utili
che
produce
nei
giovani
il
servizio
militare
.
Lasciando
all
'
avvenire
di
risolvere
pienamente
questa
questione
,
l
'
attuale
ministro
della
pubblica
istruzione
ha
visto
e
sentito
intanto
i
difetti
dei
suoi
convitti
;
ed
era
naturale
dovessero
sentirli
e
vederli
anche
i
padri
di
famiglia
.
E
qui
si
presenta
un
altro
mezzo
per
combattere
il
clericalismo
:
quello
di
ordinare
le
scuole
in
modo
che
l
'
educazione
sia
proporzionata
alle
diverse
classi
della
società
,
di
ordinarla
in
modo
che
nella
scuola
non
s
'
insegni
religione
,
ma
non
s
'
insegni
l
'
opposto
,
distruggendo
nell
'
animo
dei
giovani
i
sentimenti
appresi
nelle
famiglie
.
E
la
paura
di
ciò
che
distoglie
i
genitori
dal
mandare
i
figlioli
nelle
nostre
scuole
.
Uno
dei
diritti
dello
Stato
è
quello
di
autorizzare
a
insegnar
,
e
per
questo
lo
Stato
ha
bisogno
di
stabilire
le
condizioni
intellettuali
e
morali
che
debbono
richiedersi
negli
aspiranti
all
'
insegnamento
.
Queste
condizioni
sono
definite
dalle
leggi
,
ma
queste
leggi
sono
troppo
deboli
,
troppo
facili
a
frodarsi
.
Da
noi
le
leggi
sono
fatte
così
:
in
un
articolo
d
'
una
di
esse
è
detto
che
per
esser
dottore
bisogna
fare
questo
e
quest
'
altro
,
e
nell
'
articolo
seguente
si
afferma
che
però
si
può
esser
dottore
anche
senza
aver
fatto
questo
e
quest
'
altro
!
Ecco
la
grande
necessità
di
irrigidire
le
condizioni
predette
.
Lasciamo
pure
a
tutti
il
diritto
d
'
insegnare
,
ma
ciò
soltanto
a
comuni
e
rigide
condizioni
.
Noi
vediamo
sempre
esercitato
l
'
insegnamento
da
un
numero
crescente
di
frati
e
di
preti
.
Bene
,
eleviamo
le
condizioni
stesse
:
è
l
'
unico
mezzo
per
frenare
tanta
ambizione
d
'
insegnamento
.
Ma
sovratutto
rendiamole
tali
che
non
ci
sia
il
modo
di
violarle
o
facilmente
potersene
esimere
.
In
questi
dieci
ultimi
anni
in
cui
voi
sentiste
di
essere
governati
tanto
liberamente
,
sono
state
rilasciate
a
frati
e
a
preti
molte
più
autorizzazioni
d
'
insegnamento
che
non
nei
tempi
addietro
,
e
rilasciate
anche
con
molto
minor
rigore
.
E
vi
lagnate
poi
perché
un
numero
troppo
grande
di
ministri
di
Dio
abbia
ottenuto
tale
facoltà
,
e
vi
chiedete
a
chi
ne
spetti
la
colpa
?
Chiedetelo
ai
deputati
che
privatamente
hanno
insistito
in
favore
di
tali
autorizzazioni
!
Chiedetelo
a
quei
ben
noti
deputati
che
,
mentre
combattono
in
piazza
i
clericali
,
affidano
i
figli
loro
ai
preti
perché
li
educhino
.
Chiedetelo
a
questi
ipocriti
peggiori
dei
clericali
stessi
:
a
codesti
autori
di
un
'
ipocrisia
che
uccide
l
'
anima
del
paese
,
che
insegna
a
non
guardarsi
liberamente
in
viso
:
a
questa
ipocrisia
che
dà
al
paese
il
diritto
di
credere
che
tutto
ciò
che
gli
si
dice
in
pubblico
sia
sfacciata
menzogna
.
L
'
oscillazione
con
cui
procede
lo
Stato
rispetto
alla
Chiesa
,
gli
ha
impedito
di
fermare
il
suo
stesso
pensiero
su
troppe
cose
rilevanti
.
E
l
'
oscillazione
da
esso
discende
ai
liberali
che
si
trovano
combattuti
fra
opposte
correnti
:
da
una
parte
codesti
liberali
quantunque
tale
parola
sia
stata
talmente
usurpata
da
non
saper
più
cosa
voglia
dire
sentono
affermare
che
il
culto
e
i
riti
sono
tutte
cose
vane
e
inutili
,
dall
'
altra
invece
l
'
opposto
.
Invece
bisogna
pensare
a
ciò
che
di
bene
e
di
male
fa
il
clero
per
la
natura
stessa
della
sua
organizzazione
,
e
per
la
intima
relazione
ch
'
esso
ha
,
non
solo
con
la
plebe
,
ma
con
la
classe
più
agiata
:
influenza
morale
che
non
risolverà
né
oggi
né
domani
né
mai
in
un
fatto
sensibile
,
in
una
violazione
qualunque
,
ma
si
esercita
su
tutta
la
società
,
e
tutta
la
penetra
.
Allo
Stato
deve
importare
che
questa
influenza
si
eserciti
possibilmente
in
un
modo
piuttosto
che
in
un
altro
;
e
dico
possibilmente
,
perché
anche
i
clericali
debbono
aver
molta
libertà
di
pensare
.
In
queste
condizioni
lo
Stato
deve
trovare
un
rimedio
al
dominio
del
clericalismo
nell
'
insegnamento
filosofico
,
e
far
in
modo
che
la
scienza
umana
aleggi
,
ventili
,
penetri
nell
'
insegnamento
che
tuttora
si
dà
nei
seminari
.
Bisogna
che
anche
ciò
che
si
insegna
in
quei
collegi
risponda
ai
migliori
principi
della
civiltà
e
della
scienza
;
e
cessi
la
rozzezza
d
'
oggi
,
in
cui
la
maggior
parte
dei
preti
non
conosce
,
quand
'
anche
lo
conosca
,
che
il
breviario
.
Insomma
è
importante
per
lo
Stato
che
la
mente
dei
preti
sia
elevata
,
il
più
possibile
.
Lo
Stato
può
far
questo
in
due
modi
.
La
teologia
è
una
scienza
intorno
alla
quale
si
è
creato
una
vera
enciclopedia
di
scienze
cui
spettano
i
problemi
filosofici
più
alti
dello
scibile
umano
.
Ora
,
mentre
queste
scienze
sono
seriamente
studiate
in
Germania
,
in
Inghilterra
,
in
Francia
,
qui
da
noi
invece
sono
quasi
del
tutto
soppresse
.
Bisogna
rialzarle
adunque
,
e
saranno
feconde
di
libertà
anche
nelle
menti
oggi
schiave
.
Bisogna
che
il
prete
sia
istruito
nella
scienza
propria
e
nel
suo
dovere
:
bisogna
che
il
prete
non
possa
chiamarsi
tale
se
non
dopo
esser
passato
attraverso
a
tutto
quello
studio
che
lo
Stato
crede
più
opportuno
per
la
cultura
generale
del
paese
.
Noi
abbiamo
lasciato
troppo
libera
la
Chiesa
non
intervenendo
nel
formare
la
mente
dei
preti
.
Solo
il
sacerdote
arrivato
al
suo
ufficio
attraverso
una
cultura
laica
potrà
concorrere
a
elevare
la
mente
e
il
cuore
delle
plebi
.
Si
combatte
adunque
il
clericalismo
nelle
scuole
rinvigorendo
i
mezzi
d
'
ispezione
;
rinforzando
le
condizioni
alle
quali
devono
sottostare
gl
'
insegnamenti
;
rendendo
le
scuole
dello
Stato
buone
educatrici
,
pur
non
avendo
il
colore
di
religiose
;
ma
lo
si
combatte
sovrattutto
elevando
l
'
istruzione
del
clero
e
sottraendolo
all
'
influenza
esclusiva
della
gerarchia
ecclesiastica
.
Credo
di
avere
brevemente
percorso
il
soggetto
che
mi
ero
proposto
.
Potrei
essermi
fermato
più
a
lungo
su
ciascuno
di
questi
argomenti
,
ma
avrei
abusato
della
vostra
pazienza
,
e
d
'
altronde
ognuno
di
essi
avrebbe
potuto
e
dovuto
esser
tema
di
una
speciale
conferenza
.
Se
la
mia
parola
vi
è
parsa
scevra
di
odio
,
se
ho
misurato
come
meglio
potevo
il
torto
e
la
ragione
da
una
parte
e
dall
'
altra
,
se
non
ho
nascosto
il
danno
che
il
clericalismo
arreca
al
paese
e
non
ho
lodato
i
mezzi
meschini
e
chiassosi
per
combatterlo
,
se
tutto
ciò
ho
fatto
con
qualche
chiarezza
,
sono
abbastanza
soddisfatto
.
E
prima
di
finire
mi
rivolgo
ai
maestri
elementari
,
ai
quali
in
questa
battaglia
contro
il
clericalismo
,
in
questa
lotta
per
elevare
il
livello
morale
e
intellettuale
del
paese
,
spetta
una
delle
parti
principali
.
Coloro
che
continuano
a
ripetere
che
il
maestro
elementare
ha
vinto
la
battaglia
di
Sadowa
sbagliano
di
grosso
.
I
popoli
civili
furono
più
volte
sommersi
dai
barbari
,
tant
'
è
vero
che
i
Greci
leggevano
meglio
dei
Romani
e
giacquero
sconfitti
.
Le
battaglie
sono
in
generale
vinte
dal
genio
e
dalla
forza
.
Non
aspettino
adunque
i
nostri
maestri
tale
gloria
per
loro
,
ma
una
gloria
più
vera
e
sincera
:
quella
d
'
aver
diffuso
nel
popolo
italiano
la
cultura
e
l
'
amore
della
patria
.
Siano
ministri
di
luce
e
di
pace
,
ma
lascino
allo
Stato
la
missione
di
rendere
le
scuole
,
nelle
quali
essi
si
adoperano
,
più
proporzionate
a
produrre
gli
effetti
che
si
desiderano
,
più
ricche
d
'
insegnamento
,
più
pratiche
e
più
vicine
agli
interessi
e
ai
bisogni
delle
classi
che
le
frequentano
.
Domandate
questo
allo
Stato
,
e
aspettate
che
altri
domandi
per
voi
il
miglioramento
della
vostra
condizione
materiale
.
Già
vedete
che
il
ministro
d
'
istruzione
,
sebbene
ancora
imperfettamente
,
qualcosa
ha
fatto
,
poco
certo
,
dacché
lo
stato
vostro
è
ancora
misero
.
