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Caro presidente Berlusconi... ( Ferrara Giuliano , 1998 )
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Caro presidente Berlusconi , nella sua encomiabile battaglia per lo Stato di diritto , alimentata ieri alla Camera da un nuovo importante discorso sulle riforme costituzionali e sul sacrosanto obiettivo della separazione delle carriere , c ' è un punto dolente o punto morto . Lei non indirizza le sue energie , con sufficiente spinta politica e morale , verso quelle vittime dello spirito forcaiolo che non appartengano alla sua cerchia di conoscenti , collaboratori e amici . Il suo governo ha onorato questo paese , nel luglio del '94 , di un decreto governativo sulla custodia cautelare in carcere , quello firmato da lei e dal ministro Alfredo Biondi ( c ' erano anche le firme di Roberto Maroni e di Oscar Luigi Scalfaro ) . Quella legge , travolta dal putschismo strisciante del partito dei procuratori e dalla viltà della classe dirigente , portò alla messa in libertà di duemila persone , solo in minima parte ( una trentina ) indagate per reati di corruzione ; e , quando decadde , si ebbe il ritorno in carcere soltanto per una cinquantina di persone , giudicate a rischio se a piede libero . Ma quei millenovecentocinquanta cittadini tolti di forza a una concezione arbitraria e anche barbarica della carcerazione preventiva , con un gesto che resterà segnacolo memorabile di coraggio civile da parte sua e del suo governo , non sono abbastanza perché si possa dire che il compito di un vero movimento liberale si è esaurito . C ' è molto altro da fare . Da anni infatti , caro presidente , lei suscita energie nel campo garantista e sostiene battaglie giuste , ma il suo movimento e i suoi gruppi parlamentari dedicano un ' attenzione troppo spesso sbadata alla questione della giustizia italiana ( ammalata ) intesa come grande questione nazionale ed europea , e trattata nel più scrupoloso rispetto del valore universale , erga omnes , delle battaglie civili degne di questo nome . Le proponiamo di dedicare parte del suo tempo , nelle settimane a venire , alla visita di detenuti infermi ( come il dottor Carlo Maria Maggi , che giace ammalato in carcere nel quadro di un ' inchiesta non priva di opacità sulle bombe di piazza Fontana ) . Le chiediamo di considerare i grandi casi della giustizia politica che sono sotto il vaglio drammatico delle nostre corti e del Parlamento ( dal caso della revisione processuale per Sofri , Bompressi e Pietrostefani a quello della legge sull ' indulto per chiudere la stagione degli anni di piombo ) . Ma più in generale le segnaliamo che le galere italiane continuano ad affollarsi di poveri , di extracomunitari e di tossicodipendenti senza un vero criterio di tutela della sicurezza della comunità e spesso nel più caotico ( e criminogeno ) diniego ai singoli di una vera giustizia , in tempi certi . Si doti , caro presidente , di strumenti efficaci e di buone idee di riforma anche in questo settore cruciale dell ' amministrazione della giustizia penale . Non si vive di soli Andreotti , di soli Dell ' Utri e di soli Previti ( e glielo dice un giornale che in materia non si risparmia ) : l ' iniziativa per lo Stato di diritto deve avere i caratteri di una battaglia che vale per correggere tutte le sue storture . E per tutti . Tokyo , lo scandalo aiuta la politica
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Molti , leggendo le narrazioni delle gesta degli eserciti rivoluzionari russi ed assistendo allo scatenarsi dell ' imperialismo comunista , ritengono che i comunisti contradicano così ai principii della loro dottrina umanitaria e pacifista e si riducano al livello degli altri partiti , che si sogliono chiamare individualistici o capitalistici . Si riconosce cioè che « idealmente » il socialismo sarebbe di fronte al fatto della guerra , come a tanti altri fatti della vita sociale , qualcosa di più perfetto delle altre dottrine ; e che soltanto le deviazioni della dottrina , la caparbietà e l ' ostilità dei nemici hanno potuto indurre i socialisti russi ad usare le armi , per respingere colla forza le violente aggressioni altrui . Tutt ' al più , si giunge ad affermare che gli uomini sono impari alla bellezza della loro dottrina ; che tutto il mondo è paese ; che la teoria socialista ha per ufficio di conquidere all ' interno le anime semplici , ed è un articolo di esportazione destinato ad affievolire la resistenza delle nazioni occidentali , facendovi nascere alleati del comunismo e rinnegatori della patria , pronti a render facile la via della conquista universale ai nuovi tiranni chiamati Lenin o Trotzki , invece che Guglielmo o Nicola . Certamente , questa spiegazione , fondata sulla debolezza della natura umana e sulla fragilità delle dottrine ideali , quando sono in contrasto con le tendenze fondamentali dell ' uomo , con lo spirito di violenza , di dominazione , di concupiscenza della roba altrui , ha un certo valore . Ma è un valore limitato , perché , riconoscendo che tutti gli uomini sono uguali e che i « comunisti » russi sono rissosi e violenti e desiderosi di ricchezza alla pari dei « capitalisti » occidentali , lascia in piedi l ' acclamata eccellenza del comunismo sull ' individualismo . È ben noto che non è lecito condannare la chiesa cattolica o anglicana o luterana o calvinista traendo argomento dalla corruzione e dai vizi del relativo clero . Le chiese accusate hanno trionfalmente risposto che i vizi dei sacerdoti non distruggono la verità della fede ; e che questa anzi rifulge vieppiù e dura eterna , nonostante gli occasionali peccati dei suoi indegni sacerdoti . È una prova attraverso alla quale la verità deve passare , per dimostrare meglio la sua vigoria immarcescibile . Così è del verbo comunistico , destinato a trionfare malgrado i delitti di cui si è macchiato , la fame che lo caratterizza , la miseria che esso diffonde in breve ora tra le popolazioni , le guerre imperialistiche che esso scatena . Esso è la verità eterna , è il regno della felicità avvenire . Pestilenze , carestie , guerre sono prove passeggere a cui il proletariato deve assoggettarsi , per instaurare per sempre sulla terra il regno della uguaglianza e della felicità diffusa fra tutti gli uomini . In verità , invece , guerra e comunismo sono due termini logicamente uniti in modo strettissimo . La guerra è un fatto connaturato all ' idea comunistica di gran lunga più che all ' idea individualistica . L ' individualismo ripugna all ' idea della guerra ; mentre il comunismo quasi spontaneamente vi si adatta . La guerra deve superare gravi ostacoli per essere condotta in regime individualistico ; mentre tali ostacoli non esistono in una società comunistica . Una prima ragione , comune ad altre tendenze o credenze , si può trovare in ciò che il comunismo è una fede . Un popolo , il quale crede di avere scoperta ed attuata un ' idea nuova , tende a propagarla , a diffonderla tra gli altri popoli . Maometto ed i suoi successori inondarono coi loro eserciti l ' Asia minore , l ' Africa , la Spagna , minacciarono l ' intiera Europa , giunsero alle porte di Vienna , perché volevano diffondere un ' idea religiosa nel mondo . I Cristiani risposero con le crociate . Nel cinquecento e nel seicento gli uomini si massacrarono per diffondere o difendere credi religiosi . La Francia conquistò l ' Europa con le armi di Napoleone , ma in nome degli « immortali » principii della rivoluzione ; e l ' Europa riuscì a debellare Napoleone solo quando poté combatterlo in nome del principio di nazionalità . Il comunismo russo è una fede , e , come tutte le fedi , tende ad evangelizzare i popoli , con la persuasione e con la propaganda , e , se occorre , anche con la forza . Ma v ' è di più . Il comunismo non è solo una fede legata al proselitismo . Esso organizza la società in modo adatto , mentre l ' individualismo tende ad organizzarla in modo disadatto alla guerra . È questa una verità la quale dottrinalmente è nota e pacifica ; ma la quale non ha ricevuto nel pubblico tutta l ' attenzione di cui è meritevole . In un tipo di società , come erano quelle esistenti in Europa prima del 1914 , la guerra era