StampaQuotidiana ,
La
frode
del
4
per
mille
è
stata
bloccata
:
ma
,
frattanto
,
ha
riportato
l
'
attenzione
del
pubblico
sul
problema
del
finanziamento
ai
partiti
.
I
contribuenti
non
sembrano
entusiasti
di
devolvere
una
parte
di
quanto
versato
in
imposte
a
questo
scopo
(
gestito
con
criteri
automatici
)
,
anche
se
non
ci
rimettono
nulla
.
Ancor
meno
entusiasti
forse
sarebbero
,
se
si
rendessero
conto
che
c
'
è
un
'
altra
via
,
più
subdola
,
attraverso
cui
finanziano
i
partiti
:
la
retribuzione
ai
parlamentari
di
ogni
ordine
e
grado
.
Di
fatto
,
consiglieri
regionali
,
deputati
e
senatori
,
parlamentari
europei
sono
pagati
dall
'
erario
,
ma
svolgono
per
i
partiti
compiti
che
costerebbero
moltissimo
se
dovessero
essere
retribuiti
a
professionisti
ad
hoc
.
Un
po
'
di
lavoro
dei
membri
dei
corpi
elettivi
è
svolto
nelle
commissioni
(
a
parte
chi
lavora
a
tempo
pieno
per
il
governo
o
la
giunta
)
;
ma
l
'
attività
più
intensa
è
svolta
a
favore
del
partito
,
e
vale
assai
più
della
modesta
percentuale
sugli
emolumenti
,
che
l
'
eletto
versa
in
denaro
.
Difficilmente
uno
impegna
una
sua
specifica
competenza
nell
'
elaborare
le
leggi
:
quasi
sempre
si
limita
a
votarle
,
seguendo
le
indicazioni
del
capogruppo
.
Quando
non
lo
fa
,
è
perché
c
'
è
stato
un
equivoco
:
o
,
peggio
,
perché
è
indisciplinato
e
segue
le
indicazioni
di
qualcun
altro
.
Sotto
questo
riguardo
,
la
pratica
dei
"
pianisti
"
si
potrebbe
generalizzare
:
ad
ogni
elezione
basterebbe
assegnare
a
ciascun
partito
un
peso
proporzionale
ai
voti
ricevuti
,
e
poi
far
premere
il
tasto
da
un
solo
incaricato
.
L
'
eloquenza
parlamentare
ne
soffrirebbe
,
ma
si
otterrebbe
un
'
economia
e
si
avrebbe
,
fra
l
'
altro
,
il
vantaggio
di
evitare
ribaltoni
.
I
partiti
,
tuttavia
,
ci
perderebbero
:
verrebbe
loro
mancare
la
collaborazione
di
persone
preziose
per
l
'
elaborazione
della
linea
politica
.
Infatti
,
mentre
le
aule
sono
spesso
deserte
o
quasi
,
i
parlamentari
si
lamentano
di
condurre
una
vita
faticosa
,
impegnati
dal
mattino
alla
sera
in
riunioni
interminabili
,
al
cui
risultato
non
hanno
interesse
.
Peggio
:
se
lo
hanno
,
non
riescono
a
farlo
prevalere
.
Per
questo
la
maggioranza
di
loro
-
di
cui
il
pubblico
non
conosce
neppure
il
nome
-
viene
qualificata
con
la
qualifica
di
"
peones
"
.
Ma
lo
Stato
spende
per
loro
e
per
chi
li
aiuta
somme
ingenti
,
e
dà
l
'
impressione
che
siano
dei
privilegiati
sociali
.
Con
ciò
non
voglio
esprimere
alcun
giudizio
morale
o
tecnico
negativo
:
dico
soltanto
che
buona
parte
di
ciò
che
lo
Stato
o
le
regioni
spendono
per
i
parlamentari
va
considerata
come
una
forma
di
finanziamento
ai
partiti
.
Del
resto
,
in
certo
senso
dovuta
,
se
la
politica
si
elabora
in
sede
di
partito
e
non
di
assemblea
.
I
propositi
di
ridurre
il
numero
di
parlamentari
sono
accolti
,
perciò
,
con
sfavore
,
non
solo
da
chi
ambisce
a
quelle
funzioni
,
ma
soprattutto
da
chi
ha
la
responsabilità
di
un
partito
e
si
domanda
(
con
angoscia
crescente
dopo
tangentopoli
)
con
quali
mezzi
e
con
quali
aiuti
vi
farà
fronte
.
L
'
obiettivo
dei
partiti
tocca
il
tema
cruciale
del
loro
rapporto
con
la
democrazia
,
la
cui
degenerazione
è
espressa
con
una
crasi
linguisticamente
scorretta
,
ma
appunto
perciò
appropriata
:
partitocrazia
.
Se
la
politica
è
elaborata
all
'
interno
dei
partiti
,
anziché
nelle
sue
sedi
istituzionali
,
è
naturale
che
i
partiti
la
trattino
come
cosa
loro
e
pretendano
di
esserne
pagati
.
Però
,
visto
che
la
Costituzione
tratta
i
partiti
come
enti
privati
,
meglio
sarebbe
se
li
gestissero
i
privati
con
fondi
privati
,
e
con
quella
"
trasparenza
"
che
è
bene
tener
ferma
,
ma
su
cui
è
il
caso
di
non
far
troppo
conto
,
viste
le
stravaganze
cui
dà
luogo
(
pur
in
società
così
diverse
tra
loro
come
l
'
americana
e
la
russa
)
quando
la
si
pretende
perfetta
.
Basta
che
non
si
esageri
:
ossia
che
gli
eletti
non
credano
che
i
loro
doveri
pubblici
siano
sostituibili
del
tutto
con
compiti
privati
.
Ora
,
tra
sei
mesi
,
i
partiti
avranno
una
ghiotta
occasione
per
concorrere
a
questa
forma
di
finanziamento
:
le
elezioni
europee
.
Strasburgo
è
meno
assorbente
di
Roma
,
e
non
ha
la
facoltà
neppur
formale
di
prendere
decisioni
operative
.
Perciò
è
giusto
che
i
parlamentari
europei
lavorino
più
degli
altri
per
il
partito
,
senza
il
quale
,
tra
l
'
altro
,
avrebbero
molta
più
difficoltà
a
farsi
eleggere
.
Ma
appunto
perciò
è
convenienza
dei
partiti
scegliere
candidati
affidabili
e
forniti
di
prestigio
.
Evitando
,
inoltre
,
di
accollare
più
mansioni
parlamentari
a
uno
stesso
soggetto
:
sia
perché
il
titolare
di
più
mandati
contemporanei
non
avrebbe
modo
di
dedicarsi
al
partito
senza
trascurare
del
tutto
i
suoi
doveri
pubblici
,
sia
perché
,
in
quel
caso
,
in
luogo
di
due
parlamentari
da
utilizzare
il
partito
ne
avrebbe
uno
solo
.
StampaQuotidiana ,
Blow
up
,
presentato
stasera
al
festival
di
Cannes
sotto
bandiera
inglese
,
e
accolto
con
grandi
applausi
,
non
è
il
miglior
film
di
Antonioni
,
e
Dio
vi
guardi
dal
dar
retta
a
chi
lo
considera
il
più
bel
film
di
tutti
i
tempi
.
Ma
c
'
interessa
come
un
forte
contravveleno
espresso
dal
seno
stesso
della
civiltà
dell
'
immagine
.
L
'
idea
-
guida
del
film
,
se
si
possono
chiedere
idee
ad
Antonioni
,
anziché
sensazioni
e
atmosfere
,
ha
qualche
secolo
:
le
cose
che
vediamo
con
gli
occhi
sono
davvero
tutta
la
realtà
,
oppure
ciò
che
colpisce
il
nervo
ottico
(
e
,
per
delega
,
l
'
obiettivo
fotografico
)
è
soltanto
un
aspetto
del
reale
?
R
chiaro
che
Antonioni
non
ha
la
presunzione
di
rispondere
a
questi
antichi
interrogativi
.
Blow
up
si
contenta
di
dirci
che
oggi
essi
si
ripresentano
con
urgenza
perché
c
'
è
tutta
una
zona
della
società
che
tende
a
identificare
la
realtà
col
segno
concreto
da
essa
lasciato
;
e
fa
l
'
esempio
di
un
delitto
,
che
può
anche
sembrare
non
avvenuto
se
non
restano
prove
.
