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Aveva cominciato il mestiere da poche settimane , e già voleva smettere , dopo il fattaccio . Eppure non fu colpa sua , il cliente che gli stava sotto il rascio s ' era messo a discutere con il vicino , e , preso dal calore del discorso , a un tratto voltò la faccia bruscamente , lui non fu pronto a staccare il ferro , e la guancia cominciò a sanguinare , proprio un bel sette . Santino Trimarchi non se l ' è ancora scordato . Allora aveva diciassette anni : perso il padre in guerra , non c ' erano i mezzi , dopo i tre anni delle medie , per continuare gli studi , e così accettò un posto da garzone nella barberia del suo paesino , in provincia di Messina . Il padrone e il cliente stesso lo fecero convinto che la colpa non era stata sua e allora rimase . Anzi , come spesso accade ai siciliani giovani e poveri , decise di venirsene al Nord , e più a Nord di così , in Italia , non poteva andare : a Bolzano trovò un lavoro in un reparto militare . Esentato dal servizio di leva perché orfano primogenito , la sua naja fu questa : rapare le reclute , sbarbare soldati e sottufficiali . Di questo periodo ha un bel ricordo , specialmente quando il reparto andava al campo estivo , per esempio sulla Marmolada . Girando per i paeselli dell ' Alto Adige , a volte sforniti di « salone » , capitava di fare qualche barba e qualche taglio extra : gli ufficiali chiudevano un occhio , perché a rigore sarebbe stato proibito , ma Santino si era guadagnata la stima e la simpatia di tutti . Al punto che ottenne di attrezzare a dovere la stanza della caserma che gli serviva da bottega . Prima c ' erano soltanto uno sgabello e una mensola , ma lui ottenne poltrona , specchio e scalda - acqua , insomma poteva fare la sua figura , e non soltanto sotto la naja . Portava la giacca a vento dei reparti di montagna , gli avevano trovato un par di calzoni di velluto , e gli scarponi . Vitto e alloggio assicurati , soldi forse pochi , ma un ragazzo sotto i vent ' anni cos ' altro può pretendere ? Poi venne a Milano , e da allora avrà cambiato due , tre padroni al massimo . Adesso lavora in un negozio d ' un quartiere buono in zona Magenta , poco oltre la Fiera , verso San Siro . Ì : un quartiere alberato e alberoso , residenziale , con molti palazzi nuovi di lusso o quasi . I clienti sono persone educate e distinte , qualcuno addirittura celebre : l ' allenatore dell ' Inter Herrera , che abita quasi davanti al negozio , o l ' attore Gino Bramieri , che sta anche lui in quella casa . Ebbe occasione di servire , una volta , Mario Sironi , il pittore . Da quelle parti c ' è anche una casa di dischi , e ci vanno i cantanti a incidere , così può accadere che in negozio capiti Luciano Virgili , o Nicola Arigliano , il quale visto da vicino non è poi così brutto come vuole la leggenda ( e la televisione ) . Sono clienti docili , non fanno mai storie , accettano dopo il taglio sciampo e frizione , anzi ormai ci sono abituati e la chiedono da sé . Con Santino lavora un altro siciliano , Giovanni Tomaselli , che ormai si considera milanese , tanto più che tutti lo chiamano , alla lombarda , Gianni . Il sabato e la domenica viene a dare una mano anche il signor Peppino , un barbiere più anziano , di poca salute , e che non ce la fa più di tanto . Il padrone invece è bergamasco , il signor Antonio Clementi , e ha grande stima dei suoi lavoranti . No non è detto che per forza debbano essere meridionali i lavoranti in gamba , ma siccome la maggioranza sono loro , è naturale che dalla massa emerga prima o poi il buon artigiano , e persino l ' artista . Parlano proprio di arte alla scuola di Foro Buonaparte , anzi all ' Accademia per acconciature maschili , che Santino ha frequentato con profitto , e continua a frequentare insieme a Gianni . E a rigore se diciamo « barbiere » ormai questa è un ' inesattezza , perché la barba è l ' ultima cosa che si fa in un salone . I rasoi elettrici ormai permettono a tutti di radersi con poca spesa e poca perdita di tempo , anche se non viene fuori una guancia liscia come col rasoio . E i barbieri dal canto loro non se ne lagnano , perché una barba porta via almeno un quarto d ' ora di lavoro e le duecentocinquanta lire della tariffa a fatica coprono la spesa . Meglio dunque specializzarsi nel taglio , a fare la frizione e lo sciampo . Perché se ne son fatti di progressi in quest ' arte ( diciamolo pure anche noi ) . La scuola , per esempio , con quattro ore settimanali e due anni di corso , comincia col taglio all ' italiana , si curano soprattutto le basette e gli sgarbi ( cioè lo stacco intorno all ' orecchio fino al termine della sfumatura ) . Il lavoro è di forbici e pettine . Niente macchinetta : la macchinetta è un ' invenzione che già va sparendo , almeno nei negozi seri , al massimo serve per i bambini e per i clienti frettolosi , che smaniano sotto la mantiglia ( a Milano non si dice « cappa » ) . Poi comincia il taglio alla francese , bombé coi capelli tutti pari , da tre a cinquanta centimetri , e alla fine deve risultare una testa tonda perfetta . In questo caso interviene anche il rasoio : è il cosiddetto taglio scolpito . Bisogna infatti sapere che le forbici troncano il capello seccamente , come le cesoie d ' un giardiniere il rametto da potare , mentre il rasoio lo sfila , funziona insomma come il temperino quando appunta il lapis . Così la punta del capello viene assottigliata , e poi con il phon si tratta a piacimento , e viene bene , anche la trasformazione di fantasia . A questo punto entra in ballo il gusto del barbiere , e sta a lui decidere se fare un ' onda sul davanti , e dare una bella piega a tutta la capigliatura . Alla gara di fine corso , che fu un mese fa , Santino perse il terzo posto in classifica , per un punto solo , proprio perché la trasformazione non gli venne fatta come avrebbe voluto lui . Ma anche quarto su trenta , con la medaglia di bronzo , non è poco , e Santino tiene appeso il diploma incorniciato a una parete del negozio . Gianni , del primo corso fu nono , e per il signor Antonio è stata una bella soddisfazione , avere tutti e due i lavoranti piazzati . Certo , non è solo soddisfazione morale : il lavorante che si distingue alla scuola merita un premio . Così alle quarantacinquemila lire mensili che spettano per contratto , il signor Antonio aggiunge una regalia ; poi ci sono le mance , che ormai qui danno a tutti , e fatte le somme in capo al mese Santino Trimarchi porta a casa le sue ottantacinque - novantamila lire . Vive in pensione , e gli resta di che vestirsi e svagarsi . Come ? Santino non va spesso al cinema , leggere non legge , anzi dice che un libro aperto gli fa venire sonno , guarda la televisione quando fuori piove , altrimenti preferisce andare a passeggio , e la domenica non perde mai la partita . È tifoso dell ' Inter , e quando capita Helenio Herrera non si lascia sfuggire l ' occasione per fargli qualche domanda . Con tatto però . La fama che hanno i barbieri , di chiacchierare troppo , non è completamente falsa , e lui , Santino , ammette d ' essere un po ' chiacchierone . Ma è convinto che bisogna correggersi , capire se il cliente desidera oppure no la conversazione , e in caso negativo starsene zitti , che tutto sommato è meglio , perché si ha più testa al lavoro . Se è faticoso ? Certo , sono dieci ore giornaliere . Non si lavora di continuo , d ' accordo , ma bisogna stare molto in piedi : un lavorante che si rispetti non dovrebbe mai accomodarsi sulle poltrone riservate ai clienti in attesa . Al massimo può andare nel retrobottega , a fumare una sigaretta , ma il collega deve sempre restare in negozio . Poi c ' è la tensione nervosa , continua , se uno tiene a far bene il suo mestiere . Santino appunto ci tiene ; direi che questa è la sua unica ambizione . Farsi un negozio tutto suo , no . Magari si trovano ditte che ti arredano un salotto e te lo fanno pagare con comodo , ma Santino Trimarchi non se la sentirebbe di fare debito , e poi dare la settimana ai lavoranti , e pensare ai contributi , alle tasse , a tutto da solo . No , Santino Trimarchi è un barbiere tranquillo , e tranquillo vuol dormire ogni notte .
