StampaQuotidiana ,
Sebbene
fosse
aspettata
,
dopo
parecchi
giorni
di
dolorose
alternative
,
ieri
la
morte
di
Leone
XIII
produsse
viva
impressione
ed
il
giornale
uscito
qualche
ora
dopo
pervenuto
l
'
annunzio
ufficiale
venne
avidamente
letto
da
tutti
.
Iersera
,
poiché
il
Municipio
non
aveva
ricevuto
comunicazione
ufficiale
dell
'
avvenimento
,
ebbe
luogo
il
consueto
concerto
al
Foro
Umberto
I
,
dove
del
resto
intervenne
,
come
al
solito
,
poca
gente
.
Un
gruppo
di
giovani
cattolici
verso
le
10
si
recò
alla
marina
e
protestò
con
una
dimostrazione
perché
non
si
era
sospeso
il
concerto
.
Un
altro
gruppo
,
di
opposto
avviso
,
fece
una
contro
dimostrazione
.
Intervenne
il
commissario
cav
.
Damiani
che
indusse
i
dimostranti
ad
allontanarsi
;
e
così
l
'
incidente
non
ebbe
più
seguito
.
StampaQuotidiana ,
Una
parte
almeno
del
compianto
unanime
che
ha
accolto
la
morte
di
Churchill
è
certo
dovuta
a
un
tratto
della
sua
figura
che
è
il
meno
frequente
nei
personaggi
storici
:
Churchill
è
stato
un
capo
senza
essere
un
fanatico
.
Churchill
non
si
è
mai
sentito
«
l
'
uomo
della
provvidenza
»
o
«
del
destino
»
.
Le
responsabilità
che
si
è
assunto
nei
momenti
più
critici
della
storia
contemporanea
,
il
peso
decisivo
delle
sue
scelte
e
della
sua
condotta
di
uomo
politico
,
il
successo
che
ha
coronato
la
sua
opera
non
gli
hanno
fatto
ritenere
d
'
essere
un
uomo
privilegiato
,
investito
di
una
missione
nel
cui
compimento
nessuno
potesse
sostituirlo
e
di
fronte
alla
quale
la
comune
umanità
valesse
soltanto
come
mezzo
.
La
figura
di
Churchill
è
,
da
questo
punto
di
vista
,
la
più
ovvia
smentita
alla
credenza
che
l
'
azione
efficace
,
il
coraggio
e
la
resistenza
alle
forze
avverse
possono
essere
alimentati
e
sostenuti
soltanto
dal
senso
di
una
investitura
dall
'
alto
e
dalla
certezza
di
essere
lo
strumento
unico
e
privilegiato
di
un
disegno
super
-
umano
.
Tuttavia
la
credenza
nel
carattere
praticamente
benefico
del
fanatismo
,
nella
sua
capacità
di
valere
come
una
leva
potente
per
muovere
masse
e
individui
,
infiammarli
di
sacro
entusiasmo
,
renderli
insensibili
a
sacrifici
e
rinunce
,
e
portarli
alla
realizzazione
di
scopi
grandiosi
(
o
ritenuti
tali
)
,
è
ancora
abbastanza
diffusa
e
si
lascia
talora
intravedere
nei
discorsi
di
politici
o
di
capipartito
.
In
un
passato
recente
,
la
parola
aveva
perfino
perduto
,
nell
'
uso
di
certi
partiti
politici
,
la
connotazione
negativa
che
i
dizionari
solitamente
le
attribuiscono
,
per
essere
esaltata
come
un
merito
del
seguace
zelante
e
del
credente
a
tutta
prova
.
E
per
quanto
oggi
l
'
esaltazione
esplicita
del
fanatismo
sia
difficile
a
trovarsi
o
si
presenti
in
forma
camuffata
(
come
quando
si
è
detto
:
«
L
'
estremismo
nella
difesa
della
libertà
non
è
un
vizio
;
la
moderazione
nel
conseguimento
della
giustizia
non
è
una
virtù
»
)
,
una
certa
nostalgia
per
il
fanatismo
e
un
certo
rispetto
superstizioso
(
che
è
a
sua
volta
fanatico
)
verso
di
esso
serpeggiano
ancora
nei
vari
campi
della
cultura
e
in
certi
angoli
dell
'
opinione
comune
.
Ciò
accade
perché
il
fanatismo
sembra
,
in
primo
luogo
,
una
testimonianza
resa
alla
verità
,
anzi
alla
Verità
unica
ed
assoluta
,
di
cui
il
fanatico
si
ritiene
il
depositario
,
l
'
interprete
e
il
realizzatore
.
Questo
atteggiamento
sembra
l
'
opposto
di
quello
dello
«
scettico
»
o
,
come
anche
si
dice
,
del
«
cinico
»
che
non
crede
a
nulla
o
non
prende
nulla
sul
serio
e
perciò
è
incapace
di
rendere
omaggio
alla
verità
ed
impegnarsi
per
essa
.
In
secondo
luogo
il
fanatico
non
ha
bisogno
di
argomenti
o
di
«
ragioni
»
per
credere
nella
sua
verità
.
Gli
argomenti
o
le
ragioni
sono
spesso
deboli
o
di
esito
incerto
:
possono
venire
controbattuti
,
bilanciati
o
distrutti
da
altre
ragioni
;
e
sotto
questo
aspetto
la
convinzione
razionale
,
che
è
aperta
alle
critiche
e
ne
tiene
conto
,
appare
,
come
strumento
d
'
azione
,
assai
più
debole
e
vacillante
della
persuasione
fanatica
che
condanna
chi
la
possiede
all
'
entusiasmo
perpetuo
.
In
terzo
luogo
,
il
fanatismo
è
per
sua
natura
collettivo
e
pandemico
;
tende
a
diffondersi
da
individuo
a
individuo
,
a
travolgere
o
a
rendere
insignificante
il
dubbio
privato
,
a
fondere
gli
individui
nell
'
unità
di
una
massa
anonima
e
compatta
che
può
agire
come
forza
d
'
urto
.
Sono
,
questi
,
i
vantaggi
teorici
e
pratici
del
fanatismo
;
e
sarebbero
vantaggi
importanti
,
se
fossero
veri
.
Sono
invece
fittizi
.
La
verità
,
e
specialmente
la
Verità
con
la
V
maiuscola
,
che
dovrebbe
essere
(
se
ci
fosse
)
una
forza
spirituale
che
agisce
o
si
manifesta
soltanto
nei
poteri
più
alti
,
più
difficili
e
più
rari
di
cui
l
'
uomo
dispone
,
non
ha
nulla
a
che
fare
con
il
fanatismo
che
è
più
agevolmente
suscitato
da
viete
superstizioni
e
da
rozze
credenze
.
Anzi
,
il
fatto
dimostra
che
non
c
'
è
superstizione
così
grossolana
,
credenza
così
infondata
,
ideale
così
balordo
che
non
abbia
trovato
o
non
trovi
i
suoi
fanatici
e
che
non
possa
essere
assunto
come
insegna
di
violenze
e
persecuzioni
contro
coloro
che
non
lo
condividono
.
Ciò
che
il
fanatismo
chiama
«
verità
»
non
è
che
un
pretesto
per
attribuirsi
un
potere
sovrano
nei
confronti
delle
credenze
e
della
vita
degli
altri
.
Essere
fedeli
alla
verità
significa
essere
disposti
a
cercarla
,
a
riconoscerla
dovunque
si
presenti
,
sia
in
noi
che
negli
altri
,
anche
quando
non
ci
torna
comodo
,
significa
adoperare
strumenti
adatti
a
questo
fine
,
correggere
o
rettificare
le
proprie
opinioni
e
abbandonarle
,
sia
pure
con
sforzo
,
quando
la
verità
lo
richieda
.
Questo
atteggiamento
implica
,
non
già
la
certezza
di
un
possesso
infallibile
,
ma
il
dubbio
incessante
,
la
critica
,
uno
scetticismo
metodico
e
(
perché
no
?
)
anche
un
certo
cinismo
che
fa
dire
pane
al
pane
e
vino
al
vino
e
non
si
lascia
incantare
dalle
parole
solenni
e
dal
manto
di
porpora
degli
ideali
fittizi
.
Esso
consiste
nell
'
esercizio
della
ragione
e
delle
sue
tecniche
,
quali
si
sono
venute
costituendo
nei
vari
campi
del
sapere
,
sul
fondamento
della
loro
continua
revisione
e
correzione
.
Kant
giustamente
ritenne
il
fanatismo
,
sotto
questo
aspetto
,
«
la
trasgressione
dei
limiti
della
ragione
umana
»
:
cioè
il
non
tener
conto
dei
limiti
e
delle
imperfezioni
delle
nostre
capacità
d
'
indagine
e
di
accertamento
,
perciò
l
'
identificare
se
stessi
con
la
voce
della
verità
e
della
giustizia
e
ritenere
che
tutto
il
resto
dell
'
umanità
sia
dalla
parte
dell
'
errore
e
del
male
.
Certamente
,
per
questi
stessi
limiti
,
la
ragione
umana
è
una
debole
forza
:
gli
argomenti
di
cui
si
avvale
,
le
prove
che
adduce
,
le
conclusioni
che
raggiunge
,
sono
continuamente
soggette
alla
revisione
e
alla
critica
e
possono
essere
corrette
o
confutate
.
Ma
proprio
da
questa
debolezza
essa
ricava
la
sua
forza
.
La
critica
che
smonta
un
argomento
rafforza
il
potere
di
critica
,
la
prova
che
confuta
un
'
altra
prova
è
un
passo
in
avanti
rispetto
all
'
altra
;
una
conclusione
corretta
o
sostituita
con
un
'
altra
contiene
una
maggiore
garanzia
di
validità
.
Anche
se
,
per
un
'
ipotesi
inverosimile
,
tutto
ciò
che
la
ragione
umana
ha
conseguito
finora
si
rivelasse
privo
di
fondamento
,
questa
conquista
negativa
della
ragione
sarebbe
un
segno
della
sua
forza
,
perché
costituirebbe
la
premessa
di
un
'
opera
costruttiva
più
valida
.
Ma
una
«
verità
»
fanaticamente
accettata
non
può
subire
correzioni
ed
aggiunte
;
teme
le
critiche
e
persino
la
tepidezza
dell
'
entusiasmo
;
è
fragile
nei
confronti
dei
dubbi
e
cade
di
colpo
alla
prima
occasione
.
Cade
senza
lasciare
nulla
,
se
non
forse
un
atteggiamento
fanatico
,
provvisoriamente
disoccupato
o
alla
ricerca
di
nuovi
pretesti
.
Come
già
diceva
Locke
,
che
ci
dette
nella
quarta
edizione
del
Saggio
(
1700
)
la
prima
celebre
critica
del
fanatismo
,
questo
è
un
fuoco
fatuo
.
E
alla
prima
occasione
,
la
fusione
delle
masse
o
dei
gruppi
fanatici
,
l
'
entusiasmo
travolgente
che
era
parso
una
poderosa
forza
d
'
urto
,
si
scioglie
o
si
spegne
come
un
fuoco
fatuo
e
non
lascia
dietro
di
sé
che
il
caos
o
il
deserto
.
Non
si
può
far
conto
sui
fuochi
fatui
per
illuminare
il
difficile
cammino
dell
'
umanità
nel
mondo
:
occorre
che
l
'
umanità
cerchi
e
trovi
altri
mezzi
di
orientamento
e
che
questi
mezzi
possano
costantemente
essere
corretti
e
migliorati
.
