StampaQuotidiana ,
Racconta
un
vecchio
collega
bolognese
:
«
Me
lo
ricordo
,
come
fosse
adesso
.
Antonio
Cervi
era
un
uomo
buono
,
cordiale
,
sempre
di
buon
umore
.
Una
vera
eccezione
,
vederlo
preoccupato
.
Per
questo
non
mi
sono
passati
di
mente
i
giorni
dell
'
ultima
settimana
dell
'
aprile
del
1901
.
Non
si
poteva
dire
che
Antonio
Cervi
fosse
di
malumore
,
ma
certamente
non
era
il
solito
Cervi
.
Finalmente
si
sfogò
con
me
.
"
Sto
aspettando
,
di
giorno
in
giorno
,
che
mi
nasca
un
bambino
.
Ora
,
maschio
o
femmina
che
sia
,
non
vorrei
che
mi
combinasse
lo
scherzo
di
nascere
la
sera
di
una
'
prima
'
'
.
Lo
so
che
è
difficile
farglielo
capire
,
ma
bisognerebbe
che
lo
sapesse
subito
.
Se
uno
è
figlio
di
un
critico
drammatico
,
non
si
nasce
mai
la
sera
di
una
'
prima
'
"
»
.
Antonio
Cervi
-
il
suo
pseudonimo
era
quello
,
un
po
'
misterioso
,
di
Gace
,
che
,
secondo
quanto
ricorda
il
figlio
Gino
,
ma
che
ignorano
i
dizionari
,
dovrebbe
essere
un
personaggio
della
Mitologia
-
era
critico
drammatico
del
«
Resto
del
Carlino
»
.
Il
piccolo
Gino
«
obbedì
»
.
Il
3
maggio
del
1901
non
c
'
era
nessuna
«
prima
»
né
al
Teatro
Brunetti
,
né
al
Corso
,
ne
al
Contavalli
,
né
al
Nazionale
che
aveva
proprio
in
quel
tempo
lasciato
l
'
antico
bizzarro
nome
di
Teatro
della
Nosadella
,
né
all
'
Arena
del
Sole
.
Antonio
Cervi
poté
dunque
restare
a
casa
e
ricevere
dalla
levatrice
l
'
annuncio
:
«
È
un
bel
maschio
!
»
.
Gino
Cervi
è
dunque
l
'
unico
attore
che
sia
figlio
di
un
critico
drammatico
.
Suo
padre
lo
fu
per
trentaquattro
anni
,
dal
1889
al
1923
.
Rincasava
nel
pieno
della
notte
,
alle
tre
e
alle
quattro
del
mattino
.
Entrava
in
punta
di
piedi
per
non
svegliare
i
bambini
.
Stava
ancora
un
po
'
sveglio
,
per
leggere
il
giornale
di
cui
aveva
portato
a
casa
una
delle
prime
copie
fresche
di
inchiostro
.
Alla
mattina
,
erano
i
bambini
,
che
per
andare
a
scuola
,
dovevano
uscire
in
punta
di
piedi
.
A
mezzogiorno
,
all
'
ora
dei
tortellini
,
il
papà
parlava
di
quanto
aveva
sentito
a
teatro
la
sera
avanti
:
esprimeva
certe
opinioni
che
nel
giornale
erano
state
attenuate
o
velate
.
Per
non
rovinare
le
Compagnie
,
i
critici
dei
giornali
importanti
non
potevano
divertirsi
al
gioco
del
massacro
,
mordendo
e
sbriciolando
a
destra
e
a
sinistra
.
Anche
allora
si
diceva
che
il
teatro
era
«
in
crisi
»
.
Le
Compagnie
primarie
erano
una
quarantina
,
sempre
con
non
meno
di
una
trentina
di
attori
scritturati
;
quelle
secondarie
un
'
ottantina
e
un
centinaio
quelle
di
terz
'
ordine
.
L
'
Italia
aveva
una
popolazione
viaggiante
di
45
mila
attori
e
attrici
.
Bologna
era
la
loro
segreta
capitale
,
come
si
dice
che
Gonzaga
,
presso
Mantova
,
sia
quella
degli
zingari
.
Gino
respirò
sempre
teatro
.
Subito
dopo
le
aste
-
in
quell
'
anno
fu
portato
in
braccio
a
vedere
i
funerali
di
Carducci
-
imparò
a
leggere
sulle
colonne
del
«
Resto
del
Carlino
»
,
per
la
curiosità
di
sapere
che
cosa
scrivesse
suo
padre
.
Imparò
il
significato
di
certe
frasi
:
«
reiterati
applausi
,
recitazione
incisiva
,
palesi
segni
di
dissenso
,
bene
gli
altri
»
.
Imparò
presto
alcuni
nomi
assai
difficili
:
Shakespeare
,
Marivaux
,
Bjørnstjerne
Bjørnson
,
Portoriche
.
Sognava
i
teatri
come
regge
misteriose
,
con
i
palchetti
dorati
,
con
le
poltrone
di
velluto
rosso
.
In
casa
erano
familiari
i
nomi
di
Panzacchi
,
di
Lipparini
,
di
Olindo
Guerrini
,
di
Testoni
sulle
cui
ginocchia
il
piccolo
Gino
aveva
ballato
.
Accompagnando
il
padre
a
spasso
,
Gino
-
polpacci
nudi
,
giubba
alla
marinara
col
fischietto
nel
nodo
della
cravatta
-
entrava
nella
libreria
di
Zanichelli
.
Ogni
tanto
Antonio
si
fermava
a
parlare
con
un
grosso
uomo
dall
'
aspetto
di
timido
campagnolo
vestito
di
nero
.
Era
Giovanni
Pascoli
.
Di
Carducci
si
parlava
come
di
un
Nume
scomparso
fra
le
nuvole
ma
sempre
misteriosamente
presente
.
Antonio
Cervi
,
al
cui
cuore
cordiale
era
stata
sempre
cara
la
parte
del
paciere
,
era
riuscito
a
riconciliare
Carducci
con
D
'
Annunzio
-
non
c
'
erano
mai
stati
veri
attriti
,
ma
certe
diffidenze
sì
-
nel
famoso
banchetto
in
cui
,
avendo
Carducci
offerto
il
vino
a
D
'
Annunzio
,
questi
aveva
detto
:
«
Grazie
...
Non
bevo
mai
...
»
il
Leone
di
Maremma
aveva
risposto
un
po
'
bruscamente
:
«
Io
,
sempre
!
»
.
Bologna
,
era
amica
del
teatro
fin
dal
Seicento
,
quando
ogni
famiglia
patrizia
aveva
un
suo
piccolo
palcoscenico
,
in
casa
Zoppio
,
in
casa
Pepoli
,
in
casa
Casali
,
all
'
accademia
degli
Ardenti
o
dei
Riaccesi
.
Nel
Settecento
,
c
'
era
stato
un
teatro
persino
nel
Palazzo
del
Podestà
.
I
patrizi
avevano
le
loro
sale
da
spettacolo
anche
nelle
ville
sui
colli
.
Per
quella
privata
della
famiglia
Albergati
,
che
ospitava
durante
l
'
estate
tutto
il
patriziato
bolognese
,
Goldoni
scrisse
cinque
commedie
,
fra
le
quali
Il
cavaliere
di
spirito
e
l
'
Osteria
della
Posta
.
Perché
gli
attori
volevano
bene
a
Bologna
?
C
'
erano
camere
,
alloggi
,
locande
a
poco
prezzo
.
Le
padrone
di
casa
erano
cordiali
,
socievoli
,
aspettavano
molto
pazientemente
l
'
affitto
,
magari
da
un
anno
all
'
altro
.
Le
porzioni
di
fettuccine
erano
abbondantissime
.
La
popolazione
amava
passeggiare
fino
a
notte
tarda
,
certi
caffè
erano
aperti
fino
all
'
alba
.
Alla
legione
degli
attori
,
delle
attrici
,
dei
generici
e
delle
attricette
si
aggiungevano
gli
innumerevoli
filodrammatici
.
Ogni
tanto
questi
ultimi
organizzavano
tournées
nei
centri
anche
più
minuscoli
della
provincia
,
sino
al
Po
e
fino
in
Romagna
,
e
rinforzavano
il
loro
complesso
chiamando
a
parteciparvi
qualche
attore
di
più
larga
esperienza
.
Anche
Gino
,
mentre
studiava
greco
al
liceo
-
suo
padre
era
stato
inflessibile
per
il
greco
e
per
il
latino
-
bazzicava
la
filodrammatica
del
Circolo
degli
impiegati
civili
.
Fu
l
'
Arena
del
Sole
il
primo
teatro
dove
,
bambino
,
una
domenica
Gino
Cervi
debuttò
come
spettatore
:
uscendo
,
vide
al
caffè
quel
grande
e
melanconico
vecchio
attore
,
oscillante
fra
il
genio
e
la
follia
,
che
fu
Enrico
Capelli
:
in
gioventù
Amleto
quasi
impareggiabile
,
e
,
in
vecchiaia
,
ridotto
a
tale
povertà
e
trasandatezza
da
tingersi
i
capelli
con
qualche
spazzolata
di
lucido
da
scarpe
.
All
'
Arena
del
Sole
si
assisteva
agli
spettacoli
in
maniche
di
camicia
.
Se
una
commedia
non
piaceva
,
i
cuscini
volavano
dalle
gradinate
fino
alla
ribalta
.
Negli
intervalli
gli
spettatori
si
passavano
il
fiasco
di
Sangiovese
,
la
bottiglia
di
lambrusco
,
bevendo
a
canna
.
Fu
in
quel
teatro
che
il
«
figlio
del
critico
»
,
entrato
con
la
tessera
del
padre
,
vide
da
ragazzo
Zacconi
e
Ruggeri
,
come
aveva
visto
nel
1914
,
dal
loggione
del
Brunetti
,
Sarah
Bernhardt
che
recitava
ancora
ad
onta
di
una
gamba
amputata
.
Studente
universitario
,
Cervi
avrebbe
forse
fatto
l
'
avvocato
o
sarebbe
entrato
un
giorno
o
l
'
altro
al
«
Resto
del
Carlino
»
se
la
morte
del
padre
nel
1923
non
lo
avesse
lasciato
libero
di
decidere
del
suo
destino
.