Chi
credesse
d
'
esserne
stato
testimone
involontario
,
e
d
'
averlo
fotografato
,
potrebbe
convincersi
che
è
stata
un
'
illusione
ottica
,
se
poi
gli
fossero
sottratte
le
prove
fotografiche
e
scomparisse
il
corpo
del
reato
.
Costui
,
allora
,
sarebbe
il
simbolo
dell
'
uomo
contemporaneo
,
che
di
fronte
alla
difficoltà
di
conoscere
il
vero
filigranato
dentro
il
visibile
accoglie
il
gioco
della
vita
come
una
finzione
e
annulla
nell
'
automatismo
dei
gesti
(
come
il
fotografo
negli
scatti
frenetici
delle
sue
macchine
)
l
'
angoscia
per
l
'
inconoscibile
problematicità
del
reale
.
Per
dare
evidenza
a
una
metafora
in
cui
si
esprime
,
ambiguamente
,
lo
sdegno
e
l
'
attrazione
che
Antonioni
prova
nei
confronti
della
civiltà
moderna
,
Blow
up
è
ambientato
fra
quei
fotografi
alla
moda
che
con
gli
isterici
clic
dei
loro
obiettivi
credono
di
sopperire
alla
propria
passività
sentimentale
,
e
in
quell
'
happening
che
è
la
Swinging
London
,
la
Londra
dei
giovani
che
tentano
di
vincere
la
noia
con
la
marijuana
e
gli
allucinogeni
,
scatenati
nei
balli
,
nei
riti
pop
e
op
,
anime
vuote
e
sessi
interscambiabili
.
Thomas
,
il
protagonista
,
è
appunto
uno
di
loro
:
un
fotografo
di
successo
,
specializzato
in
istantanee
di
cronaca
e
in
ritratti
di
cover
-
girls
,
sempre
affamato
di
soldi
,
benché
possa
già
permettersi
la
Rolls
Royce
,
e
tanto
concitato
nel
lavoro
,
di
modi
bruschi
con
le
sue
modelle
,
quanto
privo
d
'
autentica
energia
spirituale
.
Gli
accade
,
seguendo
una
coppia
in
un
parco
,
di
fotografare
un
abbraccio
.
La
donna
se
ne
accorge
,
e
più
tardi
lo
rincorre
nello
studio
implorandolo
di
darle
il
rotolino
:
offre
se
stessa
,
pur
di
riaverlo
.
Thomas
finge
di
accettare
;
le
consegna
un
rotolino
simile
a
quello
incriminato
,
e
si
disporrebbe
,
senza
entusiasmo
,
a
godersi
la
ragazza
,
se
in
quel
momento
non
suonassero
alla
porta
:
è
in
arrivo
un
'
elica
di
aereo
,
che
"
Thomas
ha
acquistato
da
un
antiquario
per
dare
un
tocco
bizzarro
all
'
arredamento
del
suo
studio
.
Partita
la
donna
,
ingrandisce
le
fotografie
prese
al
parco
(
blow
up
vuol
dire
appunto
ingrandimento
)
,
e
s
'
accorge
che
quanto
non
avevano
visto
i
suoi
occhi
è
stato
registrato
dalla
macchina
:
sulla
pellicola
,
ingrandendo
progressivamente
i
particolari
,
appaiono
infatti
un
volto
nascosto
nei
cespugli
,
un
'
arma
e
un
corpo
riverso
.
Tutto
fa
pensare
che
la
donna
abbia
attirato
la
vittima
in
un
trabocchetto
.
Thomas
comincia
a
chiedersi
cosa
fare
quando
arrivano
due
grulline
che
già
in
mattinata
gli
avevano
bussato
alla
porta
,
nella
speranza
di
essere
assunte
come
modelle
.
In
altri
tempi
sarebbero
state
due
esempi
di
adolescenza
traviata
:
ora
rappresentano
la
gioventù
londinese
attratta
dai
facili
successi
.
Scherzando
,
si
spogliano
a
vicenda
:
è
una
distrazione
accolta
da
Thomas
con
allegria
,
in
un
fracasso
che
cancella
ogni
piacere
erotico
.
E
dopo
l
'
uso
le
caccia
:
il
pensiero
dominante
lo
richiama
verso
il
parco
.
Il
sospetto
era
fondato
:
un
cadavere
è
ancora
sotto
l
'
albero
.
Stordito
,
Thomas
vorrebbe
chiedere
consiglio
a
un
amico
pittore
,
ma
questi
è
occupato
in
intime
faccende
.
Tornato
a
casa
,
nuova
sorpresa
:
tutte
le
foto
gli
sono
state
rubate
,
meno
una
,
la
quale
però
,
isolata
dalle
altre
,
più
che
costituire
una
prova
assomiglia
a
una
pittura
astratta
.
Allora
scende
per
strada
.
Intravede
la
donna
del
delitto
,
e
rincorrendola
s
'
intrufola
in
un
night
dove
un
chitarrista
beat
calpesta
il
proprio
strumento
e
ne
distribuisce
gli
avanzi
alla
platea
urlante
.
La
donna
è
scomparsa
.
In
cerca
d
'
un
amico
,
Thomas
arriva
ad
un
cocktail
,
che
in
altri
tempi
si
sarebbe
detto
un
'
orgia
di
viziosi
,
ed
ora
rappresenta
la
«
dolce
vita
»
londinese
.
All
'
alba
,
torna
nel
parco
per
fotografare
il
cadavere
,
ma
questo
è
scomparso
.
Privo
ormai
d
'
ogni
prova
,
Thomas
può
dubitare
d
'
essere
rimasto
vittima
,
lui
stesso
,
di
un
'
allucinazione
.
Quando
arriva
un
gruppo
di
giovani
mascherati
da
clowns
,
che
fingono
,
senza
palla
e
racchette
,
un
incontro
di
tennis
,
sta
al
gioco
:
il
dinamismo
della
partita
mimata
forse
vince
ogni
dubbio
dell
'
anima
o
del
pensiero
.
A
rigore
,
il
film
non
dice
che
la
scena
finale
sia
la
presa
di
coscienza
della
necessità
della
finzione
,
con
relativo
auto
-
commiserarsi
:
Blow
up
,
più
d
'
ogni
altro
film
di
Antonioni
,
non
contiene
una
tesi
.
C
'
è
chi
interpreta
Thomas
come
un
esempio
virtuoso
di
perenne
disponibilità
all
'
azione
,
e
c
'
è
chi
lo
considera
,
per
questo
,
un
emblema
della
solitudine
cui
può
condurre
il
pallore
dei
sentimenti
.
Un
fatto
è
certo
:
che
Thomas
,
mostrando
totale
sfiducia
nell
'
ordine
civile
in
cui
vive
,
non
si
rivolge
subito
alla
polizia
,
né
alla
fine
del
film
ha
più
motivi
di
pace
interiore
di
quanti
ne
avesse
all
'
inizio
:
semmai
ne
esce
desolato
,
versione
maschile
di
tante
infelici
eroine
di
Antonioni
.
È
per
questa
strada
che
forse
si
può
cogliere
l
'
antica
malinconia
di
Antonioni
,
il
quale
ha
ormai
superato
anche
l
'
angoscia
,
toccando
la
suprema
solitudine
.
Ma
quando
impareremo
a
smettere
di
cercare
,
in
Antonioni
,
la
morale
della
favola
?
Teniamoci
al
film
.
Un
giudizio
sia
pur
frettoloso
dovrebbe
cominciare
col
rilievo
che
Antonioni
,
per
rappresentare
la
Londra
di
oggi
,
ha
avviato
il
suo
Thomas
su
un
itinerario
molto
simile
a
quello
che
Fellini
fece
compiere
al
protagonista
della
Dolce
vita
per
scoprire
la
Roma
di
ieri
;
né
con
frutti
molto
più
nuovi
di
certi
'
documentari
sociologici
.
E
questa
non
è
l
'
unica
eco
di
Fellini
che
dispiace
in
Blow
up
:
è
difficile
che
in
un
film
possano
apparire
ancora
dei
clowns
senza
che
si
pensi
almeno
ad
Otto
e
mezzo
.
La
parentela
,
è
ovvio
,
si
ferma
qui
,
ma
non
è
senza
significato
che
Antonioni
difetti
d
'
originalità
nella
struttura
narrativa
quando
poi
gli
si
accompagna
quella
rappresentazione
piuttosto
convenzionale
del
night
e
del
cocktail
.