La
convinzione
ben
radicata
dei
limiti
dell
'
uomo
e
la
disposizione
che
ne
deriva
all
'
ironia
,
alla
pietà
e
alla
solidarietà
umana
sono
,
come
già
avevano
visto
gli
analisti
del
'700
(
Shaftesbury
,
Voltaire
,
Kant
)
,
i
migliori
correttivi
del
fanatismo
e
alcuni
dei
costituenti
essenziali
della
nostra
civiltà
.
La
tentazione
del
fanatismo
si
presenta
ogni
qualvolta
si
tende
a
trasformare
gli
ideali
umani
anche
più
nobili
(
per
esempio
la
libertà
o
la
giustizia
)
in
fini
assoluti
ai
quali
la
comune
umanità
va
senz
'
altro
sacrificata
.
Cerchiamo
di
ricordare
che
tali
ideali
sono
invece
sempre
e
soltanto
strumenti
:
strumenti
che
l
'
uomo
ha
escogitato
,
e
che
può
e
deve
correggere
,
per
sopravvivere
come
uomo
e
vivere
in
pace
.
StampaQuotidiana ,
Dopo
una
lunga
discussione
sulla
mozione
del
deputato
Bissolati
per
una
inchiesta
sulla
gestione
del
ministro
della
P
.
I
.
,
dal
1901
al
1903
,
il
Presidente
della
Camera
dei
Deputati
annunzia
che
in
adempimento
del
mandato
conferitogli
dalla
Camera
ha
chiamato
a
far
parte
del
comitato
incaricato
di
procedere
all
'
inchiesta
sull
'
amministrazione
dell
'
on
.
Nasi
,
gli
on
.
Berenini
,
Cappelli
,
Chiapusso
,
Gorio
e
Guicciardini
.
StampaQuotidiana ,
Viktor
Frankl
,
un
medico
psichiatra
che
passò
parecchi
anni
nel
campo
di
concentramento
di
Auschwitz
,
racconta
che
il
desiderio
di
riscrivere
un
libro
il
cui
manoscritto
gli
era
stato
confiscato
e
distrutto
al
suo
ingresso
nel
campo
,
fu
il
fattore
decisivo
che
gli
consentì
di
sopravvivere
,
mentre
intorno
a
lui
soccombevano
molti
suoi
compagni
di
prigionia
dotati
di
robustezza
fisica
maggiore
.
Questo
fatto
,
che
non
è
isolato
,
sembra
mostrare
che
,
quando
la
vita
ha
un
significato
,
è
più
facile
per
l
'
uomo
sopportarne
i
pericoli
e
le
durezze
e
che
perciò
il
problema
del
significato
della
vita
è
,
per
ogni
uomo
,
il
problema
fondamentale
,
quello
da
cui
dipendono
la
sua
sopravvivenza
,
il
suo
equilibrio
e
la
sua
felicità
.
Ma
questo
problema
ha
,
rigorosamente
parlando
,
un
«
significato
»
?
In
un
libro
recente
Huston
Smith
,
professore
di
filosofia
nel
Massachusetts
Institute
of
Technology
(
Condemned
to
Meaning
,
New
York
,
1965
)
,
ha
messo
in
luce
la
situazione
paradossale
in
cui
si
trova
oggi
la
filosofia
di
fronte
a
questo
problema
.
Da
un
lato
gli
antropologi
,
gli
psicologi
,
i
teologi
e
i
filosofi
esistenzialisti
riconoscono
l
'
autenticità
del
problema
e
lo
ritengono
ineludibile
,
anche
se
le
soluzioni
da
essi
apprestate
sono
diverse
e
non
convincenti
.
Dall
'
altro
lato
(
e
soprattutto
nei
paesi
anglosassoni
)
i
filosofi
analisti
ritengono
che
il
problema
del
significato
della
vita
sia
uno
pseudo
-
problema
derivante
dall
'
uso
improprio
della
parola
«
significato
»
:
la
quale
appartiene
alla
sfera
linguistica
,
per
cui
si
può
parlare
del
significato
di
un
termine
o
di
una
espressione
,
non
della
vita
nel
suo
complesso
.
I
primi
considerano
solo
il
significato
esistenziale
,
i
secondi
solo
il
significato
linguistico
:
i
primi
si
occupano
delle
situazioni
della
vita
,
dei
problemi
che
esse
presentano
e
delle
soluzioni
che
prospettano
;
i
secondi
si
occupano
delle
situazioni
linguistiche
,
delle
loro
confusioni
e
delle
possibilità
di
chiarirle
.
Il
libro
di
Huston
Smith
vuole
in
qualche
modo
mediare
i
due
punti
di
vista
che
abitualmente
rimangono
separati
e
non
entrano
neppure
in
dialogo
:
intende
mostrare
che
una
trattazione
analitica
è
possibile
,
entro
certi
limiti
,
anche
nella
sfera
del
problema
che
concerne
il
significato
della
vita
.
Ovviamente
,
questo
tentativo
suppone
che
tale
problema
sia
autentico
,
cioè
che
non
si
riduca
a
una
confusione
linguistica
.
Huston
Smith
ritiene
che
l
'
autenticità
di
esso
risulta
provata
dall
'
importanza
che
il
problema
riveste
nella
vita
di
ogni
uomo
:
perché
la
perdita
o
l
'
assenza
di
significato
,
cioè
di
uno
scopo
per
cui
valga
la
pena
di
vivere
,
lottare
e
soffrire
,
determina
spesso
(
come
psicologi
e
antropologi
mettono
in
luce
)
squilibri
,
infelicità
e
pazzia
o
,
nel
migliore
dei
casi
,
la
perdita
o
la
diminuzione
del
gusto
di
vivere
.
Egli
ha
perciò
dato
al
suo
libro
il
titolo
Condannato
al
significato
:
una
espressione
di
Merleau
-
Ponty
,
riferita
all
'
uomo
,
che
significa
l
'
impossibilità
per
l
'
uomo
di
vivere
senza
dare
un
significato
alla
vita
.
Ma
Smith
ritiene
pure
che
il
significato
della
vita
l
'
uomo
deve
in
qualche
modo
costruirlo
:
cioè
che
esso
non
è
un
dato
,
ma
un
risultato
da
ottenere
attraverso
un
'
attività
che
investe
le
manifestazioni
della
vita
e
le
porta
a
ordinarsi
e
organizzarsi
in
modo
da
costituire
modelli
significanti
.
E
come
Kant
parlò
di
categorie
intellettuali
che
presiedono
alla
nostra
costruzione
del
mondo
conoscitivo
,
così
Smith
parla
di
categorie
di
significati
che
permettono
all
'
uomo
di
organizzare
la
struttura
delle
sue
esperienze
,
che
altrimenti
rimarrebbero
caotiche
e
prive
di
scopo
.
Queste
categorie
di
significato
sono
:
l
'
inquietudine
o
angoscia
;
h
speranza
;
lo
sforzo
,
cioè
la
capacità
di
trascendersi
e
di
tendere
a
qualcosa
che
non
esiste
ma
può
esistere
;
la
fiducia
,
cioè
il
senso
di
essere
aiutato
o
garantito
nello
sforzo
dall
'
ordine
delle
cose
;
e
infine
il
mistero
,
cioè
il
senso
di
una
realtà
che
non
può
essere
attinta
attraverso
le
vie
normali
della
conoscenza
.
Bisogna
subito
dire
che
queste
categorie
appaiono
inadeguate
alla
funzione
,
cui
Smith
le
destina
,
di
costruire
un
mondo
di
significati
.
La
prima
,
cioè
l
'
angoscia
,
non
è
una
categoria
,
ma
piuttosto
lo
stato
o
la
condizione
di
chi
si
sente
privo
o
povero
di
possibilità
a
venire
e
pertanto
non
riesce
a
dare
un
significato
alla
vita
.
Le
altre
sembra
che
presuppongano
questo
significato
piuttosto
che
renderlo
possibile
:
giacché
,
come
si
fa
a
sperare
,
a
sforzarsi
per
uno
scopo
,
ad
aver
fiducia
nel
mondo
e
a
credere
in
una
realtà
misteriosa
,
se
già
non
si
è
certi
del
significato
che
la
vita
possiede
?
D
'
altronde
,
se
la
vita
ha
il
significato
che
noi
stessi
chiediamo
,
questo
non
implica
forse
che
essa
è
,
in
se
stessa
,
priva
di
significato
?
Smith
risponde
a
quest
'
ultima
domanda
asserendo
che
il
significato
della
vita
non
è
né
imposto
all
'
uomo
dai
fatti
,
né
imposto
dall
'
uomo
ai
fatti
stessi
:
non
è
,
in
altri
termini
,
né
oggettivo
né
soggettivo
,
ma
alcunché
di
intermedio
,
come
qualsiasi
costruzione
umana
che
,
se
utilizza
gli
elementi
e
le
leggi
della
natura
,
non
è
tuttavia
opera
totale
della
natura
ma
dell
'
uomo
.
E
questa
risposta
sarebbe
valida
se
sapessimo
qualcosa
in
più
su
ciò
che
deve
intendersi
per
«
significato
della
vita
»
.
In
realtà
il
tentativo
di
Smith
si
ferma
alla
difesa
di
un
'
esigenza
generica
,
ma
non
entra
a
esaminare
la
natura
specifica
dei
«
significati
»
che
la
vita
può
avere
.
E
di
«
significati
»
si
tratta
,
non
di
«
significato
»
.
Per
illuminante
e
tipico
che
possa
essere
il
caso
del
medico
Frankl
nel
campo
di
Auschwitz
,
nessuno
lo
generalizzerebbe
asserendo
che
,
per
qualsiasi
uomo
,
lo
scopo
della
vita
è
di
riscrivere
(
o
scrivere
)
un
libro
.
Ciò
che
per
un
uomo
è
ragione
di
vita
,
per
l
'
altro
è
motivo
di
fastidio
o
di
noia
.
Esistono
,
senza
dubbio
,
significati
partecipabili
da
gruppi
più
o
meno
estesi
di
individui
umani
,
e
sono
quelli
su
cui
fanno
leva
le
grandi
religioni
e
le
filosofie
popolari
.
Ma
è
molto
dubbio
che
esista
un
unico
,
totale
,
esauriente
significato
della
vita
ed
è
molto
dubbio
che
una
filosofia
qualsiasi
sia
in
grado
di
«
costruirlo
»
.
Ciò
che
la
filosofia
può
fare
consiste
sostanzialmente
nell
'
aiutare
l
'
uomo
,
ogni
singolo
uomo
,
a
scoprire
o
a
costruire
da
sé
il
significato
della
vita
:
chiarendo
in
forma
oggettiva
,
sulla
base
degli
elementi
positivi
del
sapere
di
cui
disponiamo
,
la
sua
situazione
nel
mondo
e
fra
gli
uomini
,
la
struttura
e
i
limiti
delle
sue
possibilità
,
le
minacce
che
incombono
su
di
lui
e
le
prospettive
di
riuscita
meno
ingannevoli
e
più
feconde
.
Essa
può
anche
delucidare
la
natura
e
i
limiti
della
scelta
che
si
offre
a
ogni
individuo
tra
i
significati
specifici
che
la
vita
può
offrirgli
;
ma
,
quanto
a
questa
scelta
,
nessuno
può
farla
per
un
altro
.