Fu
un
altro
attore
bolognese
che
veniva
lui
pure
dai
filodrammatici
,
Nerio
Bernardi
-
il
cui
vero
nome
era
quello
antico
e
dottorale
di
Irnerio
-
a
dirgli
,
come
si
fa
con
chi
deve
imparare
a
nuotare
:
«
Buttati
!
»
.
E
fu
così
che
,
seguendo
quel
consiglio
,
lo
scolaro
,
cui
Lipparini
aveva
fatto
tante
volte
declamare
al
liceo
l
'
Ode
al
Clitumno
e
il
Canto
di
un
pastore
errante
,
diventò
attore
,
debuttando
nella
Vergine
folle
di
Bataille
,
accanto
ad
Alda
Borelli
.
Un
anno
dopo
era
a
Roma
,
cercava
sulla
guida
dove
si
trovasse
una
ignota
via
dove
si
stava
aprendo
un
nuovo
piccolo
teatro
,
il
primo
dei
futuri
«
Piccoli
Teatri
»
d
'
Italia
.
Trovò
là
dentro
un
gruppo
di
suoi
coetanei
che
,
già
prima
di
iniziare
gli
spettacoli
,
si
dibattevano
in
un
labirinto
di
debiti
:
ma
a
capo
di
quei
ragazzi
c
'
era
un
signore
con
la
barbetta
già
quasi
bianca
che
Cervi
aveva
già
visto
,
una
volta
,
come
autore
,
alla
ribalta
dell
'
Arena
del
Sole
.
Il
vecchio
signore
era
Luigi
Pirandello
.
Quella
attraverso
la
quale
,
in
vicolo
Odescalchi
,
entrava
il
giovane
figlio
del
critico
bolognese
poteva
sembrare
una
porta
assai
piccola
.
Cervi
,
figlio
di
un
uomo
che
tanto
intelligentemente
aveva
amato
e
servito
il
teatro
,
si
accorse
che
era
la
porta
grande
di
una
intelligenza
rinnovatrice
.
StampaQuotidiana ,
Tutte
le
corrispondenze
,
tutti
i
ragguagli
personali
che
riceviamo
circa
il
fatto
d
'
armi
del
24
concordano
nel
presentare
quella
battaglia
come
uno
scontro
indeciso
bensì
,
ma
glorioso
e
rassicurante
per
le
armi
nostre
.
Diciamo
rassicurante
perché
ha
troncata
ogni
quistione
circa
la
qualità
,
la
stoffa
dell
'
esercito
italiano
.
Questo
esercito
è
una
creazione
così
recente
,
che
nel
concetto
di
molti
,
particolarmente
all
'
estero
,
la
sua
consistenza
parea
alquanto
problematica
.
Non
pochi
giornali
già
sentenziavano
che
finché
la
fortuna
gli
arriderebbe
l
'
esercito
italiano
avrebbe
fatto
mirabilia
,
ma
non
così
agevolmente
avrebbe
sopportati
quei
rigori
della
sorte
,
a
cui
nessun
esercito
(
per
quanto
abbia
certa
la
vittoria
finale
)
può
completamente
sfuggire
nell
'
arduo
cammino
che
a
questa
conduce
.
Ebbene
ora
il
problema
è
sciolto
.
L
'
esercito
italiano
ha
fatte
le
sue
prime
prove
non
sotto
il
sorriso
della
fortuna
,
ma
nelle
condizioni
più
sfavorevoli
.
Le
divisioni
che
sono
state
impegnate
han
dovuto
combattere
contro
un
nemico
più
numeroso
fortificatosi
nelle
posizioni
più
formidabili
,
più
studiate
,
e
più
potentemente
armate
.
E
tuttavia
non
solo
l
'
esercito
ha
confermate
le
speranze
che
si
avevano
nel
suo
slancio
per
l
'
attacco
,
ma
ha
rivelate
le
più
preziose
qualità
per
dominare
i
casi
avversi
,
una
solidità
a
tutta
prova
,
una
indomita
tenacità
,
una
consistenza
di
ferro
!
VIVA
IL
SOLDATO
ITALIANO
!
L
'
esercito
ha
dormito
sul
campo
di
battaglia
,
sulle
posizioni
conquistate
;
ha
preso
al
nemico
un
numero
di
prigionieri
uguale
a
quello
che
il
nemico
si
vanta
d
'
aver
preso
a
noi
.
Se
all
'
indomani
il
Mincio
fu
ripassato
,
ciò
fu
per
cogliere
il
nemico
sovra
altro
punto
meno
sfavorevole
,
e
non
già
in
segno
di
battaglia
perduta
;
e
il
nemico
stesso
ha
compreso
così
bene
di
non
potersi
vantare
della
vittoria
,
che
non
solo
non
ha
inseguiti
i
nostri
,
ma
si
è
affrettato
di
ritirarsi
anch
'
esso
,
e
nel
suo
rapporto
è
stato
relativamente
assai
modesto
.
Eccone
infatto
il
sunto
telegrafico
quale
ce
lo
recano
i
giornali
d
'
oltre
Alpi
:
«
Vienna
,
25
giugno
Il
rapporto
dell
'
arciduca
Alberto
,
in
data
d
'
ieri
,
ore
io
di
sera
,
rende
noti
i
seguenti
fatti
:
«
L
'
armata
austriaca
,
marciando
verso
il
Mincio
,
fu
attaccata
dal
Re
d
'
Italia
.
«
L
'
armata
posta
sotto
il
mio
comando
prese
d
'
assalto
Montevento
,
e
,
verso
le
cinque
,
Custoza
.
Essa
ha
preso
parecchi
cannoni
e
fece
2000
prigionieri
.
Le
nostre
truppe
combatterono
con
una
bravura
ed
una
perseveranza
estrema
,
malgrado
un
insopportabile
calore
.
«
È
constatato
che
il
Re
d
'
Italia
,
alla
testa
di
tre
Corpi
d
'
armata
e
della
cavalleria
di
riserva
,
era
in
marcia
contro
Albaredo
,
credendo
di
trovarci
dietro
l
'
Adige
.
«
Il
principe
Amedeo
ed
alcuni
generali
italiani
sono
feriti
»
.
Fu
solo
il
telegrafo
italiano
che
il
primo
giorno
dipinse
in
nero
la
battaglia
!
Non
v
'
è
parola
che
basti
contro
la
redazione
di
quei
deplorabili
dispacci
che
d
'
una
battaglia
di
cui
l
'
Italia
e
l
'
esercito
debbono
andare
giustamente
superbi
trovarono
il
segreto
di
farne
un
imbroglio
inintelligibile
,
in
cui
un
Corpo
intiero
sarebbesi
svaporato
senza
lasciar
traccia
!
Fortunatamente
il
buonsenso
delle
popolazioni
e
la
fiducia
inalterata
che
tutti
hanno
nell
'
esercito
corresse
gli
errori
del
sciocchissimo
dispaccio
,
e
seppe
sin
dai
primi
momenti
ridurre
le
cose
al
loro
vero
essere
.
Tutta
Italia
echeggia
d
'
un
grido
di
riconoscenza
all
'
esercito
ONORE
AI
VALOROSI
DELLA
BATTAGLIA
DEL
MINCIO
!
StampaQuotidiana ,
Qualche
giorno
fa
apparve
la
notizia
che
il
ministro
Orlando
aveva
pronta
la
relazione
sul
decreto
ministeriale
per
la
scelta
del
greco
e
delle
matematiche
nei
licei
.
E
la
notizia
è
poi
stata
confermata
dai
giornali
ufficiosi
.
Il
decreto
in
sostanza
è
questo
:
fin
qui
lo
studio
del
greco
era
di
cinque
anni
;
ora
i
giovani
possono
ridurlo
a
tre
optando
per
le
matematiche
invece
del
greco
appena
giunti
al
secondo
anno
di
liceo
.
Tale
decreto
mostra
una
tendenza
che
va
rilevata
:
è
un
primo
passo
verso
la
soppressione
graduale
dell
'
insegnamento
classico
.
Oggi
si
è
ancora
oscillanti
e
vacillanti
fra
il
desiderio
di
rinnovare
e
quello
di
conservare
,
domani
non
sarà
più
così
,
e
si
abolirà
il
vecchio
per
il
semplice
motivo
che
si
è
smarrito
il
sentimento
del
suo
valore
vero
.
Questo
dunque
è
necessario
:
illuminare
la
coscienza
pubblica
sul
valore
degli
studii
classici
.
Tali
studii
,
hanno
contro
di
sé
i
modernisti
,
cioè
tutti
coloro
che
fanno
incominciare
il
mondo
dal
giorno
della
loro
nascita
.
C
'
è
una
speciale
vanità
dell
'
uomo
contemporaneo
,
ed
è
quella
della
modernità
;
per
la
quale
la
maggior
parte
de
'
nostri
simili
cólti
,
od
ignoranti
che
si
credon
cólti
,
di
niente
altro
è
vaga
quanto
di
dare
un
calcio
ai
molti
secoli
ed
ai
varii
millenni
di
storia
che
ci
hanno
preceduti
.
La
divina
legge
della
continuità
della
vita
attraverso
i
secoli
e
attraverso
i
millenni
,
per
la
quale
la
durata
dell
'
uomo
è
tanto
più
lunga
dell
'
esistenza
dell
'
individuo
,
e
che
è
quasi
la
nostra
immortalità
terrena
;
questa
divina
legge
per
la
quale
la
vita
dei
popoli
ci
appare
intessuta
di
generazioni
,
come
si
lega
punto
con
punto
,
e
noi
ci
sentiamo
contemporanei
de
nostri
padri
e
respiranti
dello
stesso
respiro
nella
stessa
aria
;
questa
divina
legge
per
cui
l
'
anima
umana
si
sente
vivere
di
là
dall
'
attimo
e
dall
'
atomo
che
sono
la
sua
proprietà
e
la
sua
miseria
,
è
oggi
posta
in
oblio
o
è
disprezzata
.
Vi
è
un
momento
in
cui
per
i
modernisti
tutto
ciò
che
fu
,
finisce
,
e
incomincia
tutto
ciò
che
ora
è
;
di
là
da
quello
la
morte
,
di
qua
la
vita
,
la
cosiddetta
vita
moderna
.
