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La frode del 4 per mille è stata bloccata : ma , frattanto , ha riportato l ' attenzione del pubblico sul problema del finanziamento ai partiti . I contribuenti non sembrano entusiasti di devolvere una parte di quanto versato in imposte a questo scopo ( gestito con criteri automatici ) , anche se non ci rimettono nulla . Ancor meno entusiasti forse sarebbero , se si rendessero conto che c ' è un ' altra via , più subdola , attraverso cui finanziano i partiti : la retribuzione ai parlamentari di ogni ordine e grado . Di fatto , consiglieri regionali , deputati e senatori , parlamentari europei sono pagati dall ' erario , ma svolgono per i partiti compiti che costerebbero moltissimo se dovessero essere retribuiti a professionisti ad hoc . Un po ' di lavoro dei membri dei corpi elettivi è svolto nelle commissioni ( a parte chi lavora a tempo pieno per il governo o la giunta ) ; ma l ' attività più intensa è svolta a favore del partito , e vale assai più della modesta percentuale sugli emolumenti , che l ' eletto versa in denaro . Difficilmente uno impegna una sua specifica competenza nell ' elaborare le leggi : quasi sempre si limita a votarle , seguendo le indicazioni del capogruppo . Quando non lo fa , è perché c ' è stato un equivoco : o , peggio , perché è indisciplinato e segue le indicazioni di qualcun altro . Sotto questo riguardo , la pratica dei " pianisti " si potrebbe generalizzare : ad ogni elezione basterebbe assegnare a ciascun partito un peso proporzionale ai voti ricevuti , e poi far premere il tasto da un solo incaricato . L ' eloquenza parlamentare ne soffrirebbe , ma si otterrebbe un ' economia e si avrebbe , fra l ' altro , il vantaggio di evitare ribaltoni . I partiti , tuttavia , ci perderebbero : verrebbe loro mancare la collaborazione di persone preziose per l ' elaborazione della linea politica . Infatti , mentre le aule sono spesso deserte o quasi , i parlamentari si lamentano di condurre una vita faticosa , impegnati dal mattino alla sera in riunioni interminabili , al cui risultato non hanno interesse . Peggio : se lo hanno , non riescono a farlo prevalere . Per questo la maggioranza di loro - di cui il pubblico non conosce neppure il nome - viene qualificata con la qualifica di " peones " . Ma lo Stato spende per loro e per chi li aiuta somme ingenti , e dà l ' impressione che siano dei privilegiati sociali . Con ciò non voglio esprimere alcun giudizio morale o tecnico negativo : dico soltanto che buona parte di ciò che lo Stato o le regioni spendono per i parlamentari va considerata come una forma di finanziamento ai partiti . Del resto , in certo senso dovuta , se la politica si elabora in sede di partito e non di assemblea . I propositi di ridurre il numero di parlamentari sono accolti , perciò , con sfavore , non solo da chi ambisce a quelle funzioni , ma soprattutto da chi ha la responsabilità di un partito e si domanda ( con angoscia crescente dopo tangentopoli ) con quali mezzi e con quali aiuti vi farà fronte . L ' obiettivo dei partiti tocca il tema cruciale del loro rapporto con la democrazia , la cui degenerazione è espressa con una crasi linguisticamente scorretta , ma appunto perciò appropriata : partitocrazia . Se la politica è elaborata all ' interno dei partiti , anziché nelle sue sedi istituzionali , è naturale che i partiti la trattino come cosa loro e pretendano di esserne pagati . Però , visto che la Costituzione tratta i partiti come enti privati , meglio sarebbe se li gestissero i privati con fondi privati , e con quella " trasparenza " che è bene tener ferma , ma su cui è il caso di non far troppo conto , viste le stravaganze cui dà luogo ( pur in società così diverse tra loro come l ' americana e la russa ) quando la si pretende perfetta . Basta che non si esageri : ossia che gli eletti non credano che i loro doveri pubblici siano sostituibili del tutto con compiti privati . Ora , tra sei mesi , i partiti avranno una ghiotta occasione per concorrere a questa forma di finanziamento : le elezioni europee . Strasburgo è meno assorbente di Roma , e non ha la facoltà neppur formale di prendere decisioni operative . Perciò è giusto che i parlamentari europei lavorino più degli altri per il partito , senza il quale , tra l ' altro , avrebbero molta più difficoltà a farsi eleggere . Ma appunto perciò è convenienza dei partiti scegliere candidati affidabili e forniti di prestigio . Evitando , inoltre , di accollare più mansioni parlamentari a uno stesso soggetto : sia perché il titolare di più mandati contemporanei non avrebbe modo di dedicarsi al partito senza trascurare del tutto i suoi doveri pubblici , sia perché , in quel caso , in luogo di due parlamentari da utilizzare il partito ne avrebbe uno solo .
