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Alberto Savinio ( Vergani Orio , 1953 )
StampaQuotidiana ,
Senza soffrire , nello spazio di una notte , Alberto Savinio si staccò dalla vita . Già un anno prima aveva avuto un duro ammonimento del male . Invece di riposarsi , ogni mattina dipingeva , ogni pomeriggio componeva musica , ogni sera scriveva . Pittore , musicista , scrittore , era andato così sempre nella vita emigrando da un nome all ' altro , da uno pseudonimo ad un altro pseudonimo , di arte in arte , di città in città , dall ' uno all ' altro continente della cultura e tanto e tanto avrebbe viaggiato nella sempre rinnovata geografia dello spirito . Alla mobilità del suo spirito , alla sempre rinnovata freschezza dei suoi interessi , al suo inquieto , estroso , ammiccante scandagliare fra i mondi dell ' immaginazione e fra quelli della cultura , corrispondeva un fisico da sedentario , da uomo di scrivania e di biblioteca , dall ' occhio assorto , dal gesto breve . Aveva viaggiato molto : ma tutta la sua arte era orientata sugli itinerari di quei viaggi che De Maistre chiamò autour de ma chambre . Il nome di « magia » è stato adoperato troppo , a proposito di certi aspetti dell ' arte moderna ; ma la camera nella quale idealmente dimorava Savinio meritava di esser definita come magica : di una magia senza ombre , senza polvere , senza mostri , fatta tutta di riflessi di cristallo messi a specchiare tempi lontani e nitidi presentimenti . Alberto Savinio - figlio di un ingegnere De Chirico che si era trasferito in Grecia , alla fine del secolo scorso , per costruire , se non sbaglio , il tronco della linea ferroviaria che collega il percorso dell ' Orient - Express con Atene - era nato ad Atene e il greco moderno era stato la lingua della sua infanzia . Tra i suoi progetti , mentre l ' età matura era raggiunta , c ' era stato quello di fare , nel 1951 , un viaggio in Grecia per ritornare , dopo più di mezzo secolo , sui luoghi dell ' infanzia . Il progetto non fu realizzato : la Grecia rimase , per Alberto , la lontana meravigliosa piattaforma dei ricordi di una infanzia contesa dall ' obbligatoria saggezza di un ragazzo che aveva il padre ammalato - il vecchio ingegnere era stato inchiodato in una poltrona da una paralisi - e che doveva scoprire il mondo delle favole , prima che nelle novellette dei fratelli Grimm o nei romanzi di Verne , nei racconti omerici . Non si vive impunemente ad Atene , andando a giocare da bambini sulle gradinate del teatro sotto all ' Acropoli o all ' ombra delle colonne del Partenone . La mitologia accompagnò per tutta la vita Savinio con la sua presenza e con la sua voce magica e solenne . Il Tempo , per Savinio , si chiamò sempre Cronos e la Sorte si chiamò Moira . Il sentimento metafisico di Giorgio De Chirico e quello surrealista di suo fratello Andrea che doveva emigrare a vent ' anni verso il nuovo nome di Alberto Savinio avevano come sfondo i miti o i riflessi di un ' Ellade dai silenziosi o inquietanti incantesimi . Nessuno dei due figli seguì la vocazione paterna , che era stata , come lo fu per molti solidi spiriti dell ' Ottocento , quella del costruttore . Nessuna opposizione venne fatta alle loro aspirazioni di artisti , per la protezione della madre che a Savinio doveva sembrare più tardi come un nume della Maternità . Io ricordo con quale placida eroica fermezza la madre di Giorgio De Chirico - carica di strani gioielli e vestita con abiti di austera dignità che sembravano quasi un costume , quasi una « divisa da madre » , seduta a vigilare fra i quadri della prima mostra della pittura metafisica di suo figlio Giorgio - ascoltava indifferente i visitatori ridere e sghignazzare davanti alle Muse inquietanti e ai Dioscuri che alla folla , nel 1917 , parevano l ' opera pittorica di un pazzo . Egualmente coraggiosa la madre era stata nell ' assistere l ' attività del figlio minore che si sentiva destinato alla musica , e , naturalmente , ad una musica tutt ' altro che facile . La signora De Chirico , con i suoi strani gioielli e con i suoi austeri abiti da pitonessa , era sempre in viaggio per vegliare su l ' uno o su l ' altro figlio : due ragazzi , due giovanetti privi , come si dice , di ogni senso pratico , portati qua e là nel mondo dell ' arte di prima della guerra per studiare pittura a Monaco nell ' aura di Boeklin o musica con Max Reger . Pianista di potenza quasi diabolica , talvolta Savino , nelle notti di Parigi o in quelle di Monaco , suonava sino a farsi sanguinare le dita , e la madre , vedendo le macchie di sangue sugli avori della tastiera , pensava , nel suo assorto silenzio : « Quel sangue è mio » . Musicista Alberto Savinio fu sino al 1915 , e cioè sino all ' età di ventiquattro anni , e tornò ad esserlo , per un rapido saggio , nel 1925 . Poi il silenzio musicale durò , per il pubblico , vent ' anni . Era diventato , intanto , scrittore , per aver conosciuto Guillaume Apollinaire : scrittore in lingua francese , come avrebbe potuto esserlo in greco e in tedesco , nell ' estremo tramonto di quegli anni antecedenti alla prima guerra mondiale che furono chiamati gli anni della belle époque ma durante i quali maturavano i germi creativi dell ' arte rivoluzionaria che prendeva il nome di cubismo , di futurismo , di dadaismo . Al futurismo , in ogni modo , Savinio non fu vicino : le origini della sua arte e del suo pensiero erano inserite in un ordine e in una meditazione di valore troppo spirituale , come il pensiero e l ' arte ellenici , perché egli si lasciasse abbagliare dalle formule di quell ' avanguardismo alla Jules Verne che era il futurismo di Marinetti , le cui formule estetiche del simultaneismo e del dinamismo nascevano , più che altro , da una ingenua fiducia nello scientificismo . Il futurismo credeva all ' energia come ad un fatto dinamico , muscolare , palesemente esplosivo : credeva nella deflagrazione , e non nell ' energia della meditazione . Savinio era uomo di letture profonde : era difficile convincerlo di mettersi in testa , come un casco , l ' imbuto di alluminio con il quale Marinetti intendeva coronare i poeti . Questo spiega perché egli si fosse subito , appena tornato agli studi al termine della guerra , schierato con gli scrittori della « Ronda » e perché non abbia mai desiderato di affermare , quando il surrealismo diventò una « scuola » , la paternità che gli spettava di tante invenzioni , scoperte , esplorazioni dell ' estetica surrealista in letteratura e in pittura . Scrittore italiano doveva diventare dunque nel 1916 , un anno dopo , rientrando in Italia per il servizio militare : e pittore doveva diventare , quasi da un ' ora all ' altra , solamente nel 1927 , emigrando nuovamente a Parigi . Sembrò che dimenticasse di essere stato uno degli scrittori più singolari e una delle intelligenze più inquietanti nel gruppo della « Ronda » . Per quasi dieci anni , fu solamente pittore . La lingua della sua vita quotidiana era diventato nuovamente il francese . Il suo linguaggio pittorico fu quello surrealista : e coglieva ogni possibilità per affermare di essere un pittore « al di là della pittura » . In un ' altra occasione ebbe a scrivere : « Le opere di Dürer , di Boeklin , di Giorgio De Chirico , mie , nascono prima di tutto come cose pensate . Portarle a una forma o dipinta o scritta è una traduzione ; una operazione " a scelta " . Io ho chiaramente sentito , ho chiaramente capito che quando la ragione d ' arte di un artista è più profonda , e dunque " precede " la ragione singola di ciascun ' arte , quando l ' artista , in una parola , è una " centrale creativa " , è stupido , è disonesto , è immorale chiudersi dentro ad una singola arte , asservirsi alle sue ragioni particolari e alle sue ragioni speciali . E ho avuto il coraggio di mettermi di là dalle arti , sopra le arti ... » . Quando , nel 1927 , un mercante d ' arte parigino , senza aver mai visto un quadro di Savinio , lo invitò a dipingere , gli trovò uno studio a Parigi , e gli assicurò uno stipendio iniziale , quel tale , probabilmente , intendeva creare « un caso » o un « doppio » di De Chirico , o mettere d ' accordo , su una piattaforma di puro intelletto , tutte le varie vocazioni di Savinio e trasferirle in una bizzarra sede pittorica . Probabilmente non sapeva che , così facendo , mentre De Chirico si preparava a rinnegare quasi la sua stessa pittura metafisica , Savinio avrebbe messo al mondo una prima esemplificazione del surrealismo . Il ricordo di Savinio non appartiene solamente alla storia dell ' intelligenza italiana delle ultime due generazioni : esso appartiene alla storia dell ' intelligenza europea . L ' apparente divagare di arte in arte fu , effettivamente , un continuo esplorare mondi espressivi nuovi nella luce di una intelligenza dalla intatta lucentezza : il suo emigrare continuo fu un approdare e conquistare continuo : nessun continente dell ' arte poté considerarlo mai uno spaesato . Le sue capacità tecniche , anche quando potevano sembrare acerbe , erano al servizio di un ' unità spirituale per la quale il pittore , lo scrittore , il diarista , il narratore di strane favole , lo psicologo , il musicista e lo scenografo avevano una assoluta coerenza di ispirazione .