La
vostra
classe
manca
ancora
di
quelle
guarentigie
che
vi
abbisognano
per
attendere
tranquillamente
ai
vostri
doveri
.
I
maestri
sono
più
in
rapporto
con
le
classi
infime
che
più
delle
altre
frequentano
le
scuole
elementari
;
quelle
essi
devono
apparecchiare
ai
sentimenti
indispensabili
a
ogni
società
umana
.
Devono
temperar
le
voglie
di
mutar
queste
condizioni
per
vie
e
modi
che
la
storia
antica
e
moderna
ha
dimostrato
incapaci
di
riuscita
.
Devono
persuadersi
che
non
hanno
l
'
obbligo
dallo
Stato
d
'
insegnar
la
religione
,
ma
devono
pure
guardarsi
dall
'
introdurre
nell
'
animo
degli
allievi
una
inclinazione
irreligiosa
,
perché
non
è
stato
mai
detto
che
la
religione
non
raddolcisca
i
dolori
degli
uomini
.
Sia
missione
loro
,
non
insegnando
religione
,
di
lasciar
l
'
animo
degli
umili
aperto
a
quei
sentimenti
che
con
la
religione
s
'
accompagnano
e
valgono
sempre
a
rendere
meno
invidiabile
chi
sta
in
alto
per
le
ineguaglianze
necessarie
della
vita
.
È
questa
l
'
alta
azione
affidata
sovrattutto
al
maestro
,
che
,
dopo
il
parroco
del
paese
,
è
la
persona
più
intimamente
legata
al
popolo
:
aiutandolo
se
liberale
,
correggendolo
se
clericale
.
I
maestri
siano
per
quanto
possono
ministri
di
luce
e
di
pace
:
di
luce
in
un
mondo
che
dà
ancora
generosi
bagliori
,
di
pace
in
un
mondo
tuttora
combattuto
fra
infiniti
contrasti
.
StampaQuotidiana ,
Nel
mio
mestiere
di
«
spettatore
pagato
»
,
di
cronista
teatrale
,
l
'
unica
poltrona
comoda
è
quella
da
cui
,
in
casa
mia
,
assisto
al
solo
spettacolo
per
il
quale
io
pure
sono
spettatore
pagante
.
In
quella
poltrona
,
che
nelle
altre
ore
accoglie
,
per
ormai
riconosciuto
dominio
,
i
riposi
del
mio
cane
,
anch
'
io
,
a
mio
modo
,
mi
acciambello
,
spettatore
senza
bretelle
e
senza
cravatta
:
mi
crogiolo
nell
'
ozio
,
padre
di
pigri
pensieri
:
il
cane
si
accovaccia
ai
miei
piedi
,
come
nelle
antiche
statue
,
emblema
della
fedeltà
,
e
ogni
tanto
,
più
per
farsi
ricordare
che
per
vera
smania
della
sua
giovane
candida
dentatura
,
mordicchia
delicatamente
una
mia
pantofola
.
Me
ne
sto
,
come
si
diceva
nell
'
Ottocento
,
in
panciolle
.
Ho
vicino
un
posacenere
che
,
dal
bracciolo
della
poltrona
,
la
mia
mano
può
raggiungere
descrivendo
appena
un
decimo
o
un
dodicesimo
di
semicerchio
:
e
,
se
il
segnale
dell
'
inizio
di
Lascia
o
raddoppia
?
ha
affrettato
la
fine
del
pranzo
,
ho
vicino
a
me
,
in
una
bonaria
natura
morta
,
il
bicchiere
,
l
'
ultimo
modesto
«
gotto
»
serale
di
vino
.
Come
per
milioni
di
italiani
Lascia
o
raddoppia
?
ha
sostituito
per
me
,
una
volta
alla
settimana
,
il
caminetto
,
con
le
sue
quiete
fantasie
covate
nello
spettacolo
della
fiamma
e
della
brace
,
ha
sostituito
quelli
che
,
al
tempo
dei
nonni
,
erano
gli
interminabili
romanzi
di
appendice
con
i
loro
colpi
di
scena
con
i
loro
puntini
di
sospensione
,
con
il
loro
«
Il
seguito
a
domani
»
.
Lascia
o
raddoppia
?
è
uno
dei
pochi
giochi
che
,
nella
sua
elementarità
,
non
susciti
,
verso
i
suoi
personaggi
,
invidie
e
che
non
ci
spinga
sul
sentiero
della
malignità
.
Mike
Bongiorno
va
e
viene
per
casa
nostra
,
e
anche
per
casa
mia
,
come
fosse
il
figlio
,
che
abbiamo
visto
crescere
,
del
nostro
vicino
di
pianerottolo
:
ci
sembra
addirittura
,
ormai
,
di
averlo
visto
bambino
pedalare
sul
triciclo
dell
'
onomastico
.
Avevamo
per
molto
tempo
dubitato
che
quel
simpatico
ragazzino
potesse
trovare
la
sua
strada
,
nella
vita
,
con
quel
suo
futuro
volto
da
«
primo
impiego
»
.
Quanto
a
Edy
Campagnoli
,
vorremmo
dire
che
abbiamo
visto
anche
lei
crescere
sulle
nostre
scale
,
pupetta
,
scolaretta
con
le
caldarroste
nel
grembiule
,
e
,
alla
fine
,
bella
ragazza
che
ci
è
sembrato
tante
volte
di
intravedere
dietro
ai
cristalli
di
un
negozio
di
profumeria
?
No
.
Con
la
Campagnoli
,
come
con
le
giovani
donne
in
genere
,
le
vie
della
confidenza
sono
più
difficili
:
ogni
donna
ha
il
suo
tout
petit
mystère
:
ogni
donna
sta
al
centro
di
un
piccolo
o
grande
labirinto
:
la
sua
scarsa
eloquenza
iniziale
non
era
quella
della
Sfinge
e
non
ci
aiutava
a
conoscerla
:
il
suo
garbo
discreto
era
per
noi
simile
a
quello
di
una
bella
giovane
infermiera
di
un
dentista
che
assista
con
un
«
sorriso
di
giacinto
»
all
'
estrazione
di
un
nervo
da
un
dente
cariato
.
Personaggi
di
casa
dunque
:
anche
il
notaio
,
laggiù
;
anche
gli
assistenti
al
tavolo
di
fondo
,
un
po
'
incolori
;
anche
i
valletti
,
esattamente
neutri
.
Personaggi
di
un
romanzo
a
dispense
che
ad
ogni
capitolo
regala
milioni
,
attraverso
quei
gettoni
d
'
oro
che
nelle
fotografie
sembrano
dischetti
di
cartone
senza
peso
.
Lascia
o
raddoppia
?
è
un
gioco
castissimo
:
i
décolletés
,
che
hanno
invaso
anche
le
copertine
dei
libri
gialli
,
vi
sono
rigorosamente
esclusi
:
resteranno
memorabili
i
gesti
con
cui
la
Campagnoli
ha
coperto
con
una
mano
lo
scollo
,
una
sera
che
dovette
chinarsi
a
raccattare
qualcosa
,
e
quello
con
cui
evitò
che
,
a
puntarle
un
distintivo
sul
petto
,
si
avvicinasse
la
mano
di
un
concorrente
.
Spettacolo
castissimo
.
Spettacolo
che
talvolta
sfiora
una
periferia
dickensiana
,
più
spesso
quella
di
Sans
famille
di
Hector
Malot
,
talvolta
quella
dell
'
ottocentesco
Volere
è
potere
tratto
da
Carattere
dell
'
inglese
Smiles
,
libro
educativo
che
un
poco
zuppificò
,
un
poco
esaltò
l
'
infanzia
di
tanti
miei
coetanei
.
Davanti
al
vecchio
problema
se
sia
l
'
arte
che
imita
la
vita
,
o
la
vita
che
imita
l
'
arte
,
il
gioco
della
televisione
allinea
i
suoi
concorrenti
come
i
personaggi
di
una
bibliotechina
,
prevalentemente
rosea
,
nella
quale
,
di
volta
in
volta
,
troviamo
personaggi
alla
Fucini
e
alla
Paolieri
,
certi
toni
alla
Guareschi
o
addirittura
delle
settecentesche
pièces
larmoyantes
.
Certe
volte
una
paginetta
di
Carolina
Invernizio
o
di
Anna
Vertua
Gentile
:
altre
volte
un
po
'
di
Tutta
Frusaglia
:
certi
contadini
toscani
discesi
pari
pari
da
un
capitolo
di
Ildefonso
Nieri
,
gastronomi
alla
Jarro
,
esperti
di
teatro
che
risalgono
agli
atti
unici
dialettali
di
Gino
Rocca
.
Lascia
o
raddoppia
?
ha
avuto
persino
in
qualche
personaggio
il
riflesso
di
certi
capitoli
di
Moravia
.
Ha
avuto
i
suoi
testardi
,
i
suoi
caparbi
,
i
suoi
litigiosi
,
i
suoi
misantropi
molieriani
:
persino
l
'
americano
gentile
come
lo
sognano
molte
ragazze
.
Pírandello
è
il
grande
assente
:
Mike
Bongiorno
sta
cercando
in
questi
giorni
di
creare
,
attraverso
un
concorrente
siciliano
,
un
personaggio
del
Musco
minore
con
qualche
sommesso
accenno
al
«
gallismo
»
di
Brancati
.
Immensa
,
forse
troppo
abbondante
la
schiera
dei
«
figli
di
Emilio
Colombo
»
,
il
Pindaro
del
pedale
e
del
gol
,
guidati
dal
lungocrinito
Lauro
Bordin
.
StampaQuotidiana ,
Noi
deploriamo
che
la
maggioranza
dei
cattolici
e
degli
uomini
d
'
ordine
abbia
in
buona
fede
presa
sul
principio
una
posizione
che
li
ha
poi
condotti
a
trovarsi
in
urto
con
l
'
evidenza
dei
fatti
e
coi
principii
elementari
del
diritto
umano
;
ma
fiat
iustitia
et
pereat
mundus
:
nessuna
avversione
di
razza
o
di
religione
,
nessuna
necessità
di
difesa
politica
legittima
la
soppressione
della
verità
,
il
sacrificio
di
una
vita
,
il
tormento
d
'
un
'
anima
,
il
vilipendio
di
una
famiglia
,
la
morte
civile
d
'
un
colpevole
.