Tipico
di
Antonioni
è
invece
lo
sforzo
di
puntare
il
grosso
della
scommessa
sul
personaggio
di
centro
.
È
da
dire
che
Thomas
solo
talvolta
è
a
fuoco
.
Descritto
con
tinte
efficaci
finché
è
in
movimento
,
tutto
scatti
nevrotici
(
in
una
bella
scena
iniziale
esce
stremato
da
una
serie
di
convulse
riprese
fotografiche
:
il
suo
surrogato
dell
'
amplesso
)
,
finché
comanda
a
bacchetta
le
sue
modelle
e
si
sfrena
nello
scherzo
,
Thomas
poi
s
'
annebbia
quando
comincia
a
scervellarsi
sulle
foto
del
delitto
,
e
passa
ore
a
contemplarle
,
a
confrontarle
,
ad
appuntarle
sulla
parete
.
Non
si
sa
bene
cosa
gli
passi
per
la
mente
,
di
che
ordine
siano
le
sue
sensazioni
.
È
l
'
oggettivazione
di
un
torpore
che
se
nella
prima
parte
è
interrotto
dalla
precipite
parentesi
dei
giochi
amorosi
alla
lunga
si
riflette
nel
film
,
guidato
da
un
ritmo
lento
che
affloscia
il
suspense
.
Passato
dal
cinema
intellettuale
al
thriller
,
Anto
,
nioni
sembra
aver
portato
con
sé
il
vizio
dei
tempi
lunghi
,
dei
silenzi
poco
espressivi
,
il
rifiuto
di
quel
gusto
per
l
'
ellissi
in
cui
invece
si
esprime
il
meglio
del
cinema
moderno
.
Ma
all
'
interno
d
'
una
cornice
un
po
'
annosa
e
opaca
,
Blow
up
ha
dei
gruppi
di
sequenze
riuscite
:
sono
,
all
'
inizio
,
tutte
quelle
del
rituale
cui
sono
sottoposte
le
modelle
fotografiche
;
le
visite
al
negozio
dell
'
antiquario
;
lo
svogliato
rapporto
con
la
donna
venuta
a
riprendere
il
rotolino
;
la
liturgia
della
camera
oscura
;
la
zuffa
giocosa
con
le
ragazzine
(
una
data
nella
storia
del
cinema
:
un
nudo
femminile
non
depilato
,
chissà
se
ce
n
'
era
bisogno
)
e
l
'
enigmatico
finale
,
sul
quale
il
pubblico
si
scervellerà
:
tutte
scene
che
confermano
certe
bravure
di
Antonioni
,
ma
anche
,
inserite
nel
tessuto
del
film
,
la
sua
difficoltà
di
sciogliere
in
fluente
,
spontaneo
racconto
acute
intuizioni
.
Ispirato
a
una
novella
dell
'
argentino
Cortazar
,
il
film
ha
del
resto
qualche
imbarazzo
già
nella
sceneggiatura
,
di
Antonioni
e
Tonino
Guerra
;
più
volte
si
ha
la
sensazione
che
certi
personaggi
siano
stati
inventati
per
mettere
sangue
in
una
materia
anemica
anziché
per
vera
necessità
narrativa
.
Considerando
la
vivace
scenografia
dello
studio
,
i
bei
colori
di
Di
Palma
,
le
eleganti
toilettes
delle
modelle
,
i
globi
oculari
dell
'
interprete
(
nuovo
arrivato
)
David
Hemmings
,
veri
obiettivi
fotografici
protesi
sul
mondo
,
e
la
partecipazione
,
però
non
determinante
,
di
Vanessa
Redgrave
,
di
Sarah
Miles
e
dell
'
indossatrice
Veruschka
,
il
film
dà
nell
'
insieme
un
'
impressione
di
languore
.
Come
di
un
fiore
che
non
abbia
avuto
la
forza
di
aprirsi
,
e
tuttavia
serbi
un
'
ombra
di
profumo
.
StampaQuotidiana ,
Wim
Wenders
compie
nel
1995
cinquant
'
anni
.
S
'
è
sposato
nel
1993
per
la
terza
volta
con
Donata
Schmidt
,
assistente
operatore
che
in
Lisbon
Story
ha
fatto
la
segretaria
di
edizione
,
ragazza
cattolica
religiosissima
.
Va
diventando
sempre
più
religioso
.
La
bellezza
,
le
emozioni
,
lo
spaesamento
e
la
malinconia
dei
suoi
film
,
il
suo
stile
cristallizzato
e
seducente
,
la
sua
capacità
di
fondere
romanticismo
tedesco
e
road
movie
americano
,
di
mescolare
poesia
,
umorismo
e
profondità
,
di
guardare
il
mondo
con
il
distacco
dell
'
investigatore
e
l
'
avidità
dell
'
innamorato
,
gli
hanno
conquistato
un
gran
pubblico
internazionale
soprattutto
di
ragazzi
.
Adesso
è
un
poco
cambiato
:
resta
uno
dei
rari
registi
che
rifletta
e
teorizzi
sul
proprio
mestiere
e
sull
'
arte
del
vedere
,
sulle
immagini
e
su
come
esse
vengano
create
e
consumate
nelle
società
contemporanee
,
ma
questi
pensieri
assumono
spesso
il
tono
didattico
,
ansioso
e
sentenzioso
,
d
'
una
crisi
espressiva
.
A
questo
punto
il
produttore
portoghese
Paulo
Branco
propone
a
Wenders
un
film
su
Lisbona
,
finanziato
anche
dall
'
amministrazione
della
città
meravigliosa
.
Lui
accetta
.
Anziché
un
documentario
,
fa
una
parabola
autoindulgente
di
quasi
due
ore
,
in
parte
bella
,
in
parte
lambiccata
,
sfilacciata
e
pesante
:
sulla
situazione
del
cinema
che
compie
cent
'
anni
e
sulla
nostalgia
per
la
cine
-
innocenza
perduta
;
sullo
stato
delle
immagini
tanto
amate
ma
adesso
tanto
spesso
prostituite
e
orribili
;
sui
generi
della
narrazione
per
immagini
(
road
movie
,
documentario
,
poliziesco
,
musicale
,
farsesco
,
diaristico
)
e
sui
suoi
linguaggi
(
muto
,
sonoro
,
bianco
e
nero
,
colore
,
video
)
;
sulle
nuove
generazioni
e
sull
'
elettronica
che
trasforma
anche
i
bambini
in
cineasti
.
Non
è
un
film
difficile
:
si
può
conoscerlo
meglio
anche
leggendone
la
sceneggiatura
pubblicata
da
Ubulibri
a
cura
di
Mario
Sesti
.
I
concetti
danno
corpo
a
una
storia
.
Richiamato
con
urgenza
dall
'
amico
regista
Friedrich
Monroe
(
stesso
nome
e
stesso
interprete
,
Patrick
Bauchau
,
di
Lo
stato
delle
cose
)
,
il
tecnico
del
suono
Philip
Winter
(
stesso
nome
e
stesso
interprete
,
Rúdiger
Vogler
,
di
Fino
alla
fine
del
mondo
e
Così
lontano
,
così
vicino
)
si
mette
in
macchina
,
arriva
a
Lisbona
;
l
'
amico
è
scomparso
,
restano
la
città
bellissima
e
i
suoi
suoni
da
vedere
e
registrare
,
gangsters
e
bambini
da
incontrare
,
una
cantante
affascinante
da
amare
sinché
il
regista
non
riappare
.
Citazioni
di
Pessoa
,
epifania
aggraziata
e
spiritosa
di
Manoel
de
Oliveira
.
Lisbon
Story
si
apre
e
si
chiude
con
un
saluto
a
Fellini
che
se
n
'
è
andato
,
«
Ciao
Federico
»
:
può
essere
l
'
espressione
d
'
un
rimpianto
o
un
'
allusione
al
protofilm
di
crisi
d
'
un
regista
,
8
e
1/2
.
Speriamo
che
non
sia
un
addio
al
cinema
.
StampaQuotidiana ,
Marco
Bellocchio
,
l
'
autore
dei
Pugni
in
tasca
,
l
'
enfant
terrible
del
cinema
italiano
,
e
anche
l
'
autore
più
giovane
(
anni
28
)
venuto
quest
'
anno
alla
ribalta
di
Venezia
,
spara
,
con
La
Cina
è
vicina
,
un
'
altra
raffica
a
raggera
.
