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La violenza oscura ( Bobbio Norberto , 1984 )
StampaQuotidiana ,
L ' anno finisce nel nostro paese sotto il segno della violenza più abietta . Mi vado sempre più convincendo che la violenza terroristica , specie quella rivolta non contro il personaggio rappresentativo di un potere che si vuole abbattere , ma quella che si scatena contro una folla ignara , scelta a caso , con assoluta indifferenza , sia violenza fine a se stessa . La violenza per la violenza . O per lo meno l ' enorme sproporzione tra il mezzo e il fine è tale che nessuna persona ragionevole riesce a far valere rispetto a tale atto la massima machiavellica del fine che giustifica i mezzi . Questa massima fondamentale dell ' etica politica , e non solamente dell ' etica politica ma di ogni etica che giudica l ' azione , qualsiasi azione , non in base a principi universali ma in base ai risultati , richiede per essere accettata tre condizioni . Primo : non qualsiasi fine giustifica qualsiasi mezzo . Il fine che giustifica il mezzo deve a sua volta essere giustificato . In altre parole , deve essere un fine buono . Ma in base a quale criterio si distinguono i fini buoni dai fini cattivi ? E chi giudica quali sono i fini buoni e i fini cattivi ? La massima machiavellica lascia questo problema completamente aperto . L ' etica dei risultati rinvia all ' etica dei principi in un circolo senza fine . Secondo : il fine deve essere non solo in qualche modo giustificabile ma anche con una certa probabilità raggiungibile . Nel dramma di Camus , I giusti , uno dei protagonisti , il rivoluzionario , proclama : « Noi uccidiamo per costruire un mondo ove più nessuno ucciderà » , applicando la massima secondo cui il fine giustifica i mezzi , e annunciando un fine che non può non essere universalmente riconosciuto come moralmente nobile . Ma la sua compagna lo interrompe : « E se così non fosse ? » Quante volte nella storia è stata compiuta un ' azione moralmente riprovevole con intenzione di perseguire uno scopo nobile , ma poi , « non è stato così » ? Terzo : pure ammesso che il fine sia nobile , il che vuol dire giustificabile con argomenti di carattere etico , e raggiungibile con una certa probabilità , il che vuol dire non arbitrario , non velleitario , non ingenuamente utopistico , i mezzi impiegati debbono essere tali da far presumere in base al senso comune che siano adeguati al fine , e se vengono giudicati in base allo stesso senso comune immorali , siano anche i soli mezzi capaci di ottenere quello scopo e pertanto siano non solo opportuni ma anche rigorosamente necessari . In un atto terroristico come quello compiuto la sera di domenica 23 dicembre , non si ritrova nessuna di queste tre condizioni . Anzitutto qual è il fine ? Impossibile il giudizio sulla bontà o non bontà del fine , se non si sa esattamente quale sia il fine dichiarato o presunto . Generalmente nell ' atto di terrorismo puro il fine non è dichiarato : a differenza del terrorista che colpisce un bersaglio preciso , il terrorista il cui obiettivo è unicamente quello di seminar panico in una folla inerme , può rivendicare il gesto ma non ne rivela mai lo scopo . Per dare un ' apparenza di giustificazione razionale a questa forma di terrorismo si è creduto , dalla strage di piazza Fontana in poi , che un fine più o meno preciso ma reale esistesse ( e in questo senso si può parlare di fine presunto ) e consistesse nella creazione di uno stato di cose cui è stato dato un nome : destabilizzazione . Ma che significa « destabilizzare » ? Si tratta di una delle tante parole del linguaggio politico che , essendo abitualmente usate nella conversazione quotidiana , si finisce di convincersi abbiano un significato preciso , mentre non appena si tenta di definirle ci si accorge che sono mobili , fluide , inafferrabili . Proviamo a intendere per « destabilizzare » il provocare , in una compagine sociale , uno stato di confusione tale da rendere praticamente impossibile il normale funzionamento di un sistema politico qualunque esso sia ( non è detto che solo i regimi democratici possano essere oggetto di un ' azione destabilizzante ) . Ma questo fine è raggiungibile ? Che una strage anche grandissima , in un solo punto del territorio nazionale , specie quando si tratti di un territorio vasto come quello italiano , possa avere conseguenze tali da creare le condizioni per un rivolgimento capace di mutare radicalmente lo stato di cose vigente , è poco credibile . Del resto le stragi sinora compiute non hanno avuto altro esito che quello di seminare panico , sollevare indignazione , provocare lutti le cui conseguenze private sono infinitamente superiori a quelle pubbliche e politiche . Il corso degli eventi sarebbe stato diverso nel nostro paese se le stragi non fossero avvenute ? Avremmo avuto governi più stabili , politici meno discussi , maggiore o minore inflazione , maggiore o minore disoccupazione ? Non dovrebbe essere allora altrettanto destabilizzante un terremoto ? In un naufragio non muoiono altrettante vittime innocenti ? Ma se il raggiungimento del fine , anche di quello presunto , è poco probabile , non si dovrà dedurre che i mezzi ( mi riferisco alla terza condizione ) sono di per sé palesemente inadeguati ? Le interpretazioni possibili di una simile azione sono due : o l ' attore è irrazionale oppure il mezzo si è convertito nel fine , non ha un fine perché è esso stesso il fine . Riguardo all ' azione del terrorismo puro , io propendo per questa seconda interpretazione . L ' unico fine della strage è la strage . So benissimo di correre sul filo del paradosso . Ma cerco di far capire e di capire io stesso che vi sono azioni umane di fronte alle quali si può parlare di malvagità assoluta . Se è vero , come io credo sia vero , che la moralità assoluta consista nel fare il bene con nessun altro scopo che quello di fare il bene , disinteressatamente , la immoralità assoluta dovrà consistere nel compiere un ' azione malvagia con nessun altro scopo che quello di fare il male . Il terrorista che fa esplodere la bomba in un treno è perfettamente consapevole del fatto che le vittime designate sono innocenti . Non sono neppure suoi nemici . Non sono neppure capri espiatori di un rito propiziatorio compiuto per placare un dio irato . Sono cose vili , oggetti di nessun conto ( e per questo l ' uno vale l ' altro ) , la cui distruzione egli affida al caso per mostrare la sua cieca volontà di potenza , la sua radicale indifferenza ad ogni fine che la trascenda .
LA BATTAGLIA DELLA MARNA ( GATTI ANGELO , 1914 )
StampaQuotidiana ,
13 settembre . Un comunicato ufficiale francese delle ore 23 ciel giorno 11 informa che la situazione dei belligeranti si può riassumere così : « La sinistra francese , continuando a spingere innanzi a sé la destra tedesca , l ' ha obbligata a proseguire la ritirata a nord della Marna , nella direzione di Soissons e di Compiègne . Al centro , i tedeschi hanno ceduto nel tratto fra Sézanne e Révigny ; ma nelle Argonne non hanno indietreggiato . All ' ala destra francese , nella Lorena e nei Vosgi , non è avvenuto nulla di nuovo » . Vale a dire , secondo le notizie francesi , che , tutto restando immutato sul resto della fronte , l ' esercito repubblicano con l ' alleato inglese ha ottenuto un buon successo specialmente a sinistra sul punto e con le forze con cui ha eseguito la manovra contro l ' avversario . Di fronte a questo risultato , che riassume una strenua lotta di cinque giorni ( dal 6 all'11 ) il grande stato maggiore tedesco comunica soltanto che « l ' esercito del principe imperiale tedesco si è impadronito il l0 corrente di una posizione fortificata francese a sud - est di Verdun ; e parte dell ' esercito attacca i forti situati a sud di Verdun , che sono da ieri ( 9 settembre ) bombardati dall ' artiglieria pesante » . Altre informazioni , non ufficiali però , accennano ad una attiva ripresa della lotta in Alsazia . I due comunicati ufficiali sembrano avere un ' importanza così enormemente diversa da non potere essere nemmeno paragonati : e a confronto di quello francese , il comunicato tedesco ha l ' aria di una notizia di consolazione . E , forse , per il momento l ' importanza è veramente diversa . Ma la notizia tedesca ha un suo valore , che , se non adesso , potrebbe diventare fra breve grande ; e noi ci proponiamo qui di richiamare l ’ attenzione su questo valore . Così il lettore , che per la larghezza di notizie del comunicato francese , ha già una giusta ed ampia idea del buon successo dell ' esercito franco - inglese , non sarà tratto a dedurne conclusioni , che potranno anche avverarsi , ma ora sono del tutto premature . Il buon successo francese sulla destra tedesca formata dagli eserciti di von Kluck e di von Bülow , è la punizione si un errore tedesco . Data la forza dei combattenti e l ' estensione di terreno da essi occupata , la punizione è stata inflitta dopo un accanito combattimento , durato , come abbiamo detto , cinque giorni : ma è venuta inesorabilmente . A parte le condizioni fisiche e morali dell ' esercito tedesco , che pure riconosciamo debbano avere avuto grande peso nell ' azione generale , questo il 6 settembre , cioè quando fu attaccato risolutamente dall ' avversario , si trovava difettosamente dislocato . Il difetto derivava dal fatto che fino al 3 di settembre esso aveva marciato su Parigi con la destra innanzi , nel seguente modo : von Kluck , von Bülow , von Hausen , principe del Württemberg , principe ereditario di Germania . L ' esercito del von Kluck era quindi il più vicino a Parigi , e quello del principe ereditario