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Vecchi arnesi ( Pintor Luigi , 1999 )
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Non doveva dirlo , l ' on. Violante , che la sicurezza viene prima della giustizia . È una tesi che fa venire i brividi , se ad enunciarla in televisione è un cultore del diritto e un altissimo magistrato come il presidente della Camera . È come una bestemmia profferita da un vescovo di fronte ai fedeli . Alle orecchie di un ascoltatore maldisposto o di un poliziotto sempliciotto può suonare così : prima spara e poi chiedi i documenti . Alle orecchie di un giudice sbrigativo può suonare così : meglio un innocente in galera che un colpevole in libertà . Non va bene . Sicuramente l ' on. Violante , che è un democratico e una persona gentile , non intendeva spingersi così oltre , né indulgere agli istinti forcaioli oggi alquanto diffusi . Forse ha ceduto al gusto dell ' assioma ( come quando ha detto che la stabilità dei governi è un « valore in sé » , una categoria dello spirito ) . Forse non intendeva stabilire una gerarchia di valore tra sicurezza e giustizia ma solo una successione cronologica . Non va bene lo stesso , non si gioca a rimpiattino con certe parole . Peggio ha fatto il governo D ' Alema - Amato ( il tesoriere si fa fotografare attaccato al premier come un fratello siamese ) ad affrontare il problema della criminalità urbana come un ' emergenza , sull ' onda della pubblica emotività gonfiata dai media , aggiungendoci di suo un ' enfasi scopertamente elettorale . Quello di agire per impulsi e sollecitazioni superficiali , e questa volta con l ' esibizione di un conclave , è uno dei peggiori vizi di questo governo , che rende inautentico tutto quello che fa . La criminalità non è un ' emergenza ma un problema strutturale dei grandi agglomerati metropolitani , e quella piccola discende dalla grande che oggi sembra dimenticata ( le mafie , il narcotraffico , la condizione degli immigrati , tutto scompare dietro lo scippatore ) . Ridurre una malattia sociale di questa entità a un problema di polizia è , più che demagogico , dilettantesco . Noi abbiamo un sistema giudiziario farraginoso , sia penale che civile , e un sistema carcerario che esploderà o imploderà . Pene più severe , più carcere , fermo di polizia , sono vecchi arnesi di repressione , che non danno sicurezza e garanzie ma ce ne privano , e vanno in direzione opposta alla prevenzione , all ' investigazione , alle pene alternative , al reinserimento . È strano e deprimente che la sinistra di governo , che può contare sul fior fiore della cultura giuridica nazionale , sia così povera di inventiva in questa materia e scimmiotti la destra , facendosi paradossalmente accusare di spirito autoritario . Mi viene nostalgia dei romanzi gialli di E . Wallace e di quelli umoristici di P.G. Wodehouse , nostalgia di Scotland Yard e dei poliziotti londinesi che con il loro elmetto e bastoncino tenevano testa a Jack lo squartatore . Oppure , al contrario , mi torna in mente l ' invio dell ' esercito in Sardegna contro il banditismo ( presidente Saragat ) , quando una stazione di carabinieri intelligenti conosceva benissimo i banditi e poteva arrestarli al bar . La sinistra di governo deve stare molto attenta a non scivolare su questo terreno . Nell ' immaginario collettivo , la sinistra può essere ancora facilmente associata ai peccati del socialismo reale . Sarebbe ingiusto , ma se la giustizia viene dopo la sicurezza ...
Un teatro sterminato a 80 metri sotto terra ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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Sentiamo dunque la prima impressione : cosa c ' è di diverso , in Mosca , per questi italiani che ne vedono sfilare una fetta periferica , da bordo dell ' autobus diretto all ' albergo ? Le risposte sono : le strade più larghe , almeno il doppio delle nostre , il traffico incredibilmente più raro e tranquillo ; i casamentoni brutti , tutti uguali , d ' un giallino sporco , peggio d ' una nostra brutta periferia urbana ; la città scura . E quest ' ultima è forse la differenza che conta di più : i lampioni ci sono , ma non c ' è il neon della pubblicità , quello appunto che dà il tono notturno a una capitale in Occidente . Manca il neon , manca il fragore del traffico , mancano i grammofoni a gettone , così Mosca , per chi ci arriva da Occidente , sembra prima di tutto una città buia e silenziosa : il totale delle differenze , almeno per me , pare positivo , in altre parole qui si potrebbe vivere bene . A tratti nell ' aria c ' è una zaffata d ' odore dolciastro che sembra di menta : mi spiegano che dipende dalla diversa qualità della benzina bruciata nei motori . Ma abbiamo tutti una gran voglia di sapere di più , vedere di più , e invece , all ' albergo Turist , il nostro ( che è semmai un enorme ostello della gioventù , un intero villaggio di palazzotti a quattro piani , dalle parti della fiera ) , è ormai chiusa la cassa e non si può cambiare , e in giro per una città di notte , senza quattrini , chi si azzarda ? Pare quasi sicuro ormai che staremo a girellare dentro il villaggio , o a spedire una cartolina con la fotografia di Valentina Vladimirovna Tereshkova , quando arriva Riccio e fa segno che ha trovato - nessuno gli chiede dove - un rublo e mezzo . Dovrebbero bastare a portarci tutti e quattro fino all ' albergo Leningradskaia , in centro , dove stanno calciatori e giornalisti , e lì qualcuno che ci presti un po ' di soldi lo troveremo di certo . Allora via di corsa alla fermata dell ' autobus . Differenza : non c ' è il controllore , soltanto il guidatore , che alle fermate prende il microfono e spiega dove siamo , e poi una cassettina di vetro , dove ciascuno mette i suoi tre copechi e stacca il biglietto da solo . Lo spiega a Riccio una biondina gentilissima , e anzi ci cambia il mezzo rublo , perché possiamo mettere in cassetta i dodici copechi . Quindici anzi , perché siamo cresciuti , sull ' autobus dietro a noi è salito anche un torinese un po ' balengo , che già avevo notato in treno . Ha gli occhi sempre assonnati e parla a strascico . « I quattrini ce l ' hai ? » « No , ma così , ecco , volevo vedere la cosa , qui no , la città . Casomai ecco , potrei venire con voi , no ? » Riccio lo guarda storto , mi dà una gomitata , barbotta : « Ma cosa vuole quello . Via , mandalo via . Piemontese fesso » . Fessi invece siamo noi terroni , non ci regge il cuore di abbandonarlo per una strada di Mosca , il piemontese balengo e così ce lo tiriamo dietro fino alla stazione del metrò . La biondina è sparita , e al suo posto c ' è un giovanotto che spiega come si fa : pezzi da cinque copechi , capito ? Piet capieca , da mettere nell ' apposita fessura , all ' imbocco della scala mobile . C ' è una cellula fotoelettrica che si blocca con quel soldone , e se invece non ce l ' hai messo , fa scattare il cancellino e chiude . Allora cinque da cinque , e va bene , diamo la pieccapieca anche al torinese . I primi due o tre metri della scala mobile sono in piano , poi all ' improvviso ecco il pozzo : vertiginoso , profondo , precipita per ottanta metri sotto terra a velocità da infarto . Sulla scala opposta salgono , altrettanto veloci , e sembra che pendano in avanti , forse pendono davvero ( angolo di 45 gradi ) per tenersi in equilibrio , forse è un effetto della legge di Einstein , secondo la quale , come è noto , l ' universo in movimento assume la forma di una saponetta consumata . Chi lo sa ? La