MARGUTTE ( PIRANDELLO LUIGI , 1918 )
StampaQuotidiana ,
Ci vuol pure un bel coraggio a riprendere in mano e a riporsi sotto gli occhi certi libri , che furono in altri tempi serena delizia del nostro spirito , quando il mondo era a pochi pur questo , ma a tutti pareva un altro . Oggi , mentre in terra di Francia è tuttavia sospesa la gigantesca battaglia che dovrà decidere dei nuovi destini del mondo , rileggere ad esempio , in ottava rima , la parodia di un ' altra guerra di Francia : quella strepitosa di Carlo Magno e dei suoi paladini , quale a mano a mano nei cantari grottescamente serii dei cantastorie di piazza s ' era venuta camuffando . Aveva la corte borghese di Lorenzo de ' Medici il gusto di siffatte parodie . E Dio sa con che cuore il suo cortegiano , che aveva " di ridere gran voglia " , ma a un suo melanconico modo fuor d ' ogni grazia divina , dico Luigi Pulci , Dio sa con che cuore in presenza di quella pia donna che fu Lucrezia Tornabuoni , si faceva la croce principiando a modo di quei cantastorie ogni nuovo canto del suo Morgante . E Roncisvalle pareva un tegame Dove fusse di sangue un gran mortito ... Ma pure in quei tempi , a prestarci un po ' d ' attenzione anche di tra il folle tripudio di quei grassi carnasciali fiorentini , venivano in piazza certe crude verità tragicamente mascherate in mezzo ad altre maschere più sconce che gaje . E non fu mai veramente senza profitto in ogni tempo il riaccostarsi anche per poco ai poeti maggiori e più vivi di nostra gente , e specie a quelli che più pajono trattar col riso la materia della loro poesia . Tutt ' a un tratto , di tra il riso , quando meno ce l ' aspettiamo , questi burloni pongono innanzi al nostro innocente e ozioso diletto certi specchi , che l ' espressione del piacer nostro improvvisamente si rassega in una smorfia dolente e sguajata , e di subito il riso ci si cangia in veleno . Ma come ! Ci pareva d ' esser tanto lontani dalla serietà ! ci pareva che il poeta scherzasse così svagato e alieno ! E intanto ... Oh guarda ! Ma sicuro , questo Morgante ... questo Margutte ... Come non ci avevamo pensato ? Ma sono proprio le due facce del popolo ! La faccia buona e la faccia trista : il grosso buon popolo , credulone e badiale , generoso e forte , che si converte senza starci a pensar due volte a ogni buona causa e s ' arma come può , anche d ' un battaglio di campana , e si gitta tutto alla buona impresa ; e il popolo che perde ogni fede e a un certo punto s ' arresta e s ' intozza e s ' ingaglioffa , abbandonandosi tutto ai suoi più bassi istinti : Il mio nome è Margutte , Ed ebbi voglia anch ' io d ' esser gigante , Poi mi pentii quando a mezzo fui giunto : Vedi che sette braccia sono appunto . A mezzo ? Quando ? Eh , quando ... Lo sappiamo bene noi adesso il quando , il come , il dove , il nostro popolo che si era partito per diventar gigante , armato improvvisamente della sua fede e della coscienza di tutti i suoi più sacri diritti , minacciò di fare il groppo a sette braccia appunto come Margutte . Fu un attimo di follia , uno smarrimento , ed è proprio inutile parlare a Luigi Pulci adesso di Caporetto ; tanto più che è certo ormai che Margutte non prevarrà . Ma non invano per tant ' anni s ' insegna al popolo che il tabernacolo ov ' è custodito il vera Dio da adorare è la pancia , e che son tutte superstizioni e trappole tese dai lupi agli agnelli le idealità finora ritenute sante . Il popolo fa presto a imparare : Io non credo più al nero ch ' all ' azzurro Ma nel cappone , o lesso , o vuogli arrosto , E credo alcuna volta anche nel burro : Nella cervogia e quando io n ' ho nel mosto , E molto più nell ' aspro che il mangurro ; Ma sopra tutto nel buon vino ho fede E credo che sia salvo chi gli crede . E a snocciolarti il rosario dei fegatelli : Del fegatel non ti dico niente : Vuoi cinque parti : fa ch ' alla man tenga ... E così fu che tutt ' a un tratto il buon Morgante , quando ben undici vittorie gli davano il diritto d ' aspettarsi l ' ultima che gli desse il premio di tutte , se lo vide venir « di lungi per ispicchio » , Margutte , quella volta . Sobbalzò tutto il buon gigante , allora , e Dette del capo del battaglio un picchio In terra e disse : Costui non conosco ! Ma sì che si conosceva , per dir la verità ; e ben poco , ahimè , s ' era fatto per scacciarlo di là , dove così anche per ispicchio s ' era insinuato . Ma queste ormai sono inutili recriminazioni . Non lo abbiamo fatto prevalere , Margutte , che se Dio vuole , dopo questa gran prova , non prevarrà mai più . Che se per disgrazia poi , non più certo durante la guerra , ma dopo , dovesse inopinatamente prevalere , io dico che non c ' è da disperare . Perché i giganti come Margutte , che giunti a mezzo si pentono , nati tra mitere e tra gogne , Come tra '1 bue e l ' asin nacque Cristo ; nati tra i capestri e tra le scope , c ' è questo di buono , che basta poco , la vista degli sciocchi lezii d ' una scimmia che si metta e si cavi un pajo di stivali , a farli non già per modo di dire , ma realmente crepare dalle risa . E scimmie , per la salute nostra , non mancano oggi in Italia , e possiamo confidare che non ne mancheranno neanche domani . Ne conosciamo tante ! Grosse scimmie politiche , uranghi e scimpanzè , che davvero non hanno fatto mai altro che offrir lo spasso di calzarseli a tempesta , certi stivali , per esser pronti all ' occasione , e di buttarli via subito , come l ' occasione veniva a mancare , salvo a ricalzarseli domani ! Che spettacolo di leva e metti , durante le angosciose vicende di questa lunga guerra , in quel grosso gabbione di Montecitorio ! Margutte n ' è già crepato dalle risa . E io vi dico che non uno solo , ma cento ne sarebbero crepati , non per lo spettacolo offerto da questo o da quel gruppo di scimmioni , ma cento Margutte per uno scimmione solo . Per quello che dentro il gabbione l ' ha voluta sempre , e poi , fuori , a quattr ' occhi , non l ' ha voluta mai ; per quello che , viceversa , dentro il gabbione non l ' ha voluta mai , perché , Dio mio , questo stivale che è l ' Italia , questi stivali che sono le patrie , è tempo di buttarli via , per camminare tutti fratelli scalzi per le vie del mondo , che è uno di tutti senza confini ; e che all ' ultimo , ecco qua , sissignori , ha dovuto calzarselo anche lui , questo povero stivale che è l ' Italia , poiché i fratelli di Germania e d ' Austria , i fratelli bulgari e turchi non l ' hanno mica buttati via i loro grossi scarponi ben chiodati e imbullettati , e son qua , dentro casa nostra , tutti ancora ostinati a schiacciare i piedi a chi voleva restare a piedi nudi . Caro grosso amletico barbuto scimmione ! Il buon popolo Morgante t ' ha battuto le mani , e a Margutte , vedi ? è bastato l ' insolito gesto improvviso di vederlo calzare anche a te , questo vecchio stivale d ' Italia : è crepato . Fa ' che non rinasca per te , domani . Ma se pur dovesse rinascere , ripeto , non disperiamo ! Può ben Margutte , finito lo spettacolo di Montecitorio , crepar dalle risa per altre scimmie e per altri spettacoli . Vi dico che non ne mancano e che non ne mancheranno . Quanti cari scimmiotti , quante care scimmiette , ad esempio , in letteratura ! E anche qui gruppi e gruppetti , raccolte e raccoltine di scimmiottini nuovi , che han trovato , o credono di aver trovato , una nuova maniera di smorfie , una nuova maniera di muovere a balziculi verso la gloria di un ' arte nuova , che dev ' essere in tutto e per tutto loro particolar fatica . Ora si spulciano coi denti tra foro a vicenda ; ma ahimè , han così poco sangue , che non bastano neanche a nutrire le loro pulci ; e spoglie esangui di pulci , che a schiacciarle su un ' unghia non farebbero neanche botto , si cavan dunque dalle loro secche testoline , con le due mani davanti e coi denti , coi denti , affannosamente . E altri scimmiottini , più vivaci e impudenti , eccoli là in fila agli anelli volanti ; e altri più timidi e irrequieti , eccoli qua a sfregolarsi alle sbarre delle gabbiole della loro impotenza , innanzi alle balie e alle ragazzine , e a piscicchiare poi in un angolo , in schizzetti disperati , gli spasimi delle loro velleità insoddisfatte . E guardate questo cercopiteco , che doveva nascer prete , con che aria e con che passo cerca d ' accostarsi e di entrare in quelle gabbiole . Ma nessuno lo vuole . Peccato ! Le saprebbe cercar così bene , lui , le pulci , di quelle che fanno il botto ! Ne ha trovate già due o tre di buon sangue rigeneratore , in capo a qualche scimmiotto maligno , di questi nuovi che nessuno ancora conosce . Voi credete che Margutte , così tutto intento com ' è alla pancia e voglioso di grossi bocconi , non potrà mai accorgersi , per quanto aguzzi gli occhi porcini , di questi così piccoli e magri scimmiottini della nuova letteratura ? Io vi dico ancora una volta di non disperare , perché qualche scimmiotto un po ' più grosso c ' è pure che fa tutte le buffonerie possibili e immaginabili per mettersi in mostra ; mangia morti e vivi , come se fossero mele , e ve li risputa a pezzi in faccia ; morde , quand ' altro non può , anche a sé stesso la coda ; ed ha un così svergognato coraggio di mettersi a fare innanzi al pubblico tutte le sue porcherie , che non è possibile Margutte oggi o domani non lo scopra .