di Germania il più lontano . Tale formazione di marcia era opportuna per parare agli eventuali attacchi che provenissero da sud ; ed era stata imposta dalla diversa resistenza che , in diversi luoghi , i francesi avevano fatto all ' avanzata . Ma , cambiata la fronte col mutamento di direzione verso sud per ricercare l ' esercito francese , i tedeschi , che non potevano certamente ignorare come il pericolo della loro avanzata fosse costituito dalla resistenza che avrebbero potuto trovare sulla loro sinistra ( cortina Verdun - Toul ed esercito ad essa appoggiato ) , non avrebbero dovuto far continuare risolutamente la marcia verso sud agli eserciti di von Kluck e di von Bülow . Questi , giungendo nella regione a nord di Provins mentre quello del principe ereditario era ancora attorno a Verdun , venivano a indebolire tutta la linea tedesca . Essi infatti erano sopravanzati giù , prima di combattere , verso nord , cioè sulle retrovie , da quelle forze che i francesi potevano avere radunate nel campo trincerato di Parigi o più a settentrione : e lasciavano scoperto il resto dell ' esercito , che avrebbero dovute in qualche modo difendere , poiché si trovavano più a sud di esso . Ora si potrebbe comprendere elle l ' intero esercito tedesco , dovendo avanzare verso mezzogiorno , avesse dislocata l ' ala destra di fronte a Parigi , se però l ' avesse tenuta a nord della Marna , in maniera da non essere aggirata che da larghi movimenti avversari , i quali obbligassero questi a rimontare , per esempio , l ' Oise e facessero perder loro tempo e uomini . Posta fuori della rimanente linea tedesca , quell ' ala , relativamente sicura , poteva allora abbattersi sulle truppe che da Parigi avessero tentato di attaccare il terzo esercito di von Hausen , muovendo direttamente da ovest verso est . Ma facendola scendere così avanti a sud si esponeva ad essere presa d ' infilata e di rovescio : e questo è quanto per poco non accadde . Il comunicato francese , con cavalleresca cortesia , dice che l ' esercito del generale von Kluck con una serie di movimenti abili e rapidi pervenne a sfuggire alla stretta da cui era minacciato , e si gettò con la maggior parte dello forze contro la sinistra francese , che operava il movimento aggirante al nord della Marna e ad ovest dell ' Ourcq . Ma basta appunto questa constatazione per dimostrare che von Kluck subiva , così facendo , l ' azione francese , e non imponeva affatto la propria : e il risultato dei suoi sforzi provvidi e fortunati era , non di infliggere un danno al nemico , ma di fuggire nel miglior modo possibile il danno che stava egli per subire , gravissimo . Indubbiamente , quindi , i francesi avevano conseguito sulla loro sinistra un buon successo , che bisogna apprezzare . Noi ne teniamo calcolo , pur facendo notare che dei sette eserciti tedeschi due soli erano quelli che avevano dovuto così decisamente indietreggiare : e che quindi ne rimanevano altri cinque di cui bisogna esaminare le condizioni . I buoni successi elle i francesi hanno riportato sui tedeschi nel tratto fra Sézanne e Révignnv , benché enunciati più modestamente della vittoria della sinistra , sono , a parer nostro , per l ' andamento generale della battaglia , di importanza assai maggiore . In ogni esercito operante la parte più delicata è il centro , quando intorno ad esso girano le altre truppe : ed è tanto più delicata , quanto più le ali sono fortemente impegnate col nemico . Se il centro tedesco è nettamente respinto dal centro francese , mentre la destra è premuta dall ' esercito franco - inglese e la sinistra è trattenuta dalle diga difensiva Verdun - Toul - Épinal - Belfort , si spezza il punto di congiunzione delle forze tedesche , e le due ali cadono poiché non sono più sostenute da un corpo vivo . Una puntata francese data in questo modo da sud a nord , cioè da Vitrv - le - François verso Verdun taglierebbe completamente fuori dal grosso i due eserciti di von Kluck e di von Bülow , e renderebbe loro quasi impossibile la ritirata . Ora , se la ritirata della destra tedesca può anche essere considerata come una manovra che riavvicini la destra al centro , da cui era troppo distante , la ritirata del centro deve essere giudicata una necessità . Non si può ammettere che sia manovra quell ' operazione che presuppone la rinuncia a qualunque azione tedesca verso il mezzogiorno della Francia e verso l ' esercito francese , lasciando scoperta la truppa tedesca che deve operare su Verdun . Ecco in conseguenza delinearsi in tutto il suo valore la notizia del comunicato tedesco , annunziante « la presa della posizione fortificata nemica a sud - est di Verdun , e l ' attacco dei forti a sud con le artiglierie pesanti » . Significa essa che gli eserciti tedeschi , che non sono stati respinti , si affannano a sgretolare lo spigolo di quella muraglia , che deve cedere ai loro sforzi se vogliono avanzare o soltanto rimanere in Francia . Bisogna rammentare che l ' esercito tedesco è penetrato in Francia per il Belgio perché , dovendo agire rapidamente , ha voluto evitare l ’ attacco di fronte dell ' assetto difensivo francese . Ha giudicato , così operando , che gli ostacoli e le minacce che avrebbero potuto essere create dal Belgio nemico e dalla esposizione del fianco destro e delle retrovie agli attacchi avversari , sarebbero state minori degli ostacoli e delle minacce che avrebbero opposte le fortezze francesi . Non c ' è chi non veda quanto valore il Comando tedesco attribuisse dunque a queste , all ' inizio della campagna . Ora è certo che l ' avanzata per il nord , così come è stata eseguita , ha raggiunto sotto questo aspetto lo scopo . Ha , per il momento , fallito l ' obiettivo Parigi , perché Parigi non è più la capitale della Francia che attira a sé le forze armate ; non ha , conseguentemente , sorpreso queste forze , perché esse hanno lasciato a sé la grande città , e si sono presentate a combattere dove hanno voluto : ma le ha però attaccate di fronte , non protette direttamente dalle fortezze . L ' esercito tedesco è giunto dinanzi all ' avversario in buone condizioni ? Vi è giunto stremato di uomini e di munizioni ? Ha la forza di approfittare del buon successo conseguito o , dopo avere manovrato strategicamente bene , si trova sul campo tattico in peggiori condizioni del nemico ? Questo è quanto ora non si può dire in nessun modo , perché mancano gli elementi per rispondere . Risponderà fra breve , come abbiamo accennato , il centro tedesco , resistendo o no all ' impeto francese . Ma il comunicato ufficiale conferma le deduzioni seguenti . C ' è voluto un certo tempo per far giungere sino a Verdun le artiglierie pesanti : ma sono giunte , e già qualche forte è caduto . Inoltre , parte dell ' esercito ha già sopravanzato la fortezza , poiché sta attaccando i forti che sono a sud di essa . Se un buon successo si delinea qui per i tedeschi , un ' avanzata risoluta sulla sinistra della Mosa e verso Bar - le - Duc non darà almeno risultati uguali a quelli conseguiti dalla sinistra . francese ? L ' esercito tedesco , sicuro delle comunicazioni con la madre patria ad est , potrebbe sfondare il centro dell ' esercito francese , e respingere verso nord la parte di esso elle ora combatte vittoriosamente , specialmente se questa si farà attirare nell ' inseguimento degli eserciti tedeschi di destra . Anche l ' accenno a questa probabilità può parere prematuro , e possiamo essere d ' accordo in ciò : ma le battaglie d ' oggi non sono a breve scadenza . Per giorni e giorni non bisogna mai perder cui vista il piccolo punto di partenza , che poi produce effetti tanto grandi . Un buon successo dei francesi in campo aperto , vasto e clamoroso ; un buon successo dei tedeschi nel campo ossidionale , meno vistoso e più ristretto : un risultato che si delinea nettamente favorevole ai francesi al centro della battaglia : ecco il bilancio che si può trarre dalla prima fase della grande lotta . I francesi hanno già mostrato chiaramente il loro giuoco , ed hanno vinto la loro posta : i tedeschi hanno lasciato intravvedere il loro , ma senza ottenerne effetti chiari . Li potranno avere ? Il 6 luglio del 1809 , sui campi di battaglia di Wagram , Napoleone vedeva dalla mattina la sinistra ed il centro del proprio esercito cedere alla pressione dell ' esercito avversario dell ' arciduca Carlo ( allora le ore equivalevano ai giorni dell ' attuale campagna ) . Poi le cose , nelle linee dell ' Imperatore , si erano alquanto rimesse : ma la battaglia era ancora incerta . Dinanzi ai generali , che gli chiedevano ordini , Napoleone taceva ; ma continuava a fissare una torre quadrata , che sorgeva sulle alture di Neusiedel , a destra , lontano dal posto in cui era . A un certo momento vide un fumo alzarsi presso la torre : era il segno che il generale Davout , col suo corpo d ' esercito composto delle immortali divisioni Friant , Gudin e Morand e di tredici reggimenti di cavalleria , aveva raggiunto l ' obiettivo che l ' Imperatore gli aveva assegnato . La battaglia è vinta » disse l ' Imperatore . Tutta Wagram aveva consistito per lui , da un certo momento , nel raggiungimento di quelle alture . I tedeschi hanno fatto probabilmente consistere tutta la battaglia fra Parigi e Verdun nella presa della linea delle fortezze francesi , e verso quelle hanno guardato fino ad ora . Ma per raggiungere il loro risultato sarebbe stato bene che la destra non avesse ceduto : ed è assolutamente necessario che il centro resista . Se questo non resiste , ripetiamo , ai tedeschi non resta che la ritirata verso il nord , per non essere schiacciati di fronte , di fianco e sulle retrovie .
