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TORINO, 3 AGOSTO ( - , 1866 )
StampaQuotidiana ,
Per le ragioni già da noi esposte in un numero precedente la Prussia ormai si lava le mani delle quistioni austro - italiche circa il Tirolo e l ' Istria . La Francia che vuol sempre lasciare un po ' di carne al fuoco per avere occasione di metterci la zampa in avvenire ; la Francia che in questa guerra confidava di poter fare il Deus ex machina a benefizio della Prussia battuta dall ' Austria , e per ciò costretta a cedere , in premio dell ' aiuto , le provincie renane ; la Francia a cui le inaspettate vittorie anzi vittorione prussiane han troncate quelle speranze , è ben lieta che un germe di guerre future resti ancora tra l ' Italia e l ' Austria in ordine a Trento e all ' Istria , perché intanto essa ha tempo di provvedere in fretta e in furia a cambiare il suo armamento per renderlo almeno uguale a quello dei prussiani , e poi grazie ai germi di guerra tenuti vivi essa pensa accortamente che Deus providebit . A questo modo l ' Italia che credeva di dare le sue ultime battaglie in questa guerra , e di potere in seguito attendere seriamente ai fatti suoi , dovrà di nuovo continuare a stare armata perché non avrà presi all ' Austria che i forti avanzati e le avrà lasciata in mano la vera cittadella da cui gli Austriaci son soliti irrompere , vale a dire il Tirolo italiano ! La notizia di un comando affidato in questo momento al D ' Amico , partecipe di tutta la responsabilità che pesa sul Persano , ha fatta pessima impressione in tutto il paese . Si confida che il governo si affretterà di smentirla .
GRAMSCI ANTONIO ( CARATTERE , 1917 )
StampaQuotidiana ,
I nostri avversari non si preoccupano di giudicare l ' atteggiamento dei socialisti alla stregua dei principi e dei metodi che i socialisti hanno sempre professato e seguito . Far ciò vorrebbe dire giudicare veramente , e fare cosa concreta . Essi non tentano neppure questo giudizio , ne sono incapaci . Dinanzi a degli uomini di carattere , perdono la bussola , brancolano nel buio , si disperano in tutti i vicoli ciechi del pettegolezzo , della maldicenza , della diffamazione . Non comprendono un contegno rettilineo , rigidamente coerente . Sono ipnotizzati dai fatti , dall ' attualità . Non comprendono l ' uomo di carattere , che i fatti pesa e giudica non tanto in sé e per sé quanto con la concatenazione che hanno col passato e con l ' avvenire . Che i fatti giudica quindi specialmente per i loro effetti , per la loro eternità . Sono dei mistici del fatto . E il mistico non può giudicare , può solamente benedire o odiare . Ma è questa la forza dei socialisti italiani . Aver conservato un carattere . Essere riusciti a vincere i sentimentalismi , essere riusciti a strozzare i palpiti del cuore , come stimoli all ' azione , come stimolo alle manifestazione di vita collettiva . I socialisti italiani hanno realizzato , in questo periodo della storia , l ' umanità più perfetta per i fini della Storia . L ' umanità che non cade nelle facili trappole dell ' illusione . L ' umanità che ha rinnegato come inutili e nocive , le forme inferiori della vita spirituale : l ' impulso del buon cuore e del sentimentalismo . Le ha rinnegate coscientemente . Perché ha saputo assimilare gli insegnamenti dei suoi maestri più grandi , e gli insegnamenti che scaturivano spontaneamente dalla realtà borghese morsa dai reagenti della critica socialista . I socialisti italiani sono rimasti incrollabili entro i ranghi determinati dall ' esigenza delle classi sociali . Non si sono turbati , come collettività , per gli spettacoli dolorosi che si presentano ai loro occhi . Non sono svenuti , come collettività , quando è stato loro scagliato fra i piedi il cadavere ancora palpitante di un bambino assassinato . La commozione che ogni singolo ha provato , la stretta al cuore , le simpatie che ogni singolo ha potuto provare , non hanno scalfito la granitica compattezza della classe . Se ogni singolo ha un cuore , la classe , come tale , non ha cuore nel senso che alla parola è solito dare l ' umanesimo infrollito . La classe ha una volontà , la classe ha un carattere . Di questa volontà , di questo carattere è plasmata tutta la sua vita , senza alcun residuo . Come classe non può avere solidarietà che di classe , altra forma di lotta che quella di classe , altra nazione che la classe , cioè l ' Internazionale . Il suo cuore non è che la coscienza del suo essere classe , la coscienza dei suoi fini , la coscienza del suo avvenire . Dell ' avvenire che è solamente suo , per il quale non domanda solidarietà e collaborazione a nessuno , per il quale non vuole che palpiti il cuore di nessuno , ma palpiti solo , nella sua immensa potenzialità dinamica e creatrice , la sua volontà tenace , implacabili contro tutto e tutti che a lei siano estranei . I nostri avversari non comprendono questo . In Italia non si conosce il carattere . Ed è questa l ' unica cosa in cui i socialisti possano giovare , e abbiano giovato all ' italianità . Hanno dato all ' Italia ciò che finora le è sempre mancato . Un esempio vivo e drammaticamente palpitante di carattere adamantino e fieramente superbo di se stesso .