I
bersagli
coprono
un
ampio
semicerchio
della
vita
italiana
:
i
socialisti
,
i
preti
,
la
nobiltà
di
provincia
,
e
anche
quei
gruppi
di
giovanissimi
infatuati
di
Mao
.
Sicché
va
subito
detto
che
il
film
,
all
'
inverso
del
titolo
,
preso
in
prestito
da
un
libro
di
Enrico
Emanuelli
,
non
è
una
minaccia
o
una
speranza
,
ma
soltanto
un
pretesto
per
meglio
collocare
il
racconto
ai
nostri
giorni
.
Non
tocca
a
noi
dire
se
la
realtà
giustifica
tanti
sarcasmi
;
forse
essa
esprime
un
processo
di
maturazione
che
merita
soltanto
il
disprezzo
di
chi
si
arrocchi
su
astratte
posizioni
di
principio
.
Ed
è
probabile
che
coinvolgere
nell
'
ironia
,
insieme
ai
preti
e
alla
piccola
nobiltà
di
provincia
,
anche
la
classe
proletaria
e
i
giovanissimi
infatuati
di
Mao
derivi
appunto
da
un
anarchico
moralismo
vicino
al
qualunquismo
di
chi
nasconde
nella
nausea
della
politica
la
paura
della
storia
.
Tuttavia
resta
il
fatto
che
Bellocchio
,
come
narratore
satirico
,
ha
mano
sicura
e
unghia
arrotata
.
Egli
sa
metter
su
uno
spettacolo
che
sebbene
irriti
un
poco
per
certo
suo
tono
goliardico
,
spesso
diverte
per
la
vena
umoristica
e
la
vivacità
del
racconto
.
Siamo
a
Imola
.
Una
famiglia
patrizia
(
conserva
sottovetro
la
scarpa
di
un
papa
)
è
composta
di
due
fratelli
e
una
sorella
:
il
maggiore
,
Vittorio
,
professore
di
liceo
,
iscritto
al
partito
socialista
;
Elena
,
sui
trent
'
anni
,
che
amministra
il
patrimonio
e
Camillo
,
convittore
in
un
collegio
di
preti
,
il
«
cinese
»
che
in
chiesa
serve
messa
.
Vittorio
ha
una
segretaria
,
Giovanna
,
fidanzata
con
Carlo
,
un
giovane
esponente
della
sezione
socialista
,
ambedue
d
'
estrazione
proletaria
.
Si
avvicinano
le
elezioni
comunali
,
e
il
partito
,
anziché
a
Carlo
,
offre
a
Vittorio
di
essere
candidato
.
Questi
accetta
,
e
chiama
Carlo
in
casa
,
perché
lo
assista
nella
campagna
elettorale
.
Mentre
Camillo
è
disgustato
che
il
fratello
maggiore
si
sia
messo
dalla
parte
del
governo
,
Giovanna
prima
piange
la
sfortuna
del
fidanzato
,
poi
ne
lamenta
l
'
arrivismo
e
il
servilismo
.
Carlo
invece
ha
compreso
che
affiancarsi
al
compagno
conte
è
un
modo
per
spartire
la
torta
,
ripetendo
su
scala
familiare
il
processo
realizzatosi
al
vertice
del
partito
.
Si
butta
su
Elena
,
già
avvezza
a
facili
amori
,
e
senza
fatica
la
conquista
.
Per
rivalsa
,
Giovanna
si
dà
a
Vittorio
,
che
intanto
ha
cominciato
a
far
comizi
e
a
sollecitare
voti
di
preferenza
da
parenti
.
Quando
Elena
aspetta
un
bambino
,
va
su
tutte
le
furie
:
essa
ha
capito
che
Carlo
,
pensando
ai
soldi
,
vuoi
costringerla
a
sposarlo
,
e
perciò
cerca
d
'
interrompere
la
maternità
.
Ma
Carlo
,
con
l
'
aiuto
di
Giovanna
,
manda
all
'
aria
il
progetto
della
donna
.
E
Giovanna
,
in
cambio
,
ottiene
a
sua
volta
d
'
avere
un
figlio
da
lui
,
che
Vittorio
dovrà
prendere
per
proprio
.
Il
groviglio
si
scioglie
con
un
doppio
matrimonio
:
fra
Carlo
ed
Elena
e
Giovanna
e
Vittorio
.
I
«
signori
»
sono
stati
messi
in
trappola
,
e
i
due
figli
del
popolo
hanno
fatto
un
balzo
avanti
verso
il
benessere
borghese
.
L
'
unico
rimasto
estraneo
al
mercato
è
Camillo
,
che
continuando
a
carezzare
i
sogni
rivoluzionari
è
andato
di
notte
a
scrivere
sui
muri
che
la
Cina
è
vicina
,
ha
messo
una
bomba
nella
sede
socialista
,
e
sguinzagliato
cani
e
gatti
a
un
comizio
del
fratello
maggiore
.
Che
egli
non
rappresenti
un
'
alternativa
concreta
alla
politica
del
.
centro
-
sinistra
,
ma
soltanto
uno
stadio
infantile
dell
'
ideologia
progressista
,
il
film
l
'
ha
detto
fin
dall
'
inizio
,
quando
il
collegiale
teorizzava
la
possibilità
di
certe
esperienze
erotiche
su
una
ragazza
-
cavia
.
Debole
,
e
quasi
inesistente
,
sul
piano
della
polemica
politica
,
perché
la
tesi
di
Bellocchio
rivela
un
moralismo
astratto
,
se
non
il
qualunquismo
delle
estreme
,
La
Cina
è
vicina
è
un
film
nato
sulla
scia
di
quelle
satire
di
costume
,
esercitate
soprattutto
nei
confronti
della
vita
di
provincia
,
che
prima
in
America
e
poi
con
Pietro
Germi
hanno
divertito
il
pubblico
cospargendo
lo
schermo
di
vetriolo
.
Pur
confermando
la
vena
umoristica
che
,
maturata
in
sarcasmo
,
serpeggiava
nei
Pugni
in
tasca
,
Bellocchio
ha
messo
molta
acqua
nel
suo
vino
.
Integratosi
nell
'
industria
cinematografica
,
tenendo
d
'
occhio
realisticamente
il
mercato
,
e
impegnandosi
a
consegnare
un
prodotto
che
non
avrebbe
avuto
noie
con
la
censura
,
egli
si
è
limitato
,
col
secondo
film
,
a
mobilitare
la
propria
vena
beffarda
per
una
pittura
impietosa
di
certe
zone
tipiche
della
società
italiana
.
Ha
raggiunto
lo
scopo
,
grazie
alla
vivacità
del
suo
ingegno
e
del
suo
temperamento
di
narratore
.
Se
La
Cina
è
vicina
,
infatti
,
delude
come
opera
di
provocazione
intellettuale
,
si
raccomanda
a
un
pubblico
che
voglia
soprattutto
divertirsi
.
Meno
docile
di
Germi
,
ma
ormai
più
graffiante
,
Bellocchio
allinea
e
incastra
caratteri
e
situazioni
con
uno
spirito
derisorio
che
manda
in
brodo
di
giuggiole
chi
gode
nel
sentir
parlare
male
del
prossimo
.
Qui
nessuno
si
salva
.
Vittorio
è
ben
dipinto
come
un
ambizioso
pavido
e
apprensivo
;
Elena
come
una
donna
di
sensi
caldi
,
autoritaria
e
altezzosa
;
Camillo
come
un
inibito
che
ha
trasferito
nell
'
adorazione
di
Mao
la
spinta
religiosa
impostagli
in
collegio
;
Carlo
e
Giovanna
come
due
arrampicatori
disposti
a
tutto
.
Che
Bellocchio
sappia
strappare
non
più
soltanto
acidi
sorrisi
ma
risate
di
cuore
,
inserendo
persino
elementi
da
pochade
nel
suo
universo
grottesco
,
il
film
mostra
spesso
.
Basta
citare
la
riunione
della
microcellula
maoista
in
cucina
,
certi
«
pulcini
di
Maria
»
che
vanno
a
cantare
inni
religiosi
al
capezzale
di
un
vecchio
prete
soltanto
perché
sperano
di
ricevere
caramelle
e
sigarette
,
il
primo
comizio
di
Vittorio
,
in
una
piazza
di
paese
semideserta
(
finirà
con
l
'
auto
fracassata
)
,
le
sue
avances
a
Giovanna
perché
gli
apra
le
braccia
(
arriva
persino
a
offrirle
in
regalo
un
barometro
)
,
la
paura
dei
socialisti
alla
notizia
che
i
«
cinesi
»
stanno
per
far
saltare
la
sede
,
il
chirurgo
che
doveva
operare
Elena
,
lo
scompiglio
provocato
dai
cani
-
lupo
sciolti
da
Camillo
mentre
Vittorio
espone
ai
compagni
la
propria
autodifesa
,
e
quel
bel
finale
in
cui
le
due
donne
fanno
insieme
esercizi
di
preparazione
al
parto
.