Corte marziale ( Pintor Luigi , 1999 )
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Bologna mi ricorda automaticamente la Bolognina . Lì fu stilato l ' atto di morte del Pci , fu messo all ' asta il suo patrimonio , fu designata come erede una creatura informe e senza nome . È strano che ci siano voluti dieci anni per registrare , tra gli effetti di questa operazione , l ' ingresso dei barbari a palazzo D ' Accursio . In fin dei conti non è che un dettaglio . Le regioni rosse crollano come cattedrali nel deserto , residui archeologici in una penisola che dall ' Alpi al mare vede ridotta la sinistra ex storica al suo minimo livello . Ho già detto che questa sinistra è morta e sono stato sgridato , avrei dovuto dire sta morendo . Va bene , sta morendo . Non credo che se Veltroni si dimettesse ci sarebbe una resurrezione e una campagna di rettifica alla cinese guidata da Folena , ma Veltroni dovrebbe farlo lo stesso o dovrebbe essergli imposto . Sarebbe segno , per lo meno , che l ' organismo non ha perso tutte le difese immunitarie come accade in certe malattie . E potrebbe addurre una giustificazione personale inoppugnabile : non posso rigenerare questo partito e ritrovare il consenso popolare finché c ' è questo governo guidato dal mio amico D ' Alema . Quanto all ' amico D ' Alema medesimo , se le elezioni fossero un evento militare , dovrebbe finire diritto davanti a una corte marziale . Non si è mai visto un generale che alla vigilia della battaglia dice ai suoi soldati che gli toglierà la pensione . È già molto se i soldati della vecchia guardia , operai e popolani , si sono limitati a disertare in silenzio senza sparare a palle di fuoco sul quartier generale . Quella di D ' Alema si chiama ( per restare nella metafora ) collusione col nemico . È perfino possibile sospettare che il dottor Amato abbia tirato fuori il suo Dpef e menato il colpo basso antisindacale con intenzione cronometrata e filo diretto con Hammamet . E quando poi D ' Alema incalza in televisione e definisce « di sinistra » la sua intesa cordiale con la Confindustria più confindustriale , allora si capisce che i figli e i nipoti dei braccianti padani cambino canale con qualche disgusto e passino al mare questa e ogni altra domenica elettorale . Così non solo la sinistra è morta o va morendo , se preferite , ma muore anche la democrazia partecipata . Vota meno della metà degli elettori ( come in America , dunque è un progresso ! ) Il ballottaggio in fondo è un finale di gara , che in genere attira di più il pubblico sportivo , e invece lo stadio si è ulteriormente spopolato : vuol dire inequivocabilmente che la partita , la partita della politica truccata e senz ' anima , non interessa nessuno . Non la destra , che sa di vincere chiunque vinca . Non la sinistra , perché non ha più una squadra sua .
GIOCANO SECONDO I PIANI ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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Mosca - C ' è una specie di parola d ' ordine , per noi altri a Mosca , in questi giorni : per chi vuole evitare la fila al « Gum » , per chi addirittura vuol traversare la Piazza Rossa di corsa e fuori dalle strisce : « Italianski futbalist » : la gente ammicca , sorride , il poliziotto fa un cenno bonario , che passino pure , questi italiani confusionari , con in testa il colbacco e la balalaica in mano , i soli forse , a Mosca , a portare questi copricapo e a maneggiare questi chitarroni triangolari . Sentono la partita : ieri , in visita all ' università , un giovanottaccio biondo , col maglione verde , facoltà di scienze naturali , pronosticava lo zero a zero , e coi suoi bravi argomenti : non gioca Mazzola , diceva , e così nessuno segna . In albergo , c ' è un cameriere che di italiano sa una parola sola , « tifoso » : gliel ' ha insegnata un amico russo , che la sentì , tempo fa , da un suo amico italiano . Alla vigilia , piccolo convegno internazionale fino a mezzanotte : italiani , jugoslavi , pescatori del Ghana in viaggio di istruzione verso Odessa , e Bessarione , cioè Vissarion , armeno nero nero e coi baffetti . Quando il discorso cade sulla partita , scommettiamo una bottiglia di cognac del paese suo , scuro e con un retrogusto di passito , carissimo ( sei rubli , che al cambio ufficiale fanno quattromila lire e rotti ) . Chi perde paga , se si pareggia si fa alla romana . Alla partita si va col pullman , e con la ragazza Ludmilla , diligentissima interprete , che sa tutto di tutto , calcio escluso ; lei viene per insegnarci il « posto » . Sollecita che si mangi presto , per essere là in tempo , visto che ci sarà gran traffico , e folla intorno allo « stadion » . Invece è pressappoco la confusione di un , diciamo , Milan - Catania , non di più . Gli altoparlanti ci accolgono con le note di Chitarra romana / accompagnami tu che dà il ritmo ai piedoni del centravanti Sormani . Lo stesso altoparlante dice i nomi dei giocatori , o meglio dice il nome , il cognome e la qualifica : interno sinistro , Gianni Rivera . Il cielo è grigio , a tratti vien giù una pioggerellina d ' ottobre , fredda e fina fina . Ma si aprono pochi ombrelli ; grigia la gente , con qualche pastellata cilestrina , il colore prevalente fra gli impermeabili . Dietro ci sono russi , davanti russi , accanto appare Bessarione l ' armeno , nero nero e con i baffetti , ironico appena il centravanti ha infilato nel sacco il primo pallone . La gente grida al trionfo , come è giusto , ma non si scalmana troppo . Applaude ( proprio battendo le mani , come a teatro ) e ancor di più fischia . Fischia quando Pascutti stende a terra con un pugno il suo avversario , fischia quando Sormani non si alza e si fa accompagnare di peso fuori dal campo , fischia quando i suoi tirano a perder tempo , dopo la seconda rete ( e Bessarione guarda con l ' occhio lustro e il baffetto ironico , pregustando il cognaccone pagato , caro carissimo , da questi italiani fessi , con il colbacco , che hanno fatto tremila chilometri per vedere come si fa a perdere per 2-0 ) . Fischiano troppo , e allora è giusto che qualcuno li redarguisca : l ' altoparlante riattacca e spiega come e qualmente questa sia la tattica di gioco preordinata da chi di dovere , appositamente per questo incontro . Dunque non c ' è niente da fischiare . Macché ! Al segnale della fine , invece di esultare e abbracciarsi per avere vinto 2-0 contro la squadra , dicono , più forte del mondo , questi moscoviti fischiano : fischiano l ' arbitro , i guardalinee , gli undici italiani ( più forti ) , gli undici sovietici ( meno forti ) e poi restano ad applaudire due squadrette di ragazzi che sono entrati in campo dopo l ' incontro maggiore e adesso scarpinano tutti contenti dietro al pallone . Ora si esce , e l ' altoparlante ci dà il saluto intonando Scapricciatiella : « Come te l ' aggio a di ' ca non è cosa » . Italiano mio bello , stasera paghi da bere : e che cosa ti credevi ? Meglio ritornare in albergo con la diligente Ludmilla a far da guida . È la prima volta che vede una partita di calcio , e giura che sarà l ' ultima . No , non si è divertita per niente , lei non è « tifuosa » di calcio . È « tifuosa » di scacchi .
Lettera agli amici ( Pintor Luigi , 1999 )