Maria D'Annunzio ( Vergani Orio , 1954 )
StampaQuotidiana ,
Era di quasi un anno o forse di due superiore per età al suo futuro marito , la duchessina Maria di Gallese , quando conobbe Gabriele d ' Annunzio , che allora , in fatto di titoli araldici , aveva solamente quello del tutto immaginario di Duca Minimo con il quale firmava le note di cronaca mondana sulla appena nata « Tribuna » di Roma . La fama aveva già accarezzato la fronte , ancora aureolata di riccioli biondi , dell ' autore delle Novelle della Pescara e di Primo Vere , che distribuiva uno per uno i ricordi dei suoi giovanili amori romani , in parte veri e in parte immaginari , nei versi morbidissimi e qua e là lussuosamente torbidi di Isaotta Guttadauro . Gabriele era allora , soprattutto , poeta d ' amore , teso a spiare le veneri agresti d ' Abruzzo e quelle , vestite di raso e velluto , delle alcove eleganti di Roma . Piccolo di statura , ma bello nel volto , ornatissimo nella parola , e indicato già , nell ' età in cui gli altri giovani si affannano sui banchi dell ' università , come il poeta destinato a raccogliere lo scettro della poesia in Italia , i parenti di Maria di Gallese furono certamente imprudenti a sceglierlo per dare qualche lezione di letteratura italiana alla giovane e bellissima duchessina di cui si voleva completare l ' educazione . In pochi giorni , alternando la lettura dei classici del Trecento e del Cinquecento con qualche passeggiata fra le antichità di Roma , o alla quercia del Tasso o alla tomba di Cecilia Metella - si sa che le « passeggiate » sono state uno dei migliori punti di partenza per la poesia di D ' Annunzio - i due si trovarono romanticissimamente innamorati . Come in un romanzo , la giovane patrizia si era innamorata di un giovane , ricco solo della sua poesia e di qualche piccolo bene familiare a Pescara , severamente custodito dal padre Don Francesco e dalla madre Donna Luisa . Quella del poeta era una famiglia borghese , di piccoli proprietari terrieri e di armatori di paranze abruzzesi . La madre di Maria , dopo avere sposato un duca di Gallese che non le aveva dato figli , si era unita con un giovane ufficiale francese , venuto a Roma con gli Zuavi che Napoleone III aveva mandato a difendere Pio IX : l ' ufficiale si chiamava Hardouin . Lo stesso Pontefice si era interessato per la buona riuscita del secondo matrimonio . Maria apparteneva dunque a quella che si chiamava ancora l ' aristocrazia nera , papalina . La distanza sociale fra i due innamorati era grande . Gabriele , futuro sterminatore di cuori femminili , la superò di un balzo , come se si fosse trattato , per lui volontario di un anno in Cavalleria , di superare al galoppo una staccionata in una prateria dell ' Agro romano . Disse a Maria : « Fuggiamo ! » . Maria acconsentì e preparò la fuga . Allora non si fuggiva più a cavallo , né si poteva ancora fuggire in automobile . I due fidanzati segreti si trovarono in un treno fumoso , alla stazione Termini , su un vagone diretto a Firenze . Messa facilmente la polizia sulle loro tracce , furono scovati in una stanza d ' albergo con le finestre sull ' Arno . I Gallese sembra volessero far arrestare il rapitore ; ma si lasciarono indurre a consigli più miti e acconsentirono che la fuga , anche perché Maria era ormai maggiorenne , si concludesse con un matrimonio . Il primo figlio si chiamò Mario , il secondo Veniero , il terzo e ultimo - assomigliò più di tutti alla madre bellissima , ma ebbe dalla sorte un dono umano che era stato forse ' negato tanto al suo grande padre poeta quanto a sua madre , quello della mitezza mesta e melanconica dell ' animo - si chiamò Gabriellino . Maria Hardouin di Gallese , principessa di Montenevoso , non amava riandare al suo passato , al suo lontanissimo passato . Parlando di suo marito non diceva « mio marito » , ma « Gabriele » . Lo diceva con una voce apparentemente indifferente , straordinariamente fresca per la sua età , quasi avesse parlato di un estraneo . Probabilmente la figura del marito aveva voluto da moltissimi anni cancellarla dal ricordo : collocando al suo posto l ' immagine di un amico di cui aveva conosciuto , certamente come nessun ' altra , le virtù e i difetti . Gli anni dell ' unione giovanile non erano stati né felici né facili . Maria era donna tale da poter amare , ma non certamente da lasciarsi dominare da un uomo né per debolezza , né per vanità , né per tornaconto . Gabriele non aveva né la forza morale né la fedele schiettezza amorosa per essere totalmente un buon marito e un buon padre di famiglia : assomigliava troppo ai suoi personaggi per poter esserlo . Maria di Gallese era , invece , il contrario dei personaggi dannunziani : il suo sangue per metà francese , un sano sangue provinciale francese , la faceva fiera , sanamente realista , contraria alla retorica , più facile , anche negli ultimissimi anni , all ' ironia che alle pose di donna fatale . La sua eleganza era autentica , quanto forse era di dubbio gusto quella di Gabriele : anche l ' eleganza del suo spirito . Capì di non poter sbarrare il passo al marito , che correva dietro ad ogni tentazione , né voleva seguirlo , lei donna francesemente « pratica » , nelle sue esperienze economicamente pericolose di un po ' smemorato « signore delle lettere » . Gabriele non pensava , se non a tratti e con lunghe amnesie , all ' educazione dei figli . I suoi amori extraconiugali facevano parte delle cronache mondane d ' ogni giorno . Gli anni che la coppia di così differenti caratteri passò nella casa al numero 2 di via Gregoriana - in un appartamentino al quarto piano con un balcone che dominava il palazzotto dello Zuccari dove Gabriele immaginava vivesse il protagonista del Piacere - furono tormentati da una disillusione di cui Maria non fece forse mai colpa diretta al poeta quanto a se stessa , per essersi lasciata illudere . Il distacco avvenne gradualmente , senza esser mai totale dal