StampaQuotidiana ,
Non
doveva
dirlo
,
l
'
on.
Violante
,
che
la
sicurezza
viene
prima
della
giustizia
.
È
una
tesi
che
fa
venire
i
brividi
,
se
ad
enunciarla
in
televisione
è
un
cultore
del
diritto
e
un
altissimo
magistrato
come
il
presidente
della
Camera
.
È
come
una
bestemmia
profferita
da
un
vescovo
di
fronte
ai
fedeli
.
Alle
orecchie
di
un
ascoltatore
maldisposto
o
di
un
poliziotto
sempliciotto
può
suonare
così
:
prima
spara
e
poi
chiedi
i
documenti
.
Alle
orecchie
di
un
giudice
sbrigativo
può
suonare
così
:
meglio
un
innocente
in
galera
che
un
colpevole
in
libertà
.
Non
va
bene
.
Sicuramente
l
'
on.
Violante
,
che
è
un
democratico
e
una
persona
gentile
,
non
intendeva
spingersi
così
oltre
,
né
indulgere
agli
istinti
forcaioli
oggi
alquanto
diffusi
.
Forse
ha
ceduto
al
gusto
dell
'
assioma
(
come
quando
ha
detto
che
la
stabilità
dei
governi
è
un
«
valore
in
sé
»
,
una
categoria
dello
spirito
)
.
Forse
non
intendeva
stabilire
una
gerarchia
di
valore
tra
sicurezza
e
giustizia
ma
solo
una
successione
cronologica
.
Non
va
bene
lo
stesso
,
non
si
gioca
a
rimpiattino
con
certe
parole
.
Peggio
ha
fatto
il
governo
D
'
Alema
-
Amato
(
il
tesoriere
si
fa
fotografare
attaccato
al
premier
come
un
fratello
siamese
)
ad
affrontare
il
problema
della
criminalità
urbana
come
un
'
emergenza
,
sull
'
onda
della
pubblica
emotività
gonfiata
dai
media
,
aggiungendoci
di
suo
un
'
enfasi
scopertamente
elettorale
.
Quello
di
agire
per
impulsi
e
sollecitazioni
superficiali
,
e
questa
volta
con
l
'
esibizione
di
un
conclave
,
è
uno
dei
peggiori
vizi
di
questo
governo
,
che
rende
inautentico
tutto
quello
che
fa
.
La
criminalità
non
è
un
'
emergenza
ma
un
problema
strutturale
dei
grandi
agglomerati
metropolitani
,
e
quella
piccola
discende
dalla
grande
che
oggi
sembra
dimenticata
(
le
mafie
,
il
narcotraffico
,
la
condizione
degli
immigrati
,
tutto
scompare
dietro
lo
scippatore
)
.
Ridurre
una
malattia
sociale
di
questa
entità
a
un
problema
di
polizia
è
,
più
che
demagogico
,
dilettantesco
.
Noi
abbiamo
un
sistema
giudiziario
farraginoso
,
sia
penale
che
civile
,
e
un
sistema
carcerario
che
esploderà
o
imploderà
.
Pene
più
severe
,
più
carcere
,
fermo
di
polizia
,
sono
vecchi
arnesi
di
repressione
,
che
non
danno
sicurezza
e
garanzie
ma
ce
ne
privano
,
e
vanno
in
direzione
opposta
alla
prevenzione
,
all
'
investigazione
,
alle
pene
alternative
,
al
reinserimento
.
È
strano
e
deprimente
che
la
sinistra
di
governo
,
che
può
contare
sul
fior
fiore
della
cultura
giuridica
nazionale
,
sia
così
povera
di
inventiva
in
questa
materia
e
scimmiotti
la
destra
,
facendosi
paradossalmente
accusare
di
spirito
autoritario
.
Mi
viene
nostalgia
dei
romanzi
gialli
di
E
.
Wallace
e
di
quelli
umoristici
di
P.G.
Wodehouse
,
nostalgia
di
Scotland
Yard
e
dei
poliziotti
londinesi
che
con
il
loro
elmetto
e
bastoncino
tenevano
testa
a
Jack
lo
squartatore
.
Oppure
,
al
contrario
,
mi
torna
in
mente
l
'
invio
dell
'
esercito
in
Sardegna
contro
il
banditismo
(
presidente
Saragat
)
,
quando
una
stazione
di
carabinieri
intelligenti
conosceva
benissimo
i
banditi
e
poteva
arrestarli
al
bar
.
La
sinistra
di
governo
deve
stare
molto
attenta
a
non
scivolare
su
questo
terreno
.
Nell
'
immaginario
collettivo
,
la
sinistra
può
essere
ancora
facilmente
associata
ai
peccati
del
socialismo
reale
.
Sarebbe
ingiusto
,
ma
se
la
giustizia
viene
dopo
la
sicurezza
...
StampaQuotidiana ,
Sentiamo
dunque
la
prima
impressione
:
cosa
c
'
è
di
diverso
,
in
Mosca
,
per
questi
italiani
che
ne
vedono
sfilare
una
fetta
periferica
,
da
bordo
dell
'
autobus
diretto
all
'
albergo
?
Le
risposte
sono
:
le
strade
più
larghe
,
almeno
il
doppio
delle
nostre
,
il
traffico
incredibilmente
più
raro
e
tranquillo
;
i
casamentoni
brutti
,
tutti
uguali
,
d
'
un
giallino
sporco
,
peggio
d
'
una
nostra
brutta
periferia
urbana
;
la
città
scura
.
E
quest
'
ultima
è
forse
la
differenza
che
conta
di
più
:
i
lampioni
ci
sono
,
ma
non
c
'
è
il
neon
della
pubblicità
,
quello
appunto
che
dà
il
tono
notturno
a
una
capitale
in
Occidente
.
Manca
il
neon
,
manca
il
fragore
del
traffico
,
mancano
i
grammofoni
a
gettone
,
così
Mosca
,
per
chi
ci
arriva
da
Occidente
,
sembra
prima
di
tutto
una
città
buia
e
silenziosa
:
il
totale
delle
differenze
,
almeno
per
me
,
pare
positivo
,
in
altre
parole
qui
si
potrebbe
vivere
bene
.
A
tratti
nell
'
aria
c
'
è
una
zaffata
d
'
odore
dolciastro
che
sembra
di
menta
:
mi
spiegano
che
dipende
dalla
diversa
qualità
della
benzina
bruciata
nei
motori
.
Ma
abbiamo
tutti
una
gran
voglia
di
sapere
di
più
,
vedere
di
più
,
e
invece
,
all
'
albergo
Turist
,
il
nostro
(
che
è
semmai
un
enorme
ostello
della
gioventù
,
un
intero
villaggio
di
palazzotti
a
quattro
piani
,
dalle
parti
della
fiera
)
,
è
ormai
chiusa
la
cassa
e
non
si
può
cambiare
,
e
in
giro
per
una
città
di
notte
,
senza
quattrini
,
chi
si
azzarda
?
Pare
quasi
sicuro
ormai
che
staremo
a
girellare
dentro
il
villaggio
,
o
a
spedire
una
cartolina
con
la
fotografia
di
Valentina
Vladimirovna
Tereshkova
,
quando
arriva
Riccio
e
fa
segno
che
ha
trovato
-
nessuno
gli
chiede
dove
-
un
rublo
e
mezzo
.
Dovrebbero
bastare
a
portarci
tutti
e
quattro
fino
all
'
albergo
Leningradskaia
,
in
centro
,
dove
stanno
calciatori
e
giornalisti
,
e
lì
qualcuno
che
ci
presti
un
po
'
di
soldi
lo
troveremo
di
certo
.
Allora
via
di
corsa
alla
fermata
dell
'
autobus
.
Differenza
:
non
c
'
è
il
controllore
,
soltanto
il
guidatore
,
che
alle
fermate
prende
il
microfono
e
spiega
dove
siamo
,
e
poi
una
cassettina
di
vetro
,
dove
ciascuno
mette
i
suoi
tre
copechi
e
stacca
il
biglietto
da
solo
.
Lo
spiega
a
Riccio
una
biondina
gentilissima
,
e
anzi
ci
cambia
il
mezzo
rublo
,
perché
possiamo
mettere
in
cassetta
i
dodici
copechi
.
Quindici
anzi
,
perché
siamo
cresciuti
,
sull
'
autobus
dietro
a
noi
è
salito
anche
un
torinese
un
po
'
balengo
,
che
già
avevo
notato
in
treno
.
Ha
gli
occhi
sempre
assonnati
e
parla
a
strascico
.
«
I
quattrini
ce
l
'
hai
?
»
«
No
,
ma
così
,
ecco
,
volevo
vedere
la
cosa
,
qui
no
,
la
città
.
Casomai
ecco
,
potrei
venire
con
voi
,
no
?
»
Riccio
lo
guarda
storto
,
mi
dà
una
gomitata
,
barbotta
:
«
Ma
cosa
vuole
quello
.
Via
,
mandalo
via
.
Piemontese
fesso
»
.
Fessi
invece
siamo
noi
terroni
,
non
ci
regge
il
cuore
di
abbandonarlo
per
una
strada
di
Mosca
,
il
piemontese
balengo
e
così
ce
lo
tiriamo
dietro
fino
alla
stazione
del
metrò
.
La
biondina
è
sparita
,
e
al
suo
posto
c
'
è
un
giovanotto
che
spiega
come
si
fa
:
pezzi
da
cinque
copechi
,
capito
?
Piet
capieca
,
da
mettere
nell
'
apposita
fessura
,
all
'
imbocco
della
scala
mobile
.
C
'
è
una
cellula
fotoelettrica
che
si
blocca
con
quel
soldone
,
e
se
invece
non
ce
l
'
hai
messo
,
fa
scattare
il
cancellino
e
chiude
.
Allora
cinque
da
cinque
,
e
va
bene
,
diamo
la
pieccapieca
anche
al
torinese
.
I
primi
due
o
tre
metri
della
scala
mobile
sono
in
piano
,
poi
all
'
improvviso
ecco
il
pozzo
:
vertiginoso
,
profondo
,
precipita
per
ottanta
metri
sotto
terra
a
velocità
da
infarto
.
Sulla
scala
opposta
salgono
,
altrettanto
veloci
,
e
sembra
che
pendano
in
avanti
,
forse
pendono
davvero
(
angolo
di
45
gradi
)
per
tenersi
in
equilibrio
,
forse
è
un
effetto
della
legge
di
Einstein
,
secondo
la
quale
,
come
è
noto
,
l
'
universo
in
movimento
assume
la
forma
di
una
saponetta
consumata
.
Chi
lo
sa
?
La
stazione
vera
,
quella
interna
,
è
giù
,
meravigliosa
,
sembra
d
'
essere
al
terzo
atto
dell
'
Aida
,
fra
stucchi
,
ori
,
mosaici
,
panoplie
,
colonne
e
bandieroni
.
Il
bello
poi
è
che
il
treno
funziona
,
si
ferma
,
apre
le
porte
,
riparte
fulmineo
,
un
treno
modernissimo
,
efficiente
,
che
per
di
più
corre
dal
terzo
atto
dell
'
Aida
al
primo
del
Nabucco
,
passando
per
la
Vedova
Allegra
,
i
Nibelunghi
e
la
Norma
.
Da
un
momento
all
'
altro
qui
arrivano
le
comparse
con
le
spade
di
latta
,
i
negri
tinti
,
Cleopatra
col
serpente
,
un
paio
di
elefanti
e
le
bighe
.