Come
abbiano
potuto
,
con
tanta
ferocia
,
i
nazionalisti
e
gli
antisemiti
assumere
una
causa
così
ripugnante
,
senza
indagare
,
se
mai
nella
loro
lotta
disperata
per
un
ideale
patriottico
contro
la
massoneria
e
il
giudaismo
,
calpestassero
il
fondamento
stesso
del
proprio
programma
e
creassero
agli
avversari
una
posizione
di
favore
,
è
un
fenomeno
che
non
si
spiega
se
non
tenendo
conto
degli
acciecamenti
che
la
passione
produce
:
l
'
avervi
però
persistito
,
e
il
persistervi
tuttora
,
malgrado
tutto
quello
che
di
triste
è
accaduto
,
malgrado
tutta
la
luce
che
si
è
sprigionata
dal
cozzo
terribile
,
malgrado
le
rivelazioni
,
le
confessioni
,
le
inchieste
,
tradisce
una
cecità
irreparabile
.
La
Francia
ha
bisogno
che
questa
brutta
pagina
della
sua
storia
contemporanea
si
chiuda
;
e
a
chiudersi
pare
infatti
vicina
:
ciò
non
accadrà
forse
se
non
attraverso
nuove
convulsioni
:
ma
è
sperabile
che
gli
uomini
onesti
d
'
ogni
partito
si
convincano
finalmente
che
oggi
alla
Francia
occorre
una
cosa
sola
:
far
giustizia
;
giustizia
riparatrice
del
passato
,
giustizia
punitrice
degli
autori
della
sventura
e
dell
'
onta
riversatasi
sul
paese
.
StampaQuotidiana ,
Gli
operai
della
Fiat
sono
ritornati
al
lavoro
.
Tradimento
?
Rinnegamento
delle
idealità
rivoluzionarie
?
Gli
operai
della
Fiat
sono
uomini
in
carne
e
ossa
.
Hanno
resistito
per
un
mese
.
Sapevano
di
lottare
e
resistere
non
solo
per
sé
,
non
solo
per
la
restante
massa
operaia
torinese
,
ma
per
tutta
la
classe
operaia
italiana
.
Hanno
resistito
per
un
mese
.
Erano
estenuati
fisicamente
perché
da
molte
settimane
e
da
molti
mesi
i
loro
salari
erano
ridotti
e
non
erano
più
sufficienti
al
sostentamento
familiare
,
eppure
hanno
resistito
per
un
mese
.
Erano
completamente
isolati
dalla
nazione
,
immersi
in
un
ambiente
generale
di
stanchezza
,
di
indifferenza
,
di
ostilità
,
eppure
hanno
resistito
per
un
mese
.
Sapevano
di
non
poter
sperare
aiuto
alcuno
dal
di
fuori
:
sapevano
che
ormai
alla
classe
operaia
italiana
erano
stati
recisi
i
tendini
,
sapevano
di
essere
condannati
alla
sconfitta
,
eppure
hanno
resistito
per
un
mese
.
Non
c
'
è
vergogna
nella
sconfitta
degli
operai
della
Fiat
.
Non
si
può
domandare
a
una
massa
di
uomini
che
è
aggredita
dalle
più
dure
necessità
dell
'
esistenza
,
che
ha
la
responsabilità
dell
'
esistenza
di
una
popolazione
di
40.000
persone
,
non
si
può
domandare
più
di
quanto
hanno
dato
questi
compagni
che
sono
ritornati
al
lavoro
,
tristemente
,
accoratamente
,
consapevoli
della
immediata
impossibilità
di
resistere
più
oltre
o
di
reagire
.
Specialmente
noi
comunisti
,
che
viviamo
gomito
a
gomito
con
gli
operai
,
che
ne
conosciamo
i
bisogni
,
che
della
situazione
abbiamo
una
concezione
realistica
,
dobbiamo
comprendere
il
perché
di
questa
conclusione
della
lotta
torinese
.
Da
troppi
anni
le
masse
lottano
,
da
troppi
anni
esse
si
esauriscono
in
azioni
di
dettaglio
,
sperperando
i
loro
mezzi
e
le
loro
energie
.
E
'
stato
questo
il
rimprovero
che
fin
dal
maggio
1919
noi
dell
'
"
Ordine
Nuovo
"
abbiamo
incessantemente
mosso
alle
centrali
del
movimento
operaio
e
socialista
:
non
abusate
troppo
della
resistenza
e
della
virtù
di
sacrificio
del
proletariato
;
si
tratta
di
uomini
comuni
,
uomini
reali
,
sottoposti
alle
stesse
debolezze
di
tutti
gli
uomini
comuni
che
si
vedono
passare
nelle
strade
,
bere
nelle
taverne
,
discorrere
a
crocchi
sulle
piazze
,
che
hanno
frame
e
freddo
,
che
si
commuovono
a
sentir
piangere
i
loro
bambini
e
lamentarsi
acremente
le
loro
donne
.
Il
nostro
ottimismo
rivoluzionario
è
stato
sempre
sostanziato
da
questa
visione
crudamente
pessimistica
della
realtà
umana
,
con
cui
inesorabilmente
bisogna
fare
i
conti
.
Già
un
anno
fa
noi
avevamo
previsto
quale
sbocco
fatalmente
avrebbe
avuto
la
situazione
italiana
,
se
i
dirigenti
responsabili
avessero
continuato
nella
loro
tattica
di
schiamazzo
rivoluzionario
e
di
pratica
opportunistica
.
E
abbiamo
lottato
disperatamente
per
richiamare
questi
responsabili
a
una
visione
più
reale
,
a
una
pratica
più
congrua
e
più
adeguata
allo
svolgersi
degli
avvenimenti
.
Oggi
scontiamo
il
fio
,
anche
noi
,
dell
'
inettitudine
e
della
cecità
altrui
;
oggi
anche
il
proletariato
torinese
deve
sostenere
l
'
urto
dell
'
avversario
,
rafforzato
dalla
non
resistenza
degli
altri
.
Non
c
'
è
nessuna
vergogna
nella
resa
degli
operai
della
Fiat
.
Ciò
che
doveva
avvenire
è
avvenuto
implacabilmente
.
La
classe
operaia
italiana
è
livellata
sotto
il
rullo
compressore
della
reazione
capitalistica
.
Per
quanto
tempo
?
Nulla
è
perduto
se
rimane
intatta
la
coscienza
e
la
fede
,
se
i
corpi
si
arrendono
ma
non
gli
animi
.
Gli
operai
della
Fiat
per
anni
e
anni
hanno
lottato
strenuamente
,
hanno
bagnato
del
loro
sangue
le
strade
,
hanno
sofferto
la
fame
e
il
freddo
;
essi
rimangono
,
per
questo
loro
passato
glorioso
,
all
'
avanguardia
del
proletariato
italiano
,
essi
rimangono
militi
fedeli
e
devoti
della
rivoluzione
.
Hanno
fatto
quanto
è
dato
fare
a
uomini
di
carne
ed
ossa
;
togliamoci
il
cappello
dinanzi
alla
loro
umiliazione
,
perché
anche
in
essa
è
qualcosa
di
grande
che
si
impone
ai
sinceri
e
agli
onesti
.
StampaQuotidiana ,
È
una
donna
ancora
molto
bella
,
Zarah
Leander
.
Anche
se
la
prima
giovinezza
sta
staccandosi
se
pure
molto
dolcemente
da
lei
,
il
suo
volto
ne
ha
acquistato
un
rilievo
drammatico
profondo
.
I
suoi
occhi
sono
stati
e
sono
molto
famosi
,
leggendariamente
inquietanti
.
Ieri
sera
al
Mediolanum
,
eccoli
gli
occhi
di
questa
signora
vestita
di
bianco
che
,
quasi
immobile
davanti
al
microfono
,
cantava
alcune
canzoni
in
francese
e
in
svedese
.
Non
sono
occhi
particolarmente
grandi
,
o
particolarmente
splendenti
.
Il
loro
colore
,
nella
piena
luce
della
ribalta
,
è
mescolato
d
'
oro
cupo
e
di
qualche
nota
azzurra
.
Sono
occhi
difficili
da
raccontare
:
occhi
d
'
attrice
come
li
vide
un
tempo
,
intensi
,
De
Nittis
in
Sarah
Bernhardt
e
Albert
Besnard
in
Réjane
:
occhi
un
poco
distanti
e
dallo
sguardo
raramente
afferrabile
.
Anche
Colette
ha
di
questi
occhi
vibrati
,
fatti
più
per
la
malinconia
che
per
il
sorriso
:
occhi
,
direi
,
da
confessione
drammatica
.
Il
canto
di
Zarah
Leander
è
,
come
il
suo
sguardo
,
vibrato
.
È
il
canto
in
tono
di
contralto
di
una
dicitrice
dalla
concitata
veemenza
,
quasi
virile
,
che
in
certi
momenti
spalanca
brutalmente
le
porte
sulla
verità
.
Una
voce
inattesa
per
il
nostro
orecchio
latino
abituato
alle
tonalità
canore
definite
e
a
un
modellato
delle
parole
meno
rapinoso
e
meno
sferzante
.
Raquel
Meller
-
arrivata
anche
lei
venticinque
anni
fa
,
alla
fine
della
prima
guerra
mondiale
,
al
music
-
hall
dopo
le
esperienze
del
cinema
-
aveva
nel
canto
la
stessa
virtù
plastica
,
anche
se
la
musica
della
Violetera
,
che
fu
la
sua
grande
creazione
,
era
di
sentimenti
meno
neo
-
realisti
di
quelli
delle
canzoni
francesi
che
la
Leander
canta
come
in
un
soliloquio
di
disperata
confessione
femminile
,
così
come
si
può
immaginare
che
una
donna
parli
solo
quando
è
sicura
di
essere
assolutamente
sola
.
StampaQuotidiana ,
Firenze
,
li
4
novembre
1877
Gentilissimo
sig
.
Direttore
.
Ora
che
sono
di
moda
le
proposte
di
riforma
,
più
o
meno
radicali
,
della
nostra
legge
comunale
e
provinciale
,
vorrei
anch
'
io
suggerire
un
emendamento
,
lievissimo
nella
forma
,
ma
importante
per
la
sostanza
,
con
il
quale
si
verrebbe
a
rimediare
ad
una
grave
lacuna
della
legislazione
attuale
,
lacuna
a
cui
non
si
è
in
alcun
modo
provveduto
né
nella
proposta
di
legge
ministeriale
né
in
quella
della
commissione
parlamentare
.
Secondo
la
legge
del
1865
come
pure
secondo
i
nuovi
progetti
presentati
alla
Camera
l
'
analfabeta
è
per
regola
generale
,
e
salvo
alcuni
casi
eccezionali
tassativamente
determinati
dal
legislatore
,
escluso
affatto
dall
'
elettorato
.
Il
solo
motivo
che
giustifichi
una
tale
esclusione
è
quello
,
che
l
'
analfabeta
non
può
essere
mai
certo
del
suo
voto
,
dovendosi
fidare
alla
buona
fede
altrui
;
e
non
è
quindi
interamente
libero
nell
'
esercizio
del
suo
diritto
.
