StampaQuotidiana ,
Senza
soffrire
,
nello
spazio
di
una
notte
,
Alberto
Savinio
si
staccò
dalla
vita
.
Già
un
anno
prima
aveva
avuto
un
duro
ammonimento
del
male
.
Invece
di
riposarsi
,
ogni
mattina
dipingeva
,
ogni
pomeriggio
componeva
musica
,
ogni
sera
scriveva
.
Pittore
,
musicista
,
scrittore
,
era
andato
così
sempre
nella
vita
emigrando
da
un
nome
all
'
altro
,
da
uno
pseudonimo
ad
un
altro
pseudonimo
,
di
arte
in
arte
,
di
città
in
città
,
dall
'
uno
all
'
altro
continente
della
cultura
e
tanto
e
tanto
avrebbe
viaggiato
nella
sempre
rinnovata
geografia
dello
spirito
.
Alla
mobilità
del
suo
spirito
,
alla
sempre
rinnovata
freschezza
dei
suoi
interessi
,
al
suo
inquieto
,
estroso
,
ammiccante
scandagliare
fra
i
mondi
dell
'
immaginazione
e
fra
quelli
della
cultura
,
corrispondeva
un
fisico
da
sedentario
,
da
uomo
di
scrivania
e
di
biblioteca
,
dall
'
occhio
assorto
,
dal
gesto
breve
.
Aveva
viaggiato
molto
:
ma
tutta
la
sua
arte
era
orientata
sugli
itinerari
di
quei
viaggi
che
De
Maistre
chiamò
autour
de
ma
chambre
.
Il
nome
di
«
magia
»
è
stato
adoperato
troppo
,
a
proposito
di
certi
aspetti
dell
'
arte
moderna
;
ma
la
camera
nella
quale
idealmente
dimorava
Savinio
meritava
di
esser
definita
come
magica
:
di
una
magia
senza
ombre
,
senza
polvere
,
senza
mostri
,
fatta
tutta
di
riflessi
di
cristallo
messi
a
specchiare
tempi
lontani
e
nitidi
presentimenti
.
Alberto
Savinio
-
figlio
di
un
ingegnere
De
Chirico
che
si
era
trasferito
in
Grecia
,
alla
fine
del
secolo
scorso
,
per
costruire
,
se
non
sbaglio
,
il
tronco
della
linea
ferroviaria
che
collega
il
percorso
dell
'
Orient
-
Express
con
Atene
-
era
nato
ad
Atene
e
il
greco
moderno
era
stato
la
lingua
della
sua
infanzia
.
Tra
i
suoi
progetti
,
mentre
l
'
età
matura
era
raggiunta
,
c
'
era
stato
quello
di
fare
,
nel
1951
,
un
viaggio
in
Grecia
per
ritornare
,
dopo
più
di
mezzo
secolo
,
sui
luoghi
dell
'
infanzia
.
Il
progetto
non
fu
realizzato
:
la
Grecia
rimase
,
per
Alberto
,
la
lontana
meravigliosa
piattaforma
dei
ricordi
di
una
infanzia
contesa
dall
'
obbligatoria
saggezza
di
un
ragazzo
che
aveva
il
padre
ammalato
-
il
vecchio
ingegnere
era
stato
inchiodato
in
una
poltrona
da
una
paralisi
-
e
che
doveva
scoprire
il
mondo
delle
favole
,
prima
che
nelle
novellette
dei
fratelli
Grimm
o
nei
romanzi
di
Verne
,
nei
racconti
omerici
.
Non
si
vive
impunemente
ad
Atene
,
andando
a
giocare
da
bambini
sulle
gradinate
del
teatro
sotto
all
'
Acropoli
o
all
'
ombra
delle
colonne
del
Partenone
.
La
mitologia
accompagnò
per
tutta
la
vita
Savinio
con
la
sua
presenza
e
con
la
sua
voce
magica
e
solenne
.
Il
Tempo
,
per
Savinio
,
si
chiamò
sempre
Cronos
e
la
Sorte
si
chiamò
Moira
.
Il
sentimento
metafisico
di
Giorgio
De
Chirico
e
quello
surrealista
di
suo
fratello
Andrea
che
doveva
emigrare
a
vent
'
anni
verso
il
nuovo
nome
di
Alberto
Savinio
avevano
come
sfondo
i
miti
o
i
riflessi
di
un
'
Ellade
dai
silenziosi
o
inquietanti
incantesimi
.
Nessuno
dei
due
figli
seguì
la
vocazione
paterna
,
che
era
stata
,
come
lo
fu
per
molti
solidi
spiriti
dell
'
Ottocento
,
quella
del
costruttore
.
Nessuna
opposizione
venne
fatta
alle
loro
aspirazioni
di
artisti
,
per
la
protezione
della
madre
che
a
Savinio
doveva
sembrare
più
tardi
come
un
nume
della
Maternità
.
Io
ricordo
con
quale
placida
eroica
fermezza
la
madre
di
Giorgio
De
Chirico
-
carica
di
strani
gioielli
e
vestita
con
abiti
di
austera
dignità
che
sembravano
quasi
un
costume
,
quasi
una
«
divisa
da
madre
»
,
seduta
a
vigilare
fra
i
quadri
della
prima
mostra
della
pittura
metafisica
di
suo
figlio
Giorgio
-
ascoltava
indifferente
i
visitatori
ridere
e
sghignazzare
davanti
alle
Muse
inquietanti
e
ai
Dioscuri
che
alla
folla
,
nel
1917
,
parevano
l
'
opera
pittorica
di
un
pazzo
.
Egualmente
coraggiosa
la
madre
era
stata
nell
'
assistere
l
'
attività
del
figlio
minore
che
si
sentiva
destinato
alla
musica
,
e
,
naturalmente
,
ad
una
musica
tutt
'
altro
che
facile
.
La
signora
De
Chirico
,
con
i
suoi
strani
gioielli
e
con
i
suoi
austeri
abiti
da
pitonessa
,
era
sempre
in
viaggio
per
vegliare
su
l
'
uno
o
su
l
'
altro
figlio
:
due
ragazzi
,
due
giovanetti
privi
,
come
si
dice
,
di
ogni
senso
pratico
,
portati
qua
e
là
nel
mondo
dell
'
arte
di
prima
della
guerra
per
studiare
pittura
a
Monaco
nell
'
aura
di
Boeklin
o
musica
con
Max
Reger
.
Pianista
di
potenza
quasi
diabolica
,
talvolta
Savino
,
nelle
notti
di
Parigi
o
in
quelle
di
Monaco
,
suonava
sino
a
farsi
sanguinare
le
dita
,
e
la
madre
,
vedendo
le
macchie
di
sangue
sugli
avori
della
tastiera
,
pensava
,
nel
suo
assorto
silenzio
:
«
Quel
sangue
è
mio
»
.
Musicista
Alberto
Savinio
fu
sino
al
1915
,
e
cioè
sino
all
'
età
di
ventiquattro
anni
,
e
tornò
ad
esserlo
,
per
un
rapido
saggio
,
nel
1925
.
Poi
il
silenzio
musicale
durò
,
per
il
pubblico
,
vent
'
anni
.
Era
diventato
,
intanto
,
scrittore
,
per
aver
conosciuto
Guillaume
Apollinaire
:
scrittore
in
lingua
francese
,
come
avrebbe
potuto
esserlo
in
greco
e
in
tedesco
,
nell
'
estremo
tramonto
di
quegli
anni
antecedenti
alla
prima
guerra
mondiale
che
furono
chiamati
gli
anni
della
belle
époque
ma
durante
i
quali
maturavano
i
germi
creativi
dell
'
arte
rivoluzionaria
che
prendeva
il
nome
di
cubismo
,
di
futurismo
,
di
dadaismo
.
Al
futurismo
,
in
ogni
modo
,
Savinio
non
fu
vicino
:
le
origini
della
sua
arte
e
del
suo
pensiero
erano
inserite
in
un
ordine
e
in
una
meditazione
di
valore
troppo
spirituale
,
come
il
pensiero
e
l
'
arte
ellenici
,
perché
egli
si
lasciasse
abbagliare
dalle
formule
di
quell
'
avanguardismo
alla
Jules
Verne
che
era
il
futurismo
di
Marinetti
,
le
cui
formule
estetiche
del
simultaneismo
e
del
dinamismo
nascevano
,
più
che
altro
,
da
una
ingenua
fiducia
nello
scientificismo
.
Il
futurismo
credeva
all
'
energia
come
ad
un
fatto
dinamico
,
muscolare
,
palesemente
esplosivo
:
credeva
nella
deflagrazione
,
e
non
nell
'
energia
della
meditazione
.
Savinio
era
uomo
di
letture
profonde
:
era
difficile
convincerlo
di
mettersi
in
testa
,
come
un
casco
,
l
'
imbuto
di
alluminio
con
il
quale
Marinetti
intendeva
coronare
i
poeti
.
Questo
spiega
perché
egli
si
fosse
subito
,
appena
tornato
agli
studi
al
termine
della
guerra
,
schierato
con
gli
scrittori
della
«
Ronda
»
e
perché
non
abbia
mai
desiderato
di
affermare
,
quando
il
surrealismo
diventò
una
«
scuola
»
,
la
paternità
che
gli
spettava
di
tante
invenzioni
,
scoperte
,
esplorazioni
dell
'
estetica
surrealista
in
letteratura
e
in
pittura
.
Scrittore
italiano
doveva
diventare
dunque
nel
1916
,
un
anno
dopo
,
rientrando
in
Italia
per
il
servizio
militare
:
e
pittore
doveva
diventare
,
quasi
da
un
'
ora
all
'
altra
,
solamente
nel
1927
,
emigrando
nuovamente
a
Parigi
.
Sembrò
che
dimenticasse
di
essere
stato
uno
degli
scrittori
più
singolari
e
una
delle
intelligenze
più
inquietanti
nel
gruppo
della
«
Ronda
»
.
Per
quasi
dieci
anni
,
fu
solamente
pittore
.
La
lingua
della
sua
vita
quotidiana
era
diventato
nuovamente
il
francese
.
Il
suo
linguaggio
pittorico
fu
quello
surrealista
:
e
coglieva
ogni
possibilità
per
affermare
di
essere
un
pittore
«
al
di
là
della
pittura
»
.
In
un
'
altra
occasione
ebbe
a
scrivere
:
«
Le
opere
di
Dürer
,
di
Boeklin
,
di
Giorgio
De
Chirico
,
mie
,
nascono
prima
di
tutto
come
cose
pensate
.
Portarle
a
una
forma
o
dipinta
o
scritta
è
una
traduzione
;
una
operazione
"
a
scelta
"
.
Io
ho
chiaramente
sentito
,
ho
chiaramente
capito
che
quando
la
ragione
d
'
arte
di
un
artista
è
più
profonda
,
e
dunque
"
precede
"
la
ragione
singola
di
ciascun
'
arte
,
quando
l
'
artista
,
in
una
parola
,
è
una
"
centrale
creativa
"
,
è
stupido
,
è
disonesto
,
è
immorale
chiudersi
dentro
ad
una
singola
arte
,
asservirsi
alle
sue
ragioni
particolari
e
alle
sue
ragioni
speciali
.
E
ho
avuto
il
coraggio
di
mettermi
di
là
dalle
arti
,
sopra
le
arti
...
»
.
Quando
,
nel
1927
,
un
mercante
d
'
arte
parigino
,
senza
aver
mai
visto
un
quadro
di
Savinio
,
lo
invitò
a
dipingere
,
gli
trovò
uno
studio
a
Parigi
,
e
gli
assicurò
uno
stipendio
iniziale
,
quel
tale
,
probabilmente
,
intendeva
creare
«
un
caso
»
o
un
«
doppio
»
di
De
Chirico
,
o
mettere
d
'
accordo
,
su
una
piattaforma
di
puro
intelletto
,
tutte
le
varie
vocazioni
di
Savinio
e
trasferirle
in
una
bizzarra
sede
pittorica
.
Probabilmente
non
sapeva
che
,
così
facendo
,
mentre
De
Chirico
si
preparava
a
rinnegare
quasi
la
sua
stessa
pittura
metafisica
,
Savinio
avrebbe
messo
al
mondo
una
prima
esemplificazione
del
surrealismo
.
Il
ricordo
di
Savinio
non
appartiene
solamente
alla
storia
dell
'
intelligenza
italiana
delle
ultime
due
generazioni
:
esso
appartiene
alla
storia
dell
'
intelligenza
europea
.
L
'
apparente
divagare
di
arte
in
arte
fu
,
effettivamente
,
un
continuo
esplorare
mondi
espressivi
nuovi
nella
luce
di
una
intelligenza
dalla
intatta
lucentezza
:
il
suo
emigrare
continuo
fu
un
approdare
e
conquistare
continuo
:
nessun
continente
dell
'
arte
poté
considerarlo
mai
uno
spaesato
.
Le
sue
capacità
tecniche
,
anche
quando
potevano
sembrare
acerbe
,
erano
al
servizio
di
un
'
unità
spirituale
per
la
quale
il
pittore
,
lo
scrittore
,
il
diarista
,
il
narratore
di
strane
favole
,
lo
psicologo
,
il
musicista
e
lo
scenografo
avevano
una
assoluta
coerenza
di
ispirazione
.
StampaQuotidiana ,
Ci
vuol
pure
un
bel
coraggio
a
riprendere
in
mano
e
a
riporsi
sotto
gli
occhi
certi
libri
,
che
furono
in
altri
tempi
serena
delizia
del
nostro
spirito
,
quando
il
mondo
era
a
pochi
pur
questo
,
ma
a
tutti
pareva
un
altro
.
Oggi
,
mentre
in
terra
di
Francia
è
tuttavia
sospesa
la
gigantesca
battaglia
che
dovrà
decidere
dei
nuovi
destini
del
mondo
,
rileggere
ad
esempio
,
in
ottava
rima
,
la
parodia
di
un
'
altra
guerra
di
Francia
:
quella
strepitosa
di
Carlo
Magno
e
dei
suoi
paladini
,
quale
a
mano
a
mano
nei
cantari
grottescamente
serii
dei
cantastorie
di
piazza
s
'
era
venuta
camuffando
.
Aveva
la
corte
borghese
di
Lorenzo
de
'
Medici
il
gusto
di
siffatte
parodie
.
E
Dio
sa
con
che
cuore
il
suo
cortegiano
,
che
aveva
"
di
ridere
gran
voglia
"
,
ma
a
un
suo
melanconico
modo
fuor
d
'
ogni
grazia
divina
,
dico
Luigi
Pulci
,
Dio
sa
con
che
cuore
in
presenza
di
quella
pia
donna
che
fu
Lucrezia
Tornabuoni
,
si
faceva
la
croce
principiando
a
modo
di
quei
cantastorie
ogni
nuovo
canto
del
suo
Morgante
.
E
Roncisvalle
pareva
un
tegame
Dove
fusse
di
sangue
un
gran
mortito
...
Ma
pure
in
quei
tempi
,
a
prestarci
un
po
'
d
'
attenzione
anche
di
tra
il
folle
tripudio
di
quei
grassi
carnasciali
fiorentini
,
venivano
in
piazza
certe
crude
verità
tragicamente
mascherate
in
mezzo
ad
altre
maschere
più
sconce
che
gaje
.
E
non
fu
mai
veramente
senza
profitto
in
ogni
tempo
il
riaccostarsi
anche
per
poco
ai
poeti
maggiori
e
più
vivi
di
nostra
gente
,
e
specie
a
quelli
che
più
pajono
trattar
col
riso
la
materia
della
loro
poesia
.
Tutt
'
a
un
tratto
,
di
tra
il
riso
,
quando
meno
ce
l
'
aspettiamo
,
questi
burloni
pongono
innanzi
al
nostro
innocente
e
ozioso
diletto
certi
specchi
,
che
l
'
espressione
del
piacer
nostro
improvvisamente
si
rassega
in
una
smorfia
dolente
e
sguajata
,
e
di
subito
il
riso
ci
si
cangia
in
veleno
.