Scala ( Vergani Orio , 1952 )
StampaQuotidiana ,
La sala non è al buio . Sei grandi lampade pendono sull ' orchestra , e la loro luce arriva , degradando , sino in fondo alla sala . Ricordo questa sala distrutta , aperta alla neve , alla pioggia , al vento : e il color nero delle grandi travi carbonizzate : le finestre dei palchetti vuote sulla vasta voragine muta . Ricordo , di quei giorni , di quei funesti inverni , il silenzio di Milano nelle piazze e nelle vie intorno : i passanti rari , i volti chini , le guance pallide : la città macilenta , quasi senza voce , vuota di ragazzi : Io stillicidio dell ' acqua in questo grande cortile da tragedia shakespeariana nel quintuplo giro dei palchi : le porpore stinte : i carboni e la cenere mescolati ai cristalli : l ' oro infamato dal fango . Nel nome di Toscanini , e cioè nel nome della musica italiana , la sala è stata la prima a risorgere . È lì , ancora , oggi come tanti anni fa - come cinquantaquattro anni fa , quando il Maestro salì sul podio per la prima volta a dirigere i Maestri cantori - Toscanini è saldo ; tiene le redini dei poemi musicali in pugno , come gli antichi aurighi nel bronzo greco . È entrato per la prova generale , e , come lui vuole , nessuno ha applaudito . È passato dietro alla prima fila dei violini , è sul podio , volta le spalle alla platea : davanti non ha il leggio : e bisogna indovinare il raccoglimento , la profondità , la fissità , la mobilità del suo sguardo che , adesso , spazia solamente sulle misure della musica . Io , più fortunato o più indiscreto degli altri , sono andato avanti , in un angolo della quarta fila , e ho , dietro a me , un grande spazio vuoto . Oltre che sentire , oggi voglio « vedere » Toscanini . Non voglio ripetere la frase di Emilio Zola che , quando fu a Roma per scrivere Roma , dopo aver visto il Pontefice tornò in albergo e , seduto a tavola , disse alla moglie , soddisfatto : J ' ai mon Papa ... Ma , di « tre quarti » , ho il « mio » Toscanini . Vedo i suoi capelli bianchi , argentei , folti e mossi sulla nuca . Trovo un ricordo antico , uno dei più lontani ricordi d ' infanzia : il ricordo di un bambino accompagnato per mano a vedere San Petronio , a Bologna . Mi sembra di sentire ancora la stretta improvvisa alla mia mano di bambino . Mi dice la voce di un caro vecchio rotta dall ' emozione : « Guarda là ! ... Guarda là !...» Aiutano qualcuno a salire su una carrozzella : non vedo bene , e non capisco perché mi si inviti , con così brusca commozione , a guardare . La voce vicina a me dice : «Carducci...» . La carrozzella si muove con il suo passeggero che ha in testa , mi sembra , un corto tubino . Di quel passeggero non vedo che i capelli bianchi , argentei , folti e mossi sulla nuca . È un momento , e la carrozzella scompare . Ho visto í capelli bianchi di Carducci . Guardo , adesso , e li trovo simili a quelli del poeta , i capelli bianchi del Maestro . Ogni tanto egli china il capo , quasi toccando con il mento il petto . Vedo , di scorcio , la « rupe » della fronte , sfiorata dalla luce ; il modellato delle tempie e dello zigomo , in ombra . Non esiste più un Vincenzo Gemito per scolpire , così , di Toscanini un ritratto come quello di Verdi . Penso ai capelli bianchi di Verdi . Toscanini non è un uomo vecchio : non sarà mai un uomo vecchio : è un uomo « antico » , modellato in qualcosa di incorrotto e senza tempo , come si può pensare che , anche giovani , fossero taluni geni rupestri , come Michelangelo ; uomini fatti per vivere fra le rocce , come le aquile . Chi ha mai pensato di contare gli anni di un ' aquila ? Le aquile non vedono incanutire le loro penne . Hanno gli anni del loro volo . La sala tace . Mille , millecinquecento persone sono state « segretamente » ammesse ad ascoltare la prova . Il Maestro non ha negato questo dono . Gli basta che la gente taccia . Laggiù , lassù , intorno , nei nidi dei palchi , nelle logge delle gallerie c ' è un pubblico che amo . Se fra cent ' anni un regista comporrà un film dedicato a Toscanini e alla sua vita , non dimentichi questa scena e queste « masse » . Ci sono gli intenditori , i musicologi , i musicisti , i « toscaniniani » . Mi permetto di consigliare il regista a non dar loro importanza , in questa scena . Si ricordi , invece : dei ragazzi e dei vecchi : chiami a raccolta , per il suo film , a voler rifar la scena d ' oggi , molti ragazzi e molti vecchi : gente che domani non troverebbe posto , vecchi che , a insinuarsi nel « tutto esaurito » di un grande concerto , « non si fidano » , perché hanno il peso degli anni , gli acciacchi , la difficoltà di sedere e di respirare tra la folla , il pudore di mostrarsi , tra la folla , presi dalla commozione e forse , dalle lagrime per l ' onda dei ricordi . Gente più che anziana : una toccante visione : gli ottant ' anni non si contano : le novantenni , che si sono messe in ghingheri e sono venute avanti sostenute dalle figlie e dalle nipoti , non si contano . Occhi e cuori che ridanno la scalata al tempo , che passano a guado la fiumana dei ricordi di mezzo secolo , ai tempi delle prime di Otello - mi hanno detto - ai tempi in cui si combatteva « contro » la musica di Wagner . Vecchie , canute , tremolanti signore alle quali , cinquantaquattro anni fa , il giovane maestro di Parma ha insegnato che non era giusto sospirare solamente per i tenori , ma che si poteva sospirare per Sigfrido e riconoscersi nel lamento amoroso di Isotta . Sono venute fuori dalle loro case pomeridiane , ringraziando la giornata mite : trattengono i colpi di tosse . Nell ' ombra dei palchi asciugano una lagrima del 1898 . Regista : non dimenticare i ragazzi . Ce ne sono di quindici , di diciotto anni ; ma , stranamente , hanno quasi tutti un viso , una compunzione , una espressione da attesa di prima comunione o di cresima . Hanno diciotto anni : ma Toscanini ha la virtù di riportarli all ' emozione delle favole , delle fate e dei maghi . Straordinario nonno , Toscanini : i ragazzi sembrano , nella penombra della sala color di porpora , seduti al focolare . Regista , non dimenticare che quest ' ora non è « mondana » : ma , affollata di vecchie nonne e bisnonne e di nipoti e pronipoti , dà alla sala scaligera il colore , il mormorio , la fiducia proprio dei vecchi focolari . Una mano guida la straordinaria favola . È la destra che ne distribuisce i personaggi e i sentimenti , l ' onda dell ' amore , dei dolori , del compianto , della stupefazione : che fa entrare le voci dei lunghicriniti eroi , sorregge pilastri , cupole , cieli , cattedrali arboree , rocce , e chiama le nuvole , e accende le stelle , e volge il corso delle comete : è la sinistra che fa passare sui volti e sulle cose il soffio tiepido o arroventato della vita , e dice al canto : « Ama ! » , e dice al canto : « Fremi ! » . Romantiche mani che nei coni di luce si illuminano : pronte al gesto del dominio e all ' impeto squassante , come , per prendere la tragedia per la gola e dirle : « Piegati : sei mia ... » : pronte alla carezza più sottile , come se insegnassero ai suoni più gracili ad alzare le palpebre fiduciose e a mostrare i loro sguardi di bambini : pronte all ' eloquenza concitata , pronte a dividere il Creato in due ; da una parte la luce , dall ' altra l ' ombra : pronte a riportare leopardianamente la quiete dopo la tempesta , e a dividere fronda da fronda nella foresta stillante di perle per scoprire il nido degli usignoli . Mani che implorano : mani che comandano : e il gesto ha l ' imperio di quello con il quale Padre Cristoforo fece tremare il cuore del malvagio . Mani che insegnano il sospiro e la preghiera , il gesto delle supplici e quello della consolazione : e aprono le porte di bronzo attraverso il cui spiraglio si indovina l ' aldilà . Si muovono , come quelle di un magico tessitore , sul telaio dove si tessono i sogni : come penso si muovessero quelle di Tolstoj quando faceva scendere l ' amore nel cuore di Natascia , o quelle , forti , di Wagner , quando batteva sull ' incudine l ' acciaio della spada .
GIOVANNI CENA ( PIRANDELLO LUIGI , 1918 )
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Volle concludere in bontà . A un certo punto non scrisse più , ma visse la sua poesia . La visse , non forse perché non poteva più scriverla , ma perché l ' animo con cui l ' aveva scritta , a poco a poco , dalla sua stessa espressione e dai modi conclusivi del suo esprimersi doveva esser condotto a stimare men superfluo , ormai , e più naturale dare esempio di vita alla sua voce , prova di fatto alla sua parola , spogliandosi dell ' ultimo interesse della bellezza per entrare nell ' assoluto disinteresse della bontà . Il nucleo chiuso della sua dura e travagliosa individualità artistica , pur senza aprirsi , pur senza allargarsi , s ' era a mano a mano stemperato di quegli egoismi personali , che avrebbero potuto dare ancora valore espressivo e rilievi caratteristici alla sua poesia : non era più un dolore , era il dolore ; non era più una vita , era la vita ; e quello stesso amore , mal posto , era ai suoi occhi buoni l ' amore , il premio dolce e supremo . L ' ultimo suo libro Homo è tutto composto infatti di ultime e nude parole per lui essenziali , nella forma poetica più essenziale : il sonetto : cento sonetti che han l ' aria di cento iscrizioni lapidarie su cose e sentimenti eterni : la vita , la morte , il mistero , la natura , l ' umanità . Non gli restava più , oramai , che ritornare con le parole che aveva dette a coloro dai quali era uscito : ai contadini , per insegnar loro a scriverle e anche a viverle , com ' egli le aveva scritte e vissute , le parole che aveva dette . Ed ha veramente il valore di sacra fatica , che ha una goccia di sudore su la fronte d ' un contadino , ognuno dei quattordici versi di quei cento sonetti : fatica feconda e fecondatrice . Parecchi di essi attingono una bellezza assoluta e imperitura .
Arturo Toscanini ( Vergani Orio , 1957 )
StampaQuotidiana ,
