Tipi di Ricerca: Ricerca per parole
Trova:
> categoria_s:"StampaQuotidiana"
Gino Cervi ( Vergani Orio , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Racconta un vecchio collega bolognese : « Me lo ricordo , come fosse adesso . Antonio Cervi era un uomo buono , cordiale , sempre di buon umore . Una vera eccezione , vederlo preoccupato . Per questo non mi sono passati di mente i giorni dell ' ultima settimana dell ' aprile del 1901 . Non si poteva dire che Antonio Cervi fosse di malumore , ma certamente non era il solito Cervi . Finalmente si sfogò con me . " Sto aspettando , di giorno in giorno , che mi nasca un bambino . Ora , maschio o femmina che sia , non vorrei che mi combinasse lo scherzo di nascere la sera di una ' prima ' ' . Lo so che è difficile farglielo capire , ma bisognerebbe che lo sapesse subito . Se uno è figlio di un critico drammatico , non si nasce mai la sera di una ' prima ' " » . Antonio Cervi - il suo pseudonimo era quello , un po ' misterioso , di Gace , che , secondo quanto ricorda il figlio Gino , ma che ignorano i dizionari , dovrebbe essere un personaggio della Mitologia - era critico drammatico del « Resto del Carlino » . Il piccolo Gino « obbedì » . Il 3 maggio del 1901 non c ' era nessuna « prima » né al Teatro Brunetti , né al Corso , ne al Contavalli , né al Nazionale che aveva proprio in quel tempo lasciato l ' antico bizzarro nome di Teatro della Nosadella , né all ' Arena del Sole . Antonio Cervi poté dunque restare a casa e ricevere dalla levatrice l ' annuncio : « È un bel maschio ! » . Gino Cervi è dunque l ' unico attore che sia figlio di un critico drammatico . Suo padre lo fu per trentaquattro anni , dal 1889 al 1923 . Rincasava nel pieno della notte , alle tre e alle quattro del mattino . Entrava in punta di piedi per non svegliare i bambini . Stava ancora un po ' sveglio , per leggere il giornale di cui aveva portato a casa una delle prime copie fresche di inchiostro . Alla mattina , erano i bambini , che per andare a scuola , dovevano uscire in punta di piedi . A mezzogiorno , all ' ora dei tortellini , il papà parlava di quanto aveva sentito a teatro la sera avanti : esprimeva certe opinioni che nel giornale erano state attenuate o velate . Per non rovinare le Compagnie , i critici dei giornali importanti non potevano divertirsi al gioco del massacro , mordendo e sbriciolando a destra e a sinistra . Anche allora si diceva che il teatro era « in crisi » . Le Compagnie primarie erano una quarantina , sempre con non meno di una trentina di attori scritturati ; quelle secondarie un ' ottantina e un centinaio quelle di terz ' ordine . L ' Italia aveva una popolazione viaggiante di 45 mila attori e attrici . Bologna era la loro segreta capitale , come si dice che Gonzaga , presso Mantova , sia quella degli zingari . Gino respirò sempre teatro . Subito dopo le aste - in quell ' anno fu portato in braccio a vedere i funerali di Carducci - imparò a leggere sulle colonne del « Resto del Carlino » , per la curiosità di sapere che cosa scrivesse suo padre . Imparò il significato di certe frasi : « reiterati applausi , recitazione incisiva , palesi segni di dissenso , bene gli altri » . Imparò presto alcuni nomi assai difficili : Shakespeare , Marivaux , Bjørnstjerne Bjørnson , Portoriche . Sognava i teatri come regge misteriose , con i palchetti dorati , con le poltrone di velluto rosso . In casa erano familiari i nomi di Panzacchi , di Lipparini , di Olindo Guerrini , di Testoni sulle cui ginocchia il piccolo Gino aveva ballato . Accompagnando il padre a spasso , Gino - polpacci nudi , giubba alla marinara col fischietto nel nodo della cravatta - entrava nella libreria di Zanichelli . Ogni tanto Antonio si fermava a parlare con un grosso uomo dall ' aspetto di timido campagnolo vestito di nero . Era Giovanni Pascoli . Di Carducci si parlava come di un Nume scomparso fra le nuvole ma sempre misteriosamente presente . Antonio Cervi , al cui cuore cordiale era stata sempre cara la parte del paciere , era riuscito a riconciliare Carducci con D ' Annunzio - non c ' erano mai stati veri attriti , ma certe diffidenze sì - nel famoso banchetto in cui , avendo Carducci offerto il vino a D ' Annunzio , questi aveva detto : « Grazie ... Non bevo mai ... » il Leone di Maremma aveva risposto un po ' bruscamente : « Io , sempre ! » . Bologna , era amica del teatro fin dal Seicento , quando ogni famiglia patrizia aveva un suo piccolo palcoscenico , in casa Zoppio , in casa Pepoli , in casa Casali , all ' accademia degli Ardenti o dei Riaccesi . Nel Settecento , c ' era stato un teatro persino nel Palazzo del Podestà . I patrizi avevano le loro sale da spettacolo anche nelle ville sui colli . Per quella privata della famiglia Albergati , che ospitava durante l ' estate tutto il patriziato bolognese , Goldoni scrisse cinque commedie , fra le quali Il cavaliere di spirito e l ' Osteria della Posta . Perché gli attori volevano bene a Bologna ? C ' erano camere , alloggi , locande a poco prezzo . Le padrone di casa erano cordiali , socievoli , aspettavano molto pazientemente l ' affitto , magari da un anno all ' altro . Le porzioni di fettuccine erano abbondantissime . La popolazione amava passeggiare fino a notte tarda , certi caffè erano aperti fino all ' alba . Alla legione degli attori , delle attrici , dei generici e delle attricette si aggiungevano gli innumerevoli filodrammatici . Ogni tanto questi ultimi organizzavano tournées nei centri anche più minuscoli della provincia , sino al Po e fino in Romagna , e rinforzavano il loro complesso chiamando a parteciparvi qualche attore di più larga esperienza . Anche Gino , mentre studiava greco al liceo - suo padre era stato inflessibile per il greco e per il latino - bazzicava la filodrammatica del Circolo degli impiegati civili . Fu l ' Arena del Sole il primo teatro dove , bambino , una domenica Gino Cervi debuttò come spettatore : uscendo , vide al caffè quel grande e melanconico vecchio attore , oscillante fra il genio e la follia , che fu Enrico Capelli : in gioventù Amleto quasi impareggiabile , e , in vecchiaia , ridotto a tale povertà e trasandatezza da tingersi i capelli con qualche spazzolata di lucido da scarpe . All ' Arena del Sole si assisteva agli spettacoli in maniche di camicia . Se una commedia non piaceva , i cuscini volavano dalle gradinate fino alla ribalta . Negli intervalli gli spettatori si passavano il fiasco di Sangiovese , la bottiglia di lambrusco , bevendo a canna . Fu in quel teatro che il « figlio del critico » , entrato con la tessera del padre , vide da ragazzo Zacconi e Ruggeri , come aveva visto nel 1914 , dal loggione del Brunetti , Sarah Bernhardt che recitava ancora ad onta di una gamba amputata . Studente universitario , Cervi avrebbe forse fatto l ' avvocato o sarebbe entrato un giorno o l ' altro al « Resto del Carlino » se la morte del padre nel 1923 non lo avesse lasciato libero di decidere del suo destino . Fu un altro attore bolognese che veniva lui pure dai filodrammatici , Nerio Bernardi - il cui vero nome era quello antico e dottorale di Irnerio - a dirgli , come si fa con chi deve imparare a nuotare : « Buttati ! » . E fu così che , seguendo quel consiglio , lo scolaro , cui Lipparini aveva fatto tante volte declamare al liceo l ' Ode al Clitumno e il Canto di un pastore errante , diventò attore , debuttando nella Vergine folle di Bataille , accanto ad Alda Borelli . Un anno dopo era a Roma , cercava sulla guida dove si trovasse una ignota via dove si stava aprendo un nuovo piccolo teatro , il primo dei futuri « Piccoli Teatri » d ' Italia . Trovò là dentro un gruppo di suoi coetanei che , già prima di iniziare gli spettacoli , si dibattevano in un labirinto di debiti : ma a capo di quei ragazzi c ' era un signore con la barbetta già quasi bianca che Cervi aveva già visto , una volta , come autore , alla ribalta dell ' Arena del Sole . Il vecchio signore era Luigi Pirandello . Quella attraverso la quale , in vicolo Odescalchi , entrava il giovane figlio del critico bolognese poteva sembrare una porta assai piccola . Cervi , figlio di un uomo che tanto intelligentemente aveva amato e servito il teatro , si accorse che era la porta grande di una intelligenza rinnovatrice .