La catena dei violenti ( Bobbio Norberto , 1986 )
StampaQuotidiana ,
L ' impresa militare americana contro la Libia , presentata e giustificata come una risposta legittima a un atto di terrorismo , solleva ancora una volta l ' eterno problema del rapporto fra la morale comune o il diritto , suo fratello minore , e la violenza . Eterno , perché non mai risolto e probabilmente insolubile , se è vero , e io credo sia vero , quel che diceva Machiavelli : gli uomini « hanno ed ebbero sempre le stesse passioni » , ed è quindi naturale che ne derivino gli stessi effetti . La morale comune e il diritto , suo fratello minore , condannano in linea di principio la violenza e ammettono che l ' unica violenza legittima sia quella che risponde alla violenza dell ' altro , almeno in date circostanze , quando non è possibile diversa risposta . Detto altrimenti , la violenza di un soggetto , individuo o gruppo che sia , in linea di principio illecita , diventa lecita quando in una data situazione rappresenta il solo rimedio possibile alla violenza dell ' altro . Illecita è la violenza dell ' aggressore , o originaria , lecita la violenza di chi si difende , o derivata . Ma in un sistema in cui non esiste un giudice imparziale al di sopra delle parti , o se esiste non è tenuto in alcun conto , come accade nel sistema dei rapporti internazionali , chi decide quale sia la violenza originaria e quale quella derivata ? A questa domanda non è difficile dare una risposta sulla base della lezione dei fatti : la violenza originaria è sempre , per ognuno dei due contendenti , quella dell ' altro . Anche nel caso che l ' aggressione sia venuta palesemente da una delle parti : basta considerare l ' aggressione come una reazione preventiva a una violenza minacciata . Gli americani bombardano Tripoli per ritorsione contro la bomba di Berlino attribuita a Gheddafi come mandante . In tal modo la loro violenza viene giustificata come derivata . Ma il terrorista non si trova affatto in imbarazzo a replicare ( ed è infatti un suo argomento abituale ) che il terrorismo è l ' unico atto di guerra consentito ai piccoli contro i grandi ed è quindi l ' unica reazione possibile , ancorché spietata ( ma se non fosse spietata non sarebbe una risposta efficace ) , alla prepotenza di chi esercita ingiustamente ( almeno a suo giudizio ) un enorme potere . Dunque anche la sua violenza non è , dal suo punto di vista , originaria . Provate a cercare la violenza originaria , la violenza che in quanto originaria sia da considerarsi sicuramente illecita . Non la troverete . E non la trovate , non già perché non ci possa essere , ma perché nessuno dei due contendenti ammetterà mai che originaria sia la propria , derivata l ' altrui . E un giudice esterno , e presumibilmente imparziale , nel sistema internazionale non esiste . Esiste la pubblica opinione ma , come tutti possono constatare leggendo i giornali in questi giorni , è divisa . Ed è divisa anche perché non è in grado di conoscere esattamente le cose , come potrebbe conoscerle un giudice dopo aver esaminato tutti i pro e tutti i contro , e dopo aver avuto accesso a tutte le prove addotte da una parte e dall ' altra . Pur non dubitando della correttezza del governo americano , sta di fatto che , nel nostro caso , le prove vengono da una sola delle parti in causa . Quel che è peggio , siccome ogni atto violento per giustificarsi deve rinviare a un atto violento precedente , lo stato di violenza una volta cominciato ( anche se non si sa quando e per colpa di chi sia davvero cominciato ) è destinato a continuare . E nel continuare , la violenza cresce di intensità e di estensione . Avviene quel fenomeno che si chiama « spirale » della violenza . Avviene per una ragione molto semplice : come si legge in un altro grande scrittore politico del passato , è naturale che chi è giudice nella propria causa sia indotto o dall ' « indole cattiva » o dalle « passioni » o dallo « spirito di vendetta » ad andare troppo oltre nella reazione e a commettere a sua volta , anche nel caso che la sua risposta sia legittima , un ' ingiustizia . Se la reazione contenuta nei limiti dell ' entità dell ' offesa è una violenza derivata , per quella parte in cui eccede questi limiti diventa originaria . In quanto originaria , può provocare una ritorsione che diventa a sua volta derivata e quindi legittima . Anche il diritto penale interno stabilisce che nella legittima difesa la reazione deve essere proporzionata all ' offesa . Ma nei rapporti fra due nemici che non riconoscono al di sopra di loro un potere comune , chi decide se questa proporzione vi sia stata ? Siccome ancora una volta ognuno dei due contendenti darà probabilmente un giudizio opposto , considerando proporzionata la propria difesa , sproporzionata quella dell ' altro , sorgeranno di nuovo ottime ragioni da parte di entrambi per aggiungere nuovi anelli alla catena . Generalmente questa catena termina in un solo modo : con la sconfitta definitiva di una delle parti . Con la vittoria del più forte . Poiché non si è potuto fare in modo che quel che è giusto sia forte , diceva Pascal , si è fatto in modo che quel che è forte sia giusto . Credo che non sarà diversa la conclusione dell ' attuale conflitto . Le azioni politiche si giudicano dai risultati . La legge morale non c ' entra . Il giudizio sulle azioni politiche non le appartiene . Reagan lo ha detto più volte : il suo scopo è quello di reprimere e sopprimere , alla lunga , il terrorismo medio - orientale . Rispetto a questo unico metro di giudizio della sua azione , è troppo presto per emettere un verdetto . Se vi sarà una recrudescenza del terrorismo , si dirà che ha avuto torto . Se si attenuerà o cesserà del tutto , si dirà che ha avuto ragione . Indipendentemente dal fatto che la reazione sia stata proporzionata all ' offesa , ossia da ogni considerazione di principio . Il fine giustifica i mezzi . Ancora Machiavelli : faccia un principe in modo di vincere e i mezzi « saranno sempre giudicati onorevoli e da ciascuno lodati » .
IL NUMERO ( GATTI ANGELO , 1914 )
StampaQuotidiana ,
14 settembre . La ritirata dei due eserciti di von Kluck e di von Bülow , che avrebbe potuto anche attribuirsi a manovra per restringere e consolidare la linea tedesca , si propaga a tutto l ' esercito tedesco ; e non soltanto a quello che combatte tra Parigi e Verdun , ma a quello che sta in Lorena , dove la regione di Nancy viene sgombrata e Lunéville è rioccupata dai francesi , e a quello del Belgio , dove sono abbandonate le provincie di Anversa , del Limburgo e della Fiandra orientale . L ' impulso che spingeva innanzi , in tutti i sensi , a nord ad ovest a sud , l ' esercito tedesco è arrestato : e al movimento di vittoriosa espansione pare succedere quel momento di dubbio , che spesso è prodromo di un ripiegamento totale . Non crediamo che , a tutt ' oggi , le condizioni tedesche siano disperate . Dubitiamo che la ritirala sia definitiva e si protragga addirittura ai campi trincerati del Reno , se nuove vittorie francesi non avvengono . Può darsi anche che un buon successo intorno a Verdun rialzi le sorti tedesche , benché esso , forse , non possa più compensare gli scacchi provati . Per riuscire di vero aiuto , la presa di Verdun e l ' abbattimento della cortina difensiva francese avrebbero dovuto accadere mentre l ' esercito combatteva i francesi sulla linea Parigi - Verdun . Non possiamo , ci pare , credere più che la ritirata delle truppe tedesche risponda ad un disegno prestabilito . Come potrebbe ritirarsi pensatamente il centro , se nel movimento lascia scoperto tutto l ' apparecchio fatto per l ' attacco di Verdun ? Le preziose artiglierie pesanti , così lente a muovere , avrebbero già dovuto deliberatamente essere avviate al nord , per non correre il rischio di cadere in mano ai francesi ; e non si sciupano per una finzione di guerra tanto lavoro e tanta fatica . La ritirata tedesca è , almeno per tre eserciti , un fatto compiuto : e se anche sarà arrestata più o meno prossimamente , sarà sempre stata il segno di una debolezza che è esistita nell ' esercito tedesco . Questa debolezza si è manifestata improvvisamente . Nessuno l ' aveva ancora indicata , perché i sintomi esteriori non la facevano sospettare . Se qualche dubbio era nato , era stato subito soffocato dall ' andamento vigoroso delle operazioni tedesche . La debolezza attuale dei tedeschi dipende probabilmente dalla loro deficienza numerica di fronte agli avversari . I tedeschi , dopo avere combattuto come se avessero riserve inesauribili d ' uomini da sostituire a quelli perduti , debbono aver riconosciuto che quelle riserve sono esaurite . Il sangue che alimentava il corpo è venuto a mancare . E allora il fattore numero ha preso il sopravvento sugli altri , che finora erano stati i soli considerati , ed ha imposto il proprio sigillo allo svolgimento della guerra . Sì , altri fattori hanno concorso nella determinazione della ritirata tedesca . L ' errore tattico di cui abbiamo parlalo , di prestare , per avidità di avanzare rapidamente , il fianco ed il rovescio delle truppe dell ' ala destra , alle truppe francesi del campo trincerato di Parigi , è stato uno di essi . La stanchezza degli eserciti , combattenti ininterrottamente da quaranta giorni , e marcianti senza pietà dalla mobilitazione ( molti di essi hanno percorso , nel loro ampio giro , dai 350 ai 400 chilometri ) , è stato un altro . La traversata della Champagne , forse troppo dura per il terreno nudo e polveroso o acquitrinoso e selvoso , e troppo allettante per i