Proprio
in
ciò
sta
l
'
insegnamento
della
filosofia
esistenzialistica
,
cui
Huston
Smith
fa
troppo
imprecisi
riferimenti
.
Quando
i
filosofi
analitici
negano
(
ma
ormai
lo
negano
sempre
più
di
rado
)
che
il
problema
dell
'
esistenza
sia
autentico
,
intendono
semplicemente
asserire
che
gli
strumenti
linguistici
di
cui
l
'
uomo
dispone
non
consentono
di
parlarne
e
che
pertanto
(
come
diceva
Wittgenstein
)
«
di
ciò
di
cui
non
si
può
parlare
,
si
deve
tacere
»
.
Essi
partono
cioè
da
una
teoria
del
linguaggio
il
quale
,
considerato
come
una
specie
di
immagine
dei
fatti
del
mondo
,
non
offre
la
possibilità
di
parlare
di
altro
che
di
tali
fatti
.
La
risposta
alla
loro
negazione
non
si
può
quindi
ottenere
asserendo
l
'
importanza
generica
del
problema
dell
'
esistenza
,
ma
facendo
appello
a
un
'
altra
teoria
del
linguaggio
:
a
una
teoria
che
,
senza
sfumare
nel
vago
e
nel
mistero
,
renda
possibile
affrontare
le
condizioni
specifiche
di
quel
problema
con
ordine
e
correttezza
.
Questa
teoria
del
linguaggio
è
,
oggi
,
più
un
desiderio
che
una
realtà
;
è
tuttavia
il
presupposto
per
ridare
alla
filosofia
il
suo
carattere
umano
.
StampaQuotidiana ,
Nei
movimenti
femminili
,
ciò
che
mi
sembra
sommamente
sbagliato
è
lo
spirito
di
competizione
con
il
sesso
opposto
,
e
lo
spirito
d
'
orgoglio
.
Le
parole
«
donna
è
bello
»
non
hanno
nessun
senso
.
In
verità
essere
una
donna
non
è
né
bello
né
brutto
,
oppure
è
tutt
'
e
due
,
lo
stesso
come
essere
un
uomo
.
Ne
sbagliato
scoprire
delle
ragioni
d
'
orgoglio
,
o
delle
ragioni
d
'
avvilimento
,
nella
propria
nascita
o
origine
,
o
nella
propria
condizione
umana
.
Riguardo
all
'
essere
ebrei
,
è
sbagliato
esserne
avviliti
,
sbagliato
gloriarsene
.
Riguardo
all
'
essere
omosessuali
,
è
sbagliato
esserne
umiliati
,
sbagliato
esserne
orgogliosi
.
L
'
atteggiamento
giusto
è
sentire
,
nei
confronti
della
propria
condizione
umana
,
una
totale
indifferenza
.
Una
fra
le
cose
che
oggi
avvelenano
il
mondo
,
è
la
retorica
costruita
sopra
delle
semplici
condizioni
umane
.
Si
suole
dire
che
l
'
orgoglio
ideologico
,
nei
movimenti
femminili
per
esempio
,
è
generato
da
secoli
di
umiliazioni
e
persecuzioni
,
ed
è
perciò
giustificabile
e
comprensibile
.
Questo
significa
che
bisogna
accordare
loro
indulgenza
,
se
assumono
atteggiamenti
sbagliati
,
se
commettono
errori
.
Ma
l
'
indulgenza
va
accordata
agli
errori
delle
persone
singole
,
non
agli
errori
delle
idee
.
Alle
idee
si
chiede
che
siano
vere
e
giuste
,
subito
e
in
assoluto
.
Non
credo
che
gli
esseri
umani
abbiano
,
in
quanto
esseri
umani
,
nessuna
giusta
ragione
d
'
orgoglio
.
Non
credo
che
sia
una
giusta
ragione
d
'
orgoglio
né
essere
una
donna
,
né
essere
un
uomo
,
né
essere
un
omosessuale
.
Non
credo
che
sia
una
ragione
d
'
orgoglio
né
l
'
essere
madre
,
né
l
'
essere
padre
,
né
il
non
esserlo
.
Meno
ancora
credo
che
una
di
queste
condizioni
umane
sia
una
ragione
d
'
umiliazione
.
Allo
stesso
modo
,
non
credo
che
sia
una
ragione
d
'
orgoglio
appartenere
alla
schiera
dei
giovani
,
né
credo
che
appartenere
alla
schiera
dei
vecchi
sia
umiliante
.
Simili
condizioni
umane
,
in
se
stesse
,
non
sono
evidentemente
né
un
merito
,
né
una
colpa
.
Portarle
come
dei
meriti
,
o
delle
colpe
,
è
un
'
attitudine
di
assoluta
stolidità
e
irrealtà
.
Tutto
questo
appare
ovvio
,
ma
è
accaduto
che
nel
mondo
presente
,
si
siano
riempite
le
strade
di
fiumane
d
'
orgoglio
e
d
'
umiliazione
e
che
tali
fiumane
siano
di
qualità
sessuale
,
o
razziale
,
o
generazionale
.
I
meriti
e
le
colpe
sono
cosa
strettamente
individuale
,
inscindibile
dalla
coscienza
di
ogni
essere
singolo
.
Ciascuno
di
noi
conosce
le
proprie
colpe
e
i
propria
meriti
,
e
se
ne
gloria
o
se
ne
avvilisce
dentro
di
sé
.
Riguardo
all
'
orgoglio
,
esso
è
legittimo
in
una
persona
,
per
un
'
azione
singola
che
questa
stessa
persona
ha
compiuto
.
E
però
legittimo
e
tollerabile
se
non
dura
più
d
'
un
istante
.
Quando
lo
sentiamo
protrarsi
nel
tempo
,
ne
sentiamo
la
stolidità
e
l
'
irrealtà
.
Quando
diventa
un
'
attitudine
dello
spirito
,
non
è
più
tollerabile
.
Non
lo
tollerano
gli
altri
in
noi
,
e
non
lo
tolleriamo
noi
in
noi
stessi
,
se
guardiamo
in
noi
stessi
con
un
giusto
sguardo
.
L
'
orgoglio
riveste
la
nostra
stessa
immagine
,
dentro
di
noi
,
di
uniformi
e
di
insegne
,
che
la
separano
dalle
comunità
.
Riguardo
all
'
avvilimento
,
è
anch
'
esso
legittimo
soltanto
se
episodico
e
momentaneo
.
Ma
quando
diventa
un
'
attitudine
dello
spirito
,
a
sua
volta
veste
allora
la
nostra
stessa
immagine
di
un
'
uniforme
,
la
copre
di
grigi
grembiali
e
la
induce
a
scivolare
via
a
testa
bassa
.
Si
tratta
un
'
attitudine
dello
spirito
forse
meno
intollerabile
dell
'
orgoglio
,
perché
più
disarmata
e
più
mite
,
e
perché
i
negletti
grembiali
sono
ben
meglio
delle
insegne
dei
capitani
.
è
però
un
'
attitudine
dello
spirito
sbagliata
e
viziata
non
meno
dell
'
orgoglio
,
quando
ricopre
e
schiaccia
l
'
intiera
nostra
esistenza
,
nel
passato
,
nel
presente
e
nel
futuro
.
Anche
il
grigiore
dell
'
avvilimento
è
un
modo
di
pensare
la
nostra
immagine
separata
dalle
comunità
.
Ora
noi
possiamo
sentirci
,
in
mezzo
alle
comunità
,
soli
e
diversi
,
ma
il
desiderio
di
rassomigliare
ai
nostri
simili
e
il
desiderio
di
condividere
il
più
possibile
il
destino
comune
è
qualcosa
che
dobbiamo
custodire
nel
corso
della
nostra
esistenza
e
che
se
si
spegne
è
male
.
Di
diversità
e
solitudine
,
e
di
desiderio
di
essere
come
tutti
,
è
fatta
la
nostra
infelicità
e
tuttavia
sentiamo
che
tale
infelicità
forma
la
sostanza
migliore
della
nostra
persona
ed
è
qualcosa
che
non
dovremmo
perdere
mai
.
Ragioni
di
scoprirci
diversi
in
mezzo
alle
comunità
,
noi
ne
abbiamo
infinite
,
e
ciascuno
trova
prontamente
le
proprie
,
o
le
ha
trovate
e
coltivate
fin
dalla
più
lontana
infanzia
.
Tutti
o
quasi
tutti
siamo
o
donne
,
o
ebrei
,
o
omosessuali
,
oppure
siamo
diversi
semplicemente
per
inclinazione
alla
diversità
,
per
malinconia
,
per
timidezza
,
per
nevrosi
,
per
silenzio
.
Siamo
tutti
«
diversi
»
.
L
'
essenziale
è
portare
giustamente
la
propria
diversità
,
l
'
essenziale
è
non
farne
né
un
'
insegna
né
un
'
uniforme
,
e
mescolarla
silenziosamente
nelle
infinite
diversità
degli
altri
,
in
quelle
che
noi
riteniamo
le
comunità
dei
non
diversi
e
normali
.
Comunque
,
l
'
orgoglio
e
l
'
avvilimento
sono
i
nostri
stati
d
'
animo
abituali
,
e
noi
usiamo
passare
dall
'
uno
all
'
altro
come
dalla
notte
al
mattino
.
Finché
sono
i
nostri
sentimenti
individuali
,
e
finché
sono
volubili
e
momentanei
,
non
sono
di
qualità
scadente
.
Diventano
però
di
qualità
deteriore
e
scadente
se
diventano
il
fondamento
di
un
'
idea
.
A
muovere
le
idee
e
a
portarle
avanti
dovrebbero
essere
dei
sentimenti
di
qualità
superiore
e
nobile
,
e
fatti
per
essere
innalzati
su
un
piano
universale
.
Sono
di
questa
qualità
e
natura
l
'
impegno
civile
,
la
solidarietà
umana
,
il
senso
della
giustizia
,
il
coraggio
.
La
parola
«
valori
»
è
una
parola
che
oggi
adoperiamo
e
leggiamo
con
diffidenza
,
perché
è
stata
adoperata
troppo
e
male
,
si
è
scolorita
e
sembra
non
significare
più
nulla
.
Tuttavia
è
forse
proprio
questa
parola
che
è
necessario
adoperare
per
mettere
in
chiaro
ciò
che
può
essere
innalzato
su
un
piano
universale
.
L
'
orgoglio
non
è
un
valore
e
non
ha
qualità
universale
.
L
'
orgoglio
ideologico
,
noi
lo
detestiamo
e
ci
fa
orrore
,
quando
prende
forma
di
orgoglio
di
patria
.
Lo
riconosciamo
allora
in
tutta
la
sua
turpitudine
.
Nesso
è
orribile
perché
irreale
.
E
orribile
anche
e
soprattutto
perché
è
una
sorgente
di
odio
,
perché
cerca
intorno
a
sé
delle
armi
per
uccidere
i
propri
nemici
,
quelli
che
pensa
come
propri
nemici
,
e
separa
un
paese
dalla
folla
dei
paesi
,
lo
separa
colmandolo
di
ideologiche
vanità
e
irrealtà
.
L
'
orgoglio
di
sesso
nei
movimenti
femminili
è
però
assai
simile
all
'
orgoglio
di
patria
,
poiché
ne
assume
le
fattezze
,
ne
assume
gli
aspetti
aggressivi
e
faziosi
,
la
grottesca
e
irreale
combattività
.