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La situazione attuale e i nostri compiti : così si intitolavano in tempi remoti le assemblee politiche . Oppure un libro si intitolava così : Che fare ? Forse conviene , tra noi , essere più modesti e limitarsi a dire : che facciamo ? Muovendo da una chiara premessa : che la situazione è pessima e che lo stato della sinistra italiana ( largamente intesa ) lo è altrettanto . Su questa premessa sarebbe bene concordare , che siamo cioè a un ' ultima spiaggia : non è una esagerazione pessimistica ma , per me , una constatazione . La sinistra vive un declino o un tracollo che i risultati elettorali documentano come mai prima d ' ora . Le cause di questo declino sono molte e profonde ( antiche e recenti , oggettive e soggettive , nazionali e internazionali ) e sono tanto facili da elencare quanto difficili da analizzare . Non ho questa presunzione . Questa lettera vuole solo dedurne un ' esigenza pressante e adombrare una scelta politica e perfino organizzativa . E a questo scopo , pur essendo rivolta nel suo spirito a tutta la sinistra largamente intesa , è indirizzata specificamente a quelle sue parti che sentiamo più vicine o meno lontane , più radicali o meno moderate , e perciò forse più disponibili a un lavoro comune . Parlo di Rifondazione comunista , dei Verdi e degli ambientalisti , dei comunisti cossuttiani , della sinistra Ds , delle avanguardie sindacali , cioè di tutte le minoranze politico - istituzionali di opposizione o governative . Dei loro gruppi dirigenti e della loro base sociale , organizzata e di opinione . E parlo ( ma questo richiederebbe un discorso a parte ) delle minoranze extraistituzionali , dei centri sociali , delle varie forme di autorganizzazione che impegnano uomini e donne in conflitto con la cultura dominante . Di quell ' insieme frastagliato e divaricato che un tempo definivamo in termini generali « popolo di sinistra » . È un ' elencazione intenzionalmente notarile e semplificata , poiché bisogna pur partire dalla realtà come si presenta . Così come burocratica e semplificata ( o forse , al contrario , astratta e utopica ) è la proposizione che vorrei trarne e mettere sul piatto : la necessità di una convergenza tra queste forze , la individuazione di un comun denominatore tra di esse , l ' avvicinamento reciproco attraverso una Convenzione o una consultazione permanente , la stipulazione di un patto . I contenuti ( e anche le forme ) di un processo di questo genere tra forze naturalmente gelose della propria diversità e autonomia non si improvvisano , ma non sono introvabili se si opera una selezione , se ciascuno rinuncia a secche pregiudiziali e se non si chiede la luna . Prioritaria su tutto è o dovrebbe essere oggi la volontà politica , e quindi un segnale e un comportamento , atti e decisioni pubbliche , che offrano un punto di riferimento consistente e credibile all ' opinione pubblica , alla sinistra diffusa e al suo elettorato , alle sue rivendicazioni e alle sue possibili lotte . Qualcosa che faccia sperare in un mutamento dei rapporti di forza e ci sottragga al senso di impotenza che oggi avvertiamo . Non c ' è molto tempo . I recenti risultati elettorali europei e amministrativi non sono un incidente di percorso ma un disastro irrecuperabile se non interviene a sinistra un fatto nuovo e vistoso che agisca come un moltiplicatore di energia . Tra un anno le elezioni regionali e tra due o forse meno le elezioni politiche possono segnare la nostra dissolvenza se ciascuno continuerà a cercare la propria sopravvivenza in un punto di più in percentuale e in reciproca concorrenza . Ovviamente , il disastro elettorale non è che l ' effetto di una sconfitta giornaliera e prospettica che subiamo da tempo nell ' ordine sociale e politico senza trovare rimedio . Che ciò avvenga in presenza di un governo e di una maggioranza di centro - sinistra non è un paradosso . Vuol dire che questa formazione di governo e questa maggioranza hanno un vizio d ' origine e un tasso di inquinamento che le rende controproducenti . Non sono più ( se mai lo sono state ) uno strumento di trasformazione e neppure un freno alla spontaneità del sistema produttivo e culturale dominante , ma un suo servosterzo e una fonte di smarrimento delle coscienze e di mortificazione degli antagonismi . Il governo come vetta e l ' opposizione come ghetto sono una moderna mitologia ch ' era del tutto estranea alla sinistra ( quando la sinistra era espressione del movimento operaio e dei movimenti popolari ) ma che oggi le imprigiona e si risolve in una negazione della politica , della democrazia e del conflitto . Personalmente credo sia questo il male peggiore di cui soffriamo e sono convinto che la convergenza o il patto che auspichiamo possa concretarsi solo sul terreno dell ' opposizione . Ma si può anche non farne una condizione preliminare , una pregiudiziale , se ciò impedisse in partenza il dialogo e sbarrasse la strada all ' avvicinamento e al messaggio unitario che vorremmo lanciare . A questo punto la responsabilità maggiore , in senso positivo , credo ricada su Rifondazione comunista e sulla sua solitaria opposizione . Pur indebolito , questo partito è la formazione di minoranza più consistente ed è , per la sua origine , in radicale contraddizione con la deriva moderata . Il suo nome ambizioso suggerisce o anzi impone una dinamica , un divenire , nessuna rifondazione potendosi immaginare affidata a un solo partito grande o piccolo che sia . Bertinotti solleva a volte questo problema , cercando un nuovo linguaggio o immagine e una via di fuga da ristrettezze e vincoli settari , ma poi sembra risucchiato da altre logiche . E temo che sbaglierebbe se cercasse ora un nuovo respiro nei confini della maggioranza governativa o ai suoi margini : un corto respiro , quando la domanda popolare è che ciascuno apra le proprie e le altrui finestre . Il movimento verde e ambientalista può ancora tornare ad essere , in forza della sua tematica originaria , qualcosa di molto più attuale e ricco di com ' è diventato per autoriduzione , assumendo i caratteri di un partito troppo tradizionale e istituzionale , oppure frazionandosi in esperienze separate . Potrebbe invece ricominciare a vantare una primogenitura in rapporto alla questione ecologica che ha mille implicazioni , e farne un asse di una sinistra articolata e ringiovanita . A che servirebbe ( ciò vale per tutti ) risalire di un punto entro i margini di una maggioranza impropria ? Confesso di non aver capito l ' evoluzione subita nei mesi recenti dal partito di Cossutta e perciò mi è più difficile sollecitare anche questo partito a ritrovare una collocazione e uno spirito più rispondenti ai propositi iniziali . Finora è sembrato ( ora c ' è forse una correzione ) che la priorità per i comunisti cossuttiani fosse la concorrenza e la rivalità con il partito di provenienza . Non so da che cosa dipenda , forse dalla maledizione che grava sulle minoranze , o dalla tradizione organizzativa autosufficiente del vecchio Pci , o dalla formazione personale del suo leader storico . Ma anche questa compagine non può non avvertire che la domanda popolare è un ' altra e che una risposta debole ed elusiva , fatalmente subordinata alle logiche di governo , non trova comprensione né consenso . Dalla sinistra Ds , che ha il pericoloso privilegio di operare nel campo di Agramante , si vorrebbe che uscisse allo scoperto senza remore e scuotesse il corpo e l ' anima del suo partito con energia proporzionata ai mali che lo affliggono e all ' emergenza in cui è piombato . Questi amici sono comprensibilmente impacciati dai vincoli di governo e dai rugginosi meccanismi di vita interna . Ma oggi il mediocre leaderismo che ha dominato il governo e il partito è gravemente ferito , se non del tutto squalificato , ed è più facile reagire . Non solo manifestando dissenso ma ponendo discriminanti nette e invalicabili . Questa lettera che ora concludo ( restando nell ' orizzonte delle minoranze politico - istituzionali ) è dettata da una certa ansia ma anche da un forte convincimento : che non c ' è rapporto , non c ' è proporzione , tra il declino evidente della sinistra italiana e i nostri comportamenti . E che mutare questi comportamenti non è solo una necessità e una convenienza ma un dovere politico - morale . Certo non è dettata da petulanza o pretese di ingerenza ma , se così ancora si può dire , da spirito di servizio . È una lettera personale ma credo che questo giornale , rispettando l ' autonomia propria e altrui , sarebbe lieto di partecipare a questa nuova convergenza o convenzione tra le minoranze più radicali o meno moderate . Questo giornale è anche un gruppo politico , un ' area della politica , e ha una influenza qualitativa che noi e voi non valutiamo abbastanza . Questa sottovalutazione è un altro segno di subalternità alle mode , agli altri mezzi di comunicazione che ci sono spesso ostili , all ' esposizione televisiva come surrogato seducente ma illusorio di una costruzione politica tenace . La situazione attuale e i nostri compiti : forse non ho svolto bene il tema . Forse avrei fatto meglio ad adottare il linguaggio dell ' utopia , secondo la nostra vocazione . Forse avrei dovuto cominciare ( o finire ) così : « Guido , vorrei che tu Lapo ed io fossimo presi per incantamento ... » Ma c ' è un Guido , c ' è un Lapo , c ' è un io e ancora altri ? Se non ci sono , nessun linguaggio può raggiungere le loro orecchie e incantarli .