E
quel
momento
è
quello
che
io
ho
detto
segnato
dal
giorno
della
loro
nascita
.
E
potrebbe
dirsi
dalla
Rivoluzione
francese
,
o
dalla
invenzione
del
treno
o
del
telegrafo
,
o
da
Darwin
,
o
da
Carlo
Marx
.
I
modernisti
hanno
visto
come
siano
stati
inventati
il
telegrafo
,
il
treno
e
tante
altre
meraviglie
,
e
come
si
siano
diffuse
le
teorie
dell
'
evoluzione
,
del
socialismo
,
e
i
venerandi
principi
dell'89
,
ed
hanno
concluso
:
Oggi
il
mondo
è
tutt
'
altra
cosa
;
la
vita
,
l
'
umanità
,
la
coscienza
,
la
sapienza
,
la
civiltà
,
il
progresso
sono
tutt
'
altra
cosa
.
E
che
cosa
sono
?
Sono
la
modernità
.
E
così
la
leggenda
,
il
dogma
,
la
religione
della
modernità
,
cioè
di
un
nostro
modo
di
essere
profondamente
diverso
da
quello
dei
nostri
antenati
,
si
sono
stabiliti
e
sono
in
onore
.
È
il
pedantismo
e
il
fanatismo
di
moda
,
dei
quali
,
come
è
naturale
,
i
greci
ed
i
romani
non
hanno
più
fieri
nemici
.
Contro
le
cosiddette
lingue
e
letterature
morte
i
modernisti
gridano
come
i
giacobini
di
Francia
gridavano
contro
l
'
«
Ancien
Régime
»
.
Greco
,
latino
,
vecchia
accademia
,
avanzo
di
«
Ancien
Régime
»
,
via
!
È
il
grido
della
nuova
rettorica
.
Ebbene
,
questa
nuova
rettorica
ha
torto
,
e
lo
ha
perché
confonde
molte
cose
.
Confonde
la
vita
con
alcune
sue
forme
esteriori
,
con
alcune
sue
condizioni
materiali
.
Si
pensi
ciò
che
si
vuole
,
ma
solo
alcune
condizioni
materiali
,
solo
alcune
forme
esteriori
sono
mutate
;
la
vita
,
l
'
anima
umana
,
l
'
umanità
no
.
È
della
vita
,
dell
'
anima
umana
,
dell
'
umanità
,
lo
stesso
che
dell
'
arte
;
e
come
non
si
può
dire
che
l
'
arte
abbia
mutato
sostanza
e
sia
progredita
da
Omero
a
Dante
,
da
Dante
a
non
so
quale
grande
poeta
de
'
giorni
nostri
,
così
non
si
può
dire
di
questo
nostro
essere
animato
e
vivente
(
che
ha
nell
'
arte
e
nella
storia
il
suo
specchio
)
dalla
civiltà
dei
romani
a
quella
dei
popoli
contemporanei
.
Io
non
conosco
una
invenzione
morale
,
per
così
dire
,
della
umanità
di
oggi
o
della
umanità
di
ieri
,
la
quale
veramente
agisca
sopra
la
sua
sostanza
psichica
e
valga
a
mutarla
.
Conosco
molte
vecchie
ciarlatanerie
che
vogliono
passare
per
nuove
verità
.
Le
nuove
verità
e
le
invenzioni
sono
quelle
della
scienza
che
ha
fornito
la
vita
esteriore
e
materiale
di
nuovi
istrumenti
più
potenti
degli
antichi
.
Tali
istrumenti
ci
hanno
fatto
queste
nuove
condizioni
:
maggiore
velocità
e
maggiore
varietà
.
Noi
abbiamo
per
le
nostre
notti
una
copia
senza
paragone
più
grande
di
luce
e
un
numero
più
grande
di
lumi
,
e
abbiamo
veicoli
che
ci
trasportano
da
un
capo
all
'
altro
del
mondo
con
una
velocità
che
tenta
emulare
quella
de
'
nostri
pensieri
,
e
abbiamo
macchine
che
lavorano
per
noi
.
Abbiamo
qualche
alleato
e
qualche
schiavo
di
più
nella
natura
,
e
mentre
gli
antichi
avevano
soltanto
qualche
animale
domestico
,
il
vento
per
la
vela
e
il
fuoco
,
noi
abbiamo
e
animali
domestici
e
il
vento
e
il
fuoco
e
la
forza
dei
fulmini
e
le
forze
di
altri
elementi
in
nostro
potere
.
La
luce
è
stata
sforzata
sino
all
'
incendio
,
il
suono
e
la
musica
sino
al
fragore
,
la
velocità
sino
alla
vertigine
;
le
città
son
diventate
popolazioni
di
regni
,
il
lavoro
della
pace
frenetico
come
il
tumulto
della
guerra
.
Se
vi
è
una
novità
è
l
'
eccesso
e
la
frenesia
dell
'
eccesso
.
Se
vi
è
una
novità
è
questa
:
nello
sforzo
tragico
ed
epico
che
l
'
uomo
ha
sempre
fatto
e
sempre
farà
per
eguagliare
la
sua
volontà
col
suo
atto
,
perché
il
suo
braccio
sia
attivo
come
la
sua
mente
;
noi
siamo
giunti
al
punto
che
gli
istrumenti
di
quello
sforzo
,
se
ancora
sono
men
repentini
del
nostro
animo
,
sono
però
di
già
superiori
alla
resistenza
dei
nostri
muscoli
e
dei
nostri
nervi
.
Ma
l
'
uomo
è
lo
stesso
.
Ponete
l
'
uomo
in
Parigi
,
in
Londra
,
in
New
York
,
in
Roma
moderna
,
o
nella
Roma
antica
,
in
Atene
,
in
Babilonia
,
in
Cartagine
,
e
che
si
chiami
o
Cesare
,
o
Napoleone
,
o
Chamberlain
,
Eschilo
o
Shakespeare
,
Enrico
Ferri
o
non
so
quale
dei
demagoghi
ateniesi
o
quiriti
;
l
'
uomo
è
lo
stesso
.
L
'
uomo
è
la
moltitudine
.
L
'
uomo
,
la
moltitudine
e
le
loro
passioni
.
Le
passioni
operaie
,
del
bene
e
del
male
,
furie
dell
'
uomo
e
dei
popoli
,
tali
sono
quali
furono
.
L
'
amore
,
il
desiderio
,
l
'
ambizione
ardono
oggi
come
arsero
nel
sangue
e
nelle
ossa
dei
nostri
padri
e
dei
padri
dei
nostri
padri
.
E
l
'
ammirazione
delle
cose
naturali
e
della
bellezza
creata
dagli
uomini
,
l
'
arte
,
l
'
eloquenza
e
la
magnanimità
e
il
saper
morire
per
una
idea
,
e
il
tendere
con
gli
atti
e
con
i
fatti
verso
le
visioni
dell
'
idea
,
e
tutte
le
numerose
forme
dell
'
umana
virtù
,
quali
furono
un
tempo
tali
sono
oggi
.
Noi
usciamo
da
un
'
officina
delle
nostre
città
,
dove
turbinano
e
strepitano
cento
macchine
;
ma
se
andiamo
in
campagna
,
la
vista
di
un
aratro
che
sembra
continui
da
una
giornata
perduta
in
una
antichità
favolosa
la
sua
lenta
e
silenziosa
opera
del
solco
,
metterà
nei
nostri
cuori
quella
stessa
pace
che
ci
dona
quando
passa
nei
versi
di
Virgilio
.
Un
semplice
canto
agreste
ha
sui
nostri
cuori
la
stessa
potenza
,
sebbene
ora
nelle
nostre
orchestre
l
'
intrico
dei
suoni
sia
come
quello
degli
alberi
in
una
foresta
,
dei
loro
rami
e
delle
loro
radici
.
Consideriamo
la
guerra
.
Tutto
sembra
mutato
.
Più
vasti
corpi
di
combattenti
si
muovono
su
più
vasti
spazii
;
è
fra
loro
ciò
che
sarebbe
parso
inverosimile
ai
soldati
antichi
che
si
azzuffavano
:
la
distanza
.
Hanno
una
nuova
forza
di
terrore
:
il
fragore
.
La
rozza
arma
antica
si
è
moltiplicata
in
più
foggie
d
'
armi
,
fatte
dalla
scienza
della
distruzione
,
di
congegni
più
delicati
che
non
abbia
l
'
arnese
del
pacifico
lavoro
.
La
civiltà
più
ingegnosa
e
l
'
opera
di
strage
della
bestialità
primordiale
si
uniscono
.
Ed
ecco
il
fatto
:
non
ostante
tutte
le
mutazioni
e
tutto
quanto
si
è
ingrandito
,
moltiplicato
,
congegnato
,
l
'
uomo
porta
sul
campo
di
battaglia
lo
stesso
animo
di
una
volta
,
l
'
animo
deliberato
a
uccidere
o
a
morire
.
Per
questo
,
leggendo
le
battaglie
degli
achei
e
dei
troiani
nei
libri
d
'
Omero
noi
possiamo
provare
in
fondo
le
medesime
sensazioni
che
leggendo
nei
giornali
la
guerra
russo
-
giapponese
.
StampaQuotidiana ,
È
sistema
?
È
incapacità
?
Nol
sappiamo
.
Questo
sappiamo
che
la
è
cosa
ormai
incomportabile
.
Vi
ricordate
il
modo
inqualificabile
con
cui
il
telegrafo
annunziò
il
combattimento
del
24
?
Citiamolo
nuovamente
ad
aeternam
rei
memoriam
,
poiché
ormai
una
lezione
è
indispensabile
.
Ecco
il
dispaccio
:
«
Firenze
,
25
Quartier
generale
principale
,
24
,
ore
10,45
pom
.
Oggi
ebbe
luogo
un
accanito
combattimento
che
durò
dall
'
alba
quasi
fino
al
cadere
del
giorno
.
Il
primo
Corpo
d
'
armata
che
doveva
occupare
le
posizioni
tra
Peschiera
e
Verona
non
riuscì
nell
'
attacco
.
Il
secondo
e
terzo
Corpo
non
poterono
liberare
il
primo
dall
'
assalto
che
ebbe
a
sostenere
di
forze
preponderanti
.