punto di vista dell ' amicizia , che sopravvisse , se pur di lontano , se pure quasi solamente attraverso alle lettere , finché il poeta , vecchio , confermò , dopo tante esperienze , di voler avere vicino , come la più spiritualmente rispettata delle compagne , la donna cui , in lontanissimi tempi , aveva dato l ' amore dei venti anni . Di tutto questo Maria d ' Annunzio parlava poco : si può dire , anzi , che non parlasse mai . Non ignorava certamente che la sua vita non lieta di moglie del poeta era notissima . Le vicende sentimentali di suo marito appartengono alla storia letteraria e alla storia di una delle più singolari esperienze umane . Non era certamente il caso di conversare con lei di inganni grandi e piccoli per cercare di indovinare quali potevano essere state e quali potevano essere ancora le sue reazioni innanzi a certi nomi celeberrimi che , se non nel cuore , certo nella vita di Gabriele avevano pesato molto . Spostando la propria figura dal piedistallo di moglie a quello di amica così come aveva saputo signorilmente fare da moltissimi anni , essa poteva vivere indifferentemente fra le immagini , molte delle quali diventate poesia , di altre donne nelle quali , forse eternamente innamorato solo di se stesso , Gabriele , come Narciso , s ' era eternamente specchiato . Per questo aveva potuto serenamente incontrarsi con lui , quando egli l ' aveva chiamata al Vittoriale , e considerarsi , in una villa a lei destinata nel parco , la sua ospite amica che tutto sapeva e tutto , se non perdonato , aveva compatito . La sua vita , dopo il distacco dal marito , era stata per molto tempo difficile . A Roma aveva vissuto per molti anni in un piccolo appartamento di piazza di Spagna , mettendo a frutto , per vivere , la sua perizia nel ritrovare , scegliere e ordinare le belle cose antiche . Non aveva , Donna Maria , come del resto i figli , certamente gravato sui bilanci spesso disordinati del poeta . Solo dopo la morte di lui aveva ricevuto un vitalizio sui suoi diritti d ' autore e l ' usufrutto perenne della villa Mirabella entro il secondo recinto del Vittoriale . Aveva finito per lasciare anche la sua ultima dimora romana , una pensione in una traversa di via Veneto , per vivere la metà dell ' anno a Gardone e l ' altra metà a Parigi , dove suo figlio Veniero , con i suoi guadagni di ingegnere in America , le aveva comperato e donato un appartamentino vicino all ' Etoile . Ad onta della tardissima età viaggiava da sola e a Parigi viveva sola , dopo che le era morta , sotto ad un bombardamento , una fedele cameriera . Durante la occupazione tedesca non aveva voluto restare sul lago di Garda , preferendo , a ottant ' anni di parecchio passati , vivere in solitudine nella città dei suoi avi francesi . Al suo ritorno aveva saputo che la sua casa di Gardone era stata abitata da una tragica creatura : da Claretta Petacci , che di lì era partita per andare alla morte . Aveva detto : « È destino che io , senza romanzo , viva accanto ai romanzi ! » . Era stata bellissima , come testimoniava , alla Mirabella , un grande ritratto dipinto da La Gandara che D ' Annunzio vi aveva fatto collocare come per dire che quella casa era della donna che non aveva mai dimenticato . Aveva sorriso , la vegliarda infaticabile , quando le era stato mostrato un volume francese intitolato Paris , mon coeur nel quale quel ritratto era riprodotto per far conoscere il « tipo ormai classico della donna francese , dell ' elegante parigina dei tempi di Maurice Donnay e di Paul Bourget » . Pur nella tardissima età , sottile nella figura , rapida e leggera nel passo , con i capelli colorati di rosso e pettinati come quelli delle donne di Boldini , la si vedeva andar in su e in giù , a piedi , per i sentieri della collina del Vittoriale , veramente simile , nella figura , a quelle ormai tramontate immagini che ispiravano un tempo il concetto dell ' alta e scintillante aristocrazia . Attendeva da anni serenamente la morte , ma intanto parlava della vita come di un bene che non si sarebbe esaurito mai . Fissava convegni e viaggi a distanza di mesi e di anni , e intanto , fermandosi in un certo angolo del parco , pensava anche a quella che poteva essere la sua ultima dimora . Comprendeva , nella sua fierezza di gran dama , di non poter chiedere d ' essere seppellita vicino al marito , dopo tanti trascorsi che avevano per quarant ' anni annebbiata la loro unione . Aveva indicato , per sé , un angolo del parco e un sarcofago di pietra come quelli nei quali Gabriele aveva chiuso le spoglie dei suoi legionari : ma diceva che doveva essere ornato , a mosaico , con i profili di due pavoni . Amava viaggiare , ma ogni volta , quando partiva per Parigi o per Charleville , la patria del poeta Rimbaud , dove aveva parenti e amici fedeli , lasciava ad una persona fidata , confermando così il suo istinto di donna ordinata e pratica come sono quasi sempre le francesi , una busta con il denaro che considerava potesse essere all ' improvviso necessario per riportarla , morta , in patria . La sua vitalità era sempre stata straordinaria . Aveva una attenzione estrema nel non rivelare i suoi anni . Nel 1882 , quando conobbe il diciannovenne D ' Annunzio , sembra che la duchessina fosse già maggiorenne . Lo era già , in ogni modo , nel 1883 , quando si sposò . Per la sua età , dunque , bisognava tirare a indovinare , facendo oscillare il pendolo fra i novantadue delle opinioni ottimiste e i novantacinque dei « pessimisti » . La primavera scorsa , ospitata in una clinica di Riva del Garda , aveva dichiarato , in tono di celia , di avere sessantacinque anni : e nessuno aveva osato contraddirla perché le sue risposte potevano essere sferzanti . Sette anni or sono , mi aveva tenuto un po ' il broncio perché , scrivendo dopo la morte del figlio suo Gabriellino , avevo parlato di lei come di una « vecchia signora » . Doveva essere già allora vicino agli ottantasette anni .