TRADOTTA PER MOSCA ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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Ecco fatto : pigliano uno che ha passato i quarant ' anni senza mai passare i confini del suo Paese , e gli propongono di andare a Mosca . In treno , seconda classe , cinque giorni di viaggio e due di soggiorno partita compresa , con una comitiva di ragazzi , il centro giovanile eccetera . E quello accetta . Subito attaccano la solfa gli amici premurosi : se torni vivo , torni con le ossa rotte . Si sa come funzionano queste cose « giovanili » : per il gruppo italiano non c ' è mai niente di prenotato tanto gli italiani hanno fama internazionale di gente che s ' arrangia . Vedrai . Settantaquattromila lire la quota ? Ma allora è chiaro : carro bestiame e razioni dell ' Armata rossa , in prima linea , bada bene , e cioè un chilo di pane e una targa di lardo . Sì , sì , ci campi , di fame non muori . Senti , scherzi a parte , fai una bella cosa : datti malato . E invece proviamo . Almeno fino a Venezia , dov ' è il raduno : una occhiata e siamo sempre in tempo a riprendere il treno per Milano , in serata . Alla stazione di Santa Lucia già si vanno radunando , hanno la faccia e la tenuta di chi va a Mosca col treno , ma giovani non direi che siano , questa la novità : quasi tutti sopra i trenta , ce ne sono un paio che somigliano a mio padre , e poi uno col bastone , e un altro mutilato , senza una mano . Le cuccette per Vienna sono ventidue , già prenotate , ma se ci va quella signora grassa , padovana , con la barba , che invoca Mariavergine e Santantonio , allora perbacco ci vado anch ' io . Facce conosciute non ne vedo , ma questo ragazzo tarantino che mi chiede informazioni mi pare il tipo di terrone giusto , e poi il suo amico che è andato a prendere i passaporti risulta ( sta scritto alla voce « professione » ) portiere d ' albergo . Visto e preso : noi tre staremo insieme , e intanto offro io il fiaschetto di vino , per cenare prima che il treno vada . Il capo della comitiva si chiama Senatori , è un bravissimo fiorentino , un po ' bietolone , che impartisce avvertimenti e consigli , talvolta un po ' ovvii : attenti a non perdere il passaporto perché sarebbe un guaio serio . Se qualcuno a Vienna vi propone di cambiare moneta , non accettate . In Ungheria e in Russia , mai far salire in camera amici e amiche del posto : è vietato , anzi , « un si pole » . Paese che vai , legge che trovi , e bisogna rispettarla . Domattina colazione a Vienna , poi subito in treno per l ' Ungheria . Buon viaggio e cerchiamo di stare tranquilli , perché otto giorni insieme sono parecchi . Vabbene , stiamo tranquilli e troviamo posto : voi due tarantini saltate su appena il treno è pronto , le valigie ve le passo io dal finestrino . Dentro c ' è un moretto di Roma , e una signora anziana con una faccia simpatica e la treccia folta dei capelli biondi . Dice subito che a casa lascia tre figliole grandi . Quando hanno saputo che partiva per Mosca sola , in treno hanno detto : « Vabbe ' , se la mamma è impazzita , bisogna lasciarla stare » . Il romanino invece fa il giornalista sportivo , e ha le tasche piene di distintivi della Federcalcio . Dunque siamo cinque , e ci presentiamo : il terrone giusto si chiama Minimo , il giornalista Ivano , la signora bionda Lucia , il portiere d ' albergo ( gestore , precisa lui ) Riccio . Ci diamo ancora del lei , ma dopo Budapest passeremo al tu , e per tutto il viaggio saremo il gruppo più efficiente della comitiva . Temo una cosa sola : che gli altri si addormentino perché non riesco a dormire seduto , e allora do fondo alla riserva di storielle , barzellette , indovinelli , epigrammi , ma a un certo punto Riccio e Mimmo , che vengono da Taranto e hanno già sul groppone una nottata di treno , cominciano a ciondolare . Attenti ragazzi che tra poco siamo al confine e vi svegliano quelli della dogana . Infatti eccoli , sono due austriaci grossi e inteccheriti , due tavoloni . Passe bitte . E timbrano . Ma poi , dopo l ' una , il sonno prevale , e lascio che Riccio si stenda . Per fortuna dal corridoio arrivano voci senesi . « O Mario che fa ? » «Piange.» « O perché ? » « Perché ha visto un binario morto . » Uno dei senesi è tabaccaio , piccoletto , già un po ' grigio , diffidente , si preoccupa per il mangiare . « Lei che mi dice ? » Ma non aspetta la risposta . « No , stia a sentire , perché l ' altro giorno mia moglie mi manda a pigliare una balletta di zucchero in cantina . Sa noialtri abbiamo tabaccheria e bar , e lo zucchero serve . Prendo la balletta , sul mezzo quintale , e alla mia età , sa com ' è , questi sforzi ... Ora bisogna che col mangiare mi tenga regolato , ha capito ? » Gli dico che d ' origine sono senese anch ' io , basta sentire il cognome . « Senti ! » fa lui , e comincia a raccontarmi che ha comprato un quartierino verso Porta Camollia , che affaccia sulla campagna , una bellezza . Ma poi I ' Inam ha costruito proprio davanti , e con l ' ala dell ' edificio si sono appoggiati al muro suo . « Ora stia a sentire : finestre da quella parte non ce ne sono , ma terrazzi sì , ci sono tre terrazzi , ci sarebbero tre affacci , e se mi murano tre affacci lei capisce il danno . O stia a sentire : io chiamo subito il fotografo , non si sa mai , e il giorno dopo i muratori si fermano . Viene al caffè il direttore e dice abbia pazienza , siamo andati fuori misura . La pazienza ce l ' ho , ma i tre affacci chi me li paga ? O ce li pagate , o smettete di murare . Così è un anno che sono fermi , ma dice l ' avvocato che di questo passo si va avanti per altri dieci anni . Lei che ne dice ? » . Non ho tempo di rispondere , perché arriva un altro senese , piccoletto e nervoso , elettricista , e si mette a parlare del Palio . « Siamo tutti sciaborditi , glielo dico io . Matti siamo . Quando una contrada è nonna , se vuole il Palio costa dieci milioni almeno . È permesso tutto , nerbate in faccia , spintonare , comprare i fantini » . L ' anno scorso quello della Torre restii al canapo . L ' avevano pagato . Finita la corsa i contradaioli , come se niente fosse , calmi e tranquilli , lo presero in mezzo . « O che hai fatto , Beppino ? » Senza dar niente a vedere lo riportarono in contrada , poi lo chiusero nella stalla , e giù botte . « Picchiava anche il prete Bani , con una catena da biciclette . Se non veniva la polizia a levarglielo di mano , l ' ammazzavano . Sciaborditi . Fra Palio e Monte . Siena resta ferma , anzi va all ' indietro » . Comincia a far giorno , per fortuna , e il treno corre in Austria , un paesaggio drammatico di rupi e abeti , con le case dai tetti spioventi . Per via della neve , naturalmente . A ogni stazione sfila gente in divisa , saranno ferrovieri , doganieri , postini , soldati , chi lo sa , alti e grossi , duri di spalle , tavoloni insomma . Man mano che la luce cresce , anche il paesaggio si distende e s ' indora , cominciano i vigneti , salgono sul treno belle ragazze coi libri di scuola , e parlano un tedesco dolce . E via via i « giovani » si svegliano . C ' è un romano di Pietralata , piccolo , nero , un po ' storto , una specie di bulletto invecchiato : lavora alla centrale del latte e giura che i topi nelle bottiglie non sempre ce li mette lui . « Sì so crudi nun è robba nostra . Noi ce li mettemo cotti , li sorci » . La signora Lucia s ' è svegliata e sta benissimo . « Lei invece ha una brutta faccia » , mi dice . Anche Riccio , anche Mimmo , anche Ivano sono desti e si forma la fila per andare alla toilette , qualcuno protesta , tutti lavorano di gomiti per farsi avanti . L ' iniziativa privata domina ancora , nella vita di questo gruppo casuale e forzato . Ma per fortuna il cielo è splendido , l ' aria fresca ma dolce , Vienna linda e chiara : c ' è tempo per una passeggiata , noi cinque , fino all ' Arsenale , traverso un bel parco , e con sopra il portone il nome di Francesco Giuseppe . Discorsi prevedibili : ai tempi suoi , di Cecco Beppe , andavi da Venezia a Cracovia senza passaporto , era già il MEC , l ' amministrazione funzionava , tutti ballavano il valzer , e non c ' era bisogno di far la guerra mondiale per disfare l ' impero , e poi faticare tanto per rifare l ' Europa unita . Sì , funzionava come funziona il ristoratore , i tavolini già pronti , per quattro persone : ma se il gruppo è di cinque , perché non prendere una sedia e aggiungerla alle altre ? Infatti arriva un austriaco , senza divisa , ma tavolone anche lui , e si mette a brontolare , perché la marmellata era pari , per quattro , e invece noi abbiamo scombinato ogni cosa , qui cinque e là tre . Come si rimedia ? Rimedia Riccio portiere ( anzi gestore ) di alberghi , che parla benissimo il tedesco . Parla il tedesco , il francese , l ' inglese , lo spagnolo e il russo , spiega . Se è vero , penso , ho avuto giudizio a mettermi - anzi a metterlo - nel gruppo : vedremo . Dalla stazione sud ci hanno spostato in autobus alla est , e di lì comincia il viaggio verso l ' Ungheria , verso il sipario di ferro che incontreremo in un posto chiamato Hegyeshalom , mai sentito prima , un nome assurdo , impossibile , come queste scritte in lingua ungherese , pazzesche . Non sembra neanche una lingua : sembra una trascrizione in cifrato , ed è probabile che sia vero quanto mi dicevano tempo addietro , di un colloquio fra ungheresi : che fanno finta di capirsi , che emettono puri suoni , semplici fonemi e poi se ne vanno senza essersi intesi . Più avanti scopriremo la stazione Utasellato . Ogni tanto compare Senatori , il capogruppo fiorentino , a darci utili avvertimenti , e noi scopriamo un nuovo gioco , quello di fargli il verso . « Fate un minuto d ' attenzione . Pòle sembrare una sciocchezza , ma guardate che appena passato il confine , siete subito all ' estero . È un ' altra cosa : non perdete il portafogli , perché chi lo perde poi si ritrova senza quattrini , e sarebbe un guaio serio , e noi , non si pòle assumere la responsabilità dei portafogli persi » . In territorio russo , spiega , viaggeremo forse su vagoni senza scomparti , con le cuccette ma senza scomparti . Insomma una specie di camerone su ruote , e io non vedo l ' ora di esserci , di verificare come funzionerà questa banda di ottantotto italiani che bivaccano , russano , mangiano tutti insieme , in pigiama , senza pigiama , in mutande , uomini e donne . Le donne non sono molte ma ci sono : la nostra signora Lucia , la padovana con la barba ( Mariavergine e Santantonio ) , le bolognesi giovani coi calzoni , una grassa e una magra , le mogli dei due architetti fiorentini , altre tre o quattro che ancora non riesco a definire . I senesi hanno smesso di parlare del Palio e del Monte , ora anzi si comincia a discorrere di Russia . Nessuno è venuto per la partita ( tanto valeva guardarla alla televisione ) . Hanno profittato della combinazione , per vedere un po ' ciascuno con gli occhi suoi , senza prevenzioni , obiettivamente . Nessuno ha pregiudizi politici . Tutti vanno a vedere Mosca così , come andrebbero a vedere Tokio o Caraci , una qualunque città lontana e sconosciuta . Ne dubito . Sincera mi pare soltanto la signora Lucia . Mi fa : « Quando comandava quell ' altro ... quello che c ' era prima di Krusciov , sa ? Come si chiamava ? Ah sì , bravo , Stalin » . La campagna non muta aspetto , le case sono le medesime , coi tetti spioventi ( per via della neve ) , il treno si chiama « Wiener Waltzer » , il valzer viennese , unisce le due capitali del vecchio impero , su un fiume chiamato Donau , cioè Danubio . Tutto sembra regolare , e invece siamo a Hegyeshalom , e Cecco Beppe non comanda più da un pezzo . Una brusca frenata , e fra la gente che s ' affaccia ai finestrini per vedere il sipario di ferro , all ' improvviso , riconosco una faccia , un ragazzo del paese mio . Ragazzo quando Io lasciai , perché ora è un uomo . Si chiama Marcello .