stazione vera , quella interna , è giù , meravigliosa , sembra d ' essere al terzo atto dell ' Aida , fra stucchi , ori , mosaici , panoplie , colonne e bandieroni . Il bello poi è che il treno funziona , si ferma , apre le porte , riparte fulmineo , un treno modernissimo , efficiente , che per di più corre dal terzo atto dell ' Aida al primo del Nabucco , passando per la Vedova Allegra , i Nibelunghi e la Norma . Da un momento all ' altro qui arrivano le comparse con le spade di latta , i negri tinti , Cleopatra col serpente , un paio di elefanti e le bighe . Con quel bel soldone da cinque copechi puoi restare un giorno intero sotto terra , e ammirare le sessanta stazioni tutte diverse e tutte bellissime . Tanto è vero che ci siamo spersi e non si ritrova più il buco giusto della Leningradskaia . Però , riecco la biondina dell ' autobus , che ci rimprovera d ' averla abbandonata e ci spiega che bisogna prendere quest ' altra linea , arrivare fino al secondo atto del Godunov , e scendere . Anzi , sale con noie ci accompagna fino alla stazione , da dove partono i treni per Leningrado . Spassiba . La prima cosa che vediamo , nella strada buia che sa di menta , è uno steso per terra , ligneo , quasi cianotico , livido , di certo un ubriaco allo stadio della cirrosi spappolante . Intorno c ' è un capannello che lo sta a guardare , tutti fermi , e una guardia , ferma anche lei , immobile . Italiani al soccorso ! Il piemontese balengo si china a sentire il polso , poi fa di no col capo , come a dire che questo ormai è buono solo per il becchino . Io apostrofo la guardia , in italiano , smanettando : « Che diavolo fate , qui ? Non lo raccatta nessuno , questo poveraccio ? » . E la guardia deve aver capito , perché smanettando più di me bercia qualcosa in russo , che interpreto così : « E a te che te ne importa ? Perché non ti fai gli affari tuoi ? » . Così entriamo nella stazione davanti , traversata la piazza di corsa , è la kazaka , mi pare , e col rublo che ci resta ordiniamo cinque frappé , molto buoni perché al latte e allo sciroppo la donnetta aggiunge , dal frigorifero , marca Moskava , mezzo panetto di burro . Uscendo , il capannello di gente immobile non c ' è più , e nemmeno il cirrotico , né la guardia . Si vede che avevano già telefonato , all ' ambulanza , o forse al cellulare , chi lo sa . Allora via al Leningradskaia , che è un albergo immenso , di stile assiro , con l ' atrio ingombro di statue , colonne , mostri e italiani : Otturino Barassi , il vecchio centravanti frascatano , Amadei , tre giovanotti con la giacca blu spacchettata e i capelli scolpiti a rasoio . Ivano si ferma a salutarne uno , che è Orlando , poi mi spiega che gli altri si chiamano uno Tumburus e uno Janich ; tutti e tre riserve , segno che hanno mandato a nanna i titolari , anzi i prestipedatori . Evocato dal pensiero compare Gianni Brera , col toscano in bocca : vale dunque ancora l ' ovvia constatazione , che si può vivere a Milano dieci anni senza incontrare mai una persona , che per conoscerla bisogna andare fino a Mosca . Mi piglia per un braccio e mi tira su in camera sua , al quinto piano , mi versa da bere , mi tappa la bocca con un avana formidabile e attacca la lezione etnico - storica sul popolo ungherese . Dunque sta a sentire : gli ungheresi sono la pars alba , il pollone chiaro venuto su dallo stesso ceppo che ha espresso , come pars nigra , li turchi . Smisero di lavorare ai tempi di Attila . Tu prendi la lingua : il lessico campagnolo - zappa , aratro , solco eccetera - è tutto di origine croata . Infatti , cosa facevano gli ungheresi , dalla mattina alla sera ? Montavano a pelo , ballavano il valzer a Vienna con le mogli dei generali austriaci ( naturalmente cornuti ) e prendevano a calci nel sedere gli slavi del Sud , cioè i croati contadini . Ora cosa gli è successo ? Gli è successo che i calci nel sedere li stanno prendendo loro , e proprio dagli slavi . Slavi del Nord , ma sempre slavi . Che vanno sulla luna , ma sempre contadini . Ergo , le facce rinceppate che tu hai visto a Budapest . Tutto qui , il comunismo non c ' entra . Te capì ? Ho capito , ma da sotto telefonano , così mi faccio prestare cinque rubli dal professore , scendo nell ' atrio assiro , recupero Mimmo , Ivano , Riccio e il balengo torinese , andiamo a prendere un altro frappé col burro alla stazione di fronte , la leningradese appunto , e poi è ora di rincasare , col taxi . Lo guida un giovanotto capelluto , col maglione , che prima di muoversi vuole patti chiari : « Trit rublia , carasciò ? » . Va bene , tre rubli , autista ladro e teddiboia , che non hai nemmeno fatto scattare il tassametro , e guidi da cane , metti dentro le marce peggio d ' uno scimmione , tanto la macchina è dello Stato , vero ? Domani ti faccio rapporto . Tanto più che a un certo punto si è fermato e dice che il Turist Hotel è qui , Riccio invece non è convinto per nulla , ordina che non scendiamo mentre lui va a controllare . Siamo al Turist , ma all ' entrata opposta , bisognerà traversare il villaggio a piedi , perché il tassista lavativo non vuole sentir ragioni , più oltre non va . Accidenti a lui . Ormai sono quasi le due , la maggior parte dorme , e andiamo a cuccia anche noi : quattro letti di ferro , quattro sedie , un armadio con quattro stampelle , la bottiglia con quattro bicchieri e basta . Vetri doppi alle finestre , ma niente tapparelle , niente persiane né scuri , così domattina siamo certi che il primo sole ci sveglia . Il primo sole e radio Mosca che dà il buongiorno intonando « guai a chi tocca la Russia dei Soviet » : ogni camera ha il suo altoparlante posato sullo spigolo dell ' armadio , e ieri sera ci siamo scordati di staccare la spina . Per il corridoio già sfilano diretti ai bagni italiani , italiane , un negro con addosso un barracano vasto come una tenda , di tessuto damascato , molto bello . Le docce invece sono al pianterreno , e già fanno la fila , per tramutare i bigliettoni con padre Dante , e gli altri con Lincoln e Washington , in bigliettini microscopici che sembrano i buoni - premio delle scatole di detersivo , e invece sono rubli . La ragazza fa i conti col pallottoliere , velocissima , qualcuno al solito se ne meraviglia , salta fuori il solito piccoletto con gli occhiali , nero e pingue , che in romanesco si mette a difendere , con argomenti da critica della ragion politica , l ' utilità del pallottoliere , e il suo inserimento nella tradizione slava . A questo punto Marcello , che mi è accanto , scatta e insulta il piccoletto : non può sopportare i comunisti saccenti di Roma , che spiegano il plusvalore con la calata di Trastevere , si abboffano di rigatoni , fanno , quando possono , la dolce vita , e poi la vituperano come un segno della decadenza occidentale , così mettono su pancia e salvano persino la buona coscienza proletaria . Gli dico di stare calmo , perché qui l ' obiettività tanto ripetuta in viaggio sta per andare a farsi benedire , nessuno è venuto a Mosca senza preconcetti , tranne forse la signora Lucia , e già si capisce che non sono disposti a cambiarli . Unto più che le due ragazzine del treno sono sparite , non vedi più Natascia la pari - pari , e nemmeno Svetlana - Chiara dal bel sorriso . Al loro posto c ' è una stangona magra , con le occhiaie livide , il viso stirato , che sembra una supersegretaria d ' azienda . E d ' un ' azienda vastissima , che si chiama Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche . Il nome della ragazza è invece Ludmilla .