TORINO, 28 GIUGNO ( - , 1866 )
StampaQuotidiana ,
Tutte le corrispondenze , tutti i ragguagli personali che riceviamo circa il fatto d ' armi del 24 concordano nel presentare quella battaglia come uno scontro indeciso bensì , ma glorioso e rassicurante per le armi nostre . Diciamo rassicurante perché ha troncata ogni quistione circa la qualità , la stoffa dell ' esercito italiano . Questo esercito è una creazione così recente , che nel concetto di molti , particolarmente all ' estero , la sua consistenza parea alquanto problematica . Non pochi giornali già sentenziavano che finché la fortuna gli arriderebbe l ' esercito italiano avrebbe fatto mirabilia , ma non così agevolmente avrebbe sopportati quei rigori della sorte , a cui nessun esercito ( per quanto abbia certa la vittoria finale ) può completamente sfuggire nell ' arduo cammino che a questa conduce . Ebbene ora il problema è sciolto . L ' esercito italiano ha fatte le sue prime prove non sotto il sorriso della fortuna , ma nelle condizioni più sfavorevoli . Le divisioni che sono state impegnate han dovuto combattere contro un nemico più numeroso fortificatosi nelle posizioni più formidabili , più studiate , e più potentemente armate . E tuttavia non solo l ' esercito ha confermate le speranze che si avevano nel suo slancio per l ' attacco , ma ha rivelate le più preziose qualità per dominare i casi avversi , una solidità a tutta prova , una indomita tenacità , una consistenza di ferro ! VIVA IL SOLDATO ITALIANO ! L ' esercito ha dormito sul campo di battaglia , sulle posizioni conquistate ; ha preso al nemico un numero di prigionieri uguale a quello che il nemico si vanta d ' aver preso a noi . Se all ' indomani il Mincio fu ripassato , ciò fu per cogliere il nemico sovra altro punto meno sfavorevole , e non già in segno di battaglia perduta ; e il nemico stesso ha compreso così bene di non potersi vantare della vittoria , che non solo non ha inseguiti i nostri , ma si è affrettato di ritirarsi anch ' esso , e nel suo rapporto è stato relativamente assai modesto . Eccone infatto il sunto telegrafico quale ce lo recano i giornali d ' oltre Alpi : « Vienna , 25 giugno Il rapporto dell ' arciduca Alberto , in data d ' ieri , ore io di sera , rende noti i seguenti fatti : « L ' armata austriaca , marciando verso il Mincio , fu attaccata dal Re d ' Italia . « L ' armata posta sotto il mio comando prese d ' assalto Montevento , e , verso le cinque , Custoza . Essa ha preso parecchi cannoni e fece 2000 prigionieri . Le nostre truppe combatterono con una bravura ed una perseveranza estrema , malgrado un insopportabile calore . « È constatato che il Re d ' Italia , alla testa di tre Corpi d ' armata e della cavalleria di riserva , era in marcia contro Albaredo , credendo di trovarci dietro l ' Adige . « Il principe Amedeo ed alcuni generali italiani sono feriti » . Fu solo il telegrafo italiano che il primo giorno dipinse in nero la battaglia ! Non v ' è parola che basti contro la redazione di quei deplorabili dispacci che d ' una battaglia di cui l ' Italia e l ' esercito debbono andare giustamente superbi trovarono il segreto di farne un imbroglio inintelligibile , in cui un Corpo intiero sarebbesi svaporato senza lasciar traccia ! Fortunatamente il buonsenso delle popolazioni e la fiducia inalterata che tutti hanno nell ' esercito corresse gli errori del sciocchissimo dispaccio , e seppe sin dai primi momenti ridurre le cose al loro vero essere . Tutta Italia echeggia d ' un grido di riconoscenza all ' esercito ONORE AI VALOROSI DELLA BATTAGLIA DEL MINCIO !