Il complotto ( Pintor Luigi , 1999 )
StampaQuotidiana ,
Sono assolutamente persuaso che ci troviamo di fronte a un complotto in piena regola , combinato e disposto con pazienza e sapienza , concepito all ' estero come si addice ad ogni complotto , ma che ha la sua base operativa nel caveau di un ' istituzione nazionale insospettabile come il ministero del Tesoro e il suo regista nella persona sospettabile dell ' on. Amato , assurto in questi giorni a presidente del Consiglio ombra . Non vedo altra spiegazione agli eventi che incalzano . Così come la dichiarazione di guerra al sistema previdenziale , un giorno prima delle elezioni , ha espugnato Bologna , così ora il presidente ombra , in partenza per le vacanze di ferragosto , si è ripetuto in termini ultimativi : o le mie riforme decisioniste o il caos , o così o pomì , e chi mi attacca è uno squadrista . Quando anche ufficialmente ero io il premier nel 1992 - ricorda con orgoglio il superministro - ho dato alle pensioni una spallata come fa oggi Schröder e come anche D ' Alema vorrebbe fare . Ma gran parte della sinistra , che ancora inquina il mio governo , ci ostacola e vuol resistere fino al 2001 : non se ne parla , io e il premier reagiremo come un sol uomo , giacché tali siamo . Domanda . Che cosa nasconde questa irresistibile ascesa del braccio destro di Craxi , che ora non si accontenta della sua alta carica ma proclama una partnership di governo e invita a Canossa la « cara sinistra » ? La previdenza non è il solo problema nazionale né il più importante ma è un simbolo : è il terreno scelto per tagliare la poca erba che rimane sotto i piedi della « cara sinistra » . Ed è precisamente questa la missione che il nuovo premier si è assegnato per saldare un vecchio conto . Retroscena . Quando Craxi è emigrato , l ' on. Amato avrebbe voluto seguirlo per devozione , sebbene incolpevole di reati penali . Ma in un colloquio riservato e non privo di pathos i due hanno preferito stringere un patto astuto e combattivo degno di Ulisse : il vecchio resta in esilio , il giovane rientra nel gioco , si introduce nell ' odiata città nemica come il famoso cavallo di legno , darà fuoco a Troia al momento opportuno e porterà a Hammamet lo scalpo di Priamo . Sorpresa . L ' on. Amato non ha dovuto faticare , ha trovato Troia dispostissima a darsi fuoco con le sue mani e Priamo ( il premier dell ' epoca ) già intento per conto suo a spargere benzina . I mulini del diavolo macinano fino .
Budapest è tutta un campo di calcio ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Il sipario non c ' è . Hegyeshalom , col suo nome assurdo , è una stazioncina qualunque , di diverso ha solo la stella rossa con sopra il tricolore , eguale al nostro ma a bande orizzontali . Poi dall ' edificio cominciano a uscire quelli in divisa : blu , verdi , due befane gallonate , uno in kaki con gli stivaletti lustri , uno col mitra , un altro con la pistola . In borghese c ' è solo un giovanotto biondo , lungo e tentennone , che ha una gran voglia di salire sul nostro treno , ma aspetta chissà cosa . Aspetta appunto che vengano a guardare i passaporti . Sono tre , il più alto e il più biondo , con gli stivali più belli , sarà di certo un ufficiale , e infatti guarda lui , con quegli occhi chiari e diacci , fotografia e poi faccia , uno per uno . Se ne va , crediamo che sia finita , e invece ecco Senatori , il capo - comitiva , che ritira i passaporti , tutti , allega un elenco e li consegna a chissà chi . Eccoli là sotto , i nostri passaporti , nella borsa di un soldatino che fatica a camminare , allungando il passo , sulle traverse del binario . All ' improvviso il treno riparte . I passaporti saranno rimasti alla stazione , e intanto abbiamo perso un ' ora , già è tardi , ma di mangiare non si parla nemmeno . Per fortuna compare Matias : prima la voce , poi lui in persona . È piccolo , coi denti di acciaio , un grembiule bianco e il baschetto nero . Bercia in tedesco : « Italien Geld gut » . Va bene , accetta anche le lire , ma cosa offre ? Offre sirup , vurtz , bonbon , cioè panini ripieni , gazzose e cioccolatini . « Sirup einhundert » urla , e anche il panino cento lire . Il pane è raffermo , il salame buono , la gazzosa ha un sapore fra il limone e la mela . Diamo a Matias un biglietto da mille e lui , desolato : « Ah , nein , nicht million , nicht million » : non ha da fare il resto ai biglietti da un milione e ci vuole un bel po ' a fargli intendere che quelle sono mille lire , e che bastano appunto a pagare , esattamente , i cinque panini e i cinque siruppi . Volendo , poi , all ' altro vagone cambiano , danno i fiorini , Forint , gut als Geld . E Matias ci strizza l ' occhio , pensando ai fiorini del suo paese buoni come l ' oro . Ora il treno si ferma alla stazione di Utasellato , stranissimo nome , ma poi anche la terza stazione , e la quarta , e tutte insomma , si chiamano Utasellato : segno che non è un nome , ma cos ' altro vorrà dire ? Forse vietato traversare i binari , chissà . E ricompaiono miracolosamente i passaporti , li riconsegna un soldato che si picca di chiamare lui i nomi , sbagliandoli , e ride contento di sentirsi correggere . Ne azzecca uno solo , quello di Ivano . « Russkii ? » , gli domanda . No , amico , Olas , siamo tutti Olas , noialtri ottantotto , siamo venuti in treno dall ' Olasozag , che significa l ' Italia . Il paesaggio s ' appiattisce sempre più , ma le case restano uguali , col tetto spiovente , per via della neve , si capisce , anche qui deve nevicare dieci mesi all ' anno . Per ora invece c ' è un cielo splendido , un ' aria fresca e mite , e si va al finestrino a vedere i branchi delle oche , e poi la prima ansa verde , bellissima , del Danubio , un posto straordinario per venirci a far merenda con la ragazza . E finalmente la periferia di Budapest , coi casamentoni , uno spiazzo pieno di automobili nuove , e campi sportivi , di tennis , di pallavolo , ma soprattutto di calcio . Ne contiamo cinque , dieci , venti , uno accanto all ' altro , con le squadrette di ragazzi che palleggiano , tirano in porta , fanno la partita . « Molto positivo , un fatto molto positivo » , sento dire da molti , quest ' abbondanza di campi di calcio . Marcello invece non è d ' accordo , dice che sarà un fatto , senz ' altro , ma positivo bisogna vedere , dipende . Sono tutti distaccati e obiettivi . « Lei faccia il confronto con le installazioni sportive che abbiamo in Italia » , gli risponde lo spoletino coi baffi neri : e la discussione si spegne lì . In treno c ' è anche il giovane lungo , biondo e tentennone che avevo visto a Hegyeshalom : si chiama Giorgio , balbetta , eppure s ' ostina a voler parlare italiano perché è appunto il nostro accompagnatore ungherese . Alla stazione c ' è appena il tempo di caricare le valigie , leggere da qualche parte Utasellato , e ricaricarci sudi un autobus diretto all ' albergo . « Mangiare » , fa Giorgio il tentennone , « cambiare , comperare suveniri , poi una gira nella citta » . Intanto già indica qualcosa strada facendo : « Monumento di ministro di ferro » . Come , di ferro ? « Pardon , ministro di ferrovie Balasz , primo costruttore di metropolitana . » Dice anche la data , la sbaglia , si corregge , ma nessuno gli dà retta perché siamo al Royal , l ' albergo , categoria « luxus » . Di lusso magari non è , ma bello e comodo certamente : quattro per camera , noi abbiamo perso Riccio e così la signora Lucia s ' arrangerà a dormire con tre giovanotti . Le sistemiamo amorosamente il letto nell ' ingresso , poi , alle cinque suonate , si va a cena . A un tavolo c ' è Giorgio il tentennone , che ogni tanto ci sollecita : cambiare , comperare suveniri di Ungaria , bambola in costumo nazionalo , bouteille di apricot - brandy , dischi di musica classica ungaria . Non si cheta un momento : « cambiare , comperare suveniri » . Da questo momento Giorgio l ' ungherese per noi è il signor Suveniri , anche se lui non lo sa . Ma a fare la gira della citta con il pullmano noi non ci andiamo : le cartoline illustrate si comprano anche dal tabaccaio , e una città vista dal finestrino vale poco più d ' una sfilza di cartoline . Meglio restarsene a passeggio su e giù per il grande bulevardo del nostro albergo , a guardare le ragazze carine , vestite così alla meglio , ogni tanto una coi capelli cotonati ; vedere i prezzi della roba in vetrina , comprare le cartoline , la bambola in costume nazionale , le sigarette di Ungaria , le carte da gioco che hanno per semi le ghiande , le bubbole , le foglie e i cuori , e poi la bottiglia di grappa d ' albicocche . Sentire la signora anziana e rimprosciuttita che fa le somme a voce alta , in ungherese : chi capita a Budapest non perda quest ' esperienza uditiva unica al mondo . Poi ritrovo Riccio e andiamo in bettola ad assaggiare la grappa di albicocche che è buonissima , servita con contorno di selz da una camerierona in grembiule nero e stivaletti bianchi , privi di punta e di tallone , come se avesse le caviglie fasciate . Riccio parla tutte le lingue , ma non l ' ungherese , la cameriera sa l ' ungherese e basta , ci si capisce a gesti , e lei accetta per mancia tre fiorini , un penny , venti lire e un gettone del telefono . Così ci siamo vuotati le tasche d ' ogni valuta intermedia e si può andare a letto tranquilli . Crolliamo subito , ma la mattina alle cinque arriva , vestito di nero , il presidente della Corte di Cassazione : « La vostra domanda di grazia è stata respinta . Sappiate essere forte » . Invece , fuori del sogno , è Mimmo il terrone giusto , e sta dicendo che la sveglia era alle cinque , e che si riparte per il confine . Prima però Giorgio Suveniri ci fa consegnare il cestino da viaggio : una pagnotta , identica a quella avellinese , formaggini , caramelle , e una scatola di chissà cosa . In treno uno prova ad aprirla , l ' assaggia , dice che è un pasticcio di carne e cipolla , e la butta dal finestrino . Invece è il miglior fegato d ' oca che abbia mai gustato : peccato che l ' apriscatole ci sia , ma non la forchetta , così bisogna arrangiarsi con le dita . Il vagone ungherese è il più brutto fra quelli visti finora , senza scomparti , coi sedili dritti e duri , e una toilette che è proprio un cesso . Mescolati a noi i primi soldati sovietici : di stanza a Budapest , se ne vanno in licenza , tutti contenti , alcuni si portano dietro la moglie e la prole . C ' è un poppante meraviglioso , che fa un rumore incredibile succhiando il biberon . C ' è una bambina sui quattro anni che sembra una pesca , una mela , non so . Ha il cappottino rosso , i capelli di spiga , papà e mamma se la coccolano , la lasciano libera di fare i comodi suoi , di salire sui sedili , di frignare , di accettare i nostri regalini : una penna a sfera , un pezzo di cioccolata , un sacchetto di caramelle , un portachiavi . Da brava , come si dice al signore ? Si dice « pattiba , pattiba , pattiba » . E anche il soldato giovane che mi sta seduto accanto accetta un pacchetto di Pali Mall , e mostra la carta rossa , lustra , al compagno : « Amerikanska » , fa e se lo ficca in tasca : piccolo contributo agli scambi commerciali e culturali fra le due superpotenze con la mediazione della Repubblica italiana , e anche dell ' elvetica , perché sono di contrabbando . Sono vestiti bene : i calzoni ficcati negli stivaletti a mezza gamba , e sopra la tunica , fermata alla vita col cinturone , pieno di patacche smaltate . Riccio sa davvero il russo e cerca di farsi spiegare cosa significano quei distintivi , ma è una storia piuttosto complicata . A un tratto compare un fiume , ed è il padre della bambina bella che ne dice il nome , levandosi in piedi con un grande sorriso : Tisza . Di certo è il confine , perché è troppo contento il soldatone babbo . Infatti di lì a poco si scende . Siamo in un posto chiamato Ciop , sono le tre , ma gli orologi devono fare due passi avanti , intonarsi col meridiano di Mosca : insomma sono le cinque . Da non so dove compare una giovinetta che cammina pari pari , ha il visto tondo e roseo , gli zigomi alti , un bel vestitino attillato , l ' aria di chi sta sulle sue . « Prego signori , venite da questa parte » , fa , come se lo leggesse sul muro . « Con le valigie ? » « Sì , con le valigie . » Cioè andiamo alla dogana . Per me a questo punto ci sono due brutte novità . Prima la signora Lucia , che mi tira in disparte e mi dice a bassa voce di aver sentito Senatori che , a voce anche più bassa , diceva : « Ora comincia il peggio » . Sarà senz ' altro il camerone a ruote , ottantotto italiani che bivaccano tutti insieme , allo scoperto , in pigiama chi ce l ' ha ( e io non cc l ' ho ) . Peggio , quando la giovinetta spiega che bisogna riempire il modulo azzurro con la dichiarazione della valuta straniera . Apro il portafogli , conto , e ci trovo cinquanta dollari in meno . No , non li ho persi , me li hanno rubati e nel tempo che ci vuole ad aprire la valigia per l ' ispezione ho già ricostruito tutto ; so chi è stato . L ' uomo della dogana fruga un po ' qua e un po ' là , ritira tutta la roba stampata , ma la rende quasi subito . A me prende un dotto studio sulla battaglia di Custoza ( ci sono carte topografiche di due metri per due ) e l ' agenda rossa dove tutti i giorni segno qualche fatterello mio . Il libro me lo rende subito , l ' agenda invece ritarda , e un poco questo fatto mi secca , perché sono fatterelli veramente miei , e se c ' è uno che sa l ' italiano , là dietro , mi figuro le risate che si farà . E poi i cinquanta dollari partiti : forse mi sta bene , tra Venezia e Vienna ho chiacchierato troppo , ho fatto vedere quanti erano i dollari , ho esagerato e ora mi puniscono così . Pazienza : non si può dire sempre male degli italiani , e poi mettersi a piangere quando si comportano da italiani . Anzi , meno male che non me ne hanno presi di più . Riecco l ' agenda coi fatterelli miei , e andiamo finalmente sul camerone a ruote . Il peggio comincia ora , l ' ha detto Senatori , no ? Resto sulla banchina con le valigie di tutti , Riccio , Mimmo , Ivano saltano a bordo , prendono i posti , issano i bagagli , tutti contenti mi fanno cenno di salire . Alla faccia di Senatori : no , non è un camerone . È una casa , anzi una dimora .
OFFESA ( Spadolini Giovanni , 1972 )
StampaQuotidiana ,
La selvaggia aggressione « teppistica » al « Corriere della Sera » rappresenta un nuovo e intollerabile attacco alla libertà di stampa , la suprema fra tutte le libertà . I « gruppuscoli » extraparlamentari di sinistra hanno attaccato la sede del giornale nell ' ora del più intenso lavoro : era in corso un ' assemblea di tutti i redattori intesa a codificare , con una democratica e civilissima discussione , le conquiste dell ' intera categoria decisa a difendere i propri diritti contro ogni sopruso e a stabilire le sue funzioni nell ' interno dell ' azienda , nell ' ambito di una concezione pluralista e occidentale dei diritti - doveri della stampa . La deplorevole assenza , o l ' incerto impiego , delle forze dell ' ordine hanno aggravato la situazione . La difesa del vecchio palazzo , in cui si simboleggia la storia di tanta parte del giornalismo italiano , nelle sue glorie e anche nelle sue umiliazioni , nelle sue grandezze ed anche nelle sue sofferenze , è stata affidata ai giornalisti , ai tipografi , agli impiegati . È un altro motivo di amarezza e di malinconia , in giorni che non sono certo consolanti per l ' avvenire della libertà in Italia . La concomitanza , e il reciproco aiuto , che si danno gli opposti estremismi , la cosiddetta « maggioranza silenziosa » , ormai al servizio del Msi , e i gruppetti di anarchici e maoisti ed estremisti di sinistra , dove la violenza della protesta pseudopolitica si identifica con la provocazione pura e semplice . L ' abbattimento di ogni confine , l ' annullamento di ogni limite : perfino gli squadristi ispirati da Farinacci si fermarono nel '25 di fronte alle finestre di via Solferino . Un attacco selvaggio , immotivato , insensato con l ' uso di bombe Molotov e di candelotti esplosivi , quasi a perfezionare la tecnica , meno raffinata e più artigianale , che già conoscemmo nel '68 con le prime aggressioni al « Corriere » contemporanee al sorgere della contestazione . Quando si attacca un giornale , il « Corriere » in questa inquieta primavera del 1972 non meno che 1'«Avanti!» , alla vigilia del fascismo , cinquant ' anni or soro , si offende la libertà nel suo nucleo essenziale , nel suo valore irrinunciabile . Si punta ad intimidire chi esprime il proprio pensiero o motiva il proprio dissenso , a piegare l ' avversario con la violenza fisica , a seminare il panico e diffondere l ' insicurezza nel paese intero . Ci scriveva giorni fa un vecchio democratico e antifascista , di quelli che hanno conosciuto l ' avvento della dittatura mussoliniana , Pietro Nenni , che la massima difficoltà oggi , quella che rende così terribile e incerto il compito di ognuno di noi , nelle varie responsabilità civili che gli sono affidate , « è la lotta per non esasperare i rapporti politici e sociali » . « Non è oggi - aggiungeva il vecchio leader socialista - la qualità più pregiata ; ma è comunque un segno di saggezza . » Sembra che la saggezza si stia allontanando da noi . Esplosioni di furore bestiale , come l ' attacco alla sede del « Corriere » , ripropongono i problemi di fondo della nostra convivenza civile , messi a durissima prova negli ultimi quattro anni . Tutte le forze democratiche e costituzionali debbono opporsiallo scatenarsi della violenza non meno che al dilagare di un anarchismo che , partendo da sinistra , aiuta la destra estrema . E il governo , monocolore o no , deve ricordarsi di esistere .