Non ci credo ( Pintor Luigi , 1999 )
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Come l ' incredulo Tommaso , che non prendeva per vero nulla che non vedesse con gli occhi e non toccasse con mano , così io non credo a quel che mi raccontano circa l ' ultima trasmissione televisiva di D ' Alema . Non credo cioè che abbia detto testualmente : « Per la prima volta nel dopoguerra la bandiera italiana sventola oltre il territorio nazionale e questo è motivo d ' orgoglio » . Ancor meno credo che questa frase fosse accompagnata , sullo sfondo , dal canto di Faccetta nera , bella abissina . D ' Alema è uomo d ' onore e se pensasse queste cose le avrebbe dette ai pacifisti marciando con loro da Perugia ad Assisi . Vero è che D ' Alema si appresta a presentare il suo libro sul Kosovo in coppia col generale Clark , che non è precisamente un pacifista , ma tutti sappiamo che quella guerra è stata umanitaria e non era fatta per piantare bandiere coloniali oltremare . Vorreste ora farci credere il contrario ? Cosa c ' entra poi faccetta nera ? A quei tempi avevo dieci anni e andavo a vedere i soldati con le bandiere che si imbarcavano per l ' Etiopia . Più tardi ho saputo che c ' era un compagno , che mi pare si chiamasse Barontini , che combatteva dalla parte del Negus contro i gas del maresciallo Graziani . Ne trassi un senso di orgoglio nazionale . E ora vorreste farmi credere che invece D ' Alema , se fosse nato in tempo , sarebbe eroicamente caduto impugnando il tricolore ? Io non li capisco questi giovani dirigenti postcomunisti , non capisco da quale cultura provengano . Ma non posso credere che , alla ricerca di una identità , finiscano col formarsi una mentalità ed ereditare archetipi a cui perfino Gasparri cerca di sottrarsi . Si può trarre motivo di orgoglio patriottico da Dante Alighieri o Michelangelo , dal sole di Napoli se non del rione Sanità , dai fratelli Cervi ( chi erano ? ) o dalla presenza della Santa Sede , anche da Valentino ( il sarto ) . Oppure dalla felicità della società che si governa . E invece no , la cosa di sinistra è il tricolore sulla quarta sponda . Se è così , è venuto il momento di mandare la Folgore in Cecenia , dirottandola da Timor est che non fa più notizia . Qui c ' è una nuova macelleria nella provincia di un ex impero , profughi a non finire , diritti umani e diritto all ' autodeterminazione calpestati , un vistoso Kosovo . Non si capisce perché l ' Onu , la Nato , il generale Clark o chi per lui , rinuncino in questo caso al principio dell ' ingerenza umanitaria come nuovo internazionalismo ( Tony ) . Non è perché i russi hanno i missili , il generale Clark ha già detto di non temere la terza guerra mondiale . Allora perché due pesi e due misure ? Oltretutto il Caucaso è pieno di petrolio e ci sarebbe anche convenienza . Pensaci D ' Alema , parlane con il generale discutendo del tuo libro , forse vinceresti le elezioni regionali e resterai a palazzo Chigi fino al 2001 . C ' è qualcosa che non faresti per tagliare questo traguardo ?
La supersegretaria non ci accompagna a messa ( Bianciardi Luciano , 1963 )
StampaQuotidiana ,
La supersegretaria Ludmilla fa il suo mestiere di accompagnatrice con grande scrupolo : ritta vicino al guidatore , faccia a noi , in mano un microfono che gracchia , comincia dall ' uovo . Mosca era alle origini una fortezza sulla Moscova , imprendibile , superficie un ettaro . Oggi 87 ettari , sei milioni di abitanti esclusi i sobborghi , più un milione di turisti che ogni giorno affluiscono alla capitale dallo sterminato contado e anche dall ' estero ; in occasione della partita , cinquemila italiani . Ogni giorno si costruiscono a Mosca trecento nuovi alloggi , anche col sistema delle case prefabbricate : l ' inquilino paga in ragione di tredici copechi per metro quadrato , meno di cento lire . A destra ( sua , cioè alla nostra sinistra ) statua di operaio e colcosiana , altezza metri venticinque , in acciaio inossidabile , e smontabile : la portarono alla mostra di Parigi . Facciata del teatro Bolscioi , scendere per fotografare ma solo cinque minuti . Stazione di Riga , e dal lato opposto chiesa di San Cipollone , oggi conservata a mo ' di museo . Domande da fare ? Sì , la signora padovana chiede se domattina è possibile andare a messa . Possibile , perché in Unione Sovietica restano chiese aperte , israelite , ortodosse e cristiane , ma « puoche puoche » perché popolo sovietico « puoco puoco » religioso . E la chiesa cattolica c ' è ? Certo , Ludmilla lo ignora , ma molti fra noi sanno che si chiama San Luigi dei Francesi , e la padovana domani andrà senz ' altro da questo santo dei francesi , in mancanza di meglio . Ludmilla però non l ' accompagnerà : domani Piazza Rossa . « E mì vado a messa , e quella lì vada al diavolo » , conclude indicando la giovane senza Dio . Ecco i grattacieli , costruiti con sistemi modernissimi , cioè pietra su pietra , mattone su mattone , fino ad arrivare , con le guglie , ai non so più quanti metri e mezzo dell ' Università . È il mastodonte , che sorge sulla Collina dei Passeri . Di qui si vedono le anse della Moscova , tutta la città distesa , accanto c ' è un grande trampolino per il salto con gli sci . Appena scesi ci aggrediscono nugoli di ragazzetti chiedendo « biro , biro , biro » , e mostrando in cambio distintivi . Per una penna a sfera danno anche quattro stelle rosse . Sarebbe bello discorrere un po ' con questi giovanotti sprovveduti . Ludmilla spiega solo che sono ragazzi « non molto buoni » e che bisognerebbe - fa il gesto - sculacciarli . Ci tira via fino al mastodonte , e non ci risparmia nulla : seimila studenti alloggiati , trentamila universitari in tutta Mosca , agli studi superiori , dopo il decimo anno delle elementari , si entra per concorso , e si riceve una borsa minima di un rublo al giorno . Entro università mensa , pasto minimo venticinque copechi , non granché buono ma « sufficiente per saturarsi » . In università sei ascensori ultraveloci portano fino al piano ventottesimo , ci sono aule e laboratori , teatri e auditori , studenti di tutte le razze , anche sessanta italiani . Si può entrare dovunque : nelle aule mentre fanno lezione , nelle mense , negli atri , nelle camerette , persino nei cessi . E siccome ogni giorno deve essere un pellegrinaggio di turisti , come faranno a studiare questi ragazzi lo sa il diavolo . L ' impressione è che questo brutto mastodonte serva più come simbolo che come strumento , che sia poco funzionale , che sarebbe stato molto meglio fare una città degli studi , con molti edifici staccati in mezzo al verde . Uno degli architetti fiorentini mi fa notare che i corridoi interni sono bui , e infatti è acceso il neon in continuazione ; che le camere sono sbagliate , se apri la finestra non apri più l ' armadio . Marcello si è messo a bisticciare con lo spoletino baffuto : « Guardi le nostre università » , dice quest ' ultimo , « relegate nei vecchi conventi , nei palazzacci antichi . E poi i risultati si sono visti , no ? L ' abbiamo visto o no se quest ' università funziona ? Ci sono andati o no , primi nello spazio ? » . Basta con Ludmilla , nel pomeriggio andremo in centro noi quattro da soli . Per strada ci ferma un giovanotto alto , gobbo e occhialuto , parla in russo con Riccio , dice che vuol comprare roba italiana , vestiti , impermeabili , maglie . È successo a noi , come a tutti gli altri indistintamente , perfino alla padovana coi baffi un ' inserviente dell ' albergo ha chiesto un paio di calze di nailon . « Mi carezzava , mi carezzava , quasi mi faceva piangere , povera ! Le ho detto tieni le calze , e va ' a farte benedire , Mariavergine » . In taxi il giovanotto nostro , l ' occhialuto spiega che aspetterà fuori del villaggio , andiamo dentro noi a prendere la roba e ci ritroviamo lì fra un quarto d ' ora . Entrare lui è proibito , specialmente al blocco due , il nostro , « a very bad block » , spiega . Questo lumacone deve passare le giornate a trafficare in impermeabili empolesi . Cos ' abbiamo da vendergli ? Mimmo tira fuori un par di mutandoni di lana che gli aveva comprato la mamma per viaggiare in Russia ( andranno bene ? Quanto posso chiedere ? ) ; poi ci sono le maglie , col collo e senza , una decina fra tutti , d ' ogni colore , da riempirne la borsa dell ' Alitalia . Stiamo per uscire di camera col malloppo quattro magliari penso , oltre tutto piove , ci pentiamo quasi contemporaneamente , e che il lumacone rimanga pure sotto l ' acqua ad aspettarci che ben gli sta . La mattina dopo Ludmilla , puntuale e tenace , riattacca con le cifre , al Cremlino vedremo il campanone crollato prima ancora di arrivare in vetta al campanile , lei sa quanto pesa , quanto ha di diametro , quanto di altezza , vedremo il « re dei cannoni » , un enorme pezzo di artiglieria che forse non ha mai sparato , e casomai ha sparato solo a mitraglia , perché le quattro palle , da due tonnellate ciascuna , lì davanti , sono dell ' Ottocento , e a fine