un fatto ripugnante , difficile e costoso . La grande massa degli uomini viveva di lavoro prestato in imprese indipendenti dallo stato , ricavava redditi di lavoro o di possesso di terreni o di esercizio di professioni , industrie e commerci condotti fuori dall ' ingerenza dello stato . In una società siffatta , la decisione e la condotta della guerra producono un trambusto ragguardevole e debbono superare difficoltà ed opposizioni vivissime . Bisogna distogliere gli uomini dalle loro occupazioni solite , togliere ad essi il pane di bocca , mettere sul lastrico le loro famiglie e quindi concedere loro sussidi alimentari ; fa d ' uopo strappare professionisti , commercianti ed industriali ai loro uffici , negozi , ed imprese ; dislocando e spesso disorganizzando e rovinando le organizzazioni le quali fin allora davano da vivere alla grande massa . Per ottenere il risultato importa istituire imposte gravi e contrarre prestiti onerosi ; ossia portare via ai cittadini una parte sul reddito o persuaderli a dare a prestito allo stato risparmi che avrebbero preferito spendere od impiegare nelle loro aziende private . La guerra perciò non può essere condotta in una società individualistica senza violentare fortemente le abitudini , le occupazioni ed i guadagni della grandissima massa della popolazione . Con ciò non si vuole condannare tutte le guerre ; ma solo mettere in chiaro come l ' ordinamento individualistico della società implichi l ' esistenza di ostacoli molteplici allo scatenarsi di guerre dovute al capriccio degli uomini di governo . Guardisi invece ad una società comunistica . Attraverso a tutte le varie definizioni che se ne possono dare , a tutti i tipi svariatissimi che furono immaginati o tentati nelle varie epoche storiche , una caratteristica tendenziale è innegabile ed è dominatrice : al posto delle professioni , imprese e commerci liberamente esercitati dagli individui senza ingerenza dello stato , il comunismo mette imprese statali o comunali o corporative , esercitate secondo criteri di presunto interesse comune , da uomini i quali non lavorano in vista di un profitto o di un onorario liberi , ma di uno stipendio pagato dalla pubblica organizzazione . Ci sono ministeri o commissariati centrali i quali ordinano ai commissariati o consigli ( soviet ) od organizzazioni locali che cosa si deve produrre o coltivare ; come e che cosa si deve trasformare . Lo stato ha esso , normalmente , in mano la vita economica dei cittadini ; esso li indirizza al fine che il governo od i consigli ritengono necessario . In una società di questo tipo , la guerra è una operazione infinitamente meno difficile a deliberare ed a condurre che in una società capitalistica . Non si tratta più di dislocare nulla , di sopprimere , con perdite per gli uni e vantaggi per gli altri , aziende floride per crearne altre destinate alla guerra . Non si toglie il pane di bocca a nessuno e non si devono mettere imposte e far debiti . Gli uomini sono già impiegati dello stato . Che cosa importa ad essi di lavorare a produrre cereali ovvero munizioni ? La paga corre lo stesso . Invece di mettere imposte , il commissario degli approvvigionamenti ha solo da dare una razione di cibi e di vestiti minore ai civili ed una alquanto più abbondante ai soldati . La macchina bellica funziona con un attrito infinitamente minore che in una società individualistica . La guerra ultima è la prova delle verità ora accennate . L ' Inghilterra e gli Stati uniti furono i due paesi in cui più si stentò a costruire il meccanismo di guerra ed a persuadere gli uomini che bisognava imbracciare le armi , perché erano i due paesi in cui il tipo individualistico della società era più sviluppato ed in cui l ' ingerenza dello stato nella vita economica era minima . Germania ed Austria - Ungheria erano già stati a tipo tendenzialmente socialistico , con una burocrazia forte e con ingerenze diffuse dello stato negli affari privati , sicché l ' apparecchio bellico poté entrare in azione istantaneamente . Oggi , per fortuna , la Russia è comunistica solo alla superficie ed a chiazze : nelle grandi città ed in alcune zone industriali . Le campagne resistono o si trasformano in senso individualistico . Tuttavia , l ' esercito , in mezzo al dissolvimento universale , funziona , perché esso è un organo connaturato ad una società in cui l ' impulso a fare viene dal governo e non dai privati . A torto , dunque , coloro i quali amano la pace guardano al comunismo . È questa una di quelle tante illusioni di cui vivono gli uomini . Il comunismo è assai più adatto a fare la guerra dell ' individualismo . Garanzie assolute contro le guerre non esistono ; ma è certamente tanto più difficile che una guerra scoppi quanto meno il governo domina la vita dei cittadini , quanto meno esso ha normalmente il diritto di regolarne le occupazioni ; quanto più grande è il numero degli uomini i quali vivono di una vita indipendente da quella dello stato , epperciò atti ad opporre resistenza alle voglie dei governi .
«Gesualdo Monumentum» di Stravinskij ( Montale Eugenio , 1960 )
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Venezia , 28 settembre - Il Festival musicale di Venezia ha sparato ieri sera il suo ultimo mortaretto con l ' atteso Gesualdo Monumentum di Stravinskij diretto dall ' autore . Domani al Teatro del Ridotto si avrà la serata di chiusura con Giro a vuoto n . 2 , canzoni di noti poeti e musicisti interpretate da Laura Berti . Assai maggiore l ' interesse del concerto di ieri sera , nel quale , oltre alla assoluta novità stravinskiana , abbiamo avuto una « retrospettiva » di Alban Berg comprendente i predodecafonici Cinque « Lieder » orchestrali su testi di cartoline illustrate di Peter Altenberg ( 1912 ) , l ' aria da concerto per soprano e orchestra Il vino , su testi di Baudelaire tradotti da George ( 1919 ) e due dei Tre pezzi per orchestra che risalgono al '14 . Di queste composizioni nessuna aveva carattere di novità , ma solo Il vino è spesso ascoltata nei festival . Il carattere fortemente espressionistico e letterario di quest ' aria - che precede e annunzia l ' incompiuta opera Lulu - è oggi facilmente accessibile a un pubblico abbastanza vasto . Molti applausi sono andati alle musiche berghiane , al direttore d ' orchestra Robert Craft e alla solista di canto Magda Laszlo . Ha invece diretto personalmente il Gesualdo Monumentum il venerando autore che non per la prima volta largisce , sia pure col contagocce , le sue novità al festival di Venezia . Questa è del '60 , freschissima . Il principe Gesualdo da Venosa , madrigalista vissuto a cavallo tra il Cinque e il Seicento , è posto da anni sugli altari , non solo perché fece trucidare la moglie , ma anche per la ricchezza armonica della sua scrittura vocale . Si vede in lui un sorprendente anticipatore del moderno cromatismo , sebbene egli si muova nell ' ambito di una ortodossa tonalità e rimanga pur sempre nel ritmo ( come dice Stravinskij ) , piuttosto « plump » . I tre madrigali che l ' autore del Sacre ha trascritto per gruppi di strumenti hanno offerto al grande maestro l ' occasione di scrivere alcune di quelle nugae ( musica scritta su altra musica , oppure composta à la maniere de ... ) che formano una notevole parte della sua recente produzione . Alterazioni ritmiche - a quanto dice il trascrittore - dovrebbero essercene poche , nei tre madrigali tolti dai libri V e VI di Gesualdo , ma è molto dubbio che sia conservato molto dell ' originario carattere vocale , inscindibile dall ' ispirazione di Gesualdo . Lo stesso Stravinskij , presentando questi sei minuti di musica ( i quattordici delle precedenti Lamentazioni di Geremia sembrano ora un Himalaya musicale ) , ha ammesso , del resto , che in una trascrizione del genere la parte originariamente vocale dev ' essere sentita come assolutamente nuova e diversa , tanto diversa da sopprimere ogni somiglianza col disegno e il carattere dell ' originale . E allora ? Non resta che da ammirare la scintillante trama sonora che il trascrittore , servendosi di strumenti di vario sesso , e persino « ermafroditi » come i corni , ha gettato sulle brevi e dopo tutto non troppo complesse melodie gesualdiane .