CARLO LUIGI FARINI ( - , 1866 )
StampaQuotidiana ,
La Nemesi italiana dovrebbe esser sazia ! Cavour , La Farina , D ' Azeglio , Farini , quattro vessilliferi , quattro combattenti , quattro trionfatori della libertà nazionale ! E tutti quattro morti ! E tutti quattro erano cuori onesti , che non specularono sulla patria , ma consumarono per essa con santa abnegazione la vita ! Cavour ricco di censo avito consumò notevole porzione del suo retaggio a gloria della Nazione Ministro del piccolo Piemonte , rappresentò a Parigi splendidamente le parti di un ministro di Re d ' Italia . La Farina morì lasciando quasi nell ' indigenza la propria famiglia . D ' Azeglio conservando alta al di fuori la dignità dell ' antica sua posizione , lavorava per vivere nel suo studio d ' artista e bisognoso di vendere i suoi capi d ' arte regalava ai Sovrani ! Farini schernito per un motto che fu il vero suo dogma rifiutò dai modenesi splendide ricompense per conservarsi la gloria di morir povero . Italiani ! versiamo un fiore sulla tomba di Carlo Luigi Farini È un ' altra piramide , è un altro monumento , che l ' Italia pianterà nella sua moderna via Appia . Bisogna che sovra colonne eterne imparino i popoli che verranno , che se l ' Italia ha tra i vivi degli speculatori delle sue glorie e dei suoi lutti , ell ' ha tra i suoi morti delle glorie pure contro cui si spunta ogni dardo di schifosa ira di parte . Che queste quattro tombe possano chiamar l ' Italia , per gratitudine almeno , a non disfar l ' opera dei quattro architetti che vi riposano .
UN ANNO DI STORIA ( GRAMSCI ANTONIO , 1918 )
StampaQuotidiana ,
Un anno è trascorso , dal giorno in cui il popolo russo costringeva lo zar Nicola II ad abdicare e prendere la via dell ' esilio . La commemorazione dell ' anniversario è poco lieta . Dolore , rovina , apparenza di sfacelo , controffensiva borghese con le baionette e le mitragliatrici tedesche . E ' finita la rivoluzione russa ? E ' fallito , in Russia , il proletariato , nel più grande dei tentativi di riscossa che esso abbia mai tentato nella storia ? Le apparenze sono sconfortanti : i generali tedeschi sono arrivati ad Odessa : i giapponesi si dice stiano per intervenire ; 50 milioni di cittadini sono stati staccati dalla rivoluzione , e con essi le terre più fertili , gli sbocchi al mare , le strade della civiltà e della vita economica . La rivoluzione nata dal dolore e dalla disperazione , continua nel dolore e nelle sofferenze , stretta in un anello di potenze nemiche , immersa in un mondo economico refrattario alle sue idealità , ai suoi fini . Nel marzo del 1917 il telegrafo ci annunziò che un mondo era crollato in Russia : mondo effimero ormai , inanimata parvenza di un potere che era sorto , si era rafforzato , si era trascinato , con la violenza sanguinosa , con la compressione degli spiriti , con la tortura delle carni dilaniate . Aveva questo potere suscitato una grande macchina statale . 170 milioni di creature umane erano state costrette a dimenticare la loro umanità , la loro spiritualità per servire . A che ? All ' idea dell ' Impero russo , del grande Stato russo che doveva arrivare ai mari caldi e aperti per assicurare all ' attività economica sbocchi sicuri da ogni taglia di concorrenti , da ogni sorpresa di guerra . L ' Impero russo era una mostruosa necessità del mondo moderno : per vivere , svilupparsi , per assicurarsi le vie dell ' attività , dieci razze , 170 milioni di uomini dovevano sottostare a una disciplina statale feroce ; dovevano rinunziare all ' umanità ed essere puro strumento del potere . Nel marzo 1917 la macchina mostruosa crolla , imputridita , disfatta nella sua impotenza congenita . Gli uomini si drizzano , si guardano negli occhi . Tutti i valori umani hanno il sopravvento . L ' esteriorità non ha più valore ; troppo male ha fatto , troppi dolori ha prodotto , troppo sangue ha versato . Incomincia la storia , la vera storia . Ognuno vuole essere padrone del proprio destino , si vuole che la società sia plasmata in ubbidienza allo spirito , e non viceversa . L ' organizzazione della convivenza civile deve essere espressione di umanità , deve rispettare tutte le autonomie , tutte le libertà . Incomincia la nuova storia della società umana , incominciano le esperienze nuove della storia dello spirito umano . Esse vengono a coincidere con le espressioni che l ' ideale socialista aveva dato ai bisogni elementari degli uomini . I socialisti come ceto politico salgono al potere senza troppi sforzi : le parole della loro fede coincidono con le aspirazioni confuse e vaghe del popolo russo . Essi devono realizzare l ' organizzazione nuova , devono dettare le nuove leggi , stabilire i nuovi ordinamenti . Il passato continua a sussistere ; viene disgregato . Si ha la parvenza dello sfacelo , del disordine , della confusione . Sembra che si ritorni alla società barbarica , cioè alla non società . Il passato continua a sussistere oltre il territorio della libertà , e preme e vuole prendere una rivincita . L ' ordine nuovo tarda a realizzarsi . Tarda ? O uomini scettici e perversi , non tarda , no perché non si rifà una società in un fiat , perché il male del passato non è un edifizio di cartapesta cui si dà fuoco in un attimo . Doloroso sforzo è la vita , lotta tenace contro le abitudini , contro l ' animalità e l ' istinto grezzo che latra continuamente . Non si crea una società umana in sei mesi , quando tre anni di guerra hanno esaurito un paese , l ' hanno privato dei mezzi meccanici per la vita civile . Non si riorganizzano milioni e milioni di uomini in libertà , così , semplicemente , quando tutto è avverso , e non sussiste che lo spirito indomabile . La storia della rivoluzione russa non si è chiusa e non si chiuderà con l ' anniversario del suo iniziarsi . Come un canto esiste nella fantasia del poeta prima che sulla carta stampata , l ' avvento dell ' organizzazione sociale esiste nelle coscienze e nelle volontà . Sono gli uomini cambiati : questo importa . Si vuole l ' esteriorità , la carta stampata . Si stride per ogni insuccesso , per ogni rovescio apparente . Si domanda ai russi ciò che gli storici non domandano alle rivoluzioni passate : la creazione fulminea di un ordine nuovo . Si suppongono propositi che non sono mai esistiti , speranze che non sono mai state sognate . E questi propositi , queste speranze sono confrontate con la realtà attuale per concludere al fallimento , allo sfacelo . Con la realtà che si dice sortita da un anno di nuova storia , ma che è sortita da secoli di bestiale soppressione dell ' uomo dalla storia . Si domanda l ' impossibile che non è mai stato domandato agli uomini del passato . Quante volte la Rivoluzione francese ha visto occupata la capitale dai nemici ? E l ' occupazione veniva dopo che Napoleone aveva organizzato autoritariamente le forze rivoluzionarie , e aveva condotto gli eserciti francesi di vittoria in vittoria . E la Francia era ben piccola cosa in confronto della Russia sterminata . No , le forze meccaniche non prevalgono mai nella storia : sono gli uomini , sono le coscienze , è lo spirito che plasma l ' esteriore apparenza , e finisce sempre col trionfare . Un anno di storia si è chiuso , ma la storia continua .