Ma
come
!
Ci
pareva
d
'
esser
tanto
lontani
dalla
serietà
!
ci
pareva
che
il
poeta
scherzasse
così
svagato
e
alieno
!
E
intanto
...
Oh
guarda
!
Ma
sicuro
,
questo
Morgante
...
questo
Margutte
...
Come
non
ci
avevamo
pensato
?
Ma
sono
proprio
le
due
facce
del
popolo
!
La
faccia
buona
e
la
faccia
trista
:
il
grosso
buon
popolo
,
credulone
e
badiale
,
generoso
e
forte
,
che
si
converte
senza
starci
a
pensar
due
volte
a
ogni
buona
causa
e
s
'
arma
come
può
,
anche
d
'
un
battaglio
di
campana
,
e
si
gitta
tutto
alla
buona
impresa
;
e
il
popolo
che
perde
ogni
fede
e
a
un
certo
punto
s
'
arresta
e
s
'
intozza
e
s
'
ingaglioffa
,
abbandonandosi
tutto
ai
suoi
più
bassi
istinti
:
Il
mio
nome
è
Margutte
,
Ed
ebbi
voglia
anch
'
io
d
'
esser
gigante
,
Poi
mi
pentii
quando
a
mezzo
fui
giunto
:
Vedi
che
sette
braccia
sono
appunto
.
A
mezzo
?
Quando
?
Eh
,
quando
...
Lo
sappiamo
bene
noi
adesso
il
quando
,
il
come
,
il
dove
,
il
nostro
popolo
che
si
era
partito
per
diventar
gigante
,
armato
improvvisamente
della
sua
fede
e
della
coscienza
di
tutti
i
suoi
più
sacri
diritti
,
minacciò
di
fare
il
groppo
a
sette
braccia
appunto
come
Margutte
.
Fu
un
attimo
di
follia
,
uno
smarrimento
,
ed
è
proprio
inutile
parlare
a
Luigi
Pulci
adesso
di
Caporetto
;
tanto
più
che
è
certo
ormai
che
Margutte
non
prevarrà
.
Ma
non
invano
per
tant
'
anni
s
'
insegna
al
popolo
che
il
tabernacolo
ov
'
è
custodito
il
vera
Dio
da
adorare
è
la
pancia
,
e
che
son
tutte
superstizioni
e
trappole
tese
dai
lupi
agli
agnelli
le
idealità
finora
ritenute
sante
.
Il
popolo
fa
presto
a
imparare
:
Io
non
credo
più
al
nero
ch
'
all
'
azzurro
Ma
nel
cappone
,
o
lesso
,
o
vuogli
arrosto
,
E
credo
alcuna
volta
anche
nel
burro
:
Nella
cervogia
e
quando
io
n
'
ho
nel
mosto
,
E
molto
più
nell
'
aspro
che
il
mangurro
;
Ma
sopra
tutto
nel
buon
vino
ho
fede
E
credo
che
sia
salvo
chi
gli
crede
.
E
a
snocciolarti
il
rosario
dei
fegatelli
:
Del
fegatel
non
ti
dico
niente
:
Vuoi
cinque
parti
:
fa
ch
'
alla
man
tenga
...
E
così
fu
che
tutt
'
a
un
tratto
il
buon
Morgante
,
quando
ben
undici
vittorie
gli
davano
il
diritto
d
'
aspettarsi
l
'
ultima
che
gli
desse
il
premio
di
tutte
,
se
lo
vide
venir
«
di
lungi
per
ispicchio
»
,
Margutte
,
quella
volta
.
Sobbalzò
tutto
il
buon
gigante
,
allora
,
e
Dette
del
capo
del
battaglio
un
picchio
In
terra
e
disse
:
Costui
non
conosco
!
Ma
sì
che
si
conosceva
,
per
dir
la
verità
;
e
ben
poco
,
ahimè
,
s
'
era
fatto
per
scacciarlo
di
là
,
dove
così
anche
per
ispicchio
s
'
era
insinuato
.
Ma
queste
ormai
sono
inutili
recriminazioni
.
Non
lo
abbiamo
fatto
prevalere
,
Margutte
,
che
se
Dio
vuole
,
dopo
questa
gran
prova
,
non
prevarrà
mai
più
.
Che
se
per
disgrazia
poi
,
non
più
certo
durante
la
guerra
,
ma
dopo
,
dovesse
inopinatamente
prevalere
,
io
dico
che
non
c
'
è
da
disperare
.
Perché
i
giganti
come
Margutte
,
che
giunti
a
mezzo
si
pentono
,
nati
tra
mitere
e
tra
gogne
,
Come
tra
'1
bue
e
l
'
asin
nacque
Cristo
;
nati
tra
i
capestri
e
tra
le
scope
,
c
'
è
questo
di
buono
,
che
basta
poco
,
la
vista
degli
sciocchi
lezii
d
'
una
scimmia
che
si
metta
e
si
cavi
un
pajo
di
stivali
,
a
farli
non
già
per
modo
di
dire
,
ma
realmente
crepare
dalle
risa
.
E
scimmie
,
per
la
salute
nostra
,
non
mancano
oggi
in
Italia
,
e
possiamo
confidare
che
non
ne
mancheranno
neanche
domani
.
Ne
conosciamo
tante
!
Grosse
scimmie
politiche
,
uranghi
e
scimpanzè
,
che
davvero
non
hanno
fatto
mai
altro
che
offrir
lo
spasso
di
calzarseli
a
tempesta
,
certi
stivali
,
per
esser
pronti
all
'
occasione
,
e
di
buttarli
via
subito
,
come
l
'
occasione
veniva
a
mancare
,
salvo
a
ricalzarseli
domani
!
Che
spettacolo
di
leva
e
metti
,
durante
le
angosciose
vicende
di
questa
lunga
guerra
,
in
quel
grosso
gabbione
di
Montecitorio
!
Margutte
n
'
è
già
crepato
dalle
risa
.
E
io
vi
dico
che
non
uno
solo
,
ma
cento
ne
sarebbero
crepati
,
non
per
lo
spettacolo
offerto
da
questo
o
da
quel
gruppo
di
scimmioni
,
ma
cento
Margutte
per
uno
scimmione
solo
.
Per
quello
che
dentro
il
gabbione
l
'
ha
voluta
sempre
,
e
poi
,
fuori
,
a
quattr
'
occhi
,
non
l
'
ha
voluta
mai
;
per
quello
che
,
viceversa
,
dentro
il
gabbione
non
l
'
ha
voluta
mai
,
perché
,
Dio
mio
,
questo
stivale
che
è
l
'
Italia
,
questi
stivali
che
sono
le
patrie
,
è
tempo
di
buttarli
via
,
per
camminare
tutti
fratelli
scalzi
per
le
vie
del
mondo
,
che
è
uno
di
tutti
senza
confini
;
e
che
all
'
ultimo
,
ecco
qua
,
sissignori
,
ha
dovuto
calzarselo
anche
lui
,
questo
povero
stivale
che
è
l
'
Italia
,
poiché
i
fratelli
di
Germania
e
d
'
Austria
,
i
fratelli
bulgari
e
turchi
non
l
'
hanno
mica
buttati
via
i
loro
grossi
scarponi
ben
chiodati
e
imbullettati
,
e
son
qua
,
dentro
casa
nostra
,
tutti
ancora
ostinati
a
schiacciare
i
piedi
a
chi
voleva
restare
a
piedi
nudi
.
Caro
grosso
amletico
barbuto
scimmione
!
Il
buon
popolo
Morgante
t
'
ha
battuto
le
mani
,
e
a
Margutte
,
vedi
?
è
bastato
l
'
insolito
gesto
improvviso
di
vederlo
calzare
anche
a
te
,
questo
vecchio
stivale
d
'
Italia
:
è
crepato
.
Fa
'
che
non
rinasca
per
te
,
domani
.
Ma
se
pur
dovesse
rinascere
,
ripeto
,
non
disperiamo
!
Può
ben
Margutte
,
finito
lo
spettacolo
di
Montecitorio
,
crepar
dalle
risa
per
altre
scimmie
e
per
altri
spettacoli
.
Vi
dico
che
non
ne
mancano
e
che
non
ne
mancheranno
.
Quanti
cari
scimmiotti
,
quante
care
scimmiette
,
ad
esempio
,
in
letteratura
!
E
anche
qui
gruppi
e
gruppetti
,
raccolte
e
raccoltine
di
scimmiottini
nuovi
,
che
han
trovato
,
o
credono
di
aver
trovato
,
una
nuova
maniera
di
smorfie
,
una
nuova
maniera
di
muovere
a
balziculi
verso
la
gloria
di
un
'
arte
nuova
,
che
dev
'
essere
in
tutto
e
per
tutto
loro
particolar
fatica
.
Ora
si
spulciano
coi
denti
tra
foro
a
vicenda
;
ma
ahimè
,
han
così
poco
sangue
,
che
non
bastano
neanche
a
nutrire
le
loro
pulci
;
e
spoglie
esangui
di
pulci
,
che
a
schiacciarle
su
un
'
unghia
non
farebbero
neanche
botto
,
si
cavan
dunque
dalle
loro
secche
testoline
,
con
le
due
mani
davanti
e
coi
denti
,
coi
denti
,
affannosamente
.
E
altri
scimmiottini
,
più
vivaci
e
impudenti
,
eccoli
là
in
fila
agli
anelli
volanti
;
e
altri
più
timidi
e
irrequieti
,
eccoli
qua
a
sfregolarsi
alle
sbarre
delle
gabbiole
della
loro
impotenza
,
innanzi
alle
balie
e
alle
ragazzine
,
e
a
piscicchiare
poi
in
un
angolo
,
in
schizzetti
disperati
,
gli
spasimi
delle
loro
velleità
insoddisfatte
.
E
guardate
questo
cercopiteco
,
che
doveva
nascer
prete
,
con
che
aria
e
con
che
passo
cerca
d
'
accostarsi
e
di
entrare
in
quelle
gabbiole
.
Ma
nessuno
lo
vuole
.
Peccato
!
Le
saprebbe
cercar
così
bene
,
lui
,
le
pulci
,
di
quelle
che
fanno
il
botto
!
Ne
ha
trovate
già
due
o
tre
di
buon
sangue
rigeneratore
,
in
capo
a
qualche
scimmiotto
maligno
,
di
questi
nuovi
che
nessuno
ancora
conosce
.
Voi
credete
che
Margutte
,
così
tutto
intento
com
'
è
alla
pancia
e
voglioso
di
grossi
bocconi
,
non
potrà
mai
accorgersi
,
per
quanto
aguzzi
gli
occhi
porcini
,
di
questi
così
piccoli
e
magri
scimmiottini
della
nuova
letteratura
?
Io
vi
dico
ancora
una
volta
di
non
disperare
,
perché
qualche
scimmiotto
un
po
'
più
grosso
c
'
è
pure
che
fa
tutte
le
buffonerie
possibili
e
immaginabili
per
mettersi
in
mostra
;
mangia
morti
e
vivi
,
come
se
fossero
mele
,
e
ve
li
risputa
a
pezzi
in
faccia
;
morde
,
quand
'
altro
non
può
,
anche
a
sé
stesso
la
coda
;
ed
ha
un
così
svergognato
coraggio
di
mettersi
a
fare
innanzi
al
pubblico
tutte
le
sue
porcherie
,
che
non
è
possibile
Margutte
oggi
o
domani
non
lo
scopra
.
Scala ( Vergani Orio , 1952 )
StampaQuotidiana ,
La
sala
non
è
al
buio
.
Sei
grandi
lampade
pendono
sull
'
orchestra
,
e
la
loro
luce
arriva
,
degradando
,
sino
in
fondo
alla
sala
.
Ricordo
questa
sala
distrutta
,
aperta
alla
neve
,
alla
pioggia
,
al
vento
:
e
il
color
nero
delle
grandi
travi
carbonizzate
:
le
finestre
dei
palchetti
vuote
sulla
vasta
voragine
muta
.
Ricordo
,
di
quei
giorni
,
di
quei
funesti
inverni
,
il
silenzio
di
Milano
nelle
piazze
e
nelle
vie
intorno
:
i
passanti
rari
,
i
volti
chini
,
le
guance
pallide
:
la
città
macilenta
,
quasi
senza
voce
,
vuota
di
ragazzi
:
Io
stillicidio
dell
'
acqua
in
questo
grande
cortile
da
tragedia
shakespeariana
nel
quintuplo
giro
dei
palchi
:
le
porpore
stinte
:
i
carboni
e
la
cenere
mescolati
ai
cristalli
:
l
'
oro
infamato
dal
fango
.
Nel
nome
di
Toscanini
,
e
cioè
nel
nome
della
musica
italiana
,
la
sala
è
stata
la
prima
a
risorgere
.
È
lì
,
ancora
,
oggi
come
tanti
anni
fa
-
come
cinquantaquattro
anni
fa
,
quando
il
Maestro
salì
sul
podio
per
la
prima
volta
a
dirigere
i
Maestri
cantori
-
Toscanini
è
saldo
;
tiene
le
redini
dei
poemi
musicali
in
pugno
,
come
gli
antichi
aurighi
nel
bronzo
greco
.
È
entrato
per
la
prova
generale
,
e
,
come
lui
vuole
,
nessuno
ha
applaudito
.
È
passato
dietro
alla
prima
fila
dei
violini
,
è
sul
podio
,
volta
le
spalle
alla
platea
:
davanti
non
ha
il
leggio
:
e
bisogna
indovinare
il
raccoglimento
,
la
profondità
,
la
fissità
,
la
mobilità
del
suo
sguardo
che
,
adesso
,
spazia
solamente
sulle
misure
della
musica
.
Io
,
più
fortunato
o
più
indiscreto
degli
altri
,
sono
andato
avanti
,
in
un
angolo
della
quarta
fila
,
e
ho
,
dietro
a
me
,
un
grande
spazio
vuoto
.
Oltre
che
sentire
,
oggi
voglio
«
vedere
»
Toscanini
.
Non
voglio
ripetere
la
frase
di
Emilio
Zola
che
,
quando
fu
a
Roma
per
scrivere
Roma
,
dopo
aver
visto
il
Pontefice
tornò
in
albergo
e
,
seduto
a
tavola
,
disse
alla
moglie
,
soddisfatto
:
J
'
ai
mon
Papa
...
Ma
,
di
«
tre
quarti
»
,
ho
il
«
mio
»
Toscanini
.
Vedo
i
suoi
capelli
bianchi
,
argentei
,
folti
e
mossi
sulla
nuca
.
Trovo
un
ricordo
antico
,
uno
dei
più
lontani
ricordi
d
'
infanzia
:
il
ricordo
di
un
bambino
accompagnato
per
mano
a
vedere
San
Petronio
,
a
Bologna
.
Mi
sembra
di
sentire
ancora
la
stretta
improvvisa
alla
mia
mano
di
bambino
.
Mi
dice
la
voce
di
un
caro
vecchio
rotta
dall
'
emozione
:
«
Guarda
là
!
...
Guarda
là
!...»
Aiutano
qualcuno
a
salire
su
una
carrozzella
:
non
vedo
bene
,
e
non
capisco
perché
mi
si
inviti
,
con
così
brusca
commozione
,
a
guardare
.
La
voce
vicina
a
me
dice
:
«Carducci...»
.
La
carrozzella
si
muove
con
il
suo
passeggero
che
ha
in
testa
,
mi
sembra
,
un
corto
tubino
.
Di
quel
passeggero
non
vedo
che
i
capelli
bianchi
,
argentei
,
folti
e
mossi
sulla
nuca
.
È
un
momento
,
e
la
carrozzella
scompare
.
Ho
visto
í
capelli
bianchi
di
Carducci
.