prodotti , può essere stato un terzo . La difficoltà di far pervenire munizioni e vettovaglie alle truppe combattenti , così distanti dalla madre patria ( pare che parecchi corpi tedeschi abbiano mancato , a un certo momento della battaglia , di cartucce ) , è stato certamente un quarto . Le quattro ferrovie per le quali i tedeschi hanno potuto rifornirsi passando pel Belgio portavano certo tutto il bisognevole fino alle tappe di testa ; ma da questi , luoghi di concentrazione chi lo trasportava alle truppe , se uomini , carreggi e quadrupedi erano disfatti ? Sopra tutto , la tattica , che il tempo ed i risultati hanno rivelato opportuna , del Comando francese , ha costituito un ultimo e più importante elemento per arrestare l ' avanzata tedesca . Ma la causa principale dell ' arresto e della ritirata è , a nostro parere , la deficienza di forze che , da qualche giorno e improvvisamente , si deve essere manifestata nell ' esercito tedesco . Tutti gli altri inconvenienti si potevano riparare : questo no . Se non ci fosse questa ragione contro cui nessun ' altra vale , i tedeschi avrebbero potuto regolare diversamente i loro movimenti di ritirata . Si sarebbe capito l ’ arretramento della destra e , alla peggio , anche quello del centro combattente fra Parigi e Verdun : la necessità comandava . Non si capisce il richiamo delle forze del Belgio verso l ' esercito principale , come non si . capisce l ' indietreggiamento in Lorena , dove nulla , almeno da quanto si conosce per le notizie ufficiali , sembrava imporre questa ritirata . Si potrà dire che non è possibile elle questa deficienza di forze si sia manifestata ad un tratto , senza nessun preavviso . Certo ; e il Comando tedesco da qualche tempo ( vedremo da quanto ) deve averla prevista : ma questo , appunto , spiegherebbe molti fatti d ' iniziativa tedesca successi negli ultimi giorni , e specialmente la battaglia fra Parigi e Verdun . Ci si può chiedere intatti come è possibile che l ' esercito tedesco si sia messo nell ' imbuto francese , quando non aveva la forza di schiacciare la resistenza avversaria . E la risposta può essere semplice : prima di retrocedere per necessità di cose , prima di perdere volontariamente il frutto di tante fatiche e di tanto sangue , i tedeschi possono aver voluto tentare la sorte ( con le debite precauzioni ) , sperando nell ' aiuto della fortuna . La deficienza delle forze , all ' inizio della guerra , non esisteva per la Germania . Allo scoppiare delle ostilità la Germania , avendo ripartito i còmpiti della guerra delle nazioni fra sé e l ' alleata Austria , credeva di poter attendere con fiducia l ' avvenire e di potere esercitare qualunque sforzo , anche costosissimo per perdite di uomini , pur di raggiungere immediatamente lo scopo . Essa sarebbe rimasta nel teatro d ' operazioni occidentale , contro la Francia e il Belgio , e sia pure , contro l ' Inghilterra : poiché che cosa avrebbe potuto mai portare , nei primi tempi della lotta , questa Potenza marittima ? L ' Austria sarebbe scesa nel teatro orientale : l ' Austria , origine prima del conflitto immane , preparata da molti anni , alacre , aggressiva , gridante da tanto tempo , per bocca del suo esercito , che per essa la guerra era questione di vita o di morte . Di fronte le stava la Russia lenta , mastodontica , minacciosa da molto tempo a parole , ma remissiva a fatti , ferita ( o pareva ) ancora profondamente dalla disastrosa guerra del Giappone . Non poteva esserci dubbio alcuno sull ' esito immediato della lotta . E ottenuta la vittoria si sarebbe potuto parlare di pace : la celerità avrebbe compensato ogni altra inferiorità . Con questa ripartizione e con questa convinzione , la Germania entrava nella guerra regalmente . I suoi figli , per vero dire , corrispondevano con slancio meraviglioso alla chiamata della madre : e il vedere affluire tanta gente robusta , salda , quadrata aveva ribadito la fede nella forza senza fine tedesca . Contro truppe avversarie meno numerose , in formazioni rade , la Germania , pur di passare innanzi velocemente , metteva avanti compatti i suoi eserciti : e passava . Ma la superiorità numerica fu rotta il giorno in cui l ' esercito austriaco fu battuto dall ' esercito russo . Con la sconfitta dell ' esercito della Galizia , la Germania dovette a un tratto riconoscere che l ' Austria era un debole aiuto per la grande lotta : e chi doveva sostenerla in tutti e due i teatri era essa , soltanto essa . L ' Austria non era posta certamente fuori causa : l ' affermazione non sarebbe né giusta né vera : ma molti indizii dimostravano che la sconfitta austriaca sul campo di battaglia , che poteva pur essere riparata , era facilmente esposta a inasprirsi con difficoltà d ' indole politica . La bella vittoria dei generale tedesco von Hindenburg sui russi nella regione dei laghi Masuriani non poteva in nessun modo compensare il disastro galiziano . La capitale della Germania , posta ad oriente del grande paese , e ascoltante l ' eco troppo vicina delle vittorie russe , costituiva un peso terribile per l ' esercito operante . La Germania era costretta quindi a far fronte nei due teatri d ' operazione , impiegando in ognuno numerosissime forze . E lo sdoppiamento di esse la gettava rispetto agli avversari in uno stato di povertà d ' uomini , che non aveva previsto così prossimo . La guerra franco - tedesca del 1870 fu vinta dai tedeschi per parecchie ragioni : ma una delle principali fu certamente la loro superiorità numerica . All ' aprirsi della campagna , si trovarono di contro poco più di 300.000 francesi contro 500.000 tedeschi . A Weissemburg la proporzione fu di 5 tedeschi contro 1 francese : a Wörth e a Spicheren di 3 contro 1 . Quando , il 16 agosto , gli avversarii combatterono a forze uguali , bivaccarono tutti e due nelle posizioni che avevano occupate durante la giornata . All ' inizio di questa guerra le cose , considerate soltanto rispetto alla Francia e alla Germania , si ripresentavano come nel 1870 . Le nascite maschili , in Francia , erano nella proporzione di 1 a 3 con quelle della Germania : il che faceva sì che per mantenere gli effettivi di pace dei suoi 20 corpi d ' esercito , di fronte ai 25 tedeschi , la Francia dovesse spingere il rendimento della leva a cifre impossibili . Su 100 giovani che si sottoponevano alla visita ne dichiarava abili 75 ! La Germania . avendo circa 1.000.000 di nascite maschili all ' anno , di cui il 75 per cento circa raggiungeva il 20° anno di età , poteva fare la scelta del 50 per cento del totale . Aveva quindi 700.000 soggetti alla leva , e 350.000 abili , mentre la sua avversaria , con la percentuale del 75 , a stento arrivava ai 200.000 uomini . Ma molti di questi soldati francesi , per confessione degli stessi generali , erano « roba da lazzaretto » . Ne derivava quindi una reale e grande sproporzione numerica a favore della Germania , che permetteva a questa di portare in poco tempo sul teatro della guerra , comprese le riserve , circa 3.500.000 uomini , di fronte ai 2.000.000 e poco più della Francia . Ma di quei 3.500.000 tedeschi pronti per la guerra , dai cinque ai sei corpi d ' esercito dovettero fin dal principio essere lasciati contro i russi . E di mano in mano che la guerra progredì , di fianco ai francesi vennero a mettersi i belgi , che possono essere calcolati dai 150.000 ai 170.000 uomini ; gli inglesi , di cui si può supporre siano sbarcati in Francia circa 100.000 uomini ; alcune truppe coloniali , di forza imprecisata ; e finalmente i russi che , se sono esatte le notizie date in questi giorni , sarebbero giunti a Dunkerque o ad Anversa in numero presso a poco di 100.000 : essi , probabilmente , accompagnerebbero ora i belgi nella marcia in avanti , che pare ripresa sul fianco destro tedesco . Queste truppe si raggruppavano a poco a poco intorno all ' esercito francese che , per il modo di guerreggiare adottato , non si esponeva , come abbiamo detto , a grandi perdite . Di fronte a questo lento ma sicuro accrescere delle forze nemiche , i tedeschi avevano il logorio continuo della guerra che dovevano condurre energicamente e rapidamente : e , ad un certo momento , per dare il tracollo all ' opera , la necessità di provvedere al teatro d ' operazioni orientale . Quanta truppa fu mandata là ? Questo non sappiamo ancora con sicurezza , poiché si sono sentite ripetere molte cifre , e diverse una dall ' altra : la voce più diffusa parla di cinque a sei corpi d ' esercito . Sarà vero o no ? Ma qualunque sia stata precisamente la forza staccata dall ' esercito combattente in Francia , l ' invio deve però essere avvenuto , e in quantità rilevante : e diciamo le ragioni che ci fanno credere ciò . Prima di tutto , però , dobbiamo anche dire , che se l ' invio è avvenuto , come noi crediamo , esso fu un grave errore tedesco . Per quanto la minaccia alla frontiera orientale fosse grave e per quanto potesse sembrare imminente , i tedeschi non dovevano distogliere forze dal teatro di guerra occidentale . Così facendo diventavano deboli in tutti e due : e meglio valeva vincere decisamente in uno , che essere costretti a cedere , sia pure in un giorno lontano , lentamente ma inesorabilmente dappertutto . La divisione delle forze è l ' ultimo espediente a cui deve ricorrere un comandante di esercito , perché non conduce a nulla . Dopo il patto conchiuso fra le tre Potenze alleate , i tedeschi dovevano sapere che la guerra non poteva finire se non con la disfatta completa di una delle parti belligeranti ; e quindi dovevano continuare a fare lo sforzo dove prima