Tutte
scene
in
cui
si
apprezza
la
sicurezza
del
ritmo
e
l
'
essenzialità
d
'
uno
stile
che
rabbiosamente
mira
sempre
al
sodo
.
Virtù
che
Bellocchio
non
ha
perso
,
e
ora
è
messa
al
servizio
di
un
umorismo
tagliente
,
di
un
razionalismo
ai
limiti
del
cinismo
che
esclude
qualsiasi
sentimentalismo
.
Come
è
un
film
politico
soltanto
nella
cornice
,
così
La
Cina
è
vicina
non
è
un
film
poetico
.
Se
mai
didascalico
,
nel
suo
rifiuto
d
'
ogni
ghirigoro
.
Ma
la
secchezza
di
questo
nuovo
ritratto
dell
'
Italia
dialettale
,
interpretato
con
molto
impegno
da
Glauco
Mauri
,
Elda
Tattoli
,
Paolo
Graziosi
,
Daniela
Surina
e
Pierluigi
Aprà
,
dà
talvolta
al
film
la
lucidità
d
'
una
lama
.
Non
sono
molti
i
registi
che
mentre
feriscono
fanno
ridere
le
loro
vittime
.
Si
capisce
perché
Bellocchio
,
che
considera
Luchino
Visconti
il
regista
più
senile
di
tutta
la
vecchia
guardia
,
veneri
Buñuel
e
la
sua
vena
di
sadismo
.
Ma
è
per
lo
meno
curioso
che
mentre
il
cinema
nuovo
va
verso
forme
di
racconto
sempre
più
aperte
,
Bellocchio
si
chiuda
in
rigide
strutture
.
Diciamo
che
pensa
allo
spettatore
,
e
vuole
andare
per
le
corte
.
StampaQuotidiana ,
Prêt
-
à
-
porter
,
scritto
,
prodotto
e
diretto
da
Robert
Altman
,
non
è
bello
né
brutto
:
è
glamour
.
È
divertente
.
È
il
sogno
dei
Vip
-
maniaci
e
dei
giornali
fatto
film
.
È
due
ore
e
dieci
minuti
di
sfilate
di
moda
e
di
modelle
a
Parigi
,
di
facce
famose
,
abiti
importabili
,
isterismi
eleganti
,
amori
comici
,
modesti
cinismi
,
chiacchiere
,
atrocità
,
rivalità
lussuose
,
chiasso
,
cretinate
,
gioielli
,
shopping
compulsivo
,
odii
stupidi
.
Dolce
vita
anni
Novanta
,
Beautiful
a
Parigi
,
commedia
umana
,
irrisione
del
consumismo
,
analisi
dell
'
apparenza
scambiata
per
sostanza
,
condanna
dei
media
frenetici
,
esaltazione
del
corpo
,
parodia
del
vuoto
contemporaneo
,
voyeurismo
critico
?
Non
esageriamo
.
I
significati
sono
pochi
e
ovvii
:
non
s
'
aspettava
certo
Altman
per
deplorare
la
vanità
delle
vanità
né
per
predicare
un
ritorno
alla
sobrietà
ragionevole
.
Le
macchiette
sono
molte
.
I
momenti
pubblicitari
sono
più
che
un
sospetto
.
La
satira
è
impossibile
,
o
zoppa
:
come
prendere
in
giro
lo
spettacolo
parigino
,
già
in
sé
volutamente
autocaricaturale
,
delle
sfilate
di
moda
?
Ma
il
film
un
po
'
stancante
nell
'
insieme
è
ricco
,
brillante
:
una
farsa
con
mille
cose
da
guardare
e
tanti
visi
da
riconoscere
,
un
divertimento
,
una
vacanza
.
Lo
stile
di
Altman
è
come
sempre
frammentato
(
a
volte
sfilacciato
)
.
La
narrazione
orizzontale
destrutturata
,
complessa
e
sinuosa
,
segue
coralmente
numerosi
personaggi
in
varie
storie
intrecciate
:
niente
psicologie
,
soltanto
comportamenti
.
All
'
inizio
Marcello
Mastroianni
in
colbacco
contempla
il
profumo
Poison
(
Veleno
)
nella
vetrina
d
'
un
negozio
Dior
,
entra
,
compra
due
bruttissime
cravatte
identiche
:
ma
siamo
a
Mosca
,
sulla
Piazza
Rossa
.
Dal
Cremlino
alla
Tour
Eiffel
:
Mastroianni
,
italiano
divenuto
sarto
in
Russia
,
misterioso
ladro
di
valige
e
di
vestiti
altrui
,
è
un
personaggio
-
guida
attraverso
l
'
ambiente
tossico
delle
sfilate
parigine
.
Lui
siede
nella
limousine
nera
accanto
a
Jean
-
Pierre
Cassel
,
autorità
della
moda
che
si
strozza
mangiando
un
tramezzino
,
che
viene
creduto
vittima
d
'
assassinio
dai
poliziotti
Michel
Blanc
e
Jean
Rochefort
,
che
non
viene
pianto
dalla
moglie
Sophia
Loren
e
viene
rimpianto
dall
'
amante
stilista
Anouk
Aimée
:
quest
'
ultima
ha
i
suoi
guai
,
senza
dirle
nulla
il
figlio
Rupert
Everett
(
sposato
con
una
modella
nera
e
amante
della
sorella
gemella
della
moglie
)
ha
venduto
l
'
azienda
al
miliardario
texano
fabbricante
di
stivali
Lyle
Lovett
.
È
Mastroianni
a
rincontrare
Sophia
Loren
,
che
trentacinque
anni
prima
era
sua
moglie
e
che
gli
ripete
un
antico
spogliarello
(
alla
seconda
calza
nera
,
lui
s
'
addormenta
russando
)
.
È
Chiara
Mastroianni
l
'
assistente
del
secondo
personaggio
-
guida
,
la
giornalista
televisiva
Kim
Basinger
,
bionda
,
scema
e
bella
,
le
cui
interviste
permettono
d
'
incontrare
Cher
e
Belafonte
,
Lauren
Bacall
e
Stephen
Rea
,
tanti
stilisti
.
Intanto
il
compratore
di
Chicago
Danny
Aiello
e
la
sua
donna
Teri
Garr
s
'
abbandonano
alle
proprie
perversioni
:
lei
acquista
intere
boutiques
,
lui
si
veste
da
donna
in
tailleur
Chanel
rosa
.
Intanto
i
giornalisti
Julia
Roberts
e
Tim
Robbins
,
rimasti
senza
valigie
,
si
chiudono
nell
'
unica
camera
d
'
albergo
disponibile
e
fanno
l
'
amore
,
sospendendo
brevemente
solo
per
scrivere
articoli
copiati
dal
telegiornale
.
Nel
frattempo
...
La
storia
infinita
termina
con
una
sfilata
di
modelle
nude
.
Se
l
'
immagine
volesse
simboleggiare
una
condanna
degli
orpelli
,
una
scelta
di
rigore
,
sarebbe
tardiva
,
illusoria
:
da
un
pezzo
a
Parigi
le
modelle
sfilano
nude
,
e
nessuno
rinuncia
a
nulla
.
StampaQuotidiana ,
Un
film
inconsueto
,
bello
e
strano
,
sulla
faccia
triste
dell
'
America
e
sulla
fatica
di
vivere
.
Con
le
due
giovani
star
hollywoodiane
più
inquietanti
ed
eleganti
:
Johnny
Depp
,
Juliette
Lewis
.
Con
due
presenze
impressionanti
:
una
donna
enormemente
obesa
,
250
chili
,
che
da
sette
anni
non
esce
di
casa
,
che
dal
giorno
in
cui
suo
marito
scese
in
cantina
e
senza
dire
una
parola
s
'
impiccò
,
siede
immobile
su
un
divano
sfondato
mangiando
come
un
orco
,
fumando
,
guardando
la
tv
,
e
che
alla
fine
s
'
uccide
nel
modo
più
semplice
,
salendo
le
scale
e
facendosi
scoppiare
il
cuore
per
la
fatica
di
trascinare
l
'
immenso
corpo
;
un
diciottenne
ritardato
mentale
,
vivace
,
spericolato
e
ciarliero
come
un
bambino
piccolo
,
al
quale
bisogna
sempre
star
dietro
perché
non
combini
guai
.