Guardo
,
adesso
,
e
li
trovo
simili
a
quelli
del
poeta
,
i
capelli
bianchi
del
Maestro
.
Ogni
tanto
egli
china
il
capo
,
quasi
toccando
con
il
mento
il
petto
.
Vedo
,
di
scorcio
,
la
«
rupe
»
della
fronte
,
sfiorata
dalla
luce
;
il
modellato
delle
tempie
e
dello
zigomo
,
in
ombra
.
Non
esiste
più
un
Vincenzo
Gemito
per
scolpire
,
così
,
di
Toscanini
un
ritratto
come
quello
di
Verdi
.
Penso
ai
capelli
bianchi
di
Verdi
.
Toscanini
non
è
un
uomo
vecchio
:
non
sarà
mai
un
uomo
vecchio
:
è
un
uomo
«
antico
»
,
modellato
in
qualcosa
di
incorrotto
e
senza
tempo
,
come
si
può
pensare
che
,
anche
giovani
,
fossero
taluni
geni
rupestri
,
come
Michelangelo
;
uomini
fatti
per
vivere
fra
le
rocce
,
come
le
aquile
.
Chi
ha
mai
pensato
di
contare
gli
anni
di
un
'
aquila
?
Le
aquile
non
vedono
incanutire
le
loro
penne
.
Hanno
gli
anni
del
loro
volo
.
La
sala
tace
.
Mille
,
millecinquecento
persone
sono
state
«
segretamente
»
ammesse
ad
ascoltare
la
prova
.
Il
Maestro
non
ha
negato
questo
dono
.
Gli
basta
che
la
gente
taccia
.
Laggiù
,
lassù
,
intorno
,
nei
nidi
dei
palchi
,
nelle
logge
delle
gallerie
c
'
è
un
pubblico
che
amo
.
Se
fra
cent
'
anni
un
regista
comporrà
un
film
dedicato
a
Toscanini
e
alla
sua
vita
,
non
dimentichi
questa
scena
e
queste
«
masse
»
.
Ci
sono
gli
intenditori
,
i
musicologi
,
i
musicisti
,
i
«
toscaniniani
»
.
Mi
permetto
di
consigliare
il
regista
a
non
dar
loro
importanza
,
in
questa
scena
.
Si
ricordi
,
invece
:
dei
ragazzi
e
dei
vecchi
:
chiami
a
raccolta
,
per
il
suo
film
,
a
voler
rifar
la
scena
d
'
oggi
,
molti
ragazzi
e
molti
vecchi
:
gente
che
domani
non
troverebbe
posto
,
vecchi
che
,
a
insinuarsi
nel
«
tutto
esaurito
»
di
un
grande
concerto
,
«
non
si
fidano
»
,
perché
hanno
il
peso
degli
anni
,
gli
acciacchi
,
la
difficoltà
di
sedere
e
di
respirare
tra
la
folla
,
il
pudore
di
mostrarsi
,
tra
la
folla
,
presi
dalla
commozione
e
forse
,
dalle
lagrime
per
l
'
onda
dei
ricordi
.
Gente
più
che
anziana
:
una
toccante
visione
:
gli
ottant
'
anni
non
si
contano
:
le
novantenni
,
che
si
sono
messe
in
ghingheri
e
sono
venute
avanti
sostenute
dalle
figlie
e
dalle
nipoti
,
non
si
contano
.
Occhi
e
cuori
che
ridanno
la
scalata
al
tempo
,
che
passano
a
guado
la
fiumana
dei
ricordi
di
mezzo
secolo
,
ai
tempi
delle
prime
di
Otello
-
mi
hanno
detto
-
ai
tempi
in
cui
si
combatteva
«
contro
»
la
musica
di
Wagner
.
Vecchie
,
canute
,
tremolanti
signore
alle
quali
,
cinquantaquattro
anni
fa
,
il
giovane
maestro
di
Parma
ha
insegnato
che
non
era
giusto
sospirare
solamente
per
i
tenori
,
ma
che
si
poteva
sospirare
per
Sigfrido
e
riconoscersi
nel
lamento
amoroso
di
Isotta
.
Sono
venute
fuori
dalle
loro
case
pomeridiane
,
ringraziando
la
giornata
mite
:
trattengono
i
colpi
di
tosse
.
Nell
'
ombra
dei
palchi
asciugano
una
lagrima
del
1898
.
Regista
:
non
dimenticare
i
ragazzi
.
Ce
ne
sono
di
quindici
,
di
diciotto
anni
;
ma
,
stranamente
,
hanno
quasi
tutti
un
viso
,
una
compunzione
,
una
espressione
da
attesa
di
prima
comunione
o
di
cresima
.
Hanno
diciotto
anni
:
ma
Toscanini
ha
la
virtù
di
riportarli
all
'
emozione
delle
favole
,
delle
fate
e
dei
maghi
.
Straordinario
nonno
,
Toscanini
:
i
ragazzi
sembrano
,
nella
penombra
della
sala
color
di
porpora
,
seduti
al
focolare
.
Regista
,
non
dimenticare
che
quest
'
ora
non
è
«
mondana
»
:
ma
,
affollata
di
vecchie
nonne
e
bisnonne
e
di
nipoti
e
pronipoti
,
dà
alla
sala
scaligera
il
colore
,
il
mormorio
,
la
fiducia
proprio
dei
vecchi
focolari
.
Una
mano
guida
la
straordinaria
favola
.
È
la
destra
che
ne
distribuisce
i
personaggi
e
i
sentimenti
,
l
'
onda
dell
'
amore
,
dei
dolori
,
del
compianto
,
della
stupefazione
:
che
fa
entrare
le
voci
dei
lunghicriniti
eroi
,
sorregge
pilastri
,
cupole
,
cieli
,
cattedrali
arboree
,
rocce
,
e
chiama
le
nuvole
,
e
accende
le
stelle
,
e
volge
il
corso
delle
comete
:
è
la
sinistra
che
fa
passare
sui
volti
e
sulle
cose
il
soffio
tiepido
o
arroventato
della
vita
,
e
dice
al
canto
:
«
Ama
!
»
,
e
dice
al
canto
:
«
Fremi
!
»
.
Romantiche
mani
che
nei
coni
di
luce
si
illuminano
:
pronte
al
gesto
del
dominio
e
all
'
impeto
squassante
,
come
,
per
prendere
la
tragedia
per
la
gola
e
dirle
:
«
Piegati
:
sei
mia
...
»
:
pronte
alla
carezza
più
sottile
,
come
se
insegnassero
ai
suoni
più
gracili
ad
alzare
le
palpebre
fiduciose
e
a
mostrare
i
loro
sguardi
di
bambini
:
pronte
all
'
eloquenza
concitata
,
pronte
a
dividere
il
Creato
in
due
;
da
una
parte
la
luce
,
dall
'
altra
l
'
ombra
:
pronte
a
riportare
leopardianamente
la
quiete
dopo
la
tempesta
,
e
a
dividere
fronda
da
fronda
nella
foresta
stillante
di
perle
per
scoprire
il
nido
degli
usignoli
.
Mani
che
implorano
:
mani
che
comandano
:
e
il
gesto
ha
l
'
imperio
di
quello
con
il
quale
Padre
Cristoforo
fece
tremare
il
cuore
del
malvagio
.
Mani
che
insegnano
il
sospiro
e
la
preghiera
,
il
gesto
delle
supplici
e
quello
della
consolazione
:
e
aprono
le
porte
di
bronzo
attraverso
il
cui
spiraglio
si
indovina
l
'
aldilà
.
Si
muovono
,
come
quelle
di
un
magico
tessitore
,
sul
telaio
dove
si
tessono
i
sogni
:
come
penso
si
muovessero
quelle
di
Tolstoj
quando
faceva
scendere
l
'
amore
nel
cuore
di
Natascia
,
o
quelle
,
forti
,
di
Wagner
,
quando
batteva
sull
'
incudine
l
'
acciaio
della
spada
.
StampaQuotidiana ,
Volle
concludere
in
bontà
.
A
un
certo
punto
non
scrisse
più
,
ma
visse
la
sua
poesia
.
La
visse
,
non
forse
perché
non
poteva
più
scriverla
,
ma
perché
l
'
animo
con
cui
l
'
aveva
scritta
,
a
poco
a
poco
,
dalla
sua
stessa
espressione
e
dai
modi
conclusivi
del
suo
esprimersi
doveva
esser
condotto
a
stimare
men
superfluo
,
ormai
,
e
più
naturale
dare
esempio
di
vita
alla
sua
voce
,
prova
di
fatto
alla
sua
parola
,
spogliandosi
dell
'
ultimo
interesse
della
bellezza
per
entrare
nell
'
assoluto
disinteresse
della
bontà
.
Il
nucleo
chiuso
della
sua
dura
e
travagliosa
individualità
artistica
,
pur
senza
aprirsi
,
pur
senza
allargarsi
,
s
'
era
a
mano
a
mano
stemperato
di
quegli
egoismi
personali
,
che
avrebbero
potuto
dare
ancora
valore
espressivo
e
rilievi
caratteristici
alla
sua
poesia
:
non
era
più
un
dolore
,
era
il
dolore
;
non
era
più
una
vita
,
era
la
vita
;
e
quello
stesso
amore
,
mal
posto
,
era
ai
suoi
occhi
buoni
l
'
amore
,
il
premio
dolce
e
supremo
.
L
'
ultimo
suo
libro
Homo
è
tutto
composto
infatti
di
ultime
e
nude
parole
per
lui
essenziali
,
nella
forma
poetica
più
essenziale
:
il
sonetto
:
cento
sonetti
che
han
l
'
aria
di
cento
iscrizioni
lapidarie
su
cose
e
sentimenti
eterni
:
la
vita
,
la
morte
,
il
mistero
,
la
natura
,
l
'
umanità
.
Non
gli
restava
più
,
oramai
,
che
ritornare
con
le
parole
che
aveva
dette
a
coloro
dai
quali
era
uscito
:
ai
contadini
,
per
insegnar
loro
a
scriverle
e
anche
a
viverle
,
com
'
egli
le
aveva
scritte
e
vissute
,
le
parole
che
aveva
dette
.
Ed
ha
veramente
il
valore
di
sacra
fatica
,
che
ha
una
goccia
di
sudore
su
la
fronte
d
'
un
contadino
,
ognuno
dei
quattordici
versi
di
quei
cento
sonetti
:
fatica
feconda
e
fecondatrice
.
Parecchi
di
essi
attingono
una
bellezza
assoluta
e
imperitura
.
StampaQuotidiana ,
Si
è
fermata
,
dunque
,
la
mano
del
grande
Maestro
.
Cerea
,
bianca
,
la
destra
si
è
incrociata
con
la
sinistra
sul
petto
,
nel
gesto
dell
'
ultima
pace
.
Il
grande
vecchio
è
immobile
,
al
centro
dell
'
immenso
segreto
dell
'
aldilà
.
Egli
non
può
più
dire
nulla
,
gli
uomini
non
conosceranno
più
le
vie
meravigliose
della
magica
memoria
,
i
battiti
infallibili
di
quel
cuore
carico
della
musica
di
tutti
i
tempi
.
Musica
eri
giovane
per
lui
,
e
lui
era
giovane
per
te
.
Quella
che
si
chiude
è
una
lunga
,
incantatrice
storia
d
'
amore
.
Amore
era
la
musica
di
Toscanini
.
Ancora
tempo
fa
,
dissero
,
egli
leggeva
Leopardi
e
qualcuno
pensava
di
donargli
,
dei
Canti
,
una
stampa
che
non
affaticasse
,
nella
notte
,
i
suoi
occhi
già
tanto
stanchi
.
Non
è
tutto
amore
Leopardi
,
pur
nella
sua
sconsolata
angoscia
?
Amore
il
sospiro
per
Silvia
,
amore
l
'
appello
alla
Luna
,
amore
il
pianto
per
la
melanconica
ginestra
,
amore
l
'
ascoltare
la
nota
del
passero
solitario
,
la
nota
che
scende
dal
silenzio
della
torre
antica
.
Amore
era
la
musica
di
Toscanini
nell
'
aurora
serena
e
nella
tempesta
notturna
,
nel
sospiro
e
nell
'
inno
,
nell
'
elegia
e
nel
peana
;
amore
nella
grazia
,
amore
nell
'
ira
,
nel
sangue
della
tragedia
,
nella
luce
argentea
della
favola
lunare
,
tra
le
rupi
e
le
fiamme
.
Egli
,
per
questo
amore
,
riportava
tutto
alla
legge
prima
:
quella
dell
'
amore
attorno
a
cui
tutto
il
mistero
del
creato
si
volge
,
«
sì
come
ruota
che
egualmente
è
mossa
»
.
Aveva
quattordici
anni
quando
morì
Wagner
,
trentadue
quando
chiuse
gli
occhi
Verdi
,
cinquantasette
quando
scomparve
Puccini
.
Da
tanti
anni
durava
dunque
la
sua
solitudine
e
,
in
questa
immensa
solitudine
,
conscio
di
stare
come
una
rupe
salda
in
mezzo
ad
un
mondo
in
naufragio
,
egli
non
viveva
che
per
far
rivivere
i
grandi
spiriti
.
Per
questo
,
forse
era
così
esigente
il
suo
spirito
mistico
di
musicista
,
per
questo
il
teatro
o
la
sala
dei
concerti
erano
la
sua
chiesa
,
per
questo
egli
esigeva
che
gli
ascoltatori
avessero
,
soprattutto
,
l
'
animo
dei
credenti
.
Questo
suo
intendere
l
'
esecuzione
musicale
come
un
fatto
mistico
non
era
un
atteggiamento
letterario
:
nasceva
probabilmente
dalla
coscienza
di
essere
l
'
interprete
di
una
superiore
misteriosa
volontà
:
di
quella
volontà
che
,
in
un
mondo
di
nebbie
,
di
incredulità
,
di
dubbi
e
di
lento
annichilimento
della
grande
civiltà
delle
anime
,
faceva
,
a
un
suo
cenno
,
risorgere
i
grandi
spiriti
che
avevano
amorosamente
o
tempestosamente
cantata
la
poesia
estrema
di
un
mondo
che
ormai
non
sapeva
più
rinnovare
i
valori
della
poesia
.
Il
destino
aveva
voluto
ch
'
egli
fosse
l
'
ultimo
nocchiero
di
quella
nave
che
aveva
percorso
tutti
gli
oceani
del
canto
:
ch
'
egli
fosse
l
'
ultimo
a
levare
le
sue
vele
e
a
drizzare
il
suo
timone
.
Interprete
di
un
mondo
immortale
i
cui
semidei
si
erano
spenti
senza
eredi
,
egli
,
di
quei
semidei
,
per
sorte
aveva
dovuto
essere
il
grande
evocatore
.
Tutti
morti
,
i
geni
,
alle
sue
spalle
.
Da
quanti
anni
,
da
quanti
decenni
si
poteva
pensare
che
Toscanini
si
guardasse
sconsolatamente
attorno
,
solo
vivente
,
in
attesa
di
uno
da
chiamare
fratello
?
Da
quanti
anni
viveva
solo
tra
prodigiosi
spettri
,
in
un
'
arte
che
non
riusciva
più
a
rinnovare
i
propri
miti
e
che
,
paurosamente
,
se
pur
viva
fra
i
suoi
Immortali
,
era
tutta
ormai
solamente
Passato
?
Di
qui
la
necessità
di
un
'
istintiva
convinzione
mistica
:
il
suo
rigore
quasi
di
sacerdote
davanti
alla
necessità
di
ricreare
ogni
volta
il
miracolo
non
di
una
esecuzione
,
ma
di
una
resurrezione
:
le
sue
ire
procellose
per
la
minima
cosa
che
gli
potesse
sembrare
errore
od
offesa
all
'
Idea
e
al
Tempio
:
il
suo
dubbio
costante
e
le
sue
affermazioni
,
ad
un
certo
momento
,
dogmatiche
;
la
sua
instancabile
attenzione
nel
migliorare
se
stesso
,
per
chiarire
sempre
meglio
a
se
stesso
il
mistero
musicale
;
il
suo
intendere
il
teatro
come
un
tempio
e
il
podio
come
il
gradino
dell
'
altare
.
