Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"StampaQuotidiana"
StampaQuotidiana ,
Francesco Saverio Borrelli , il 22 ottobre 1993 sul Venerdì di Repubblica , di sé ha detto : " Sono un mediocre pianista , un pessimo cavaliere , un pessimo alpinista , un dilettante di professione , ma mi piacciono tante cose che non faccio in tempo ad essere professionista in tutto " . Chi è dunque , veramente , il capo della procura di Milano ? Un irreprensibile e incorruttibile uomo di diritto che ha condotto da par suo la rivoluzione italiana o un novello Torquemada che " non incarcera la gente per farla parlare , ma la scarcera dopo che ha parlato " o , forse , un piccolo Vishinskij che si domanda " se in fondo sia proprio così scandaloso chiedersi se lo choc della carcerazione preventiva non abbia prodotto risultati positivi " . Borrelli non poteva che indossare la toga . Figlio e nipote di magistrati ha la vocazione per le aule di giustizia fin da bambino : " Avevo tre o quattro anni , quando dicevo : ' Voglio fare il magistrato ' " , confidò a Enzo Biagi nel maggio del 1992 , poco dopo l ' affaire Chiesa . Una carriera che ha radice nell ' ambiente familiare : il padre , Manlio , è stato il primo presidente della Corte d ' appello di Milano e buon amico di quell ' Oscar Luigi Scalfaro cui Francesco Saverio il primo maggio di tre anni fa si mise a disposizione per un " servizio di complemento " . Borrelli comincia così a respirare l ' aria di Palazzo di giustizia , ma come in questi aspri giorni di polemica contro la classe politica , era solo . Almeno così , lui stesso , ha detto sempre a Biagi : " Non avevo e per lungo tempo non ho avuto amici " . Oggi , così come all ' inizio della carriera , è tornato ad essere solo . Ha ricevuto , è vero , la solidarietà della sua procura , ma gli osservatori attenti non si sono lasciati sfuggire che essa è stata affidata ad Armando Spataro e Ferdinando Pomarici e non per esempio a Gherardo Colombo o Gerardo D ' Ambrosio . Sembrano finiti i tempi d ' oro di Mani pulite , sotto il Palazzo di giustizia di Milano non si convocano più cortei al grido " Borrelli facci sognare " , e chi si azzarda a organizzarne ancora qualcuno non raccoglie che poche decine di manifestanti . Le dichiarazioni dello scorso week end rivolte al leader dell ' opposizione parlamentare Silvio Berlusconi ( " Non posso più polemizzare con un imputato " ) , hanno lasciato il segno anche tra i suoi colleghi . E una buona dose di nervosismo comincia a serpeggiare . Da una parte c ' è il sostituto Edmondo Bruti Liberati che a Repubblica dice : " Saverio ne ha fatta un ' altra delle sue . Non c ' è un progetto , non ci sono dietrologie da fare . Semplicemente , lui è un timido . Se viene preso all ' improvviso , faccia a faccia , il rapporto con i media non lo sa gestire . È da un pezzo che voglio regalargli un libretto americano che spiega come deve comportarsi un magistrato di fronte ai microfoni " ; e dall ' altra c ' è Nando Dalla Chiesa che , pur condividendo i timori di un riequilibrio dei rapporti magistratura - politica a favore di quest ' ultima , sottolinea che lui quella frase su Berlusconi non l ' avrebbe pronunciata . Borrelli , poi , deve incassare gli altolà del Pds ( " Non può comportarsi come un macchinista dei Cobas " ) , i distinguo di Elena Paciotti , presidente dell ' Anm . E anche il preannuncio dell ' azione disciplinare da parte del Guardasigilli , nonostante Giovanni Maria Flick sia un grande amico del pm milanese con il quale condivide la passione per la cacciagione e la polenta consumate insieme nei ristoranti di Courmayeur . L ' unicità delle carriere ha permesso a Francesco Saverio Borrelli di svolgere agli inizi della sua il ruolo di giudice : prima magistrato civile alla sezione fallimentare e in Corte d ' appello , poi penale al Tribunale e in Corte d ' assise . In seguito è passato alla pubblica accusa , come sostituto procuratore . Tiziana Maiolo oggi deputato di Forza Italia , allora era cronista giudiziario a Palazzo di giustizia per il Manifesto e lo ricorda come un uomo in grigio : " Era assolutamente incolore , con nessuna visibilità , molto riservato . Una persona , anche cortese , che nelle sue inchieste teneva un profilo basso " . Insomma un Borrelli diverso da quello che abbiamo imparato a conoscere in questi cinque anni . Uomo di sinistra , ma non di stretta osservanza Pci , Borrelli fu tra i fondatori , anche se non di primo piano , di Magistratura democratica , la corrente togata più progressista all ' interno del Csm . Anche lì , ricorda chi lo frequentava , stava ai margini e non faceva parte di nessuna delle due anime di Md , non si schierava né con i magistrati più fedeli alla linea del partito comunista né con i garantisti dell ' ala extraparlamentare . L ' essere di sinistra non gli impedì di riconoscere innocenti i carabinieri che travolsero e uccisero , a bordo di un blindato , Giovanni Zibecchi , il militante del Movimento studentesco , che a Milano , in corso Ventidue marzo , si apprestava ad assaltare la vicina sede del Movimento sociale . Chi ha seguito la sua carriera fin dall ' inizio sostiene che in quell ' episodio ci sia il vero Borrelli , la sua cultura giuridica e professionale : praticamente la stessa che ha ispirato gli anni di Mani pulite . La responsabilità dei militari dell ' Arma sembrava pressoché certa , ma la strategia di emergenza , sia politica sia giudiziaria , contro il terrorismo suggeriva una certa cautela . E Borrelli stava molto attento quando affrontava certi temi . Il suo approccio di tipo emergenziale negli anni dell ' antiterrorismo sembra quasi un ' anticipazione , mutatis mutandis , dello svolgimento delle inchieste contro la corruzione . La filosofia , per molti aspetti , è analoga : oggi come allora si deve combattere il fenomeno più che perseguire i singoli reati , e se talvolta si calpestano alcune garanzie non è importante : quello che conta è il risultato finale . L ' inchiesta Mani pulite , poi , agli occhi di Borrelli appare in linea con la " volonté générale " . Nelle interviste che quotidianamente per cinque anni ha rilasciato ai giornali , Borrelli cita sempre la consonanza sua e del suo ufficio con la società civile e l ' opinione pubblica . Il 16 maggio '93 a dice a Panorama di essere stato " un notaio o esecutore di qualcosa che stava succedendo fuori dal Palazzo di giustizia " . L ' inebriante aria dell ' Inchiesta Eppure prima di respirare l ' inebriante aria di consenso intorno a Mani pulite , Borrelli era il ritratto del pubblico ministero poco loquace e molto equilibrato . Del suo passato al tribunale fallimentare , un ambiente che secondo alcuni meriterebbe più attenzione , nessuno ricorda grandi battaglie moralizzatrici . L ' esatto opposto del pubblico accusatore alla Di Pietro " efficace , diretto , aggressivo e chiassoso " , come più tardi lo stesso Borrelli - annota Giancarlo Lehner in " Autobiografia non autorizzata di un inquisitore " - auspica sia il moderno pm . Secondo alcuni , Borrelli avrebbe lasciato Md per ragioni di opportunità . La sponda dei socialisti si sarebbe prestata meglio a un avanzamento di carriera . Alla fine degli anni Ottanta , da sostituto procuratore arriva ad assumere il ruolo di capo della procura di Milano . Ma dal 1988 al 1992 , priva di quel sostegno della gente che arriverà poi , la procura non porta avanti fino in fondo nessuna inchiesta importante contro la politica e l ' amministrazione pubblica . In un forum pubblicato dal Giornale di Indro Montanelli , Borrelli spiega che non c ' era il consenso necessario per aggredire la classe dirigente del paese . Così alcuni filoni , affittopoli e nettezza urbana , vengono abbandonati e non sono affrontati con quello stesso piglio inquisitorio di cui più tardi godrà l ' inchiesta Mani pulite . A un certo punto , su iniziativa di Ilda Boccassini , la procura si concentra sulla Duomo connection , un ' inchiesta tesa a dimostrare le mani della mafia su Palazzo Marino . Le indagini sfiorano Paolo Pillitteri , ma si risolvono nell ' accusa e nella condanna dell ' assessore Attilio Schemmari . Dopo il processo Boccassini sbatte la porta e lascia Milano per Palermo . Poi arriva la stagione delle Mani pulite che Borrelli si trova a gestire grazie all ' irruenza di un suo sostituto , Antonio Di Pietro . A poco a poco , capisce che il clima è cambiato e presta la sua fine mente politica al servizio dell ' inchiesta e ne diventa lo stratega . Borrelli è consapevole che per andare avanti , almeno in un primo momento , deve trovare una sponda su una parte del mondo politico . Pds e Msi lo appoggiano . E chi come Tiziana Parenti rischia di rompere questo legame indiretto finisce per lasciare il pool . Man mano che l ' inchiesta procede , lo scontro con i politici si fa sempre più duro . Quando il ministro della Giustizia Giovanni Conso , il 6 marzo 1993 , presenta la proposta di soluzione politica di Tangentopoli , parte il " non expedit " di Borrelli e il decreto viene affossato . Qui nasce il Borrelli interventista e da allora qualsiasi proposta nasca in Via Arenula , con Alfredo Biondi , Filippo Mancuso o Vincenzo Caianiello , è sempre scontro . Il 20 dicembre '93 , pochi mesi prima delle elezioni che avrebbero portato Berlusconi a Palazzo Chigi , Borrelli rilascia una dichiarazione che suona come un messaggio ai partiti che cominciano a prepararsi per la campagna elettorale : " Chi sa di avere scheletri nell ' armadio , vergogne del passato , apra l ' armadio e si tiri da parte . Tiratevi da parte prima che arriviamo noi , dico io . Quelli che si vogliono candidare , si guardino dentro . Se sono puliti , vadano avanti tranquilli " . Un mese prima delle elezioni viene arrestato il fratello del leader di uno dei due schieramenti , Paolo Berlusconi ; a pochi giorni dal voto partono gli ordini di custodia cautelare per sei manager Publitalia , tra cui Marcello Dell ' Utri . Ma l ' apice viene raggiunto quando Borrelli invia a Berlusconi un preavviso di garanzia a mezzo stampa . Il consenso popolare però non gli manca mai . Il suo vero cruccio è occupare la poltrona di presidente della Corte d ' appello quella che fu del padre , perché Borrelli a differenza di altri non è un magistrato che cerca potere fuori dall ' ordine giudiziario . Nel marzo del '94 sembra sul punto di lasciare la procura , ma quando capisce di non avere i titoli adeguati per l ' incarico , il 13 aprile , affida a Montanelli la promessa che la sua battaglia contro la corruzione continuerà " Resto in trincea , rinuncio alla Corte d ' appello " . Il vicepresidente del Csm , Giovanni Galloni , commenterà : " Macché rinuncia , a quel ruolo lui non può aspirare . Ce ne sono altri prima di lui e gliel ' ho anche spiegato " . I tempi eroici ora sono finiti e l ' appoggio dell ' opinione pubblica non è così acritico come un tempo . E , come se non bastasse , la politica tenta di rialzare la testa dopo anni di sottomissione . " Borrelli ormai è un estremista emarginato - dice Tiziana Maiolo - Elena Paciotti l ' ha spodestato nel ruolo politico di interlocutore della Bicamerale " . E Maiolo non è l ' unica a pensare che le ultime dichiarazioni segnino la fine del Borrelli politico . La Repubblica , solitamente bene informata sul pool , scrive : " Ci si domanda se dietro queste asprezze non ci sia una certa stanchezza , la sua sfiducia nelle prospettive , forse addirittura la ricerca di una uscita di scena in bellezza " .
Sotto l'Ulivo crescono le cicale ( Ricossa Sergio , 1998 )
StampaQuotidiana ,
Facciamo un atto di fede , prendiamo per buone le statistiche e accettiamo il verdetto : gli italiani stanno perdendo a poco a poco un ' altra loro virtù tradizionale . Stiamo perdendo il senso del risparmio , e non ci stupisce . La mutazione da formiche in cicale è in corso . D ' altronde , diciamo la verità , l ' Italia delle formiche non è mai stata l ' Italia di tutti gli italiani . Era , e in parte è ancora , l ' Italia di un certo ceto agricolo , di una certa borghesia , per cui il risparmio , più che un atto economico , era un atto morale . Risparmiare significava avere fiducia nelle proprie forze e sui propri sacrifici per elevarsi socialmente . Non elevarsi in una generazione per improvvisa fortuna , bensì a piccoli passi , risparmiando un sudatissimo soldo dopo l ' altro , e quindi cercando di mettere al sicuro il gruzzolo , senza esporlo a speculazioni o altre avventure . Formiche erano gli italiani del lavoro duro , della parsimonia , della pazienza . Cicale erano gli italiani " mandolinisti " , spensierati , irresponsabili i quali al futuro non pensavano affatto , tanto " qualche santo provvederà " . E il " santo " era quasi sempre un ' autorità pubblica piccola o grande , dal parroco , che faceva le " raccomandazioni " , al boss politico locale , che le accettava e trovava un " posto " . Talvolta , s ' intende , il santo era laico , magari ateo : un sindacalista , un capo cellula , un lontano parente che si ipotizzava iscritto alla massoneria , un capo bastone . In Italia il sacro e il profano si sono sempre mescolati che è una bellezza . Dunque , nella lotta darwiniana , le formiche non avevano poi grandi probabilità di vincere . E infatti stanno perdendo . La virtù del risparmio segue le sorti della borghesia che la esprimeva . Siamo appena nell ' anno II ( o III ? ) dell ' Era Prodiana , ma sono decenni che le ideologie antiborghesi corrodono il senso del risparmio e si accaniscono contro le formiche . Queste sono state calpestate dal fisco e dall ' inflazione , irrise dal welfare state , avvelenate dai cattivi esempi di una pubblica amministrazione che amministrava da grande " mandolinista " , offese dagli sfacciati e fulminei arricchimenti di gente da nulla eppure furba fino alla turpitudine . Il risparmiatore è anche un " capitalista " , piccolo o grande . E il capitalista , che per Marx era un inevitabile sfruttatore , per i nipotini di Marx è una figura superata se non uccide formiche . Pure lui deve dare la caccia alle formiche , imenotteri un po ' ottusi che non sanno stare al gioco delle " parti sociali " , non capiscono la politica interna , e meno ancora quella internazionale . L ' inizio della costruzione dell ' Unione europea , fra i clamori della propaganda , ha fatto sognare i nostri risparmiatori . Poter contare su una moneta solida , l ' euro ; vedere una Borsa italiana rivitalizzata ; muovere i capitali attraverso le frontiere ; servirsi di novità come i fondi di investimento e fors ' anche i fondi di pensione ; osservare le amate - odiate banche in concorrenza fra loro : cose del genere ci hanno fatto sognare . Ma l ' euro , per ora , c ' è e non c ' è , la Borsa va su e giù come è sempre andata , l ' occhio del fisco passa le frontiere più svelto dei nostri soldi , i fondi di gestione potrebbero gestire più per loro che per noi , le banche abbassano gli interessi che vanno ai risparmiatori più di quelli che si fanno pagare dai debitori . Non sappiamo ciò che ci aspetta al risveglio , quando l ' Italia sarà " europea " nella moneta , ma non nel fisco , non nell ' efficienza dei servizi pubblici in pro dei cittadini , non nel costume sociale che si va affermando . L ' Italia è in Europa il Paese più depresso demograficamente . Non facciamo più figli , pertanto viene a mancare l ' incentivo a risparmiare per i figli . La famiglia , la famiglia borghese soprattutto , si sgretola . Non ci sono più coniugi consorti , non ci sono più mariti e mogli , ma solo compagni e compagne temporanei . Il divorzio è spiccio , ma non abbastanza : meglio convivere , celibe lui , nubile lei , anzi entrambi single . In mancanza di un progetto familiare a lungo termine , che copra più generazioni , il risparmio nel senso classico della parola perde di senso . I socialcomunisti ripetono da lungo tempo di non credere nella famiglia . Ma i cattolici no , dicono di crederci . Il " compromesso storico " , su questo punto , è misterioso , equivoco . Il risparmio è un indicatore della vitalità della famiglia come istituzione sociale . Cala la propensione al risparmio , cala il tono familiare . La propensione al risparmio è l ' indice che misura il fenomeno . E al riguardo c ' è poco da ridere , signor primo ministro Prodi , nostro Mosè , nostra guida verso la terra promessa dell ' euro . Certe virtù , una volta perdute , non si comprano nemmeno con l ' euro .