decorativo . Dentro il Cremlino c ' è anche l ' unico edificio davvero moderno veduto a Mosca , il palazzo dei Congressi , ardito col suo vetro e cemento in mezzo a tante cipollone . Ludmilla spara le sue cifre , e sarà meglio squagliarsela per andare a comprare , da buon italiano , il colbacco e la balalaica . Sulla Piazza Rossa c ' è un omone , un armadio che cammina , e si tira dietro sei balalaiche ; gli chiedo dove l ' ha comprate , lui si volta ed è il Rollamatic . I poliziotti ci fischiano dietro , ma lui dice « italianski futbalisti » e ci lasciano passare , di corsa , fuori delle strisce . Così andiamo al Gum , e il Rollamatic - armadio è efficientissimo , si fa largo senza nemmeno sgomitare , per pura forza intimidatoria - pagiostie , pagiostie - e gli acquisti si sbrigano in un baleno . Tutti e due incolbaccati torniamo sulla Piazza Rossa , il Rollamatic si congeda , io ritrovo la comitiva con Ludmilla , e senza fare la fila entriamo al mausoleo rosso e nero , coi soldatini imberbi dal fucilino lustro che pare un giocattolo , immobili , consapevoli . Saranno anche « puoco puoco » religiosi , questi russi , ma la fila è interminabile , avanza lenta lenta , perché non si sosta davanti alla mummia , le si gira attorno . C ' è buio , solo tre lampade che illuminano il viso di cera e le mani , una aperta , una stretta a pugno . Alla fine del giro incontro lo sguardo di Marcello , e per poco non ci mettiamo a ridere . So quello che pensa : che è finto , che sembra d ' essere al miracolo di san Gennaro , che il cielo ci scampi dalla sorte d ' essere imbalsamati , dopo morti , e conservati in cantina per ricordo ai nipoti . « O vieni un po ' a vedere com ' era fatto il tu ' nonnino ! » Ma basta col sacrilegio . Pensiamo a fare il tifo per l ' Italia . Lo stadione è bello , l ' altoparlante alterna canzoni italiane e russe , il tabellone luminoso dà le informazioni in cirillico ( non pare , ma c ' è scritto proprio Negri , Facchetti , Maldini ) , c ' è l ' orologio che segna i minuti trascorsi , e quelli del recupero , per il tempo perso fra incidenti , moine e pugni in faccia . Una figura da ladri , e grazie , grazie al pubblico sovietico che non ci ha sbeffeggiati , alla fine , come meritavamo , con la nostra sicumera del mattino , quando dall ' autobus facevamo segno con le mani , che gliele avremmo suonate . Dopo lo stadio devo andare al Leningradesc per telefonare , Ludmilla mi insegna dove scendere e dove prendere il 3 , che però arriva solo alla Komsomolskaia , poi fare un tratto a piedi . Non ci capisco più niente , nessuno parla altro che russo , io non riesco a dire bene Lieningradscaia , anche perché la parola è sdrucciola . Per fortuna un brav ' uomo scende con me e mi indica.Di sopra il professore ha già avuto in linea Milano : « ... e Dubinsky ci mette il piedone , va bene ? ... e Sormani incorna , va bene ? ... e rimedia il Trap , va bene ? » . Al piano di sotto c ' è Manlio Cancogni in crisi , il Rollamatic mi ci accompagna , lo abbraccio e per consolazione viene sopra anche lui a far merenda con caviale , champagne , salmone e vodka . Mi piacerebbe star lì a discutere , e magari scendere nell ' atrio assiro per sfottere un po ' i prestipedatori , gli abatini che l ' hanno prese dai cavalli della steppa , ma la tradotta aspetta e a mezzanotte in punto salpiamo . Alla stazione di Kiev ci sono ucraini fierissimi che ridono con noi della partita , e donne che si caricano sul groppone sacchi e casse . Poi c ' è una comitiva ungherese che intona un coro , gli italiani rispondono col mazzolino di fiori , e tutti insieme si canta Marina , Ludmilla è sparita , riecco Svetlana e Natascia , e il treno accenna a muoversi . Comincia l ' anabasi .
Un'altra notte di successi ( Pintor Luigi , 1999 )
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La signora Albright ha detto : a che ci serve tutta questa potenza di fuoco se non la usiamo ? I generali Nato dicono : possiamo continuare per mesi , metteremo Milosevi ? in ginocchio . Il presidente Clinton manda gli apaches , accumula forze terrestri e fa intendere qual è il dilemma : o la resa incondizionata del nemico o il suo annientamento . Henry Kissinger , per il quale la guerra in Vietnam era una scaramuccia che i libri di storia avrebbero ignorato , raccomanda un ' invasione . E Tony Blair dichiara : questa è una guerra del bene contro il demonio . Se questo è lo spirito , il programma di questa guerra americana , è difficile sperare che resti spazio per una mediazione e una soluzione politica . Ed è difficile dar credito alle classi dirigenti , ai governi e alle forze politiche tradizionali europee . Forse non tutti condividono questo bellicismo oltranzista ma nessuno , per calcolo o per sudditanza e impotenza , lo avversa . La causa della pace , o anche solo di una tregua , è affidata a minoranze volenterose , all ' opinione pubblica generalmente intesa , a un ' insorgenza della coscienza civile . La propaganda di guerra tuttavia infuria e stordisce , prevale con fragore sulle invocazioni di pace e oscura ogni ragione . Mi ricorda infallibilmente l ' euforia e perfino la frivolezza seminate ai tempi delle guerre etiopiche o della dichiarazione di guerra alla Francia . Beato chi non ha respirato in passato quell ' aria che oggi riprende a circolare in un altro contesto ma con lo stesso veleno . Beato e disgraziato , perché è preda di un inganno di cui non conosce i prezzi . Molti hanno creduto , in buona fede , alla motivazione umanitaria dell ' intervento armato . E continuano assurdamente , in buona o in cattiva fede , a crederci pur avendo sotto gli occhi una tragedia epocale : quella moltitudine dannata di profughi che le nostre bombe hanno ingigantito dieci volte , sommandosi alla guerra civile e alle crudeltà delle milizie serbe . Molti , forse , sospettano che il rimedio sia stato e sia peggiore del male , ma pensano che sia giusto punire il colpevole , come se ci sia un solo colpevole più colpevole , eliminato il quale tutto andrà a posto . Ma noi non stiamo abbattendo un capo o un regime politico , stiamo bombardando una nazione e un popolo . È una logica simile a quella della pena di morte , applicata su larga scala , insieme alla presunzione di una democrazia esportata con la forza . Molti si tranquillizzano sentendo dire che sarà possibile riportare un milione di disperati nella loro terra bruciata , come se non si trattasse di un ' umanità privata di tutto , ma di una mandria da ricondurre entro i recinti . Oppure di relitti da disperdere ai quattro venti , dove nessuno li vuole adesso come non li voleva prima . Intanto muoiono , con un ' assistenza umanitaria dell ' opulento Occidente che costa meno di un missile . Molti ( chiunque abbia meno di sessant ' anni ) non hanno mai visto scorrere il sangue in Europa , pensano che sarà poco e che non lascerà tracce . Lascerà invece per lo meno un grande odio nel cuore del continente . Le città e le campagne che stiamo bombardando , anche se pochi osano ricordarlo , hanno combattuto una guerra di liberazione contro i fascismi tedesco e italiano e vivono l ' aggressione di oggi con questa memoria . Molti si sentono comunque garantiti perché siamo dalla parte del più forte . Il mito americano è duro a morire , c ' è più ammirazione che repulsione per la potenza di fuoco e la precisione di tiro americana . E se un errore millimetrico farà saltare in aria una clinica ginecologica non lo sapremo o lo sapremo troppo tardi . Forse allora l ' ammirazione lascerà un po ' di posto alla commozione . Molti vedono ancora la Nato come un bastione anticomunista anche se nessuna minaccia grava sull ' Occidente , salvo quelle che l ' Occidente sta costruendo da sé con l ' idea folle di un mondo a sovranità limitata , di un protettorato riservato ai quattro quinti dell ' umanità . Se sento la Cina dire che questa filosofia porta diritti alla terza guerra mondiale rabbrividisco , e vorrei che questo brivido contagiasse il mondo . Molti non si accorgono ancora del nesso inscindibile che corre , e che già ci umilia , tra questa guerra e l ' infrangersi del « sogno europeo » . Questo sogno , lungamente vagheggiato in competizione col sogno americano , ha rivelato in un attimo la sua fragilità e inconsistenza . La nuova Europa ha perso coscienza di sé prima di nascere . È difficile contrastare la propaganda di guerra e le spirali che induce , farlo con il ragionamento o con la protesta , smontare questo pauroso ingranaggio contro cui cozza e diventa flebile anche la voce papale . È un compito oggi minoritario ma che può , rifiutando ogni etichetta di parte , risvegliare una maggioranza democratica di donne e uomini . Almeno qui , in Italia , ai confini della tragedia . Si può anche credere che la guerra sia connaturata all ' uomo ma non fino a questo punto . Non è alla nostra portata riempire tutte le piazze del mondo , ma anche una sola sarebbe molto . Ci abbiamo già provato e continueremo a provarci .