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Per Adriano Sofri , Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani , presso il carcere di Pisa . Ci arrivano dal carcere di Pisa notizie che consideriamo cattive . Violiamo malvolentieri , ma con decisione , una consegna di riservatezza di cui comprendiamo le ragioni , ma che ci sembra del tutto ingiustificata dal punto di vista di chi sta , come noi , fuori dal mondo parallelo del carcere ma dentro la vicenda di almeno tre dei suoi abitatori : voi tre . È vero che vi siete battuti come leoni in ogni sede di giustizia , fino al rigetto della richiesta di revisione del vostro processo , per affermare la vostra non colpevolezza nell ' omicidio di Luigi Calabresi . È vero che le vostre vite sono state travolte da un cataclisma e che , accanto alla solidarietà di un bel pezzo di questo paese ( trasversalmente alle generazioni , alle esperienze e alle idee politiche ) , vi si è presentato di faccia e di profilo il deforme e grottesco cinismo di certe tradizioni italiane : pregiudizio sinistro , ferocia vendicativa , odio , trasandatezza morale , incapacità di capire , pigrizia nel leggere le carte , solerzia nello scriverne di sempre nuove e perfino surreali . È vero che dieci anni passati come voi li avete passati stroncherebbero tre cavalli da tiro , e a nessun uomo è richiesta una simile capacità di trazione e di carico . È vero che anche un solo giorno di carcere è una dannazione per chiunque , ma un agguato formidabile per chi non sia colpevole del reato per cui lo sconta : e i giorni , per voi , cominciano a essere troppi , e la prospettiva nera . È vero che siete uomini liberi e orgogliosi , che vi siete legati con la forza delle parole alla promessa di uscire comunque dalla casa circondariale di Pisa , o a testa alta o con i piedi in avanti , e che avete il diritto di scegliere il momento della vostra morte . È vero che nessuno può togliervi la libertà di essere , di volta in volta , deboli o forti , e di attribuire significati diversi da quelli che gli attribuiamo noi , che stiamo fuori , ai vostri atti di detenuti , di persone a cui sono state comminate sette sentenze deboli e male argomentate , ma è stato negato un processo giusto . È vero che qualunque nostro giudizio su di voi , su quello che fate , su quello che decidete , è superbo , perché avete il diritto di essere lasciati in pace quando scegliete i mezzi che giudicate acconci per condurre la vostra personale guerra contro la calunnia e il sequestro giudiziario di cui siete oggetto . È vero tutto questo . Ma resta il fatto che la notizia secondo cui avete cominciato nel silenzio e nel segreto una sottile opera di distruzione dei vostri corpi , imbastendo una complicata tattica di estrema combattività e di estrema resa , è una cattiva notizia , una pessima notizia . La vostra salute non è più soltanto vostra ormai da dieci anni . Noi vogliamo sapere , che ne abbiamo o no il potere morale , quello che vi succede . Vogliamo preservare la natura pubblica e civile della vostra vicenda . Siamo una seconda banda di sequestratori , accanto ai giudici trasandati e prevenuti che vi hanno incastrato e vi hanno indotto a impedirvi la libertà di movimento ; e disponiamo come fosse un ostaggio di una parte della vostra storia . Perché siamo convinti , moralmente e dunque ciecamente convinti , del fatto che siete tre detenuti condannati ingiustamente alla sepoltura da vivi per un reato che non avete commesso . E per questo solo motivo siamo padroni anche noi della vostra capacità di lasciare il carcere a testa alta . Noi non vogliamo vivere il resto delle nostre vite a testa bassa , dopo avere seppellito la vostra fierezza e libertà . Smettetela . Riproviamoci . Sofri , Bompressi e Pietrostefani cominciano a distruggersi . Fermiamoli
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Divertenti , questi comunisti russi , i quali si servono delle note diplomatiche per fare la polemica contro la società capitalistica . Non hanno ancora finito di mistificare l ' Europa con la leggenda del blocco , il quale sarebbe la causa della miseria e delle sofferenze del popolo russo , che già ripetono il volgare sofisma di Carlo Marx per dimostrare che il loro è il solo governo democratico , pacifista , sincero ed umanitario . A sentire essi ed i loro ripetitori italiani , l ' Europa si troverebbe divisa economicamente in due campi : rigurgitante l ' occidente di prodotti industriali , che non sa come collocare , mentre le popolazioni operaie languono per mancanza di pane e di alimenti ; pane ed alimenti i quali abbondano invece nella Russia , assetata di tessuti , di macchine , di locomotive . In mezzo , ad impedire lo scambio vicendevole , il blocco anglo - francese , il quale costringe i russi a mancar di vestiti e gli occidentali a pagare il pane caro agli alleati d ' America . Sarebbe certamente utile , a dimostrare la fatuità di questa leggenda , che il blocco fosse abolito , senza compensi e senza condizioni . Salvo una : che gli scambi fra Russia sovietista e l ' Europa occidentale dovessero farsi sulla base di merce contro merce , grano contro macchine , canape contro tessuti , petrolio contro locomotive . L ' ultima mistificazione che si apparecchia dai comunisti russi contro le nazioni produttrici di cose veramente utili è quella di offrirci in cambio i resti di quelle riserve di oro e di platino che i comunisti hanno ereditato dal regime czarista . Dopo aver distrutta la vecchia organizzazione dei trasporti , del commercio e dell ' industria , i comunisti vogliono riattrezzarsi a buon mercato dandoci qualche miliardo di rubli d ' oro e qualche quintale di platino . Se i governi d ' Europa hanno ancora una certa consapevolezza delle conseguenze dannose che in un paese produce l ' abbondanza della moneta , essi debbono imitare , sebbene in ritardo , il saggio bando che la Svezia inflisse all ' oro durante la guerra . Che la circolazione aumenti per la soverchia emissione di cartamoneta , come nei paesi belligeranti o per l ' improvviso afflusso di oro , come nei paesi neutrali , Stati uniti , Olanda , Scandinavia , gli effetti sono gli stessi : aumento dei prezzi , malcontento delle masse , convulsioni rivoluzionarie . Forse i comunisti russi non hanno riflettuto al carattere diabolico dei loro piani di scambio di oro contro merci ; ma è certo che l ' Europa occidentale non ha nessun interesse a scambiare le sue buone merci contro una massa inutile di oro , la quale , dannosa per se stessa , parrebbe inoltre giustificare l ' ulteriore danno di nuove emissioni cartacee , in apparenza garantite da una maggiore riserva metallica . Se i russi vogliono i tessuti , le macchine , le locomotive , i medicinali , il sapone dell ' occidente , li abbiano pure , senza difficoltà e senza restrizioni . Ma li paghino in buone merci , in grano , in petrolio , in nafta , in canapa , di cui essi affermano di avere tanta abbondanza ; non mai in strumenti di nuovi rialzi di prezzi e di malcontento delle masse . Vedremo che cosa e quanto essi sapranno darci per fare i loro acquisti . Speriamo che ci diano qualche cosa di più delle famigerate 4000 tonnellate di grano , non si sa con quanta fatica messe insieme nei magazzini di Odessa e delle provincie vicine e neppure bastevoli per coprire il fabbisogno per l ' Italia di 12 ore di importazione di frumento dall ' estero ! La esperienza dei fatti ci dirà se il blocco dell ' intesa o la incapacità propria a produrre sia la causa della carestia e della miseria in cui si dibatte il popolo russo rovinato dalla oligarchia che si è impadronita del potere sotto la bandiera del comunismo . I commissari di Mosca si offendono a sentirsi accusare di oligarchia . Le loro note diplomatiche ritorcono l ' accusa contro l ' intesa e specialmente contro l ' Inghilterra . Oligarchia noi , che siamo tutti uguali , noi che , se patiamo la fame , la patiamo tutti insieme , d ' accordo e felici nella nostra povertà , condizione necessaria alla creazione di una società più alta e più santa nell ' avvenire ! No . Oligarchici sono i governi dell ' occidente , dove , secondo Cicerin , 1.250.000 persone si spartiscono 585 milioni di lire - sterline di reddito all ' anno ( alla pari dei cambi 11.700 lire italiane a testa in media ) , altre 3.750.000 se ne spartiscono 245 milioni ( 1630 lire a testa ) e infine i restanti 30 milioni di poveri hanno solo un reddito di 880 milioni di lire - sterline ( 750 lire italiane a testa all ' anno in media ) . Non è un ' ingiustizia che mentre ogni membro di famiglia