Essere
donne
,
essere
ebrei
,
essere
o
diventare
omosessuali
,
è
come
essere
nati
in
un
paese
o
in
un
altro
.
La
persona
adulta
è
tenuta
a
trarre
,
dalle
origini
che
le
ha
assegnato
il
caso
,
i
massimi
beni
possibili
,
e
la
massima
quantità
possibile
di
conoscenza
della
propria
terra
.
Ma
alle
umiliazioni
e
oppressioni
e
persecuzioni
che
la
società
ha
inflitto
o
infligge
alle
donne
,
o
agli
omosessuali
,
o
agli
ebrei
,
donne
e
omosessuali
e
ebrei
sono
tenuti
a
rispondere
come
se
umiliazioni
e
oppressioni
e
persecuzioni
non
offendessero
soltanto
loro
ma
l
'
intiera
collettività
degli
uomini
.
Nessi
sono
tenuti
a
rispondere
non
con
le
miserabili
combattività
dell
'
orgoglio
ingiuriato
ma
con
l
'
indifferenza
ai
propri
fatti
personali
e
territoriali
che
contraddistingue
la
vera
e
adulta
libertà
.
Ne
invalso
oggi
il
costume
di
radunare
alcuni
gruppi
umani
in
sorte
di
eserciti
,
che
si
propongono
di
imitare
i
partiti
politici
,
o
anzi
dichiarano
di
muoversi
al
seguito
di
insegne
o
bandiere
.
Ma
i
partiti
politici
nascono
da
scelte
politiche
,
ideologiche
,
morali
.
I
migliori
fra
i
partiti
politici
sono
fondati
su
idee
vere
,
su
un
vero
e
reale
e
possibile
disegno
del
mondo
,
e
le
loro
idee
,
partendo
da
valori
universali
,
sono
nel
loro
contenuto
migliore
libere
da
ogni
specie
di
orgoglio
ideologico
,
quindi
chiare
e
secche
.
Le
separazioni
che
si
creano
fra
la
gente
,
per
motivi
politici
,
hanno
un
senso
.
Le
separazioni
che
si
creano
fra
la
gente
,
quando
non
perseguono
un
chiaro
disegno
del
mondo
,
non
hanno
nessun
senso
.
Le
separazioni
che
si
delineano
fra
i
gruppi
umani
,
le
alleanze
fra
donne
,
o
fra
omosessuali
,
o
fra
ebrei
,
non
hanno
nessun
senso
perché
non
ubbidiscono
a
una
scelta
politica
,
ma
si
basano
su
un
lontano
fatto
d
'
origine
,
legato
all
'
ora
della
nascita
,
o
magari
,
come
è
forse
nel
caso
degli
omosessuali
,
legato
a
una
lontana
decisione
infantile
.
Identificare
le
condizioni
umane
con
i
partiti
politici
è
perciò
irreale
.
Non
esiste
,
fra
le
condizioni
umane
e
i
partiti
politici
,
nessuna
specie
di
affinità
.
Una
condizione
umana
non
è
frutto
di
scelta
,
ma
discende
dal
destino
e
dal
caso
.
I
movimenti
femminili
non
saranno
mai
un
partito
politico
,
perché
mentre
è
ben
possibile
immaginare
un
mondo
governato
dalle
forze
d
'
una
determinata
e
nuova
classe
sociale
,
immaginare
un
mondo
composto
esclusivamente
di
donne
e
dominato
da
loro
è
impossibile
,
irreale
e
mortale
.
StampaQuotidiana ,
Quando
a
Socrate
,
che
era
in
carcere
in
attesa
del
processo
,
gli
amici
proposero
la
fuga
da
Atene
,
egli
rifiutò
perché
fuggire
sarebbe
stato
azione
ingiusta
nei
confronti
delle
leggi
ateniesi
che
avevano
presieduto
alla
sua
nascita
,
alla
sua
educazione
e
all
'
intera
sua
vita
.
«
Giusto
»
è
,
in
modo
tipico
,
il
comportamento
di
Socrate
:
cioè
,
in
generale
,
di
chi
si
ispira
al
rispetto
delle
leggi
anche
quando
esse
si
rivolgono
contro
il
suo
interesse
privato
.
Ma
che
cosa
accade
quando
le
leggi
stesse
,
cui
si
dovrebbe
obbedire
per
essere
giusti
,
si
ritengono
«
ingiuste
»
?
E
come
si
fa
a
giudicare
,
in
generale
,
se
una
legge
è
«
giusta
»
o
non
lo
è
?
Gli
uomini
hanno
presto
fatto
l
'
amara
esperienza
che
non
tutte
le
leggi
sono
giuste
.
E
per
valutare
la
giustizia
delle
leggi
,
hanno
fatto
appello
a
una
legge
più
alta
,
data
dalla
natura
o
da
Dio
,
che
sarebbe
il
fondamento
di
tutte
le
leggi
umane
.
In
un
passo
famoso
del
De
Republica
,
Cicerone
esaltava
la
legge
eterna
,
razionale
e
conforme
a
natura
che
è
immutabile
in
tutti
i
luoghi
e
in
tutti
i
tempi
ed
è
l
'
espressione
stessa
della
divinità
che
governa
il
mondo
.
E
già
Aristotele
,
in
un
'
illustrazione
rimasta
classica
del
concetto
di
«
equità
»
,
mostrava
come
questa
fosse
la
correzione
che
i
giudici
apportano
alle
imperfezioni
della
legge
positiva
,
mediante
il
ricorso
alla
legge
eterna
della
giustizia
.
Per
duemila
anni
circa
,
questi
fondamenti
del
giusnaturalismo
sono
stati
i
principi
incontestabili
di
ogni
dottrina
del
diritto
.
Quando
,
nel
'600
,
la
ragione
umana
cominciò
a
rivendicare
la
sua
autonomia
nei
confronti
dell
'
ordine
cosmico
e
della
stessa
divinità
,
la
legge
naturale
apparve
come
la
manifestazione
della
ragione
e
Grozio
affermava
che
essa
aveva
la
stessa
necessità
dei
principi
della
matematica
.
Con
ciò
,
essa
non
perdeva
,
ovviamente
,
la
sua
certezza
assoluta
,
ma
mutava
soltanto
il
suo
fondamento
:
che
non
veniva
più
riconosciuto
nell
'
ordine
naturale
o
divino
,
ma
nella
infallibilità
dell
'
umana
ragione
.
La
consolante
credenza
in
un
'
unica
,
immutabile
legge
di
giustizia
ha
continuato
a
permeare
,
anche
dopo
il
tramonto
del
giusnaturalismo
razionalistico
del
'700
,
la
maggior
parte
delle
teorie
filosofiche
del
diritto
,
che
ne
hanno
dato
ora
questa
ora
quella
giustificazione
o
l
'
hanno
in
molti
modi
camuffata
o
mistificata
.
Soltanto
negli
ultimi
decenni
,
ad
opera
di
quella
corrente
che
suol
chiamarsi
«
positivismo
giuridico
»
ma
che
non
ha
niente
a
che
fare
con
il
vecchio
positivismo
e
perciò
meglio
si
chiamerebbe
«
neoempirismo
giuridico
»
,
quella
certezza
è
stata
messa
in
crisi
.
La
crisi
è
il
riflesso
,
nel
campo
della
teoria
del
diritto
,
della
crisi
generale
della
metafisica
cioè
della
credenza
in
elementi
assoluti
,
soprannaturali
,
trascendenti
per
spiegare
il
mondo
della
realtà
umana
.
Quali
sono
le
ragioni
specifiche
della
crisi
?
Il
diritto
naturale
è
stato
invocato
a
fondare
le
leggi
più
disparate
.
Si
è
ricorso
ad
esso
per
giustificare
l
'
autorità
assoluta
dello
Stato
come
per
giustificare
la
lotta
e
l
'
insurrezione
contro
lo
Stato
.
Si
è
fondata
su
di
esso
la
divisione
naturale
tra
schiavi
e
liberi
(
come
fecero
Platone
e
Aristotele
)
e
l
'
uguaglianza
naturale
di
tutti
gli
uomini
(
come
fecero
gli
Stoici
,
i
Cristiani
e
gli
Illuministi
)
.
Si
è
ritenuta
legge
di
natura
che
il
più
forte
prevalga
sul
più
debole
(
come
dicevano
gli
antichi
Sofisti
e
alcuni
moderni
)
e
che
tutti
gli
uomini
debbano
comportarsi
come
fratelli
.
Se
ne
è
vista
l
'
espressione
nella
guerra
belluina
di
tutti
contro
tutti
e
nella
«
solidarietà
»
che
lega
tutti
gli
uomini
fra
loro
.
Si
è
«
dedotto
»
da
esso
l
'
assolutismo
politico
(
Hobbes
)
come
il
liberalismo
(
Locke
e
molti
moderni
)
.
Ma
a
che
può
servire
una
«
legge
unica
ed
eterna
»
che
consente
di
giustificare
le
leggi
positive
più
contrastanti
e
non
permette
di
scegliere
razionalmente
tra
esse
?
È
questo
l
'
interrogativo
che
domina
il
libro
recente
di
una
lancia
spezzata
del
neoempirismo
giuridico
,
il
danese
Alf
Ross
(
Diritto
e
giustizia
;
l
'
edizione
italiana
è
del
1965
)
.
«
Il
diritto
naturale
»
scrive
Ross
«
cerca
l
'
assoluto
,
l
'
eterno
,
ciò
che
deve
rendere
il
diritto
qualcosa
di
più
di
una
creazione
dell
'
uomo
e
che
esonera
il
legislatore
dalle
penose
responsabilità
della
decisione
...
Ma
l
'
esperienza
mostra
che
le
dottrine
costruite
dagli
uomini
su
questo
fondamento
,
ben
lungi
dall
'
essere
eterne
e
immutabili
,
sono
mutate
a
seconda
dei
tempi
,
dei
luoghi
e
delle
persone
.
La
nobile
sembianza
del
diritto
naturale
è
stata
usata
per
difendere
o
combattere
ogni
possibile
tipo
di
richieste
nascenti
da
una
specifica
situazione
di
vita
o
determinate
da
interessi
politici
ed
economici
di
classe
,
dalla
tradizione
culturale
,
dai
suoi
pregiudizi
e
dalle
sue
aspirazioni
.
»
Sotto
quelle
nobili
sembianze
si
cela
perciò
,
secondo
Ross
,
«
una
sgualdrina
che
è
a
disposizione
di
tutti
»
.
Il
risultato
di
quest
'
atteggiamento
è
la
dissociazione
totale
tra
i
concetti
di
«
diritto
»
e
di
«
giustizia
»
.
Le
parole
«
giusto
»
e
«
ingiusto
»
sono
interamente
prive
di
significato
se
riferite
,
non
ad
un
comportamento
,
ma
ad
una
norma
generale
o
ad
un
ordinamento
giuridico
.
L
'
ideologia
della
giustizia
conduce
solo
al
fanatismo
e
al
conflitto
perché
pretende
dar
valore
assoluto
a
interessi
che
si
oppongono
ad
altri
interessi
e
chiude
la
strada
alla
discussione
diretta
a
trovare
una
soluzione
razionale
dei
conflitti
.
Pertanto
dichiarare
ingiusta
una
norma
o
un
riordinamento
giuridico
non
è
un
atto
di
ragione
ma
l
'
espressione
di
una
reazione
emotiva
,
cioè
di
atteggiamenti
o
di
interessi
che
sono
in
contrasto
con
quella
norma
o
non
trovano
in
essa
una
sufficiente
difesa
.