LA VITA CHE NON MUTA ( CORRADINI ENRICO , 1904 )
StampaQuotidiana ,
Qualche giorno fa apparve la notizia che il ministro Orlando aveva pronta la relazione sul decreto ministeriale per la scelta del greco e delle matematiche nei licei . E la notizia è poi stata confermata dai giornali ufficiosi . Il decreto in sostanza è questo : fin qui lo studio del greco era di cinque anni ; ora i giovani possono ridurlo a tre optando per le matematiche invece del greco appena giunti al secondo anno di liceo . Tale decreto mostra una tendenza che va rilevata : è un primo passo verso la soppressione graduale dell ' insegnamento classico . Oggi si è ancora oscillanti e vacillanti fra il desiderio di rinnovare e quello di conservare , domani non sarà più così , e si abolirà il vecchio per il semplice motivo che si è smarrito il sentimento del suo valore vero . Questo dunque è necessario : illuminare la coscienza pubblica sul valore degli studii classici . Tali studii , hanno contro di sé i modernisti , cioè tutti coloro che fanno incominciare il mondo dal giorno della loro nascita . C ' è una speciale vanità dell ' uomo contemporaneo , ed è quella della modernità ; per la quale la maggior parte de ' nostri simili cólti , od ignoranti che si credon cólti , di niente altro è vaga quanto di dare un calcio ai molti secoli ed ai varii millenni di storia che ci hanno preceduti . La divina legge della continuità della vita attraverso i secoli e attraverso i millenni , per la quale la durata dell ' uomo è tanto più lunga dell ' esistenza dell ' individuo , e che è quasi la nostra immortalità terrena ; questa divina legge per la quale la vita dei popoli ci appare intessuta di generazioni , come si lega punto con punto , e noi ci sentiamo contemporanei de ’ nostri padri e respiranti dello stesso respiro nella stessa aria ; questa divina legge per cui l ' anima umana si sente vivere di là dall ' attimo e dall ' atomo che sono la sua proprietà e la sua miseria , è oggi posta in oblio o è disprezzata . Vi è un momento in cui per i modernisti tutto ciò che fu , finisce , e incomincia tutto ciò che ora è ; di là da quello la morte , di qua la vita , la cosiddetta vita moderna . E quel momento è quello che io ho detto segnato dal giorno della loro nascita . E potrebbe dirsi dalla Rivoluzione francese , o dalla invenzione del treno o del telegrafo , o da Darwin , o da Carlo Marx . I modernisti hanno visto come siano stati inventati il telegrafo , il treno e tante altre meraviglie , e come si siano diffuse le teorie dell ' evoluzione , del socialismo , e i venerandi principi dell'89 , ed hanno concluso : – Oggi il mondo è tutt ' altra cosa ; la vita , l ' umanità , la coscienza , la sapienza , la civiltà , il progresso sono tutt ' altra cosa – . E che cosa sono ? Sono la modernità . E così la leggenda , il dogma , la religione della modernità , cioè di un nostro modo di essere profondamente diverso da quello dei nostri antenati , si sono stabiliti e sono in onore . È il pedantismo e il fanatismo di moda , dei quali , come è naturale , i greci ed i romani non hanno più fieri nemici . Contro le cosiddette lingue e letterature morte i modernisti gridano come i giacobini di Francia gridavano contro l ' « Ancien Régime » . Greco , latino , vecchia accademia , avanzo di « Ancien Régime » , via ! È il grido della nuova rettorica . Ebbene , questa nuova rettorica ha torto , e lo ha perché confonde molte cose . Confonde la vita con alcune sue forme esteriori , con alcune sue condizioni materiali . Si pensi ciò che si vuole , ma solo alcune condizioni materiali , solo alcune forme esteriori sono mutate ; la vita , l ' anima umana , l ' umanità no . È della vita , dell ' anima umana , dell ' umanità , lo stesso che dell ' arte ; e come non si può dire che l ' arte abbia mutato sostanza e sia progredita da Omero a Dante , da Dante a non so quale grande poeta de ' giorni nostri , così non si può dire di questo nostro essere animato e vivente ( che ha nell ' arte e nella storia il suo specchio ) dalla civiltà dei romani a quella dei popoli contemporanei . Io non conosco una invenzione morale , per così dire , della umanità di oggi o della umanità di ieri , la quale veramente agisca sopra la sua sostanza psichica e valga a mutarla . Conosco molte vecchie ciarlatanerie che vogliono passare per nuove verità . Le nuove verità e le invenzioni sono quelle della scienza che ha fornito la vita esteriore e materiale di nuovi istrumenti più potenti degli antichi . Tali istrumenti ci hanno fatto queste nuove condizioni : maggiore velocità e maggiore varietà . Noi abbiamo per le nostre notti una copia senza paragone più grande di luce e un numero più grande di lumi , e abbiamo veicoli che ci trasportano da un capo all ' altro del mondo con una velocità che tenta emulare quella de ' nostri pensieri , e abbiamo macchine che lavorano per noi . Abbiamo qualche alleato e qualche schiavo di più nella natura , e mentre gli antichi avevano soltanto qualche animale domestico , il vento per la vela e il fuoco , noi abbiamo e animali domestici e il vento e il fuoco e la forza dei fulmini e le forze di altri elementi in nostro potere . La luce è stata sforzata sino all ' incendio , il suono e la musica sino al fragore , la velocità sino alla vertigine ; le città son diventate popolazioni di regni , il lavoro della pace frenetico come il tumulto della guerra . Se vi è una novità è l ' eccesso e la frenesia dell ' eccesso . Se vi è una novità è questa : nello sforzo tragico ed epico che l ' uomo ha sempre fatto e sempre farà per eguagliare la sua volontà col suo atto , perché il suo braccio sia attivo come la sua mente ; noi siamo giunti al punto che gli istrumenti di quello sforzo , se ancora sono men repentini del nostro animo , sono però di già superiori alla resistenza dei nostri muscoli e dei nostri nervi . Ma l ' uomo è lo stesso . Ponete l ' uomo in Parigi , in Londra , in New York , in Roma moderna , o nella Roma antica , in Atene , in Babilonia , in Cartagine , e che si chiami o Cesare , o Napoleone , o Chamberlain , Eschilo o Shakespeare , Enrico Ferri o non so quale dei demagoghi ateniesi o quiriti ; l ' uomo è lo stesso . L ' uomo è la moltitudine . L ' uomo , la moltitudine e le loro passioni . Le passioni operaie , del bene e del male , furie dell ' uomo e dei popoli , tali sono quali furono . L ' amore , il desiderio , l ' ambizione ardono oggi come arsero nel sangue e nelle ossa dei nostri padri e dei padri dei nostri padri . E l ' ammirazione delle cose naturali e della bellezza creata dagli uomini , l ' arte , l ' eloquenza e la magnanimità e il saper morire per una idea , e il tendere con gli atti e con i fatti verso le visioni dell ' idea , e tutte le numerose forme dell ' umana virtù , quali furono un tempo tali sono oggi . Noi usciamo da un ' officina delle nostre città , dove turbinano e strepitano cento macchine ; ma se andiamo in campagna , la vista di un aratro che sembra continui da una giornata perduta in una antichità favolosa la sua lenta e silenziosa opera del solco , metterà nei nostri cuori quella stessa pace che ci dona quando passa nei versi di Virgilio . Un semplice canto agreste ha sui nostri cuori la stessa potenza , sebbene ora nelle nostre orchestre l ' intrico dei suoni sia come quello degli alberi in una foresta , dei loro rami e delle loro radici . Consideriamo la guerra . Tutto sembra mutato . Più vasti corpi di combattenti si muovono su più vasti spazii ; è fra loro ciò che sarebbe parso inverosimile ai soldati antichi che si azzuffavano : la distanza . Hanno una nuova forza di terrore : il fragore . La rozza arma antica si è moltiplicata in più foggie d ' armi , fatte dalla scienza della distruzione , di congegni più delicati che non abbia l ' arnese del pacifico lavoro . La civiltà più ingegnosa e l ' opera di strage della bestialità primordiale si uniscono . Ed ecco il fatto : non ostante tutte le mutazioni e tutto quanto si è ingrandito , moltiplicato , congegnato , l ' uomo porta sul campo di battaglia lo stesso animo di una volta , l ' animo deliberato a uccidere o a morire . Per questo , leggendo le battaglie degli achei e dei troiani nei libri d ' Omero noi possiamo provare in fondo le medesime sensazioni che leggendo nei giornali la guerra russo - giapponese .