ricca ha a sua disposizione 11.700 lire , i componenti il medio ceto abbiano solo 1630 lire e quelli delle famiglie povere appena 750 lire ? Non è più bello lo spettacolo di una società dove , mettendo tutte le ricchezze ed i redditi in monte , ogni uomo riceve la sua giusta quota parte di 1 miliardo e 710 milioni di lire - sterline di reddito annuo totale divisi per 135 milioni di persone ossia il quoziente medio di lire italiane 1220 all ' anno di reddito ? Alla giustizia della divisione del reddito in parti uguali non credono ora nemmeno più i comunisti russi . Ben lungi dall ' ostinarsi a volere assegnare a tutti gli uomini l ' identico salario a reddito medio lire 1220 invece dei tre diversi quozienti da essi rimproverati all ' Inghilterra in lire 11700 , lire 1630 e 750 rispettivamente per le tre classi dei ricchi , mediocri e poveri essi hanno cominciato ad assegnare razioni diverse di cibo e di altre cose necessarie ai lavoratori manovali , a quelli intellettuali ed ai borghesi ( e che altro sono le razioni diverse fuorché espressioni gregge , in natura , di cifre diverse di reddito ? ) ; e quindi , sorpassato il periodo transitorio di sterminio della borghesia per mezzo della fame , hanno adottato il metodo permanente dei salari a trattamenti diversi per i tecnici o dirigenti e per i semplici lavoratori normali . Che cosa sono le promesse senza fine e gli inviti pressanti e le offerte di salari vistosi ai tecnici superstiti della Russia ed a quelli europei di buona bocca se non il riconoscimento lampante che a merito diverso , a qualità diverse debbono corrispondere compensi e salari differenti ? Le critiche rivolte alla sperequazione fra i redditi inglesi di 11.700 , 1630 e 750 lire suonano falso in bocca di gente che ha riconosciuto la giustizia e la necessità di differenze ben più profonde nelle rimunerazioni dei collaboratori della produzione . Ma rispondono i comunisti nelle loro note diplomatiche di propaganda noi paghiamo i salari alti a chi dirige , al tecnico esperto , non al capitalista ozioso che sfrutta il lavoro altrui . Anche ciò non è vero . Che cosa sono le concessioni di boschi , di miniere , di ferrovie che essi sono disposti a fare , sia pure sotto il manto di sorveglianze governative , ai capitali europei ed americani , se non il riconoscimento che non bastano i lavoratori ed i tecnici a produrre , ma occorre anche il capitale ; e che il capitale non si ottiene senza un risparmio precedente e il risparmio non si fa o almeno non si fa nella quantità voluta , senza la promessa di un interesse ? Un interesse , i bolscevichi sono disposti a pagarlo al capitale che li aiuti a salvarli dalle distrette presenti . Imitatori dei vecchi canonisti medievali , i quali volevano salvare insieme il precetto di Cristo : mutuum date nihil inde sperantes e la necessità di consentire l ' interesse , se si voleva far venir fuori il capitale , i bolscevichi , sofisti abilissimi , inventeranno qualche nuovo nome da dare all ' interesse . Ma si può star sicuri che , nome a parte , accetteranno ed hanno anzi già accettato il fatto indeprecabile e benefico . Chi invero si lamenta e si scandalizza nel vedere che vi sono tre classi sociali le quali hanno , a detta di Cicerin e compagni , rispettivamente 11700 , 1630 e 750 lire italiane di reddito a testa all ' anno fa all ' incirca lo stesso ragionamento di colui il quale stupisce nel vedere che una lettera paga ugualmente 25 centesimi ad essere spedita da Milano a Monza come da Milano a Girgenti . Pochi chilometri in un caso e 1600 nell ' altro ! Dove è la giustizia comparativa ? Quando verso il 1830 in Inghilterra fu sostituito il diritto fisso di lo centesimi agli svariatissimi prezzi di trasporto delle lettere a seconda della distanza , vi furono molti che gridarono all ' ingiustizia . Fu risposto trionfalmente che , a voler far pagare tariffe diverse , si perdeva tanto tempo per controllare e pesare ogni singola lettera e misurare le distanze , che lo speditore da Milano a Monza avrebbe bensì ora la soddisfazione di veder pagare 5 lire al compaesano speditore della lettera a Girgenti , ma a costo di pagar lui stesso 50 centesimi e di sapere che la lettera sarebbe ricevuta a destinazione con tre o quattro giorni di ritardo . Così è : il buon mercato dei 25 centesimi si ottiene solo a prezzo dell ' apparente ingiustizia di pagare tutti la medesima somma . Parimenti , chi ha un reddito solo di 750 lire all ' anno può impazientirsi nel vedere i redditi altrui più alti di 1630 ed 11700 lire . Ma la sua è una impazienza infondata . Se questa sperequazione non esistesse , il suo reddito non sarebbe di 750 lire . No . Questo è un semplice risultato aritmetico di una divisione , in cui si suppone il fattore dividendo immutato . Nella realtà , se si facesse la divisione in parti uguali , il dividendo non rimarrebbe immutato . Se ne sono accorti i comunisti russi quando hanno veduto che la produzione andava a rotta di collo se non si provvedeva a dare stipendi e poteri adeguati ai tecnici ed ai dirigenti . Se si tolgono le remunerazioni maggiori ai più abili e ai più volonterosi , il quoziente comune non sarebbe , non che di 1220 lire , neppure l ' altro di 750 lire . Probabilmente si ridurrebbe alla metà , al terzo , al quarto . La scelta non è fra l ' avere 750 ovvero 1220 lire ; ma tra il riconoscere la necessità e la giustizia delle cifre differenti di 11700 , 1630 e 750 lire ovvero l ' adattarsi alle 300 od alle 200 lire e forse meno per tutti . Ciò non solo rispetto ai salari differenti per diversi lavori , ma ai compensi per il capitale . Le 11 700 lire di reddito individuale di cui , secondo Cicerin , la classe ricca gode in Inghilterra , si hanno e durano solo finché ed a condizione che la medesima classe ricca non consumi e non goda le sue 11700 lire , ma ne dedichi una parte ed una parte notevole al risparmio . Questo è il segreto della prosperità inaudita a cui l ' economia mondiale era giunta prima della guerra : l ' esistenza di una classe , la cui forza e la cui potenza era condizionata assolutamente al servigio che essa rendeva alla società intiera col rinunciare al godimento di una parte dei propri redditi . Cicerin nel suo grottesco linguaggio di rimasticatore del famigerato primo capitolo del Capitale di Carlo Marx descrive la società occidentale composta di moltitudini lavoranti a beneficio di una oligarchia di capitalisti . È necessario dire che tutto ciò è un frusto sofisma ; che il capitale non vive affatto a spese d ' altri ; che è altrettanto legittima la remunerazione data al risparmio come quella data al lavoro ; che il voler negare il 4 od il 5% od altro saggio corrente al capitale equivale a negare l ' attuale compenso al lavoro ; che il voler togliere le 11700 lire di reddito al ricco , significa ridurre la porzione del povero da 750 a 300 o 200 lire . Come è accaduto in Russia e come accadrà sempre ineluttabilmente , ovunque si voglia ripetere il medesimo esperimento . Il vero pericolo non è nella differenza dei redditi e nel compenso al capitale ; è nella differenza che in talune società si incontra tra pochi esorbitatamente ricchi e moltitudini di poveri privi di ogni fortuna . Questa era in parte la situazione socialmente pericolosa della Russia , dove mancava una diffusa classe media e dove ad una classe latifondista ed industriale strapotente si contrapponeva un contadiname collettivista ignorante ed un proletariato cittadino facile alle esaltazioni . Se la crisi sociale cominciata nel 1917 in Russia rimedierà a questa situazione instabile , creando una nazione di piccoli proprietari a decine di milioni , di ex bolscevichi divenuti borghesi e di tecnici trasformati in industriali intraprendenti , ossia se essa creerà una società simile a quella occidentale , essa finirà per essere socialmente benefica . In occidente , in Germania , in Italia , in Francia ed in Inghilterra non abbiamo bisogno di passare attraverso a questa crisi . La trasformazione sociale è già avvenuta . I poveri sono meno poveri che in Russia ; i ricchi sono meno isolati e meno emergenti ed in mezzo esiste un vastissimo e profondo strato medio , di cui in Russia non si aveva alcuna traccia . In occidente occorre e basta che la evoluzione economica naturale ed una saggia legislazione continuino a smussare gli angoli , a temperare le punte estreme e ad accentuare il carattere di democrazia varia , progressiva , intraprendente per capitali nuovi e produttiva per lavoro esperto che innanzi alla guerra essa stava assumendo in maniera ognora più accentuata .