Sembrerebbe
con
ciò
che
ogni
critica
del
diritto
vigente
,
ogni
tentativo
di
modificarlo
o
correggerlo
,
appartenesse
al
dominio
dell
'
irrazionale
e
consistesse
solo
in
una
cieca
lotta
di
interessi
.
Ma
Ross
non
spinge
sino
a
questo
punto
la
sua
coerenza
.
Egli
si
preoccupa
di
stabilire
anche
il
compito
della
«
politica
del
diritto
»
cioè
della
disciplina
di
trasformazione
del
diritto
.
La
politica
del
diritto
concerne
problemi
che
non
sono
,
o
non
sono
soltanto
,
giuridici
perché
appartengono
all
'
economia
,
alla
finanza
,
pubblica
o
privata
,
al
commercio
,
all
'
educazione
,
ai
rapporti
con
gli
Stati
esteri
,
alla
difesa
e
via
dicendo
.
Questi
problemi
devono
ovviamente
essere
trattati
o
elaborati
con
le
tecniche
specifiche
del
campo
cui
appartengono
e
in
base
a
tali
tecniche
vanno
trovate
le
soluzioni
di
essi
.
La
considerazione
giuridica
interviene
soltanto
per
prevedere
,
nei
limiti
del
possibile
,
quali
sono
le
possibilità
di
influenzare
,
nel
senso
previsto
da
quelle
soluzioni
,
le
azioni
umane
mediante
sanzioni
giuridiche
.
E
in
questo
senso
la
politica
del
diritto
è
«
sociologia
giuridica
applicata
»
o
«
tecnica
giuridica
»
.
In
tal
modo
all
'
ideale
di
una
unica
norma
di
giustizia
valida
come
criterio
o
fondamento
di
tutte
le
leggi
si
sostituisce
come
criterio
per
la
valutazione
e
la
correzione
delle
leggi
il
pluralismo
delle
tecniche
invalse
nei
vari
campi
che
sono
,
o
possono
essere
,
oggetto
di
regolamentazione
giuridica
.
Soltanto
queste
tecniche
potranno
infatti
dirci
quali
sono
i
fini
che
nei
campi
rispettivi
è
conveniente
,
o
utile
o
indispensabile
realizzare
;
mentre
la
dottrina
giuridica
ci
dirà
se
,
e
in
quale
misura
,
questa
regolamentazione
,
agendo
sui
comportamenti
,
potrà
condurre
alla
realizzazione
di
quei
fini
.
Ma
se
così
stanno
le
cose
,
può
ancora
dirsi
,
come
vuole
Ross
,
che
dichiarare
«
ingiusta
»
una
legge
significa
semplicemente
abbandonarsi
ad
una
«
reazione
emotiva
»
?
Mettendo
tra
parentesi
l
'
appello
all
'
ideale
assoluto
di
giustizia
del
vecchio
giusnaturalismo
,
affermare
che
una
legge
è
«
ingiusta
»
può
avere
proprio
il
significato
chiarito
da
Ross
,
che
essa
non
risponde
alle
tecniche
del
campo
che
dovrebbe
regolamentare
o
alla
tecnica
causale
delle
sanzioni
.
Se
per
esempio
l
'
esperienza
prova
che
la
pena
di
morte
non
è
un
deterrente
più
efficace
di
altri
,
la
sua
abolizione
diventa
«
razionale
»
perché
fra
l
'
altro
evita
le
conseguenze
fatali
di
un
possibile
errore
giudiziario
.
Norme
legislative
che
aggravano
i
conflitti
invece
di
evitarli
o
risolverli
o
che
impediscono
,
limitano
o
inceppano
attività
che
è
interesse
comune
garantire
e
sviluppare
o
che
negano
ai
cittadini
,
o
a
gruppi
di
cittadini
,
possibilità
che
sono
a
loro
stessi
o
ad
altri
utili
,
convenienti
o
indispensabili
,
possono
ben
dichiararsi
«
irrazionali
»
nel
senso
ristretto
e
specifico
di
questo
termine
.
E
se
per
razionale
s
'
intende
,
non
già
il
dettato
di
una
ragione
infallibile
,
ma
ogni
tecnica
efficace
,
convalidata
e
correggibile
,
di
un
campo
qualsiasi
,
il
vecchio
ideale
della
giustizia
trascendente
e
normativa
si
converte
in
quello
della
razionalizzazione
delle
norme
giuridiche
,
mediante
l
'
adeguazione
a
queste
tecniche
.
Un
compito
limitato
e
fallibile
quanto
si
vuole
,
ma
profondamente
umano
e
impegnativo
,
perché
consente
agli
uomini
di
guardare
con
più
fiducia
al
loro
avvenire
.
StampaQuotidiana ,
Alle
domande
:
«
Come
devo
agire
?
Quale
deve
essere
la
guida
delle
mie
azioni
?
»
,
Si
possono
dare
due
risposte
diverse
.
Si
può
dire
:
«
Agisci
secondo
la
voce
della
tua
coscienza
che
è
quella
stessa
della
ragione
o
dell
'
ordine
cosmico
o
della
volontà
divina
»
.
O
si
può
dire
:
«
Agisci
in
modo
che
la
tua
azione
tenda
ad
accrescere
la
somma
del
benessere
o
della
felicità
comune
»
.
Quest
'
ultima
è
la
risposta
data
al
problema
morale
dall
'
utilitarismo
.
Questa
dottrina
(
di
cui
si
possono
scorgere
le
prime
tracce
nei
Sofisti
e
nello
stesso
Platone
)
fu
difesa
,
oltreché
dagli
Illuministi
,
da
economisti
e
filosofi
inglesi
nella
prima
metà
dell
'
'800
ed
è
rimasta
una
delle
alternative
fondamentali
della
filosofia
morale
nel
mondo
moderno
.
Secondo
l
'
utilitarismo
,
un
'
azione
è
buona
o
cattiva
a
seconda
che
tende
ad
accrescere
o
a
diminuire
il
benessere
pubblico
.
L
'
azione
morale
dev
'
essere
la
risultanza
di
un
calcolo
:
bisogna
pesare
l
'
entità
rispettiva
del
piacere
attuale
e
del
piacere
futuro
e
mai
sacrificare
il
piacere
maggiore
al
piacere
minore
.
«
L
'
uomo
virtuoso
»
diceva
Bentham
«
accumula
per
l
'
avvenire
un
tesoro
di
felicità
;
l
'
uomo
vizioso
è
un
prodigo
che
dissipa
senza
calcolo
il
suo
reddito
di
felicità
.
»
Chi
resiste
alla
tentazione
di
un
piacere
presente
in
vista
del
danno
che
esso
procurerà
a
sé
o
agli
altri
,
si
comporta
moralmente
;
chi
soggiace
a
quella
tentazione
senza
pensare
a
ciò
che
accadrà
domani
,
si
comporta
immoralmente
.
Il
benessere
privato
coincide
con
il
benessere
pubblico
:
l
'
azione
apparentemente
disinteressata
dell
'
individuo
che
sacrifica
il
suo
piacere
al
benessere
comune
,
risponde
all
'
autentico
interesse
dell
'
individuo
ed
è
frutto
di
un
calcolo
intelligente
che
considera
entrambi
i
piatti
della
bilancia
.
Bentham
(
che
dette
la
prima
sistemazione
rigorosa
all
'
utilitarismo
)
riteneva
che
solo
per
questa
via
la
morale
può
diventare
una
scienza
esatta
e
sottrarsi
alla
saggezza
decorativa
,
alle
parole
sacramentali
,
alle
distinzioni
casistiche
e
ai
dogmi
dell
'
intolleranza
.
L
'
utilitarismo
(
egli
diceva
)
rende
di
facile
uso
la
regola
del
dovere
e
ne
fa
un
aiuto
efficace
per
il
benessere
quotidiano
degli
uomini
.
La
critica
che
Alessandro
Manzoni
rivolse
all
'
utilitarismo
nell
'
appendice
al
capitolo
terzo
della
Morale
cattolica
(
1855
)
è
rimasta
decisiva
per
la
filosofia
italiana
.
Manzoni
opponeva
all
'
utilitarismo
che
ciò
che
è
moralmente
giusto
non
si
può
confondere
con
ciò
che
è
utile
all
'
individuo
e
alla
società
,
che
l
'
azione
morale
autentica
è
ispirata
non
dall
'
interesse
,
ma
da
una
norma
che
obbliga
la
coscienza
e
che
il
concetto
stesso
di
obbligazione
non
nascerebbe
se
la
morale
fosse
fondata
sull
'
utilità
perché
seguire
l
'
interesse
non
è
un
obbligo
ma
una
tendenza
.
Manzoni
riconosceva
che
ciò
che
è
giusto
è
anche
utile
,
nel
senso
che
chi
agisce
giustamente
può
attendersi
una
ricompensa
e
chi
agisce
ingiustamente
un
castigo
;
ma
riteneva
che
questo
legame
tra
giustizia
e
utilità
non
indicasse
l
'
identità
dei
due
termini
ma
piuttosto
la
loro
distinzione
.
E
negava
che
il
criterio
dell
'
utilità
servisse
a
rendere
più
facile
la
scelta
dell
'
azione
da
compiere
.
Infatti
,
prevedere
tutti
gli
effetti
che
una
azione
determinata
avrà
nel
futuro
su
noi
stessi
e
sugli
altri
,
per
determinarne
il
grado
di
utilità
,
è
un
compito
difficile
e
quasi
impossibile
sulla
scorta
delle
indicazioni
che
l
'
esperienza
passata
può
dare
:
tanto
più
che
l
'
esperienza
può
farci
prevedere
il
corso
probabile
delle
cose
,
non
quello
certo
.
Dopo
la
critica
manzoniana
,
l
'
utilitarismo
(
che
era
stata
la
premessa
filosofica
dell
'
opera
di
Beccaria
,
Dei
delitti
e
delle
pene
)
non
ha
suscitato
in
Italia
che
un
blando
interesse
storico
ma
non
è
stato
assunto
,
neppure
da
pensatori
positivisti
,
come
punto
di
partenza
dell
'
indagine
della
vita
morale
.
Nella
filosofia
anglo
-
americana
invece
esso
è
rimasto
,
con
poche
eccezioni
,
l
'
indirizzo
dominante
,
pur
essendo
sottoposto
a
critiche
minute
,
e
continua
ad
essere
l
'
unica
alternativa
all
'
interpretazione
metafisica
o
teologica
del
mondo
morale
.
Dopo
la
guerra
,
esso
ha
assunto
una
nuova
forma
ed
è
stato
chiamato
utilitarismo
«
modificato
»
,
«
ristretto
»
,
o
«
indiretto
»
,
perché
non
si
applica
più
alle
azioni
ma
solo
alle
regole
da
cui
esse
sono
dirette
.
Secondo
il
vecchio
utilitarismo
,
un
'
azione
è
buona
o
cattiva
a
seconda
che
contribuisce
o
no
al
benessere
o
alla
felicità
comune
.
Secondo
il
nuovo
utilitarismo
,
un
'
azione
è
buona
o
cattiva
se
si
conforma
o
no
a
una
regola
;
ma
una
regola
è
buona
o
cattiva
a
seconda
che
contribuisce
o
no
al
benessere
comune
.