avevano cominciato , e dove avevano ottenuto buoni risultati , trascurando per il momento ogni altro nemico . Questo criterio non fu seguito : e la prova sta , per noi , nello svolgimento della battaglia fra Parigi e Verdun . Essa , per confessione dei due combattenti , doveva essere , se non decisiva , di importanza grandissima : da parte francese l ' ordine del giorno del generale Joffre proclamava questa convinzione ; da parte tedesca gli ordini rinvenuti nella casa abbandonata dal Comando dell ' VIII corpo la confermavano . Si sarebbe dunque attesa l ' entrata in azione di tutte le truppe tedesche combattenti in Francia ; ~ ! e più di tutte , di quelle della Lorena . Se il disegno di operazioni tedesco , in questa ultima battaglia , , aveva probabilità di riuscita , questa dipendeva dalla energica azione che i tedeschi avrebbero dovuto esercitare alla loro sinistra , contro la cortina difensiva Verdun - Toul - Épinal - Belfort : abbiamo già sostenuto ciò a sazietà . Ma per farla cadere , e battere le truppe ad essa appoggiate , era necessario che , mentre gli eserciti tedeschi , i quali erano riusciti a girarla , si rivolgevano a sud e la prendevano di rovescio , i due eserciti del principe di Baviera e di von Heeringen dalla Lorena procedessero energicamente verso ovest , per attaccarla di fronte . Questi eserciti avevano dimostrato , più di venti giorni fa , di essere assai saldi e ben costituiti , respingendo nella battaglia della Lorena i francesi che avevano tentato di rompere il centro tedesco , per staccare l ' ala invadente del Belgio . Perché dunque adesso non hanno contribuito all ' azione generale ? Non hanno nemmeno la scusa di lunghe e faticose marce sopportate , poiché essi , almeno rispetto a quelli del nord , sono stati assai risparmiati . E allora , quale spiegazione dare della loro inazione , se non quella che siano stati impoveriti , da qualche tempo , per rinforzare i tedeschi operanti nella Prussia orientale o gli austriaci in Galizia ? Se così non fosse , se le forze tedesche della Lorena fossero ancora intatte , il Comando supremo avrebbe commesso , a parer nostro , un gravissimo errore non facendole contribuire alla grande battaglia . , Ma no : la Germania , oggi , ha forse misuralo con tutta giustezza la situazione : oggi per la prima volta , da quando gli avvenimenti si sono cominciati a svolgere . Non ha ancora avuto una seria sconfitta : ma un avvertimento che l ' ha messa in guardia contro sé stessa . Oggi vede nettamente , fuor d ' ogni febbre di vittoria , quali sono le sue forze e quali sono quelle degli avversari : e capisce che deve risparmiare le sue . Si accorge , forse , che tante cose aveva pensate , e tante ne aveva prevedute ; ma non aveva pensato né preveduto una così rapida mancanza di uomini . Il numero , il numero bruto e greve , la mole pesante , si è imposto anche a lei , che , per le disposizioni prese , credeva di averlo asservito interamente ai suoi calcoli . Quello che la Germania non ha raggiunto finora , difficilmente raggiungerà in avvenire , poiché la grande Potenza era specialmente preparata per vincere la prima posta . Tutti i giorni che passano apportano gente agli alleati , e ne tolgono a lei . Non dubitiamo che i tedeschi , che ella ora chiamerà con la gran voce , non di chi sente il pericolo immediato , ma di chi avvista prudentemente l ' avvenire , non le rispondano ancora , non le rispondano sempre , e riforniscano i suoi eserciti come i torrenti riforniscono un grande fiume , dopo le magre dell ' inverno . Ma dopo questa nuova infusione di uomini , che cosa avverrà ? La Germania sola contro tutti : è troppo per una nazione , per quanto sia grandissima .
Quelli che restano ( Montale Eugenio , 1951 )
StampaQuotidiana ,
Di solito , quando un artista muore ( sia egli poeta , musico o artista figurativo ... o quasi ) è urgente bisogno dei suoi colleghi di seppellirlo e di fare che non se ne parli più . Uno di meno , tanto di guadagnato per tutti . È la regola , e sembra strano che vi siano eccezioni , artisti che pur morendo riescono a sopravvivere . Come si spiega questo straordinario fatto del morto che non muore ? Esso contraddice al tradizionale concetto della « lotta per la vita » , è sommamente antibiologico e si direbbe anche contrastante alle leggi dell ' economia . La spiegazione è , invece , di natura economica . La macchina della Cultura - un ' organizzazione che dà da vivere a milioni di persone - non può ammettere vuoti assoluti nella storia , non può dire : « Dall ' anno X in poi l ' arte ha cessato di esistere » . Ad essa è anzi necessario un continuo rifornimento , una continua immissione di forze nuove nei « quadri » . Si giunge al punto che se gli artisti nuovi non ci sono si creano . Intere epoche ( e non solo nel campo della pittura ) possono essere create e disfatte . Poeti spremuti possono passare agli archivi se altri , meglio spremibili , appaiano all ' orizzonte . E poiché la funzione della spremitura si compie ordinariamente meglio sui morti che sui vivi , ecco spiegato perché l ' un per cento degli artisti oggi fisicamente vivi può contare - post mortem - su un breve periodo di « immortalità » . A partire da questo traguardo ( morte fisica seguita dal terno al lotto della sopravvivenza ) i vantaggi dei morti sui vivi sono molti e innegabili . All ' artista morto si riconosce nobiltà di stile , larghezza e originalità di idee ; la sua vita è giudicata interessante e rappresentativa , anche se è piena di sconcezze . L ' opera dell ' artista morto da molti anni è , inoltre , res nullius , appartiene a tutti e a nessuno ; e ciò favorisce la sua diffusione . I « pezzi » del pittore , in quanto oggetti materiali , hanno sì un valore venale che può aumentare o decrescere col passare degli anni , ma l ' opera del pittore e del poeta , in quanto significato ideale , pretesto di cultura , argomento di chiacchiere erudite o giornalistiche , è veramente alla portata di tutte le borse . È un tesoro collettivo al quale tutti i viventi che pratichino qualche arte possono sperare di contribuire , una volta che si siano , beninteso , tolti fisicamente di mezzo . Quando si legge un manuale di storia letteraria o di storia delle arti « visive » , il capitolo dedicato ai viventi è immancabilmente penoso . Non si creda che ciò sia sempre dovuto a malafede o a insipienza di manualisti e antologisti . Un uomo di cultura che abbia conversato , per lunghi anni , con le grandi ombre del passato non può provare che irritazione e sconforto imbattendosi in uomini che pretendono di essere artisti , e per giunta artisti vivi . L ' artista vivo è spesso un uomo come tutti gli altri , un uomo qualunque , e la sua presenza fisica basta a spogliare di ogni interesse l ' opera sua . Pazienza se fosse un essere impresentabile o un furfante ; meglio ancora se un assassino , un mostro . Casi simili sono conosciuti , sono stati schedati , sono « nella regola » . Ma l ' artista che apparentemente vive e pensa come gli altri uomini è veramente insopportabile . Che cosa pretende da noi questo millantatore ? Una vita prima e una vita dopo ? Sarebbe troppo comodo . Incominci a levarsi dai piedi , poi ne riparleremo ... Grande dev ' essere la soddisfazione degli artisti defunti , se essi hanno veramente aspirato a far parlare di sé . Il loro nome è inciso su targhe , stele , monumenti ; ad essi sono dedicati strade , viali , parchi , piazze . Interi capitoli di libri descrivono la loro vita e le loro opere . Brani di loro poesie sono confitti in migliaia di cervelli di studenti . Legioni di laureandi si affaticano a frugare nei testi che ci hanno lasciato , si industriano a interpretarli , a farne sprizzare i significati più sorprendenti . L ' artista vivo è talvolta obbligato a fornire spiegazioni sull ' opera sua . Se dichiara di non poterne dare non viene creduto ; se smentisce le spiegazioni date da altri passa per un presuntuoso ; se le accetta , non può accontentare tutti perché deve accoglierne qualcuna escludendone altre . Il miglior partito è per lui di fingersi un irresponsabile che non sa quel che fa o quello che scrive . L ' artista morto lascia invece il suo indovinello e se ne lava le mani . L ' indovinello può essere anche L ' infinito di Giacomo Leopardi , la più chiara poesia del mondo . Mettete la poesia del morto nelle mani dei vivi , e vedrete che cosa ne vien fuori . Lo sguardo del poeta è escluso dalla siepe o dall ' orizzonte ? E sull ' ermo colle c ' era solo la siepe o c ' erano altri alberi ? E il vento che stormisce fra le piante deve intendersi che stormisca fra la siepe o fra gli altri alberi ? Queste ed altrettali , sono le gravi questioni che dividono i vivi dai morti . Per fortuna , i morti non se ne accorgono . Uno dei pochi vantaggi nell ' artista vivo è che la sua immortalità resta un ' ipotesi indimostrabile . Così , finché vive , nessuno gli chiede : « Dove ha Ella conosciuto Silvia e Nerina ? Le ha davvero amate ? In modo veramente ... conclusivo ? In che data ? E che cos ' è successo poi di quelle brave ragazze ? » . Domande simili , ripeto , non si fanno ai vivi , e non per discrezione , ma solo perché si ignora chi sarà il futuro cantore di Silvia e di Nerina . Se si potesse saperlo , il neo - immortale dovrebbe darsi alla fuga . E del resto non è una continua fuga la vita dell ' artista vivo ? Egli solo è capace di comprendere che l ' immortalità delle sue opere dura quanto un batter di ciglio e che la vera infinità dell ' arte è un lampo che non si misura coi mesi e gli anni dei calendari umani .