StampaQuotidiana ,
E se il Polo , da adesso in avanti , la smettesse di polemizzare contro il " pericolo rosso " , i cosacchi comunisti , postcomunisti , cossuttiani e cossighisti sul sagrato di san Pietro e dicesse , più pacatamente , più semplicemente , che il D ' Alema uno è un governo reazionario e conservatore , che mira a restaurare il vecchio sistema partitocratico e consociativo , dove le differenze si annullano , ciò che conta è durare , le alleanze sono interscambiabili perché tenute insieme dal mastice della convenienza , dall ' attaccatutto di Palazzo ? Non sarebbe meglio se l ' opposizione lasciasse da parte Sturzo ( parce sepulto ) , il centrismo di De Gasperi , il rifarsi ai valori cristiani e moderati e dicesse agli italiani : volete ancora la prima Repubblica , il trionfo dei capicorrente e delle segreterie , il Parlamento ridotto a compravendita di deputati , l ' esecutivo trasformato in lista della spesa di dicasteri da assegnare , un tanto al chilo per non scontentare chi lo tiene in piedi ? Volete un Paese dove le elezioni sono viste come un pericolo , l ' alternanza una iattura , le crisi di governo una questione da risolversi in famiglia ( " cosa nostra " , per capirci ) , perché tutto si aggiusta , basta una new - entry , l ' acquisto di uno " straniero " stufo di stare in panchina in qualche altra strada ? Volete uno Stato dove nulla continui a funzionare ( servizi , sanità , burocrazia ) e dove ogni cosa sia soggetta a lottizzazione , a scambio di favori , terreno di caccia dei partiti al potere ? Volete continuare a votare per dei referendum che saranno poi sempre disattesi , a volere un sistema maggioritario e a ritrovarsi un proporzionale travestito , a chiedere chiarezza nei programmi e nelle alleanze e a ottenere in cambio confusioni e ribaltoni ? Ecco , se volete tutto questo , il gattopardismo applicato alla politica , la finzione del cambiamento perché tutto resti come prima , il mantenere ciò che malgoverno e corruzione hanno generato , allora applaudite pure l ' esperimento di D ' Alema e , quando Oscar vorrà , premiatelo con il voto ( per quello che serve ... ) . Ma se invece siete convinti che occorra una rivoluzione democratica che riscriva i valori fondanti della Costituzione , che assicuri un esecutivo sottratto ai circoli di partito , che garantisca i patti fatti con gli elettori , che porti a compimento quel processo di modernizzazione istituzionale richiesto e disatteso , che ponga mano alla ristrutturazione dell ' apparato sociale , tagliando assistenzialismo e sprechi , che riveda una politica fiscale occhiuta e rapinatrice , allora sappiate che è ciò che noi vogliamo e quando e se ci permetteranno di confrontarci politicamente con voi , questo vi promettiamo . Un compito difficilissimo , che comporta sacrifici , ma l ' unico per dare all ' Italia una dignità e una normalità . Perché , oggi come oggi , non siamo un Paese degno e siamo un Paese anormale . Se l ' opposizione , da adesso in avanti , parlasse così , la posta in gioco e i giocatori intorno al tavolo sarebbero più chiari . Non c ' è una Destra che si contrappone a una Sinistra , con quanto di logoro , di consunto , di mistificatorio , di equivoco due termini si portano dietro . Rimanervi legati significa altresì accettare la guerra delle parole imposte dagli altri , ritrovarsi schierati sul versante della conservazione in un Paese dove non c ' è nulla da conservare , a cantare le virtù del moderatismo ( ma che gusto c ' è , poi , a essere moderati ? Nella vita , sul lavoro , negli affetti , nelle passioni pubbliche e private ? ) , quando invece si tratta di essere smodati , vogliosi di fare , ansiosi di riuscire . No , la battaglia è fra rivoluzionari e reazionari , fra chi vuole cambiare tutto e chi invece intende restaurare ciò che sta andando in pezzi . È quanto gli italiani avevano capito nel '94 , un ' istanza di nuovo persasi per strada . Se si riprovasse , senza perdersi in cossigate , mastellate e buttiglionate che lasciano il tempo che trovano , a percorrere quel cammino ? Sorge il sole canta il gallo / O Berlusconi , rimonta a cavallo ...
StampaQuotidiana ,
Ogni tanto si fanno scoperte straordinarie . " Una delle novità italiane di fine secolo è che la sinistra ha il cuore freddo " , ha spiegato l ' altro giorno Ezio Mauro su Repubblica . Perciò perde . Sarà , in compenso , nell ' ultimo trentennio almeno , ha avuto il culo al caldo , e questo dovrebbe funzionare , se non altro , da termostato . È curioso . Sembra che da noi la storia piaccia solo se diventa cronaca . Da quando il Pci , divenuto Pds e poi ancora Ds , è forza di governo , si è deciso che quello è stato l ' anno zero a partire dal quale la sinistra ha potuto contare in Italia . Prima era opposizione , e di questo retaggio del passato , stando sempre a Mauro , soffrirebbe ancora : " Meglio sognare , o comunque imprecare , che governare . È troppo grigio , roba per Jospin e Schröder , non per il technicolor italiano " . Ora , è probabile che dal '63 sino all ' altro ieri Mauro sia vissuto all ' estero o sia rimasto nell ' incubatrice , ma è da quella data che il centrosinistra ha preso a governare l ' Italia e via via ha edificato ( si fa per dire ... ) un Paese a sua immagine e somiglianza . Erano destra i socialisti di Nenni o di De Martino , di Giolitti o di Mancini , di Brodolini o di Craxi , i socialdemocratici da Saragat a Ferri , i repubblicani di quell ' Ugo La Malfa che arrivò a teorizzare " l ' ineluttabilità " del compromesso storico ( " Ugo La Malfa è morto e al suo posto c ' è un pazzo che si crede Ugo La Malfa " , chiosò Montanelli dopo questa uscita ) ? Era di destra l ' appoggio comunista ai governi di solidarietà nazionale , erano di destra quelli a guida socialista degli anni '80 , era di destra la sinistra dc ? E visto che si fa un gran parlare , anche Mauro lo f , di " spazi e nuovi valori capaci di supportare la socialdemocrazia di governo " , non sarà forse il caso di ricordare che la socialdemocrazia al governo ce l ' abbiamo già avuta , anche se allora non andava di moda , non era elegante , era , diciamo , merce di scarto , quasi di contrabbando ? Ma , dicono quelli che la sanno lunga , e Mauro , essendo il direttore di Repubblica e il successore di Scalfari naturalmente la sa lunghissima , noi per sinistra intendiamo l ' area comunista , o ex comunista , o pidiessina , o diessina che di si voglia ( quanti cambiamenti di nome per nascondere l ' insostenibile leggerezza del non essere ) . Mica verrete a dirci che è stata un ' area di governo , di potere ? Anche qui , uno non sa più se ridere o mettersi a piangere . Ma come , un partito che faceva e disfaceva giunte , che eleggeva sindaci , che governava regioni , che deteneva il controllo sindacale , condizionava gli esecutivi , non contava nulla , non governava , si trincerava nella " presunta purezza dell ' opposizione " di fronte ai " compromessi della maggioranza " ? Ma come , i comunisti d ' antan ci hanno fatto una testa così sul ruolo e sul peso che avevano nel Paese , sulla " serietà " di un grande partito democratico di massa , " di lotta e di governo " ( ricordate ? ) , che aveva guidato tutte le battaglie per il rinnovamento civile dell ' Italia , senza il cui appoggio non si poteva far nulla , e adesso vogliono farci credere che no , non valeva niente , non ha mai contato niente , era inutile , fuori gioco ... In compenso , aveva il " cuore caldo " , lottava per l ' idea . È curioso come per giustificare il fallimento di un ' idea e di una pratica ci si rifaccia sempre a un fatto ultimo che azzera tutti i precedenti e fa sì che si debba ricominciare da capo . La sinistra oltre ad avere il " cuore freddo " è " stanca " perché dopo " la lunga marcia di 50 anni verso il potere " ( ma dai , ma lascia perdere , ma non insistere ... ) è arrivata al traguardo . " Ha compiuto la sua storia portando alla guida del governo il leader del suo maggior partito , fino a ieri escluso " . Non ha più stimoli , insomma . Per la verità , ancorché governava Prodi si disse lo stesso : c ' era Veltroni come vicepremier , fior di ministri postcomunisti e in più l ' invenzione dell ' Ulivo : era il massimo ( non nel senso di D ' Alema ) , si era inventato un nuovo corso , l ' Ulivo stesso era il superamento e l ' inveramento di quella sinistra " esclusa " . Adesso ci vengono a dire che scherzavano , che è tutto da rifare . Come ai tempi di Bartali ... Invece di discettare di " cuori freddi " , la sinistra nel suo complesso dovrebbe cominciare a riflettere sulla sua incapacità a porsi come soggetto nuovo , di cambiamento di fronte all ' elettorato . Se facesse un salutare esame di coscienza capirebbe come questa ansia di potere per il potere , che la porta ai peggiori contorsionismi e alle più incredibili alleanze , non fa altro che logorarla e smontarla di significato . Se volesse veramente rafforzare i fili che la legano a una parte della società italiana dovrebbe cominciare a interrogarsi sul significato della parola Sinistra , sul senso che essa ha , sulla storia che essa ha rappresentato . Invece di correre dietro le tombe dei " compagni di strada " cattolici , o dietro al voto delle suore e agli apprezzamenti per il Papa , dovrebbe cercare di capire che cosa dal punto di vista sociale dei ceti meno abbienti , dei problemi che l ' immigrazione porta con sé , del mercato del lavoro che cambia si chiede a una forza che dovrebbe modificare l ' Italia . Se no , più che un " cuore freddo " si dovrà dire che ha un " cuore matto " . E il rischio , e glielo diciamo da avversari leali , è l ' infarto politico .