In viaggio ci si sposa davanti al capotreno ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
Ogni vagone ha otto scompartimenti , con quattro cuccette ciascuno : in seconda classe , la nostra , sono di legno , incavate a culla , col materassino e il guanciale di piuma , più tardi viene un uomo a portare due lenzuola , la federa , la coperta e la traversa , cioè una striscia di stoffa che si mette fra materasso e lenzuolo inferiore . Dovremo stare qua sopra ventisette ore ; perciò organizziamoci : prendere dalle valigie quello che serve più spesso , l ' occorrente per il bagno , un libro , l ' agenda , le pantofole , mentre le scarpe siano riposte , e le valigie ben sistemate perché non ingombrino . C ' è molto spazio , sotto le cuccette e sopra la porta . Per terra tappeti , perciò attenti alla cenere , ognuno ha il suo portacicche e l ' adoperi . Le sigarette stiano pure sul tavolino , chi piglia piglia , ma il mazzetto dei dollari spostiamolo nella tasca di dietro dei calzoni . Questo è il pacchetto dei medicinali : garza , cotone idrofilo , emostatico , alcol , pomicetta solforosa per calli e duroni , tappi di cera auricolari per il troppo rumore , sia del treno sia di chi eventualmente russa , confetti lassativi per chi non va , pastiglie per la tosse e per il mal di capo , cerotti , aspirine e piramidone in caso di raffreddore . C ' è la luce centrale , al neon , quella blu per la notte , i lumini individuali a capo del letto , e sul tavolo , ampio e comodo per giocare a carte o per scrivere , la lampada col paralume . Quel bottone è per regolare il volume della radio centralizzata , dietro la porta un grande specchio , e la presa per la corrente , qui e nel corridoio . Andrà bene per le spine dei nostri rasoi elettrici ? La signora padovana ha già provato , Mariavergine , edice che vanno bene . Ogni vagone ha il distributore dell ' acqua fresca , col suo bicchiere di vetro , uno solo , e bisogna adoperarlo alla russa , l ' orlo del bicchiere appoggiato all ' attaccatura del mento , e le labbra peschino direttamente nel liquido . La prima volta ci si bagna . E c ' è anche il samovar acceso in continuazione , chi vuole tè lo può chiedere all ' inserviente , sempre . Il bagno naturalmente è in fondo a sinistra e sulla porta sta scritto , in cirillico : tualèt : più chiaro di così . Sto per entrarci , ma sta per entrarci anche un soldatino giovane giovane - dimostra sedici anni - in calzoni e canottiera celeste . Vai vai , soldatino , ma quando hai finito bussami , qui , vedi , al sette . Capisce a volo . Il guaio semmai è il lavandino : perché venga l ' acqua bisogna premere , da sotto in su , uno zipolo attaccato alla cannella , è scomodo e ci si bagna . Rientro ed ecco la sorpresa : sul cuscino c ' è la faccia barbuta , onesta e democratica , del generale Grant , stampata sul diritto della banconota da cinquanta dollari , con allegato un biglietto : chi , dove , quando . Rispondo subito : a Budapest , tra le nove e le dieci di ieri sera , mentre stavo nel bagno . Esecutore materiale , Ivano il giornalista . Risposta esatta . Brava gente , però , gli italiani , non dovremmo dirne sempre male : si sta bene con gli italiani , sanno reggere gli scherzi . E allora vuol dire che la bottiglia di grappa d ' albicocche non la porto a Milano , no , e se qualcuno trova un cavatappi ce la scoliamo noialtri italiani , ci pensa Riccio , ha già visto lo spoletino grosso col coltello a cento usi . Però vuole in compenso la sua sorsata , e neanche il soldatino russo dice di no . Comunque ne rimangono tre quarti buoni . Tutti e quattro in cuccetta , cominciano i giri , da sotto vedi comparire un braccio armato di bottiglia . Primo giro alla salute dell ' Italia : bevi fratello . Secondo giro , urrà per tutte le Russie : bevi compagno . Il terzo giro è quello della buonanotte . Buonanotte a tutti . E buonanotte ai suonatori . Anzi , ai Senatori . « Senatores boni viri . At senatus mala bestia . » Amen . Ci destiamo a giorno fatto , col mal di capo , e il treno corre nella pianura più piana del mondo , la si intravede sterminata dietro i filari di piante che , a mo ' di frangivento , fiancheggiano i binari . Ogni tanto un agglomerato di casette , di muro o di legno , coi tetti normali , non più spioventi come nelle terre di Cecco Beppe . Eppure nevica anche qui , no ? I colori sono miti , dolci , di pastello : azzurro il cielo , la campagna svaria dal verdolino all ' oro vecchio alla ruggine , senza nulla di drammatico . Dove hanno arato la terra è nerastra , non per niente questa è l ' Ucraina . Ieri sera ci hanno tenuti leggeri , col mangiare , solo un piatto di gulasch con le patate , ma stamani la colazione è robusta : pane bianco , pane nero , burro , tè , salsicciotto e ancora patate . Le due inservienti sono bionde e traccagnotte , con il grembiule nero e la crestina bianca messa un po ' storta come se non ci fossero abituate . Hanno le mani delle contadine , e sbattono le posate sui tavoli con fiera decisione . Il tè è gratis , chi vuole altri beveraggi se li paga , ma con che cosa ? Qui sul treno non si trova da cambiare . Però orientiamoci . Dunque : la birra si chiama pivo , il vino come da noi , ma con l ' accento sulla o , il tè si dice ciai , la vodka naturalmente è parola russa , mentre la voda è soltanto acqua . Il pane hlieb , le patate cartofie . Se dici spassiba rispondono pagiosfie , o roba del genere . Basterebbe per andare in capo al mondo , ma intanto , dopo colazione , facciamo un altro riposino . E dopo pranzo la dormita vera e propria , tutti d ' accordo , con il finestrino chiuso all ' ultimo momento per mandar via il fumo , le tende abbassate e i tappi nelle orecchie . Tutto a posto : Mimmo ha preso il lassativo , il tabaccaio senese ha detto che per ora sta bene e speriamo duri , con cauto ottimismo . Senatori è scomparso . Siamo un minuscolo collettivo che funziona perfettamente . Anzi , questo treno potrebbe continuare oltre Mosca , imboccare la transiberiana , menarci dritto a Vladivostok , una settimana intera , forse dieci giorni di tatum tatum tatum tatum sulle rotaie che , come è noto , hanno uno scartamento superiore al nostro , su questi vagoni ben più ammortizzati e comodi dei nostri . Sarebbe un viaggio meraviglioso : la gente mangia , beve e dorme , non ci sono preoccupazioni per l ' indomani , tempo per guardare il panorama ( unico nostro lavoro ) ce n ' è d ' avanzo , le sigarette sono di tutti , i medicinali anche , nessuno si agita invano , insomma siamo nel paese del socialismo e lo percorriamo seguendo la via italiana . Strada facendo chi non ha moglie potrebbe anche sposarsi , perché il capotreno ha l ' autorità di congiungere in legittimo nodo , tu , Mimmo , chi prenderesti ? La bolognese grassa ? E tu ? La ragazzina sovietica che cammina pari pari , che sta sulle sue , ma forse solo perché è timida ? Si chiama Natascia . O invece Svetlana , che significa Chiara , l ' altra accompagnatrice che è comparsa stamattina e sorride tanto bene ? Bisogna andare a trovare la signora Lucia , che alloggia nell ' altro vagone con la padovana barbuta , un ' altra donna e il veterinario dal pizzetto grigio . È tutta contenta perché ha saputo da Svetlana - Chiara certe cose molto , molto interessanti . Per esempio , mi dice , in Russia non c ' è più la proprietà privata , la terra non è di un padrone ma dello Stato , che la dà in conduzione alle cooperative dei contadini , che si chiamano ( ha preso appunti ) , si chiamano colcos , legge . Molto interessante . Svetlana ha anche distribuito un foglietto dell ' Inturist , dove si comunica , anzi « si ha l ' onore di comunicare » agli ospiti stranieri che sul territorio sovietico possono fotografare e cinematografare tutto quello che vogliono . Con queste eccezioni : le installazioni militari , le ferrovie , i ponti , le strade e le opere d ' arte . Vale a dire che fotograferemo gli alberi , le nuvole e le cornacchie . E invece tutti fotografano , in bianco e nero e a colori , tutto quel che vogliono , saltano fuori macchine a decine . Ormai il turista italiano si è americanizzato , in questo : anziché guardare le cose le fotografa , poi a casa sua guarderà le fotografie . Alla stazione di Kiev , Riccio s ' affaccia alla porta del vagone in pigiama , caccia un urlo da Tarzan e rimane lì a dondolarsi attaccato alle maniglie . Da ogni parte accorrono ferrovieri , poliziotti , colcosiani e ridono , con grande mostra di denti d ' acciaio , e Ivano li riprende con la macchina cinematografica . Riprende il treno fermo , noi in piedi vicino alla scritta cirillica Ciop - Mosca , Riccio che continua a fare Tarzan sulla porta del vagone , ancora noi in gruppo coi colcosiani che ridono , i cesti delle mele e delle rape , la ferrovia con la bandierina rossa . E mentre dura questo bailamme italo - ucraino all ' improvviso il treno se ne va . Pare che l ' altoparlante abbia avvertito gli italiani di salire in vettura , ma Riccio era troppo occupato a far ridere i colcosiani e non ci ha tradotto il messaggio . Ed ecco che a fare Tarzan stavolta siamo una ventina , aggrappolati sul predellino , mentre il treno riprende velocità , e ci sfila dinanzi la fumigante periferia industriale di Kiev , e poi il Dnieper grandissimo , coi barconi , i vaporetti e le barche ferme a pescare . Nessuno è rimasto a terra . Il soldatino in canottiera celeste si chiama Tolia Ivanovic , cioè , Anatolio Di Giovanni , e gli scompartimenti se lo contendono , lo intontiscono a furia di sigarette , di manate sulle spalle , di meraviglie occidentali : i rasoi a pila , l ' accendino con incorporato l ' orologio ( e funziona ! ) , le forbicette per le unghie che paiono un arnese chirurgico . Mi pare intimorito , un po ' diffidente : la ferma in Russia è di tre anni , dai diciannove ai ventidue , lui viene naturalmente da Budapest e va in licenza al paese suo , dietro gli Urali . Non vuol farsi fotografare . Capisco perché solo quando all ' improvviso domanda a Riccio se lui lavora , in Italia . Anche Mimmo lavora ? Anche Ivano ? Lavorate tutti , insomma ? Certo , soldatino , lavoriamo tutti , da noi in Italia , non c ' è il socialismo , ma chi non lavora non mangia , se è nato povero . E quelli nati ricchi non sperare di trovarli su una seconda classe Venezia - Mosca , settantaquattromila lire , poco più di cento rubli , tutto compreso . Gli spieghiamo anche i nostri mestieri : impiegato , albergatore , giornalista , pisatel ( sarei io ) . E se siamo tutti lavoratori - finito il militare lui diventerà ingegnere elettrico - fotografiamoci insieme . Più vicini , altrimenti non ci entrate , così abbracciatevi . « Mi presti il berretto ? » chiede Riccio , e glielo leva , per metterselo in capo . La tunica non me la presti ? Sicuro , se la leva , ridendo , e indossa il pigiama a righe di Riccio . I calzoni no . Coi fanti si può scherzare , ma ci sono dei limiti : dalla cintola in su . Lo ritroviamo qualche ora più tardi nel corridoio , dopo la cena , dopo l ' ultima breve siesta , dopo rifatte le valigie . Allora siamo intesi , soldato Anatolio figlio di Giovanni : saluta il padre tuo Giovanni e tutta la famiglia , là dietro gli Urali . Auguri : che venga presto il giorno del congedo che tu diventi un bravo ingegnere elettrico . E ricordati sempre che in tutto il mondo la gente lavora , anche in Italia . Se capiti dalle nostre parti , vieni a trovarci . È l ' ora degli ultimi dasvidanie , perché quel triangolo di luci sospeso nel buio è il fastigio dell ' università . Quasi si stenta a crederlo , eppure siamo arrivati a Mosca .
Dove vai? Porto pesci ( Pintor Luigi , 1999 )
StampaQuotidiana ,
La lettera agli amici ( « il manifesto » del 6 luglio ) non è giunta a destinazione . Non ho tenuto conto che la posta è premoderna e non funziona . Salvo eccezioni , la lettera è tornata al mittente . Non è grave e non insisto . Era un ' iniziativa e una proposta limitata , una sollecitazione , un ' ipotesi di lavoro dettata da un bisogno di operatività . Che facciamo ? Una domanda spontanea , dopo il disastro elettorale che ha coinvolto tutta la sinistra , nessuno escluso . Quale che sia la risposta , mi son detto , non può essere l ' immobilità . Qualcuno ha osservato che ho scelto gli interlocutori sbagliati . Sigle , anziché la gente in carne ed ossa che ci volta le spalle . Può darsi , se non fosse che anche dietro le sigle ci sono persone vive e che è difficile prescindere dalle rappresentanze in una democrazia rappresentativa , ancorché malata . Qualcun altro ha giudicato l ' idea di un avvicinamento tra le minoranze della sinistra come un ' astrazione o un raduno di reduci . Può darsi anche questo , ammetto che parteciperei volentieri a un incontro di riservisti ( non reduci ) magari a Bologna per chiedere a noi stessi che facciamo mentre la casa brucia . Il punto è questo , che io vedo lo stato della sinistra più o meno come il Kosovo . Non vedo nei risultati elettorali e nell ' aria che tira soltanto un distacco della sinistra dalla sua base sociale e una delusione del suo popolo . Vedo un vero fenomeno di rigetto nei confronti della prima esperienza di governo della sinistra , considerata un inganno ancor più che un fallimento . Il governo D ' Alema , le sue politiche e il suo messaggio , hanno avuto un effetto demolitore . Alcuni guasti sono irreparabili perché hanno inciso nelle coscienze . La guerra , anzi il suo elogio come occasione di prestigio internazionale . O un episodio da nulla , un secolo di storia operaia ( il centenario Fiat ) celebrato come una sagra di famiglia . Il prossimo messaggio è già partito con lo stesso spirito contro la previdenza come simbolo e contro il sindacato . Se D ' Alema governerà altri due anni non possiamo attenderci resipiscenze ma altre forzature nella stessa direzione , alla ricerca di nuovi titoli di legittimità e di consenso nella parte abbiente e benpensante del paese . È questa l ' Italia che D ' Alema vuole rappresentare . Neppure possiamo attenderci resipiscenze dal partito di ex maggioranza , che non sarà l ' usciere di palazzo Chigi ma non si sa come si chiama , e ancor meno dalla compagine governativa . Un commentatore di destra ha scritto di non capire come mai le donne e gli uomini della sinistra , approdati al governo da un ' altra storia , non abbiano compiuto un solo atto autentico e innovativo , magari simbolico , attinente alla sfera di valori che rappresentavano fino a ieri l ' altro . Ma non è strano e non è inefficienza . È la conseguenza della riduzione della politica a tecnica , di una concezione dello sviluppo imperniata sul binomio ricchezza privata - degrado pubblico , di un criterio di modernizzazione deformato . Strano , semmai , è che non abbiamo la percezione del deficit di sostanza e di immagine del loro operato . Brutto è lo scenario che ci mostrano le cronache quotidiane , lo scenario che ogni governo eredita dal precedente senza beneficio di inventario , lo scenario di una società che si arricchisce conservando al suo interno vere e proprie sacche di inciviltà . Sale operatorie infette negli ospedali metropolitani , morti sul lavoro che non siedono al tavolo della concertazione , dispute rituali sugli incendi stagionali , frane che ci coglieranno impreparati , inquinamento record delle città incoraggiato dalle rottamazioni , un sistema fiscale definito autorevolmente da vent ' anni « uno schifo » ma sempre uguale a se stesso . Miserie che dovrebbero essere affrontate con impeto da una qualsiasi sinistra , come un punto d ' onore , ma sono in coda all ' agenda politica perché risanamento civile e qualità della vita non rientrano nel rapporto deficit - Pil . Che facciamo ? Ci inviamo lettere incrociate ma non riusciamo a fare di più , a offrire un riferimento . Ci sono momenti o fasi in cui spetta alle minoranze reagire e pesare in misura superiore alle proprie forze . Ma se avessimo un sistema elettorale tedesco con sbarramento al 5 per cento , nessuna delle formazioni minori della sinistra elencate in quella lettera supererebbe la soglia . È bizzarro che sia io , chissà perché , a rammaricarmi di questa eventualità più degli interessati . Salvo Rifondazione , forse , che mi sembra meno insensibile . Mi piacerebbe se questo partito , che ha più titoli di un riservista o di un giornale , si impegnasse in proprio a promuovere un rimescolio delle carte . Ma è una pretesa eccessiva , non si può chiedere a un singolo partito di farsi carico di un simile compito , di favorire un accorpamento delle minoranze disponibili , di trasfigurarsi in una federazione delle sinistre sperdute . Bisognerebbe restaurare un « comune sentire » ( rubo questa espressione ad Alessandro Natta , nientemeno ) . È un ' espressione vaga , quasi tautologica . Un comune sentire è come il coraggio manzoniano e se non c ' è non si può invocarlo . Ma è una molla che altre volte ha funzionato e che può sempre scattare in circostanze impreviste . Telegramma agli amici intimi : teniamoci ben caro e stretto , per l ' intanto , questo giornale che c ' è .