Si è fermata , dunque , la mano del grande Maestro . Cerea , bianca , la destra si è incrociata con la sinistra sul petto , nel gesto dell ' ultima pace . Il grande vecchio è immobile , al centro dell ' immenso segreto dell ' aldilà . Egli non può più dire nulla , gli uomini non conosceranno più le vie meravigliose della magica memoria , i battiti infallibili di quel cuore carico della musica di tutti i tempi . Musica eri giovane per lui , e lui era giovane per te . Quella che si chiude è una lunga , incantatrice storia d ' amore . Amore era la musica di Toscanini . Ancora tempo fa , dissero , egli leggeva Leopardi e qualcuno pensava di donargli , dei Canti , una stampa che non affaticasse , nella notte , i suoi occhi già tanto stanchi . Non è tutto amore Leopardi , pur nella sua sconsolata angoscia ? Amore il sospiro per Silvia , amore l ' appello alla Luna , amore il pianto per la melanconica ginestra , amore l ' ascoltare la nota del passero solitario , la nota che scende dal silenzio della torre antica . Amore era la musica di Toscanini nell ' aurora serena e nella tempesta notturna , nel sospiro e nell ' inno , nell ' elegia e nel peana ; amore nella grazia , amore nell ' ira , nel sangue della tragedia , nella luce argentea della favola lunare , tra le rupi e le fiamme . Egli , per questo amore , riportava tutto alla legge prima : quella dell ' amore attorno a cui tutto il mistero del creato si volge , « sì come ruota che egualmente è mossa » . Aveva quattordici anni quando morì Wagner , trentadue quando chiuse gli occhi Verdi , cinquantasette quando scomparve Puccini . Da tanti anni durava dunque la sua solitudine e , in questa immensa solitudine , conscio di stare come una rupe salda in mezzo ad un mondo in naufragio , egli non viveva che per far rivivere i grandi spiriti . Per questo , forse era così esigente il suo spirito mistico di musicista , per questo il teatro o la sala dei concerti erano la sua chiesa , per questo egli esigeva che gli ascoltatori avessero , soprattutto , l ' animo dei credenti . Questo suo intendere l ' esecuzione musicale come un fatto mistico non era un atteggiamento letterario : nasceva probabilmente dalla coscienza di essere l ' interprete di una superiore misteriosa volontà : di quella volontà che , in un mondo di nebbie , di incredulità , di dubbi e di lento annichilimento della grande civiltà delle anime , faceva , a un suo cenno , risorgere i grandi spiriti che avevano amorosamente o tempestosamente cantata la poesia estrema di un mondo che ormai non sapeva più rinnovare i valori della poesia . Il destino aveva voluto ch ' egli fosse l ' ultimo nocchiero di quella nave che aveva percorso tutti gli oceani del canto : ch ' egli fosse l ' ultimo a levare le sue vele e a drizzare il suo timone . Interprete di un mondo immortale i cui semidei si erano spenti senza eredi , egli , di quei semidei , per sorte aveva dovuto essere il grande evocatore . Tutti morti , i geni , alle sue spalle . Da quanti anni , da quanti decenni si poteva pensare che Toscanini si guardasse sconsolatamente attorno , solo vivente , in attesa di uno da chiamare fratello ? Da quanti anni viveva solo tra prodigiosi spettri , in un ' arte che non riusciva più a rinnovare i propri miti e che , paurosamente , se pur viva fra i suoi Immortali , era tutta ormai solamente Passato ? Di qui la necessità di un ' istintiva convinzione mistica : il suo rigore quasi di sacerdote davanti alla necessità di ricreare ogni volta il miracolo non di una esecuzione , ma di una resurrezione : le sue ire procellose per la minima cosa che gli potesse sembrare errore od offesa all ' Idea e al Tempio : il suo dubbio costante e le sue affermazioni , ad un certo momento , dogmatiche ; la sua instancabile attenzione nel migliorare se stesso , per chiarire sempre meglio a se stesso il mistero musicale ; il suo intendere il teatro come un tempio e il podio come il gradino dell ' altare . Solamente perché gli era possibile di rinnovare così il miracolo della resurrezione dei grandi spiriti , egli non fu vinto mai dall ' angoscia della solitudine in un mondo nel quale , ormai , sembrava che la musica sorgesse solamente dai grandi Sepolcri . Così , perché per la magia di un cenno , per l ' improvviso battere concorde dei cuori , per l ' improvviso eguale respiro di due anime , i grandi spiriti si risvegliavano in lui , egli , con tali antichi fratelli accanto , da Beethoven a Verdi , poté non sentirsi solo nel mondo che si svuotava di canti , e poté , con tali fratelli accanto , per essi vivere così a lungo . Mancate le forze per ripetere ogni giorno la grande evocazione , era destino ch ' egli non potesse più vivere . Interprete sommo d ' ogni musica , la forza del suo genio vivificatore doveva far di lui , nel mondo , l ' estremo e maggiore rappresentante del genio musicale italiano . Egli era infatti della razza dei geni italiani , nati e cresciuti nella semplicità , anche se sapientissimi : nati in obbedienza ad un estro , ad un intuito , ad un istinto poetico . Stendhal si sarebbe incantato per lui con lo stesso felice incantesimo che l ' aveva avvicinato a Rossini . Toscanini era fatto per riconoscere sempre la via più breve per percorrere qualunque labirinto . Nato in un paese dove gli inverni sono nebbiosi e dove erano fiochi , al tempo della sua adolescenza , i lumi per le strade , all ' ombra dei giganteschi palazzi incompiuti di Parma , e sulle rive tenebrose del torrente alla cui rapinosa voce invernale fra i ciottoli sotto alla Pilotta dei Farnese sembra aver pensato Verdi per il quarto atto del Rigoletto , Toscanini era abituato a non sbagliare mai strada anche nel fitto delle partiture più buie . Il suo genio si chiamava chiarezza : entrava nei capolavori non di fianco , ma dall ' alto , quando , come vista verticalmente , la loro topografia gli aveva rivelato i segreti del buon orientamento . Si può dire che , allora , egli calasse , piombasse sul capolavoro con l ' infallibilità di un falco . Di tutti i popoli del mondo , l ' italiano è quello che più ha amato l ' ordine : altrimenti non sarebbe stato un popolo di grandi architetti , e i suoi poeti non avrebbero creato ed amato la disciplina musicale del sonetto . Intendere l ' ordine segreto , le segrete misure , i rapporti di temi e di cadenze di una musica apparteneva all ' intuito architettonico e musicale degli italiani , inventori della terzina e del sonetto , dell ' endecasillabo e dell ' ottava , dell ' arco , del portico , del chiostro , della basilica e della cupola , del duetto , del quartetto , del « concertato » , della polifonia . Si trattava , per Toscanini , prima di tutto di scoprire e di ridisegnare e di riplasmare una architettura : poi , di farvi vivere dentro uno spirito e cantare una anima . Era il momento in cui egli soffiava il suo stesso spirito sulla bocca del colosso . Il gigante si risvegliava e lui gli diceva : « Cammina e canta ... » . Così , in mezzo alle partiture più rupestri e più selvose , egli andava dritto , come un rabdomante , a scoprire l ' essenziale , e cioè la sorgente del canto : e non per nulla , come esecutore di musica , egli veniva dalla grande famiglia degli archi , antico suonatore di violoncello , lo strumento che di tutti ha la voce più umana . Da quel momento egli camminava , infallibile , in cerca dell ' umanità del canto ; il poema sinfonico più folto doveva aprire il suo intrico contrappuntistico , la foresta doveva schiudersi , la luce trovare la sua strada , il cuore la sua voce . « Non abbiate paura di cantare ! » , gridava il vegliardo ai violini . Il canto voleva dire chiarezza sulla ormai ineluttabile strada della poesia . Calato sul capolavoro dall ' alto , egli , ormai , non doveva assediarlo e penetrarlo e illuminarlo dall ' esterno . La sua creazione cominciava dall ' interno , dal nido più segreto della foresta , dalle radici vitali , dall ' humus della sua fecondità . Il capolavoro rigerminava per lui : e sotto al suo cenno rinascevano le grandi querce , risorgevano le cattedrali , salivano al cielo le cupole delle basiliche . Ogni vastità polifonica , ogni ampiezza di affresco sonoro , ogni impeto ed ogni squillo erano adesso possibili , ed ogni murmure e ogni tremore stellare di note . I Personaggi , Otello e Sigfrido , Wotan e Lucia , Figaro e Brunilde , Mimi e Parsifal , potevano , ora , avanzare al proscenio . Era il momento in cui l ' umanità poteva finalmente entrare , ad un cenno del maestro , per la grande porta , quella per la quale passa la sua estrema espressione : la poesia . Grigio e molte volte disperato è stato il nostro tempo , amare le nostre vicende , infelice per tante voci la generazione di noi che , nella sua piena maturità , lo udimmo appena fanciulli o giovinetti : ma anche per noi delle ultime generazioni una luce veniva , una luce è venuta da quelle mani , ora ferme e incrociate nell ' atteggiamento dell ' ultima pace . Il nostro cuore è stato preso fra le mani di questo grande vecchio italiano che di Verdi poteva essere considerato spiritualmente , il figlio . Egli veniva dal Grande Tempo : era nato nella Grande Stagione , quando non si pensava ancora che per il canto fosse iniziato il mesto Autunno e tutto pareva ancora un rigoglio primaverile di spiriti . Egli veniva dalla riva delle Grandi Speranze , e ci ha aiutato a credere ancora nella Speranza e a riconoscere le anime che indicano l ' immortalità della bellezza e della poesia . Confortatore , illuminatore , sacerdote musicale di quattro generazioni , a lui , nella cui musica tante volte segretamente anche noi ci siamo sentiti purificati come , in una confessione , va il pensiero , come nella invocazione verdiana . Va ' dunque , pensiero degli italiani , verso il caro grande vecchio muto e solo , verso quel volto chiuso nell ' ultima maestà , immobile al centro dell ' immenso segreto dell ' aldilà .
INIZIO DI BATTAGLIA ( GATTI ANGELO , 1914 )
StampaQuotidiana ,
22 agosto . Da avant ' ieri si sono riaccesi i combattimenti su tutta la fronte degli eserciti , nel teatro occidentale della guerra europea . Ma non il solo ricominciare di essi fa credere che la grande battaglia sia iniziata . Già otto o dieci giorni or sono erano avvenuti altri scontri , e assai sanguinosi : e pure si era capito che costituivano soltanto semplici combattimenti d ' avanguardie o di corpi distaccati . Preannuncia ora la lotta suprema il ripetersi , con forze maggiori , delle mosse che erano già state tentate dai combattenti quasi negli stessi luoghi con gli stessi scopi . Si capisce che , soltanto per preparare il tentativo supremo , si ripete oggi quello elle ieri si era provato , senza preoccuparsi di cercare il nuovo , pur di ottenere lo scopo . Da che cosa dipende questa mancanza di nuovi brillanti disegni di operazioni ? Non si è potuto , data la mole degli eserciti , cambiare i piani ? Si è riconosciuto che meglio vale insistere in un disegno , anche se in parte svelato , piuttosto che tentare d ' improvvisarne altri ? Forse , le due necessità si sono imposte insieme ai tedeschi e ai francesi . La battaglia si avvia lentamente ; assai probabilmente si svolgerà a lungo , in molte lunghe giornate ; finirà forse pure lentamente , per esaurimento . Molti saranno i rivolgimenti e le mutazioni per cui passerà , e il risultato non sarà conosciuto , forse , che qualche giorno dopo che le armi avranno taciuto . Gli episodii , e , più ancora , il risultato , faranno dimenticare i segni con i quali essa si è iniziala . Ma , per poterci rendere conto un giorno dei suoi effetti , è necessario fissare bene i segni stessi ora , mentre li vediamo nitidamente , non turbati dalla fortuna o dagli errori degli uomini . Quale dei due avversari si presenta oggi alla battaglia in condizioni strategiche , cioè di concezione , migliori ? Riassumiamo la situazione . Scendendo da nord a sud , i due eserciti sono così dislocati . Nel Belgio , i tedeschi hanno raggiunto la linea Dinant - Neufchâteau : più a nord di Dinant la loro cavalleria ha spazzato il paese ed è entrata in Bruxelles : più a sud di Neufchâteau fronteggiano i francesi . Questo significa che , per quanto riguarda gli alleati , l ' esercito belga , battuto o no , è stato staccato dal franco - inglese , ed è in ritirata , voluta o imposta , su Anversa ; che le piazze forti di Liegi , Huy e Namur , senza la guarnigione mobile elle forma la loro forza viva , sono state mascherate da poche truppe e sorpassate ; che l ' azione dei franco - inglesi non si è ancora sviluppata contro gli avversarli . La