È lecito uccidere il tiranno? ( Bobbio Norberto , 1986 )
StampaQuotidiana ,
È lecito uccidere il tiranno ? Era naturale che dopo l ' attentato a Pinochet si riproponesse ancora una volta , anche in Italia , l ' eterna domanda . Se la sono posta in questi giorni , tra gli altri , Rossana Rossanda sul « Manifesto » rispondendo di sì ma sollevando i dubbi di Adriano Sofri , e di Mieli sulla « Stampa » e di Giuliano Zincone sul « Corriere della Sera » . Il problema è vecchio e le diverse possibili soluzioni altrettanto . Per fare qualche esempio , in un ' epoca in cui le guerre di religione avevano favorito la nascita di dottrine che predicavano il tirannicidio , Hobbes collocava la massima « E lecito uccidere il tiranno » fra le teorie sediziose che in uno Stato ben ordinato avrebbero dovuto essere proibite ( nella repubblica hobbesiana l ' articolo di Rossana Rossanda sarebbe stato censurato , e l ' autore forse messo in prigione ) . Nell ' età della rivoluzione francese , in cui venivano celebrati in cattedrale feste e riti in onore di Bruto , Kant affermò che chiunque avesse anche il minimo senso dei diritti dell ' umanità non poteva non essere scosso da un « brivido d ' orrore » di fronte all ' esecuzione solenne di Carlo I in Inghilterra e di Luigi XVI in Francia . Come tutti i problemi morali , anche il problema della liceità del tirannicidio non è di facile soluzione . Anzi , non ha una soluzione che possa essere data e accolta una volta per sempre , perché ogni caso è diverso da tutti gli altri . La soluzione dipende dalle circostanze di luogo e di tempo , dalla persona contro cui l ' atto si dirige , dalle persone che lo compiono , dalla gravità delle colpe e dalla impossibilità di ricorrere ad altri rimedi . Avevano ragione o torto i cospiratori del 20 luglio 1944 nel tentare di uccidere Hitler ? Aveva le stesse ragioni l ' anarchico Bresci nell ' uccidere Umberto I ? Basta porre queste due domande , e se ne potrebbero porre infinite altre analoghe , per rendersi conto che sotto il nome generico di attentato , o di atto terroristico , si celano eventi totalmente diversi , che non possono essere giudicati con lo stesso metro . Il primo aveva un intento prevalentemente liberatorio , il secondo essenzialmente punitivo . Il problema è reso più complesso dal fatto che la stessa azione può essere sempre giudicata con due criteri diversi : o in base a regole precostituite che debbono essere osservate o in base ai risultati che si ritiene debbano essere raggiunti . I due giudizi non coincidono quasi mai : osservando le buone regole spesso si ottengono cattivi risultati ; cercando di ottenere buoni risultati , molte buone regole vengono coscientemente e tranquillamente calpestate . Se si giudica l ' attentato in base alle regole precostituite , è evidente che esso contravviene alla norma « Non uccidere » , che è una delle leggi fondamentali della morale di ogni popolo e in ogni tempo . Come tale dovrebbe essere condannato . Ma non vi è regola senza eccezione . Non è lecito uccidere il nemico in una guerra giusta ? Non è sempre stata riconosciuta come guerra giusta la guerra di difesa ? Non può allora essere estesa al tiranno considerato come nemico interno l ' eccezione prevista per il nemico esterno ? Sennonché , come in guerra l ' eccezione vien meno di fronte alle popolazioni civili , così l ' attentatore dovrebbe colpire soltanto il tiranno e risparmiare le persone , la scorta o i familiari , che si trovino accanto a lui . Ma oggi questa condizione è sempre più difficile da rispettare per il tipo di armi impiegato , come ha dimostrato l ' uccisione di alcune guardie del corpo nell ' attentato a Pinochet . Ciò rende la liceità del tirannicidio , giudicandola in base agli argomenti della filosofia pubblica tradizionale , sempre più problematica . Nel dramma I giusti , di Camus , il congiurato cui è stato affidato il compito di uccidere il Gran Duca torna senza aver eseguito l ' ordine perché sulla carrozza erano seduti accanto al personaggio due piccoli nipoti . Quando uno dei compagni lo rimprovera : « L ' Organizzazione ti aveva comandato di uccidere il Gran Duca » , risponde : « E ' vero , ma non mi aveva comandato di assassinare dei bambini » . Partendo dal punto di vista dei risultati , il giudizio non diventa né più facile né più limpido . Anzitutto il risultato deve essere se non certo altamente probabile . Non c ' è dubbio che nel caso dell ' attentato al generale cileno il non raggiungimento del risultato abbia contribuito a rafforzare il potere del dittatore sia nei riguardi di tutti quei cittadini ( e sono ancora molti ) che sarebbero disposti a liberarsi dalla dittatura in cambio di una democrazia moderata ma non a cambiare il regime di Pinochet con un regime comunista , sia nei riguardi degli Stati Uniti , che abbandoneranno del tutto il generale solamente quando saranno sicuri che al suo posto invece di un governo democratico all ' americana non venga istituito un governo guidato dal partito comunista . In secondo luogo , si deve prevedere che il risultato non solo sia perseguibile con un alto grado di probabilità , ma che , se raggiunto , sia tale da non lasciar adito a dubbi sulla sua convenienza o opportunità , nel senso che , messi sui due piatti della bilancia il male necessario ( nell ' uso di certi mezzi ) e il bene possibile , il secondo prevalga . Inutile dire quanto questa soluzione sia difficile . Nel caso dell ' attentato a Giovanni Gentile ( so di toccare un tasto dolente ) la sproporzione tra la morte di un uomo e le conseguenze che questa morte poteva avere sulla condotta della guerra era tale da renderci oggi molto dubbiosi sulla saggezza di quell ' atto ( anche se devo confessare che allora non mi ero posto il problema nello stesso modo ) . Nel caso dell ' attentato a Pinochet sospendo il giudizio : mi parrebbe di commettere un atto di prevaricazione nel sostituire la mia opinione a quella di coloro che vivono dentro a quella situazione . Durante l ' occupazione tedesca , quando assistevamo alla tortura e alla morte di tanti nostri compagni , come avrei giudicato un attentato a Mussolini ? Un uomo dell ' altezza morale di Calamandrei alla notizia della morte di Mussolini trascrive sul suo diario , unico commento all ' episodio , il famoso cantico di Alceo : « Ora bisogna bere ; I ubriacarsi bisogna ; I ora che Mirsilo è morto » . Completamente diverso e più semplice il giudizio sugli atti di terrorismo indiscriminati , come le stragi alla stazione di Bologna , nella sinagoga di Istanbul , nel grande magazzino di rue de Rennes . Prova ne sia che , mentre di fronte all ' attentato al dittatore cileno c ' interroghiamo sulla sua liceità , di fronte a quelle stragi restiamo inorriditi , incapaci di dare , nonché una giustificazione , una qualsiasi plausibile spiegazione .