StampaQuotidiana ,
Ieri alla partita , fermo sotto l ' acquerugiola fredda , uno degli architetti fiorentini s ' è raffreddato malamente e , siccome sua moglie non aveva più aspirina nella borsetta , si sono rivolti a Ludmilla . La solerte nostra accompagnatrice lo ha portato dal medico del villaggio - albergo , che gli ha fatto prendere una sua pillola : il raffreddore è passato dopo mezz ' ora , ma stanotte lui tribola , ha il vomito e un ' eruzione su tutta la pelle . Nel vagone accanto c ' è il veterinario con pizzetto , e dice subito che si tratta di un ' allergia : purtroppo non ha il rimedio . Ma ci pensa Svetlana : va dal capotreno e fa radiotelefonare a Kiev che sul nostro vagone , scompartimento tale , c ' è un italiano malato , e che tengano pronto un medico . Infatti ecco Kiev , ed ecco il medico : una donna più larga che lunga , vestita da cuoca , la quale monta trafelata sul vagone , visita l ' infermo , ribadisce la diagnosi dell ' allergia , e conclude che bisogna senz ' altro ricoverarlo nell ' ospedale cittadino . « No , no , no » , dice la moglie dell ' architetto , « da da da » ribatte la cuoca , ma la signora non cede . Pazienza , allora , e ordina che il treno sosti in stazione qualche minuto di più , per fare un ' iniezione : accorre infatti un ' altra cuoca con la siringa e buca l ' architetto sul braccio , a regola d ' arte , senza il minimo dolore . Poi radiotelefonano alla stazione successiva : sia pronto un altro medico con il farmaco così e così , per un allergico italiano che non vuol farsi ricoverare e che bisogna curare strada facendo . Pronta la medicina alla prossima stazione , la terza cuoca ordina espressamente al ferroviere del nostro vagone che controlli : ogni quattro ore , pillola al malato . E ogni quattro ore l ' omino gentilissimo bussa e s ' accerta . Presa la medicina ? Bravo . Terza visita , per un ultimo controllo , alla frontiera ( stavolta è un cuoco ) . Tutto a posto : cessato il vomito , va scomparendo a vista d ' occhio l ' eruzione cutanea , resta solo una gran fatica addosso all ' architetto fiorentino che ci ha dato modo di constatare , sulla pelle sua , come funzioni l ' assistenza sanitaria sui treni sovietici : ottimamente . A Ciop la dogana è anche più sbrigativa che all ' andata , chi vuole può riconvertire i rubli in moneta occidentale ( era una diceria , che non lo facessero ) , si fanno gli ultimi acquisti di distintivi e stelle rosse , molti completano la collezione di monetino , dal copeco al rublo . Al bar c ' è una macchina per gli espressi di fabbricazione ungherese , e decidiamo di osare , dopo una settimana di astinenza : quasi buono . Le tre del mattino , intonandoci sul meridiano nostro , diventano le cinque , ci stiamo caricando sul vagone ungherese , che è lo stesso di prima , cioè brutto , poi quando è il segno di partire ecco gli italiani tutti che intonano Ciao , ciao ciao bambina , per le due ragazze sovietiche ferme lì davanti . Svetlana - Chiara sta alla parte , smette il suo bel sorriso e fa finta di piangere ; Natascia la pari - pari invece si mette a piangere davvero , proprio lei che finora era rimasta sempre sulle sue , e a me pare di aver capito per chi di noi - fortunato ! - sta piangendo . Però , come fanno presto i popoli , a intendersi ! Sul brutto treno ungherese c ' è un bel vagone ristorante , coi camerieri alti e distinti che servono una meravigliosa frittata al prosciutto . Si chiamano tutti Utasellato - lo hanno scritto sul taschino della giacca - ma anche i piatti e i tovaglioli di carta sono Utasellato . In questo modo si chiarisce il mistero : quell ' incredibile parola significa , pressappoco , « servizio ristorante » . A Budapest , inevitabile come una tassa , c ' è Giorgio Suveniri , che stavolta però non ci sollecita a cambiare . Anzi , è l ' architetto fiorentino convalescente che vorrebbe riconvertire in soldi nostri i duecento e passa fiorini che gli sono rimasti in tasca , ma Suveniri pare sordo a questo discorso . Forse cambieremo alla frontiera . E invece anche lì fanno orecchi da mercante al discorso del cambio di moneta , e così l ' architetto fiorentino se ne torna nella città del fiore coi duecento e passa fiorini : li terrà per ricordo e per ammonimento al viaggiatore sprovveduto in terra magiara . Piccola inchiesta tra i compagni di viaggio . Di che cosa avete sentito più la mancanza , in questi giorni ? Le risposte sono , nell ' ordine : caffè , vino , tapparelle , bidet . Che cosa vi è piaciuto di più ? La metropolitana , l ' università , la piscina coperta , lo stadio . E che cosa di meno ? Le donne che lavorano pesante , le file davanti ai carrettini , troppi uomini in divisa . Acquisti ? Tutti la balalaica , molti il colbacco , alcuni il caviale , nessuno la vodka , che costa meno da noi che a Mosca , perché a Mosca vogliono scoraggiare gli alcolisti . II tabaccaio senese porta appesa al collo una stupenda macchina fotografica , da settanta rubli . Non si preoccupa più per il mangiare , ma per la nostra dogana , che forse gli farà pagare il balzello . Avventure galanti ? Zero via zero . Qualcuno ha cambiato parere su qualcosa ? Nessuno , su niente . Tutti sapevano già tutto , e hanno trovato conferma : che va bene , oppure che va male , oppure che va così e così . La verità è che a Mosca , nessuno va con animo obiettivo , come andrebbe a Tokio o a Carachi ; ognuno ha in testa le sue idee precise ( anzi le sue idee fisse ) e non si sposta d ' un palmo . Diffusa tra tutti la tendenza a generalizzare , a dedurre dai minimi particolari di questi due vertiginosi giorni moscoviti ( il gesto di un taxista , la cortesia d ' un passante , una frase colta a volo ) conclusioni amplissime , perfino universali . Ma su una cosa sono concordi tutti quanti , nella simpatia per la gente di Russia : buona , cordiale , tollerante , un po ' approssimativa , un po ' pelandrona , simile a noi , migliore di noi . Simpatia e gratitudine , mi dice Marcello mentre si fa buio e Vienna si avvicina . « Quelle donne che sgobbano , le hai viste , sgobbano anche per noi , sì , per te e per me . Tengono in piedi un Paese , un ideale e un mito . Se il socialismo oggi in certi paesi è una sostanza , e in altri un lievito , e cioè una continua spinta verso il meglio , il merito va soprattutto a loro , e il nostro debito è grande . Ci pensi ? In quarantacinque anni hanno avuto due guerre mondiali , la rivoluzione , la carestia , e poi Stalin , hanno perso milioni di uomini , eppure sulle loro spalle , sulla loro pazienza , il socialismo ha retto . Ti confesso che a questa gente auguro di cuore un mucchio di bene , perché se lo meritano » . C ' è da chiedersi semmai quale bene augurargli . Gli impermeabili empolesi ? Le penne a sfera , che tanto ci chiedevano giovanotti e ragazzi , i cittadini di domani , per le strade di Mosca ? « Anche quelli . Saranno sciocchezze , in sé , ma valgono come simbolo : vogliono più gioia , più fantasia , più agio . Dopo gli impermeabili chiederanno la nostra musica , la nostra arte , i nostri libri , i nostri film ( non hanno forse già premiato Fellini ? ) , insomma maggiori scambi con noialtri . Stanno comprando il grano , lo sai , ma già dicono che non si vive di solo pane , veramente ... Ma guarda quanta luce , a Vienna ! » E veramente sembra d ' essere usciti da un lungo tunnel : la stazione è lucida , razionale , le strade sfavillanti di pubblicità luminosa , il traffico denso e alacre , la gente vestita bene , le donne eleganti . C ' è poco da dire , è già casa nostra . Tutto quel che di solito rimproveriamo alle nostre metropoli , adesso ci accorgiamo d ' averlo ormai nel sangue . E i nostri compagni di viaggio sono già diversi : è finita la distensione un po ' pigra e ottimistica dei giorni passati , pare che tutti abbiano ritrovato l ' argento vivo di sempre , e si muovono a vanvera , pur di andare dove c ' è più luce , più lustro , più colore , come tanti farfalloni . Ivano , Riccio , Mimmo , appena ingozzata la cena , mi trascinano al tabellone degli orari , e poi al nostro binario , dove ancora il treno non si vede perché manca più di un ' ora alla partenza , e poi al chiosco delle sigarette , e a quello dei giornali , e sul piazzale davanti alla stazione , e al bar per l ' ultimo bicchierino . Ricomincia a prevalere l ' iniziativa privata , quel lavorare di gomiti della nostra esistenza quotidiana , la furia d ' arrivare , la paura di non farcela . A trovare le cuccette , per esempio sul treno austriaco dagli scompartimenti a sei , e il giaciglio stretto , scomodo , senza lenzuola , e il bagno così razionale che non ci si entra quasi , e si sbatte la testa , i gomiti , i ginocchi , a tentare di lavarsi . Dobbiamo prendere con noi altri due compagni di viaggio , uno per fortuna è Marcello , l ' altro un bottegaio ligure che avrà di certo passato la sessantina . Senza pietà lo releghiamo nella cuccetta più bassa , più scomoda perché è arrivato ultimo , lo chiamiamo vigliaccamente « nonno » , gli diamo del tu , e intanto sgomitiamo apprestandoci all ' ultima dormita su ruote . È inutile che io raccomandi di stare calmi , di mettere le valigie al posto , di non ingombrare il poco spazio libero che c ' è : non mi danno più retta . « È finito il socialismo , vero ? » mi fa Marcello ridendo dalla sua cuccetta . « Non sei più il presidente del vagone cooperativo , caro mio . Buona notte , piccolo padre » Al mattino non c ' è nemmeno bisogno di affacciarsi per capire che siano in Italia : basta la fila davanti al bagno , le voci che salgono di tono , qualche primo insulto che ricomincia a circolare . E a Venezia ci salutiamo in fretta , già quasi estranei : il tabaccaio senese con la bella macchina fotografica nuova , le due bolognesi coi calzoni , la padovana barbuta , il piemontese balengo che finalmente apre bene gli occhi e non parla più con quello strascico della prima notte a Mosca . Siamo nel Paese dell ' iniziativa privata , dell ' individualismo , e ognuno bada soltanto a non farsi fare fesso . Ma noi quattro ci scambiamo un abbraccio , la promessa di scriversi , di rivedersi . Spero proprio che sia vero , che Ivano , Minimo e Riccio non si scordino tanto presto la tradotta per Mosca , nell ' ottobre del '63 .
La buona guerra ( Pintor Luigi , 1999 )
StampaQuotidiana ,
Comincia l ' orribile esercizio della conta dei morti civili ( i militari sono uomini destinati a dare e subire la morte e quindi interessano meno ) . O meglio ricomincia , perché questo esercizio è in corso da quando la Iugoslavia si è disgregata . Ma ora è la conta dei nostri morti , quelli causati dalla guerra che noi conduciamo con intento umanitario . I profughi bombardati per errore sono ( forse ) 75 . I morti del treno bombardato per errore sono saliti ( pare ) a 27 . I cittadini di Belgrado di ogni età e condizione rimasti sotto le macerie sono , secondo il loro governo , cinquecento . Sarà vero ? Non sarà vero ? Non c ' è molta emozione né resipiscenza . In fondo sono cifre basse , da incidente stradale o da scossa tellurica di bassa intensità . La differenza è che sono morti provocate , a che altro serve la guerra ? E sono anche previste , se spari da diecimila metri . Dunque sono morti ovvie . Quel vecchio rattrappito e insanguinato che vediamo in fotografia è ovvio . Fonti della Casa Bianca informano che í raid non avranno sosta e potranno continuare fino a luglio . Compreso o escluso ? Due mesi e mezzo o tre mesi e mezzo ? Non so fare le moltiplicazioni , non so quante migliaia di kosovari e serbi e albanesi moriranno , anzi sono già preventivamente morti . So due cose : che se Milosevi ? è il responsabile , l ' esecutore sono io . Se il generale Clark ha detto di non temere la terza guerra mondiale ( frase che mi ricorderò finché campo ) , non si farà scrupolo di bombardare fino a riportare una regione europea all ' età della pietra . È un generale . Ma un intellettuale tedesco ha scritto ieri ( ma forse ho capito male ) che risparmiare le popolazioni civili non è serio , la seconda guerra mondiale ne ha fatto strage e perciò è finita prima . A che altro servì Hiroshima ? Se i raid e gli apaches non basteranno , ci sarà tempo in agosto , con la stagione balneare , per la guerra di terra che sarà più facile vincere . Sarà più facile ? Io non so se questa scalata , non priva di delirio , sia stata pianificata in partenza o se c ' è stato un errore di calcolo che ne produce altri . Ma sono allibito per la leggerezza , l ' insensibilità , l ' assuefazione psicologica , l ' inerzia che la crescita esponenziale di questa guerra produce . Anche i profughi , il cui destino era lo scopo della guerra buona , sembrano dimenticati o ricordati come mendicanti , o bombardati per errore . Quanti sono , dove sono , quanti ne muoiono ? Ecco un ' altra conta che ci aspetta . E quando li faremo rimpatriare o li faremo espatriare con munifica accoglienza ? In autunno ? Ogni giorno che passa , ogni bomba che cade , al • lontana o cancella questa speranza . Non c ' è in vista nessun negoziato convincente . Se Milosevi ? verrà processato come criminale di guerra vorrà dire che il negoziato è escluso in linea di principio . Dovremo allora - ma spero di sbagliarmi come sempre , di sbagliarmi grossolanamente - aspettarci qualunque cosa , che oggi non riusciamo a immaginare . Dice Hegel : « Dalle azioni degli uomini risulta qualcosa d ' altro , in generale , da ciò che essi si propongono e raggiungono , e che immediatamente sanno e vogliono » .