Solamente
perché
gli
era
possibile
di
rinnovare
così
il
miracolo
della
resurrezione
dei
grandi
spiriti
,
egli
non
fu
vinto
mai
dall
'
angoscia
della
solitudine
in
un
mondo
nel
quale
,
ormai
,
sembrava
che
la
musica
sorgesse
solamente
dai
grandi
Sepolcri
.
Così
,
perché
per
la
magia
di
un
cenno
,
per
l
'
improvviso
battere
concorde
dei
cuori
,
per
l
'
improvviso
eguale
respiro
di
due
anime
,
i
grandi
spiriti
si
risvegliavano
in
lui
,
egli
,
con
tali
antichi
fratelli
accanto
,
da
Beethoven
a
Verdi
,
poté
non
sentirsi
solo
nel
mondo
che
si
svuotava
di
canti
,
e
poté
,
con
tali
fratelli
accanto
,
per
essi
vivere
così
a
lungo
.
Mancate
le
forze
per
ripetere
ogni
giorno
la
grande
evocazione
,
era
destino
ch
'
egli
non
potesse
più
vivere
.
Interprete
sommo
d
'
ogni
musica
,
la
forza
del
suo
genio
vivificatore
doveva
far
di
lui
,
nel
mondo
,
l
'
estremo
e
maggiore
rappresentante
del
genio
musicale
italiano
.
Egli
era
infatti
della
razza
dei
geni
italiani
,
nati
e
cresciuti
nella
semplicità
,
anche
se
sapientissimi
:
nati
in
obbedienza
ad
un
estro
,
ad
un
intuito
,
ad
un
istinto
poetico
.
Stendhal
si
sarebbe
incantato
per
lui
con
lo
stesso
felice
incantesimo
che
l
'
aveva
avvicinato
a
Rossini
.
Toscanini
era
fatto
per
riconoscere
sempre
la
via
più
breve
per
percorrere
qualunque
labirinto
.
Nato
in
un
paese
dove
gli
inverni
sono
nebbiosi
e
dove
erano
fiochi
,
al
tempo
della
sua
adolescenza
,
i
lumi
per
le
strade
,
all
'
ombra
dei
giganteschi
palazzi
incompiuti
di
Parma
,
e
sulle
rive
tenebrose
del
torrente
alla
cui
rapinosa
voce
invernale
fra
i
ciottoli
sotto
alla
Pilotta
dei
Farnese
sembra
aver
pensato
Verdi
per
il
quarto
atto
del
Rigoletto
,
Toscanini
era
abituato
a
non
sbagliare
mai
strada
anche
nel
fitto
delle
partiture
più
buie
.
Il
suo
genio
si
chiamava
chiarezza
:
entrava
nei
capolavori
non
di
fianco
,
ma
dall
'
alto
,
quando
,
come
vista
verticalmente
,
la
loro
topografia
gli
aveva
rivelato
i
segreti
del
buon
orientamento
.
Si
può
dire
che
,
allora
,
egli
calasse
,
piombasse
sul
capolavoro
con
l
'
infallibilità
di
un
falco
.
Di
tutti
i
popoli
del
mondo
,
l
'
italiano
è
quello
che
più
ha
amato
l
'
ordine
:
altrimenti
non
sarebbe
stato
un
popolo
di
grandi
architetti
,
e
i
suoi
poeti
non
avrebbero
creato
ed
amato
la
disciplina
musicale
del
sonetto
.
Intendere
l
'
ordine
segreto
,
le
segrete
misure
,
i
rapporti
di
temi
e
di
cadenze
di
una
musica
apparteneva
all
'
intuito
architettonico
e
musicale
degli
italiani
,
inventori
della
terzina
e
del
sonetto
,
dell
'
endecasillabo
e
dell
'
ottava
,
dell
'
arco
,
del
portico
,
del
chiostro
,
della
basilica
e
della
cupola
,
del
duetto
,
del
quartetto
,
del
«
concertato
»
,
della
polifonia
.
Si
trattava
,
per
Toscanini
,
prima
di
tutto
di
scoprire
e
di
ridisegnare
e
di
riplasmare
una
architettura
:
poi
,
di
farvi
vivere
dentro
uno
spirito
e
cantare
una
anima
.
Era
il
momento
in
cui
egli
soffiava
il
suo
stesso
spirito
sulla
bocca
del
colosso
.
Il
gigante
si
risvegliava
e
lui
gli
diceva
:
«
Cammina
e
canta
...
»
.
Così
,
in
mezzo
alle
partiture
più
rupestri
e
più
selvose
,
egli
andava
dritto
,
come
un
rabdomante
,
a
scoprire
l
'
essenziale
,
e
cioè
la
sorgente
del
canto
:
e
non
per
nulla
,
come
esecutore
di
musica
,
egli
veniva
dalla
grande
famiglia
degli
archi
,
antico
suonatore
di
violoncello
,
lo
strumento
che
di
tutti
ha
la
voce
più
umana
.
Da
quel
momento
egli
camminava
,
infallibile
,
in
cerca
dell
'
umanità
del
canto
;
il
poema
sinfonico
più
folto
doveva
aprire
il
suo
intrico
contrappuntistico
,
la
foresta
doveva
schiudersi
,
la
luce
trovare
la
sua
strada
,
il
cuore
la
sua
voce
.
«
Non
abbiate
paura
di
cantare
!
»
,
gridava
il
vegliardo
ai
violini
.
Il
canto
voleva
dire
chiarezza
sulla
ormai
ineluttabile
strada
della
poesia
.
Calato
sul
capolavoro
dall
'
alto
,
egli
,
ormai
,
non
doveva
assediarlo
e
penetrarlo
e
illuminarlo
dall
'
esterno
.
La
sua
creazione
cominciava
dall
'
interno
,
dal
nido
più
segreto
della
foresta
,
dalle
radici
vitali
,
dall
'
humus
della
sua
fecondità
.
Il
capolavoro
rigerminava
per
lui
:
e
sotto
al
suo
cenno
rinascevano
le
grandi
querce
,
risorgevano
le
cattedrali
,
salivano
al
cielo
le
cupole
delle
basiliche
.
Ogni
vastità
polifonica
,
ogni
ampiezza
di
affresco
sonoro
,
ogni
impeto
ed
ogni
squillo
erano
adesso
possibili
,
ed
ogni
murmure
e
ogni
tremore
stellare
di
note
.
I
Personaggi
,
Otello
e
Sigfrido
,
Wotan
e
Lucia
,
Figaro
e
Brunilde
,
Mimi
e
Parsifal
,
potevano
,
ora
,
avanzare
al
proscenio
.
Era
il
momento
in
cui
l
'
umanità
poteva
finalmente
entrare
,
ad
un
cenno
del
maestro
,
per
la
grande
porta
,
quella
per
la
quale
passa
la
sua
estrema
espressione
:
la
poesia
.
Grigio
e
molte
volte
disperato
è
stato
il
nostro
tempo
,
amare
le
nostre
vicende
,
infelice
per
tante
voci
la
generazione
di
noi
che
,
nella
sua
piena
maturità
,
lo
udimmo
appena
fanciulli
o
giovinetti
:
ma
anche
per
noi
delle
ultime
generazioni
una
luce
veniva
,
una
luce
è
venuta
da
quelle
mani
,
ora
ferme
e
incrociate
nell
'
atteggiamento
dell
'
ultima
pace
.
Il
nostro
cuore
è
stato
preso
fra
le
mani
di
questo
grande
vecchio
italiano
che
di
Verdi
poteva
essere
considerato
spiritualmente
,
il
figlio
.
Egli
veniva
dal
Grande
Tempo
:
era
nato
nella
Grande
Stagione
,
quando
non
si
pensava
ancora
che
per
il
canto
fosse
iniziato
il
mesto
Autunno
e
tutto
pareva
ancora
un
rigoglio
primaverile
di
spiriti
.
Egli
veniva
dalla
riva
delle
Grandi
Speranze
,
e
ci
ha
aiutato
a
credere
ancora
nella
Speranza
e
a
riconoscere
le
anime
che
indicano
l
'
immortalità
della
bellezza
e
della
poesia
.
Confortatore
,
illuminatore
,
sacerdote
musicale
di
quattro
generazioni
,
a
lui
,
nella
cui
musica
tante
volte
segretamente
anche
noi
ci
siamo
sentiti
purificati
come
,
in
una
confessione
,
va
il
pensiero
,
come
nella
invocazione
verdiana
.
Va
'
dunque
,
pensiero
degli
italiani
,
verso
il
caro
grande
vecchio
muto
e
solo
,
verso
quel
volto
chiuso
nell
'
ultima
maestà
,
immobile
al
centro
dell
'
immenso
segreto
dell
'
aldilà
.
StampaQuotidiana ,
22
agosto
.
Da
avant
'
ieri
si
sono
riaccesi
i
combattimenti
su
tutta
la
fronte
degli
eserciti
,
nel
teatro
occidentale
della
guerra
europea
.
Ma
non
il
solo
ricominciare
di
essi
fa
credere
che
la
grande
battaglia
sia
iniziata
.
Già
otto
o
dieci
giorni
or
sono
erano
avvenuti
altri
scontri
,
e
assai
sanguinosi
:
e
pure
si
era
capito
che
costituivano
soltanto
semplici
combattimenti
d
'
avanguardie
o
di
corpi
distaccati
.
Preannuncia
ora
la
lotta
suprema
il
ripetersi
,
con
forze
maggiori
,
delle
mosse
che
erano
già
state
tentate
dai
combattenti
quasi
negli
stessi
luoghi
con
gli
stessi
scopi
.
Si
capisce
che
,
soltanto
per
preparare
il
tentativo
supremo
,
si
ripete
oggi
quello
elle
ieri
si
era
provato
,
senza
preoccuparsi
di
cercare
il
nuovo
,
pur
di
ottenere
lo
scopo
.
Da
che
cosa
dipende
questa
mancanza
di
nuovi
brillanti
disegni
di
operazioni
?
Non
si
è
potuto
,
data
la
mole
degli
eserciti
,
cambiare
i
piani
?
Si
è
riconosciuto
che
meglio
vale
insistere
in
un
disegno
,
anche
se
in
parte
svelato
,
piuttosto
che
tentare
d
'
improvvisarne
altri
?
Forse
,
le
due
necessità
si
sono
imposte
insieme
ai
tedeschi
e
ai
francesi
.
La
battaglia
si
avvia
lentamente
;
assai
probabilmente
si
svolgerà
a
lungo
,
in
molte
lunghe
giornate
;
finirà
forse
pure
lentamente
,
per
esaurimento
.
Molti
saranno
i
rivolgimenti
e
le
mutazioni
per
cui
passerà
,
e
il
risultato
non
sarà
conosciuto
,
forse
,
che
qualche
giorno
dopo
che
le
armi
avranno
taciuto
.
Gli
episodii
,
e
,
più
ancora
,
il
risultato
,
faranno
dimenticare
i
segni
con
i
quali
essa
si
è
iniziala
.
Ma
,
per
poterci
rendere
conto
un
giorno
dei
suoi
effetti
,
è
necessario
fissare
bene
i
segni
stessi
ora
,
mentre
li
vediamo
nitidamente
,
non
turbati
dalla
fortuna
o
dagli
errori
degli
uomini
.
Quale
dei
due
avversari
si
presenta
oggi
alla
battaglia
in
condizioni
strategiche
,
cioè
di
concezione
,
migliori
?
Riassumiamo
la
situazione
.
Scendendo
da
nord
a
sud
,
i
due
eserciti
sono
così
dislocati
.
Nel
Belgio
,
i
tedeschi
hanno
raggiunto
la
linea
Dinant
-
Neufchâteau
:
più
a
nord
di
Dinant
la
loro
cavalleria
ha
spazzato
il
paese
ed
è
entrata
in
Bruxelles
:
più
a
sud
di
Neufchâteau
fronteggiano
i
francesi
.
Questo
significa
che
,
per
quanto
riguarda
gli
alleati
,
l
'
esercito
belga
,
battuto
o
no
,
è
stato
staccato
dal
franco
-
inglese
,
ed
è
in
ritirata
,
voluta
o
imposta
,
su
Anversa
;
che
le
piazze
forti
di
Liegi
,
Huy
e
Namur
,
senza
la
guarnigione
mobile
elle
forma
la
loro
forza
viva
,
sono
state
mascherate
da
poche
truppe
e
sorpassate
;
che
l
'
azione
dei
franco
-
inglesi
non
si
è
ancora
sviluppata
contro
gli
avversarli
.
La
destra
tedesca
avanza
contro
il
fianco
sinistro
francese
,
e
,
con
obiettivo
assai
più
lontano
,
contro
Parigi
.
Al
centro
,
nella
Lorena
,
i
tedeschi
sono
appoggiati
alle
fortezze
di
Metz
e
di
Strasburgo
,
ed
hanno
finora
quasi
dappertutto
respinto
i
francesi
,
infliggendo
loro
perdite
abbastanza
gravi
.
Ma
ieri
i
francesi
pare
siano
riusciti
a
sboccare
nella
regione
Delme
-
Morhange
-
Finstingen
,
sulla
linea
di
comunicazione
fra
Metz
e
Strasburgo
.
Poiché
la
regione
di
Morhange
,
non
più
larga
di
35
chilometri
,
è
boscosa
ed
acquitrinosa
,
e
quindi
di
assai
difficile
passaggio
,
il
vantaggio
francese
è
lieve
:
si
può
ritenere
che
qui
i
due
eserciti
si
bilancino
.
A
sud
,
i
tedeschi
,
cedendo
sotto
l
'
avanzata
francese
,
si
ritirano
dall
'
Alsazia
meridionale
verso
Strasburgo
.
L
'
esercito
repubblicano
ha
ottenuto
fino
ad
oggi
nell
'
antica
provincia
francese
i
maggiori
vantaggi
della
campagna
,
occupando
la
linea
Schirmeck
-
Gebweiler
-
Mulhouse
-
Dannemarie
e
i
passi
dei
Vosgi
.
Esso
è
laggiù
veramente
e
risolutamente
penetrato
in
territorio
nemico
.
Attorno
alle
truppe
francesi
e
tedesche
che
si
fronteggiano
quasi
immobili
nella
Lorena
,
le
due
lunghe
linee
combattenti
stanno
dunque
girando
come
attorno
ad
un
perno
;
la
linea
tedesca
,
avanzando
la
destra
e
ritirando
la
sinistra
,
la
franco
-
inglese
tenendo
indietro
la
sinistra
e
avanzando
la
destra
.
Il
movimento
è
simmetrico
:
nei
tedeschi
più
grandioso
,
nei
francesi
più
risoluto
.
L
'
offensiva
tedesca
offre
due
caratteri
principali
:
di
schierare
molle
forze
contro
la
parte
più
debole
della
linea
fortificata
della
frontiera
francese
,
e
di
aprire
a
queste
forze
la
via
più
diretta
su
Parigi
.
L
'
insistenza
dei
tedeschi
nel
tentare
il
passaggio
per
il
Belgio
è
comprensibile
.
Sboccando
di
qui
,
e
dal
Lussemburgo
,
si
evita
la
terribile
linea
fortificata
della
Alosa
,
fra
Toul
e
Verdun
.
Questa
linea
non
è
soltanto
poderosa
,
ma
sorge
quasi
alla
frontiera
:
trattiene
quindi
l
'
esercito
che
la
deve
assediare
lontano
dalla
terra
francese
.