Insieme
con
due
ragazze
pazienti
,
sono
questi
la
madre
e
i
fratelli
,
è
questa
la
famiglia
a
capo
della
quale
si
ritrova
Johnny
Depp
,
commesso
in
un
negozio
d
'
alimentari
d
'
un
paese
della
grande
America
rurale
piatta
(
«
descriverla
è
come
ballare
senza
musica
»
)
dove
le
uniche
fortunate
sono
le
automobili
sulla
strada
provinciale
:
«
Fanno
la
sola
cosa
che
c
'
è
da
fare
:
passano
e
se
ne
vanno
»
.
Il
film
magnificamente
recitato
,
tratto
da
un
romanzo
di
Peter
Hedges
,
racconta
benissimo
la
vita
aspra
del
giovane
uomo
:
doveri
,
pensieri
,
affanni
(
«
Devo
andare
»
è
il
suo
slogan
)
,
desolazione
,
esasperazione
,
mutilazione
dell
'
esistenza
,
fatica
,
obblighi
,
sogni
spezzati
,
ma
anche
affetti
autentici
,
momenti
d
'
allegria
e
di
festa
,
baci
d
'
amore
scambiati
in
fretta
(
«
Devo
andare
,
adesso
»
)
.
Alla
morte
della
madre
,
per
evitare
la
volgare
curiosità
altrui
verso
«
il
fenomeno
da
baraccone
»
,
i
figli
ne
inceneriscono
lo
sterminato
cadavere
dando
fuoco
alla
casa
,
bruciando
anche
tutto
il
passato
,
concedendosi
forse
una
possibilità
di
ricominciare
.
Lo
stile
,
il
sentimento
della
realtà
non
avvelenato
dall
'
assenza
di
speranza
,
la
sottigliezza
psicologica
unita
alla
semplicità
ironica
sono
le
caratteristiche
rare
di
Lasse
Hallström
.
Il
regista
svedese
cinquantenne
di
La
mia
vita
a
quattro
zampe
(
1985
)
,
trasferitosi
negli
Stati
Uniti
dopo
il
successo
mondiale
di
quel
film
,
autore
d
'
un
primo
film
americano
mai
uscito
in
Italia
,
Ancora
una
volta
con
Richard
Dreyfuss
e
Holly
Hunter
,
ha
molta
originalità
,
una
gran
qualità
di
narratore
realista
,
affettuoso
,
profondo
e
divertito
.
StampaQuotidiana ,
«
Sostiene
Pereira
»
è
l
'
intercalare
-
chiave
del
romanzo
di
Antonio
Tabucchi
pubblicato
da
Feltrinelli
dal
quale
il
film
è
tratto
:
il
narratore
riferisce
,
prendendo
un
poco
le
distanze
,
quanto
si
suppone
gli
sia
stato
raccontato
dal
protagonista
dottor
Pereira
,
anziano
redattore
della
pagina
culturale
del
quotidiano
portoghese
«
Lisboa
»
nel
1938
.
«
Sostiene
Pereira
»
è
l
'
espressione
che
ritma
i
capitoli
,
scandendo
la
vicenda
del
giornalista
cattolico
invecchiato
,
vedovo
e
solo
,
assediato
dal
pensiero
della
morte
,
amoroso
traduttore
di
narrativa
francese
e
amante
della
cultura
(
«
IO
credevo
che
la
letteratura
fosse
la
cosa
più
importante
»
)
,
uomo
onesto
ma
atono
che
rimane
estraneo
al
dramma
collettivo
dei
fascismi
europei
anni
Trenta
.
L
'
incontro
con
due
giovani
militanti
antifascisti
quasi
costringe
Pereira
a
guardare
la
realtà
di
violenza
,
di
repressione
e
di
censura
dello
«
Stato
nuovo
»
,
senza
più
Costituzione
né
libertà
,
del
dittatore
portoghese
Salazar
;
dapprima
resiste
(
«
Io
non
parteggio
,
non
voglio
guai
,
non
sono
dei
vostri
né
dei
loro
»
)
,
poi
acquista
coscienza
e
approda
concretamente
alla
consapevolezza
del
dovere
di
ciascuno
di
reagire
,
di
combattere
.
Più
che
un
dovere
,
una
necessità
di
sopravvivenza
.
Che
il
conflitto
riguardi
in
realtà
la
vita
della
libertà
contro
la
morte
dell
'
oppressione
è
testimoniato
da
una
mutazione
anche
fisica
del
protagonista
Marcello
Mastroianni
:
se
nella
passività
distratta
Pereira
risultava
vecchio
,
grasso
,
ansimante
,
assente
,
torpido
,
spaventato
dall
'
idea
della
fine
come
dalla
prospettiva
della
resurrezione
della
sua
troppa
carne
,
nella
reattività
fattiva
dimagrisce
,
smette
di
portare
giacca
e
cappello
,
con
passo
elastico
s
'
incammina
tra
la
gente
verso
un
'
altra
vita
.
Facile
?
Facile
.
Il
film
fedele
al
romanzo
,
dai
contenuti
alti
e
nobili
,
con
un
bravo
attore
,
benissimo
prodotto
(
ambientazione
,
costumi
,
luoghi
sono
impeccabili
)
non
arriva
a
darsi
uno
stile
cinematografico
equivalente
allo
stile
romanzesco
di
Tabucchi
,
ricorre
a
caratterizzazioni
o
a
espedienti
narrativi
primari
,
rimane
a
volte
inerte
.
Se
si
ricorda
Umberto
D
.
di
De
Sica
,
protofilm
sulla
presa
di
coscienza
d
'
un
vecchio
intellettuale
solitario
,
l
'
interpretazione
a
tratti
imbarazzata
di
Mastroianni
non
regge
il
confronto
.
Se
Sostiene
Pereira
è
illustrativo
,
didattico
,
scolastico
,
insegna
cose
essenziali
:
come
riconoscere
un
regime
dittatoriale
che
non
s
'
instaura
con
colpi
di
Stato
violenti
ma
s
'
insinua
sotto
l
'
apparenza
della
normalità
,
come
identificare
certi
meccanismi
autoritari
di
cui
i
cittadini
distratti
possono
non
accorgersi
e
una
autocensura
peggiore
della
censura
,
come
accettare
le
responsabilità
che
ognuno
porta
nella
perdita
della
libertà
.
StampaQuotidiana ,
Mel
Brooks
,
Whoopi
Goldberg
,
Daryl
Hannah
e
persino
il
miliardario
Donald
Trump
nella
parte
d
'
un
miliardario
compaiono
in
questo
film
per
bambini
piccoli
e
per
adulti
sofisticati
,
rifacimento
d
'
un
vecchio
classico
americano
di
gran
successo
.
Fu
Hal
Roach
,
il
produttore
dei
film
di
Harold
Llyod
e
di
Stanlio
e
011io
,
a
ideare
prima
del
cinema
sonoro
una
serie
di
brevi
slapstick
comedies
infantili
,
avventure
comiche
di
bambini
piccoli
cresciuti
sulla
strada
come
Il
monello
di
Chaplin
,
dirette
perlopiù
da
Robert
McGowan
,
chiamate
originariamente
Our
Gang
(
La
nostra
banda
)
.
Nate
a
metà
degli
anni
Venti
,
rimasero
popolari
anche
nei
Trenta
e
nei
Quaranta
;
nei
Cinquanta
rivissero
per
qualche
tempo
alla
tv
.
Ora
la
regista
cinquantenne
Penelope
Spheeris
le
rivisita
con
grazia
e
divertimento
,
con
una
intenerita
nostalgia
che
ha
forse
a
che
fare
con
la
propria
infanzia
terribile
:
figlia
del
proprietario
d
'
un
circo
itinerante
ex
campione
olimpionico
di
lotta
libera
,
aveva
sette
anni
quando
il
padre
fu
ucciso
a
coltellate
in
una
rissa
,
lasciando
i
quattro
figli
soli
con
la
madre
alcolizzata
appassionata
di
matrimoni
(
si
sposò
nove
volte
)
.