Elogio funebre della democrazia. ( Veneziani Marcello , 1998 )
StampaQuotidiana ,
Che cosa resta della democrazia a due passi dal Duemila ? Credo ben poco , a giudicare dal caso francese . Dunque , facciamo due conti . Alle ultime , parziali elezioni in Francia l ' esito è stato il seguente : su cinque francesi due non sono andati a votare , due hanno votato per le forze del centrodestra , uno ha votato a sinistra . Ma alla fine ha vinto la sinistra per la quale ha votato solo un francese su cinque . Nessuno ha niente da dire ? Nessuno . Anzi , quasi tutti titolano complimentosi nei confronti di Jospin , cerimoniosi nei confronti della normalizzazione politica del Paese . Eppure così la democrazia non può andare avanti . Così rischia di spegnersi . É in atto , non solo in Francia , una graduale espropriazione della sovranità popolare . Avevamo messo in conto l ' eventualità di vedere espropriate quote sensibili di sovranità nazionale ; ma adesso mi pare di poter dire che si sta paurosamente restringendo la democrazia . Che cosa accade ? Dunque accadono due cose . La prima è che cresce paurosamente la disaffezione , il disinteresse per la politica ; ma anche la sensazione di non poter mutare gli assetti , di non poter cambiare . Perché ? Ma perché la gente è meno scema di quel che pensano i loro rappresentanti . Si avverte precisa la sensazione che i processi decisionali siano trasferiti altrove , nelle mani dei tecnocrati , delle oligarchie finanziarie , dei grandi fabbricanti d ' opinione . Oggi più di ieri e meno di domani . Si avverte la sensazione dell ' intercambiabilità dei politici . Si avverte la sensazione dell ' intercambiabilità dei programmi politici . Si avverte la sensazione di versare la propria preferenza in un imbuto che poi la trasforma , attraverso alchimie di sistemi elettorali , poteri di veto e di coalizione , in un altro verdetto . Ho sentito giorni fa , in un convegno , illuminati campioni della sinistra arrogarsi il diritto di frenare i verdetti della volontà popolare : se prestiamo ascolto alla maggioranza - dicevano - bocciano Maastricht , vince il nazionalismo , vince la pena di morte , frenano l ' immigrazione . Dunque , teniamoli sotto tutela . E qui si entra nella seconda e più scabrosa ragione della volontà popolare . Dunque , è consentito alla sinistra allearsi con chiunque . Liberali e cattolici , protestanti ed ebrei , industriali e sindacati , potenti e perfino massoni . Ed è soprattutto permesso alla sinistra moderata allearsi con la sinistra radicale , che non esita a definirsi ancora comunista . Al centro o alla destra questo non è consentito . Sono precluse le porte di un ' alleanza a tutto campo , non è possibile godere dell ' appoggio di una classe imprenditoriale senza scatenare la piazza ; non è possibile unirsi alla destra radicale e nazionalista . Non dico nazista . Non dico nemmeno fascista . Ma anche solo nazionalista , tradizionalista o radicale . Prendete il caso francese , ma il discorso è esportabile , anche altrove ( l ' Austria , per restare ai confini ) . Una democrazia compiuta dovrebbe porsi un problema : come costituzionalizzare la destra e la sinistra radicale , come farle entrare nel gioco . Oppure , come escluderle dal gioco . E invece no : in Francia , e non solo in Francia , ai comunisti è consentito persino andare al governo ; con Le Pen non è consentito neanche un patto tecnico di desistenza . Chirac e Giscard sarebbero massacrati dai poteri che contano e dalle fabbriche del consenso . Questa anomalia sta uccidendo la democrazia , sta impedendo l ' alternanza , sta bloccando in una forma di centrosinistra globale l ' assetto di potere . Che tende a divenire assetto di regime e riflettersi nell ' assetto culturale egemone . Ancora una volta l ' alibi sono i fantasmi del passato . Su Le Pen pesa il passato nazista che obbiettivamente nulla ha a che vedere con il Front national . Sul Pc francese non pesa il passato comunista che è invece rivendicato apertamente dal medesimo partito . La stessa operazione agisce in Italia con l ' interdizione del piccolo ma decisivo partitino di Rauti , con le barriere verso intese destrorse con la Lega e perfino - a corrente alternata - con An ; in semilibertà vigilata . Al centrodestra non è possibile sommarsi , vige la logica inesorabile dell ' aut aut . Al centrosinistra invece no , vige la logica dell ' et et . Perciò io dico : attenzione , sta morendo la democrazia , tra astensionismo e veti ideologici di ritorno , sistemi bloccati e alternanze impossibili . Con tutte le giustificate diffidenze maturate da una nobile letteratura elitaria e antidemagogica , tocca oggi al centrodestra rappresentare le ragioni della sovranità popolare .
«Il franco cacciatore» di Weber ( Montale Eugenio , 1955 )
StampaQuotidiana ,
Charles Baudelaire nei suoi Fiori include anche Weber , appaiandolo , un po ' all ' ingrosso , col Delacroix : sotto un ciclo nel quale passano fanfare « comme un soupir étouffé de Weber » . Strane son queste fanfare che sospirano , e ben poco weberiane ; ma forse qui Weber c ' è entrato perché il poeta aveva bisogno di rimare col vert del cielo . Il Franco cacciatore è del '21 , i Fiori del male escono nel '57 . Poco più di un trentennio era dunque bastato a divulgare la gloria del barone Karl Maria von Weber , e , insieme , l ' equivoco che gravò sempre su di lui in Francia , dove il Freischütz subì esecuzioni - massacro benché si debba al Berlioz la musica dei recitativi , che nell ' intenzione del Weber dovevano essere parlati secondo il carattere del Singspiel tedesco . A questa forma , che è rituale in Germania , è ieri tornato il maestro Carlo Maria Giulini che per l ' occasione ha fatto ritradurre tutti i recitativi : e poiché stavolta i cantanti dovevano recitare in una lingua a essi familiare i risultati sono stati ben più soddisfacenti che nella Carniera . Si è detto che il Franco cacciatore è un ' opera tipicamente germanica e che solo un tedesco può amarla ; e il primo a esprimere questo giudizio fu Richard Wagner che al Weber dell ' Euryanthe deve , per il suo Lohengrin , più di qualcosa . Ma questa opinione , giustificata nel suo tempo , è ora difficilmente sostenibile . Un ' opera che avesse caratteri puramente nazionali sarebbe un ' opera da museo , non un ' opera viva : e in verità , anche senza voler fare un ingeneroso confronto tra Weber e Wagner , il Franco cacciatore ha , nei suoi limiti , una purezza di stile che invano si cercherebbe nelle opere romantiche del primo Wagner . È un frutto singolare , maturato al momento giusto : e poiché in arte non crediamo ai coups de dés , ai terni al lotto , dobbiamo ammettere che il musicista giunto al momento opportuno ( si chiami esso Weber o Bizet ) sia sempre e in ogni caso meritevole della propria fortuna . Karl Maria von Weber era un uomo nato nel Settecento , un tedesco di buona cultura non soltanto musicale , un uomo che a diciassette anni era già direttore del Teatro di Breslavía e che a vent ' anni poteva conversare con uomini come Goethe e Wieland . Se la sua educazione e la sua cultura lo portavano naturalmente a vagheggiare un tipo d ' opera in musica che fosse intensamente nazionale ( e in ciò la sua poetica concordava con quella dei romantici tedeschi ) quel molto di settecentesco che viveva in lui lo portava a mantener viva l ' unità del dramma musicale secondo gli schemi che nel Settecento ( il grande secolo dei musicisti viaggiatori e cosmopoliti ) avevano fruttato indiscutibili capolavori . Il problema generale era ( ed è tuttora ) quello di riempire gli schemi , non di distruggerli ; e il problema specifico di Weber era di trovare un testo , un libretto che gli permettesse di fondere insieme il senso del gotico e quello dell ' intimità familiare ( il gemütlich ) , il dramma feerico e la pastorale , la vivacità della kermesse e la bruma della leggenda . Trovò l ' argomento che gli occorreva nel canovaccio che un certo avvocato Friedrich Kind tolse dal Gespensterbuch di Apel e di Laun ; e su quello , servendosi di non molti temi espressivi e senza rinunciare affatto ai pezzi chiusi , alle arie , ai duetti e ai concertati , gettò la musica dei suoi corni e dei suoi clarinetti , l ' incanto di uno stile robusto e ingenuo , fiabesco e insieme fortemente naturale , che apparenta Weber ( e non so se il raffronto sia stato fatto mai ) con l ' arte di quel francese innamorato della Germania , Gérard de Nerval , di cui proprio due giorni fa ricorreva il centenario della morte . Ne è nata un ' opera che è anche un fatto di cultura , l ' uovo di Colombo del primo romanticismo . Il Freischütz non è opera che possa essere amata e compresa solo dai tedeschi ; ma è opera che richiede da parte dello spettatore non tedesco una certa iniziazione culturale : in difetto di questa ( e senza pretendere che il pubblico di ieri mancasse del viatico necessario ) è certo ch ' essa doveva essere presentata agli odierni spettatori in un quadro particolarmente appropriato . Compito non facile , eppure ieri risolto assai bene da un ' esecuzione che è complessivamente la più proporzionata ed equilibrata che si sia avuta alla Scala nella presente stagione . Non si giunge ai risultati