IL CREPUSCOLO DI UN MITO ( CRESPI ANGELO , 1916 )
StampaQuotidiana ,
La guerra attuale semina il mondo di nuovi germi di vita nel momento stesso in cui lo cosparge di morti e di feriti . E tra i morti maggiori sono molti dogmi , molti miti politici , sociologici , economici . Uno dei massimi e dei più funesti è quello del materialismo storico . Ci porge l ' occasione di celebrarne la « débacle » Filippo Carli con la sua opera su « La ricchezza e la guerra » (F.lli Treves , 1915 ) , un ' opera che , se non scientificamente originale e profonda , è però tra le migliori opere di esposizione chiara e sistematica delle cause profonde dell ' attuale conflitto , che siano apparse in Italia ed all ' estero ; per di più è un ' immensa raccolta di dati ben raccolti e catalogati . La dovrebbero leggere e meditare soprattutto quei pubblicisti e demagoghi del partito socialista ufficiale che con petulanza e sicumera pari solo alla loro incoscienza vanno pappagallescamente ripetendo , nei loro giornali e nelle loro riviste , che questa immensa catastrofe è la riconferma dei principi del marxismo e li lascia perfettamente immutati e immutabili . Il Carli mostra anzitutto , comparando l ' aumento di popolazione e di produzione degli Imperi Centrali , della Russia , della Francia e dell ' Inghilterra , che nessuno di questi paesi era anche solo remotamente minacciato dal pericolo di vedersi venir meno i mezzi di sussistenza ; non la Francia perché la sua popolazione è stazionaria ; non la Russia perché la sua ricchezza potenziale è enorme e la sua densità di popolazione è minima ; non l ' Inghilterra perché la sua ricchezza , pur in anni recentissimi , cresceva di gran lunga più rapidamente che la popolazione e perché essa aveva trovato modo di alimentare la sua crescente popolazione con le sue crescenti esportazioni di manufatti in cambio di materie prime e di grano acquistati da paesi nuovi fertilizzati con i suoi capitali ; non la stessa Germania , la cui emigrazione era ridotta quasi a zero , e che anzi vedeva aumentare l ' immigrazione operaia straniera e la reimmigrazione dei tedeschi già arricchitisi nel Nord America ; sì che essa non sapeva neanche trovar emigranti per le sue colonie e li trovava in quantità maggiore di gran lunga , se mai , per gli Stati Uniti e le colonie inglesi . Dopo questa analisi della situazione demografica , il Carli passa all ' analisi della situazione economico - capitalistica specie della Germania e dell ' Inghilterra , che sono dai più considerate come le due massime rivali . Ed anche da questa analisi risulta lampante come la luce del sole , che , « economicamente » , non vi era alcun possibile antagonismo , alcuna inevitabile causa di guerra . L ' Inghilterra col suo libero scambio e con il principio della porta aperta e dell ' uguaglianza di opportunità aveva risolto in modo perfetto il problema di far progredire la sua economia d ' accordo con quella di tutto il mondo . Essa aveva capito che più in Inghilterra e nel mondo intero si eleva il tenore di vita delle masse , ciò equivale alla creazione di nuovi mercati , e che il mondo ampliandosi per così dire con l ' espandersi della capacità di consumo dell ' uomo , non c ' è pericolo alcuno che ci siano troppi uomini o troppi capitali per appagare i bisogni umani e che in questo compito non solo v ' è posto per tutti , ma vi sarà per tutti posto crescente . La Germania , a sua volta , nella misura in cui la sua produzione agricola interna , per quanto enormemente progressiva , non bastava più a nutrire la sua crescente popolazione , aveva cominciato a provvedervi come già aveva fatto l ' Inghilterra , comperando il fabbisogno alimentare necessario con l ' esportare manufatti , e veniva ad avere sempre più in comune con l ' Inghilterra l ' interesse a che nel mondo i mercati si mantenessero o divenissero aperti . Lungi la Germania dall ' essersi sviluppata industrialmente e commercialmente a spese dell ' Inghilterra , le statistiche dimostrano che tra le due s ' era stabilita una specie di divisione del lavoro , e che l ' una era la miglior cliente dell ' altra ; e l ' Inghilterra lungi dal decadere vedeva aumentare la sua ricchezza per abitante , nonché la sua esportazione per abitante più rapidamente che la Germania . Essa non si oppose neanche alla espansione coloniale tedesca ; anzi si può dire che le colonie tedesche nell ' Africa sono territori già rifiutati dall ' Inghilterra , nonostante che ad occuparli essa fosse stata , in qualche caso , invitata anche da commercianti e missionari tedeschi . Dove erano adunque le cause « economiche » di conflitto , egregi signori del materialismo storico ? Indubbiamente v ' è un senso in cui può dirsi che il conflitto ebbe cause « economiche » ; ma allora occorre precisare il significato di questo aggettivo usato spesso tanto male a proposito . Non esistevano cause « economiche » del conflitto se si vuol dire che non esistevano nel mondo ostacoli a che i bisogni del popolo tedesco fossero adeguatamente soddisfatti e che la produzione tedesca fosse adeguatamente rimunerata dato il gioco della domanda e della offerta delle merci , dei servigi e dei capitali . Che se si vuol invece affermare com ' è conforme a verità che il conflitto è nato dal fatto che la Germania col protezionismo , coi sindacati industriali , con la concentrazione bancaria , con l ' infiltrazione di personale tecnico in aziende industriali e finanziarie estere e col « dumping » , cercava di asservire alla propria le economie degli altri paesi e che questi sentendosi minacciati reagirono , e che da questa azione e reazione è nata in ultima istanza la guerra , allora è chiaro che il conflitto non ha cause economiche , ma politiche . La Germania a cagione dello spirito di dominazione derivatole dalla sua tradizione militare e dal modo militare e autocratico in cui s ' è compiuta la sua unità nazionale è venuta a considerare con spirito e concetti « militari » anche i suoi problemi economici . Lungi dal vedere , come l ' Inghilterra , che a nutrire la crescente popolazione si provvede comperando con manufatti da esportare il grano da importare , che i vincoli economici non creano dipendenze ma interdipendenze tra i popoli , e che l ' espansione dei bisogni umani è indefinita e crea indefinitamente nuovi mercati , essa si lasciò dominare dall ' incubo che a un certo punto gli altri paesi volessero chiudere le porte ai suoi prodotti , e costringerla così alla fame e alla miseria interna . Mossa da spirito di egemonia si credette minacciata dall ' egemonia altrui e si diede a usare tutti i mezzi economici e politici a scongiurare questo pericolo e dato questo suo incubo la sua soluzione non poteva essere che una sola : per non esser asservita doveva asservire ; per non esser vittima del monopolio altrui doveva crearsi e mettersi in grado di difendere con tutti i mezzi il monopolio proprio . Ecco come militarismo e industrialismo , che ad Erberto Spencer parevano termini antitetici , ai pensatori tedeschi paiono termini complementari ; il militarismo serve a creare e sostenere l ' egemonia industriale : « Weltmacht oder Niedergang ! » . Se questa analisi della situazione dataci dal Carli , dal Prato , dal Millond e da altri è fondata , il materialismo storico è spacciato . Le forze economiche di per sé tendono ad eliminare le porzioni monopolistiche sia nei singoli paesi che nel mondo intero . Il sistema industriale inglese aveva risolto il modo di svilupparsi armonicamente con l ' economia mondiale ; se il tedesco non ha fatto altrettanto ciò è dovuto non a cause economiche , ma alla storia politica , alle istituzioni , allo spirito del popolo tedesco cui già Tacito , ricordato da von Bülow , rimproverava la proclività all ' invidia . L ' industrialismo moderno , dunque , non può essere di per sé reso responsabile della catastrofe attuale ; esso ha agito solo come strumento di altre cause : in Inghilterra come strumento dello spirito di libertà sprigionantesi da tutto il suo sviluppo storico ; in Germania come strumento dello spirito di monopolio e di dominazione sprigionantesi da tutta la tradizione storica , prussiana . Il fenomeno economico è solo un fenomeno fra tanti altri ; per di più è un fenomeno dello spirito . Il processo per cui coordinando vari elementi della produzione in un ' impresa si creano nuovi valori , è un processo in tutto e per tutto analogo a quello con cui il genio scientifico scopre od inventa e il genio estetico crea opere d ' arte . L ' operaio che sa fare un lavoro che un altro non sa , il risparmiatore che sa collocare il suo risparmio ove è più richiesto e gli si promette un più alto interesse , l ' imprenditore che concepisce un impiego più rimunerativo di lavoro , di capitale e di terra e sa ai detentori di questi elementi ispirare il credito necessario , compiono un ' opera di sintesi creatrice quanto ogni Edison od ogni Wagner . La produzione economica è solo una fra tante forme in cui lo spirito reagisce alle condizioni d ' esistenza e da ostacoli le trasforma in istrumenti della sua potenza . La storia non è così un fatale sviluppo dialettico e non è nemmeno un rigido processo meccanico - causale . La storia è l ' affermarsi della potenza liberamente creatrice dello spirito che nei massimi ha nome di genio , ma in qualche grado esiste in tutti contro il meccanismo e l ' inerzia delle abitudini e delle convenzioni , contro la bruta tirannia del mero numero , della mera quantità , della mera massa . E non occorre alcuna teorica pseudofilosofica dell ' economia e della storia per giustificare la nostra fede in un miglior avvenire umano e i nostri sforzi per attuarlo . Basta sentire entro di noi , in grado anche umile , questo impulso creatore , questo infinito vivente che cerca espressione in atti , in leggi , in istituti , in anime più grandi di quelle che ci attorniano , basta nutrirlo costantemente del meglio che la storia mette a nostra disposizione , basta svilupparlo coraggiosamente in tutti con l ' educazione , basta alla sua luce chiedere ad ogni fatto quotidiano la sua funzione possibile nelle nostre vite , per sentire che non v ' è sforzo nobile e generoso in cui esso non vibri e a cui esso non dia efficace sanzione . Questo senso d ' intima libertà basta da solo a giustificare la fede in ogni conato e forma di libertà . Ecco perché seppellendo insieme a tanti altri miti funesti il materialismo storico l ' attuale catastrofe compie una funzione immensamente benefica ; ci toglie alla tirannia delle cose , ci restituisce alla libertà di noi stessi . Gli è che l ' attuale catastrofe è una immensa catarsi , una sublime purificazione , un rogo di tante cose perverse ; non è tanto un conflitto di interessi , quanto un conflitto di principi vitali e cosmici , di modi d ' intendere la vita e i suoi doveri . Il conflitto tra gli Imperi Centrali e l ' Intesa , tra materialismo storico e idealismo creatore , è il vecchio eterno conflitto tra lo spirito d ' asservimento e lo spirito di libertà .