Gli
svelti
bambini
fra
i
quattro
e
i
nove
anni
sono
associati
in
un
Club
degli
Odiatori
di
Femmine
;
scoprono
con
raccapriccio
che
uno
di
loro
s
'
è
innamorato
della
seducente
bambina
Darla
e
non
può
fare
a
meno
di
corteggiarla
rivaleggiando
con
un
coetaneo
figlio
di
miliardario
(
«
Le
femmine
sono
come
le
brutte
canzoni
,
una
volta
che
ti
sono
entrate
in
testa
non
ne
escono
più
»
)
;
puniscono
il
traditore
,
ma
alla
fine
si
riconciliano
con
le
bambine
;
sono
in
conflitto
con
due
teppisti
di
undici
anni
durante
l
'
avventurosa
gara
di
go
-
kart
che
è
una
delle
competizioni
della
locale
fiera
annuale
.
Non
sono
piccoli
che
scimmiottano
i
grandi
ma
neppure
sono
bambini
realistici
,
risultano
più
autonomi
,
pragmatici
ed
energici
dei
veri
quattrenni
o
cinquenni
:
dall
'
anomalia
nasce
la
comicità
delle
loro
peripezie
spiritose
,
mentre
dalla
buona
realizzazione
nasce
l
'
elegante
piacevolezza
del
film
.
StampaQuotidiana ,
Thriller
convenzionale
e
interessante
,
ispirato
al
best
-
seller
americano
Crisis
in
a
Hot
Zone
nel
quale
Richard
Preston
,
cronista
scientifico
del
«
New
Yorker
»
,
riferiva
nel
1993
sull
'
apparizione
d
'
un
nuovo
virus
sconosciuto
arrivato
dalle
Filippine
contro
il
quale
s
'
era
trovata
a
combattere
nel
1989
una
coppia
di
virologi
dell
'
esercito
,
Gerard
e
Nancy
Jaax
.
Il
pericolo
d
'
un
virus
misterioso
venuto
da
Paesi
esotici
condensa
tanti
elementi
contemporanei
:
la
paura
de11'Aíds
,
naturalmente
,
ma
anche
la
pulsione
di
morte
,
l
'
interesse
collettivo
per
la
scienza
salvifica
o
mortifera
,
il
bisogno
spettacolare
d
'
inventarsi
nuovi
nemici
magari
interni
dopo
la
fine
del
comunismo
(
non
tutti
i
film
d
'
azione
possono
avere
come
avversari
i
narcotrafficanti
o
la
Cia
)
.
Il
film
Hollywood
contro
Virus
racconta
,
con
un
inizio
identico
a
quello
di
Aracnofobia
,
la
vicenda
d
'
un
virus
portato
dallo
Zaire
che
uccide
velocemente
e
velocemente
si
propaga
in
una
cittadina
californiana
.
A
fronteggiarlo
è
chiamato
l
'
esercito
,
nelle
sue
varianti
cattiva
,
semicattiva
e
buona
:
il
generale
cattivo
Donald
Sutherland
intende
risolvere
l
'
angoscioso
problema
con
l
'
Operazione
Tabula
Rasa
,
distruggendo
radicalmente
l
'
intera
cittadina
e
sopprimendone
i
duemilaseicento
abitanti
,
anche
per
coprire
vecchi
segreti
e
magagne
;
il
generale
meno
cattivo
Morgan
Freeman
non
è
d
'
accordo
,
ma
rispetta
le
gerarchie
e
sino
a
un
certo
punto
obbedisce
agli
ordini
ricevuti
;
lo
scienziato
militare
Dustín
Hoffman
vuoi
salvare
la
vita
al
maggior
numero
possibile
di
malati
ricercando
il
portatore
sano
del
virus
per
ricavarne
l
'
antidoto
,
e
a
questo
scopo
non
esita
a
disobbedire
agli
ordini
.
Un
dilemma
morale
(
quando
l
'
obbedienza
diventa
massacro
,
violarla
non
è
un
dovere
?
)
,
allarmanti
allusioni
all
'
uso
delle
armi
biologiche
da
parte
dell
'
esercito
americano
nel
passato
e
nel
presente
,
un
conflitto
coniugale
(
il
protagonista
e
la
scienziata
sua
moglie
sono
separati
,
ritrovano
armonia
nella
battaglia
comune
)
,
paesaggi
esotici
,
fantastiche
riprese
aeree
e
la
fotografia
perfetta
di
Michael
Ballhaus
si
uniscono
alla
tensione
del
thriller
catastrofico
-
sanitario
:
Hoffman
è
così
energico
ed
efficace
che
sembra
persino
alto
.
StampaQuotidiana ,
Un
bell
'
applauso
ha
accolto
stasera
Riccardo
Bacchelli
quando
,
prima
della
rappresentazione
,
è
venuto
alla
ribalta
dello
stupendo
palcoscenico
del
Teatro
Olimpico
,
e
vivi
consensi
ha
avuto
alla
fine
del
suo
breve
discorso
.
È
uscito
a
fare
il
prologo
,
non
già
per
raccontare
,
come
usava
nelle
antiche
commedie
,
il
soggetto
.
Non
era
il
caso
.
Ha
risposto
alla
domanda
che
certo
gli
spettatori
si
eran
fatta
in
cuor
loro
:
perché
un
altro
Amleto
?
Perché
,
risponde
Bacchelli
,
Amleto
è
figura
che
,
da
quando
è
stata
creata
dal
potente
genio
di
Shakespeare
,
tre
secoli
e
mezzo
fa
,
ha
posto
nel
giro
del
tempo
,
dinanzi
al
tormento
degli
uomini
,
quasi
a
conforto
e
ad
esempio
,
il
proprio
enigma
,
diventando
per
ciò
stesso
un
personaggio
di
ieri
,
di
oggi
e
di
sempre
.
Ogni
generazione
può
studiare
il
suo
Amleto
,
l
'
uomo
fiaccato
dal
peso
delle
responsabilità
morali
e
dalla
difficoltà
della
scelta
dei
suoi
atti
.
Qual
è
la
differenza
fondamentale
fra
l
'
Amleto
di
Shakespeare
e
quello
di
Bacchelli
?
Eccola
:
il
primo
obbedisce
al
padre
che
gli
appare
a
ordinargli
la
vendetta
,
il
secondo
gli
disobbedisce
.
Ma
procediamo
con
ordine
.
Bisogna
rifarsi
al
1918
,
anno
di
vittoria
e
di
ripensamenti
.
A
Roma
era
sorta
,
in
quell
'
anno
,
una
famosa
rivista
letteraria
,
di
composta
e
talora
ironica
saggezza
,
che
considerava
il
corso
della
letteratura
interrotto
dopo
il
Leopardi
e
il
Manzoni
:
"
La
ronda
"
,
redatta
da
Cardarelli
,
Baldini
,
Bacchelli
,
Cecchi
,
Montano
,
tutti
con
trentotto
primavere
meno
di
oggi
.
Due
anni
prima
aveva
cessato
di
uscire
a
Firenze
la
inquietissima
"
La
voce
"
e
da
tempo
era
finito
un
altro
giornale
fiorentino
battagliero
,
il
"
Leonardo
"
,
mentre
squillavano
,
sempre
sulle
rive
dell
'
Arno
,
le
trombe
di
"
Lacerba
"
.
La
storia
letteraria
di
quegli
anni
si
muove
fra
questi
fogli
animosi
.
Nella
seconda
annata
della
"
Ronda
"
è
apparso
un
Amleto
di
Bacchelli
,
ripubblicato
,
riveduto
,
più
tardi
.
L
'
Amleto
rappresentato
stasera
è
quello
della
prima
edizione
.
Si
ha
subito
da
osservare
che
si
tratta
di
un
Amleto
che
non
ha
per
ambiente
il
castello
di
Elsinor
,
ma
"
una
corte
di
maniera
"
,
indicazione
che
toglie
all
'
opera
qualsiasi
carattere
di
pedissequo
rifacimento
della
tragedia
shakespeariana
.
I
personaggi
sono
meno
numerosi
.