ottenuti ieri da Carlo Maria Giulini senza molto studio e senza una squisita intelligenza e sensibilità . L ' esecuzione della stregonesca scena della Bocca del Lupo , dov ' è raccolto in nuce mezzo secolo di musica romantica ancora non nata , l ' introduzione , le danze , le arie e i concertati e l ' apoteosi finale hanno trovato nel Giulini quella fermezza , quell ' energia e insieme quella misura che solo un concertatore di prim ' ordine e ormai perfettamente maturo per le maggiori prove poteva dare . Sul palcoscenico - ed è fatto poco frequente alla Scala - non un artista che appaia una forza sprecata , un pesce fuor d ' acqua . Agata è Victoria de Los Angeles di cui sarebbe inutile fare l ' elogio dopo il ricordo che ha lasciato fra noi : ha mezzi di grande concertista , senso stilistico perfetto , « attacchi » e modulazione eccezionali . Come attrice non si spreca ma il suo portamento è sempre nobile . Una sorpresa piovuta dal cielo è Eugenia Ratti che in un mese è alla sua terza opera alla Scala : già franca e disinvolta , domina una voce estesa , ferma e brillante che autorizza le migliori speranze . Il tenore Picchi nella difficile parte dell ' ingenuo Max canta con molta quadratura e sicurezza brani che darebbero il mal di mare se eseguiti da artisti più celebri di lui . E il Rossi Lemeni raffigura con forte dizione e perfetta arte scenica la parte del diabolico Kaspar , che gli permette , nella scena della foresta , di ottenere un vero successo personale . Tutti gli altri : l ' Adani , il Montarsolo , il Sordello , lo Zaccaria e lo Zampieri sono pienamente all ' altezza della situazione . La regia di Josef Gielen è di molto effetto ma non ci sarebbe spiaciuto che il nero diavolo Samiel si facesse vedere di più : non abbiamo sentito odor di bruciaticcio nel primo e nell ' ultimo quadro . Vivacemente colorati , troppo a nostro gusto , i bozzetti e i figurini di Nicola Benois . La musica di Weber ha un colore d ' anima , non un colore visivo . E forse non era necessario costruire un autentico otto volante nella Valle dei Lupi . I cori , istruiti da Norberto Mola , hanno cantato assai bene , senza esagerare nelle rustiche intonazioni che sono necessarie in questa partitura . Luci c pirotecnica nell ' infernale scena della fusione del piombo maledetto sono state amministrate con grande effetto . Il pubblico ha applaudito con calore alla fine di ogni quadro e il maestro Giulini , il regista Gielen , il Benois e il maestro Mola sono stati chiamati più volte alla ribalta coi principali interpreti . Applausi a scena aperta alla Los Angeles e alla Ratti , e alla fine un ' ovazione per tutti .
La pena di morte ( Jemolo Arturo Carlo , 1972 )
StampaQuotidiana ,
Credo che per i più l ' abolizione della pena di morte negli Stati Uniti rappresenti una conquista , una vittoria dei lati migliori dell ' uomo . Resto perplesso . Leggo con lo stesso fremito per la millesima volta la scena in cui Otello guarda la fiamma della candela e dice che potrà spegnere e riaccendere quella luce , ma più non potrà ridestare la vita umana che estingua ; avverto ciò che ha di sacro ogni vita . Ho istintivo orrore per l ' aborto , per questo spegnere una vita in embrione . Comprendo anche il soldato che nell ' attacco corpo a corpo preferisce farsi uccidere che compiere il gesto omicida . Non ci sono però limiti a questo istinto , il più alto dell ' uomo , l ' orrore del dare la morte ? Ho sempre avuto vicino a me persone carissime , che asserivano la non resistenza ; vincesse Hitler , ma non la guerra . E qui la ragione cominciava a recalcitrare . Meglio essere uccisi e non invocare la legittima difesa , che uccidere ; perché l ' atto di uccidere ferisce irreparabilmente l ' uomo normale , immette in lui un veleno non più eliminabile . Ma quando la violenza dell ' altro si esaurisce colpendoci : l ' ipotesi romanzesca di quegli che ha giusto sdegno per una ferita al suo onore e crede lavarla sul colpevole , mentre l ' aggredito è innocente ; che però conosce la ragione dell ' attacco , sa che quegli che lo ferisce si riterrà soddisfatto e non nuocerà più ad altri , e , non avendo modo di dimostrare nella violenza dell ' urto la sua innocenza , preferisce perire che ricorrere alla difesa armata . Ma quando la violenza non si arresta a noi , prosegue e si espande ? L ' Europa che alzasse le mani dinanzi ad Hitler non importava solo lo sterminio di ebrei , zingari , altre minoranze etniche ; implicava i nostri figli , i nostri nipoti educati al culto del nazismo . L ' assalitore di banche pronto ad uccidere , dinanzi a cui si alzano le mani , assalirà altre banche ed una volta o l ' altra ucciderà . Ci sono popoli e civiltà che hanno preso ad aborrire la oppressione , la violenza , Stati che hanno abbandonato le loro colonie ; e ce ne sono altri , come il Portogallo , che le difendono accanitamente , senza alcun malessere morale . E sarebbe difficile convincersi che in Africa si sarebbero avute altrettante guerre tribali , altrettante distruzioni di popoli minori , se fosse rimasto il dominio dei bianchi . Sarebbe troppo facile la vita dell ' uomo morale , se i problemi fossero tutti risolubili in termini di certezza ; se fosse sempre dato discernere il bene dal male . Si possono invidiare i credenti di quelle religioni dalle leggi semplici ed inflessibili , che , una volta osservate tali leggi , si sentono liberi da ogni responsabilità , e pur di fronte a paurosi risultati delle loro azioni od omissioni , non sono turbati , poiché si attua la volontà di Dio . Ma non siamo dei loro . Sta poi che l ' annuncio di quell ' abolizione della pena di morte è avvenuto mentre si scaricavano tonnellate di esplosivo sul Vietnam , e guerriglie fermentavano in più luoghi , nell ' Ulster ogni giorno c ' era qualche vittima della secolare avversione tra cattolici e protestanti . Mentre ogni ricorrenza festiva lascia qualche centinaio di vittime stradali , ogni stagione qualche decina per infortuni di caccia , per disgrazie nella pesca subacquea ; e parrebbe assurdo vietare gli sport pericolosi , limitare la velocità delle macchine ; altresì mentre si apprende ogni giorno di suicidi di giovanissimi per futili motivi , e si ha l ' impressione che i giovani amino sempre meno la vita . E confesso che se non solo comprendo , ma sento l ' attrazione , per quegli che dice « no ad uccidere , per nessuna ragione , per nessun sommo bene di domani , per evitare qualsiasi male ; uccidere mai » , non riesco a comprendere chi rifiuta la pena di morte per il delitto più atroce , ma accetta che si uccida perché su un Paese sventoli una bandiera piuttosto che un ' altra , ed altresì perché non si compia un ' assimilazione , non si spenga una lingua . Senonché su ogni altra considerazione domina in me un dubbio : è una pietà la soppressione della pena di morte ? Pietà per chi ? Per il condannato , o per il giudice che pronunciò la sentenza e potrebbe avere una notte d ' incubo la vigilia dell ' esecuzione , mentre ove abbia condannato all ' ergastolo od alla reclusione e lo assalissero dubbi od angosce potrà illudersi pensando che ci si abitua pure al carcere , e c ' è la possibilità dei condoni , delle revisioni , delle evasioni ? Chi non voglia illudere se stesso sa che non ci sono carceri che migliorino l ' uomo , ma dovunque carceri che pervertono ; e si potranno erigere degli edifici con docce , riscaldamento , aria condizionata , da destinare a penitenziari , ma si rarefarà sempre più quel materiale umano , che costantemente scarseggiò , di assistenti ai carcerati che considerassero la loro una missione , e nel detenuto il fratello uomo da sorreggere e riscattare . Questo significava l ' opera di misericordia del « visitare i carcerati » , che gli odierni regolamenti hanno reso irreale . E diradano fino a scomparire quelli che vogliono dedicare la loro vita ad amare e redimere singoli infelici , colpevoli , vecchi , malati , infermi di mente ; tanti giurano di amare l ' umanità , e non potersi dedicare ai singoli ( che è ben più oneroso ) . Non si dà più la scelta che tra la detenzione e la pena di morte ; e temo molto che una detenzione che duri oltre il decennio sia più crudele della pena capitale : così se per il detenuto la prigione sia quel ch ' è la gabbia per certi animali cui non riescono mai a rassegnarsi ( evito di passare sotto il Campidoglio per non vedere quella lupa che passeggia incessantemente su e giù per i tre metri della sua gabbia e che desidererei qualche pietoso uccidesse , se non sapessi che poi l ' imbecillità umana la vorrebbe sostituita ) ; come se invece si adatti , subisca la degradazione umana del trovare accettabile il carcere ed i suoi contatti , non desiderare più la libertà . Nella vita romanzata di Federico Confalonieri della Huch , l ' arcivescovo Gaysruck a Teresa che gli chiede di adoperarsi per la grazia al marito risponde dapprima : « Credete che vi sarà grato se lo seppellirete vivo in carcere , invece che morto in una tomba come si deve ? » . Per questo rimango perplesso di fronte alla soppressione della pena di morte in un Paese da cui vengono le cronache della più efferata delinquenza , e che pure desiderando la pace s ' impegna a fondo nella guerra .