UN'ALTRA COMETA ( PARETO VILFREDO , 1910 )
StampaQuotidiana ,
La prima fu quella del Calabrese , la quale apparve , per poco rimase visibile , e sparve ; l ' altra ora sta sull ' orizzonte , con bella e lunga coda pettinata dal Luzzatti , e toglie nome da un disegno di legge , dicesi contro alla pornografia , in realtà contro alla libertà del pensiero . Tale disegno è conseguenza del concilio tenuto a Parigi dai santi padri della bigotteria ; e nella relazione si nota , con compiacente letizia , che « ove la conferenza di Parigi venisse integralmente approvata , si giungerebbe alla internazionalizzazione del reato di pornografia , ed il reo si troverebbe in tutto il mondo civile sovra un unico territorio , né potrebbe sfuggire alla giustizia » . Forse questi egregi moralisti vendono la pelle dell ' orso prima di averlo ucciso ; e non è punto sicuro che proprio tutti i paesi del mondo vogliano prestarsi ad assecondare questi ipocriti pudori ; ma ove , per dannata ipotesi , ciò seguisse , avremmo una oppressione del pensiero quale mai non l ' ottenne la Santa Inquisizione ; poiché se vi erano paesi ove essa imperava , ve ne erano pure altri ove si stampava ciò che meglio si credeva ; e , anche senza la Inquisizione , se in Francia si bruciavano , come oscene , le opere del Rousseau e del Voltaire , non mancavano terre ove si potevano stampare . Se in quel tempo ci fossero stati , in tutti i paesi , le leggi che ora ci vogliono imporre , molte delle opere del Rousseau e del Voltaire non avrebbero potuto essere pubblicate , poiché è certo , certissimo , che in esse vi sono passi osceni e tali da cadere sotto il disposto delle nuove leggi . S ' intende che , per non essere troppo ridicoli , i nostri moralisti daranno un calcio alla logica e non faranno sequestrare quei libri , come lasceranno anche vendere le opere dell ' Ariosto , del Boccaccio , del Machiavelli , e di tanti altri nostri autori ; ma mirano ad impedire che nuove opere di quel genere si possano porre in vendita . Ci lasceranno il passato , purché , a loro , consegniamo l ' avvenire . Tanto è il loro furore moralista , che vogliono dare la caccia anche ai titoli dei libri : « E si vieta pure di tenere esposti nelle mostre o vetrine dei negozi i libri scientifici ( sic ! ) che portano titoli atti ad offendere la castigatezza delle persone od a stimolare indiscrete curiosità nell ' animo dei giovani » . Seguitando così , si potrà solo esporre le vite dei santi , principalmente quella di san Luigi Gonzaga , che , se non erro , deve essere il patrono dei nostri moralissimi . Quando avrà impero la nuova legge , avverto i librai che non abbiano ad esporre il mio Mythe vertuiste , perché , mi piace dirlo chiaro , esso è diretto peggio che ad offendere , a distruggere le teorie del santo concilio di Parigi , le quali dalla nuova legge sarebbero imposte ; e quindi può il solo titolo « stimolare l ' indiscreta curiosità » di coloro che desiderassero sapere cosa la gente eretica e perversa può trovare da opporre alle teorie dei santi padri della religione morale . Dicesi che le nuove leggi siano volute dai clericali nostri . Se ciò è vero , mi sia concesso il dire loro che , così operando , si mettono su di una falsa strada , la quale potrebbe anche portare ad infliggere loro persecuzioni come quelle che hanno sofferto in Francia . La loro salvezza sta nella libertà ; essi possono giustamente chiedere che la legge sia neutrale tra loro e gli avversari loro ; ma se chiedono l ' aiuto della legge per imporre altrui la loro morale , perdono ogni titolo per dolersi se verrà giorno in cui , invertite le parti , saranno questi avversari che vorranno imporre la loro morale ai cattolici . In questo avvicendarsi di persecuzioni e di oppressioni sta veramente il pericolo delle nuove leggi colle quali si vorrebbe ferire la libertà del pensiero ; poiché tale scopo non sarà meglio raggiunto di quello che lo sia stato pel passato , e ai nostri moralissimi legislatori non sarà certo dato di compiere ciò che non poterono conseguire papi , imperatori , re , inquisitori e gesuiti
Il grande rifiuto ( Montale Eugenio , 1965 )
StampaQuotidiana ,
L ' idea che la sostituzione di Mammona a Dio o all ' Essere o all ' Ente ( mettetela come volete ) fosse il segno premonitore di una nuova barbarie era già viva in Kant , e poi in Goethe e più tardi in Burckhardt , e chissà in quanti altri ( trascuro Hegel per il quale la morte dell ' arte era compensata dal trionfo della Ragione ) . Oggi l ' idea si è generalizzata , ma è mutato il nome : invece di barbarie si preferisce parlare di progresso scientifico e tecnico , di nuova cultura ( due o mille culture ) , di nuova antropologia , restando identica , anzi peggiore la situazione . Certo esistono differenze tra la vecchia e la nuova barbarie . La vecchia era truculenta : i viaggi erano pericolosi , sebbene meno dei viaggi attuali ; le pestilenze falciavano le popolazioni , i dissidi e le faide dividevano non solo gli Stati ma anche le famiglie e le consorterie . I morti di fame abbondavano ( ce n ' è almeno un miliardo anche oggi ) ; i ricchi anche allora avevano sempre ragione ; la vita media dell ' uomo era più breve ; e tuttavia c ' era il vantaggio della lenta circolazione delle idee . Queste erano poche e relativamente stabili ; e non importa se fossero false . Oggi le idee sono scomparse : tutto è ipotetico , tutto è vero finché è vendibile ed è falso tutto ciò che non fa gola all ' uomo economico . Molti sono convinti che il peggio deve venire , ma accettano il fatto come inevitabile . E quando verrà questo peggio ? Dovesse accadere tra un secolo o due , se la sbrighino i nostri pronipoti . A noi non importa nulla . La moltiplicazione delle scienze e delle tecniche è direttamente connessa alla scomparsa delle idee . Se esaminiamo il campo delle arti e delle lettere - il solo in cui io abbia qualche competenza - che cosa troviamo ? Si afferma , per esempio , che la letteratura è rimasta indietro e che solo la musica e le arti visuali tengono il passo . È chiaro che la poesia o la prosa di romanzo non potranno mettersi al corrente se non realizzando opere totalmente prive di idee e unicamente affondate nell ' inconscio . Si dirà che anche la rinunzia alle idee è un ' idea , è l ' idea che non esistono idee valide . Ma è un sostegno debole per una produzione che dopo ottanta e più anni di nuovissimi ismi non ha nemmeno il pregio della novità . L ' orrore per gli astratti contenuti , la giusta convinzione che la poesia si fa con le parole , la musica con le note , la pittura con i colori , ha messo in ombra ciò che i nostri padri sapevano da secoli : e cioè che la poesia non si fa soltanto con le parole , la musica non si fa soltanto con i suoni e la pittura non si fa unicamente col disegno e coi colori . Un simile orrore ha facilitato l ' avvento di una musica in cui la nota ( la parola musicale ) non conta più nulla ; di una pittura concepita come gesto pittorico o come esibizione di materia bruta . Un ' arte così fatta - superate le iniziali diffidenze - non ingombra lo spirito , non fa pensare . È un ' arte addirittura piacevole . Quando il mondo ( bomba atomica permettendolo ) sarà abitato da otto o nove miliardi di uomini alti più di due metri , quest ' arte sarà probabilmente ben viva . Ma nessuno potrà prendersi la briga di farne la storia , di ravvisarvi il filo di un ' idea che possa dare un senso all ' esistenza del termitaio umano . E questo potrà dirsi anche delle migliaia o dei milioni di opere letterarie allineate , pienamente al corrente . I loro autori avranno avuto editori , cattedre , prebende ; saranno letti da pochi ma la loro esistenza avrà una consacrazione ufficiale . Più numerosi - un ' infinità - saranno gli scrittori di roba commestibile , destinati anch ' essi all ' oblio ma ben pagati e rispettati . ' rutto sarà pienamente OK e i filosofi spiegheranno che la loro materia , dopo essere stata in auge in tempi barbarici , dovrà essere relegata nel buio di una preistoria che per il nuovo animale umano non potrà avere alcun interesse . Esistono , ovviamente , altre ipotesi , alternative diverse ; ma non so se più consolanti . Quel che pare certo è che l ' uomo debba pagare a caro prezzo il suo « grande rifiuto » .