Con
quel
bel
soldone
da
cinque
copechi
puoi
restare
un
giorno
intero
sotto
terra
,
e
ammirare
le
sessanta
stazioni
tutte
diverse
e
tutte
bellissime
.
Tanto
è
vero
che
ci
siamo
spersi
e
non
si
ritrova
più
il
buco
giusto
della
Leningradskaia
.
Però
,
riecco
la
biondina
dell
'
autobus
,
che
ci
rimprovera
d
'
averla
abbandonata
e
ci
spiega
che
bisogna
prendere
quest
'
altra
linea
,
arrivare
fino
al
secondo
atto
del
Godunov
,
e
scendere
.
Anzi
,
sale
con
noie
ci
accompagna
fino
alla
stazione
,
da
dove
partono
i
treni
per
Leningrado
.
Spassiba
.
La
prima
cosa
che
vediamo
,
nella
strada
buia
che
sa
di
menta
,
è
uno
steso
per
terra
,
ligneo
,
quasi
cianotico
,
livido
,
di
certo
un
ubriaco
allo
stadio
della
cirrosi
spappolante
.
Intorno
c
'
è
un
capannello
che
lo
sta
a
guardare
,
tutti
fermi
,
e
una
guardia
,
ferma
anche
lei
,
immobile
.
Italiani
al
soccorso
!
Il
piemontese
balengo
si
china
a
sentire
il
polso
,
poi
fa
di
no
col
capo
,
come
a
dire
che
questo
ormai
è
buono
solo
per
il
becchino
.
Io
apostrofo
la
guardia
,
in
italiano
,
smanettando
:
«
Che
diavolo
fate
,
qui
?
Non
lo
raccatta
nessuno
,
questo
poveraccio
?
»
.
E
la
guardia
deve
aver
capito
,
perché
smanettando
più
di
me
bercia
qualcosa
in
russo
,
che
interpreto
così
:
«
E
a
te
che
te
ne
importa
?
Perché
non
ti
fai
gli
affari
tuoi
?
»
.
Così
entriamo
nella
stazione
davanti
,
traversata
la
piazza
di
corsa
,
è
la
kazaka
,
mi
pare
,
e
col
rublo
che
ci
resta
ordiniamo
cinque
frappé
,
molto
buoni
perché
al
latte
e
allo
sciroppo
la
donnetta
aggiunge
,
dal
frigorifero
,
marca
Moskava
,
mezzo
panetto
di
burro
.
Uscendo
,
il
capannello
di
gente
immobile
non
c
'
è
più
,
e
nemmeno
il
cirrotico
,
né
la
guardia
.
Si
vede
che
avevano
già
telefonato
,
all
'
ambulanza
,
o
forse
al
cellulare
,
chi
lo
sa
.
Allora
via
al
Leningradskaia
,
che
è
un
albergo
immenso
,
di
stile
assiro
,
con
l
'
atrio
ingombro
di
statue
,
colonne
,
mostri
e
italiani
:
Otturino
Barassi
,
il
vecchio
centravanti
frascatano
,
Amadei
,
tre
giovanotti
con
la
giacca
blu
spacchettata
e
i
capelli
scolpiti
a
rasoio
.
Ivano
si
ferma
a
salutarne
uno
,
che
è
Orlando
,
poi
mi
spiega
che
gli
altri
si
chiamano
uno
Tumburus
e
uno
Janich
;
tutti
e
tre
riserve
,
segno
che
hanno
mandato
a
nanna
i
titolari
,
anzi
i
prestipedatori
.
Evocato
dal
pensiero
compare
Gianni
Brera
,
col
toscano
in
bocca
:
vale
dunque
ancora
l
'
ovvia
constatazione
,
che
si
può
vivere
a
Milano
dieci
anni
senza
incontrare
mai
una
persona
,
che
per
conoscerla
bisogna
andare
fino
a
Mosca
.
Mi
piglia
per
un
braccio
e
mi
tira
su
in
camera
sua
,
al
quinto
piano
,
mi
versa
da
bere
,
mi
tappa
la
bocca
con
un
avana
formidabile
e
attacca
la
lezione
etnico
-
storica
sul
popolo
ungherese
.
Dunque
sta
a
sentire
:
gli
ungheresi
sono
la
pars
alba
,
il
pollone
chiaro
venuto
su
dallo
stesso
ceppo
che
ha
espresso
,
come
pars
nigra
,
li
turchi
.
Smisero
di
lavorare
ai
tempi
di
Attila
.
Tu
prendi
la
lingua
:
il
lessico
campagnolo
-
zappa
,
aratro
,
solco
eccetera
-
è
tutto
di
origine
croata
.
Infatti
,
cosa
facevano
gli
ungheresi
,
dalla
mattina
alla
sera
?
Montavano
a
pelo
,
ballavano
il
valzer
a
Vienna
con
le
mogli
dei
generali
austriaci
(
naturalmente
cornuti
)
e
prendevano
a
calci
nel
sedere
gli
slavi
del
Sud
,
cioè
i
croati
contadini
.
Ora
cosa
gli
è
successo
?
Gli
è
successo
che
i
calci
nel
sedere
li
stanno
prendendo
loro
,
e
proprio
dagli
slavi
.
Slavi
del
Nord
,
ma
sempre
slavi
.
Che
vanno
sulla
luna
,
ma
sempre
contadini
.
Ergo
,
le
facce
rinceppate
che
tu
hai
visto
a
Budapest
.
Tutto
qui
,
il
comunismo
non
c
'
entra
.
Te
capì
?
Ho
capito
,
ma
da
sotto
telefonano
,
così
mi
faccio
prestare
cinque
rubli
dal
professore
,
scendo
nell
'
atrio
assiro
,
recupero
Mimmo
,
Ivano
,
Riccio
e
il
balengo
torinese
,
andiamo
a
prendere
un
altro
frappé
col
burro
alla
stazione
di
fronte
,
la
leningradese
appunto
,
e
poi
è
ora
di
rincasare
,
col
taxi
.
Lo
guida
un
giovanotto
capelluto
,
col
maglione
,
che
prima
di
muoversi
vuole
patti
chiari
:
«
Trit
rublia
,
carasciò
?
»
.
Va
bene
,
tre
rubli
,
autista
ladro
e
teddiboia
,
che
non
hai
nemmeno
fatto
scattare
il
tassametro
,
e
guidi
da
cane
,
metti
dentro
le
marce
peggio
d
'
uno
scimmione
,
tanto
la
macchina
è
dello
Stato
,
vero
?
Domani
ti
faccio
rapporto
.
Tanto
più
che
a
un
certo
punto
si
è
fermato
e
dice
che
il
Turist
Hotel
è
qui
,
Riccio
invece
non
è
convinto
per
nulla
,
ordina
che
non
scendiamo
mentre
lui
va
a
controllare
.
Siamo
al
Turist
,
ma
all
'
entrata
opposta
,
bisognerà
traversare
il
villaggio
a
piedi
,
perché
il
tassista
lavativo
non
vuole
sentir
ragioni
,
più
oltre
non
va
.
Accidenti
a
lui
.
Ormai
sono
quasi
le
due
,
la
maggior
parte
dorme
,
e
andiamo
a
cuccia
anche
noi
:
quattro
letti
di
ferro
,
quattro
sedie
,
un
armadio
con
quattro
stampelle
,
la
bottiglia
con
quattro
bicchieri
e
basta
.
Vetri
doppi
alle
finestre
,
ma
niente
tapparelle
,
niente
persiane
né
scuri
,
così
domattina
siamo
certi
che
il
primo
sole
ci
sveglia
.
Il
primo
sole
e
radio
Mosca
che
dà
il
buongiorno
intonando
«
guai
a
chi
tocca
la
Russia
dei
Soviet
»
:
ogni
camera
ha
il
suo
altoparlante
posato
sullo
spigolo
dell
'
armadio
,
e
ieri
sera
ci
siamo
scordati
di
staccare
la
spina
.
Per
il
corridoio
già
sfilano
diretti
ai
bagni
italiani
,
italiane
,
un
negro
con
addosso
un
barracano
vasto
come
una
tenda
,
di
tessuto
damascato
,
molto
bello
.
Le
docce
invece
sono
al
pianterreno
,
e
già
fanno
la
fila
,
per
tramutare
i
bigliettoni
con
padre
Dante
,
e
gli
altri
con
Lincoln
e
Washington
,
in
bigliettini
microscopici
che
sembrano
i
buoni
-
premio
delle
scatole
di
detersivo
,
e
invece
sono
rubli
.
La
ragazza
fa
i
conti
col
pallottoliere
,
velocissima
,
qualcuno
al
solito
se
ne
meraviglia
,
salta
fuori
il
solito
piccoletto
con
gli
occhiali
,
nero
e
pingue
,
che
in
romanesco
si
mette
a
difendere
,
con
argomenti
da
critica
della
ragion
politica
,
l
'
utilità
del
pallottoliere
,
e
il
suo
inserimento
nella
tradizione
slava
.
A
questo
punto
Marcello
,
che
mi
è
accanto
,
scatta
e
insulta
il
piccoletto
:
non
può
sopportare
i
comunisti
saccenti
di
Roma
,
che
spiegano
il
plusvalore
con
la
calata
di
Trastevere
,
si
abboffano
di
rigatoni
,
fanno
,
quando
possono
,
la
dolce
vita
,
e
poi
la
vituperano
come
un
segno
della
decadenza
occidentale
,
così
mettono
su
pancia
e
salvano
persino
la
buona
coscienza
proletaria
.
Gli
dico
di
stare
calmo
,
perché
qui
l
'
obiettività
tanto
ripetuta
in
viaggio
sta
per
andare
a
farsi
benedire
,
nessuno
è
venuto
a
Mosca
senza
preconcetti
,
tranne
forse
la
signora
Lucia
,
e
già
si
capisce
che
non
sono
disposti
a
cambiarli
.
Unto
più
che
le
due
ragazzine
del
treno
sono
sparite
,
non
vedi
più
Natascia
la
pari
-
pari
,
e
nemmeno
Svetlana
-
Chiara
dal
bel
sorriso
.
Al
loro
posto
c
'
è
una
stangona
magra
,
con
le
occhiaie
livide
,
il
viso
stirato
,
che
sembra
una
supersegretaria
d
'
azienda
.
E
d
'
un
'
azienda
vastissima
,
che
si
chiama
Unione
delle
Repubbliche
Socialiste
Sovietiche
.
Il
nome
della
ragazza
è
invece
Ludmilla
.
StampaQuotidiana ,
Come
l
'
incredulo
Tommaso
,
che
non
prendeva
per
vero
nulla
che
non
vedesse
con
gli
occhi
e
non
toccasse
con
mano
,
così
io
non
credo
a
quel
che
mi
raccontano
circa
l
'
ultima
trasmissione
televisiva
di
D
'
Alema
.
Non
credo
cioè
che
abbia
detto
testualmente
:
«
Per
la
prima
volta
nel
dopoguerra
la
bandiera
italiana
sventola
oltre
il
territorio
nazionale
e
questo
è
motivo
d
'
orgoglio
»
.
Ancor
meno
credo
che
questa
frase
fosse
accompagnata
,
sullo
sfondo
,
dal
canto
di
Faccetta
nera
,
bella
abissina
.
D
'
Alema
è
uomo
d
'
onore
e
se
pensasse
queste
cose
le
avrebbe
dette
ai
pacifisti
marciando
con
loro
da
Perugia
ad
Assisi
.