Blow up di Michelangelo Antonioni ( Grazzini Giovanni , 1967 )
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Blow up , presentato stasera al festival di Cannes sotto bandiera inglese , e accolto con grandi applausi , non è il miglior film di Antonioni , e Dio vi guardi dal dar retta a chi lo considera il più bel film di tutti i tempi . Ma c ' interessa come un forte contravveleno espresso dal seno stesso della civiltà dell ' immagine . L ' idea - guida del film , se si possono chiedere idee ad Antonioni , anziché sensazioni e atmosfere , ha qualche secolo : le cose che vediamo con gli occhi sono davvero tutta la realtà , oppure ciò che colpisce il nervo ottico ( e , per delega , l ' obiettivo fotografico ) è soltanto un aspetto del reale ? R chiaro che Antonioni non ha la presunzione di rispondere a questi antichi interrogativi . Blow up si contenta di dirci che oggi essi si ripresentano con urgenza perché c ' è tutta una zona della società che tende a identificare la realtà col segno concreto da essa lasciato ; e fa l ' esempio di un delitto , che può anche sembrare non avvenuto se non restano prove . Chi credesse d ' esserne stato testimone involontario , e d ' averlo fotografato , potrebbe convincersi che è stata un ' illusione ottica , se poi gli fossero sottratte le prove fotografiche e scomparisse il corpo del reato . Costui , allora , sarebbe il simbolo dell ' uomo contemporaneo , che di fronte alla difficoltà di conoscere il vero filigranato dentro il visibile accoglie il gioco della vita come una finzione e annulla nell ' automatismo dei gesti ( come il fotografo negli scatti frenetici delle sue macchine ) l ' angoscia per l ' inconoscibile problematicità del reale . Per dare evidenza a una metafora in cui si esprime , ambiguamente , lo sdegno e l ' attrazione che Antonioni prova nei confronti della civiltà moderna , Blow up è ambientato fra quei fotografi alla moda che con gli isterici clic dei loro obiettivi credono di sopperire alla propria passività sentimentale , e in quell ' happening che è la Swinging London , la Londra dei giovani che tentano di vincere la noia con la marijuana e gli allucinogeni , scatenati nei balli , nei riti pop e op , anime vuote e sessi interscambiabili . Thomas , il protagonista , è appunto uno di loro : un fotografo di successo , specializzato in istantanee di cronaca e in ritratti di cover - girls , sempre affamato di soldi , benché possa già permettersi la Rolls Royce , e tanto concitato nel lavoro , di modi bruschi con le sue modelle , quanto privo d ' autentica energia spirituale . Gli accade , seguendo una coppia in un parco , di fotografare un abbraccio . La donna se ne accorge , e più tardi lo rincorre nello studio implorandolo di darle il rotolino : offre se stessa , pur di riaverlo . Thomas finge di accettare ; le consegna un rotolino simile a quello incriminato , e si disporrebbe , senza entusiasmo , a godersi la ragazza , se in quel momento non suonassero alla porta : è in arrivo un ' elica di aereo , che " Thomas ha acquistato da un antiquario per dare un tocco bizzarro all ' arredamento del suo studio . Partita la donna , ingrandisce le fotografie prese al parco ( blow up vuol dire appunto ingrandimento ) , e s ' accorge che quanto non avevano visto i suoi occhi è stato registrato dalla macchina : sulla pellicola , ingrandendo progressivamente i particolari , appaiono infatti un volto nascosto nei cespugli , un ' arma e un corpo riverso . Tutto fa pensare che la donna abbia attirato la vittima in un trabocchetto . Thomas comincia a chiedersi cosa fare quando arrivano due grulline che già in mattinata gli avevano bussato alla porta , nella speranza di essere assunte come modelle . In altri tempi sarebbero state due esempi di adolescenza traviata : ora rappresentano la gioventù londinese attratta dai facili successi . Scherzando , si spogliano a vicenda : è una distrazione accolta da Thomas con allegria , in un fracasso che cancella ogni piacere erotico . E dopo l ' uso le caccia : il pensiero dominante lo richiama verso il parco . Il sospetto era fondato : un cadavere è ancora sotto l ' albero . Stordito , Thomas vorrebbe chiedere consiglio a un amico pittore , ma questi è occupato in intime faccende . Tornato a casa , nuova sorpresa : tutte le foto gli sono state rubate , meno una , la quale però , isolata dalle altre , più che costituire una prova assomiglia a una pittura astratta . Allora scende per strada . Intravede la donna del delitto , e rincorrendola s ' intrufola in un night dove un chitarrista beat calpesta il proprio strumento e ne distribuisce gli avanzi alla platea urlante . La donna è scomparsa . In cerca d ' un amico , Thomas arriva ad un cocktail , che in altri tempi si sarebbe detto un ' orgia di viziosi , ed ora rappresenta la « dolce vita » londinese . All ' alba , torna nel parco per fotografare il cadavere , ma questo è scomparso . Privo ormai d ' ogni prova , Thomas può dubitare d ' essere rimasto vittima , lui stesso , di un ' allucinazione . Quando arriva un gruppo di giovani mascherati da clowns , che fingono , senza palla e racchette , un incontro di tennis , sta al gioco : il dinamismo della partita mimata forse vince ogni dubbio dell ' anima o del pensiero . A rigore , il film non dice che la scena finale sia la presa di coscienza della necessità della finzione , con relativo auto - commiserarsi : Blow up , più d ' ogni altro film di Antonioni , non contiene una tesi . C ' è chi interpreta Thomas come un esempio virtuoso di perenne disponibilità all ' azione , e c ' è chi lo considera , per questo , un emblema della solitudine cui può condurre il pallore dei sentimenti . Un fatto è certo : che Thomas , mostrando totale sfiducia nell ' ordine civile in cui vive , non si rivolge subito alla polizia , né alla fine del film ha più motivi di pace interiore di quanti ne avesse all ' inizio : semmai ne esce desolato , versione maschile di tante infelici eroine di Antonioni . È per questa strada che forse si può cogliere l ' antica malinconia di Antonioni , il quale ha ormai superato anche l ' angoscia , toccando la suprema solitudine . Ma quando impareremo a smettere di cercare , in Antonioni , la morale della favola ? Teniamoci al film . Un