La logica del terrorismo ( Bobbio Norberto , 1985 )
StampaQuotidiana ,
Ogni atto terroristico suscita un acceso e quasi sempre inconcludente dibattito circa i suoi scopi e i suoi effetti . Il dibattito nasce dal fatto che di ogni atto terroristico , sia di quello indiscriminato sia di quello rivolto verso un obiettivo specifico , è estremamente difficile stabilire gli scopi . Ed è estremamente difficile stabilirne gli scopi perché non è facile prevederne gli effetti . L ' assassinio del prof. Tarantelli è stato immediatamente collegato alla campagna in corso pro e contro il referendum . Ma a guardar bene questo collegamento è stato fatto nei modi più diversi . I problemi connessi col referendum sono due : a ) se si debba svolgere , secondo l ' indicazione della Corte costituzionale , o debba essere evitato ; b ) se una volta che sia stato deciso di lasciarlo svolgere , quale delle due parti in contrasto lo vincerà . Ebbene , rispetto a entrambi i problemi , credo che nessuno sia in grado di prevedere esattamente se l ' assassinio del prof. Tarantelli avrà delle conseguenze e quali saranno . Rispetto al primo problema l ' assassinio è destinato a favorire coloro che il nodo della scala mobile preferiscono tagliarlo con il ricorso al voto popolare oppure coloro che preferiscono scioglierlo attraverso un compromesso fra le parti in cui non dovrebbero esservi né vincitori né vinti ? Rispetto al secondo , questo « sangue » è destinato a far aumentare i voti del « sì » oppure i voti contrari ? Posto il problema degli scopi e degli effetti di questo nuovo atto di terrorismo , e non si vede come possa essere posto altrimenti , si capisce subito che le risposte possibili sono molte , e anche opposte fra loro . Di fatto , a giudicare dalla polemica subito sorta fra uomini politici delle diverse parti , ognuno dà una interpretazione diversa secondo il proprio punto di vista . Ciò dimostra ancora una volta che la logica dell ' atto terroristico non può essere giudicata alla stregua della logica dell ' azione politica comune , che mette in diretta connessione il mezzo col fine , e che di fronte a un ' azione in cui non riesce a cogliere il nesso mezzo - fine è tentata di considerarla irrazionale ( o folle ) . Una delle ragioni per cui è così difficile dare un giudizio politico su un atto di terrorismo è che ci si sofferma troppo poco sul suo aspetto meramente punitivo o vendicativo . Il terrorista è o crede di essere , prima di tutto , un giustiziere . Ciò che per noi che ci mettiamo dal punto di vista dell ' ordinamento delle leggi dello Stato è un assassinio , per il terrorista che non accetta l ' ordinamento dello Stato , che considera lo Stato il principale nemico da abbattere , è una condanna a morte . Di un atto di giustizia è perfettamente inutile cercare quali siano gli scopi e gli effetti ulteriori . In un atto di giustizia lo scopo dell ' atto che è il rendere giustizia , è intrinseco all ' atto stesso . L ' atto di giustizia non pone alcuna domanda che vada al di là dell ' atto perché è esso stesso una risposta , ed è una risposta che chiude un ciclo di azioni e reazioni , e non ne apre uno nuovo . Che ogni atto di giustizia , soprattutto poi quando è così spietato , possa avere anche lo scopo di costituire un atto d ' intimidazione e di avvertimento nei riguardi di futuri colpevoli , non si può escludere , sebbene uno scopo di questo genere sia molto più evidente nella giustizia di un ' istituzione regolata da norme generali e astratte com ' è l ' ordinamento giuridico dello Stato che in quella di un gruppo terroristico la cui organizzazione è labile , discontinua , e la cui azione futura è molto più incerta . Ma in ogni caso l ' eventuale effetto rispetto ad azioni future è secondario rispetto a quello primario ed essenziale della punizione di azioni passate . Ha dunque ben poco senso cercare una giustificazione politica di un atto che essendo compiuto come un atto di giustizia trova la propria giustificazione in se stesso , cioè esclusivamente nel fatto di essere un atto di giustizia , e che in quanto tale può avere paradossalmente una giustificazione etica ( se pure di un ' etica distorta ) e non ha niente a che fare con la politica . A questa prima osservazione se ne collega una seconda , a mio parere più importante . L ' unica cosa che un atto terroristico come l ' assassinio del prof. Tarantelli vuole politicamente dimostrare è che di fronte ai grandi conflitti sociali non vi può essere che un unico modo per risolverli : il ricorso alla violenza . In quanto tale esso è una sfida alla democrazia intesa come l ' insieme delle regole che permettono di risolvere i conflitti senza ricorrere all ' uso della violenza da parte dei gruppi in conflitto fra loro . I modi per risolvere democraticamente , senza ricorrere alla violenza , i conflitti d ' interesse sono principalmente due : la trattativa che conduce a un accordo di compromesso oppure il voto calcolato in base alla regola di maggioranza . Si osservi bene : si tratta dei due metodi attualmente in contrasto per la soluzione della controversia sulla scala mobile , e sui quali è in corso , con esito incerto , la discussione fra le varie parti . Anche da questo punto di vista , a me pare sia perfettamente inutile il litigio sui presunti scopi dell ' assassinio . In quanto esso applica il metodo della violenza in antitesi al metodo democratico essenzialmente non violento , si contrappone contemporaneamente tanto alle pratiche del compromesso che vorrebbero evitare il referendum quanto all ' attuazione del referendum che pretende di risolvere con un voto di maggioranza un conflitto che secondo il terrorista , che ha una idea rivoluzionaria del cambiamento storico , non può essere risolto con nessuno dei rimedi offerti da un governo democratico che voglia rispettare le regole del gioco . Il terrorista dice no tanto al compromesso quanto al referendum , tra i quali non può fare alcuna distinzione dal suo punto di vista . Anche in questo caso il gesto ha un valore puramente dimostrativo e pertanto ha un fine in se stesso , come l ' atto di giustizia , indipendentemente dai suoi effetti . Con questo non si vuol dire che non abbia effetti che vadano ben al di là delle intenzioni degli attori , anche se non sappiamo esattamente quali potranno essere . Ma non è l ' arzigogolare sugli effetti che possa in qualche modo offrirci una ragione dell ' atto , perché l ' atto ha le sue ragioni chiarissime a chi le voglia intendere , indipendentemente da essi . Resta una domanda angosciosa : perché nel nostro paese questa sfida alla democrazia sia più forte che altrove .
IL PROBLEMA FERROVIARIO ( PARETO VILFREDO , 1911 )
StampaQuotidiana ,
Parmi sempre che la migliore soluzione da esaminare sia quella della cooperativa . Sono ben lungi dall ' essere un fanatico della cooperazione e dal credere ad una magica virtù di quella parola . Neppure , e parmi averlo dimostrato in tutto quanto ho scritto , sono partigiano della teoria del prodotto integrale del lavoro ai lavoratori . Intendo esaminare il problema esclusivamente da un punto di vista pratico ed empirico . Se i ferrovieri si fossero limitati ad invocare principi astratti non farei motto , ma quando vedo gente competente e che ha le mani in pasta , porsi sul terreno pratico ed affermare che c ' è modo di migliorare le condizioni dei ferrovieri senza aggravio pel pubblico , parmi che tale asserzione sia almeno degna di studio . Sarebbe presunzione la mia se dicessi in modo assoluto , che essi hanno ragione . Tale giudizio od il giudizio opposto possono solo essere la conclusione di lunghi e severi studi di persone competenti , come sarebbero i membri di una commissione scelti fra le persone più o meglio intendenti delle cose ferroviarie e finanziarie . Molto più modesta è la mia tesi . Dico che la proposta dei ferrovieri è meritevole di esame e non deve essere respinta a priori . Non mi nascondo le forti e gravi obiezioni recate da persone che ben conoscono la materia quali sono i professori Einaudi , Pantaleoni , De Johannis , ma credo che se possono avere sede nella discussione per la risoluzione definitiva del problema , non siano tali da fare respingere senz ' altro questa discussione stessa . Si dice : se concedete che l ' esercizio privato sia il migliore , perché non lo proponete addirittura ? Perché un vero esercizio privato come quello delle ferrovie inglesi è impossibile nelle presenti condizioni , in Italia . Non ci sarebbe un Parlamento , per approvarlo , e forse neppure capitalisti per intraprenderlo . Possibile sarebbe solo un esercizio in apparenza privato , in realtà misto di esercizio di Stato e di esercizio privato , pessimo fra tutti gli ordinamenti che si possono escogitare per le ferrovie italiane , ed atto solo a procacciare lucrose speculazioni di borsa . Rimane dunque solo la scelta tra l ' esercizio di Stato e l ' esercizio della cooperativa . Riguardo a quest ' ultimo , si osserva e giustamente che mala prova hanno fatto molte cooperative di produzione , infelicissima poi quella della Mine aux mineurs in Francia ; e se similmente a tali cooperative dovesse essere ordinata la cooperativa ferroviaria , accetterei per buona , l ' obiezione a priori . Ma l ' ordinamento può essere diverso , facendo parte al capitale estraneo alla cooperazione e mirando non già a mettere in opera principi teorici , ma lasciandosi unicamente guidare da considerazioni pratiche . Per solo modo di esempio , pongasi che la cooperativa ferroviaria abbia : 1 ) un certo numero di obbligazioni 3 e mezzo per cento ( metto a caso questo numero solo per brevità di discorso ) ; 2 ) azioni privilegiate 4 e mezzo per cento ( anche questo numero è messo a caso ) ; 3 ) azioni ordinarie . Le azioni ordinarie sono distribuite gratis , o con pagamento minimo , ai ferrovieri , secondo certe norme da determinare . Il frutto di queste azioni varrà pei ferrovieri appunto l ' aumento di salario che essi chiedono e che è impossibile oramai di rifiutare loro . Sull ' utile dell ' azienda , si preleva : 1 ) la somma necessaria pel servizio delle obbligazioni ; 2 ) la somma necessaria pel servizio delle azioni privilegiate . Il rimanente va alle azioni ordinarie . Tale ordinamento , per quanto spetta alla divisione del capitale in obbligazioni , azioni privilegiate azioni ordinarie , non è teorico ; trovasi presso moltissime società inglesi e vi fa buona prova . Temesi , e non a torto , che assemblee di soli cooperatori possano talvolta essere trascinate ad approvare provvedimenti dannosi al capitale dell ' azienda . Tale pericolo è rimosso dall ' intervento degli azionisti privilegiati , che del capitale sapranno prendersi cura . Infine osservasi che vi possono essere crisi nelle quali la società di esercizio ferroviario guadagnerà pochissimo , e che sono compensate da anni in cui largo è il guadagno . Tale compenso ci deve essere , altrimenti l ' esercizio sarebbe disastroso e non potrebbe essere assunto da nessuna società , sia cooperativa sia anonima ; e se pure ci fossero finanzieri così imprudenti dallo assumerlo , la società loro fallirebbe , e saremmo da capo coll ' esercizio di Stato . Se si vuol fare sul serio , occorre concedere patti convenienti a chiunque assuma l ' esercizio ferroviario . Ma , dicesi , e dicesi ottimamente , per potere fare quel compenso tra gli anni magri e gli anni grassi , un capitale ci vuole . Sta bene , ed a ciò appunto si provvede col capitale delle azioni privilegiate . Non ho menomamente l ' intento di esaminare qui tutti i particolari di un simile ordinamento , dirò solo che il Governo può avere una certa ingerenza nell ' amministrazione , purché non sia d ' inciampo al li ero svolgersi dell ' esercizio ; qualche cosa di analogo si ha nell ' ingerenza del Governo nell ' amministrazione della Banca d ' Italia . È veramente strano che il nostro Governo , il quale colma di favori , a spese dei contribuenti , le mendicanti cooperative di braccianti ed altre simili , rifiuti di esaminare le proposte dell ' unica cooperativa che non mendica favori , ma chiede un giusto , e conveniente per tutti , contratto di esercizio . Sarebbe forse perché i politicanti traggono dalle prime un utile per la loro potenza politica , che da quest ' ultima non sperano ?