Vero
è
che
D
'
Alema
si
appresta
a
presentare
il
suo
libro
sul
Kosovo
in
coppia
col
generale
Clark
,
che
non
è
precisamente
un
pacifista
,
ma
tutti
sappiamo
che
quella
guerra
è
stata
umanitaria
e
non
era
fatta
per
piantare
bandiere
coloniali
oltremare
.
Vorreste
ora
farci
credere
il
contrario
?
Cosa
c
'
entra
poi
faccetta
nera
?
A
quei
tempi
avevo
dieci
anni
e
andavo
a
vedere
i
soldati
con
le
bandiere
che
si
imbarcavano
per
l
'
Etiopia
.
Più
tardi
ho
saputo
che
c
'
era
un
compagno
,
che
mi
pare
si
chiamasse
Barontini
,
che
combatteva
dalla
parte
del
Negus
contro
i
gas
del
maresciallo
Graziani
.
Ne
trassi
un
senso
di
orgoglio
nazionale
.
E
ora
vorreste
farmi
credere
che
invece
D
'
Alema
,
se
fosse
nato
in
tempo
,
sarebbe
eroicamente
caduto
impugnando
il
tricolore
?
Io
non
li
capisco
questi
giovani
dirigenti
postcomunisti
,
non
capisco
da
quale
cultura
provengano
.
Ma
non
posso
credere
che
,
alla
ricerca
di
una
identità
,
finiscano
col
formarsi
una
mentalità
ed
ereditare
archetipi
a
cui
perfino
Gasparri
cerca
di
sottrarsi
.
Si
può
trarre
motivo
di
orgoglio
patriottico
da
Dante
Alighieri
o
Michelangelo
,
dal
sole
di
Napoli
se
non
del
rione
Sanità
,
dai
fratelli
Cervi
(
chi
erano
?
)
o
dalla
presenza
della
Santa
Sede
,
anche
da
Valentino
(
il
sarto
)
.
Oppure
dalla
felicità
della
società
che
si
governa
.
E
invece
no
,
la
cosa
di
sinistra
è
il
tricolore
sulla
quarta
sponda
.
Se
è
così
,
è
venuto
il
momento
di
mandare
la
Folgore
in
Cecenia
,
dirottandola
da
Timor
est
che
non
fa
più
notizia
.
Qui
c
'
è
una
nuova
macelleria
nella
provincia
di
un
ex
impero
,
profughi
a
non
finire
,
diritti
umani
e
diritto
all
'
autodeterminazione
calpestati
,
un
vistoso
Kosovo
.
Non
si
capisce
perché
l
'
Onu
,
la
Nato
,
il
generale
Clark
o
chi
per
lui
,
rinuncino
in
questo
caso
al
principio
dell
'
ingerenza
umanitaria
come
nuovo
internazionalismo
(
Tony
)
.
Non
è
perché
i
russi
hanno
i
missili
,
il
generale
Clark
ha
già
detto
di
non
temere
la
terza
guerra
mondiale
.
Allora
perché
due
pesi
e
due
misure
?
Oltretutto
il
Caucaso
è
pieno
di
petrolio
e
ci
sarebbe
anche
convenienza
.
Pensaci
D
'
Alema
,
parlane
con
il
generale
discutendo
del
tuo
libro
,
forse
vinceresti
le
elezioni
regionali
e
resterai
a
palazzo
Chigi
fino
al
2001
.
C
'
è
qualcosa
che
non
faresti
per
tagliare
questo
traguardo
?
StampaQuotidiana ,
La
supersegretaria
Ludmilla
fa
il
suo
mestiere
di
accompagnatrice
con
grande
scrupolo
:
ritta
vicino
al
guidatore
,
faccia
a
noi
,
in
mano
un
microfono
che
gracchia
,
comincia
dall
'
uovo
.
Mosca
era
alle
origini
una
fortezza
sulla
Moscova
,
imprendibile
,
superficie
un
ettaro
.
Oggi
87
ettari
,
sei
milioni
di
abitanti
esclusi
i
sobborghi
,
più
un
milione
di
turisti
che
ogni
giorno
affluiscono
alla
capitale
dallo
sterminato
contado
e
anche
dall
'
estero
;
in
occasione
della
partita
,
cinquemila
italiani
.
Ogni
giorno
si
costruiscono
a
Mosca
trecento
nuovi
alloggi
,
anche
col
sistema
delle
case
prefabbricate
:
l
'
inquilino
paga
in
ragione
di
tredici
copechi
per
metro
quadrato
,
meno
di
cento
lire
.
A
destra
(
sua
,
cioè
alla
nostra
sinistra
)
statua
di
operaio
e
colcosiana
,
altezza
metri
venticinque
,
in
acciaio
inossidabile
,
e
smontabile
:
la
portarono
alla
mostra
di
Parigi
.
Facciata
del
teatro
Bolscioi
,
scendere
per
fotografare
ma
solo
cinque
minuti
.
Stazione
di
Riga
,
e
dal
lato
opposto
chiesa
di
San
Cipollone
,
oggi
conservata
a
mo
'
di
museo
.
Domande
da
fare
?
Sì
,
la
signora
padovana
chiede
se
domattina
è
possibile
andare
a
messa
.
Possibile
,
perché
in
Unione
Sovietica
restano
chiese
aperte
,
israelite
,
ortodosse
e
cristiane
,
ma
«
puoche
puoche
»
perché
popolo
sovietico
«
puoco
puoco
»
religioso
.
E
la
chiesa
cattolica
c
'
è
?
Certo
,
Ludmilla
lo
ignora
,
ma
molti
fra
noi
sanno
che
si
chiama
San
Luigi
dei
Francesi
,
e
la
padovana
domani
andrà
senz
'
altro
da
questo
santo
dei
francesi
,
in
mancanza
di
meglio
.
Ludmilla
però
non
l
'
accompagnerà
:
domani
Piazza
Rossa
.
«
E
mì
vado
a
messa
,
e
quella
lì
vada
al
diavolo
»
,
conclude
indicando
la
giovane
senza
Dio
.
Ecco
i
grattacieli
,
costruiti
con
sistemi
modernissimi
,
cioè
pietra
su
pietra
,
mattone
su
mattone
,
fino
ad
arrivare
,
con
le
guglie
,
ai
non
so
più
quanti
metri
e
mezzo
dell
'
Università
.
È
il
mastodonte
,
che
sorge
sulla
Collina
dei
Passeri
.
Di
qui
si
vedono
le
anse
della
Moscova
,
tutta
la
città
distesa
,
accanto
c
'
è
un
grande
trampolino
per
il
salto
con
gli
sci
.
Appena
scesi
ci
aggrediscono
nugoli
di
ragazzetti
chiedendo
«
biro
,
biro
,
biro
»
,
e
mostrando
in
cambio
distintivi
.
Per
una
penna
a
sfera
danno
anche
quattro
stelle
rosse
.
Sarebbe
bello
discorrere
un
po
'
con
questi
giovanotti
sprovveduti
.
Ludmilla
spiega
solo
che
sono
ragazzi
«
non
molto
buoni
»
e
che
bisognerebbe
-
fa
il
gesto
-
sculacciarli
.
Ci
tira
via
fino
al
mastodonte
,
e
non
ci
risparmia
nulla
:
seimila
studenti
alloggiati
,
trentamila
universitari
in
tutta
Mosca
,
agli
studi
superiori
,
dopo
il
decimo
anno
delle
elementari
,
si
entra
per
concorso
,
e
si
riceve
una
borsa
minima
di
un
rublo
al
giorno
.
Entro
università
mensa
,
pasto
minimo
venticinque
copechi
,
non
granché
buono
ma
«
sufficiente
per
saturarsi
»
.
In
università
sei
ascensori
ultraveloci
portano
fino
al
piano
ventottesimo
,
ci
sono
aule
e
laboratori
,
teatri
e
auditori
,
studenti
di
tutte
le
razze
,
anche
sessanta
italiani
.
Si
può
entrare
dovunque
:
nelle
aule
mentre
fanno
lezione
,
nelle
mense
,
negli
atri
,
nelle
camerette
,
persino
nei
cessi
.
E
siccome
ogni
giorno
deve
essere
un
pellegrinaggio
di
turisti
,
come
faranno
a
studiare
questi
ragazzi
lo
sa
il
diavolo
.
L
'
impressione
è
che
questo
brutto
mastodonte
serva
più
come
simbolo
che
come
strumento
,
che
sia
poco
funzionale
,
che
sarebbe
stato
molto
meglio
fare
una
città
degli
studi
,
con
molti
edifici
staccati
in
mezzo
al
verde
.
Uno
degli
architetti
fiorentini
mi
fa
notare
che
i
corridoi
interni
sono
bui
,
e
infatti
è
acceso
il
neon
in
continuazione
;
che
le
camere
sono
sbagliate
,
se
apri
la
finestra
non
apri
più
l
'
armadio
.
Marcello
si
è
messo
a
bisticciare
con
lo
spoletino
baffuto
:
«
Guardi
le
nostre
università
»
,
dice
quest
'
ultimo
,
«
relegate
nei
vecchi
conventi
,
nei
palazzacci
antichi
.
E
poi
i
risultati
si
sono
visti
,
no
?
L
'
abbiamo
visto
o
no
se
quest
'
università
funziona
?
Ci
sono
andati
o
no
,
primi
nello
spazio
?
»
.
Basta
con
Ludmilla
,
nel
pomeriggio
andremo
in
centro
noi
quattro
da
soli
.
Per
strada
ci
ferma
un
giovanotto
alto
,
gobbo
e
occhialuto
,
parla
in
russo
con
Riccio
,
dice
che
vuol
comprare
roba
italiana
,
vestiti
,
impermeabili
,
maglie
.
È
successo
a
noi
,
come
a
tutti
gli
altri
indistintamente
,
perfino
alla
padovana
coi
baffi
un
'
inserviente
dell
'
albergo
ha
chiesto
un
paio
di
calze
di
nailon
.
«
Mi
carezzava
,
mi
carezzava
,
quasi
mi
faceva
piangere
,
povera
!
Le
ho
detto
tieni
le
calze
,
e
va
'
a
farte
benedire
,
Mariavergine
»
.
In
taxi
il
giovanotto
nostro
,
l
'
occhialuto
spiega
che
aspetterà
fuori
del
villaggio
,
andiamo
dentro
noi
a
prendere
la
roba
e
ci
ritroviamo
lì
fra
un
quarto
d
'
ora
.
Entrare
lui
è
proibito
,
specialmente
al
blocco
due
,
il
nostro
,
«
a
very
bad
block
»
,
spiega
.
Questo
lumacone
deve
passare
le
giornate
a
trafficare
in
impermeabili
empolesi
.
Cos
'
abbiamo
da
vendergli
?
Mimmo
tira
fuori
un
par
di
mutandoni
di
lana
che
gli
aveva
comprato
la
mamma
per
viaggiare
in
Russia
(
andranno
bene
?
Quanto
posso
chiedere
?
)
;
poi
ci
sono
le
maglie
,
col
collo
e
senza
,
una
decina
fra
tutti
,
d
'
ogni
colore
,
da
riempirne
la
borsa
dell
'
Alitalia
.
Stiamo
per
uscire
di
camera
col
malloppo
quattro
magliari
penso
,
oltre
tutto
piove
,
ci
pentiamo
quasi
contemporaneamente
,
e
che
il
lumacone
rimanga
pure
sotto
l
'
acqua
ad
aspettarci
che
ben
gli
sta
.