Secondo
il
vecchio
utilitarismo
,
il
calcolo
dei
piaceri
o
dei
dolori
che
possono
derivare
da
un
'
azione
determinata
deve
essere
fatto
da
chiunque
si
appresta
a
compiere
l
'
azione
stessa
;
secondo
il
nuovo
utilitarismo
,
questo
calcolo
dev
'
essere
fatto
solo
da
coloro
che
si
accingono
a
dare
un
giudizio
sulle
regole
della
morale
e
vogliono
saggiarne
o
determinarne
il
valore
.
Da
questo
punto
di
vista
,
mentre
la
vita
morale
consiste
(
proprio
come
crede
il
comune
buon
senso
)
nell
'
obbedienza
alle
leggi
e
non
ha
bisogno
di
appellarsi
al
criterio
utilitario
,
l
'
indagine
morale
,
al
livello
della
riflessione
filosofica
,
deve
fare
appello
a
quel
criterio
nella
valutazione
e
nella
critica
delle
norme
morali
,
delle
leggi
giuridiche
e
delle
istituzioni
sociali
.
Si
tratta
,
certamente
,
di
un
punto
di
vista
assai
più
scaltrito
che
si
sottrae
in
buona
parte
alle
critiche
cui
andava
soggetto
l
'
utilitarismo
classico
.
Rimane
da
vedere
se
esso
si
sottrae
veramente
a
tutte
le
critiche
decisive
,
cioè
se
dà
conto
di
tutti
gli
aspetti
della
vita
morale
.
E
su
questo
punto
i
pareri
sono
ancora
discordi
.
Un
libro
recente
di
David
Lyons
(
Forms
and
Limits
of
Utilitarianism
,
Oxford
,
1965
)
giunge
su
questo
punto
a
conclusioni
negative
.
L
'
utilitarismo
nuovo
,
come
il
vecchio
,
non
risolve
tutti
i
problemi
della
morale
.
Soprattutto
non
dà
conto
dei
diritti
,
dei
doveri
,
delle
obbligazioni
nel
loro
carattere
assoluto
e
incondizionato
:
in
quanto
non
ammettono
le
limitazioni
cui
la
clausola
delle
utilità
li
sottoporrebbe
.
Una
promessa
,
ad
esempio
,
è
un
impegno
che
è
giusto
sia
mantenuto
ad
ogni
costo
,
anche
se
il
suo
mantenimento
cessa
di
essere
utile
per
uno
dei
contraenti
.
Ancora
una
volta
,
il
criterio
dell
'
utilità
non
risponde
(
pare
)
a
tutte
le
esigenze
della
giustizia
ed
è
dichiarato
insufficiente
a
spiegare
la
vita
morale
.
In
un
passo
de
La
Repubblica
,
Platone
diceva
che
neppure
una
banda
di
briganti
o
di
ladri
potrebbe
mettersi
insieme
e
portare
a
termine
una
malefatta
qualsiasi
,
se
non
rispettasse
,
nel
suo
interno
,
le
regole
della
giustizia
.
Non
si
potrebbe
esprimere
meglio
il
carattere
funzionale
delle
regole
che
costituiscono
la
giustizia
o
,
in
generale
,
la
vita
morale
.
Queste
regole
tendono
a
far
sì
che
gli
uomini
,
invece
di
ammazzarsi
e
nuocersi
a
vicenda
,
possano
vivere
insieme
e
progettare
e
coordinare
le
attività
da
cui
dipende
la
loro
vita
nel
mondo
.
Tendono
altresì
a
eliminare
i
conflitti
o
a
diminuirli
o
a
stabilire
criteri
per
la
loro
soluzione
pacifica
;
nonché
a
favorire
e
dirigere
certe
trasformazioni
dei
moduli
cui
si
conforma
la
vita
associata
o
a
escluderne
altre
.
Si
può
discutere
all
'
infinito
sul
fondamento
trascendente
o
immanente
delle
regole
morali
,
sulle
vie
in
cui
sono
manifestate
o
rivelate
all
'
uomo
,
sulla
loro
assolutezza
o
relatività
e
via
dicendo
.
Ma
sul
fatto
fondamentale
della
funzione
che
esse
assolvono
o
debbono
assolvere
nella
vita
associata
,
cioè
di
rendere
possibile
questa
vita
e
di
non
votarla
alla
distruzione
(
che
sarebbe
la
distruzione
degli
stessi
individui
che
la
compongono
)
,
si
trovano
d
'
accordo
i
più
disparati
sistemi
di
etica
.
Ora
proprio
su
questa
funzione
delle
regole
morali
ha
fatto
leva
l
'
utilitarismo
antico
e
moderno
e
fanno
leva
soprattutto
le
nuove
forme
di
utilitarismo
indiretto
.
Forse
il
termine
stesso
di
«
utilità
»
(
e
quindi
anche
di
«
utilitarismo
»
)
è
troppo
ristretto
per
indicare
la
molteplicità
delle
funzioni
che
le
norme
morali
devono
assolvere
nel
contesto
sociale
,
perché
sembra
riferirsi
all
'
interesse
ristretto
dell
'
individuo
che
va
in
cerca
del
suo
utile
particolare
.
E
certo
avevano
ragione
i
critici
del
vecchio
utilitarismo
(
Manzoni
compreso
)
di
dubitare
che
l
'
utile
individuale
coincidesse
sempre
con
l
'
utile
comune
.
Ma
il
concetto
di
funzionalità
delle
regole
morali
(
come
di
quelle
giuridiche
)
non
soggiace
a
queste
critiche
,
perché
si
situa
a
un
livello
più
alto
di
generalizzazione
e
non
concerne
più
l
'
utile
privato
come
tale
.
Il
criterio
della
funzionalità
è
presente
,
almeno
implicitamente
,
a
tutte
le
critiche
ben
fondate
che
oggi
si
rivolgono
a
istituzioni
,
ordinamenti
giuridici
o
costumi
o
atteggiamenti
ricorrenti
:
in
quanto
mostrano
che
istituzioni
,
ordinamenti
,
atteggiamenti
non
assolvono
più
la
loro
funzione
o
mirano
a
realizzare
scopi
che
sono
estranei
al
funzionamento
di
certi
aspetti
della
società
moderna
.
E
se
si
considera
la
varietà
e
la
disparità
delle
credenze
,
dei
costumi
,
delle
istituzioni
dei
popoli
che
ormai
vivono
a
contatto
di
gomito
in
un
mondo
divenuto
troppo
stretto
,
e
tra
i
quali
c
'
è
una
ferrea
solidarietà
di
fatto
che
ha
preceduto
di
gran
lunga
la
buona
volontà
della
comprensione
reciproca
,
si
vede
subito
come
la
considerazione
funzionalistica
della
morale
,
indipendente
com
'
è
,
per
sua
natura
,
dai
conflitti
ideologici
,
è
la
sola
capace
di
preparare
la
condizione
per
una
effettiva
coesistenza
pacifica
.
StampaQuotidiana ,
A
una
settimana
dal
voto
,
una
riflessione
più
pacata
può
integrare
,
e
in
parte
correggere
,
le
riflessioni
immediate
.
La
prima
considerazione
è
che
se
l
'
insuccesso
della
sinistra
è
fuori
discussione
,
la
vittoria
della
destra
è
meno
evidente
di
quanto
i
commenti
dei
primi
giorni
abbiano
lasciato
intendere
.
Non
si
può
dire
che
gli
italiani
abbiano
scelto
Berlusconi
:
su
48
milioni
di
elettori
solo
8
hanno
votato
per
Forza
Italia
.
Dopo
il
confronto
televisivo
con
Occhetto
,
il
Cavaliere
,
in
una
festa
con
i
suoi
sostenitori
,
deplorando
di
non
poter
utilizzare
appieno
il
suo
apparato
propagandistico
aveva
detto
di
temere
che
un
consenso
giunto
al
40
per
cento
potesse
scendere
al
20
.
Aggiungeva
,
però
,
che
gli
ultimi
sondaggi
(
da
non
rendere
pubblici
)
gli
assicuravano
ancora
un
terzo
dei
suffragi
.
Era
il
23
marzo
.
Cinque
giorni
dopo
,
Forza
Italia
si
assestava
proprio
al
21
per
cento
,
solo
mezzo
punto
in
più
dello
sconfitto
PDS
.
Sconfitta
,
in
termini
di
voti
,
era
anche
la
Lega
,
che
col
suo
8,4
per
cento
scendeva
al
di
sotto
del
livello
del
1992
,
dopo
che
nel
1993
il
suo
consenso
poteva
valutarsi
al
20
per
cento
.
Il
risultato
migliore
del
Polo
della
libertà
e
del
Buon
governo
era
quello
di
Alleanza
Nazionale
,
il
cui
13,6
per
cento
è
determinante
nel
collocare
il
Polo
al
di
sopra
del
40
per
cento
.
Senza
la
Fiamma
lo
schieramento
,
col
29,4
per
cento
,
sarebbe
di
un
solo
punto
al
di
sopra
dei
progressisti
,
che
,
senza
Rifondazione
,
inutilizzabile
come
forza
di
governo
,
si
collocano
al
28,4
.
Queste
cifre
ridimensionano
il
quadro
di
una
destra
trionfante
e
di
una
sinistra
a
pezzi
.
È
un
'
immagine
rafforzata
dal
grande
divario
di
seggi
alla
Camera
,
conseguenza
sia
della
legge
elettorale
che
di
una
sua
utilizzazione
da
parte
di
un
elettorato
che
ha
preferito
la
polarizzazione
alla
frammentazione
:
da
qui
la
frana
degli
alleati
non
comunisti
del
PDS
e
le
proporzioni
della
sconfitta
progressista
nel
lombardo
-
veneto
.
Proprio
perché
è
stato
il
lombardo
-
veneto
,
con
la
Lega
,
a
battere
i
partiti
della
Prima
Repubblica
,
si
può
capire
la
difficoltà
di
Bossi
.
Non
è
detto
che
il
suo
problema
sia
quello
di
venir
meno
all
'
impegno
di
non
fare
«
mai
»
un
governo
con
i
«
fascisti
»
,
con
la
«
destra
forcaiola
»
.
Se
si
trattasse
solo
di
modificare
una
posizione
non
sarebbe
la
prima
volta
nella
vita
politica
.
Ma
il
fatto
è
che
omologandosi
a
una
destra
egemonizzata
da
Forza
Italia
,
la
Lega
potrebbe
ridursi
a
un
soggetto
marginale
nel
giro
di
un
anno
,
già
alle
elezioni
regionali
del
1995
.
La
distribuzione
del
43
per
cento
dei
voti
che
la
Lega
aveva
raccolto
a
Milano
nello
scorso
giugno
(
oggi
15
alla
Lega
,
28
a
Berlusconi
)
è
per
Bossi
un
campanello
d
'
allarme
che
potrebbe
trasformarsi
in
un
rintocco
funebre
.
Egli
ha
oggi
il
gruppo
parlamentare
più
numeroso
,
al
quale
spetterebbe
il
primo
incarico
per
la
formazione
del
governo
in
assenza
di
una
maggioranza
precostituita
.
Ma
è
un
vantaggio
temporaneo
,
in
una
situazione
precaria
.
Se
la
Lega
non
trasforma
il
federalismo
da
slogan
in
progetto
preciso
,
il
suo
destino
potrebbe
essere
segnato
.
Quella
di
Bossi
non
è
una
pretattica
,
come
afferma
Fini
,
ma
esigenza
di
sopravvivenza
.