Insomma
non
si
ha
nessuna
sicurezza
della
sincerità
del
voto
dell
'
analfabeta
.
Noto
,
in
parentesi
,
per
chi
non
lo
sapesse
,
che
nelle
elezioni
amministrative
la
legge
non
richiede
che
il
voto
sia
scritto
di
proprio
pugno
dall
'
elettore
,
onde
la
giurisprudenza
,
sebbene
non
perfettamente
concorde
nei
suoi
giudizi
sulla
maggiore
o
minore
capacità
di
scrivere
richiesta
dall
'
elettore
,
ha
però
ritenuto
sempre
come
requisito
indispensabile
quello
di
saper
leggere
un
nome
scritto
da
mano
altrui
.
E
sin
qui
nulla
avrei
da
criticare
,
quanto
alla
questione
teorica
.
Ma
vediamo
un
poco
quali
sono
nella
pratica
gli
effetti
di
una
tale
esclusione
.
Avverto
che
mi
restringerò
a
parlare
della
Toscana
,
come
quella
regione
che
è
meglio
cognita
alla
maggioranza
dei
lettori
della
«
Nazione
»
;
le
mie
osservazioni
però
si
possono
applicare
egualmente
a
quasi
tutte
le
diverse
regioni
d
'
Italia
,
e
più
specialmente
in
cui
vige
,
come
contratto
agricolo
,
la
mezzadria
,
sotto
una
qualunque
delle
sue
molteplici
forme
.
L
'
esclusione
degli
analfabeti
dall
'
elettorato
amministrativo
non
ha
una
grande
importanza
pratica
nelle
nostre
città
,
e
nemmeno
nei
paesi
e
nelle
borgate
,
ma
invece
porta
alla
radiazione
dalle
liste
elettorali
della
maggioranza
dei
contadini
.
E
perché
mai
?
Perché
i
capoccia
,
ossia
i
capi
delle
famiglie
coloniche
,
sono
per
la
maggior
parte
illetterati
,
sebbene
per
censo
avrebbero
quasi
tutti
diritto
all
'
elettorato
,
sia
in
proprio
come
imposti
da
tasse
di
famiglia
,
sia
imputando
nel
loro
censo
,
in
virtù
dell
'
art
.
24
della
legge
del
1865
un
terzo
delle
imposte
reali
pagate
dal
padrone
del
fondo
.
Or
bene
,
siffatta
esclusione
della
massa
dei
contadini
dalle
liste
elettorali
amministrative
è
,
come
ben
sa
chiunque
ha
pratica
d
'
amministrazione
,
un
danno
grandissimo
per
il
nostro
paese
.
Essa
disturba
la
proporzionalità
della
rappresentanza
dei
diversi
interessi
nei
consigli
comunali
,
e
,
specialmente
nei
comuni
di
natura
mista
,
cioè
in
parte
urbani
e
in
parte
rurali
,
produce
sconci
gravissimi
,
ed
ingiustizie
ed
oppressioni
non
poche
,
dando
il
potere
esclusivamente
in
mano
ad
una
piccola
minoranza
cittadina
.
Pei
democratici
dovrebbe
essere
argomento
di
dolore
il
veder
leso
a
questo
modo
il
principio
delle
maggioranze
,
come
pure
il
principio
del
diritto
di
ogni
contribuente
di
vegliare
sulla
gestione
del
denaro
pubblico
;
e
d
'
altra
parte
i
conservatori
dovrebbero
deplorare
la
insufficiente
rappresentanza
della
classe
dei
contadini
,
la
quale
è
,
per
sua
natura
,
conservatrice
,
e
nemica
delle
rivoluzioni
,
delle
guerre
,
e
dei
cataclismi
.
Il
capoccia
delle
nostre
famiglie
coloniche
,
sebbene
pur
troppo
spesso
illetterato
,
è
tutt
'
altro
che
ignorante
o
rozzo
;
ha
invece
buon
senso
,
ha
esperienza
,
una
discreta
cultura
tecnica
,
ed
una
grande
conoscenza
degli
uomini
.
E
non
si
dica
che
l
'
esclusione
dei
contadini
dalle
liste
elettorali
dipenda
da
colpa
dei
proprietari
,
i
quali
avendo
in
tante
questioni
interessi
conformi
a
quelli
dei
contadini
,
dorrebbero
adoperarsi
ed
insegnare
a
questi
a
leggere
ed
a
scrivere
.
Ed
invero
non
si
può
sperare
né
pretendere
che
i
vecchi
capoccia
,
uomini
che
hanno
quasi
tutti
dai
quarant
'
anni
in
su
,
ed
hanno
sulle
spalle
tutto
il
peso
del
sostentamento
della
famiglia
,
possano
ora
andare
a
scuola
ad
imparare
l
'
abbicì
.
Le
scuole
serviranno
per
la
nuova
generazione
,
ma
oramai
i
vecchi
sono
quel
che
sono
.
Di
qui
a
venti
o
trent
'
anni
si
sarà
,
forse
,
riparato
all
'
inconveniente
attuale
coll
'
istruzione
elementare
più
diffusa
,
ma
intanto
in
venti
o
trent
'
anni
c
'
è
il
tempo
di
mandare
in
rovina
tutti
i
bilanci
comunali
e
di
fare
dei
danni
incalcolabili
ed
irreparabili
.
E
come
si
può
sperare
che
i
proprietari
si
adoprino
efficacemente
a
diffondere
l
'
istruzione
nelle
campagne
,
quando
non
dovranno
fruire
del
vantaggio
di
una
tal
diffusione
che
di
qui
a
vent
'
anni
o
più
,
mentre
saranno
per
risentirne
immediatamente
i
pesi
per
l
'
aumentata
spesa
delle
scuole
,
per
la
minore
docilità
dei
contadini
,
ecc
.
Non
esigiamo
eroismi
dalla
media
degli
uomini
,
a
qualunque
classe
appartengano
;
e
se
vogliano
che
i
proprietari
si
adoprino
a
tutt
'
uomo
all
'
incremento
dell
'
istruzione
pubblica
,
malgrado
i
danni
diretti
che
ad
essi
ne
proverranno
,
dobbiamo
d
'
altra
parte
far
sì
,
che
essi
possano
risentirne
anche
un
qualche
vantaggio
immediato
.
Se
no
,
faremo
un
buco
nell
'
acqua
con
tutte
le
nostre
leggi
di
istruzione
obbligatoria
.
«
Ma
dunque
?
mi
si
domanderà
vorreste
forse
dare
il
voto
agli
analfabeti
?
»
No
;
tutt
'
altro
.
E
qui
scendo
alla
parte
positiva
del
mio
ragionamento
.
L
'
art
.
22
dispone
che
«
il
padre
può
delegare
ad
uno
dei
figli
l
'
esercizio
dei
suoi
diritti
elettorali
,
purché
nel
delegato
concorrano
gli
altri
requisiti
prescritti
per
essere
elettori
»
.
Con
questa
savia
disposizione
parrebbe
che
si
fosse
provveduto
a
tutto
,
poiché
il
padre
che
sarebbe
elettore
per
censo
ma
che
si
trovasse
escluso
dalle
liste
perché
analfabeta
,
delegherebbe
il
suo
diritto
ad
uno
dei
suoi
figli
,
il
quale
o
avrà
già
frequentato
la
scuola
elementare
,
oppure
potrà
sempre
,
andando
alle
scuole
serali
,
acquistare
ben
presto
la
capacità
di
leggere
e
scrivere
un
nome
sopra
una
scheda
.
Ma
nossignori
!
Ci
stanno
di
mezzo
le
formole
giuridiche
.
«
Non
si
può
delegare
ad
altri
facoltà
che
non
si
hanno
»
.
Dunque
il
padre
che
non
è
elettore
,
perché
analfabeta
,
non
può
delegare
nulla
al
figlio
letterato
.
E
quando
in
Italia
si
è
trovato
una
formula
giuridica
,
non
c
'
è
più
logica
che
tenga
;
e
gl
'
Intendenti
piemontesi
decisero
che
il
padre
analfabeta
non
può
delegare
il
censo
al
figlio
.
Questa
decisione
a
me
pare
ingiusta
ed
assurda
.
All
'
analfabeta
si
toglie
l
'
elettorato
perché
mancano
in
lui
le
garanzie
di
libertà
e
di
sincerità
del
voto
;
e
non
per
punirlo
,
ché
ogni
pena
siffatta
,
in
Italia
,
sarebbe
una
iniquità
.
Ma
quali
sono
le
ragioni
per
cui
un
analfabeta
non
potrebbe
,
con
egual
cognizione
di
causa
che
un
presidente
dell
'
Accademia
della
Crusca
,
delegare
il
suo
voto
al
figlio
?
Qui
si
tratta
soltanto
della
questione
se
quel
tale
Tizio
,
il
quale
paga
un
censo
adequato
,
abbia
o
no
fiducia
sufficiente
nel
suo
figlio
per
delegare
a
lui
la
rappresentanza
civica
di
quegl
'
interessi
familiari
che
hanno
,
per
regola
,
diritto
ad
una
voce
nell
'
elezione
della
autorità
locale
.
E
dovendosi
tal
delegazione
far
sempre
per
atto
autentico
,
qual
è
la
garanzia
che
manchi
nel
caso
dell
'
analfabeta
più
che
in
qualunque
altro
caso
?
Quando
ammettiate
la
delegazione
del
censo
del
padre
analfabeta
al
figlio
letterato
,
avrete
in
questi
un
elettore
che
sa
leggere
e
scrivere
e
che
rappresenta
una
somma
d
'
interessi
nel
comune
.
Quale
può
dunque
essere
la
ragione
di
una
tal
esclusione
?
Io
non
saprei
davvero
escogitarne
una
buona
.
Qui
si
tratta
di
una
vera
e
propria
delegazione
di
censo
da
padre
a
figlio
,
e
non
di
altro
;
tant
'
è
vero
,
che
la
delegazione
è
sempre
revocabile
,
e
che
il
padre
che
può
essere
elettore
per
capacità
oltreché
per
censo
,
può
,
anche
attualmente
,
delegare
al
figlio
il
censo
restando
egli
stesso
elettore
.
Ciò
per
la
teoria
.
Quanto
poi
alla
pratica
,
si
otterrebbero
colla
delegazione
del
censo
fatta
dal
padre
analfabeta
parecchi
vantaggi
grandissimi
in
primo
luogo
una
classe
importantissima
della
nostra
popolazione
tornerebbe
ad
avere
la
sua
giusta
parte
d
'
influenza
nella
gestione
delle
amministrazioni
locali
;
e
in
secondo
luogo
i
proprietari
avrebbero
d
'
ora
in
poi
in
moltissimi
comuni
un
interesse
diretto
ed
immediato
alla
diffusione
dell
'
istruzione
elementare
nelle
campagne
,
interesse
che
ora
manca
affatto
.