giudizio sia pur frettoloso dovrebbe cominciare col rilievo che Antonioni , per rappresentare la Londra di oggi , ha avviato il suo Thomas su un itinerario molto simile a quello che Fellini fece compiere al protagonista della Dolce vita per scoprire la Roma di ieri ; né con frutti molto più nuovi di certi ' documentari sociologici . E questa non è l ' unica eco di Fellini che dispiace in Blow up : è difficile che in un film possano apparire ancora dei clowns senza che si pensi almeno ad Otto e mezzo . La parentela , è ovvio , si ferma qui , ma non è senza significato che Antonioni difetti d ' originalità nella struttura narrativa quando poi gli si accompagna quella rappresentazione piuttosto convenzionale del night e del cocktail . Tipico di Antonioni è invece lo sforzo di puntare il grosso della scommessa sul personaggio di centro . È da dire che Thomas solo talvolta è a fuoco . Descritto con tinte efficaci finché è in movimento , tutto scatti nevrotici ( in una bella scena iniziale esce stremato da una serie di convulse riprese fotografiche : il suo surrogato dell ' amplesso ) , finché comanda a bacchetta le sue modelle e si sfrena nello scherzo , Thomas poi s ' annebbia quando comincia a scervellarsi sulle foto del delitto , e passa ore a contemplarle , a confrontarle , ad appuntarle sulla parete . Non si sa bene cosa gli passi per la mente , di che ordine siano le sue sensazioni . È l ' oggettivazione di un torpore che se nella prima parte è interrotto dalla precipite parentesi dei giochi amorosi alla lunga si riflette nel film , guidato da un ritmo lento che affloscia il suspense . Passato dal cinema intellettuale al thriller , Anto , nioni sembra aver portato con sé il vizio dei tempi lunghi , dei silenzi poco espressivi , il rifiuto di quel gusto per l ' ellissi in cui invece si esprime il meglio del cinema moderno . Ma all ' interno d ' una cornice un po ' annosa e opaca , Blow up ha dei gruppi di sequenze riuscite : sono , all ' inizio , tutte quelle del rituale cui sono sottoposte le modelle fotografiche ; le visite al negozio dell ' antiquario ; lo svogliato rapporto con la donna venuta a riprendere il rotolino ; la liturgia della camera oscura ; la zuffa giocosa con le ragazzine ( una data nella storia del cinema : un nudo femminile non depilato , chissà se ce n ' era bisogno ) e l ' enigmatico finale , sul quale il pubblico si scervellerà : tutte scene che confermano certe bravure di Antonioni , ma anche , inserite nel tessuto del film , la sua difficoltà di sciogliere in fluente , spontaneo racconto acute intuizioni . Ispirato a una novella dell ' argentino Cortazar , il film ha del resto qualche imbarazzo già nella sceneggiatura , di Antonioni e Tonino Guerra ; più volte si ha la sensazione che certi personaggi siano stati inventati per mettere sangue in una materia anemica anziché per vera necessità narrativa . Considerando la vivace scenografia dello studio , i bei colori di Di Palma , le eleganti toilettes delle modelle , i globi oculari dell ' interprete ( nuovo arrivato ) David Hemmings , veri obiettivi fotografici protesi sul mondo , e la partecipazione , però non determinante , di Vanessa Redgrave , di Sarah Miles e dell ' indossatrice Veruschka , il film dà nell ' insieme un ' impressione di languore . Come di un fiore che non abbia avuto la forza di aprirsi , e tuttavia serbi un ' ombra di profumo .
Lisbon Story ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Wim Wenders compie nel 1995 cinquant ' anni . S ' è sposato nel 1993 per la terza volta con Donata Schmidt , assistente operatore che in Lisbon Story ha fatto la segretaria di edizione , ragazza cattolica religiosissima . Va diventando sempre più religioso . La bellezza , le emozioni , lo spaesamento e la malinconia dei suoi film , il suo stile cristallizzato e seducente , la sua capacità di fondere romanticismo tedesco e road movie americano , di mescolare poesia , umorismo e profondità , di guardare il mondo con il distacco dell ' investigatore e l ' avidità dell ' innamorato , gli hanno conquistato un gran pubblico internazionale soprattutto di ragazzi . Adesso è un poco cambiato : resta uno dei rari registi che rifletta e teorizzi sul proprio mestiere e sull ' arte del vedere , sulle immagini e su come esse vengano create e consumate nelle società contemporanee , ma questi pensieri assumono spesso il tono didattico , ansioso e sentenzioso , d ' una crisi espressiva . A questo punto il produttore portoghese Paulo Branco propone a Wenders un film su Lisbona , finanziato anche dall ' amministrazione della città meravigliosa . Lui accetta . Anziché un documentario , fa una parabola autoindulgente di quasi due ore , in parte bella , in parte lambiccata , sfilacciata e pesante : sulla situazione del cinema che compie cent ' anni e sulla nostalgia per la cine - innocenza perduta ; sullo stato delle immagini tanto amate ma adesso tanto spesso prostituite e orribili ; sui generi della narrazione per immagini ( road movie , documentario , poliziesco , musicale , farsesco , diaristico ) e sui suoi linguaggi ( muto , sonoro , bianco e nero , colore , video ) ; sulle nuove generazioni e sull ' elettronica che trasforma anche i bambini in cineasti . Non è un film difficile : si può conoscerlo meglio anche leggendone la sceneggiatura pubblicata da Ubulibri a cura di Mario Sesti . I concetti danno corpo a una storia . Richiamato con urgenza dall ' amico regista Friedrich Monroe ( stesso nome e stesso interprete , Patrick Bauchau , di Lo stato delle cose ) , il tecnico del suono Philip Winter ( stesso nome e stesso interprete , Rúdiger Vogler , di Fino alla fine del mondo e Così lontano , così vicino ) si mette in macchina , arriva a Lisbona ; l ' amico è scomparso , restano la città bellissima e i suoi suoni da vedere e registrare , gangsters e bambini da incontrare , una cantante affascinante da amare sinché il regista non riappare . Citazioni di Pessoa , epifania aggraziata e spiritosa di Manoel de Oliveira . Lisbon Story si apre e si chiude con un saluto a Fellini che se n ' è andato , « Ciao Federico » : può essere l ' espressione d ' un rimpianto o un ' allusione al protofilm di crisi d ' un regista , 8 e 1/2 . Speriamo che non sia un addio al cinema .