Essi
sono
però
quasi
intatti
»
.
Pareva
dunque
che
il
primo
Corpo
fosse
distrutto
completamente
(
o
poco
meno
)
e
che
gli
altri
Corpi
avessero
preso
parte
alla
battaglia
,
tutti
e
due
,
il
che
pel
Corpo
di
Cucchiari
era
falso
del
tutto
!
Un
dispaccio
di
tal
natura
era
esso
opera
dello
stato
maggiore
?
Ma
è
impossibile
ch
'
esso
ignorasse
che
UN
INTIERO
CORPO
d
'
armata
non
era
stato
menomamente
impegnato
!
Volevansi
dunque
scusare
enormi
spropositi
con
una
falsa
notizia
che
poteva
gettare
lo
sgomento
nell
'
intiero
paese
?
Se
alla
lettura
di
quel
dispaccio
la
nazione
si
fosse
lasciata
prendere
da
sgomento
(
come
forse
alcuni
volevano
)
e
avesse
chinato
il
capo
alla
cessione
della
Venezia
alla
Francia
,
a
che
punto
saremmo
oramai
d
'
impotenza
,
d
'
umiliazione
,
d
'
obbrobrio
?
Ora
siamo
da
capo
.
Un
altro
telegramma
viene
a
darci
notizia
della
prima
battaglia
navale
;
ma
in
un
modo
così
oscuro
ed
anzi
(
ci
si
permetta
la
parola
)
in
un
modo
così
STUPIDO
,
che
non
potrebbesi
volere
di
peggio
!
Ci
si
annunzia
che
già
si
cominciava
lo
sbarco
al
porto
di
S
.
Giorgio
di
Lissa
quando
le
vedette
segnalarono
la
squadra
nemica
.
Ciò
vuol
dire
che
fummo
sorpresi
in
piena
operazione
.
Ma
il
telegrafo
soggiunge
tosto
che
l
'
armata
italiana
mosse
ad
incontrare
l
'
armata
nemica
,
ed
ebbe
luogo
una
battaglia
.
Con
qual
concetto
direttivo
?
Ombre
e
tenebre
!
Sappiamo
bensì
che
l
'
Affondatore
s
'
è
gettato
contro
il
nemico
,
ma
non
si
dice
quando
.
Sembra
anzi
che
a
tutta
prima
il
combattimento
sia
stato
accanitissimo
contro
la
corazzata
Re
d
'
Italia
,
la
quale
col
suo
proprio
sacrifizio
,
e
coll
'
aiuto
dell
'
eroico
equipaggio
della
cannoniera
Palestro
,
avrebbe
salvata
la
giornata
e
la
flotta
stessa
mentre
questa
si
rimetteva
in
assetto
.
Il
sacrificio
benché
dolorosissimo
sarebbe
stato
pur
temperato
dalla
notizia
che
la
flotta
italiana
è
rimasta
padrona
delle
acque
del
combattimento
(
e
speriamo
anche
del
porto
S
.
Giorgio
)
.
Ma
l
'
autore
del
dispaccio
s
'
è
affrettato
di
far
precedere
la
più
tormentosa
,
la
più
tetra
reticenza
dicendo
:
«
Nessun
altro
bastimento
dell
'
armata
fu
perduto
o
cadde
in
mano
del
nemico
»
.
Ma
infelice
!
Non
capivi
tu
che
ciò
suonava
lo
stesso
che
il
dire
doverci
noi
leccar
le
mani
per
esserne
salvi
a
tal
mercato
?
!
Quali
erano
le
nostre
forze
?
Niente
!
Quali
quelle
del
nemico
?
Niente
!
Quali
furono
i
bastimenti
impegnati
da
una
parte
e
dall
'
altra
?
Niente
!
L
'
Italia
intiera
rimase
sotto
l
'
impressione
di
una
vera
disfatta
sino
all
'
arrivo
del
dispaccio
suppletivo
che
annunziava
le
perdite
degli
austriaci
!
Onore
alla
flotta
,
sublime
ed
eroica
malgrado
gli
orrendi
spropositi
dell
'
ex
ministro
generale
di
cavalleria
!
Onore
alla
flotta
e
ai
generosi
estinti
!
Ma
Dio
non
voglia
che
tanto
sangue
sia
sparso
invano
!
Ieri
abbiamo
pubblicate
terribili
rivelazioni
,
oggi
diciamo
Onore
e
riconoscenza
agli
uomini
di
buona
volontà
!
Inchiesta
su
tutti
,
ce
n
'
è
bisogno
!
Inchiesta
!
Inchiesta
!
Tra
i
gloriosi
caduti
nella
battaglia
di
Lissa
è
l
'
onorevole
Pier
Carlo
Boggio
,
che
si
trovava
sul
Re
d
'
Italia
!
Amici
perenni
e
avversari
momentanei
abbiam
sempre
amato
il
suo
cuore
eccellente
,
e
stimato
il
suo
alto
ingegno
,
suo
sincero
patriottismo
.
Diremo
di
lui
in
altro
numero
Oggi
non
cel
consente
il
dolore
!
StampaQuotidiana ,
Ancora
una
vittoria
.
La
seconda
in
pochi
giorni
,
nell
'
industria
più
moderna
,
nella
forma
più
moderna
della
gara
e
della
forza
di
nervi
e
d
'
animo
necessaria
per
prender
parte
alle
gare
perigliose
.
Due
vittorie
italiane
.
Salutiamole
con
gioia
.
Quest
'
ultima
noi
l
'
attendevamo
da
due
mesi
,
l
'
abbiamo
seguita
giorno
per
giorno
attraverso
l
'
Asia
e
l
'
Europa
,
il
deserto
,
i
fiumi
,
i
torrenti
,
le
montagne
,
le
foreste
,
attraverso
piogge
e
nevi
e
venti
e
ogni
variazione
di
clima
e
ogni
impedimento
e
insidia
del
suolo
e
popolazioni
del
più
vario
sangue
e
orde
fuggitive
della
più
strana
foggia
.
È
stato
uno
spettacolo
stupendo
vedere
giorno
per
giorno
avvicinarsi
verso
la
mèta
,
verso
la
vittoria
,
verso
di
noi
,
la
piccola
macchina
infaticabile
,
fragile
come
la
carne
umana
,
infrangibile
come
la
volontà
dell
'
uomo
eroico
,
la
piccola
macchina
portante
due
uomini
della
nostra
patria
,
degni
di
esser
celebrati
come
campioni
di
due
tra
le
più
belle
virtù
della
nostra
razza
,
bellissime
nella
loro
unione
insolita
,
lo
slancio
e
la
tenacità
,
la
foga
e
la
pazienza
.
Abbiamo
avuto
per
due
mesi
,
tutti
i
giorni
,
il
nostro
quarto
d
'
ora
di
visione
poetica
,
ed
è
difficile
poter
ritrovare
nella
realtà
un
altro
fatto
grande
che
come
questo
compiutosi
oggi
possa
avere
tutti
i
caratteri
della
poesia
,
tutti
i
caratteri
del
sogno
nato
dal
bisogno
di
evocare
dall
'
ignoto
le
immagini
delle
virtù
che
piantano
più
oltre
i
termini
del
possibile
.
È
stato
il
nostro
sogno
attraverso
gli
spazii
,
ed
è
stato
attraverso
i
tempi
,
perché
gli
aspetti
delle
terre
solitarie
e
intatte
,
le
apparizioni
delle
cavalcate
in
fuga
o
in
inseguimento
lungo
la
via
non
tracciata
,
ci
hanno
di
tanto
in
tanto
riprofondati
nelle
età
della
barbarie
,
della
leggenda
,
dei
primordii
.
E
il
sogno
si
è
avvicinato
per
due
mesi
,
di
giorno
in
giorno
,
di
momento
in
momento
,
infaticabilmente
fedele
alla
nostra
attesa
,
finché
oggi
è
giunto
,
oggi
è
realtà
,
è
vittoria
.
È
la
seconda
vittoria
italiana
in
pochi
giorni
.
Salutiamola
con
gioia
.
Il
sommo
poeta
della
nostra
razza
avventurosa
e
paziente
ebbe
già
un
sogno
simile
prima
de
tempi
,
quando
l
'
anima
gli
s
'
apri
a
un
tratto
come
l
'
oceano
e
per
essa
andò
con
la
«
picciola
compagna
»
il
pellegrino
d
'
Itaca
navigando
di
là
dai
«
riguardi
»
segnati
da
Ercole
.
Chi
non
ricorda
il
canto
XXVI
dell
'
Inferno
?
È
il
canto
dove
Dante
Alighieri
è
più
divinatore
dei
tempi
che
sono
venuti
dopo
di
lui
,
dove
più
ha
previssuto
secondo
lo
spirito
della
nostra
età
,
dove
più
è
coetaneo
nostro
e
oltre
.
È
il
canto
dove
fanno
capo
,
per
finire
,
i
viaggi
degli
uomini
per
i
cieli
,
e
dove
fanno
capo
,
per
cominciare
,
i
loro
viaggi
sulla
terra
.
Qui
il
Medioevo
cessa
e
s
'
inizia
l
'
evo
moderno
.
Qui
è
il
principio
del
Rinascimento
.
«
O
frati
,
dissi
,
che
per
cento
milia
perigli
siete
giunti
all
'
Occidente
,
a
questa
tanto
picciola
vigilia
de
'
vostri
sensi
ch
'
è
del
rimanente
,
non
vogliate
negar
l
'
esperienza
,
diretro
al
sol
,
del
mondo
senza
gente
.
Considerate
la
vostra
semenza
:
fatti
non
foste
a
viver
come
bruti
,
ma
per
seguir
virtute
e
conoscenza
»
.
Li
miei
compagni
fec
'
io
sì
acuti
,
con
questa
orazion
picciola
,
al
cammino
,
che
appena
poscia
li
avrei
rattenuti
.
E
volta
nostra
poppa
nel
mattino
,
de
'
remi
facemmo
ale
al
folle
volo
sempre
acquistando
dal
lato
mancino
.
Ebbene
,
non
ostante
tutte
le
differenze
,
spesso
leggendo
della
corsa
Pechino
-
Parigi
mi
sono
ricordato
del
canto
dantesco
.