TORINO, 23 LUGLIO ( - , 1866 )
StampaQuotidiana ,
È sistema ? È incapacità ? Nol sappiamo . Questo sappiamo che la è cosa ormai incomportabile . Vi ricordate il modo inqualificabile con cui il telegrafo annunziò il combattimento del 24 ? Citiamolo nuovamente ad aeternam rei memoriam , poiché ormai una lezione è indispensabile . Ecco il dispaccio : « Firenze , 25 Quartier generale principale , 24 , ore 10,45 pom . Oggi ebbe luogo un accanito combattimento che durò dall ' alba quasi fino al cadere del giorno . Il primo Corpo d ' armata che doveva occupare le posizioni tra Peschiera e Verona non riuscì nell ' attacco . Il secondo e terzo Corpo non poterono liberare il primo dall ' assalto che ebbe a sostenere di forze preponderanti . Essi sono però quasi intatti » . Pareva dunque che il primo Corpo fosse distrutto completamente ( o poco meno ) e che gli altri Corpi avessero preso parte alla battaglia , tutti e due , il che pel Corpo di Cucchiari era falso del tutto ! Un dispaccio di tal natura era esso opera dello stato maggiore ? Ma è impossibile ch ' esso ignorasse che UN INTIERO CORPO d ' armata non era stato menomamente impegnato ! Volevansi dunque scusare enormi spropositi con una falsa notizia che poteva gettare lo sgomento nell ' intiero paese ? Se alla lettura di quel dispaccio la nazione si fosse lasciata prendere da sgomento ( come forse alcuni volevano ) e avesse chinato il capo alla cessione della Venezia alla Francia , a che punto saremmo oramai d ' impotenza , d ' umiliazione , d ' obbrobrio ? Ora siamo da capo . Un altro telegramma viene a darci notizia della prima battaglia navale ; ma in un modo così oscuro ed anzi ( ci si permetta la parola ) in un modo così STUPIDO , che non potrebbesi volere di peggio ! Ci si annunzia che già si cominciava lo sbarco al porto di S . Giorgio di Lissa quando le vedette segnalarono la squadra nemica . Ciò vuol dire che fummo sorpresi in piena operazione . Ma il telegrafo soggiunge tosto che l ' armata italiana mosse ad incontrare l ' armata nemica , ed ebbe luogo una battaglia . Con qual concetto direttivo ? Ombre e tenebre ! Sappiamo bensì che l ' Affondatore s ' è gettato contro il nemico , ma non si dice quando . Sembra anzi che a tutta prima il combattimento sia stato accanitissimo contro la corazzata Re d ' Italia , la quale col suo proprio sacrifizio , e coll ' aiuto dell ' eroico equipaggio della cannoniera Palestro , avrebbe salvata la giornata e la flotta stessa mentre questa si rimetteva in assetto . Il sacrificio benché dolorosissimo sarebbe stato pur temperato dalla notizia che la flotta italiana è rimasta padrona delle acque del combattimento ( e speriamo anche del porto S . Giorgio ) . Ma l ' autore del dispaccio s ' è affrettato di far precedere la più tormentosa , la più tetra reticenza dicendo : « Nessun altro bastimento dell ' armata fu perduto o cadde in mano del nemico » . Ma infelice ! Non capivi tu che ciò suonava lo stesso che il dire doverci noi leccar le mani per esserne salvi a tal mercato ? ! Quali erano le nostre forze ? Niente ! Quali quelle del nemico ? Niente ! Quali furono i bastimenti impegnati da una parte e dall ' altra ? Niente ! L ' Italia intiera rimase sotto l ' impressione di una vera disfatta sino all ' arrivo del dispaccio suppletivo che annunziava le perdite degli austriaci ! Onore alla flotta , sublime ed eroica malgrado gli orrendi spropositi dell ' ex ministro generale di cavalleria ! Onore alla flotta e ai generosi estinti ! Ma Dio non voglia che tanto sangue sia sparso invano ! Ieri abbiamo pubblicate terribili rivelazioni , oggi diciamo Onore e riconoscenza agli uomini di buona volontà ! Inchiesta su tutti , ce n ' è bisogno ! Inchiesta ! Inchiesta ! Tra i gloriosi caduti nella battaglia di Lissa è l ' onorevole Pier Carlo Boggio , che si trovava sul Re d ' Italia ! Amici perenni e avversari momentanei abbiam sempre amato il suo cuore eccellente , e stimato il suo alto ingegno , suo sincero patriottismo . Diremo di lui in altro numero Oggi non cel consente il dolore !
«IL FOLLE VOLO» ( CORRADINI ENRICO , 1907 )
StampaQuotidiana ,
Ancora una vittoria . La seconda in pochi giorni , nell ' industria più moderna , nella forma più moderna della gara e della forza di nervi e d ' animo necessaria per prender parte alle gare perigliose . Due vittorie italiane . Salutiamole con gioia . Quest ' ultima noi l ' attendevamo da due mesi , l ' abbiamo seguita giorno per giorno attraverso l ' Asia e l ' Europa , il deserto , i fiumi , i torrenti , le montagne , le foreste , attraverso piogge e nevi e venti e ogni variazione di clima e ogni impedimento e insidia del suolo e popolazioni del più vario sangue e orde fuggitive della più strana foggia . È stato uno spettacolo stupendo vedere giorno per giorno avvicinarsi verso la mèta , verso la vittoria , verso di noi , la piccola macchina infaticabile , fragile come la carne umana , infrangibile come la volontà dell ' uomo eroico , la piccola macchina portante due uomini della nostra patria , degni di esser celebrati come campioni di due tra le più belle virtù della nostra razza , bellissime nella loro unione insolita , lo slancio e la tenacità , la foga e la pazienza . Abbiamo avuto per due mesi , tutti i giorni , il nostro quarto d ' ora di visione poetica , ed è difficile poter ritrovare nella realtà un altro fatto grande che come questo compiutosi oggi possa avere tutti i caratteri della poesia , tutti i caratteri del sogno nato dal bisogno di evocare dall ' ignoto le immagini delle virtù che piantano più oltre i termini del possibile . È stato il nostro sogno attraverso gli spazii , ed è stato attraverso i tempi , perché gli aspetti delle terre solitarie e intatte , le apparizioni delle cavalcate in fuga o in inseguimento lungo la via non tracciata , ci hanno di tanto in tanto riprofondati nelle età della barbarie , della leggenda , dei primordii . E il sogno si è avvicinato per due mesi , di giorno in giorno , di momento in momento , infaticabilmente fedele alla nostra attesa , finché oggi è giunto , oggi è realtà , è vittoria . È la seconda vittoria italiana in pochi giorni . Salutiamola con gioia . Il sommo poeta della nostra razza avventurosa e paziente ebbe già un sogno simile prima de ’ tempi , quando l ' anima gli s ' apri a un tratto come l ' oceano e per essa andò con la « picciola compagna » il