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Venezia , 10 aprile - Nella grandiosa sala superiore della Scuola Grande di San Rocco ieri sera si è inaugurato il XXIV Festival musicale veneziano , quest ' anno diretto da Mario Labroca . La tradizione di cominciare con uno spettacolo teatrale è stata parzialmente rispettata , perché di teatro si può appena parlare per le due opere prescelte : Il diluvio di Noè di Britten è una sacra rappresentazione nuova per l ' Italia , mentre La via della Croce , « novità assoluta » di Ghedini su testi di Nicola Lisi , si può definire naturalmente come un « mistero » . Il diluvio di Noè è il rifacimento di una di quelle rappresentazioni bibliche del Chester Miracle che nel Cinquecento inglese venivano portate in giro da un assai primitivo carro di Tespi . Le esigenze sceniche erano minime . Britten ha scritto la sua opera per personaggi adulti e bambini e per un ' orchestra in cui accanto a professionisti figurano dilettanti che suonano violini , strumenti a percussione , campanelli a mano e trombe . In questi spettacoli medioevali il pubblico ( o meglio le congregazioni ) prendeva parte all ' azione e si univa al coro intonando il canto . Nulla di simile , naturalmente , ieri sera . Il coro era quello della Fenice istruito da Sante Zanon , e dello stesso teatro era l ' orchestra diretta da Ettore Gracis . Il testo è tradotto in italiano da Piero Nardi e l ' adattamento ritmico è opera del Nardi e di Raffaele Cumar . E già che ci siamo aggiungiamo i nomi del regista ( Giulio Pacuvio ) e dello scenografo ( Gianrico Becher ) . Il breve , intenso spettacolo , di un primitivismo anche musicalmente assai prezioso ci fa assistere alla costruzione dell ' arca di Noè dopo l ' annuncio divino , al diluvio , all ' imbarco di Noè e di sua moglie ( questa assai riluttante ) , nonché di Seni , Cam e Iafet e delle loro rispettive consorti . Non è dimenticata neppure una larga rappresentanza delle varie specie zoologiche , l ' arcobaleno , il volo della colomba che annuncia la fine del diluvio tornando all ' arca col ramoscello d ' olivo ; e ha grande rilievo la voce di Dio , affidata alla tonante recitazione di Annibale Ninchi . La musica di Britten , tempestosa nella descrizione del diluvio , onomatopeica quando riproduce le voci degli animali , talvolta umoristica nelle scene di carattere , è in complesso degna dell ' autore del Giro di vite , bilanciata com ' è tra il sacro e il profano . E il lavoro , assai poco adatto al salone che lo ospitava , è stato assai applaudito anche per merito degli interpreti : il basso Clabassi , il tenore Andreolli , e le signore Garazioti , Benetti , Eggenberger , Fornaro , Marangoni , Zuliani . Il secondo spettacolo ( se tale può chiamarsi La via della Croce ) è formato da testi di Nicola Lisi sul mistero della Passione affidati a molte voci recitanti . A sfondo sonoro di queste voci Giorgio Federico Ghedini ha posto canti gregoriani rituali della Settimana Santa per coro , inquadrando il tutto con musiche originali sue per archi e coro di donne . Anche qui il complesso d ' archi era diretto da Gracis e la minima regia necessaria era affidata a Giovanni Poli . Hanno contribuito ai cori La Fenice e i monaci benedettini di San Giorgio Maggiore . Malgrado l ' inevitabile monotonia della parte recitata , la musica del Ghedini è sembrata di elevata ispirazione , tale da concludere in un ' atmosfera di solenne religiosità e con pieno successo una serata inaugurale forse voluta tale per fare da contrappeso al nuovo lavoro scenico Intolleranza 1960 di Luigi Nono , che si rappresenterà giovedì prossimo e che sembra ispirato a un aperto laicismo « progressista » . Il festival si annuncia assai interessante , durerà sino alla fine del mese . Vi prenderanno parte l ' orchestra sinfonica della 1360 , l ' orchestra da camera di Cracovia ( mai apparsa al festival veneziano ) , l ' orchestra milanese della Radiotelevisione italiana , il gruppo Melos di Londra . Un concerto - profilo sarà dedicato a Hindemith , una intera serata ricorderà Respighi nel venticinquesimo anniversario della morte . Inoltre , da domani a tutto il giorno 13 , si svolgerà nel salone dell ' ala neoclassica dell ' isola di San Giorgio il Congresso internazionale di musica sperimentale . Ascolteremo molte musiche non tutte ultramoderne e saranno relatori Piene Schaeffer , Roman Vlad e Luigi Rognoni . Danno il loro contributo ben nove Studi di fonologia . Ma l ' apporto della Fondazione Cini a questo festival non si ferma qui . Sarà una sorpresa per tutti il concerto di musiche polifoniche di Ioseffo Zarlini ( 1517-1590 ) eseguite dal Monteverdi Chor di Amburgo . È un prezioso dono che solo la Fondazione Cini poteva darci .
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In Europa , oh yes , ma biascicando e bofonchiando . Non è una mortadella , quell ' ultimo premier che sabato sera si è affacciato a reti unificate per celebrare l ' euro . L ' osso c ' è . Ci voleva poco a capirlo . Conosce i suoi dossier . Sa navigare . Una fortuna sfacciata ( e forse meritata ) lo ha sempre assistito . È il re del think - positive , del vi - faccio - vedere - io , ma anche della modestia affettata , delle braghe ciclistiche fascianti su coscione potenti , della sana e pingue cultura bolognese . È fondamentalmente onesto , sebbene abbia agito talvolta , come tutti , da vero furbacchione . Ma di che carne sia fatto è ancora un mistero . Nel bofonchio solenne di Romano Prodi , così diverso dalla perfetta e ostica dizione di Craxi , dalla pigolante e corriva loquela andreottiana , dal cortese timbro tenorile della voce di Berlusconi , dalle taglienti e ambiziose perfidie di D ' Alema , si riflette al millimetro la nuova Italia . Solida , ma senza ambizione . Serena , ma grigia . Ben pasciuta , e probabilmente equilibrata , ma non ricca . Amministrata , ma non governata . Civile e matura , ma non generosa . Perché Prodi dà a vedere , per come parla , per come guarda , per come si propone alla telecamera , per la scelta dei tempi e dei ritmi , che l ' Ulivo è disposto a sudarsi la partita del potere , che il governo dei capoclasse non cederà facilmente il passo a nessuno , nemmeno a quel minaccioso Franti che si chiama D ' Alema , ma non manterrà più di quel che ha promesso : la riduzione della politica a sano condominio , il taedium rei publicae elevato a sistema , la continuità e la durata come metro esclusivo del successo . Quando lo si ascolta biascicare da professore - curato la sua filosofia di vita , quando evoca i « sorci verdi » e celebra cesarianamente i trionfi in Campidoglio , quando agita divertito e un po ' goffo il suo testone pieno di buone cose , informazioni , un testone documentato e bonario ; oppure quando s ' impenna , scalcia cattivo , disprezza l ' avversario , mette da parte la merenda e preferisce lasciarla andare a male che condividerla con i suoi compagni : è allora che Prodi rivela la poca anima , il poco spirito e la molta buona e grassa materia di cui è fatto il governo di centrosinistra , titolare di una curatela degli interessi degli italiani più che guida del paese . Era destino che finisse così , provvisoriamente . In fondo gli inglesi in questi anni hanno formalizzato la più straordinaria rivoluzione del secolo , quella liberale . I tedeschi hanno cambiato la geografia europea e tutti i termini del nostro futuro , con la riunificazione . I francesi hanno giocato con il socialisme aux couleurs de la France e celebrato il bicentenario . Gli spagnoli hanno fondato una democrazia . E noi ? Noi abbiamo approfittato , come sempre , degli eventi ; ci siamo issati come un nano pieno di debiti sulle spalle del gigante Europa , e saremo tra coloro che raccoglieranno alla fine i frutti migliori . Ma con molta modestia e con una classe dirigente che assomiglia a un consiglio d ' istituto , con tutto il rispetto per il signor preside e per la sua arte di comunicare borbottando .