In
qualche
provincia
d
'
Italia
per
esempio
nel
Palermitano
,
la
deputazione
provinciale
ha
,
di
fatto
,
ammesso
la
delegazione
di
censo
fatta
dal
padre
analfabeta
;
ma
questa
ammissione
è
reputata
generalmente
illegale
,
e
condannata
dai
commentatori
della
legge
del
1865
.
Le
nuove
proposte
di
legge
presentate
alla
Camera
ripetono
a
questo
riguardo
le
disposizioni
della
legge
attuale
,
senza
pronunciarsi
sulla
questione
che
ho
esaminato
:
mi
reputerei
davvero
fortunato
se
,
in
occasione
delle
prossime
discussioni
parlamentari
,
potessi
con
questi
rozzi
appunti
richiamare
su
di
essa
l
'
attenzione
dei
nostri
uomini
pubblici
.
Le
stringo
cordialmente
la
mano
confermandomi
suo
devotissimo
SIDNEY
SONNINO
.
StampaQuotidiana ,
Le
conclusioni
che
si
possono
trarre
dall
'
andamento
di
questa
manifestazione
di
Primo
Maggio
sono
confortanti
.
La
manifestazione
è
riuscita
come
intervento
di
masse
,
come
estensione
di
solidarietà
operaia
.
Ha
dimostrato
come
il
proletariato
italiano
malgrado
la
reazione
è
sempre
rosso
.
Ed
è
anche
riuscita
come
prova
di
spirito
di
combattività
che
si
risveglia
nelle
file
dei
lavoratori
.
I
fascisti
si
sono
preoccupati
di
dimostrare
col
loro
contegno
e
colle
loro
stesse
dichiarazioni
che
si
trattava
di
una
manifestazione
antifascista
.
E
tale
è
stato
il
significato
della
astensione
dal
lavoro
e
dell
'
intervento
alle
dimostrazioni
di
grandissime
masse
,
da
un
capo
all
'
altro
d
'
Italia
,
e
senza
escludere
le
zone
percosse
dal
fascismo
.
Se
i
cortei
non
si
sono
fatti
si
deve
alla
imposizione
del
governo
:
se
si
fossero
potuti
tenere
,
oggi
conteremmo
un
maggior
numero
di
morti
operai
,
ma
anche
un
maggior
numero
di
morti
fascisti
.
Tuttavia
,
accanto
alla
confortante
constatazione
della
vastità
ed
imponenza
della
manifestazione
e
dell
'
elevato
morale
della
massa
,
dobbiamo
porre
quella
che
l
'
organizzazione
ha
lasciato
in
generale
a
desiderare
.
La
cosa
non
è
senza
ragione
:
la
tattica
dell
'
unità
di
fronte
adottata
in
questo
Primo
Maggio
da
tutti
gli
organismi
proletari
,
esperimento
dell
'
Alleanza
del
lavoro
italiana
,
ha
recato
insieme
questo
benefizio
e
questo
vantaggio
,
che
vanno
dai
comunisti
attentamente
considerati
.
Ci
limitiamo
qui
ad
accennare
brevemente
alla
cosa
,
in
presenza
del
comunicato
diramato
dal
Comitato
dell
'
Alleanza
del
lavoro
dopo
il
Primo
Maggio
.
Con
la
tattica
dell
'
unità
di
fronte
si
sono
potute
radunare
ai
comizi
di
Primo
Maggio
grandi
moltitudini
operaie
anche
dove
era
ben
chiaro
nella
coscienza
fin
dell
'
ultimo
intervenuto
che
non
si
trattava
della
solita
e
tradizionale
coreografia
,
ma
di
una
giornata
di
lotta
.
Ma
questa
dimostrazione
dell
'
avversione
del
proletariato
alla
reazione
e
al
fascismo
,
dello
spirito
di
classe
che
tuttora
anima
le
grandi
moltitudini
di
lavoratori
,
non
è
abbastanza
per
poter
aver
ragione
del
fascismo
e
della
reazione
.
Il
fascismo
non
sarà
soffocato
da
unanimità
platoniche
:
le
rivoltelle
e
i
pugni
non
saranno
rese
impotenti
col
gettarvi
sopra
una
materassa
.
Il
fascismo
non
ha
il
numero
,
ma
ha
l
'
organizzazione
,
unitaria
e
centralizzata
,
ed
è
in
ciò
la
sua
forza
,
integrata
nella
centralizzazione
del
potere
ufficiale
borghese
.
L
'
Alleanza
del
lavoro
che
oggi
ha
permesso
di
raggruppare
masse
imponenti
deve
divenire
capace
di
inquadrarle
con
disciplina
unitaria
.
Qui
è
il
compito
dei
comunisti
,
nel
conseguire
questo
risultato
,
verso
il
quale
non
si
è
fatto
che
il
primo
passo
.
Quando
sarà
possibile
che
le
grandi
adunate
possano
contare
sul
concorso
proletario
,
e
nello
stesso
tempo
su
una
razionale
preparazione
delle
nostre
forze
,
allora
il
proletariato
potrà
dominare
il
suo
nemico
.
In
questo
Primo
Maggio
si
è
potuto
notare
che
i
comizi
e
i
movimenti
concordati
dalle
organizzazioni
alleate
mancavano
un
po
'
di
preparazione
organizzativa
anche
al
modesto
effetto
della
loro
protezione
dagli
attacchi
degli
avversari
,
e
questo
dipendeva
dal
fatto
che
non
era
ben
chiaro
chi
avesse
organizzato
i
comizi
e
disposto
il
piano
del
loro
svolgimento
sotto
tutti
gli
aspetti
.
I
comitati
locali
dell
'
Alleanza
non
sono
che
di
recente
formazione
,
e
non
hanno
chiara
consistenza
organizzativa
,
e
sufficienti
poteri
.
Tuttavia
,
è
già
un
gran
vantaggio
quello
di
aver
potuto
avere
radunate
comuni
delle
masse
,
perché
ciò
eleva
il
morale
proletario
e
consente
ai
comunisti
di
portare
a
tutto
il
proletariato
la
loro
franca
parola
.
Tutto
un
ulteriore
sviluppo
dell
'
interessante
esperimento
italiano
della
tattica
del
fronte
unico
condurrà
ad
integrare
con
questo
vantaggio
innegabile
l
'
altro
dell
'
effettiva
ed
intima
unità
di
organizzazione
.
L
'
argomento
si
presta
ad
importantissime
considerazioni
:
vogliamo
ora
solo
notare
che
il
terreno
sindacale
su
cui
l
'
Alleanza
è
costituita
,
permette
ai
comunisti
di
premere
perché
essa
divenga
sempre
più
stretta
organizzativamente
,
giungendosi
così
all
'
unità
sindacale
proletaria
che
sempre
noi
abbiamo
auspicata
e
che
il
programma
del
Partito
comunista
solo
può
e
dovrà
riempire
di
contenuto
rivoluzionario
.
Per
ora
vi
è
da
reagire
contro
il
carattere
pigro
ed
incerto
che
ha
fino
ad
oggi
la
dirigenza
dell
'
Alleanza
del
lavoro
.
I
comunisti
hanno
già
formulato
in
modo
preciso
e
concreto
le
loro
proposte
per
lo
sviluppo
,
per
il
ravvivamento
,
per
il
potenziamento
dell
'
Alleanza
,
che
potrebbe
,
se
la
campagna
non
venisse
spinta
energicamente
innanzi
,
parallelamente
alle
eloquenti
esperienze
dell
'
azione
proletaria
,
degenerare
in
una
burocratica
ed
ingombrante
diplomazia
di
capi
esitanti
ed
opportunisti
.
Quanto
le
proposte
comuniste
siano
urgenti
lo
dimostra
il
contegno
passivo
dell
'
Alleanza
dinanzi
alle
gravissime
provocazioni
che
hanno
subito
il
Primo
Maggio
le
folle
operaie
e
,
nonostante
gli
inviti
all
'
azione
giunti
da
tante
parti
,
lo
dimostra
la
sua
insensibilità
alla
pressione
che
viene
oggi
dal
proletariato
italiano
disposto
a
procedere
rapidamente
sulla
via
della
controffensiva
.
E
lo
dimostra
,
eloquentissimo
documento
,
il
comunicato
diramato
dal
Comitato
nazionale
,
che
con
le
sue
frasi
piatte
e
banali
declina
la
suggestione
sorgente
dalle
masse
anelanti
la
lotta
:
comunicato
al
quale
non
vogliamo
scrivere
altro
commento
,
sicuri
che
,
come
la
quistione
è
ormai
irrevocabilmente
posta
innanzi
alle
masse
,
così
queste
non
mancheranno
di
commentare
e
giudicare
esse
,
per
trarre
da
quest
'
altra
delusione
nuovo
stimolo
a
proseguire
sull
'
aspra
ma
sicura
via
della
loro
riscossa
.
StampaQuotidiana ,
Il
mio
primissimo
ricordo
di
Longanesi
risale
lontano
,
ai
tempi
,
attorno
al
1925
,
di
una
gita
notturna
da
Bologna
a
Ferrara
.
Quanti
anni
aveva
?
Una
ventina
.
Non
credo
avesse
terminato
gli
studi
regolari
:
era
piccolo
di
statura
-
i
tre
«
piccoli
»
di
Roma
,
quando
vi
si
trasferì
,
erano
,
con
lui
,
il
pittore
Bartoli
e
il
pittore
Maccari
,
che
allora
si
arrangiava
a
far
della
modesta
«
cucina
»
giornalistica
-
,
aveva
,
nel
viso
pallido
di
autodidatta
,
due
occhi
che
sembravano
pronti
solamente
all
'
ironia
o
alla
rissa
.
Il
braccio
,
entro
la
manica
dell
'
abito
scuro
,
lo
sentii
solido
:
la
mano
gentile
,
ma
,
nella
stretta
,
dura
.
In
sei
dentro
l
'
automobile
che
ci
portava
a
Ferrara
con
gran
rumore
di
ferraglia
e
inquietanti
sobbalzi
,
non
s
'
era
sentito
parlare
che
lui
,
il
ragazzaccio
seduto
su
uno
strapuntino
.