pellegrino d ' Itaca navigando di là dai « riguardi » segnati da Ercole . Chi non ricorda il canto XXVI dell ' Inferno ? È il canto dove Dante Alighieri è più divinatore dei tempi che sono venuti dopo di lui , dove più ha previssuto secondo lo spirito della nostra età , dove più è coetaneo nostro e oltre . È il canto dove fanno capo , per finire , i viaggi degli uomini per i cieli , e dove fanno capo , per cominciare , i loro viaggi sulla terra . Qui il Medioevo cessa e s ' inizia l ' evo moderno . Qui è il principio del Rinascimento . « O frati , dissi , che per cento milia perigli siete giunti all ' Occidente , a questa tanto picciola vigilia de ' vostri sensi ch ' è del rimanente , non vogliate negar l ' esperienza , diretro al sol , del mondo senza gente . Considerate la vostra semenza : fatti non foste a viver come bruti , ma per seguir virtute e conoscenza » . Li miei compagni fec ' io sì acuti , con questa orazion picciola , al cammino , che appena poscia li avrei rattenuti . E volta nostra poppa nel mattino , de ' remi facemmo ale al folle volo sempre acquistando dal lato mancino . Ebbene , non ostante tutte le differenze , spesso leggendo della corsa Pechino - Parigi mi sono ricordato del canto dantesco . Invece della vastità degli oceani ho visto con gli occhi della mente la vastità dei continenti e invece del « legno » l ' ordignetto metallico ; ma ho risentita la stessa « picciola orazione » che la coscienza dice dell ' uomo magnanimo , ho ritrovati gli stessi uomini che alla loro « picciola vigilia » non vogliono negare l ' « esperienza del mondo senza gente » , ho inteso lo sguardo verso lo stesso « folle volo » . L ' Alighieri creava il mito di ciò che non era nato ancora . Oggi ciò che stava chiuso nel suo genio come il frutto della generazione nell ' alvo materno , è diventato la storia vivente del mondo , storia di follia come non fu mai così travolgente , storia d ' amore dell ' esperienza come non fu mai così divorante , storia di volo come non fu mai così veemente . Di tale storia la corsa Pechino - Parigi è l ' ultima gesta . È fin qui il volo più folle . Ed è una vittoria italiana . Fu già celebrata dal sommo poeta della nostra razza . Sono più vittorie italiane . Della poesia avventurosa e dell ' industria , della lotta degli uomini con gli uomini e degli uomini con la natura . La lotta franco - italiana quasi dispare in confronto a quella che italiani e francesi hanno dovuto sostenere con la natura . C ' è qui una bella forma tutta moderna dell ' azione agonistica : è parso che gli uomini abbian corsa la gara non tanto per vincersi gli uni con gli altri quanto per vedere quali di loro fossero più atti a vincere la natura . È una scelta dei combattenti migliori per il combattimento più moderno , qual è l ' assalto incessante che gli uomini dànno alla natura , perché questa renda tutte le sue potenze , ed essi possano convertirle in istrumenti della loro vita . Così il folle volo frutta « esperienza » e il folle assalto potenza . Per due volte , in pochi giorni , la nostra terra ha mostrato di produrre valorosissimi combattenti . I più moderni fra i combattenti . E dietro a costoro c ' è una vittoria pratica , la vittoria dell ' industria . Dietro agli uomini che volano attraverso i continenti per volare e per vedere , e non per altro ; che superano deserti , foreste , fiumi , montagne , non per altro se non per il gusto di dire in faccia alla natura con l ' accento dell ' eroe e del fanciullo : – Qui m ' impedisci e mi vuoi spaventare , ma io passo ! – ; dietro a questi uomini , come c ' è la scienza che cerca sempre nuove esperienze , per sempre nuove « conoscenze » , ancora secondo il canto di Dante , per sempre nuove potenze della vita umana ; così c ' è l ' industria che di continuo rafforza le sue armi per soverchiare la concorrenza straniera e accumula per questo nostro popolo quel benessere da cui usciranno poi le vinti e i fatti delle sue volontà maggiori . Il folle volo che s ' inizia nel poema sacro , l ' amore dell ' avventura che è antico quanto il mondo , la moderna scienza e la modernissima industria , oggi ottengono in una quattro vittorie nella nostra patria . E c ' è ancora una quinta vittoria italiana . È quella dell ' ingegno meccanico che qui è più agile e pronto nel concepire , e più delicato e minuzioso nell ' eseguire , che non in nessun altro paese . Risplende il carattere della nostra razza animata e paziente ' . Noi meritiamo sempre lode , e non di rado sopravanziamo gli altri , per l ' arte di costruire i veicoli di terra e di mare , le gigantesche navi ed i fulminei automobili . Ci spinge l ' istinto della velocità attraverso la vastità . L ' istinto più moderno e così nostro da Roma in poi ! Bisogna salutare le cinque belle vittorie con gioia , e soprattutto con fiducia . C ' è fra loro una concezione della vita che giova spesso ricordare . Consiste appunto nel considerare la vita come ardua lotta e come ardua vittoria . Il vincitore di Dieppe , ad uno che gli chiedeva notizie della sua corsa , rispose : – La mia vita non contava più nulla in confronto della vittoria che mi pareva possibile – . Bisogna nutrir fiducia che lo spirito di questa risposta si diffonda e penetri addentro . Solamente l ' avversario formidabile e l ' animo generoso fanno belle le vittorie . E non si ricordi nulla di più in questo giorno di festa . - - - - - - - - - - - - Questo inno in prosa fu pubblicato nel « Giornale d ' Italia » l’11 agosto del 1907 , il giorno stesso dell ' arrivo del Principe Borghese e del Barzini a Parigi . Soltanto due giorni dopo il « Corriere della sera » riportava le parole dette dal Principe ai suoi festeggiatori nelle sale del « Matin » . Eccole . « Voi avete esagerato , signori . Non fummo eroi , ma semplicemente uomini pazienti . Sì , la nostra sola virtù fu la pazienza . Forse ne avemmo anche un ' altra : la perseveranza . Tutto il segreto della nostra riuscita consistette in questo : che non pensammo mai alla meta finale da raggiungere a Parigi . Ogni giorno , alla sveglia , dicevamo a noi stessi che bisognava compiere perbene la tappa designata pel giorno stesso . E siccome ogni giorno erano press ' a poco gli stessi ostacoli che dovevamo vincere e le stesse fatiche che dovevamo sopportare , così venimmo a capo , per forza d ' abitudine , degli uni e delle altre » [ N . d . A . ] .