La
mattina
dopo
Ludmilla
,
puntuale
e
tenace
,
riattacca
con
le
cifre
,
al
Cremlino
vedremo
il
campanone
crollato
prima
ancora
di
arrivare
in
vetta
al
campanile
,
lei
sa
quanto
pesa
,
quanto
ha
di
diametro
,
quanto
di
altezza
,
vedremo
il
«
re
dei
cannoni
»
,
un
enorme
pezzo
di
artiglieria
che
forse
non
ha
mai
sparato
,
e
casomai
ha
sparato
solo
a
mitraglia
,
perché
le
quattro
palle
,
da
due
tonnellate
ciascuna
,
lì
davanti
,
sono
dell
'
Ottocento
,
e
a
fine
decorativo
.
Dentro
il
Cremlino
c
'
è
anche
l
'
unico
edificio
davvero
moderno
veduto
a
Mosca
,
il
palazzo
dei
Congressi
,
ardito
col
suo
vetro
e
cemento
in
mezzo
a
tante
cipollone
.
Ludmilla
spara
le
sue
cifre
,
e
sarà
meglio
squagliarsela
per
andare
a
comprare
,
da
buon
italiano
,
il
colbacco
e
la
balalaica
.
Sulla
Piazza
Rossa
c
'
è
un
omone
,
un
armadio
che
cammina
,
e
si
tira
dietro
sei
balalaiche
;
gli
chiedo
dove
l
'
ha
comprate
,
lui
si
volta
ed
è
il
Rollamatic
.
I
poliziotti
ci
fischiano
dietro
,
ma
lui
dice
«
italianski
futbalisti
»
e
ci
lasciano
passare
,
di
corsa
,
fuori
delle
strisce
.
Così
andiamo
al
Gum
,
e
il
Rollamatic
-
armadio
è
efficientissimo
,
si
fa
largo
senza
nemmeno
sgomitare
,
per
pura
forza
intimidatoria
-
pagiostie
,
pagiostie
-
e
gli
acquisti
si
sbrigano
in
un
baleno
.
Tutti
e
due
incolbaccati
torniamo
sulla
Piazza
Rossa
,
il
Rollamatic
si
congeda
,
io
ritrovo
la
comitiva
con
Ludmilla
,
e
senza
fare
la
fila
entriamo
al
mausoleo
rosso
e
nero
,
coi
soldatini
imberbi
dal
fucilino
lustro
che
pare
un
giocattolo
,
immobili
,
consapevoli
.
Saranno
anche
«
puoco
puoco
»
religiosi
,
questi
russi
,
ma
la
fila
è
interminabile
,
avanza
lenta
lenta
,
perché
non
si
sosta
davanti
alla
mummia
,
le
si
gira
attorno
.
C
'
è
buio
,
solo
tre
lampade
che
illuminano
il
viso
di
cera
e
le
mani
,
una
aperta
,
una
stretta
a
pugno
.
Alla
fine
del
giro
incontro
lo
sguardo
di
Marcello
,
e
per
poco
non
ci
mettiamo
a
ridere
.
So
quello
che
pensa
:
che
è
finto
,
che
sembra
d
'
essere
al
miracolo
di
san
Gennaro
,
che
il
cielo
ci
scampi
dalla
sorte
d
'
essere
imbalsamati
,
dopo
morti
,
e
conservati
in
cantina
per
ricordo
ai
nipoti
.
«
O
vieni
un
po
'
a
vedere
com
'
era
fatto
il
tu
'
nonnino
!
»
Ma
basta
col
sacrilegio
.
Pensiamo
a
fare
il
tifo
per
l
'
Italia
.
Lo
stadione
è
bello
,
l
'
altoparlante
alterna
canzoni
italiane
e
russe
,
il
tabellone
luminoso
dà
le
informazioni
in
cirillico
(
non
pare
,
ma
c
'
è
scritto
proprio
Negri
,
Facchetti
,
Maldini
)
,
c
'
è
l
'
orologio
che
segna
i
minuti
trascorsi
,
e
quelli
del
recupero
,
per
il
tempo
perso
fra
incidenti
,
moine
e
pugni
in
faccia
.
Una
figura
da
ladri
,
e
grazie
,
grazie
al
pubblico
sovietico
che
non
ci
ha
sbeffeggiati
,
alla
fine
,
come
meritavamo
,
con
la
nostra
sicumera
del
mattino
,
quando
dall
'
autobus
facevamo
segno
con
le
mani
,
che
gliele
avremmo
suonate
.
Dopo
lo
stadio
devo
andare
al
Leningradesc
per
telefonare
,
Ludmilla
mi
insegna
dove
scendere
e
dove
prendere
il
3
,
che
però
arriva
solo
alla
Komsomolskaia
,
poi
fare
un
tratto
a
piedi
.
Non
ci
capisco
più
niente
,
nessuno
parla
altro
che
russo
,
io
non
riesco
a
dire
bene
Lieningradscaia
,
anche
perché
la
parola
è
sdrucciola
.
Per
fortuna
un
brav
'
uomo
scende
con
me
e
mi
indica.Di
sopra
il
professore
ha
già
avuto
in
linea
Milano
:
«
...
e
Dubinsky
ci
mette
il
piedone
,
va
bene
?
...
e
Sormani
incorna
,
va
bene
?
...
e
rimedia
il
Trap
,
va
bene
?
»
.
Al
piano
di
sotto
c
'
è
Manlio
Cancogni
in
crisi
,
il
Rollamatic
mi
ci
accompagna
,
lo
abbraccio
e
per
consolazione
viene
sopra
anche
lui
a
far
merenda
con
caviale
,
champagne
,
salmone
e
vodka
.
Mi
piacerebbe
star
lì
a
discutere
,
e
magari
scendere
nell
'
atrio
assiro
per
sfottere
un
po
'
i
prestipedatori
,
gli
abatini
che
l
'
hanno
prese
dai
cavalli
della
steppa
,
ma
la
tradotta
aspetta
e
a
mezzanotte
in
punto
salpiamo
.
Alla
stazione
di
Kiev
ci
sono
ucraini
fierissimi
che
ridono
con
noi
della
partita
,
e
donne
che
si
caricano
sul
groppone
sacchi
e
casse
.
Poi
c
'
è
una
comitiva
ungherese
che
intona
un
coro
,
gli
italiani
rispondono
col
mazzolino
di
fiori
,
e
tutti
insieme
si
canta
Marina
,
Ludmilla
è
sparita
,
riecco
Svetlana
e
Natascia
,
e
il
treno
accenna
a
muoversi
.
Comincia
l
'
anabasi
.
StampaQuotidiana ,
La
signora
Albright
ha
detto
:
a
che
ci
serve
tutta
questa
potenza
di
fuoco
se
non
la
usiamo
?
I
generali
Nato
dicono
:
possiamo
continuare
per
mesi
,
metteremo
Milosevi
?
in
ginocchio
.
Il
presidente
Clinton
manda
gli
apaches
,
accumula
forze
terrestri
e
fa
intendere
qual
è
il
dilemma
:
o
la
resa
incondizionata
del
nemico
o
il
suo
annientamento
.
Henry
Kissinger
,
per
il
quale
la
guerra
in
Vietnam
era
una
scaramuccia
che
i
libri
di
storia
avrebbero
ignorato
,
raccomanda
un
'
invasione
.
E
Tony
Blair
dichiara
:
questa
è
una
guerra
del
bene
contro
il
demonio
.
Se
questo
è
lo
spirito
,
il
programma
di
questa
guerra
americana
,
è
difficile
sperare
che
resti
spazio
per
una
mediazione
e
una
soluzione
politica
.
Ed
è
difficile
dar
credito
alle
classi
dirigenti
,
ai
governi
e
alle
forze
politiche
tradizionali
europee
.
Forse
non
tutti
condividono
questo
bellicismo
oltranzista
ma
nessuno
,
per
calcolo
o
per
sudditanza
e
impotenza
,
lo
avversa
.
La
causa
della
pace
,
o
anche
solo
di
una
tregua
,
è
affidata
a
minoranze
volenterose
,
all
'
opinione
pubblica
generalmente
intesa
,
a
un
'
insorgenza
della
coscienza
civile
.
La
propaganda
di
guerra
tuttavia
infuria
e
stordisce
,
prevale
con
fragore
sulle
invocazioni
di
pace
e
oscura
ogni
ragione
.
Mi
ricorda
infallibilmente
l
'
euforia
e
perfino
la
frivolezza
seminate
ai
tempi
delle
guerre
etiopiche
o
della
dichiarazione
di
guerra
alla
Francia
.
Beato
chi
non
ha
respirato
in
passato
quell
'
aria
che
oggi
riprende
a
circolare
in
un
altro
contesto
ma
con
lo
stesso
veleno
.
Beato
e
disgraziato
,
perché
è
preda
di
un
inganno
di
cui
non
conosce
i
prezzi
.
Molti
hanno
creduto
,
in
buona
fede
,
alla
motivazione
umanitaria
dell
'
intervento
armato
.
E
continuano
assurdamente
,
in
buona
o
in
cattiva
fede
,
a
crederci
pur
avendo
sotto
gli
occhi
una
tragedia
epocale
:
quella
moltitudine
dannata
di
profughi
che
le
nostre
bombe
hanno
ingigantito
dieci
volte
,
sommandosi
alla
guerra
civile
e
alle
crudeltà
delle
milizie
serbe
.
Molti
,
forse
,
sospettano
che
il
rimedio
sia
stato
e
sia
peggiore
del
male
,
ma
pensano
che
sia
giusto
punire
il
colpevole
,
come
se
ci
sia
un
solo
colpevole
più
colpevole
,
eliminato
il
quale
tutto
andrà
a
posto
.
Ma
noi
non
stiamo
abbattendo
un
capo
o
un
regime
politico
,
stiamo
bombardando
una
nazione
e
un
popolo
.
È
una
logica
simile
a
quella
della
pena
di
morte
,
applicata
su
larga
scala
,
insieme
alla
presunzione
di
una
democrazia
esportata
con
la
forza
.
Molti
si
tranquillizzano
sentendo
dire
che
sarà
possibile
riportare
un
milione
di
disperati
nella
loro
terra
bruciata
,
come
se
non
si
trattasse
di
un
'
umanità
privata
di
tutto
,
ma
di
una
mandria
da
ricondurre
entro
i
recinti
.
Oppure
di
relitti
da
disperdere
ai
quattro
venti
,
dove
nessuno
li
vuole
adesso
come
non
li
voleva
prima
.
Intanto
muoiono
,
con
un
'
assistenza
umanitaria
dell
'
opulento
Occidente
che
costa
meno
di
un
missile
.
Molti
(
chiunque
abbia
meno
di
sessant
'
anni
)
non
hanno
mai
visto
scorrere
il
sangue
in
Europa
,
pensano
che
sarà
poco
e
che
non
lascerà
tracce
.
Lascerà
invece
per
lo
meno
un
grande
odio
nel
cuore
del
continente
.
Le
città
e
le
campagne
che
stiamo
bombardando
,
anche
se
pochi
osano
ricordarlo
,
hanno
combattuto
una
guerra
di
liberazione
contro
i
fascismi
tedesco
e
italiano
e
vivono
l
'
aggressione
di
oggi
con
questa
memoria
.
Molti
si
sentono
comunque
garantiti
perché
siamo
dalla
parte
del
più
forte
.
Il
mito
americano
è
duro
a
morire
,
c
'
è
più
ammirazione
che
repulsione
per
la
potenza
di
fuoco
e
la
precisione
di
tiro
americana
.
E
se
un
errore
millimetrico
farà
saltare
in
aria
una
clinica
ginecologica
non
lo
sapremo
o
lo
sapremo
troppo
tardi
.