A
Ferrara
ci
aspettava
l
'
Alfonsa
,
un
'
ostessa
che
pareva
la
sorella
dell
'
Esopo
di
Velázquez
,
cucinando
una
salama
da
sugo
e
,
sulla
soglia
dell
'
osteria
,
un
candido
ottuagenario
,
il
professor
Agnelli
che
qualche
decennio
prima
aveva
ricevuto
dalle
mani
di
Giosuè
Carducci
l
'
autografo
dell
'
ode
che
dice
:
«...o
Ferrara
bella
ne
la
splendida
ora
d
'
Aprile
-
:
ama
il
memore
sole
tra
solitaria
pace
...
»
;
avvenimento
che
aveva
reso
tremulo
e
orgoglioso
per
tutta
la
vita
il
buon
umanista
ferrarese
.
Subito
dopo
la
salama
da
sugo
,
il
vecchio
professore
ci
aveva
portato
davanti
al
palazzo
della
Biblioteca
,
aveva
tirato
fuori
un
mazzo
di
chiavi
,
ci
aveva
fatto
salire
al
primo
piano
alla
luce
di
una
lanterna
cieca
,
e
,
aperto
con
una
minuscola
chiavetta
un
armadio
vetrato
,
ne
aveva
tirato
fuori
un
'
ampolla
entro
la
quale
galleggiava
in
un
misterioso
liquido
brodoso
,
un
«
precordio
»
,
il
cuore
di
Vincenzo
Monti
.
Apparizione
macabra
che
il
ventenne
bolognese
mi
commentò
con
un
furtivo
colpo
di
gomito
.
Letterato
,
in
quegli
anni
,
Longanesi
non
lo
era
affatto
e
,
del
resto
,
non
lo
fu
mai
:
ma
,
fra
i
primi
libri
che
aveva
pubblicato
,
Dio
sa
a
costo
di
quali
debiti
e
di
quali
prestiti
che
gli
faceva
la
mamma
,
c
'
era
stato
un
volume
di
Bacchelli
,
litteratissimo
.
Pittore
non
era
-
le
sue
prime
caricature
avevano
ancora
una
grafia
studentesca
-
ma
aveva
«
scoperto
»
Giorgio
Morandi
.
Anche
come
artista
grafico
era
alle
prime
esperienze
:
aveva
stampato
,
a
sedici
anni
,
una
rivistina
con
la
copertina
di
carta
azzurrina
,
di
quelle
leggere
e
lievemente
spugnose
,
che
si
usavano
per
stampare
i
«
pianeti
»
della
fortuna
.
Aveva
meno
di
vent
'
anni
ed
era
in
corrispondenza
con
Ardengo
Soffici
.
Si
era
salvato
,
per
la
minore
età
,
dal
contagio
di
certo
futurismo
provinciale
.
Non
era
ancora
nato
all
'
epoca
dei
trionfi
di
De
Carolis
e
di
Sartorio
.
Sua
mamma
l
'
aveva
messo
al
mondo
in
tempo
sicuro
per
salvarlo
dalle
suggestioni
del
michelangiolismo
e
del
liberty
.
Quando
buona
parte
dei
ragazzi
italiani
che
prendevano
la
penna
in
mano
pitigrilleggiavano
,
Longanesi
aveva
probabilmente
letto
gli
elzeviri
di
Alfredo
Oriani
ritagliati
da
suo
padre
nel
«
Carlino
»
.
Nel
suo
mondo
non
c
'
era
nessun
residuo
di
«
pascoliamo
»
,
nessuna
tendenza
all
'
intenerimento
e
alla
poetica
melanconia
professionale
dei
minori
pascoliani
.
Questo
straordinario
improvvisatore
maturò
alla
letteratura
molto
lentamente
,
intento
,
prima
di
tutto
,
a
scoprire
il
proprio
mondo
e
la
scala
dei
suoi
sentimenti
e
il
suo
talvolta
stridente
movimento
di
contraddizioni
.
Intanto
,
la
sua
vocazione
era
soprattutto
quella
del
lettore
:
non
avendo
la
possibilità
di
scrivere
«
L
'
Italiano
»
tutto
da
solo
,
trovò
i
suoi
compagni
e
anche
i
suoi
maestri
,
talvolta
scrittori
di
una
certa
pigrizia
:
e
gli
uni
e
gli
altri
stimolava
a
scrivere
,
sino
a
creare
sotto
agli
occhi
della
gente
,
senza
che
quasi
nessuno
in
principio
se
ne
accorgesse
,
non
solo
uno
«
stile
Longanesi
»
ma
addirittura
una
«
scuola
»
che
poteva
portare
il
suo
nome
,
quando
,
in
pratica
,
egli
non
aveva
scritto
ancora
che
un
piccolo
mucchio
di
paginette
quasi
clandestine
.
Per
non
vivere
a
carico
dei
genitori
che
aveva
trascinato
a
trasferirsi
a
Roma
,
si
«
arrangiava
»
in
ogni
maniera
e
in
ogni
mestiere
affine
alle
Lettere
,
alla
tipografia
,
alla
Pittura
,
al
Teatro
.
Disegnò
anche
,
fra
l
'
altro
,
i
caratteri
per
le
scatole
e
le
bustine
di
sigarette
del
Monopolio
di
Tripoli
.
Fra
gli
scrittori
che
s
'
era
portati
avanti
sottobraccio
basterà
ricordare
Ansaldo
,
Buzzati
,
Soldati
,
l
'
americano
Furst
.
Ad
ogni
numero
,
l
'
uscita
dell
'
«
Italiano
»
era
un
'
avventura
.
Preso
nel
giro
di
cento
tentazioni
dell
'
intelligenza
,
amico
della
discussione
al
caffè
,
fra
nuvole
di
fumo
di
sigarette
,
seduto
sul
divano
foderato
di
tela
color
pulce
del
vecchio
Aragno
dove
s
'
era
spento
l
'
ultimo
anelito
della
«
Ronda
»
e
dove
Malaparte
aveva
inutilmente
tentato
di
ridar
vita
a
«
La
Voce
»
,
Longanesi
non
ebbe
forse
mai
il
tempo
di
fare
,
della
letteratura
,
un
preciso
mestiere
di
romanziere
,
di
novelliere
o
di
elzevirista
.
Questo
amico
,
laudatore
e
resuscitatore
di
un
Ottocento
rivissuto
in
una
nostalgia
di
ordine
e
di
pulizia
morale
,
non
poteva
trovare
i
suoi
maestri
fra
gli
scrittori
dell
'
ultimo
e
del
medio
Ottocento
,
che
gli
aveva
dato
il
gusto
della
bella
tipografia
al
di
fuori
dei
canoni
neoclassici
del
Bodoni
,
in
un
clima
di
stampa
popolaresca
e
clandestina
come
era
stata
quella
del
'48
.
Dove
poteva
trovare
,
se
mai
,
questi
maestri
di
un
impressionismo
e
,
più
di
tutto
,
di
un
dramma
dell
'
Ottocento
?
Nelle
conversazioni
del
Doctor
Veritas
,
nelle
critiche
sapienti
di
Panzacchi
,
fra
i
moribondi
di
Palazzo
Carignano
di
Petruccelli
della
Gattina
;
fra
le
complicazioni
etimologiche
e
il
breve
narcisismo
del
Dossi
;
nei
monologhi
di
Gandolin
;
nelle
arguzie
bonarie
di
Jarro
;
negli
acquerelli
di
Anton
Giulio
Barrili
;
nel
Cantoni
,
in
Rernigio
Zena
,
nelle
novelle
di
Camillo
Boito
?
Se
mai
qualche
tono
,
forse
senza
averli
letti
,
poteva
avvicinarlo
a
certe
pagine
garibaldine
di
Nino
Costa
e
di
Eugenio
Checchi
e
dell
'
Abba
.
Purtroppo
lo
spettacolo
che
gli
offriva
la
patria
non
aveva
,
dal
punto
di
vista
morale
,
molto
di
eccitante
,
ispirando
piuttosto
il
dissidio
,
il
dubbio
,
lo
scatto
d
'
ira
anche
se
la
giovinezza
induceva
allo
sforzo
di
credere
.
Per
impegnarsi
in
una
precisa
opera
narrativa
gli
mancava
lo
specchio
di
una
società
che
avrebbe
forse
potuto
fare
di
lui
un
piccolo
Balzac
,
tanta
si
rivelò
poi
la
forza
concisa
di
certi
ritratti
di
piccoli
o
di
grassi
borghesi
.
La
sua
ispirazione
più
diretta
l
'
aveva
,
mi
sembra
,
da
certe
noie
e
melanconie
di
quella
giornata
ispiratrice
di
tutto
un
secolo
di
letteratura
,
che
è
la
domenica
:
era
la
solitudine
in
cui
si
ritrovava
con
tanto
spleen
quest
'
uomo
facondo
,
dalla
frenetica
mimica
,
dall
'
intenso
gusto
dell
'
imitazione
caricaturale
che
,
in
altri
ambienti
,
avrebbe
fatto
di
lui
un
vivacissimo
attore
.
Ad
osservarlo
bene
il
suo
mondo
fu
un
mondo
di
rovine
:
Longanesi
si
muove
in
uno
scenario
di
ruderi
,
che
non
sono
quelli
del
Foro
Romano
fra
cui
si
aggirava
Goethe
,
ma
che
si
rivelavano
al
suo
occhio
come
i
ruderi
di
una
civiltà
cosiddetta
moderna
,
con
cento
tare
e
cento
vizi
:
come
se
attorno
gli
fosse
crollata
la
Roma
di
Corso
Vittorio
,
di
Via
Cavour
,
di
Piazza
Termini
,
le
architetture
dei
Ministeri
e
dei
ponti
falsamente
trionfali
sul
Tevere
.
Letterato
di
«
rovine
»
,
come
di
rovine
vere
o
immaginarie
erano
stati
pittori
e
incisori
,
il
Pannini
e
il
Piranesi
.
Tra
quei
selci
,
fra
quei
cementi
armati
,
fra
le
casupole
di
Via
del
Gambero
e
le
grigie
palazzate
dei
Lungotevere
,
correvano
,
galoppavano
,
si
acquattavano
nel
polverone
piccoli
uomini
dai
cento
sotterfugi
e
dalle
mille
vanità
e
bugie
,
falsamente
rigorosi
,
segretamente
lascivi
.
Non
ebbe
mai
fretta
di
scrivere
:
aveva
molto
più
fretta
di
insegnare
e
,
in
silenzio
,
per
se
stesso
,
di
provarsi
e
di
sperimentarsi
.
Forse
più
che
nel
largo
«
Museo
Grevin
»
del
costume
e
della
storia
politica
,
i
suoi
umori
desolati
ed
amari
si
filtravano
più
essenziali
in
certe
note
di
diari
che
avrebbero
potuto
far
di
lui
il
Renard
italiano
.