Jazz con spaghetti al dente ( Bianciardi Luciano , 1963 )
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« Oramai il sabato qua non ci si Intra più » . È facile il gioco di parole , ma vero . In fondo a via Montebianco , fermano sempre più numerose le macchine ; soci e ospiti del « Derby » . Fino all ' anno scorso era arredato a scuderia , con staffe , barbazzali , coperte da cavallo , e ci suonavano ottimo jazz : con Enrico Intra , Pupo De Luca ( « the best drummer in Europe » ) e Pallino Salonia « au contrebas » . Ora è diverso : arredamento barbarico - rinascimentale , arricchita la compagine del jazz da Franco Cerri chitarrista e da Barigozzi flautista , aggiunto il cabaret . L ' unico locale italiano che faccia di queste cose . Certe sere lo spettacolo dura fino a due ore , e poi si ripete , dopo che ha servito gli spaghetti al dente . Stipata la sala , neanche al bar c ' è più un posto libero . Franco Nebbia è indispensabile : riceve gli ospiti , presenta i colleghi , racconta le storie del Fagioli ( massimo autore inedito del Novecento ) , canta la sua disavventura col grammofono che non funziona , perché è di sesso femminile , è una grammofona , e nemmeno ad alta fedeltà . Ha finito l ' altro giorno di musicare : Ma il commendator mio non muore , valzerone all ' italiana che comincia così : « Ha trasferito i capitali in Svizzera per me » . Dopo di lui Enzo Jannacci : storie di barboni , di papponi , di sprovveduti che perdono l ' ombrello . Il pubblico ne sa alcune a memoria e fa coro sul ritornello : « El purtava i scarp de tennis , e parlava deperlù » . Basterebbe , e invece c ' è un giovane chitarrista classico , Augusto Righetti , e dopo di lui - in breve licenza premio - un altro chitarrista , ma moderno , che canta bossanove in dialetto genovese , assai simile , come suono , al portoghese . Si chiama Bruno Lauzi . Via la chitarra , al pianoforte va Gino Negri e suona , naturalmente in piedi , la storia della donna barbuta , che è sempre piaciuta . Che gente ci capita ? Un po ' di tutto : Mike Bongiorno tirato a lucido , Paola Penni col faccino dispettoso , i sociologi Guiducci , moglie e marito , del circolo Turati , Naka Skoglund , Lucio Mastronardi , Tino Buazzelli col barbone di Galileo , Fausto Cardini , Ornella Vanoni che se non è stanca del Rugantino prende il microfono e canta , Nicola Arigliano , il pittore Casella incompreso e ingrugnato , Carletto Colombo . In sala ora c ' è silenzio perché Corti e Barcellini stanno mimando una seduta dal dentista . Al bar la signora Angela , vigile e materna , zittisce certi giovani senza cravatta , che hanno fatto crocchio e intonano certe canzoni mai registrate alla SIAE . Il cabaret di via Montebianco è così ricco , così pieno , che si può permettere una opposizione interna , di sinistra naturalmente : « Quando che muore un prete , suonano le campane ... » .
Crimine mondiale ( Pintor Luigi , 1999 )
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L ' uccisione di quei bambini serbi che giocavano all ' aperto , come i nostri figli e nipoti ai giardini pubblici , non è un errore . È un rischio calcolato e pianificato da questa immonda guerra , che include l ' infanticidio tra gli effetti collaterali dell ' ingerenza umanitaria e della sua dottrina . Abbiamo oltrepassato ogni soglia e dimesso ogni ritegno . Il segretario Solana e il generale Clark che giustificano questi delitti con la statistica sono dei bastardi . Dobbiamo creder loro e dobbiamo credere al presidente degli Stati Uniti quando ci dicono che questa guerra devastante durerà a lungo e non farà distinzione tra obiettivi militari e civili . Dobbiamo credere a Massimo D ' Alema quando ci dice che non si può discutere ogni bersaglio . Dobbiamo credere a tutti quando ci promettono che intensificheranno la loro impresa con ogni mezzo ( meno le truppe di terra ) fino a spezzare le reni alla Serbia : prendendola per fame , sete e pestilenza , i cavalieri dell ' Apocalisse contro un paese più debole della Birmania . C ' è qualcosa di molto vile in questa guerra stellare che i paesi più ricchi del pianeta , al riparo da ogni rischio , conducono contro un popolo di otto milioni di persone . Non è una guerra ma un ' esecuzione : uno sterminio tecnologico inedito , già sperimentato nella guerra del Golfo ma oggi pienamente dispiegato sul territorio europeo . Una pagina nuova nella storia dell ' umanità . Non è l ' arma atomica ma è qualcosa che le somiglia concettualmente e che si propone lo stesso effetto diluito e graduato nel tempo . La superpotenza che guida questa guerra è la sola al mondo che abbia usato ( due volte , non una ) l ' ordigno infernale impugnando la Bibbia . Non posso pensare che gli statisti del nuovo Occidente siano dei criminali al pari dei tiranni arabi o balcanici . Ma penso e dico che quel che stanno consumando sotto i nostri occhi è un crimine internazionale . Nelle retrovie un milione di profughi o deportati vivono o muoiono nel fango o tra le mine . La loro città capitale e la loro terra , dove dovrebbero tornare , sono squassate ogni giorno e ogni casa e ogni cosa è bruciata . Ricevono un ' avara ospitalità in qualche paese ma non un dollaro , un marco , una sterlina , vanno in loro aiuto . Neppure per un istante abbiamo creduto alle finalità umanitarie di questa guerra e di nessuna guerra . Altri hanno voluto crederci . Ma chi vuol crederci ancora oggi , contro ogni evidenza , non merita rispetto . Questa guerra e la sua dottrina servono a preservare il nostro benessere , non a spartirlo , e perciò non saranno mai condannate da nessun tribunale di Norimberga . Non si processano i vincenti . Solo la coscienza del mondo potrebbe farlo , comminando come pena la vergogna . Ma esiste una coscienza del mondo ? Oppure dobbiamo accontentarci ciascuno della propria coscienza ?