Forse
allora
l
'
ammirazione
lascerà
un
po
'
di
posto
alla
commozione
.
Molti
vedono
ancora
la
Nato
come
un
bastione
anticomunista
anche
se
nessuna
minaccia
grava
sull
'
Occidente
,
salvo
quelle
che
l
'
Occidente
sta
costruendo
da
sé
con
l
'
idea
folle
di
un
mondo
a
sovranità
limitata
,
di
un
protettorato
riservato
ai
quattro
quinti
dell
'
umanità
.
Se
sento
la
Cina
dire
che
questa
filosofia
porta
diritti
alla
terza
guerra
mondiale
rabbrividisco
,
e
vorrei
che
questo
brivido
contagiasse
il
mondo
.
Molti
non
si
accorgono
ancora
del
nesso
inscindibile
che
corre
,
e
che
già
ci
umilia
,
tra
questa
guerra
e
l
'
infrangersi
del
«
sogno
europeo
»
.
Questo
sogno
,
lungamente
vagheggiato
in
competizione
col
sogno
americano
,
ha
rivelato
in
un
attimo
la
sua
fragilità
e
inconsistenza
.
La
nuova
Europa
ha
perso
coscienza
di
sé
prima
di
nascere
.
È
difficile
contrastare
la
propaganda
di
guerra
e
le
spirali
che
induce
,
farlo
con
il
ragionamento
o
con
la
protesta
,
smontare
questo
pauroso
ingranaggio
contro
cui
cozza
e
diventa
flebile
anche
la
voce
papale
.
È
un
compito
oggi
minoritario
ma
che
può
,
rifiutando
ogni
etichetta
di
parte
,
risvegliare
una
maggioranza
democratica
di
donne
e
uomini
.
Almeno
qui
,
in
Italia
,
ai
confini
della
tragedia
.
Si
può
anche
credere
che
la
guerra
sia
connaturata
all
'
uomo
ma
non
fino
a
questo
punto
.
Non
è
alla
nostra
portata
riempire
tutte
le
piazze
del
mondo
,
ma
anche
una
sola
sarebbe
molto
.
Ci
abbiamo
già
provato
e
continueremo
a
provarci
.
StampaQuotidiana ,
Ieri
alla
partita
,
fermo
sotto
l
'
acquerugiola
fredda
,
uno
degli
architetti
fiorentini
s
'
è
raffreddato
malamente
e
,
siccome
sua
moglie
non
aveva
più
aspirina
nella
borsetta
,
si
sono
rivolti
a
Ludmilla
.
La
solerte
nostra
accompagnatrice
lo
ha
portato
dal
medico
del
villaggio
-
albergo
,
che
gli
ha
fatto
prendere
una
sua
pillola
:
il
raffreddore
è
passato
dopo
mezz
'
ora
,
ma
stanotte
lui
tribola
,
ha
il
vomito
e
un
'
eruzione
su
tutta
la
pelle
.
Nel
vagone
accanto
c
'
è
il
veterinario
con
pizzetto
,
e
dice
subito
che
si
tratta
di
un
'
allergia
:
purtroppo
non
ha
il
rimedio
.
Ma
ci
pensa
Svetlana
:
va
dal
capotreno
e
fa
radiotelefonare
a
Kiev
che
sul
nostro
vagone
,
scompartimento
tale
,
c
'
è
un
italiano
malato
,
e
che
tengano
pronto
un
medico
.
Infatti
ecco
Kiev
,
ed
ecco
il
medico
:
una
donna
più
larga
che
lunga
,
vestita
da
cuoca
,
la
quale
monta
trafelata
sul
vagone
,
visita
l
'
infermo
,
ribadisce
la
diagnosi
dell
'
allergia
,
e
conclude
che
bisogna
senz
'
altro
ricoverarlo
nell
'
ospedale
cittadino
.
«
No
,
no
,
no
»
,
dice
la
moglie
dell
'
architetto
,
«
da
da
da
»
ribatte
la
cuoca
,
ma
la
signora
non
cede
.
Pazienza
,
allora
,
e
ordina
che
il
treno
sosti
in
stazione
qualche
minuto
di
più
,
per
fare
un
'
iniezione
:
accorre
infatti
un
'
altra
cuoca
con
la
siringa
e
buca
l
'
architetto
sul
braccio
,
a
regola
d
'
arte
,
senza
il
minimo
dolore
.
Poi
radiotelefonano
alla
stazione
successiva
:
sia
pronto
un
altro
medico
con
il
farmaco
così
e
così
,
per
un
allergico
italiano
che
non
vuol
farsi
ricoverare
e
che
bisogna
curare
strada
facendo
.
Pronta
la
medicina
alla
prossima
stazione
,
la
terza
cuoca
ordina
espressamente
al
ferroviere
del
nostro
vagone
che
controlli
:
ogni
quattro
ore
,
pillola
al
malato
.
E
ogni
quattro
ore
l
'
omino
gentilissimo
bussa
e
s
'
accerta
.
Presa
la
medicina
?
Bravo
.
Terza
visita
,
per
un
ultimo
controllo
,
alla
frontiera
(
stavolta
è
un
cuoco
)
.
Tutto
a
posto
:
cessato
il
vomito
,
va
scomparendo
a
vista
d
'
occhio
l
'
eruzione
cutanea
,
resta
solo
una
gran
fatica
addosso
all
'
architetto
fiorentino
che
ci
ha
dato
modo
di
constatare
,
sulla
pelle
sua
,
come
funzioni
l
'
assistenza
sanitaria
sui
treni
sovietici
:
ottimamente
.
A
Ciop
la
dogana
è
anche
più
sbrigativa
che
all
'
andata
,
chi
vuole
può
riconvertire
i
rubli
in
moneta
occidentale
(
era
una
diceria
,
che
non
lo
facessero
)
,
si
fanno
gli
ultimi
acquisti
di
distintivi
e
stelle
rosse
,
molti
completano
la
collezione
di
monetino
,
dal
copeco
al
rublo
.
Al
bar
c
'
è
una
macchina
per
gli
espressi
di
fabbricazione
ungherese
,
e
decidiamo
di
osare
,
dopo
una
settimana
di
astinenza
:
quasi
buono
.
Le
tre
del
mattino
,
intonandoci
sul
meridiano
nostro
,
diventano
le
cinque
,
ci
stiamo
caricando
sul
vagone
ungherese
,
che
è
lo
stesso
di
prima
,
cioè
brutto
,
poi
quando
è
il
segno
di
partire
ecco
gli
italiani
tutti
che
intonano
Ciao
,
ciao
ciao
bambina
,
per
le
due
ragazze
sovietiche
ferme
lì
davanti
.
Svetlana
-
Chiara
sta
alla
parte
,
smette
il
suo
bel
sorriso
e
fa
finta
di
piangere
;
Natascia
la
pari
-
pari
invece
si
mette
a
piangere
davvero
,
proprio
lei
che
finora
era
rimasta
sempre
sulle
sue
,
e
a
me
pare
di
aver
capito
per
chi
di
noi
-
fortunato
!
-
sta
piangendo
.
Però
,
come
fanno
presto
i
popoli
,
a
intendersi
!
Sul
brutto
treno
ungherese
c
'
è
un
bel
vagone
ristorante
,
coi
camerieri
alti
e
distinti
che
servono
una
meravigliosa
frittata
al
prosciutto
.
Si
chiamano
tutti
Utasellato
-
lo
hanno
scritto
sul
taschino
della
giacca
-
ma
anche
i
piatti
e
i
tovaglioli
di
carta
sono
Utasellato
.
In
questo
modo
si
chiarisce
il
mistero
:
quell
'
incredibile
parola
significa
,
pressappoco
,
«
servizio
ristorante
»
.
A
Budapest
,
inevitabile
come
una
tassa
,
c
'
è
Giorgio
Suveniri
,
che
stavolta
però
non
ci
sollecita
a
cambiare
.
Anzi
,
è
l
'
architetto
fiorentino
convalescente
che
vorrebbe
riconvertire
in
soldi
nostri
i
duecento
e
passa
fiorini
che
gli
sono
rimasti
in
tasca
,
ma
Suveniri
pare
sordo
a
questo
discorso
.
Forse
cambieremo
alla
frontiera
.
E
invece
anche
lì
fanno
orecchi
da
mercante
al
discorso
del
cambio
di
moneta
,
e
così
l
'
architetto
fiorentino
se
ne
torna
nella
città
del
fiore
coi
duecento
e
passa
fiorini
:
li
terrà
per
ricordo
e
per
ammonimento
al
viaggiatore
sprovveduto
in
terra
magiara
.
Piccola
inchiesta
tra
i
compagni
di
viaggio
.
Di
che
cosa
avete
sentito
più
la
mancanza
,
in
questi
giorni
?
Le
risposte
sono
,
nell
'
ordine
:
caffè
,
vino
,
tapparelle
,
bidet
.
Che
cosa
vi
è
piaciuto
di
più
?
La
metropolitana
,
l
'
università
,
la
piscina
coperta
,
lo
stadio
.
E
che
cosa
di
meno
?
Le
donne
che
lavorano
pesante
,
le
file
davanti
ai
carrettini
,
troppi
uomini
in
divisa
.
Acquisti
?
Tutti
la
balalaica
,
molti
il
colbacco
,
alcuni
il
caviale
,
nessuno
la
vodka
,
che
costa
meno
da
noi
che
a
Mosca
,
perché
a
Mosca
vogliono
scoraggiare
gli
alcolisti
.
II
tabaccaio
senese
porta
appesa
al
collo
una
stupenda
macchina
fotografica
,
da
settanta
rubli
.
Non
si
preoccupa
più
per
il
mangiare
,
ma
per
la
nostra
dogana
,
che
forse
gli
farà
pagare
il
balzello
.
Avventure
galanti
?
Zero
via
zero
.
Qualcuno
ha
cambiato
parere
su
qualcosa
?
Nessuno
,
su
niente
.
Tutti
sapevano
già
tutto
,
e
hanno
trovato
conferma
:
che
va
bene
,
oppure
che
va
male
,
oppure
che
va
così
e
così
.
La
verità
è
che
a
Mosca
,
nessuno
va
con
animo
obiettivo
,
come
andrebbe
a
Tokio
o
a
Carachi
;
ognuno
ha
in
testa
le
sue
idee
precise
(
anzi
le
sue
idee
fisse
)
e
non
si
sposta
d
'
un
palmo
.
Diffusa
tra
tutti
la
tendenza
a
generalizzare
,
a
dedurre
dai
minimi
particolari
di
questi
due
vertiginosi
giorni
moscoviti
(
il
gesto
di
un
taxista
,
la
cortesia
d
'
un
passante
,
una
frase
colta
a
volo
)
conclusioni
amplissime
,
perfino
universali
.
Ma
su
una
cosa
sono
concordi
tutti
quanti
,
nella
simpatia
per
la
gente
di
Russia
:
buona
,
cordiale
,
tollerante
,
un
po
'
approssimativa
,
un
po
'
pelandrona
,
simile
a
noi
,
migliore
di
noi
.
Simpatia
e
gratitudine
,
mi
dice
Marcello
mentre
si
fa
buio
e
Vienna
si
avvicina
.
«
Quelle
donne
che
sgobbano
,
le
hai
viste
,
sgobbano
anche
per
noi
,
sì
,
per
te
e
per
me
.
Tengono
in
piedi
un
Paese
,
un
ideale
e
un
mito
.