La
sua
vita
aveva
avuto
ore
molto
dure
:
si
stava
rifacendo
le
ossa
a
Milano
che
gli
fu
amica
generosa
:
forse
credeva
di
avere
molto
,
moltissimo
tempo
davanti
a
sé
.
Si
preparava
,
un
giorno
o
l
'
altro
,
a
rimboccarsi
le
maniche
,
mandando
,
per
le
Lettere
e
per
la
Pittura
,
ogni
altra
cosa
a
carte
quarantotto
.
Non
si
accorgeva
di
correre
su
una
rotaia
che
,
ad
un
certo
punto
,
si
interrompeva
.
Si
trovò
,
senza
più
un
battito
del
cuore
,
su
una
sedia
del
suo
ufficetto
di
Via
Bigli
.
Le
idee
di
cento
libri
che
avrebbe
suggerito
di
scrivere
ai
suoi
amici
restarono
ferme
in
quella
sua
pallida
immobilità
che
sembrò
tanto
,
tanto
strana
,
tra
pacchi
di
ingiallite
fotografie
del
tempo
umbertino
e
di
antiche
vignette
di
Costantin
Guys
e
di
Daumier
.
StampaQuotidiana ,
Sempre
fedeli
al
nostro
programma
che
difendemmo
omai
sempre
colla
libera
e
feconda
discussione
,
nemici
ognora
della
intransigenza
ma
fermi
fautori
del
progresso
civile
ed
economico
del
nostro
paese
,
vi
rivolgiamo
oggi
la
parola
perché
domani
nel
segreto
delle
urne
voi
deponiate
quel
plebiscito
di
favore
e
di
fiducia
verso
uomini
che
più
volte
vi
diedero
prova
luminosa
di
solerte
e
patriottica
amministrazione
.
Per
forza
di
legge
,
per
le
maggiori
guarentigie
di
libertà
concesse
dallo
Stato
,
per
l
'
allargamento
del
suffragio
popolare
voi
siete
chiamati
domani
a
rinnovare
il
Consiglio
Comunale
ed
eleggere
6
Consiglieri
provinciali
.
Non
potete
errare
nella
scelta
,
imperocché
il
partito
liberale
progressista
,
scevro
da
utopie
politiche
,
nemico
di
ogni
personalità
e
di
maneggi
elettorali
,
si
ripresenta
a
voi
con
grandi
garanzie
:
la
fiducia
della
pubblica
opinione
che
da
vari
anni
lo
ritenne
,
come
difatti
lo
è
moralmente
il
grande
e
benefico
partito
di
maggioranza
il
passato
periodo
di
tempo
speso
unicamente
pel
bene
del
paese
,
al
compimento
di
riforme
,
di
lavori
,
d
'
igiene
e
pubblico
progresso
!
Checché
hanno
sbraitato
e
malignato
gli
avversari
,
l
'
omai
compiuto
acquedotto
di
S
.
Marco
di
acque
pure
e
salutari
,
la
viabilità
interna
ed
esterna
stabilita
,
la
riselciatura
,
le
fontane
,
gli
abbeveratoi
ed
i
cimiteri
rurali
in
tutte
le
frazioni
,
il
pubblico
mattatoio
,
le
opere
di
sventramento
e
di
redenzione
morali
d
'
interi
quartieri
col
rialzamento
del
ponte
di
S
.
Antonio
e
del
taglio
del
palazzo
Marcatili
,
le
strade
obbligatorie
di
Venagrande
e
Casteltrosino
,
la
riforma
scolastica
sia
in
città
che
nelle
ville
,
tutto
ciò
in
parte
è
stato
compiuto
,
in
parte
si
completerà
,
essendo
stato
convalidato
,
come
di
legge
,
sia
la
vendita
dei
beni
comunali
come
la
creazione
del
prestito
straordinario
.
Questo
vasto
ed
importantissimo
programma
,
che
fu
accolto
con
entusiasmo
da
tutta
la
città
,
è
valida
garanzia
di
un
vicinissimo
,
grande
e
lungo
lavoro
,
immediatamente
utile
alle
classi
operaie
.
La
libertà
è
la
vita
della
democrazia
il
governo
di
questo
popolo
laborioso
e
perseverante
sta
nella
forza
,
nel
lavoro
.
Per
cui
se
il
nostro
partito
cittadino
progressista
ha
dato
e
compierà
un
programma
di
civili
riforme
e
di
utili
e
lucrosi
lavori
,
le
classi
operaie
trovano
in
esso
la
vera
democrazia
non
di
declamatori
ma
di
onesti
e
solerti
amministratori
.
Il
paese
è
sempre
più
forte
,
temuto
e
rispettato
,
laddove
il
popolo
lavora
,
s
'
educa
e
s
'
incivilisce
ed
allora
in
esso
la
libertà
è
vivo
fuoco
,
sublime
stimolo
alla
tempra
delle
coscienze
,
alla
patriottica
formazione
del
carattere
italiano
,
unica
base
della
forza
nazionale
.
Nel
Comune
,
istituzione
civile
eminentemente
democratica
,
non
deve
violentare
la
politica
le
idee
superiori
di
Stato
e
di
governo
non
devono
influenzare
l
'
amministrazione
del
circoscritto
territorio
terranno
esse
forti
e
divisi
gli
uomini
nelle
aspirazioni
,
ma
li
manterrà
sempre
uniti
nella
ricerca
del
bene
di
tutti
i
cittadini
.
La
civiltà
dei
tempi
creò
i
Municipi
in
Italia
,
come
la
più
bella
e
democratica
rappresentanza
di
una
grande
famiglia
,
nella
quale
non
vi
devono
essere
cadetti
,
né
primogeniti
del
Medio
Evo
.
Tutti
egualmente
rappresentati
perché
la
vera
forza
del
Comune
sta
nell
'
equilibrio
costante
delle
varie
classi
sociali
.
Il
partito
liberale
progressista
si
ripresenta
alle
urne
fiducioso
di
ritrovare
il
favore
del
corpo
elettorale
promettendo
l
'
immediata
esecuzione
delle
riforme
tutte
,
già
approvate
,
e
di
proseguire
sempre
nella
via
del
progresso
e
della
civiltà
,
senza
fermarsi
,
combattendo
pel
trionfo
della
sua
venerata
bandiera
!
La
lista
che
a
voi
si
presenta
è
composta
di
onesti
e
probi
cittadini
appartenenti
alle
varie
classi
sociali
.
Il
vecchio
partito
progressista
ridotto
a
quindici
consiglieri
viene
rafforzato
da
ottimi
elementi
che
rappresentano
il
censo
,
il
territorio
esterno
,
gli
industriali
,
i
reduci
delle
patrie
battaglie
,
i
professionisti
e
gli
operai
.
Alla
minoranza
,
affermatasi
con
programma
radicale
,
spetta
l
'
obbligo
di
completare
l
'
amministrazione
Comunale
,
perché
si
ottenga
il
vero
bene
del
paese
e
delle
classi
operaie
.
ELETTORI
!
Il
nostro
giornale
che
sostenne
sempre
contro
avversari
intransigenti
,
e
stampe
bugiarde
il
trionfo
di
tutte
le
riforme
cittadine
,
che
si
volevano
gettare
da
prepotenti
ed
interessati
nelle
voragini
di
esercizi
o
di
perdizioni
,
a
danno
del
popolo
ed
a
scorno
degli
operai
vi
raccomanda
caldamente
i
maggiori
suffragi
alla
lista
liberale
progressista
.
StampaQuotidiana ,
«
Paride
»
,
giudice
di
bellezza
in
una
lontana
stagione
di
Miss
Italia
,
non
mi
accorsi
di
Sofia
Scicolone
,
di
Sofia
Loren
.
Richiamato
a
darle
un
po
'
di
attenzione
dal
telegramma
di
un
vecchio
amico
,
alzai
gli
occhi
verso
di
lei
,
le
parlai
,
la
misurai
e
la
scrutai
attentamente
con
lo
sguardo
,
la
fissai
negli
occhi
,
vidi
-
bisogna
dirlo
?
-
le
sue
gambe
,
guardai
la
sua
bocca
,
chiacchierai
una
mezz
'
ora
con
lei
,
seduto
su
uno
sgabello
al
bar
del
grande
albergo
,
conclusi
l
'
incontro
con
questa
melanconica
e
frettolosa
considerazione
:
«
Ecco
un
'
altra
povera
ragazza
che
si
illude
...
»
.
Non
fui
il
solo
a
dire
di
no
,
sotto
al
velo
del
giudizio
segreto
,
alla
futura
Sofia
Loren
.
Disse
di
no
anche
un
altro
mio
amico
,
un
superesperto
in
fatto
di
selezione
di
belle
donne
,
un
«
tecnico
»
.
E
altri
dissero
di
no
,
finché
il
produttore
cinematografico
Mambretti
,
un
milanese
,
propose
una
soluzione
,
per
non
mandar
via
troppo
amareggiata
la
ragazza
napoletana
.
Coniò
un
titolo
di
«
Miss
Eleganza
»
e
propose
di
assegnarlo
-
quarta
in
graduatoria
-
alla
dolente
e
forse
segretamente
irritata
«
piccola
Sofia
»
.
La
signorina
Scicolone
ebbe
-
mi
sembra
-
in
dono
un
abito
da
sera
bianco
,
e
con
quell
'
abito
sfilò
quarta
sulla
passerella
di
Salsomaggiore
.
Se
,
a
qualcuno
,
capitano
sott
'
occhio
le
fotografie
di
quei
giorni
,
osserverà
che
Sofia
non
sorride
mai
:
che
ha
un
'
espressione
assente
e
,
in
qualche
fotografia
,
dura
e
contratta
.
Insomma
,
come
dicono
a
Milano
,
aveva
un
gran
«
magone
»
.
Oggi
chi
disse
«
No
»
Si
trova
nella
situazione
in
cui
si
trovarono
i
maestri
del
Conservatorio
di
Milano
quando
,
con
in
testa
il
maestro
Rolla
,
dissero
«
No
»
a
Verdi
che
chiedeva
di
essere
ammesso
e
,
a
titolo
di
consolazione
,
gli
consigliarono
di
studiare
ancora
,
privatamente
,
indicandogli
bonariamente
due
insegnanti
,
il
Negri
o
il
Lavigna
.
Una
mezza
offerta
di
tipo
«
verdiano
»
,
e
cioè
di
andare
a
scuola
,
di
studiare
da
«
privatista
»
fu
,
per
la
verità
,
fatta
anche
alla
signorina
Scicolone
,
tanto
per
darle
,
prima
ancora
che
fosse
emanato
il
giudizio
finale
,
un
«
contentino
»
.