Invece
della
vastità
degli
oceani
ho
visto
con
gli
occhi
della
mente
la
vastità
dei
continenti
e
invece
del
«
legno
»
l
'
ordignetto
metallico
;
ma
ho
risentita
la
stessa
«
picciola
orazione
»
che
la
coscienza
dice
dell
'
uomo
magnanimo
,
ho
ritrovati
gli
stessi
uomini
che
alla
loro
«
picciola
vigilia
»
non
vogliono
negare
l
'
«
esperienza
del
mondo
senza
gente
»
,
ho
inteso
lo
sguardo
verso
lo
stesso
«
folle
volo
»
.
L
'
Alighieri
creava
il
mito
di
ciò
che
non
era
nato
ancora
.
Oggi
ciò
che
stava
chiuso
nel
suo
genio
come
il
frutto
della
generazione
nell
'
alvo
materno
,
è
diventato
la
storia
vivente
del
mondo
,
storia
di
follia
come
non
fu
mai
così
travolgente
,
storia
d
'
amore
dell
'
esperienza
come
non
fu
mai
così
divorante
,
storia
di
volo
come
non
fu
mai
così
veemente
.
Di
tale
storia
la
corsa
Pechino
-
Parigi
è
l
'
ultima
gesta
.
È
fin
qui
il
volo
più
folle
.
Ed
è
una
vittoria
italiana
.
Fu
già
celebrata
dal
sommo
poeta
della
nostra
razza
.
Sono
più
vittorie
italiane
.
Della
poesia
avventurosa
e
dell
'
industria
,
della
lotta
degli
uomini
con
gli
uomini
e
degli
uomini
con
la
natura
.
La
lotta
franco
-
italiana
quasi
dispare
in
confronto
a
quella
che
italiani
e
francesi
hanno
dovuto
sostenere
con
la
natura
.
C
'
è
qui
una
bella
forma
tutta
moderna
dell
'
azione
agonistica
:
è
parso
che
gli
uomini
abbian
corsa
la
gara
non
tanto
per
vincersi
gli
uni
con
gli
altri
quanto
per
vedere
quali
di
loro
fossero
più
atti
a
vincere
la
natura
.
È
una
scelta
dei
combattenti
migliori
per
il
combattimento
più
moderno
,
qual
è
l
'
assalto
incessante
che
gli
uomini
dànno
alla
natura
,
perché
questa
renda
tutte
le
sue
potenze
,
ed
essi
possano
convertirle
in
istrumenti
della
loro
vita
.
Così
il
folle
volo
frutta
«
esperienza
»
e
il
folle
assalto
potenza
.
Per
due
volte
,
in
pochi
giorni
,
la
nostra
terra
ha
mostrato
di
produrre
valorosissimi
combattenti
.
I
più
moderni
fra
i
combattenti
.
E
dietro
a
costoro
c
'
è
una
vittoria
pratica
,
la
vittoria
dell
'
industria
.
Dietro
agli
uomini
che
volano
attraverso
i
continenti
per
volare
e
per
vedere
,
e
non
per
altro
;
che
superano
deserti
,
foreste
,
fiumi
,
montagne
,
non
per
altro
se
non
per
il
gusto
di
dire
in
faccia
alla
natura
con
l
'
accento
dell
'
eroe
e
del
fanciullo
:
Qui
m
'
impedisci
e
mi
vuoi
spaventare
,
ma
io
passo
!
;
dietro
a
questi
uomini
,
come
c
'
è
la
scienza
che
cerca
sempre
nuove
esperienze
,
per
sempre
nuove
«
conoscenze
»
,
ancora
secondo
il
canto
di
Dante
,
per
sempre
nuove
potenze
della
vita
umana
;
così
c
'
è
l
'
industria
che
di
continuo
rafforza
le
sue
armi
per
soverchiare
la
concorrenza
straniera
e
accumula
per
questo
nostro
popolo
quel
benessere
da
cui
usciranno
poi
le
vinti
e
i
fatti
delle
sue
volontà
maggiori
.
Il
folle
volo
che
s
'
inizia
nel
poema
sacro
,
l
'
amore
dell
'
avventura
che
è
antico
quanto
il
mondo
,
la
moderna
scienza
e
la
modernissima
industria
,
oggi
ottengono
in
una
quattro
vittorie
nella
nostra
patria
.
E
c
'
è
ancora
una
quinta
vittoria
italiana
.
È
quella
dell
'
ingegno
meccanico
che
qui
è
più
agile
e
pronto
nel
concepire
,
e
più
delicato
e
minuzioso
nell
'
eseguire
,
che
non
in
nessun
altro
paese
.
Risplende
il
carattere
della
nostra
razza
animata
e
paziente
'
.
Noi
meritiamo
sempre
lode
,
e
non
di
rado
sopravanziamo
gli
altri
,
per
l
'
arte
di
costruire
i
veicoli
di
terra
e
di
mare
,
le
gigantesche
navi
ed
i
fulminei
automobili
.
Ci
spinge
l
'
istinto
della
velocità
attraverso
la
vastità
.
L
'
istinto
più
moderno
e
così
nostro
da
Roma
in
poi
!
Bisogna
salutare
le
cinque
belle
vittorie
con
gioia
,
e
soprattutto
con
fiducia
.
C
'
è
fra
loro
una
concezione
della
vita
che
giova
spesso
ricordare
.
Consiste
appunto
nel
considerare
la
vita
come
ardua
lotta
e
come
ardua
vittoria
.
Il
vincitore
di
Dieppe
,
ad
uno
che
gli
chiedeva
notizie
della
sua
corsa
,
rispose
:
La
mia
vita
non
contava
più
nulla
in
confronto
della
vittoria
che
mi
pareva
possibile
.
Bisogna
nutrir
fiducia
che
lo
spirito
di
questa
risposta
si
diffonda
e
penetri
addentro
.
Solamente
l
'
avversario
formidabile
e
l
'
animo
generoso
fanno
belle
le
vittorie
.
E
non
si
ricordi
nulla
di
più
in
questo
giorno
di
festa
.
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Questo
inno
in
prosa
fu
pubblicato
nel
«
Giornale
d
'
Italia
»
l11
agosto
del
1907
,
il
giorno
stesso
dell
'
arrivo
del
Principe
Borghese
e
del
Barzini
a
Parigi
.
Soltanto
due
giorni
dopo
il
«
Corriere
della
sera
»
riportava
le
parole
dette
dal
Principe
ai
suoi
festeggiatori
nelle
sale
del
«
Matin
»
.
Eccole
.
«
Voi
avete
esagerato
,
signori
.
Non
fummo
eroi
,
ma
semplicemente
uomini
pazienti
.
Sì
,
la
nostra
sola
virtù
fu
la
pazienza
.
Forse
ne
avemmo
anche
un
'
altra
:
la
perseveranza
.
Tutto
il
segreto
della
nostra
riuscita
consistette
in
questo
:
che
non
pensammo
mai
alla
meta
finale
da
raggiungere
a
Parigi
.
Ogni
giorno
,
alla
sveglia
,
dicevamo
a
noi
stessi
che
bisognava
compiere
perbene
la
tappa
designata
pel
giorno
stesso
.
E
siccome
ogni
giorno
erano
press
'
a
poco
gli
stessi
ostacoli
che
dovevamo
vincere
e
le
stesse
fatiche
che
dovevamo
sopportare
,
così
venimmo
a
capo
,
per
forza
d
'
abitudine
,
degli
uni
e
delle
altre
»
[
N
.
d
.
A
.
]
.
StampaQuotidiana ,
Ad
un
certo
momento
del
suo
«
concerto
»
,
si
rivolge
al
pubblico
e
dice
:
«
Non
bisogna
stupirsi
se
un
uomo
con
i
capelli
grigi
canta
una
canzone
in
onore
della
mamma
...
»
.
Maurice
Chevalier
ha
sessantadue
anni
,
sua
madre
deve
vivere
da
un
pezzo
nella
pace
del
Signore
,
la
buona
donna
di
Menilmontant
che
aveva
messo
al
mondo
dieci
figli
di
cui
,
quando
nacque
Maurice
,
tre
soli
erano
vivi
.
La
ribalta
è
tutta
ornata
di
rose
,
di
garofani
,
di
violette
.
Sulla
sagoma
nera
del
grande
pianoforte
a
coda
spicca
,
posata
lì
dopo
la
prima
canzone
,
l
'
ormai
storica
paglietta
dello
chansonnier
.
Gli
applausi
sono
fitti
,
molte
le
richieste
di
bis
,
molti
i
saluti
ai
refrains
già
noti
e
ritrovati
come
vecchi
amici
.
Ma
a
me
più
di
tutto
,
mentre
Chevalier
canta
la
Prière
in
onore
della
mamma
,
piace
ricordare
proprio
la
singolare
infanzia
di
questo
ultimo
«
birichino
di
Parigi
»
,
degno
di
entrare
in
un
romanzo
di
Louis
-
Henri
Boussenard
forse
più
che
in
uno
dei
foschi
«
documentari
»
di
Zola
.
Straordinaria
vita
,
un
po
'
dickensiana
,
quella
del
ragazzetto
di
Menilmontant
che
,
finite
le
scuole
elementari
,
è
messo
a
faccia
a
faccia
con
la
vita
,
fra
gli
ospedali
dove
viene
ricoverata
sua
madre
e
gli
artigiani
dai
quali
dovrebbe
apprendere
un
mestiere
che
una
volta
è
quello
dell
'
elettricista
,
una
volta
quello
del
pittore
di
bambole
e
,
infine
,
quello
di
operaio
specializzato
a
fabbricare
puntine
da
disegno
.
La
madre
la
chiamavano
la
Louque
e
s
'
era
ridotta
anche
ad
andare
a
servizio
ad
ore
,
nelle
case
dei
vicini
:
i
ragazzi
cercavano
di
guadagnare
qualcosa
.
Maurice
pensò
,
con
il
fratello
,
di
diventare
acrobata
,
finché
a
dodici
anni
imparò
a
memoria
qualche
canzone
.