Se
il
socialismo
oggi
in
certi
paesi
è
una
sostanza
,
e
in
altri
un
lievito
,
e
cioè
una
continua
spinta
verso
il
meglio
,
il
merito
va
soprattutto
a
loro
,
e
il
nostro
debito
è
grande
.
Ci
pensi
?
In
quarantacinque
anni
hanno
avuto
due
guerre
mondiali
,
la
rivoluzione
,
la
carestia
,
e
poi
Stalin
,
hanno
perso
milioni
di
uomini
,
eppure
sulle
loro
spalle
,
sulla
loro
pazienza
,
il
socialismo
ha
retto
.
Ti
confesso
che
a
questa
gente
auguro
di
cuore
un
mucchio
di
bene
,
perché
se
lo
meritano
»
.
C
'
è
da
chiedersi
semmai
quale
bene
augurargli
.
Gli
impermeabili
empolesi
?
Le
penne
a
sfera
,
che
tanto
ci
chiedevano
giovanotti
e
ragazzi
,
i
cittadini
di
domani
,
per
le
strade
di
Mosca
?
«
Anche
quelli
.
Saranno
sciocchezze
,
in
sé
,
ma
valgono
come
simbolo
:
vogliono
più
gioia
,
più
fantasia
,
più
agio
.
Dopo
gli
impermeabili
chiederanno
la
nostra
musica
,
la
nostra
arte
,
i
nostri
libri
,
i
nostri
film
(
non
hanno
forse
già
premiato
Fellini
?
)
,
insomma
maggiori
scambi
con
noialtri
.
Stanno
comprando
il
grano
,
lo
sai
,
ma
già
dicono
che
non
si
vive
di
solo
pane
,
veramente
...
Ma
guarda
quanta
luce
,
a
Vienna
!
»
E
veramente
sembra
d
'
essere
usciti
da
un
lungo
tunnel
:
la
stazione
è
lucida
,
razionale
,
le
strade
sfavillanti
di
pubblicità
luminosa
,
il
traffico
denso
e
alacre
,
la
gente
vestita
bene
,
le
donne
eleganti
.
C
'
è
poco
da
dire
,
è
già
casa
nostra
.
Tutto
quel
che
di
solito
rimproveriamo
alle
nostre
metropoli
,
adesso
ci
accorgiamo
d
'
averlo
ormai
nel
sangue
.
E
i
nostri
compagni
di
viaggio
sono
già
diversi
:
è
finita
la
distensione
un
po
'
pigra
e
ottimistica
dei
giorni
passati
,
pare
che
tutti
abbiano
ritrovato
l
'
argento
vivo
di
sempre
,
e
si
muovono
a
vanvera
,
pur
di
andare
dove
c
'
è
più
luce
,
più
lustro
,
più
colore
,
come
tanti
farfalloni
.
Ivano
,
Riccio
,
Mimmo
,
appena
ingozzata
la
cena
,
mi
trascinano
al
tabellone
degli
orari
,
e
poi
al
nostro
binario
,
dove
ancora
il
treno
non
si
vede
perché
manca
più
di
un
'
ora
alla
partenza
,
e
poi
al
chiosco
delle
sigarette
,
e
a
quello
dei
giornali
,
e
sul
piazzale
davanti
alla
stazione
,
e
al
bar
per
l
'
ultimo
bicchierino
.
Ricomincia
a
prevalere
l
'
iniziativa
privata
,
quel
lavorare
di
gomiti
della
nostra
esistenza
quotidiana
,
la
furia
d
'
arrivare
,
la
paura
di
non
farcela
.
A
trovare
le
cuccette
,
per
esempio
sul
treno
austriaco
dagli
scompartimenti
a
sei
,
e
il
giaciglio
stretto
,
scomodo
,
senza
lenzuola
,
e
il
bagno
così
razionale
che
non
ci
si
entra
quasi
,
e
si
sbatte
la
testa
,
i
gomiti
,
i
ginocchi
,
a
tentare
di
lavarsi
.
Dobbiamo
prendere
con
noi
altri
due
compagni
di
viaggio
,
uno
per
fortuna
è
Marcello
,
l
'
altro
un
bottegaio
ligure
che
avrà
di
certo
passato
la
sessantina
.
Senza
pietà
lo
releghiamo
nella
cuccetta
più
bassa
,
più
scomoda
perché
è
arrivato
ultimo
,
lo
chiamiamo
vigliaccamente
«
nonno
»
,
gli
diamo
del
tu
,
e
intanto
sgomitiamo
apprestandoci
all
'
ultima
dormita
su
ruote
.
È
inutile
che
io
raccomandi
di
stare
calmi
,
di
mettere
le
valigie
al
posto
,
di
non
ingombrare
il
poco
spazio
libero
che
c
'
è
:
non
mi
danno
più
retta
.
«
È
finito
il
socialismo
,
vero
?
»
mi
fa
Marcello
ridendo
dalla
sua
cuccetta
.
«
Non
sei
più
il
presidente
del
vagone
cooperativo
,
caro
mio
.
Buona
notte
,
piccolo
padre
»
Al
mattino
non
c
'
è
nemmeno
bisogno
di
affacciarsi
per
capire
che
siano
in
Italia
:
basta
la
fila
davanti
al
bagno
,
le
voci
che
salgono
di
tono
,
qualche
primo
insulto
che
ricomincia
a
circolare
.
E
a
Venezia
ci
salutiamo
in
fretta
,
già
quasi
estranei
:
il
tabaccaio
senese
con
la
bella
macchina
fotografica
nuova
,
le
due
bolognesi
coi
calzoni
,
la
padovana
barbuta
,
il
piemontese
balengo
che
finalmente
apre
bene
gli
occhi
e
non
parla
più
con
quello
strascico
della
prima
notte
a
Mosca
.
Siamo
nel
Paese
dell
'
iniziativa
privata
,
dell
'
individualismo
,
e
ognuno
bada
soltanto
a
non
farsi
fare
fesso
.
Ma
noi
quattro
ci
scambiamo
un
abbraccio
,
la
promessa
di
scriversi
,
di
rivedersi
.
Spero
proprio
che
sia
vero
,
che
Ivano
,
Minimo
e
Riccio
non
si
scordino
tanto
presto
la
tradotta
per
Mosca
,
nell
'
ottobre
del
'63
.
StampaQuotidiana ,
Comincia
l
'
orribile
esercizio
della
conta
dei
morti
civili
(
i
militari
sono
uomini
destinati
a
dare
e
subire
la
morte
e
quindi
interessano
meno
)
.
O
meglio
ricomincia
,
perché
questo
esercizio
è
in
corso
da
quando
la
Iugoslavia
si
è
disgregata
.
Ma
ora
è
la
conta
dei
nostri
morti
,
quelli
causati
dalla
guerra
che
noi
conduciamo
con
intento
umanitario
.
I
profughi
bombardati
per
errore
sono
(
forse
)
75
.
I
morti
del
treno
bombardato
per
errore
sono
saliti
(
pare
)
a
27
.
I
cittadini
di
Belgrado
di
ogni
età
e
condizione
rimasti
sotto
le
macerie
sono
,
secondo
il
loro
governo
,
cinquecento
.
Sarà
vero
?
Non
sarà
vero
?
Non
c
'
è
molta
emozione
né
resipiscenza
.
In
fondo
sono
cifre
basse
,
da
incidente
stradale
o
da
scossa
tellurica
di
bassa
intensità
.
La
differenza
è
che
sono
morti
provocate
,
a
che
altro
serve
la
guerra
?
E
sono
anche
previste
,
se
spari
da
diecimila
metri
.
Dunque
sono
morti
ovvie
.
Quel
vecchio
rattrappito
e
insanguinato
che
vediamo
in
fotografia
è
ovvio
.
Fonti
della
Casa
Bianca
informano
che
í
raid
non
avranno
sosta
e
potranno
continuare
fino
a
luglio
.
Compreso
o
escluso
?
Due
mesi
e
mezzo
o
tre
mesi
e
mezzo
?
Non
so
fare
le
moltiplicazioni
,
non
so
quante
migliaia
di
kosovari
e
serbi
e
albanesi
moriranno
,
anzi
sono
già
preventivamente
morti
.
So
due
cose
:
che
se
Milosevi
?
è
il
responsabile
,
l
'
esecutore
sono
io
.
Se
il
generale
Clark
ha
detto
di
non
temere
la
terza
guerra
mondiale
(
frase
che
mi
ricorderò
finché
campo
)
,
non
si
farà
scrupolo
di
bombardare
fino
a
riportare
una
regione
europea
all
'
età
della
pietra
.
È
un
generale
.
Ma
un
intellettuale
tedesco
ha
scritto
ieri
(
ma
forse
ho
capito
male
)
che
risparmiare
le
popolazioni
civili
non
è
serio
,
la
seconda
guerra
mondiale
ne
ha
fatto
strage
e
perciò
è
finita
prima
.
A
che
altro
servì
Hiroshima
?
Se
i
raid
e
gli
apaches
non
basteranno
,
ci
sarà
tempo
in
agosto
,
con
la
stagione
balneare
,
per
la
guerra
di
terra
che
sarà
più
facile
vincere
.
Sarà
più
facile
?
Io
non
so
se
questa
scalata
,
non
priva
di
delirio
,
sia
stata
pianificata
in
partenza
o
se
c
'
è
stato
un
errore
di
calcolo
che
ne
produce
altri
.
Ma
sono
allibito
per
la
leggerezza
,
l
'
insensibilità
,
l
'
assuefazione
psicologica
,
l
'
inerzia
che
la
crescita
esponenziale
di
questa
guerra
produce
.
Anche
i
profughi
,
il
cui
destino
era
lo
scopo
della
guerra
buona
,
sembrano
dimenticati
o
ricordati
come
mendicanti
,
o
bombardati
per
errore
.
Quanti
sono
,
dove
sono
,
quanti
ne
muoiono
?
Ecco
un
'
altra
conta
che
ci
aspetta
.
E
quando
li
faremo
rimpatriare
o
li
faremo
espatriare
con
munifica
accoglienza
?
In
autunno
?
Ogni
giorno
che
passa
,
ogni
bomba
che
cade
,
al
lontana
o
cancella
questa
speranza
.
Non
c
'
è
in
vista
nessun
negoziato
convincente
.
Se
Milosevi
?
verrà
processato
come
criminale
di
guerra
vorrà
dire
che
il
negoziato
è
escluso
in
linea
di
principio
.
Dovremo
allora
-
ma
spero
di
sbagliarmi
come
sempre
,
di
sbagliarmi
grossolanamente
-
aspettarci
qualunque
cosa
,
che
oggi
non
riusciamo
a
immaginare
.
Dice
Hegel
:
«
Dalle
azioni
degli
uomini
risulta
qualcosa
d
'
altro
,
in
generale
,
da
ciò
che
essi
si
propongono
e
raggiungono
,
e
che
immediatamente
sanno
e
vogliono
»
.
StampaQuotidiana ,
La
guerra
attuale
semina
il
mondo
di
nuovi
germi
di
vita
nel
momento
stesso
in
cui
lo
cosparge
di
morti
e
di
feriti
.
E
tra
i
morti
maggiori
sono
molti
dogmi
,
molti
miti
politici
,
sociologici
,
economici
.
Uno
dei
massimi
e
dei
più
funesti
è
quello
del
materialismo
storico
.