Ma
fu
un
suggerimento
a
mezza
voce
,
quasi
perché
si
temeva
che
,
annusando
la
bocciatura
,
la
bella
ragazza
cominciasse
a
lagrimare
.
Ma
la
futura
Sofia
Loren
non
pianse
:
divenne
altera
,
sicura
di
sé
,
e
-
lo
dico
arrossendo
-
quasi
sprezzante
.
Si
capiva
che
si
tratteneva
solo
per
rispetto
dei
capelli
grigi
dei
due
giudici
che
le
stavano
di
fronte
.
È
più
che
legittimo
immaginare
che
essa
da
brava
napoletana
li
giudicasse
due
«
fessi
»
.
I
fatti
le
danno
ragione
.
Sofia
Scicolone
finì
il
suo
bitter
.
Ci
salutò
con
un
sorriso
smagliante
,
in
cui
palpitava
,
più
che
una
mondana
cordialità
,
una
specie
di
sfida
.
Io
e
il
«
tecnico
»
sorridemmo
:
e
poi
finimmo
,
fra
di
noi
,
a
sghignazzare
.
Credo
che
l
'
ascensore
del
Grand
Hotel
di
Salsomaggiore
tremi
ancora
per
il
nostro
ridere
convulso
,
per
il
nostro
ridere
spietato
.
Paride
I
e
Paride
II
dormirono
quella
notte
come
le
altre
notti
di
un
sonno
tranquillissimo
.
Il
nostro
giudizio
non
era
stato
incrinato
dal
minimo
dubbio
.
Il
«
tecnico
»
era
-
bisogna
dirlo
-
Remigio
Paone
,
che
pilotava
non
so
quanti
spettacoli
di
prosa
,
di
rivista
,
di
danza
:
che
partiva
ogni
settimana
per
Parigi
o
Londra
per
scegliere
,
con
occhio
infallibile
,
la
bellissima
fra
le
belle
;
che
era
allora
in
un
certo
senso
,
il
Re
delle
Bluebell
e
che
veniva
ricevuto
con
profondissimi
inchini
,
fra
spari
di
champagne
,
quando
si
presentava
al
Lido
di
Parigi
per
passare
in
rivista
le
ragazze
da
arruolare
per
gli
spettacoli
del
Nuovo
,
del
Lirico
,
del
Sistina
.
Lo
scopritore
di
Sofia
Loren
-
quello
che
aveva
mandato
il
telegramma
di
segnalazione
e
di
raccomandazione
ai
due
amici
-
era
un
uomo
che
ormai
da
molti
anni
si
vantava
solamente
di
essere
un
ottimo
pescatore
dilettante
.
Aveva
un
bellissimo
nome
,
aveva
alle
spalle
una
intelligente
dinastia
milanese
:
era
un
Ricordi
,
discendente
cioè
da
una
famiglia
di
scopritori
di
geni
musicali
.
Aveva
molto
viaggiato
,
aveva
condotto
una
vita
molto
elegante
.
È
probabile
che
Sofia
Loren
si
rammenti
appena
del
gentile
vecchio
signore
Alfredo
Ricordi
che
,
galantemente
e
paternamente
,
la
raccomandò
agli
amici
milanesi
Vergani
e
Paone
.
Chieda
,
Sofia
,
e
probabilmente
le
verrà
spiegato
che
fu
un
Ricordi
l
'
uomo
che
per
primo
fece
credito
a
Verdi
.
Alfredo
Ricordi
,
rimasto
vedovo
,
aveva
trovato
la
sola
consolazione
al
suo
dolore
nella
vita
di
mare
e
nella
pesca
;
vestiva
con
un
paio
di
pantaloni
da
marinaio
e
con
una
maglietta
da
ostricaro
.
A
Portofino
o
a
Cannes
non
parlava
d
'
altro
che
di
cefali
,
di
branzini
,
di
ombrine
,
di
pesci
-
cappone
,
di
sardine
,
di
triglie
,
di
polipi
e
di
murene
.
Era
,
bisogna
dirlo
,
un
caro
attaccabottoni
per
via
di
quella
sua
esclusiva
frenesia
per
la
pesca
.
Cercava
inutilmente
compagni
che
sfidassero
con
lui
le
notti
di
burrasca
o
che
lo
aiutassero
a
tirar
su
la
«
sciabica
»
.
Sofia
Loren
-
me
lo
sono
chiesto
sempre
-
si
ricorderà
del
caro
vecchio
,
un
po
'
picchiatello
che
spedì
da
Alassio
,
dove
,
non
potendo
più
affrontare
il
mare
per
l
'
artrite
,
viveva
in
un
appartamentino
con
le
finestre
aperte
a
tutti
i
venti
del
Tirreno
,
il
telegramma
che
ci
raccomandava
la
sua
«
scoperta
»
?
Noi
leggemmo
quel
nome
.
Scicolone
.
Le
ragazze
erano
già
sfilate
un
paio
di
volte
davanti
a
noi
.
Né
Paone
né
io
ci
ricordavamo
di
una
Scicolone
.
Con
il
vecchio
Ricordi
bisognava
però
essere
gentili
.
Non
buttammo
il
telegramma
nel
cestino
.
Cercammo
questa
Sofia
,
questa
Scicolone
,
nel
gruppo
delle
ragazze
che
,
aspettando
i
turni
di
chiamata
,
prendevano
al
bar
una
tazza
di
caffè
o
una
pastiglia
di
aspirina
.
Il
settembre
era
torrido
,
le
finestre
chiuse
per
tenere
lontani
i
curiosi
;
le
ragazze
stavano
tutto
il
giorno
in
costume
da
bagno
,
o
coperte
da
un
accappatoio
,
a
parlare
con
le
madri
o
con
le
amiche
.
Portavano
al
lato
sinistro
del
costume
da
bagno
un
distintivo
con
il
numero
di
iscrizione
.
Questo
numero
permise
a
me
e
a
Paone
di
riconoscere
la
raccomandata
di
Alfredo
Ricordi
,
vecchio
pescatore
malato
di
artrite
.
Sofia
si
era
accorta
della
nostra
manovra
,
dei
nostri
esami
da
lontano
,
del
nostro
bisbigliare
,
delle
occhiate
radenti
di
Paone
,
delle
mie
occhiate
furtive
dietro
agli
occhiali
.
Era
bella
?
Non
ci
parve
.
Prima
di
tutto
ci
sembrava
appartenesse
a
quello
che
i
nostri
padri
,
amici
delle
bellezze
floride
,
chiamavano
il
genere
«
pertica
»
.
Troppo
alta
,
troppo
magra
,
troppo
poco
donna
,
troppo
adolescente
,
ancora
male
impastata
:
e
soprattutto
«
troppo
bocca
»
.
Era
proprio
sulla
bocca
-
oggi
è
una
delle
più
famose
del
mondo
-
che
alle
nostre
occhiate
di
lontano
cascava
l
'
asino
.
Quale
poteva
essere
il
destino
di
quella
«
spilungona
»
?
Tutt
'
al
più
,
con
un
po
'
di
fortuna
,
quello
di
«
puntinista
»
,
di
ballerinetta
da
rivista
.
Toccò
a
me
avvicinarmi
alla
ragazza
dallo
strano
nome
.
Lo
feci
solo
per
rendere
una
cortesia
ad
Alfredo
Ricordi
.
Le
dissi
del
telegramma
,
le
offrii
di
avvicinarsi
al
banco
del
bar
per
prendere
un
aperitivo
.
Si
alzò
,
venne
avanti
,
sedette
su
uno
dei
suoi
alti
sgabelli
:
le
presentai
Paone
e
le
spiegai
che
si
trattava
di
un
celebre
impresario
teatrale
.
Sorrise
:
ma
era
evidente
che
non
l
'
aveva
mai
sentito
nominare
.
Parlava
con
un
accento
napoletano
degno
dei
dialoghi
più
stringenti
di
Peppino
De
Filippo
.
Cosa
aveva
di
bello
?
Non
glielo
dissi
:
aveva
delle
gambe
bellissime
,
ma
il
mio
elogio
non
poteva
soffermarsi
su
questi
particolari
anatomici
.
Non
sapevo
fingere
né
entusiasmo
né
esprimere
una
qualunque
promessa
.
Ma
probabilmente
mi
sarei
salvato
davanti
al
giudizio
della
posterità
proprio
per
via
di
quelle
gambe
.
Domandai
:
«
Le
piacerebbe
fare
del
teatro
dialettale
?
Penso
che
Paone
potrebbe
presentarla
a
De
Filippo
o
a
Taranto
...
»
.
La
ragazza
taceva
.
Io
guardai
ancora
quelle
gambe
;
dissi
:
«
Le
piacerebbe
far
della
rivista
?
Sa
cantare
?
Sa
ballare
?
Anche
se
non
lo
sa
,
non
importa
.
In
tre
mesi
,
Paone
potrebbe
farla
istruire
da
una
brava
maestra
.
Non
ti
pare
,
Remigio
,
che
si
potrebbe
cavarne
fuori
una
bella
subrettina
?
Se
dovessi
dire
,
in
passerella
la
vedo
,
la
vedrei
subito
...
»
.
Remigio
non
aveva
l
'
aria
molto
convinta
ma
,
per
non
contraddirmi
,
fece
un
gesto
di
assenso
.
«
Creda
!
-
continuai
-
sarebbe
,
un
primo
passo
...
Con
Macario
,
per
esempio
,
o
con
la
Osiris
,
una
piccola
scrittura
si
potrebbe
pescarla
...
»
.
La
ragazza
ci
guardava
senza
più
sorridere
.
Si
asciugò
con
il
mignolo
una
goccia
di
aperitivo
che
le
era
caduta
,
dal
bicchiere
,
su
una
gamba
e
si
pulì
il
dito
,
come
una
bambina
,
passandolo
sulla
bocca
.
Rispose
semplicemente
:
«
Teatro
?
No
...
Rivista
?
No
...
O
cinema
o
niente
...
»
.
Farfugliammo
qualche
parola
di
risposta
,
tanto
per
essere
gentili
.
Lei
ripeté
:
«
O
Cinema
,
o
niente
!
»
Ci
strinse
la
mano
,
ci
salutò
;
si
allontanò
sulle
lunghissime
gambe
,
sparì
verso
l
'
atrio
degli
ascensori
.
La
saletta
del
bar
era
deserta
.
Remigio
ed
io
sbottammo
a
ridere
sempre
più
fragorosamente
.
«
Hai
capito
che
presunzione
?
Cinema
?
Ma
in
questo
albergo
non
ci
sono
specchi
nelle
camere
?
Cinema
!
!
!
Con
quella
bocca
!
!
!
»
.
E
il
nostro
riso
si
faceva
addirittura
tonante
.