«La Walchiria» di Wagner ( Montale Eugenio , 1955 )
StampaQuotidiana ,
Fino a una trentina d ' anni fa l ' Italia aveva assimilato Wagner a modo suo : riducendolo , con molti tagli , a proporzioni ragionevoli e rendendolo così eseguibile da ugole italiane , in genere migliori di quelle tedesche ma molto meno resistenti alla fatica . Si era così formata una classe di buoni cantanti wagneriani in lingua italiana , oggi dispersa o dimenticata . È un peccato , perché qualche onesta Brunilde nostrana avrebbe potuto , con un po ' di riposo , trasformarsi in una decente Norma e magari in una accettabile Minnie pucciniana ( se è vero che alla Scala hanno rinunziato quest ' anno alla Fanciulla del West non avendo a disposizione un ' interprete adeguata ) . E i tenori italiani capaci di esser Sigfrido o Walter , oggi che il repertorio moderno impone un estremo eclettismo , avrebbero potuto trovare impiego in altre parti . In ogni modo le cose sono andate come tutti sanno ; e oggi anche in città di provincia italiane è facile che Wagner si dia in tedesco , con artisti tedeschi e in edizioni più o meno integrali , ma sempre di lunga durata . Venuto meno il compromesso che si era formato ( stile press ' a poco tedesco ma voci italiane e un po ' di respiro al pubblico ) , alquanto diradato lo stuolo dei « bidelli del Walhalla » , dei wagneriani intransigenti che si recavano a teatro con la loro brava guida tematica e che trovavano « troppo corto » l ' interminabile duetto fra Ortruda e Telramondo , nel Lohengrin ; sparito o quasi il manipolo dei maniaci che giudicavano il poema dei Nibelunghi come la summa di tutta una tradizione orfico - teosofica dopo la quale a poeti e musicisti non sarebbe restato che il compito d ' incrociar le braccia e tacere per sempre ; resta ancora ai drammi wagneriani della Tetralogia la possibilità di trovare in Italia un pubblico nuovo . È un pubblico composto , in parte , da nemici del melodramma di tipo nostrano , da gente che detesta le stupide parole dei nostri libretti e le inverosimili , indecifrabili trame che Donizetti e Verdi rivestirono di note . A coloro per i quali la sola musica è quella di Bach , a chi crede che il nostro melodramma sia « una barba » , Wagner offre uno strano rimedio che consiste nell ' intensificazione degli assurdi lamentati : una serie di canovacci talmente incomprensibili che non comprendere diventa una condizione favorevole all ' immersione nell ' opera d ' arte . L ' ascoltatore attuale ( italiano ) di Wagner non intende né le parole né i fatti e il suo godimento è in proporzione diretta dell ' assurdità della situazione in cui si vede immerso . Wagner offre situazioni , musica e canto allo stato puro , incandescente : è antologico perché potreste prenderlo a spizzico e ogni sua pagina ha sempre valore di morceau choisi , ma è anche unitario perché il suo segno è uguale dovunque . Per diversi motivi di fronte a Wagner devono arrendersi tanto i sostenitori dell ' arte come totalità ( che spesso vuol dir noia ) quanto i fedeli del « pezzo » , della scintilla , dell ' ispirazione . Furore e pedantesca lentezza , raptus e istrionica ricerca degli effetti sono le componenti del genio wagneriano , un genio riassuntivo che liquida molte possibilità e chiude per sempre molte porte . Dopo di lui i migliori musicisti furono coloro che lottarono tutta la vita per « non fare del Wagner » , magari utilizzando e componendo in nuova sintesi qualche suo spicciolo , qualche suo aspetto secondario . Da Wagner , soprattutto da quello del Tristano , viene gran parte del cromatismo della musica contemporanea , in particolare quello della musica seriale , dei dodici suoni in libertà ( o in nuova servitù ) . Ma Wagner era anche un inventore di formidabili temi , un mistico che tirava al sodo e applicava a colpo sicuro un suo particolare montaggio , con l ' intelligenza un po ' fredda e applicata del grande uomo di teatro e del grande letterato . I suoi successori più o meno diretti ( escluso lo Strauss operista , che un giorno sarà certo rivalutato ) mancano di quel côté bête in difetto del quale è inutile affrontare opere di lunga lena . Ieri sera abbiamo risentito dunque Wagner cantato in tedesco e nella sua integrità , diretto da un maestro come Otto Ackermann che non è un astro di prima grandezza ma possiede l ' autorità necessaria e che in opere simili ( e anche nel genere della musica leggera ) ha sempre dimostrato di sapere il fatto suo ; e abbiamo ascoltato cantanti di valore molto ineguale , ma tutti in possesso di un ottimo stile wagneriano . Che effetto ci farebbero oggi le vecchie esecuzioni di Mascheroni e di Rodolfo Ferrari , del tenore Borgatti e di Teresina Burchi ? È quasi impossibile dirlo . I cantanti italiani sono obbligati , dalla nostra lingua , ai suoni rotondi , impostati , all ' intonazione precisa : qualità che in Wagner , escluso s ' intende il Lohengrin , sono richieste in misura secondaria . Wagner stanca terribilmente le ugole italiane ; ho memoria di un Parsifal in cui tre Gurnemanz dovettero cedere le armi dopo una sola rappresentazione . Wotan e Brunilde parlano e cantano insieme , nelle nostre opere canto e recitativo sono regolati da leggi assai diverse . Martha Moedl ( Brunilde ) è come un motore che abbia incredibili qualità di ripresa : quando sembra stanca e si direbbe che l ' « appoggio » sia caduto , la sua impennata si dispiega ancora e la voce torna a espandersi quasi in modo immateriale . È una grande cantante e una buona Brunilde , anche se non possiamo chiederle la tempestosa , ciclonica vocalità di una Flagstad . Senza troppe finezze ma sonora come una tromba è la voce di Leonie Rysanek ( Siglinde ) ; e in questa esecuzione Siglinde potrebbe essere Brunilde o viceversa . Manca forse il distacco necessario . Bellissima voce , fin troppo dolce ha Grace Hoffmann , soddisfacente Fricka . Hans Hotter è un Wotan potente ed espressivo , di una resistenza eccezionale ; Ludwig Weber , vecchia conoscenza , dà molto carattere alla parte del bieco Hunding . Meno persuasivo è il Siegmund di Wolfgang Windgassen , che pure sopporta bene una parte massacrante . Non tutte egualmente disciplinate le otto Walkirie , signore Mariella Angioletti , Luisa Villa , Elfriede Wild , Veronica Wolfram , Nelde Clavel , Martha Thompson , Hanna Ludwig e , ancora , Grace Hoffmann . L ' allestimento scenico , i bozzetti e i figurini sono quelli , già noti , di Nicola Benois ; la regia è di Mario Frigerio , come sempre misuratissimo e pieno di buon senso . In complesso un ' esecuzione non tutta di prim ' ordine , ma di sicura impronta artistica . Il pubblico - un pubblico , naturalmente , da « tutto esaurito » - l ' ha applaudita a lungo , evocando molte volte alla ribalta i principali interpreti e il maestro Ackermann , la cui ancor bruna zazzera , quando si vedeva emergere dal golfo mistico , non ha avuto un attimo di riposo .