Storia
forse
non
nuova
,
simile
,
probabilmente
,
a
quella
di
tanti
altri
artisti
,
a
cominciare
,
per
dirne
una
,
da
quella
del
nostro
Petrolini
,
garzone
macellaio
della
romana
piazza
Guglielmo
Pepe
;
ma
straordinaria
sempre
quando
si
stabilisca
il
rapporto
tra
il
punto
di
partenza
e
il
punto
di
arrivo
,
una
conquista
del
pubblico
che
dura
ormai
da
quasi
mezzo
secolo
.
Maurice
ha
i
capelli
grigi
e
quasi
addirittura
argentei
ed
è
ancora
la
vedette
numero
uno
del
music
-
hall
internazionale
,
in
quella
singolare
costellazione
del
teatro
minore
dove
la
musica
non
è
musica
e
dove
l
'
attore
non
è
attore
ma
dove
,
talvolta
,
si
va
più
in
là
del
bel
canto
e
della
bella
recitazione
.
Il
suo
stile
è
fatto
di
schiettezza
,
di
franchezza
,
di
disinvoltura
.
Chevalier
è
la
negazione
dell
'
Uomo
Fatale
,
del
Bellissimo
,
dell
'
Adone
1900
.
Se
si
volesse
trovargli
un
'
assomiglianza
,
egli
si
potrebbe
identificare
con
quel
tipo
«1910»
che
sorprese
la
nostra
infanzia
dagli
avvisi
pubblicitari
dei
primi
rasoi
di
sicurezza
,
quell
'
antico
giovanotto
che
si
radeva
allegramente
davanti
ad
una
finestra
aperta
e
che
suscitava
l
'
ammirazione
di
noi
ragazzi
,
figli
di
una
generazione
che
usava
ancora
,
per
quanto
di
nascosto
,
il
piegabaffi
e
una
pomata
ungherese
per
appuntirli
e
profumarli
.
La
sua
carnagione
ha
il
colorito
sanguigno
dei
gaulois
autentici
:
quello
di
Lucien
Dietrich
e
del
suo
amico
Dédé
Leducq
,
maglia
gialla
del
Tour
1931
.
È
francese
ma
non
assomiglia
a
Menjou
;
non
ha
nulla
di
untuoso
,
di
gommoso
,
di
cerimonioso
:
potrebbe
esser
tutto
(
magari
Fantomas
)
,
ma
mai
un
cameriere
o
un
danseur
mondano
cui
mettere
una
mancia
in
mano
.
La
sua
vena
guascone
è
sottilissima
,
il
boulevard
non
lo
ha
corrotto
.
Chevalier
si
è
presentato
per
la
prima
volta
al
pubblico
a
dodici
anni
,
esattamente
nel
1900
,
con
in
testa
un
berrettuccio
da
ciclista
,
monello
di
periferia
.
Era
un
figlio
del
popolo
,
un
ragazzo
della
strada
,
di
una
delle
sperdute
avenuer
dove
nasceva
la
Parigi
industriale
.
Erano
i
tempi
in
cui
Parigi
era
la
regina
del
teatro
,
i
tempi
della
Réjane
,
della
Lavallière
,
di
Guitry
.
Tristan
Bernard
aveva
la
barba
nera
,
Alfred
Capus
il
monocolo
con
il
nastro
di
seta
e
Abel
Hermant
non
aveva
ancora
scritto
I
Transatlantici
.
Erano
i
tempi
della
piena
gloria
degli
chansonniers
Mayol
e
Bruant
:
nelle
boites
di
Montmartre
si
ricordavano
ancora
gli
anni
in
,
cui
le
parole
per
le
canzonette
venivano
scritte
da
Maurice
Donnay
,
l
'
autore
degli
Amanti
.
Chevalier
debutta
con
il
secolo
,
con
quel
1900
che
oggi
fa
sorridere
con
il
ricordo
della
sua
Esposizione
Universale
.
Mezzo
secolo
di
vita
teatrale
è
passato
davanti
agli
occhi
e
al
sorriso
dell
'
antico
monello
di
Parigi
,
ultima
incarnazione
di
Gavroche
.
Nel
suo
bagaglio
di
canzoni
,
stanno
i
canti
vissuti
fra
due
guerre
,
resistendo
al
jazz
e
opponendo
le
ruote
dei
mulini
a
vento
di
Montmartre
alle
sagome
dei
grattacieli
americani
.
Queste
canzoni
parlano
quasi
tutte
d
'
amore
come
le
novelle
di
Maupassant
:
per
questo
non
invecchiano
e
non
fanno
invecchiare
Maurice
.
StampaQuotidiana ,
Avevamo
quasi
quasi
finito
per
credere
alla
serietà
degli
storici
ed
alla
loro
esattezza
.
Tanti
volumi
,
saggi
e
contributi
,
tanto
minuzioso
,
paziente
esame
dei
fatti
più
remoti
e
più
insignificanti
,
non
potevano
non
impressionare
favorevolmente
,
e
dinanzi
alla
serie
interminabile
di
volumi
che
ci
descrivevano
con
la
massima
precisione
le
vicende
di
una
battaglia
punico
-
romana
,
d
'
una
lotta
elettorale
greca
,
o
gli
amori
omosessuali
di
un
imperatore
qualsiasi
,
il
volto
dei
profani
rimaneva
attonito
e
credevamo
,
credevamo
fiduciosamente
.
Ma
ahimè
,
la
storia
oggi
la
fanno
i
giornali
,
e
i
giornalisti
hanno
rovinato
anche
il
mestiere
degli
storici
.
In
un
altro
periodo
,
nel
quale
sia
possibile
,
più
calmi
e
meno
premuti
dall
'
affannoso
precipitare
degli
avvenimenti
,
riandare
la
storia
che
oggi
viviamo
e
sorriderne
,
quale
magnifico
tema
per
un
elogio
della
menzogna
!
Ma
quale
terribile
manifestazione
della
impossibilità
di
conoscere
la
verità
vera
anche
dei
fatti
più
noti
e
più
prossimi
!
La
storia
documentata
delle
nostre
epoche
non
vale
in
verità
più
delle
leggende
e
dei
miti
che
di
bocca
in
bocca
,
di
generazione
in
generazione
si
tramandavano
i
popoli
antichi
che
non
avevano
scrittura
,
né
biblioteche
e
non
conoscevano
il
metodo
moderno
critico
e
positivo
.
Due
giorni
or
sono
un
quotidiano
torinese
annunciava
seriamente
che
«
gli
austriaci
fuggono
così
in
fretta
che
neppure
la
cavalleria
russa
può
raggiungerli
...
»
Ed
è
di
ieri
la
fantasmagorica
storia
di
Issa
Borlettinaz
,
un
capobanda
albanese
che
in
due
o
tre
mesi
la
«
Stampa
»
riuscì
a
far
marciare
per
i
turchi
contro
i
serbi
,
per
questi
contro
quelli
e
,
dopo
averlo
ammazzato
e
fatto
risuscitare
,
a
spedirlo
in
guerra
a
fianco
dei
greci
contro
i
serbi
.
Ed
ai
giornali
fanno
degno
riscontro
i
libri
.
Nell
'
Italie
en
guerre
,
pubblicato
in
questi
giorni
da
Henri
Charriaut
in
una
biblioteca
di
filosofia
scientifica
,
edita
a
Parigi
dal
Flammarion
(
e
mi
assicurano
che
autore
e
editore
passano
in
Francia
per
persone
serie
)
,
ho
letto
delle
storielle
graziosissime
sui
socialisti
italiani
e
sul
nostro
contegno
.
Naturalmente
la
storia
dei
periodo
precedente
l
'
intervento
italiano
,
quella
delle
giornate
di
maggio
,
l
'
esame
delle
tendenze
e
del
contegno
dei
vari
partiti
politici
,
è
fatta
nel
solito
modo
partigiano
e
stupido
.
Ma
vi
sono
dei
particolari
semplicemente
buffi
.
Turati
avrebbe
detto
a
suoi
colleghi
della
direzione
del
partito
:
«
Quanto
il
Kaiser
e
Francesco
Giuseppe
vi
hanno
pagato
?
»
«
Il
socialista
Südekum
arrivò
a
Roma
con
le
mani
piene
per
ampie
distribuzioni
...
»
«
Il
settarismo
dei
discorsi
di
Claudio
Treves
fece
ribrezzo
anche
a
dei
neutralisti
e
a
dei
socialisti
»
.
E
non
poteva
mancare
l
'
accenno
ai
marchi
tedeschi
:
«
Il
Partito
socialista
rifiutò
le
200
000
lire
(
di
Greulich
)
-
e
questo
gesto
lo
onora
-
ma
tutti
sono
convinti
in
Italia
che
la
manna
germanica
non
fu
da
molti
sdegnata
»
.
E
si
citano
dei
fatti
e
si
fanno
dei
nomi
.
Un
collaboratore
del
«
Correspondent
»
ha
raccontato
:
«
Da
molto
tempo
numerose
organizzazioni
operaie
di
tendenza
rivoluzionaria
sono
sostenute
finanziariamente
da
possenti
sindacati
socialisti
tedeschi
.
Si
tratta
specialmente
delle
Federazioni
dei
muratori
e
dei
metallurgici
,
i
segretariati
delle
quali
ricevono
importanti
sussidi
da
oltre
Reno
»
.
Oh
Buozzi
,
Colombino
e
Quaglino
,
rivoluzionari
e
pagati
dai
tedeschi
!
Chi
vi
conosce
più
.
E
riportando
un
brano
del
nostro
«
Grido
»
commemorante
il
compagno
Marchetti
,
caduto
in
guerra
,
il
bravo
autore
commette
qualche
leggera
svista
.
Diceva
l
'
articolo
:
«
partì
con
la
sua
fede
»
.
Traduce
:
«
il
était
parti
avec
foi
»
.
Ed
in
seguito
:
«
L
'
avvocato
Caldara
,
il
sindaco
socialista
di
Milano
,
proclamò
il
suo
accordo
con
Mussolini
»
.
Ed
ancora
:
«
A
Roma
l
'
Unione
socialista
approvò
Mussolini
»
.
Così
si
scrive
,
oggi
,
la
storia
.
La
quale
,
come
insegnano
Cicerone
e
la
pedagogia
sperimentale
,
è
«
la
maestra
della
vita
»
.