L'IPOCRISIA DELLA LOGICA INTERNAZIONALE ( PANUNZIO SERGIO , 1915 )
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È principio di diritto razionale che chi rompe la pace perde la pace . La società internazionale si regge sulla osservanza reciproca dei trattati e delle norme e consuetudini degli Stati : donde uno stato di equilibrio instabile e delicatissimo di rapporti . Data la solidarietà e l ' interessenza dei rapporti economici e culturali nella società moderna , tutte le nazioni sono legate l ' una a l ' altra . La rottura dell ' equilibrio cagionata dall ' urto violento di una nazione si ripercuote in tutte le altre . Di maniera che se è vero che chi rompe la pace perde la pace , non è meno vero , nel campo internazionale , che tutte le nazioni che subiscono i contraccolpi diretti o indiretti dello stato di guerra perdono la pace . La pace esiste fino al momento in cui tutti gli stati la vogliono e la conservano . Cessata per uno , cessa per tutti gli altri . Anche lo « stato di neutralità » è una conseguenza dello stato di guerra , e partecipa della natura dello stato di guerra . Non per niente tutti sostengono a proposito della neutralità italiana che essa vuole essere e dev ' essere armata e guardinga . Questa in breve la concezione e la fisionomia dell ' ordine giuridico internazionale . E quando dico ordine giuridico voglio dire ordine statico ed estrinseco di rapporti di pura meccanica coesistenza . Domando : l ' internazionale socialistica obbediva , obbedisce al principio della meccanica coesistenza o del puro ordine giuridico e statico dei rapporti fra proletariato e proletariato ? O , invece , se è , o se era , una internazionale socialistica , obbedisce , e obbediva , al principio della interna coesione e coestensione morale di tutti i proletariati del mondo , a un principio insomma non di ordine statico e meccanico , ma dinamico e spirituale ? Nella prima ipotesi , è logico il rinchiudersi di ogni proletariato nel suo sacro egoismo meccanico nazionale . Il legame internazionale tra operai francesi , italiani , tedeschi , inglesi , russi , vige fin quando dura lo stato di equilibrio . Rotto l ' equilibrio , ogni proletariato rientra in se stesso e si rinserra nei propri confini . Non è chi non vede che in questo modo il proletariato scimmiotta la politica e la diplomazia degli stati , politica gelata senza sangue e senza cuore , ma tutto calcolo gelido di interessi e di rapporti da comporre superata la crisi in un nuovo equilibrio statico . Ma questa è statica e meccanica di rapporti , non dinamica etica e pedagogica . Si presenta il problema : il socialismo è etica o meccanica , riposo o movimento e attesa accettazione del fatto compiuto o rivolta ? Non si dura nessuna fatica , non c ' è nessun merito , se i proletariati di tutti i paesi vanno di accordo quando gli stati (borghesi...) rispettivi vanno d ' accordo . L ' amicizia internazionale dei proletariati è un riverbero dell ' equilibrio internazionale degli stati , è un rimbalzo , una conseguenza , un imprestito . Cessato l ' accordo degli Stati . non vigendo nessun principio etico , veramente internazionale , è logica la bancarotta dell ' internazionalismo operaio . Dunque voi socialisti internazionalisti e neutralisti seguite le leggi della diplomazia e dei calcoli diplomatici ? Ma proprio quando l ' internazionale è infranta e oltraggiata dagli stati , dovete lavorare per ricomporla dinamicamente . E lavorare significa , in questo caso , non tenervi ad uno stato di inerzia dentro i propri egoistici confini , ma se si è veramente ed eticamente internazionalisti , dare qualche cosa di se stessi per aiutare gli operai delle altre nazioni . E l ' internazionalismo dei veri e non dei falsi e sedicenti socialisti è , o era , etico e non economico e diplomatico . Grazie tanto ! voi andavate di accordo prima della guerra con gli operai francesi , inglesi , tedeschi ... Ma era facile allora l ' accordo ; e , in fondo , non davate niente del vostro , oppure non davate in perdita . Ma è venuto il momento vero del volersi e del farsi bene internazionalmente con le prove del fuoco e del sangue , e voi vi siete internazionalmente squagliati e vi siete internazionalmente chiusi in voi stessi , pacificamente neutralisteggiando . Ossia : avete detto : il Partito socialista d ' Italia deve ricomporre il Bureau Internationale trasportandolo da Bruxelles a Roma ( ? ) con la presenza del dott . Sudekum , reinstaurando quel famoso sinedrio di imbecillità e cretinismo internazionale che oggi fa ridere ... soltanto . Siete o no diplomatici ? Poi dite che no ... A questo si riduce il vostro internazionalismo . Se professaste l ' altro , se foste convinti che vero internazionalista è colui che non se ne sta a casa sua a guardare la roba sua ma colui che vede gli altri e ama gli altri più o almeno come se stesso , fareste qualche cosa per risollevare l ' internazionale dando la mano socialisticamente a operai francesi , belgi , ecc . , ecc . Lo so , la guerra ha rovinato tutto , ma appunto perciò , appunto per la guerra dovreste lavorare internazionalmente . Se no , come dicevo , la vostra internazionale di ieri era non altro che un riflesso della falsa ed esterna meccanica internazionale degli Stati borghesi . Non si sfugge . Perché proclamate l ' inerzia e la neutralità ? Perché ? Voi rispondete : C ' è la guerra , e non vogliamo partecipare alla guerra esaltandoci e contaminandoci . La morale degli impotenti . Vero ? La guerra c ' è . E se c ' è per uno , c ' è per tutti . E egoista e malvagio colui che la vuole fare ricadere sugli altri per la salvezza ipernazionale della propria pelle . Se era vero e sentito il vostro amore internazionale verso gli operai degli altri paesi , questo era il momento di osservarlo con le opere . L ' accordo non costa caro in tempi di pace , in condizioni di equilibrio statico ed economico , non costa molto , e quindi ha vero valore , in tempi di guerra , di crisi e di dinamismo storico e morale . Uscite alla luce , e aiutate gli operai degli altri paesi se dell ' internazionalismo operaio oltre al nome conservate ancora lo spirito . Se rimanete ancora nella inerzia oltre a conservare la vostra adesione al sistema egoistico e meccanico della diplomazia borghese , voi affermate che è l ' essenziale un ' altra cosa ; questa : Non vogliamo prendere le armi , non perché contrari alla guerra , ma perché non possiamo andare contro i tedeschi . Insomma voi volete l ' internazionalismo o per tutti o per nessuno . Risposta : il vostro è un atteggiamento farisaico , assurdo in teoria , perché inconcludente , in pratica , perché impotente . Sciogliete la reticenza . Dite : i tedeschi , gli operai compresi , hanno rotto la pace e la devono pagare , e la lezione la devono avere anche i pretesi compagni tedeschi di ieri che facevano i padri , i pedagoghi e i caporioni dell ' internazionalismo , e che oggi meritano di essere pigliati a calci o a fucilate , che è meglio . Parlate chiaro . Dite : a chi spetta la responsabilità della guerra ? Ricordate l ' atteggiamento dei socialisti al Parlamento tedesco ! E se non parlate chiaro , per amor di dio , non parlate in nome dell ' internazionale contro la guerra , ma in nome del vostro perfetto addomesticamento , diplomatico ; e apriti cielo , in nome di von Bülow e del barone Macchio .