Ed
è
questa
situazione
che
offre
al
PDS
una
occasione
che
potrebbe
cogliere
,
se
il
suo
gruppo
dirigente
passasse
la
mano
,
invece
di
rimanere
paralizzato
nella
rassegnazione
.
Occhetto
e
D
'
Alema
possono
uscire
onorevolmente
di
scena
e
contribuire
al
ruolo
che
il
partito
può
svolgere
con
la
loro
esperienza
di
parlamentari
.
Questo
ruolo
non
si
capisce
perché
debba
essere
quello
di
assistere
inerti
,
all
'
opposizione
,
a
un
governo
egemonizzato
da
Forza
Italia
.
Questo
governo
potrebbe
essere
in
grado
di
promuovere
quell
'
ampio
consenso
che
Berlusconi
sperava
e
che
non
ha
ottenuto
,
tanto
che
al
Senato
manca
la
maggioranza
.
Essa
sarebbe
comunque
risicata
(
e
probabilmente
inadeguata
ai
compiti
che
l
'
attendono
)
,
anche
col
voto
dei
senatori
a
vita
della
vecchia
DC
.
Un
PDS
rinnovato
al
vertice
potrebbe
proporsi
per
il
sostegno
esterno
a
una
coalizione
con
forte
maggioranza
nei
due
rami
del
Parlamento
,
in
grado
di
procedere
rapidamente
al
necessario
riassetto
istituzionale
,
con
quella
larga
autonomia
di
macroregioni
che
non
si
vede
come
Alleanza
Nazionale
potrebbe
accettare
.
Senza
una
mossa
d
'
anticipo
,
l
'
attendere
che
siano
Segni
,
Pannella
e
Formigoni
ad
ampliare
l
'
orizzonte
della
destra
non
aprirebbe
la
via
a
una
opposizione
in
grado
di
essere
alternativa
ma
a
una
egemonia
moderata
proiettata
verso
il
Duemila
.
Un
PDS
protagonista
costituente
della
Seconda
Repubblica
potrebbe
invece
superare
la
frustrazione
del
28
marzo
,
che
in
caso
contrario
potrebbe
protrarsi
indefinitamente
.
StampaQuotidiana ,
Nel
Candide
di
Voltaire
,
il
protagonista
,
sottoposto
dalla
sorte
ad
ogni
specie
di
immeritate
e
dolorose
vicende
,
si
consola
asserendo
,
in
accordo
con
gli
insegnamenti
del
suo
maestro
Pangloss
,
che
«
tutto
va
per
il
meglio
nel
miglior
dei
mondi
possibili
»
.
Pochi
di
noi
sarebbero
oggi
disposti
a
ripetere
l
'
insegnamento
di
Pangloss
o
a
consolarsi
come
Candido
.
L
'
esperienza
di
due
guerre
mondiali
particolarmente
feroci
,
con
il
loro
accompagnamento
di
orrori
,
di
distruzioni
e
di
crudeltà
inaudite
;
quella
,
altrettanto
decisiva
,
del
carattere
ostile
e
maligno
delle
forze
naturali
che
,
per
quanto
imbrigliate
e
dominate
dalla
tecnica
scientifica
,
non
mancano
ad
ogni
occasione
di
rifarsi
a
danno
della
vita
e
dei
beni
degli
uomini
;
l
'
eco
dei
disastri
che
colpiscono
ora
questa
ora
quella
popolazione
del
globo
,
senza
eccettuarne
nessuna
;
e
il
timore
o
la
previsione
di
disastri
e
difficoltà
ancora
maggiori
cui
il
genere
umano
può
andare
incontro
nel
prossimo
o
lontano
futuro
,
sono
tutti
elementi
che
distolgono
le
persone
pensose
dall
'
ottimismo
di
Candido
.
La
stessa
facilità
e
rapidità
delle
comunicazioni
e
la
solidarietà
di
fatto
che
si
è
creata
fra
tutto
il
genere
umano
e
per
la
quale
niente
che
accada
a
una
parte
di
esso
è
privo
di
conseguenze
per
le
altre
parti
,
rendono
immediatamente
presente
anche
all
'
uomo
più
fortunato
i
dolori
o
le
minacce
che
incombono
su
altri
suoi
simili
e
gli
rendono
difficile
creder
di
vivere
nel
migliore
dei
mondi
.
Tuttavia
,
l
'
atteggiamento
suggerito
dall
'
ottimismo
tende
a
conservarsi
per
inerzia
anche
quando
la
credenza
nell
'
ottimismo
è
stata
ripudiata
.
Ci
sono
atteggiamenti
ricorrenti
,
ai
quali
ciascuno
di
noi
si
abbandona
frequentemente
nel
corso
della
vita
,
che
sarebbero
giustificabili
solo
sulla
base
della
dottrina
di
Pangloss
.
Che
il
mondo
vada
avanti
da
sé
,
anche
se
io
non
mi
preoccupo
,
nei
limiti
delle
mie
possibilità
,
di
farlo
andare
avanti
;
che
le
cose
alla
fine
si
accomodino
e
che
il
buon
senso
e
la
giustizia
prevalgano
in
ogni
caso
;
che
tutti
i
mali
che
capitano
agli
uomini
siano
portatori
o
forieri
di
altrettanti
beni
,
sono
forme
di
consolazione
o
di
evasione
cui
ognuno
è
tentato
di
ricorrere
in
determinate
circostanze
;
e
soprattutto
quando
l
'
egoismo
,
la
sfiducia
o
la
pigrizia
vanno
in
cerca
di
una
giustificazione
.
Sembra
che
,
in
questi
casi
,
una
dottrina
opposta
a
quella
di
Pangloss
,
cioè
il
pessimismo
,
sia
una
medicina
salutare
.
Sembra
,
cioè
,
che
l
'
uomo
sia
meglio
stimolato
all
'
azione
e
a
una
condotta
razionale
delle
proprie
faccende
dalla
credenza
che
il
mondo
non
va
da
sé
ma
ha
bisogno
,
per
andare
avanti
,
del
contributo
di
tutti
e
che
le
cose
volgono
al
peggio
se
nessuno
fa
nulla
per
migliorarle
.
Filosoficamente
parlando
,
l
'
ottimismo
si
fonda
sulla
dottrina
che
il
mondo
è
stato
fatto
per
gli
uomini
,
cioè
per
rendere
possibile
la
loro
vita
e
la
loro
felicità
e
che
la
storia
è
indirizzata
,
dall
'
ordine
stesso
del
mondo
,
verso
il
progresso
del
genere
umano
.
Il
finalismo
della
natura
e
il
progresso
della
storia
sono
le
due
espressioni
dell
'
ottimismo
filosofico
.
Le
grandi
sintesi
speculative
dell
'
'800
,
dall
'
idealismo
al
positivismo
,
hanno
dato
una
base
diversa
a
questi
due
pilastri
,
ma
si
sono
accordate
nel
tenerli
in
piedi
.
L
'
idealismo
fondò
questi
pilastri
sulla
presenza
,
nel
mondo
,
di
una
Ragione
onnipotente
che
indirizza
il
divenire
del
mondo
verso
le
istituzioni
e
le
attività
umane
di
natura
più
alta
e
spirituale
(
lo
Stato
,
l
'
arte
,
la
religione
e
la
filosofia
)
.
Il
positivismo
ritenne
che
al
divenire
del
mondo
presiedesse
un
meccanismo
infallibile
,
destinato
a
garantire
la
conservazione
del
genere
umano
e
il
suo
progresso
continuo
.
Nell
'
uno
e
nell
'
altro
caso
,
l
'
uomo
appariva
come
il
fine
ultimo
dell
'
intera
vita
cosmica
e
le
attività
specificamente
umane
,
cioè
quelle
spirituali
,
apparivano
radicate
nella
sostanza
del
mondo
e
garantite
da
essa
nella
loro
conservazione
e
nel
loro
sviluppo
.
È
ovvio
che
da
questo
punto
di
vista
c
'
è
poco
da
temere
per
le
sorti
dell
'
uomo
nel
mondo
.
Il
corso
degli
eventi
,
anche
se
apparentemente
disordinato
o
sfavorevole
,
provvede
,
a
lungo
andare
,
alla
correzione
del
disordine
e
alla
restaurazione
dei
valori
,
nonostante
la
cattiva
o
deficiente
volontà
degli
uomini
,
che
può
anche
essere
,
a
volte
,
uno
strumento
di
quella
correzione
.
Dall
'
altro
lato
,
quando
Schopenhauer
,
nella
sua
polemica
contro
l
'
idealismo
,
ne
volle
battere
in
breccia
l
'
ottimismo
,
ne
capovolse
proprio
i
presupposti
metafisici
.
Il
mondo
non
è
l
'
espressione
di
una
Ragione
onnipotente
ma
di
una
Volontà
irrazionale
e
cieca
,
internamente
dilaniata
da
conflitti
insanabili
,
che
mette
gli
esseri
viventi
gli
uni
contro
gli
altri
e
non
garantisce
a
nessuno
di
essi
la
felicità
e
il
progresso
.
Da
questo
punto
di
vista
,
la
vita
è
un
desiderare
continuo
senza
meta
e
senza
riposo
;
è
bisogno
o
mancanza
,
cioè
dolore
,
e
l
'
infelicità
è
la
condizione
insuperabile
dell
'
uomo
nel
mondo
.
Schopenhauer
additava
l
'
unica
salvezza
possibile
nella
negazione
della
volontà
di
vivere
(
il
nirvana
buddistico
)
cioè
nell
'
ascesi
che
fa
tacere
gradualmente
tutti
i
bisogni
e
annulla
la
vita
alla
sua
radice
.
Se
questo
fosse
tutto
quanto
il
pessimismo
può
dirci
,
l
'
atteggiamento
che
ne
deriva
per
l
'
uomo
non
sarebbe
diverso
da
quello
dell
'
ottimismo
.
Per
ciò
che
riguarda
la
sua
vita
nel
mondo
,
l
'
uomo
non
può
far
nulla
.
Se
c
'
è
una
forza
benigna
o
maligna
,
che
regge
le
sorti
del
mondo
e
cui
l
'
uomo
stesso
è
soggetto
,
la
parte
dell
'
uomo
si
riduce
a
zero
.
La
ragion
pigra
è
la
conseguenza
di
ogni
impostazione
filosofica
di
questo
genere
:
una
volta
decisa
qual
è
la
natura
del
mondo
,
le
situazioni
in
cui
l
'
uomo
viene
a
trovarsi
perdono
ogni
importanza
perché
si
sa
già
in
anticipo
che
si
risolveranno
in
quell
'
unico
modo
.
L
'
uomo
può
assumere
la
figura
di
un
attore
più
o
meno
importante
,
nella
storia
del
mondo
,
solo
se
le
sorti
di
questa
storia
non
sono
decise
in
anticipo
.
In
realtà
,
circa
la
natura
del
mondo
nel
suo
complesso
,
gli
uomini
non
sanno
nulla
.
Pessimismo
e
ottimismo
sono
ipotesi
molto
azzardate
che
i
filosofi
formulano
generalizzando
certe
situazioni
,
in
cui
l
'
uomo
viene
frequentemente
a
trovarsi
.
In
alcune
di
queste
situazioni
,
l
'
uomo
riesce
ad
avere
la
meglio
,
in
altre
soccombe
.
Questo
è
tutto
ciò
che
sappiamo
.