destra tedesca avanza contro il fianco sinistro francese , e , con obiettivo assai più lontano , contro Parigi . Al centro , nella Lorena , i tedeschi sono appoggiati alle fortezze di Metz e di Strasburgo , ed hanno finora quasi dappertutto respinto i francesi , infliggendo loro perdite abbastanza gravi . Ma ieri i francesi pare siano riusciti a sboccare nella regione Delme - Morhange - Finstingen , sulla linea di comunicazione fra Metz e Strasburgo . Poiché la regione di Morhange , non più larga di 35 chilometri , è boscosa ed acquitrinosa , e quindi di assai difficile passaggio , il vantaggio francese è lieve : si può ritenere che qui i due eserciti si bilancino . A sud , i tedeschi , cedendo sotto l ' avanzata francese , si ritirano dall ' Alsazia meridionale verso Strasburgo . L ' esercito repubblicano ha ottenuto fino ad oggi nell ' antica provincia francese i maggiori vantaggi della campagna , occupando la linea Schirmeck - Gebweiler - Mulhouse - Dannemarie e i passi dei Vosgi . Esso è laggiù veramente e risolutamente penetrato in territorio nemico . Attorno alle truppe francesi e tedesche che si fronteggiano quasi immobili nella Lorena , le due lunghe linee combattenti stanno dunque girando come attorno ad un perno ; la linea tedesca , avanzando la destra e ritirando la sinistra , la franco - inglese tenendo indietro la sinistra e avanzando la destra . Il movimento è simmetrico : nei tedeschi più grandioso , nei francesi più risoluto . L ' offensiva tedesca offre due caratteri principali : di schierare molle forze contro la parte più debole della linea fortificata della frontiera francese , e di aprire a queste forze la via più diretta su Parigi . L ' insistenza dei tedeschi nel tentare il passaggio per il Belgio è comprensibile . Sboccando di qui , e dal Lussemburgo , si evita la terribile linea fortificata della Alosa , fra Toul e Verdun . Questa linea non è soltanto poderosa , ma sorge quasi alla frontiera : trattiene quindi l ' esercito che la deve assediare lontano dalla terra francese . La linea La Fère - Laon - Reims , contro cui va a urtare chi proviene dal Belgio , non solo è meno forte della prima , ma è anche assai più arretrala . L ' esercito tedesco , giunto dinanzi alle tre fortezze , ha già arrestato la vita di buona parte della Francia . Ha portalo la guerra e i suoi mali nel territorio avversario ed ha raggiunto un primo scopo , perché l ' esercito francese non può rimanere inerte dinanzi all ' invasione , e deve spostarsi per ricacciare l ' invasore . Ora spostarsi indietro e a settentrione , vuol dire per i francesi abbandonare la frontiera dell ' est , la meglio fortificata , la più conosciuta , quella in cui ogni uomo ha il suo posto di combattimento . I1 vantaggio strategico che i tedeschi otterrebbero , riuscendo nella loro manovra , sarebbe immenso . Né meno rilevante è il secondo vantaggio , dell ' avvicinamento all ' altro scopo dell ' offensiva , Parigi . L ' obiettivo di un esercito è , in una guerra , l ' esercito avversario : via uno dei mezzi per attirare a sé questo esercito può essere la minaccia della capitale , quando la capitale , se non è tutta la nazione , è gran parte di essa come in Francia . Sappiamo bene che anche giunto alle valli dell ' Oise , dell ' Aisne e della Marna , l ' esercito tedesco incontrerà una fortissima resistenza . Ma la strada che parte dal Belgio è più breve di quella che parte dalla Lorena per arrivare a Parigi : e in una guerra in cui tutte le mosse sono , o dovrebbero essere , misurate secondo il tempo disponibile , questo vantaggio è decisivo . Quali effetti può produrre , di fronte all ' avanzata tedesca di così netti caratteri , l ' avanzata francese ? L ' invasione dell ' Alsazia è , certamente , un grande avvenimento morale , e serve a ravvivare lo spirito delle truppe francesi . Ma possedere l ' Alsazia , sotto l ' aspetto militare , non significa che possedere un corridoio , le porte del quale ( Hüningen , Lorrach e Neu - Breisach ad est , Strasburgo a nord ) sono in mano dei tedeschi . Non si può ammettere una franca avanzata francese verso est , perché andrebbe a finire contro il Baden : cioè contro un paese che non costituisce nucleo vitale per l ' Impero , e si può tranquillamente lasciare invadere , in attesa che la decisione maturi in altri luoghi . Per avere qualche efficacia , l ' avanzata francese , dopo la corsa fino al Reno , dovrebbe mutare rotta verso nord , per prendere di fianco o di rovescio , se è possibile , la linea tedesca . Ma in questo caso non solo la linea di marcia francese diventerebbe lunghissima , ma cozzerebbe contro una delle fortezze più potenti dell ' Impero , Strasburgo . E una volta arrestate da Strasburgo , le truppe dell ' Alsazia a che cosa potrebbero servire ? Strasburgo non è tale ostacolo che si possa circondare con poche forze , per passar oltre : ed aumenta la sua efficacia con quella del Reno , che l ' esercito francese dovrebbe valicare , per sentirsi un po ' a suo agio : poiché non si può agevolmente ammettere che cerchi di frammettersi Tra Metz e Strasburgo , senza prima averle assediate . Ma queste operazioni quanto tempo richiederebbero per l ' esecuzione ? L ' offensiva tedesca offre inoltre minori pericoli della francese : benché ciò , a prima vista , non paia . Si può infatti con molta probabilità ritenere che , per alcuni giorni , l ' esercito tedesco non debba avere contro di sé , nell ' avanzata , che quello franco - inglese . L ' esercito belga costituisce una minaccia ma non immediata : perché la sua ritirata su Anversa non può dipendere che da una riconosciuta impotenza a resistere o da una sconfitta . Ma se l ' esercito tedesco riesce ad avanzare , la sua unione con le truppe della Lorena gli dà tanta saldezza , che a tenere lontani i belgi possono bastare forti distaccamenti di copertura . Né c ' è da temere , per ora , di rinforzi inglesi ai belgi : perché gli inglesi , che potranno in avvenire pesare con tanta forza sulle sorti della guerra , hanno già inviato per il momento tutto ciò che potevano col corpo di spedizione che è a contatto con i francesi . La minaccia sul fianco tedesco e sulle retrovie esiste quindi : ma non deve essere calcolata più di quanto valga , perché , per essere esercitata , richiede che l ' esercito belga esca dalle linee di Anversa : e non è detto che esso possa fare subito ciò . Fino a quando rimarrà ad Anversa i tedeschi potranno sempre rifornirsi dal sud , e guardarsi a nord . Non , è la stessa cosa per l ' esercito francese dell ' Alsazia . In mano ai tedeschi sono tutti i ponti del Reno , da Hüningen a Strasburgo , e le fortezze renane . Ora , un ' avanzata francese che risalga l ' Alsazia lascia per parecchie decine di chilometri il fianco destro esposto ad un attacco proveniente dal Baden e scopre la depressione di Belfort , larga circa 35 chilometri . Ma il Baden è paese di confine , dove possono annidarsi truppe non soltanto tedesche ma anche austriache , senza che queste ultime , si può dire , abbiano fatto un passo fuori della patria , poiché il Tirolo è a ben poca distanza dal Baden . E si comprenderà il pericolo di riunire e fare inoltrare grandi forze in un paese lontano , chiuso , seminato di ostacoli , per sguarnire luoghi dove le truppe possono essere invece assai più fruttuosamente impiegate . Il concetto , che guida l ' esercito tedesco ad agire , è di maggiore efficacia e promettitore di migliori risultati del concetto francese . Ma questa superiorità potenziale tedesca si muterà in superiorità reale di azione ? Assicurerà , cioè , la vittoria ? La risposta è impossibile . Ed è impossibile non solo perché l ' attuazione di un disegno di guerra può portare molte sorprese , ma perché questo tedesco , in particolare , è in relazione col disegno di guerra del teatro orientale d ' operazioni . I tedeschi avevano destinato un certo numero di giorni a schiacciare la Francia : dopo i quali dovevano rivolgersi contro la Russia , che intanto avrebbe potuto divenire preponderantemente minacciosa . Noi non sappiamo se abbiano o no perduto , finora , qualche giorno rispetto a quelli calcolati : ci pare però che il tempo rimasto per battere la Francia , prima che la Russia possa entrare efficacemente in campo , sia assai breve . E in questo tempo la Germania , nonostante la superiorità strategica iniziale , potrà riuscire a schiacciare la rivale ? L ' Austria tratterrà la Russia per un tempo sufficiente alla vittoria dell ' alleata ? Questo problema generale si sovrappone al particolare del teatro d ' operazioni franco - tedesco , e può far mutare le attuali buone condizioni strategiche della Germania rispetto alla Francia , in condizioni pieno buone o addirittura cattive .
Totò ( Vergani Orio , 1948 )
StampaQuotidiana ,
Ho passato una serata con Totò , nel camerino di Totò , fra le quinte con Totò e , dopo lo spettacolo , a pranzo con Totò . L ' ho lasciato alle quattro del mattino davanti alla porta del suo albergo . Quando sono andato a casa e mi sono spogliato , ho pensato che in quello stesso momento anche Totò si spogliava , rimboccava il lenzuolo , sistemava il cuscino . Da questo pensiero sono nate , prima che prendessi sonno , alcune considerazioni che adesso metto sulla carta , in ricordo della serata passata con l ' attore comico più popolare d ' Italia e , certamente , fra i più singolari del mondo . L ' attore comico , quando il carattere delle sue occasioni lo ha portato a raggiungere lo stile e la fissità della grande maschera , non si appartiene più . Il pubblico continua a modo suo a svolgere mentalmente la vita del personaggio che l ' attore gli ha portato innanzi . Il sipario cala sull ' ultima passerella di Totò , e Totò non ritorna padrone di se stesso . La nostra immaginazione lo segue , come seguirebbe Charlie Chaplin o il grande clown , e lo fa vivere in modo e nelle situazioni che , con il normale repertorio di quella maschera , non hanno nessuna apparente attinenza . Quando il grande attore tragico si strucca e rientra nella penombra della sua vita privata , la nostra fantasia non lo segue . Ruggero Ruggeri depone i fascini di Aligi e l ' immagine di Aligi resta staccata dalla vita del suo interprete . Io non ho mai pensato , dopo una recita di Ruggeri o dopo una recita di Lucien Guitry , all ' andare a letto di Ruggeri o di Guitry come ad un pretesto per continuare , nella fantasia , la vita del personaggio che essi avevano creato innanzi al pubblico . Gandusio può avermi fatto ridere ma non mi fa ridere la possibilità di immaginarmi Gandusio in trattoria , dopo teatro , davanti a una cotoletta . Dopo un film di Charlot , continuerò a vedere Charlot in tram , a cena o mentre cerca le chiavi di casa o mentre preme il bottone dell ' ascensore . Ha creato una maschera identica alla sua figura umana ed egli , in quanto maschera , non è più padrone di se stesso . Lo stesso mi accade se penso a Totò nella sua camera d ' albergo , dopo che ha passato quasi otto ore davanti a me scrittore che cerco di scoprire i lineamenti del suo ritratto segreto . Totò non è più padrone di nulla , nemmeno di andare a dormire in santa pace . Se i suoi milleduecento spettatori di ogni sera pensano , dopo teatro , a lui che va a letto , tutti milleduecento si mettono