FRONDA ... ( MUSSOLINI BENITO , 1915 )
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I dirigenti del Partito socialista , che hanno ancora una qualsiasi capacità di raziocinio , cominciano a sentire il peso e più che il peso , la vergogna di una formula assurda e anti - proletaria come è oggi la formula della neutralità assoluta . Si notano qua e là i primi tentativi di ribellione . Vecchi compagni si dimettono dal Partito , o sono , più speditamente , cacciati . Nei fogli settimanali squillano le prime voci dei dissidenti . La riunione tenutasi l ' altra sera a Milano , è un tentativo d ' opposizione alla corrente torbida del neutralismo socialista , non più inspirata da motivi ideali , ma da bassi tornaconti mercantili o da preoccupazioni elettoralistiche . Non erano molti i socialisti riunitisi l ' altra sera in via Circo , ma erano i « notabili » del Partito ; se difettava la quantità c ' era , in compenso , la qualità . C ' erano i deputati , moltissimi consiglieri comunali , gli assessori quasi al completo , coll ' adesione del sindaco ; c ' era insomma la minoranza pensante . Le maggioranze non possono pensare . Esse sono il numero , la quantità , e perciò l ' inerzia : sono il materiale greggio col quale si « fa » e si è fatta , in ogni tempo , la storia ; esse non sono mai o quasi mai tormentate dal dubbio , assillate dallo spasimo angoscioso , ma salutare della ricerca ; le mille trepidazioni dello spirito eternamente mobile , irrequieto , indagatore , sono ignote alle maggioranze che hanno orizzonti mentali circoscritti . La minoranza pensante del socialismo italiano non può appagarsi del grido di « abbasso la guerra » . Questo grido non risolve i formidabili problemi che la guerra ha posto sul tappeto . Uomini che hanno sempre seguito nella loro attività politica direttive realistiche e potrei dire pragmatistiche ; uomini che hanno irriso in ogni tempo le formule , schernito i dogmi , avute in sommo dispregio le fedi cristallizzate che ipotecano col presente l ' avvenire ; con questa , le generazioni che saranno ; uomini di tal fatta non potevano rimanere a lungo e in silenzio nella « frateria » salmodiante l ' abbasso o un evviva . Cominciano a parlare . Ma sono in ritardo . E , quel ch ' è peggio , non « osano » di giungere in fondo . Sentono di essere su di un pericolosissimo piano inclinato e si fermano o tentano fermarsi e non s ' accorgono che una posizione intermedia « statica » è la più malagevole a mantenersi e a difendere : sono vittime dunque del « feticcio » unitario ? Quel Turati che in altri tempi si fece promotore di scissioni socialiste per una questioncella nemmeno paragonabile da lontano al problema odierno dalla cui soluzione dipendono non solo i destini d ' Italia , ma i destini del mondo , oggi in nome dell ' unità , accetta la compagnia degli herveisti più sordidi e ripugnanti , salvo ad elevare qualche protesta nelle piccole riunioni di Partito . C ' è più differenza oggi fra herveisti , neutralisti relativi e interventisti , di quanta non ne passasse nel 1913 fra intransigenti e riformisti . Si tratta di dissensi che investono fondamentalmente la dottrina del socialismo , le basi del Partito : il fatto di accettare o no la difesa nazionale , trae seco una catena di conseguenze che spostano tutto l ' asse ideologico del Partito : da una parte si va alla concezione aberrante del tolstoianesimo , dall ' altra si va all ' Armée nouvelle del Jaurès , alla magnifica sintesi della Patria realtà insopprimibile d ' oggi coll ' Internazionale , realtà ineluttabile di domani . Un abisso separa le due concezioni . Ma i dirigenti del Partito non « osano » di guardare dentro a quell ' abisso e di gettarsi da l ' una parte o dall ' altra : vi sono in gioco troppe posizioni politiche ed economiche acquisite , consolidate ; troppi collegi , troppi municipi , troppe cooperative . Tutto ciò è il cemento che tiene unite le tendenze non divergenti , ma assolutamente antitetiche che dividono oggi il Partito socialista . L ' unità nasconde la più pericolosa delle scissioni ; pericolosa perché ipocrita , in quanto l ' unità è il frutto di una reciproca mortificazione e mistificazione dei cervelli e dei cuori . Ma poi , questi signori sono in ritardo . Prima , assai prima dovevano parlare . Prima , o almeno due mesi fa , quando fu montato il « diversivo » mussoliniano , bisognava proclamare in faccia a tutti i Lazzari dell ' universo che « il principio di nazionalità non può essere rinnegato » , che « il trionfo del principio di nazionalità può coincidere con quello della libertà e segnare una tappa verso l ' internazionalismo » ; allora aveva un senso e poteva frenare la corsa pazza dell ' herveismo ; oggi il Partito si trova sul piano inclinato e dovrà andare sino in fondo con tutta l ' esibizione della sua miseria . Io ho l ' impressione che i neutralisti relativi di via Circo abbiano voluto più che altro salvarsi la coscienza ; non avere dei rimorsi ; anticipare una debita scissione di responsabilità , onde poter dire domani , qualora il movimento dei gruppi catechizzati e abbrutiti da tanta propaganda , sboccasse nella rivolta sterile o nel disastro nazionale : noi eravamo dei neutralisti relativi ... Non c ' entriamo ! E sarà il grottesco che si unirà al tragico ... Delle due l ' una : o questa propaganda contro « ogni » guerra è seria e non una semplice commedia e allora essa non può avere che un obiettivo pratico : impedire ad ogni costo la guerra , qualunque guerra . Magari con uno sciopero generale . O questa propaganda non ha obiettivi pratici , ma è una pura blaterazione o ruminazione comiziale e in questo caso i suoi risultati non sono meno perniciosi , in quanto crea e mantiene uno « stato d ' animo negativo » fra quelle masse che domani dovrebbero colle baionette salvare quel principio di nazionalità che i neutralisti « relativi » alla Turati non vogliono rinnegare . Ancora . Se il principio di nazionalità non « deve » essere rinnegato , se è opera socialista « non » opporsi « a che l ' Italia possa ottenere migliori condizioni di vita e di sviluppo » , sarà opera tanto più socialista agitarsi perché siano garantite all ' Italia migliori condizioni di vita e di sviluppo . La « non » opposizione , cioè l ' inazione , è socialista ? Ma allora l ' azione lo è di più . Lo è sempre di più . Si comprenderebbe la « non opposizione » quando ci fosse in Italia una borghesia all ' altezza della sua missione storica che è il conseguimento dell ' unità nazionale ; ma tale borghesia manca ; la causa della neutralità , insieme cogli herveisti del socialismo , trova i suoi campioni validissimi nei ceti mercantili e professionistici della borghesia . Si comprenderebbe la « non opposizione » , o amico Marangoni , quando si trattasse « soltanto » del nostro problema nazionale , ma v ' è un ' altra posta , nel giuoco , ed è la posta suprema : si tratta della libertà o della schiavitù d ' Europa ; bisogna scegliere fra il berretto frigio o l ' elmo a chiodo ; fra il consolidarsi degli istituti feudali e monarchici col trionfo degli imperi centrali ed il frantumarsi insieme con quelli di tutte o molte catene . Forse non saremmo « interventisti » se si trattasse soltanto di « ottenere migliori condizioni di vita e di sviluppo per l ' Italia » , ma insieme con ciò , v ' è il più , il meglio : tutto il resto : il reale e l ' ideale : la nazione e il socialismo . Non opporsi , che cosa significa , in fondo ? Collaborazione passiva . Accettazione . Non può ridursi a questo il compito del socialismo nell ' ora più calamitosa della storia . Negli altri paesi in Francia , in Germania , nel Belgio , in Inghilterra i socialisti hanno preso le loro tremende responsabilità , come protagonisti e non già come semplici « comparse » passive del dramma .