La Cina è vicina di Marco Bellocchio ( Grazzini Giovanni , 1967 )
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Marco Bellocchio , l ' autore dei Pugni in tasca , l ' enfant terrible del cinema italiano , e anche l ' autore più giovane ( anni 28 ) venuto quest ' anno alla ribalta di Venezia , spara , con La Cina è vicina , un ' altra raffica a raggera . I bersagli coprono un ampio semicerchio della vita italiana : i socialisti , i preti , la nobiltà di provincia , e anche quei gruppi di giovanissimi infatuati di Mao . Sicché va subito detto che il film , all ' inverso del titolo , preso in prestito da un libro di Enrico Emanuelli , non è una minaccia o una speranza , ma soltanto un pretesto per meglio collocare il racconto ai nostri giorni . Non tocca a noi dire se la realtà giustifica tanti sarcasmi ; forse essa esprime un processo di maturazione che merita soltanto il disprezzo di chi si arrocchi su astratte posizioni di principio . Ed è probabile che coinvolgere nell ' ironia , insieme ai preti e alla piccola nobiltà di provincia , anche la classe proletaria e i giovanissimi infatuati di Mao derivi appunto da un anarchico moralismo vicino al qualunquismo di chi nasconde nella nausea della politica la paura della storia . Tuttavia resta il fatto che Bellocchio , come narratore satirico , ha mano sicura e unghia arrotata . Egli sa metter su uno spettacolo che sebbene irriti un poco per certo suo tono goliardico , spesso diverte per la vena umoristica e la vivacità del racconto . Siamo a Imola . Una famiglia patrizia ( conserva sottovetro la scarpa di un papa ) è composta di due fratelli e una sorella : il maggiore , Vittorio , professore di liceo , iscritto al partito socialista ; Elena , sui trent ' anni , che amministra il patrimonio e Camillo , convittore in un collegio di preti , il « cinese » che in chiesa serve messa . Vittorio ha una segretaria , Giovanna , fidanzata con Carlo , un giovane esponente della sezione socialista , ambedue d ' estrazione proletaria . Si avvicinano le elezioni comunali , e il partito , anziché a Carlo , offre a Vittorio di essere candidato . Questi accetta , e chiama Carlo in casa , perché lo assista nella campagna elettorale . Mentre Camillo è disgustato che il fratello maggiore si sia messo dalla parte del governo , Giovanna prima piange la sfortuna del fidanzato , poi ne lamenta l ' arrivismo e il servilismo . Carlo invece ha compreso che affiancarsi al compagno conte è un modo per spartire la torta , ripetendo su scala familiare il processo realizzatosi al vertice del partito . Si butta su Elena , già avvezza a facili amori , e senza fatica la conquista . Per rivalsa , Giovanna si dà a Vittorio , che intanto ha cominciato a far comizi e a sollecitare voti di preferenza da parenti . Quando Elena aspetta un bambino , va su tutte le furie : essa ha capito che Carlo , pensando ai soldi , vuoi costringerla a sposarlo , e perciò cerca d ' interrompere la maternità . Ma Carlo , con l ' aiuto di Giovanna , manda all ' aria il progetto della donna . E Giovanna , in cambio , ottiene a sua volta d ' avere un figlio da lui , che Vittorio dovrà prendere per proprio . Il groviglio si scioglie con un doppio matrimonio : fra Carlo ed Elena e Giovanna e Vittorio . I « signori » sono stati messi in trappola , e i due figli del popolo hanno fatto un balzo avanti verso il benessere borghese . L ' unico rimasto estraneo al mercato è Camillo , che continuando a carezzare i sogni rivoluzionari è andato di notte a scrivere sui muri che la Cina è vicina , ha messo una bomba nella sede socialista , e sguinzagliato cani e gatti a un comizio del fratello maggiore . Che egli non rappresenti un ' alternativa concreta alla politica del . centro - sinistra , ma soltanto uno stadio infantile dell ' ideologia progressista , il film l ' ha detto fin dall ' inizio , quando il collegiale teorizzava la possibilità di certe esperienze erotiche su una ragazza - cavia . Debole , e quasi inesistente , sul piano della polemica politica , perché la tesi di Bellocchio rivela un moralismo astratto , se non il qualunquismo delle estreme , La Cina è vicina è un film nato sulla scia di quelle satire di costume , esercitate soprattutto nei confronti della vita di provincia , che prima in America e poi con Pietro Germi hanno divertito il pubblico cospargendo lo schermo di vetriolo . Pur confermando la vena umoristica che , maturata in sarcasmo , serpeggiava nei Pugni in tasca , Bellocchio ha messo molta acqua nel suo vino . Integratosi nell ' industria cinematografica , tenendo d ' occhio realisticamente il mercato , e impegnandosi a consegnare un prodotto che non avrebbe avuto noie con la censura , egli si è limitato , col secondo film , a mobilitare la propria vena beffarda per una pittura impietosa di certe zone tipiche della società italiana . Ha raggiunto lo scopo , grazie alla vivacità del suo ingegno e del suo temperamento di narratore . Se La Cina è vicina , infatti , delude come opera di provocazione intellettuale , si raccomanda a un pubblico che voglia soprattutto divertirsi . Meno docile di Germi , ma ormai più graffiante , Bellocchio allinea e incastra caratteri e situazioni con uno spirito derisorio che manda in brodo di giuggiole chi gode nel sentir parlare male del prossimo . Qui nessuno si salva . Vittorio è ben dipinto come un ambizioso pavido e apprensivo ; Elena come una donna di sensi caldi , autoritaria e altezzosa ; Camillo come un inibito che ha trasferito nell ' adorazione di Mao la spinta religiosa impostagli in collegio ; Carlo e Giovanna come due arrampicatori disposti a tutto . Che Bellocchio sappia strappare non più soltanto acidi sorrisi ma risate di cuore , inserendo persino elementi da pochade nel suo universo grottesco , il film mostra spesso . Basta citare la riunione della microcellula maoista in cucina , certi « pulcini di Maria » che vanno a cantare inni religiosi al capezzale di un vecchio prete soltanto perché sperano di ricevere caramelle e sigarette , il primo comizio di Vittorio , in una piazza di paese semideserta ( finirà con l ' auto fracassata ) , le sue avances a Giovanna perché gli apra le braccia ( arriva persino a offrirle in regalo un barometro ) , la paura dei socialisti alla notizia che i « cinesi » stanno per far saltare la sede , il chirurgo che doveva operare Elena , lo scompiglio provocato dai cani - lupo sciolti da Camillo mentre Vittorio espone ai compagni la propria autodifesa , e quel bel finale in cui le due donne fanno insieme esercizi di preparazione al parto . Tutte scene in cui si apprezza la sicurezza del ritmo e l ' essenzialità d ' uno stile che rabbiosamente mira sempre al sodo . Virtù che Bellocchio non ha perso , e ora è messa al servizio di un umorismo tagliente , di un razionalismo ai limiti del cinismo che esclude qualsiasi sentimentalismo . Come è un film politico soltanto nella cornice , così La Cina è vicina non è un film poetico . Se mai didascalico , nel suo rifiuto d ' ogni ghirigoro . Ma la secchezza di questo nuovo ritratto dell ' Italia dialettale , interpretato con molto impegno da Glauco Mauri , Elda Tattoli , Paolo Graziosi , Daniela Surina e Pierluigi Aprà , dà talvolta al film la lucidità d ' una lama . Non sono molti i registi che mentre feriscono fanno ridere le loro vittime . Si capisce perché Bellocchio , che considera Luchino Visconti il regista più senile di tutta la vecchia guardia , veneri Buñuel e la sua vena di sadismo . Ma è per lo meno curioso che mentre il cinema nuovo va verso forme di racconto sempre più aperte , Bellocchio si chiuda in rigide strutture . Diciamo che pensa allo spettatore , e vuole andare per le corte .