TORINO, 5 OTTOBRE ( - , 1866 )
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La pace è fatta . Sia la benvenuta ! Ora Dio ci salvi da una nuova guerra , perché in questa predestinata Italia l ' esercito sarebbe comandato dagli stessi uomini che han perduto a Custoza malgrado la vittoria dei soldati , e non sempre avremmo a salvarci dalle sconfitte dei nostri generali supremi i trionfi dell ' esercito prussiano ! Dio ci salvi da una nuova guerra , perché i pieni poteri cadrebbero nelle mani di quelli stessi che nella loro avvedutezza si lasciarono strappare Palermo da poche bande di malandrini . Dio ci salvi da una nuova guerra , perché le finanze sarebbero sgovernate dagli stessi che imposero il corso forzato dei biglietti dopo averlo stigmatizzato pochi giorni prima , dagli stessi che stabilirono il prestito forzato sulle basi eque e intelligenti che dànno i bellissimi risultati che tutti veggono ! ... La pace è fatta . Dio voglia che non sia la pace malsana . Viva la pace , viva la Venezia !
LA TUA EREDITA' ( GRAMSCI ANTONIO , 1918 )
StampaQuotidiana ,
La società contemporanea : una fiera rumorosa di uomini in delirio ; nel centro della fiera una giostra che rotea turbinosamente , fulmineamente . Ognuno dei presenti vuol saltare in groppa a un lucente e ben bardato cavallino , a una sirena dai languidi occhi ; vuole adagiarsi nei morbidi cuscini di una carrozzella . E ' un precipitarsi disordinato e caotico della folla in tumulto , è un osceno acrobatismo di arti scimmieschi . Diecimila cadono riversi , dopo essersi fiaccate le membra , uno per diecimila passa , si aderge su questi corpi innumeri , spicca il salto giusto , e trasvola nel turbine infernale . Tu vuoi partecipare alla gara . Hai probabilità , anche tu , di fortuna . Arrivare significa diventar ricco , essere signore della vita , conquistare la propria libertà . Ecco : la libertà . Fermiamoci . La ricchezza non è un fine , certamente ; se diventa fine si chiama avidità ( avarizia ) . E ' mezzo per un fine : la libertà . Un soldo che possiedi , è un soldo di libertà a tua disposizione , è un soldo di libera scelta . La proprietà è la garanzia che questa libertà sarà continua . La proprietà di una parte di ricchezza ( strumento di lavoro ) è possibilità di ampliare ancora il dominio della personale libertà . Il diritto di eredità è la garanzia che la tua personale libertà sarà anche della tua prole , dei tuoi cari . Poiché il tuo fine non è un circoscritto fatto materiale , poiché tu non sei un avido di benessere meccanico , ma di libertà , consegue che il tuo fine non è individuale : è un ' immortalità . Senti che i tuoi figli ti continueranno , come tu continui i tuoi padri , e vuoi garantita la libertà del tuo spirito immortale . Questa immortalità è ammessa dai laici , dai filosofi : essa appunto è dai filosofi chiamata Spirito , e viene fatta coincidere con la Storia , perché tutto umano , perché non ha nulla da spartire con lo spirito ( anima ) trascendente , ultraterreno , delle religioni . E ' pura attività : tu sei attivo , lavori , partecipi dell ' immortalità del lavoro , ma vuoi vedere esteriormente questa perennità del tuo io : la cerchi nei tuoi discendenti , nelle garanzie di libertà che loro assicuri . Tutti gli uomini hanno questa aspirazione , tutti gli uomini vogliono diventare proprietari di libertà , di libertà garantita , di libertà trasmissibile . Se essa è il sommo bene , è naturale si cerchi di farne partecipi i propri cari , è naturale si accetti il sacrifizio per creare questa libertà , anche sicuri di non goderla se stessi , solo per assicurarla ai propri cari . La preoccupazione diventa in taluni casi così pungente da spingere al delitto , alla perversione , al suicidio . Madri si prostituiscono per racimolare un peculio di libertà ai figli ; padri si uccidono con l ' apparenza della disgrazia perché i figli godano subito l ' assicurazione della libertà . La libertà è solo un privilegio : ecco perché si manifestano queste perversioni . La società è una fiera : la fortuna è una giostra . La maggioranza deve necessariamente fallire nella gara atroce . E ' dunque essa non - spirito , non partecipa essa della immortalità della storia ? Esiste la immortalità senza l ' esteriore continuità ? Certo no . Esistendo , trasforma il mondo , suscita quindi forme esteriori . Ebbene , anche tu , che non sei ricco , che non sei capitalista , che non garantisci alla tua immortalità nessuna esteriore continuazione di libertà , erediti e lasci un retaggio . Non saresti uomo , altrimenti , non saresti spirito , non saresti storia . Bisogna che di questa verità tu abbia consapevolezza , che questa consapevolezza tu approfondisca in te e diffonda negli altri . Essa è la tua forza , è la chiave del tuo destino e del destino dei tuoi cari . La proprietà è il rapporto giuridico esistente tra un cittadino e un bene . Essa è dunque un valore sociale , puramente contingente ; è garantita da tutti , che la garantiscono solo in quanto sperano , ognuno singolarmente , giungere a goderla . I pochi sono liberi , nel possesso dei beni , e trasmettono questa libertà ad altri pochi , perché i molti sperano , hanno la velleità di