La
linea
La
Fère
-
Laon
-
Reims
,
contro
cui
va
a
urtare
chi
proviene
dal
Belgio
,
non
solo
è
meno
forte
della
prima
,
ma
è
anche
assai
più
arretrala
.
L
'
esercito
tedesco
,
giunto
dinanzi
alle
tre
fortezze
,
ha
già
arrestato
la
vita
di
buona
parte
della
Francia
.
Ha
portalo
la
guerra
e
i
suoi
mali
nel
territorio
avversario
ed
ha
raggiunto
un
primo
scopo
,
perché
l
'
esercito
francese
non
può
rimanere
inerte
dinanzi
all
'
invasione
,
e
deve
spostarsi
per
ricacciare
l
'
invasore
.
Ora
spostarsi
indietro
e
a
settentrione
,
vuol
dire
per
i
francesi
abbandonare
la
frontiera
dell
'
est
,
la
meglio
fortificata
,
la
più
conosciuta
,
quella
in
cui
ogni
uomo
ha
il
suo
posto
di
combattimento
.
I1
vantaggio
strategico
che
i
tedeschi
otterrebbero
,
riuscendo
nella
loro
manovra
,
sarebbe
immenso
.
Né
meno
rilevante
è
il
secondo
vantaggio
,
dell
'
avvicinamento
all
'
altro
scopo
dell
'
offensiva
,
Parigi
.
L
'
obiettivo
di
un
esercito
è
,
in
una
guerra
,
l
'
esercito
avversario
:
via
uno
dei
mezzi
per
attirare
a
sé
questo
esercito
può
essere
la
minaccia
della
capitale
,
quando
la
capitale
,
se
non
è
tutta
la
nazione
,
è
gran
parte
di
essa
come
in
Francia
.
Sappiamo
bene
che
anche
giunto
alle
valli
dell
'
Oise
,
dell
'
Aisne
e
della
Marna
,
l
'
esercito
tedesco
incontrerà
una
fortissima
resistenza
.
Ma
la
strada
che
parte
dal
Belgio
è
più
breve
di
quella
che
parte
dalla
Lorena
per
arrivare
a
Parigi
:
e
in
una
guerra
in
cui
tutte
le
mosse
sono
,
o
dovrebbero
essere
,
misurate
secondo
il
tempo
disponibile
,
questo
vantaggio
è
decisivo
.
Quali
effetti
può
produrre
,
di
fronte
all
'
avanzata
tedesca
di
così
netti
caratteri
,
l
'
avanzata
francese
?
L
'
invasione
dell
'
Alsazia
è
,
certamente
,
un
grande
avvenimento
morale
,
e
serve
a
ravvivare
lo
spirito
delle
truppe
francesi
.
Ma
possedere
l
'
Alsazia
,
sotto
l
'
aspetto
militare
,
non
significa
che
possedere
un
corridoio
,
le
porte
del
quale
(
Hüningen
,
Lorrach
e
Neu
-
Breisach
ad
est
,
Strasburgo
a
nord
)
sono
in
mano
dei
tedeschi
.
Non
si
può
ammettere
una
franca
avanzata
francese
verso
est
,
perché
andrebbe
a
finire
contro
il
Baden
:
cioè
contro
un
paese
che
non
costituisce
nucleo
vitale
per
l
'
Impero
,
e
si
può
tranquillamente
lasciare
invadere
,
in
attesa
che
la
decisione
maturi
in
altri
luoghi
.
Per
avere
qualche
efficacia
,
l
'
avanzata
francese
,
dopo
la
corsa
fino
al
Reno
,
dovrebbe
mutare
rotta
verso
nord
,
per
prendere
di
fianco
o
di
rovescio
,
se
è
possibile
,
la
linea
tedesca
.
Ma
in
questo
caso
non
solo
la
linea
di
marcia
francese
diventerebbe
lunghissima
,
ma
cozzerebbe
contro
una
delle
fortezze
più
potenti
dell
'
Impero
,
Strasburgo
.
E
una
volta
arrestate
da
Strasburgo
,
le
truppe
dell
'
Alsazia
a
che
cosa
potrebbero
servire
?
Strasburgo
non
è
tale
ostacolo
che
si
possa
circondare
con
poche
forze
,
per
passar
oltre
:
ed
aumenta
la
sua
efficacia
con
quella
del
Reno
,
che
l
'
esercito
francese
dovrebbe
valicare
,
per
sentirsi
un
po
'
a
suo
agio
:
poiché
non
si
può
agevolmente
ammettere
che
cerchi
di
frammettersi
Tra
Metz
e
Strasburgo
,
senza
prima
averle
assediate
.
Ma
queste
operazioni
quanto
tempo
richiederebbero
per
l
'
esecuzione
?
L
'
offensiva
tedesca
offre
inoltre
minori
pericoli
della
francese
:
benché
ciò
,
a
prima
vista
,
non
paia
.
Si
può
infatti
con
molta
probabilità
ritenere
che
,
per
alcuni
giorni
,
l
'
esercito
tedesco
non
debba
avere
contro
di
sé
,
nell
'
avanzata
,
che
quello
franco
-
inglese
.
L
'
esercito
belga
costituisce
una
minaccia
ma
non
immediata
:
perché
la
sua
ritirata
su
Anversa
non
può
dipendere
che
da
una
riconosciuta
impotenza
a
resistere
o
da
una
sconfitta
.
Ma
se
l
'
esercito
tedesco
riesce
ad
avanzare
,
la
sua
unione
con
le
truppe
della
Lorena
gli
dà
tanta
saldezza
,
che
a
tenere
lontani
i
belgi
possono
bastare
forti
distaccamenti
di
copertura
.
Né
c
'
è
da
temere
,
per
ora
,
di
rinforzi
inglesi
ai
belgi
:
perché
gli
inglesi
,
che
potranno
in
avvenire
pesare
con
tanta
forza
sulle
sorti
della
guerra
,
hanno
già
inviato
per
il
momento
tutto
ciò
che
potevano
col
corpo
di
spedizione
che
è
a
contatto
con
i
francesi
.
La
minaccia
sul
fianco
tedesco
e
sulle
retrovie
esiste
quindi
:
ma
non
deve
essere
calcolata
più
di
quanto
valga
,
perché
,
per
essere
esercitata
,
richiede
che
l
'
esercito
belga
esca
dalle
linee
di
Anversa
:
e
non
è
detto
che
esso
possa
fare
subito
ciò
.
Fino
a
quando
rimarrà
ad
Anversa
i
tedeschi
potranno
sempre
rifornirsi
dal
sud
,
e
guardarsi
a
nord
.
Non
,
è
la
stessa
cosa
per
l
'
esercito
francese
dell
'
Alsazia
.
In
mano
ai
tedeschi
sono
tutti
i
ponti
del
Reno
,
da
Hüningen
a
Strasburgo
,
e
le
fortezze
renane
.
Ora
,
un
'
avanzata
francese
che
risalga
l
'
Alsazia
lascia
per
parecchie
decine
di
chilometri
il
fianco
destro
esposto
ad
un
attacco
proveniente
dal
Baden
e
scopre
la
depressione
di
Belfort
,
larga
circa
35
chilometri
.
Ma
il
Baden
è
paese
di
confine
,
dove
possono
annidarsi
truppe
non
soltanto
tedesche
ma
anche
austriache
,
senza
che
queste
ultime
,
si
può
dire
,
abbiano
fatto
un
passo
fuori
della
patria
,
poiché
il
Tirolo
è
a
ben
poca
distanza
dal
Baden
.
E
si
comprenderà
il
pericolo
di
riunire
e
fare
inoltrare
grandi
forze
in
un
paese
lontano
,
chiuso
,
seminato
di
ostacoli
,
per
sguarnire
luoghi
dove
le
truppe
possono
essere
invece
assai
più
fruttuosamente
impiegate
.
Il
concetto
,
che
guida
l
'
esercito
tedesco
ad
agire
,
è
di
maggiore
efficacia
e
promettitore
di
migliori
risultati
del
concetto
francese
.
Ma
questa
superiorità
potenziale
tedesca
si
muterà
in
superiorità
reale
di
azione
?
Assicurerà
,
cioè
,
la
vittoria
?
La
risposta
è
impossibile
.
Ed
è
impossibile
non
solo
perché
l
'
attuazione
di
un
disegno
di
guerra
può
portare
molte
sorprese
,
ma
perché
questo
tedesco
,
in
particolare
,
è
in
relazione
col
disegno
di
guerra
del
teatro
orientale
d
'
operazioni
.
I
tedeschi
avevano
destinato
un
certo
numero
di
giorni
a
schiacciare
la
Francia
:
dopo
i
quali
dovevano
rivolgersi
contro
la
Russia
,
che
intanto
avrebbe
potuto
divenire
preponderantemente
minacciosa
.
Noi
non
sappiamo
se
abbiano
o
no
perduto
,
finora
,
qualche
giorno
rispetto
a
quelli
calcolati
:
ci
pare
però
che
il
tempo
rimasto
per
battere
la
Francia
,
prima
che
la
Russia
possa
entrare
efficacemente
in
campo
,
sia
assai
breve
.
E
in
questo
tempo
la
Germania
,
nonostante
la
superiorità
strategica
iniziale
,
potrà
riuscire
a
schiacciare
la
rivale
?
L
'
Austria
tratterrà
la
Russia
per
un
tempo
sufficiente
alla
vittoria
dell
'
alleata
?
Questo
problema
generale
si
sovrappone
al
particolare
del
teatro
d
'
operazioni
franco
-
tedesco
,
e
può
far
mutare
le
attuali
buone
condizioni
strategiche
della
Germania
rispetto
alla
Francia
,
in
condizioni
pieno
buone
o
addirittura
cattive
.
Totò ( Vergani Orio , 1948 )
StampaQuotidiana ,
Ho
passato
una
serata
con
Totò
,
nel
camerino
di
Totò
,
fra
le
quinte
con
Totò
e
,
dopo
lo
spettacolo
,
a
pranzo
con
Totò
.
L
'
ho
lasciato
alle
quattro
del
mattino
davanti
alla
porta
del
suo
albergo
.
Quando
sono
andato
a
casa
e
mi
sono
spogliato
,
ho
pensato
che
in
quello
stesso
momento
anche
Totò
si
spogliava
,
rimboccava
il
lenzuolo
,
sistemava
il
cuscino
.
Da
questo
pensiero
sono
nate
,
prima
che
prendessi
sonno
,
alcune
considerazioni
che
adesso
metto
sulla
carta
,
in
ricordo
della
serata
passata
con
l
'
attore
comico
più
popolare
d
'
Italia
e
,
certamente
,
fra
i
più
singolari
del
mondo
.
L
'
attore
comico
,
quando
il
carattere
delle
sue
occasioni
lo
ha
portato
a
raggiungere
lo
stile
e
la
fissità
della
grande
maschera
,
non
si
appartiene
più
.
Il
pubblico
continua
a
modo
suo
a
svolgere
mentalmente
la
vita
del
personaggio
che
l
'
attore
gli
ha
portato
innanzi
.
Il
sipario
cala
sull
'
ultima
passerella
di
Totò
,
e
Totò
non
ritorna
padrone
di
se
stesso
.
La
nostra
immaginazione
lo
segue
,
come
seguirebbe
Charlie
Chaplin
o
il
grande
clown
,
e
lo
fa
vivere
in
modo
e
nelle
situazioni
che
,
con
il
normale
repertorio
di
quella
maschera
,
non
hanno
nessuna
apparente
attinenza
.
Quando
il
grande
attore
tragico
si
strucca
e
rientra
nella
penombra
della
sua
vita
privata
,
la
nostra
fantasia
non
lo
segue
.
Ruggero
Ruggeri
depone
i
fascini
di
Aligi
e
l
'
immagine
di
Aligi
resta
staccata
dalla
vita
del
suo
interprete
.
Io
non
ho
mai
pensato
,
dopo
una
recita
di
Ruggeri
o
dopo
una
recita
di
Lucien
Guitry
,
all
'
andare
a
letto
di
Ruggeri
o
di
Guitry
come
ad
un
pretesto
per
continuare
,
nella
fantasia
,
la
vita
del
personaggio
che
essi
avevano
creato
innanzi
al
pubblico
.
Gandusio
può
avermi
fatto
ridere
ma
non
mi
fa
ridere
la
possibilità
di
immaginarmi
Gandusio
in
trattoria
,
dopo
teatro
,
davanti
a
una
cotoletta
.
Dopo
un
film
di
Charlot
,
continuerò
a
vedere
Charlot
in
tram
,
a
cena
o
mentre
cerca
le
chiavi
di
casa
o
mentre
preme
il
bottone
dell
'
ascensore
.
Ha
creato
una
maschera
identica
alla
sua
figura
umana
ed
egli
,
in
quanto
maschera
,
non
è
più
padrone
di
se
stesso
.
Lo
stesso
mi
accade
se
penso
a
Totò
nella
sua
camera
d
'
albergo
,
dopo
che
ha
passato
quasi
otto
ore
davanti
a
me
scrittore
che
cerco
di
scoprire
i
lineamenti
del
suo
ritratto
segreto
.
Totò
non
è
più
padrone
di
nulla
,
nemmeno
di
andare
a
dormire
in
santa
pace
.
Se
i
suoi
milleduecento
spettatori
di
ogni
sera
pensano
,
dopo
teatro
,
a
lui
che
va
a
letto
,
tutti
milleduecento
si
mettono
a
ridere
.
Totò
dorme
?
La
gente
ride
.
Totò
si
rivolta
nel
letto
?
Totò
perde
una
coperta
?
Totò
cerca
le
pantofole
?
Totò
non
trova
il
bottone
del
campanello
?
L
'
immagine
di
Totò
non
appartiene
più
a
Totò
.
Come
il
protagonista
del
racconto
di
Chamisso
che
ha
perduto
la
sua
ombra
,
l
'
attore
comico
,
costruendo
di
se
stesso
,
per
mostruose
ispirazioni
,
una
maschera
,
ha
perduto
la
propria
immagine
,
l
'
ha
ceduta
a
qualcuno
che
se
ne
è
fatto
padrone
e
che
può
muoverla
a
suo
piacimento
,
tirannicamente
.
Totò
può
,
per
questo
,
guadagnare
quanto
vuole
:
sarà
sempre
povero
,
di
quella
strana
povertà
dell
'
uomo
che
non
appartiene
più
a
se
stesso
.
Credo
che
per
questo
,
per
una
sia
pure
imprecisa
coscienza
di
questo
,
Totò
,
appena
esce
dal
rettangolo
di
luce
della
ribalta
,
sia
l
'
uomo
più
serio
che
ho
avvicinato
:
il
meno
ciarliero
,
il
più
misurato
nella
parola
e
nel
gesto
.
Totò
,
fra
le
quinte
,
non
fa
ridere
nemmeno
un
momento
.
La
conversazione
con
lui
è
piuttosto
difficile
perché
,
in
genere
,
non
si
pensa
mai
troppo
al
carattere
degli
uomini
e
alla
loro
posizione
davanti
al
proprio
destino
.
Con
un
poco
più
di
preventiva
meditazione
sul
tema
«
Totò
fra
le
quinte
»
,
sarebbe
stato
facile
immaginare
che
,
appunto
,
per
la
violenza
estrema
dei
colori
della
maschera
Totò
,
tanto
più
tenui
dovevano
essere
i
colori
dell
'
uomo
Totò
.
Non
si
pensa
mai
abbastanza
alle
cose
:
i
nostri
diplomi
di
«
fine
psicologo
»
meriterebbero
spesso
di
esser
fatti
a
pezzi
.
Com
'
è
possibile
pensare
che
Totò
uomo
,
appena
tra
le
quinte
,
non
debba
istintivamente
reagire
al
Totò
maschera
?
Totò
non
ha
bisogno
di
continuare
il
suo
personaggio
,
quando
cala
il
sipario
.
Il
suo
personaggio
continua
a
vivere
nella
memoria
e
nella
fantasia
.