Pene di morte e pene di vita ( Jemolo Arturo Carlo , 1972 )
StampaQuotidiana ,
L ' avere espresso il dubbio che la pena di morte sia meno crudele di una lunghissima detenzione ha indignato , come mi attendevo , una serie di brave persone , che per questa semplice perplessità hanno visto in me un De Maistre in sedicesimo , l ' apologeta del boia , anzi della mannaia . Non sto a ripetere cose già dette , né a ricordare il giapponese , unico salvatosi degli autori delle uccisioni all ' aeroporto di Tel Aviv , che lotta perché gli sia applicata la pena di morte e non una lunghissima prigionia . Ma vorrei piuttosto prendere occasione per invitare tutti - me per primo , che non valgo nulla più dell ' italiano medio - alla sincerità con noi stessi . Ripugnanza per la pena di morte ; constatazione che il carcere , com ' è oggi , abbrutisce ; d ' accordo . Che fare ? Nuovi carceri con giardini , bagni , possibilità di lavoro e di studio per chi lo desideri . Sì . Possiamo fare qualcosa ? Vogliamo offrire tutti una giornata di stipendio per la formazione di un fondo ad hoc ? Vogliamo provocare offerte di aree , di opera di progettisti , di mano d ' opera gratuita ? ( Si sono costruite le cattedrali , in epoca recente le Case del fascio e poi le Case del popolo , in questo modo ) . Bene ; oltre alla giornata di pensione offro la mia opera di bravo dattilografo per copiatura di progetti . Gli edifici sono il meno ; gli uomini contano . E il personale carcerario , dal direttore all ' ultimo agente di custodia , può offrire dei missionari . Quella posizione , come le altre nella polizia , nei carabinieri , consentono di fare molto bene ( anche del male , d ' accordo ; e , come dovunque , ci sono i buoni ed i cattivi ; ma certo anche i buoni e gli ottimi ; durante il periodo fascista e l ' occupazione tedesca ci accorgemmo che c ' era molta umanità in certi ambienti della polizia ) . Ora quanti sono tra quelli che più parlano contro la crudeltà delle carceri che vedrebbero volentieri un loro figlio divenire direttore di carcere o agente di custodia , o maresciallo dei carabinieri o commissario di PS ? I buoni di queste categorie , quelli che sentono che la loro è una missione , per quanto so , non vengono mai da questi imprecatori ; piuttosto da chi ritiene che in ogni posizione si possa fare del bene e ci si debba sforzare di farne quanto possibile . Voltiamo pagina . Ho sempre detto della mia invincibile ripugnanza all ' aborto , all ' uccisione di una vita in embrione . Non posso però non riflettere che stiamo tutti negando il diritto alla vita alle generazioni future . La scienza ci ammonisce da un pezzo , ci dice che i palliativi che si adottano contro l ' inquinamento dell ' aria , dei mari , della terra non bastano . Noi rispondiamo : « Dobbiamo vivere : e vivere come siamo vissuti fin qui , senza tornare indietro nel tenore di vita ; per questo occorrono le raffinerie , le fabbriche di acido solforico , e via dicendo » ; a saltiamo col pensiero il corollario : peggio per le generazioni avvenire se per loro non ci sarà più la possibilità di vivere , se non potranno nascere . Penso agl ' infermi di mente ( quanto numerosi infermieri , e solerti , coscienziosi , occorrerebbero , per una assistenza fattiva , impedire ai malati di nuocersi e di nuocere senza legarli ai letti ; e questi infermieri non si trovano ) ; penso ai focomelici , agli spastici . Quanto pochi , sempre meno , quelli che vi si dedicano con lo spirito di dedizione totale , insostituibile , accettando la rinuncia alla gioia che quella dedizione importa : rinuncia per chi non abbia in sé la santità , senta l ' attrazione per i piaceri , anche i più puliti , escursioni , passeggiate , viaggi , che il mondo offre . I santi laici che non pensano a rivoluzioni , ma ogni giorno compiono inosservati la loro opera di bene , sono sempre stati pochi , ma mi sembra tendano a diminuire . Penso soprattutto ai vecchi . Il mio povero figlio medico spedaliero s ' indispettiva alle clamorose manifestazioni di strazio dei figli dinanzi alla salma del padre o della madre , ricordando che quei poveri vecchi per mesi avevano sostato nel loro letto di corsia , senza che mai , mai , un figlio , un parente fosse venuto a visitarli . I vecchi sono noiosi , tediosi , a volte assisterli implica vincere forti ripugnanze . Un amico che si occupava di queste opere mi diceva del direttore d ' un cronicario disperato perché i suoi vecchi purtroppo lordano la biancheria ; e prima di mettere questa nella lavatrice , occorre togliere con stecche o con mani guantate le deiezioni che bloccherebbero la macchina ; e man mano che scompaiono le anziane assistenti che provvedevano , nessuna giovane vuole più sostituirle . Cosa si fa per i vecchi ? Penso che i più riescano ad eliminare dalla mente questi ed altri pensieri , queste ed altre immagini ; non pensiamo alle sofferenze degli altri , e godiamoci la vita . Anzi reagiamo quando c ' è qualcuno che ci disturba toccando il problema , ed osa dire che nelle carceri d ' oggi la lunga detenzione è più crudele della morte . Non mi considero migliore degli altri e non ho il diritto di fare la morale a nessuno ; ma meditiamo tutti . Condivido la ripugnanza alla pena di morte , all ' aborto , alla eutanasia . Ma non perdo il tempo a discutere con chi afferma che tutte le colpe essendo della società non ci debbono essere carceri ed occorre lasciare tutti in libertà , compresi i seviziatori di bambini e quanti hanno il coltello facile . E mentirei se dicessi di rispettare quelli che non dànno mai un ' elemosina , non compiono mai un sacrificio economico per un ' opera di bene , non si sono mai dedicati a sollevare uno dei tanti pericolanti che avranno pure incontrato nella loro vita , uno dei tanti che attraversavano un momento decisivo , e che la mano offerta poteva salvare ; non hanno mai dato lezioni ad un ragazzo che aveva bisogno di ripetizioni e non poteva pagarsele , mai si sono mossi a fare letture ad un cieco , a dare a un vecchio degente il conforto di sfogarsi ascoltando pazientemente le sue monotone querimonie ; ma poi imprecano contro lo Stato inefficiente , contro « la società » , colpevole di tutto .
StampaQuotidiana ,
Nuova York - Pochi Paesi al mondo destano nell ' animo del viaggiatore che non sia disposto ad una paziente comprensione reazioni così vive e talvolta così ostili come gli Stati Uniti . Specialmente coloro che arrivano in America da Paesi di antica cultura umanistica , come per esempio la Francia o l ' Italia , sono portati a fornire un giudizio sbrigativo ed avverso . A prima vista questo sembra contraddittorio : non sono forse gli Stati Uniti una Nazione di civiltà occidentale , non è forse la civiltà degli Stati Uniti erede legittima del razionalismo settecentesco inglese e francese ? Perché dunque tanti visitatori non riconoscono in questo Paese nulla di familiare e provano quasi una specie di repulsione e di nausea , un po ' come il viaggiatore che trovandosi per la prima volta in mare scopra con sgomento di non essere in grado di sopportare il movimento delle onde ? Secondo noi la spiegazione va ricercata in un carattere psicologico comune a tutti gli uomini ; i quali si sentono a loro agio con il passato ma non altrettanto con il futuro . E mentre possono considerare le cose passate come superate e risolte , hanno paura di quelle avvenire , nuove , ignote , non ancora sperimentate . Tra le Nazioni il passato è rappresentato da tutti quei Paesi che oggi , con eufemismo , sono chiamati aree depresse . Fate per esempio un viaggio in Siria , alla vetusta città di Aleppo e passerete con poche ore di aeroplano dal secolo ventesimo al dodicesimo . Ad Aleppo , tuttavia , pur invocando le comodità della civiltà moderna e lamentando il pittoresco e medievale modo di vita , vi sentirete sicuri e persino aggressivi , avvertirete che nulla di nuovo e di sconcertante si cela dietro il cosiddetto mistero d ' oriente . Spiccate invece il volo nella direzione opposta , attraversate l ' Atlantico , passate in poche ore da una vecchia città d ' Europa alle torri babilonesi di Nuova York e sentirete subito con inquietudine che , nonostante tutte le meravigliose comodità e facilità della vita americana , qui è l ' ignoto , il non ancora sperimentato , l ' imprevedibile , insomma il futuro . Ora il futuro gli uomini amano sognarlo , vago e promettente , abbellito dai rosei vapori della speranza . Ma non amano affatto vederselo torreggiare davanti in forma di città di acciaio e di cemento o nell ' aspetto di una società potente e perfettamente funzionante . Donde la nausea che si è detto , quello che chiamerei il mal d ' America , non tanto diverso dal mal di montagna o dal mal di mare . Perché gli Stati Uniti sono il Paese del futuro , o meglio il Paese in cui certi aspetti del futuro sono già presenti ? In un libro recente intitolato appunto : Il futuro è già cominciato gli Stati Uniti sono descritti come il Paese del futuro a causa dell ' applicazione qui più ardita che altrove dei principi della fisica elettronica e del macchinismo automatico . Ma questo non è ancora il futuro , se è vero , come è vero , che in questo mondo tutto dipende dall ' uomo e soltanto dall ' uomo . Le macchine , anche le più complicate , possono essere adoperate da uomini di mentalità tutt ' altro che avveniristica , per esempio dagli Asiatici . Secondo noi , gli Stati Uniti