essere liberi , non ne hanno la volontà . La volontà è adeguazione dei mezzi al fine , quindi è specialmente ricerca di mezzi congrui . Il privilegio della libertà sussiste perché la società è una fiera , perché è un disordine perenne . La speranza che tu hai di saltare immediatamente in groppa a un cavallino della giostra , ti fa elemento del disordine , della perenne fiera : tu sei una rotellina della macchina infernale che fa roteare la giostra : se , nella gara , fallisci , tu sei causa del tuo fallire , se ti fiacchi le ossa , tu sei un suicida . Da elemento di disordine devi diventare elemento d ' ordine . All ' essere Immediatamente ( vaga speranza , probabilità minima ) , devi preferire la certezza , anche se non immediata , la certezza per i tuoi figli . Il fine rimane immutato , i mezzi per raggiungerlo sono i soli mezzi congrui a tua disposizione : l ' associazione , l ' organizzazione . Se la proprietà è solo un valore sociale , il solo fatto che esiste un organismo - forza proponentesi di renderla bene comune , garanzia di libertà per tutti , la trasforma , la rende aleatoria in quanto privilegio , cioè la diminuisce ora in pro della collettività , ne fa compartecipe già ora la collettività . Questa diminuzione , questa compartecipazione potenziale è una eredità che tu trasmetti . Certo è più evidente , più palpabile l ' eredità dei capitalisti ; ma se rifletti anche la tua non è trascurabile cosa . Anche tu hai un retaggio : i tuoi ascendenti , che hanno fatto la rivoluzione contro il feudalismo , ti hanno lasciato in eredità il diritto alla vita ( tu non puoi essere ucciso arbitrariamente : ti par piccola cosa ? ) , la libertà individuale ( per incarcerarti devi essere giudicato colpevole d ' un crimine ) , il diritto di muoverti per lavorare in una terra piuttosto che in un ' altra , a tua scelta , secondo la tua utilità . Godi una eredità più recente : la libertà di scioperare , la libertà di associarti con altri per discutere i tuoi interessi immediati e per proporti , in comunione con altri , il fine maggiore della tua vita : la libertà per te , o almeno per i tuoi discendenti . Ti paiono piccole eredità queste ? Esse hanno notevolmente diminuito il privilegio dei pochi . Perché non ti proponi di ampliarle e diminuire ancora , conseguentemente , il privilegio ? Queste eredità sono il frutto del lavoro di molti , non del solo padre tuo , del solo tuo nonno o bisnonno . Sono frutto inconsapevole , perciò piccolo . Diventa tu consapevole , diffondi la tua consapevolezza : quale eredità superiore a quelle del passato non trasmetterai tu all ' avvenire ? Quale più concreta sicurezza di libertà per i tuoi figli , per l ' immortalità del tuo spirito ? Invece di una proprietà individuale , preoccupati di lasciare maggiore possibilità per l ' avvento della proprietà collettiva , della libertà per tutti , perché tutti uguali dinanzi al lavoro , allo strumento di lavoro . Questa tua eredità ha anch ' essa una forma esteriore : l ' associazione . Quanto più forte è l ' associazione , tanto più vicina è l ' ora di riscuotere allo sportello della storia . Chi riscuoterà ? Tu stesso , forse , per la tua quota . Lavora come se il fine fosse immediato , ma non trascurare perciò di suscitare mezzi più potenti , nel caso non fosse immediato : sacrificati , perché tu pensi ai tuoi figli , ai tuoi cari . Rafforza le associazioni che hanno questo fine : liberare la collettività , dando a lei la proprietà della ricchezza . L ' associazione economica ti garantisce la riscossione quotidiana dei benefizi che frutta l ' eredità lasciatati dai tuoi padri nullatenenti : rafforzala con la tua adesione , aumenterai così l ' eredità dei tuoi figli . L ' associazione politica , il Partito socialista , è l ' organo di educazione , di elevazione ; per esso tu sentirai la collettività , ti spoglierai dei tuoi egoismi personali , imparerai a lavorare disinteressatamente per l ' avvenire che è di tutti , quindi anche tuo e dei tuoi . Per esso metterai il tuo sacrifizio e il tuo lavoro con quello degli altri , moltiplicandone il valore per il valore del comune sacrifizio . L ' associazione di cultura ti renderà più degno del tuo compito sociale , ti educherà a pensar bene , migliorerà il tuo spirito : per essa parteciperai al patrimonio di pensiero , di esperienze spirituali , di intelligenza , di bellezza del passato e del presente . Diffondi questa piccola verità : nella società attuale , che è fiera , che è giostra , tutti singolarmente possono diventar ricchi ( liberi ) , ma , necessariamente , solo pochi lo diventano ; la ricerca della proprietà , dell ' eredità individuale ha uno riuscito per diecimila falliti . I diecimila non falliranno invece nella ricerca dell ' eredità sociale ; che si associno , che da elemento di disordine diventino elemento d ' ordine , e avranno avvicinato di diecimila probabilità il raggiungimento del fine stesso . Intanto tu fa il tuo dovere : dà la tua parte di attività , di spiritualità al comune patrimonio sociale attuale . lavora perché sia trasmesso , migliorato e ampliato , ai tuoi discendenti : cura la tua eredità , cura l ' eredità che sola sei certo di poter lasciare .