Maurice Chevalier ( Vergani Orio , 1950 )
StampaQuotidiana ,
Ad un certo momento del suo « concerto » , si rivolge al pubblico e dice : « Non bisogna stupirsi se un uomo con i capelli grigi canta una canzone in onore della mamma ... » . Maurice Chevalier ha sessantadue anni , sua madre deve vivere da un pezzo nella pace del Signore , la buona donna di Menilmontant che aveva messo al mondo dieci figli di cui , quando nacque Maurice , tre soli erano vivi . La ribalta è tutta ornata di rose , di garofani , di violette . Sulla sagoma nera del grande pianoforte a coda spicca , posata lì dopo la prima canzone , l ' ormai storica paglietta dello chansonnier . Gli applausi sono fitti , molte le richieste di bis , molti i saluti ai refrains già noti e ritrovati come vecchi amici . Ma a me più di tutto , mentre Chevalier canta la Prière in onore della mamma , piace ricordare proprio la singolare infanzia di questo ultimo « birichino di Parigi » , degno di entrare in un romanzo di Louis - Henri Boussenard forse più che in uno dei foschi « documentari » di Zola . Straordinaria vita , un po ' dickensiana , quella del ragazzetto di Menilmontant che , finite le scuole elementari , è messo a faccia a faccia con la vita , fra gli ospedali dove viene ricoverata sua madre e gli artigiani dai quali dovrebbe apprendere un mestiere che una volta è quello dell ' elettricista , una volta quello del pittore di bambole e , infine , quello di operaio specializzato a fabbricare puntine da disegno . La madre la chiamavano la Louque e s ' era ridotta anche ad andare a servizio ad ore , nelle case dei vicini : i ragazzi cercavano di guadagnare qualcosa . Maurice pensò , con il fratello , di diventare acrobata , finché a dodici anni imparò a memoria qualche canzone . Storia forse non nuova , simile , probabilmente , a quella di tanti altri artisti , a cominciare , per dirne una , da quella del nostro Petrolini , garzone macellaio della romana piazza Guglielmo Pepe ; ma straordinaria sempre quando si stabilisca il rapporto tra il punto di partenza e il punto di arrivo , una conquista del pubblico che dura ormai da quasi mezzo secolo . Maurice ha i capelli grigi e quasi addirittura argentei ed è ancora la vedette numero uno del music - hall internazionale , in quella singolare costellazione del teatro minore dove la musica non è musica e dove l ' attore non è attore ma dove , talvolta , si va più in là del bel canto e della bella recitazione . Il suo stile è fatto di schiettezza , di franchezza , di disinvoltura . Chevalier è la negazione dell ' Uomo Fatale , del Bellissimo , dell ' Adone 1900 . Se si volesse trovargli un ' assomiglianza , egli si potrebbe identificare con quel tipo «1910» che sorprese la nostra infanzia dagli avvisi pubblicitari dei primi rasoi di sicurezza , quell ' antico giovanotto che si radeva allegramente davanti ad una finestra aperta e che suscitava l ' ammirazione di noi ragazzi , figli di una generazione che usava ancora , per quanto di nascosto , il piegabaffi e una pomata ungherese per appuntirli e profumarli . La sua carnagione ha il colorito sanguigno dei gaulois autentici : quello di Lucien Dietrich e del suo amico Dédé Leducq , maglia gialla del Tour 1931 . È francese ma non assomiglia a Menjou ; non ha nulla di untuoso , di gommoso , di cerimonioso : potrebbe esser tutto ( magari Fantomas ) , ma mai un cameriere o un danseur mondano cui mettere una mancia in mano . La sua vena guascone è sottilissima , il boulevard non lo ha corrotto . Chevalier si è presentato per la prima volta al pubblico a dodici anni , esattamente nel 1900 , con in testa un berrettuccio da ciclista , monello di periferia . Era un figlio del popolo , un ragazzo della strada , di una delle sperdute avenuer dove nasceva la Parigi industriale . Erano i tempi in cui Parigi era la regina del teatro , i tempi della Réjane , della Lavallière , di Guitry . Tristan Bernard aveva la barba nera , Alfred Capus il monocolo con il nastro di seta e Abel Hermant non aveva ancora scritto I Transatlantici . Erano i tempi della piena gloria degli chansonniers Mayol e Bruant : nelle boites di Montmartre si ricordavano ancora gli anni in , cui le parole per le canzonette venivano scritte da Maurice Donnay , l ' autore degli Amanti . Chevalier debutta con il secolo , con quel 1900 che oggi fa sorridere con il ricordo della sua Esposizione Universale . Mezzo secolo di vita teatrale è passato davanti agli occhi e al sorriso dell ' antico monello di Parigi , ultima incarnazione di Gavroche . Nel suo bagaglio di canzoni , stanno i canti vissuti fra due guerre , resistendo al jazz e opponendo le ruote dei mulini a vento di Montmartre alle sagome dei grattacieli americani . Queste canzoni parlano quasi tutte d ' amore come le novelle di Maupassant : per questo non invecchiano e non fanno invecchiare Maurice .
HISTORIA MAGISTRA VITAE ( GRAMSCI ANTONIO , 1916 )
StampaQuotidiana ,
Avevamo quasi quasi finito per credere alla serietà degli storici ed alla loro esattezza . Tanti volumi , saggi e contributi , tanto minuzioso , paziente esame dei fatti più remoti e più insignificanti , non potevano non impressionare favorevolmente , e dinanzi alla serie interminabile di volumi che ci descrivevano con la massima precisione le vicende di una battaglia punico - romana , d ' una lotta elettorale greca , o gli amori omosessuali di un imperatore qualsiasi , il volto dei profani rimaneva attonito e credevamo , credevamo fiduciosamente . Ma ahimè , la storia oggi la fanno i giornali , e i giornalisti hanno rovinato anche il mestiere degli storici . In un altro periodo , nel quale sia possibile , più calmi e meno premuti dall ' affannoso precipitare degli avvenimenti , riandare la storia che oggi viviamo e sorriderne , quale magnifico tema per un elogio della menzogna ! Ma quale terribile manifestazione della impossibilità di conoscere la verità vera anche dei fatti più noti e più prossimi ! La storia documentata delle nostre epoche non vale in verità più delle leggende e dei miti che di bocca in bocca , di generazione in generazione si tramandavano i popoli antichi che non avevano scrittura , né biblioteche e non conoscevano il metodo moderno critico e positivo . Due giorni or sono un quotidiano torinese annunciava seriamente che « gli austriaci fuggono così in fretta che neppure la cavalleria russa può raggiungerli ... » Ed è di ieri la fantasmagorica storia di Issa Borlettinaz , un capobanda albanese che in due o tre mesi la « Stampa » riuscì a far marciare per i turchi contro i serbi , per questi contro quelli e , dopo averlo ammazzato e fatto risuscitare , a spedirlo in guerra a fianco dei greci contro i serbi . Ed ai giornali fanno degno riscontro i libri . Nell ' Italie en guerre , pubblicato in questi giorni da Henri Charriaut in una biblioteca di filosofia scientifica , edita a Parigi dal Flammarion ( e mi assicurano che autore e editore passano in Francia per persone serie ) , ho letto delle storielle graziosissime sui socialisti italiani e sul nostro contegno . Naturalmente la storia dei periodo precedente l ' intervento italiano , quella delle giornate di maggio , l ' esame delle tendenze e del contegno dei vari partiti politici , è fatta nel solito modo partigiano e stupido . Ma vi sono dei particolari semplicemente buffi . Turati avrebbe detto a suoi colleghi della direzione del partito : « Quanto il Kaiser e Francesco Giuseppe vi hanno pagato ? » « Il socialista Südekum arrivò a Roma con le mani piene per ampie distribuzioni ... » « Il settarismo dei discorsi di Claudio Treves fece ribrezzo anche a dei neutralisti e a dei socialisti » . E non poteva mancare l ' accenno ai marchi tedeschi : « Il Partito socialista rifiutò le 200 000 lire ( di Greulich ) - e questo gesto lo onora - ma tutti sono convinti in Italia che la manna germanica non fu da molti sdegnata » . E si citano dei fatti e si fanno dei nomi . Un collaboratore del « Correspondent » ha raccontato : « Da molto tempo numerose organizzazioni operaie di tendenza rivoluzionaria sono sostenute finanziariamente da possenti sindacati socialisti tedeschi . Si tratta specialmente delle Federazioni dei muratori e dei metallurgici , i segretariati delle quali ricevono importanti sussidi da oltre Reno » . Oh Buozzi , Colombino e Quaglino , rivoluzionari e pagati dai tedeschi ! Chi vi conosce più . E riportando un brano del nostro « Grido » commemorante il compagno Marchetti , caduto in guerra , il bravo autore commette qualche leggera svista . Diceva l ' articolo : « partì con la sua fede » . Traduce : « il était parti avec foi » . Ed in seguito : « L ' avvocato Caldara , il sindaco socialista di Milano , proclamò il suo accordo con Mussolini » . Ed ancora : « A Roma l ' Unione socialista approvò Mussolini » . Così si scrive , oggi , la storia . La quale , come insegnano Cicerone e la pedagogia sperimentale , è « la maestra della vita » .