Ci
porge
l
'
occasione
di
celebrarne
la
«
débacle
»
Filippo
Carli
con
la
sua
opera
su
«
La
ricchezza
e
la
guerra
»
(F.lli
Treves
,
1915
)
,
un
'
opera
che
,
se
non
scientificamente
originale
e
profonda
,
è
però
tra
le
migliori
opere
di
esposizione
chiara
e
sistematica
delle
cause
profonde
dell
'
attuale
conflitto
,
che
siano
apparse
in
Italia
ed
all
'
estero
;
per
di
più
è
un
'
immensa
raccolta
di
dati
ben
raccolti
e
catalogati
.
La
dovrebbero
leggere
e
meditare
soprattutto
quei
pubblicisti
e
demagoghi
del
partito
socialista
ufficiale
che
con
petulanza
e
sicumera
pari
solo
alla
loro
incoscienza
vanno
pappagallescamente
ripetendo
,
nei
loro
giornali
e
nelle
loro
riviste
,
che
questa
immensa
catastrofe
è
la
riconferma
dei
principi
del
marxismo
e
li
lascia
perfettamente
immutati
e
immutabili
.
Il
Carli
mostra
anzitutto
,
comparando
l
'
aumento
di
popolazione
e
di
produzione
degli
Imperi
Centrali
,
della
Russia
,
della
Francia
e
dell
'
Inghilterra
,
che
nessuno
di
questi
paesi
era
anche
solo
remotamente
minacciato
dal
pericolo
di
vedersi
venir
meno
i
mezzi
di
sussistenza
;
non
la
Francia
perché
la
sua
popolazione
è
stazionaria
;
non
la
Russia
perché
la
sua
ricchezza
potenziale
è
enorme
e
la
sua
densità
di
popolazione
è
minima
;
non
l
'
Inghilterra
perché
la
sua
ricchezza
,
pur
in
anni
recentissimi
,
cresceva
di
gran
lunga
più
rapidamente
che
la
popolazione
e
perché
essa
aveva
trovato
modo
di
alimentare
la
sua
crescente
popolazione
con
le
sue
crescenti
esportazioni
di
manufatti
in
cambio
di
materie
prime
e
di
grano
acquistati
da
paesi
nuovi
fertilizzati
con
i
suoi
capitali
;
non
la
stessa
Germania
,
la
cui
emigrazione
era
ridotta
quasi
a
zero
,
e
che
anzi
vedeva
aumentare
l
'
immigrazione
operaia
straniera
e
la
reimmigrazione
dei
tedeschi
già
arricchitisi
nel
Nord
America
;
sì
che
essa
non
sapeva
neanche
trovar
emigranti
per
le
sue
colonie
e
li
trovava
in
quantità
maggiore
di
gran
lunga
,
se
mai
,
per
gli
Stati
Uniti
e
le
colonie
inglesi
.
Dopo
questa
analisi
della
situazione
demografica
,
il
Carli
passa
all
'
analisi
della
situazione
economico
-
capitalistica
specie
della
Germania
e
dell
'
Inghilterra
,
che
sono
dai
più
considerate
come
le
due
massime
rivali
.
Ed
anche
da
questa
analisi
risulta
lampante
come
la
luce
del
sole
,
che
,
«
economicamente
»
,
non
vi
era
alcun
possibile
antagonismo
,
alcuna
inevitabile
causa
di
guerra
.
L
'
Inghilterra
col
suo
libero
scambio
e
con
il
principio
della
porta
aperta
e
dell
'
uguaglianza
di
opportunità
aveva
risolto
in
modo
perfetto
il
problema
di
far
progredire
la
sua
economia
d
'
accordo
con
quella
di
tutto
il
mondo
.
Essa
aveva
capito
che
più
in
Inghilterra
e
nel
mondo
intero
si
eleva
il
tenore
di
vita
delle
masse
,
ciò
equivale
alla
creazione
di
nuovi
mercati
,
e
che
il
mondo
ampliandosi
per
così
dire
con
l
'
espandersi
della
capacità
di
consumo
dell
'
uomo
,
non
c
'
è
pericolo
alcuno
che
ci
siano
troppi
uomini
o
troppi
capitali
per
appagare
i
bisogni
umani
e
che
in
questo
compito
non
solo
v
'
è
posto
per
tutti
,
ma
vi
sarà
per
tutti
posto
crescente
.
La
Germania
,
a
sua
volta
,
nella
misura
in
cui
la
sua
produzione
agricola
interna
,
per
quanto
enormemente
progressiva
,
non
bastava
più
a
nutrire
la
sua
crescente
popolazione
,
aveva
cominciato
a
provvedervi
come
già
aveva
fatto
l
'
Inghilterra
,
comperando
il
fabbisogno
alimentare
necessario
con
l
'
esportare
manufatti
,
e
veniva
ad
avere
sempre
più
in
comune
con
l
'
Inghilterra
l
'
interesse
a
che
nel
mondo
i
mercati
si
mantenessero
o
divenissero
aperti
.
Lungi
la
Germania
dall
'
essersi
sviluppata
industrialmente
e
commercialmente
a
spese
dell
'
Inghilterra
,
le
statistiche
dimostrano
che
tra
le
due
s
'
era
stabilita
una
specie
di
divisione
del
lavoro
,
e
che
l
'
una
era
la
miglior
cliente
dell
'
altra
;
e
l
'
Inghilterra
lungi
dal
decadere
vedeva
aumentare
la
sua
ricchezza
per
abitante
,
nonché
la
sua
esportazione
per
abitante
più
rapidamente
che
la
Germania
.
Essa
non
si
oppose
neanche
alla
espansione
coloniale
tedesca
;
anzi
si
può
dire
che
le
colonie
tedesche
nell
'
Africa
sono
territori
già
rifiutati
dall
'
Inghilterra
,
nonostante
che
ad
occuparli
essa
fosse
stata
,
in
qualche
caso
,
invitata
anche
da
commercianti
e
missionari
tedeschi
.
Dove
erano
adunque
le
cause
«
economiche
»
di
conflitto
,
egregi
signori
del
materialismo
storico
?
Indubbiamente
v
'
è
un
senso
in
cui
può
dirsi
che
il
conflitto
ebbe
cause
«
economiche
»
;
ma
allora
occorre
precisare
il
significato
di
questo
aggettivo
usato
spesso
tanto
male
a
proposito
.
Non
esistevano
cause
«
economiche
»
del
conflitto
se
si
vuol
dire
che
non
esistevano
nel
mondo
ostacoli
a
che
i
bisogni
del
popolo
tedesco
fossero
adeguatamente
soddisfatti
e
che
la
produzione
tedesca
fosse
adeguatamente
rimunerata
dato
il
gioco
della
domanda
e
della
offerta
delle
merci
,
dei
servigi
e
dei
capitali
.
Che
se
si
vuol
invece
affermare
com
'
è
conforme
a
verità
che
il
conflitto
è
nato
dal
fatto
che
la
Germania
col
protezionismo
,
coi
sindacati
industriali
,
con
la
concentrazione
bancaria
,
con
l
'
infiltrazione
di
personale
tecnico
in
aziende
industriali
e
finanziarie
estere
e
col
«
dumping
»
,
cercava
di
asservire
alla
propria
le
economie
degli
altri
paesi
e
che
questi
sentendosi
minacciati
reagirono
,
e
che
da
questa
azione
e
reazione
è
nata
in
ultima
istanza
la
guerra
,
allora
è
chiaro
che
il
conflitto
non
ha
cause
economiche
,
ma
politiche
.
La
Germania
a
cagione
dello
spirito
di
dominazione
derivatole
dalla
sua
tradizione
militare
e
dal
modo
militare
e
autocratico
in
cui
s
'
è
compiuta
la
sua
unità
nazionale
è
venuta
a
considerare
con
spirito
e
concetti
«
militari
»
anche
i
suoi
problemi
economici
.
Lungi
dal
vedere
,
come
l
'
Inghilterra
,
che
a
nutrire
la
crescente
popolazione
si
provvede
comperando
con
manufatti
da
esportare
il
grano
da
importare
,
che
i
vincoli
economici
non
creano
dipendenze
ma
interdipendenze
tra
i
popoli
,
e
che
l
'
espansione
dei
bisogni
umani
è
indefinita
e
crea
indefinitamente
nuovi
mercati
,
essa
si
lasciò
dominare
dall
'
incubo
che
a
un
certo
punto
gli
altri
paesi
volessero
chiudere
le
porte
ai
suoi
prodotti
,
e
costringerla
così
alla
fame
e
alla
miseria
interna
.
Mossa
da
spirito
di
egemonia
si
credette
minacciata
dall
'
egemonia
altrui
e
si
diede
a
usare
tutti
i
mezzi
economici
e
politici
a
scongiurare
questo
pericolo
e
dato
questo
suo
incubo
la
sua
soluzione
non
poteva
essere
che
una
sola
:
per
non
esser
asservita
doveva
asservire
;
per
non
esser
vittima
del
monopolio
altrui
doveva
crearsi
e
mettersi
in
grado
di
difendere
con
tutti
i
mezzi
il
monopolio
proprio
.
Ecco
come
militarismo
e
industrialismo
,
che
ad
Erberto
Spencer
parevano
termini
antitetici
,
ai
pensatori
tedeschi
paiono
termini
complementari
;
il
militarismo
serve
a
creare
e
sostenere
l
'
egemonia
industriale
:
«
Weltmacht
oder
Niedergang
!
»
.
Se
questa
analisi
della
situazione
dataci
dal
Carli
,
dal
Prato
,
dal
Millond
e
da
altri
è
fondata
,
il
materialismo
storico
è
spacciato
.
Le
forze
economiche
di
per
sé
tendono
ad
eliminare
le
porzioni
monopolistiche
sia
nei
singoli
paesi
che
nel
mondo
intero
.
Il
sistema
industriale
inglese
aveva
risolto
il
modo
di
svilupparsi
armonicamente
con
l
'
economia
mondiale
;
se
il
tedesco
non
ha
fatto
altrettanto
ciò
è
dovuto
non
a
cause
economiche
,
ma
alla
storia
politica
,
alle
istituzioni
,
allo
spirito
del
popolo
tedesco
cui
già
Tacito
,
ricordato
da
von
Bülow
,
rimproverava
la
proclività
all
'
invidia
.
L
'
industrialismo
moderno
,
dunque
,
non
può
essere
di
per
sé
reso
responsabile
della
catastrofe
attuale
;
esso
ha
agito
solo
come
strumento
di
altre
cause
:
in
Inghilterra
come
strumento
dello
spirito
di
libertà
sprigionantesi
da
tutto
il
suo
sviluppo
storico
;
in
Germania
come
strumento
dello
spirito
di
monopolio
e
di
dominazione
sprigionantesi
da
tutta
la
tradizione
storica
,
prussiana
.
Il
fenomeno
economico
è
solo
un
fenomeno
fra
tanti
altri
;
per
di
più
è
un
fenomeno
dello
spirito
.
Il
processo
per
cui
coordinando
vari
elementi
della
produzione
in
un
'
impresa
si
creano
nuovi
valori
,
è
un
processo
in
tutto
e
per
tutto
analogo
a
quello
con
cui
il
genio
scientifico
scopre
od
inventa
e
il
genio
estetico
crea
opere
d
'
arte
.
L
'
operaio
che
sa
fare
un
lavoro
che
un
altro
non
sa
,
il
risparmiatore
che
sa
collocare
il
suo
risparmio
ove
è
più
richiesto
e
gli
si
promette
un
più
alto
interesse
,
l
'
imprenditore
che
concepisce
un
impiego
più
rimunerativo
di
lavoro
,
di
capitale
e
di
terra
e
sa
ai
detentori
di
questi
elementi
ispirare
il
credito
necessario
,
compiono
un
'
opera
di
sintesi
creatrice
quanto
ogni
Edison
od
ogni
Wagner
.