Peppino De Filippo ( Vergani Orio , 1959 )
StampaQuotidiana ,
Ecco , davanti a me , un viso « da magistrato » , quello di Peppino De Filippo . Trent ' anni fa , il viso di un giovanissimo pretore di primissima nomina , che ha vinto pochi giorni prima il concorso . Poi , di anno in anno , ha fatto carriera : dal magistrato di Pretura è giunto al Tribunale , è arrivato alle Assise , si avvia verso la Cassazione : lo vedrò con la toga della Corte Costituzionale : sempre magistrato è . Il viso un po ' assorto , in cui appare ogni tanto , pungente , un elemento di arguzia : un viso di calma dignità e un poco timido : ogni tanto , nella vita , la sua voce è insidiata da un trepidare che può sembrar persino un impaccio d ' una breve parvenza di balbuzie . Un magistrato un po ' filosofo , che ha avuto l ' infanzia non sempre comoda di tanti napoletani : che ha avuto compagni di scuola molto poveri e che conosce a fondo , pietoso , le miserie dell ' umanità . Dice giustamente Peppino : « In fondo , io ripugno dal comico di mezza misura e sono tutto fuorché un " brillante " : io sto tutto nella farsa o tutto nella tragedia : e la farsa sta gomito a gomito con la tragedia ... » . Ecco un giudizio da magistrato che non riesce a dividere gli uomini in due rigorose categorie , angeli e demoni : pietoso per i loro peccati , sorridente e un po ' dubitoso per le loro virtù . Con questo spirito , il « magistrato » Peppino ha scritto una cinquantina di commedie , con centinaia di personaggi dell ' umanità grigia , « buoni » intrisi di astuzia , sciocchi con lampi di genio , straccioni con una speranza di eleganza , tristanzuoli con una scintilla d ' oro di poesia , prepotenti che se la fanno sotto , cornuti illuminati da una incancellabile fede nella purità : una giornata di pioggia , un desiderio di sole ; le manette pronte , ma un sogno di guanti bianchi . Attore dall ' età di sei anni - il debutto avvenne con la particina del bambino Peppiniello in Miseria e nobiltà - De Filippo potrebbe raccontare a non finire storie di allegra , ma non sempre allegra , povertà . Era il mondo dei poveri guitti girovaghi - aveva lasciato la Compagnia di Vincenzo Scarpetta - nelle province napoletane . Ogni tanto , la sorte portava ad avventurarsi fino nell ' Abruzzo e nelle Marche . Peppino faceva un po ' di tutto : prosa , varietà , macchiettista in miseri teatrucoli , pianista in cinematografi di campagna , pittore di manifesti - la sua vera passione era quella della pittura - trovarobe , corista di operette . Fu in quegli anni lontani , addirittura amministratore della piccola troupe . Erano arrivati nelle Marche a piedi , risalendo dalle spiagge abruzzesi : e si erano addentrati in una vallata verso Jesi . Lassù , erano rimasti incastrati in un paesello di collina . Avevano montato il loro teatrino ambulante in uno sterrato fuori le mura : era nato così un piccolo teatro con « comodo di fave » . Il fondale dava sulla campagna buia : in quel buio , gli attori avevano scoperto alcuni campi di fave . Fra un atto e l ' altro , scivolavano giù dal rustico palcoscenico , facevano una rapida scorpacciata di fave , e poi , rinfrancati tornavano alla ribalta a recitare . Quando si trattò di ripartire da quel paesello , Peppino scese verso Ancona , per trovare un teatrino che li ospitasse . Era lui , o no , l ' amministratore ? Ed ecco nella torrida estate , Peppino partire a piedi , accompagnato dal « segretario » che era totalmente calvo . Ma perché i due attori avevano sulle guance una folta barba ? Nera , Peppino , e bianca , fluente il « segretario » , con un paio di occhiali neri da povero cieco . Fu Peppino a inventare , per diminuire la fatica della marcia , il sistema che oggi si chiama dell ' autostop . Erano luoghi quasi deserti . Ogni tanto si vedeva arrivare un carretto tirato da un somaro . Il « segretario » si sosteneva al braccio di Peppino , marciando curvo sotto il solleone . Quando il carretto li raggiungeva , Peppino indicava pietosamente il vegliardo : « Ci potreste dare un passaggio ? » . Il contadino si impietosiva e li accompagnava sino alla prima svolta , seduti sulle fascine . Un altro miglio a piedi , e poi spuntava un altro carretto . Quando Peppino De Filippo non reciterà più Le metamorfosi di un suonatore ambulante , cercheremo di raccontare ai nostri figli e ai nostri nipoti la scenetta in cui , affamatissimo « posteggiatore » , cerca di vedere chiaro in un certo imbroglio per il quale è richiesta la sua complicità . Il suonatore è napoletano e , come tale , gesticola vivacemente : le sue mani sono in continuo movimento e , ogni tanto , si protendono e restano sospese a mezz ' aria . Gli interlocutori credono che egli abbia finito di parlare , che l ' affare sia concluso e che sia venuto il momento di salutarsi : afferrano la mano del suonatore e la stringono cordialmente . Il discorso , invece , non è affatto finito . Bisogna liberare quella mano e riprendere la conversazione interrotta . Gli altri sono sempre pronti a stringere , sul più bello , la mano dell ' ambulante che non può frenare la sua mimica partenopea e che , se non muove le mani , non può parlare . La graduazione della sorpresa , dell ' impaccio , dell ' inquietudine , che prende e quasi paralizza l ' eloquenza del suonatore ambulante , crea un « crescendo comico » forse ineguagliato in questi ultimi anni : certo il più sottile e trascinante . Quando cercheremo di riferire questa scenetta ai nostri figli e ai nostri nipoti stenteremo a farci capire , come non capivamo i nostri vecchi quando ci parlavano del « gioco del ferro da stiro » di Eleonora Duse nella Locandiera o della « scena del candeliere » di Ermete Novelli nella farsa Felice il cerimonioso . Sono scoperte , gioie , sorrisi di cui gode solamente « chi vede » : intraducibili per « sentito dire » . Per questo , il teatro è forse fatto di incantesimi paragonabili a quelli dell ' amore , bellissimi quando viviamo il nostro amore , mentre , se ci raccontano quelli degli altri , ci sono assolutamente indifferenti .