StampaQuotidiana ,
L
'
indignazione
contro
Persano
,
contro
Angioletti
,
contro
Lamarmora
patrono
d
'
entrambi
e
per
suo
conto
responsabile
degli
spropositi
per
cui
la
giornata
del
24
giugno
non
fu
una
vittoria
,
è
vivissima
,
profonda
,
inestinguibile
in
tutta
l
'
Italia
.
I
giornali
che
ci
giungono
da
ogni
angolo
del
paese
ne
sono
eloquenti
interpreti
,
e
siamo
lieti
che
sotto
il
ministero
-
riparatore
-
Ricasoli
-
Depretis
nessun
sequestro
abbia
avuto
luogo
.
I
momenti
sono
gravi
.
Lasciate
che
la
verità
arrivi
al
Re
e
alla
Nazione
se
volete
che
entrambi
si
salvino
e
trionfino
!
Le
notizie
particolari
che
riceviamo
quest
'
oggi
sulle
cose
della
flotta
confermano
quelle
date
ieri
,
con
ciò
solo
che
si
esprimono
più
amaramente
contro
l
'
inettitudine
dell
'
ammiraglio
.
I
corrispondenti
lamentano
tutti
con
ira
e
dolore
che
il
Lamarmora
(
sotto
la
presidenza
del
quale
il
Persano
era
stato
nominato
)
non
abbia
voluto
acconsentire
alla
rimozione
di
esso
domandata
dal
Depretis
!
Ah
,
perché
l
'
egregio
Depretis
non
ha
insistito
in
nome
della
Nazione
intiera
domandando
anche
la
rimozione
del
ministro
che
si
opponeva
?
Ma
il
giorno
della
giustizia
è
imminente
per
tutti
;
e
questa
volta
speriamo
che
la
sperienza
ci
avrà
insegnato
quanto
sia
fallace
consiglio
quello
di
portare
nelle
cose
della
guerra
gli
occhiali
diplomatici
come
nel
50
e
nel
60
quando
essendo
quistione
o
di
mettere
Persano
sotto
Consiglio
di
guerra
,
o
di
dargli
il
gran
cordone
come
a
tutti
gli
altri
comandanti
supremi
,
si
preferì
questo
secondo
partito
per
non
mostrare
in
pubblico
le
nostre
magagne
.
Si
credeva
che
il
Persano
avrebbe
compresa
questa
indulgenza
diplomatica
,
esclusivamente
diplomatica
,
e
sarebbesi
ritirato
da
se
medesimo
.
Ma
sventuratamente
non
tutti
capiscono
le
satire
salvo
quando
esse
sono
(
come
suol
dirsi
)
da
panattaio
,
e
si
rivelano
sotto
la
forma
d
'
un
Consiglio
di
guerra
!
Ed
eccoci
ora
a
pagare
il
fio
della
nostra
credulità
!
StampaQuotidiana ,
Sono
i
giorni
della
réclame
per
gli
abbonamenti
.
I
direttori
e
gli
amministratori
dei
giornali
borghesi
rassettano
la
loro
vetrina
,
passano
una
mano
di
vernice
sulla
loro
insegna
e
richiamano
l
'
attenzione
del
passante
(
cioè
del
lettore
)
sulla
loro
merce
.
La
merce
è
quel
foglio
a
quattro
o
sei
pagine
che
va
ogni
mattino
od
ogni
sera
a
iniettare
nello
spirito
del
lettore
le
maniere
di
sentire
e
di
giudicare
i
fatti
dell
'
attuale
politica
,
che
convengono
ai
produttori
e
venditori
di
carta
stampata
.
Vogliamo
tentare
di
discorrere
,
con
gli
operai
specialmente
,
dell
'
importanza
e
della
gravità
di
quell
'
atto
apparentemente
così
innocente
,
che
consiste
nel
scegliere
il
giornale
cui
si
vuole
abbonarsi
.
E
'
una
scelta
piena
di
insidie
e
di
pericoli
che
dovrebbe
essere
fatta
con
coscienza
,
con
criterio
e
dopo
maturata
riflessione
.
Anzitutto
l
'
operaio
deve
negare
recisamente
qualsiasi
solidarietà
col
giornale
borghese
.
Egli
dovrebbe
ricordarsi
sempre
,
sempre
,
sempre
,
che
il
giornale
borghese
(
qualunque
sia
la
sua
tinta
)
è
uno
strumento
di
lotta
mosso
da
idee
e
da
interessi
che
sono
in
contrasto
coi
suoi
.
Tutto
ciò
che
stampa
è
costantemente
influenzato
da
un
'
idea
:
servire
la
classe
dominante
,
che
si
traduce
ineluttabilmente
in
un
fatto
:
combattere
la
classe
lavoratrice
.
E
difatti
,
dalla
prima
all
'
ultima
riga
,
il
giornale
borghese
sente
e
rivela
questa
preoccupazione
.
Ma
il
bello
,
cioè
il
brutto
,
sta
in
ciò
:
che
invece
di
domandare
quattrini
alla
classe
borghese
per
essere
sostenuto
nell
'
opera
di
difesa
spietata
in
suo
favore
,
il
giornale
borghese
riesce
a
farsi
pagare
...
dalla
stessa
classe
lavoratrice
che
egli
combatte
sempre
.
E
la
classe
lavoratrice
paga
,
puntualmente
,
generosamente
.
Centinaia
di
migliaia
di
operai
,
danno
regolarmente
ogni
giorno
il
loro
soldino
al
giornale
borghese
,
concorrendo
così
a
creare
la
sua
potenza
.
Perché
?
Se
lo
domandate
al
primo
operaio
che
vedete
nel
tram
o
per
la
via
con
un
foglio
borghese
spiegato
dinanzi
,
voi
vi
sentite
rispondere
:
"
Perché
ho
bisogno
di
sapere
cosa
c
'
è
di
nuovo
"
.
E
non
gli
passa
neanche
per
la
mente
che
le
notizie
e
gli
ingredienti
coi
quali
sono
cucinate
possono
essere
esposti
con
un
'
arte
che
diriga
il
suo
pensiero
e
influisca
sul
suo
spirito
in
un
determinato
senso
.
Eppure
egli
sa
che
il
tal
giornale
è
codino
,
che
il
tal
altro
è
palancaio
,
che
il
terzo
,
il
quarto
,
il
quinto
,
sono
legati
a
gruppi
politici
che
hanno
interessi
diametralmente
opposti
ai
suoi
.
Tutti
i
giorni
poi
,
capita
a
questo
stesso
operaio
di
poter
constatare
personalmente
che
i
giornali
borghesi
raccontano
i
fatti
anche
più
semplici
in
modo
di
favorire
la
classe
borghese
e
la
politica
borghese
a
danno
della
politica
e
della
classe
proletaria
.
Scoppia
uno
sciopero
?
Per
il
giornale
borghese
gli
operai
hanno
sempre
torto
.
Avviene
una
dimostrazione
?
I
dimostranti
,
sol
perché
siano
operai
,
sono
sempre
dei
turbolenti
,
dei
faziosi
,
dei
teppisti
.
Il
governo
emana
una
legge
?
E
'
sempre
buona
,
utile
e
giusta
,
anche
se
è
...
viceversa
.
Si
svolge
una
lotta
elettorale
,
politica
od
amministrativa
?
I
candidati
e
i
programmi
migliori
sono
sempre
quelli
dei
partiti
borghesi
.
E
non
parliamo
di
tutti
i
fatti
che
il
giornale
borghese
o
tace
,
o
travisa
,
o
falsifica
,
per
ingannare
,
illudere
,
e
mantenere
nell
'
ignoranza
il
pubblico
dei
lavoratori
.
Malgrado
ciò
,
l
'
acquiescenza
colpevole
dell
'
operaio
verso
il
giornale
borghese
è
senza
limiti
.
Bisogna
reagire
contro
di
essa
e
richiamare
l
'
operaio
all
'
esatta
valutazione
della
realtà
.
Bisogna
dire
e
ripetere
che
quel
soldino
buttato
là
distrattamente
nella
mano
dello
strillone
è
un
proiettile
consegnato
al
giornale
borghese
che
lo
scaglierà
poi
,
al
momento
opportuno
,
contro
la
massa
operaia
.
Se
gli
operai
si
persuadessero
di
questa
elementarissima
verità
,
imparerebbero
a
boicottare
la
stampa
borghese
con
quella
stessa
compattezza
e
disciplina
con
cui
la
borghesia
boicotta
i
giornali
degli
operai
,
cioè
la
stampa
socialista
.
Non
date
aiuti
di
danaro
alla
stampa
borghese
che
è
vostra
avversaria
:
ecco
quale
deve
essere
il
nostro
grido
di
guerra
in
questo
momento
che
è
caratterizzato
dalla
campagna
per
gli
abbonamenti
fatta
da
tutti
i
giornali
borghesi
.
Boicottateli
,
boicottateli
,
boicottateli
!
StampaQuotidiana ,
Il
poeta
è
morto
la
sera
del
primo
marzo
del
1938
,
alle
19.55
.
Da
un
paio
di
giorni
non
si
sentiva
bene
,
ma
non
voleva
riconoscerlo
.
Aveva
settantacinque
anni
.
L
'
uomo
aveva
goduto
di
una
salute
di
ferro
,
piccolo
,
magro
,
muscoloso
,
alieno
dal
vino
e
dal
fumo
.
Una
sola
volta
aveva
provato
a
fumare
,
ad
Arcachon
,
e
si
era
sentito
male
.
Ai
liquori
dava
nomi
pittoreschi
ma
non
li
beveva
.
Mangiava
poco
,
aveva
sempre
mangiato
poco
.
La
sua
tavola
da
pranzo
,
al
Vittoriale
,
nel
lato
dell
'
edificio
costruito
da
Gian
Carlo
Maroni
,
ha
una
apparenza
fastosissima
,
con
una
tovaglia
lumeggiata
d
'
oro
e
coperta
da
infiniti
ninnoli
preziosi
.
Questa
tavola
non
vide
quasi
mai
il
poeta
a
pranzo
o
a
cena
.
I
suoi
digiuni
non
nascevano
da
un
particolare
ascetismo
,
ma
dalla
volontà
di
tenere
il
cervello
sgombro
,
di
non
rendere
opaca
l
'
intelligenza
con
le
fatiche
della
digestione
,
che
avevano
,
diceva
,
fatto
appisolare
persino
gli
Apostoli
.