La
produzione
economica
è
solo
una
fra
tante
forme
in
cui
lo
spirito
reagisce
alle
condizioni
d
'
esistenza
e
da
ostacoli
le
trasforma
in
istrumenti
della
sua
potenza
.
La
storia
non
è
così
un
fatale
sviluppo
dialettico
e
non
è
nemmeno
un
rigido
processo
meccanico
-
causale
.
La
storia
è
l
'
affermarsi
della
potenza
liberamente
creatrice
dello
spirito
che
nei
massimi
ha
nome
di
genio
,
ma
in
qualche
grado
esiste
in
tutti
contro
il
meccanismo
e
l
'
inerzia
delle
abitudini
e
delle
convenzioni
,
contro
la
bruta
tirannia
del
mero
numero
,
della
mera
quantità
,
della
mera
massa
.
E
non
occorre
alcuna
teorica
pseudofilosofica
dell
'
economia
e
della
storia
per
giustificare
la
nostra
fede
in
un
miglior
avvenire
umano
e
i
nostri
sforzi
per
attuarlo
.
Basta
sentire
entro
di
noi
,
in
grado
anche
umile
,
questo
impulso
creatore
,
questo
infinito
vivente
che
cerca
espressione
in
atti
,
in
leggi
,
in
istituti
,
in
anime
più
grandi
di
quelle
che
ci
attorniano
,
basta
nutrirlo
costantemente
del
meglio
che
la
storia
mette
a
nostra
disposizione
,
basta
svilupparlo
coraggiosamente
in
tutti
con
l
'
educazione
,
basta
alla
sua
luce
chiedere
ad
ogni
fatto
quotidiano
la
sua
funzione
possibile
nelle
nostre
vite
,
per
sentire
che
non
v
'
è
sforzo
nobile
e
generoso
in
cui
esso
non
vibri
e
a
cui
esso
non
dia
efficace
sanzione
.
Questo
senso
d
'
intima
libertà
basta
da
solo
a
giustificare
la
fede
in
ogni
conato
e
forma
di
libertà
.
Ecco
perché
seppellendo
insieme
a
tanti
altri
miti
funesti
il
materialismo
storico
l
'
attuale
catastrofe
compie
una
funzione
immensamente
benefica
;
ci
toglie
alla
tirannia
delle
cose
,
ci
restituisce
alla
libertà
di
noi
stessi
.
Gli
è
che
l
'
attuale
catastrofe
è
una
immensa
catarsi
,
una
sublime
purificazione
,
un
rogo
di
tante
cose
perverse
;
non
è
tanto
un
conflitto
di
interessi
,
quanto
un
conflitto
di
principi
vitali
e
cosmici
,
di
modi
d
'
intendere
la
vita
e
i
suoi
doveri
.
Il
conflitto
tra
gli
Imperi
Centrali
e
l
'
Intesa
,
tra
materialismo
storico
e
idealismo
creatore
,
è
il
vecchio
eterno
conflitto
tra
lo
spirito
d
'
asservimento
e
lo
spirito
di
libertà
.
StampaQuotidiana ,
«
Oramai
il
sabato
qua
non
ci
si
Intra
più
»
.
È
facile
il
gioco
di
parole
,
ma
vero
.
In
fondo
a
via
Montebianco
,
fermano
sempre
più
numerose
le
macchine
;
soci
e
ospiti
del
«
Derby
»
.
Fino
all
'
anno
scorso
era
arredato
a
scuderia
,
con
staffe
,
barbazzali
,
coperte
da
cavallo
,
e
ci
suonavano
ottimo
jazz
:
con
Enrico
Intra
,
Pupo
De
Luca
(
«
the
best
drummer
in
Europe
»
)
e
Pallino
Salonia
«
au
contrebas
»
.
Ora
è
diverso
:
arredamento
barbarico
-
rinascimentale
,
arricchita
la
compagine
del
jazz
da
Franco
Cerri
chitarrista
e
da
Barigozzi
flautista
,
aggiunto
il
cabaret
.
L
'
unico
locale
italiano
che
faccia
di
queste
cose
.
Certe
sere
lo
spettacolo
dura
fino
a
due
ore
,
e
poi
si
ripete
,
dopo
che
ha
servito
gli
spaghetti
al
dente
.
Stipata
la
sala
,
neanche
al
bar
c
'
è
più
un
posto
libero
.
Franco
Nebbia
è
indispensabile
:
riceve
gli
ospiti
,
presenta
i
colleghi
,
racconta
le
storie
del
Fagioli
(
massimo
autore
inedito
del
Novecento
)
,
canta
la
sua
disavventura
col
grammofono
che
non
funziona
,
perché
è
di
sesso
femminile
,
è
una
grammofona
,
e
nemmeno
ad
alta
fedeltà
.
Ha
finito
l
'
altro
giorno
di
musicare
:
Ma
il
commendator
mio
non
muore
,
valzerone
all
'
italiana
che
comincia
così
:
«
Ha
trasferito
i
capitali
in
Svizzera
per
me
»
.
Dopo
di
lui
Enzo
Jannacci
:
storie
di
barboni
,
di
papponi
,
di
sprovveduti
che
perdono
l
'
ombrello
.
Il
pubblico
ne
sa
alcune
a
memoria
e
fa
coro
sul
ritornello
:
«
El
purtava
i
scarp
de
tennis
,
e
parlava
deperlù
»
.
Basterebbe
,
e
invece
c
'
è
un
giovane
chitarrista
classico
,
Augusto
Righetti
,
e
dopo
di
lui
-
in
breve
licenza
premio
-
un
altro
chitarrista
,
ma
moderno
,
che
canta
bossanove
in
dialetto
genovese
,
assai
simile
,
come
suono
,
al
portoghese
.
Si
chiama
Bruno
Lauzi
.
Via
la
chitarra
,
al
pianoforte
va
Gino
Negri
e
suona
,
naturalmente
in
piedi
,
la
storia
della
donna
barbuta
,
che
è
sempre
piaciuta
.
Che
gente
ci
capita
?
Un
po
'
di
tutto
:
Mike
Bongiorno
tirato
a
lucido
,
Paola
Penni
col
faccino
dispettoso
,
i
sociologi
Guiducci
,
moglie
e
marito
,
del
circolo
Turati
,
Naka
Skoglund
,
Lucio
Mastronardi
,
Tino
Buazzelli
col
barbone
di
Galileo
,
Fausto
Cardini
,
Ornella
Vanoni
che
se
non
è
stanca
del
Rugantino
prende
il
microfono
e
canta
,
Nicola
Arigliano
,
il
pittore
Casella
incompreso
e
ingrugnato
,
Carletto
Colombo
.
In
sala
ora
c
'
è
silenzio
perché
Corti
e
Barcellini
stanno
mimando
una
seduta
dal
dentista
.
Al
bar
la
signora
Angela
,
vigile
e
materna
,
zittisce
certi
giovani
senza
cravatta
,
che
hanno
fatto
crocchio
e
intonano
certe
canzoni
mai
registrate
alla
SIAE
.
Il
cabaret
di
via
Montebianco
è
così
ricco
,
così
pieno
,
che
si
può
permettere
una
opposizione
interna
,
di
sinistra
naturalmente
:
«
Quando
che
muore
un
prete
,
suonano
le
campane
...
»
.
StampaQuotidiana ,
L
'
uccisione
di
quei
bambini
serbi
che
giocavano
all
'
aperto
,
come
i
nostri
figli
e
nipoti
ai
giardini
pubblici
,
non
è
un
errore
.
È
un
rischio
calcolato
e
pianificato
da
questa
immonda
guerra
,
che
include
l
'
infanticidio
tra
gli
effetti
collaterali
dell
'
ingerenza
umanitaria
e
della
sua
dottrina
.
Abbiamo
oltrepassato
ogni
soglia
e
dimesso
ogni
ritegno
.
Il
segretario
Solana
e
il
generale
Clark
che
giustificano
questi
delitti
con
la
statistica
sono
dei
bastardi
.
Dobbiamo
creder
loro
e
dobbiamo
credere
al
presidente
degli
Stati
Uniti
quando
ci
dicono
che
questa
guerra
devastante
durerà
a
lungo
e
non
farà
distinzione
tra
obiettivi
militari
e
civili
.
Dobbiamo
credere
a
Massimo
D
'
Alema
quando
ci
dice
che
non
si
può
discutere
ogni
bersaglio
.
Dobbiamo
credere
a
tutti
quando
ci
promettono
che
intensificheranno
la
loro
impresa
con
ogni
mezzo
(
meno
le
truppe
di
terra
)
fino
a
spezzare
le
reni
alla
Serbia
:
prendendola
per
fame
,
sete
e
pestilenza
,
i
cavalieri
dell
'
Apocalisse
contro
un
paese
più
debole
della
Birmania
.
C
'
è
qualcosa
di
molto
vile
in
questa
guerra
stellare
che
i
paesi
più
ricchi
del
pianeta
,
al
riparo
da
ogni
rischio
,
conducono
contro
un
popolo
di
otto
milioni
di
persone
.
Non
è
una
guerra
ma
un
'
esecuzione
:
uno
sterminio
tecnologico
inedito
,
già
sperimentato
nella
guerra
del
Golfo
ma
oggi
pienamente
dispiegato
sul
territorio
europeo
.
Una
pagina
nuova
nella
storia
dell
'
umanità
.
Non
è
l
'
arma
atomica
ma
è
qualcosa
che
le
somiglia
concettualmente
e
che
si
propone
lo
stesso
effetto
diluito
e
graduato
nel
tempo
.
La
superpotenza
che
guida
questa
guerra
è
la
sola
al
mondo
che
abbia
usato
(
due
volte
,
non
una
)
l
'
ordigno
infernale
impugnando
la
Bibbia
.
Non
posso
pensare
che
gli
statisti
del
nuovo
Occidente
siano
dei
criminali
al
pari
dei
tiranni
arabi
o
balcanici
.
Ma
penso
e
dico
che
quel
che
stanno
consumando
sotto
i
nostri
occhi
è
un
crimine
internazionale
.
Nelle
retrovie
un
milione
di
profughi
o
deportati
vivono
o
muoiono
nel
fango
o
tra
le
mine
.
La
loro
città
capitale
e
la
loro
terra
,
dove
dovrebbero
tornare
,
sono
squassate
ogni
giorno
e
ogni
casa
e
ogni
cosa
è
bruciata
.
Ricevono
un
'
avara
ospitalità
in
qualche
paese
ma
non
un
dollaro
,
un
marco
,
una
sterlina
,
vanno
in
loro
aiuto
.
Neppure
per
un
istante
abbiamo
creduto
alle
finalità
umanitarie
di
questa
guerra
e
di
nessuna
guerra
.
Altri
hanno
voluto
crederci
.
Ma
chi
vuol
crederci
ancora
oggi
,
contro
ogni
evidenza
,
non
merita
rispetto
.
Questa
guerra
e
la
sua
dottrina
servono
a
preservare
il
nostro
benessere
,
non
a
spartirlo
,
e
perciò
non
saranno
mai
condannate
da
nessun
tribunale
di
Norimberga
.
Non
si
processano
i
vincenti
.
Solo
la
coscienza
del
mondo
potrebbe
farlo
,
comminando
come
pena
la
vergogna
.
Ma
esiste
una
coscienza
del
mondo
?
Oppure
dobbiamo
accontentarci
ciascuno
della
propria
coscienza
?