sono il Paese del futuro non tanto perché più di qualsiasi altra Nazione al mondo fanno dipendere l ' andamento della vita pratica dall ' uso delle macchine quanto perché quest ' uso determina ormai in larghissima misura il comportamento sociale intellettuale e morale degli Americani . In altri termini la macchina e tutto ciò che serve a produrre la macchina e tutto ciò che la macchina produce corrispondono agli Stati Uniti a quello che è l ' ambiente fisico in altri Paesi . Un Europeo e ancor più un Asiatico saranno determinati nella loro psicologia da modi di vita rurali e artigiani che in sostanza poco differiscono da quelli del passato ; agli Stati Uniti invece questa determinazione viene dalla macchina ; e basta guardare dall ' alto di un grattacielo ad una strada qualsiasi , percorsa da migliaia di automobili , o attraversare in un sobborgo il caos degli altiforni , dei capannoni , dei silos , dei serbatoi e dei macchinari più diversi per rendersi conto di questo fatto . Privi del tutto di residui di civiltà artigiane e medievali , gli Stati Uniti esordiscono come Nazione con la rivoluzione industriale del secolo scorso . Si deve così considerare il passato settecentesco ed ottocentesco dell ' America come il prologo fumoso e turbolento della presente scintillante e tersa civiltà meccanica . In principio ci fu il verbo , come sempre , ossia la concezione puritana della vita ; poi vennero le macchine e il verbo si fece carne , ossia le macchine si rivelarono meravigliosamente adatte alle primitive concezioni dei padri della Nazione . Il razionalismo utilitario era infatti all ' origine stessa della macchina intesa come mezzo di produzione in serie e di profitto moltiplicato ; il puritanesimo , strano a dirsi , agiva sulle coscienze , nel campo psicologico , allo stesso modo della macchina nel campo della produzione , eliminando cioè spietatamente nella persona umana tutto ciò che non era utile ad una ideale società fondata appunto sull ' efficienza produttiva . Tutto questo però avvenne in maniera provvidenziale , ossia involontaria . I Puritani del New England sarebbero oggi certo assai sorpresi dal carattere tecnocratico e macchinistico della civiltà agli Stati Uniti . Eppure questa civiltà deve a loro il suo primo impulso . Ci fu un tempo ormai lontano in cui la macchina ancora ai suoi albori imitava l ' uomo e l ' animale . Le prime macchine non erano che prolungamenti e trasformazioni dell ' energia animale ed umana , riproducendone con i loro congegni il sistema muscolare o nervoso o digestivo . Oggi si assiste al fenomeno inverso , in tutto il mondo ma soprattutto agli Stati Uniti : l ' uomo tende ad imitare la macchina . Non vorremmo con questo suggerire l ' idea di una Nazione di automi ; l ' uomo imita la macchina non tanto diventando macchina lui stesso quanto disfacendosi , nei propri rapporti con la realtà e con se stesso , di tutto ciò che non sia direttamente utile , pratico e razionale . Procedendo dall ' individuo alla società , noi vediamo oggi agli Stati Uniti un ' uniforme tendenza a trasformare l ' uomo in mezzo di produzione al servizio della macchina più vasta di una società tutta dedicata anch ' essa alla produzione . Questo avviene oltre che per l ' influenza dell ' ambiente meccanico di cui si è già detto , anche per necessità . Una civiltà macchinistica è infatti una civiltà di produzione e di consumazione in serie ; e la macchina richiede da un lato una produzione appunto uniforme , razionalizzata , semplificata e dall ' altro una massa di consumatori che si sia disfatta dei gusti e delle inclinazioni individuali , che si sia anch ' essa razionalizzata e automatizzata . Così la macchina determina con la produzione in serie la consumazione in serie e viceversa , all ' infinito . È la società che produce e consuma in serie tende per forza di cose a rassomigliare sempre più ad una macchina . Si giunge così all ' aspetto più vistoso e più sconcertante dell ' imitazione della macchina da parte della civiltà americana : la società . Agli Stati Uniti la società quale la si può osservare nelle grandi città è una eccellente imitazione di una macchina ; ed è una macchina per giunta i cui congegni sono oltremodo visibili e riconoscibili , un po ' come quelli dei motori d ' aeroplano spaccati a bella posta per motivi pubblicitari nelle vetrine delle società di navigazione aerea . Questa macchina sociale , fatta per produrre e consumare in serie , è la prima cosa in cui si imbatte il viaggiatore al suo arrivo agli Stati Uniti ; e non ha ancora avuto il tempo di rifiatare che già la macchina l ' ha afferrato e sbattuto nelle sue spirali , in un torrente di richieste ed esigenze sociali e produttive , come tutti gli altri cittadini di questo Paese . Si tratta di una macchina meravigliosamente potente , efficiente ed utilitaria , in cui sembrano diventare realtà , per virtù del capitalismo industriale , le utopie più ardite dei novatori comunisti ; una macchina per tutto dire in cui l ' individuo vale per quanto produce e consuma e per nessun altro motivo . Questa macchina non soltanto produce ciò che è necessario alla vita pratica , dai cibi ai trasporti , dai servizi pubblici ai vestiti , ma anche provvede a soddisfare i bisogni intellettuali e ricreativi delle masse . Parafrasando una nota definizione di Le Corbusier , si può affermare che in America , oltre alle macchine che producono beni di consumo , ve ne sono altre più insolite , macchine per leggere , per esempio , oppure macchine per divertirsi . Che sono infatti se non macchine le riviste per le masse a tirature di milioni e milioni di copie , in cui la materia è stata manipolata in vista di una facile e quasi insensibile digestione e in cui non c ' è parola o frase che non sia il risultato di una operazione mentale del tutto meccanica ; o i film confezionati nella stessa maniera , con ricette e trovate ed effetti anch ' essi tutti automatici e utilitari ? La macchina trasforma in macchine gli uomini per sostentarli e farli vivere . E a loro volta gli uomini si trasformano in parti di macchina per far funzionare questa macchina che li fa vivere . Tutte le società in fondo sono delle macchine . Macchina è il convento , macchina l ' esercito , macchina il castello feudale , macchina la corte rinascimentale , macchina il salotto ottocentesco . Ad un certo grado di efficienza collettiva ogni società tende fatalmente a rassomigliare ad una macchina . Ma la grande novità dell ' America è proprio questa : le macchine sociali sopra elencate avevano tutte uno scopo fuori e al disopra di esse ; un ideale umano o una concezione metafisica ; queste macchine , insomma , erano mezzi per raggiungere un certo fine che le trascendeva ; per la prima volta abbiamo invece il caso di una macchina sociale , certo la più potente ed efficiente che sia mai esistita , la quale sembra essere fine a se stessa . La macchina sociale americana come abbiamo detto è infatti una macchina per la produzione in serie e come tale produce per consumare e consuma per produrre . Il materialismo americano , tante volte deprecato , deriva così non tanto dall ' individuo che è qui disinteressato come e più che altrove , quanto dal carattere unicamente produttivo della società . Forse questo materialismo deriva dalla semplice sostituzione di una parola con un ' altra : creazione con produzione . Comunque sia , là dove tutto è inteso in senso di produzione , è difficile che la vita affermi i suoi diritti creativi al tempo stesso irrazionali e ideali . Di questa macchina che non sembra avere uno scopo , che sembra essere fine a se stessa , gli Americani , però , sono acutamente consapevoli ; e si può dire che tutta l ' immensa letteratura sociale e parasociale di questo Paese , tutte le conversazioni private vertano sullo stesso argomento : come fare per dare uno scopo alla macchina sociale , per trasformarla da fine in mezzo . E più modestamente : a che cosa dedicare le ore di ozio che il macchinismo consente e consentirà in misura sempre maggiore . Ai prodotti meccanici delle varie macchine per divertirsi , leggere , riflettere , istruirsi ? Ma in tal caso non si resterebbe dentro la macchina , senza possibilità di ricongiungersi con la vita più profonda degli istinti e della natura ? È giunto , però , il momento di avvertire che questa macchina produttiva così esigente è alimentata dall ' energia emotiva e morale di uno dei popoli più vitali e più giovani che ci siano oggi al mondo . Il visitatore , agli Stati Uniti , è colpito dall ' enorme vitalità della Nazione e dallo spreco immenso che si fa di questa vitalità per scopi che sembrano inadeguati ed effimeri . In maniera contraddittoria , l ' America dedica al ciclo produzione - consumazione forze ideali ingenti e intatte che in altri Paesi sembrano essere molto più povere o minate dalla stanchezza e dalla sfiducia . Questa contraddizione si risolverà forse in un capovolgimento della situazione attuale , le forze ideali che Stati Uniti 1955 oggi alimentano passivamente la macchina produttiva finalmente la sottometteranno e la trasformeranno da fine a mezzo . Per questo , come abbiamo detto in principio , gli Stati Uniti potranno forse essere il Paese del futuro ; perché hanno spinto alle estreme conseguenze il problema massimo della civiltà moderna e al tempo stesso sembrano possedere energia sufficiente per fornirne domani la soluzione .