Mangiava
spesso
nello
studio
dell
'
ultimo
piano
,
dove
si
chiudeva
alle
volte
per
intere
settimane
.
Una
cameriera
,
chiamata
a
seconda
degli
umori
con
il
nome
di
«
fante
»
o
di
«
suora
»
,
gli
passava
attraverso
la
porta
un
vassoietto
e
tornava
di
lì
a
poco
a
prenderlo
,
sempre
attraverso
lo
spiraglio
.
Capitava
spesso
che
non
ci
fosse
nulla
per
l
'
ospite
arrivato
all
'
improvviso
.
Era
dunque
un
uomo
sano
e
ancora
robusto
per
la
sua
età
.
Quando
venne
a
Milano
per
correggere
le
bozze
delle
Faville
,
volle
provarsi
nella
lotta
greco
-
romana
con
un
giovane
giornalista
che
era
andato
a
visitarlo
.
Il
giovanotto
sentì
,
sotto
le
sue
mani
,
muscoli
ancora
pronti
e
forti
.
Molte
chiacchiere
erano
state
fatte
su
malattie
di
cui
avrebbe
dovuto
soffrire
.
I
suoi
medici
di
Salò
che
lo
sottoposero
in
varie
occasioni
ad
analisi
e
radioscopie
potevano
testimoniare
il
contrario
.
Le
sue
radiografie
e
la
sua
cartella
clinica
esistono
ancora
,
e
certificano
che
il
sangue
era
perfetto
,
il
cuore
perfetto
,
i
polmoni
perfetti
.
Era
malato
,
se
mai
,
del
male
della
clausura
:
era
il
male
della
melanconia
di
un
uomo
che
aveva
trasformato
in
abitudine
l
'
antica
volontà
di
isolarsi
dal
mondo
per
lavorare
.
Anche
negli
ultimi
anni
,
quando
il
suo
lavoro
cessò
di
essere
creativo
,
egli
passava
infinite
ore
allo
scrittoio
,
in
una
atmosfera
irrespirabile
.
Le
sue
stanze
,
d
'
inverno
,
erano
sempre
riscaldate
a
trenta
gradi
,
prima
con
grandi
stufe
di
terracotta
e
infine
con
termosifoni
,
che
si
spegnevano
solamente
in
maggio
.
Passava
talvolta
intere
settimane
e
mesi
senza
uscire
dalle
sue
stanze
,
dove
nascondeva
le
sue
irritazioni
e
le
sue
melanconie
.
Era
triste
anche
di
sentirsi
invecchiare
e
di
dover
confessare
,
come
aveva
fatto
in
una
nota
del
Notturno
nel
1921
,
che
i
suoi
pensieri
,
come
quelli
di
Michelangelo
,
erano
tutti
carichi
di
morte
.
Mentre
in
gioventù
non
aveva
mai
usato
,
per
lavorare
,
altro
eccitante
che
il
digiuno
,
anche
di
caffè
non
aveva
mai
abusato
,
invecchiando
non
seppe
evitare
qualche
eccitante
che
mani
malevole
gli
porgevano
.
Un
paio
di
anni
prima
di
morire
poté
disintossicarsi
del
tutto
.
Fu
più
alacre
e
persino
più
lieto
.
Le
visite
si
erano
fatte
ormai
rare
.
D
'
Annunzio
non
aveva
voglia
di
farsi
vedere
invecchiato
.
Anche
i
suoi
messaggi
erano
meno
frequenti
.
Il
telegrafo
di
Gardone
lavorava
sempre
meno
,
il
cannone
della
nave
Puglia
tuonava
di
rado
e
il
mas
di
Buccari
restava
placidamente
ancorato
nella
sua
darsena
.
Leggere
gli
costava
molta
fatica
,
e
si
temeva
anche
che
l
'
unico
occhio
superstite
si
indebolisse
definitivamente
.
D
'
Annunzio
era
stato
sempre
un
uomo
di
grande
coraggio
.
Di
una
sola
persona
aveva
paura
:
del
dentista
.
Si
può
dire
senza
offendere
la
sua
memoria
,
poiché
non
si
parla
dell
'
adolescente
bellissimo
negli
anni
di
Isaotta
Guttadauro
ma
del
vecchio
settantacinquenne
chiuso
nella
silenziosa
villa
di
Gardone
,
che
il
mal
di
denti
era
stato
uno
dei
fastidi
maggiori
della
vecchiaia
di
D
'
Annunzio
.
Un
dentista
di
Salò
era
riuscito
a
preparare
il
calco
per
un
apparecchio
che
gli
avrebbe
consentito
di
mangiare
senza
fatica
-
il
poeta
non
mangiava
mai
alla
presenza
di
ospiti
perché
non
voleva
mostrare
come
gli
fosse
faticoso
masticare
-
ma
l
'
apparecchio
non
fu
mai
fatto
perché
D
'
Annunzio
dichiarò
alla
fine
che
non
si
sarebbe
mai
adattato
a
portarlo
.
La
morte
venne
dunque
improvvisa
,
preceduta
solo
da
qualche
lieve
malessere
al
quale
D
'
Annunzio
non
volle
dare
importanza
.
Gian
Carlo
Maroni
,
l
'
architetto
del
Vittoriale
,
aveva
insistito
inutilmente
perché
l
'
amico
si
facesse
visitare
da
un
medico
.
D
'
Annunzio
aveva
risposto
chiudendosi
in
studio
.
Maroni
,
quelle
notti
,
che
furono
le
ultime
di
una
convivenza
e
di
una
amicizia
durata
diciassette
anni
,
le
passava
nella
poltrona
di
una
stanza
adiacente
alla
camera
da
letto
dove
D
'
Annunzio
era
agitato
dall
'
insonnia
.
Una
cameriera
era
incaricata
di
vigilare
durante
il
giorno
,
non
vista
,
su
quello
che
il
poeta
faceva
.
D
'
Annunzio
passò
le
ultime
ore
del
pomeriggio
del
primo
marzo
nel
grande
studio
al
primo
piano
,
quello
del
mappamondo
,
con
le
pareti
coperte
di
libri
fino
al
soffitto
.
Le
finestre
,
al
solito
,
erano
oscurate
.
In
quelle
stanze
si
viveva
sempre
alla
luce
artificiale
.
Verso
le
sette
,
il
poeta
passò
nello
studiolo
che
precede
la
camera
da
letto
.
È
una
piccola
stanza
con
grandi
antichi
armadi
usati
anche
come
guardaroba
personale
.
C
'
è
un
piccolo
tavolo
dove
spesso
D
'
Annunzio
si
soffermava
per
qualche
lavoro
.
Su
quel
tavolo
c
'
erano
e
ci
sono
ancora
dei
vasi
pieni
di
penne
,
di
matite
e
scatolette
che
contengono
i
sigilli
di
carta
dorata
a
rilievo
con
i
quali
chiudeva
le
lettere
.
Nel
cassetto
di
un
armadietto
sono
ancora
i
rotoli
dei
nastri
con
i
colori
di
Fiume
,
azzurri
e
rossi
,
che
il
poeta
usava
per
i
pacchi
dei
doni
che
amava
fare
agli
ospiti
.
Non
mancavano
la
carta
assorbente
e
il
calamaio
.
Al
Vittoriale
non
era
mai
entrata
,
almeno
per
l
'
uso
personale
del
poeta
,
una
macchina
da
scrivere
.
D
'
Annunzio
la
odiava
così
come
odiava
il
telefono
.
Una
volta
aveva
dichiarato
che
considerava
un
'
ingiuria
il
consiglio
di
usare
il
dictaphon
.
Era
contrario
ad
ogni
forma
di
trascrizione
meccanica
della
voce
e
non
aveva
quasi
mai
acconsentito
che
il
cinema
sonoro
registrasse
la
sua
parola
.
D
'
Annunzio
sedette
al
tavolo
.
Forse
di
lì
a
poco
avrebbe
chiamato
la
«
fante
»
per
farsi
portare
da
mangiare
.
La
«
fante
»
,
che
lo
«
spiava
»
da
una
delle
camere
vicine
lo
vide
con
il
braccio
appoggiato
al
tavolino
,
in
un
atteggiamento
che
non
dava
adito
ad
alcuna
preoccupazione
.
Su
quel
tavolino
c
'
era
e
c
'
è
ancora
il
vecchio
lunario
del
Barbanera
che
D
'
Annunzio
,
per
il
suo
amore
delle
vecchie
tradizioni
abruzzesi
,
aveva
voluto
che
,
come
ogni
anno
,
fosse
comprato
all
'
inizio
del
1938
.
Al
primo
marzo
il
lunario
annunciava
la
morte
di
un
grande
uomo
.
Mancavano
dieci
minuti
alle
otto
,
quando
la
cameriera
si
sentì
chiamare
,
D
'
Annunzio
voleva
un
bicchiere
d
'
acqua
.
Gli
fu
portato
.
Non
disse
nulla
e
bevve
.
La
donna
si
accorse
di
qualcosa
d
'
insolito
nell
'
aspetto
del
«
padrone
»
,
come
il
senso
di
una
grave
fatica
.
Il
respiro
era
basso
e
affannoso
,
Maroni
accorse
.
Il
poeta
aveva
reclinato
la
testa
sul
tavolo
e
stava
per
cadere
dalla
sedia
.
Fu
sostenuto
e
portato
sul
letto
della
camera
accanto
.
Maroni
stesso
gli
fece
immediatamente
due
iniezioni
di
olio
canforato
.
Ma
il
cuore
del
poeta
che
aveva
dato
voce
ad
Aligi
era
già
spento
,
senza
dolore
.
Pochi
minuti
dopo
l
'
arciprete
della
chiesa
di
San
Nicolò
,
don
Fava
,
entrava
al
Vittoriale
per
dare
l
'
assoluzione
alla
spoglia
del
poeta
.
D
'
Annunzio
si
era
molte
volte
lamentato
in
vita
che
le
campane
della
chiesa
,
a
Gardone
,
suonavano
troppo
a
lungo
e
aveva
cercato
di
frenare
gli
scampanii
con
elemosine
per
i
poveri
.
Alle
otto
in
punto
,
il
vecchio
campanaro
Valentino
cominciò
a
suonare
a
morto
.