Prêt-à-porter ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
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Prêt - à - porter , scritto , prodotto e diretto da Robert Altman , non è bello né brutto : è glamour . È divertente . È il sogno dei Vip - maniaci e dei giornali fatto film . È due ore e dieci minuti di sfilate di moda e di modelle a Parigi , di facce famose , abiti importabili , isterismi eleganti , amori comici , modesti cinismi , chiacchiere , atrocità , rivalità lussuose , chiasso , cretinate , gioielli , shopping compulsivo , odii stupidi . Dolce vita anni Novanta , Beautiful a Parigi , commedia umana , irrisione del consumismo , analisi dell ' apparenza scambiata per sostanza , condanna dei media frenetici , esaltazione del corpo , parodia del vuoto contemporaneo , voyeurismo critico ? Non esageriamo . I significati sono pochi e ovvii : non s ' aspettava certo Altman per deplorare la vanità delle vanità né per predicare un ritorno alla sobrietà ragionevole . Le macchiette sono molte . I momenti pubblicitari sono più che un sospetto . La satira è impossibile , o zoppa : come prendere in giro lo spettacolo parigino , già in sé volutamente autocaricaturale , delle sfilate di moda ? Ma il film un po ' stancante nell ' insieme è ricco , brillante : una farsa con mille cose da guardare e tanti visi da riconoscere , un divertimento , una vacanza . Lo stile di Altman è come sempre frammentato ( a volte sfilacciato ) . La narrazione orizzontale destrutturata , complessa e sinuosa , segue coralmente numerosi personaggi in varie storie intrecciate : niente psicologie , soltanto comportamenti . All ' inizio Marcello Mastroianni in colbacco contempla il profumo Poison ( Veleno ) nella vetrina d ' un negozio Dior , entra , compra due bruttissime cravatte identiche : ma siamo a Mosca , sulla Piazza Rossa . Dal Cremlino alla Tour Eiffel : Mastroianni , italiano divenuto sarto in Russia , misterioso ladro di valige e di vestiti altrui , è un personaggio - guida attraverso l ' ambiente tossico delle sfilate parigine . Lui siede nella limousine nera accanto a Jean - Pierre Cassel , autorità della moda che si strozza mangiando un tramezzino , che viene creduto vittima d ' assassinio dai poliziotti Michel Blanc e Jean Rochefort , che non viene pianto dalla moglie Sophia Loren e viene rimpianto dall ' amante stilista Anouk Aimée : quest ' ultima ha i suoi guai , senza dirle nulla il figlio Rupert Everett ( sposato con una modella nera e amante della sorella gemella della moglie ) ha venduto l ' azienda al miliardario texano fabbricante di stivali Lyle Lovett . È Mastroianni a rincontrare Sophia Loren , che trentacinque anni prima era sua moglie e che gli ripete un antico spogliarello ( alla seconda calza nera , lui s ' addormenta russando ) . È Chiara Mastroianni l ' assistente del secondo personaggio - guida , la giornalista televisiva Kim Basinger , bionda , scema e bella , le cui interviste permettono d ' incontrare Cher e Belafonte , Lauren Bacall e Stephen Rea , tanti stilisti . Intanto il compratore di Chicago Danny Aiello e la sua donna Teri Garr s ' abbandonano alle proprie perversioni : lei acquista intere boutiques , lui si veste da donna in tailleur Chanel rosa . Intanto i giornalisti Julia Roberts e Tim Robbins , rimasti senza valigie , si chiudono nell ' unica camera d ' albergo disponibile e fanno l ' amore , sospendendo brevemente solo per scrivere articoli copiati dal telegiornale . Nel frattempo ... La storia infinita termina con una sfilata di modelle nude . Se l ' immagine volesse simboleggiare una condanna degli orpelli , una scelta di rigore , sarebbe tardiva , illusoria : da un pezzo a Parigi le modelle sfilano nude , e nessuno rinuncia a nulla .