TORINO, 12 DICEMBRE ( - , 1866 )
StampaQuotidiana ,
Eccoci al giorno solenne . Non è tempo di vane frasi . Riporteremo bensì il sunto del memorando discorso pronunciato dal Conte di Cavour il giorno in cui la Camera votò che Roma Capitale acclamata dall ' opinione nazionale fosse congiunta all ' Italia . « Se noi , diceva in sostanza l ' immortale statista , non potessimo far valere il potente argomento che Roma è la Capitale necessaria d ' Italia , non otterremmo giammai il consenso del mondo cattolico e della Francia da cui esso è rappresentato a Roma . « Supponiamo infatti che la sede del pontefice non sia a Roma , ma in una città collocata in una provincia non del tutto necessaria all ' Italia , p . e . in Aquileia . Alle nostre domande di riavere Aquileia la diplomazia risponderebbe che , non essendoci questa strettamente necessaria , non franca la spesa di sconvolgere l ' ordinamento materiale del cattolicismo per soddisfare i nostri desideri . « Importa adunque fondare le nostre ragioni sulla considerazione che Roma è indispensabile all ' Italia come Capitale . « Egli è evidente che quando Roma sarà libera la quistione del trasferimento sarà oggetto di nuove deliberazioni . Ma portiamoci al giorno in cui si dovrà discutere tra coloro che vogliono andare a Roma immediatamente , e quelli che vogliono differire . Ebbene se i 200 deputati delle provincie meridionali nel venire al Parlamento si trovassero di passaggio sur una piazza di Roma e una forza irresistibile li distogliesse dal proseguire il viaggio ? ... » . Ai deputati delle provincie meridionali la risposta a questa ipotesi del Conte di Cavour ! A noi basta aver ricordato in questo giorno il voto solenne che proclamava Roma Capitale necessaria d ' Italia , e rammentate le ragioni principali di quel voto nazionale !
BILANCI ROSSI ( GRAMSCI ANTONIO , 1919 )
StampaQuotidiana ,
I bilanci rossi della Russia soviettista sono passivi , crudelmente passivi . Il " Momento " ne piange come un vitellino , il " Momento " ne soffre con tutta l ' anima sua francescana . Pensate , pensate : 13.700 persone fucilate al primo gennaio 1919 come controrivoluzionarie , senza contare quelle condannate " per intuizione " ; pensate , pensate , lo ha dichiarato lo stesso commissario Lissoflski . E diciassette miliardi di deficit , pensate , pensate , piangete , piangete , o cuoricini di burro alberganti nei seni di zucchero filato delle tenere Perpetue o dei sentimenti curati ! Vade retro , o comunismo , qua l ' aspersorio contro il Soviet ; crudeli e nefandissimi mostri apocalittici , giammai fascinerete le tenerissime Perpetue , giammai udrete Te Deum in vostra gloria ! Quando mai apparve sulla incruenta terra una macchina di strage , un flagello distruttore di vite e di miliardi , così orripilante come la Rivoluzione soviettista ? Cos ' è stata la strage degli Albigesi ? Un gioco da giardino d ' infanzia : e , per carità , non pensate mica che Innocenzo papa sia stato un precursore dell ' " intuizionismo " , quando predicava di uccidere , di uccidere , poiché tanto il Signor Iddio Misericordioso avrebbe , egli , nel suo onnisapere , sceverato la bianca agnella dalla pecora tignosa ; dimostrerete di essere solo un volgare anticlericale , senza rudimento alcuno di teologia e di catechismo . Cos ' è stata la guerra dei contadini in Germania ? Un giocattolo di Norimberga , sebbene si affermi abbia distrutto dodici milioni di vite umane . Cosa sono state le distruzioni di fiamminghi , di Incas , e di marrani commessi dai cattolicissimi re spagnoli ? Servizi alla santa religione sono stati , corvées devotissime di vassalli del Signor Nostro Onnipotente Gesù Cristo . Cosa sono i dieci milioni di morti e dieci milioni di invalidi e mutilati , eredità della guerra che Sua Santità Benedetto ha definito " inutile strage " , ma che il " Momento " crede utilissima , poiché Sua Santità è Pontefice della Chiesa Cattolica , mentre il " Momento " è solo organo del Partito popolare italiano ? Cosa sono i venti milioni di morti per grippe o febbre spagnola , o peste polmonare , ossia peste di guerra , determinata e propagata e coltivata dalle condizioni create e lasciate dalla guerra ? Cosa sono le migliaia e migliaia di creature umane che muoiono quotidianamente di fame , di scorbuto , di assideramento in Romania , in Boemia , in Armenia , in India , per accennare solo a paesi amici dell ' Intesa ? Cosa sono gli ottanta miliardi di deficit del bilancio Italiano , i centoventi miliardi del bilancio francese , i duemila miliardi di danni determinati dalla guerra ? Cosa sono stati i cinquecentomila russi sterminati dal governo zarista nella repressione dei Soviet del 1905 ? Cosa farebbero i ventimilioni di russi che verrebbero sterminati se trionfasse la controrivoluzione dei generali Krasnof , Denikin e Kolciak , gli amici dell ' Intesa che fanno impiccare ed esporre per tre giorni un operaio su dieci dei paesi che riescono a riconquistare , gli amici dell ' Intesa che spediscono a Pietrogrado vagoni piombati di soldati soviettisti tagliati a pezzettini ? Cosa sono , cosa sono ? ... Bazzecole , piccolezze , azioni magnanime , in confronto di 13.700 fucilati e 17 miliardi di deficit . La rivoluzione sociale è il flagello , è il mostro apocalittico . Cos ' è , cosa vale infatti una vita proletaria in confronto di una vita borghese ? Studiate economia , che diamine ; un borghese vale almeno diecimila proletari ; i 13.700 fucilati dai Soviet valgono dunque 137 milioni di proletari e non sono 137 milioni di proletari che il capitalismo internazionale ha svenato per i suoi affari , per concimare le sue messi . Piangete , piangete , dunque , tenerissime Perpetue e sensibilissimi curati del Piemonte , e non lasciatevi fascinare dal comunismo , dal Soviet , dalla rivoluzione sociale .