a ridere . Totò dorme ? La gente ride . Totò si rivolta nel letto ? Totò perde una coperta ? Totò cerca le pantofole ? Totò non trova il bottone del campanello ? L ' immagine di Totò non appartiene più a Totò . Come il protagonista del racconto di Chamisso che ha perduto la sua ombra , l ' attore comico , costruendo di se stesso , per mostruose ispirazioni , una maschera , ha perduto la propria immagine , l ' ha ceduta a qualcuno che se ne è fatto padrone e che può muoverla a suo piacimento , tirannicamente . Totò può , per questo , guadagnare quanto vuole : sarà sempre povero , di quella strana povertà dell ' uomo che non appartiene più a se stesso . Credo che per questo , per una sia pure imprecisa coscienza di questo , Totò , appena esce dal rettangolo di luce della ribalta , sia l ' uomo più serio che ho avvicinato : il meno ciarliero , il più misurato nella parola e nel gesto . Totò , fra le quinte , non fa ridere nemmeno un momento . La conversazione con lui è piuttosto difficile perché , in genere , non si pensa mai troppo al carattere degli uomini e alla loro posizione davanti al proprio destino . Con un poco più di preventiva meditazione sul tema « Totò fra le quinte » , sarebbe stato facile immaginare che , appunto , per la violenza estrema dei colori della maschera Totò , tanto più tenui dovevano essere i colori dell ' uomo Totò . Non si pensa mai abbastanza alle cose : i nostri diplomi di « fine psicologo » meriterebbero spesso di esser fatti a pezzi . Com ' è possibile pensare che Totò uomo , appena tra le quinte , non debba istintivamente reagire al Totò maschera ? Totò non ha bisogno di continuare il suo personaggio , quando cala il sipario . Il suo personaggio continua a vivere nella memoria e nella fantasia . Egli torna immediatamente Totò uomo . A differenza anche di molti che non sono attori e che , per essere assunti nell ' arte e nella storia al ruolo di personaggi storici , continuano in ogni ora , solo che li si guardi , solo che pensino di essere osservati , a sforzarsi di assomigliare al loro personaggio o di disegnare un contrario di se stessi , mi pare che Totò non si curi nemmeno di costruire un antiTotò . Egli non è il contrario di se stesso : non è il « pagliaccio che pranza dopo aver fatto ridere » o la maschera che ammicca per far intendere che , sotto il cerone del trucco , c ' è l ' uomo . È una creatura molto differente che sembra non abbia , di Totò , mai sentito parlare e che per Totò abbia una estrema indifferenza . Il Totò della scena resta placidamente attaccato a un gancio dell ' attaccapanni . Padrone chiunque di immaginarlo per le vie del mondo con il suo stretto tubino , la sua lunga mascella , il suo riso sgangherato , il suo collo da disossato ballerino fantoccio . Nella vita , Totò è quasi impacciato , quando sorprende che il nostro sguardo insiste a cercare nel suo viso una maschera che non è più sua e che ormai appartiene alla favola del nostro tempo . Il camerino di Totò è , come il teatro , sottoterra , e vi si arriva per complicati labirinti . Quando si è là dentro , il palcoscenico sembra lontanissimo . Ho pensato spesso , mentre parlavo con Totò durante i momenti in cui si cambiava tra una scena e l ' altra , a certe mie esperienze di sommergibilista oceanico . Non solo l ' aria è quella , stanca e viziata , del piccolo quadrato di un sommergibile alla massima immersione : ma è quello , in un certo senso , anche il silenzio . Il pubblico bisogna ricordarselo , come ci si ricorda , a cento metri sott ' acqua , della superficie azzurra e ondosa del mare . Non si sente la sua voce . Si cerca istintivamente il periscopio . Questo accade perché qui non arriva nulla , nemmeno il risucchio della grande ondata spettacolare della rivista che svolge intanto , nel golfo di luce del palcoscenico , le sue grandi manovre di colori , di luci , di piume , di danze , di vive morbide statue di donne . La rivista non arriva al camerino di Totò che come l ' eco , se potesse giungerci , di un pianeta lontano . Lo spettacolo , per chi se ne sta seduto nel camerino , è come avvenisse sulla luna . Su una parete è attaccato un piccolo altoparlante . Basta toccare un bottone e l ' altoparlante si mette a parlare e a cantare : parole e suoni un po ' confusi , quasi da segnalazioni medianiche . Anche nelle navi da guerra in navigazione e in battaglia , imperiosi altoparlanti ripetono , nei vari ponti , alle macchine , alle stive , ai depositi di munizioni e alle torri dei cannoni le voci del comando , i rumori della battaglia . Totò mentre si trucca per la nuova scena , segue , ogni tanto , alla voce roca e lievemente sinistra , fredda e incorporea dell ' altoparlante , la manovra e la battaglia . La presenza di quelle voci è come la presenza del destino , è come il monito al personaggio per dirgli : « Ricordati che sei Totò » . Nessuno può entrare . Il retroscena di una rivista è uno dei luoghi più segreti del mondo . Una soubrettina o una ballerinetta possono sfilare sulla passerella con venti centimetri quadrati di stagnola per tutto vestito , sotto la luce implacabile dei proiettori , ma nell ' ombra delle quinte la bellezza e la nudità sono elementi di lavoro , accanto ai quali non ci si può fermare come fa il nottambulo che passa un quarto d ' ora a guardare gli operai che riparano le rotaie del tram . Il camerino di Totò , con il lungo corridoio buio che lo precede , mi fa anche per questo pensare alle navi da guerra dove non ci sono donne . Una serata dietro le quinte con Totò è una serata fra uomini : uno dei quali si spoglia e si riveste ogni momento davanti alla propria immagine riflessa in due specchi . L ' immagine è quieta , quasi assorta , fondamentalmente malinconica , al limite del doloroso . Non si ride , non v ' è motivo od occasione di ridere . Sembra che Totò non abbia quasi ricordi o che non voglia averne , stanco dell ' infinita proiezione di se stesso nella lunga prospettiva del tempo , dall ' infanzia ad oggi . L ' altoparlante porta musiche più o meno indiavolate . Totò è sfigurato dal trucco , si incolla sulla fronte un ridicolo parrucchino , indossa una goffa camiciola . Parla di quand ' era bambino a Napoli e aveva delle crisi mistiche e riempiva la casa di altarini . Poi voleva fare l ' ufficiale di marina . Solo a venti anni vide , per la prima volta , un attore e da allora scoprì la sua vocazione . Se , in strada , incontrava quel vecchio attore , lo seguiva timido e lo sopravanzava varie volte per guardarlo in faccia . Parla della commedia dell ' arte e di Pulcinella . E veramente Totò è il Pulcinella moderno , senza maschera , con la faccia lavata , complicato con tutto il grottesco e forse anche con tutte le malinconie geometriche del nostro tempo . Quando l ' altoparlante lo avverte che è l ' ora di salire in palcoscenico , nel praticabile che , visto dalla platea , rappresenta un interno di vagone - letto , interrompe il racconto e va verso il suo lavoro per il corridoio buio , verso il palcoscenico buio . Adesso dal piano del palcoscenico , lo vedo in luce , nella scatola del vagone - letto , dalla vita in su , come da una ribalta di teatro di burattini . Dalla parte dove sono io , il silenzio è alto come è fitta l ' ombra rotta qua e là dagli spiragli di luce dei camerini . La maschera è là , come nei tempi antichi , come alla piccola ribalta delle piazze napoletane , inquadrata nell ' immaginario finestrone del treno . Tira invisibili fili e un ' invisibile umanità ride , di là dalla ribalta , come per un comando sovrumano , in una misura infallibile . Alla comicità di Totò si possono trovare molte origini , come sempre si fa quando si parla di un attore comico o , meglio , del creatore di una maschera , sia esso Charlot , Max Linder , Prince , Ridolini , Buster Keaton . Pochi argomenti come quello del creatore di maschere moderne per il teatro , per il cinema o per il circo ( pensate al clown Giacomino , amato parimenti da Kuprin , da Andreew e da Gorkij ; pensate ai Fratellini e a Grock ) si sono prestati a saggi lunghi e seri . Petrolini è stato commentato filosoficamente da Bontempelli . Su Charlot esiste una biblioteca e sui Fratellini un mezzo scaffale di libri . Quella di Totò è all ' inizio una comicità da invertebrato ; la sua prima immagine è un metro snodato , di quelli gialli da falegname . Partendo da qui , la sua comicità , ubbidiente ad una macabra geometria , si è sviluppata e complicata anche con certi ghigni sinistri che sembrano rubati a una pittura di Ensor o a certe diaboliche incisioni di Goya . Il tubino e la redingote sono quelli di Charlot , certe intonazioni sono ancora di Ettore Petrolini , il naso e il mento sono quelli di Pulcinella . Da questo incrocio è nato Totò . Totò il buono come lo ha chiamato Zavattini : un po ' uomo , un po ' angelo , un po ' marionetta e un po ' clown , come del resto ai suoi tempi è stato Charlie Chaplin . Un comico che fa ridere con le ossa , muovendo gli angoli più imprevisti dello scheletro . Si muove , nei momenti di parossismo , come si muovono sulla lavagna i quadrati costruiti sui lati del triangolo del teorema di Pitagora . Data la sua origine napoletana , non è forse ingiusto ricordare la geometria di certi gesti dei mimi greci , tramandati nella pittura dei vasi ellenici . A questa violentissima capacità di pantomima si accompagna , per contrasto , l ' alta mestizia degli occhi più disillusi del mondo . La bocca sorride e si illude , bonaria ; gli occhi non credono alla favola gaia entro la quale vivono ; il corpo balla e si scompone come nel grottesco di una danza macabra . Un personaggio che sarebbe piaciuto ai Goncourt , per il suo verismo e , per la sua fantasia , a Théophile Gautier . Nelle cronache del teatro francese del Secondo Impero , c ' è la storia di qualche comico spettrale che piacque anche a Victor Hugo . Non è , del resto , Zavattini profeta letterario di Totò , il romantico degli angeli e dei poveri ? Anche se , nella prospettiva teatrale , la mimica facciale più sottile deve diventare smorfia violenta e l ' attore deve moltiplicare le dosi della virtù comica per ottenere « l ' onda lunga » che lo metta in contatto con lo spettatore lontano , il suo migliore segreto Totò lo ha nelle sfumature : un millimetrico flettersi delle sopracciglia , un velarsi improvviso dell ' occhio , un intimo ammiccare forse furbesco e forse di mestizia . Alla una e mezzo di notte , un uomo di media statura esce dal teatro . Ha in testa un cappello color noisette , un paltò dello stesso colore , una camicia di seta con le due punte del colletto fermate da una spilla . La strada è quasi deserta . Nessuno si ferma e nessuno ci guarda . « Non ho avuto » , dice , « una carriera difficile , non ho vissuto molto , non ho avuto nemici . Ho avuto una vita come tutti gli altri . Sono come tutti gli altri . » In trattoria , mangia un piatto di prosciutto e un piatto di spaghetti . Il fotografo , naturalmente , vuole riprenderlo con la forchetta in mano . Totò non è padrone , l ' ho visto , della sua immagine . Quando , chiamandolo per nome , l ' ho salutato sulla porta dell ' albergo , l ' autista del tassì notturno si è affacciato al suo sportello , per vederlo . Probabilmente avrà pensato che io avessi scherzato .