Buon compleanno, Mr. Grape ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Un film inconsueto , bello e strano , sulla faccia triste dell ' America e sulla fatica di vivere . Con le due giovani star hollywoodiane più inquietanti ed eleganti : Johnny Depp , Juliette Lewis . Con due presenze impressionanti : una donna enormemente obesa , 250 chili , che da sette anni non esce di casa , che dal giorno in cui suo marito scese in cantina e senza dire una parola s ' impiccò , siede immobile su un divano sfondato mangiando come un orco , fumando , guardando la tv , e che alla fine s ' uccide nel modo più semplice , salendo le scale e facendosi scoppiare il cuore per la fatica di trascinare l ' immenso corpo ; un diciottenne ritardato mentale , vivace , spericolato e ciarliero come un bambino piccolo , al quale bisogna sempre star dietro perché non combini guai . Insieme con due ragazze pazienti , sono questi la madre e i fratelli , è questa la famiglia a capo della quale si ritrova Johnny Depp , commesso in un negozio d ' alimentari d ' un paese della grande America rurale piatta ( « descriverla è come ballare senza musica » ) dove le uniche fortunate sono le automobili sulla strada provinciale : « Fanno la sola cosa che c ' è da fare : passano e se ne vanno » . Il film magnificamente recitato , tratto da un romanzo di Peter Hedges , racconta benissimo la vita aspra del giovane uomo : doveri , pensieri , affanni ( « Devo andare » è il suo slogan ) , desolazione , esasperazione , mutilazione dell ' esistenza , fatica , obblighi , sogni spezzati , ma anche affetti autentici , momenti d ' allegria e di festa , baci d ' amore scambiati in fretta ( « Devo andare , adesso » ) . Alla morte della madre , per evitare la volgare curiosità altrui verso « il fenomeno da baraccone » , i figli ne inceneriscono lo sterminato cadavere dando fuoco alla casa , bruciando anche tutto il passato , concedendosi forse una possibilità di ricominciare . Lo stile , il sentimento della realtà non avvelenato dall ' assenza di speranza , la sottigliezza psicologica unita alla semplicità ironica sono le caratteristiche rare di Lasse Hallström . Il regista svedese cinquantenne di La mia vita a quattro zampe ( 1985 ) , trasferitosi negli Stati Uniti dopo il successo mondiale di quel film , autore d ' un primo film americano mai uscito in Italia , Ancora una volta con Richard Dreyfuss e Holly Hunter , ha molta originalità , una gran qualità di narratore realista , affettuoso , profondo e divertito .
Sostiene Pereira ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
« Sostiene Pereira » è l ' intercalare - chiave del romanzo di Antonio Tabucchi pubblicato da Feltrinelli dal quale il film è tratto : il narratore riferisce , prendendo un poco le distanze , quanto si suppone gli sia stato raccontato dal protagonista dottor Pereira , anziano redattore della pagina culturale del quotidiano portoghese « Lisboa » nel 1938 . « Sostiene Pereira » è l ' espressione che ritma i capitoli , scandendo la vicenda del giornalista cattolico invecchiato , vedovo e solo , assediato dal pensiero della morte , amoroso traduttore di narrativa francese e amante della cultura ( « IO credevo che la letteratura fosse la cosa più importante » ) , uomo onesto ma atono che rimane estraneo al dramma collettivo dei fascismi europei anni Trenta . L ' incontro con due giovani militanti antifascisti quasi costringe Pereira a guardare la realtà di violenza , di repressione e di censura dello « Stato nuovo » , senza più Costituzione né libertà , del dittatore portoghese Salazar ; dapprima resiste ( « Io non parteggio , non voglio guai , non sono dei vostri né dei loro » ) , poi acquista coscienza e approda concretamente alla consapevolezza del dovere di ciascuno di reagire , di combattere . Più che un dovere , una necessità di sopravvivenza . Che il conflitto riguardi in realtà la vita della libertà contro la morte dell ' oppressione è testimoniato da una mutazione anche fisica del protagonista Marcello Mastroianni : se nella passività distratta Pereira risultava vecchio , grasso , ansimante , assente , torpido , spaventato dall ' idea della fine come dalla prospettiva della resurrezione della sua troppa carne , nella reattività fattiva dimagrisce , smette di portare giacca e cappello , con passo elastico s ' incammina tra la gente verso un ' altra vita . Facile ? Facile . Il film fedele al romanzo , dai contenuti alti e nobili , con un bravo attore , benissimo prodotto ( ambientazione , costumi , luoghi sono impeccabili ) non arriva a darsi uno stile cinematografico equivalente allo stile romanzesco di Tabucchi , ricorre a caratterizzazioni o a espedienti narrativi primari , rimane a volte inerte . Se si ricorda Umberto D . di De Sica , protofilm sulla presa di coscienza d ' un vecchio intellettuale solitario , l ' interpretazione a tratti imbarazzata di Mastroianni non regge il confronto . Se Sostiene Pereira è illustrativo , didattico , scolastico , insegna cose essenziali : come riconoscere un regime dittatoriale che non s ' instaura con colpi di Stato violenti ma s ' insinua sotto l ' apparenza della normalità , come identificare certi meccanismi autoritari di cui i cittadini distratti possono non accorgersi e una autocensura peggiore della censura , come accettare le responsabilità che ognuno porta nella perdita della libertà .
Piccole canaglie ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Mel Brooks , Whoopi Goldberg , Daryl Hannah e persino il miliardario Donald Trump nella parte d ' un miliardario compaiono in questo film per bambini piccoli e per adulti sofisticati , rifacimento d ' un vecchio classico americano di gran successo . Fu Hal Roach , il produttore dei film di Harold Llyod e di Stanlio e 011io , a ideare prima del cinema sonoro una serie di brevi slapstick comedies infantili , avventure comiche di bambini piccoli cresciuti sulla strada come Il monello di Chaplin , dirette perlopiù da Robert McGowan , chiamate originariamente Our Gang ( La nostra banda ) . Nate a metà degli anni Venti , rimasero popolari anche nei Trenta e nei Quaranta ; nei Cinquanta rivissero per qualche tempo alla tv . Ora la regista cinquantenne Penelope Spheeris le rivisita con grazia e divertimento , con una intenerita nostalgia che ha forse a che fare con la propria infanzia terribile : figlia del proprietario d ' un circo itinerante ex campione olimpionico di lotta libera , aveva sette anni quando il padre fu ucciso a coltellate in una rissa , lasciando i quattro figli soli con la madre alcolizzata appassionata di matrimoni ( si sposò nove volte ) . Gli svelti bambini fra i quattro e i nove anni sono associati in un Club degli Odiatori di Femmine ; scoprono con raccapriccio che uno di loro s ' è innamorato della seducente bambina Darla e non può fare a meno di corteggiarla rivaleggiando con un coetaneo figlio di miliardario ( « Le femmine sono come le brutte canzoni , una volta che ti sono entrate in testa non ne escono più » ) ; puniscono il traditore , ma alla fine si riconciliano con le bambine ; sono in conflitto con due teppisti di undici anni durante l ' avventurosa gara di go - kart che è una delle competizioni della locale fiera annuale . Non sono piccoli che scimmiottano i grandi ma neppure sono bambini realistici , risultano più autonomi , pragmatici ed energici dei veri quattrenni o cinquenni : dall ' anomalia nasce la comicità delle loro peripezie spiritose , mentre dalla buona realizzazione nasce l ' elegante piacevolezza del film .