Generalizzare
su
questa
base
,
decidere
una
volta
per
tutte
che
la
natura
del
mondo
è
questa
o
quella
,
è
un
inutile
azzardo
che
ha
l
'
unico
risultato
di
fare
dell
'
uomo
un
pigro
spettatore
di
eventi
.
Ciò
che
l
'
uomo
può
fare
di
utile
e
di
positivo
è
di
rendersi
conto
,
con
analisi
precise
,
delle
situazioni
che
più
frequentemente
gli
si
offrono
e
di
darsi
alla
ricerca
dei
mezzi
che
possono
permettergli
di
superarle
con
successo
.
Questo
gli
impedirà
di
abbandonarsi
troppo
fiduciosamente
al
corso
delle
cose
o
di
rinunziare
in
partenza
a
ogni
tentativo
di
modificarlo
.
Lo
renderà
vigilante
e
attivo
,
seppure
alieno
dall
'
illusione
che
ogni
sua
impresa
sarà
coronata
dal
successo
.
Gli
darà
una
misurata
fiducia
nelle
sue
forze
,
facendogli
apparire
indegna
di
lui
la
rinuncia
o
la
disperazione
passiva
.
Lo
aiuterà
a
progettare
le
varie
forme
della
sua
attività
ma
gli
darà
anche
il
senso
del
limite
dei
suoi
progetti
,
delle
condizioni
cui
debbono
soddisfare
e
che
possono
determinarne
la
sorte
.
A
conti
fatti
,
si
tratterà
pur
sempre
di
un
pessimismo
ma
di
un
pessimismo
,
per
così
dire
,
di
metodo
,
non
di
dottrina
.
Noi
non
sappiamo
se
l
'
uomo
riuscirà
a
sottrarre
se
stesso
alla
fame
,
alla
distruzione
,
alla
degenerazione
,
agli
innumerevoli
flagelli
che
lo
minacciano
.
Sappiamo
che
dobbiamo
provarci
.
Sappiamo
anche
che
molto
dipenderà
dalla
coordinazione
e
dalla
tenacia
dei
nostri
sforzi
e
molto
,
ancora
,
dalla
conoscenza
spregiudicata
delle
condizioni
in
cui
questi
sforzi
si
effettueranno
e
delle
reazioni
che
susciteranno
.
E
a
questo
fine
,
l
'
uomo
dovrà
meglio
conoscere
se
stesso
e
le
sue
capacità
,
oltre
che
le
energie
che
la
natura
gli
può
offrire
.
Più
che
di
miti
,
di
apocalissi
,
di
diagnosi
totalitarie
,
l
'
uomo
ha
bisogno
,
in
ogni
campo
,
e
in
primo
luogo
nella
filosofia
,
di
conoscenze
e
di
norme
che
reggano
alla
prova
dei
fatti
e
che
siano
adatte
a
correggere
i
fatti
stessi
.
Un
pessimismo
di
questo
genere
non
s
'
arrende
di
fronte
ai
fatti
,
non
dà
sempre
ragione
ai
fatti
,
ma
non
cessa
di
tenerne
conto
.
E
può
consentire
a
ciascun
uomo
di
aiutare
meglio
se
stesso
e
di
tendere
con
più
efficacia
la
mano
al
suo
prossimo
.
StampaQuotidiana ,
Non
un
incontro
di
persone
colte
e
competenti
,
ma
evento
per
contribuire
a
formare
una
mentalità
e
un
comportamento
popolare
.
È
questo
secondo
monsignor
Clemente
Riva
,
Vescovo
Ausiliare
di
Roma
e
Presidente
e
della
Commissione
Ecumenica
Diocesana
,
il
significato
della
«
Giornata
per
l
'
approfondimento
e
o
sviluppo
del
dialogo
religioso
ebraico
-
cristiano
»
,
che
per
la
prima
volta
è
stata
celebrata
mercoledì
17
gennaio
.
Al
giornata
rappresenta
così
un
momento
alto
e
ricco
di
promesse
per
il
cammino
di
riconcliazione
e
di
amicizia
che
cattolici
ed
ebrei
hanno
intrapreso
da
ormai
molti
anni
,
segnando
nel
contempo
la
strada
percorsa
sinora
dalla
Chiesa
Cattolica
con
una
pietra
miliare
di
grande
significato
religioso
e
umano
.
La
Conferenza
Episcopale
Italiana
ha
istituito
questa
nuova
iniziativa
che
si
pone
come
strumento
per
la
conoscenza
e
la
comprensione
della
religione
ebraica
.
Questo
,
come
ha
più
volte
sottolineato
Monsignor
Riva
,
consentirà
ai
cattolici
di
sapere
di
più
non
solo
su
un
'
altra
religione
,
ma
anche
e
soprattutto
sulla
propria
.
Il
Vescovo
Ausiliario
di
Roma
ha
ribadito
con
vigore
la
continuità
che
contraddistingue
inequivocabilmente
ebraismo
e
cristianesimo
ricordando
come
la
conoscenza
di
ciò
che
è
differente
,
ma
non
opposto
,
contribuisca
a
far
meglio
comprendere
se
stessi
.
Per
meglio
far
intendere
il
significato
delle
sue
affermazioni
,
Monsignor
Riva
ha
analizzato
i
contenuti
delle
due
religioni
identificando
tre
elementi
nei
quali
entrambi
si
fondano
:
il
monoteismo
,
la
legge
di
Mosè
e
l
'
amore
.
La
fraternità
che
lega
i
fratelli
maggiori
ebrei
ai
più
giovani
fratelli
cristiani
è
radicata
nella
paternità
dell
'
unico
signore
.
La
lezione
offerta
da
Monsignor
Riva
è
stata
centrata
soprattutto
sulla
presentazione
dei
documenti
con
i
quali
la
Chiesa
Cattolica
ha
nei
tempi
recenti
intrapreso
il
cammino
ancora
in
atto
di
riconciliazione
con
gli
ebrei
.
Il
Vescovo
ha
ricordato
il
punto
di
partenza
,
la
Dichiarazione
conciliare
Nostra
aetate
,
poi
gli
Orientamenti
e
suggerimenti
per
l
'
applicazione
della
Nostra
aetate
,
del
1974
,
ed
,
infine
,
il
documento
Ebrei
ed
ebraismo
nella
predicazione
e
nella
catechesi
della
Chiesa
Cattolica
.
Questi
documenti
trovarono
una
loro
efficace
sintesi
nel
discorso
che
Giovanni
Paolo
Il
pronunciò
nel
tempio
maggiore
della
comunità
israelitica
romana
durante
la
memorabile
visita
del
13
aprile
1986
.
Monsignor
Riva
ha
richiamato
l
'
impegno
e
la
volontà
dei
cattolici
a
superare
e
vincere
l
'
antisemitismo
che
purtroppo
non
è
ancora
morto
invitando
tutti
ad
essere
fiduciosi
sull
'
esito
del
dialogo
intrapreso
,
malgrado
gli
incidenti
di
percorso
.
«
Ma
il
cammino
andrà
avanti
nonostante
noi
-
ha
affermato
-
perché
è
nelle
mani
del
Signore
»
.
La
prima
parte
dell
'
incontro
è
stata
animata
dalla
Prof
.
Maria
Vingiani
,
Presidente
Nazionale
del
Segretariato
Attività
Ecumeniche
,
e
dal
Prof
.
Elio
Toaff
,
Rabbino
capo
di
Roma
.
La
Prof
.
Vingiani
ha
collocatole
l
'
iniziativa
di
questa
«
Giornata
»
nel
percorso
compiuto
dalla
Chiesa
a
partire
dal
1960
,
quando
,
il
13
giugno
,
lo
storico
ebreo
Jules
Isaac
ebbe
in
Vaticano
un
memorabile
colloquio
con
Giovanni
XXIII
.
Lo
studioso
affidò
al
Papa
un
suo
studio
sull
'
antisemitismo
.
Il
Papa
,
profondamente
colpito
,
«
passò
»
il
dossier
al
Cardinale
Bea
.
Da
questo
avvenimento
prese
avvio
il
cammino
che
ora
si
arricchisce
di
una
nuova
iniziativa
con
la
quale
si
vuol
far
sì
che
la
riconciliazione
sia
non
un
qualcosa
da
celebrare
e
basta
ma
qualcosa
da
calare
nella
vita
di
tutti
i
giorni
,
affinché
diventi
una
vera
e
diffusa
mentalità
.
Da
parte
sua
,
il
Prof
.
Toaff
ha
«
presentato
»
agli
intervenuti
la
religione
ebraica
.
Questa
si
caratterizza
per
essere
religione
di
azione
,
non
religione
del
dogma
,
L
'
azione
è
la
vera
dimostrazione
della
fede
e
la
fede
senza
l
'
azione
è
morta
.
La
religione
ebraica
,
fondata
da
Abramo
,
perfezionata
da
Mosé
con
la
sua
legge
è
immutata
da
millenni
.
In
essa
e
per
essa
sono
vissuti
in
Israele
o
ovunque
dispersi
nel
mondo
uomini
e
comunità
che
si
sono
sempre
riconosciuti
come
figli
dell
'
unico
Dio
e
appartenenti
alla
sua
stirpe
sacerdotale
.
I
commenti
e
le
interpretazioni
al
nucleo
immutabile
della
religione
-
la
misnah
e
il
Talmud
-
non
costituiscono
modificazioni
della
religione
ma
testimoniano
della
volontà
del
popolo
ebreo
di
vivere
sempre
nel
proprio
tempo
.
La
celebrazione
romana
dello
«
Giornata
»
si
è
conclusa
con
un
breve
dibattito
al
quale
hanno
partecipato
sacerdoti
e
laici
.
Ne
è
emersa
con
chiarezza
la
necessità
che
la
«
Giornata
dell
'
Ebraismo
»
sia
sempre
più
«
pedagogia
»
e
«
catechesi
»
.
È
infatti
evidente
che
molto
deve
ancora
essere
fatto
prime
che
la
riconciliazione
,
da
tutti
i
relatori
ardentemente
auspicata
,
diventi
da
ideale
un
po
'
astratto
una
realtà
vissuta
da
cattolici
ed
ebrei
nella
loro
vita
quotidiana
.
Un
aspetto
dalla
celebrazione
va
notato
.
Il
luogo
dell
'
incontro
,
la
«
Sala
Baldmi
»
,
in
piazza
di
Campitelli
,
fu
il
lungo
di
ricovero
,
cinquanta
anni
or
sono
,
degli
ebrei
della
comunità
romana
che
cosa
sfuggivano
alle
retate
naziste
e
ricorda
quel
Monsignor
Baldini
che
in
quell
'
epoca
fu
parroco
di
S
.
Maria
in
Campitelli
e
che
fu
poi
Vescovo
di
Chiusi
-
Pienza
.
Alla
celebrazione
ha
partecipato
un
pubblico
numeroso
,
superiore
ad
ogni
previsione
.
Tra
i
presenti
erano
l
'
Ambasciatore
d
'
Italia
presso
la
Santa
Sede
Scammacca
del
Murgo
,
ed
esponenti
del
laicato
cattolico
e
della
comunità
ebraica
.
L
'
assemblea
si
è
sciolta
dopo
la
meditazione
su
un
brano
tratto
dal
libro
del
Profeta
Michea
(
4
,
1-5
)
,
e
la
recita
del
salmo
l30
:
«
Dal
profondo
a
te
grido
,
o
Signore
»
.