TORINO, 25 LUGLIO ( - , 1866 )
StampaQuotidiana ,
L ' indignazione contro Persano , contro Angioletti , contro Lamarmora patrono d ' entrambi e per suo conto responsabile degli spropositi per cui la giornata del 24 giugno non fu una vittoria , è vivissima , profonda , inestinguibile in tutta l ' Italia . I giornali che ci giungono da ogni angolo del paese ne sono eloquenti interpreti , e siamo lieti che sotto il ministero - riparatore - Ricasoli - Depretis nessun sequestro abbia avuto luogo . I momenti sono gravi . Lasciate che la verità arrivi al Re e alla Nazione se volete che entrambi si salvino e trionfino ! Le notizie particolari che riceviamo quest ' oggi sulle cose della flotta confermano quelle date ieri , con ciò solo che si esprimono più amaramente contro l ' inettitudine dell ' ammiraglio . I corrispondenti lamentano tutti con ira e dolore che il Lamarmora ( sotto la presidenza del quale il Persano era stato nominato ) non abbia voluto acconsentire alla rimozione di esso domandata dal Depretis ! Ah , perché l ' egregio Depretis non ha insistito in nome della Nazione intiera domandando anche la rimozione del ministro che si opponeva ? Ma il giorno della giustizia è imminente per tutti ; e questa volta speriamo che la sperienza ci avrà insegnato quanto sia fallace consiglio quello di portare nelle cose della guerra gli occhiali diplomatici come nel 50 e nel 60 quando essendo quistione o di mettere Persano sotto Consiglio di guerra , o di dargli il gran cordone come a tutti gli altri comandanti supremi , si preferì questo secondo partito per non mostrare in pubblico le nostre magagne . Si credeva che il Persano avrebbe compresa questa indulgenza diplomatica , esclusivamente diplomatica , e sarebbesi ritirato da se medesimo . Ma sventuratamente non tutti capiscono le satire salvo quando esse sono ( come suol dirsi ) da panattaio , e si rivelano sotto la forma d ' un Consiglio di guerra ! Ed eccoci ora a pagare il fio della nostra credulità !
I GIORNALI E GLI OPERAI ( GRAMSCI ANTONIO , 1916 )
StampaQuotidiana ,
Sono i giorni della réclame per gli abbonamenti . I direttori e gli amministratori dei giornali borghesi rassettano la loro vetrina , passano una mano di vernice sulla loro insegna e richiamano l ' attenzione del passante ( cioè del lettore ) sulla loro merce . La merce è quel foglio a quattro o sei pagine che va ogni mattino od ogni sera a iniettare nello spirito del lettore le maniere di sentire e di giudicare i fatti dell ' attuale politica , che convengono ai produttori e venditori di carta stampata . Vogliamo tentare di discorrere , con gli operai specialmente , dell ' importanza e della gravità di quell ' atto apparentemente così innocente , che consiste nel scegliere il giornale cui si vuole abbonarsi . E ' una scelta piena di insidie e di pericoli che dovrebbe essere fatta con coscienza , con criterio e dopo maturata riflessione . Anzitutto l ' operaio deve negare recisamente qualsiasi solidarietà col giornale borghese . Egli dovrebbe ricordarsi sempre , sempre , sempre , che il giornale borghese ( qualunque sia la sua tinta ) è uno strumento di lotta mosso da idee e da interessi che sono in contrasto coi suoi . Tutto ciò che stampa è costantemente influenzato da un ' idea : servire la classe dominante , che si traduce ineluttabilmente in un fatto : combattere la classe lavoratrice . E difatti , dalla prima all ' ultima riga , il giornale borghese sente e rivela questa preoccupazione . Ma il bello , cioè il brutto , sta in ciò : che invece di domandare quattrini alla classe borghese per essere sostenuto nell ' opera di difesa spietata in suo favore , il giornale borghese riesce a farsi pagare ... dalla stessa classe lavoratrice che egli combatte sempre . E la classe lavoratrice paga , puntualmente , generosamente . Centinaia di migliaia di operai , danno regolarmente ogni giorno il loro soldino al giornale borghese , concorrendo così a creare la sua potenza . Perché ? Se lo domandate al primo operaio che vedete nel tram o per la via con un foglio borghese spiegato dinanzi , voi vi sentite rispondere : " Perché ho bisogno di sapere cosa c ' è di nuovo " . E non gli passa neanche per la mente che le notizie e gli ingredienti coi quali sono cucinate possono essere esposti con un ' arte che diriga il suo pensiero e influisca sul suo spirito in un determinato senso . Eppure egli sa che il tal giornale è codino , che il tal altro è palancaio , che il terzo , il quarto , il quinto , sono legati a gruppi politici che hanno interessi diametralmente opposti ai suoi . Tutti i giorni poi , capita a questo stesso operaio di poter constatare personalmente che i giornali borghesi raccontano i fatti anche più semplici in modo di favorire la classe borghese e la politica borghese a danno della politica e della classe proletaria . Scoppia uno sciopero ? Per il giornale borghese gli operai hanno sempre torto . Avviene una dimostrazione ? I dimostranti , sol perché siano operai , sono sempre dei turbolenti , dei faziosi , dei teppisti . Il governo emana una legge ? E ' sempre buona , utile e giusta , anche se è ... viceversa . Si svolge una lotta elettorale , politica od amministrativa ? I candidati e i programmi migliori sono sempre quelli dei partiti borghesi . E non parliamo di tutti i fatti che il giornale borghese o tace , o travisa , o falsifica , per ingannare , illudere , e mantenere nell ' ignoranza il pubblico dei lavoratori . Malgrado ciò , l ' acquiescenza colpevole dell ' operaio verso il giornale borghese è senza limiti . Bisogna reagire contro di essa e richiamare l ' operaio all ' esatta valutazione della realtà . Bisogna dire e ripetere che quel soldino buttato là distrattamente nella mano dello strillone è un proiettile consegnato al giornale borghese che lo scaglierà poi , al momento opportuno , contro la massa operaia . Se gli operai si persuadessero di questa elementarissima verità , imparerebbero a boicottare la stampa borghese con quella stessa compattezza e disciplina con cui la borghesia boicotta i giornali degli operai , cioè la stampa socialista . Non date aiuti di danaro alla stampa borghese che è vostra avversaria : ecco quale deve essere il nostro grido di guerra in questo momento che è caratterizzato dalla campagna per gli abbonamenti fatta da tutti i giornali borghesi . Boicottateli , boicottateli , boicottateli !