Egli
torna
immediatamente
Totò
uomo
.
A
differenza
anche
di
molti
che
non
sono
attori
e
che
,
per
essere
assunti
nell
'
arte
e
nella
storia
al
ruolo
di
personaggi
storici
,
continuano
in
ogni
ora
,
solo
che
li
si
guardi
,
solo
che
pensino
di
essere
osservati
,
a
sforzarsi
di
assomigliare
al
loro
personaggio
o
di
disegnare
un
contrario
di
se
stessi
,
mi
pare
che
Totò
non
si
curi
nemmeno
di
costruire
un
antiTotò
.
Egli
non
è
il
contrario
di
se
stesso
:
non
è
il
«
pagliaccio
che
pranza
dopo
aver
fatto
ridere
»
o
la
maschera
che
ammicca
per
far
intendere
che
,
sotto
il
cerone
del
trucco
,
c
'
è
l
'
uomo
.
È
una
creatura
molto
differente
che
sembra
non
abbia
,
di
Totò
,
mai
sentito
parlare
e
che
per
Totò
abbia
una
estrema
indifferenza
.
Il
Totò
della
scena
resta
placidamente
attaccato
a
un
gancio
dell
'
attaccapanni
.
Padrone
chiunque
di
immaginarlo
per
le
vie
del
mondo
con
il
suo
stretto
tubino
,
la
sua
lunga
mascella
,
il
suo
riso
sgangherato
,
il
suo
collo
da
disossato
ballerino
fantoccio
.
Nella
vita
,
Totò
è
quasi
impacciato
,
quando
sorprende
che
il
nostro
sguardo
insiste
a
cercare
nel
suo
viso
una
maschera
che
non
è
più
sua
e
che
ormai
appartiene
alla
favola
del
nostro
tempo
.
Il
camerino
di
Totò
è
,
come
il
teatro
,
sottoterra
,
e
vi
si
arriva
per
complicati
labirinti
.
Quando
si
è
là
dentro
,
il
palcoscenico
sembra
lontanissimo
.
Ho
pensato
spesso
,
mentre
parlavo
con
Totò
durante
i
momenti
in
cui
si
cambiava
tra
una
scena
e
l
'
altra
,
a
certe
mie
esperienze
di
sommergibilista
oceanico
.
Non
solo
l
'
aria
è
quella
,
stanca
e
viziata
,
del
piccolo
quadrato
di
un
sommergibile
alla
massima
immersione
:
ma
è
quello
,
in
un
certo
senso
,
anche
il
silenzio
.
Il
pubblico
bisogna
ricordarselo
,
come
ci
si
ricorda
,
a
cento
metri
sott
'
acqua
,
della
superficie
azzurra
e
ondosa
del
mare
.
Non
si
sente
la
sua
voce
.
Si
cerca
istintivamente
il
periscopio
.
Questo
accade
perché
qui
non
arriva
nulla
,
nemmeno
il
risucchio
della
grande
ondata
spettacolare
della
rivista
che
svolge
intanto
,
nel
golfo
di
luce
del
palcoscenico
,
le
sue
grandi
manovre
di
colori
,
di
luci
,
di
piume
,
di
danze
,
di
vive
morbide
statue
di
donne
.
La
rivista
non
arriva
al
camerino
di
Totò
che
come
l
'
eco
,
se
potesse
giungerci
,
di
un
pianeta
lontano
.
Lo
spettacolo
,
per
chi
se
ne
sta
seduto
nel
camerino
,
è
come
avvenisse
sulla
luna
.
Su
una
parete
è
attaccato
un
piccolo
altoparlante
.
Basta
toccare
un
bottone
e
l
'
altoparlante
si
mette
a
parlare
e
a
cantare
:
parole
e
suoni
un
po
'
confusi
,
quasi
da
segnalazioni
medianiche
.
Anche
nelle
navi
da
guerra
in
navigazione
e
in
battaglia
,
imperiosi
altoparlanti
ripetono
,
nei
vari
ponti
,
alle
macchine
,
alle
stive
,
ai
depositi
di
munizioni
e
alle
torri
dei
cannoni
le
voci
del
comando
,
i
rumori
della
battaglia
.
Totò
mentre
si
trucca
per
la
nuova
scena
,
segue
,
ogni
tanto
,
alla
voce
roca
e
lievemente
sinistra
,
fredda
e
incorporea
dell
'
altoparlante
,
la
manovra
e
la
battaglia
.
La
presenza
di
quelle
voci
è
come
la
presenza
del
destino
,
è
come
il
monito
al
personaggio
per
dirgli
:
«
Ricordati
che
sei
Totò
»
.
Nessuno
può
entrare
.
Il
retroscena
di
una
rivista
è
uno
dei
luoghi
più
segreti
del
mondo
.
Una
soubrettina
o
una
ballerinetta
possono
sfilare
sulla
passerella
con
venti
centimetri
quadrati
di
stagnola
per
tutto
vestito
,
sotto
la
luce
implacabile
dei
proiettori
,
ma
nell
'
ombra
delle
quinte
la
bellezza
e
la
nudità
sono
elementi
di
lavoro
,
accanto
ai
quali
non
ci
si
può
fermare
come
fa
il
nottambulo
che
passa
un
quarto
d
'
ora
a
guardare
gli
operai
che
riparano
le
rotaie
del
tram
.
Il
camerino
di
Totò
,
con
il
lungo
corridoio
buio
che
lo
precede
,
mi
fa
anche
per
questo
pensare
alle
navi
da
guerra
dove
non
ci
sono
donne
.
Una
serata
dietro
le
quinte
con
Totò
è
una
serata
fra
uomini
:
uno
dei
quali
si
spoglia
e
si
riveste
ogni
momento
davanti
alla
propria
immagine
riflessa
in
due
specchi
.
L
'
immagine
è
quieta
,
quasi
assorta
,
fondamentalmente
malinconica
,
al
limite
del
doloroso
.
Non
si
ride
,
non
v
'
è
motivo
od
occasione
di
ridere
.
Sembra
che
Totò
non
abbia
quasi
ricordi
o
che
non
voglia
averne
,
stanco
dell
'
infinita
proiezione
di
se
stesso
nella
lunga
prospettiva
del
tempo
,
dall
'
infanzia
ad
oggi
.
L
'
altoparlante
porta
musiche
più
o
meno
indiavolate
.
Totò
è
sfigurato
dal
trucco
,
si
incolla
sulla
fronte
un
ridicolo
parrucchino
,
indossa
una
goffa
camiciola
.
Parla
di
quand
'
era
bambino
a
Napoli
e
aveva
delle
crisi
mistiche
e
riempiva
la
casa
di
altarini
.
Poi
voleva
fare
l
'
ufficiale
di
marina
.
Solo
a
venti
anni
vide
,
per
la
prima
volta
,
un
attore
e
da
allora
scoprì
la
sua
vocazione
.
Se
,
in
strada
,
incontrava
quel
vecchio
attore
,
lo
seguiva
timido
e
lo
sopravanzava
varie
volte
per
guardarlo
in
faccia
.
Parla
della
commedia
dell
'
arte
e
di
Pulcinella
.
E
veramente
Totò
è
il
Pulcinella
moderno
,
senza
maschera
,
con
la
faccia
lavata
,
complicato
con
tutto
il
grottesco
e
forse
anche
con
tutte
le
malinconie
geometriche
del
nostro
tempo
.
Quando
l
'
altoparlante
lo
avverte
che
è
l
'
ora
di
salire
in
palcoscenico
,
nel
praticabile
che
,
visto
dalla
platea
,
rappresenta
un
interno
di
vagone
-
letto
,
interrompe
il
racconto
e
va
verso
il
suo
lavoro
per
il
corridoio
buio
,
verso
il
palcoscenico
buio
.
Adesso
dal
piano
del
palcoscenico
,
lo
vedo
in
luce
,
nella
scatola
del
vagone
-
letto
,
dalla
vita
in
su
,
come
da
una
ribalta
di
teatro
di
burattini
.
Dalla
parte
dove
sono
io
,
il
silenzio
è
alto
come
è
fitta
l
'
ombra
rotta
qua
e
là
dagli
spiragli
di
luce
dei
camerini
.
La
maschera
è
là
,
come
nei
tempi
antichi
,
come
alla
piccola
ribalta
delle
piazze
napoletane
,
inquadrata
nell
'
immaginario
finestrone
del
treno
.
Tira
invisibili
fili
e
un
'
invisibile
umanità
ride
,
di
là
dalla
ribalta
,
come
per
un
comando
sovrumano
,
in
una
misura
infallibile
.
Alla
comicità
di
Totò
si
possono
trovare
molte
origini
,
come
sempre
si
fa
quando
si
parla
di
un
attore
comico
o
,
meglio
,
del
creatore
di
una
maschera
,
sia
esso
Charlot
,
Max
Linder
,
Prince
,
Ridolini
,
Buster
Keaton
.
Pochi
argomenti
come
quello
del
creatore
di
maschere
moderne
per
il
teatro
,
per
il
cinema
o
per
il
circo
(
pensate
al
clown
Giacomino
,
amato
parimenti
da
Kuprin
,
da
Andreew
e
da
Gorkij
;
pensate
ai
Fratellini
e
a
Grock
)
si
sono
prestati
a
saggi
lunghi
e
seri
.
Petrolini
è
stato
commentato
filosoficamente
da
Bontempelli
.
Su
Charlot
esiste
una
biblioteca
e
sui
Fratellini
un
mezzo
scaffale
di
libri
.
Quella
di
Totò
è
all
'
inizio
una
comicità
da
invertebrato
;
la
sua
prima
immagine
è
un
metro
snodato
,
di
quelli
gialli
da
falegname
.
Partendo
da
qui
,
la
sua
comicità
,
ubbidiente
ad
una
macabra
geometria
,
si
è
sviluppata
e
complicata
anche
con
certi
ghigni
sinistri
che
sembrano
rubati
a
una
pittura
di
Ensor
o
a
certe
diaboliche
incisioni
di
Goya
.
Il
tubino
e
la
redingote
sono
quelli
di
Charlot
,
certe
intonazioni
sono
ancora
di
Ettore
Petrolini
,
il
naso
e
il
mento
sono
quelli
di
Pulcinella
.
Da
questo
incrocio
è
nato
Totò
.
Totò
il
buono
come
lo
ha
chiamato
Zavattini
:
un
po
'
uomo
,
un
po
'
angelo
,
un
po
'
marionetta
e
un
po
'
clown
,
come
del
resto
ai
suoi
tempi
è
stato
Charlie
Chaplin
.
Un
comico
che
fa
ridere
con
le
ossa
,
muovendo
gli
angoli
più
imprevisti
dello
scheletro
.
Si
muove
,
nei
momenti
di
parossismo
,
come
si
muovono
sulla
lavagna
i
quadrati
costruiti
sui
lati
del
triangolo
del
teorema
di
Pitagora
.
Data
la
sua
origine
napoletana
,
non
è
forse
ingiusto
ricordare
la
geometria
di
certi
gesti
dei
mimi
greci
,
tramandati
nella
pittura
dei
vasi
ellenici
.
A
questa
violentissima
capacità
di
pantomima
si
accompagna
,
per
contrasto
,
l
'
alta
mestizia
degli
occhi
più
disillusi
del
mondo
.
La
bocca
sorride
e
si
illude
,
bonaria
;
gli
occhi
non
credono
alla
favola
gaia
entro
la
quale
vivono
;
il
corpo
balla
e
si
scompone
come
nel
grottesco
di
una
danza
macabra
.
Un
personaggio
che
sarebbe
piaciuto
ai
Goncourt
,
per
il
suo
verismo
e
,
per
la
sua
fantasia
,
a
Théophile
Gautier
.
Nelle
cronache
del
teatro
francese
del
Secondo
Impero
,
c
'
è
la
storia
di
qualche
comico
spettrale
che
piacque
anche
a
Victor
Hugo
.
Non
è
,
del
resto
,
Zavattini
profeta
letterario
di
Totò
,
il
romantico
degli
angeli
e
dei
poveri
?
Anche
se
,
nella
prospettiva
teatrale
,
la
mimica
facciale
più
sottile
deve
diventare
smorfia
violenta
e
l
'
attore
deve
moltiplicare
le
dosi
della
virtù
comica
per
ottenere
«
l
'
onda
lunga
»
che
lo
metta
in
contatto
con
lo
spettatore
lontano
,
il
suo
migliore
segreto
Totò
lo
ha
nelle
sfumature
:
un
millimetrico
flettersi
delle
sopracciglia
,
un
velarsi
improvviso
dell
'
occhio
,
un
intimo
ammiccare
forse
furbesco
e
forse
di
mestizia
.
Alla
una
e
mezzo
di
notte
,
un
uomo
di
media
statura
esce
dal
teatro
.
Ha
in
testa
un
cappello
color
noisette
,
un
paltò
dello
stesso
colore
,
una
camicia
di
seta
con
le
due
punte
del
colletto
fermate
da
una
spilla
.
La
strada
è
quasi
deserta
.
Nessuno
si
ferma
e
nessuno
ci
guarda
.
«
Non
ho
avuto
»
,
dice
,
«
una
carriera
difficile
,
non
ho
vissuto
molto
,
non
ho
avuto
nemici
.
Ho
avuto
una
vita
come
tutti
gli
altri
.
Sono
come
tutti
gli
altri
.
»
In
trattoria
,
mangia
un
piatto
di
prosciutto
e
un
piatto
di
spaghetti
.
Il
fotografo
,
naturalmente
,
vuole
riprenderlo
con
la
forchetta
in
mano
.
Totò
non
è
padrone
,
l
'
ho
visto
,
della
sua
immagine
.
Quando
,
chiamandolo
per
nome
,
l
'
ho
salutato
sulla
porta
dell
'
albergo
,
l
'
autista
del
tassì
notturno
si
è
affacciato
al
suo
sportello
,
per
vederlo
.
Probabilmente
avrà
pensato
che
io
avessi
scherzato
.
StampaQuotidiana ,
27
agosto
.
L
'
azione
tedesca
nel
teatro
occidentale
delle
operazioni
ha
proceduto
,
finora
,
metodicamente
sicura
.
I
tedeschi
,
prendendo
nettamente
l
'
offensiva
,
si
sono
trascinati
dietro
gli
avversarii
,
che
hanno
opposto
una
resistenza
valorosa
,
ma
un
po
'
confusa
e
tumultuosa
.
Se
la
guerra
fosse
scoppiata
soltanto
fra
la
Germania
da
una
parte
e
la
Francia
e
l
'
Inghilterra
dall
'
altra
(
per
il
contributo
che
questa
nazione
ha
dato
fino
ad
oggi
)
,
la
condizione
dell
'
esercito
tedesco
sarebbe
oggi
buona
,
e
tale
da
far
prevedere
la
sua
vittoria
finale
.
Ma
i
tedeschi
debbono
non
solo
vincere
l
'
avversario
occidentale
,
ma
vincerlo
a
tempo
fisso
.
Se
non
riescono
a
sciogliere
questo
problema
,
tutti
gli
sforzi
compiuti
,
tutto
il
sangue
sparso
sono
inutili
.
L
'
assioma
di
Napoleone
che
«
nulla
è
fatto
in
guerra
finché
non
è
fatto
tutto
»
non
ha
mai
trovato
una
dimostrazione
così
lampante
come
in
questo
caso
.
I
tedeschi
debbono
avanzare
sempre
,
senza
indugi
:
poiché
oggi
,
al
ventiseiesimo
,
giorno
di
guerra
,
non
ostante
i
loro
buoni
successi
complessivi
,
sono
appena
giunti
alla
frontiera
francese
e
non
hanno
affatto
disorganizzato
l
'
esercito
nemico
.
E
dietro
la
Francia
ancor
valida
compaiono
già
a
giorno
fisso
gli
altri
due
nemici
,
l
'
Inghilterra
e
la
Russia
.