LA NECESSITÀ PER LA GERMANIA ( GATTI ANGELO , 1914 )
StampaQuotidiana ,
27 agosto . L ' azione tedesca nel teatro occidentale delle operazioni ha proceduto , finora , metodicamente sicura . I tedeschi , prendendo nettamente l ' offensiva , si sono trascinati dietro gli avversarii , che hanno opposto una resistenza valorosa , ma un po ' confusa e tumultuosa . Se la guerra fosse scoppiata soltanto fra la Germania da una parte e la Francia e l ' Inghilterra dall ' altra ( per il contributo che questa nazione ha dato fino ad oggi ) , la condizione dell ' esercito tedesco sarebbe oggi buona , e tale da far prevedere la sua vittoria finale . Ma i tedeschi debbono non solo vincere l ' avversario occidentale , ma vincerlo a tempo fisso . Se non riescono a sciogliere questo problema , tutti gli sforzi compiuti , tutto il sangue sparso sono inutili . L ' assioma di Napoleone che « nulla è fatto in guerra finché non è fatto tutto » non ha mai trovato una dimostrazione così lampante come in questo caso . I tedeschi debbono avanzare sempre , senza indugi : poiché oggi , al ventiseiesimo , giorno di guerra , non ostante i loro buoni successi complessivi , sono appena giunti alla frontiera francese e non hanno affatto disorganizzato l ' esercito nemico . E dietro la Francia ancor valida compaiono già a giorno fisso gli altri due nemici , l ' Inghilterra e la Russia . Perciò i tedeschi debbono oggi essere in procinto di tentare il supremo sforzo per sconfiggere i francesi . I loro comunicati tacciono ; ma non c ' è niente in guerra di più spaventoso del silenzio di chi opera . Meglio mille volle vedere chiaramente il pericolo anche gravissimo , che essere costretti ad immaginarlo . L ' immaginazione supera sempre per ispaventi la realtà . La necessità spinge i tedeschi a combattere . E , benché non dicano quello che stanno facendo da tre giorni , nonpossono essere occupati se non nella terribile marcia innanzi , che deve rovesciare l ' esercito francese e portarli a Parigi . Non possono riposare . La grande battaglia , cominciata domenica e proseguita lunedì e parte del martedì , non può , non deve essere finita . Cesserà soltanto quando i francesi saranno battuti interamente , quando l ' invasione della Francia sarà avvenuta , quando un risultato veramente grande sarà ottenuto , sia pure con grandissimi sacrifici . È questione per loro di vita o di morte . Perché la Russia è discesa a sua volta in campo . In uno dei nostri primi articoli abbiamo cercato di dimostrare come la decisione di questa guerra non sia probabilmente affidata , militarmente , né alla Francia né alla Germania , ma alla Russia e all ' Inghilterra . Abituati da quarant ' anni a pensare la guerra europea come soluzione di una contesa particolare fra la Germania e la Francia per la rivendicazione delle vittorie tedesche del '70 , noi siamo venuti a poco a poco convincendoci che sul Reno e tra Germania e Francia si sarebbe data la grande battaglia decisiva del nuovo destino dei popoli europei . Ma questo non è . La guerra occidentale è l ' episodio secondario del conflitto europeo . Non pare che la Russia possa mettere ancora in campo tutto l ' esercito . Le battaglie avvenute alla frontiera della Prussia orientale , benché siano durate sei giorni , sembrano essere state gravi scontri fra truppe di copertura tedesche e qualche corpo d ' esercito russo , già pronto e avviato innanzi per attuare un compito secondario , che fra breve cercheremo di spiegare . Un ' avanzata dell ' intero esercito non avrebbe potuto sfuggire agli occhi vigili degli avversarii austro - tedeschi , per quanto fosse stata bene nascosta . Pare che la Russia voglia operare contro i nemici con una trentina circa di corpi d ' esercito , cioè con più di 1.200.000 uomini : e ognuno capisce come questa enorme folla non possa muovere senza essere almeno avvistata . D ' altra parte i russi stessi annunziarono di aver combattuto quei sei giorni contro forze tedesche che variavano fra 70.000 e 100.000 uomini : tenuto conto delle immancabili esagerazioni fatte anche in buona fede , quelle forze costituiscono soltanto due corpi di esercito : forse quelli di Königsberg e di Allenstein , che sono i più vicini alla frontiera . Se l ' esercito russo nella Prussia orientale fosse stato intero , avrebbe sforzato assai più presto l ' avversario . Insomma , i russi hanno mosso innanzi con piccola parte dell ' esercito : ma la rimanente non ha seguito e non sarà forse pronta che fra qualche tempo ancora . Conferma il nostro pensiero il fatto che l ' esercito austriaco , a quanto pare , non ha ancora risolutamente mosso contro l ' avversario . Ora , fino a quando nel teatro orientale delle operazioni non vedremo entrare in azione gli austriaci , si potrà dire che la grande partita non è ancora impegnata . La ripartizione dei compiti degli alleati nella guerra sembra oramai abbastanza chiara per essere accennata senza timore di dare un giudizio avventato : i tedeschi , con pochi rinforzi austriaci debbono bastare contro i francesi ; gli austriaci con rinforzi tedeschi debbono fronteggiare i russi . Il teatro della Serbia è affatto secondario . Una terza importante ragione fa supporre che l ' invasione della Prussia orientale non sia lo scopo principale dei russi . Il loro esercito cercherà di marciare verso ovest più rapidamente che gli sarà possibile , schivando le fortezze nemiche e gli ostacoli naturali , guadagnando in territorio proprio quanto più terreno potrà della strada di Berlino , e tenendosi col grosso delle forze in una posizione centrale rispetto agli eserciti nemici . Soltanto così potrà rimediare in parte al tempo perduto per la mobilitazione ed entrare in lotta improvvisamente e con tutta l ' efficacia . La strada tracciata naturalmente per conseguire questi scopi , è quella della Polonia russa che , come abbiamo detto , si incunea per circa 300 chilometri fra la Prussia orientale e la Galizia , ed è appoggiata alle grandi fortezze di Brest Litowsky , di Ivangorod , di Novo Georgiewsk e di Varsavia . Dalla frontiera occidentale polacca si minacciano direttamente la Posnania e Berlino : si incontrano , nella marcia in avanti , poche fortezze , e minori ostacoli naturali che a settentrione ; e si può volgere rapidamente tanto a parare attacchi tedeschi provenienti da nord , quanto attacchi austriaci più gravi provenienti dalla Galizia . Per compiere sicuramente questa avanzata principale è necessario avere il fianco destro sicuro . Ecco il motivo assai probabile dell ' attuale azione russa nella Prussia orientale . Numerose forze , costituenti forse più corpi d ' esercito , debbono essere state inviate contro i tedeschi , per batterli e mascherare le fortezze della frontiera settentrionale . Sono le forze che ora hanno invaso il tratto più orientale della Prussia . Coperto da questa muraglia l ' esercito russo potrà poi , a tempo opportuno , portare una vigorosa minaccia contro il cuore della Germania . Dunque una sola parte , e la parte minore , dell ' esercito russo ha battuto i tedeschi alla frontiera orientale . Non ci sono stati , in fondo , fino ad oggi , tra russi e tedeschi che combattimenti di truppe di copertura , come quelli che per tanti giorni sono successi nel teatro di operazioni franco - tedesco . Ci vorranno altri giorni e forse altre settimane perché tutto l ' esercito russo mobilitato si muova . Eppure , già così come è l ' avanzata russa e la presa di Insterburg e di Soldau sono un terribile richiamo per i tedeschi . Questo richiamo dice che il tempo che la Germania si è prefisso per combattere , da sola , la Francia sola , sta per finire : se esso è stato bene impiegato produrrà i suoi frutti : se no , il danno ultimo sarà tedesco . Anche se l ' esercito austriaco entrerà nella lotta per parare alla minaccia russa , le cose saranno cambiate da oggi in poi . Gli avversari potranno sperare con buon fondamento che , se dove lo sforzo massimo tedesco era preparato in tutti i suoi particolari , il buon successo non è stato interamente e rapidamente raggiunto , a maggior ragione non sarà raggiunto dove era meno preparato . Ma , e questo sarebbe assai peggio , gli avvenimenti che si sono svolti potranno mutare le condizioni d ' animo tedesche . I tedeschi non possono affidare senza preoccupazioni la difesa della patria agli alleati austriaci , perché si trovano in condizioni troppo differenti da questi . Mentre una vittoria sugli austriaci disperde i russi in Galizia e in Ungheria , una vittoria sui tedeschi li conduce verso Berlino , che non è lontana più di 300 chilometri dalla frontiera . Tutti gli interessi tedeschi sono rovinati da un ' avanzata russa : pochi interessi sono subito toccati da una sconfitta austriaca . Procedere quindi vittoriosamente in Francia quando la frontiera orientale è aperta , e già i fuggiaschi di Insterburg si rifugiano nella capitale tedesca , può parere assai arrischiato : e le menti possono essere intorpidite o confuse dalla visione della patria invasa . Si combatte strenuamente quando si sa che la decisione dipende soltanto da noi : si ha meno fiducia quando si pensa che nonostante tutti gli sforzi , per colpa o per debolezza d ' altri , su altri campi le nostre fatiche e il nostro sangue possono essere consumati inutilmente . Le condizioni della Germania , da tre giorni , si son fatte gravi . Essa non ha ottenuto finora che buoni successi : ma nell ' insieme questi non hanno prodotto un risultato decisivo . L ' azione considerata assolutamente , cioè solo nei confronti con la Francia , è stata ben ideata e condotta : ma ha richiesto , forse , molti giorni più dei previsti . La Francia non è stata ancora invasa , l ' esercito francese è ancora organizzato . Si delinea la possibilità , per quanto vaga , che la guerra sempre vittoriosa sul Reno e nel Belgio debba fiaccare per opera di un nemico lontano , che non ha quasi ancora combattuto , e non ha fatto altro che scendere in campo . La Germania non può uscire da questa situazione che con un terribile colpo di collare . Forse lo ha dato , forse lo sta dando . Se non le riesce , può considerarsi forse perduta .