Gabriele D'Annunzio ( Vergani Orio , 1948 )
StampaQuotidiana ,
Il poeta è morto la sera del primo marzo del 1938 , alle 19.55 . Da un paio di giorni non si sentiva bene , ma non voleva riconoscerlo . Aveva settantacinque anni . L ' uomo aveva goduto di una salute di ferro , piccolo , magro , muscoloso , alieno dal vino e dal fumo . Una sola volta aveva provato a fumare , ad Arcachon , e si era sentito male . Ai liquori dava nomi pittoreschi ma non li beveva . Mangiava poco , aveva sempre mangiato poco . La sua tavola da pranzo , al Vittoriale , nel lato dell ' edificio costruito da Gian Carlo Maroni , ha una apparenza fastosissima , con una tovaglia lumeggiata d ' oro e coperta da infiniti ninnoli preziosi . Questa tavola non vide quasi mai il poeta a pranzo o a cena . I suoi digiuni non nascevano da un particolare ascetismo , ma dalla volontà di tenere il cervello sgombro , di non rendere opaca l ' intelligenza con le fatiche della digestione , che avevano , diceva , fatto appisolare persino gli Apostoli . Mangiava spesso nello studio dell ' ultimo piano , dove si chiudeva alle volte per intere settimane . Una cameriera , chiamata a seconda degli umori con il nome di « fante » o di « suora » , gli passava attraverso la porta un vassoietto e tornava di lì a poco a prenderlo , sempre attraverso lo spiraglio . Capitava spesso che non ci fosse nulla per l ' ospite arrivato all ' improvviso . Era dunque un uomo sano e ancora robusto per la sua età . Quando venne a Milano per correggere le bozze delle Faville , volle provarsi nella lotta greco - romana con un giovane giornalista che era andato a visitarlo . Il giovanotto sentì , sotto le sue mani , muscoli ancora pronti e forti . Molte chiacchiere erano state fatte su malattie di cui avrebbe dovuto soffrire . I suoi medici di Salò che lo sottoposero in varie occasioni ad analisi e radioscopie potevano testimoniare il contrario . Le sue radiografie e la sua cartella clinica esistono ancora , e certificano che il sangue era perfetto , il cuore perfetto , i polmoni perfetti . Era malato , se mai , del male della clausura : era il male della melanconia di un uomo che aveva trasformato in abitudine l ' antica volontà di isolarsi dal mondo per lavorare . Anche negli ultimi anni , quando il suo lavoro cessò di essere creativo , egli passava infinite ore allo scrittoio , in una atmosfera irrespirabile . Le sue stanze , d ' inverno , erano sempre riscaldate a trenta gradi , prima con grandi stufe di terracotta e infine con termosifoni , che si spegnevano solamente in maggio . Passava talvolta intere settimane e mesi senza uscire dalle sue stanze , dove nascondeva le sue irritazioni e le sue melanconie . Era triste anche di sentirsi invecchiare e di dover confessare , come aveva fatto in una nota del Notturno nel 1921 , che i suoi pensieri , come quelli di Michelangelo , erano tutti carichi di morte . Mentre in gioventù non aveva mai usato , per lavorare , altro eccitante che il digiuno , anche di caffè non aveva mai abusato , invecchiando non seppe evitare qualche eccitante che mani malevole gli porgevano . Un paio di anni prima di morire poté disintossicarsi del tutto . Fu più alacre e persino più lieto . Le visite si erano fatte ormai rare . D ' Annunzio non aveva voglia di farsi vedere invecchiato . Anche i suoi messaggi erano meno frequenti . Il telegrafo di Gardone lavorava sempre meno , il cannone della nave Puglia tuonava di rado e il mas di Buccari restava placidamente ancorato nella sua darsena . Leggere gli costava molta fatica , e si temeva anche che l ' unico occhio superstite si indebolisse definitivamente . D ' Annunzio era stato sempre un uomo di grande coraggio . Di una sola persona aveva paura : del dentista . Si può dire senza offendere la sua memoria , poiché non si parla dell ' adolescente bellissimo negli anni di Isaotta Guttadauro ma del vecchio settantacinquenne chiuso nella silenziosa villa di Gardone , che il mal di denti era stato uno dei fastidi maggiori della vecchiaia di D ' Annunzio . Un dentista di Salò era riuscito a preparare il calco per un apparecchio che gli avrebbe consentito di mangiare senza fatica - il poeta non mangiava mai alla presenza di ospiti perché non voleva mostrare come gli fosse faticoso masticare - ma l ' apparecchio non fu mai fatto perché D ' Annunzio dichiarò alla fine che non si sarebbe mai adattato a portarlo . La morte venne dunque improvvisa , preceduta solo da qualche lieve malessere al quale D ' Annunzio non volle dare importanza . Gian Carlo Maroni , l ' architetto del Vittoriale , aveva insistito inutilmente perché l ' amico si facesse visitare da un medico . D ' Annunzio aveva risposto chiudendosi in studio . Maroni , quelle notti , che furono le ultime di una convivenza e di una amicizia durata diciassette anni , le passava nella poltrona di una stanza adiacente alla camera da letto dove D ' Annunzio era agitato dall ' insonnia . Una cameriera era incaricata di vigilare durante il giorno , non vista , su quello che il poeta faceva . D ' Annunzio passò le ultime ore del pomeriggio del primo marzo nel grande studio al primo piano , quello del mappamondo , con le pareti coperte di libri fino al soffitto . Le finestre , al solito , erano oscurate . In quelle stanze si viveva sempre alla luce artificiale . Verso le sette , il poeta passò nello studiolo che precede la camera da letto . È una piccola stanza con grandi antichi armadi usati anche come guardaroba personale . C ' è un piccolo tavolo dove spesso D ' Annunzio si soffermava per qualche lavoro . Su quel tavolo c ' erano e ci sono ancora dei vasi pieni di penne , di matite e scatolette che contengono i sigilli di carta dorata a rilievo con i quali chiudeva le lettere . Nel cassetto di un armadietto sono ancora i rotoli dei nastri con i colori di Fiume , azzurri e rossi , che il poeta usava per i pacchi dei doni che amava fare agli ospiti . Non mancavano la carta assorbente e il calamaio . Al Vittoriale non era mai entrata , almeno per l ' uso personale del poeta , una macchina da scrivere . D ' Annunzio la odiava così come odiava il telefono . Una volta aveva dichiarato che considerava un ' ingiuria il consiglio di usare il dictaphon . Era contrario ad ogni forma di trascrizione meccanica della voce e non aveva quasi mai acconsentito che il cinema sonoro registrasse la sua parola . D ' Annunzio sedette al tavolo . Forse di lì a poco avrebbe chiamato la « fante » per farsi portare da mangiare . La « fante » , che lo « spiava » da una delle camere vicine lo vide con il braccio appoggiato al tavolino , in un atteggiamento che non dava adito ad alcuna preoccupazione . Su quel tavolino c ' era e c ' è ancora il vecchio lunario del Barbanera che D ' Annunzio , per il suo amore delle vecchie tradizioni abruzzesi , aveva voluto che , come ogni anno , fosse comprato all ' inizio del 1938 . Al primo marzo il lunario annunciava la morte di un grande uomo . Mancavano dieci minuti alle otto , quando la cameriera si sentì chiamare , D ' Annunzio voleva un bicchiere d ' acqua . Gli fu portato . Non disse nulla e bevve . La donna si accorse di qualcosa d ' insolito nell ' aspetto del « padrone » , come il senso di una grave fatica . Il respiro era basso e affannoso , Maroni accorse . Il poeta aveva reclinato la testa sul tavolo e stava per cadere dalla sedia . Fu sostenuto e portato sul letto della camera accanto . Maroni stesso gli fece immediatamente due iniezioni di olio canforato . Ma il cuore del poeta che aveva dato voce ad Aligi era già spento , senza dolore . Pochi minuti dopo l ' arciprete della chiesa di San Nicolò , don Fava , entrava al Vittoriale per dare l ' assoluzione alla spoglia del poeta . D ' Annunzio si era molte volte lamentato in vita che le campane della chiesa , a Gardone , suonavano troppo a lungo e aveva cercato di frenare gli scampanii con elemosine per i poveri . Alle otto in punto , il vecchio campanaro Valentino cominciò a suonare a morto .