Perciò
i
tedeschi
debbono
oggi
essere
in
procinto
di
tentare
il
supremo
sforzo
per
sconfiggere
i
francesi
.
I
loro
comunicati
tacciono
;
ma
non
c
'
è
niente
in
guerra
di
più
spaventoso
del
silenzio
di
chi
opera
.
Meglio
mille
volle
vedere
chiaramente
il
pericolo
anche
gravissimo
,
che
essere
costretti
ad
immaginarlo
.
L
'
immaginazione
supera
sempre
per
ispaventi
la
realtà
.
La
necessità
spinge
i
tedeschi
a
combattere
.
E
,
benché
non
dicano
quello
che
stanno
facendo
da
tre
giorni
,
nonpossono
essere
occupati
se
non
nella
terribile
marcia
innanzi
,
che
deve
rovesciare
l
'
esercito
francese
e
portarli
a
Parigi
.
Non
possono
riposare
.
La
grande
battaglia
,
cominciata
domenica
e
proseguita
lunedì
e
parte
del
martedì
,
non
può
,
non
deve
essere
finita
.
Cesserà
soltanto
quando
i
francesi
saranno
battuti
interamente
,
quando
l
'
invasione
della
Francia
sarà
avvenuta
,
quando
un
risultato
veramente
grande
sarà
ottenuto
,
sia
pure
con
grandissimi
sacrifici
.
È
questione
per
loro
di
vita
o
di
morte
.
Perché
la
Russia
è
discesa
a
sua
volta
in
campo
.
In
uno
dei
nostri
primi
articoli
abbiamo
cercato
di
dimostrare
come
la
decisione
di
questa
guerra
non
sia
probabilmente
affidata
,
militarmente
,
né
alla
Francia
né
alla
Germania
,
ma
alla
Russia
e
all
'
Inghilterra
.
Abituati
da
quarant
'
anni
a
pensare
la
guerra
europea
come
soluzione
di
una
contesa
particolare
fra
la
Germania
e
la
Francia
per
la
rivendicazione
delle
vittorie
tedesche
del
'70
,
noi
siamo
venuti
a
poco
a
poco
convincendoci
che
sul
Reno
e
tra
Germania
e
Francia
si
sarebbe
data
la
grande
battaglia
decisiva
del
nuovo
destino
dei
popoli
europei
.
Ma
questo
non
è
.
La
guerra
occidentale
è
l
'
episodio
secondario
del
conflitto
europeo
.
Non
pare
che
la
Russia
possa
mettere
ancora
in
campo
tutto
l
'
esercito
.
Le
battaglie
avvenute
alla
frontiera
della
Prussia
orientale
,
benché
siano
durate
sei
giorni
,
sembrano
essere
state
gravi
scontri
fra
truppe
di
copertura
tedesche
e
qualche
corpo
d
'
esercito
russo
,
già
pronto
e
avviato
innanzi
per
attuare
un
compito
secondario
,
che
fra
breve
cercheremo
di
spiegare
.
Un
'
avanzata
dell
'
intero
esercito
non
avrebbe
potuto
sfuggire
agli
occhi
vigili
degli
avversarii
austro
-
tedeschi
,
per
quanto
fosse
stata
bene
nascosta
.
Pare
che
la
Russia
voglia
operare
contro
i
nemici
con
una
trentina
circa
di
corpi
d
'
esercito
,
cioè
con
più
di
1.200.000
uomini
:
e
ognuno
capisce
come
questa
enorme
folla
non
possa
muovere
senza
essere
almeno
avvistata
.
D
'
altra
parte
i
russi
stessi
annunziarono
di
aver
combattuto
quei
sei
giorni
contro
forze
tedesche
che
variavano
fra
70.000
e
100.000
uomini
:
tenuto
conto
delle
immancabili
esagerazioni
fatte
anche
in
buona
fede
,
quelle
forze
costituiscono
soltanto
due
corpi
di
esercito
:
forse
quelli
di
Königsberg
e
di
Allenstein
,
che
sono
i
più
vicini
alla
frontiera
.
Se
l
'
esercito
russo
nella
Prussia
orientale
fosse
stato
intero
,
avrebbe
sforzato
assai
più
presto
l
'
avversario
.
Insomma
,
i
russi
hanno
mosso
innanzi
con
piccola
parte
dell
'
esercito
:
ma
la
rimanente
non
ha
seguito
e
non
sarà
forse
pronta
che
fra
qualche
tempo
ancora
.
Conferma
il
nostro
pensiero
il
fatto
che
l
'
esercito
austriaco
,
a
quanto
pare
,
non
ha
ancora
risolutamente
mosso
contro
l
'
avversario
.
Ora
,
fino
a
quando
nel
teatro
orientale
delle
operazioni
non
vedremo
entrare
in
azione
gli
austriaci
,
si
potrà
dire
che
la
grande
partita
non
è
ancora
impegnata
.
La
ripartizione
dei
compiti
degli
alleati
nella
guerra
sembra
oramai
abbastanza
chiara
per
essere
accennata
senza
timore
di
dare
un
giudizio
avventato
:
i
tedeschi
,
con
pochi
rinforzi
austriaci
debbono
bastare
contro
i
francesi
;
gli
austriaci
con
rinforzi
tedeschi
debbono
fronteggiare
i
russi
.
Il
teatro
della
Serbia
è
affatto
secondario
.
Una
terza
importante
ragione
fa
supporre
che
l
'
invasione
della
Prussia
orientale
non
sia
lo
scopo
principale
dei
russi
.
Il
loro
esercito
cercherà
di
marciare
verso
ovest
più
rapidamente
che
gli
sarà
possibile
,
schivando
le
fortezze
nemiche
e
gli
ostacoli
naturali
,
guadagnando
in
territorio
proprio
quanto
più
terreno
potrà
della
strada
di
Berlino
,
e
tenendosi
col
grosso
delle
forze
in
una
posizione
centrale
rispetto
agli
eserciti
nemici
.
Soltanto
così
potrà
rimediare
in
parte
al
tempo
perduto
per
la
mobilitazione
ed
entrare
in
lotta
improvvisamente
e
con
tutta
l
'
efficacia
.
La
strada
tracciata
naturalmente
per
conseguire
questi
scopi
,
è
quella
della
Polonia
russa
che
,
come
abbiamo
detto
,
si
incunea
per
circa
300
chilometri
fra
la
Prussia
orientale
e
la
Galizia
,
ed
è
appoggiata
alle
grandi
fortezze
di
Brest
Litowsky
,
di
Ivangorod
,
di
Novo
Georgiewsk
e
di
Varsavia
.
Dalla
frontiera
occidentale
polacca
si
minacciano
direttamente
la
Posnania
e
Berlino
:
si
incontrano
,
nella
marcia
in
avanti
,
poche
fortezze
,
e
minori
ostacoli
naturali
che
a
settentrione
;
e
si
può
volgere
rapidamente
tanto
a
parare
attacchi
tedeschi
provenienti
da
nord
,
quanto
attacchi
austriaci
più
gravi
provenienti
dalla
Galizia
.
Per
compiere
sicuramente
questa
avanzata
principale
è
necessario
avere
il
fianco
destro
sicuro
.
Ecco
il
motivo
assai
probabile
dell
'
attuale
azione
russa
nella
Prussia
orientale
.
Numerose
forze
,
costituenti
forse
più
corpi
d
'
esercito
,
debbono
essere
state
inviate
contro
i
tedeschi
,
per
batterli
e
mascherare
le
fortezze
della
frontiera
settentrionale
.
Sono
le
forze
che
ora
hanno
invaso
il
tratto
più
orientale
della
Prussia
.
Coperto
da
questa
muraglia
l
'
esercito
russo
potrà
poi
,
a
tempo
opportuno
,
portare
una
vigorosa
minaccia
contro
il
cuore
della
Germania
.
Dunque
una
sola
parte
,
e
la
parte
minore
,
dell
'
esercito
russo
ha
battuto
i
tedeschi
alla
frontiera
orientale
.
Non
ci
sono
stati
,
in
fondo
,
fino
ad
oggi
,
tra
russi
e
tedeschi
che
combattimenti
di
truppe
di
copertura
,
come
quelli
che
per
tanti
giorni
sono
successi
nel
teatro
di
operazioni
franco
-
tedesco
.
Ci
vorranno
altri
giorni
e
forse
altre
settimane
perché
tutto
l
'
esercito
russo
mobilitato
si
muova
.
Eppure
,
già
così
come
è
l
'
avanzata
russa
e
la
presa
di
Insterburg
e
di
Soldau
sono
un
terribile
richiamo
per
i
tedeschi
.
Questo
richiamo
dice
che
il
tempo
che
la
Germania
si
è
prefisso
per
combattere
,
da
sola
,
la
Francia
sola
,
sta
per
finire
:
se
esso
è
stato
bene
impiegato
produrrà
i
suoi
frutti
:
se
no
,
il
danno
ultimo
sarà
tedesco
.
Anche
se
l
'
esercito
austriaco
entrerà
nella
lotta
per
parare
alla
minaccia
russa
,
le
cose
saranno
cambiate
da
oggi
in
poi
.
Gli
avversari
potranno
sperare
con
buon
fondamento
che
,
se
dove
lo
sforzo
massimo
tedesco
era
preparato
in
tutti
i
suoi
particolari
,
il
buon
successo
non
è
stato
interamente
e
rapidamente
raggiunto
,
a
maggior
ragione
non
sarà
raggiunto
dove
era
meno
preparato
.
Ma
,
e
questo
sarebbe
assai
peggio
,
gli
avvenimenti
che
si
sono
svolti
potranno
mutare
le
condizioni
d
'
animo
tedesche
.
I
tedeschi
non
possono
affidare
senza
preoccupazioni
la
difesa
della
patria
agli
alleati
austriaci
,
perché
si
trovano
in
condizioni
troppo
differenti
da
questi
.
Mentre
una
vittoria
sugli
austriaci
disperde
i
russi
in
Galizia
e
in
Ungheria
,
una
vittoria
sui
tedeschi
li
conduce
verso
Berlino
,
che
non
è
lontana
più
di
300
chilometri
dalla
frontiera
.
Tutti
gli
interessi
tedeschi
sono
rovinati
da
un
'
avanzata
russa
:
pochi
interessi
sono
subito
toccati
da
una
sconfitta
austriaca
.
Procedere
quindi
vittoriosamente
in
Francia
quando
la
frontiera
orientale
è
aperta
,
e
già
i
fuggiaschi
di
Insterburg
si
rifugiano
nella
capitale
tedesca
,
può
parere
assai
arrischiato
:
e
le
menti
possono
essere
intorpidite
o
confuse
dalla
visione
della
patria
invasa
.
Si
combatte
strenuamente
quando
si
sa
che
la
decisione
dipende
soltanto
da
noi
:
si
ha
meno
fiducia
quando
si
pensa
che
nonostante
tutti
gli
sforzi
,
per
colpa
o
per
debolezza
d
'
altri
,
su
altri
campi
le
nostre
fatiche
e
il
nostro
sangue
possono
essere
consumati
inutilmente
.
Le
condizioni
della
Germania
,
da
tre
giorni
,
si
son
fatte
gravi
.
Essa
non
ha
ottenuto
finora
che
buoni
successi
:
ma
nell
'
insieme
questi
non
hanno
prodotto
un
risultato
decisivo
.
L
'
azione
considerata
assolutamente
,
cioè
solo
nei
confronti
con
la
Francia
,
è
stata
ben
ideata
e
condotta
:
ma
ha
richiesto
,
forse
,
molti
giorni
più
dei
previsti
.
La
Francia
non
è
stata
ancora
invasa
,
l
'
esercito
francese
è
ancora
organizzato
.
Si
delinea
la
possibilità
,
per
quanto
vaga
,
che
la
guerra
sempre
vittoriosa
sul
Reno
e
nel
Belgio
debba
fiaccare
per
opera
di
un
nemico
lontano
,
che
non
ha
quasi
ancora
combattuto
,
e
non
ha
fatto
altro
che
scendere
in
campo
.
La
Germania
non
può
uscire
da
questa
situazione
che
con
un
terribile
colpo
di
collare
.
Forse
lo
ha
dato
,
forse
lo
sta
dando
.
Se
non
le
riesce
,
può
considerarsi
forse
perduta
.
StampaQuotidiana ,
Non
mi
sembra
che
il
ricordo
di
Trilussa
possa
dividersi
da
quello
della
sua
casa
romana
,
dove
mi
pare
ch
'
egli
abbia
abitato
sempre
.
La
casa
fu
costruita
,
molti
anni
fa
,
da
un
certo
Corrodi
,
che
la
destinò
tutta
a
studi
di
artisti
.
I
lavori
del
Lungotevere
,
che
erano
stati
tanto
a
cuore
di
Garibaldi
,
erano
finiti
da
poco
tempo
;
a
quel
tratto
del
Lungotevere
-
da
cui
già
si
scopriva
,
non
ancora
nascosto
dalle
nuove
costruzioni
del
quartiere
di
Prati
,
là
,
in
fondo
a
via
Cola
di
Rienzo
,
il
profilo
delle
mura
del
Vaticano
-
era
stato
dato
il
nome
antipapalino
di
Arnaldo
da
Brescia
e
,
come
un
monito
ai
pellegrini
che
si
fossero
accinti
a
varcare
il
nuovo
ponte
,
era
stata
collocata
fra
quattro
platani
la
statua
di
Ciceruacchio
,
raffigurato
dallo
Ximenes
nell
'
atto
con
cui
il
fiero
popolano
si
denuda
Il
petto
per
offrirlo
alle
scariche
del
plotone
di
esecuzione
.
Cola
di
Rienzo
,
Arnaldo
da
Brescia
,
Ciceruacchio
:
a
Roma
,
almeno
come
toponomastica
,
si
respirava
ancora
un
'
aria
molto
«
Venti
Settembre
»
.
Il
villino
del
Corrodi
era
,
ed
è
ancora
,
un
edificio
di
stile
architettonico
incerto
,
che
avrebbe
potuto
essere
ispirato
dalla
scuola
romana
fra
il
'70
e
il
'90
,
quella
del
Kock
o
dei
vecchi
Piacentini
e
Bazzani
:
un
edificio
,
in
ogni
modo
,
di
una
certa
dignità
,
e
non
destinato
certamente
ad
ospitare
dei
«
morti
de
farne
»
com
'
erano
,
in
quegli
anni
,
gli
ospiti
degli
studi
di
via
Margutta
.
Il
pianterreno
era
diviso
in
quattro
grandi
spazi
,
adatti
particolarmente
a
scultori
.
Altri
quattro
erano
al
secondo
piano
.
Non
so
con
precisione
in
quale
anno
Trilussa
,
in
cambio
di
un
mese
d
'
affitto
anticipato
-
il
pagamento
semestrale
era
,
a
quei
tempi
,
possibile
solo
nella
grassa
Milano
:
a
Roma
si
era
di
respiro
molto
più
corto
-
sia
entrato
in
possesso
delle
chiavi
di
uno
degli
otto
studi
Corrodi
.
Ma
certamente
fu
parecchi
anni
prima
della
guerra
di
Tripoli
.
Trilussa
era
giovane
,
scapolo
,
e
poeta
:
era
giusto
che
si
cercasse
quello
che
allora
si
chiamava
un
«
eremo
»
in
una
località
piuttosto
fuori
mano
.
Aveva
-
ne
ho
ritrovata
l
'
immagine
in
una
rivista
del
gennaio
del
1900
-
baffi
neri
e
folti
,
che
solo
più
tardi
moderò
secondo
la
moda
«
americana
»
:
baffi
fine
Ottocento
dei
quali
si
parla
tanto
nelle
novelle
di
Maupassant
,
che
davano
un
brivido
delizioso
quando
sfioravano
,
in
un
bacio
,
il
collo
di
una
bella
dama
.