Trilussa ( Vergani Orio , 1950 )
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Non mi sembra che il ricordo di Trilussa possa dividersi da quello della sua casa romana , dove mi pare ch ' egli abbia abitato sempre . La casa fu costruita , molti anni fa , da un certo Corrodi , che la destinò tutta a studi di artisti . I lavori del Lungotevere , che erano stati tanto a cuore di Garibaldi , erano finiti da poco tempo ; a quel tratto del Lungotevere - da cui già si scopriva , non ancora nascosto dalle nuove costruzioni del quartiere di Prati , là , in fondo a via Cola di Rienzo , il profilo delle mura del Vaticano - era stato dato il nome antipapalino di Arnaldo da Brescia e , come un monito ai pellegrini che si fossero accinti a varcare il nuovo ponte , era stata collocata fra quattro platani la statua di Ciceruacchio , raffigurato dallo Ximenes nell ' atto con cui il fiero popolano si denuda Il petto per offrirlo alle scariche del plotone di esecuzione . Cola di Rienzo , Arnaldo da Brescia , Ciceruacchio : a Roma , almeno come toponomastica , si respirava ancora un ' aria molto « Venti Settembre » . Il villino del Corrodi era , ed è ancora , un edificio di stile architettonico incerto , che avrebbe potuto essere ispirato dalla scuola romana fra il '70 e il '90 , quella del Kock o dei vecchi Piacentini e Bazzani : un edificio , in ogni modo , di una certa dignità , e non destinato certamente ad ospitare dei « morti de farne » com ' erano , in quegli anni , gli ospiti degli studi di via Margutta . Il pianterreno era diviso in quattro grandi spazi , adatti particolarmente a scultori . Altri quattro erano al secondo piano . Non so con precisione in quale anno Trilussa , in cambio di un mese d ' affitto anticipato - il pagamento semestrale era , a quei tempi , possibile solo nella grassa Milano : a Roma si era di respiro molto più corto - sia entrato in possesso delle chiavi di uno degli otto studi Corrodi . Ma certamente fu parecchi anni prima della guerra di Tripoli . Trilussa era giovane , scapolo , e poeta : era giusto che si cercasse quello che allora si chiamava un « eremo » in una località piuttosto fuori mano . Aveva - ne ho ritrovata l ' immagine in una rivista del gennaio del 1900 - baffi neri e folti , che solo più tardi moderò secondo la moda « americana » : baffi fine Ottocento dei quali si parla tanto nelle novelle di Maupassant , che davano un brivido delizioso quando sfioravano , in un bacio , il collo di una bella dama . La statura sua era altissima : i giornali del primo Novecento , quando andava in giro per l ' Italia a leggere i suoi versi , parlavano delle sue gambe « smisurate » . Credo che più che le muse , molte belle donne abbiano , e per molti anni , bussato alla porticina del suo studio : e questo mi spiega perché buona parte delle sue poesie , se non proprio tutte , Trilussa mi ha detto di averle scritte , invece che in casa , per strada , durante certe passeggiate . E questo mi spiega perché , quando i capelli di Trilussa cominciarono a diventare grigi , egli avesse fatto intagliare , nelle imposte delle finestre terrene , certi spioncini da cui poteva , avvicinandosi in pantofole , vedere se gli conveniva , o no , aprire la porta . Quando gli italiani cominciano a sognare l ' unità del proprio Paese e ad agitarsi per essa , subito nella nostra letteratura , da una parte , si schierano í poeti che chiameremo « in lingua » e , dall ' altra , i « dialettali » . Queste sono forse le contraddizioni indicatrici del temperamento italiano . Si fa deserta , nel suo parco al Gianicolo , l ' accademia arcadica del Bosco Parrasio tanto cara ai prelati di Pio IX , e da Trastevere vengono al mondo il Belli e Pascarella e Trilussa . Un poeta della Maremma e un poeta d ' Abruzzo cantano la gloria della Dea Roma : i romani rispondono con i sonetti e con le favole di Trilussa , nelle quali di Roma con la maiuscola si parla poco e quasi niente , e , invece che girare per i Fori e per la Via Sacra , si va per vicoli e cortili e osterie a conoscere , da vicino , il popolino . Trilussa aveva tredici anni quando il nipote del poeta e Luigi Morandi , fra il 1886 e il 1889 , mandarono fuori i sei volumi dei sonetti di Gioachino Belli sino allora malamente noti o addirittura stampati alla macchia . Le date contano anche nella vita dei poeti , soprattutto quando sono ragazzi come lo era allora Trilussa . Dell'82 sono Er morto de campagna e la Serenata di Pascarella , dell'85 Villa Glori , e del '93 La scoperta de l ' America . Sono degli stessi anni le rime migliori di Gigi Zanazzo che fonda il Rugantino per accogliere e diffondere le creazioni della poesia vernacola romanesca . Trastevere , Piazza Navona , la festa di San Giovanni con i lampioncini e le lumache fritte , diventano temi di poesia in quella stagione . Se si guarda al di là delle mura di Roma , troveremo , nello stesso periodo , i primi sonetti di Salvatore di Giacomo , Zi ' munacella e ' O funneco verde . Per un ragazzo che si senta nato per parlare in dialetto la scelta del maestro - anche se non si voglia risalire al Porta che forse ha insegnato qualcosa persino al Belli - è piuttosto difficile . Per quanti anni Trilussa dovrà portar il dolce ma grave peso di esser chiamato l ' erede di Pascarella , benché non l ' abbia imitato mai ? Chi ha parlato di lui , in occasione della sua morte , ha dimenticato , mi sembra , di notare ciò che il giornalismo aveva dato , forse anche usandole violenza , alla poesia di Trilussa . Dei caratteri « giornalistici » dell ' autore delle Favole si è ricordato , con molto acume , anni fa Pietro Pancrazi . Fu il giornalismo , l ' obbligo di pubblicare i versi , prima che in volume , in giornali e in settimanali , che costrinse Trilussa a rammentarsi sempre di scrivere per un pubblico largo , che voleva cose rapide nella stesura , precise nel bersaglio , immerse tutte nella realtà e non sospese a metà strada tra la descrizione e il « caso personale » come poté permettersi , parlando molti anni dopo a pochi amici , il milanese Delio Tessa . Per prima cosa i versi di Trilussa dovevano , fra il 1890 e il 1900 , piacere al suo direttore Luigi Cesana , un giornalista che aveva fatto la fortuna del « Messaggero » rivolgendosi , e non si vergognava di dirlo , al pubblico delle portinaie per salire , da questo , a quello dei piccoli impiegati a lire 1100 annue : dovevano piacere ai cronisti di via del Bufalo , che anch ' essi fornicavano , come Nino Ilari , con le muse vernacole e poetavano di bulli e di minenti : dovevano corrispondere a fatti e sentimenti di interesse generale , evitare , con un dialetto tutto cose e senza troppi aggettivi - senza aggettivi ai tempi di D ' Annunzio ! - ogni nebulosità . Dovevano poter essere letti sul tranvai a cavalli di corso Umberto e annunciati dagli strilloni dei giornali all ' angolo di via delle Convertite . Il primo che doveva ridere delle favole di Trilussa , o approvarne l ' ironia , era il tipografo che ne componeva a mano il quadretto in carattere grassetto . Lo scopino che lo vedeva rincasare all ' alba doveva dire : « Trilussa ha ragione » e i vetturini , che , mentre davano la biada ai cavalli al largo del Tritone , lo vedevano spuntare di lontano con le sue gambe interminabili , dovevano dire : « Questo è il nostro poeta ... » . Egli doveva « farsi intendere al volo » , come certi comici di teatro : e per questo era giusto che Ojetti , romano come lui , - Trilussa era di Trastevere e Ojetti del Rione Colonna - collocasse certi colori del suo umorismo , nativamente popolare , vicino a quelli della tavolozza di Petrolini . Per molti anni Trilussa era andato al giornale con la poesia in tasca , così come un attore , alle otto , entra in camerino a truccarsi per presentarsi al pubblico . Una vita appartata , un poetare sommesso , una musa ermetica gli erano , per forza di cose , precluse . La sua poesia nasceva accanto alla linotype , mentre quella del Belli era gelosamente custodita in segretissimi cassetti . Per questo , dai sonetti giovanili Trilussa passò alla satira delle Favole , concise , immediate , sul cui foglio il redattore - capo scriveva a matita « corpo 12» e , mentre le passava in tipografia , sapeva che il fattorino se le sarebbe lette subito in corridoio . Pochi scrittori hanno avuto minori amicizie letterarie di Trilussa . A Roma vivevano - per far tre nomi di valore diametralmente opposto - Pirandello , Grazia Deledda e Zuccoli . Trilussa quasi non li conosceva . Perché il suo mondo , estremamente fatto di comunicativa , non aveva , in effetti , vasi comunicanti con altri mondi letterari . Credo che egli abbia praticamente ignorato i movimenti letterari di « Lacerba » , della « Voce » , della « Ronda » . Credo non abbia delirato nemmeno per D ' Annunzio . Nello studio Corrodi , i libri erano pochi : e molto più numerose , anche se ormai polverose , erano le fotografie delle belle donne . Trilussa aveva avuto forse , ai primi anni del secolo , la voglia di avere anche lui un po ' di Capponcina : ma s ' era fermato subito : il suo arredamento assomigliava più a quello della soffitta madrilena di Ramon Gomez de la Serna , racimolato dai rigattieri , che a quello del Vittoriale . Il sogno più ambizioso di Trilussa era stato di impiantare nello studio un teatro di burattini . Il suo salotto intellettuale era al tavolino di un ' osteria alla Chiesa Nuova . La sua franchezza nell ' accettare il suo ruolo poetico , anche se egli doveva sembrare per tanto tempo solamente l ' umorista di un mondo esclusivamente piccolo e medio - borghese , è stata il suo merito maggiore : quello che gli ha permesso di non esulare mai dalla sua misura e di non sforzare e falsare la sua voce . Egli seppe insomma qual era non solo il suo mondo ma anche la esatta tessitura della sua voce : e questa voce conservò fresca per quasi sessant ' anni .
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24 agosto L ' esercito tedesco dopo di aver tentato , di primo impeto , di girare l ' esercito e le fortificazioni francesi sboccando dal Belgio , visto inutile il tentativo , si è raccolto per una diecina di giorni , durante i quali ha presumibilmente chiamato in linea tutte le forze . Da qualche giorno , completamente formato , ha ripigliato la marcia in avanti , e , essendo breve la distanza che lo separava dagli avversari , ha iniziato una grande battaglia . Di questa battaglia , finora , abbiamo veduto tre momenti , o tre azioni principali : 1 . quella dell ' Alsazia , in cui la sinistra tedesca si è ritirala di fronte alla destra francese , quasi invitandola ad avanzarsi nell ' antica provincia conquistata ; 2 . quella del Belgio , in cui la destra tedesca si è avanzata , e tuttora avanza , lentamente ma preponderantemente , schiacciando ogni resistenza , e separando i belgi dai franco - inglesi ; 3 . quella della Lorena , o del centro , di cui parliamo ora . Queste tre azioni ripetono il piano netto , preciso , inflessibile di offensiva tedesca già accennato nei primi giorni : con la destra innanzi , col centro fermo , con la sinistra ritratta ; la linea tedesca sta ribaltando in Francia , e minaccia con una delle estremità , la più forte , Parigi e il fianco sinistro avversario , mentre la ritirata dell ' estremità più debole non scopre nessuna linea d ' invasione importante . Perché l ' avanzata tedesca possa riuscire è necessario che il centro , perno del movimento , sia solido , cioè resista ad ogni attacco francese . La certezza della solidità è stata data dalla vittoria di Lorena . Per effetto di questa , la destra tedesca , parte manovrante dell ' esercito , può continuare la marcia innanzi , senza timori di essere distaccata dal grosso . delle truppe . Purché sappia guardarsi sul suo lato esterno la congiunzione con i rimanenti corpi , cioè la vita , le è guarentita . E questo è l ' effetto primo e più importante della vittoria . Il secondo è questo : l ' avanzata francese nell ' Alsazia può essere ritardata , o anche impedita , dal fatto che il fianco sinistro dei francesi , dopo la vittoria tedesca , resta scoperto ad un attacco proveniente dalla Lorena . Diciamo subito che , a nostro parere , ciò può , indirettamente , costituire una fortuna per i francesi , perché l ' avanzata nell ' Alsazia , specialmente se prolungata , ci è sempre parsa poco utile e molto pericolosa . La vittoria tedesca non ha potuto avere la fase ultima , il lungo inseguimento , perché per ora il centro tedesco ha dovuto resistere , non marciare innanzi . Bene o male ideato , il piano di battaglia ha assegnato l ' avanzata alla destra . Far avanzare subito il centro , avrebbe quindi significato esporre la destra a rimanere staccata , indietro , ed in balìa a truppe francesi che , portate nello sbocco della Chiers , la rigettassero verso il nord . La condizione della destra tedesca è già abbastanza difficile per causa degli attacchi elle può subire frontalmente e sul fianco destro , per aggiungere a queste debolezze anche quelle di un fianco sinistro senza nessun punto d ' appoggio . La vittoria tedesca della Lorena è importante come segno che i tedeschi possono attuare , a tutt ' oggi , la manovra di avanzata che hanno concepita . Il centro della lunghissima linea di battaglia ha adempito la sua funzione di resistenza . Resta da vedere se i calcoli fatti per la marcia della destra sono esatti come quelli che la battaglia di Metz ha comprovati .