«Intolleranza 1960» di Nono ( Montale Eugenio , 1961 )
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Venezia , 14 aprile - La novità attesa con febbrile impazienza dagli ammiratori di Luigi Nono è apparsa stasera , alla Fenice , sotto la direzione di Bruno Maderna e col concorso dell ' orchestra della BBC . Il titolo è Intolleranza 1960 , autore del libretto lo slavista Angelo Maria Ripellino . Il testo originale del librettista ha subito una drastica potatura : da trentanove a nove pagine , accettando la definizione non di dramma , ma di « idea » , e il tutto si presenta come un ' azione scenica che molto richiede al gioco delle luci , alla lanterna magica e a effetti elettronici . Registrata in precedenza a Milano , perché ineseguibile direttamente , era la parte corale , diffusa poi da altoparlanti disposti in ogni parte della sala : il che dovrebbe produrre effetti spaziali , ma porta con sé anche fastidiosi strascichi di echi e rende problematica la sincronia del nastro con l ' orchestra . L ' impressione generale dello spettacolo è subito quella di una laboriosa macchina visivo - uditiva , dalla quale è quasi inevitabile che lo spettatore - auditore si ritragga con una certa diffidenza . Viene in mente la frase di Tolstoj : « Andreev vuole farci paura , ma noi non abbiamo paura » . Luigi Nono , invece , ci fa paura , ma non solo per il triste destino del suo personaggio : l ' Emigrante ; ci fa paura per il suo progressivo aderire a quell ' avanguardia industrializzata alla quale egli sacrifica il suo forte talento di musicista . Sacrificio , è inutile dirlo , compiuto in buona fede e con le più nobili intenzioni . Ma vediamo come si svolge lo spettacolo , perché non di altro si tratta . Sul palcoscenico è posto un corridoio di cavalli di frisia , verticale alla buca del suggeritore : sulle assi dei cavalletti si adagia una piattaforma che può avanzare e indietreggiare ; e su questa piattaforma si muovono , ma non sempre , i personaggi . Può accadere che l ' Emigrante protagonista sia sospeso su un ' altalena alta sulla piattaforma . Intorno , al disopra e ai lati di questa costruzione si alzano e si abbassano schermi mobili in forma di palloni o di triangoli o di strisce o di irregolari parallelepipedi ; e su tali lacerti di schermo la lanterna magica proietta senza risparmio immagini visive di Emilio Vedova e , talvolta , sullo schermo centrale , l ' intera opera sua , con innegabili effetti di suggestione ; e , anzi , per essere giusti , con uno straordinario effetto nella scena finale dell ' alluvione . Che cosa accade all ' Emigrante ? Lo sappiamo leggendo ciò che sopravvive del libretto , perché le sue parole e le parole di tutti , compreso il coro ed escluso qualche accento del basso Italo Tajo , restano incomprensibili . L ' Emigrante è dapprima minatore . Impreca al suo triste destino , respinge le proteste d ' amore di una sua donna e si mette in viaggio per tornare in patria . Nelle scene successive , egli si trova ad assistere a un comizio antinazista , viene arrestato , torturato e portato in un campo di concentramento dal quale riesce a fuggire . Il primo quadro finisce con un duetto tra il fuggiasco e un non meglio identificato « ribelle » . Nel secondo quadro , l ' Emigrante si aggira tra proiezioni , voci , mimi « simboleggianti le assurdità della vita contemporanea » . La scena culmina in una grande esplosione : la bomba di Hiroshima , commentata dal canto di una donna , la « compagna » dell ' Emigrante , che inneggia alla vita e all ' amore e alla fraternità , beni perduti dall ' uomo imbestiato . Ma la pronuncia della compagna , che dovrebbe farci sentire un canto di allegri rigogoli ( la signora Katherine Gayer , condannata a proibitivi intervalli ) ci lascia all ' oscuro di tutto . Seguono episodi di violenza , immagini di fanatismo razziale , contro cui l ' Emigrante e la compagna si scagliano . Infine , i due viaggiatori giungono a un gran fiume in piena , l ' inondazione dominando tutto e tutti , mentre la voce di uno speaker dice : « Il Governo ha provveduto , la colpa è del metano » . Si abbassa una saracinesca , sulla quale sono proiettate parole di Brecht : « Voi che siete immersi dai gorghi dove fummo travolti , pensate anche ai tempi bui da cui siete scampati . Andammo noi , più spesso cambiando paese che scarpe , attraverso guerre di classe , disperati , quando solo l ' ingiustizia c ' era . Voi , quando sarà venuta l ' ora che all ' uomo un aiuto sia l ' uomo , pensate a noi con indulgenza » . A dare un senso musicale al mutilato canovaccio ha provveduto Nono con una agghiacciante dovizia di mezzi timbrici , talvolta accresciuti dal concorso dell ' elettrofonia . E qui , in fatto di ricerche acustiche , egli raggiunge risultati impressionanti . Razionalmente condotto , seriale anche nelle strutture , l ' ordigno non risparmia nulla per riempire le nostre orecchie di una cosmico - politico - esistenziale desolazione . Ma l ' orecchio si abitua presto : apprezza al giusto la parte corale in cui le dissonanze si fondono in un blocco unico , ma poco dopo , quando entrano in scena personaggi che dovrebbero esprimere sentimenti umani , l ' orecchio è già « mitridatizzato » , l ' orrore fa posto alla curiosità e la curiosità è sostituita dal senso di assistere a una pura esercitazione accademica , rispettabile senza dubbio , destinata certamente ad avere libero corso in teatri stranieri di eccezione , ma pur sempre gravata dall ' equivoco di sollecitare l ' emozione poetica con la sola esasperazione del fatto tecnico inteso come produttore di stimoli fisici . È come se un poeta volesse integrare la lettura di un suo desolato testo infliggendoci alle membra un buon numero di nerbate : l ' effetto sarebbe certo , ma a quale spesa ! Con tutto questo , non neghiamo all ' azione scenica di Nono i suoi quarti di nobiltà , ma restiamo convinti che il suo innegabile talento meriti di approfondirsi e svolgersi senza l ' incubo del « sempre più difficile » : la peggiore di tutte le « alienazioni » , la sola che i « progressisti » professionisti si guardano bene dal deprecare . Esecuzione approssimativa della stupenda orchestra della BBC sotto la direzione di Bruno Maderna , il solo , secondo l ' autore , che possa dirigere la difficilissima opera . Regia espressionistica di Václav Svoboda , Coro polifonico di Milano diretto da Giulio Bertola , nastri elettronici dell ' Istituto milanese di fonologia , costumi e scene di Emilio Vedova . Cantanti , oltre ai già citati , Petre Munteanu , Heinz Rehfuss e Carla Henius , tutti condannati all ' impossibile . Un insieme che , dopo altre quaranta prove , potrebbe rendere di più . L ' esito è stato burrascoso , come poteva prevedersi , dato l ' argomento dell ' opera e le provocazioni della musica . I due atti sono arrivati in porto a stento , tra fischi , vociferazioni , alterchi e pioggia di manifestini fascisti dalle gallerie . Alla fine i superstiti spettatori hanno organizzato un polemico trionfo ai vari autori e responsabili dell ' immaturo spettacolo . Non è stata , purtroppo , la battaglia di Hernani . È stata una serata incivile che ha lasciato tutti a bocca amara .