La
statura
sua
era
altissima
:
i
giornali
del
primo
Novecento
,
quando
andava
in
giro
per
l
'
Italia
a
leggere
i
suoi
versi
,
parlavano
delle
sue
gambe
«
smisurate
»
.
Credo
che
più
che
le
muse
,
molte
belle
donne
abbiano
,
e
per
molti
anni
,
bussato
alla
porticina
del
suo
studio
:
e
questo
mi
spiega
perché
buona
parte
delle
sue
poesie
,
se
non
proprio
tutte
,
Trilussa
mi
ha
detto
di
averle
scritte
,
invece
che
in
casa
,
per
strada
,
durante
certe
passeggiate
.
E
questo
mi
spiega
perché
,
quando
i
capelli
di
Trilussa
cominciarono
a
diventare
grigi
,
egli
avesse
fatto
intagliare
,
nelle
imposte
delle
finestre
terrene
,
certi
spioncini
da
cui
poteva
,
avvicinandosi
in
pantofole
,
vedere
se
gli
conveniva
,
o
no
,
aprire
la
porta
.
Quando
gli
italiani
cominciano
a
sognare
l
'
unità
del
proprio
Paese
e
ad
agitarsi
per
essa
,
subito
nella
nostra
letteratura
,
da
una
parte
,
si
schierano
í
poeti
che
chiameremo
«
in
lingua
»
e
,
dall
'
altra
,
i
«
dialettali
»
.
Queste
sono
forse
le
contraddizioni
indicatrici
del
temperamento
italiano
.
Si
fa
deserta
,
nel
suo
parco
al
Gianicolo
,
l
'
accademia
arcadica
del
Bosco
Parrasio
tanto
cara
ai
prelati
di
Pio
IX
,
e
da
Trastevere
vengono
al
mondo
il
Belli
e
Pascarella
e
Trilussa
.
Un
poeta
della
Maremma
e
un
poeta
d
'
Abruzzo
cantano
la
gloria
della
Dea
Roma
:
i
romani
rispondono
con
i
sonetti
e
con
le
favole
di
Trilussa
,
nelle
quali
di
Roma
con
la
maiuscola
si
parla
poco
e
quasi
niente
,
e
,
invece
che
girare
per
i
Fori
e
per
la
Via
Sacra
,
si
va
per
vicoli
e
cortili
e
osterie
a
conoscere
,
da
vicino
,
il
popolino
.
Trilussa
aveva
tredici
anni
quando
il
nipote
del
poeta
e
Luigi
Morandi
,
fra
il
1886
e
il
1889
,
mandarono
fuori
i
sei
volumi
dei
sonetti
di
Gioachino
Belli
sino
allora
malamente
noti
o
addirittura
stampati
alla
macchia
.
Le
date
contano
anche
nella
vita
dei
poeti
,
soprattutto
quando
sono
ragazzi
come
lo
era
allora
Trilussa
.
Dell'82
sono
Er
morto
de
campagna
e
la
Serenata
di
Pascarella
,
dell'85
Villa
Glori
,
e
del
'93
La
scoperta
de
l
'
America
.
Sono
degli
stessi
anni
le
rime
migliori
di
Gigi
Zanazzo
che
fonda
il
Rugantino
per
accogliere
e
diffondere
le
creazioni
della
poesia
vernacola
romanesca
.
Trastevere
,
Piazza
Navona
,
la
festa
di
San
Giovanni
con
i
lampioncini
e
le
lumache
fritte
,
diventano
temi
di
poesia
in
quella
stagione
.
Se
si
guarda
al
di
là
delle
mura
di
Roma
,
troveremo
,
nello
stesso
periodo
,
i
primi
sonetti
di
Salvatore
di
Giacomo
,
Zi
'
munacella
e
'
O
funneco
verde
.
Per
un
ragazzo
che
si
senta
nato
per
parlare
in
dialetto
la
scelta
del
maestro
-
anche
se
non
si
voglia
risalire
al
Porta
che
forse
ha
insegnato
qualcosa
persino
al
Belli
-
è
piuttosto
difficile
.
Per
quanti
anni
Trilussa
dovrà
portar
il
dolce
ma
grave
peso
di
esser
chiamato
l
'
erede
di
Pascarella
,
benché
non
l
'
abbia
imitato
mai
?
Chi
ha
parlato
di
lui
,
in
occasione
della
sua
morte
,
ha
dimenticato
,
mi
sembra
,
di
notare
ciò
che
il
giornalismo
aveva
dato
,
forse
anche
usandole
violenza
,
alla
poesia
di
Trilussa
.
Dei
caratteri
«
giornalistici
»
dell
'
autore
delle
Favole
si
è
ricordato
,
con
molto
acume
,
anni
fa
Pietro
Pancrazi
.
Fu
il
giornalismo
,
l
'
obbligo
di
pubblicare
i
versi
,
prima
che
in
volume
,
in
giornali
e
in
settimanali
,
che
costrinse
Trilussa
a
rammentarsi
sempre
di
scrivere
per
un
pubblico
largo
,
che
voleva
cose
rapide
nella
stesura
,
precise
nel
bersaglio
,
immerse
tutte
nella
realtà
e
non
sospese
a
metà
strada
tra
la
descrizione
e
il
«
caso
personale
»
come
poté
permettersi
,
parlando
molti
anni
dopo
a
pochi
amici
,
il
milanese
Delio
Tessa
.
Per
prima
cosa
i
versi
di
Trilussa
dovevano
,
fra
il
1890
e
il
1900
,
piacere
al
suo
direttore
Luigi
Cesana
,
un
giornalista
che
aveva
fatto
la
fortuna
del
«
Messaggero
»
rivolgendosi
,
e
non
si
vergognava
di
dirlo
,
al
pubblico
delle
portinaie
per
salire
,
da
questo
,
a
quello
dei
piccoli
impiegati
a
lire
1100
annue
:
dovevano
piacere
ai
cronisti
di
via
del
Bufalo
,
che
anch
'
essi
fornicavano
,
come
Nino
Ilari
,
con
le
muse
vernacole
e
poetavano
di
bulli
e
di
minenti
:
dovevano
corrispondere
a
fatti
e
sentimenti
di
interesse
generale
,
evitare
,
con
un
dialetto
tutto
cose
e
senza
troppi
aggettivi
-
senza
aggettivi
ai
tempi
di
D
'
Annunzio
!
-
ogni
nebulosità
.
Dovevano
poter
essere
letti
sul
tranvai
a
cavalli
di
corso
Umberto
e
annunciati
dagli
strilloni
dei
giornali
all
'
angolo
di
via
delle
Convertite
.
Il
primo
che
doveva
ridere
delle
favole
di
Trilussa
,
o
approvarne
l
'
ironia
,
era
il
tipografo
che
ne
componeva
a
mano
il
quadretto
in
carattere
grassetto
.
Lo
scopino
che
lo
vedeva
rincasare
all
'
alba
doveva
dire
:
«
Trilussa
ha
ragione
»
e
i
vetturini
,
che
,
mentre
davano
la
biada
ai
cavalli
al
largo
del
Tritone
,
lo
vedevano
spuntare
di
lontano
con
le
sue
gambe
interminabili
,
dovevano
dire
:
«
Questo
è
il
nostro
poeta
...
»
.
Egli
doveva
«
farsi
intendere
al
volo
»
,
come
certi
comici
di
teatro
:
e
per
questo
era
giusto
che
Ojetti
,
romano
come
lui
,
-
Trilussa
era
di
Trastevere
e
Ojetti
del
Rione
Colonna
-
collocasse
certi
colori
del
suo
umorismo
,
nativamente
popolare
,
vicino
a
quelli
della
tavolozza
di
Petrolini
.
Per
molti
anni
Trilussa
era
andato
al
giornale
con
la
poesia
in
tasca
,
così
come
un
attore
,
alle
otto
,
entra
in
camerino
a
truccarsi
per
presentarsi
al
pubblico
.
Una
vita
appartata
,
un
poetare
sommesso
,
una
musa
ermetica
gli
erano
,
per
forza
di
cose
,
precluse
.
La
sua
poesia
nasceva
accanto
alla
linotype
,
mentre
quella
del
Belli
era
gelosamente
custodita
in
segretissimi
cassetti
.
Per
questo
,
dai
sonetti
giovanili
Trilussa
passò
alla
satira
delle
Favole
,
concise
,
immediate
,
sul
cui
foglio
il
redattore
-
capo
scriveva
a
matita
«
corpo
12»
e
,
mentre
le
passava
in
tipografia
,
sapeva
che
il
fattorino
se
le
sarebbe
lette
subito
in
corridoio
.
Pochi
scrittori
hanno
avuto
minori
amicizie
letterarie
di
Trilussa
.
A
Roma
vivevano
-
per
far
tre
nomi
di
valore
diametralmente
opposto
-
Pirandello
,
Grazia
Deledda
e
Zuccoli
.
Trilussa
quasi
non
li
conosceva
.
Perché
il
suo
mondo
,
estremamente
fatto
di
comunicativa
,
non
aveva
,
in
effetti
,
vasi
comunicanti
con
altri
mondi
letterari
.
Credo
che
egli
abbia
praticamente
ignorato
i
movimenti
letterari
di
«
Lacerba
»
,
della
«
Voce
»
,
della
«
Ronda
»
.
Credo
non
abbia
delirato
nemmeno
per
D
'
Annunzio
.
Nello
studio
Corrodi
,
i
libri
erano
pochi
:
e
molto
più
numerose
,
anche
se
ormai
polverose
,
erano
le
fotografie
delle
belle
donne
.
Trilussa
aveva
avuto
forse
,
ai
primi
anni
del
secolo
,
la
voglia
di
avere
anche
lui
un
po
'
di
Capponcina
:
ma
s
'
era
fermato
subito
:
il
suo
arredamento
assomigliava
più
a
quello
della
soffitta
madrilena
di
Ramon
Gomez
de
la
Serna
,
racimolato
dai
rigattieri
,
che
a
quello
del
Vittoriale
.
Il
sogno
più
ambizioso
di
Trilussa
era
stato
di
impiantare
nello
studio
un
teatro
di
burattini
.
Il
suo
salotto
intellettuale
era
al
tavolino
di
un
'
osteria
alla
Chiesa
Nuova
.
La
sua
franchezza
nell
'
accettare
il
suo
ruolo
poetico
,
anche
se
egli
doveva
sembrare
per
tanto
tempo
solamente
l
'
umorista
di
un
mondo
esclusivamente
piccolo
e
medio
-
borghese
,
è
stata
il
suo
merito
maggiore
:
quello
che
gli
ha
permesso
di
non
esulare
mai
dalla
sua
misura
e
di
non
sforzare
e
falsare
la
sua
voce
.
Egli
seppe
insomma
qual
era
non
solo
il
suo
mondo
ma
anche
la
esatta
tessitura
della
sua
voce
:
e
questa
voce
conservò
fresca
per
quasi
sessant
'
anni
.
StampaQuotidiana ,
24
agosto
L
'
esercito
tedesco
dopo
di
aver
tentato
,
di
primo
impeto
,
di
girare
l
'
esercito
e
le
fortificazioni
francesi
sboccando
dal
Belgio
,
visto
inutile
il
tentativo
,
si
è
raccolto
per
una
diecina
di
giorni
,
durante
i
quali
ha
presumibilmente
chiamato
in
linea
tutte
le
forze
.
Da
qualche
giorno
,
completamente
formato
,
ha
ripigliato
la
marcia
in
avanti
,
e
,
essendo
breve
la
distanza
che
lo
separava
dagli
avversari
,
ha
iniziato
una
grande
battaglia
.
Di
questa
battaglia
,
finora
,
abbiamo
veduto
tre
momenti
,
o
tre
azioni
principali
:
1
.
quella
dell
'
Alsazia
,
in
cui
la
sinistra
tedesca
si
è
ritirala
di
fronte
alla
destra
francese
,
quasi
invitandola
ad
avanzarsi
nell
'
antica
provincia
conquistata
;
2
.
quella
del
Belgio
,
in
cui
la
destra
tedesca
si
è
avanzata
,
e
tuttora
avanza
,
lentamente
ma
preponderantemente
,
schiacciando
ogni
resistenza
,
e
separando
i
belgi
dai
franco
-
inglesi
;
3
.
quella
della
Lorena
,
o
del
centro
,
di
cui
parliamo
ora
.
Queste
tre
azioni
ripetono
il
piano
netto
,
preciso
,
inflessibile
di
offensiva
tedesca
già
accennato
nei
primi
giorni
:
con
la
destra
innanzi
,
col
centro
fermo
,
con
la
sinistra
ritratta
;
la
linea
tedesca
sta
ribaltando
in
Francia
,
e
minaccia
con
una
delle
estremità
,
la
più
forte
,
Parigi
e
il
fianco
sinistro
avversario
,
mentre
la
ritirata
dell
'
estremità
più
debole
non
scopre
nessuna
linea
d
'
invasione
importante
.
Perché
l
'
avanzata
tedesca
possa
riuscire
è
necessario
che
il
centro
,
perno
del
movimento
,
sia
solido
,
cioè
resista
ad
ogni
attacco
francese
.
La
certezza
della
solidità
è
stata
data
dalla
vittoria
di
Lorena
.
Per
effetto
di
questa
,
la
destra
tedesca
,
parte
manovrante
dell
'
esercito
,
può
continuare
la
marcia
innanzi
,
senza
timori
di
essere
distaccata
dal
grosso
.
delle
truppe
.
Purché
sappia
guardarsi
sul
suo
lato
esterno
la
congiunzione
con
i
rimanenti
corpi
,
cioè
la
vita
,
le
è
guarentita
.
E
questo
è
l
'
effetto
primo
e
più
importante
della
vittoria
.
Il
secondo
è
questo
:
l
'
avanzata
francese
nell
'
Alsazia
può
essere
ritardata
,
o
anche
impedita
,
dal
fatto
che
il
fianco
sinistro
dei
francesi
,
dopo
la
vittoria
tedesca
,
resta
scoperto
ad
un
attacco
proveniente
dalla
Lorena
.
Diciamo
subito
che
,
a
nostro
parere
,
ciò
può
,
indirettamente
,
costituire
una
fortuna
per
i
francesi
,
perché
l
'
avanzata
nell
'
Alsazia
,
specialmente
se
prolungata
,
ci
è
sempre
parsa
poco
utile
e
molto
pericolosa
.
La
vittoria
tedesca
non
ha
potuto
avere
la
fase
ultima
,
il
lungo
inseguimento
,
perché
per
ora
il
centro
tedesco
ha
dovuto
resistere
,
non
marciare
innanzi
.
Bene
o
male
ideato
,
il
piano
di
battaglia
ha
assegnato
l
'
avanzata
alla
destra
.
Far
avanzare
subito
il
centro
,
avrebbe
quindi
significato
esporre
la
destra
a
rimanere
staccata
,
indietro
,
ed
in
balìa
a
truppe
francesi
che
,
portate
nello
sbocco
della
Chiers
,
la
rigettassero
verso
il
nord
.
La
condizione
della
destra
tedesca
è
già
abbastanza
difficile
per
causa
degli
attacchi
elle
può
subire
frontalmente
e
sul
fianco
destro
,
per
aggiungere
a
queste
debolezze
anche
quelle
di
un
fianco
sinistro
senza
nessun
punto
d
'
appoggio
.
La
vittoria
tedesca
della
Lorena
è
importante
come
segno
che
i
tedeschi
possono
attuare
,
a
tutt
'
oggi
,
la
manovra
di
avanzata
che
hanno
concepita
.
Il
centro
della
lunghissima
linea
di
battaglia
ha
adempito
la
sua
funzione
di
resistenza
.
Resta
da
vedere
se
i
calcoli
fatti
per
la
marcia
della
destra
sono
esatti
come
quelli
che
la
battaglia
di
Metz
ha
comprovati
.