Virus letale ( Tornabuoni Lietta , 1995 )
StampaQuotidiana ,
Thriller convenzionale e interessante , ispirato al best - seller americano Crisis in a Hot Zone nel quale Richard Preston , cronista scientifico del « New Yorker » , riferiva nel 1993 sull ' apparizione d ' un nuovo virus sconosciuto arrivato dalle Filippine contro il quale s ' era trovata a combattere nel 1989 una coppia di virologi dell ' esercito , Gerard e Nancy Jaax . Il pericolo d ' un virus misterioso venuto da Paesi esotici condensa tanti elementi contemporanei : la paura de11'Aíds , naturalmente , ma anche la pulsione di morte , l ' interesse collettivo per la scienza salvifica o mortifera , il bisogno spettacolare d ' inventarsi nuovi nemici magari interni dopo la fine del comunismo ( non tutti i film d ' azione possono avere come avversari i narcotrafficanti o la Cia ) . Il film Hollywood contro Virus racconta , con un inizio identico a quello di Aracnofobia , la vicenda d ' un virus portato dallo Zaire che uccide velocemente e velocemente si propaga in una cittadina californiana . A fronteggiarlo è chiamato l ' esercito , nelle sue varianti cattiva , semicattiva e buona : il generale cattivo Donald Sutherland intende risolvere l ' angoscioso problema con l ' Operazione Tabula Rasa , distruggendo radicalmente l ' intera cittadina e sopprimendone i duemilaseicento abitanti , anche per coprire vecchi segreti e magagne ; il generale meno cattivo Morgan Freeman non è d ' accordo , ma rispetta le gerarchie e sino a un certo punto obbedisce agli ordini ricevuti ; lo scienziato militare Dustín Hoffman vuoi salvare la vita al maggior numero possibile di malati ricercando il portatore sano del virus per ricavarne l ' antidoto , e a questo scopo non esita a disobbedire agli ordini . Un dilemma morale ( quando l ' obbedienza diventa massacro , violarla non è un dovere ? ) , allarmanti allusioni all ' uso delle armi biologiche da parte dell ' esercito americano nel passato e nel presente , un conflitto coniugale ( il protagonista e la scienziata sua moglie sono separati , ritrovano armonia nella battaglia comune ) , paesaggi esotici , fantastiche riprese aeree e la fotografia perfetta di Michael Ballhaus si uniscono alla tensione del thriller catastrofico - sanitario : Hoffman è così energico ed efficace che sembra persino alto .
Amleto di Riccardo Bacchelli ( Possenti Eligio , 1956 )
StampaQuotidiana ,
Un bell ' applauso ha accolto stasera Riccardo Bacchelli quando , prima della rappresentazione , è venuto alla ribalta dello stupendo palcoscenico del Teatro Olimpico , e vivi consensi ha avuto alla fine del suo breve discorso . È uscito a fare il prologo , non già per raccontare , come usava nelle antiche commedie , il soggetto . Non era il caso . Ha risposto alla domanda che certo gli spettatori si eran fatta in cuor loro : perché un altro Amleto ? Perché , risponde Bacchelli , Amleto è figura che , da quando è stata creata dal potente genio di Shakespeare , tre secoli e mezzo fa , ha posto nel giro del tempo , dinanzi al tormento degli uomini , quasi a conforto e ad esempio , il proprio enigma , diventando per ciò stesso un personaggio di ieri , di oggi e di sempre . Ogni generazione può studiare il suo Amleto , l ' uomo fiaccato dal peso delle responsabilità morali e dalla difficoltà della scelta dei suoi atti . Qual è la differenza fondamentale fra l ' Amleto di Shakespeare e quello di Bacchelli ? Eccola : il primo obbedisce al padre che gli appare a ordinargli la vendetta , il secondo gli disobbedisce . Ma procediamo con ordine . Bisogna rifarsi al 1918 , anno di vittoria e di ripensamenti . A Roma era sorta , in quell ' anno , una famosa rivista letteraria , di composta e talora ironica saggezza , che considerava il corso della letteratura interrotto dopo il Leopardi e il Manzoni : " La ronda " , redatta da Cardarelli , Baldini , Bacchelli , Cecchi , Montano , tutti con trentotto primavere meno di oggi . Due anni prima aveva cessato di uscire a Firenze la inquietissima " La voce " e da tempo era finito un altro giornale fiorentino battagliero , il " Leonardo " , mentre squillavano , sempre sulle rive dell ' Arno , le trombe di " Lacerba " . La storia letteraria di quegli anni si muove fra questi fogli animosi . Nella seconda annata della " Ronda " è apparso un Amleto di Bacchelli , ripubblicato , riveduto , più tardi . L ' Amleto rappresentato stasera è quello della prima edizione . Si ha subito da osservare che si tratta di un Amleto che non ha per ambiente il castello di Elsinor , ma " una corte di maniera " , indicazione che toglie all ' opera qualsiasi carattere di pedissequo rifacimento della tragedia shakespeariana . I personaggi sono meno numerosi . Amleto , allo Spettro , che gli ordina di uccidere la regina sua madre e il re suo zio , non giura nulla ; la scena della recita , da parte degli attori arrivati al castello , dell ' Assassinio del duca Gonzaga , viene riferita , invece che agita ; Amleto non trafigge il re , mentre prega , non già per timore che si salvi , ma perché vorrebbe che l ' uccisione avesse un aspetto di rivendicazione politica e non di vendetta familiare ; assenti la follia di Ofelia , il suo funerale , il colloquio coi becchini ; l ' amore di Amleto per Ofelia culmina con un bacio e con la proposta di una fuga a due in Italia da Ofelia respinta , il che incita Amleto a porre in atto quell ' ordine paterno che lo irrita a tal segno da gridare allo Spettro , quando gli riappare durante il colloquio con la madre : " ombra immonda ! " , perché non ha pensato che la moglie colpevole era pure la madre di Amleto . Così mutato , l ' Amleto di Bacchelli , al pari di quello shakespeariano , è un giovane cui le inattese e affrettate nozze della madre col fratello del padre hanno devastato l ' anima e scosso il carattere debole e smarrito , e suscitato in cuore il disgusto della vita ; quello stesso che dall ' Amleto di Shakespeare si comunica in chi assiste alla tragedia . Ma , in Shakespeare , il disgusto della vita si manifesta dopo il colloquio di Amleto con lo Spettro del padre : mentre il Bacchelli lo presenta già disgustatissimo prima del colloquio , non solo , ma quasi compiaciuto del disgusto . Udite poi le rivelazioni dello Spettro , più che inorridire , se ne infastidisce e , invitato da quello a giurare , non acconsente immediatamente e , anzi , più tardi si rallegra che il canto del gallo , proprio in quel punto , abbia fugato l ' apparizione . Non è più la tragedia della volontà incerta dinanzi all ' azione ; è quella dell ' infingardaggine . In certo senso non si tratta più di un personaggio che tergiversa dinanzi alla gravità dell ' atto delittuoso da compiere contro la madre e lo zio ; ma di un personaggio che avrebbe preferito esser lasciato in pace . In termine medico : un astenico . È un Amleto dalla malinconia raziocinante che si dichiara fallito e condannato a delibare , minuto per minuto , il proprio fallimento . Per lui la vita è la sua abbiezione , è quello che non ama . " Se potessi pensare - dice in un monologo - di avere un figliolo , mi parrebbe un delitto . L ' evidenza dimostra che io non dovrei avere il permesso di vivere " . E , invece di domandarsi " essere o non essere ? " , dichiara di desiderare di non essere , e forse anche di morire letteralmente . Perché dovrebbe uccidere ? Non crede a nulla , né alla vita , né alla giustizia né ad altro . E dichiara : " L ' uomo non ha nessuna attrattiva per me . Vorrei non ci fosse più la mia parte d ' uomo in me , ci facciamo tutti tanta pietà che diventa schifo . Come si vede , è un Amleto incline ai filosofemi , e , sotto questo rispetto , perfettamente l ' opposto di quello di Shakespeare che in filosofemi non si perde , ma trasforma dolore , disperazione , incapacità di decisione , in poesia . È un Amleto , infine , ripensato , sulla eco di quello di Shakespeare , dal Bacchelli che lo commenta mentre lo ricrea . In certo senso si potrebbe definire quest ' opera un saggio critico sull ' Amleto svolto in forma di tragedia . Impresa ben degna di uno scrittore sagace , colto , meditativo e prodigo delle proprie doti di indagatore e di pertinace trattatista delle umane psicologie . E proprio per questo si nota un ' altra differenza , oltre alla continua presenza del buffone , con l ' Amleto di Shakespeare : la morte della Regina , della quale il Bacchelli fa causa non alla coppa avvelenata da lei bevuta per errore , ma al disperato dolore materno dinanzi al cadavere di Amleto , con una nota di moderna sensibilità . Questa opera giovanile del Bacchelli , disegnando un Amleto disorientato , abulico , nevropatico , che si irrita delle apparizioni dello Spettro e gli si ribella , rappresenta , più che il riflesso del protagonista shakespeariano , l ' uomo dell ' altro dopoguerra , uscito dal caos con l ' animo sconvolto , l ' uomo che Pirandello aveva preannunziato sin dall ' inizio del conflitto . Non già che l ' Amleto di stasera sia fratello dell ' uomo pirandelliano ; ma un lontano cugino o un affine , in certo senso , potrebbe forse esserlo . Ed è curioso altresì come in esso si avverta persino non sappiamo qual turbamento di moderno sapore esistenzialista con quel suo discorrere amaro e sarcastico di uomo nauseato e alla deriva , di individuo che naviga senza bussola . Il testo contiene pagine nitide , sostenute , nutrite di sottili argomenti . La sequenza degli episodi è congegnata a dovere e teatralmente funzionante . Se si vuol pensare a un modello , vien fatto di ricordare non l ' abbagliante e travolgente impeto di Shakespeare , ma piuttosto la finezza di un Racine ; ma soprattutto si tratta del gusto di un dotato scrittore italiano che ama la classicità . Il protagonista non è più il colosso di Shakespeare , ma una figura modellata con sagacia di studio e con saggezza di pollice . Enzo Ferrieri si è assunta un ' impresa non facile , tanto più non essendo disponibili taluni attori che meglio avrebbero dato rilievo a certe figure , ed è tuttavia riuscito a presentare un ' edizione nell ' insieme accurata e attenta . Amleto era Tonino Pierfederici , che ha avuto qualche scatto felice ma al quale raccomanderemmo di esprimere con più elaborata chiarezza della dizione e più adeguata e penetrante varietà di toni la sua ardua parte , che però gli ha procurato applausi a scena aperta . Di una nobile dignità Enrica Corti ( la Regina ) , limpido e preciso il Pierantoni ( Polonio ) , sicuri il Giangrande , Ruggero De Daninos , Carlo Alighiero , Monica Vitti , il Dettori e gli altri tutti . Belli i costumi di Pierluigi Pizzi . Molti gli applausi agli attori , anche a scena aperta , e festeggiati il regista e l ' autore .