Amleto
,
allo
Spettro
,
che
gli
ordina
di
uccidere
la
regina
sua
madre
e
il
re
suo
zio
,
non
giura
nulla
;
la
scena
della
recita
,
da
parte
degli
attori
arrivati
al
castello
,
dell
'
Assassinio
del
duca
Gonzaga
,
viene
riferita
,
invece
che
agita
;
Amleto
non
trafigge
il
re
,
mentre
prega
,
non
già
per
timore
che
si
salvi
,
ma
perché
vorrebbe
che
l
'
uccisione
avesse
un
aspetto
di
rivendicazione
politica
e
non
di
vendetta
familiare
;
assenti
la
follia
di
Ofelia
,
il
suo
funerale
,
il
colloquio
coi
becchini
;
l
'
amore
di
Amleto
per
Ofelia
culmina
con
un
bacio
e
con
la
proposta
di
una
fuga
a
due
in
Italia
da
Ofelia
respinta
,
il
che
incita
Amleto
a
porre
in
atto
quell
'
ordine
paterno
che
lo
irrita
a
tal
segno
da
gridare
allo
Spettro
,
quando
gli
riappare
durante
il
colloquio
con
la
madre
:
"
ombra
immonda
!
"
,
perché
non
ha
pensato
che
la
moglie
colpevole
era
pure
la
madre
di
Amleto
.
Così
mutato
,
l
'
Amleto
di
Bacchelli
,
al
pari
di
quello
shakespeariano
,
è
un
giovane
cui
le
inattese
e
affrettate
nozze
della
madre
col
fratello
del
padre
hanno
devastato
l
'
anima
e
scosso
il
carattere
debole
e
smarrito
,
e
suscitato
in
cuore
il
disgusto
della
vita
;
quello
stesso
che
dall
'
Amleto
di
Shakespeare
si
comunica
in
chi
assiste
alla
tragedia
.
Ma
,
in
Shakespeare
,
il
disgusto
della
vita
si
manifesta
dopo
il
colloquio
di
Amleto
con
lo
Spettro
del
padre
:
mentre
il
Bacchelli
lo
presenta
già
disgustatissimo
prima
del
colloquio
,
non
solo
,
ma
quasi
compiaciuto
del
disgusto
.
Udite
poi
le
rivelazioni
dello
Spettro
,
più
che
inorridire
,
se
ne
infastidisce
e
,
invitato
da
quello
a
giurare
,
non
acconsente
immediatamente
e
,
anzi
,
più
tardi
si
rallegra
che
il
canto
del
gallo
,
proprio
in
quel
punto
,
abbia
fugato
l
'
apparizione
.
Non
è
più
la
tragedia
della
volontà
incerta
dinanzi
all
'
azione
;
è
quella
dell
'
infingardaggine
.
In
certo
senso
non
si
tratta
più
di
un
personaggio
che
tergiversa
dinanzi
alla
gravità
dell
'
atto
delittuoso
da
compiere
contro
la
madre
e
lo
zio
;
ma
di
un
personaggio
che
avrebbe
preferito
esser
lasciato
in
pace
.
In
termine
medico
:
un
astenico
.
È
un
Amleto
dalla
malinconia
raziocinante
che
si
dichiara
fallito
e
condannato
a
delibare
,
minuto
per
minuto
,
il
proprio
fallimento
.
Per
lui
la
vita
è
la
sua
abbiezione
,
è
quello
che
non
ama
.
"
Se
potessi
pensare
-
dice
in
un
monologo
-
di
avere
un
figliolo
,
mi
parrebbe
un
delitto
.
L
'
evidenza
dimostra
che
io
non
dovrei
avere
il
permesso
di
vivere
"
.
E
,
invece
di
domandarsi
"
essere
o
non
essere
?
"
,
dichiara
di
desiderare
di
non
essere
,
e
forse
anche
di
morire
letteralmente
.
Perché
dovrebbe
uccidere
?
Non
crede
a
nulla
,
né
alla
vita
,
né
alla
giustizia
né
ad
altro
.
E
dichiara
:
"
L
'
uomo
non
ha
nessuna
attrattiva
per
me
.
Vorrei
non
ci
fosse
più
la
mia
parte
d
'
uomo
in
me
,
ci
facciamo
tutti
tanta
pietà
che
diventa
schifo
.
Come
si
vede
,
è
un
Amleto
incline
ai
filosofemi
,
e
,
sotto
questo
rispetto
,
perfettamente
l
'
opposto
di
quello
di
Shakespeare
che
in
filosofemi
non
si
perde
,
ma
trasforma
dolore
,
disperazione
,
incapacità
di
decisione
,
in
poesia
.
È
un
Amleto
,
infine
,
ripensato
,
sulla
eco
di
quello
di
Shakespeare
,
dal
Bacchelli
che
lo
commenta
mentre
lo
ricrea
.
In
certo
senso
si
potrebbe
definire
quest
'
opera
un
saggio
critico
sull
'
Amleto
svolto
in
forma
di
tragedia
.
Impresa
ben
degna
di
uno
scrittore
sagace
,
colto
,
meditativo
e
prodigo
delle
proprie
doti
di
indagatore
e
di
pertinace
trattatista
delle
umane
psicologie
.
E
proprio
per
questo
si
nota
un
'
altra
differenza
,
oltre
alla
continua
presenza
del
buffone
,
con
l
'
Amleto
di
Shakespeare
:
la
morte
della
Regina
,
della
quale
il
Bacchelli
fa
causa
non
alla
coppa
avvelenata
da
lei
bevuta
per
errore
,
ma
al
disperato
dolore
materno
dinanzi
al
cadavere
di
Amleto
,
con
una
nota
di
moderna
sensibilità
.
Questa
opera
giovanile
del
Bacchelli
,
disegnando
un
Amleto
disorientato
,
abulico
,
nevropatico
,
che
si
irrita
delle
apparizioni
dello
Spettro
e
gli
si
ribella
,
rappresenta
,
più
che
il
riflesso
del
protagonista
shakespeariano
,
l
'
uomo
dell
'
altro
dopoguerra
,
uscito
dal
caos
con
l
'
animo
sconvolto
,
l
'
uomo
che
Pirandello
aveva
preannunziato
sin
dall
'
inizio
del
conflitto
.
Non
già
che
l
'
Amleto
di
stasera
sia
fratello
dell
'
uomo
pirandelliano
;
ma
un
lontano
cugino
o
un
affine
,
in
certo
senso
,
potrebbe
forse
esserlo
.
Ed
è
curioso
altresì
come
in
esso
si
avverta
persino
non
sappiamo
qual
turbamento
di
moderno
sapore
esistenzialista
con
quel
suo
discorrere
amaro
e
sarcastico
di
uomo
nauseato
e
alla
deriva
,
di
individuo
che
naviga
senza
bussola
.
Il
testo
contiene
pagine
nitide
,
sostenute
,
nutrite
di
sottili
argomenti
.
La
sequenza
degli
episodi
è
congegnata
a
dovere
e
teatralmente
funzionante
.
Se
si
vuol
pensare
a
un
modello
,
vien
fatto
di
ricordare
non
l
'
abbagliante
e
travolgente
impeto
di
Shakespeare
,
ma
piuttosto
la
finezza
di
un
Racine
;
ma
soprattutto
si
tratta
del
gusto
di
un
dotato
scrittore
italiano
che
ama
la
classicità
.
Il
protagonista
non
è
più
il
colosso
di
Shakespeare
,
ma
una
figura
modellata
con
sagacia
di
studio
e
con
saggezza
di
pollice
.
Enzo
Ferrieri
si
è
assunta
un
'
impresa
non
facile
,
tanto
più
non
essendo
disponibili
taluni
attori
che
meglio
avrebbero
dato
rilievo
a
certe
figure
,
ed
è
tuttavia
riuscito
a
presentare
un
'
edizione
nell
'
insieme
accurata
e
attenta
.
Amleto
era
Tonino
Pierfederici
,
che
ha
avuto
qualche
scatto
felice
ma
al
quale
raccomanderemmo
di
esprimere
con
più
elaborata
chiarezza
della
dizione
e
più
adeguata
e
penetrante
varietà
di
toni
la
sua
ardua
parte
,
che
però
gli
ha
procurato
applausi
a
scena
aperta
.
Di
una
nobile
dignità
Enrica
Corti
(
la
Regina
)
,
limpido
e
preciso
il
Pierantoni
(
Polonio
)
,
sicuri
il
Giangrande
,
Ruggero
De
Daninos
,
Carlo
Alighiero
,
Monica
Vitti
,
il
Dettori
e
gli
altri
tutti
.
Belli
i
costumi
di
Pierluigi
Pizzi
.
Molti
gli
applausi
agli
attori
,
anche
a
scena
aperta
,
e
festeggiati
il
regista
e
l
'
autore
.